• L’économie sociale et solidaire au service d’une #alimentation durable et accessible ?
    https://metropolitiques.eu/L-economie-sociale-et-solidaire-au-service-d-une-alimentation-durabl

    Pour renforcer l’accès de tous à une alimentation durable, les pouvoirs publics s’appuient de plus en plus sur l’économie sociale et solidaire. À partir du cas parisien, Carla Altenburger montre que la recherche de viabilité économique compromet parfois les objectifs de durabilité et d’accessibilité. Supermarchés coopératifs, AMAP, épiceries vrac, paniers solidaires : les initiatives alternatives visant à rendre le système alimentaire plus durable ne manquent pas. Ces projets sont souvent issus de #Terrains

    / #collectivités_territoriales, #économie_sociale_et_solidaire, #appel_à_projets, alimentation, accessibilité

    #accessibilité
    https://metropolitiques.eu/IMG/pdf/met_altenburger.pdf

  • Migranti, nei centri italiani in Albania un rotolo di carta igienica a persona a settimana

    I paradossi del #bando da 34 milioni di euro pubblicato dal Viminale per la gestione delle strutture. Applicata la procedura di estrema urgenza, negoziazione tra tre soli operatori economici, una sola settimana di tempo per la manifestazione d’interesse.

    Un appalto da 34 milioni di euro e un rotolo di carta igienica a settimana per migrante. Basterebbe questo paradosso a bollare come frettoloso e sommario il bando per l’affidamento dei servizi per i centri di accoglienza e trattenimento dei richiedenti asilo che il governo Meloni prevede di aprire in Albania entro il 20 maggio. Una improbabile corsa contro il tempo per un’operazione che ancora manca del requisito di legittimità giuridico fondamentale ma che la premier intende giocarsi in vista della campagna elettorale per le Europee del 9 giugno.

    Misteriose ragioni di estrema urgenza

    E dunque ecco il ricorso a «#ragioni_di_estrema_urgenza» ( che non si sa quali siano visto che gli sbarchi sono nettamente diminuiti) per giustificare la procedura negoziale riservata a tre soli concorrenti che, nel giro di soli sette giorni, dovrà aggiudicare l’affidamento dei servizi di accoglienza e di gestione dei tre centri previsti dove i lavori non sono neanche cominciati: quello nel porto di Shengjin, adibito allo screening sanitario, all’identificazione e alla raccolta delle richieste di asilo, e i due di Gjader, la struttura di accoglienza da 880 posti dove i migranti resteranno (teoricamente) per un mese in attesa di conoscere l’esito della procedura accelerata di frontiera, e il Cpr da 144 posti dove verranno trasferiti quelli destinati al rimpatrio.

    Si risparmia sull’igiene dei migranti

    Il bando è stato pubblicato il 21 marzo, con avviso di manifestazione di interesse che si concluderà nel tempo record di una settimana. Un appalto da 34 milioni di euro a cui si aggiungono i rimborsi ( non quantificabili) di servizi di trasporto, utenze, raccolta dei rifiuti, manutenzione ordinaria e straordinaria, e dell’assistenza sanitaria. Non proprio quattro spiccioli, a fronte dei quali, però, spulciando il bando si trovano vere e proprie “perle”. Sull’igiene personale dei migranti, tanto per cominciare, chi si aggiudicherà l’appalto, potrà risparmiare: un solo rotolo di carta igienica a settimana a testa dove i richiedenti asilo attenderanno ( in detenzione amministrativa) l’esito della richiesta di asilo. Rotoli che, chissà poi perchè, diventeranno sei a settimana per gli sfortunati che, a fronte del diniego, verranno trasferiti nell’ala destinata a Cpr.

    Solo un cambio di abiti a stagione

    Nel kit di primo ingresso nei centri solo un paio di mutande e un paio di calze e, più in generale, un solo cambio di abiti a stagione.E dunque, a differenza dei centri di accoglienza italiani dove i migranti sono liberi e possono procurarsi altri abiti, i richiedenti asilo portati in Albania saranno detenuti e costretti ad indossare sempre gli stessi. Avranno il detersivo per lavarli due volte a settimana, nel frattempo evidentemente staranno in pigiama. Almeno si consoleranno con il cibo che prevede persino la pizza e il dolce due volte a settimana.

    Per raccontare la loro storia alla commissione d’asilo che deciderà il loro destino o per comparire davanti ai giudici di Roma, competenti sui ricorsi, dovranno accontentarsi di un collegamento da remoto, con tutte le limitazioni in tema di diritti che nascono dalle difficoltà di espressione e comprensione.

    Magi: “Un gigantesco spot elettorale”

    «Una bella photo-opportunity elettorale - commenta Riccardo Magi di Più Europa - Giorgia Meloni vuole allestire questi centri in fretta e furia e usarli come un gigantesco spot a pochi giorni dal voto a spese degli italiani».

    https://www.repubblica.it/cronaca/2024/03/23/news/migranti_centri_albania_bando_viminale-422362144

    #Albanie #Italie #asile #migrations #réfugiés #coût #urgence #gestion #appel_d'offre #externalisation

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    ajouté à la métaliste sur l’#accord entre #Italie et #Albanie pour la construction de #centres d’accueil (sic) et identification des migrants/#réfugiés sur le territoire albanais...
    https://seenthis.net/messages/1043873

    • Protocollo Italia-Albania: il Viminale avvia la gara milionaria per la gestione dei centri

      Dal bando pubblicato il 21 marzo dalla prefettura di Roma emergono i primi dettagli dell’accordo contro i migranti: solo per le spese vive e il personale delle strutture, due hotspot e un Centro di permanenza per il rimpatrio, sono assicurati al gestore privato quasi 40 milioni di euro all’anno. I tempi sono strettissimi, le europee incombono

      Il ministero dell’Interno ha pubblicato i bandi di gara per la gestione delle nuove strutture per i migranti in Albania che diventeranno operative, documenti alla mano, entro il 20 maggio 2024. Un primo passo concreto verso la messa in pratica del protocollo annunciato dal Governo Meloni con Tirana lo scorso 6 novembre 2023 -poi ratificato dal Parlamento a fine febbraio 2024- e che prevede di dislocare i naufraghi soccorsi in operazioni di salvataggio in mare sul territorio albanese. Più precisamente in tre strutture con una capienza totale che supera i mille posti disponibili: due hotspot, ovvero i centri di identificazione, che in Italia troviamo nei cosiddetti “punti di crisi”, principali punti di sbarco (Lampedusa, Pozzallo e Taranto tra gli altri), più un Centro di permanenza per il rimpatrio (Cpr) dove trattenere coloro che sono in attesa di essere espulsi nel proprio Paese d’origine. La spesa annuale stimata è pari a quasi 40 milioni di euro, calcolando esclusivamente il costo a persona (pro-capite pro-die), che però esclude diverse spese vive (dal trasporto all’assistenza sanitaria fino alle utenze).

      La gara è stata pubblicata il 21 marzo e individua nella prefettura di Roma la stazione appaltante, la quale ha scelto di attivare una procedura negoziata con cui consulterà un “numero congruo di operatori economici” per aggiudicare i servizi all’ente gestore. Un bando di questo genere può essere giustificato solo in casi di estrema urgenza. E secondo il ministero l’affidamento in oggetto, essendo un presupposto fondamentale per “l’attuazione del Protocollo tra Italia e Albania in conformità ai tempi ed agli adempimenti che risultano necessari per rispettare, alle scadenze previste, gli impegni assunti dal Governo della Repubblica Italiana”, rientra tra quelle procedure basate proprio su “ragioni di estrema urgenza”.

      La prima struttura è sita nella città portuale di Shenjin e sarà a tutti gli effetti un hotspot. “Una struttura dimensionata per l’accoglienza, senza pernottamento, dei migranti condotti in porto e destinati alle procedure di screening sanitario, identificazione e raccolta delle eventuali domande di asilo, all’esito delle quali i migranti saranno trasferiti presso le strutture di Gjader”. Gjader è la seconda località coinvolta dove saranno costruite le altre due strutture: un centro destinato “all’accertamento dei presupposti per il riconoscimento della protezione internazionale” con un’accoglienza massima a regime di 880 migranti, e un altro, sempre nella stessa città albanese che sarà invece un Centro di permanenza per il rimpatrio, che ricalca quelli presenti sul territorio italiano, con una capienza fino a 144 persone. A Gjader saranno disponibili poi 168 posti per alloggi di servizio, di cui 60 riservati al personale dell’ente gestore.

      Come detto, i corrispettivi riconosciuti pro-capite pro-die, secondo la tipologia di centro ed il relativo numero degli ospiti presenti, ammontano “presuntivamente a complessivi 33.950.139 euro annui”. La gara d’appalto ha una durata di due anni, prorogabili fino ad un massimo di altri due. Sono esclusi dai quasi 40 milioni di euro, invece, i costi di trasporto, le utenze idriche, elettriche, del servizio di raccolta rifiuti, la connessione wifi e la manutenzione ordinaria e straordinaria. Così come quelli per la “predisposizione e manutenzione dei presidi antincendio” e quelli “relativi all’assistenza sanitaria”.

      Proprio questo è uno degli aspetti paradossali affrontati dal bando. Per la struttura sita nel porto di Shenjin si prevede “un ambulatorio medico dedicato per assistenza sanitaria, inclusa la stabilizzazione di condizioni cliniche ai fini del trasferimento” con “una sala per visite ambulatoriali, una stanza per osservazioni brevi con tre posti letto e una stanza di isolamento con due posti”.

      Invece nel sito di Gjader verrà di fatto allestito un vero e proprio “mini ospedale”. Vengono previste “tre sale per visite ambulatoriali, due stanze per osservazioni brevi (ognuna dotata di tre posti letto), una medicheria, una sala operatoria e una recovery room, un laboratorio analisi, una stanza per diagnostica per immagini (rx ed ecografia), una per visite psicologiche/psichiatriche all’uopo utilizzabile anche per consulenze in telemedicina e due stanze di isolamento”. Una struttura in cui opererà un elevatissimo numero di personale sanitario. Oltre a medici e infermieri per l’attività standard, viene prevista una équipe operativa 24 ore al giorno formata rispettivamente da: “medico specialista in anestesia-rianimazione, medico specialista in chirurgia generale, medico specialista in ortopedia con competenze chirurgiche, personale medico specialista in psichiatria, un infermiere strumentista, un operatore socio-sanitario (in caso di attivazione della sala operatoria), un tecnico di laboratorio, un tecnico di radiologia, un personale medico specialista in radiologia”.

      L’ente gestore, oltre a fornire kit di primo ingresso, sia igienici sia vestiari e a garantire la fornitura dei pasti e l’informativa legale, dovrà garantire la predisposizione di “appositi locali e strumenti tecnici che assicurino la connessione alla rete e il collegamento audio-visivo nel rispetto della privacy e della libertà di autodeterminazione del beneficiario per l’eventuale audizione da remoto davanti alle Commissioni territoriali, nonché davanti al Tribunale ordinario e ad altri uffici amministrativi”. In altri termini: saranno implementate delle stanze per svolgere le audizioni di chi, una volta richiesto asilo, dovrà affrontare l’iter per vedersi o meno riconosciuto il permesso di soggiorno. Tutto inevitabilmente online. Dovrà esserci anche un locale “al fine di tutelare la riservatezza della persona nei colloqui con il proprio legale” o favorire l’incontro con “eventuali visitatori ammessi”. La prefettura di Roma, dovrà essere messa a conoscenza “di ogni notizia di rilievo inerente la regolare conduzione della convivenza e le condizioni del centro e tenuta di un registro con gli eventuali episodi che hanno causato lesioni a ospiti od operatori”, nonché la consegna della certificazione di idoneità al trattenimento.

      La gara è aperta fino al 28 marzo. La prefettura valuterà le offerte pervenute da imprese o cooperative già attive nel settore con un fatturato complessivo, negli ultimi tre esercizi disponibili, non inferiore a cinque milioni di euro. Non certo piccole realtà dell’accoglienza. L’avvio dell’operatività dei centri è prevista non oltre il 20 maggio 2024. Quindici giorni prima di quella data, il ministero dell’Interno potrà confermare o meno l’effettivo avvio a pieno regime oppure anche con “una ricettività progressiva rispetto a quella massima prevista nelle more del completamento degli eventuali lavori di allestimento”. L’importante è partire: le elezioni europee di inizio giugno incombono.

      https://altreconomia.it/protocollo-italia-albania-il-viminale-avvia-la-gara-milionaria-per-la-g

    • Albania-Italy migrant deal moves ahead as Rome publishes tender for processing centre

      As of 20 May 2024, camps in Albania that will process the asylum applications of individuals rescued by the Italian authorities will be up and running, as a recently published tender document reveals more details about the deal and how the site will function.

      In November 2023, Albanian Prime Minister Edi Rama and Italian Prime Minister Giorgia Meloni signed a deal that would see migrants rescued in Italian territorial waters or by Italian authorities sent to Albania for their asylum applications to be processed. The deal has divided opinion on both sides of the Adriatic from the outset, but both governments remain adamant about it going ahead.

      The tender notifications, published by the Rome prefect’s department, invite bidders to submit their offers before 28 March with the deadline of 20 May as the start of operations.

      According to the tender details, worth €34 million, the site will consist of three structures able to accommodate a total of around 3000 people.

      One structure will be built at the port of Shengjin, where landing and identification procedures will be carried out.

      The other two sites will be located in Gjader. One will be dedicated to ascertaining the prerequisites for the recognition of international protection, while the other will serve as a repatriation detention centre.

      According to the Italian government, the site will process individuals rescued by the Italian authorities involved in maritime rescue, such as the coast guard, financial police, or navy, and explicitly exclude those rescued by NGOs. It will also not include disabled people, women, children, or other vulnerable individuals.

      The tender states that the facility in Shengjin will have a medical clinic, including a room for outpatient visits, an isolation room, and a three-bed ward. In Gjader, there will be three outpatient rooms, two wards, an operating theatre, a laboratory, an x-ray and ultrasound room, and a space for psychological and psychiatric visits.

      Medical specialists on site will include a doctor specialising in anaesthesia and resuscitation, a doctor specialising in general surgery, a doctor specialising in orthopaedics with surgical skills, medical staff specialising in psychiatry, an instrumental nurse, a social doctor, a health worker, a laboratory technician, a radiology technician, and a health worker specialising in radiology.

      Upon arrival, welcome kits will also be presented to each individual, including an undershirt, T-shirt, pair of pyjamas, three pairs of shorts, and three pairs of socks. They will also be given one roll of toilet paper a week, one toothbrush and 100ml tube of toothpaste per week, and one bottle of shampoo and liquid soap per week.

      The Italian Interior Ministry will conduct spot checks on the site to ensure compliance with the tender.

      During their stay in Albania, estimated at around three months for each person, individuals will not be able to leave the centre, which is to be guarded by Italian and Albanian authorities. If they do, the Albanian police will return them. Once their application has been processed, whatever the outcome, they will be removed from Albania’s territory.

      While on-site, individuals can access legal assistance from representatives of international organisations, including the EU, which aims to provide legal aid to all asylum seekers as required by Italian, Albanian and EU law.

      The agreement caused controversy in Italy and Albania, with the Constitutional Court in Tirana narrowly ruling that it did not violate the laws of the land earlier this year. Meanwhile, despite claims from international law experts that it is not compliant with EU law, European Commissioner for Home Affairs Ylva Johansson said it did not break the law as it is “outside of it”.

      Work has not yet begun at the sites in Shengjin and Gjader, leading to questions about whether they can be operational by spring.

      Shengjin was also home to hundreds of Afghan refugees that Albania took in after the US withdrawal from Afghanistan led to the takeover of the Taliban. While the US promised to take responsibility for them, asking Albania to keep them while it processed their visas, a number still remain with no news or idea if they will ever leave.

      As for the migrant deal, several other EU countries have hinted they may look at similar deals to deal with their immigration issues, a move likely to score votes from the conservative parts of society, ahead of EU elections.

      https://www.euractiv.com/section/politics/news/albania-italy-migrant-deal-moves-ahead-as-rome-publishes-tender-for-proces

    • #Medihospes, #Consorzio_Hera, #Officine_sociali: chi gestirà i centri per migranti in Albania

      La prefettura di Roma ha reso noti i tre partecipanti selezionati tra le trenta proposte pervenute per gestire i due hotspot e il Cpr previsti dall’accordo tra Roma e Tirana. Entro il 20 maggio la gara verrà aggiudicata per un importo che supera i 150 milioni di euro. Ma i lavori di adeguamento alle strutture non sono ancora completati

      Medihospes, Consorzio Hera e Officine sociali. Sono le tre cooperative in corsa per la gestione dei centri italiani in Albania selezionate per le “esperienze contrattuali pregresse afferenti a questi servizi” tra le trenta che hanno manifestato alla prefettura di Roma la propria volontà di partecipare alla gara. Un appalto da oltre 151 milioni di euro (per quattro anni) che verrà aggiudicato, nelle prossime settimane, all’operatore economico che ha presentato l’offerta economicamente più vantaggiosa.

      Alle tre cooperative in corsa una certa “esperienza” non manca. Officine sociali, con sede legale a Siracusa, gestisce attualmente il Centro di permanenza per il rimpatrio (Cpr) di Palazzo San Gervasio a Potenza e l’hotspot di Taranto in Puglia. Attualmente è in gara anche per l’aggiudicazione della gestione del Cpr di Gradisca d’Isonzo, dove sta correndo al fianco di Martinina Srl, finita sotto indagine della Procura di Milano per le condizioni disumane in cui versavano i trattenuti al Cpr di via Corelli di Milano. Il legame tra le due società, come già raccontato su Altreconomia, perdura da tempo: insieme hanno partecipato anche alla gara pubblica per la gestione del Cpr di Torino.


      Consorzio Hera, invece, con sede legale a Castelvetrano, in provincia di Trapani, gestisce attualmente il Cara e il Cpr di Brindisi e quello di Trapani, in cordata con la cooperativa Vivere Con. Inoltre la cooperativa ha “vinto” anche l’hotspot di Pozzallo e Ragusa di cui è l’attuale ente gestore.

      Poi c’è Medihospes, è un colosso da 126 milioni di euro di fatturato nel 2022 che si occupa di assistenza ad anziani, alle persone con disabilità, servizi alberghieri e accoglienza ai migranti. Gestisce attualmente l’ex caserma Cavarzerani di Udine -di cui abbiamo già raccontato in precedenza- ma è attiva in diverse province italiane nell’accoglienza dei richiedenti asilo. Basti pensare che nel 2022 ha incassato, in totale, oltre 34 milioni di euro in tutta Italia per la gestione dei centri.

      Briciole rispetto agli oltre 151 milioni di euro preventivati dalla prefettura di Roma per la “gara” relativa alla gestione delle strutture previste dal protocollo Italia-Albania: un centro nella città portuale albanese Shengjin (hotspot) e due strutture (un altro hotspot e un Cpr) a Gjader (ne abbiamo parlato in questo approfondimento).

