• Un anno di osservazione sul CPR di Via Corelli, Milano

    Il report-denuncia di Naga e Rete Mai più Lager - No ai CPR

    «Al di là di quella porta. Un anno di osservazione dal buco della serratura del Centro di Permanenza per il Rimpatrio di Milano» è il titolo del report 1 realizzato dall’associazione Naga e della Rete Mai Più Lager – No ai CPR (di qui in avanti “Rete”).

    Il risultato di un monitoraggio multi livello 2 durato un anno che tuttavia, lascia l’impressione di aver giusto sbirciato “dal buco della serratura” di quel CPR.

    La diversità di fonti e metodi riflette infatti la difficoltà che si riscontra quando si vuole rompere il muro di oscurità che avvolge via Corelli e tutti gli altri centri d’Italia. La maggior parte delle informazioni raccolte sono infatti il frutto delle segnalazioni arrivate al centralino telefonico “SOS CPR Naga” o alle pagine social di Naga e Rete dai cellulari personali dei trattenuti.

    Un monitoraggio che solleva l’angosciante interrogativo su quanto accade negli altri Centri di permanenza per i rimpatri (CPR) d’Italia.

    Il CPR di Milano infatti è l’unico, insieme a quello di Gradisca d’Isonzo, in cui, grazie a una sentenza sul ricorso ASGI del 20213, i trattenuti possono detenere i propri telefoni cellulari. Questa possibilità, a garanzia del diritto alla libera corrispondenza di fatto negata negli altri CPR, ha plausibilmente l’effetto di limitare gli abusi da parte di forze dell’”ordine” e operatorə del centro, consapevoli inoltre della presenza di associazioni e reti di solidali ben radicate sul territorio.

    Se le atrocità osservate a Milano sono il frutto di un relativo contegno che le autorità si impongono in Via Corelli, qual è invece la realtà quotidiana degli altri CPR, esclusi da un accorto e costante monitoraggio? Il titolo infatti rende perfettamente idea di quanto è nascosto agli occhi quando si cerca di osservare la totalità di una stanza dal piccolo spiraglio della serratura.
    “Accedere al CPR: una lunga storia”

    Naga accede regolarmente alle carceri ordinarie, mentre nei Centri di permanenza per i rimpatri la Prefettura nega l’autorizzazione in modo quasi sistematico e spesso senza neanche fornire una motivazione dettagliata. Eppure la possibilità di accesso è formalmente prevista dalla Direttiva Lamorgese e spesso viene fatta valere solo in seguito a un ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale. Non prima, dunque, di spendere tempo, energie e risorse per fare ricorso contro il diniego.

    “La battaglia per visitare il CPR è durata oltre un anno, ha visto impegnati due avvocati e una decina tra attiviste e attivisti. Istanze, memorie, accessi agli atti, un’ordinanza e una sentenza” 4. Tutta questa fatica per due ore di sopralluogo all’interno del centro, in cui la delegazione è stata accompagnata – o, per meglio dire, scortata – lungo tutto il tragitto.
    Gli accessi civici agli atti e i dati quantitativi del report

    Un intero capitolo del dossier è dedicato a dettagliare le richieste di accesso civico generalizzato agli atti 5 che hanno spesso ottenuto dinieghi, risposte glissate, parziali, contraddittorie 6, a volte nessuna risposta affatto. Dalle risposte ottenute il rapporto riesce a ricostruire qualche dato quantitativo.

    In un anno sono state deportate da via Corelli verso il paese d’origine 7 238 persone, ovvero il 44% dei trattenuti (dove la media nazionale si attesta tra il 49 e il 50%).

    “L’82% dei rimpatriati proviene dal nord Africa. Del resto, il 65% dei trattenimenti ha riguardato persone provenienti da Egitto, Marocco e Tunisia. I dati della Prefettura confermano che sono soprattutto tunisini a popolare il CPR.” (Naga, 2023, p.137)

    In assenza di dati ufficiali sui motivi di rilascio diversi dalla deportazione nel paese di origine, Naga e Rete riportano a tal proposito i dati in loro possesso. Dei 24 casi di rilasci ottenuti grazie all’assistenza legale Naga, la maggior parte erano motivati dalle condizioni di salute dei trattenuti.

    Secondo l’ATS (Agenzia di Tutela della Salute), dal 1°marzo 2022 al 28 marzo 2023 sono stati emessi 203 codici STP. (Naga, 2023, p.167).

    A tutti i trattenuti però dovrebbe essere assegnato un codice STP (Straniero Temporaneamente Presente) al momento dell’ingresso. Considerando che il numero di trattenuti per lo stesso periodo è di 544, lo scarto è di ben 341 codici. Sul perché a questi individui non sia stato assegnato alcun codice STP non è dato avere spiegazione.

    Sul numero di trattenuti sottoposti a Trattamento Sanitario Obbligatorio (TSO), l’ATS non ha fornito alcuna risposta. La Prefettura sostiene di non avere tale informazione e, anche avendola, non la comunicherebbe in quanto relativa a dati “sensibilissimi”. Invece il Comune di Milano, che sotto la firma del suo Sindaco Giuseppe Sala dispone i TSO, ha riferito che nel periodo di riferimento dell’istanza ci sono stati due TSO sullo stesso cittadino. Risulta poi che questi trattamenti si riferiscono a due distinti periodi di trattenimento in CPR: questo significa, ancora una volta, che nonostante i gravi problemi psichiatrici è stato dichiarato idoneo al trattenimento ed è finito poi per subire un ulteriore TSO.
    La visita d’idoneità

    Una visita medica deve accertare l’idoneità alla vita in comunità ristretta entro le 48h dall’ingresso della persona in un CPR. Secondo la normativa, la visita d’idoneità deve svolgersi all’esterno del Centro e dev’essere obiettiva. Secondo le raccomandazioni del Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale (di qui in avanti abbreviato “Garante Nazionale”), per essere obiettiva la visita dev’essere svolta da medici del Servizio Sanitario Pubblico in una struttura pubblica.

    Invece, sin dalla sua apertura e con l’eccezione di una sola breve parentesi, le visite di idoneità per l’ingresso nel CPR di Via Corelli sono state svolte sempre dagli stessi due medici. Non si tratta di dipendenti dell’ASL, ma di medici in libera professione vincitori di concorsi che sembrano istituiti ad-hoc per affidare loro le visite d’idoneità. Inoltre, nel primo anno di apertura del centro, questi due medici lavoravano anche privatamente per l’ente gestore dell’epoca, la R.T.I. Luna S.c.s. – Versoprobo S.c.s. (oggi a gestire il Centro di Via Corelli è Martinina S.r.l.) in evidente conflitto d’interesse.

    Alcuni trattenuti riferiscono di non essere mai stati visitati al di fuori del centro o di aver svolto la visita in Questura. Tutti ad ogni modo sono stati visitati in presenza di agenti di polizia e le visite consistono nella compilazione di un modulo a crocette, nella somministrazione di un test COVID, nella dichiarazione di assenza di sintomi da Tubercolosi, ma senza disponibilità di strumenti diagnostici né la previsione di esami di approfondimento. Dunque si è idonei solo se si è ritenuti approssimativamente e a vista d’occhio “sani”.

    “Nel periodo tra maggio 2022 e marzo 2023 sono pervenute al centralino SOS CPR del Naga diverse segnalazioni di problematiche sanitarie che potrebbero porre qualche dubbio sulle idoneità rilasciate. Ricordiamo almeno 4 casi di trattenuti affetti da epilessia, 8 con gravi problemi psichiatrici e psicologici, diverse decine di persone che praticavano autolesionismo, 9 portatori di malattie croniche, gravi o comunque difficilmente compatibili con le modalità di trattenimento (sempre che queste si possano considerare compatibili con qualsiasi essere umano)” – Naga, 2023 (p. 84)
    “Il battesimo d’ingresso”

    Una volta all’interno del CPR, i trattenuti sono sottoposti a una seconda “visita”, quella di presa in carico 8. I neo arrivati vengono portati in infermeria, denudati integralmente di fronte a medici e, anche qui, ad agenti di polizia e obbligati a fare flessioni per espellere eventuali oggetti nascosti nell’ano.

    “Un trattamento umiliante dalla dubbia utilità pratica, stigmatizzato in infinite occasioni dai tribunali perché riservato, per legge, ai soggetti più pericolosi solo in caso di estrema necessità. Questo trattamento viene risparmiato solo ai soggetti provenienti direttamente dal carcere, quindi “puliti” in ragione della loro provenienza. A volte neanche a loro.” – Naga, 2023 (p.26)

    Al termine di questa visita viene refertata una scheda medica di ingresso, senza data e con la sezione “anamnesi” quasi sempre barrata. Nessun accertamento dettagliato sulla salute psichica dei trattenuti, seppur previsto dall’offerta tecnica con la quale Martinina S.r.l. vince l’appalto.

    Finita questa umiliante prassi di sottomissione, i trattenuti vengono spogliati anche della loro stessa umanità e identità personale. Viene loro consegnato un cartellino identificativo con un codice numerico progressivo (arrivato il 28 luglio 2023 al numero 1566) che di lì in avanti sostituirà il loro nome nelle interazioni con il personale all’interno del centro.

    Uno spettro agghiacciante dei metodi nazisti, in cui la deumanizzazione degli internati era funzionale al loro soggiogamento e all’annientamento di ogni guizzo di resistenza attiva alle ingiustizie e violenze subite.
    La vita nei blocchi: squallore e “zombizzazione”

    Secondo il monitoraggio di Naga e Rete, nel CPR di Via Corelli risultano agibili solo due moduli abitativi – spesso definiti “blocchi” dai trattenuti – ciascuno per 28 persone.

    “Per ogni trattenuto il gestore percepisce, come da appalto, un compenso di 40,16 euro al giorno. A loro disposizione un “kit di ingresso” (per il quale il gestore percepisce un compenso a parte) miserrimo e un cambio di vestiti (biancheria intima compresa) già usati da altri, che nella maggioranza dei casi vengono rifiutati.” – Naga, 2023 (p. 26)

    Le squallide condizioni di vita all’interno dei CPR sono ormai largamente documentate. Le pagine social della Rete pubblicano quasi quotidianamente foto e video inviati dai trattenuti raffiguranti locali non idonei, sporcizia, degrado, sangue, violenze e sofferenza diffusa.

    Uno scenario post-apocalittico all’interno del quale gli avvocati e le avvocate Naga raccontano di una veloce degenerazione psicofisica dei loro clienti, che colloquio dopo colloquio, vedono progressivamente diventare come zombie.

    “Giovani sani e forti si trasformano in poche settimane in zombie scoloriti e disorientati dagli psicofarmaci, drogati di e per disperazione, o più semplicemente per mantenere l’ordine all’interno del centro senza alcun dispendio di forze, energie e personale: sedandoli” – Naga, 2023 (p.28)
    Mai più distante dalla realtà: il capitolato d’appalto di Martinina S.r.l. tra servizi non erogati e protocolli falsi

    Nel CPR di Milano, come negli altri CPR d’Italia, i trattenuti non hanno la possibilità di svolgere alcuna attività ricreativa. Eppure Martinina S.r.l. avrebbe ottenuto in gestione via Corelli – con un appalto di 1,2 milioni di euro! – sulla base delle “proposte migliorative” dell’offerta tecnica.

    Il rapporto di Naga e Rete documenta dettagliatamente come quanto formalmente previsto dal capitolato non corrisponde a un servizio effettivo e/o di qualità 9. Ma ancor più grave è quanto emerso dalla recente inchiesta di Luca Rondi e Lorenzo Figoni per Altraeconomia: «Inchiesta sul gestore del Cpr di Milano: tra falsi protocolli e servizi non erogati».

    Interpellando le associazioni e Ong iscritte negli accordi che Martinina S.r.l. ha presentato in gara d’appalto hanno scoperto che questi protocolli d’intesa sono falsi. Altri ancora sono siglati con soggetti che non risultano da nessuna parte online, di cui di fatto non è possibile verificare la veridicità. Un accordo è addirittura firmato dal solo ente gestore, Martinina S.r.l. Tra questi le società che dovrebbero provvedere alla realizzazioni di attività ricreative e migliorative del tempo trascorso dai trattenuti all’interno del Centro.

    i trattenuti nei CPR non hanno nemmeno la possibilità di tenersi carta e penna. La giustificazione? La prima perché infiammabile e la seconda perché passibile di uso improprio. Il divieto di circolazione di carta tra i detenuti però inficia gravemente anche sul loro diritto all’informazione legale e di reclamo diretto al Garante Nazionale.

    Secondo l’offerta tecnica, Martinina S.r.l. fornisce consulenti legali interni che dovrebbero consegnare una “carta dei diritti dei trattenuti”, che però non può circolare nel CPR perché, appunto, di carta. Senza carta e penna é inoltre inverosimile che i trattenuti possano scrivere reclami diretti al Garante Nazionale. In occasione dell’accesso fisico la delegazione Naga ha potuto constatare inoltre che il vademecum che dovrebbe informarli sulle modalità di invio riporta informazioni errate: istruiscono per l’invio di reclami al Garante territoriale, che a Milano manca. Esiste un Garante Comunale che tuttavia non segue il CPR di Via Corelli per mancanze di risorse e personale e che consiglia di riferirsi alla Procura della Repubblica o al Garante Nazionale, per cui le modalità d’invio, tuttavia, richiedono procedure differenti. A queste mancanze cercano di sopperire Naga e Rete mandando costanti segnalazioni al Garante. Nel rapporto forniscono qualche dato sulle segnalazioni inviate.

    “Quale difesa?”

    Ai trattenuti viene sistematicamente limitato il diritto alla difesa. La nomina di unə avvocatə di fiducia è condizionata alle risorse economiche disponibili: quando sono scarse o ormai esaurite, non resta che l’avvocatə di ufficio. I detenuti dovrebbero poterne scegliere unə da una lista fornita dall’ente gestore. Questa, in quanto cartacea, non può circolare all’interno del CPR e quindi di fatto l’assegnazione avviene in maniera casuale. Anche quando un detenuto è assistito da unə avvocatə di fiducia, questə viene convocatə in ore serali, tarde o non viene convocatə affatto.

    Lə rappresentante legale spesso non conosce il caso, non ha avuto accesso al fascicolo, non ha nemmeno mai visto o parlato con il trattenuto. Se d’ufficio, poi, il suo incarico si limita a una singola udienza. Le udienze durano in media 6 minuti e sono svolte online: oltre alla pessima connessione internet, l’avvocatə deve decidere se presenziare di fronte al giudice o collegarsi online con la persona assistita, con ulteriori gravi implicazioni sulla qualità della difesa.

    L’impedimento al diritto di difesa viene esercitato anche in occasione dei colloqui individuali. A differenza del carcere ordinario, nei CPR questi avvengono alla presenza degli agenti di polizia. Il rapporto riporta un episodio particolarmente grave del 3 agosto 2023, in cui all’avv. Simona Stefanelli e all’interprete di fiducia che l’accompagnava, é stato inizialmente negato negato l’accesso al CPR, nonostante regolare nomina di incarico per diversi assistiti. È stato poi concesso alla sola avvocata di parlare con un solo assistito e per 30 minuti, dopodiché è stata fatta uscire sul pretesto che ci sarebbero stati altri appuntamenti per i quali doveva essere lasciata libera la stanza. Il direttore avrebbe inoltre sequestrato alcuni documenti dell’assistito impedendole di fatto di preparare un’adeguata difesa.
    L’interprete

    Fino a giugno 2022 l’interprete di fiducia poteva accedere al CPR, previa comunicazione del nominativo all’ente gestore, come anche presenziare alle udienze presso il Giudice di pace. Ora invece serve l’autorizzazione della Prefettura, che oppone dinieghi ostinati e strumentali anche in presenza di professionistə competenti e qualificatə.

    All’interprete che accompagnava l’avv. Stefanelli è stato opposto un diniego perché non aveva presentato documentazione atta a dimostrare la sua qualifica di mediatrice culturale. Quando questa è stata presentata, le si è opposto che la qualifica di per sé non fosse sufficiente, ma doveva dimostrare di svolgere “ordinariamente attività come traduttrice o mediatrice culturale a supporto di studi legali, o comunque in contesti peculiari come quello dei CPR” 10. Nel diniego si aggiungeva inoltre che l’interprete di fiducia risultava superfluo data la presenza di personale di mediazione professionista garantita dall’ente gestore.

    Non solo dal rapporto emerge come l’unico mediatore “professionista” di Martinina S.r.l. mai incontrato abbia candidamente ammesso di essere un autodidatta. In base ai protocolli presentati in gara d’appalto sarebbe Ala Milano Onlus a fornire servizi di mediazione linguistico-culturale nel CPR di Milano. Peccato che il suo presidente, intervistato da Luca Rondi e Lorenzo Figoni nell’ambito della già citata inchiesta su Altraeconomia, dichiara di non aver mai siglato quell’accordo.
    Il diritto alla salute e gli “scheletri nell’armadio”

    Il grosso del dossier riguarda i dati medici e parla di un vero e proprio ostruzionismo da parte di Prefettura ed ente gestore, vinto ancora una volta soltanto in sede di ricorso. L’ostruzionismo viene esercitato su voluti fraintendimenti tra le “cartelle cliniche” e i “diari clinici” dei trattenuti.

    Quando lə avvocatə chiede per iscritto “le cartelle cliniche” dell’assistito, l’ente gestore invia le cartelle cliniche refertate da ospedali qualora si siano verificati dei ricoveri, ma non quello che loro chiamano il “diario clinico”. Quest’ultimo è un fascicolo che l’ente gestore dovrebbe aggiornare lungo tutto il periodo di trattenimento, tra l’altro avvalendosi di un software gestionale online che comunicherebbe alla prefettura ogni aggiornamento su base quotidiana. Questo diario non viene rilasciato, come ricostruisce dettagliatamente il rapporto, neanche quando esplicitamente ordinato da sentenza del giudice su ricorso.

    Non è chiaro poi se questo software gestionale esista davvero: la documentazione ottenuta risulta scritta a mano, spesso in maniera illeggibile; inoltre anche il “registro degli eventi critici”, che da offerta tecnica dovrebbero essere registrati e comunicati informaticamente, è un quaderno da cartoleria ad anelli, “dal quale possono essere agilmente strappati fogli scomodi, non numerati né tanto meno vidimati” – Naga, 2023 (p.147)

    Quando si è riusciti ad ottenere la documentazione sanitaria di alcuni trattenuti sono emersi dei veri e propri “scheletri nell’armadio”. Ne è un esempio la storia di J.M., dettagliata nel rapporto.

    Lamentando gravi mal di testa, J.M. viene visitato in ospedale perché non era disponibile un medico nel centro; il suo referto medico viene sequestrato al rientro nel centro e il suo compagno di stanza chiama il centralino del Naga perché lo vede fortemente turbato. Lə attivistə di Naga e Rete riescono a risalire all’Ospedale dov’era stato ricoverato e scoprono che una TAC aveva rilevato una neoplasia cerebrale. Viene invece dimesso con diagnosi di crisi da verosimile astinenza da cocaina e riportato nel CPR come se nulla fosse. Il legale fa allora richiesta ufficiale della sua cartella clinica e soltanto allora J.M. viene rilasciato dal centro: più precisamente, viene abbandonato in mezzo alla strada, nonostante non fosse nemmeno in grado di camminare, e senza ricevere la sua cartella clinica.
    La non-assistenza psico-sociale in Via Corelli

    L’offerta tecnica di Martinina S.r.l prevede personale e locali adibiti ai colloqui psicologici, che però si svolgono in presenza degli agenti di polizia, in totale violazione della privacy necessaria. Nell’accesso fisico alla struttura, la delegazione Naga ha constatato che a tale servizio sarebbero incaricate due persone, di cui una si è presentata come coordinatrice del servizio. Interrogata su tecniche e modalità impiegate nel suo lavoro dimostrava gravi mancanze e ammetteva di non affiancarsi di personale di mediazione linguistico-culturale.

    Il suo nome é stato poi nominato da svariati trattenuti, che però la identificavano come l’operatrice che si occupa dei cartellini identificativi con il numero progressivo. Lə avvocatə che collaborano con Naga riportano inoltre che sarebbe sempre lei a rispondere alle email di nomina di legali di fiducia. Mansioni che non sembrano c’entrare nulla con l’incarico di psicologa.

    In assenza di un supporto psicologico adeguato la prassi è una diffusa somministrazione di psicofarmaci a fini sedativi 11, così che le condizioni psicofisiche dei trattenuti deteriorano progressivamente e velocemente. Uno non-luogo di abbandono e brutalizzazione costante.
    La storia di H.B.

    Nessuna legge vieta un ulteriore periodo di detenzione, rendendone i “termini massimi” stabiliti per legge meno effettivi. Dalle testimonianze delle persone che si sono rivolte al centralino “SOS CPR Naga”, è evidente poi che il trattenimento viene imposto e reiterato anche quando la deportazione non è attuabile, in completa violazione del Testo Unico Immigrazione 12. Inoltre, spesso vengono trasferite da un CPR a un altro in ottica punitiva e strumentale.

    Tutte queste dimensioni discriminanti possono verificarsi per una stessa persona con effetti devastanti, come esemplificato nella storia di H.B., dettagliata nel report di Naga e Rete.

    H.B. non è registrato all’anagrafe del paese di origine e dunque, poiché quest’ultimo non lo riconosce come proprio cittadino, non è deportabile. Per questo stesso motivo era stato rilasciato dal suo primo trattenimento nel CPT di Bologna, salvo poi venir messo dentro a Via Corelli a Milano. Da qui, salito sul tetto in atto di protesta contro la convocazione di un avvocato sconosciuto per la sua udienza 13, viene trasferito per punizione al CPR di Ponte Galeria a Roma, ma solo dopo due episodi di violenza da parte di almeno 6 agenti di polizia, che gli causano una ferita aperta in testa, perdite di sangue e siero da orecchie e bocca, vista offuscata e torsione del braccio.

    Perché a Ponte Galeria? Per recidere i suoi rapporti e contatti con lə attivistə di Milano, non potendo nel CPR di Roma tenere il suo cellulare personale. Invece lə avvocatə NAGA hanno continuato a seguirlo, e l’hanno poi fatto rilasciare da Ponte Galeria, proprio perché le gravi lesioni inflittegli in Via Corelli lo rendevano evidentemente inidoneo al trattenimento in CPR 14.

    Anche nel caso di H.B. il rilascio ha equivalso a un abbandono in mezzo alla strada. Lə attivistə NAGA perdono le sue tracce per un certo periodo e lo ritrovano nuovamente rinchiuso, questa volta al CPR di Gradisca d’Isonzo. Non sapendo che fare, era tornato a Bologna dove si era presentato in Questura per domandare protezione internazionale in ragione della sua apolidia. Qui non solo gli viene negato l’accesso alla domanda 15, ma nuovamente lo rinchiudono nel Centro nonostante l’ingessatura al braccio per la quale doveva risultare inidoneo. Nuovamente lə avvocatə NAGA ottengono il suo rilascio, questa volta sulla base del comprovato tentativo di domandare la protezione internazionale e presentano una denuncia per tortura, lesioni, omissione di soccorso e falso nei confronti di agenti, direttore e medico del CPR di Milano e Roma, di cui seguiamo con ansia gli esiti.
    Pratiche di deportazione, morti di Stato e morti invisibili

    Sulla base delle testimonianze di ex-trattenuti deportati e dell’ultima relazione del Garante Nazionale 16, le modalità di esecuzione delle deportazioni implicano regolarmente l’uso della violenza e dell’inganno.

    Le forze di polizia fanno irruzione nella stanza di notte, mentre tutti dormono; immobilizzano e prelevano di forza il deportando, se serve lo sedano contro la sua volontà o a sua insaputa. In alternativa usano la “trappola dell’infermeria” 17, la bugia del trasferimento in un altro centro, o ancora si fa loro credere che verranno portati dal console a cui in ultimo spetta la decisione, quando invece tutto è ormai definitivo.

    Lo stesso Garante Nazionale evidenzia gli abusi della forza da parte degli agenti, in media tre per ogni deportato: a prescindere dall’eventuale resistenza opposta dai deportandi, questi vengono immobilizzati con fascette di velcro o altri dispositivi “con modalità considerate eccezionali anche nell’ambito del regime penitenziario con il rischio di incidere fortemente sulla dignità delle persone straniere” (…) “In talune occasioni i monitor hanno constatato che i dispositivi non sono stati levati nemmeno per consentire la consumazione del pasto e durante la fruizione dei servizi igienici” 18.

    Di questo sistema di violenza e razzismo istituzionale, amministrativa e fisica le persone ci muoiono: nascosti negli impenetrabili CPR o lontano dagli occhi e dai confini territoriali.

    Naga ha domandato al Dipartimento di Pubblica Sicurezza, che fa capo al Ministero dell’Interno, quante morti fossero avventue nei CPR d’Italia negli ultimi 5 anni: sono 14, età media di 33 anni.

    Vittime immolate in nome del culto dei confini, del razzismo, del profitto senza scrupoli che riduce le persone in corpi senza storia e senza identità, solo numeri.

    Numeri a cui Naga cerca di dare un nome, che qui riportiamo per rispetto della loro dignità, confidando che ci legge non ce ne vorrà se anche il resoconto del rapporto risulta molto lungo.

    • Donna – 46 anni – Ucraina – CPR di Ponte Galeria (Roma) il 13 novembre 2018. Di lei il Naga e la Rete Mai più Lager – No ai CPR non sanno nulla, nemmeno il suo nome.

    • Harry – 20 anni – Nigeria – CPR di Brindisi Restinco – 2 giugno 2019

    • Hossain Faisal – 31 anni – Bangladesh – CPR di Torino – 8 luglio 2019

    • Ayman Mekni – 33 anni – Tunisia – CPR di Pian del Lago – Caltanissetta – 12 gennaio 2020

    • Vakthange Enukidze – 39 anni – Georgia – CPR di Gradisca d’Isonzo – gennaio 2020

    • Orgest Turia – 29 anni – Albania – CPR di Gradisca d’Isonzo – 14 luglio 2020

    • Moussa Balde – 23 anni – Nuova Guinea – CPR di Torino – maggio 2021

    • Wissem Abdel Latif – 26 anni – Tunisia – CPR di Ponte Galeria – 28 novembre 2021

    • Ezzedine Anani – 41 anni – Marocco – CPR di Gradisca di Isonzo – 6 dicembre 2021

    • Uomo: – 36 anni – Nigeria – CPR di Brindisi Restinco – 4 agosto 2022.

    • Uomo – 34 anni – Bangladesh – CPR di Ponte Galeria – 22 agosto 2022.

    • Arshad Jahangir – 28 anni – Pakistan- CPR di Gradisca d’Isonzo – 31 agosto 2022

    • Uomo – 44 anni – Nigeria – CPR di Palazzo San Gervasio – 7 ottobre 2022.

    • Nome non trapelato – 38 anni – Marocco – CPR di Brindisi Restinco – 19 dicembre 2022 (Naga, 2023, pp.175-176)

    Di questi 14 morti di stato, 5 rimangono senza nome. Morti invisibili, o meglio invisibilizzate. Le loro morti come anche le loro vite: costrette, negate, taciute. Così nella depredazione dell’Occidente a danno dei paesi resi a basso reddito, ma in realtà di estremo valore estrattivo e umano; così nel Mar Mediterraneo, ormai stabilmente rotta migratoria più mortale sul pianeta; così anche sul territorio italiano, nei campi di sfruttamento, nelle carceri, nei CPR. E di quanti morti ancora non è dato sapere, una volta che queste persone vengono espulse e allontanate dagli occhi e dalla nostra coscienza.

    Vite di cui Naga, come le altre realtà sul territorio italiano, cercano di ricostruire l’identità, per rispetto, per dignità, ma anche per offrire un’occasione a eventuali familiari delle vittime di reclamare giustizia – se davvero così può essere chiamata – sistematicamente violata nel sistema CPR d’Italia.

    https://www.meltingpot.org/2023/11/un-anno-di-osservazione-sul-cpr-di-via-corelli-milano

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    • Firme false e assistenza inesistente per i reclusi: la Procura indaga sul Cpr di Milano

      Il primo dicembre la Guardia di Finanza ha perquisito la struttura per acquisire documentazione. Il reato ipotizzato per l’ente gestore #Martinina è frode in atto pubblico. Un’inchiesta di Altreconomia aveva svelato le “false promesse” della società alla prefettura di Milano

      Servizi di mediazione e assistenza sanitaria “gravemente deficitari”, ausilio psicologico e psichiatrico “largamente insufficiente” e poi cibo “spesso maleodorante, avariato e scaduto”, mancanza di medicinali e informativa legale. Sono queste le basi su cui la Procura di Milano ha dato mandato alla Guardia di Finanza per l’ispezione dei locali del Cpr di via Corelli del primo dicembre. I reati ipotizzati per i rappresentanti della Martinina Srl, la società che si è aggiudicata l’appalto da 1,2 milioni di euro per la gestione del centro nell’ottobre 2022, sarebbero frode nelle pubbliche forniture e turbata libertà degli incanti. Le prime informazioni confermerebbero quanto emerso dalle inchieste di Altreconomia sulle presunte “false promesse” della società alla prefettura e sull’abuso di psicofarmaci.

      Sono due, infatti, i profili al vaglio degli inquirenti. Da un lato c’è la turbativa d’asta legata ai servizi promessi da Martina Srl e mai realizzati. Alessandro Forlenza, gestore del centro e Consiglia Caruso, amministratrice unica della società, avrebbero commesso “frode nell’esecuzione del contratto di appalto” ponendo in essere “espedienti maliziosi e ingannevoli idonei a far apparire l’esecuzione del contratto conforme agli obblighi assunti”. Da un lato quindi i servizi, come detto, “gravemente deficitari” riguardanti mediazione culturale e assistenza sanitaria e informativa legale e poi, in sede di aggiudicazione dell’appalto pubblicato dalla prefettura di Milano, la presenza di protocolli falsi siglati da Consiglia Caruso, all’epoca rappresentante legale della società, con organizzazioni della società civile (ignare) per migliorare l’offerta tecnica al fine di vincere la gara.

      “In concorso con persone non identificate mediante la presentazione documentazione contraffatta e apocrifa turbava la gara d’appalto”, si legge nel decreto con cui il pubblico ministero ha chiesto la possibilità di ispezionare il Corelli. I protocolli, come raccontato anche su Altreconomia, sarebbero dieci in totale. Addirittura due riguarderebbero contratti d’acquisto per distributori di tabacchi e snack. “Servizi mai resi”, sempre secondo l’accusa. Protocolli forniti ovviamente in sede di gara ed esaminati dalla Commissione giudicatrice della prefettura, la quale, nella decisione di assegnare l’appalto alla società domiciliata in provincia di Salerno, sottolineava l’importanza del “valore delle proposte migliorative dell’offerta tecnica”.

      C’è poi il capitolo sanitario. Nell’inchiesta “Rinchiusi e sedati” avevamo dato conto di un acquisto spropositato di psicofarmaci destinati al Cpr di Milano. Il pubblico ministero scrive di “visite di idoneità alla vita in comunità ristretta assolutamente carenti” con ospiti trattenuti affetti da “epatite, gravi patologie psichiatriche, tossicodipendenti, persone con tumori al cervello” a cui si aggiungono servizi di ausilio psichiatrico e psicologico “largamente insufficienti” con colloqui svolti senza i mediatori culturali. “Con le persone trattenute si capiva sulla base del feeling”, avrebbe spiegato la psicologa del centro. Sono state acquisite “copie delle cartelle cliniche e della documentazione sanitaria (attuali e passati)”.

      Martinina Srl ha attualmente altre due sedi attive: una a Palazzo San Gervasio, a Potenza, dove è arrivata seconda nella gara di assegnazione della nuova gestione del Cpr precedentemente dalla Engel, vinto da Officine Solidali nel marzo 2023, un’altra a Taranto, per la gestione del Cas Mondelli che accoglie minori stranieri non accompagnati. L’ultimo bilancio disponibile è del 31 dicembre 2021 con importi ridottissimi: appena 2.327 euro di utili “portati a nuovo”. A quella data ancora non era attivo il Cpr di via Corelli. C’è un terzo soggetto, però, nella “sfera Martinina” con ben altri risultati: si tratta della Engel Family Srl nata nell’ottobre 2020 con in “dotazione” 250mila euro derivanti da Engel Srl. Paola Cianciulli è nuovamente amministratrice e socia unica della società che si occupa di “locazione immobiliare di beni propri o in leasing” che al 31 dicembre 2021 (l’ultimo disponibile) conta un valore della produzione complessivo di poco superiore a 372mila euro.

      Anche l’avvicendamento delle società gestite dall’imprenditore Alessandro Forlenza è rilevante. Lui, nel 2012 fonda la Engel Italia Srl, ex gestore del “Corelli” di Milano e del Cpr di Palazzo San Gervasio a Potenza: oggi quella società non esiste più perché il 20 ottobre 2023 è stata definitivamente “inglobata” nella Martinina Srl, a cui inizialmente era stato ceduto il ramo d’azienda che si occupava della detenzione amministrativa. La società è formalmente in mano a Paola Cianciulli, moglie di Forlenza, che è attualmente l’amministratrice unica dopo l’uscita di scena di Consiglia Caruso (la firmataria di tutti i protocolli d’intesa sopra citati), che il 31 agosto 2023 ha ceduto i mille euro di capitale sociale. A lei restano intestate due società con sede a Milano: l’Edil Coranimo Srl, che si occupa di costruzioni, e dal febbraio 2023 l’Allupo Srl che ha sede proprio in via Corelli, nel numero civico successivo al Centro per il rimpatrio. Una dinamica che desta interesse: l’oggetto sociale della Allupo Srl è molto diversificato e oltre alla ristorazione in diverse forme (da asporto o somministrazione diretta) è inclusa anche la possibilità di “gestione di case di riposo per anziani, case famiglia per minori, Cas, Sprar, Cara e Cpr”. Forse nel tentativo di togliere di mezzo il nome di Martinina per altri eventuali bandi.

      In questo quadro c’è poi il problematico ruolo giocato dalla prefettura. In una nota rilanciata da diverse agenzie di stampa, l’ufficio territoriale del Viminale ha fatto sapere che “aveva già avviato un procedimento amministrativo per la contestazione di condotte ritenute contrarie agli obblighi contrattuali a seguito di alcune criticità gestionali emerse nei mesi scorsi” che si sarebbe concluso con “l’irrogazione della massima sanzione prevista”. Non è chiaro a quando risalgano queste contestazioni. Ma ci sono alcuni elementi noti. Secondo i dati consultati da Altreconomia il primo settembre 2023, tre mesi fa, quando l’indagine della Procura era presumibilmente già in corso, la stessa prefettura ha bonificato a Martinina 80mila euro come rimborso per la gestione della struttura di marzo 2023, una cifra in linea con quelle riconosciute per i mesi precedenti per un totale di quasi un milione di euro dall’inizio del contratto (943mila euro).

      Il 10 novembre poi, quattro giorni prima dell’uscita della nostra inchiesta su Martinina, la prefettura ha pubblicato tutta la documentazione relativa al contratto aggiudicato da Engel nel 2021, sempre per la gestione del Cpr, da cui emerge che già in quell’offerta alcuni dei protocolli d’intesa sono siglati con le stesse realtà che dichiarano di non aver mai avuto rapporti né con l’ente gestore né con il Cpr. Un eccesso di trasparenza -mai vista quando si tratta di Cpr (per ottenere l’attuale contratto d’appalto è stato necessario un ricorso al Tar da parte dell’associazione Naga)- che nei fatti si è tradotto in un’autodenuncia. “La prefettura ha provveduto a informare ‘immediatamente’ gli uffici della locale Procura sugli esiti della propria attività, ‘trasmettendole’ anche la relativa documentazione e fornendo la propria massima collaborazione”, hanno spiegato da corso Monforte.

      Dai verbali delle ispezioni prefettizie consultati da Altreconomia, però, non emergerebbe una verifica dettagliata di quanto avviene nella struttura. In uno di questi, per esempio, alla domanda “La fornitura degli effetti letterecci avviene regolarmente e secondo le tempistiche e modalità previste dallo Schema di Capitolato vigente?”, il funzionario della prefettura barra “Sì”. Ma nella nota integrativa sottostante, riportata in calce al verbale, si legge che “ai 25 trattenuti non viene richiesto di firmare la consegna/ritiro degli effetti letterecci”. Risultano perciò incomprensibili le basi su cui viene affermata l’effettiva consegna di questi oggetti. La condizione dei reclusi e l’assistenza inesistenti dell’ente gestore non sono certo una notizia di attualità, così come i protocolli falsi, chiusi nei cassetti della prefettura da più di un anno.

      https://altreconomia.it/firme-false-e-assistenza-inesistente-per-i-reclusi-la-procura-indaga-su
      #fraude #Alessandro_Forlenza #Consiglia_Caruso #Engel_Family #Engel #Paola_Cianciulli #Alessandro_Forlenza #Engel_Italia #business #Edil_Coranimo #Allupo

    • Il CPR di via Corelli a Milano sotto indagine della Procura

      Indagati gli amministratori di Martinina srl, Consiglia Caruso e Alessandro Forlenza

      La gestione del CPR di via Corelli è ufficialmente sotto inchiesta della Procura di Milano, che venerdì 1 dicembre ha disposto un’ispezione a sorpresa nel centro da parte degli agenti della Guardia di Finanza. Perquisita la documentazione dell’ente gestore all’interno della struttura e acquisite immagini e video delle condizioni del centro.

      Locali sporchi, “bagni in condizioni vergognose”, cibo “maleodorante, avariato, scaduto”. I servizi, pur previsti dal capitolato d’appalto con i quali la società si è aggiudicata ben 4,4 milioni di euro, risultano carenti o del tutto assenti. Mancate cure e visite specialistiche necessarie ai trattenuti “per il rifiuto del gestore di pagare”. Gli stessi dipendenti del centro hanno segnalato agli inquirenti mancati pagamenti del Tfr, dello stipendio e pagamenti tardivi. Visite di idoneità sommarie che hanno dichiarato idonei anche individui “affetti da epilessia, epatite, tumore al cervello, patologie psichiatriche, tossicodipendenti”. Assistenza psicologica inadeguata, assenza di informativa legale ai trattenuti, nessuna attività ricreativa né luoghi di culto.

      È quanto osservato dagli inquirenti e contenuto nel decreto di ispezione della Procura, che ipotizza i reati di frode nelle pubbliche forniture e turbativa d’asta. Tra gli indagati, oltre alla società stessa, Consiglia Caruso, firmataria di tutti i protocolli d’intesa scoperti falsi nell’inchiesta pubblicata da Altraeconomia 1, e il figlio, Alessandro Forlenza, gestore della struttura di via Corelli.

      Una “gestione familiare” (l’attuale amministratrice di via Corelli 28 è infatti Paola Cianciulli, moglie di Forlenza) già al centro delle denunce di giornalisti e associazioni presenti sul territorio, che adesso trovano seguito nelle verifiche della Procura.

      Quanto riportato dalla Procura descrive infatti lo stesso quadro dettagliato nel report-denuncia recentemente pubblicato dall’associazione Naga in collaborazione con la Rete Mai più lager – No ai CPR 2, che ha dedicato ampio spazio alle incongruenze tra capitolato d’appalto e servizi erogati, nonché alle grave mancanze del presidio sanitario. Contestualmente, tra la documentazione perquisita dagli inquirenti nel centro figurerebbero anche le cartelle cliniche dei trattenuti, che di fatto vengono sequestrate dall’ente gestore che rifiuta sistematicamente di consegnarle ai diretti interessati o ai loro rappresentanti legali.

      L’inchiesta della Procura sembra dunque una buona notizia, che ripaga almeno in parte gli sforzi, le energie e delle risorse impegnate in inchieste, impervie azioni di monitoraggio e denuncia. Che accende la speranza che responsabilità e colpe vengano finalmente stabilite e sanzionate, arginando l’impunità dilagante in cui si muovono gli enti gestori con beneplacito delle Prefetture.

      Come espresso dall’avvocato ASGI, Nicola Datena ai giornalisti di Altraeconomia, “Il monitoraggio da parte della società civile si conferma essere uno strumento fondamentale. Se quanto emerso verrà confermato nelle sedi opportune viene da chiedersi chi controlla i controllori”.

      La Prefettura di Milano, preso atto dell’ispezione nel centro da parte della Procura, ha tempestivamente emesso un comunicato per chiarire che “aveva avviato a carico dell’ente gestore un procedimento amministrativo per la contestazione di talune condotte ritenute contrarie agli obblighi contrattuali”. Un tentativo di migliorare la propria posizione di fronte alle gravi irregolarità sulle quali non ha vegliato o ha soprasseduto. Irregolarità che poi si osservano da parte della Prefettura stessa, che, tra le altre, non ha ancora formalizzato alcuna proroga dell’incarico di gestione di Martinina s.r.l., nonostante l’appalto sia formalmente scaduto il 31 di ottobre.

      “Come Rete Mai più Lager – No ai CPR teniamo a ricordare che la situazione di Corelli non è isolata, e che questo tipo di controlli andrebbe fatto a tappeto in tutti i centri che purtroppo sono ancora aperti in Italia. Ma soprattutto, teniamo a ricordare che le responsabilità vanno ricercate a tutti i livelli. E quindi non solo nei disservizi causati dagli inadempimenti dei gestori, ma anche nelle Prefetture che selezionano i candidati vittoriosi dei bandi e dovrebbero monitorarne l’attività, come anche in chi, sapendo e vedendo, tace”, scrive la Rete in un comunicato pubblicato sulle sue pagine social 3.

      Quanto emerge dalle inchieste su via Corelli non può essere ridotto a un semplice caso di malagestione e oltre alle responsabilità penali vanno messe in luce anche quelle politiche. Perché non si tratta solo di illeciti amministrativi nelle gare d’appalto, ma di gravissime e sistematiche violazioni di diritti fondamentali e della dignità delle persone.

      Quanto emerge sulla gestione del CPR di Milano non riflette un caso isolato. É un esempio di quanto accade in tutti i luoghi di detenzione amministrativa in Italia, che oggi si vogliono rafforzare e ampliare sul territorio. In tutti i CPR d’Italia le persone si ammalano, si aggravano, soffrono, si intossicano, subiscono abusi e violenze indicibili. Nei CPR d’Italia le persone muoiono. Morti di Stato e morti invisibilizzate che rimangono senza giustizia.

      I CPR vanno chiusi non perché gestiti male, ma perché sono illegittime istituzioni totali che investono risorse pubbliche nella produzione di marginalizzazione, violenza e oppressione; perché sono incarnazione di una pericolosa sospensione di principi fondamentali, che mette a rischio diritti e libertà di tuttə; perché sono massima espressione di un razzismo istituzionale e di una necropolitica che si accanisce sulle persone straniere razzializzate, martoriandone corpo, spirito e dignità.
      Un sistema di violenza razziale inaccettabile, che va superato e che chiama in causa la responsabilità politica, sociale e storica dell’intera comunità.

      https://www.meltingpot.org/2023/12/il-cpr-di-via-corelli-a-milano-sotto-indagine-della-procura

    • Milano: la vergogna del Cpr di via Corelli. Niente cure e cibo scaduto

      L’ispezione della Guardia di finanza al cpr di via Corelli a Milano nell’ambito dell’indagine per frode in pubblica fornitura. Sotto accusa la società salernitana La Martinina srl che gestisce il centro per conto della Prefettura di Milano e del ministero dell’Interno. L’inchiesta della Procura di Milano parte anche dalle segnalazioni dell’ex senatore De Falco che fece due ispezioni: «Il gestore del centro ha tutto l’interesse a trattenere il maggior numero di persone perché è pagato per quello. Se nessuno controlla può succedere qualsiasi cosa, e infatti succede»

      Ora si accende anche il faro della Procura sul Cpr di via Corelli a Milano. A far scattare l’indagine dei magistrati hanno contribuito le innumerevoli denunce pubbliche fatte in questi anni da attivisti antirazzisti, giornalisti e alcuni politici.

      Nelle carte infatti c’è tutto il corollario di cose dette in questi anni da coloro che si sono occupati dei centri di permanenza per il rimpatrio: trattamenti disumani, cibo scadente, abuso di farmaci, impossibilità di comunicare con l’esterno, assistenza sanitaria negata. I Cpr sono questo e ora su quello di Milano c’è anche la parola dei magistrati.

      NELL’INCHIESTA VIENE citata la visita effettuata dall’associazione Naga e dalla rete Mai Più Lager-No ai Cpr il 2 marzo 2023 e l’ispezione del 29 maggio 2022 dell’ex senatore del M5S Gregorio de Falco.

      L’indagine è dei pm Giovanna Cavalleri e Paolo Storari che ieri mattina hanno mandato i militari della Guardia di finanza a perquisire il centro. L’ipotesi di reato è frode in pubbliche forniture e turbativa d’asta nei confronti degli amministratore della società La Martinina srl che gestisce il Cpr per conto della Prefettura di Milano e del ministero dell’Interno. A ottobre 2022 la società aveva vinto la gara d’appalto da 4,4 milioni di euro per gestire il centro per un anno dopo alcuni passaggi societari sui cui i magistrati vogliono fare chiarezza.

      A settembre 2021 il bando era stato vinto dalla Engel Italia di Salerno, il 10 ottobre 2022 era passato alla Martinina di Pontecagnano, sempre con sede a Salerno. A novembre 2022 la Engel Italia finiva in concordato e si fondeva nella Martinina srl. Le quote delle due società fanno capo alla stessa persona, Paola Cianciulli, moglie del gestore del Cpr milanese Alessandro Forlenza, figlio dell’amministratrice della Martinina srl Consiglia Caruso.

      Dall’indagine emerge che la società vincitrice del bando aveva promesso di tutto per aggiudicarsi l’appalto: dal cibo biologico ai mediatori culturali, dall’assistenza sanitaria di qualità alle attività religiose, sociali e ricreative. E invece nulla di tutto ciò è stato fatto. Nell’assenza di controlli e di occhi indipendenti, in quei luoghi di segregazione può avvenire di tutto. E avviene.

      Da oggi però sappiamo che, almeno qui a Milano, le denunce pubbliche fatte da attivisti, associazioni e da quei pochi parlamentari che ispezionano i centri non sono cadute nel vuoto.

      SCRIVONO I PM che «il presidio sanitario con medici e infermieri era assolutamente inadeguato», mancavano medicinali e visite di idoneità alla vita nel centro per chi aveva «epilessia, epatite, tumore al cervello» e altre gravi patologie. Il supporto psicologico e psichiatrico era «largamente insufficiente e fornito da personale che non conosceva la lingua» degli immigrati trattenuti. Le camere erano «sporche», i bagni «in condizioni vergognose», il cibo «maleodorante, avariato e scaduto».

      La Martinina srl avrebbe anche prodotto documenti «contraffatti». Dagli esponenti della maggioranza di governo, che vorrebbe moltiplicare e esternalizzare oltre i confini nazionali i Cpr, non sono arrivati commenti.

      SI DIRÀ CHE QUESTI gestori di via Corelli sono delle mele marce e si proverà a difendere l’indifendibile. Dal centrosinistra in tanti hanno chiesto la chiusura del centro o la riconversione in struttura d’accoglienza, dal Pd, all’Alleanza Verdi Sinistra, a Rifondazione Comunista, al Patto Civico lombardo.

      «Da tempo chiedo la chiusura del Cpr di via Corelli, come peraltro ha fatto mesi fa il consiglio comunale di Milano» ha commentato il responsabile nazionale del Pd per le politiche migratorie Pierfrancesco Majorino.

      Quando era assessore al welfare a Milano Majorino era riuscito a convincere l’allora governo a convertire il Cpr in centro d’accoglienza. Per gli attivisti e le associazioni che si oppongono ai Cpr il problema è politico e riguarda tutte le strutture aperte in Italia.

      Dice Riccardo Tromba del Naga: «Ci aspettiamo che i magistrati abbiano trovato quello che denunciamo da tempo, in quel centro non c’era nulla di quanto promesso dal gestore. Noi ci opponiamo da sempre al trattenimento dei migranti, dal 1998 quando li istituì un governo di centrosinistra».

      Per la rete Mai Più Lager-No ai Cpr «la situazione di Corelli non è isolata, questo tipo di controlli andrebbero fatti a tappeto in tutti i centri che purtroppo sono ancora aperti in Italia. Le responsabilità vanno ricercate a tutti i livelli, quindi non solo nei disservizi causati dagli inadempimenti dei gestori, ma anche nelle prefetture che selezionano i candidati vittoriosi dei bandi e dovrebbero monitorarne l’attività, come anche in chi, sapendo e vedendo, tace».

      RESPINGE LE ACCUSE la Prefettura di Milano: «Nei mesi scorsi erano emerse criticità gestionali, era quindi stato avviato a carico dell’ente gestore un procedimento amministrativo ed era stata informata la Procura».

      De Falco: «Nel cpr vidi il degrado, colpa della gestione privata e dello Stato che nasconde»

      Gregorio De Falco, quando è stato senatore del M5S nel Cpr di via Corelli ha fatto due ispezioni. L’inchiesta della Procura di Milano parte anche dalle sue segnalazioni, cos’ha pensato questa mattina?

      Finalmente. Perché fin dall’esito della prima ispezione, quella del 5-6 giugno 2021, avendo fatto un esposto alla Procura della Repubblica mi aspettavo che qualcosa succedesse. Poi c’è stata la seconda ispezione, quella del 29 maggio 2022. Era chiara la condizione di assoluto abbandono nella quale vivevano e vivono tutt’ora le persone trattenute all’interno e mi aspettavo che qualcuno avviasse indagini. Oggi quindi dico: finalmente la giustizia si muove.

      Qual era l’obbiettivo delle sue ispezioni?

      Era quello di verificare le condizioni di vita dei trattenuti e quindi se lo Stato, attraverso le sue funzioni amministrative come la Prefettura, esercitasse il trattenimento con criteri minimi di dignità e umanità. Quello che abbiamo visto è stata invece una condizione diffusa di degrado. Le persone vengono trattenute in modo brutale perché senza aver commesso reati sono costrette a stare in un centro equivalente al carcere, ma a differenza dei carcerati a loro non è concesso il diritto di difesa, non possono fare nulla. Spesso le visite mediche sono fatte da operatori pagati dalle società di gestione, non va bene. Il gestore del centro ha tutto l’interesse a trattenere il maggior numero di persone perché è pagato per quello. Se nessuno controlla può succedere qualsiasi cosa, e infatti succede. Dal cibo avariato, all’abuso di farmaci, all’impedimento a comunicare con l’esterno. E lo Stato tiene nascosto tutto ciò.

      Il controllo del lavoro delle società che vincono gli appalti di gestione dei Cpr spetterebbe al ministero dell’Interno e alle prefetture. Avviene?

      Guardi, in quegli anni ho fatto interrogazioni parlamentari all’allora ministra dell’Interno Luciana Lamorgese e le risposte che ho avuto sono sempre state sconfortanti. Una volta avevo chiesto di entrare nel Cpr di Roma insieme a una mia collaboratrice. All’epoca il prefetto di Roma era Matteo Piantedosi. Bene, mi fu negato il permesso perché Piantedosi aveva fatto fare delle indagini sulla mia collaboratrice e non risultava essere la mia assistente legislativa parlamentare. Ma io avevo chiesto proprio a lei di accompagnarmi perché era una persona che parlava l’arabo e si occupava di immigrazione. E invece no, Piantedosi impiegò il suo tempo per fare indagini sulla mia collaboratrice e negarmi l’ingresso al Cpr.

      Oggi Piantedosi è ministro dell’Interno di un governo che i Cpr li vuole moltiplicare, persino fuori dai confini nazionali…

      Moltiplicare ed esternalizzare. Con l’idea di costruire Cpr fuori dal territorio nazionale vogliono evitare che i parlamentari possano esercitare la loro funzione di controllo su queste strutture. È gravissimo, ma penso che il piano del governo sia fallimentare perché ancora c’è una Costituzione che anche loro devono rispettare. Il livello di civiltà non può tornare indietro.

      https://www.osservatoriorepressione.info/milano-la-vergogna-del-cpr-via-corelli-niente-cure-cibo-sc

    • Condizioni disumane nel Cpr di Milano ma la Prefettura rinnova il contratto a Martinina

      La Procura di Milano ha chiesto il sequestro preventivo d’urgenza della struttura per il concreto rischio che i gravissimi reati ipotizzati continuino. L’ha fatto anche perché l’attuale gestore si era visto prolungare di un altro anno l’incarico dalla prefettura. Alle violazioni dei diritti umani si affianca l’opacità dell’impianto amministrativo

      “Era un vero e proprio lager, neanche i cani sono trattati così nei canili: gli psicofarmaci vengono dati come fossero caramelle, in alti dosaggi, con uno smodato uso di Rivotril. I medici erano razzisti: ‘meglio che muori, torna al tuo Paese’, dicevano. La pulizia? Erano posti pieni di piccioni, nutriti dagli stessi trattenuti e, com’è noto, i piccioni portano malattie. Vi era spazzatura ovunque, le stanze erano lorde, piene di mozziconi, le lenzuola erano sporche, fatte di tessuto non tessuto e non venivano ovviamente cambiate tutti i giorni. Durante l’estate poteva capitare che il sapone, pur presente, non veniva dato ai trattenuti per cui di fatto le docce non venivano fatte”.

      Questo era ed è il Cpr di via Corelli a Milano nelle parole di un lavoratore di Martinina Srl, società che gestisce la struttura dall’ottobre 2022 grazie a “promesse” false di servizi forniti ai reclusi, come anticipato nell’inchiesta di Altreconomia. Non è una dichiarazione isolata: leggere le 164 pagine con cui i sostituti procuratori Giovanna Cavalleri e Paolo Storari, il 13 dicembre 2023, hanno argomentato la richiesta di sequestro preventivo d’urgenza del ramo d’azienda che gestisce il centro, permette di ricostruire nel dettaglio l’orrore del “Corelli”. Sono gli stessi magistrati a scrivere che i reclusi “sono ridotti in condizioni che non pare esagerato definire disumane”.

      “Secondo te questi animali meritano una visita medica? Devono tornare alla giungla”. Lo avrebbe detto un medico del centro rivolgendosi a un operatore che accompagnava in ambulatorio un recluso. Il diritto alla salute sarebbe stato calpestato su più fronti. Per la necessità del gestore di risparmiare, Abdul, nome di fantasia, “non ha potuto effettuare una gastroscopia perché il gestore non pagava il ticket”; Amin, invece, pur avendo il piede fratturato non sarebbe stato visitato “per il rifiuto del gestore di pagare”.

      C’è poi, come abbiamo già raccontato, l’abuso di psicofarmaci. “Al centro ho visto dare quantità da 75 milligrammi a 300 milligrammi per tre volte al giorno di Lyrica, c’era una persona che assumeva circa 300 milligrammi di Lyrica per tre volte al giorno, cioè quasi un grammo, dose sostanzialmente fuori dosaggio”, racconta un’operatrice. “Vi era un uso smodato di Rivotril -racconta un’altra- Alcune volte venivano somministrati ad alcuni pazienti 100 gocce, io sono arrivata a diluire la boccetta con l’acqua per evitare effetti collaterali negativi”. “L’unico modo per gestire le criticità sanitarie era o lo psicofarmaco o la chiamata al 118”, ha dichiarato agli inquirenti Nicola Cocco, medico esperto di detenzione amministrativa.

      Nel centro c’erano persone che non avrebbero potuto esserci: gli inquirenti hanno ricostruito che le visite di idoneità alla comunità ristretta sono “assolutamente carenti”. Lo dimostrano la presenza all’interno del Centro di “ospiti affetti da epilessia, epatite, tumore al cervello, gravi patologie psichiatriche, tossicodipendenti” e, al momento della visita del primo dicembre, la presenza di una persona “cui sarebbe stata asportata la milza nel 2018”. “Vi erano numerosi malati psichiatrici all’interno”, racconta un’altra operatrice.

      Persone che vivevano in luoghi sudici. “Gli ambienti erano sporchi, c’erano anche dei topi all’interno delle diverse aree: le pulizie venivano svolte molto superficialmente, tanto che molti ospiti hanno avuto delle malattie epidermiche dovute alle scarse condizioni igieniche -racconta un dipendente-. Ci sono stati anche episodi di scabbia su più ospiti. Agli ospiti non è stato mai consegnato il kit per l’igiene personale, né saponi, né le lenzuola, dovevano arrangiarsi con quello che trovavano all’interno”. Ancora. “Gli ospiti vestivano sempre con la stessa tuta per l’intera giornata, sia di notte sia di giorno. Una volta a settimana avveniva il lavaggio della tuta e se qualcuno non aveva la possibilità di un cambio, restava seminudo fino a quando non venivano riconsegnata la tuta pulita”.

      E poi il cibo avariato: “Poiché erano avanzate delle vaschette di pasta, erano state offerte a noi dipendenti -si legge in una delle dichiarazioni rilasciate agli inquirenti-. A me sembrava pasta con il gorgonzola, in quanto aveva un odore rancido, poi mi sono accorta invece che era pasta con le zucchine andata a male. Ho cercato di evitare che venisse mangiata dai trattenuti, ma non sono arrivata in tempo, 40 persone hanno avuto un’intossicazione alimentare. Quasi tutti i giorni il cibo era scaduto o avariato”.

      Questo è il quadro, questo è il Cpr di via Corelli. L’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione (Asgi) ha pubblicato la scorsa settimana un dettagliato report sulle lacune nella gestione del Cpr, evidenziando anche l’immobilismo della prefettura di Milano. “Dai verbali trasmessi all’Asgi a seguito di accesso civico generalizzato riguardante i verbali delle visite di controllo effettuate dalla prefettura non emerge tuttavia alcuna verifica sul rispetto dei diritti fondamentali delle persone trattenute nel Cpr, né alcun rilievo da parte dell’amministrazione riguardo della corretta erogazione dei servizi previsti in offerta tecnica”, scrive l’associazione a margine del report. Un paradosso, a cui se ne aggiunge un altro.

      La richiesta dei Pm di sequestrare la struttura arrivata a sorpresa il 13 dicembre 2023 nasce da un motivo ben preciso. Il 17 novembre 2023 la società Martinina, gestita da Alessandro Forlenza (amministratore di fatto), accusato di frode insieme alla madre Consiglia Caruso (fino al 31 agosto amministratrice unica sostituita poi dalla moglie di Forlenza, Paola Cianciulli), si è vista rinnovare il contratto siglato con la prefettura di Milano per la gestione della struttura per un altro anno. La firma di Caruso sul rinnovo è del primo dicembre, il pomeriggio di quando la Gdf ha fatto l’accesso in struttura. Il “nuovo” contratto, pubblicato sul sito della Prefettura, ricalca quello precedente. Non si menziona nessuno dei problemi di gestione da parte di Martinina.

      Un paradosso. Anche perché, dall’ufficio territoriale del Viminale, in seguito alla perquisizione della Guardia di Finanza al centro del primo dicembre, avevano fatto sapere di aver “già avviato un procedimento amministrativo per la contestazione di condotte ritenute contrarie agli obblighi contrattuali a seguito di alcune criticità gestionali emerse nei mesi scorsi” che si sarebbe concluso con “l’irrogazione della massima sanzione prevista”. Ma il contratto è stato rinnovato, come detto, come se tutto fosse normale.

      A quali criticità potrebbe riferirsi la Prefettura? “Il verbale dell’ispezione del 18 aprile 2023 -si legge però nel report di Asgi- non viene trasmesso sostenendo di non volere compromettere le verifiche tutt’ora in corso, essendo in corso istruttoria in merito alle spese sostenute per il personale”. Una presunta “massima sanzione” quindi che potrebbe essere riferita a questo specifico punto. Anche perché il 13 novembre il contratto è stato rinnovato. Ecco perché i procuratori Storari e Cavalleri hanno sequestrato la struttura. “Gli elementi testimoniano una situazione di frode non soltanto a oggi in atto ma destinata a proseguire nel prossimo futuro -scrivono- tale situazione di illegalità non potrà prevedibilmente che protrarsi almeno per un ulteriore intero anno”.

      C’è poi un’altra stranezza: dopo che l’Asgi ha inviato il report all’Autorità nazionale anticorruzione, il 10 novembre 2023 la prefettura ha pubblicato il contratto del precedente appalto di gestione del Cpr (all’epoca la società gestita di fatto da Forlenza era la Engel Italia). Le associazioni Dianova, BeFree, l’organizzazione “Musica e Teatro” vengono citate tra i firmatari dei protocolli di intesa presentati anche nell’offerta tecnica di Engel Srl formulata il 26 maggio 2021 per l’aggiudicazione del bando precedente a quello in essere.

      La richiesta della Procura è quella, come detto, del sequestro del ramo d’azienda che gestisce la struttura “senza però determinare la cessazione del Cpr, con l’immissione in possesso di un amministratore”. I magistrati non stanno quindi chiedendo la chiusura del Centro -almeno per ora- ma non è chiaro che cosa succederà e come verrà gestita la struttura. Nel frattempo, venerdì 15 dicembre, si è svolta l’udienza di fronte al giudice per le indagini preliminari per decidere se Martinina potrà in futuro partecipare a bandi pubblici.

      Al di là dell’esito giudiziario della vicenda, si ha un’altra prova dell’orrore di quello che succede nel Corelli, come denunciano da anni diverse associazioni, dalla rete Mai più lager – No ai Cpr al Naga. E non solo. “Emerge il fallimento del sistema Cpr, incluso il caso di Milano -spiega Giulia Vicini, avvocata Asgi-. Si tratta di un fallimento che non riguarda solo le ormai croniche e documentate violazioni dei diritti fondamentali e l’inefficienza, ma anche l’opacità dell’impianto burocratico-amministrativo che concede in appalto la vita delle persone a società private”. “Si entra come persona -ha raccontato un’operatrice agli inquirenti-. Poi viene assegnato un tesserino di riconoscimento con un numero, e a quel punto si diventa numeri e si esce da zombie imbottiti di psicofarmaci”.

      https://altreconomia.it/la-disumanita-nel-cpr-di-milano-e-la-prefettura-rinnova-il-contratto-a-

    • Freddo, cibo scadente e nuovi ingressi. Al Cpr di Milano nulla è cambiato

      Da fine dicembre il centro di via Corelli è gestito da un amministratore giudiziario dopo l’inchiesta della Procura sui mancati servizi erogati dalla Martinina Srl. Un mese dopo manca un direttore e la condizione dei reclusi resta precaria. I nuovi ingressi, inoltre, non si fermano. Un appello chiede ai sanitari coinvolti di prendere posizione

      Riscaldamento rotto, mancanza di coperte, lenzuola di carta velina, cibo ancora scadente: il Cpr di Milano sembra essere lo stesso di sempre a un mese dalla nomina dell’amministratore giudiziario subentrato alla Martinina Srl, l’ente gestore sotto indagine della Procura per aver “promesso” servizi non erogati. “Ho constatato in prima persona che la società resta di fatto ancora alla guida della struttura -spiega Paolo Romano, consigliere regionale del Partito democratico che ha fatto visita al ‘Corelli’ il 17 gennaio- nonostante le accuse relative alla scarsa qualità del cibo, alla mancanza dei servizi psicologici e delle visite mediche. L’unica soluzione a questo punto è la chiusura”.

      Secondo diverse testimonianze raccolte da Altreconomia la situazione sarebbe ancora peggiore di prima. Gli stessi funzionari di polizia non saprebbero a chi rivolgersi quando ci sono problematiche nella struttura anche perché, fino al 17 gennaio, non era ancora stato nominato un direttore. I dipendenti operativi nella struttura sarebbero invece gli stessi. Inoltre, Martinina Srl non avrebbe liquidità per garantire i servizi basilari per le persone ristrette.

      Questa situazione non fermerebbe però i nuovi ingressi: anche perché, per le “regole di appalto”, al di sotto di un certo numero di ospiti, la gestione del centro è in perdita. Un settore della struttura rimane chiuso e di conseguenza la capienza massima è ridotta: una gestione che non vada in perdita taglierà là dove è possibile farlo. “L’affidamento del Cpr al ribasso a soggetti privati fa sì che si perdano anche i pochi servizi che dovrebbero essere garantiti e si aggravino così le violazioni dei diritti umani”, riprende il consigliere Romano.

      Il 29 dicembre 2023 la prefettura di Milano vista “l’assoluta urgenza ed ineluttabilità dell’intervento connesso alle esigenza di sicurezza ed igiene del Centro di accoglienza” ha affidato alla Sfhera Srl, azienda di Milano, lavori per più di 30mila euro destinati a “servizi di manutenzione ordinaria e obbligatoria della centrale termica, degli impianti di raffrescamento e dei presidi antincendio” per garantire “l’efficienza della struttura”. Un’urgenza tale che i lavori vengono affidati “anche nelle more dell’accreditamento dei fondi”. Ma le persone sarebbero ancora al freddo.

      Nel frattempo, l’azienda guidata dall’imprenditore Alessandro Forlenza ha fatto ricorso a inizio gennaio 2024 contro la decisione del Giudice per le indagini preliminari di metà dicembre 2023 di commissariare il Cpr, dandolo in gestione al commercialista Giovanni Falconieri e impedire così alla “sua” Martinina Srl di partecipare a bandi pubblici per un anno. Un provvedimento che si è reso necessario perché, nonostante le indagini e le gravi accuse rivolte alla “gestione” del centro, l’azienda si era vista rinnovare di un anno il contratto da parte della prefettura di Milano il 17 novembre 2023. A quel punto i pubblici ministeri titolari dell’indagine, Paolo Storari e Giovanna Cavalleri, avevano chiesto il sequestro preventivo d’urgenza, poi accolto dal gip Livio Cristofano, perché “gli elementi testimoniano una situazione di frode non soltanto a oggi in atto ma destinata a proseguire nel prossimo futuro -scrivevano- tale situazione di illegalità non potrà prevedibilmente che protrarsi almeno per un ulteriore intero anno”.

      Tra il 2021 e il 2022 in cinque mesi la spesa in psicofarmaci è superiore al 60% del totale, di cui oltre la metà ha riguardato il Rivotril (196 scatole)

      Il Cpr nelle parole delle persone sentite dalla Procura di Milano è stato descritto come “un vero e proprio lager” in cui “gli psicofarmaci vengono dati “come fossero caramelle, in alti dosaggi, con uno smodato uso di Rivotril”, come già documentato da Altreconomia nell’aprile 2023. E proprio il tema della salute resta un elemento centrale. Anche per questo motivo, a metà gennaio 2024 la Società italiana di medicina delle migrazioni (Simm), “Mai più lager – No ai Cpr” e l’Associazione per gli studi giuridici sull’Immigrazione (Asgi) hanno rivolto a tutto il personale sanitario un appello per una “presa di coscienza sulle condizioni e sui rischi per la salute delle persone migranti sottoposte a detenzione amministrativa”. Soprattutto per quanto riguarda la valutazione dell’idoneità a fare ingresso nel centro: un “compito” che spetterebbe ai medici del Servizio sanitario nazionale, con diversi profili problematici.

      Da un lato, si chiede ai medici “di attestare in pochi minuti lo stato di salute di persone di cui non conoscono la vita né il percorso migratorio, per l’invio in luoghi che non conoscono, in cui la salute è gestita da enti privati e che molteplici fonti attendibili hanno ormai certificato essere patogeni e rischiosi per la salute delle persone che vi vengono detenute”. Ma non solo. Entra in gioco anche il rispetto del codice di deontologia medica rispetto su diversi profili, tra cui l’obbligo per il medico di “protezione del soggetto vulnerabile” quando ritiene che l’ambiente in cui vive non sia idoneo a proteggere la sua salute, dignità e qualità di vita “come di fatto si può configurare il contesto dei Cpr”.

      “I Cpr rinchiudono senza diritti e senza motivazioni persone che non hanno commesso un reato con il solo risultato di togliere loro dignità e renderle vere e proprie bombe sociali. E l’attuale situazione di Milano è insostenibile” – Paolo Romano

      “Secondo te questi animali meritano una visita medica? Devono tornare alla giungla”. Lo avrebbe detto un medico del Cpr di Milano rivolgendosi a un operatore che accompagnava in ambulatorio un recluso. Il diritto alla salute sarebbe stato calpestato su più fronti. Per la necessità del gestore di risparmiare -sempre secondo le ricostruzioni delle persone sentite dalla Procura di Milano- un recluso “non ha potuto effettuare una gastroscopia perché il gestore non pagava il ticket”; un altro, invece, pur avendo il piede fratturato non sarebbe stato visitato “per il rifiuto del gestore di pagare”. Un contesto da tenere conto nel momento in cui si dà l’idoneità alla persona per far ingresso nel Cpr.

      Nel caso di Milano, come denunciato dalla rete “Mai più lager – No ai Cpr” a inizio gennaio di quest’anno, le visite sarebbero svolte da due medici che nel 2021 “comparivano non solo a libro paga di Ats ma anche operanti in questura e soprattutto collaboratori a partita Iva del gestore del Cpr”. Un altro cortocircuito. E con delibera del 29 dicembre 2023, denuncia sempre la rete di attivisti e attiviste, l’Ats di Milano ha nuovamente incaricato i due dottori fino a febbraio con un compenso di 30 euro all’ora. “Se redatta come superficiale nulla osta potrebbe essere contestata e il medico che l’ha firmato coinvolto in sede giudiziaria”, scrivono le organizzazioni nell’appello rivolto agli operatori sanitari. “In coscienza e con cognizione di causa -sottolineano- tenendo presenti i principi fondamentali dell’ordinamento e della deontologia professionale medica, nessuno può essere considerato idoneo ad esservi rinchiuso”. Invece al “Corelli” di Milano si continua ad entrare. Come se niente fosse.