      La fornitura di servizi è preventivata con una base d’asta di 130 milioni di euro, con l’aggiunta di quasi sei milioni per il pocket-money e la tessera telefonica. La durata è di 24 mesi, prorogabili per altri 24 a partire dal 20 maggio 2024. Data entro la quale la prefettura di Roma dovrebbe aggiudicare la gara alla cooperativa che avrà presentato l’offerta economicamente più vantaggiosa. Nei nuovi documenti di gara si sottolinea che i lavori di adeguamento delle strutture non sono ancora stati conclusi. Una corsa contro il tempo. Obiettivo: non certo la tutela dei diritti delle persone ma le elezioni europee.

      https://altreconomia.it/medihospes-consorzio-hera-officine-sociali-chi-gestira-i-centri-per-mig
      #externalisation #Italie #accord #Albanie #migrations #réfugiés #coopérative #sous-traitance #Engel #Engel_Italia #business #Shengjin #Gjader

  • Croatie : le président #Zoran_Milanović appelle à la haine contre les migrants

    21 mars - 7h50 : Le président Zoran Milanović, officiellement non candidat aux élections législatives du 17 avril, mais qui mène, de fait, la campagne du Parti social-démocrate (SDP), accélère sa transformation en « Trump croate ». Il a publié trois posts sur Facebook, évoquant respectivement la guerre en Ukraine, les fonds européens et la crise des migrants.

    A ce sujet, il écrit : « La Croatie est confrontée au problème de la migration. Mais aujourd’hui, il ne s’agit plus des migrants comme en 2015, lorsque nous avions une approche humaine et ouverte, mais aussi calculée de ce problème, lorsque moi-même, en tant que Premier ministre, cherchais comment aider ces gens. Aujourd’hui, tout est différent parce que les migrants arrivent ici avec une stratégie et veulent seulement bénéficier de l’aide sociale. Certes, ceux qui fuient les persécutions, la guerre ou le génocide doivent être protégés, mais les migrants d’aujourd’hui ne fuient pas pour cela. Ces personnes sont ici illégalement et doivent être traitées comme telles. Continuons à être honnêtes et sympathiques à leur égard, mais ne soyons pas idiots. La frontière croate est sacrée, des gens sont morts pour elle pendant la guerre, des gens se sont soulevés pour résister, des brigades ont été formées - pour que l’on sache ce qui nous appartenait. Aidons ceux qui en ont besoin, mais protégeons avant tout le peuple croate ! »

    #anti-migrants #anti-réfugiés #appel_à_la_haine #Croatie #racisme #xénophobie #migrations #réfugiés #Milanović #Milanovic

  • https://www.helloasso.com/associations/enfants-d-afghanistan-et-d-ailleurs/collectes/solidarite-pour-shabnam-et-sa-famille Rejoignez la Lutte Contre l’Apartheid de Genre en Afghanistan : Aidez Shabnam Salashoor et Sa Famille

    Je m’appelle Shabnam Salashoor, une exilée afghane en France depuis octobre 2021, fuyant l’oppression et poursuivant mon combat pour la justice et l’égalité. En tant que figure emblématique de la jeunesse afghane en France, je n’ai cessé de m’exprimer ouvertement contre l’oppression des talibans, sans jamais censurer ma parole ou cacher mon identité.

    Malgré la distance, le cœur de mon combat bat toujours pour ma famille restée en Afghanistan. Après la perte de mon père en décembre 2021, ma mère et mes sœurs se retrouvent seules, interdites de travail et d’éducation, vivant sous la menace constante du régime taliban et de la désapprobation sociale pour mes actions ici, en France.

    #appel_a_don #femmes_afgahnes #talibans #sauver_afgahnes

  • La #Loi_Asile_Immigration raciste fait l’unanimité… CONTRE elle !
    https://bascules.blog/2024/02/03/la-loi-asile-immigration-raciste-fait-lunanimite-contre-elle

    Communiqué de presse après la décision du #Conseil_constitutionnel et la promulgation de la loi Asile Immigration APPEL À MANIFESTER LE 3 FÉVRIER 2024 Vendredi 26 janvier, le gouvernement a promulgué la loi Asile Immigration. Même si le Conseil constitutionnel a retiré un certain nombre de dispositions, ce qui en reste demeure l’une des pires […]

    #Appel_à_manifester #Communiqué #Racisme_d'Etat


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  • Ce que coûte vraiment l’aide médicale d’État

    En décembre 2023, le projet de loi « immigration » a finalement été adopté en excluant le volet dédié à l’aide Médicale d’État (AME). Mais la première ministre d’alors, Élisabeth Borne, avait promis, dans un courrier envoyé au président du Sénat, d’engager une réforme de l’AME au premier trimestre 2024. La question est de savoir si cet engagement est toujours d’actualité avec l’arrivée à Matignon d’un nouveau premier ministre, Gabriel Attal.

    Le projet de loi « immigration » illustre combien les idées défendues par l’extrême droite trouvent aujourd’hui une nouvelle audience jusque dans la majorité présidentielle.
    Un droit non automatique et complexe à obtenir

    L’AME permet aux sans-papiers de bénéficier d’une couverture des frais médicaux pendant un an renouvelable s’ils peuvent prouver leur présence en France depuis au moins 3 mois et si leurs ressources ne sont pas supérieures à 810 euros mensuels.

    L’AME ne concerne qu’une partie des migrants, les plus précaires par leur statut administratif et les plus pauvres. Il s’agit d’un droit quérable (il faut le demander), qui plus est particulièrement complexe à obtenir du fait de la lourdeur des démarches administratives pour des personnes en difficultés financières et linguistiques qui craignent d’être signalées aux autorités et expulsées.
    Remplacer l’AME par une aide médicale d’urgence présentée comme moins onéreuse

    Dans le projet de loi « immigration » qui a finalement été adopté en décembre 2023, il n’est plus fait état de l’AME. Mais une réforme de l’AME était intégrée dans une version précédente proposée par le Sénat. Elle visait à « transformer » l’AME en aide médicale d’urgence (AMU) pour la réserver aux soins vitaux. Reste à savoir si c’est sur cette base que pourrait être modifié ce dispositif en 2024.

    Si la réforme de l’AME devait suivre les préconisations du Sénat, les soins de premier recours ne seraient plus pris en charge par l’Assurance maladie et il faudrait attendre d’être à l’article de la mort pour pouvoir être soigné à l’hôpital. L’AMU existe déjà. Il ne s’agit donc pas de transformer l’AME en AMU mais tout simplement de supprimer l’AME.
    L’AME, c’est 0,5 % des dépenses annuelles de santé

    C’est un rapport parlementaire récent qui est à l’origine du projet de remplacement de l’AME par une AMU. Selon ce rapport, l’AMU ne coûterait que 70 millions d’euros contre 1,1 milliard d’euros pour l’AME de droit commun dont bénéficiaient 350 000 patients en 2021.

    Or l’AME en tant que telle ne représente qu’une goutte d’eau dans les dépenses de santé, soit 0,468 %. Ainsi on peut se demander si c’est vraiment son coût qui pose problème, ou si ce ne sont pas plutôt les patients concernés qui sont visés, c’est-à-dire les sans-papiers.

    Pour obtenir ce pourcentage de presque 0,5 %, les dépenses de 1,1 milliard d’euros correspondants à l’AME sont comparés à l’ensemble des dépenses de santé qui s’établissaient à 235,8 milliards d’euros pour l’année 2022.

    Le montant de 1,1 milliard est jugé trop élevé pour sauver des migrants. Mais à titre de comparaison, selon certaines estimations, les assurés paient, par exemple, 3 milliards d’euros par an en dépassements d’honoraires à l’hôpital ou chez le médecin de ville (on parle de « dépassements d’honoraires » quand les soins sont facturés à des tarifs qui dépassent ceux fixés par l’Assurance maladie).

    De plus, s’il faut attendre que les patients soient gravement malades pour les prendre en charge, la dépense de santé ne sera pas seulement différée, elle sera majorée. Les malades seront soignés dans des situations plus critiques qui nécessiteront des soins plus lourds donc plus coûteux. La collectivité a toujours intérêt à prendre en charge précocement les malades à la fois au nom de la santé publique mais aussi au nom des finances publiques.
    Le risque d’aggraver la surcharge des services dédiés aux plus précaires

    Il en va particulièrement des sans-papiers dont la vie en France est particulièrement difficile du fait de la précarité des revenus et du délabrement des logements qui accroissent substantiellement la probabilité d’être malade. On ne comprend pas bien ce que la collectivité a à gagner à laisser les problèmes de santé physique et mentale s’aggraver. La santé des uns dépend aussi de celle des autres.

    La transformation de l’AME en AMU ne supprimerait pas la maladie. Elle ne ferait qu’interdire la prise en charge des frais de santé si le pronostic vital n’est pas engagé. En supprimant l’AME, on organiserait le renoncement aux soins et on planifierait le retard de soin. Le risque serait d’aggraver le marasme de l’hôpital, épuisé par la crise Covid.

    On programmerait ainsi une surcharge insoutenable des Permanences d’accès aux soins de santé dédiées aux personnes démunies (PASS) et des Services d’accueil et d’urgences (SAU) déjà saturés. Cela planifierait aussi un surcroît de mortalité chez les migrants comme le montre le cas espagnol.
    Les sans-papiers avec AME ne vont pas davantage chez le médecin

    L’hôpital, et notamment ses services d’urgence, serait impacté par une suppression de l’AME du fait de l’arrivée des personnes malades dans des situations de santé plus dégradées. Toutefois, il ne faut pas perdre de vue le fait que ce sont les soins de ville, les séances chez le généraliste, qui sont visés par cette mesure.

    l’Institut de recherche et documentation en économie de la santé IRDES a comparé la consommation de soins en médecine de ville d’un échantillon de la population bénéficiaire de l’AME avec un échantillon de la population couverte par la Couverture maladie universelle complémentaire (la CMU-C, qui s’appelle aujourd’hui la Complémentaire santé solidaire, est destinée aux personnes à faibles revenus en situation régulière).

    La comparaison est menée avec les mêmes caractéristiques d’âge et de sexe, les mêmes critères de revenus pour être éligibles (moins de 810 euros mensuels) et sur un panier de soins à couverture identique, ce qui exclue de l’étude les soins dentaires et d’optique qui sont moins bien pris en charge par l’AME que par la CMU-C.

    Il en ressort que pour les deux populations, l’assurance santé permet surtout d’accéder aux généralistes avant d’arriver à l’hôpital ou aux urgences quand les choses sont aggravées, ce que précisément le projet de loi veut supprimer.

    Il n’y a pas de surcroît de consommation de soins par les sans-papiers. En d’autres termes, les sans-papiers qui bénéficient de l’AME ne se rendent pas plus chez le médecin que les personnes en situation régulière dont la situation de vie est comparable. Ce n’est pas le titre de séjour qui dicte la consommation mais l’état de santé.
    Près d’une personne éligible sur deux n’a pas l’AME

    Le mythe de « l’appel d’air » a pourtant la vie dure. Ce serait pour séjourner à l’hôpital Avicenne de Bobigny en Seine-Saint-Denis, ou ailleurs en France, que les migrants prendraient la mer sur des canots de fortune. Ils décideraient de traverser le désert libyen, d’affronter les passeurs et de risquer leur vie pour se précipiter gaiement aux guichets de l’administration française et affronter le labyrinthe administratif décuplé par la détérioration des services publics.

    La réalité est tout autre. Comment l’AME pourrait-elle décider des migrations alors que les migrants ne la demandent pas ? Alors même qu’ils tombent malades sur le sol français ? En effet, l’une des caractéristiques essentielles de l’AME est qu’elle fait l’objet d’un non recours exceptionnel de 49 %. Même après cinq années ou plus de résidence en France, 35 % des personnes sans titre de séjour n’ont pas l’AME.
    Le mythe de « l’appel d’air » battu en brèche par les études scientifiques

    La thèse du tourisme médical ou de l’appel d’air est absurde. Selon un rapport du Comede (2019), dans la plupart des cas (70 % pour l’ensemble des pathologies), les migrants découvrent leur maladie après leur arrivée en France. Rien dans les travaux scientifiques ne vient corroborer la thèse de l’appel d’air.

    Aucune étude n’a montré que les migrants venaient en France pour des raisons de santé. Au contraire, la santé est une raison secondaire. Aucune justification médicale ne vient soutenir la suppression de l’AME. Les médecins y voient au contraire une atteinte à ce qui fait la fierté de leur métier. Le débat sur l’AME est exemplaire de l’impuissance des scientifiques à ébranler les spéculations des dogmatiques.
    Les immigrés contribuent aux budgets sociaux

    Alors qu’il n’y a pas de spécificité de la santé des migrants, la prise en charge de leurs soins est systématiquement agitée en problème politique distinctif. Tout ça parce que derrière la dénonciation de l’AME, c’est l’immigration qui est attaquée en brandissant une AME fantasmée alimentée par de nombreuses désinformations listées par Médecins du monde.

    Les immigrés sont des contributeurs nets aux budgets sociaux (ils contribuent davantage qu’ils ne reçoivent de prestations sociales). Les immigrés actifs, âgés de 25 à 54 ans et représentant environ 50 % de la population immigrée en moyenne entre 2016 et 2022, ne génèrent initialement aucun coût en matière d’éducation ou de prestations sociales à leur arrivée en France.

    En bonne santé, en raison des exigences d’entrée strictes de l’Office français de l’immigration et de l’intégration (OFII), ces travailleurs étrangers cotisent et ont un faible impact sur les dépenses des caisses de sécurité sociale. Les immigrés âgés de 55 ans et plus, représentant environ 30 % des immigrés en moyenne entre 2016 et 2022, contribuent de manière indirecte à alléger les dépenses de santé en France.
    L’AME : un problème d’intégration dans le système de santé, non d’immigration

    Les problèmes de l’AME ne sont pas ceux de l’immigration mais ceux de l’absence d’intégration. L’AME est un système administratif parallèle à la Sécurité sociale et un loupé de l’universalisation de la protection santé. Toute l’histoire de la sécurité sociale a consisté à permettre à tous les résidents de bénéficier de la même couverture de base.

    En isolant les sans-papiers des autres, il devient facile de les montrer du doigt pour laisser s’exprimer le ressentiment d’une partie de la population dont les frais de santé sont en augmentation, du fait des stratégies de privatisation de la santé.

    L’absence de régime commun permet de sortir les personnes sans titre de séjour de la société comme s’ils n’étaient pas des égaux ou des semblables. C’est au contraire la fusion de l’AME dans le régime général de Sécurité sociale qui garantira un droit inaliénable aux soins de santé, protégeant la dignité de tout être humain.

    https://www.latribune.fr/opinions/tribunes/ce-que-coute-vraiment-l-aide-medicale-d-etat-988286.html

    #France #coût #économie #aide_médicale_d'Etat (#AME) #santé #migrations #asile #réfugiés #budget #aide_médicale_d'urgence (#AMU) #sans-papiers #appel_d'air #welfare_state

    via @karine4

    –—

    ajouté à la métaliste sur le lien entre #économie (et surtout l’#Etat_providence) et la #migration :
    https://seenthis.net/messages/971875

    • Le mythe de « l’appel d’air » battu en brèche par les études scientifiques
      La thèse du tourisme médical ou de l’appel d’air est absurde. Selon un rapport du Comede (2019), dans la plupart des cas (70 % pour l’ensemble des pathologies), les migrants découvrent leur maladie après leur arrivée en France. Rien dans les travaux scientifiques ne vient corroborer la thèse de l’appel d’air.
      Aucune étude n’a montré que les migrants venaient en France pour des raisons de santé. Au contraire, la santé est une raison secondaire. Aucune justification médicale ne vient soutenir la suppression de l’AME. Les médecins y voient au contraire une atteinte à ce qui fait la fierté de leur métier. Le débat sur l’AME est exemplaire de l’impuissance des scientifiques à ébranler les spéculations des dogmatiques.

      #appel_d'air

  • A vos plumes.
    Textes inédits attendus jusqu’au 8 mars 2024 sur la boîte <manuscritsABC@gmail.com>. Poètes et nouvellistes, à vos plumes !... L’exercice consistera à mettre en pratique les formes à disposition de langages non-excluants et non-binaires. L’innovation et la justesse du propos, la lisibilité et les émotions véhiculées seront des qualités largement appréciées, et leur caractère créatif bien davantage encorehttps://abceditions.org/actus/floralies-inclusives
    #écriture_inclusive #appel_à_la_création

  • #Lampedusa : ’Operational emergency,’ not ’migration crisis’

    Thousands of migrants have arrived on Lampedusa from Africa this week, with the EU at odds over what to do with them. DW reports from the Italian island, where locals are showing compassion as conditions worsen.

    Long lines of migrants and refugees, wearing caps and towels to protect themselves from the blistering September sun, sit flanked on either side of a narrow, rocky lane leading to Contrada Imbriacola, the main migrant reception center on the Italian island of Lampedusa.

    Among them are 16-year-old Abubakar Sheriff and his 10-year old brother, Farde, who fled their home in Sierra Leone and reached Lampedusa by boat from Tunisia.

    “We’ve been on this island for four days, have been sleeping outside and not consumed much food or water. We’ve been living on a couple of biscuits,” Abubakar told DW. “There were 48 people on the boat we arrived in from Tunisia on September 13. It was a scary journey and I saw some other boats capsizing. But we got lucky.”

    Together with thousands of other migrants outside the reception center, they’re waiting to be put into police vans headed to the Italian island’s port. They will then be transferred to Sicily and other parts of Italy for their asylum claims to be processed, as authorities in Lampedusa say they have reached “a tipping point” in migration management.
    Not a ’migration crisis for Italy,’ but an ’operational emergency’

    More than 7,000 migrants arrived in Lampedusa on flimsy boats from Tunisia earlier this week, leading the island’s mayor, Filippo Mannino, to declare a state of emergency and tell local media that while migrants have always been welcomed, this time Lampedusa “is in crisis.”

    In a statement released on Friday, Italian Prime Minister Giorgia Meloni said her government intends to take “immediate extraordinary measures” to deal with the landings. She said this could include a European mission to stop arrivals, “a naval mission if necessary.” But Lampedusa, with a population of just 6,000 and a reception center that has a capacity for only 400 migrants, has more immediate problems.

    Flavio Di Giacomo, spokesperson for the UN’s International Organization for Migration (IOM), told DW that while the new arrivals have been overwhelming for the island, this is not a “migration crisis for Italy.”

    “This is mainly an operational emergency for Lampedusa, because in 2015-2016, at the height of Europe’s migration crisis, only 8% of migrants arrived in Lampedusa. The others were rescued at sea and transported to Sicily to many ports there,” he said. “This year, over 70% of arrivals have been in Lampedusa, with people departing from Tunisia, which is very close to the island.”

    Di Giacomo said the Italian government had failed to prepare Lampedusa over the past few years. “The Italian government had time to increase the reception center’s capacity after it was set up in 2008,” he said. “Migration is nothing new for the country.”
    Why the sudden increase?

    One of Italy’s Pelagie Islands in the Mediterranean, Lampedusa has been the first point of entry to Europe for people fleeing conflict, poverty and war in North Africa and the Middle East for years, due to its geographical proximity to those regions. But the past week’s mass arrival of migrants caught local authorities off guard.

    “We have never seen anything like what we saw on Wednesday,” said a local police officer near the asylum reception center.

    Showing a cellphone video of several small boats crammed with people arriving at the Lampedusa port, he added, “2011 was the last time Lampedusa saw something like this.” When the civil war in Libya broke out in 2011, many people fled to Europe through Italy. At the time, Rome declared a “North Africa emergency.”