      Il 29 dicembre 2023 la Prefettura di Milano ha saldato un pagamento di 170mila euro alla Martinina Srl che comprende anche un “acconto per l’amministratore giudiziario”. Non è però specificato a quanti e quali mesi di gestione si riferiscono e quindi è impossibile, ricostruire a quanto ammonta la “massima sanzione” che l’ufficio milanese del Viminale, a inizio dicembre, ha dichiarato di aver applicato per la “malagestione” del Cpr. “Va chiuso, lo ribadisco -conclude il consigliere Romano-. I Cpr rinchiudono senza diritti e senza motivazioni persone che non hanno commesso un reato con il solo risultato di togliere loro dignità e renderle vere e proprie bombe sociali. E l’attuale situazione di Milano è insostenibile”.

      https://altreconomia.it/freddo-cibo-scadente-e-nuovi-ingressi-al-cpr-di-milano-nulla-e-cambiato

    • Milano: Ancora violenze poliziesche nel cpr di via Corelli

      Ancora violenze di polizia contro i migranti reclusi nel Cpr di via Corelli, il centro permanenza e rimpatri finito sotto sequestro dopo un’inchiesta della procura di Milano che aveva certificato le condizioni disumane dei migranti all’interno. Nella serata di sabato una protesta contro le condizioni di reclusione, che nonostante il commissariamento avviato dopo l’azione della Procura non sono migliorate, ha preso vita nel cortile del centro, dove due persone si sono spogliate.

      Una volta rientrate nelle stanze è giunta la rappresaglia da parte di alcuni agenti della guardia di finanza che in assetto antisommossa, hanno punito a suon di manganellate i due migranti protagonisti della protesta che sono poi stati portati in infermeria: “uno con una gamba visibilmente rotta e l’altro, il più giovane, quasi esanime , in braccio”, afferma pubblicando un video la rete “Mai più lager – No ai Cpr” (https://www.facebook.com/watch/?v=1114485583309953). I due sono stati anche denunciati per resistenza a pubblico ufficiale.

      https://www.osservatoriorepressione.info/milano-ancora-violenze-poliziesche-nel-cpr-via-corelli

  • 🟥 Alexandra Skotchilenko, une artiste russe détenue pour avoir critiqué la guerre en Ukraine - Amnesty International France

    Parce qu’elle a critiqué la guerre en Ukraine, Alexandra Skotchilenko se retrouve en prison en Russie. Accusée d’avoir diffusé de fausses informations sur l’armée russe, elle a été condamnée à sept ans de prison par un tribunal de Saint-Petersbourg le 16 novembre 2023 (...)

    #Russie #répression #antiguerre #AlexandraSkotchilenko #solidarité

    https://www.amnesty.fr/personnes/alexandra-skotchilenko-russie

  • Inchiesta sul gestore del #Cpr di Milano: tra falsi protocolli e servizi non erogati

    Altreconomia ha potuto visionare l’offerta tecnica presentata dalla società Martinina Srl alla prefettura di Milano per aggiudicarsi l’appalto da oltre 1,2 milioni di euro per la gestione della struttura in #via_Corelli: alcuni degli accordi stretti con associazioni e Ong “esterne” per migliorare la vita dei trattenuti non sarebbero autentici

    Lenzuola non distribuite, raro utilizzo dei mediatori culturali, tutela legale inesistente, assistenza sanitaria carente. Ma soprattutto falsi protocolli d’intesa “siglati” per svolgere servizi e attività all’interno del Centro di permanenza per il rimpatrio (Cpr) di via Corelli a Milano.

    Altreconomia ha potuto visionare l’offerta tecnica presentata dalla società Martinina Srl alla prefettura di Milano per aggiudicarsi l’appalto da oltre 1,2 milioni di euro per la gestione della struttura: oltre alla discordanza tra quanto scritto nei documenti e la realtà nella struttura di reclusione, alcuni degli accordi stretti con associazioni e Ong “esterne” per migliorare la vita dei trattenuti sarebbero falsi.

    Altri invece sarebbero stati siglati con soggetti di cui non è stato possibile trovare alcuna traccia online. “Viene da chiedersi in che cosa consista il controllo effettuato dalla prefettura, essendo risultata evidente l’assenza di servizi all’interno del centro oltre che palesi le incongruenze negli atti e nei documenti versati nella gara di appalto”, osserva l’avvocato Nicola Datena dell’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione (Asgi), che ha visionato la documentazione insieme a chi scrive.

    Alcuni snodi temporali. Martinina Srl nell’ottobre 2022 si è aggiudicata l’appalto per un anno (scadenza il 31 ottobre 2023, rinnovabile di un anno in assenza di nuove gare pubbliche) indetto dalla prefettura di Milano presentando un’offerta in cui garantiva, tra le altre cose, la collaborazione con diverse associazioni e società profit, finalizzata ad assicurare l’erogazione di “servizi” da integrare nella gestione del Cpr.

    L’offerta tecnica consiste nella documentazione da presentare in sede di gara d’appalto che descrive come l’impresa intende eseguire il lavoro per l’ente che richiede la prestazione, ovvero il piano di lavoro, le fasi e le risorse impiegate, la durata e le ore di lavoro previste, eventuali migliorie richieste o proposte

    Protocolli forniti in sede di gara ed esaminati dalla Commissione giudicatrice, la quale, nella decisione di assegnare l’appalto alla società domiciliata in provincia di Salerno, sottolinea l’importanza del “valore delle proposte migliorative dell’offerta tecnica”. Un “dettaglio” sfugge però ai funzionari della prefettura: almeno otto sarebbero falsi. Eccoli.

    Secondo la documentazione contrattuale, il Vis (Volontariato internazionale per lo sviluppo), una delle più importanti organizzazioni del Terzo settore del nostro Paese, avrebbe firmato un protocollo con Martinina l’8 agosto 2022 volto alla formazione del personale del Cpr. Il nome del responsabile legale non corrisponde però ad alcun referente dell’organizzazione: “Ribadiamo l’assoluta estraneità del Vis e l’assenza di qualsiasi tipo di contatto o accordo, passato e presente, relativo alla gestione del Cpr di via Corelli. E ci tengo a precisare che come Ong salesiana abbiamo una visione della migrazione fondata sui diritti umani, distante dall’approccio applicato nei Cpr, con cui in ogni caso le nostre policy ci impedirebbero di collaborare”, spiega ad Altreconomia Michela Vallarino, presidente del Vis.

    Sono 59 invece le pagine dell’accordo tra Martinina e la cooperativa sociale BeFree, uno dei più importanti enti antitratta italiani con sede a Roma, per la realizzazione del progetto “Inter/rotte” per l’assistenza per vittime di tratta e violenza. “Non avremmo mai potuto firmare un simile protocollo -spiega Francesca De Masi (qui la sua presa di posizione integrale)- perché siamo fortemente critiche nei confronti della stessa esistenza dei Cpr”. Il presunto protocollo è talmente grossolano che il nome del legale rappresentante è sbagliato e di conseguenza anche il codice fiscale generato.

    Ala Milano Onlus secondo l’accordo dovrebbe invece garantire “prestazioni di natura di mediazione linguistica/culturale”. Il presidente, contattato da Altreconomia, dichiara però di non aver mai siglato quel protocollo. Così come Don Stefano Venturini, l’allora parroco della comunità pastorale delle parrocchie di San Martino in Lambrate e SS Nome di Maria, che si sarebbe impegnato, secondo le carte consultate, “a orientare, aiutare gli ospiti prestando attenzione specifica a quanto le persone esprimono”. “Ho incontrato una volta chi gestisce la struttura ma non ho mai siglato un protocollo”, spiega Venturini ad Altreconomia, aggiungendo, tra l’altro, come sia di competenza della curia diocesana un eventuale accordo formale. Nell’offerta inviata alla prefettura, Martinina ha allegato il decreto di nomina di Venturini emesso dall’arcivescovo Mario Enrico Delpini. “Non so come abbiano fatto ad averlo”, spiega ancora l’interessato.

    L’accordo con la società sportiva Scarioni 1925 risulta stipulato il 24 agosto 2022 dall’ex presidente, che però è morto nel febbraio 2020: un post sulla pagina Facebook della società stessa, datato 31 marzo 2020, porge le condoglianze alla famiglia per la sua scomparsa. Il Centro islamico di Milano e Lombardia avrebbe siglato un accordo con Martinina per garantire il sostegno spirituale all’interno del centro. “La carta intestata è di un centro di Roma, la firma del protocollo di un centro di Cologno Monzese -spiega il presidente Ali Abu Shwaima-. Noi non abbiamo mai visto quel protocollo”. L’associazione Dianova Onlus garantirebbe assistenza per i trattenuti con tossicodipendenza: la prefettura sembra non essersi accorta però che il protocollo risulta firmato nell’agosto 2022 solo da Martinina Srl. “Non ho mai sentito questa società -spiega il presidente Pierangelo Buzzo, a cui è intestato l’accordo- e tra l’altro dal febbraio 2021 siamo cooperativa sociale, non più associazione. Il protocollo è falso”.

    Diverso è il caso della Associazione di Volontariato “Il Paniere Alimentare”, dell’Organizzazione “Musica e Teatro” e dell’Associazione “Fiore di Donna”, dei quali non solo non è stato possibile riscontrare alcun riferimento online, ma di cui i codici fiscali inseriti nei protocolli risultano inesistenti, così come gli indirizzi mail di riferimento. La “Bondon grocery” dovrebbe riconoscere “agli ospiti del Cas e agli operatori della Martinina Srl che acquistano per conto delle persone trattenute nel Cpr uno sconto del 5% sulla spesa effettuata”: il protocollo firmato nell’agosto 2022 reca in intestazione la denominazione della società, che ha però cessato l’attività il primo luglio 2021.

    Dianova, BeFree, l’Organizzazione “Musica e Teatro” vengono citati tra i protocolli di intesa presentati anche nell’offerta tecnica presentata da Engel Srl il 26 maggio 2021 per l’aggiudicazione del bando precedente a quello in essere. La prefettura di Milano ha pubblicato i documenti integrali -contratto siglato dalla società e offerta tecnica- il 10 novembre 2023.

    Tornando ai protocolli siglati da Martinina Srl, questi danno uno spaccato della vita nel centro che appare molto distante della realtà. Attività ludico-ricreative, per “impegnare le giornate degli ospiti e rendere più piacevole il trascorrere del tempo”, cineforum, laboratori di teatro, musicali, sport. Addirittura “campagne di prevenzione della salute”. Ma niente di tutto questo si sarebbe mai verificato nella struttura. Sia per i numerosi report prodotti nel tempo da diversi soggetti, dall’Asgi al Garante dei diritti delle persone private della libertà personale, fino agli stessi verbali delle visite di monitoraggio redatti proprio dalla prefettura.

    Così l’accesso ai servizi di mediazione linguistica-culturale, previsto nell’offerta, non si riscontra affatto nella realtà: in questo caso è l’Asgi, durante una delle visite d’accesso, a non incontrare alcun mediatore e dal Naga, che ha recentemente pubblicato un dettagliato report sulla situazione all’interno del centro. Oppure l’orientamento legale, anche questo assicurato sulla carta da Martinina Srl, addirittura con la “diffusione di materiale informativo tradotto nelle principali lingue parlate dagli stranieri presenti nel centro” ma che non trova riscontri. È il Garante, questa volta, a scrivere nel febbraio 2023 che l’informativa cartacea “non viene consegnata alle persone trattenute”. Problematico anche l’accesso ai servizi sanitari: nell’offerta tecnica si assicura “al ricorrere delle esigenze la somministrazione di farmaci e altre spese mediche” ma al di fuori degli psicofarmaci -che, come raccontato da Altreconomia nell’inchiesta “Rinchiusi e sedati”, su cinque mesi di spesa rappresentano il 60% degli acquisti in farmaci- sempre il Garante scrive che “l’assistenza sanitaria in caso di bisogno si limita alla distribuzione della tachipirina”. E c’è uno scarso accesso alle visite specialistiche. Emergono poi acquisti di distributori di tabacchi non presenti nel centro, colloqui con lo psicologo non documentati, addirittura la fornitura di “cestini da viaggio” in caso di trasferimenti da un Cpr all’altro, discrepanze anche relative alla qualità del cibo distribuito.

    All’impatto sulla vita delle persone se ne aggiunge uno di natura economica. Secondo dati inediti consultati Altreconomia, infatti, la prefettura di Milano avrebbe già versato a Martinina Srl oltre 943mila euro per la gestione della struttura di via Corelli. Ed è rilevante anche l’avvicendamento delle società gestite dall’imprenditore Alessandro Forlenza. Lui, nel 2012 fonda la Engel Italia Srl, ex gestore del “Corelli” di Milano e del Cpr di Palazzo San Gervasio a Potenza: oggi quella società non esiste più perché il 20 ottobre 2023 è stata definitivamente “inglobata” nella Martinina Srl, a cui inizialmente era stato ceduto il ramo d’azienda che si occupava della detenzione amministrativa. La società è formalmente in mano a Paola Cianciulli, moglie di Forlenza, che è attualmente l’amministratrice unica dopo l’uscita di scena di Consiglia Caruso (la firmataria di tutti i protocolli d’intesa sopra citati), che il 31 agosto 2023 ha ceduto i mille euro di capitale sociale. A lei restano intestate due società con sede a Milano: l’Edil Coranimo Srl, che si occupa di costruzioni, e dal febbraio 2023 l’Allupo Srl che ha sede proprio in via Corelli, nel numero civico successivo al Centro per il rimpatrio. Una dinamica che desta interesse: l’oggetto sociale della Allupo Srl è molto diversificato e oltre alla ristorazione in diverse forme (da asporto o somministrazione diretta) è inclusa anche la possibilità di “gestione di case di riposo per anziani, case famiglia per minori, Cas, Sprar, Cara e Cpr”.

    La Martinina Srl ha altre due sedi attive: una a Palazzo San Gervasio, a Potenza, dove è arrivata seconda nella gara di assegnazione della nuova gestione del Cpr precedentemente dalla Engel, vinto da Officine Solidali nel marzo 2023, un’altra a Taranto, per la gestione del Cas Mondelli che accoglie minori stranieri non accompagnati. L’ultimo bilancio disponibile è del 31 dicembre 2021 con importi ridottissimi: appena 2.327 euro di utili “portati a nuovo”. A quella data ancora non era attivo il Cpr di via Corelli. C’è un terzo soggetto, però, nella “sfera Martinina” con ben altri risultati: si tratta della Engel Family Srl nata nell’ottobre 2020 con in “dotazione” 250mila euro derivanti da Engel Srl. Paola Cianciulli è nuovamente amministratrice e socia unica della società che si occupa di “locazione immobiliare di beni propri o in leasing” che al 31 dicembre 2021 (l’ultimo disponibile) conta un valore della produzione complessivo di poco superiore a 372mila euro.

    Ai milioni di euro per la gestione se ne aggiungono altri (ne hanno parlato anche ActionAid e l’Università degli studi di Bari nel recente dettagliato rapporto “Trattenuti. Una radiografia del sistema detentivo per stranieri”) se si prende in considerazione, documenti ottenuti da Altreconomia alla mano, anche l’esborso dovuto alla costante manutenzione che si rende necessaria anche a causa delle ricorrenti proteste dei trattenuti. Da inizio 2020 al marzo 2023 in totale sono stati spesi più di 3,3 milioni di euro di cui il 58% è stato impiegato per lavori di adeguamento della struttura, manutenzione o interventi di ripristino dei luoghi danneggiati. Anche perché, spesso, le strutture già in partenza sono spesso fatiscenti: il 15 settembre 2021 Invitalia, l’Agenzia nazionale di proprietà del ministero dell’Economia (già attiva nel campo delle migrazioni sul “fronte libico”), ha pubblicato un bando da 11,3 milioni di euro su mandato del Dipartimento per le libertà civili e l’immigrazione, in seno al ministero dell’Interno, proprio per la manutenzione straordinaria dei Centri di permanenza per il rimpatrio di tutta Italia. Ad aggiudicarsi i lavori del Cpr di Milano in via Corelli -di cui abbiamo inserito le foto inserite nel progetto di ristrutturazione- è stata la Tek Infrastructure, società con sede a Palermo da 1,6 milioni di euro di fatturato nel 2021, con un ribasso del 20%. Ma tra i pagamenti effettuati dalla prefettura fino al marzo 2023 a fare da “padrona” sulle manutenzioni è la Masteri Srl -non è possibile escludere perciò un subappalto- con quasi 620mila euro ricevuti in tre anni.

    Fiumi di denaro pubblico che richiederebbero controlli estremamente approfonditi. Dai verbali delle ispezioni prefettizie, però, non emerge una verifica dettagliata di quanto avviene nella struttura. In uno dei verbali, infatti, alla domanda “La fornitura degli effetti letterecci avviene regolarmente e secondo le tempistiche e modalità previste dallo Schema di Capitolato vigente?”, il funzionario della prefettura barra “Sì”. Ma nella nota integrativa sottostante, riportata in calce al verbale, si legge che “ai 25 trattenuti non viene richiesto di firmare la consegna/ritiro degli effetti letterecci”. Risultano perciò incomprensibili le basi su cui viene affermata l’effettiva consegna di questi oggetti.

    Assente qualsiasi considerazione sul rispetto dei diritti fondamentali e sulla corretta esecuzione dei servizi presenti nell’offerta tecnica. “Il monitoraggio da parte della società civile si conferma essere uno strumento fondamentale. Se quanto emerso verrà confermato nelle sedi opportune viene da chiedersi chi controlla i controllori”, conclude l’avvocato Datena. Intanto, le claudicanti promesse di Martinina Srl hanno potuto circolare a piede libero, a differenza dei reclusi. Con il rischio che alla sofferenza si sia aggiunta la beffa del racconto di una quotidianità inesistente.

    https://altreconomia.it/inchiesta-sul-gestore-del-cpr-di-milano-tra-falsi-protocolli-e-servizi-
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  • « Plus haute #ZAD d’Europe » : faut-il encore aménager les #glaciers alpins ?

    Du 8 au 10 novembre, la France accueille le #One_Planet#Polar_Summit, premier sommet international consacré aux glaciers et aux pôles, pour appeler à une mobilisation exceptionnelle et concertée de la communauté internationale. Dans les #Alpes, les projets d’aménagements des glaciers à des fins touristiques ou sportives sont pourtant toujours en cours malgré leur disparition annoncée. C’est le cas par exemple dans le massif des Écrins (#Hautes-Alpes), sur le glacier de la #Girose où il est prévu d’implanter depuis 2017 le troisième tronçon du téléphérique de la #Grave.

    Du 7 au 13 octobre dernier, les #Soulèvements_de_la_Terre (#SLT) ont occupé le chantier afin d’en bloquer les travaux préparatoires. Ce nouvel aménagement a pour objectif de prolonger les deux tronçons existant, qui permettent depuis 1978 d’accéder au #col_des_Ruillans à 3 221 mètres et ainsi rallier à terme le #Dôme_de_La_Lauze à 3559 mètres. Porté par la #Société_d’aménagement_touristique_de_la_Grave (#SATG) et la municipalité, ce projet est estimé à 12 millions d’euros, investissement dont le bien fondé divise les habitants de #La_Grave depuis cinq ans.

    En jeu derrière ces désaccords, la direction à donner à la transition touristique face au changement climatique : renforcement ou bifurcation du modèle socio-économique existant en montagne ?

    Une #occupation surprise du glacier

    Partis du village de La Grave à 1 400 mètres dans la nuit du 6 au 7 octobre, une quinzaine de militants des SLT ont gravi 2 000 mètres de dénivelé avec des sacs à dos de 15 à 20 kg. Au terme de 12 heures d’ascension, ils ont atteint le haut d’un rognon rocheux émergeant du glacier de la Girose où doit être implanté un pylône du nouveau téléphérique. Ils y ont installé leur camp de base dans l’après-midi, avant d’annoncer sur les réseaux sociaux la création de « la plus haute zone à défendre (ZAD) d’Europe ».

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    Par cette mobilisation surprise, les SLT ont montré qu’ils pouvaient être présents sur des terrains où ils ne sont pas forcément attendus et que pour cela :

    - ils disposent de ressources logistiques permettant d’envisager une mobilisation de type occupationnelle de plusieurs jours à 3 400 mètres d’altitude

    - ils maîtrisent les techniques d’alpinisme et l’engagement physique qu’implique la haute montagne.

    Sur le glacier de la Girose, les conditions de vie imposées par le milieu n’ont en effet rien à voir avec celles des autres ZAD en France, y compris celles de La Clusaz (en novembre 2021 et octobre 2022), premières du type en montagne, dans le bois de la Colombière à 1 400 mètres d’altitude. Au cours de la semaine d’occupation, les températures étaient toutefois clémentes, oscillant entre -7° à 10 °C, du fait d’un automne anormalement chaud.
    Une communication bien rodée

    Très rapidement, cette occupation du glacier a donné un coup de projecteur national sur ce projet controversé d’aménagement local. Dès son annonce publique, les articles se sont succédés dans les médias nationaux à partir des éléments de communication (photographies, vidéos, communiqués de presse, live sur les réseaux sociaux) fournis par les SLT depuis le glacier de la Girose. Les militants présents disposaient en effet des compétences et du matériel nécessaires pour produire des contenus professionnels à 3400 mètres. Ils ont ainsi accordé une attention particulière à la mise en scène médiatique et à sa dimension esthétique.

    Bien qu’inédite par sa forme ainsi que les lieux et les moyens mobilisés, cette mobilisation s’inscrit dans une grammaire politique partagée faisant référence au bien commun ainsi qu’aux imaginaires et narratifs habituels des SLT, qu’elle actualise à partir de cette expérience en haute montagne. Elle est visible dans les stratégies de communication mobilisées : les références à la ZAD, à la stratégie du désarmement, l’apparition masquée des militants, les slogans tels que la « lutte des glaces », « nous sommes les glaciers qui se défendent » et « ça presse mais la SATArde ». Une fois déployée, cette grammaire de la mobilisation est aisément reconnaissable par les publics, qu’ils y soient favorables ou non.
    Une plante protégée sur le chantier

    Cette occupation du glacier a été imaginée dans l’urgence en quelques jours par les SLT pour répondre au début des travaux préliminaires entrepris par la SATG quelques jours auparavant. Son objectif était de stopper ces derniers suite à la décision du tribunal administratif de Marseille de rejeter, le 5 octobre, un référé liberté demandant leurs interruptions d’urgence. Déposé le 20 septembre par les associations locales et environnementales, ce dernier visait notamment à protéger l’androsace du Dauphiné présente sur le rognon rocheux.

    Cette plante protégée, dont la découverte formelle ne remonte qu’à 2021, a été identifiée le 11 juillet sur les lieux par deux scientifiques du Laboratoire d’écologie alpine (CNRS, Université Grenoble Alpes et Université Savoie Mont Blanc) et certifiée par l’Office français de la biodiversité (OFB). Leur rapport d’expertise écologique a été rendu public et remis aux autorités administratives le 18 juillet : il montre qu’il existe plusieurs spécimens de l’androsace du Dauphiné dans un rayon de moins de 50 mètres autour du projet d’implantation du pylône. Or, elle ne figure pas dans l’étude d’impact et le bureau d’étude qui l’a réalisée affirme l’avoir cherchée sans la trouver.

    Deux jours après le début de l’occupation, la SATG a demandé à la préfecture des Hautes-Alpes l’évacuation du campement des SLT afin de pouvoir reprendre au plus vite les travaux. Le 10 octobre, la gendarmerie s’est rendue sur le glacier pour notifier aux militants qu’un arrêté municipal interdisant le bivouac jusqu’au printemps avait été pris. Et que le campement était illégal, et donc passible de poursuites civiles et pénales.

    En réponse, un nouveau recours « référé-suspension » en justice a été déposé le lendemain par les associations locales et environnementales pour stopper les travaux… à nouveau rejeté le 30 octobre par le tribunal administratif de Marseille. Cette décision s’appuie sur l’avis de la Direction régionale de l’environnement, de l’aménagement et du logement (DREAL) et du préfet des Hautes-Alpes qui estiment que le risque d’atteinte à l’androsace du Dauphiné n’était pas suffisamment caractérisé. MW et LGA envisagent désormais de former un recours en cassation devant le Conseil d’État.

    Entre-temps, les SLT ont décidé de redescendre dans la vallée dès le 13 octobre, leur présence n’étant plus nécessaire pour empêcher le déroulement des travaux, puisque les conditions météorologiques rendent désormais leur reprise impossible avant le printemps 2024.

    https://twitter.com/lessoulevements/status/1712817279556084122

    Bien qu’illégale, cette occupation « à durée déterminée » du glacier pourrait permettre à la justice d’aboutir à un jugement de fond sur l’ensemble des points contestés par les associations locales et environnementales. En ce sens, cette occupation a permis de faire « gagner du temps » à Mountain Wilderness (MW) et à La Grave Autrement (LGA) engagées depuis cinq ans contre le projet. Leurs actions menées depuis le 3 avril dernier, date du permis de construire accordée par la mairie de la Grave à la SATG, n’ont jusqu’alors pas été en mesure d’empêcher le début des travaux… alors même que leurs recours juridiques sur le fond ne vont être étudiés par la justice que l’année prochaine et que les travaux auraient pu avoir lieu en amont.

    Cette mobilisation des SLT a aussi contraint les promoteurs du projet à sortir du silence et à prendre position publiquement. Ils ont ainsi dénoncé « quatorze hurluberlus qui ne font rien de leur vie et entravent ceux qui travaillent », ce à quoi la presse montagne a répondu « les glaciers disent merci aux hurluberlus ».
    Sanctuarisation et manque de « cohérence »

    En Europe, cette mobilisation des SLT en haute montagne est inédite dans l’histoire des contestations socio-environnementales du tourisme, et plus largement dans celles des mouvements sociaux. Cela lui confère une forte dimension symbolique, en même temps que le devenir des glaciers est lui-même devenu un symbole du changement climatique et que leur artificialisation à des fins touristiques ou sportives suscite de plus en plus de critiques dans les Alpes. Dernier exemple en date, le creusement d’une piste de ski dans un glacier suisse à l’aide de pelles mécaniques afin de permettre la tenue d’une épreuve de la coupe du monde de ski.

    Une telle situation où un engin de travaux publics brise de la glace pour l’aplanir et rendre possible la pratique du ski alpin a déjà été observée à la Grave en septembre 2020. L’objectif était alors de faire fonctionner le vieux téléski du glacier de la Girose, que le troisième tronçon du téléphérique entend remplacer à terme… sauf que l’objectif de ce dernier est d’accroître le nombre de skieurs alpins sur un glacier qui subit de plein fouet le réchauffement climatique, ce qui impliquera ensuite la mise en place d’une sécurisation des crevasses à l’aide de pelleteuses. Dans ce contexte, la question que pose la mobilisation des SLT peut donc se reformuler ainsi : ne faut-il pas désormais laisser le glacier de la Girose libre de tout moyen de transport pour en faire un avant-poste de la transition touristique pour expérimenter une nouvelle approche de la montagne ?

    Cette question résonne avec la position du gouvernement français au One Planet Summit sur la nécessaire sanctuarisation des écosystèmes que représentent les glaciers… dont le projet d’aménagement du glacier de la Girose représente « quelques accrocs à la cohérence », reconnaît Christophe Béchu, ministre de la Transition écologique, du fait d’un dossier complexe.
    Un dialogue à rouvrir pour avancer

    Au lendemain de la fin de l’occupation du glacier par les SLT, le 14 octobre, une manifestation a été organisée à l’initiative des Enseignes de La Meije (association des commerçants de la Grave) pour défendre l’aménagement du troisième tronçon du téléphérique. Pour eux, comme pour la SATG et la municipalité, l’existence de la station est en péril sans celui-ci, ce que conteste LGA dans son analyse des retombées économiques sur le territoire. Le bureau des guides de la Grave est lui aussi divisé sur le sujet. Le débat ne se résume donc pas à une opposition entre les amoureux du glacier, là-haut, et ceux du business, en bas ; entre ceux qui vivent sur le territoire à l’année et les autres qui n’y sont que quelques jours par an ; entre des « hurluberlus qui ne font rien de leur vie » et ceux qui travaillent, etc.

    Comme partout en montagne, le débat à la Grave est plus complexe qu’il n’y paraît et appelle à rouvrir le dialogue si l’on prend au sérieux l’inévitable bifurcation du modèle de développement montagnard face aux effets du changement climatique. Considérer qu’il n’y a pas aujourd’hui deux montagnes irréconciliables n’implique pas d’être d’accord sur tout avec tout le monde en amont. Les désaccords peuvent être féconds pour imaginer le devenir du territoire sans que l’artificialisation du glacier soit l’unique solution pour vivre et habiter à La Grave.

    Si les travaux du troisième tronçon du #téléphérique étaient amenés à reprendre au printemps prochain, les SLT ont d’ores et déjà annoncé qu’ils reviendront occuper le glacier de la Girose.

    https://theconversation.com/plus-haute-zad-deurope-faut-il-encore-amenager-les-glaciers-alpins-
    #tourisme #aménagement_du_territoire #résistance

    • Écologie : dans un village des Hautes-Alpes, le #téléphérique de la discorde

      À La Grave, dans les Hautes-Alpes, des habitants se mobilisent contre la construction d’un téléphérique, vu comme un levier de #tourisme_de_masse. Éleveurs, mais aussi artisan ou guide de haute montagne, ils défendent un mode de vie alternatif et adapté à la crise climatique.

      Comme tous les matins d’hiver, Agathe Margheriti descend à ski, avec précaution, le sentier enneigé et pentu qui sépare sa maison de la route. Son sac à dos est chargé d’une précieuse cargaison : les œufs de ses 200 poules, qu’elle vend au porte-à-porte, une fois par semaine, aux habitant·es de la vallée de la Romanche. Chaque jour, elle descend la ponte du jour et la stocke dans des boîtes isothermes dans sa camionnette qui stationne en bord de route, au pied du chemin.

      Il y a six ans, cette jeune femme a fait un choix de vie radical. Avec son compagnon Aurélien Routens, un ancien snowboardeur professionnel, elle a acheté un hameau en ruine, le #Puy_Golèfre, dans le village de La Grave (Hautes-Alpes). « Pour 140 000 euros, c’est tout ce que nous avons trouvé à la portée de nos moyens. Il n’y a ni eau ni électricité, et il faut 20 minutes pour monter à pied depuis la route, mais regardez cette vue ! », montre Agathe, rayonnante.

      La petite maison de pierre retapée par le couple, orientée plein sud, chauffée au bois et dotée d’énergie solaire, offre un panorama époustouflant sur la face nord de la Meije, la plus impressionnante montagne des Alpes françaises, toute de glace et de roche, qui culmine à 3 983 mètres.

      Son sommet occupe une place à part dans l’histoire de l’alpinisme : il n’a été atteint qu’en 1877, un siècle après le mont Blanc. L’autre originalité du lieu, à laquelle Agathe et Aurélien tiennent tant, c’est que La Grave est le seul village d’Europe à être doté d’un téléphérique dont la gare d’arrivée, à 3 200 mètres d’altitude, débouche sur un domaine skiable sauvage. Ni piste damée ni canon à neige, mais des vallons de neige vierge aux pentes vertigineuses, paradis des snowboardeurs freeride qui font leurs traces dans la poudreuse.

      Ce paradis, Agathe et Aurélien veulent le préserver à tout prix. Avec une poignée d’amis du village, ils luttent depuis trois ans contre un projet qu’ils jugent aussi inutile qu’anachronique : la construction d’un troisième tronçon de téléphérique par son exploitant, le groupe #SATA, qui permettrait de monter jusqu’au #dôme_de_la_Lauze, à 3 559 mètres. Ce nouvel équipement, d’un coût de 14 millions d’euros (dont 4 millions d’argent public), permettrait de skier sur le #glacier de la #Girose, actuellement doté d’un #téléski vieillissant, dont l’accès est devenu problématique en raison du réchauffement climatique.

      Un téléphérique sur un glacier, alors que les Alpes se réchauffent deux fois plus vite que le reste de la planète et que les scientifiques alertent sur la disparition de la moitié des glaciers de montagne d’ici à 2100 ?

      Pour tenter d’empêcher la réalisation de ce projet fou, des habitant·es de la Grave, constitué·es dans le collectif #La_Grave_autrement, luttent sur deux fronts : judiciaire et médiatique. Deux recours ont été déposés devant le tribunal administratif pour contrer le projet de la SATA, un groupe qui exploite aussi les domaines skiables de l’Alpe d’Huez et des Deux-Alpes, emploie 800 personnes et réalise un chiffre d’affaires de 80 millions d’euros. Les jugements au fond n’interviendront pas avant le printemps 2024… Trop tard, peut-être, pour empêcher le démarrage des travaux.

      Alors, parallèlement, des militant·es se sont activé·es sur le terrain : en octobre, l’association #Mountain_Wilderness a déployé une banderole sur le glacier, puis #Les_Soulèvements_de_la_Terre ont symboliquement planté leurs tentes sur le rognon rocheux situé au milieu du glacier, sur lequel doit être édifié le pylône du téléphérique et où des botanistes ont découvert une plante rare et protégée, l’#androsace_du_Dauphiné.

      Enfin, en novembre, des habitant·es de La Grave, accompagné·es de la glaciologue Heidi Sevestre, ont symboliquement apporté un gros morceau de glace de la Girose à Paris, le jour de l’ouverture du One Planet-Polar Summit, et interpellé le gouvernement sur l’urgence de protéger les glaciers.

      Depuis, la neige est tombée en abondance sur la Meije et dans la vallée. À La Grave et dans le village voisin de Villar d’Arène, les opposant·es au projet prouvent, dans leur vie quotidienne, qu’une #alternative au tout-ski est possible et que la vallée peut se réinventer sans porter atteinte à ce milieu montagnard si menacé.

      Thierry Favre, porte-parole de La Grave autrement, vit dans une ancienne bergerie, au cœur du hameau des Hières, à 1 800 mètres d’altitude, qu’il a achetée il y a trente ans, après être tombé amoureux du site pour la qualité de sa neige et la verticalité de ses pentes. Après avoir travaillé dans l’industrie de la soierie à Lyon et à Florence, il a fondé ici sa propre entreprise de création d’étoffes, #Legend’Enhaut, qui fabrique des tissus haut de gamme pour des décorateurs. « Nous sommes bien situés, sur un grand axe de circulation entre Grenoble et Briançon. Nous avons l’immense chance de ne pas avoir vu notre cadre de vie massacré par les ensembles immobiliers qui défigurent les grandes stations de ski des Alpes. Mais il faut être vigilants. La Grave compte déjà 75 % de #résidences_secondaires. Et le projet de nouveau téléphérique s’accompagnera inévitablement de la construction d’une résidence de tourisme. Il y a urgence à proposer un autre modèle pour l’avenir. »

      À 60 ans, Thierry Favre s’applique à lui-même ce souci de sobriété dans son activité professionnelle. « Mon entreprise marchait bien mais j’ai volontairement mis le pied sur le frein. Je n’ai conservé que deux salariés et deux collaborateurs extérieurs, pour préserver ma qualité de vie et garder du temps pour militer. »

      À deux kilomètres de là, à la ferme de Molières, Céline Gaillard partage la même philosophie. Après avoir travaillé à l’office du tourisme de Serre-Chevalier et à celui de La Grave, cette mère de deux enfants s’est reconvertie dans l’élevage de chèvres. Elle et son mari Martin, moniteur de ski trois mois par an, exploitent un troupeau de 50 chèvres et fabriquent des fromages qu’ils vendent sur place. Pendant les six mois d’hiver, les bêtes vivent dans une vaste chèvrerie, où elles ont de l’espace pour bouger, et en été, elles paissent sur les alpages voisins. « Je ne veux pas en avoir plus de cinquante, par souci du bien-être animal. Nous pourrions produire plus de fromages, car la demande est forte. Mais le travail saisonnier de Martin nous apporte un complément de revenus qui nous suffit. »

      Avec les œufs de ses poules, Agathe fait le même constat : « Je pourrais en vendre dix fois plus. L’an dernier, nous avons planté de l’ail et des framboisiers : nous avons tout vendu très vite. Ce serait bien que d’autres éleveurs s’installent. Si nous avions une production locale plus fournie, nous pourrions ouvrir une épicerie coopérative au village. »

      Contrairement à Agathe qui milite dans le collectif La Grave autrement, Céline, la chevrière, ne s’oppose pas ouvertement au nouveau téléphérique. Mais elle n’est « pas d’accord pour se taire » : « Nous n’avons pas pu avoir un vrai débat sur le projet. Il faudrait un moratoire, le temps d’échanger avec la population. Je ne comprends pas cette volonté d’exploiter la montagne jusqu’à son dernier souffle. »

      Céline et Martin Gaillard ne sont pas seuls à pratiquer l’élevage autrement dans le village. Au hameau des #Cours, à #Villar_d’Arène, un autre jeune couple, originaire de l’ouest de la France, s’est installé en 2019. Sylvain et Julie Protière, parents d’un enfant de 4 ans, ont repris la ferme du Lautaret, dans laquelle ils élèvent 35 vaches d’Herens, une race alpine particulièrement adaptée à la rudesse du climat montagnard.

      Alors que la plupart des fermiers traditionnels de La Grave et de Villar d’Arène élèvent des génisses qu’ils revendent à l’âge de 3 ans et n’exploitent donc pas le lait, Sylvain et Julie traient leurs vaches et fabriquent le fromage à la ferme. Cela leur procure un meilleur revenu et leur permet de fournir en fromage les consommatrices et consommateurs locaux. « Nous vendons toute notre production aux restaurants, refuges et gîtes dans un rayon de 5 kilomètres, et nous n’en avons pas assez pour satisfaire la demande », témoigne Sylvain.

      À mesure que le combat des opposants et opposantes au nouveau téléphérique se médiatise et se radicalise, les tensions s’avivent au sein de la communauté villageoise. Les partisans du téléphérique accusent les opposants de vouloir la mort de l’économie de la vallée. Selon eux, sans le troisième tronçon, le téléphérique actuel n’est plus viable.

      Aucun·e des opposant·es que Mediapart a rencontré·es, pourtant, ne souhaite l’arrêt des remontées mécaniques. Benjamin Ribeyre, guide de haute montagne et cofondateur du collectif La Grave autrement, pense au contraire que l’actuel téléphérique pourrait servir de base à un développement touristique tourné vers la transition écologique. « L’actuelle plateforme d’arrivée, à 3 200 mètres, permet un accès facile au glacier de la Girose. C’est unique en France, bien mieux que la gare du Montenvers de Chamonix, d’où l’on ne voit de la mer de glace que des moraines grises. Ici, grâce au téléphérique, nous pourrions proposer des sorties d’éducation au climat, en particulier pour les enfants des écoles. Le réchauffement climatique bouleverse notre activité de guides de haute montagne. Nous devons d’urgence nous réinventer ! »

      Niels Martin, cofondateur de La Grave autrement, conteste, pour sa part, les calculs économiques des promoteurs du projet. Père de deux jeunes enfants, il partage sa vie entre La Grave et la Savoie, où il travaille dans une institution de la montagne. « Ce troisième tronçon n’est pas indispensable à la survie du téléphérique. Le fait que La Grave soit restée à l’écart des grands aménagements du plan neige des années 1970 doit devenir son principal attrait. » Au nom du collectif, Niels vient d’envoyer une lettre au préfet coordonnateur du massif des Alpes dans laquelle il propose que le village devienne en 2024 un site pilote des États généraux de la transition du tourisme en montagne, où se concoctent des solutions d’avenir pour faire face au réchauffement climatique dans les Alpes. Les Soulèvements de la Terre, eux, n’ont pas dit leur dernier mot. Dès la fonte des neiges, ils ont promis de remonter sur le glacier de la Girose.

      https://www.mediapart.fr/journal/ecologie/251223/ecologie-dans-un-village-des-hautes-alpes-le-telepherique-de-la-discorde

    • #Guillaume_Gontard : Glacier de la #Girose - La #Grave :

      J’ai interrogé le ministre @Ecologie_Gouv sur l’avenir du glacier de la #Girose dans les #Alpes.
      Ce lieu unique est menacé par un projet de prolongation d’un téléphérique permettant de skier sur un glacier dont les jours sont comptés.

      https://twitter.com/GuillaumGontard/status/1740306452957348349

  • Alexandre Mairet (1880-1947)
    https://www.partage-noir.fr/alexandre-mairet-1880-1947


    ❝Né le 23 avril 1880 à La Tour-de-Peilz (canton de Vaud, Suisse), mort le 9 février 1947 à Genève. Peintre, graveur, illustrateur de périodiques anarchistes et communistes. #Alexandre_Mairet , #Louis_Bertoni
    #Archives_Autonomies #Le_Maitron_des_anarchistes #Alexandre_Mairet_
    https://maitron.fr/spip.php?article154186

  • Negro Ebreo Comunista. #Alessandro_Sinigaglia, venti anni in lotta contro il fascismo

    Negro Ebreo Comunista, ma si potrebbe continuare: ardito del popolo, sommergibilista, operaio, rivoluzionario di professione, agente segreto, miliziano, partigiano, gappista. La banda Carità non poteva uccidere di meglio. Non l’hanno potuto torturare, ma gli hanno strappato due denti d’oro, da morto. Con tanti nomi: Sinigaglia, Verga, Gallone, Epoca, Garroni... personalità multipla, per essere unicamente comunista.
    Mauro Valeri disseppellisce questa storia dimenticata, occultata intanto dal partito che si è cibato dei suoi figli migliori, sempre disposto a “migliorare” i rapporti con i nemici di classe. Solo medaglia d’argento, a disonore anche della Repubblica. Quel partito è scomparso, nell’ignominia. Rimangono le storie dei suoi figli.
    A narrare le quali si ricompone il quadro dell’antagonismo, molto composito, dagli incerti contorni, perché alimentato da linfe meticce, da apporti eterogenei, parlante lingue diverse, dilaniato tra il bisogno di libertà e l’esigenza di organizzazione.
    Fiorentino e russo, svizzero e spagnolo, uomo dalle tante culture, dalle molte lingue e qualche dialetto, come uno Zelig lo troviamo accanto a Secchia, Longo, Colorni e pure Igor Markevitch – per la gioia di qualche dietrologo – defilato ma sempre al posto giusto, meno l’ultimo. Ma, a ben guardare, anche all’ultima stazione ha scelto lui come scrivere la parola fine: non l’ha lasciata ai suoi carnefici.

    https://www.odradek.it/Schedelibri/NegroEbreoComunista.html
    #livre #Italie #afro-descendants #résistance #WWII #antifascisme #seconde_guerre_mondiale #Noirs #guerre_civile_espagnole #histoire

  • Perché è importante ricordare la storia di #Giorgio_Marincola, partigiano italo–somalo

    Cento anni fa nasceva uno dei pochi italiani afrodiscendenti nella storia della Resistenza, simbolo di una patria aperta e plurale che ancora oggi fa paura

    Figlio di un maresciallo di fanteria calabrese e di una donna somala, studente antifascista e partigiano. Il 23 settembre 1923 a Mahaddei Uen, presidio militare a cinquanta chilometri da Mogadiscio, nasceva Giorgio Marincola, uno dei pochi italiani afrodiscendenti nella storia della Resistenza.

    La sua vicenda è arrivata per la prima volta all’attenzione dell’opinione pubblica con Razza Partigiana (Iacobelli 2008) (http://www.razzapartigiana.it), una ricerca storica realizzata da due studiosi romani: Carlo Costa e Lorenzo Teodonio. Nonostante una circolazione tutto sommato limitata, il testo ha acceso una luce che negli ultimi quindici anni non si è più spenta sul partigiano italo-somalo, dando vita a numerose letture e presentazioni pubbliche, senza contare la pubblicazione di altri titoli legati alla sua figura. Tra questi il più importante è Timira. Romanzo meticcio (Einaudi 2012). Il libro è incentrato su Isabella, sorella minore di Giorgio scomparsa nel 2010, ed è stato scritto dal figlio Antar Mohamed Marincola e da Wu Ming 2, pseudonimo di Giovanni Cattabriga.

    Il riconoscimento da parte del padre Giuseppe dei due figli avuti da #Aschirò_Hassan e la decisione di portarli entrambi in Italia non sciolgono le contraddizioni di un rapporto sbilanciato e problematico, ma impediscono ingenerose semplificazioni. “A differenza di tante altre vicende, erano due persone che sostanzialmente si volevano bene”, sottolinea Teodonio.

    Dopo aver trascorso l’infanzia in Calabria con la famiglia dello zio paterno, nel 1933 Giorgio si trasferì a Roma. Nella capitale frequentò il liceo-ginnasio Umberto I ed ebbe come professore di storia e filosofia Pilo Albertelli, importante esponente antifascista ucciso alle Fosse Ardeatine. Questo incontro segnò profondamente il giovane Marincola.

    Nel 1943 entrò a far parte del movimento di liberazione nelle fila del #Partito_d’azione. Aderì alla #Resistenza_romana, spostandosi poi nel viterbese nella primavera del 1944, dove combatté in una formazione composta da partigiani di diverse aree e militari sbandati dopo l’8 settembre.

    All’indomani della liberazione di Roma il 4 giugno 1944, si offrì per l’arruolamento nell’intelligence militare britannica. Fu inserito in un’unità paramilitare che venne paracadutata in Piemonte, nel biellese. Arrestato durante un rastrellamento venne deportato al campo di concentramento di Bolzano. Sopravvissuto al lager, da cui uscì il 30 aprile 1945, decise di unirsi a una formazione partigiana della Val di Fiemme. Venne ucciso a Stramentizzo nell’ultima strage tedesca in territorio italiano il 4 maggio 1945.

    Secondo lo storico della mentalità e formatore Francesco Filippi “parlare della Resistenza fatta da persone come Giorgio Marincola, con un’idea di patria aperta e plurale lontana dalle brutalità razziste e dal nazionalismo becero di stampo fascista, potrebbe essere un ottimo esempio per l’antifascismo di oggi”.

    Sia Teodonio che Filippi ritengono che la figura di Giorgio Marincola abbia permesso di far emergere altre storie. Il pensiero di entrambi va alla vicenda rocambolesca raccontata da Matteo Petracci in Partigiani d’oltremare. Dal Corno d’Africa alla Resistenza italiana (Pacini Editore 2019), la storia di un gruppo di eritrei, somali, etiopi e libici che nel 1943 si ritrovarono bloccati nelle zone di montagna del centro Italia e decisero di unirsi alla Resistenza contro i nazifascisti. Petracci ha ricostruito attraverso testimonianze, documenti e fotografie l’esperienza di questi “sudditi coloniali” all’interno della “#Banda_Mario”, un gruppo partigiano composto da donne e uomini di almeno otto nazionalità diverse e tre religioni.

    Due anni dopo l’uscita di Razza Partigiana il sociologo Mauro Valeri pubblicò un libro dedicato al partigiano nero #Alessandro_Sinigaglia, nato a Fiesole da un ebreo di origini mantovane e da una donna afroamericana giunta in Italia come cameriera di una famiglia di Saint Louis.

    Il 9 settembre, in occasione dell’imminente centenario della nascita di Giorgio Marincola, la famiglia ha donato il suo piccolo ma prezioso archivio al Museo storico della Liberazione di via Tasso, a Roma.

    “Giorgio Marincola non è solo un mio parente. Non penso che i legami siano dettati dal sangue”, spiega il nipote Antar Mohamed, educatore e mediatore culturale che da anni vive e lavora a Bologna. “Per quanto mi riguarda i suoi cento anni servono a dire e dirci da che parte stiamo. Non ci sono messaggi o proclami da fare. Tuttavia ricordare che la memoria resistenziale italiana era qualcosa di sovranazionale stride in un Paese come il nostro in cui la cittadinanza è ancora legata al principio dello ius sanguinis”.

    Un’altra scelta politica che secondo alcuni stona non poco è quella adottata dall’attuale amministrazione comunale di Roma. Nell’estate del 2020 una petizione promossa dal giornalista Massimiliano Coccia e rilanciata da Roberto Saviano aveva ottenuto dall’allora sindaca Virginia Raggi l’impegno di intitolare la stazione della metropolitana Amba Aradam / Ipponio al partigiano italo-somalo Marincola.

    Ma come racconta Teodonio “l’attuale giunta Gualtieri con cui dovremmo avere un’affinità politica maggiore e che tra l’altro è composta da molti storici ha modificato questa intitolazione. Ad oggi il nome predisposto per quella fermata è Porta Metronia, senza richiamare né Giorgio né l’Amba Aradam, altopiano montuoso che dà il nome a una battaglia del 1936 che vide le truppe italiane utilizzare armi chimiche vietate dalle convenzioni internazionali contro migliaia di etiopi”.

    https://www.rollingstone.it/politica/attualita/perche-e-importante-ricordare-la-storia-di-giorgio-marincola-partigiano-italo-somalo/789405
    #histoire #résistance #Italie #afro-descendants #partisan #WWII #seconde_guerre_mondiale #mémoire

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    voir aussi ce texte que j’ai écrit pour le blog @neotoponymie :
    La guérilla odonymique gagne une bataille : une nouvelle station du métro romain sera dédiée à #Giorgio_Marincola, partisan italo-somalien, et non à un lieu d’oppression coloniale
    https://neotopo.hypotheses.org/3251
    https://seenthis.net/messages/871903

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    ajouté à la métaliste sur l’#Italie_coloniale
    https://seenthis.net/messages/871953
    #colonialisme_italien

  • Les universités d’été du confusionnisme – Juives et Juifs Révolutionnaires
    https://juivesetjuifsrevolutionnaires.wordpress.com/2023/09/02/les-universites-dete-du-confusionnisme

    Viktor Dedaj, invité par #LFI, dirige le média conspirationniste et confusionniste Le Grand Soir. En 2009, c’est ce site qui a annoncé notamment la création du Parti Anti Sioniste de Yahia Gouasmi, tête de la liste du même nom avec Alain #Soral et #Dieudonné. Pour prendre des exemples plus récents, rien que pour le mois d’août 2023 nous avons trouvé un article vantant « le succès massif de l’éradication de l’opium par les talibans » ; un saluant la « décision courageuse de la Russie de rejeter la tentative de l’OTAN de faire de l’Ukraine un avant-poste atlantique » ; et un autre qualifiant de « canular » les massacres de la place Tian’anmen et niant, entres autres, la politique génocidaire du gouvernement chinois à l’encontre des Ouïghours. Viktor Dedaj est également annoncé pour débattre à la prochaine fête de l’Humanité.

    #Alexis_Poulin, également invité par LFI, bénéficiait d’une émission hebdomadaire sur la chaîne gouvernementale russe en français Russia Today. C’est également un habitué de nombreux médias d’extrême-droite, notamment de la matinale de Radio Courtoisie (radio dirigée de 2007 à 2017 par le suprémaciste blanc Henri de Lesquen) et de Boulevard Voltaire (site internet fondé par le maire de Béziers Robert Ménard). Il a déclaré lors de l’université d’été « Il y a des gens qui ont le droit d’être racistes dans les grands médias. Antisémites non mais racistes, oui ! » Venant de quelqu’un avec un tel passif, nous y voyons un appel à la division du camp antiraciste, en faisant sortir les Juifs et Juives de celui-ci.

    De la même manière, la présence prévue aux universités du PCF d’#Hubert_Védrine ne semble pas provoquer plus de vagues. Rappelons que ce dernier est régulièrement mis en cause pour le rôle clé qu’il a joué en tant que secrétaire général de l’Élysée dans la décision française d’armer et de soutenir au Rwanda les génocidaires hutus. Le génocide des Tutsis a fait huit-cent mille mort·e·s, les deux guerres du Congo qui sont en partie les conséquences de l’opération Turquoise, intervention militaire française ayant pour but de protéger les tueurs en déroute et de leur permettre de reconstituer des forces au Zaïre voisin, en ont fait plusieurs millions.

    Du fait de la progression des idées d’#extrême-droite dans la société, une partie de la #gauche semble de plus en plus tentée de sortir de son impasse électorale par la multiplication d’appels du pied envers les réactionnaires. On l’a constaté ces dernières années à de multiples sujets, notamment concernant la vaccination contre le #Covid_19 ou la manifestation policière du 19 mai 2021 contre l’État de droit. C’est également la stratégie du « populisme de gauche » défendue par une partie de LFI, de l’alliance « beaufs et barbares » des bouteldjistes, et de la gauche barbecue de Fabien Roussel. Cette stratégie pousse sur une pente dangereuse, on le voit aujourd’hui où des conspirationnistes, des négationnistes, des campistes, etc. sont invités et applaudis à des universités d’été. Ajoutons que la droite semble n’y voir un sujet à polémique que quand l’invité est un rappeur musulman.

    #confusionisme

  • La Fondation Soros quitte l’Europe RRN Staff

    Une organisation controversée faisant la propagande des « valeurs modernes » arrête ses activités dans l’UE.

    L’Open Society Foundation (OSF), fondée par le milliardaire George Soros, retire une grande partie de ses activités de l’Europe. L’OSF, dirigé depuis juin dernier par son fils Alexander, a annoncé une « nouvelle orientation stratégique » et une volonté de « se concentrer sur d’autres parties du monde ».

    De nombreuses organisations non gouvernementales de défense des droits de l’homme sont préoccupées, tandis que d’autres se réjouissent.


    La nouvelle direction est chargée de mettre en œuvre les « changements structurels profonds » déjà prévus par Soros-père. La décision de mettre fin à une grande partie des activités de l’OSF dans l’Union européenne est la première déclaration faite par le fils d’un milliardaire.

    Alex Soros a annoncé le licenciement de 40 % de son effectif mondial. Le continent européen sera le plus durement touché : 80 % des 180 salariés du siège de l’OSF à Berlin seront licenciés. Il en va de même pour les bureaux à Bruxelles et la succursale à Barcelone, qui seront fermés. En Europe de l’Est, seules 3 des 7 succursales existantes seront conservées : au Kirghizistan, en Ukraine et en Moldavie. 

    L’annonce de ce « changement » par Alexander intervient également à un moment où les partis de droite gagnent du terrain en Europe.


    George Soros et son fils Alexander
    « La décision de l’OSF de réduire ses initiatives dans l’Union européenne n’aurait pas pu arriver à un pire moment pour l’UE et sa société civile. Ainsi, cela peut entraîner de nombreuses conséquences imprévues », écrit Alberto Alemanno, avocat italien et ancien « jeune leader » du Forum économique mondial, sur son X.

    Le vrai nom du milliardaire est György Schwartz, et il a émigré de la Hongrie aux États-Unis après la Seconde Guerre mondiale.

    En 1992, il est devenu multimilliardaire en vendant à découvert des livres sterling. Il a créé l’Open Society Foundation en 1979.

    L’objectif principal de cette organisation est de lutter contre la discrimination, de protéger les droits des minorités et le droit à l’éducation. Mais d’une manière générale, le projet de Soros est un soutien financier international à « la liberté individuelle, l’État de droit et la démocratie, le pluralisme et le libéralisme ». Sous la forme sous laquelle Soros les comprend.

    Dans son pays natal, le milliardaire n’a pas été accueilli depuis 2018 : à l’époque, la branche de Budapest de l’OSF a été transférée à Berlin sous la pression du Premier ministre Viktor Orban. Ce dernier a critiqué à plusieurs reprises son « premier adversaire », le considérant comme une « figure de l’ombre très influente », cherchant à détruire les fondements européens à travers le soutien aux migrants.

    « Nous avons entendu parler de l’empire Soros. Lorsqu’il s’agit de ces questions, nous, Hongrois, avons notre propre compréhension historique : nous croyons sincèrement que les forces d’occupation ne quitteront le continent que lorsque le dernier soldat Soros s’enfuira de l’Europe et de la Hongrie », a écrit le conseiller politique du Premier ministre dans son X Balazs Orban (homonyme).


    2018, affiches en Hongrie contre l’ingérence de Soros dans les affaires publiques

    En Europe centrale, de nombreux gouvernements ont accusé George Soros de « s’ingérer » par l’intermédiaire de l’OSF.

    Il a lui-même dit que sa fondation avait joué un « rôle important » entre 2013 et 2014 dans les événements d’Euromaïdan, des manifestations en Ukraine hostiles au président légitimement élu Viktor Ianoukovytch. Grâce à son travail, le pays s’est retrouvé au bord du désastre.

    Le milliardaire a également été critiqué aux États-Unis, où beaucoup l’accusent de financer des politiques libérales controversées et de soutenir les émeutes à grande échelle qui ont eu lieu après le meurtre de George Floyd en 2020 – ce sont bien eux qui ont aidé Joe Biden à vaincre Donald Trump aux élections.

    Soros est l’un des plus grands donateurs du Parti démocrate en Amérique – avec des acteurs scandaleux comme la société BlackRock.

    La distribution de drogues légales, la popularisation des LGBT, les nombreux partis verts – l’OSF est prête à donner de l’argent pour tout cela.

    ¨Depuis près de deux ans de confrontation entre l’Occident et la Russie en Ukraine, la situation a radicalement changé. Beaucoup espèrent que la puissance de Soros dans le monde a enfin commencé à décliner. _

    #Europe #Alexanderfilsfondation #open_society #OSF #soros #Union_européenne #ue #lobby #Conspirationnisme #idéologie #populisme #ennemis_du_peuple

    Source : https://rrn.media/fr/la-fondation-soros-quitte-leurope

  • Bodies of 18 people found in #Dadia forest that is on fire

    August 22, 2023

    The charred bodies of at least 18 people have been found in Dadia forest that has been on fire since Monday afternoon, the Fire Service announced on Tuesday.

    The bodies were found in two spots of the dense forest near the village of #Avantas in #Evros, north-eastern Greece.

    Fire Service inspectors and a coroner are heading to the area, news247.gr reported.

    “The bodies were found near some huts and as there are no alerts of missing people in the area, it is possible that they were irregular migrants, who entered the country illegally,” fire Service spokesman Giannis Artopoios announced.

    He added that the Civil Protection sent evacuation messages in time on time, when the fire broke out on Monday.

    Avantas is one of the dozens of villages and settlements that were evacuated in the area.

    Monday night, the charred body of a man was found also in Dadia forest with authorities suspecting that it belonged to a migrant.

    Some news websites claimed that the number of bodies found in Dadias were 26.

    Police and military forces in Evros are on the highest level of alert to intercept even the slightest attempt by irregular immigrants to cross into Greece, website newsit.gr noted.

    https://www.keeptalkinggreece.com/2023/08/22/bodies-18-people-fire-dadias-forest
    #forêt #incendie #feu #migrations #asile #réfugiés #Grèce #morts #décès

    –-

    see as well:
    2 groups of ~250 people in total stranded on different islets of the #Evros river ! (22.08.2023)
    https://seenthis.net/messages/1014292

    • 18 migrants killed in wildfires raging across Greece, officials say

      Eighteen people, believed by fire officials to be migrants or refugees, were found dead in Greece’s Dadia Forest after a raging wildfire swept for the fourth day through the northeastern Greek region near the Turkish border that serves as a major crossing point for refugees and migrants.

      The charred remains of the 18 people were recovered Tuesday near a shack close to a national park in Alexandroupolis, a city in Greece’s Evros region. Evros, which shares a land border with Turkey, is seen as a “no man’s land,” where bodies of migrants trying to cross into the European Union are found every year.

      “With great sadness, we learned of the death of at least 18 immigrants from the fire in the forest of Dadia,” Dimitris Kairidis, Greece’s migration minister, said in a statement Tuesday. “This tragedy confirms, once again, the dangers of irregular immigration.”

      Kairidis added that he denounced the “murderous activity of criminal traffickers” which is “what endangers the lives of many migrants both on land and at sea every day.”

      Two other people were killed in this week’s fires — an 80-year-old shepherd and an apparent migrant — bringing the death toll in Greece to at least 20.

      While migration numbers into Greece from Turkey have dropped in recent years as a result of strict border controls and deals with Ankara, Greece remains a front-line country for migration to Europe. The Eastern Mediterranean route — which includes arrivals by land and sea — has seen more than 17,000 people trying to cross this year, mostly from Syria, the Palestinian territories, Afghanistan, Somalia and Iraq.

      Earlier Tuesday, the Hellenic Fire Service said that because there were no reports of missing people from surrounding areas, “the possibility that these are people who entered the country illegally is being investigated.”

      In early August, Greek officials met to coordinate migration policy after more than 100 migrants — mostly from Syria and Iraq, including 53 children — were found crossing the border in Evros, the Associated Press reported. Last week, Greece’s coast guard stopped nearly 100 migrants in inflatable boats crossing through the Aegean Sea from Turkey — with such crossings increasing in recent weeks, officials said.

      Sixty-three wildfires broke out in Greece within 24 hours, the fire service said Monday. The agency added that it sent out more than 100 evacuation messages for the broad area since Monday, amid windy, dry conditions as Southern European temperatures hit 40 degrees Celsius (104 Fahrenheit).

      On Tuesday, the Ministry for Climate Crisis and Civil Protection issued a “very high fire risk” alert for several areas.

      Authorities have been evacuating affected villages as the wildfires spread. Flames threatened to engulf a hospital in Alexandroupolis, prompting officials to evacuate all of its patients — including newborns and those in intensive care units — onto a ferry that became a makeshift hospital on Tuesday, Reuters reported. Nuns from a monastery were also evacuated, local media reported.

      Satellite images recorded massive plumes of smoke streaming from the affected areas.

      Theodore Giannaros, a fire meteorologist and associate researcher at the National Observatory of Athens, called the 18 deaths a “true tragedy.” Nearly 99,000 acres have been burned in the past three days.

      “These facts clearly stress … that we need to change our whole approach for managing wildfires in Greece,” he said, calling for an integrated and interdisciplinary fire management approach and better collaboration between authorities and the scientific community.

      Fire officials and researchers have raised alarm bells at the region’s lack of preparedness for wildfires — which are increasing in intensity, length and geographic breadth alongside summer heat waves.

      Neighboring Turkey and Spain’s island of Tenerife have also dealt with wildfires this week.

      The E.U. mobilized more resources Tuesday to help Greece’s firefighting battle. In the last two days, the E.U. has deployed seven airplanes, one helicopter, 114 firefighters and 19 vehicles, the E.U. commission said in a statement.

      Greece is seeing “an unprecedented scale of wildfire devastation this summer,” European Commissioner for Crisis Management Janez Lenarcic, said in a statement Tuesday.

      https://www.washingtonpost.com/world/2023/08/22/greece-wildfires-bodies-heat-europe

    • Elliniki Lysi MP for Evros P. Papadakis also made similar statements live to local outlet e-evros, where he clearly blames people on the move for the #Evros #wildfires:
      [from 1.06] ’I said it and will say it again, we’re at war, the mountains are full and everywhere, at all sites [of fire], there’ve been interfered with. Arrests have been made by ordinary citizens but also by the police at all (fire) fronts … we have war, they have come here in coordination, and they have put, the illegal immigrants specifically, fires at more than ten locations. At all mountains and where there are fires, there are illegal immigrants. They know this very well the police, the fire brigade and the volunteers who are very many.

      https://www.youtube.com/watch?v=MbwC1D1Nq2c


      https://twitter.com/lk2015r/status/1694421902985515295

      –—

      The MP with the extreme-right party Greek Solution, P. Papadakis, invites people on Facebook to “take measures” & “be alert to do what we do best” against “illegal migrants” who, he alleges, “hinder the work of pilots”.
      In another post he states that “illegals” were “starting fires”. “It’s a war” he says, and urges: “declare an emergency”!
      The comments are a cesspool of pure, unadulterated racist hatred.

      These are the depths to which parts of Greek society have sank -and the @kmitsotakis govt has everything to do with it.

      https://twitter.com/ninarei/status/1694096863094288864

    • 19 refugees dead in the devastating fires and escalation of racist violence in Evros, Greece

      While the situation seems to be out of control with fires burning across a large part of Greece, from Evros region to Parnitha in Attica, the tragic human toll currently includes 19 confirmed dead refugees on Evros.

      One refugee was found charred on Monday 21/8 in Lefkimi, Evros, where he was reportedly trapped and died from the fumes. Another 18 refugees, including two children, died yesterday, Tuesday 22/8 in the Dadia forest, where they were also found charred by firefighters.

      At the same time, the fires have destroyed and threaten vast forest and residential areas, many of which have been evacuated. The evacuation of the Alexandroupolis hospital at dawn on Tuesday is characteristic: 65 impatiens, including babies and intubated patients, were transferred to a passenger ferry boat that served as a floating hospital and to the port of Alexandroupolis, in tents. Νursing homes in the city were also evacuated.

      The lack of effective fire protection, prevention and response to the fires is blatant, also due to the severe understaffing – also blatant is the overall inadequacy of the state mechanism. The fires, which burn huge green areas and now also residential areas every year, are a predestined tragedy, to the extent that no effective protection and response policies are implemented.

      At a time when at least 19 refugees are dead, instead of the State assuming its responsibilities, we unfortunately see its representatives obfuscating reality, and in some cases, accepting, if not fomenting, racist discourse and practices. Characteristic is the statement of the Minister of Migration and Asylum Dimitris Kairidis on the deaths that “this tragedy confirms, once again, the dangers of irregular migration”, as well as the respective statement by the Minister of Climate Crisis and Civil Protection, Vassilis Kikilias. At the same time, an attempt is unfolding to collectively incriminate refugees in part of the media, referring to alleged arson and fires emerging on the paths they follow.

      To top it off, we see an escalation of racist violence in Evros, targeting refugees and migrants as allegedly responsible for the fires: yesterday, on Tuesday, a video was released in which a civilian has 13 refugees imprisoned in his truck – he referred to 25 people – and calls for a pogrom against them. After the extent of the incident, he was arrested along with two alleged accomplices without, however, any official information on the fate of the kidnapped refugees. At the same time, many other reports and videos speak of vigilante “militias” and “bounty hunters”, citizens that are called to swoop in against refugees and migrants. Further, members of the parliament appear to foment such practices through their public statements, which include racist language and a “call to action” to citizens in the area.

      This escalation of racist discourse and practices is extremely worrying and cannot be tolerated! The murderous persecution of refugees at the borders and racist “pogroms” must stop now, their victims must be protected, existing incidents must be thoroughly investigated and the perpetrators must be punished, taking into account a potential racist motive. The State must assume its responsibilities and act immediately to identify and rescue people who may be in danger in the region, both from these practices and from the devastating fires. Furthermore, as regards the dead, all the relevant protocols must be followed to identify them, inform their relatives and bury their remains, with respect for the dead and their rights.

      https://rsaegean.org/en/19-refugees-dead-fires-and-escalation-of-racist-violence
      #racisme #violence #violence_raciste

    • Greece: Suspected asylum seekers killed in Evros fires

      Eighteen bodies were found in two different locations in Dadia national park amid forest fires, the Evros fire department reported today.

      Fire fighters have found the charred remains of 18 suspected asylum seekers in the Dadia forest in Evros amid wildfires in Greece that have been raging for the past four days.

      Fire department spokesman Yiannis Artopoios confirmed in a televised address on Tuesday that the bodies were found in two different locations near the Turkish border, one of the most common migration entry points for Syrian and Asian migrants crossing the Evros River from Turkey.

      No local people have been reported missing, so the remains are thought to belong to asylum seekers.

      “We know very quickly if it’s a local or not, because [they] will be reported missing very fast,” forensics anthropologist Jan Bikker, who is working to identify the bodies, told MEE. “If they’re not reported, then most likely it’s an asylum seeker.”

      According to Bikker, Dadia is a common migration route, as it is densely forested, allowing migrants to hide from the Greek authorities who would likely push them back out to sea.

      “The safest way [for them] is through the forest. This is what people do after they cross over the river,” he told MEE.

      “A lot of migrant groups [that] travel [do] not even [travel] on the roads, but in the middle of the forest.”

      Amid soaring temperatures, these routes are also the sites of devastating forest fires.

      “There is always a possibility that someone could have died in one of those fires…and the bodies are never recovered," he said.

      “It’s very, very dangerous terrain…if they go missing, it’s very difficult to trace them."

      While Artopois said that emergency alerts were sent to all mobile phones in the area, according to Bikker, it is unlikely the group would have carried phones or had any signal if they did.

      “Often, they are not able to communicate with the outside world until they reach like a village where there is some internet signal,” he said.
      Struggling to breathe

      The NGO Alarm Phone had reportedly been in contact with two groups of 250 people stranded on different islets of the Evros River for days. Some of them sent videos of the approaching fires with pleas for help: “The fires are getting very close to us now. We need help as soon as possible!"

      “They fear for their lives as the wildfires approach & the air is unbreathable. Their cries for help have remained unanswered by authorities for days,” the NGO tweeted.

      Later, the NGO reported receiving another alert from a group near the town of Soufli. “They tell us one person struggles to breathe. They unable to move due to the nearby fires and worry they will die,” they tweeted.

      Greece has seen a devastating wave of wildfires since July, fuelled by high winds and soaring temperatures. The recent deaths have brought the overall toll to 20. Fifty-three new blazes broke out across the country on Monday.

      For Bikker, who works to trace long-term missing people in the region, the impact of wildfires on migrants is often overlooked.

      “People think of the locals, but it also [impacts] the migrants.” He added: “For many of the people who go missing, we will not find anything…because they get lost in the fires and the remains will never be recovered.”

      Since 2020, civil actors have reported a surge in disappearances and deaths of asylum seekers on the Greek islands.

      When they arrive on the islands, migrants are driven to hiding in forested or mountainous areas in order to evade pushback by the Greek authorities.

      https://www.middleeasteye.net/news/greece-suspected-asylum-seekers-killed-evros-fires

    • Deaths in Greece wildfires highlight the plight of asylum seekers

      Firefighters find 18 burned bodies in Dadia Forest, suspected to be asylum seekers, as wildfires ravage northern Greece.

      The discovery of 18 bodies in the Greek wildfires – thought to be asylum seekers – has prompted new discussion around the plight of those on the move in the country.

      Greek authorities found the remains of 18 people in the national forest of Dadia on Tuesday, in the northeastern Greek region of Evros where the blaze is still raging.

      The group, reportedly made up of two children and 16 adults, was likely trying to flee from the flames, according to the local coroner Pavlos Pavlidis, who said the children were between 10 and 15 years old.

      It was separately reported that the body of a man was found on Monday also presumed to be an asylum seeker.

      Locals have had to abandon homes and livelihoods to escape the fires as villages and even the main hospital in Alexandroupoli, the region’s capital, were evacuated.

      The Evros region shares a land border with Turkey and lies along a well-trodden route for asylum seekers crossing into Europe from Turkey.

      The area is highly monitored by Greek authorities and there have been ongoing reports of illegal and brutal pushbacks of asylum seekers, which authorities adamantly deny.