    Roberto Forin, regional coordinator for Europe at the Mixed Migration Centre, a research center, said the recent spike in arrivals likely had one main driving factor. “According to our research with refugees and migrants in Tunisia, the interceptions by Tunisian coast guards of boats leaving toward Italy seems to have decreased since the signing of the Memorandum of Understanding in mid-July between the European Union and Tunisia,” he said. “But the commission has not yet disbursed the €100 million ($106.6 million) included in the deal.”

    The EU-Tunisia deal is meant to prevent irregular migration from North Africa and has been welcomed by EU politicians, including Meloni. But rights groups have questioned whether it will protect migrants. Responding to reporters about the delayed disbursement of funds, the European Commission said on Friday that the disbursement was still a “work in progress.”

    IOM’s Giacomo said deals between the EU and North African countries aren’t the answer. “It is a humanitarian emergency right now because migrants are leaving from Tunisia, because many are victims of racial discrimination, assault, and in Libya as well, their rights are being abused,” he said. "Some coming from Tunisia are also saying they are coming to Italy to get medical care because of the economic crisis there.

    “The solution should be to organize more search-and-rescue at sea, to save people and bring them to safety,” he added. “The focus should be on helping Lampedusa save the migrants.”

    A group of young migrants from Mali who were sitting near the migrant reception center, with pink tags on their hands indicating the date of their arrival, had a similar view.

    “We didn’t feel safe in Tunisia,” they told DW. “So we paid around €750 to a smuggler in Sfax, Tunisia, who then gave us a dinghy and told us to control it and cross the sea toward Europe. We got to Italy but we don’t want to stay here. We want to go to France and play football for that country.”
    Are other EU nations helping?

    At a press briefing in Brussels on Wednesday, the European Commission said that 450 staff from Europol, Frontex and the European Union Agency for Asylum have been deployed to the island to assist Italian authorities, and €40 million ($42.6 million) has been provided for transport and other infrastructure needed for to handle the increase in migrant arrivals.

    But Italian authorities have said they’re alone in dealing with the migrants, with Germany restricting Italy from transferring migrants and France tightening its borders with the country.

    Lampedusa Deputy Mayor Attilio Lucia was uncompromising: “The message that has to get through is that Europe has to wake up because the European Union has been absent for 20 years. Today we give this signal: Lampedusa says ’Enough’, the Lampedusians have been suffering for 20 years and we are psychologically destroyed,” he told DW.

    “I understand that this was done mostly for internal politics, whereby governments in France and Germany are afraid of being attacked by far-right parties and therefore preemptively take restrictive measures,” said Forin. “On the other hand, it is a measure of the failure of the EU to mediate a permanent and sustainable mechanism. When solidarity is left to voluntary mechanisms between states there is always a risk that, when the stakes are high, solidarity vanishes.”

    Local help

    As politicians and rights groups argue over the right response, Lampedusa locals like Antonello di Malta and his mother feel helping people should be the heart of any deal.

    On the night more than 7,000 people arrived on the island, di Malta said his mother called him saying some migrants had come to their house begging for food. “I had to go out but I didn’t feel comfortable hearing about them from my mother. So I came home and we started cooking spaghetti for them. There were 10 of them,” he told DW, adding that he was disappointed with how the government was handling the situation.

    “When I saw them I thought about how I would have felt if they were my sons crying and asking for food,” said Antonello’s mother. “So I started cooking for them. We Italians were migrants too. We used to also travel from north to south. So we can’t get scared of people and we need to help.”

    Mohammad still has faith in the Italian locals helping people like him. “I left horrible conditions in Gambia. It is my first time in Europe and local people here have been nice to me, giving me a cracker or sometimes even spaghetti. I don’t know where I will be taken next, but I have not lost hope,” he told DW.

    “I stay strong thinking that one day I will play football for Italy and eventually, my home country Gambia,” he said. “That sport gives me joy through all this hardship.”

    https://www.dw.com/en/lampedusa-operational-emergency-not-migration-crisis/a-66830589

    #débarquements #asile #migrations #réfugiés #Italie #crise #compassion #transferts #urgence_opérationnelle #crise_migratoire #Europol #Frontex #Agence_de_l'Union_européenne_pour_l'asile (#EUEA #EUAA) #solidarité

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    • The dance that give life’
      Upon Lampedusa’s rocky shore they came,
      From Sub-Saharan lands, hearts aflame,
      Chasing dreams, fleeing despair,
      In search of a life that’s fair.

      Hunger gnawed, thirst clawed, bodies beat,
      Brutality’s rhythm, a policeman’s merciless feat,
      Yet within their spirits, a melody stirred,
      A refuge in humour where hope’s not deferred.

      Their laughter echoed ’cross the tiny island,
      In music and dance, they made a home,
      In the face of adversity, they sang their songs,
      In unity and rhythm, they proved their wrongs.

      A flood of souls, on Lampedusa’s strand,
      Ignited debates across the land,
      Politicians’ tongues twisted in spite,
      Racist rhetoric veiled as right.

      Yet, the common people, with curious gaze,
      Snared in the web of fear’s daze,
      Chose not to see the human plight,
      But the brainwash of bigotry’s might.

      Yet still, the survivor’s spirit shines bright,
      In the face of inhumanity, they recite,
      Their music, their dance, their undying humour,
      A testament to resilience, amid the rumour and hate.

      For they are not just numbers on a page,
      But humans, life stories, not a stage,
      Their journey not over, their tale still unspun,
      On the horizon, a new day begun.

      Written by @Yambiodavid

      https://twitter.com/RefugeesinLibya/status/1702595772603138331
      #danse #fête

    • L’imbroglio del governo oltre la propaganda

      Le politiche europee e italiane di esternalizzazione dei controlli di frontiera con il coinvolgimento di paesi terzi, ritenuti a torto “sicuri”, sono definitivamente fallite.

      La tragedia umanitaria in corso a Lampedusa, l’ennesima dalle “primavere arabe” del 2011 ad oggi, dimostra che dopo gli accordi di esternalizzazione, con la cessione di motovedette e con il supporto alle attività di intercettazione in mare, in collaborazione con Frontex, come si è fatto con la Tunisia e con la Libia (o con quello che ne rimane come governo di Tripoli), le partenze non diminuiscono affatto, ed anzi, fino a quando il meteo lo permette, sono in continuo aumento.

      Si sono bloccate con i fermi amministrativi le navi umanitarie più grandi, ma questo ha comportato un aumento degli “arrivi autonomi” e l’impossibilità di assegnare porti di sbarco distribuiti nelle città più grandi della Sicilia e della Calabria, come avveniva fino al 2017, prima del Codice di condotta Minniti e dell’attacco politico-giudiziario contro il soccorso civile.

      La caccia “su scala globale” a trafficanti e scafisti si è rivelata l’ennesimo annuncio propagandistico, anche se si dà molta enfasi alla intensificazione dei controlli di polizia e agli arresti di presunti trafficanti ad opera delle autorità di polizia e di guardia costiera degli Stati con i quali l’Italia ha stipulato accordi bilaterali finalizzati al contrasto dell’immigrazione “clandestina”. Se Salvini ha le prove di una guerra contro l’Italia, deve esibirle, altrimenti pensi al processo di Palermo sul caso Open Arms, per difendersi sui fatti contestati, senza sfruttare il momento per ulteriori sparate propagandistiche.

      Mentre si riaccende lo scontro nella maggioranza, è inutile incolpare l’Unione europea, dopo che la Meloni e Piantedosi hanno vantato di avere imposto un “cambio di passo” nelle politiche migratorie dell’Unione, mente invece hanno solo rafforzato accordi bilaterali già esistenti.

      Le politiche europee e italiane di esternalizzazione dei controlli di frontiera con il coinvolgimento di paesi terzi, ritenuti a torto “sicuri”, sono definitivamente fallite, gli arrivi delle persone che fuggono da aree geografiche sempre più instabili, per non parlare delle devastazioni ambientali, non sono diminuiti per effetto degli accordi bilaterali o multilaterali con i quali si è cercato di offrire aiuti economici in cambio di una maggiore collaborazione sulle attività di polizia per la sorveglianza delle frontiere. Dove peraltro la corruzione, i controlli mortali, se non gli abusi sulle persone migranti, si sono diffusi in maniera esponenziale, senza che alcuna autorità statale si dimostrasse in grado di fare rispettare i diritti fondamentali e le garanzie che dovrebbe assicurare a qualsiasi persona uno Stato democratico quando negozia con un paese terzo. Ed è per questa ragione che gli aiuti previsti dal Memorandum Tunisia-Ue non sono ancora arrivati e il Piano Mattei per l’Africa, sul quale Meloni e Piantedosi hanno investito tutte le loro energie, appare già fallito.

      Di fronte al fallimento sul piano internazionale è prevedibile una ulteriore stretta repressiva. Si attende un nuovo pacchetto sicurezza, contro i richiedenti asilo provenienti da paesi terzi “sicuri” per i quali, al termine di un sommario esame delle domande di protezione durante le “procedure accelerate in frontiera”, dovrebbero essere previsti “rimpatri veloci”. Come se non fossero certi i dati sul fallimento delle operazioni di espulsione e di rimpatrio di massa.

      Se si vogliono aiutare i paesi colpiti da terremoti e alluvioni, ma anche quelli dilaniati da guerre civili alimentate dalla caccia alle risorse naturali di cui è ricca l’Africa, occorrono visti umanitari, evacuazione dei richiedenti asilo presenti in Libia e Tunisia, ma anche in Niger, e sospensione immediata di tutti gli accordi stipulati per bloccare i migranti in paesi dove non si garantisce il rispetto dei diritti umani. Occorre una politica estera capace di mediare i conflitti e non di aggravarne gli esiti. Vanno aperti canali legali di ingresso senza delegare a paesi terzi improbabili blocchi navali. Per salvare vite, basta con la propaganda elettorale.

      https://ilmanifesto.it/limbroglio-del-governo-oltre-la-propaganda/r/2aUycOowSerL2VxgLCD9N

    • The fall of the Lampedusa Hotspot, people’s freedom and locals’ solidarity

      https://2196af27df.clvaw-cdnwnd.com/1b76f9dfff36cde79df962be70636288/200000912-464e9464ec/DSC09012.webp?ph=2196af27df

      A few weeks ago, the owner of one of the bars in the old port, was talking about human trafficking and money laundering between institutions and NGOs in relation to what had happened during that day. It was the evening of Thursday 24 August and Lampedusa had been touched by yet another ’exceptional’ event: 64 arrivals in one day. Tonight, in that same bar in the old port, a young Tunisian boy was sitting at a table and together with that same owner, albeit in different languages, exchanging life stories.

      What had been shaken in Lampedusa, in addition to the collapse of the Hotspot , is the collapse of the years long segregation system, which had undermined anypotential encounter with newly arrived people. A segregation that also provided fertile ground for conspiracy theories about migration, reducing people on the move to either victims or perpetrators of an alleged ’migration crisis’.

      Over the past two days, however, without police teams in manhunt mode, Lampedusa streets, public spaces, benches and bars, have been filled with encounters, conversations, pizzas and coffees offered by local inhabitants. Without hotspots and segregation mechanisms, Lampedusa becomes a space for enriching encounters and spontaneus acts of solidarity between locals and newly arrived people. Trays of fish ravioli, arancini, pasta, rice and couscous enter the small room next to the church, where volunteers try to guarantee as many meals as possible to people who, taken to the hotspot after disembarkation, had been unable to access food and water for three days. These scenes were unthinkable only a few days before. Since the beginning of the pandemic, which led to the end of the era of the ’hotspot with a hole’, newly-arrived people could not leave the detention centre, and it became almost impossible to imagine an open hotspot, with people walking freely through the city. Last night, 14 September, on Via Roma, groups of people who would never have met last week danced together with joy and complicity.

      These days, practice precedes all rhetoric, and what is happening shows that Lampedusa can be a beautiful island in the Mediterranean Sea rather than a border, that its streets can be a place of welcoming and encounter without a closed centre that stifles any space for self-managed solidarity.

      The problem is not migration but the mechanism used to manage it.

      The situation for the thousands of people who have arrived in recent days remains worrying and precarious. In Contrada Imbriacola, even tonight, people are sleeping on the ground or on cots next to the buses that will take them to the ships for transfers in the morning. Among the people, besides confusion and misinformation, there is a lot of tiredness and fatigue. There are many teenagers and adolescents and many children and pregnant women. There are no showers or sanitary facilities, and people still complain about the inaccessibility of food and water; the competitiveness during food distributions disheartens many because of the tension involved in queuing. The fights that broke out two days ago are an example of this, and since that event most of the workers of all the associations present in the centre have been prevented from entering for reasons of security and guaranteeing their safety.

      If the Red Cross and the Prefecture do not want to admit their responsibilities, these are blatant before our eyes and it is not only the images of 7000 people that prove this, but the way situations are handled due to an absolute lack of personnel and, above all, confusion at organisational moments.

      https://2196af27df.clvaw-cdnwnd.com/1b76f9dfff36cde79df962be70636288/200000932-250b0250b2/DSC08952-8.webp?ph=2196af27df

      A police commissioner tried unsuccessfully to get only a few people into the bus. The number and determination to leave of the newly arrived people is reformulating the very functioning of the transfers.

      A police commissioner tried unsuccessfully to get only a few people into the bus. The number and determination to leave of the newly arrived people is reformulating the very functioning of the transfers.

      During transfers yesterday morning, the carabinieri charged to move people crowded around a departing bus. The latter, at the cost of moving, performed a manoeuvre that squeezed the crowd against a low wall, creating an extremely dangerous situation ( video). All the people who had been standing in line for hours had to move chaotically, creating a commotion from which a brawl began in which at least one person split his eyebrow. Shortly before, one of the police commissioners had tried something different by creating a human caterpillar - people standing in line with their hands on their shoulders - in order to lead them into a bus, but once the doors were opened, other people pounced into it literally jamming it (photo). In other words, people are trudging along at the cost of others’ psycho-physical health.

      In yesterday evening’s transfer on 14 September (photo series with explanation), 300 people remained at the commercial dock from the morning to enter the Galaxy ship at nine o’clock in the evening. Against these 300 people, just as many arrived from the hotspot to board the ship or at least to try to do so.

      The tension, especially among those in control, was palpable; the marshals who remained on the island - the four patrols of the police force were all engaged for the day’s transfers - ’lined up’ between one group and another with the aim of avoiding any attempt to jump on the ship. In reality, people, including teenagers and families with children, hoped until the end to board the ship. No one told them otherwise until all 300 people passed through the only door left open to access the commercial pier. These people were promised that they would leave the next day. Meanwhile, other people from the hotspot have moved to the commercial pier and are spending the night there.

      People are demanding to leave and move freely. Obstructing rather than supporting this freedom of movement will lead people and territories back to the same impasses they have regularly experienced in recent years. The hotspot has collapsed, but other forms of borders remain that obstruct something as simple as personal self-determination. Forcing is the source of all problems, not freedom.

      Against all forms of borders, for freedom of movement for all.

      https://www.maldusa.org/l/the-fall-of-the-lampedusa-hotspot-people-s-freedom-and-locals-solidarity

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      #Video: Lampedusa on the 14th September

      –-> https://vimeo.com/864806349

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      #Lampedusa #hotspot #soilidarity #Maldusa

    • Lampedusa’s Hotspot System: From Failure to Nonexistence

      After a few days of bad weather, with the return of calm seas, people on the move again started to leave and cross the Mediterranean from Tunisia and Libya.

      During the day of 12 September alone, 110 iron, wooden and rubber boats arrived. 110 small boats, for about 5000 people in twenty-four hours. Well over the ’record’ of 60 that had astonished many a few weeks ago. Numbers not seen for years, and which add up to the approximately 120,000 people who have reached Italy since January 2023 alone: already 15,000 more than the entire year 2022.

      It has been a tense few days at the Favaloro pier, where people have been crowded for dozens of hours under the scorching sun.

      Some, having passed the gates and some rocks, jumped into the water in an attempt to find some coolness, reaching some boats at anchor and asking for water to drink.

      It pains and angers us that the police in riot gear are the only real response that seems to have been given.

      On the other hand, hundreds of people, who have arrived in the last two days on the Lampedusa coast, are walking through the streets of the town, crossing and finally reclaiming public space. The hotspot, which could accommodate 389, in front of 7000 people, has simply blown up. That is, it has opened.

      The square in front of the church was transformed, as it was years ago, into a meeting place where locals organised the distribution of food they had prepared, thanks also to the solidarity of bakers and restaurateurs who provided what they could.

      A strong and fast wave of solidarity: it seems incredible to see people on the move again, sharing space, moments and words with Lampedusians, activists from various organisations and tourists. Of course, there is also no shortage of sad and embarrassing situations, in which some tourists - perhaps secretly eager to meet ’the illegal immigrants’ - took pictures of themselves capturing these normally invisible and segregated chimeras.

      In fact, all these people would normally never meet, kept separate and segregated by the hotspot system.

      But these days a hotspot system seems to no longer exist, or to have completely broken down, in Lampedusa. It has literally been occupied by people on the move, sleeping inside and outside the centre, on the road leading from the entrance gate to the large car park, and in the abandoned huts around, and in every nook and cranny.

      Basic goods, such as water and food, are not enough. Due to the high number of people, there is a structural lack of distribution even of the goods that are present, and tensions seem to mount slowly but steadily.

      The Red Cross and workers from other organisations have been prevented from entering the hotspot centre for ’security reasons’ since yesterday morning. This seems an overwhelming situation for everyone. The pre-identification procedures, of course, are completely blown.

      Breaking out of this stalemate it’s very complex due to the continuous flow of arrivals : for today, as many as 2000 people are expected to be transferred between regular ships and military assets. For tomorrow another 2300 or so. Of course, it remains unpredictable how many people will continue to reach the island at the same time.

      In reaction to all this, we are not surprised, but again disappointed, that the city council is declaring a state of emergency still based on the rhetoric of ’invasion’.

      A day of city mourning has also been declared for the death of a 5-month-old baby, who did not survive the crossing and was found two days ago during a rescue.

      We are comforted, however, that a torchlight procession has been called by Lampedusians for tonight at 8pm. Banners read: ’STOP DEAD AT SEA’, ’LEGAL ENTRANCE CHANNELS NOW’.

      The Red Cross, Questura and Prefecture, on the other hand, oscillate between denying the problem - ’we are handling everything pretty well’ - to shouting at the invasion.

      It is not surprising either, but remains a disgrace, that the French government responds by announcing tighter border controls and that the German government announces in these very days - even though the decision stems from agreements already discussed in August regarding the Dublin Convention - that it will suspend the taking in of any refugee who falls under the so-called ’European solidarity mechanism’.

      We are facing a new level of breaking down the European borders and border regime by people on the move in the central Mediterranean area.

      We stand in full solidarity with them and wish them safe arrival in their destination cities.

      But let us remember: every day they continue to die at sea, which proves to be the deadliest border in the world. And this stems from a political choice, which remains intolerable and unacceptable.

      Freedom of movement must be a right for all!

      https://www.maldusa.org/l/lampedusas-hotspot-system-from-failure-to-nonexistence

    • « L’effet Lampedusa », ou comment se fabriquent des politiques migratoires répressives

      En concentrant les migrants dans des hotspots souvent situés sur de petites îles, les Etats européens installent une gestion inhumaine et inefficace des migrations, contradictoire avec certains de leurs objectifs, soulignent les chercheuses #Marie_Bassi et #Camille_Schmoll.

      Depuis quelques jours, la petite île de Lampedusa en Sicile a vu débarquer sur son territoire plus de migrants que son nombre d’habitants. Et comme à chacun de ces épisodes d’urgence migratoire en Europe, des représentants politiques partent en #croisade : pour accroître leur capital électoral, ils utilisent une #rhétorique_guerrière tandis que les annonces de #fermeture_des_frontières se succèdent. Les #élections_européennes approchent, c’est pour eux l’occasion de doubler par la droite de potentiels concurrents.

      Au-delà du cynisme des #opportunismes_politiques, que nous dit l’épisode Lampedusa ? Une fois de plus, que les #politiques_migratoires mises en place par les Etats européens depuis une trentaine d’années, et de manière accélérée depuis 2015, ont contribué à créer les conditions d’une #tragédie_humanitaire. Nous avons fermé les #voies_légales d’accès au territoire européen, contraignant des millions d’exilés à emprunter la périlleuse route maritime. Nous avons laissé les divers gouvernements italiens criminaliser les ONG qui portent secours aux bateaux en détresse, augmentant le degré de létalité de la traversée maritime. Nous avons collaboré avec des gouvernements irrespectueux des droits des migrants : en premier lieu la Libye, que nous avons armée et financée pour enfermer et violenter les populations migrantes afin de les empêcher de rejoindre l’Europe.

      L’épisode Lampedusa n’est donc pas simplement un drame humain : c’est aussi le symptôme d’une politique migratoire de courte vue, qui ne comprend pas qu’elle contribue à créer les conditions de ce qu’elle souhaite éviter, en renforçant l’instabilité et la violence dans les régions de départ ou de transit, et en enrichissant les réseaux criminels de trafic d’êtres humains qu’elle prétend combattre.

      Crise de l’accueil, et non crise migratoire

      Revenons d’abord sur ce que l’on peut appeler l’effet hotspot. On a assisté ces derniers mois à une augmentation importante des traversées de la Méditerranée centrale vers l’Italie, si bien que l’année 2023 pourrait, si la tendance se confirme, se hisser au niveau des années 2016 et 2017 qui avaient battu des records en termes de traversées dans cette zone. C’est bien entendu cette augmentation des départs qui a provoqué la surcharge actuelle de Lampedusa, et la situation de crise que l’on observe.

      Mais en réalité, les épisodes d’urgence se succèdent à Lampedusa depuis que l’île est devenue, au début des années 2000, le principal lieu de débarquement des migrants dans le canal de Sicile. Leur interception et leur confinement dans le hotspot de cette île exiguë de 20 km² renforce la #visibilité du phénomène, et crée un #effet_d’urgence et d’#invasion qui justifie une gestion inhumaine des arrivées. Ce fut déjà le cas en 2011 au moment des printemps arabes, lorsque plus de 60 000 personnes y avaient débarqué en quelques mois. Le gouvernement italien avait stoppé les transferts vers la Sicile, créant volontairement une situation d’#engorgement et de #crise_humanitaire. Les images du centre surpeuplé, de migrants harassés dormant dans la rue et protestant contre cet accueil indigne avaient largement été diffusées par les médias. Elles avaient permis au gouvernement italien d’instaurer un énième #état_d’urgence et de légitimer de nouvelles #politiques_répressives.

      Si l’on fait le tour des hotspots européens, force est de constater la répétition de ces situations, et donc l’échec de la #concentration dans quelques points stratégiques, le plus souvent des #îles du sud de l’Europe. L’#effet_Lampedusa est le même que l’effet #Chios ou l’effet #Moria#Lesbos) : ces #îles-frontières concentrent à elles seules, parce qu’elles sont exiguës, toutes les caractéristiques d’une gestion inhumaine et inefficace des migrations. Pensée en 2015 au niveau communautaire mais appliquée depuis longtemps dans certains pays, cette politique n’est pas parvenue à une gestion plus rationnelle des flux d’arrivées. Elle a en revanche fait peser sur des espaces périphériques et minuscules une énorme responsabilité humaine et une lourde charge financière. Des personnes traumatisées, des survivants, des enfants de plus en plus jeunes, sont accueillis dans des conditions indignes. Crise de l’accueil et non crise migratoire comme l’ont déjà montré de nombreuses personnes.

      Changer de paradigme

      Autre #myopie européenne : considérer qu’on peut, en collaborant avec les Etats de transit et de départ, endiguer les flux. Cette politique, au-delà de la vulnérabilité qu’elle crée vis-à-vis d’Etats qui peuvent user du chantage migratoire à tout moment – ce dont Kadhafi et Erdogan ne s’étaient pas privés – génère les conditions mêmes du départ des personnes en question. Car l’#externalisation dégrade la situation des migrants dans ces pays, y compris ceux qui voudraient y rester. En renforçant la criminalisation de la migration, l’externalisation renforce leur #désir_de_fuite. Depuis de nombreuses années, migrantes et migrants fuient les prisons et la torture libyennes ; ou depuis quelques mois, la violence d’un pouvoir tunisien en plein tournant autoritaire qui les érige en boucs émissaires. L’accord entre l’UE et la Tunisie, un énième du genre qui conditionne l’aide financière à la lutte contre l’immigration, renforce cette dynamique, avec les épisodes tragiques de cet été, à la frontière tuniso-libyenne.

      Lampedusa nous apprend qu’il est nécessaire de changer de #paradigme, tant les solutions proposées par les Etats européens (externalisation, #dissuasion, #criminalisation_des_migrations et de leurs soutiens) ont révélé au mieux leur #inefficacité, au pire leur caractère létal. Ils contribuent notamment à asseoir des régimes autoritaires et des pratiques violentes vis-à-vis des migrants. Et à transformer des êtres humains en sujets humanitaires.

      https://www.liberation.fr/idees-et-debats/tribunes/leffet-lampedusa-ou-comment-se-fabriquent-des-politiques-migratoires-repr

    • Pour remettre les pendules à l’heure :

      Saluti dal Paese del “fenomeno palesemente fuori controllo”.


      https://twitter.com/emmevilla/status/1703458756728610987

      Et aussi :

      « Les interceptions des migrants aux frontières représentent 1 à 3% des personnes autorisées à entrer avec un visa dans l’espace Schengen »

      Source : Babels, « Méditerranée – Des frontières à la dérive », https://www.lepassagerclandestin.fr/catalogue/bibliotheque-des-frontieres/mediterraneedes-frontieres-a-la-derive

      #statistiques #chiffres #étrangers #Italie

    • Arrivées à Lampedusa - #Solidarité et #résistance face à la crise de l’accueil en Europe.

      Suite à l’arrivée d’un nombre record de personnes migrantes à Lampedusa, la société civile exprime sa profonde inquiétude face à la réponse sécuritaire des Etats européens, la crise de l’accueil et réaffirme sa solidarité avec les personnes qui arrivent en Europe.

      Plus de 5 000 personnes et 112 bateaux : c’est le nombre d’arrivées enregistrées sur l’île italienne de Lampedusa le mardi 12 septembre. Les embarcations, dont la plupart sont arrivées de manière autonome, sont parties de Tunisie ou de Libye. Au total, plus de 118 500 personnes ont atteint les côtes italiennes depuis le début de l’année, soit près du double des 64 529 enregistrées à la même période en 2022 [1]. L’accumulation des chiffres ne nous fait pas oublier que, derrière chaque numéro, il y a un être humain, une histoire individuelle et que des personnes perdent encore la vie en essayant de rejoindre l’Europe.

      Si Lampedusa est depuis longtemps une destination pour les bateaux de centaines de personnes cherchant refuge en Europe, les infrastructures d’accueil de l’île font défaut. Mardi, le sauvetage chaotique d’un bateau a causé la mort d’un bébé de 5 mois. Celui-ci est tombé à l’eau et s’est immédiatement noyé, alors que des dizaines de bateaux continuaient d’accoster dans le port commercial. Pendant plusieurs heures, des centaines de personnes sont restées bloquées sur la jetée, sans eau ni nourriture, avant d’être transférées vers le hotspot de Lampedusa.

      Le hotspot, centre de triage où les personnes nouvellement arrivées sont tenues à l’écart de la population locale et pré-identifiées avant d’être transférées sur le continent, avec ses 389 places, n’a absolument pas la capacité d’accueillir dignement les personnes qui arrivent quotidiennement sur l’île. Depuis mardi, le personnel du centre est complètement débordé par la présence de 6 000 personnes. La Croix-Rouge et le personnel d’autres organisations ont été empêchés d’entrer dans le centre pour des « raisons de sécurité ».

      Jeudi matin, de nombreuses personnes ont commencé à s’échapper du hotspot en sautant les clôtures en raison des conditions inhumaines dans lesquelles elles y étaient détenues. Face à l’incapacité des autorités italiennes à offrir un accueil digne, la solidarité locale a pris le relais. De nombreux habitants et habitantes se sont mobilisés pour organiser des distributions de nourriture aux personnes réfugiées dans la ville [2].

      Différentes organisations dénoncent également la crise politique qui sévit en Tunisie et l’urgence humanitaire dans la ville de Sfax, d’où partent la plupart des bateaux pour l’Italie. Actuellement, environ 500 personnes dorment sur la place Beb Jebli et n’ont pratiquement aucun accès à la nourriture ou à une assistance médicale [3]. La plupart d’entre elles ont été contraintes de fuir le Soudan, l’Éthiopie, la Somalie, le Tchad, l’Érythrée ou le Niger. Depuis les déclarations racistes du président tunisien, Kais Saied, de nombreuses personnes migrantes ont été expulsées de leur domicile et ont perdu leur travail [4]. D’autres ont été déportées dans le désert où certaines sont mortes de soif.

      Alors que ces déportations massives se poursuivent et que la situation à Sfax continue de se détériorer, l’UE a conclu un nouvel accord avec le gouvernement tunisien il y a trois mois afin de coopérer « plus efficacement en matière de migration », de gestion des frontières et de « lutte contre la contrebande », au moyen d’une enveloppe de plus de 100 millions d’euros. L’UE a accepté ce nouvel accord en pleine connaissance des atrocités commises par le gouvernement tunisien ainsi que les attaques perpétrées par les garde-côtes tunisiens sur les bateaux de migrants [5].

      Pendant ce temps, nous observons avec inquiétude comment les différents gouvernements européens ferment leurs frontières et continuent de violer le droit d’asile et les droits humains les plus fondamentaux. Alors que le ministre français de l’Intérieur a annoncé son intention de renforcer les contrôles à la frontière italienne, plusieurs autres États membres de l’UE ont également déclaré qu’ils fermeraient leurs portes. En août, les autorités allemandes ont décidé d’arrêter les processus de relocalisation des demandeurs et demandeuses d’asile arrivant en Allemagne depuis l’Italie dans le cadre du « mécanisme de solidarité volontaire » [6].

      Invitée à Lampedusa dimanche par la première ministre Meloni, la Présidente de la Commission européenne Von der Leyen a annoncé la mise en place d’un plan d’action en 10 points qui vient confirmer cette réponse ultra-sécuritaire [7]. Renforcer les contrôles en mer au détriment de l’obligation de sauvetage, augmenter la cadence des expulsions et accroître le processus d’externalisation des frontières… autant de vieilles recettes que l’Union européenne met en place depuis des dizaines années et qui ont prouvé leur échec, ne faisant qu’aggraver la crise de la solidarité et la situation des personnes migrantes.

      Les organisations soussignées appellent à une Europe ouverte et accueillante et exhortent les États membres de l’UE à fournir des voies d’accès sûres et légales ainsi que des conditions d’accueil dignes. Nous demandons que des mesures urgentes soient prises à Lampedusa et que les lois internationales qui protègent le droit d’asile soient respectées. Nous sommes dévastés par les décès continus en mer causés par les politiques frontalières de l’UE et réaffirmons notre solidarité avec les personnes en mouvement.

      https://migreurop.org/article3203.html?lang_article=fr

    • Che cos’è una crisi migratoria?

      Continuare a considerare il fenomeno migratorio come crisi ci allontana sempre più dalla sua comprensione, mantenendoci ancorati a soluzioni emergenziali che non possono che risultare strumentali e pericolose
      Le immagini della fila di piccole imbarcazioni in attesa di fare ingresso nel porto di Lampedusa resteranno impresse nella nostra memoria collettiva. Oltre cinquemila persone in sole ventiquattrore, che si aggiungono alle oltre centomila giunte in Italia nei mesi precedenti (114.256 al 31 agosto 2023). Nel solo mese di agosto sono sbarcate in Italia più di venticinquemila persone, che si aggiungono alle oltre ventitremila di luglio. Era del resto in previsione di una lunga estate di sbarchi che il Governo aveva in aprile dichiarato lo stato di emergenza, in un momento in cui, secondo i dati forniti dal ministro Piantedosi, nella sola Lampedusa erano concentrate più di tremila persone. Stando alle dichiarazioni ufficiali, l’esigenza era quella di dotarsi degli strumenti tecnici per distribuire più efficacemente chi era in arrivo sul territorio italiano, in strutture gestite dalla Protezione civile, aggirando le ordinarie procedure d’appalto per l’apertura di nuove strutture di accoglienza.

      Tra il 2017 e il 2022, in parallelo con la riduzione del numero di sbarchi, il sistema d’accoglienza per richiedenti protezione internazionale era stato progressivamente contratto, perdendo circa il 240% della sua capacità ricettiva. Gli interventi dei primi mesi del 2023 sembravano tuttavia volerne rivoluzionare la fisionomia. Il cosiddetto “Decreto Cutro” escludeva i richiedenti asilo dalla possibilità di accedere alle strutture di accoglienza che fanno capo alla rete Sai (Sistema accoglienza migrazione), che a fine 2022 vantava una capacità di quasi venticinquemila posti, per riservare loro strutture come i grandi Centri di prima accoglienza o di accoglienza straordinaria, in cui sempre meno servizi alla persona sarebbero stati offerti. Per i richiedenti provenienti dai Paesi considerati “sicuri”, invece, la prospettiva era quella del confinamento in strutture situate nei pressi delle zone di frontiera in attesa dell’esito della procedura d’asilo accelerata e, eventualmente, del rimpatrio immediato.

      L’impennata nel numero di arrivi registrata negli ultimi giorni ha infine indotto il presidente del Consiglio ad annunciare con un videomessaggio trasmesso all’ora di cena nuove misure eccezionali. In particolare, sarà affidato all’Esercito il compito di creare e gestire nuove strutture detentive in cui trattenere “chiunque entri illegalmente in Italia per tutto il tempo necessario alla definizione della sue eventuale richiesta d’asilo e per la sua effettiva espulsione nel caso in cui sia irregolare”, da collocarsi “in località a bassissima densità abitativa e facilmente perimetrabili e sorvegliabili”. Parallelamente, anche i termini massimi di detenzione saranno innalzati fino a diciotto mesi.

      Ciò di cui nessuno sembra dubitare è che l’Italia si trovi a fronteggiare l’ennesima crisi migratoria. Ma esattamente, di cosa si parla quando si usa la parola “crisi” in relazione ai fenomeni migratori?

      Certo c’è la realtà empirica dei movimenti attraverso le frontiere. Oltre centomila arrivi in otto mesi giustificano forse il riferimento al concetto di crisi, ma a ben vedere non sono i numeri il fattore determinante. Alcune situazioni sono state definite come critiche anche in presenza di numeri tutto sommato limitati, per ragioni essenzialmente politico-diplomatiche. Si pensi alla crisi al confine greco-turco nel 2020, o ancora alla crisi ai confini di Polonia e Lituania con la Bielorussia nel 2021. In altri casi il movimento delle persone attraverso i confini non è stato tematizzato come una crisi anche a fronte di numeri molto elevati, si pensi all’accoglienza riservata ai profughi ucraini. Sebbene siano stati attivati strumenti di risposta eccezionali, il loro orientamento è stato prevalentemente umanitario e volto all’accoglienza. L’Italia, ad esempio, ha sì decretato uno stato d’emergenza per implementare un piano di accoglienza straordinaria dei profughi provenienti dall’Ucraina, ma ha offerto accoglienza agli oltre centosettantamila ucraini presenti sul nostro territorio senza pretendere di confinarli in centri chiusi, concedendo inoltre loro un sussidio in denaro.

      Ciò che conta è la rappresentazione del fenomeno migratorio e la risposta politica che di conseguenza segue. Le rappresentazioni e le politiche si alimentano reciprocamente. In breve, non tutti i fenomeni migratori sono interpretati come una crisi, né, quando lo sono, determinano la medesima risposta emergenziale. Ad esempio, all’indomani della tragedia di Lampedusa del 2013 prevalse un paradigma interpretativo chiaramente umanitario, che portò all’intensificazione delle operazioni di ricerca e soccorso nel Mediterraneo. Nel 2014 sbarcarono in Italia oltre centosettantamila migranti, centocinquantamila nel 2015 e ben centottantamila nel 2016. Questo tipo di approccio è stato in seguito definito come un pericoloso fattore di attrazione per le migrazioni non autorizzate e l’area operativa delle missioni di sorveglianza dei confini marittimi progressivamente arretrata, creando quel vuoto nelle attività di ricerca e soccorso che le navi delle Ong hanno cercato negli ultimi anni di colmare.

      Gli arrivi a Lampedusa degli ultimi giorni sono in gran parte l’effetto della riduzione dell’attività di sorveglianza oltre le acque territoriali. Intercettare i migranti in acque internazionali implica l’assunzione di obblighi e ricerca e soccorso che l’attuale governo accetta con una certa riluttanza, ma consente anche di far sbarcare i migranti soccorsi in mare anche in altri porti, evitando eccessive concentrazioni in un unico punto di sbarco.

      I migranti che raggiungono le nostre coste sono rappresentati come invasori, che violando i nostri confini minacciano la nostra integrità territoriale. L’appello insistito all’intervento delle forze armate che abbiamo ascoltato negli ultimi giorni si giustifica proprio attraverso il riferimento alla necessità di proteggere i confini e, in ultima analisi, l’integrità territoriale dell’Italia. Per quanto le immagini di migliaia di persone che sbarcano sulle coste italiane possano impressionare l’opinione pubblica, il riferimento alla necessità di proteggere l’integrità territoriale è frutto di un grave equivoco. Il principio di integrità territoriale è infatti codificato nel diritto internazionale come un corollario del divieto di uso della forza. Da ciò discende che l’integrità territoriale di uno Stato può essere minacciata solo da un’azione militare ostile condotta da forze regolari o irregolari. È dubbio che le migrazioni possano essere considerate una minaccia tale da giustificare, ad esempio, un blocco navale.