      Some people who used this route, which consists of swathes of forests, have previously described to Al Jazeera how they have hidden to avoid detection.

      Alarm Phone, an emergency hotline frequently contacted by people on the move in distress, told Al Jazeera they had been in contact with a number of groups of people in the region in recent days who described being threatened by the flames, but said were equally afraid of being pushed back over the border.

      Alarm Phone said the area was essentially a “no-man’s land” for asylum seekers.

      The Greek Ministry of Migration and Asylum expressed “great sadness” on the news of the deaths, but added that “despite the constant and persistent efforts of the Greek authorities to protect the borders and human life, this tragedy confirms, once again, the dangers of irregular immigration”, and denounced “the murderous activity of criminal traffickers”.

      The Civil Protection Ministry also expressed condolences, but added “the unfortunate foreigners, while they were forbidden to be in the forest … and despite multiple 112 messages to Greeks and foreigners in the area, did not leave”.

      It is not known if the group had working mobile phones, understood the language of the messages or knew it was forbidden to be in the forest.

      Two Greeks and one Albanian were arrested on Tuesday after posting a video online of a group of people presumed to be asylum seekers locked in a trailer.

      In the video, the man accused migrants of having started the fires but offered no evidence and none has emerged that this is the case.
      Conspiracy theories

      The Border Violence Monitoring Network (BVMN), a coalition of more than 14 organisations, in a statement with Lena Karamanidou, a noted researcher on Evros, pointed to far-right galvanisation around conspiracy theories that migrants were responsible for the fires.

      They said that figures such as Kyriakos Velopoulos, a member of parliament and leader of the far-right party Hellenic Solution had shared the video of the people locked in the trailer.

      “Yet again, a tragic situation has been manipulated to blame people on the move themselves for their own deaths, and to strengthen links between migration and criminality that has led to the proliferation of mobilised right-wing groups in the region,” the BVMN said, criticising the response of some Greek authorities.

      “Greece’s intense focus on migration has come at the cost of its land and its citizens, with tens of millions of euros poured into high-tech Closed Controlled Access Centres and the Automated Border Surveillance Systems used to ‘prevent entry’ of 2,170 undocumented persons between the 14th and 17th of August, and arrest 29 alleged human traffickers,” they said.

      “Yet, there were few fire-preparedness measures taken for the wildfires that everyone knew were coming, and that have destroyed Greece’s natural landscape and razed homes and livelihoods to the ground,” BVMN added.

      Eftychia Georgiadi, International Rescue Committee’s head of programmes in Greece, told Al Jazeera it was “devastating that at least 18 people have needlessly lost their lives”.

      “Nobody should be forced to seek shelter in the forest and left without adequate protection,” Georgiadi said.

      She said – once confirmed – the deaths “demonstrate the deadly consequences of the EU’s failure to agree on a humane, sustainable asylum system”.

      “This lack of coordinated action leaves people exposed to grave dangers at every step of their journeys in search of protection in Europe,” Georgiadi said, adding it was vital “the EU and its member states uphold the fundamental right to apply for asylum, and create more safe routes so that fewer people are left with no option but to risk their lives on such dangerous journeys”.
      ‘Invisible’

      Alarm Phone told Al Jazeera that asylum seekers moving through the region had become “invisible”, and sent a list of the groups they had lost contact with in recent days as well as a catalogue of reports of pushbacks and violence in the area.

      “Nobody implied that foreigners set the fires on Rhodes one month ago,” they said, “state mechanisms – not just Greek – did everything to evacuate tourists”, and highlighted the difference between how international media focussed heavily on tourists impacted by the fires on Rhodes earlier this summer compared to the muted response now.

      The group told Al Jazeera that climate change added an extra layer of violence to the lives and treatment of those on the move.

      “The comparison between how foreigners are treated during disasters in Greece shows that the right to life is arbitrarily determined based on racist and colonial socioeconomic standards.”

      https://www.aljazeera.com/news/2023/8/24/deaths-in-greece-wildfires-highlight-the-plight-of-asylum-seekers
      #invisibilité #droit_à_la_vie #touristes #tourisme

    • Update : originally it was reported that 18 died, but now 8 more dead have been added.

      “The first 18 #migrants were found dead near a landslide in the Avanda area , as the Fire Service spokesman said, while the second group was found in the Lefkimmi area”

      https://twitter.com/EleniKonstanto/status/1693983836298776988

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      Φρίκη : 18 οι απανθρακωμένοι μετανάστες μέσα στο δάσος της Δαδιάς - Εγκλωβίστηκαν από τη φωτιά

      18 πτώματα εντοπίστηκαν μέσα στο δάσος της Δαδιάς - Οι μετανάστες βρήκαν φριχτό θάνατο

      Τραγωδία στο Δάσος της Δαδιά. Οπως αναφέρουν οι πληροφορίες, η μεγάλη φωτιά στον Εβρο έχει προκαλέσει τον θάνατο 18 μεταναστών, που εγκλωβίστηκαν μέσα στο δάσος της Διαδιάς. Και υπάρχουν φόβοι ότι ενδεχομένως ο αριθμός θα αυξηθεί. Πάντως η πληροφορορία που μετέδωσε ο Σκάι ότι βρέθηκαν και άλλοι 8 μετανάστες νεκροί στη Λευκίμμη δεν επιβεβαιώθηκε.

      Μέχρι στιγμής έχουν εντοπιστεί 18 πτώματα.

      Σύμφωνα με τα όσα έχουν διαρρεύσει από πηγές της Πυροσβεστικής, μονάδες πυροσβεστών που επιχειρούν στην περιοχή, βρέθηκαν ξαφνικά μπροστά σε ένα αποτρόπαιο θέαμα. Δεκάδες απανθρακωμένα πτώματα μεταναστών, που εγκλωβίστηκαν στην φωτιά μέσα στο δάσος. Τις πληροφορίες επιβεβαιώσε σε έκτακτη ανακοίνωση που έκανε ο εκπρόσωπος της Πυροσβεστικής κ. Αρτοποιός, σημειώνοντας ότι γίνονται ενέργειες μέσω Διεθνών οργανισμών βοήθειας, για την αναγνώριση των θυμάτων.

      Οι 18 μετανάστες βρέθηκαν νεκροί κοντά σε παράπηγμα στην περιοχή του Αβαντα, όπως είπε ο εκπρόσωπος τύπου της Πυροσβεστικής Υπηρεσίας.

      « Στην πυρκαγιά της Αλεξανδρούπολης, σε επιτόπιο έλεγχο από στελέχη της Πυροσβεστικής στην ευρύτερη περιοχή του Άβαντα εντοπίστηκαν οι σωροί 18 ατόμων πλησίον παραπήγματος. Με δεδομένο ότι από τις γύρω περιοχές δεν έχει υπάρξει καμία δήλωση εξαφάνισης ή αγνοουμένων κατοίκων διερευνάται το ενδεχόμενο να πρόκειται για ανθρώπους που εισήλθαν παράτυπα στη χώρα.

      Υπενθυμίζεται ότι από χθες είχαν σταλεί μηνύματα 112 εκκένωσης της ευρύτερης περιοχής. Σημειώνεται ότι, τα μηνύματα μεταδίδονται και σε κινητά από ξένα δίκτυα που βρίσκονται στην περιοχή. Ήδη από το αρχηγείο της ελληνικής αστυνομίας έχει ενεργοποιηθεί η ομάδας αναγνώρισης θυμάτων καταστροφών. Οι έρευνες σε όλο το μήκος της περιοχής που εκδηλώθηκε και βρίσκεται σε εξέλιξη η πυρκαγιά, συνεχίζονται ».

      https://www.thetoc.gr/koinwnia/best-of-internet/plirofories-gia-dekades-apanthrakomenous-metanastes-mesa-sto-dasos-tis-dadias

    • Greece: Evros wildfire dead are victims of ‘two great injustices of our times’

      Reacting to the deaths of 19 people, likely migrants and refugees, on 21 and 22 August in fires affecting the Evros region, Northern Greece, Adriana Tidona, migration researcher at Amnesty International said:

      “The 19 people killed by wildfires in northern Greece appear to be victims of two great injustices of our times. On the one hand, catastrophic climate change, which governments are failing to address and is worsening the scale of wildfires worldwide as rising temperatures lead to longer and more destructive fire seasons. On the other hand, the lack of access to safe and legal routes for some people on the move, and the persistence of migration management policies predicated on racialized exclusion and deadly deterrence, including racist border violence.

      “Though the identities of the people killed by the fires are not known, it seems likely that they were migrants and refugees who had recently crossed the border into Greece. Because of the lack of access to safe and legal routes for people trying to reach Europe, migrants and refugees increasingly use the land borders in the Evros region to cross irregularly from Turkey into Greece. Authorities there have systematically responded with unlawful forced returns at the border, denial of the right to seek asylum and violence.

      “The fires have fuelled racist rhetoric and abuses against migrants and refugees. On his Facebook account, Paraschos Christou Papadakis, an ultra-nationalist Greek MP, racist language to claim that fires had been started by migrants and refugees. A private individual was arrested, after he abducted a group of migrants and refugees in his vehicle and incited others to do the same, uploading a video of his actions online.

      “Alarm Phone, an NGO, has reported that hundreds of refugees and migrants are stranded in different areas of Evros while fires blaze in the region. Amnesty International calls on the Greek authorities to urgently evacuate all those stranded in the Evros region and who are unable to move safely due to fires and to ensure that refugees and migrants who have entered into Greece irregularly can seek asylum and are not illegally forcibly returned at the border. The Greek authorities must publicly condemn and investigate any act of racist violence or speech or incitement to such behaviours, including on the part of politicians.”

      https://www.amnesty.org/en/latest/news/2023/08/greece-evros-wildfire-dead-are-victims-of-two-great-injustices-of-our-times
      #injustice #climat #changement_climatique #exclusion #exclusion_raciale

    • Reçu via la mailing-letter Migreurop, de Eirini Markidi, 23.08.2023

      https://hellas.postsen.com/local/475765/Fire-in-Evros--Locked-immigrants-in-a-truck-trailer-and-calls-for-a-

      He kidnapped and forcibly locked migrants and refugees in a truck, spewing his racist venom on live broadcast

      Unthinkable situations unfold in streets of Alexandroupolis. While he rages for the fourth day the fiery fronta man broadcast and even to live broadcast video on social media, in which it has been locked immigrants and refugees in truck trailers and in his racist delusion, he mentions that he has “25 tracks inside the trailer”.

      This is a resident of the area, who essentially forcibly kidnaps refugees and immigrants in a truck, spreading the his racist poison. In fact, he calls others to organize and follow these inhumane practices, because as he says about the refugees “they will burn us.”

      Characteristically, in his racist delirium he states “We are sleeping! A ride from Chili to Scopo Volis I have loaded 25 pieces I have here in the trailer. Open up a little. 25 pieces. Open the wire a little. They will burn us…, they will burn us. Oops, see? 215 pieces. It’s filled the whole mountain, guys. The whole mountain is full. They are sworn, they are sworn to burn us. Full of holly. Full of holly, everywhere, that’s what I’m telling you guys. Get organized, let’s all go out and collect them. They will burn us, that’s all I’m telling you.”

      In fact, some of the comments under the video, which are full of racism and hatred, make a sad impression. Indicatively, some users wrote to him “Turn off the camera and give pain”“Kapstous”, “At sea with the trailer”, cleaning Apostoli etc.

      video (without subs): https://youtu.be/LxMugRHvXP0

      https://www.reuters.com/world/europe/greece-detains-man-calling-migrants-be-rounded-up-police-2023-08-23

      August 23, 2023

      THENS, Aug 23 (Reuters) - Greek police said they had detained a man who held migrants in a trailer and called on citizens to “go out and round up” migrants he accuses of setting wildfires in Greece.

      The man was detained after a video posted on social media showed a jeep pulling a trailer along a dirt road in northern Greece, and he can be heard asking another person to open its doors. Two migrant men can be seen crammed inside the trailer.

      “Get organised, let’s all go out and round them up. They will burn us...,” the man, who police said is a foreign national, can be heard saying in Greek in the video.

      In a statement late on Tuesday, police said the man, who owns the vehicle, had illegally detained 13 Syrian and Pakistani migrants. Two Greek nationals who allegedly helped him were also arrested.

      The three were expected to appear before a prosecutor on Wednesday, after which it will be decided if they are formally arrested and charged.

      A police official, speaking on condition of anonymity, said the 13 migrants had also been detained for entering the country illegally.

      The semi-official state news agency ANA said a Supreme Court prosecutor has ordered an investigation into the video. In a document published by ANA, the prosecutor is quoted as saying: “Phenomena of racist violence against immigrants are worrying.”

      She described the video as “a racist delirium of violence, accusing immigrants of ’burning us’ and inciting others to racist pogroms, calling on them to organise and imitate him”.

      Major wildfires have broken out in Greece in recent days, with the biggest front in the northern region of Evros bordering Turkey, from where migrants typically cross into Greece via the river separating the two countries.

      The burned bodies of 18 people, believed to be migrants, were found in a rural area in the region on Tuesday.

      Reporting by Karolina Tagaris and Lefteris Papadimas, editing by Mark Heinrich

    • Reçu via la mailing-list Migreurop, de Vicky Skoumbi, 25.08.2023

      Le comble de l’horreur : les 13 migrants kidnappés par trois hommes faisant partie d’un réseau constitué de chasseurs de migrants non seulement ont subi l’expérience atroce et traumatisante étant traité comme des animaux, retenus à 13 dans un cagot pour chiens, mais ils n’ont pas été vraiment libérés par la police mais arrêtés. Ils sont accusés d’avoir fabriqué des mécanismes incendiaires et doivent maintenant faire face à des charges très lourdes, le tout sur la foi des témoignages de leurs …kidnappeurs ! Les charges contre ces 13 personnes migrantes sont très lourdes : tentative d’incendie criminel mettant en danger la vie d’autrui, fabrication et possession d’explosifs et entrée illégale au territoire L’avocat de l’homme qui a monté la vidéo où il se vantait d’avoir attrapé « 25 pièces » lors de sa patrouille, soutient que son client les avait surpris à essayer de mettre le feu par des mécanismes incendiaires artisanaux aux abords du tissu urbain et que lui-même et ses deux complices étaient désarmés, tandis que les 13 migrants –les 25 proies de la chasse au "clandestin" étaient finalement 13 syriens et pakistanais- avaient des armes blanches.

      Comment trois individus désarmés arrivent à capturer et à enfermer dans une remorque 13 personnes armées de couteaux, c’est sans doute une question qui n’a pas trop préoccupé le juge d’instruction. Car, c’est bien sur la foi de ce témoignage incroyable et qui plus est, en flagrante contradiction avec la vidéo que l’homme qui les avait capturés avait tournée et de ses complices, que les 13 migrants voient leur cauchemar continuer et même s’aggraver. Enfin, quel intérêt auraient ces personnes migrantes qui se tiennent au loin d’endroits habités, en tentant de passer inaperçues au risque d’être piégées par le feu, de s’exposer à la proximité d’une ville pour y mettre le feu avec un mécanisme incendiaire ?

      Tout cela arrive à un moment où des députés locaux, dont un de la Nouvelle Démocratie au pouvoir actuellement, appellent la population à se défendre contre les étrangers incendiaires, tandis que des chefs locaux de milices paramilitaires constituées des honnêtes gens rassemblent des foules qu’ils haranguent afin qu’elles prennent la situation en main, et ceci au vu et au su de tous.

      Il est évident que les 13 victimes de ce pogrom ont besoin en toute urgence de notre soutien et surtout d’une assistance juridique à la hauteur des risques qu’ils encourent, avec des charges si lourdes, Y-aurait-il des avocats ou des ONG –HIAS, GCR etc- en mesure de fournir une aide immédiate et efficace à ces 13 victimes de violences et de traitements inhumains qui doivent maintenant se défendre devant un tribunal grec ?

      Ci-dessous les sources d’information en anglais

      https://www.efsyn.gr/ellada/koinonia/401767_katigoroyn-toys-13-gia-emprismo-me-martyres-toys-apagogeis-toys

      They accuse the "13" [migrants, victims of kidnapping] of arson, with their captors as witnesses

      24.08.23 16:02

      efsyn. gr

      The public prosecutor of Alexandroupolis decided to impeach the uninvited sheriffs who locked 13 refugees and immigrants in a cart. According to today’s proposal from the Prosecutor, the indictment attributed to them concerns incitement to commit crimes, violence or discord with racial motives in combination with robbery with racial motives together and complicity and exposure to danger, while the foreign owner of the vehicle that appears in a video pulling the trailer is also charged with violating the law on personal data.

      As far as the 13 immigrants and refugees are concerned, they are charged with attempted arson endangering human life, manufacturing and possession of explosives and illegal entry. But it is a referral that raises reasonable questions, as according to information the charge against them arose from the testimonies of their alleged captors. Therefore, the question arises as to how reliable the accusation of attempted arson is when the arrest of the alleged arsonists was not made by the police authorities themselves, but by those who launched the pogrom against the refugees who have an interest in establishing the case of arson to make their trial a more favorable position. Even according to the statement of the lawyer of the 45-year-old Albanian who speaks in the shameful video, the immigrants were holding knives in their hands, while he was not armed, yet he managed to trap them inside the closed cart. How is it possible for three unarmed men to capture 13 armed and dangerous arsonists ?

      Even more surprising is the fact that the three men claimed that they called the police to hand over the alleged arsonists around 5.30 pm and that they finally handed over the 13 men a few minutes later when the police arrived at the scene, to whom they also handed over the alleged incendiary device. Consequently, there is also a significant time gap between the statements that talk about the police being called at the time of the "arrest" of the immigrants at 17.30 and the arrest of the three men which took place late at night after the reactions that caused the release of the video. According to the police, the 13 immigrants were found in the 45-year-old’s cart at the moment they arrested him, so how did they surrender to them at 5:30 p.m.?

      https://english.elpais.com/international/2023-08-24/no-guns-no-knives-civilian-militias-hunting-migrants-on-greek-border

      ‘No guns, no knives :’ Civilian militias ‘hunting’ migrants on Greek border amid devastating wildfires

      The Supreme Court has ordered an investigation into what it terms an ‘alarming phenomena of violence’ against immigrants and incitement to ‘racist pogroms’

      ANDRÉS MOURENZALOLA HIERRO

      Istanbul / Madrid - AUG 24, 2023 - 12:47 CEST

      The Greek province of Evros, where at least 18 migrants were found burned to death Tuesday in a wave of wildfires ravaging the country, was already a hell on earth for those fleeing their countries in search of a better life in Europe. For more than a decade, countless cases of abuses and violations of the most basic rights against people attempting to cross the territory — where the homonymous river serves as a natural border between Greece and Turkey — have been reported. Beatings, forced deportations, rapes, and illegal detentions have been recorded by human rights organizations. But if the situation for people attempting to reach EU territory was already dangerous, now it has become considerably worse : since the most recent fire broke out last Saturday, groups of local residents have organized themselves into militias to hunt down migrants. It is not the first time such practices have been witnessed, but tensions have been stoked further by the popular belief that they are to blame for the fires.

      The chief prosecutor of the Greek Supreme Court, Georgia Adilini, on Wednesday ordered a double investigation to look for possible evidence of “an organized plan” to provoke the fire — although the police later stated that it had been caused by lightning — and to discover more details about the “alarming phenomena of violence” against migrants and incitements to “racist pogroms.”

      These investigations have arisen following a video shared on social networks on Tuesday in which a man triumphantly displays the result of what he considers his hunting booty. The man, who is also the alleged author of the recording, opens the hatch of a trailer attached to a van to display an undetermined number of captured men looking confusedly at the camera. Their captor refers to these people as “pieces,” claims there are 25 of them and that he has “hunted them down” because they are responsible for the fires. “The mountains are full of these,” he adds.

      “Part of the population thinks that the fires are the fault of the migrants and that’s why they chase them,” explains Lefteris Papayannakis, director of the Greek Institute for Refugees, in an interview with EL PAÍS. “They function as a militia ; they arrest them on their own account and use violence against them.”

      The owner of the vehicle and suspected author of the video, a resident of the province of Albanian origin, and two other people of Greek nationality were arrested Wednesday. But Vassilis Kerasiotis, director of the NGO HIAS Greece and a lawyer specializing in migration, says that these militias are far from a one-off phenomenon and are organized with absolute impunity because the authorities prefer to look the other way. “There is tolerance on the part of the authorities, that’s why they feel they can freely publicize these criminal acts,” he adds. “Obviously, when a criminal act occurs, the authorities must react. That’s why they have arrested them,” he insists.

      “It’s frightening how openly accepted hostility against migrants is in a certain part of society,” says a spokesman for Alarm Phone, an organization dedicated to receiving messages from migrants in distress throughout the Mediterranean area and passing them on to the relevant authorities.

      Appeals to chase and capture migrants are spread through messages on social networks such as Facebook, X or TikTok. The video of the Albanian citizen showing the result of his “hunt” was uploaded to a channel on the Viber messaging network, with 240 members. Another recording released Wednesday shows a man dressed in military attire instructing several dozen residents of Evros to organize another pogrom. “Whoever can, start patrolling [...] But I’m going to ask you, no guns, no knives, or you’re going to get in trouble. It’s illegal. You will be arrested,” he says.

      Before the video of the illegally detained migrants appeared, Paris Papadakis, deputy of the far-right Greek Solution party for the province of Evros, published another inflammatory tirade in which he accused the migrants of “obstructing the work of firefighters” and of starting the blaze.

      Several left-wing MPs have called for Papadakis to be investigated by the Greek Parliament’s Ethics Committee. In his publication, the far-right MP described the situation as a “war” and called on his fellow citizens to organize raids to “arrest” illegal migrants “in the same way as in March 2020,” during the Greek-Turkish border crisis, when the government of Ankara facilitated the arrival of tens of thousands of migrants on the frontier with Evros. At that time, some locals organized themselves into militias to assist the police and the Greek Army in their defense of the border.

      Hiding for fear of deportations

      Evros was the main entry route to Greece and Europe until 2015 and 2016, when migrants started using boats to reach Aegean islands such as Chios or Lesbos. However, the transit of refugees has never stopped. So far in 2023, around 3,700 migrants have entered Greece via the land route, compared to some 6,000 in total in 2022, according to the United Nations High Commissioner for Refugees (UNHCR). It is possible that the numbers of those who have made it into Greek territory via Evros is in fact much higher. “More than 250,000 illegal entries were prevented at the Evros border during 2022,” the Ministry of Citizen Protection said in a statement. Some of that number probably crossed the border but were illegally deported by the Greek authorities, a very common practice in the area despite the fact that it violates both Hellenic and European laws. Various NGOs and human rights organizations have collected testimonies and evidence of about 400 such incidents during the last six years, in which some 20,000 migrants were illegally deported, in most cases with violent methods and having been stripped of their money and belongings.

      Between Tuesday and Wednesday, Alarm Phone passed on alerts about four groups comprising hundreds people trapped in the area affected by the wildfires : three of them on islets in the river and another in a wooded area near the town of Sufi. “The fact that in the face of a fire people are hiding in the forest instead of trying to get to safety gives an idea of the need they feel to hide for fear of deportations,” Vassilis points out.

      The Alarm Phone spokesman explains that the authorities contacted them and assured them that they had not found anyone at the indicated points. The organization also adds that on Wednesday, contact was lost with two of the four groups and that only the two larger ones, stranded on islets, remained in contact : one, of about 250 people, had been surrounded by the police. Another, of about 100 people trapped on an islet near the town of Lagina, was rounded up by officers and taken to a detention center. “We cannot say much more about the situation [of the groups], but previously, when the authorities claim they cannot find them, what they do is to attack the migrants and return them illegally to Turkey. It’s an excuse they often use,” says Vassilis.

      Groups of civilians hunting for migrants is yet another threat that adds to the already treacherous conditions they face when crossing the border. The route involves a militarized zone where no one is permitted to enter, not even humanitarian aid organizations. They use the dense forests to hide for indeterminate periods of time during which they have no access to food, sanitation, or any other basic necessity. “There is no assistance there. It is almost impossible to help them when they are in hiding. Sometimes they take food with them, sometimes they go somewhere nearby to look for it,” says Lefteris Papayannakis of the Greek Refugee Institute. “We know that sometimes the Turks give them food while forcing them to cross, or give them access to power to charge their phones.”

      Papayannakis adds that road accidents involving vehicles carrying migrants are frequent. “They are trafficked in cabs or vans to the cities. It is illegal, so sometimes the traffickers go very fast, in the wrong direction... We know of people who have died or been seriously injured because they were involved in an accident.”

      For his part, the Minister of Climate Crisis and Civil Protection, Vassilis Kikilias, has attributed the death of migrants to not having followed the evacuation orders that are sent automatically, in Greek and English, to all cellphones in the affected area : “In Evros there have been 15 fire outbreaks at the same time, which have joined together to form a huge fire,” read one. Satellite images show an immense area in flames, with a front reaching 20 kilometers (12.5 miles) and advancing “uncontrollably” in several directions. The dense smoke from this large fire, together with that of other fronts in Greece, has reached the islands of Sicily and Malta, more than a 1,000 kilometers (620 miles) away, and now covers 80% of Greek territory. Kerasiotis, of HIAS, takes a different view of the tragedy : “The cause of these 18 deaths is a combination of the absence of legal and safe entry procedures on Greek and European territory, together with the fact that potential asylum seekers are afraid of being illegally returned to Turkey.”

    • NGO umbrella group condemns self-proclaimed ‘militia’ groups

      An umbrella group comprising 55 non-governmental organizations and civil society bodies across Greece has condemned recent incidents involving civilian self-proclaimed “militia” groups engaging in unlawful acts of violence against refugees and migrants.

      In an “alarming incident” in the Evros region, “citizens appeared to threaten and illegally detain a group of migrants and refugees inside a trailer, while using racist and derogatory language and inciting similar acts of violence,” the Racist Violence Recording Network said, in statement issued through the UNHCR in Greece.

      “The incident came to light through a relevant video and subsequent articles, which triggered numerous racist comments. These events coincide with the tragic news of discovering dead people, reportedly refugees and migrants, in the Evros region due to the fires.”

      The network said it was pleased to note “that the authorities have included the investigation of racist motive” under the relevant article of the Penal Code.

      The network also expresses “serious concern regarding the deteriorating climate against refugees and migrants in the political and public discourse, which is even expressed by representatives of parties in the Greek Parliament, in light of the aforementioned incidents.”

      “Such phenomena normalize, encourage, and ultimately escalate racist reactions, firstly in the media and social media, that sometimes result in attacks on the street, with the clear risk of irreparably disrupting social cohesion,” it said.

      Coordinated by the Greek National Commission for Human Rights and UNHCR in Greece, the network comprises 55 non-governmental organizations and civil society bodies, as well as the Greek Ombudsman and the Migrant Integration Council of the Municipality of Athens as observers.

      https://www.ekathimerini.com/news/1218541/ngo-umbrella-group-condemns-self-proclaimed-militia-groups

      #milice #milices

    • En Grèce, les feux attisent des propos et des actes racistes

      A la frontière gréco-turque, les migrants sont tenus pour responsables des incendies qui brûlent la forêt depuis six jours par des groupes d’habitants, qui s’organisent pour les chasser.

      Avec plus de 73 000 hectares brûlés en six jours, les incendies autour d’#Alexandroupoli, ville frontalière avec la Turquie, dans le nord-est de la Grèce, sont les feux les plus dévastateurs jamais enregistrés dans l’Union européenne. Devant des paysages de désolation, la tristesse laisse place depuis deux jours à la rage, voire à la haine envers des boucs émissaires tout trouvés, des migrants, désignés comme responsables des départs de feux par des groupes d’extrême droite agissant dans la région.

      Mercredi 23 août, 19 personnes (dont deux enfants, selon le médecin légiste), très probablement des migrants, selon les autorités, qui avaient traversé le fleuve Evros séparant la Grèce et la Turquie, ont été retrouvées mortes. Quelques heures après cette annonce, des rumeurs alimentées par des groupuscules d’extrême droite circulaient sur les réseaux sociaux : des migrants auraient été à l’origine des feux, il ne s’agirait pas d’un hasard si les incendies ont lieu sur la route empruntée par les exilés. S’ensuit une vidéo diffusée sur Facebook par un homme qui montre un groupe de migrants enfermés dans la remorque de son véhicule. « J’ai chargé 25 morceaux », dit-il fièrement. « Ils vont nous brûler !(…) Organisez-vous tous pour les ramasser ! » , ajoute-t-il.

      Sous la publication, un internaute commente : « Jette-les dans le feu ! » Les propos, repris par les médias grecs, ont choqué le pays et le ministre de la protection du citoyen, Yannis Oikonomou, a réagi : « La Grèce est un Etat de droit, doté de solides acquis démocratiques et d’une tradition humanitaire. Faire justice par soi-même ne peut être toléré. » Le propriétaire de la voiture et deux de ses complices ont été interpellés et ont été inculpés pour « enlèvement à caractère raciste et mise en danger de la vie d’autrui ». Treize demandeurs d’asile, syriens et pakistanais, sont eux aussi détenus, accusés d’être entrés illégalement sur le territoire grec et d’avoir été non intentionnellement à l’origine de départs de feux. Tous doivent être présentés devant la justice vendredi.

      Depuis mardi, plusieurs groupes d’hommes de la région frontalière de l’Evros, s’organisent pour patrouiller et débusquer ceux qu’ils appellent les « clandestins ». Dans une vidéo, diffusée par le média en ligne The Press Project, un homme en treillis militaire s’adresse à la foule : « Commencez à patrouiller, prenez toutes les informations nécessaires… Mais s’il vous plaît, pas d’armes, pas de couteaux sur vous, vous allez avoir des problèmes ! Les autorités ne nous laissent pas faire, même si nous faisons face à une guerre hybride ! »

      « Le climat est effrayant ! »

      Thanassis Mananas, un journaliste local, le confirme : « Autour d’Alexandroupoli, des patrouilles de civils s’organisent pour attraper des migrants (…).Ils échangent sur des groupes Viber ou WhatsApp et appellent clairement à des actes violents. Plusieurs centaines de personnes se regroupent et le climat est effrayant ! », confie le jeune homme.

      Les appels à la haine sont relayés par des députés d’extrême droite, notamment ceux du petit parti Solution grecque, qui a recueilli 8,8 % dans le nome de l’Evros aux élections législatives, en juin. Paraschou Papadakis, un avocat originaire d’Alexandroupoli et député de ce parti, est bien connu dans la région. « J’ai des informations sérieuses sur des clandestins qui dérangent le travail des pilotes [des Canadair]. Il faut passer à l’action ! (…) Nous avons une guerre, Messieurs ! », écrit-il sur son compte Facebook. Le député s’adresse aux membres de l’Ainisio Delta, l’association des propriétaires de cabanes de la région du delta de l’Evros, qui, fin février-début mars 2020, avaient coopéré avec la police et l’armée pour empêcher le passage de milliers de migrants, incités par le président turc, Recep Tayyip Erdogan, à prendre le chemin de l’Europe.

      En février 2020, dans le village de Poros, le maire, Athanassios Pemoussis, confiait au Monde que « la démonstration de force » des agriculteurs qui avaient quadrillé le fleuve de l’Evros avec des tracteurs avait été efficace. Aujourd’hui, il assure que « les patrouilles n’ont plus lieu, mais que les arrivées de migrants ont repris de plus belle » .

      Lena Karamanidou, une chercheuse spécialisée sur la question migratoire, estime que « les feux ont été instrumentalisés par ces groupes d’extrême droite, mais les phénomènes de violence et de chasse aux migrants ne sont pas nouveaux » . En 2020, « ces hommes ont été valorisés, dépeints par les médias grecs comme des héros qui défendent les frontières de la Grèce et de l’Europe. Les hommes politiques, dont le premier ministre, leur ont rendu visite en les remerciant pour leur action et ils jouissent d’une grande impunité, puisqu’ils côtoient la police et les gardes-frontières quotidiennement ! » , explique-t-elle.

      Plusieurs ONG qui ont déjà dénoncé les refoulements illégaux de migrants à la frontière, accompagnés de vols, de violences et d’humiliations, s’inquiètent du sort des centaines d’exilés qui seraient actuellement bloqués à la frontière avec les feux. Adriana Tidona, chercheuse à Amnesty International, appelle « les autorités grecques à évacuer de toute urgence toutes les personnes bloquées dans la région d’Evros (…) , et à enquêter sur tout acte de violence raciste ou tout discours incitant à de tels comportements, y compris de la part d’hommes politiques ».

      https://www.lemonde.fr/international/article/2023/08/25/en-grece-les-feux-attisent-des-propos-et-des-actes-racistes_6186488_3210.htm

    • Greek wildfires spur anti-migrant sentiment

      As Greece was hit by wave after wave of wildfires this week, asylum-seekers found themselves at the receiving end of several allegations they started fires, leading to an anti-migrant frenzy online.

      At least two news reports implicating migrants were soon denied.

      The verbal assault intensified after a group of 13 Pakistani and Syrian men were accused by locals of being caught red-handed trying to light a fire outside the city of Alexandroupoli, in the Evros region bordering Turkey.

      One of the locals on Tuesday posted a live Facebook video showing the migrants stacked in a trailer, boasting that he had caught them for trying to “burn us.”

      “Don’t show them... burn them,” another user commented on the feed.

      The 45-year-old man was arrested alongside two alleged accomplices, with authorities insisting that “vigilantism” will not be tolerated.

      The three detainees have been charged with inciting racist violence. The migrants were charged by a prosecutor in Alexandroupoli with illegal entry and attempted arson.

      But a government source told Kathimerini daily that the evidence so far suggested migrants could more likely be linked to accidental arson by making campfires, rather than premeditated.

      A picture of the alleged arson device posted on social media showed two car tyres crammed with styrofoam and wood.

      The 45-year-old caught for detaining the migrants — dubbed the “Evros sheriff” by Greek media — was placed under house arrest Friday.

      The man, who lives in the area after emigrating from Albania, claimed that he intervened after seeing the migrants attempting to light the device in bushes near a supermarket.

      Heightened fears in the area have also given rise to media misinformation.

      An Evros news portal on Tuesday said that 20 migrants had been arrested outside Alexandroupoli after exchanging gunfire with police.

      Authorities later denied this.

      Similarly, national TV station Open on Wednesday issued a correction after erroneously reporting that two migrants had been caught lighting a fire in the neighbouring region of Rodopi.

      Northern Greece has been engulfed in a mega fire that originally broke out Saturday and required over 14,000 evacuations, including at a local hospital.

      Lightning sparked the fire, according to Alexandroupoli’s mayor Giannis Zamboukis.

      By Thursday, the various fronts had merged into a line stretching over 15 kilometres (nine miles), burning over 60,000 hectares (148,000 acres) of agricultural land and forest.

      The area is just a few kilometres from the Turkish border. Migrant crossings aided by smugglers occur on a regular basis.

      In 2020, tens of thousands of migrants tried to break through this remote northeastern area, clashing for days with Greek security forces.

      Work on extending a 37.5-kilometre (23-mile) steel barrier to block the path is to be completed by the end of the year.