      Se i migranti non possono di per sé essere considerati come una minaccia alla integrità territoriale dello Stato, potrebbero però essere utilizzati come strumento da parte di attori politici intenzionati a destabilizzare politicamente i Paesi di destinazione. Non è mancato negli ultimi tempi chi ha occasionalmente evocato l’idea della strumentalizzazione delle migrazioni, fino alla recente, plateale dichiarazione del ministro Salvini. D’altra parte, questo è un tema caro ai Paesi dell’Est Europa, che hanno spinto affinché molte delle misure eccezionali adottate da loro in occasione della crisi del 2021 fossero infine incorporate nel diritto della Ue. Una parte del governo italiano sembra tuttavia più cauta, anche perché si continua a vedere nella collaborazione con i Paesi terzi la chiave di volta per la gestione del fenomeno. Accusare esplicitamente la Tunisia di strumentalizzare le migrazioni avrebbe costi politico-diplomatici troppo elevati.

      Cionondimeno, insistendo sull’elemento del rischio di destabilizzazione interna, plasticamente rappresentato dalle immagini delle migliaia di persone ammassate sul molo o nell’hotspot di Lampedusa, il governo propone una risposta politica molto simile all’approccio utilizzato da Polonia e Lituania nel 2021, centrato su respingimenti di massa e detenzione nelle zone di frontiera. L’obiettivo è quello di disincentivare i potenziali futuri migranti, paventando loro lunghi periodi di detenzione e il ritorno nella loro patria di origine.

      Gran parte di questa strategia dipende dalla collaborazione dei Paesi terzi e dalla loro disponibilità a bloccare le partenze prima che i migranti siano intercettati da autorità Italiane, facendo di conseguenza scattare gli obblighi internazionali di ricerca e soccorso o di asilo. Una strategia simile, definita come del controllo senza contatto, è stata seguita a lungo nella cooperazione con la Guardia costiera libica. Tuttavia, è proprio il tentativo di esternalizzare i controlli migratori a rendere i Paesi della Ue sempre più vulnerabili alla spregiudicata diplomazia delle migrazioni dei Paesi terzi. In definitiva, sono i Paesi europei che offrono loro la possibilità di strumentalizzare le migrazioni a scopi politici.

      Sul piano interno, il successo di una simile strategia dipende dalla capacità di rimpatriare rapidamente i migranti giunti sul territorio italiano. Alla fine del 2021 la percentuale di rimpatri che l’Italia riusciva ad eseguire era del 15% dei provvedimenti di allontanamento adottati. Gran parte delle persone rimpatriate sono tuttavia cittadini tunisini, anche perché in assenza di collaborazione con il Paese d’origine è impossibile rimpatriare. I tunisini rappresentano solo l’8% delle persone sbarcate nel 2023, che vengono in prevalenza da Guinea, Costa d’Avorio, Egitto, Bangladesh, Burkina Faso. L’allungamento dei tempi di detenzione non avrà dunque nessuna incidenza sulla efficacia delle politiche di rimpatrio.

      Uno degli argomenti utilizzati per giustificare l’intervento dell’Esercito è quello della necessità di accrescere la capacità del sistema detentivo, giudicata dal Governo non adeguata a gestire l’attuale crisi migratoria. Stando ai dati inclusi nella relazione sul sistema di accoglienza, alla fine del 2021 il sistema contava 744 posti, a fronte di una capacità ufficiale di 1.395. Come suggerisce la medesima relazione, il sistema funziona da sempre a capacità ridotta, anche perché le strutture sono soggette a ripetuti interventi di manutenzione straordinaria a causa delle devastazioni che seguono alle continue rivolte. Si tratta di strutture ai limiti dell’ingestibilità, che possono essere governate solo esercitando una forma sistemica di violenza istituzionale.

      Il sistema detentivo per stranieri sta tuttavia cambiando pelle progressivamente, ibridandosi con il sistema di accoglienza per richiedenti asilo al fine di contenere i migranti appena giunti via mare in attesa del loro più o meno rapido respingimento. Fino ad oggi, tuttavia, la detenzione ha continuato ad essere utilizzata in maniera più o meno selettiva, riservandola a coloro con ragionevoli prospettive di essere rimpatriati in tempi rapidi. Gli altri sono stati instradati verso il sistema di accoglienza, qualora avessero presentato una domanda d’asilo, o abbandonai al loro destino con in mano un ordine di lasciare l’Italia entro sette giorni.

      Le conseguenze di una politica basata sulla detenzione sistematica e a lungo termine di tutti coloro che giungono alla frontiera sono facili da immaginare. Se l’Italia si limitasse a trattenere per una media di sei mesi (si ricordi che l’intenzione espressa in questi giorni dal Governo italiano è di portare a diciotto mesi i termini massimi di detenzione) anche solo il 50% delle persone che sbarcano, significherebbe approntare un sistema detentivo con una capacità di trentottomila posti. Certo, questo calcolo si basa sulla media mensile degli arrivi registrati nel 2023, un anno di “crisi” appunto. Ma anche tenendo conto della media mensile degli arrivi dei due anni precedenti la prospettiva non sarebbe confortante. Il nostro Paese dovrebbe infatti essere in grado di mantenere una infrastruttura detentiva da ventimila posti. Una simile infrastruttura, dato l’andamento oscillatorio degli arrivi via mare, dovrebbe essere poi potenziata al bisogno per far fronte alle necessità delle fasi in cui il numero di sbarchi cresce.

      Lascio al lettore trarre le conseguenze circa l’impatto materiale e umano che una simile approccio alla gestione degli arrivi avrebbe. Mi limito qui solo ad alcune considerazioni finali sulla maniera in cui sono tematizzate le cosiddette crisi migratorie. Tali crisi continuano ad essere viste come il frutto della carenza di controlli e della incapacità dello Stato di esercitare il suo diritto sovrano di controllare le frontiere. La risposta alle crisi migratorie è dunque sempre identica a sé stessa, alla ricerca di una impossibile chiusura dei confini che riproduce sempre nuove crisi, nuovi morti in mare, nuova violenza di Stato lungo le frontiere fortificate o nelle zone di contenimento militarizzate. Guardare alle migrazioni attraverso la lente del concetto di “crisi” induce tuttavia a pensare le migrazioni come a qualcosa di eccezionale, come a un’anomalia causata da instabilità e catastrofi che si verificano in un altrove geografico e politico. Le migrazioni sono così destoricizzate e decontestualizzate dalle loro cause strutturali e i Paesi di destinazione condannati a replicare politiche destinate a fallire poiché appunto promettono risultati irraggiungibili. Più che insistere ossessivamente sulla rappresentazione delle migrazioni come crisi, si dovrebbe dunque forse cominciare a tematizzare la crisi delle politiche migratorie. Una crisi più profonda e strutturale che non può essere ridotta alle polemiche scatenate dai periodici aumenti nel numero di sbarchi.

      https://www.rivistailmulino.it/a/che-cos-una-crisi-migratoria

    • Spiegazione semplice del perché #Lampedusa va in emergenza.

      2015-2017: 150.000 sbarchi l’anno, di cui 14.000 a Lampedusa (9%).

      Ultimi 12 mesi: 157.000 sbarchi, di cui 104.000 a Lampedusa (66%).

      Soluzione: aumentare soccorsi a #migranti, velocizzare i trasferimenti.
      Fine.

      https://twitter.com/emmevilla/status/1704751278184685635

    • Interview de M. #Gérald_Darmanin, ministre de l’intérieur et des outre-mer, à Europe 1/CNews le 18 septembre 2023, sur la question migratoire et le travail des forces de l’ordre.

      SONIA MABROUK
      Bonjour à vous Gérald DARMANIN.

      GERALD DARMANIN
      Bonjour.

      SONIA MABROUK
      Merci de nous accorder cet entretien, avant votre déplacement cet après-midi à Rome. Lampedusa, Monsieur le Ministre, débordé par l’afflux de milliers de migrants. La présidente de la Commission européenne, Ursula VON DER LEYEN, en visite sur place, a appelé les pays européens à accueillir une partie de ces migrants arrivés en Italie. Est-ce que la France s’apprête à le faire, et si oui, pour combien de migrants ?

      GERALD DARMANIN
      Alors, non, la France ne s’apprête pas à le faire, la France, comme l’a dit le président de la République la Première ministre italienne, va aider l’Italie à tenir sa frontière, pour empêcher les gens d’arriver, et pour ceux qui sont arrivés en Italie, à Lampedusa et dans le reste de l’Italie, nous devons appliquer les règles européennes, que nous avons adoptées voilà quelques mois, qui consistent à faire les demandes d’asile à la frontière. Et donc une fois que l’on fait les demandes d’asile à la frontière, on constate qu’une grande partie de ces demandeurs d’asile ne sont pas éligibles à l’asile et doivent repartir immédiatement dans les pays d’origine. S’il y a des demandeurs d’asile, qui sont éligibles à l’asile, qui sont persécutés pour des raisons évidemment politiques, bien sûr, ce sont des réfugiés, et dans ces cas-là, la France comme d’autres pays, comme elle l’a toujours fait, peut accueillir des personnes. Mais ce serait une erreur d’appréciation que de considérer que les migrants parce qu’ils arrivent en Europe, doivent tout de suite être répartis dans tous les pays d’Europe et dont la France, qui prend déjà largement sa part, et donc ce que nous voulons dire à nos amis italiens, qui je crois sont parfaitement d’accord avec nous, nous devons protéger les frontières extérieures de l’Union européenne, les aider à cela, et surtout tout de suite regarder les demandes d’asile, et quand les gens ne sont pas éligibles à l’asile, tout de suite les renvoyer dans leur pays.

      SONIA MABROUK
      Donc, pour être clair ce matin Gérald DARMANIN, vous dites que la politique de relocalisation immédiate, non la France n’en prendra pas sa part.

      GERALD DARMANIN
      S’il s’agit de personnes qui doivent déposer une demande d’asile parce qu’ils sont persécutés dans leur pays, alors ce sont des réfugiés politiques, oui nous avons toujours relocalisé, on a toujours mis dans nos pays si j’ose dire une partie du fardeau qu’avaient les Italiens ou les Grecs. S’il s’agit de prendre les migrants tels qu’ils sont, 60 % d’entre eux viennent de pays comme la Côte d’Ivoire, comme la Guinée, comme la Gambie, il n’y a aucune raison qu’ils viennent…

      SONIA MABROUK
      Ça a été le cas lors de l’Ocean Viking.

      GERALD DARMANIN
      Il n’y a aucune raison. Pour d’autres raisons, c’est des raisons humanitaires, là il n’y a pas de question humanitaire, sauf qu’à Lampedusa les choses deviennent très difficiles, c’est pour ça qu’il faut que nous aidions nos amis italiens, mais il ne peut pas y avoir comme message donné aux personnes qui viennent sur notre sol, qu’ils sont quoiqu’il arrive dans nos pays accueillis. Ils ne sont accueillis que s’ils respectent les règles de l’asile, s’ils sont persécutés. Mais si c’est une immigration qui est juste irrégulière, non, la France ne peut pas les accueillir, comme d’autres pays. La France est très ferme, vous savez, j’entends souvent que c’est le pays où il y a le plus de demandeurs d’asile, c’est tout à fait faux, nous sommes le 4e pays, derrière l’Allemagne, derrière l’Espagne, derrière l’Autriche, et notre volonté c’est d’accueillir bien sûr ceux qui doivent l’être, les persécutés politiques, mais nous devons absolument renvoyer chez eux, ceux qui n’ont rien à faire en Europe.

      SONIA MABROUK
      On entend ce message ce matin, qui est un peu différent de celui de la ministre des Affaires étrangères, qui semblait parler d’un accueil inconditionnel. Le président de la République a parlé d’un devoir de solidarité. Vous, vous dites : oui, devoir de solidarité, mais nous n’allons pas avoir une politique de répartition des migrants, ce n’est pas le rôle de la France.

      GERALD DARMANIN
      Le rôle de la France, d’abord aider l’Italie.

      SONIA MABROUK
      Comment, concrètement ?

      GERALD DARMANIN
      Eh bien d’abord, nous devons continuer à protéger nos frontières, et ça c’est à l’Europe de le faire.

      SONIA MABROUK
      Ça c’est l’enjeu majeur, les frontières extérieures.

      GERALD DARMANIN
      Exactement. Nous devons déployer davantage Frontex en Méditerranée…

      SONIA MABROUK
      Avec une efficacité, Monsieur le Ministre, très discutable.

      GERALD DARMANIN
      Avec des messages qu’on doit passer à Frontex effectivement, de meilleures actions, pour empêcher les personnes de traverser pour aller à Lampedusa. Il y a eu à Lampedusa, vous l’avez dit, des milliers de personnes, 5000 même en une seule journée, m’a dit le ministre italien, le 12 septembre. Donc il y a manifestement 300, 400 arrivées de bateaux possibles. Nous devons aussi travailler avec la Tunisie, avec peut-être beaucoup plus encore d’actions que nous faisons jusqu’à présent. La Commission européenne vient de négocier un plan, eh bien il faut le mettre en place désormais, il faut arrêter d’en parler, il faut le faire. Vous savez, les bateaux qui sont produits à Sfax pour venir à Lampedusa, ils sont produits en Tunisie. Donc il faut absolument que nous cassons cet écosystème des passeurs, des trafiquants, parce qu’on ne peut pas continuer comme ça.

      GERALD DARMANIN
      Quand vous dites « nous », c’est-à-dire en partenariat avec la Tunisie ? Comment vous expliquez Monsieur le Ministre qu’il y a eu un afflux aussi soudain ? Est-ce que la Tunisie n’a pas pu ou n’a pas voulu contenir ces arrivées ?

      GERALD DARMANIN
      Je ne sais pas. J’imagine que le gouvernement tunisien a fait le maximum…

      SONIA MABROUK
      Vous devez avoir une idée.

      GERALD DARMANIN
      On sait qu’on que tous ces gens sont partis de Sfax, donc d’un endroit extrêmement précis où il y a beaucoup de migrants notamment Africains, Subsahariens qui y sont, donc la Tunisie connaît elle-même une difficulté migratoire très forte. On doit manifestement l’aider, mais on doit aussi très bien coopérer avec elle, je crois que c’est ce que fait en ce moment le gouvernement italien, qui rappelle un certain nombre de choses aux Tunisiens, quoi leur rappelle aussi leurs difficultés. Donc, ce qui est sûr c’est que nous avons désormais beaucoup de plans, on a beaucoup de moyens, on a fait beaucoup de déplacements, maintenant il faut appliquer cela. Vous savez, la France, à la demande du président de la République, c’était d’ailleurs à Tourcoing, a proposé un pacte migratoire, qui consistait très simplement à ce que les demandes d’asile ne se fassent plus dans nos pays, mais à la frontière. Tout le monde l’a adopté, y compris le gouvernement de madame MELONI. C’est extrêmement efficace puisque l’idée c’est qu’on dise que les gens, quand ils rentrent sur le territoire européen, ne sont pas juridiquement sur le territoire européen, que nous regardions leur asile en quelques jours, et nous les renvoyons. Il faut que l’Italie…

      SONIA MABROUK
      Ça c’est le principe.

      GERALD DARMANIN
      Il faut que l’Italie anticipe, anticipe la mise en place de ce dispositif. Et pourquoi il n’a pas encore été mis en place ? Parce que des députés européens, ceux du Rassemblement national, ont voté contre. C’est-à-dire que l’on est dans une situation politique un peu étonnante, où la France trouve une solution, la demande d’asile aux frontières, beaucoup plus efficace. Le gouvernement de madame MELONI, dans lequel participe monsieur SALVINI, est d’accord avec cette proposition, simplement ceux qui bloquent ça au Parlement européen, c’est le Rassemblement national, qui après va en Italie pour dire que l’Europe ne fait rien.

      SONIA MABROUK
      Sauf que, Monsieur le Ministre…

      GERALD DARMANIN
      Donc on voit bien qu’il y a du tourisme électoral de la part de madame LE PEN…

      SONIA MABROUK
      Vous le dénoncez.

      GERALD DARMANIN
      Il faut désormais être ferme, ce que je vous dis, nous n’accueillerons pas les migrants sur le territoire européen…

      SONIA MABROUK
      Mais un migrant, sur le sol européen aujourd’hui, sait qu’il va y rester. La vocation est d’y rester.

      GERALD DARMANIN
      Non, c’est tout à fait faux, nous faisons des retours. Nous avons par exemple dans les demandes d’asile, prévu des Ivoiriens. Bon. Nous avons des personnes qui viennent du Cameroun, nous avons des personnes qui viennent de Gambie. Avec ces pays nous avons d’excellentes relations politiques internationales, et nous renvoyons tous les jours dans ces pays des personnes qui n’ont rien à faire pour demander l’asile en France ou en Europe. Donc c’est tout à fait faux, avec certains pays nous avons plus de difficultés, bien sûr, parce qu’ils sont en guerre, comme la Syrie, comme l’Afghanistan bien sûr, mais avec beaucoup de pays, la Tunisie, la Gambie, la Côte d’Ivoire, le Sénégal, le Cameroun, nous sommes capables d’envoyer très rapidement ces personnes chez elles.

      SONIA MABROUK
      Lorsque le patron du Rassemblement national Jordan BARDELLA, ou encore Eric ZEMMOUR, ou encore Marion MARECHAL sur place, dit : aucun migrant de Lampedusa ne doit arriver en France. Est-ce que vous êtes capable de tenir, si je puis dire cette déclaration ? Vous dites : c’est totalement illusoire.

      GERALD DARMANIN
      Non mais monsieur BARDELLA il fait de la politique politicienne, et malheureusement sur le dos de ses amis italiens, sur le dos de femmes et d’hommes, puisqu’il ne faut jamais oublier que ces personnes évidemment connaissent des difficultés extrêmement fortes. Il y a un bébé qui est mort à Lampedusa voilà quelques heures, et évidemment sur le dos de l’intelligence politique que les Français ont. Le Front national vote systématiquement contre toutes les mesures que nous proposons au niveau européen, chacun voit que c’est un sujet européen, c’est pour ça d’ailleurs qu’il se déplace, j’imagine, en Italie…

      SONIA MABROUK
      Ils ne sont pas d’accord avec votre politique, Monsieur le Ministre, ça ne surprend personne.

      GERALD DARMANIN
      Non mais monsieur SALVINI madame MELONI, avec le gouvernement français, ont adopté un texte commun qui prévoit une révolution : la demande d’asile aux frontières. Monsieur BARDELLA, lui il parle beaucoup, mais au Parlement européen il vote contre. Pourquoi ? Parce qu’il vit des problèmes. La vérité c’est que monsieur BARDELLA, comme madame Marion MARECHAL LE PEN, on a compris qu’il y a une sorte de concurrence dans la démagogie à l’extrême droite, eux, ce qu’ils veulent c’est vivre des problèmes. Quand on leur propose de résoudre les problèmes, l’Europe avec le président de la République a essayé de leur proposer de les résoudre. Nous avons un accord avec madame MELONI, nous faisons la demande d’asile aux frontières, nous considérons qu’il n’y a plus d’asile en Europe, tant qu’on n’a pas étudié aux frontières cet asile. Quand le Rassemblement national vote contre, qu’est-ce qui se passe ? Eh bien ils ne veulent pas résoudre les problèmes, ils veulent pouvoir avoir une sorte de carburant électoral, pour pouvoir dire n’importe quoi, comme ils l’ont fait ce week-end encore.

      SONIA MABROUK
      Ce matin, sur les 5 000, 6 000 qui sont arrivés à Lampedusa, combien seront raccompagnés, combien n’ont pas vocation et ne resteront pas sur le sol européen ?

      GERALD DARMANIN
      Alors, c’est difficile. C’est difficile à savoir, parce que moi je ne suis pas les autorités italiennes, c’est pour ça que à la demande, du président je vais à Rome cet après-midi, mais de notre point de vue, de ce que nous en savons des autorités italiennes, beaucoup doivent être accompagnés, puisqu’encore une fois je comprends que sur à peu près 8 000 ou 9 000 personnes qui sont arrivées, il y a beaucoup de gens qui viennent de pays qui ne connaissent pas de persécution politique, ni au Cameroun, ni en Côte d’Ivoire, ni bien sûr en Gambie, ni en Tunisie, et donc ces personnes, bien sûr, doivent repartir dans leur pays et la France doit les aider à repartir.

      SONIA MABROUK
      On note Gérald DARMANIN que vous avez un discours, en tout cas une tonalité très différente à l’égard de madame MELONI, on se souvient tous qu’il y a eu quasiment une crise diplomatique il y a quelques temps, lorsque vous avez dit qu’elle n’était pas capable de gérer ces questions migratoires sur lesquelles elle a été… elle est arrivée au pouvoir avec un discours très ferme, aujourd’hui vous dites « non, je la soutiens madame MELONI », c’est derrière nous toutes ces déclarations, que vous avez tenues ?

      GERALD DARMANIN
      Je ne suis pas là pour soutenir madame MELONI, non, je dis simplement que lorsqu’on vote pour des gouvernements qui vous promettent tout, c’est le cas aussi de ce qui s’est passé avec le Brexit en Grande-Bretagne, les Français doivent comprendre ça. Lorsqu’on vous dit " pas un migrant ne viendra, on fera un blocus naval, vous allez voir avec nous on rase gratis ", on voit bien que la réalité dépasse largement ces engagements.

      SONIA MABROUK
      Elle a réitéré le blocus naval !

      GERALD DARMANIN
      Le fait est qu’aujourd’hui nous devons gérer une situation où l’Italie est en grande difficulté, et on doit aider l’Italie, parce qu’aider l’Italie, d’abord c’est nos frères et nos soeurs les Italiens, mais en plus c’est la continuité, évidemment, de ce qui va se passer en France, donc moi je suis là pour protéger les Français, je suis là pour protéger les Français parce que le président de la République souhaite que nous le faisions dans un cadre européen, et c’est la seule solution qui vaille, parce que l’Europe doit parler d’une seule voix…

      SONIA MABROUK
      C’est la seule solution qui vaille ?

      GERALD DARMANIN
      Oui, c’est la seule solution qui vaille…

      SONIA MABROUK
      Vous savez que l’Allemagne a changé, enfin elle n’en voulait pas, finalement là, sur les migrants, elle change d’avis, la Hongrie, la Pologne, je n’en parle même pas, la situation devient quand même intenable.

      GERALD DARMANIN
      La France a un rôle moteur dans cette situation de ce week-end, vous avez vu les contacts diplomatiques que nous avons eus, on est heureux d’avoir réussi à faire bouger nos amis Allemands sur cette situation. Les Allemands connaissent aussi une difficulté forte, ils ont 1 million de personnes réfugiées ukrainiens, ils ont une situation compliquée par rapport à la nôtre aussi, mais je constate que l’Allemagne et la France parlent une nouvelle fois d’une seule voix.

      SONIA MABROUK
      Mais l’Europe est en ordre dispersé, ça on peut le dire, c’est un constat lucide.

      GERALD DARMANIN
      L’Europe est dispersée parce que l’Europe, malheureusement, a des intérêts divergents, mais l’Europe a réussi à se mettre d’accord sur la proposition française, encore une fois, une révolution migratoire qui consiste à faire des demandes d’asile à la frontière. Nous nous sommes mis d’accord entre tous les pays européens, y compris madame MELONI, ceux qui bloquent c’est le Rassemblement national, et leurs amis, au Parlement européen, donc plutôt que de faire du tourisme migratoire à Lampedusa comme madame Marion MARECHAL LE PEN, ou raconter n’importe quoi comme monsieur BARDELLA, ils feraient mieux de faire leur travail de députés européens, de soutenir la France, d’être un peu patriotes pour une fois, de ne pas faire la politique du pire…

      SONIA MABROUK
      Vous leur reprochez un défaut de patriotisme à ce sujet-là ?

      GERALD DARMANIN
      Quand on ne soutient pas la politique de son gouvernement, lorsque l’on fait l’inverser…

      SONIA MABROUK
      Ça s’appelle être dans l’opposition parfois Monsieur le Ministre.

      GERALD DARMANIN
      Oui, mais on ne peut pas le faire sur le dos de femmes et d’hommes qui meurent, et moi je vais vous dire, le Rassemblement national aujourd’hui n’est pas dans la responsabilité politique. Qu’il vote ce pacte migratoire très vite, que nous puissions enfin, concrètement, aider nos amis Italiens, c’est sûr qu’il y aura moins d’images dramatiques, du coup il y aura moins de carburant pour le Rassemblement national, mais ils auront fait quelque chose pour leur pays.

      SONIA MABROUK
      Vous les accusez, je vais employer ce mot puisque la ministre Agnès PANNIER-RUNACHER l’a employé elle-même, de « charognards » là, puisque nous parlons de femmes et d’hommes, de difficultés aussi, c’est ce que vous êtes en train de dire ?

      GERALD DARMANIN
      Moi je ne comprends pas pourquoi on passe son temps à faire des conférences de presse en Italie, à Lampedusa, en direct sur les plateaux de télévision, lorsqu’on n’est pas capable, en tant que parlementaires européens, de voter un texte qui permet concrètement de lutter contre les difficultés migratoires. Encore une fois, la révolution que la France a proposée, et qui a été adoptée, avec le soutien des Italiens, c’est ça qui est paradoxal dans cette situation, peut être résolue si nous mettons en place…

      SONIA MABROUK
      Résolue…

      GERALD DARMANIN
      Bien sûr ; si nous mettons en place les demandes d’asile aux frontières, on n’empêchera jamais les gens de traverser la Méditerranée, par contre on peut très rapidement leur dire qu’ils ne peuvent pas rester sur notre sol, qu’ils ne sont pas des persécutés…

      SONIA MABROUK
      Comment vous appelez ce qui s’est passé, Monsieur le Ministre, est-ce que vous dites c’est un afflux soudain et massif, ou est-ce que vous dites que c’est une submersion migratoire, le diagnostic participe quand même de la résolution des défis et des problèmes ?

      GERALD DARMANIN
      Non, mais sur Lampedusa, qui est une île évidemment tout au sud de la Méditerranée, qui est même au sud de Malte, il y a 6000 habitants, lorsqu’il y a entre 6 et 8 000 personnes qui viennent en quelques jours évidemment c’est une difficulté immense, et chacun le comprend, pour les habitants de Lampedusa.

      SONIA MABROUK
      Comment vous qualifiez cela ?

      GERALD DARMANIN
      Mais là manifestement il y a à Sfax une difficulté extrêmement forte, où on a laissé passer des centaines de bateaux, fabriqués d’ailleurs, malheureusement….

      SONIA MABROUK
      Donc vous avez un gros problème avec les pays du Maghreb, en l’occurrence la Tunisie ?

      GERALD DARMANIN
      Je pense qu’il y a un énorme problème migratoire interne à l’Afrique, encore une fois la Tunisie, parfois même l’Algérie, parfois le Maroc, parfois la Libye, ils subissent eux-mêmes une pression migratoire d’Afrique, on voit bien que la plupart du temps ce sont des nationalités du sud du Sahel, donc les difficultés géopolitiques que nous connaissons ne sont pas pour rien dans cette situation, et nous devons absolument aider l’Afrique à absolument aider les Etats du Maghreb. On peut à la fois les aider, et en même temps être très ferme, on peut à la fois aider ces Etats à lutter contre l’immigration interne à l’Afrique, et en même temps expliquer…

      SONIA MABROUK
      Ça n’empêche pas la fermeté.

      GERALD DARMANIN
      Que toute personne qui vient en Europe ne sera pas accueillie chez nous.

      SONIA MABROUK
      Encore une question sur ce sujet. Dans les différents reportages effectués à Lampedusa on a entendu certains migrants mettre en avant le système social français, les aides possibles, est-ce que la France, Gérald DARMANIN, est trop attractive, est-ce que notre modèle social est trop généreux et c’est pour cela qu’il y a ces arrivées aussi ?

      GERALD DARMANIN
      Alors, je ne suis pas sûr qu’on traverse le monde en se disant « chouette, il y a ici une aide sociale particulièrement aidante », mais il se peut…

      SONIA MABROUK
      Mais quand on doit choisir entre différents pays ?

      GERALD DARMANIN
      Mais il se peut qu’une fois arrivées en Europe, effectivement, un certain nombre de personnes, aidées par des passeurs, aidées parfois par des gens qui ont de bonnes intentions, des associations, se disent « allez dans ce pays-là parce qu’il y a plus de chances de », c’est ce pourquoi nous luttons. Quand je suis arrivé au ministère de l’Intérieur nous étions le deuxième pays d’Europe qui accueille le plus de demandeurs d’asile, aujourd’hui on est le quatrième, on doit pouvoir continuer à faire ce travail, nous faisons l’inverse de certains pays autour de nous, par exemple l’Allemagne qui ouvre plutôt plus de critères, nous on a tendance à les réduire, et le président de la République, dans la loi immigration, a proposé beaucoup de discussions pour fermer un certain nombre d’actions d’accueil. Vous avez la droite, LR, qui propose la transformation de l’AME en Aide Médicale d’Urgence, nous sommes favorables à étudier cette proposition des LR, j’ai moi-même proposé un certain nombre de dispositions extrêmement concrètes pour limiter effectivement ce que nous avons en France et qui parfois est différent des pays qui nous entourent et qui peuvent conduire à cela. Et puis enfin je terminerai par dire, c’est très important, il faut lutter contre les passeurs, la loi immigration que je propose passe de délit a crime, avec le garde des Sceaux on a proposé qu’on passe de quelques années de prison à 20 ans de prison pour ceux qui trafiquent des êtres humains, aujourd’hui quand on arrête des passeurs, on en arrête tous les jours grâce à la police française, ils ne sont condamnés qu’à quelques mois de prison, alors que demain, nous l’espérons, ils seront condamnés bien plus.

      SONIA MABROUK
      Bien. Gérald DARMANIN, sur CNews et Europe 1 notre « Grande interview » s’intéresse aussi à un nouveau refus d’obtempérer qui a dégénéré à Stains, je vais raconter en quelques mots ce qui s’est passé pour nos auditeurs et téléspectateurs, des policiers ont pris en chasse un deux-roues, rapidement un véhicule s’est interposé pour venir en aide aux fuyards, un policier a été violemment pris à partie, c’est son collègue qui est venu pour l’aider, qui a dû tirer en l’air pour stopper une scène de grande violence vis-à-vis de ce policier, comment vous réagissez par rapport à cela ?

      GERALD DARMANIN
      D’abord trois choses. Les policiers font leur travail, et partout sur le territoire national, il n’y a pas de territoires perdus de la République, il y a des territoires plus difficiles, mais Stains on sait tous que c’est une ville à la fois populaire et difficile pour la police nationale. La police le samedi soir fait des contrôles, lorsqu’il y a des refus d’obtempérer, je constate que les policiers sont courageux, et effectivement ils ont été violentés, son collègue a été très courageux de venir le secourir, et puis troisièmement force est restée à la loi, il y a eu cinq interpellations, ils sont présentés aujourd’hui…

      SONIA MABROUK
      A quel prix.

      GERALD DARMANIN
      Oui, mais c’est le travail…

      SONIA MABROUK
      A quel prix pour le policier.

      GERALD DARMANIN
      Malheureusement c’est le travail, dans une société très violente…

      SONIA MABROUK
      D’être tabassé ?

      GERALD DARMANIN
      Dans une société très violente les policiers, les gendarmes, savent la mission qu’ils ont, qui est une mission extrêmement difficile, je suis le premier à les défendre partout sur les plateaux de télévision, je veux dire qu’ils ont réussi, à la fin, à faire entendre raison à la loi, les Français doivent savoir ce matin que cinq personnes ont été interpellées, présentées devant le juge.

      SONIA MABROUK
      Pour quel résultat, Monsieur le Ministre ?

      GERALD DARMANIN
      Eh bien moi je fais confiance en la justice.

      SONIA MABROUK
      Parfois on va les trouver à l’extérieur.

      GERALD DARMANIN
      Non non, je fais confiance en la justice, quand on…

      SONIA MABROUK
      Ça c’est le principe. On fait tous, on aimerait tous faire confiance à la justice.

      GERALD DARMANIN
      Non, mais quand on moleste un policier, j’espère que les peines seront les plus dures possible.

      SONIA MABROUK
      On va terminer avec une semaine intense et à risques qui s’annonce, la suite de la Coupe du monde de rugby, la visite du roi Charles III, le pape à Marseille. Vous avez appelé les préfets à une très haute vigilance. C’est un dispositif exceptionnel pour relever ces défis, qui sera mis en oeuvre.

      GERALD DARMANIN
      Oui, donc cette semaine la France est au coeur du monde par ces événements, la Coupe du monde de rugby qui continue, et qui se passe bien. Vous savez, parfois ça nous fait sourire. La sécurité ne fait pas de bruit, l’insécurité en fait, mais depuis le début de cette Coupe du monde, les policiers, des gendarmes, les pompiers réussissent à accueillir le monde en de très très bonnes conditions, tant mieux, il faut que ça continue bien sûr. Le pape qui vient deux jours à Marseille, comme vous l’avez dit, et le roi Charles pendant trois jours. Il y aura jusqu’à 30 000 policiers samedi, et puis après il y a quelques événements comme PSG - OM dimanche prochain, c’est une semaine…

      SONIA MABROUK
      Important aussi.

      GERALD DARMANIN
      C’est une semaine horribilis pour le ministre de l’Intérieur et pour les policiers et les gendarmes, et nous le travaillons avec beaucoup de concentration, le RAID, le GIGN est tout à fait aujourd’hui prévu pour tous ces événements, et nous sommes capables d’accueillir ces grands événements mondiaux en une semaine, c’est l’honneur de la police nationale et de la gendarmerie nationale.

      SONIA MABROUK
      Merci Gérald DARMANIN.

      GÉRALD DARMANIN
      Merci à vous.

      SONIA MABROUK
      Vous serez donc cet après-midi…

      GÉRALD DARMANIN
      A Rome.

      SONIA MABROUK
      …à Rome avec votre homologue évidemment de l’Intérieur. Merci encore de nous avoir accordé cet entretien.

      GERALD DARMANIN
      Merci à vous.

      SONIA MABROUK
      Et bonne journée sur Cnews et Europe 1

      https://www.vie-publique.fr/discours/291092-gerald-darmanin-18092023-immigration

      #Darmanin #demandes_d'asile_à_la_frontière

    • Darmanin: ’La Francia non accoglierà migranti da Lampedusa’

      Ma con Berlino apre alla missione navale. Il ministro dell’Interno francese a Roma. Tajani: ’Fa fede quello che dice Macron’. Marine Le Pen: ’Dobbianmo riprendere il controllo delle nostre frontiere’

      «La Francia non prenderà nessun migrante da Lampedusa». All’indomani della visita di Ursula von der Leyen e Giorgia Meloni sull’isola a largo della Sicilia, il governo transalpino torna ad alzare la voce sul fronte della solidarietà e lo fa, ancora una volta, con il suo ministro dell’Interno Gerald Darmanin.

      La sortita di Parigi giunge proprio mentre, da Berlino, arriva l’apertura alla richiesta italiana di una missione navale comune per aumentare i controlli nel Mediterraneo, idea sulla quale anche la Francia si dice pronta a collaborare.

      Sullo stesso tenore anche le dichiarazioni Marine Le Pen. «Nessun migrante da Lampedusa deve mettere piede in Francia. Serve assolutamente una moratoria totale sull’immigrazione e dobbiamo riprendere il controllo delle nostre frontiere. Spetta a noi nazioni decidere chi entra e chi resta sul nostro territorio». Lo ha detto questa sera Marine Le Pen, leader dell’estrema destra francese del Rassemblement National, «Quelli che fanno appello all’Unione europea si sbagliano - ha continuato Le Pen - perché è vano e pericoloso. Vano perché l’Unione europea vuole l’immigrazione, pericoloso perché lascia pensare che deleghiamo all’Unione europea la decisione sulla politica di immigrazione che dobbiamo condurre. Spetta al popolo francese decidere e bisogna rispettare la sua decisione».

      La strada per la messa a punto di un’azione Ue, tuttavia, resta tremendamente in salita anche perché è segnata da uno scontro interno alle istituzioni comunitarie sull’intesa con Tunisi: da un lato il Consiglio Ue, per nulla soddisfatto del modus operandi della Commissione, e dall’altro l’esecutivo europeo, che non ha alcuna intenzione di abbandonare la strada tracciata dal Memorandum siglato con Kais Saied. «Sarebbe un errore di giudizio considerare che i migranti, siccome arrivano in Europa, devono essere subito ripartiti in tutta Europa e in Francia, che fa ampiamente la sua parte», sono state le parole con cui Darmamin ha motiva il suo no all’accoglienza. Il ministro lo ha spiegato prima di recarsi a Roma, su richiesta del presidente Emmanuel Macron, per un confronto con il titolare del Viminale Matteo Piantedosi. Ed è proprio a Macron che l’Italia sembra guardare, legando le frasi di Darmanin soprattutto alle vicende politiche interne d’Oltralpe. «Fa fede quello che dice Macron e quello che dice il ministro degli Esteri, mi pare che ci sia voglia di collaborare», ha sottolineato da New York il titolare della Farnesina Antonio Tajani invitando tutti, in Italia e in Ue, a non affrontare il dossier con «slogan da campagna elettorale».

      Eppure la sortita di Darmanin ha innescato l’immediata reazione della maggioranza, soprattutto dalle parti di Matteo Salvini. «Gli italiani si meritano fatti concreti dalla Francia e dall’Europa», ha tuonato la Lega. Nel piano Ue su Lampedusa il punto dell’accoglienza è contenuto nel primo dei dieci punti messi neri su bianco. Ma resta un concetto legato alla volontarietà. Che al di là della Francia, per ora trova anche il no dell’Austria. Il nodo è sempre lo stesso: i Paesi del Nord accusano Roma di non rispettare le regole sui movimenti secondari, mentre l’Italia pretende di non essere l’unico approdo per i migranti in arrivo. Il blocco delle partenze, in questo senso, si presenta come l’unica mediazione politicamente percorribile. Berlino e Parigi si dicono pronte a collaborare su un maggiore controllo aereo e navale delle frontiere esterne. L’Ue sottolinea di essere «disponibile a esplorare l’ipotesi», anche se la «decisione spetta agli Stati».