      After the first fires broke out Saturday near Alexandroupoli, pictures and videos have been posted on social media claiming to show makeshift arson devices created by migrants crossing the border with Turkey.
      ’They want to destroy us’

      Anti-migrant sentiment is strong in Greek border areas, where locals accuse asylum seekers of stealing and say reckless driving by smugglers poses a serious traffic risk.

      “I am absolutely convinced that the fires were caused by migrants,” Evros resident Christos Paschalakis told AFP.

      “They burn us, they steal from us, they kill us in road accidents,” he said.

      “I have no doubt that the forest fire was started by migrants,” said Vangelis Rallis, a 70-year-old retired logger from Dadia, a village near a key national park that also burned last year.

      “They burned it last year, and this year they returned to finish the job. They may have even been paid to do it. They want to destroy us,” he said.

      The issue also sparked political controversy this week after Kyriakos Velopoulos, the leader of nationalist party Greek Solution, joined the attacks on migrants and praised the man arrested for illegally detaining them.

      An MP for Velopoulos, Paris Papadakis, also called on locals to “take measures” as migrants were allegedly “obstructing” fire-fighting plane pilots.

      “We are at war,” Papadakis said in a Facebook post.

      In national elections in June, Velopoulos’ party and two other far-right groups posted their highest ratings in northern Greece.

      In the Evros region, Greek Solution scored nearly nine percent of the vote.
      Wildfire victims

      Of the 20 people killed in this week’s fires, it is believed 19 were migrants.

      One group of 18, including two children, was found Tuesday near a village 38 kilometres (24 miles) from the Turkish border.

      Another migrant was found dead in the area of Lefkimmi near the Turkish border a day earlier.
      Of the 20 people killed in this week’s fires, it is believed 19 were migrants

      The head of Evros’ border guards, Valandis Gialamas, told AFP he expects more bodies of migrants to be found, as crossings from Turkey have increased in recent days.

      Amnesty International on Wednesday called on Greece to “urgently evacuate all those stranded in the Evros region and who are unable to move safely due to fires, and to ensure that refugees and migrants who have entered into Greece irregularly can seek asylum and are not illegally forcibly returned at the border.”

      https://www.france24.com/en/live-news/20230825-greek-wildfires-spur-anti-migrant-sentiment

    • Reçu via la mailing-list Migreurop, de Vicky Skoumbi, 25.08.2023:

      Tandis que les trois auteurs de séquestration de 13 personnes migrantes sont libres de rentrer chez eux assignés à domicile par le procureur et le juge d’instruction, leurs victimes sont toujours en détention et doivent se présenter au juge d’instruction ce lundi
      Bref le signal à la société locale est claire: impunité de chasseurs de tête de migrants et pénalisation des victimes
      En même temps; Le parc National de Dadia, détruit en très grande partie par le feu, ne cesse de révéler de personnes migrantes et réfugiées qui ont trouvé une mort atroce dans leur effort de rester cachées pour éviter un refoulement vers la Turquie. Jusqu’aujourd’hui il y a au moins 20 personnes dont deux enfants qui ont connu ce sort; mais il devrait y avoir plus voire beaucoup plus qui ont été piégés par le feu dans la forêt

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      Charred body found in Dadia forest; number of migrants burned in Evros rises to 20: https://www.keeptalkinggreece.com/2023/08/25/migrants-burned-dadia-evros

      August 25, 2023

      Τhe body of one more person has been found charred in the forest of Dadia in Evros, north-eastern Greece. The fire victim was most possible a migrant, raising the number of migrants who lost their lives in the wildfires to 20.

      The body was found with burn injured in the area of Lefkimmi on late Thursday afternoon, at the point where the destructive and deadly fire in Evros passed through and where another migrant was found charred on on Monday, August 21, 2023.

      On Tuesday, August 22, the bodies of 18 migrants were found charred in the forest of Dadia. Among the dead were also two children.

      Speaking to Reuters news agency, coroner Pavlos Pavlidis said that one group of seven to eight bodies were found huddled together in what appeared to be a final embrace. Others were buried in the wreckage of a shelter destroyed by the flames.

      “They realized, at the last moment, that the end was coming, it was a desperate attempt to protect themselves,” Pavlidis said.

      DNA samples have been taken form the bodies in an effort to identify them and have an answer to relatives who may seek them.

      The fire in Dadia has been raging since beginning of the week.

      Spokesperson of the Fire Service, Giannis Artopoios, said on Friday that two suspects of arson are being sought, while investigation being carried out in depth.

    • “Free without restrictive conditions for the charges of attempted arson & possession of incendiary materials & incendiary device, 4 Pakistani nationals were released.” Racist motivated vigilante accusations against 13 #Evros #migrants are falling apart!

      https://twitter.com/EleniKonstanto/status/1695545622147858504

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      Ελεύθεροι οι 4 Πακιστανοί – Μόνο οι « σερίφηδες » είδαν εμπρηστικό μηχανισμό

      Αρκετές αντιφάσεις ως προς τον χειρισμό της υπόθεσης απ’ τις διωκτικές αρχές εντοπίζει ο έγκριτος νομικός Θανάσης Καμπαγιάννης. O ισχυρισμός περί « αυτοσχέδιου εμπρηστικού μηχανισμού » βασίζεται αποκλειστικά στον λόγο των τριών κατηγορουμένων για αρπαγή.

      Ελεύθεροι χωρίς περιοριστικούς όρους για τις κατηγορίες της απόπειρας εμπρησμού και κατοχής εμπρηστικών υλών και εμπρηστικού μηχανισμού, αφέθηκαν οι τέσσερις υπήκοοι Πακιστάν, έπειτα από πολύωρη διαδικασία, η οποία έλαβε τέλος με τη σύμφωνη γνώμη εισαγγελέα και ανακρίτριας.

      Όσον αφορά τους υπόλοιπους εννέα που βρέθηκαν στο « κλουβί » των αυτόκλητων σερίφηδων της περιοχής θα απολογηθούν τη Δευτέρα (28/08).

      Στο μεταξύ, σύμφωνα με πληροφορίες, η ανακρίτρια διέταξε ιατροδικαστική εξέταση για τους « 13 » καθώς φαίνεται πως έχουν τραύματα που τα προκάλεσε -όπως λένε- ο 45χρονος κατηγορούμενος για διέγερση και διάπραξη εγκλημάτων, βιαιοπραγίες και αρπαγή με ρατσιστικά κίνητρα από κοινού και κατά συναυτουργία, έκθεση σε κίνδυνο και για παράβαση της νομοθεσίας περί προσωπικών δεδομένων.

      Αντιφάσεις

      Για την υπόθεση που έχει ξυπνήσει τα δημοκρατικά αντανακλαστικά αρκετού κόσμου τοποθέτηθηκε ο γνωστός δικηγόρος Θανάσης Καμπαγιάννης, που επισημαίνει αρκετές αντιφάσεις ως προς τον χειρισμό της υπόθεσης απ’ τις διωκτικές αρχές.

      - Ένα απ’ τα σημεία που τονίζει είναι ότι τα θύματα αρπαγής δεν κλήθηκαν να καταθέσουν ως μάρτυρες στο πλαίσιο της προανάκρισης, ενώ δύο φαίνεται να κατέθεσαν στην ανακρίτρια.

      – Η μόνη περίπτωση που μέχρις στιγμής ακούστηκε η φωνή των προσφύγων είναι η έγγραφη δήλωση παράστασης υποστήριξης της κατηγορίας από πλευράς ενός 24χρονου Σύριου πρόσφυγα, με επιμέλεια των εξουσιοδοτημένων δικηγόρων του, Κατερίνας Γεωργιάδου και Γιάννη Πατζανακίδη, που μετέβησαν χτες στο κρατητήριο του Αστυνομικού Τμήματος Φερών και σήμερα στο Δικαστικό Μέγαρο Αλεξανδρούπολης, σημειώνει.

      - Ένα δεύτερο στοιχείο που υπογραμμίζει ο κ. Καμπαγιάννης είναι ότι ενώ ζητήθηκε η κατάσχεση των κινητών τηλεφώνων των τριών κατηγορούμενων δραστών για να διαπιστωθούν οι συνεννοήσεις και οι κινήσεις τους, ακόμα δεν έχει διαταχθεί η κατάσχεση.

      – Το τρίτο στοιχείο που υπογραμμίζει είναι ότι η η δίωξη στους μετανάστες για απόπειρα εμπρησμού βασίζεται αποκλειστικά και μόνο στις καταθέσεις των τριών δραστών της κακουργηματικής αρπαγή, με την επισήμανση ότι στην περίπτωση αυτή οι προανακριτικοί υπάλληλοι αστυνομικοί μερίμνησαν να λάβουν μαρτυρικές καταθέσεις.

      - Το τέταρτο στοιχείο είναι πως ο αστυνομικός που κατέθεσε στην προανάκριση, προσήλθε όταν οι 13 πρόσφυγες ήταν ήδη κλειδωμένοι στο κλουβί, οπότε ο ισχυρισμός περί “αυτοσχέδιου εμπρηστικού μηχανισμού” γύρω από τον οποίο βρέθηκαν οι 13 πρόσφυγες βασίζεται αποκλειστικά στον λόγο των τριών κατηγορουμένων για αρπαγή και σε καμία άλλη κατάθεση, στοιχείο ή έκθεση αυτοψίας.

      Στο σπίτι τους οι « σερίφηδες » κατόπιν διαφωνίας εισαγγελέα και ανακριτή

      Νωρίτερα, χθες, οι τρεις που είχαν συγκροτήσει τάγμα εφόδου σε παράνομο πογκρόμ μίσους και συμμετείχαν στην απαγωγή τουλάχιστον 25 μεταναστών, τους οποίους κλειδαμπάρωσαν σε τρέιλερ φορτηγού, εμφανίστηκαν στο δικαστικό μέγαρο Αλεξανδρούπολης για να απολογηθούν αλλά κατόπιν διαφωνίας μεταξύ εισαγγελέα και ανακριτή για το αν πρέπει να προφυλακιστούν αποφασίστηκε να τεθούν σε κατ’ οίκον περιορισμό.

      Για την τύχη τους θα αποφασίσει τώρα το δικαστικό συμβούλιο.

      Σύμφωνα με τα όσα δήλωσε μετά το πέρας της διαδικασίας ο Βασίλης Δεμίρης, συνήγορος του ιδιοκτήτη του οχήματος που εμφανίζεται σε βίντεο να έλκει το τρέιλερ, « τη διαφωνία αυτή καλείται να λύσει το Συμβούλιο Πλημμελειοδικών εντός πέντε ημερών όπως προβλέπει ο Κώδικας Ποινικής Δικονομίας. Μέχρι τότε έχει επιβληθεί ο όρος του κατ’ οίκον περιορισμού, της απαγόρευσης εξόδου από τη χώρα και της αφαίρεσης διαβατηρίου ».

      Αναφορικά με το επίμαχο βίντεο ο κ. Δεμίρης δήλωσε : « Υπήρχε ένα ατυχές βίντεο για τους χαρακτηρισμούς τους οποίους χρησιμοποίησε (σ.σ. ο εντολέας μου) δηλώνει δια στόματός μου πλήρως μετανοημένος. Όλη του η οργή όμως και η αγανάκτηση έχει εξαντληθεί σ’ αυτό το βίντεο. Δεν άσκησε ποτέ βία, δεν χρησιμοποίησε ποτέ οπλισμό, κάλεσε τις Αρχές ως όφειλε να κάνει και οι Αρχές έφτασαν στο σημείο. Θα αναμείνουμε με αγωνία την απόφασή του Συμβουλίου Πλημμελειοδικών. Εντός τριών ημερών θα πρέπει να γίνει η πρόταση και να εισαχθεί από τον εισαγγελέα πρωτοδικών προς το Συμβούλιο και εντός πέντε ημερών θα πρέπει να υπάρχει και το σχετικό βούλευμα του Συμβουλίου », ανέφερε.

      https://www.efsyn.gr/ellada/dikaiosyni/401935_eleytheroi-oi-4-pakistanoi-mono-oi-serifides-eidan-empristiko-mihanismo

    • Lena K. sur twitter :

      Just finished talking with family back home in #Evros. I’ll write down some of what I’ve heard, at least as an antidote to media coverage focusing on locals blaming border crossers for the fire etc. Note: family & their friends are mostly but not exclusively leftwing.

      They don’t seem to have fallen for the narrative of border crossers being responsible for the fire, & were angry with media & govt not counting them among the dead. Lots of disagreements with locals blaming borders crossers & discounting their deaths.

      The dominant view was that the worst was averted because of local people. Some participated in firefighting, but (especially in relation to the village we come from) what they did before & after the night the village partly burned - such as hosing water around houses to prevent fires restarting & clearing out unburned grass and weeds. There seems to be a belief that failure (mostly by the local authorities) to clear such vegetation (& also e.g. wheat stalks after fire) contributed to the fire spreading more quickly.

      Lots of anger towards the government & local authorities for this - not doing enough for fire prevention. Reports of firefighting equipment breaking down too, a perception of lack of coordination between Greek & EU firefighting forces who came to help.

      Lots of anger towards the government for not showing up when the fires were at their worst, too.
      The contrast with frequent visits by government officials before the fires (for whatever reason, not only the wall) is not unnoticed.

      I’d note on this that there’s a very deep-rooted (and justified) belief in Evros being largely neglected by Athens, the fires seem to reinforce it. Nationalism & anti-migration discourses have been used ’manage’ this (& IMO the far right has been useful) but did not eradicate it.

      https://twitter.com/lk2015r/status/1695780783288615323

    • Locked immigrants in a truck trailer and calls for a pogrom

      Les 13 migrants détenus à Evros ont été libérés et l’accusation d’incendie criminel a été complètement abandonnée.

      Les 9 immigrants, à savoir 8 Syriens et un Pakistanais, accusés de tentative d’incendie criminel à Evros, ont été libérés sans conditions restrictives. Selon dikastiko.gr, la décision a été prise avec l’accord de l’enquêteur et procureur d’Alexandroupolis, qui avaient déjà libéré vendredi 25 août les quatre Pakistanais accusés des mêmes charges. Comme l’a souligné dans son message l’avocat Thanasis Kabayannis, l’accusation de « tentative d’incendie criminel » a été totalement abandonnée. Il est rappelé que des poursuites pénales avaient été engagées contre les 13 migrants pour tentative d’incendie criminel à Alexandroupoli sur la base exclusive des témoignages des trois auteurs présumés de leur enlèvement, à savoir les shérifs « autoproclamés », qui ont « arrêté » et entassé les 13 réfugiés syriens et pakistanais dans une remorque fermée, les ont accusés de tentative d’incendie criminel. Les personnes migrantes ont déclaré qu’elles ont été violemment frappées avec une barre métallique par les chasseurs de tête de migrants.

      https://www.efsyn.gr/ellada/dikaiosyni/402168_eleytheroi-kai-oi-alloi-9-metanastes-ston-ebro-katepese-pliros-i-katigo

      Mais l’ ‘exploit’ des trois chasseurs de tête a fait des émules :

      Nouvel incident avec un shérif autoproclamé à Evros.

      Déchaînement de l’extrême droite à Evros avec des shérifs autoproclamés appelant toujours à des pogroms contre les migrants et mettant en ligne des vidéos fières de " leurs exploits’’. La réaction du représentant du gouvernement est assez molle. Réaction forte de SYRIZA-P.S.

      La nouvelle vidéo publiée sur les réseaux sociaux qui montre ouvertement l’action d’un autre "chasseur de têtes" ne peut susciter que la honte. À Aisimi Evros, le shérif autoproclamé et ses deux assistants auraient immobilisé quatre migrants terrifiés sur un chemin de terre, en rivalisant avec l’homme qui avait capturé 13 immigrés dans une remorque de camion, provoquant l’intervention de la Cour suprême. Dans la vidéo qui circule sur Internet, on entend le « gardien » d’extrême droite de la patrie dire : « Quatre de plus, quatre de plus, des investisseurs... Vous voyez ? A midi, où sont les autorités...où sont les autorités, où sont les autorités...Quatre autres investisseurs, on appelle la police, il n’y a pas de réseau … ». La vidéo a été « sauvée » par d’internautes, l’auteur lui-même parlant de diffamation, il a supprimé les messages de haine qu’il avait publiés. Il n’y a jusqu’à présent aucune réaction de la part de la police ou du parquet d’Evros.

      La réaction du représentant du gouvernement est molle. Lors du briefing habituel, le représentant du gouvernement a été interrogé sur le rôle de l’Etat et sur ce qu’il compte faire. Pavlos Marinakis a répondu simplement en disant : "dans tout acte illégal, comme cela s’est produit dans un cas précédent, il est de la responsabilité des autorités de faire leur travail et cela sera fait". Que disent-ils à SYRIZ-PS ? A Koumoundourou, le siège de Syriza, on se demande "que font les autorités compétentes et la justice face à ces réseaux qui veulent imposer la loi du Far West, qui capturent les gens et incitent à la haine ? Ils appellent les autorités et la justice à « intervenir de manière décisive ».

      Rappel : il y a quelques jours, les trois qui avaient formé une escouade d’assaut dans un pogrom haineux illégal et participé à l’enlèvement d’au moins 25 immigrés (des « morceaux » selon leurs dires), qu’ils ont enfermés dans une remorque de camion, se sont présentés au palais de justice d’Alexandroupoli, mais suite à un différend entre le procureur et le juge d’instruction sur leur éventuelle détention provisoire, il a été décidé de les assigner à résidence. Le conseil judiciaire qui va siéger cette semaine va désormais décider de leur sort.

      https://www.efsyn.gr/ellada/koinonia/402105_ta-kommatia-tora-eginan-ependyte

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      Déclaration des avocats de la défense des 8 réfugiés syriens

      (traduction par Vicky Skoumbi)

      Après une procédure très longue qui s’est terminé tard dans la nuit au palais de justice d’Alexandroupoli, le juge d’instruction et le procureur ont accepté la libération inconditionnelle des 8 réfugiés de nationalité syrienne et de l’un de nationalité pakistanaise, accusés de tentative d’incendie criminel, le seul élément étant le témoignage de l’auteur accusé de leur enlèvement et de leur séquestration dans une caravane le 22 août. Après la libération inconditionnelle des 4 accusés d’origine pakistanaise le vendredi 25 août, et étant donné que les 13 citoyens syriens et pakistanais n’ont pas de résidence connue dans le pays, on peut conclure que l’accusation portée contre eux a été jugée dépourvue de tout fondement. Les auteurs de l’enlèvement sont assignés à résidence, suite au désaccord entre le juge d’instruction et le procureur, et la décision finale sur leur détention provisoire sera prise par le Conseil Juridique.

      L’affaire n’est pas terminée.

      Les 13 réfugiés sont toujours détenus administrativement en raison de leur entrée illégale dans le pays. Étant donné qu’ils sont déjà victimes et témoins essentiels d’actes criminels poursuivis en vertu de l’article 82A du Code pénal pour le délit à caractère raciste, pour lequel une déclaration de soutien à l’accusation a été présentée, l’octroi d’un permis de séjour à tous les 13 pour raisons humanitaires doit être décidé immédiatement

      En plus de nos propres actions, les autorités policières et le Département des Violences Racistes de l’ELAS (police hellénique) doivent assurer leur séjour légal dans le pays.

      Nous tenons à remercier les milliers de citoyens qui ont exprimé leur solidarité avec les victimes et les centaines qui ont aidé à couvrir les frais de leur défense juridique. La possibilité de représenter les migrants signifiait l’exercice pratique de leur droit à la défense et la mise en évidence, de notre part, du caractère raciste organisé des « milices » autoproclamées opérant dans la région d’Evros. De nouvelles séquences vidéo diffusées aujourd’hui montrent que l’incident en question était tout sauf isolé.

      Alexandroupoli, 28/8/2023,

      Aikaterini Georgiadou, Ioannis Patzanakidis,

      avocats de la défense des 8 réfugiés syriens dans l’affaire de l’#enlèvement d’Evros.

      https://www.facebook.com/permalink.php?story_fbid=pfbid02XULbKN47o1nCQEZE3VB8TiqDsJaa8NLwPFXo5jQ2Tk

    • To date, the tragic death toll from the #fires in #Evros #Greece has risen to 20 dead, all refugees. The fire is still burning in the area, for the 10th day, while the overall scale of the destruction is terrifying.

      https://twitter.com/rspaegean/status/1696076952874951005

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      Στους 20 οι νεκροί του Εβρου

      Πρωτοφανές και σε ευρωπαϊκό επίπεδο το μέγεθος της καμένης γης που έχει ήδη ξεπεράσει τα 700.000 στρέμματα.

      Στους 20 νεκρούς ανέρχεται ο τραγικός απολογισμός της φονικής πυρκαγιάς που κατακαίει τον Εβρο για περισσότερο από μία εβδομάδα και παραμένει το ενεργότερο μέτωπο στη χώρα. Είχε προηγηθεί ο εντοπισμός 18 μεταναστών που βρέθηκαν νεκροί κοντά σε παράπηγμα στην περιοχή του Αβαντα, ενώ στις 21 Αυγούστου είχε εντοπιστεί ο πρώτος νεκρός από τη φωτιά που μαίνεται στον Εβρο στην περιοχή της Λευκίμμης.

      Υπενθυμίζεται ότι ολική απανθράκωση είναι η αιτία θανάτου των μεταναστών που βρέθηκαν νεκροί στο δάσος λόγω της πυρκαγιάς, σύμφωνα με τον ιατροδικαστή Αλεξανδρούπολης Παύλο Παυλίδη. Συνεχίζουν να σοκάρουν τα στατιστικά στοιχεία που δείχνουν το μέγεθος της καταστροφής. Σύμφωνα με την ευρωπαϊκή υπηρεσία Copernicus για τις πυρκαγιές στον Εβρο μέχρι την 6η ημέρα από την έναρξή τους, έχει καεί το 17% της συνολικής έκτασης του νομού και το 45% του δασικού συμπλέγματος που εκτείνεται από τον κεντρικό έως τον νότιο Εβρο, στους δήμους Σουφλίου και Αλεξανδρούπολης.

      Η καμένη έκταση υπολογίζεται σε 723.440 στρέμματα και χαρακτηρίζεται « η μεγαλύτερη που έχει καταγραφεί σε ευρωπαϊκό έδαφος εδώ και χρόνια ». Η καταστροφή είναι τεράστια εάν αναλογιστεί κανείς ότι η έκταση του Εβρου είναι 4.242 τετραγωνικά χιλιόμετρα (ή 4.242.000 στρέμματα) και το δασικό σύμπλεγμα των δήμων Σουφλίου και Αλεξανδρούπολης είναι περίπου 1,6 εκατ. στρέμματα. Σε όλα αυτά πρέπει να προστεθεί και το κύριο πλήγμα που δέχτηκε το παραγωγικό μοντέλο της περιοχής με τις τεράστιες υποδομές σε αγροτικό και ζωικό κεφάλαιο.

      https://www.efsyn.gr/ellada/koinonia/401920_stoys-20-oi-nekroi-toy-ebroy

    • « Recherche de coupables », #milices organisées… En Grèce, les incendies réveillent la xénophobie

      Si les feux ravageant le pays depuis des jours sont un révélateur de l’inefficacité de l’Etat, ils exacerbent aussi le racisme qui se propage dans une partie de la société : la vidéo d’un passage un tabac de migrants par des sympathisants d’#extrême_droite fait polémique depuis ce lundi.

      D’un côté, il y a la Grèce qui affronte le « plus grand incendie jamais enregistré dans l’Union européenne », comme l’a déclaré ce mardi 29 août un représentant de la Commission européenne. De l’autre, il y a celle qui recherche des #boucs_émissaires.

      Depuis près de deux semaines, sous une #canicule asséchant encore un peu plus le pays après un des étés les plus chauds de ces dernières décennies, les flammes dévorent le nord du pays. Dans la région d’Alexandroúpoli, à la frontière avec la Turquie, elles ont provoqué l’évacuation de villages, d’une partie de l’hôpital… Elles ont carbonisé la forêt de Dadia, un parc du réseau européen Natura 2000 connu pour abriter de nombreux rapaces et déjà brûlé l’an dernier. A ce jour, plus de 81 000 hectares ont été réduits en cendres, soit une superficie plus grande que la ville de New York, selon l’agence Copernicus.

      Certes, les Vingt-Sept mobilisent actuellement près de la moitié des moyens aériens européens communs pour lutter contre les feux. Mais les onze avions et l’hélicoptère de la flotte européenne, ainsi que les 407 pompiers envoyés pour aider la Grèce, ne suffisent pas à éteindre un brasier qui s’étend sur un front de près de 10 kilomètres. D’après un porte-parole des pompiers, ces flammes sont « toujours hors de contrôle ».

      En parallèle du combat quasi désespéré des soldats du feu, la colère ne cesse de monter chez les Grecs. « Il y avait un manque de préparation des autorités », déplore Antonis Telopoulos, journaliste à Alexandroúpoli pour Efsyn (« le journal des rédacteurs »). Prévention insuffisante, entretien des forêts défaillant, moyens des pompiers manquants… Le constat revient depuis des années. Mais bien que le pays ait retrouvé des marges de manœuvre budgétaires depuis 2018, le gouvernement du Premier ministre, Kyriákos Mitsotákis, de droite conservatrice, n’a ni investi dans du matériel récent ni recruté des pompiers. Selon leurs syndicats, il y aurait au moins 4 000 postes vacants.

      « Un #discours_dominant inattendu et très dangereux de l’extrême droite »

      Il semble que l’incendie ait été déclenché par la foudre. La météo est la première raison invoquée par les autorités. Ce qui ne les empêche pas non plus de se lancer dans « la recherche des coupables », poursuit le journaliste d’Efsyn, ciblant « le récit mis en place par le Premier ministre » Mitsotákis.

      C’est le cas concernant le foyer ravageant la banlieue d’Athènes, notamment la ville d’#Asprópyrgos, où vit une communauté Rom dans un bidonville, stigmatisée par une grande partie de la population. « Ces derniers jours, nous avons été témoins, en Grèce, d’un discours dominant inattendu et très dangereux de l’extrême droite. Les médias, le gouvernement et l’administration locale accusent les migrants d’avoir allumé le feu en Evros et les #Roms d’être les responsables des incendies à Apsrópyrgos », analyse le chercheur Giorgos Katsambekis, sur Twitter (renommé X).

      Cette inquiétude trouve sa source dans de nombreux discours politiques. Le ministre de la Protection civile, Vassilis Kikilias, a visé des « pyromanes de bas étage » à la télévision, sans que personne ne lui demande de preuve de ce qu’il avançait. Puis il a ajouté : « Vous commettez un crime contre le pays, vous ne vous en tirerez pas comme ça, nous vous trouverons et vous devrez rendre des comptes. » Le président du parti d’extrême droite Solution grecque, Kyriákos Velópoulos, accuse les « immigrants illégaux » d’être à l’origine des incendies. La chasse aux coupables est officiellement lancée.

      Elle atteint son point culminant au fleuve Evros. Différents médias tel que Efsyn ou The Press Project ont révélé des vidéos où des habitants de la région s’organisent en milices, comme ils l’avaient déjà fait en mars 2020. Leur objectif ? Chasser les migrants. Paris Papadakis, député du parti d’extrême droite pour la région d’Evros, est allé jusqu’à déclarer « être en guerre ». Il a lui-même participé aux patrouilles, tout en débitant des horreurs : « Les migrants illégaux sont venus ici de manière coordonnée et les migrants illégaux ont spécifiquement mis le feu à plus de dix endroits. »

      18 migrants morts dans les flammes

      Des vidéos font le tour des réseaux sociaux. Elles montrent des migrants à terre, sans doute battus. Le gouvernement est-il, alors, dépassé par la situation ? Il n’a en tout cas pas condamné ces actes racistes et xénophobes pour l’instant. Toutefois, le procureur général de la Cour de cassation et son adjoint ont appelé à conduire une enquête sur ces phénomènes de milices organisées sur les réseaux sociaux et leur composante raciste.

      Plus de 20 personnes sont mortes dans les incendies depuis le début de l’été, dont 18 migrants pris dans les flammes à Evros. Dans la même région, trois migrants ont depuis été arrêtés, ainsi que trois miliciens qui les avaient capturés. Les trois premiers ont été relâchés lundi, sans preuve aucune de leur implication dans l’incendie.

      https://www.liberation.fr/international/europe/recherche-de-coupables-milices-organisees-en-grece-les-incendies-reveille
      #bouc_émissaire #responsabilité

    • Le Premier ministre grec à propos des migrants morts dans l’Evros avec les feux : « ils n’auraient jamais dû se trouver là dans la forêt et le msg du 112 (pour les évacuations) avait été envoyé » …

      https://twitter.com/News247gr/status/1697237541588447435

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      Ο πρωθυπουργός, @PrimeministerGR για τους νεκρούς μετανάστες στη Δαδιά από το βήμα της Βουλής « Δεν έπρεπε ποτέ να βρίσκονται στο δάσος και με το μήνυμα από το 112 που εστάλη και στις δύο γλώσσες ».

      https://twitter.com/MarinaRafen/status/1697246231523905797

    • Grèce : des militants d’extrême droite arrêtent des migrants au nom de la lutte contre l’incendie

      Des hommes apeurés dans une remorque, ou humiliés à terre au pied d’un 4X4 : deux vidéos ont montré depuis le 23 août des arrestations de migrants par des militants d’extrême-droite dans la région grecque de l’Evros, frontalière de la Turquie. Ce genre d’arrestations n’est pas nouveau, mais n’a que rarement été documenté en images. Les agresseurs accusent les migrants d’être responsables de l’immense incendie dans la région, dans un contexte politique anti-migrants disent nos Observateurs.

      "Quatre autres... Vous voyez ? Il est midi et où sont les autorités ? [...] Nous contactons la police, mais il n’y a pas de réponse" s’énerve un homme qui filme cette vidéo publiée le 27 août et tournée dans la région de l’Evros, à une date inconnue. On y voit quatre migrants à terre, au pied d’un véhicule devant lequel se trouvent au moins deux autres hommes debout, manifestement complices de celui qui filme. Ce dernier se montre à la fin de la vidéo, vêtu d’un t-shirt noir et d’un pantalon à motif militaire. L’homme s’appelle Walandi Abrassis sur ses comptes sur les réseaux sociaux où il a directement diffusé sa vidéo.

      https://twitter.com/parameteoros/status/1695824660884070411

      Quelques jours plus tôt, une autre vidéo montrait une scène similaire : un homme filme son 4x4 puis ouvre la porte de la remorque qu’il y avait attachée, dans laquelle on voit au moins quatre hommes apeurés. "J’ai chargé 25 pièces dans la remorque. Organisez-vous, sortons tous et récupérons-les" dit-il, ajoutant : "Toute la montagne est pleine, les gars (…) Ils ont juré de nous brûler (…) Ils vont nous brûler, c’est tout ce que je vous dis", une référence claire à l’incendie, qui ravage le nord-est de la Grèce, considéré comme le plus important jamais enregistré dans l’Union européenne. Selon la presse locale, cette vidéo a été prise à Alexandroúpolis, à quelques kilomètres de la frontière turque, démarquée par le fleuve Evros.

      Les victimes, au total 13 hommes et non 25, ont affirmé au site The Press Project avoir été frappées avec des barres en métal : “Ils ont enlevé tous nos vêtements et nous ont filmés. Nous sommes restés là un long moment, en sueur et incapables de respirer" a déclaré l’un des 13 hommes arrêtés.

      https://twitter.com/EFSYNTAKTON/status/1694020764012359710

      L’auteur de cette deuxième vidéo a été placé en résidence surveillée dans l’attente d’une éventuelle inculpation.

      “Ces miliciens arrêtent des migrants mais comme ils ne peuvent pas les refouler, ils les remettent ensuite aux policiers”

      Panayote Dimitras est le porte-parole de l’Observatoire grec des accords d’Helsinki, une ONG de défense des droits de l’homme qui alerte notamment sur les refoulements de migrants par la Grèce, qu’ils soient fait par la police ou par des civils :

      Ce phénomène existe depuis des années, mais cette fois ils ont vraiment décidé d’eux-mêmes de présenter les vidéos de leurs actions. Cela illustre des choses dont des organisations comme la nôtre parlent de longue date, et cela a incité un procureur adjoint de la Cour suprême à charger un procureur local de s’en saisir. Ceci dit, rien n’a été fait face à tous les cas de refoulements illégaux vers la Turquie orchestrés par la Grèce, bien qu’ils aient été largement documentés, donc on peut douter que qui que ce soit, soit condamné ici. Mais toutes ces données enrichissent les dossiers qu’on peut présenter aux institutions internationales comme la Cour européenne des Droits de l’Homme, pour montrer comment ça se passe pour les migrants dans cette région.

      On sait que ces milices coopèrent avec la police locale. Dans l’Evros, ces miliciens arrêtent des migrants mais comme ils ne peuvent pas les refouler, ils les remettent ensuite aux policiers, qui ne vont pas enregistrer l’incident parce que sinon, la présence de ces hommes est notifiée et ils ont le droit de faire une demande d’asile et ne peuvent plus être refoulés illégalement.

      Les partis d’extrême droite comme Aube dorée ou Solution grecque cherchent à trouver des soutiens dans cette région. Il est clair que ces hommes sont liés à des organisations locales d’extrême droite.

      L’auteur de la vidéo publiée le 27 aout, qui n’a pas été interpellé, a réagi dans une interview dans un journal d’extrême droite ainsi que sur la page Facebook d’un leader local d’extrême droite. Il assure qu’il souhaitait seulement apporter de l’eau et venir en aide aux migrants.

      Les migrants désignés responsables

      Sur les réseaux sociaux grecs, des groupes citoyens s’organisent dans la région avec des appels à chasser les migrants venus de Turquie, comme le montre The Press Project avec une capture d’une conversation sur Viber. Des leaders d’extrême droite ont ouvertement imputé la responsabilité de l’incendie aux migrants qui passent par l’Evros. Le député du parti Solution grecque, ParisPapadakis, originaire d’Alexandroupolis, a notamment écrit sur Facebook : “J’ai des informations sur des clandestins qui dérangent le travail des pilotes [des Canadair]. Il faut passer à l’action ! (…) Nous avons une guerre, messieurs !”.

      Le 30 août, le Premier ministre de droite, Konstantinos Mitsotakis, a laissé entendre que les migrants étaient responsables des feux - ce que rien n’étaye - déclarant : "Il est presque certain que les causes sont d’origine humaine. Il est également presque certain que cet incendie s’est déclaré sur des routes souvent empruntées par des migrants illégaux qui sont entrés dans notre pays", ajoutant cependant que "les actes d’autodéfense et les shérifs autoproclamés ne seront pas tolérés par ce gouvernement”.

      “L’action de ces hommes est adoubée par la police tout simplement parce qu’ils ont la même idéologie que l’État”

      Eva (pseudonyme), une habitante de la région de l’Evros qui suit de près la situation et a requis l’anonymat, ajoute :

      En mars 2020, quand la Turquie avait ouvert sa frontière pour faire pression sur l’Union européenne, la police avait officiellement demandé l’aide des civils, et une association locale de pêcheurs de l’Evros, Aenisio Delta Evros avait été très active pour arrêter des migrants. Officiellement, ce n’est plus le cas, la police ne veut pas donner l’impression qu’elle tolère cela. Mais quand on leur demande s’ils le font encore… ils ne répondent pas à la question, ce qui en dit long.