      Il raggio d’azione di von der Leyen, da qui alle prossime settimane, potrebbe tuttavia restringersi: sull’intesa con Tunisi l’Alto Rappresentante Ue per la Politica Estera Josep Borrell, il servizio giuridico del Consiglio Ue e alcuni Paesi membri - Germania e Lussemburgo in primis - hanno mosso riserve di metodo e di merito. L’accusa è duplice: il Memorandum con Saied non solo non garantisce il rispetto dei diritti dei migranti ma è stato firmato dal cosiddetto ’team Europe’ (von der Leyen, Mark Rutte e Meloni) senza l’adeguata partecipazione del Consiglio. Borrell lo ha messo nero su bianco in una missiva indirizzata al commissario Oliver Varhelyi e a von der Leyen. «Gli Stati membri sono stati informati e c’è stato ampio sostegno», è stata la difesa della Commissione. Invero, al Consiglio europeo di giugno l’intesa incassò l’endorsement dei 27 ma il testo non era stato ancora ultimato. E non è arrivato al tavolo dei rappresentanti permanenti se non dopo essere stato firmato a Cartagine. Ma, spiegano a Palazzo Berlaymont, l’urgenza non permetteva rallentamenti. I fondi per Tunisi, tuttavia, attendono ancora di essere esborsati. La questione - assieme a quella del Patto sulla migrazione e al Piano Lampedusa - è destinata a dominare le prossime riunioni europee: quella dei ministri dell’Interno del 28 settembre e, soprattutto, il vertice informale dei leader previsto a Granada a inizio ottobre.

      https://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/2023/09/18/darmanin-la-francia-non-accogliera-migranti-da-lampedusa_2f53eae6-e8f7-4b82-9d7

    • Lampedusa : les contrevérités de Gérald Darmanin sur le profil des migrants et leur droit à l’asile

      Le ministre de l’Intérieur persiste à dire, contre la réalité du droit et des chiffres, que la majorité des migrants arrivés en Italie la semaine dernière ne peuvent prétendre à l’asile.

      A en croire Gérald Darmanin, presque aucune des milliers de personnes débarquées sur les rives de l’île italienne de Lampedusa depuis plus d’une semaine ne mériterait d’être accueillie par la France. La raison ? D’un côté, affirme le ministre de l’Intérieur, il y aurait les « réfugiés » fuyant des persécutions politiques ou religieuses, et que la France se ferait un honneur d’accueillir. « Et puis, il y a les migrants », « des personnes irrégulières » qui devraient être renvoyées dans leur pays d’origine le plus rapidement possible, a-t-il distingué, jeudi 22 septembre sur BFMTV.

      « S’il s’agit de prendre les migrants tels qu’ils sont : 60 % d’entre eux viennent de pays tels que la Côte d’Ivoire, comme la Guinée, comme la Gambie, il n’y a aucune raison [qu’ils viennent] », a-t-il en sus tonné sur CNews, lundi 18 septembre. Une affirmation serinée mardi sur TF1 dans des termes semblables : « 60 % des personnes arrivées à Lampedusa sont francophones. Il y a des Ivoiriens et des Sénégalais, qui n’ont pas à demander l’asile en Europe. »
      Contredit par les données statistiques italiennes

      D’après le ministre – qui a expliqué par la suite tenir ses informations de son homologue italien – « l’essentiel » des migrants de Lampedusa sont originaires du Cameroun, du Sénégal, de Côte-d’Ivoire, de Gambie ou de Tunisie. Selon le ministre, leur nationalité les priverait du droit de demander l’asile. « Il n’y aura pas de répartition de manière générale puisque ce ne sont pas des réfugiés », a-t-il prétendu, en confondant par la même occasion les demandeurs d’asiles et les réfugiés, soit les personnes dont la demande d’asile a été acceptée.

      https://twitter.com/BFMTV/status/1704749840133923089

      Interrogé sur le profil des migrants arrivés à Lampedusa, le ministère de l’Intérieur italien renvoie aux statistiques de l’administration du pays. A rebours des propos définitifs de Gérald Darmanin sur la nationalité des personnes débarquées sur les rives italiennes depuis la semaine dernière, on constate, à l’appui de ces données, qu’une grande majorité des migrants n’a pas encore fait l’objet d’une procédure d’identification. Sur les 16 911 personnes arrivées entre le 11 et le 20 septembre, la nationalité n’est précisée que pour 30 % d’entre elles.

      En tout, 12 223 personnes, soit 72 % des personnes arrivées à Lampedusa, apparaissent dans la catégorie « autres » nationalités, qui mélange des ressortissants de pays peu représentés et des migrants dont l’identification est en cours. A titre de comparaison, au 11 septembre, seulement 30 % des personnes étaient classées dans cette catégorie. Même si la part exacte de migrants non identifiés n’est pas précisée, cette catégorie apparaît être un bon indicateur de l’avancée du travail des autorités italiennes.

      Parmi les nationalités relevées entre le 11 et 20 septembre, le ministère de l’Intérieur italien compte effectivement une grande partie de personnes qui pourraient être francophones : 1 600 Tunisiens, 858 Guinéens, 618 Ivoiriens, 372 Burkinabés, presque autant de Maliens, 253 Camerounais, mais aussi des ressortissants moins susceptibles de connaître la langue (222 Syriens, environ 200 Egyptiens, 128 Bangladais et 74 Pakistanais).

      A noter que selon ces statistiques italiennes partielles, il n’est pas fait état de ressortissants sénégalais et gambiens évoqués par Gérald Darmanin. Les données ne disent rien, par ailleurs, du genre ou de l’âge de ces arrivants. « La plupart sont des hommes mais aussi on a aussi vu arriver des familles, des mères seules ou des pères seuls avec des enfants et beaucoup de mineurs non accompagnés, des adolescents de 16 ou 17 ans », décrivait à CheckNews la responsable des migrations de la Croix-Rouge italienne, Francesca Basile, la semaine dernière.

      Légalement, toutes les personnes arrivées à Lampedusa peuvent déposer une demande d’asile, s’ils courent un danger dans leur pays d’origine. « Il ne s’agit pas seulement d’un principe théorique. En vertu du droit communautaire et international, toute personne – quelle que soit sa nationalité – peut demander une protection internationale, et les États membres de l’UE ont l’obligation de procéder à une évaluation individuelle de chaque demande », a ainsi rappelé à CheckNews l’agence de l’union européenne pour l’asile. L’affirmation de Gérald Darmanin selon laquelle des migrants ne seraient pas éligibles à l’asile en raison de leur nationalité est donc fausse.

      Par ailleurs, selon le règlement de Dublin III, la demande d’asile doit être instruite dans le premier pays où la personne est arrivée au sein de l’Union européenne (à l’exception du Danemark), de la Suisse, de la Norvège, de l’Islande et du Liechtenstein. Ce sont donc aux autorités italiennes d’enregistrer et de traiter les demandes des personnes arrivées à Lampedusa. Dans certains cas, des transferts peuvent être opérés vers un pays signataires de l’accord de Dublin III, ainsi du rapprochement familial. Si les demandes d’asile vont être instruites en Italie, les chiffes de l’asile en France montrent tout de même que des ressortissants des pays cités par Gérald Darmanin obtiennent chaque année une protection dans l’Hexagone.

      Pour rappel, il existe deux formes de protections : le statut de réfugié et la protection subsidiaire. Cette dernière peut être accordée à un demandeur qui, aux yeux de l’administration, ne remplit pas les conditions pour être considéré comme un réfugié, mais qui s’expose à des risques grave dans son pays, tels que la torture, des traitements inhumains ou dégradants, ainsi que des « menaces grave et individuelle contre sa vie ou sa personne en raison d’une violence qui peut s’étendre à des personnes sans considération de leur situation personnelle et résultant d’une situation de conflit armé interne ou international », liste sur son site internet la Cour nationale du droit d’asile (CNDA), qui statue en appel sur les demandes de protection.
      Contredit aussi par la réalité des chiffres en France

      Gérald Darmanin cite à plusieurs reprises le cas des migrants originaires de Côte-d’Ivoire comme exemple de personnes n’ayant selon lui « rien à faire » en France. La jurisprudence de la CNDA montre pourtant des ressortissants ivoiriens dont la demande de protection a été acceptée. En 2021, la Cour a ainsi accordé une protection subsidiaire à une femme qui fuyait un mariage forcé décidé par son oncle, qui l’exploitait depuis des années. La Cour avait estimé que les autorités ivoiriennes étaient défaillantes en ce qui concerne la protection des victimes de mariages forcés, malgré de récentes évolutions législatives plus répressives.

      D’après l’Office de protection des réfugiés et apatrides (Ofrpa), qui rend des décisions en première instance, les demandes d’asile de ressortissants ivoiriens (environ 6 000 en 2022) s’appuient très souvent sur des « problématiques d’ordre sociétal […], en particulier les craintes liées à un risque de mariage forcé ou encore l’exposition des jeunes filles à des mutilations sexuelles ». En 2022, le taux de demandes d’Ivoiriens acceptées par l’Ofrpa (avant recours éventuel devant la CNCDA) était de 27,3 % sur 6 727 décisions contre un taux moyen d’admission de 26,4 % pour le continent africain et de 29,2 % tous pays confondus. Les femmes représentaient la majorité des protections accordées aux ressortissants de Côte-d’Ivoire.

      Pour les personnes originaires de Guinée, citées plusieurs fois par Gérald Darmanin, les demandes sont variées. Certaines sont déposées par des militants politiques. « Les demandeurs se réfèrent à leur parcours personnel et à leur participation à des manifestations contre le pouvoir, qu’il s’agisse du gouvernement d’Alpha Condé ou de la junte militaire », décrit l’Ofpra. D’autre part des femmes qui fuient l’excision et le mariage forcé. En 2022, le taux d’admission par l’Ofpra était de 33,4 % pour 5 554 décisions.
      Jurisprudence abondante

      S’il est vrai que ces nationalités (Guinée et Côte-d’Ivoire) ne figurent pas parmi les taux de protections les plus élevées, elles figurent « parmi les principales nationalités des bénéficiaires de la protection internationale » en 2022, aux côtés des personnes venues d’Afghanistan ou de Syrie, selon l’Ofpra. Les ressortissants tunisiens, qui déposent peu de demandes (439 en 2022), présentent un taux d’admission de seulement 10 %.

      La jurisprudence abondante produite par la CNDA montre que, dans certains cas, le demandeur peut obtenir une protection sur la base de son origine géographique, jugée dangereuse pour sa sécurité voire sa vie. C’est le cas notamment du Mali. En février 2023, la Cour avait ainsi accordé la protection subsidiaire à un Malien originaire de Gao, dans le nord du pays. La Cour avait estimé qu’il s’exposait, « en cas de retour dans sa région d’origine du seul fait de sa présence en tant que civil, [à] un risque réel de subir une menace grave contre sa vie ou sa personne sans être en mesure d’obtenir la protection effective des autorités de son pays ».

      « Cette menace est la conséquence d’une situation de violence, résultant d’un conflit armé interne, susceptible de s’étendre indistinctement aux civils », avait-elle expliqué dans un communiqué. Au mois de juin, à la suite des déclarations d’un demandeur possédant la double nationalité malienne et nigérienne, la Cour avait jugé que les régions de Ménaka au Mali et de Tillaberi au Niger étaient en situation de violence aveugle et d’intensité exceptionnelle, « justifiant l’octroi de la protection subsidiaire prévue par le droit européen ».

      D’après le rapport 2023 de l’agence de l’Union européenne pour l’asile, le taux de reconnaissance en première instance pour les demandeurs guinéens avoisinait les 30 %, et un peu plus de 20 % pour ressortissants ivoiriens à l’échelle de l’UE, avec un octroi en majorité, pour les personnes protégées, du statut de réfugié. Concernant le Mali, le taux de reconnaissance dépassait les 60 %, principalement pour de la protection subsidiaire. Ces données européennes qui confirment qu’il est infondé d’affirmer, comme le suggère le ministre de l’Intérieur, que les nationalités qu’il cite ne sont pas éligibles à l’asile.

      En revanche, dans le cadre du mécanisme « de solidarité », qui prévoit que les pays européens prennent en charge une partie des demandeurs, les Etats « restent souverains dans le choix du nombre et de la nationalité des demandeurs accueillis ». « Comme il s’agit d’un mécanisme volontaire, le choix des personnes à transférer est laissé à l’entière discrétion de l’État membre qui effectue le transfert », explique l’agence de l’union européenne pour l’asile, qui précise que les Etats « tendent souvent à donner la priorité aux nationalités qui ont le plus de chances de bénéficier d’un statut de protection », sans plus de précisions sur l’avancée des négociations en cours.

      https://www.liberation.fr/checknews/lampedusa-les-contreverites-de-gerald-darmanin-sur-le-profil-des-migrants

      #fact-checking

    • #Fanélie_Carrey-Conte sur X :

      Comme une tragédie grecque, l’impression de connaître à l’avance la conclusion d’une histoire qui finit mal.
      A chaque fois que l’actualité remet en lumière les drames migratoires, la même mécanique se met en place. D’abord on parle d’"#appel_d'air", de « #submersion », au mépris de la réalité des chiffres, et du fait que derrière les statistiques, il y a des vies, des personnes.
      Puis l’#extrême_droite monte au créneau, de nombreux responsables politiques lui emboîtent le pas. Alors les institutions européennes mettent en scène des « #plans_d'urgence, » des pactes, censés être « solidaires mais fermes », toujours basés en réalité sur la même logique:chercher au maximum à empêcher en Europe les migrations des « indésirables », augmenter la #sécurisation_des_frontières, prétendre que la focalisation sur les #passeurs se fait dans l’intérêt des personnes migrantes, externaliser de plus en plus les politiques migratoires en faisant fi des droits humains.
      Résultat : les migrations, dont on ne cherche d’ailleurs même plus à comprendre les raisons ni les mécanismes qui les sous-tendent, ne diminuent évidemment pas, au contraire ; les drames et les morts augmentent ; l’extrême -droite a toujours autant de leviers pour déployer ses idées nauséabondes et ses récupérations politiques abjectes.
      Et la spirale mortifère continue ... Ce n’est pas juste absurde, c’est avant tout terriblement dramatique. Pourtant ce n’est pas une fatalité : des politiques migratoires réellement fondées sur l’#accueil et l’#hospitalité, le respect des droits et de la #dignité de tout.e.s, cela peut exister, si tant est que l’on en ait la #volonté_politique, que l’on porte cette orientation dans le débat public national et européen, que l’on se mobilise pour faire advenir cet autre possible. A rebours malheureusement de la voie choisie aujourd’hui par l’Europe comme par la France à travers les pactes et projets de loi immigration en cours...

      https://twitter.com/FCarreyConte/status/1703650891268596111

    • Migranti, Oim: “Soluzione non è chiudere le frontiere”

      Il portavoce per l’Italia, Flavio di Giacomo, a LaPresse: «Organizzare diversamente salvataggi per aiutare Lampedusa»

      Per risolvere l’emergenza migranti, secondo l’Oim (Organizzazione internazionale per le migrazioni), la soluzione non è chiudere le frontiere. Lo ha dichiarato a LaPresse il portavoce per l’Italia dell’organizzazione, Flavio di Giacomo. La visita della presidente della Commissione europea Ursula Von der Leyen a Lampedusa insieme alla premier Giorgia Meloni, ha detto, “è un segnale importante, ma non bisogna scambiare un’emergenza di tipo operativo con ‘bisogna chiudere’, perché non c’è nessuna invasione e la soluzione non è quella di creare deterrenti come trattenere i migranti per 18 mesi. In passato non ha ottenuto nessun effetto pratico e comporta tante spese allo Stato”. Von der Leyen ha proposto un piano d’azione in 10 punti che prevede tra le altre cose di intensificare la cooperazione con l’Unhcr e l’Oim per i rimpatri volontari. “È una cosa che in realtà già facciamo ed è importante che venga implementata ulteriormente“, ha sottolineato Di Giacomo.
      “Organizzare diversamente salvataggi per aiutare Lampedusa”

      “Quest’anno i migranti arrivati in Italia sono circa 127mila rispetto ai 115mila dello stesso periodo del 2015-2016, ma niente di paragonabile agli oltre 850mila giunti in Grecia nel 2015. La differenza rispetto ad allora, quando gli arrivi a Lampedusa erano l’8% mentre quest’anno sono oltre il 70%, è che in questo momento i salvataggi ci sono ma sono fatti con piccole motovedette della Guardia costiera che portano i migranti a Lampedusa, mentre servirebbe un tipo diverso di azione con navi più grandi che vengano distribuite negli altri porti. Per questo l’isola è in difficoltà”, spiega Di Giacomo. “Inoltre, con le partenze in prevalenza dalla Tunisia piuttosto che dalla Libia, i barchini puntano tutti direttamente su Lampedusa”.
      “Priorità stabilizzare situazione in Maghreb”

      Per risolvere la questione, ha aggiunto Di Giacomo, “occorre lavorare per la stabilizzazione e il miglioramento delle condizioni nell’area del Maghreb“. E ha precisato: “La stragrande maggioranza dei flussi migratori africani è interno, ovvero dalla zona sub-sahariana a quella del Maghreb, persone che andavano a vivere in Tunisia e che ora decidono di lasciare il Paese perché vittima di furti, vessazioni e discriminazioni razziali. Questo le porta a imbarcarsi a Sfax con qualsiasi mezzo di fortuna per fare rotta verso Lampedusa”.

      https://www.lapresse.it/cronaca/2023/09/18/migranti-oim-soluzione-non-e-chiudere-le-frontiere

    • Da inizio 2023 in Italia sono sbarcati 133.170 migranti.

      La Ong Humanity1, finanziata anche dal Governo tedesco, ne ha sbarcati 753 (lo 0,6% del totale).
      In totale, Ong battenti bandiera tedesca ne hanno sbarcati 2.720 (il 2% del totale).

      Ma di cosa stiamo parlando?

      https://twitter.com/emmevilla/status/1708121850847309960
      #débarquement #arrivées #ONG #sauvetage

  • Immigration et travail : la grande #hypocrisie française ?

    C’est une tribune parue mardi dans Libération et qui a relancé un éternel débat : “Travailleurs sans papiers, l’appel à régulariser”. Une tribune transpartisane pour dénoncer notre “#hypocrisie_collective” sur la question migratoire.

    Une initiative qui intervient à quelques semaines de la future loi immigration, qui prévoit d’introduire un titre de séjour “#métiers_en_tension”, et qui divise aussi bien à gauche qu’à droite. Les uns craignent un #appel_d’air, la mise en danger de l’#identité française… Les autres dénoncent une vision utilitariste et immorale de l’immigration. Alors comment sortir de la politisation permanente de la question migratoire ? L’immigration est-elle un risque, une opportunité, voire une nécessité pour l’économie française ? Une approche à la fois pragmatique et humaniste est-elle possible ? on en débat avec :

    - Marie-Pierre De La Gontrie, Sénatrice PS de Paris, vice-présidente de la commission des lois constitutionnelles, de législation, du suffrage universel, du règlement et d’administration générale, co-signataire de la tribune "Nous demandons des mesures urgentes, humanistes et concrètes pour la régularisation des travailleurs sans papiers" dans Libération (11.09.23)

    - #Constance_Rivière, Directrice générale du Palais de la Porte Dorée, autrice de "La vie des ombres" aux éditions Stock (06.09.23)

    - #Olivier_Babeau, Essayiste, président de l’Institut Sapiens, professeur en sciences de gestion à l’université de Bordeaux

    - #Sami_Biasoni, Docteur en philosophie de l’École normale supérieure, professeur chargé de cours à l’ESSEC, auteur de "Le statistiquement correct" aux éditions du Cerf (21.09.23)

    - #François_Héran, Démographe, sociologue, professeur au Collège de France, titulaire de la chaire "Migrations et sociétés", auteur de "Immigration : le grand déni" aux éditions du Seuil (03/03/2023)

    https://www.france.tv/france-5/c-ce-soir/saison-4/5204787-immigration-et-travail-la-grande-hypocrisie-francaise.html
    #France #travail #migrations #immigration #sans-papiers #travailleurs_sans-papiers #régularisation #utilitarisme

    ping @karine4 @isskein

    • Loi immigration : « Nous demandons des mesures urgentes, humanistes et concrètes pour la régularisation des travailleurs sans papiers »

      Dans une tribune transpartisane, une trentaine de parlementaires allant du Modem à EE-LV proposent trois mesures pour la régularisation des travailleurs sans papiers, souvent en première ligne dans des secteurs en tension.