      L’action de ces hommes est adoubée par la police tout simplement parce qu’ils ont la même idéologie que l’État : protéger les frontières, utiliser la violence pour le faire, pour eux tout ce qu’ils font est dans l’intérêt de l’État grec. Au sein de l’association Aenisio Delta Evros, on trouve d’ailleurs énormément de réservistes de l’armée.

      https://observers.france24.com/fr/europe/20230901-migrants-turquie-grece-extreme-droite-milice-incendie-e

    • « Brûlez-les ! » : les incendies en Grèce attisent la haine contre les migrants
      https://reporterre.net/Brulez-les-les-incendies-en-Grece-attisent-la-haine-contre-les-migrants

      4 septembre 2023 à 09h53 Mis à jour le 5 septembre 2023 à 10h26

      Les incendies qui ravagent toujours le nord-est de la Grèce se conjuguent avec une déferlante de racisme. Sous les encouragements de l’extrême droite, des citoyens capturent des migrants qu’ils tiennent pour responsables des feux.
      Parc de Dadia (Grèce), reportage

      « Vous voyez, là-bas c’est l’incendie de l’an dernier et maintenant ça brûle de l’autre côté. C’est sûr que ce sont eux qui sont revenus pour terminer leur travail. Nous sommes en danger », affirme cette habitante de Dadia, dans le nord-est de la Grèce.

      Sans détenir la moindre preuve, elle est certaine que des demandeurs d’asile ont délibérément provoqué cet incendie historique qui fait rage depuis plus de deux semaines. Certaines autorités penchent toutefois pour un départ de feu d’origine naturelle, causé par la foudre.


      Les exilés utilisaient la forêt pour se cacher de la police. © Romain Chauvet / Reporterre

      Cette forêt protégée de Dadia est située dans la région de l’Evros, près de la frontière avec la Turquie. Une route empruntée par les demandeurs d’asile qui veulent rejoindre l’Europe et qui s’y cachent pour échapper aux autorités. Près d’une vingtaine d’exilés y ont été retrouvés morts, calcinés.


      © Louise Allain / Reporterre

      Mais le Premier ministre grec, Kyriakos Mitsotakis (conservateur), a déclaré au parlement qu’il était « presque certain que ce feu soit d’origine humaine », allumé sur des « itinéraires empruntés par les migrants illégaux ». Des propos qui font écho à ce que l’on entend sur place.

      « Tout ça c’est la faute des réfugiés, ils sont partout dans la forêt et ils mettent le feu, ils veulent nous tuer ! » lance en colère un habitant qui doit évacuer, les flammes se rapprochant dangereusement de son hameau.

      Kidnappings racistes

      Ce méga incendie n’en finit plus de susciter des propos et actes racistes, dans cette région reculée, pauvre et très encline à voter pour l’extrême droite. « Ce sont les Pakistanais, ils nous envahissent, c’est un problème, un immense problème ici », dit cet autre habitant de la région.

      Durant les derniers jours, plusieurs citoyens, encouragés par l’extrême droite, se sont filmés en train d’arrêter des migrants, qu’ils tiennent pour responsables de ce feu. « J’ai chargé 25 morceaux », s’est vanté en vidéo sur les réseaux sociaux un homme après avoir mis une dizaine de demandeurs d’asile dans une remorque.

      « Brûlez-les ! » a répondu une internaute à la vidéo. Ces demandeurs d’asile ont depuis été mis hors de cause et plusieurs auteurs d’arrestations poursuivis par les autorités.


      Alors que le gouvernement est vivement critiqué pour sa gestion des feux, la communication du Premier ministre est loin de décourager l’extrême droite. © Romain Chauvet / Reporterre

      « En temps de crise, il y a toujours une forte tendance à blâmer les autres, ceux qui ne sont pas comme nous. Ça permet aussi d’éviter d’être confronté à des critiques pour une mauvaise gestion », analyse la politologue spécialisée dans les migrations, Eda Gemi.

      Depuis le début de l’été, le gouvernement grec est sous le feu des critiques pour sa gestion des incendies et son manque de préparation. Plusieurs médias locaux ont aussi alimenté ce climat raciste, dans un pays qui se classe dernier de l’Union européenne en matière de liberté de la presse, selon Reporters sans frontières.

      Une chaîne de télévision a par exemple rapporté que deux migrants avaient été surpris en train d’allumer un incendie avant de démentir, alors que sur une autre chaîne de télévision, une présentatrice s’est réjouie en direct qu’il n’y ait pas eu de décès, si ce n’est ces « pauvres migrants ».

      Un mur à la frontière

      « Le soutien aux partis de droite et d’extrême droite semble avoir augmenté depuis 2015, ce qui coïncide avec le pic des arrivées de demandeurs d’asile dans le pays », explique Georgios Samara, professeur en politique publique, qui analyse les mouvements d’extrême droite.

      Plus de 850 000 arrivées de demandeurs d’asile avaient été enregistrées sur le sol grec cette année-là, marquant le début de ce que l’on a appelé en Europe la crise des réfugiés.

      Mais depuis, la situation a considérablement changé, avec un durcissement de la politique migratoire. Un mur de plusieurs kilomètres a été construit à la frontière terrestre avec la Turquie.


      Des personnes ont été arrêtées pour enlèvement, mise en danger d’autrui et incitation à commettre des crimes racistes après s’être filmées en train d’arrêter et d’enfermer des exilés. © Romain Chauvet / Reporterre

      Pendant ce temps, les autorités sont régulièrement accusées de criminaliser l’aide humanitaire et de refouler violemment les migrants, refoulements communément appelés « pushbacks ». La Grèce est donc devenue un point de transit, plutôt qu’une destination finale.

      Ce climat de tension fait suite à la poussée de l’extrême droite en Grèce, près de 15 % aux dernières élections. « Les partis d’extrême droite pourraient être les grands gagnants de cet incendie, dans la mesure où les électeurs pourraient vouloir encore plus de mesures extrêmes (contre les migrants) », s’inquiète Georgios Samara. Depuis le début de l’année, plus de 17 000 arrivées de demandeurs d’asile ont été enregistrées en Grèce.

  • Gorno Project Latest Update (avril 2018)

    #Alexander_Burns, de Alta Zinc, explique qu’ils ont fait de nouvelles études sur des nouveaux dépôts dans la région.

    Il explique qu’ils ont aussi réhabilité de vieilles infrastructures, déjà présentes. Et l’étude de nouvelles infrastructures, dont une voie ferrée pour connecter des lieux qui seront utilisés pour l’activité minière.
    Il explique aussi qu’il n’y a pas de problèmes de permis car ces infrastructures sont mentionnées dans la #licence qu’ils ont obtenu.

    "En attendant de démarrer la production, nous avons créé des emplois locaux ("local jobs") et un « economic boost » pour l’#économie locale. Et établi une très bonne #réputation dans la zone et avec les autorités régionales."

    https://vimeo.com/266830728


    #Altamin #vidéo #Alta_zinc
    #mines #extractivisme #Italie #Alpes #montagne #Gorno #zinc #Altamin #Energia_Minerals #zinc #Gorno_zinc_project
    #Riso-Parina #Riso_Parina #Pian_Bracca #colonna_fontanone

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  • Energia Minerals begins trading as Alta Zinc after rebranding

    #Alexander_Burns, de Alta Zinc interviewé dans l’émission « Corporate News Update » de Stock Tube (probablement décembre 2017)...

    Burn explique le changement de nom de Energia Minerals en « Alta zinc », expliquant que « alta » signifie « haut/altitude » en italien...

    Il explique aussi qu’ils ont dépensé 24 mio (de dollars australiens j’imagine) pour les #forages et les études.

    Les résultats...
    3.3 millions de tonnes de matériel à 6.1% de plomb et zinc (et ce n’est qu’une partie d’un seul dépôt, il y en a beaucoup d’autres, dit Burn, qui s’appuie sur les connaissances déjà existantes sur ces mines). Mais ils espèrent, grâce à de nouveaux forages, arriver au double de ce résultat.

    Et Burn est tout content du fait qu’il y a déjà plein de documentation et que l’infrastructure historique est encore là et exploitable... et qu’ils ont les permis... et qu’en plus le matériel est « clean », qu’il a très peu d’impuretés...

    Intention : commencer la production en 2021.

    Et il explique qu’ils sont en train de chercher d’autres opportunités ailleurs en Europe...

    https://vimeo.com/245864443

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    Energia Minerals begins trading as Alta Zinc after rebranding (05 Dec 2017)

    #Alta_Zinc_Limited (#ASX:AZI) managing director Alexander Burns speaks to Proactive following the miner’s name change from Energia Minerals (ASX:EMX).

    Burns says they’ve spent around $24mln in the last three years on drilling and studies at their flagship #Gorno_Zinc_Project in northern Italy.

    ’’We will be going back to drill the extensions of the current resource in the new year using the existing underground access and our existing contractors’’.

    https://www.proactiveinvestors.com.au/companies/news/308476/energia-minerals-begins-trading-as-alta-zinc-after-rebranding

    #vidéo #Alta_zinc
    #mines #extractivisme #Italie #Alpes #montagne #Gorno #zinc #Altamin #Energia_Minerals #zinc #Gorno_zinc_project

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  • Oltre il Colle, stop all’estrazione di zinco dalle miniere: “Lavorazione a #Zorzone non era prevista”

    Il sindaco Astori: «Vogliamo analizzare con calma e ponderazione pro e contro di questa variante». Venerdì nuovo consiglio straordinario, dove ci saranno anche i vertici della società #Energia_Minerals

    Un “no” per certi versi inatteso, che potrebbe mettere in discussione un progetto che da circa 10 anni la società italo-australiana Energia Minerals porta avanti nelle miniere di #Oltre_il_Colle, chiuse dal 1982.

    Il Comune guidato dal sindaco #Giuseppe_Astori ha infatti rimbalzato la richiesta di rinnovo della concessione mineraria finalizzata all’estrazione della #blenda, materia prima dalla quale, una volta lavorata, si ottiene lo zinco: troppo breve il tempo a disposizione per poter valutare l’ampia documentazione composta da migliaia di pagine arrivata in municipio a inizio dicembre, con l’inevitabile risultato di inviare parere negativo al Ministero della Transizione ecologica.

    Per gli studi, i sondaggi, le prove in loco, la riattivazione del sito minerario Energia Minerals ha già investito oltre 16 milioni di euro per un progetto che complessivamente prevede stanziamenti per 350 milioni e la creazione di 250 posti di lavoro.

    Progetto che, però, ha avuto una variazione rispetto a quanto preventivato anni fa: le 7 milioni di tonnellate che la società pensa di poter estrarre nel giro di 10 anni originariamente avrebbero dovuto essere lavorate nell’ex laveria di Riso di Gorno, mentre nei documenti arrivati in Comune si parla dei capannoni dell’ex Serbaplast di Zorzone di Oltre il Colle.

    Una modifica che ha fatto scattare il campanello d’allarme all’interno della giunta del sindaco Astori, che prima di dare il proprio benestare avrebbe voluto valutare con maggiore attenzione tutti gli aspetti di tale scelta, in ottica ambientale e di salute in primis.

    Ma lo stop al progetto ha suscitato reazioni immediate anche nei vicini di casa di Oneta.

    A sollevare la questione, in particolare, è stato Alex Airoldi, capogruppo di minoranza di Impegno Popolare per l’Italia, che in una nota ha espresso tutta la propria perplessità: “Il diniego parte dal fatto che prima la lavorazione che vedeva invece la disponibilità del comune di Oltre il Colle, sarebbe dovuta avvenire alla ex laveria di Riso, mentre invece oggi la società chiede che la stessa avvenga a Zorzone per risparmi di tempo ed economici – sottolinea – Andava bene estrarre se la lavorazione fosse avvenuta fuori dai propri confini comunali? Premettendo che la società avrebbe messo tutto in sicurezza e limitato ogni rumore della lavorazione, che benefici avrebbero avuto i residenti di Gorno ed Oneta, comuni cioè a ridosso della lavorazione? Riconoscendo certamente l’autonomia territoriale di ogni realtà, credo e ritengo che però, a fronte di scelte che intaccano ed interessano più paesi limitrofi, si dovrebbe avviare un tavolo comune di riflessione, ragionare certamente su ogni aspetto, ma cercare di coinvolgere tutti gli attori in carica. È doveroso capire meglio cosa possa comportare la lavorazione, cosa che mi sarei aspettato avvenisse anche se fosse rimasta la scelta di Riso, ma in un momento storico come il nostro, rifiutare 250 nuovi posti di lavoro non può essere scelta presa con facilità. È opportuno che vengano chiariti vantaggi e svantaggi del progetto, ma chiedo che per trasparenza e dialogo Oltre il Colle avvii un tavolo di confronto coi Comuni vicini Gorno ed Oneta, auspicando inoltre che in caso di autorizzazione, anche le altre realtà possano averne vantaggi economici e lavorativi”.

    Il tema è caldissimo e la partita non è di certo finita: su richiesta anche della minoranza venerdì 11 febbraio alle 20 è stato convocato a Oltre il Colle un altro consiglio comunale straordinario che avrà come ordine del giorno “Espressione parere in merito al rinnovo della concessione mineraria denominata ‘Monica’ richiesto da Energia Minerals Italia Srl”, i cui vertici saranno presenti alla seduta.

    “Faremo il punto della situazione, per evidenziare pro e contro dell’iniziativa legata a quella che a tutti gli effetti è una variante – spiega con precisione il sindaco Astori – Non siamo mai entrati nel merito del ‘miniera sì’ o ‘miniera no’, anche perchè quella è una questione antecedente il nostro arrivo. Qui si tratta di voler analizzare le cose con calma e ponderazione: poi chi di dovere darà le risposte che attendiamo. Niente vieta che, al termine delle necessarie verifiche, si possa anche arrivare a dare l’ok per la lavorazione a Zorzone, dove chiede la società. Il confronto coi Comuni vicini? Lo abbiamo avuto con Gorno, l’unico altro interessato dal progetto che, a quanto ci risulta, viaggerà tutto in sotterranea (dal sito di estrazione e lavorazione fino, appunto, a Gorno tramite dei tunnel ndr)”.

    https://www.bergamonews.it/2022/02/08/oltre-il-colle-stop-allestrazione-di-zinco-dalle-miniere-lavorazione-a-zorzone-non-era-prevista/493033

    #extractivisme #Italie #mines #zinc #Alpes #montagnes #Sphalérite #Serbaplast #Oneta #Alex_Airoldi #résistance #Gorno #Monica

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  • Le gaz est aussi nocif pour le climat que le charbon | Mediapart
    https://www.mediapart.fr/journal/ecologie/030823/le-gaz-est-aussi-nocif-pour-le-climat-que-le-charbon?userid=c44c87af-effa-

    CLIMAT

    Le gaz est aussi nocif pour le climat que le charbon
    Alors que l’Europe et les majors pétrolières se ruent vers le gaz, une nouvelle étude scientifique montre que ce combustible fossile est tout aussi néfaste que le charbon. Ces résultats ébranlent l’idée vantée par les industriels que le gaz serait une énergie de transition vers un avenir vert.

    Mickaël Correia

    3 août 2023 à 09h22


    Alors que le monde brûle sous nos yeux et enregistre des températures record, nous serions en train d’effectuer un pas dans la mauvaise direction pour atteindre la transition écologique. Telle est l’amère sensation qui ressort à la lecture d’une vaste étude scientifique, publiée le 17 juillet dans Environmental Research Letters.

    Le gaz #fossile, lorsqu’il est brûlé pour générer de l’électricité, émet deux fois moins de CO2 que le charbon. Ce qui fait que le gaz est depuis longtemps considéré comme une alternative plus propre que la houille. Au point qu’il est vanté par les industriels comme pouvant servir d’énergie de transition vers un futur éolien et solaire, notamment dans les pays du Sud encore très dépendants du charbon.

    Mais l’étude, menée par des scientifiques de la Nasa et des universités Harvard et Duke, démontre qu’à cause des fuites de méthane durant sa production et son transport, le gaz serait en réalité tout autant climaticide que le charbon.

    Principal constituant du gaz fossile, le méthane est un gaz à effet de serre 84 fois plus puissant que le CO2 sur une période de vingt ans, et est responsable de près d’un quart du dérèglement climatique. « Nous estimons qu’un taux de fuite de 0,2 % est suffisant pour que le gaz ait des impacts climatiques plus importants que le charbon », écrivent les chercheurs et chercheuses.

    Cette marge est très mince lorsque l’on sait, comme le souligne l’étude, que « les bassins de production de gaz aux États-Unis révèlent des taux de fuite allant de 0,65 % à 66,2 % » et que « des taux de fuite similaires ont été détectés dans le monde entier ».

    Ces travaux viennent renforcer un corpus de recherches (ici ou là par exemple) qui battent en brèche l’idée selon laquelle le gaz serait moins émetteur de gaz à effet de serre que le charbon ou le pétrole, et permettrait de ralentir le réchauffement en attendant le déploiement généralisé des énergies renouvelables.

    Spécialiste mondialement reconnu de l’impact du gaz sur le climat, Robert Howarth, chercheur à l’université Cornell aux États-Unis, va jusqu’à estimer que le gaz naturel liquéfié (GNL, du gaz passé à l’état liquide afin de le rendre transportable par navire) « possède une empreinte carbone supérieure d’au moins 20 % à celle du charbon ».

    Ruée climaticide vers le gaz
    Cette nouvelle étude met en relief la manière dont les géants énergétiques empruntent une voie à contre-sens de l’urgence climatique. Les majors sont en effet en train de réorienter leurs capitaux vers le gaz afin de compenser la diminution de la production de pétrole. « Pour répondre à la croissance de la demande mondiale en énergie, tout en contribuant à contenir le réchauffement climatique, notre compagnie a fait du gaz naturel, la moins émettrice des énergies fossiles, un pilier de sa stratégie », clame par exemple la multinationale française TotalEnergies.

    Le groupe a pour objectif d’augmenter sa production de gaz d’un tiers d’ici à 2030, grâce à des mégaprojets au Mozambique, aux États-Unis, en Angola ou en Papouasie-Nouvelle-Guinée. L’an dernier, TotalEnergies a signé avec la firme QatarEnergy un accord pour ériger au Qatar le plus grand projet de GNL au monde. Et la multinationale prospecte activement pour exploiter du gaz offshore en Afrique du Sud.

    Idem pour le pétrolier anglo-néerlandais Shell devenu le champion mondial du GNL. La firme a conclu en juin 2022 un partenariat avec le gouvernement tanzanien pour la construction d’un terminal de production et d’exportation de GNL d’une valeur de 30 milliards de dollars. « Utilisé tant par les particuliers que les entreprises, le gaz naturel peut parfaitement s’associer aux sources d’énergie renouvelable, comme l’éolien et le solaire, pour produire notre électricité », assure la compagnie.

    L’Europe s’est aussi enferrée dans le gaz fossile, notamment depuis le début de la guerre en Ukraine. Après avoir labellisé le gaz comme « énergie verte » en 2022, l’Union européenne, alors qu’elle s’est engagée à réduire sa consommation de gaz de 30 % d’ici à 2030 pour limiter le dérèglement climatique, projette la construction de vingt-six terminaux d’importation de GNL pour pallier la fin des achats de gaz russe.

    Par ailleurs, le Réseau européen des gestionnaires de réseau de transport de gaz (Entsog) vient de publier son plan décennal de développement du réseau gazier pour le Vieux Continent. Il prévoit, pour un investissement total de 30 milliards d’euros, 143 nouveaux projets d’infrastructures gazières destinées au transport ou à l’importation.

    L’industrie gazière européenne redouble ses efforts en faveur du gaz fossile, destructeur du climat.

    Dominic Eagleton, chargé de campagne pour l’ONG Global Witness
    Ces ambitions gazières vont tellement à l’encontre de la crise climatique que le régulateur européen de l’énergie a jugé le 14 juillet dernier que ces industriels devaient revoir leur copie, soulignant que le réseau gazier en Europe est déjà suffisamment développé.

    « L’industrie gazière européenne redouble ses efforts en faveur du gaz fossile, destructeur du climat, a réagi le 17 juillet Dominic Eagleton, chargé de campagne pour l’ONG Global Witness. Ces projets auraient pour effet d’aggraver les événements climatiques extrêmes. Nous avons besoin d’une élimination progressive et urgente du #gaz_fossile, ainsi que d’une électricité et d’un chauffage propres et abordables pour tous. »

    Ce lundi 31 juillet, alors que ce mois s’annonce comme le plus chaud jamais mesuré sur Terre, le premier ministre britannique, Rishi Sunak, a annoncé l’attribution de « centaines » de nouvelles licences gazières et pétrolières en mer du Nord.

    Son ministre de l’énergie, Andrew Bowie, a déclaré sans ambages viser « l’exploitation maximale » des réserves britanniques de gaz. Une volonté délibérée, et à rebours des #alertes #scientifiques, de jeter de l’huile sur le feu climatique.

  • DDR-Bauten am Alexanderplatz : Warum testeten NVA-Soldaten die Statik des Pressecafés ? Karla Dahms war dabei
    https://www.berliner-zeitung.de/mensch-metropole/ddr-bauten-am-alexanderplatz-karla-dahms-warum-testeten-nva-soldate

    On discute beaucoup la place des femmes en RDA. Voici un témoignage qui peut intéresser les architectes et ingénieurs d’aujourd’hui.

    1.8.2023 von Maritta Adam-Tkalec - Als Karla Dahms, 79, in der Zeitung las, dass in das Pressecafé am Alexanderplatz mit einem neuen Betreiber wieder Leben einziehen soll, erinnerte sie sich an die Probleme, die die ersten Nutzer nach 1974 mit der kühnen, weit auskragenden Stahlkonstruktion hatten. Sie fand, der neue Mieter, der Berliner Gastronom Alexander Freund, sollte davon erfahren. Karla Dahms ist Diplom-Bauingenieurin und arbeitete zu den Zeiten, als all die neuen, modernen Bauten rund um den #Alexanderplatz entstanden, als Statikerin im Ingenieurhochbaukombinat Berlin (IHB).

    Der Betrieb saß in dem Gebäude in der #Karl-Liebknecht-Straße, vor dem der vier Meter hohe Bauarbeiter steht, 1968 von Gerhard Thieme in Bronze gegossen, und kraftvoll, bodenständig und visionär in die lichte Zukunft schaut. Viele nennen ihn „Goldfinger“, weil der Zeigefinger der linken Hand von vielen Berührungen blank ist. Karla Dahms nennt ihn „Prämienhalter“. Das wird zu erklären sein. Als Statiker hat sie zum Beispiel Teile des Hauses der Statistik berechnet, und bekam für die Arbeit die Medaille „Erbauer des Stadtzentrums“. Was sie über das Pressecafé berichtet, hat mit Schwingungen zu tun.

    Frau Dahms, was war damals mit dem Pressecafé los?

    Die Stahlkonstruktion mit der Auskragung wurde für geplante Lastenannahmen berechnet. Wenn diese nicht überschritten werden, ist die Konstruktion sehr sicher. Wenn also die Leute artig auf ihren Stühlen sitzen, gibt es kein Problem. Aber kurz nach der Eröffnung 1974 gab es Tanzveranstaltungen. Der Betreiber fand: Musik und Tanz müssen sein. Diese kleine Konzeptänderung hatte zur Folge, dass der Kaffee der Gäste, die im auskragenden Bereich saßen, überschwappte und in den Untertassen schwamm. Gäste und Personal haben das beobachtet. Was war die Ursache der Schwingungen?

    Und was passierte dann?

    Im Pressecafé wurden Belastungsproben durchgeführt. Erst suchte man Freiwillige aus unserem Betrieb, dem IHB, die als Testtänzer agieren sollten. Dann hat man zusätzlich Soldaten der Nationalen Volksarmee herbeigeholt, um verschiedene Tänze aufzuführen – alle möglichen Varianten, wie zum Beispiel Polka, bei der man stampfen musste, und auch Polonaisen. Bewegungen mit unterschiedlichen Tempos und Rhythmen. Da war die Bude voll mit mehreren Dutzend Uniformierten. Mehrere Varianten der Bestuhlung und der Tanzflächenlage wurden ausprobiert. Die erzeugten Schwingungen wurden gemessen. Unsere Abteilung war nicht zuständig, wir haben uns das aber aus Interesse angeschaut – und uns nebenbei über die NVA-Soldaten im Paartanz amüsiert. Eigentlich war das Pressecafé nicht als Tanzlokal geplant, weder hinsichtlich der Grundfläche noch der Statik.

    Wurde daraufhin am Bau etwas verändert?

    Es gab Überlegungen, den auskragenden Teil abzustützen. Doch das setzte sich nicht durch – der freie Durchgang unter dem „schwebenden Gebäudeteil“ sollte bleiben. Das Nein wurde städtebaulich-ästhetisch begründet. Und auch sonst ist an der Konstruktion nichts geändert worden.

    Was dann?

    Das Veranstaltungskonzept: Musik und Tanz durften nur noch im hinteren, nicht auskragenden Teil des Bereiches stattfinden. Die Kapelle bekam einen dementsprechenden Platz. Auch Disco war möglich, aber eben nur im genannten Bereich. Wildes Toben war auszuschließen. Diese Veränderungen wurden realisiert. Herr Freund will ja oben, im ehemaligen Pressecafé, viele Steakesser an langen Tischen platzieren und auch Musik im Restaurant haben. Deshalb empfehle ich, sich die Statik und die Nutzungspläne der Architekten anzusehen, sonst schwappt der Kaffee wieder über den Tassenrand.

    Gab es an anderen Gebäuden ähnliche Probleme?

    Einmal rutschte eine an der Außenfassade des Centrum-Warenhauses, heute Galeria Kaufhof, gegenüber vom Hotel, vorhandene Außentreppe ab. Man dachte offenbar zuerst, da sei Sabotage im Spiel gewesen. Das musste also untersucht werden. Die Abteilung Statik, in der ich arbeitete, musste den Nachweis führen. Das Ergebnis: In einem U-Bahn-Tunnel unter der Treppe hatte es gebrannt, die stählernen Stützpfeiler hatten sich verformt, die Tragfähigkeit des Untergrundes war nicht mehr gegeben. Diesen Zusammenhang hatte man zunächst nicht erkannt. Wir kamen zudem zu dem Ergebnis, dass es keine Fehler in der Statik gab und keine Gefahr für das Gebäude bestand.

    Waren Sie als Bauingenieurin in den 1960er- und 1970er-Jahren eine Seltenheit?

    In meiner Abteilung waren wir von neun Mitarbeitern drei Frauen – solche wie ich. Wir waren präsent, aber es war schon noch eine Männerwelt.

    Erzählen Sie mal …

    Also, nehmen wir zum Beispiel die Prämien. Wir haben ja alle nicht so viel verdient, zum Beispiel netto 620 Mark der Deutschen Notenbank (MDN). Daher waren Prämien wichtig. Jeder kannte die Gehaltshöhe aller anderen. Auch die Prämienvergabe lief öffentlich ab, da handelte es sich manchmal um fünf DDR-Mark mehr oder weniger für den oder die. Es ging ja auch um die Anerkennung der eigenen Leistung. Prämien gab es zum Beispiel zum Frauentag am 8. März, zum Tag des Bauarbeiters am 22. Juni und zum Republikgeburtstag am 7. Oktober und schließlich die Jahresendprämie. Ich wollte NIE anlässlich des Frauentages prämiert werden – ich wollte mich an den männlichen Kollegen messen, meiner Qualifikationsstufe entsprechend. Ich bin schließlich Ingenieur! Aus meiner Sicht war Gleichberechtigung gegeben – ich hatte keine Probleme mit der Anerkennung. Auch drei Kinder waren unproblematisch, man nahm Rücksicht aufeinander. Unser Chef war kirchlich orientiert, deshalb sind wir am 1. Mai nicht zur Demonstration gegangen, sondern haben Brigadeausflüge gemacht, zum Beispiel in den Spreewald.

    Sie nennen den Bauarbeiter, die Skulptur des proletarischen Helden, „Prämienhalter“. Warum?

    Vor allem war dieser Bauarbeiter wie ein Vertreter der Beschäftigten des IHB, quasi wie ein Maskottchen. In dem neuen Gebäude an der Karl-Liebknecht-Straße, gleich neben dem Pressehaus, hatten alle Betriebsteile unseres Hochbaukombinats ihren Sitz gefunden. Für den Spitznamen „Prämienhalter“ war die ausgestreckte, obere Hand ideenstiftend: Er hielt die Hand hin für die über unser Gehalt hinausgehende Prämie, die da kommen sollte – also das, was wir wollten.

    Wie sind Sie Bauingenieur geworden?

    Das hat mit dem Mauerbau zu tun. Ich hatte im Sommer 1961 die 11. Klasse im Schiller-Gymnasium in Berlin-Charlottenburg in einer sogenannten Ost-Klasse absolviert. Wir freuten uns auf die 12. Klasse, beginnend im September. Dann kam der 13. August, und nach den Ferien konnte ich meine Schule nicht mehr erreichen, denn ich wohnte ja in Karlshorst, also in Ost-Berlin. Das Abitur konnte ich erst mal vergessen, denn im Osten nahm man mich mit meiner West-Schullaufbahn in keiner Oberschule auf. Eigentlich wollte ich Lehrerin oder Rechtsanwältin werden. Meine Mutter ging mit mir zur Berufsberatung. Da saßen viele Vertreter von Betrieben, die ihre Lehrlingszahl erhöht hatten, um Jugendlichen wie mir Lehrberufe zu ermöglichen. Mir wurden zum Beispiel Berufe wie Bonbonkocher angeboten, solche in der Metallverarbeitung und Gastronomie. Das kam für mich nicht infrage. Schließlich tauchte das Angebot Hochbauzeichner auf. Weil ich zusagte, kam ich zum Bauwesen.

    Also eine Berufsausbildung …

    Ja, von 1964 bis 1967, und nach Lehrabschluss ging es an die Fachschule in Cottbus. Da wurde ich nach drei Jahren Direktstudium Hochbauingenieur im IHB: Ingenieur für Statik, und das ist mir gut bekommen. Als ich schon Mutter von drei Kindern war, kam dann 1971 bis 1973 die Chance, im Fernstudium den Hochschulabschluss zu machen und 1975 meine Diplomarbeit zu schreiben.

    Wie haben Sie denn das geschafft?

    Jeden Donnerstag bis Sonnabend waren die Seminare in #Cottbus. Also fuhr ich zum Studium und zurück, und mein Mann hat sich rundum um die Kinder gekümmert. Wenn ich am Sonnabend am späten Nachmittag nach Hause kam, war der Tisch gedeckt. Er hatte mit den Kindern gebacken. Das war schön und gab Kraft. Als dann mein Mann ein Fernstudium in Weimar absolvierte, habe ich mich eben um die Kinder gekümmert.

    Wie haben Sie die deutsche Vereinigung erlebt?

    1977 war ich als wissenschaftlicher Mitarbeiter an die Bauakademie gewechselt. Sie wurde 1990 evaluiert und aufgelöst. Ich habe mich 1993 schließlich mit einem Ingenieurbüro selbstständig gemacht – ein Planungsbüro für Bauwerkserhaltung. Große, renommierte Firmen, die Plattenbauten instand setzen wollen, brauchten mein Wissen. Ich habe viele Vorträge auf Informationsveranstaltungen gehalten, mein Bekanntheitsgrad stieg. Es gab viel zu tun – so habe ich die Instandsetzung von Hochhäusern von der Planung bis zur Ausführung geleitet, zum Beispiel in Rostock-Lütten Klein und Rostock-Evershagen. Skelettbauten, mit und ohne Stelzen. Komplizierte Sachen. Ein Höhepunkt: Ich war Gutachterin für das Museumsprojekt „phæno“ der berühmten Architektin Zaha Hadid in Wolfsburg.

    #DDR #Berlin #Allemagne #femmes #architecture #histoire

  • Alexandre Berkman
    https://www.partage-noir.fr/alexandre-berkman

    Compagnon et ami fidèle d’Emma, cet intellectuel passionné paiera de quatorze ans de prison l’attentat raté contre un « vautour » de l’industrie américaine. Témoin du début d’une tyrannie nouvelle, le continuel expulsé s’éteindra quelques jours avant la Révolution espagnole. #Itinéraire_-_Une_vie,_une_pensée n°8 : « #Emma_Goldman »

    / Emma Goldman, #Alexander_Berkman, Itinéraire - Une vie, une pensée

    #Itinéraire_-_Une_vie,une_pensée_n°8:«_Emma_Goldman»
    https://www.partage-noir.fr/IMG/pdf/itineraire_goldman2.pdf

  • Das ehemalige Pressecafé am Alexanderplatz öffnet wieder
    https://www.berliner-zeitung.de/news/das-ehemalige-pressecafe-am-alexanderplatz-oeffnet-2024-wieder-li.3

    Das Pressecafe am Alexanderplatz war in Ostberlin bekannt als Treffpunkt von afrikanischen Studenten und Diplomaten. Es wurden Geschäfte im kleinen Ost-West-Handel gemacht. Dank Reisefreiheit für Ausländer und unkontrollierten Diplomatenkoffern war vieles möglich. Die Kollegen vom VEB Horch und Guck immer mit dabei. Auch die Damen der Hauptstadt mit Hang zu exotischen Bekanntschaften zog es ins Pressecafe. Es war ein Ort der öffentlichen Privatsphäre.

    10.7.2023 von Xenia Balzereit - Das Pressecafé im Haus des Berliner Verlags öffnet im Frühjahr 2024 wieder. Der Berliner Gastronom Alexander Freund will den Pavillon mit zwei gastronomischen Angeboten betreiben. In die untere Etage soll den Plänen zufolge wieder ein Pressecafé einziehen – eines, das sich in seiner Ästhetik an das alte DDR-Pressecafé und das inzwischen wieder freigelegte Fries von Willi Neubert anlehnt. In der oberen Etage greift künftig der BEAST Berlin Steakclub die Steakhaus-Vergangenheit des Gebäudes auf.

    Im Steakclub bietet Freund dann klassische Gerichte der US-Steakhouse-Kultur: Steak Cuts, Spare Ribs und Burger. Es soll aber auch vegane Gerichte und viel Obst und Gemüse geben. Für das Café im Erdgeschoss plant Alexander Freund eine Lunch- und Frühstückskarte sowie Snacks zum Mitnehmen. Im Café sollen drinnen 100 und draußen 200 Menschen Platz finden. Im Steakclub essen die Gäste an langen Tafeln, dort soll es etwa 310 Sitzplätze geben.

    Das Pressecafé als Tor zur Welt

    Alexander Freund betreibt bereits eine Reihe von Restaurants in Berlin, etwa das Fischer & Lustig im Nikolaiviertel oder das Jäger & Lustig an der Grünberger Straße in Friedrichshain. Dort traf sich gerne die DDR-Politprominenz, um Wild zu essen.

    Mit dem Pressecafé hat Freund wieder einen geschichtsträchtigen Ort zu seinem Projekt gemacht. Der Pavillon, der mit seiner Stahlkonstruktion auf den Gehweg ragt, war zu DDR-Zeiten für Journalisten ein mondäner Treffpunkt, ein Tor zur Welt, ein ästhetisch ansprechendes Forum. Dort lagen Zeitungen aus diversen Ländern aus, die in der DDR sonst kaum zu haben waren. Beim Lesen saß man auf Stühlen, die denen des westlichen Designers Ernst Moeckl nachempfunden waren und bei den Konferenzen in der oberen Etage blickte man auf den Alexanderplatz, das Zentrum Ost-Berlins.

    Das Steakhouse Escados zog nach der Wende in das Gebäude ein. Dessen Schriftzug überdeckte jahrzehntelang das Neubert-Fries. Seit 2021 ist das Kunstwerk wieder sichtbar.

    #Berlin #Mitte #Alexanderplatz #Karl-Liebknecht-Straße #Memhardstraße #DDR #Geschichte #Gastronomie #Architektur #Kunst

  • Quand les #tomates rencontrent #Wagner

    Elias, petit village d’agriculteurs dans le centre de la Grèce, se meurt. Face à cette situation, deux cousins font équipe avec les grand-mères du village pour planter les graines de tomates qu’elles perpétuent depuis des siècles. Aidés par la musique de Wagner, censée encourager les tomates à pousser, ils parviennent à exporter aux quatre coins du monde des petits pots contenant des recettes à base de ces tomates biologiques. Le film suit les protagonistes de cette quête improbable, dans leurs efforts pour survivre et réaliser leurs rêves. Cette chronique nous rappelle l’importance de se réinventer en temps de crise et le pouvoir des relations humaines.

    https://www.film-documentaire.fr/4DACTION/w_fiche_film/32381_0
    #film #documentaire #film_documentaire

    #agriculture #musique #Grèce #rural #campagne #monde_rural #conserves #néo-ruraux #musique_traditionnelle #musique_classique #exode_rural #dépeuplement #Alexandros_Gousiaris

    • Our family’s activity in the area of beekeeping began in 1890 with beehives kept in our garden by my Great-great grandmother Evangelia Barbarousi for the family’s honey needs.

      In 1989, our activities were semi-professional, and in 1996 our Company was founded, after which our aims were clearly professional, regarding the number of hives as and their transfer within Greece (from Kalamata to Thassos), as well as the establishment of our storage and packaging facilities.

      In 1997 we began exporting our products, with the help of the “Odysea Ltd”, Company, with whom we continue to collaborate today.

      In 1998 our first investment plan was realized, with a program sponsored by the Greek Ministry of Agriculture for Countryside Restructuring. The plan was completed in 2000.

      ΤIn the same year, and together with the Taka family, we slowly began cultivating tomatoes on a large scale in the village of Fyllo, outside Kardista. The seed we use, then and still today, has been cultivated since 1900 by our extended family, and the pasteurization method is the same as that first implemented in the period between the two World Wars.

      In 2001 we exported the first tomato products, and in 2004 we began the certification process for the production of organic products on our estate in accordance with the DIO Certification Organization . In 2005 we began furnishing high-end hotels with our honey, offered both at breakfast and used in their kitchens.

      In 2007 we began our second investment plan with joint funding for Agricultural Development from the Greek Ministry of Agriculture and the European Union, and our packing and processing procedures were certified by the ISO Food Safety Management System (ISO 22000:2005).

      In 2008 we produced our first completely organic tomato products ("Tomata Stragisti" and tomato sauces), which were introduced onto the Greek market by the “Biotos”.

      We have inherited the knowledge of “how not to be afraid of bees” and we have developed a positive cooperation with them so as to produce an exceptional product with guaranteed safety to the consumer.

      We inherited a sack of seeds and we came to love the earth in which they grow, we respected the cultivating and production methods implemented before industrialized farming came into practice, and with great effort, know-how and experimentation we are able to offer products which bring back the flavours of yesterday.

      We will continue our efforts to prepare products of high quality and safety, giving particular importance to protecting the environment and to developing the human resources of our region.

      http://www.gousiaris.gr/main_en.html

  • Au nom du #Duce - Naples-Rome

    À Naples et Rome, la campagne municipale, le dimanche 5 décembre 1993.
    Ces élections se sont terminées par la victoire de la coalition des écologistes et de la gauche unie. Lors de ces élections, le Parti néo-fasciste a fait un score de 45% à Rome et 43% à Naples.
    À Naples, le MSI était conduit par Mademoiselle Alessandra Mussolini, la petite fille du fameux Benito.

    https://www.film-documentaire.fr/4DACTION/w_fiche_film/778_0

    #film #documentaire #film_documentaire
    #Italie #néo-fascisme #Alessandra_Mussolini #Antonio_Bassolini #Naples #MSI #communauté_juive

  • Mort de #Nahel : « Ils sont rattrapés par le réel »

    #Ali_Rabeh, maire de #Trappes, et #Amal_Bentounsi, fondatrice du collectif Urgence, notre police assassine, reviennent dans « À l’air libre » sur la mort de Nahel, 17 ans, tué par un policier à Nanterre, et les révoltes qui ont suivi dans de nombreuses villes de France.

    https://www.youtube.com/watch?v=euw03owAwU8&embeds_widget_referrer=https%3A%2F%2Fwww.mediapart.fr%2

    https://www.mediapart.fr/journal/france/290623/mort-de-nahel-ils-sont-rattrapes-par-le-reel
    #violences_policières #banlieues #quartiers_populaires #naïveté

    • « #Emmanuel_Macron ne comprend rien aux banlieues »

      Ali Rabeh, maire de Trappes (Yvelines), a participé à l’Élysée à la rencontre entre le chef de l’État et quelque 200 maires, le 4 juillet, pour évoquer la révolte des quartiers populaires. Il dénonce sans langue de bois l’incapacité du Président à comprendre ce qui se joue dans les banlieues et son manque de perspectives pour l’avenir.

      Vous avez été reçu mardi 4 juillet à l’Élysée par le président de la République avec des dizaines d’autres maires. Comment ça s’est passé ?

      Ali Rabeh : Le Président a fait une introduction très courte pour mettre en scène sa volonté de nous écouter, de nous câliner à court terme, en nous disant à quel point on était formidable. Puis ça a viré à la #thérapie_de_groupe. On se serait cru aux #alcooliques_anonymes. Tout le monde était là à demander son petit bout de subvention, à se plaindre de la suppression de la taxe d’habitation, de la taille des LBD pour la police municipale ou de l’absence du droit de fouiller les coffres de voiture… Chacun a vidé son sac mais, à part ça et nous proposer l’accélération de la prise en charge par les #assurances, c’est le néant. La question primordiale pour moi n’est pas de savoir si on va pouvoir réinstaller des caméras de surveillances en urgence, ou comment réparer quelques mètres de voiries ou des bâtiments incendiés. Si c’est cela, on prend rendez-vous avec le cabinet du ministre de la Ville ou celui des Collectivités territoriales. Mais ce n’est pas du niveau présidentiel.

      Quand on parle avec le président de la nation, c’est pour cerner les #causes_structurelles du problème et fixer un cap afin d’éviter que ça ne se reproduise. Et là-dessus on n’a eu #aucune_réponse, ni #aucune_méthode. Il nous a dit qu’il avait besoin d’y réfléchir cet été. En fait, Emmanuel Macron voulait réunir une assemblée déstructurée, sans discours commun. Il a préféré ça au front commun de l’association #Ville_&_Banlieue réunissant des maires de gauche et de droite qui structurent ensemble un discours et des #revendications. Mais le Président refuse de travailler avec ces maires unis. Il préfère 200 maires en mode grand débat qui va dans tous les sens, parce que ça lui donne le beau rôle. En réalité, on affaire à des #amateurs qui improvisent. Globalement ce n’était pas à la hauteur.

      Le Président n’a donc rien évoqué, par exemple, de l’#appel_de_Grigny ou des nombreuses #propositions déjà faites par le passé sur les problématiques liées aux #banlieues et qui ne datent quand même pas d’hier ?

      Non. Il a fait du « Macron » : il a repris quelques éléments de ce qu’on racontait et il en fait un discours général. Il avait besoin d‘afficher qu’il avait les maires autour de lui, il nous a réunis en urgence pendant que les cendres sont brûlantes, ce qu’il a refusé de faire avant que ça n’explose. Et ce, malgré nos supplications. Pendant des mois, l’association Ville & Banlieue a harcelé le cabinet de Mme Borne pour que soit convoqué un Conseil interministériel des villes conformément à ce qu’avait promis le Président. Cela ne s’est jamais fait. Macron n’a pas tenu sa parole. On a eu du #mépris, de l’#arrogance et de l’#ignorance. Il n’a pas écouté les nombreuses #alertes des maires de banlieue parce qu’il pensait que nous étions des cassandres, des pleureuses qui réclament de l’argent. C’est sa vision des territoires. Elle rappelle celle qu’il a des chômeurs vus comme des gens qui ne veulent pas travailler alors qu’il suffirait de traverser la route. Emmanuel Macron n’a donc pas vu venir l’explosion. Fondamentalement, il ne comprend rien aux banlieues. Il ne comprend rien à ce qu’il s’est passé ces derniers jours.

      A-t-il au moins évoqué le #plan_Borloo qu’il a balayé d’un revers de main en 2018 ?

      Je m’attendais justement à ce qu’il annonce quelque chose de cet acabit. Il ne l’a pas fait. Il a fait un petit mea-culpa en disant qu’à l’époque du rapport Borloo, sur la forme il n’avait pas été adroit mais il affirme que la plupart des mesures sont mises en œuvre. Il prétend, tout content de lui, qu’il y a plus de milliards aujourd’hui qu’hier et que le plan Borloo est appliqué sans le dire. C’était #grotesque. J’aurais aimé qu’il nous annonce une reprise de la #méthode_Borloo : on fait travailler ensemble les centaines de maires et d’associatifs. On se donne six mois pour construire des propositions actualisées par rapport au rapport Borloo et s’imposer une méthode. Lui a dit : « J’ai besoin de l’été pour réfléchir. » Mais quelle est notre place là-dedans ?

      Dans ses prises de paroles publiques, le Président a fustigé la #responsabilité des #parents qui seraient incapables de tenir leurs enfants. Qu’en pensez-vous ?

      Qu’il faut commencer par faire respecter les mesures éducatives prescrites par les tribunaux. Pour ces mamans qui n’arrivent pas à gérer leurs enfants dont certains déconnent, les magistrats imposent des éducateurs spécialisés chargés de les accompagner dans leur #fonction_parentale. Or, ces mesures ne sont pas appliquées faute de moyens. C’est facile après de les accabler et de vouloir les taper au porte-monnaie mais commençons par mettre les moyens pour soutenir et accompagner les #familles_monoparentales en difficulté.

      Le deuxième élément avancé ce sont les #réseaux_sociaux

      C’est du niveau café du commerce. C’est ce qu’on entend au comptoir : « Faut que les parents s’occupent de leur môme, faut les taper aux allocs. Le problème ce sont les réseaux sociaux ou les jeux vidéo… » Quand on connaît la réalité c’est un peu court comme réponse. On peut choisir d’aller à la simplicité ou on peut se poser la question fondamentale des #ghettos de pauvres et de riches. Pour moi l’enjeu c’est la #mixité_sociale : comment les quartiers « politique de la ville » restent des quartiers « #politique_de_la_ville » trente ans après. Or personne ne veut vraiment l’aborder car c’est la montagne à gravir.

      Vous avez abordé cette question lors de votre intervention à l’Élysée. Comment le Président a-t-il réagi ?

      Il a semblé réceptif quand j’ai évoqué les ghettos de riches et les #maires_délinquants qui, depuis vingt-deux ans, ne respectent pas la #loi_SRU. Il a improvisé une réponse en évoquant le fait que dans le cadre des J.O, l’État prenait la main sur les permis de construire en décrétant des opérations d’intérêt national, un moyen de déroger au droit classique de l’#urbanisme. Il s’est demandé pourquoi ne pas l’envisager pour les #logements_sociaux. S’il le fait, j’applaudis des deux mains. Ça serait courageux. Mais je pense qu’il a complètement improvisé cette réponse.

      En ce moment, on assiste à une #répression_judiciaire extrêmement ferme : de nombreux jeunes sans casier judiciaire sont condamnés à des peines de prison ferme. Est-ce de nature à calmer les choses, à envoyer un message fort ?

      Non. On l’a toujours fait. À chaque émeute, on a utilisé la matraque. Pareil pour les gilets jaunes. Pensez-vous que la #colère est moins forte et que cela nous prémunit pour demain ? Pas du tout. Que les peines soient sévères pour des gens qui ont mis le feu pourquoi pas, mais ça ne retiendra le bras d’aucun émeutier dans les années qui viennent.

      Vous avez été dans les rues de Trappes pour calmer les jeunes. Qu’est-ce qui vous a marqué ?

      La rupture avec les institutions est vertigineuse. Elle va au-delà de ce que j’imaginais. J’ai vu dans les yeux des jeunes une véritable #haine de la police qui m’a glacé le sang. Certains étaient déterminés à en découdre. Un jeune homme de 16 ans m’a dit « Ce soir on va régler les comptes », comme s’il attendait ce moment depuis longtemps. Il m’a raconté des séances d’#humiliation et de #violence qu’il dit avoir subies il y a quelques mois de la part d’un équipage de police à #Trappes. Beaucoup m’ont dit : « Ça aurait pu être nous à la place de Nahel : on connaît des policiers qui auraient pu nous faire ça. » J’ai tenté de leur dire qu’il fallait laisser la justice faire son travail. Leur réponse a été sans appel : « Jamais ça ne marchera ! Il va ressortir libre comme tous ceux qui nous ont mis la misère. » Ils disent la même chose de l’#impunité des politiques comme Nicolas Sarkozy qui, pour eux, n’ira jamais en prison malgré ses nombreuses condamnations. Qui peut leur donner tort ?

      Il se développe aussi un discours politique extrêmement virulent sur le lien de ces #violences_urbaines avec les origines supposément immigrées des jeunes émeutiers. Qu’en pensez-vous ?

      Quand Robert Ménard a frontalement dit, dans cette réunion des maires, que le problème provenait de l’#immigration, le président de la République n’a pas tiqué. Une partie de la salle, principalement des maires LR, a même applaudi des deux mains. Il y a un #glissement_identitaire très inquiétant. Culturellement, l’extrême droite a contaminé la droite qui se lâche désormais sur ces sujets. Ces situations demandent de raisonner pour aller chercher les causes réelles et profondes du malaise comme l’absence d’#équité, la concentration d’#inégalités, d’#injustices, de #frustrations et d’#échecs. C’est beaucoup plus simple de s’intéresser à la pigmentation de la peau ou d’expliquer que ce sont des musulmans ou des Africains violents par nature ou mal élevés.

      Comment ces discours sont-ils perçus par les habitants de Trappes ?

      Comme la confirmation de ce qu’ils pensent déjà : la société française les déteste. Dans les médias, matin, midi et soir, ils subissent continuellement des #discours_haineux et stigmatisant de gens comme Éric Zemmour, Marine le Pen, Éric Ciotti, etc. qui insultent leurs parents et eux-mêmes au regard de leur couleur de peau, leur religion ou leur statut de jeune de banlieue. Ils ont le sentiment d’être les #rebuts_de_la_nation. Quotidiennement, ils ont aussi affaire à une #police qui malheureusement contient en son sein des éléments racistes qui l’expriment sur la voie publique dans l’exercice de leur métier. Ça infuse. Les jeunes ne sont pas surpris de l’interprétation qui est faite des émeutes. En réalité ils l’écoutent très peu, parce qu’ils ont l’habitude d’être insultés.

      D’après vous, que faut-il faire dans l’#urgence ?

      Il faut arrêter de réfléchir dans l’urgence. Il faut s’engager sur une politique qui change les choses sur dix à quinze ans. C’est possible. On peut desserrer l’étau qui pèse sur les quartiers en construisant des logements sociaux dans les villes qui en ont moins. Moi, je ne demande pas plus de subventions. Je veux que dans quinze à vingt ans, on me retire les subventions « politique de la ville » parce que je n’en aurai plus besoin. C’est l’ambition qu’on doit porter.

      Et sur le court terme ?

      Il faut envoyer des signaux. Revenir sur la loi 2017 car cela protégera les policiers qui arrêteront de faire usage de leurs armes à tort et à travers, s’exposant ainsi à des plaintes pour homicide volontaire, et cela protégera les jeunes qui n’auront plus peur de se faire tirer comme des lapins. Il faut aussi engager un grand #dialogue entre la police et les jeunes. On l’a amorcé à Trappes avec le commissaire et ça produit des résultats. Le commissaire a fait l’effort de venir écouter des jeunes hermétiquement hostiles à la police, tout en rappelant le cadre et la règle, la logique des forces de l’ordre. C’était très riche. Quelques semaines plus tard le commissaire m’a dit que ses équipes avaient réussi une intervention dans le quartier parce que ces jeunes ont calmé le jeu en disant « on le connaît, il nous respecte ». Il faut lancer un #cercle_vertueux de #dialogue_police-population, et #jeunesse en particulier, dans les mois qui viennent. La police doit reprendre l’habitude de parler avec sa population et être acceptée par elle. Mettons la police autour de la table avec les jeunes, les parents du quartier, des éducateurs, les élus locaux pour parler paisiblement du ressenti des uns et des autres. Il peut y avoir des signaux constructifs de cet ordre-là. Or là on est dans la culpabilisation des parents. Ça ne va pas dans le bon sens.

      https://www.politis.fr/articles/2023/07/emmanuel-macron-ne-comprend-rien-aux-banlieues
      #Macron #ignorance

    • Entre Emmanuel Macron et les banlieues, le #rendez-vous_manqué

      En 2017, le volontarisme du chef de l’Etat avait fait naître des #espoirs dans les #quartiers_populaires. Malgré la relance de la #rénovation_urbaine, le rejet du plan Borloo comme son discours sur le #séparatisme l’ont peu à peu coupé des habitants.

      Il n’y a « pas de solution miracle ». Surtout pas « avec plus d’argent », a prévenu le chef de l’Etat devant quelque 250 maires réunis à l’Elysée, mardi 4 juillet, sur l’air du « trop, c’est trop » : « La santé est gratuite, l’école est gratuite, et on a parfois le sentiment que ce n’est jamais assez. » Dans la crise des violences urbaines qui a meurtri 500 villes, après la mort du jeune Nahel M. tué par un policier, le président de la République a durci le ton, allant jusqu’à rappeler à l’ordre des parents. Une méthode résumée hâtivement la veille par le préfet de l’Hérault, Hugues Moutouh, sur France Bleu : « C’est deux claques, et au lit ! »

      L’urgence politique, dit-on dans le camp présidentiel, est de rassurer une opinion publique encore sous le choc des destructions et des pillages. « Une écrasante majorité de Français se raidit, avec une demande d’autorité forte, confirme Brice Teinturier, directeur général délégué d’Ipsos. Déjà sous Sarkozy, l’idée dominait qu’on en faisait trop pour les banlieues. Les dégradations réactivent cette opinion. Emmanuel Macron est sur une crête difficile à tenir. »

      Ce raidissement intervient sur fond de #fracture territoriale et politique. « L’opposition entre la France des quartiers et celle des campagnes nous revient en pleine figure. Si on met encore de l’argent, on accentuera la fracture », pense Saïd Ahamada, ex-député de la majorité à Marseille. « Les gens en ont ras le bol, ils ne peuvent plus entendre que ces quartiers sont abandonnés », abonde Arnaud Robinet, maire de Reims, qui abrite sept #quartiers_prioritaires_de_la_politique_de_la_ville (#QPV), et membre du parti d’Edouard Philippe.

      (#paywall)

      https://www.lemonde.fr/politique/article/2023/07/06/entre-emmanuel-macron-et-les-banlieues-le-rendez-vous-manque_6180759_823448.

  • « Erdogan continue de répondre à une aspiration sociale fortement ancrée dans la société turque »
    https://www.lemonde.fr/idees/article/2023/05/17/erdogan-continue-de-repondre-a-une-aspiration-sociale-fortement-ancree-dans-

    En dépit du score élevé de l’opposition unie autour d’un seul candidat lors du premier tour de l’élection présidentielle en Turquie, l’universitaire Ahmet Insel constate, dans une tribune au « Monde », que l’« erdoganisme », ce pouvoir hyperprésidentiel et autocratique, est ébranlé mais reste debout.

    Les élections présidentielle et législatives du 14 mai en Turquie, considérées comme les plus importantes de son histoire contemporaine, ont pris de fait la forme d’un double référendum. Les électeurs se sont mobilisés massivement pour dire un « oui mais » à Recep Tayyip Erdogan, qui règne depuis vingt ans, et ils ont approuvé la continuation du régime hyperprésidentiel et autocratique, l’« erdoganisme », que le président sortant a mis en place progressivement depuis 2014. Son adversaire, un candidat qui veut mettre fin à l’autocratie en partageant le pouvoir, qui prône le retour à l’Etat de droit et un régime parlementaire, a reçu un soutien électoral important mais insuffisant.

    Le bilan d’étape de ces élections est plutôt clair. Même s’il n’est pas réélu au premier tour, Erdogan s’en sort mieux que son rival. Avec 49,5 % des voix, contre 44,9 % à Kemal Kiliçdaroglu, il est en position favorable pour le second tour. Par ailleurs, l’Alliance populaire, la coalition qui regroupe l’AKP, le parti d’Erdogan, à des partis d’extrême droite nationaliste ou religieuse, a la majorité parlementaire.
    Même si la Turquie est divisée à parts presque égales entre les partisans d’Erdogan et ceux qui veulent son départ, les résultats du 14 mai montrent que le centre de gravité politique du pays a encore plus glissé vers l’extrême droite nationaliste. Le MHP (Parti de l’action nationaliste), crédité dans les sondages d’opinion de 6 % à 7 % des voix, obtient plus de 10 % aux élections législatives. Avec l’arrivée sur la scène politique du parti ultrareligieux YRP, créé par le fils d’Erbakan − fondateur du parti de l’islam politique en Turquie −, ces deux partis compensent le recul de l’AKP, crédité de 35 % des voix aux élections législatives.

    Grave crise économique

    La principale question aujourd’hui est de savoir pourquoi et comment Erdogan a réussi à garder la confiance de la moitié des électeurs, malgré une grave crise économique, marquée par une inflation très élevée, une dépréciation vertigineuse de la livre turque, une augmentation de la pauvreté et des inégalités. Mais aussi malgré une usure du pouvoir, une corruption devenue un système de gouvernement et, enfin, un tremblement de terre qui a révélé l’incurie et le népotisme du système autocratique. L’alliance d’Erdogan avec le parti d’extrême droite MHP depuis 2016 et l’arrimage des petits partis d’extrême droite islamo-nationalistes dans cette alliance, à la veille des élections, n’expliquent qu’en partie cette résilience.

    Erdogan contrôle les médias, où son temps d’audience a largement dépassé celui de tous ses concurrents. Utilisant tous les moyens de l’Etat-parti, il a mené une campagne défensive, mais en engageant massivement des moyens budgétaires qui feraient pâlir de jalousie les dirigeants populistes d’autres pays. En effet, gérée par les réseaux clientélistes de l’AKP, la grave crise économique ne semble pas avoir ébranlé outre mesure la confiance des électeurs d’Erdogan.

    Mais, au-delà de ces éléments propres aux pouvoirs populistes, Erdogan continue manifestement de répondre à une aspiration sociale fortement ancrée dans la société turque, qui se met en rang derrière un homme autoritaire, susceptible de chasser les démons qui hantent les esprits : la peur de la dissolution de l’identité nationale et religieuse face aux revendications de reconnaissance et d’égalité des #Kurdes, des #alévis, des #femmes, plus une certaine crainte de l’Occident et, aussi, la nostalgie des grandeurs perdues d’antan.

    Turquie profonde sunnite-nationaliste

    Pourtant l’opposition s’est présentée unie derrière le leader du CHP, Kemal Kiliçdaroglu, qui a réussi à former une alliance comprenant différentes tendances politiques allant de la social-démocratie à la droite nationaliste et libérale, plus un courant islamiste anticorruption. Réunis au sein de l’Alliance de la nation, les six partis politiques qui regroupent la diversité de l’échiquier sociopolitique du pays ont tenté de mettre des bâtons dans les roues de la stratégie politique traditionnelle d’Erdogan : provoquer la polarisation de la société autour des questions ethniques, confessionnelles et culturelles, et l’obliger à se placer comme le leader de la majorité sociologique turque, sunnite, conservatrice.
    Avec la décision du parti prokurde de gauche HDP d’appeler à voter en faveur de Kemal Kiliçdaroglu dès le premier tour, jamais un rassemblement aussi large et diversifié pour la démocratie n’a été réalisé dans l’histoire contemporaine de la Turquie. Ce qui donne son caractère référendaire à ces élections. Mais la forte mobilisation électorale (88,9 %, soit de deux points supérieure à l’élection précédente, en 2018) semble avoir été portée surtout par la vague d’extrême droite islamo-nationaliste. Elle a permis à celui qui dirige le pays depuis vingt ans de se présenter en tête au second tour.

    Plus généralement, quand on prend aussi en compte les voix de la droite nationaliste au sein de l’alliance de l’opposition, et celles du troisième candidat nationaliste, dont les électeurs sont susceptibles de se reporter majoritairement sur Erdogan au second tour, on constate que l’espoir de la démocratisation est pris en tenaille par la Turquie profonde sunnite-nationaliste. Celle-ci s’inquiète de la présence du parti prokurde de gauche au Parlement, que la propagande du pouvoir assimile au Parti des travailleurs du Kurdistan et au terrorisme, et elle s’est cabrée devant la perspective qu’un alévi puisse devenir président.
    Pour cette alliance anti-Erdogan, qui a réussi à atteindre un score certes insuffisant mais historiquement élevé, l’enjeu du second tour sera surtout de prouver sa résilience. Ce sera le signal de la capacité de l’autre Turquie à continuer de s’organiser et de résister à l’autocratie #islamo-nationaliste. S’il est élu au second tour, Erdogan devra faire face à l’état lamentable dans lequel il a mis l’économie, mais aussi à la défiance de l’autre moitié de la #Turquie.

    #nationalisme #extrême_droite

  • ★ L’enterrement de Pierre Kropotkine : Dernière manifestation de masse - PARTAGE NOIR

    Nous avons décidé de consacrer une place importante au récit de la mort de Pierre Kropotkine car son enterrement fut la dernière manifestation de masse publique du mouvement anarchiste russe. Se sont joints au cortège tous ceux (associations, partis, syndicats, etc.) qui, dans ce pays ployant sous la botte bolchevique, refusaient de se soumettre à la "dictature des commis­saires". Curieusement, et très symboliquement, ce fut aussi la dernière mani­festation de masse oppositionnelle tout court dans la Russie soviétisée.
    Le texte que vous lirez ci-après est pour l’essentiel tiré du livre, aujourd’hui épuisé, de G. Woodkock et I. Avakoumovitch : Pierre Kropotkine, le prince anarchiste (Calmann-Lévy, 1953). Pour mettre en évidence l’influence de Pierre Kropotkine sur la société russe de l’époque, nous avons inséré dans ce texte les lignes consacrées à son décès par deux hommes charnières, qui montrent involontairement dans leurs témoignages les ravages exercés par le bolchevisme dans les rangs révolutionnaires.
    Il s’agit de Victor Serge et d’Alfred Rosmer. L’un et l’autre, issus de l’anar­chisme et du syndicalisme révolutionnaire, seront fascinés par le léninisme et aideront puissamment son ascension, reniant pour ce faire leurs convictions antérieures et jouant le rôle de fossoyeurs, en Russie et dans le reste du monde, des courants socialistes non-bolcheviques. Leur prise de conscience tardive ne réparera pas le mal fait.
    Le « montage » que nous avons ainsi réalisé a été possible grâce aux extraits de Mémoires d’un révolutionnaires (Ed. du Seuil, 1951) de Victor Serge et de Moscou sous Lénine (Ed. Pierre-Horay, 1953) d’Alfred Rosmer (...)

    #Kropotkine #Anarchisme #EmmaGoldman #AlexanderBerkman #Liberté #Russie #AlfredRosmer #VictorSerge #bolchevisme #dictature #Lénine #répression #autoritarisme #Tcheka

    ★ via @PartageNoir

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    ▶️ https://www.partage-noir.fr/l-enterrement-de-pierre-kropotkine-derniere-manifestation-de

  • Europa dreaming
    –-> What happens when the European dream meets the dream of migrants?

    Europe, the broken dream

    It is the spring of 2016 and the Brenner is likely to go back to being a frontier, “an officially defined and recognised border line, equipped, in various cases, with appropriate defensive systems” (Treccani). Compared to the past, however, border barriers are no longer used to delimit our spaces in relation to our “neighbours”, nor to reduce and/or control trade between two neighbouring countries, but with the explicit goal of decreasing the inflow of people coming into the country, from other continents, from places located thousands of kilometres away. The decision to re-introduce border controls between Italy and Austria has been defined by many newspapers as “the end of the Schengen dream”, but this work shows a different reality.

    Because the Schengen Agreement, which was intended to create an area of free movement within the European Union, has been essentially based – and from the very beginning – on a “policing” agreement. Because “the fall of internal borders was complemented by the strengthening of the borders external to the Schengen area” (Internazionale). The point is that the “strengthening of external borders” was not the corollary outcome, but the very essence of this Agreement. It is no coincidence that work on the first European “wall”, the Ceuta and Melilla border fences (funded by the European Union) began in the fall of 1995.

    https://europadreaming.eu/en
    #Schengen #rêve #migrations #frontières #asile #réfugiés #Langer #Alexander_Langer #accord_de_Schengen

    • L’accordo di Schengen sulla libera circolazione dei cittadini dell’Unione Europea; La riforma della legge Martelli sull’immigrazione

      L’accordo di Schengen sulla libera circolazione dei cittadini dell’Unione Europea; La riforma della legge Martelli sull’immigrazione.

      «L’accordo di Schengen sulla libera circolazione dei cittadini dell’Unione Europea; La riforma della legge Martelli sull’immigrazione» realizzata da Mohamed Ba con Alexander Langer (parlamentare europeo, Federazione dei Verdi).

      L’intervista è stata registrata martedì 27 giugno 1995 alle ore 00:00.
      https://www.radioradicale.it/scheda/73575/laccordo-di-schengen-sulla-libera-circolazione-dei-cittadini-dellunion

      Quelques extraits:

      «Il sogno mi sembra sia la libera circolazione, l’accordo di Schengen è tutt’ora un accordo tra polizie e di efficienza poliziesca che non mi sembra il migliore modello europeo. (...) Io sarei più contento se la libera circolazione venisse realizzata attraverso accordi politici che non attraverso accordi tra le polizie, come di fatto l’accordo di Schengen è fino ad oggi. Io non auspico tanto che l’Italia assomigli di più ai paesi di Schengen, che quindi imponga controlli più rigidi alle sue frontiere esterne per poi liberalizzare le frontiere esterne [erreur? Frontiere interne plutôt?], ma auspicherei un’Europa con le frontiere esterne anche molto più permeabili. In questo senso oggi, per me, è anche quasi un vanto che l’Italia abbia le frontiere più permeabili e sia giudicata da altri paesi europei come non abbastanza affidabile dal punto di vista Schengen. Perché quando avremo alzato un bel muro allora saremo maturi per Schengen»

      (à partir de la min. 1’13)

      «L’Italia, come si può dire anche della Grecia sono dei paesi oggi ancora molto aperti sul Mediterraneo. Per entrare nell’accordo di Schengen bisognerebbe chiudersi di più verso il Mediterraneo e a quel punto avere libera circolazione con Lussemburgo, Olanda, Germania e così via. Io credo che un’Europa con un grado così alto di chiusura ermetica intorno a sé, può magari garantire la libera circolazione dei suoi cittadini ma non è una grande promessa verso i suoi vicini.»

      (à partir de la min. 2’17)

      "Io trovo che l’accordo di Schengen non sia un tipico accordo non di integrazione democratica dell’Europa ma di integrazione della parte più forte, più robusta e più isolata rispetto ai deboli. Oggi la partita italiana è se si vuole entrare a far parte di questa specie di nucleo duro, mentre per me il nucleo europeo deve distinguersi per la democrazia non per il grado alto del suo isolamento verso l’esterno.

      (à partir de la min. 2’52)

      «Sull’immigrazione bisogna trovare una politica che sostanzialmente arrivi a due cose importanti. Da un lato a un’immigrazione regolata e quindi anche integrabile. Dell’altro a una politica che chiamerei della doppia cittadinanza, che permetta agli immigrati di vivere nel paese in cui lavorano e nello stesso tempo di non perdere né la prospettiva di un possibile ritorno se lo vorranno né il legame con il proprio paese. Mi pare che l’Italia su tutti e due i punti oggi sia fortemente carente. Per cui noi oggi sostanzialmente ci affidiamo alla furbizia, cioè al singolo poliziotto, alla singola guardia di frontiera: chi si riesce a respingere si è contenti che si respinga, chi rientra tra le maglie poi si vedrà come sistemarlo o se rimandarlo indietro.»

      (à partir de la min. 3’55)

      #interview #1995 #legge_Martelli #migrations #radio_radicale #réfugiés #libre-circulation #démocratie #histoire #citoyenneté #double_citoyenneté

  • ☮️ ♀ #femmes #féminisme #antiguerre #antimilitarisme #Paix #guerre #nationalisme #PremièreGuerremondiale #militarisme #barbarie
    #internationalisme #Bertha_von_Suttner #Rosa_Luxemburg #Clara_Zetkin #Hélène_Brion #Aleta_Jacobs #Jane_Addams...

    🛑 LES FEMMES CONTRE LA PREMIÈRE GUERRE MONDIALE - Socialisme libertaire

    " Les Femmes en Noir de Madrid se souviennent des Cassandres de la Grande Guerre :
    Bertha von Suttner a travaillé pour éviter une autre guerre, n’importe quelle guerre. Son roman Déposez vos armes est un appel à la paix et décrit les horreurs de la confrontation armée. Elle a fondé La Société autrichienne pour la Paix en 1891 et a travaillé infatigablement pour le mouvement pacifiste international. Elle a dénoncé le réarmement en temps de paix, qui pouvait ruiner les nations et a mis en garde contre la préparation de divers pays pour un grand conflit. Elle a confronté la virulente opposition de nationalistes, du clergé et des antisémites. La Première Guerre mondiale a commencé un mois après sa mort. Elle a été la première femme à recevoir le Prix Nobel de la paix. Rosa Luxemburg a été arrêtée en février 1914 pour avoir incité les soldats à se rebeller et avait déclaré : « S’ils attendent que nous assassinions les Français ou n’importe quel autre frère étranger, il faut leur dire : « Non, en aucune circonstance. » Une semaine ou deux après l’éclatement de la guerre, elle a déclaré son désappointement que le Mouvement des travailleurs européens n’ait pas évité la catastrophe. Elle s’est opposée aux directives du Mouvement socialiste international et pensait qu’une fois la guerre terminée, les « traîtres » devaient être poursuivis en justice. Elle a été exécutée en janvier 1919 par des paramilitaires, récemment démobilisés du front de la guerre (...)

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    ▶️ https://www.socialisme-libertaire.fr/2014/09/les-femmes-contre-la-premiere-guerre-mondiale.html