      Nous portons un projet humaniste et concret. Nous souhaitons l’adoption de trois mesures urgentes pour l’accès des personnes étrangères au travail.

      Tout d’abord, nous assumons la nécessité d’une régularisation de travailleuses et de travailleurs sans papiers, dans tous ces métiers qui connaissent une forte proportion de personnes placées en situation irrégulière. Ce sont bien souvent ceux que l’on retrouve en première ligne dans les secteurs en tension comme le BTP, l’hôtellerie-restauration, la propreté, la manutention, l’aide à la personne. Des milliers de personnes sont maintenues dans la précarité, a fortiori les vrais-faux indépendants comme auto-entrepreneurs, dans les métiers les plus pénibles comme les plus utiles socialement.

      Ces travailleurs sans papiers contribuent à l’économie et à la vie sociale de notre pays. Sans eux, ces secteurs et des pans entiers de notre pays ne pourraient fonctionner. La France qui se lève tôt, ce sont aussi elles et eux, si utiles, si nécessaires. Et pourtant ils n’ont pas officiellement le droit de travailler faute de pouvoir disposer d’un titre de séjour.

      Si ces immigrés travaillent tout de même, c’est pour survivre et parce que les employeurs ont besoin de salariés. Les pouvoirs publics ferment les yeux ou ignorent leur situation en raison du caractère indispensable de ces travailleurs pour notre économie et pour répondre aux besoins sociaux. Leur précarisation est le résultat d’une hypocrisie collective : ne pas les autoriser légalement à travailler mais continuer à solliciter leurs concours. Sans papiers, sans reconnaissance, ils éprouvent les plus grandes difficultés pour se nourrir, se loger, se soigner et accéder à une vie sociale normale. La clandestinité les invisibilise, les fragilise et les condamne à la précarisation et à la désocialisation. Faute de pouvoir faire valoir leurs droits, ils acceptent de faibles salaires qui pèsent sur le niveau des rémunérations dans certains secteurs.

      A cela s’ajoutent toutes celles et ceux qui sont présents sur le territoire national et qui sont empêchés de travailler faute de papiers. Ils n’ont d’autres solutions que de recourir à l’hébergement d’urgence ou à d’autres solutions de fortune. Alors qu’ils ne demandent qu’à travailler. Ils pourraient le faire directement ou après une formation que de nombreuses branches professionnelles et des centres de formation publics sont prêts à développer. L’accent doit être en particulier mis sur l’accès des femmes étrangères au travail, l’un des plus faibles de l’OCDE.

      La régularisation de leurs situations, demande de longue date des associations qui les accueillent dans la précarité, émane tout autant des organisations syndicales et patronales.

      Il s’agit également de rétablir le droit au travail pour les demandeurs d’asile. La loi leur impose six mois d’attente avant de pouvoir demander une autorisation de travail. Cette règle a pour conséquence d’augmenter à la fois le coût budgétaire de l’allocation pour demandeur d’asile et le recours à l’emploi non déclaré pour pouvoir survivre. Cette logique nuit considérablement à leur autonomie et donc à leurs facultés ultérieures d’intégration.

      Enfin, il faut d’urgence remédier à la situation d’embolie des préfectures qui conduit à fabriquer chaque jour de nouveaux sans-papiers.

      Pas une semaine, pas une journée sans que nos permanences de parlementaires ne soient sollicitées pour un titre de séjour dont le renouvellement est compromis faute de rendez-vous en préfecture. Le rapport de l’Assemblée nationale sur « les moyens des préfectures pour l’instruction des demandes de séjour » de 2021 décrit très précisément une situation qui a encore empiré depuis lors : du jour au lendemain, faute de rendez-vous, des personnes en situation parfaitement régulière, insérées professionnellement et socialement, basculent en situation irrégulière entre deux titres et perdent leurs droits. Leurs employeurs sont quant à eux confrontés à un dilemme : perdre un employé qui répond pourtant à leurs attentes ou basculer dans le travail non déclaré pour garder cet employé. Cette situation kafkaïenne est à l’origine d’un contentieux de masse qui engorge les tribunaux administratifs sous les référés « mesures-utiles » visant à contraindre l’administration à accorder un rendez-vous en préfecture.

      Il est temps de fixer un délai maximal à l’administration pour accorder un rendez-vous en préfecture, comme c’est la règle pour les passeports « talent », et d’augmenter considérablement le nombre de rendez-vous y compris en présentiel en affectant davantage de moyens aux services chargés du séjour des étrangers au sein des préfectures.

      Ces trois mesures sont à la fois urgentes, humanistes et concrètes. Si le gouvernement n’est pas en mesure de les faire rapidement adopter par le Parlement, nous en prendrons l’initiative.

      Avançons.

      Signataires

      Julien Bayou (député EE-LV) ; Mélanie Vogel (sénatrice EE-LV) ; Guillaume Gontard (sénateur EE-LV) ; Sabrina Sebaihi (députée EE-LV) ; Guy Benarroche (sénateur EE-LV) ; Francesca Pasquini (députée EE-LV) ; Maud Gatel (députée Modem) ; Elodie Jacquier-Laforge (députée Modem) ; Erwan Balanant (député Modem) ; Mathilde Desjonquères (députée Modem) ; Eric Martineau (député Modem) ; Jimmy Pahun (député Modem) ; Fabien Roussel (député PCF) ; André Chassaigne (député PCF) ; Marie-Claude Varaillas (sénatrice PCF) ; Stéphane Peu (député PCF) ; Davy Rimane (député PCF) ; Gérard Lahellec (sénateur PCF) ; Boris Vallaud (député PS) ; Marie-Pierre de La Gontrie (sénatrice PS) ; Marietta Karamanli (députée PS) ; Hervé Saulignac (député PS) ; Jean-Yves Leconte (sénateur PS) ; Laurence Rossignol (sénatrice PS) ; Sacha Houlié (député Renaissance) ; Stella Dupont (députée Renaissance et apparentés) ; Bruno Studer (député Renaissance) ; Fanta Berete (députée Renaissance) ; Cécile Rilhac (députée Renaissance) ; Benoît Bordat (député Renaissance et apparentés) ; Jean-Louis Bricout (député Liot) ; Martine Froger (députée Liot) ; Benjamin Saint-Huile (député Liot) ; Laurent Panifous (député Liot) ; David Taupiac (député Liot)
      https://www.liberation.fr/idees-et-debats/tribunes/loi-immigration-nous-demandons-des-mesures-urgentes-humanistes-et-concret

  • Les demandes d’asile dans l’Union européenne, la Norvège et la Suisse en hausse de 28 % au premier semestre
    https://www.lemonde.fr/international/article/2023/09/05/les-demandes-d-asile-dans-l-union-europeenne-la-norvege-et-la-suisse-en-haus

    Les demandes d’asile dans l’Union européenne, la Norvège et la Suisse en hausse de 28 % au premier semestre
    Les requêtes sont au plus haut depuis 2015-2016, années au cours desquelles l’afflux de réfugiés en Europe dépassait 1,2 million de personnes.
    Le Monde avec AFP
    Les demandes d’asile enregistrées dans les pays de l’Union européenne, la Norvège et la Suisse au premier semestre 2023 ont augmenté de 28 % par rapport aux six premiers mois de 2022, a annoncé l’Agence de l’Union européenne pour l’asile (AUEA), mardi 5 septembre. Quelque 519 000 demandes d’asile ont été déposées dans ces vingt-neuf pays entre janvier et la fin de juin, selon l’agence, qui estime que, « d’après les tendances actuelles, les demandes pourraient excéder 1 million d’ici à la fin de l’année ». Les Syriens, Afghans, Vénézuéliens, Turcs et Colombiens sont les principaux demandeurs, comptant pour 44 % des requêtes.
    Les demandes au premier semestre sont au plus haut à cette période de l’année depuis 2015-2016. Lors de l’afflux de réfugiés en Europe provoqué notamment par l’enlisement du conflit en Syrie, le nombre de demandes d’asile avait atteint 1,3 million (en 2015) et 1,2 million (en 2016). En 2022, elles étaient de 994 945.
    L’Allemagne est le pays qui a reçu le plus de dossiers (30 %). C’est près de deux fois plus que l’Espagne (17 %) et la France (16 %). L’AUEA souligne qu’en raison de cette hausse de nombreux pays européens « sont sous pression pour traiter les demandes », et que le nombre de dossiers en attente de décision a augmenté de 34 % par rapport à 2022. En première instance, 41 % des demandes ont reçu une réponse positive. Par ailleurs, quelque 4 millions d’Ukrainiens fuyant l’invasion de l’armée russe bénéficient actuellement d’une protection temporaire dans l’UE.

    #Covid-19#migrant#migration#UE#asile#demandeurdasile#AUEA#syrie#afghanistan#venezuela#turquie#colombie#allemagne#espagne#france#ukraine#protection#sante#crisemigratoire#norvege#suisse

  • Les épreuves de la frontière
    Cours du 05 avril 2023 : #Rencontres

    Les 3 rencontres, le récit avec une triple voix :

    - un exilé :
    Une famille de #réfugiés_afghans, dont Fassin retrace tout le parcours depuis l’#Afghanistan jusqu’à #Briançon, en passant par la Grèce et les Balkans

    - un policier : (à partir de la min 26’40)
    Fassin raconte l’habitude que les forces de l’ordre ont de demander aux chauffeurs du bus qui fait Oulx-Claviere combien de migrants sont descendus du bus à Claviere. Fassin raconte la militarisation de la frontière (2 escadrons de la #gendarmerie_mobile, 140 militaires + 30 hommes des forces armées sentinelles + 25 réservistes de l’#opération_limes —> presque 200 en plus des policiers). « A quoi sert ce qu’ils font ? » (dès min 29’45) Réponse : « tous les migrants finissent par passer. (...) Ce n’est pas un secret, tout le monde le sait » (min 30’04)... Quel intérêt donc ? (min. 30’28) : « faire du chiffre ». « C’est ce que leur demande le commandant, c’est ce que leur demande la préfète, parce que ce sont des #statistiques qu’on fait remonter au Ministre de l’Intérieur qui peut ensuite s’en féliciter publiquement. C’est beaucoup plus facile d’arrêter des migrants que des passeurs, alors comme son collègue il se satisfait des non-admissions. Quand leur nombre augmente, on les complimente et à la fin de l’année ils ont une meilleure prime ; quand il diminue on les convoque, on les réprimande, on exige de meilleurs résultats ». Fassin observe que pas tout le monde n’est pas satisfait de la situation, il évoque le #suicide d’un brigadier qui commandait une équipe de nuit (min 31’02) : « Un homme gentil, respectueux modeste, correct avec les migrants. La version officielle c’est qu’il avait des problèmes conjugaux, qu’il était séparé de sa femme, qu’il voyait moins ses enfants, qu’il faisait une dépression. C’est surement pas faux, mais il a vu comment son collègue était affecté par la dégradation de l’ambiance au sein de l’institution, les attentes de résultats quantifiés par leur hiérarchie ont généré une compétition entre les équipes à qui ferait le plus d’interpellations. Il avait entendu dire le brigadier que ’plus que la qualité du travail, c’était la quantité qui comptait désormais, quitte à tordre les données. Il n’ignore pas que les performances de l’autre équipe valaient sans cesse à son chef des brimades et des humiliations. D’ailleurs, il a entendu dire qu’avant de se suicider, le brigadier avait laissé une lettre dans laquelle il expliquait les raisons de son geste, évoquant les pressions de sa hiérarchie, qu’il ne supportait plus. Beaucoup le pense, au fond, c’est la #politique_du_chiffre qui l’a tué. La mort de son collègue lui a laissé un goût amer, un vague sentiment de culpabilité, ’n’aurait-il pas fallu se montrer plus solidaires entre eux au lieu d’exacerber la concurrence ?’ (...) N’aurait-il pas fallu comprendre quand il répétait qu’il ne trouvait plus de sens à son travail ? »
    Au poste-frontière de Montgenèvre, la scène d’un médecin (probablement de Médecins du Monde, qui entre pour demander de libérer au de reconduire à la frontière les deux adultes interpellés, car leurs enfants ont été entre temps déjà amenés à Briançon (35’28) : Le policier « accuse le médecin d’organiser comme les autres volontaires des opérations hasardeuses pour aider les migrants à franchir la frontière en les amenant à emprunter des chemins dangereux, ils ne font pas de la mise à l’abri, comme ils le disent, ils les exposent à des risques inconsidérés. Ce sont eux, les policiers et les gendarmes, qui protègent les migrants, déclare-t-il ».
    Min 37’50 : les policiers « pestent contre les maraudeurs » "qui sont en réalité des passeurs" —> la présence de maraudeurs et du refuge comme éléments de l’#appel_d'air

    - le maraudeur (à partir de la min 39’18)

    –—

    Deuxième partie de la conférence (à partir de la min 53’00), Fassin explique comment il a construit la narration avec les trois personnages :

    https://www.youtube.com/watch?v=rkOJJ9jYT8Y


    #conférence #vidéo #Didier_Fassin #frontière_sud-alpine #ethnographie #asile #migrations #réfugiés #parcours_migratoire #Briançonnais #Italie #France #Hautes-Alpes #forces_de_l'ordre #militarisation_des_frontières #opération_sentinelle #pression_des_résultats #refus_d'entrée #PAF #police_aux_frontières #solidarité

  • L’école, Gabriel Attal et la laïcité « geignarde » | Le Club
    https://blogs.mediapart.fr/jean-bauberot/blog/280823/l-ecole-gabriel-attal-et-la-laicite-geignarde

    Je propose que l’on étudie dans les différentes classes, dès la journée de rentrée, les deux premiers articles de la loi de 1905 et les propos d’Aristide Briand, rapporteur de la Commission parlementaire, présentant cette loi : il s’agit, indiquait-il, de proclamer « solennellement que, non seulement la République ne saurait opprimer les consciences ou gêner dans ses formes multiples l’expression extérieure des sentiments religieux, mais encore qu’elle entend respecter et faire respecter la liberté de conscience et la liberté des cultes. »

    Quand au vêtement, Briand s’est montré, à ce sujet, on ne peut plus clair : il a refusé l’interdiction du port de la soutane pour deux raisons : d’abord, fondamentalement, parce que la loi de 1905 est une « loi de liberté » et qu’en conséquence, elle ne doit pas « interdire à un citoyen de s’habiller de telle ou telle manière » ; ensuite, parce que le résultat serait « plus que problématique » : la soutane interdite, on pourrait compter sur « l’ingéniosité combinée des prêtres et des tailleurs » pour créer un « vêtement nouveau ». La loi de 1905 = la liberté de conscience + le refus de jouer au chat et à la souris. Intelligence des principes et intelligence de la stratégie.

    • Pour rappel, l’épisode « piscine » de mes petits à #Montpellier, conséquence totalement crétine de ce jeu du « chat et de la souris » :
      https://seenthis.net/messages/987740

      Les ceusses qui, sur les réseaux, croient qu’on va juger la longueur des jupes en fonction de la religion supposée de l’élève se gourent. C’est effectivement ce qui se faisait déjà, mais maintenant que c’est une règle « officielle » du ministère, rapidement l’aspect raciste sera indéfendable (c’est-à-dire attaqué devant des tribunaux), donc on tentera des définitions « techniques » du vêtement incriminé, et de toute façon on connaît déjà la solution des nostalgiques de l’école idéale du cinéma en noir et blanc : c’est l’uniforme pour tout le monde. Les dog whistle racistes inapplicables ou illégaux, la Macronie a l’habitude, il suffit de revenir quelques temps plus tard sur le thème « on peut jamais rien faire » et donc proposer une mesure plus réactionnaire (quoi que sur ce coup-là, le conseil d’État n’a pas trop de mal à valider les mesures racistes parce que c’est pour ton bien, donc cette histoire d’abaya, si des juges locaux l’invalident, en montant suffisamment haut ça sera validé in fine).

      Encore un ou deux ministres de l’éducation et on y sera, à l’uniforme (avantage de l’idée : en plus ça fout le bordel dans la gauche, bien plus divisée que la droite à ce propos). La Ministre de la jeunesse et du SNU sera simplement rebaptisée « Ministre de la jeunesse en uniforme, bien dégagé derrière les oreilles ».

    • Ce que dit le texte, c’est qu’il n’existe pas d’ultra-laïcité. La laïcité, c’est la liberté de conscience pour les citoyens et l’état neutre vis à vis de la liberté de conscience. Le dévoiement actuel est de considérer que l’élève qui va à l’école fait partie intégrante de l’état, et qu’il doit donc être lui aussi « neutre » (mais pas à la façon de l’état évidemment, qui file quelques milliards à l’enseignement catholique). Ça n’a jamais été l’objet de cette loi, la neutralité des élèves relativement à la liberté de conscience. La loi de 2004 aurait dû être censurée par le CC, pour conflit frontal avec la loi de 1905, mais la loi de 1905 est une loi, et pas un article de la constitution, et donc, pas de possibilité pour le CC de s’engager dans cette voie j’imagine, d’autant qu’il se peut qu’il n’y avait pas non plus de volonté de, évidemment, le CC ne statuant pas forcément en droit, puisque rien ne l’y oblige.

    • L’abaya, l’arbre qui cache la forêt ?
      https://www.cafepedagogique.net/2023/06/15/labaya-larbre-qui-cache-la-foret

      Jean-Fabien Spitz est spécialiste de philosophie politique. Dans cet entretien qu’il accorde au Café pédagogique, il revient sur les récentes polémiques autour du port de l’abaya par certaines élèves et sur le principe des « signes religieux par destination »

      Aujourd’hui, il y a tout un débat sur les tenues vestimentaires par destination. Selon vous, c’est contraire même à l’essence de la loi sur la laïcité. Pourquoi ?

      L’idée même d’un vêtement « religieux » est une absurdité. Dans une république laïque, aucun vêtement n’est musulman, ni juif, ni chrétien. Lors du débat consacré à la loi de 1905, certains députés, qui avaient évoqué la possibilité d’interdire le port de la soutane dans l’espace public se sont attirés cette réponse d’Aristide Briand : « Ce costume n’existe plus pour nous avec son caractère officiel… La soutane devient un vêtement comme un autre, accessible à tous les citoyens, prêtres ou non ». Mais l’idée d’un vêtement religieux « par destination » est deux fois plus absurde. Cela voudrait dire qu’un vêtement changerait de sens en fonction de l’intention de celui qui le porte, ce qui justifierait son interdiction lorsqu’il est avéré que celui ou celle qui le porte a l’intention de lui conférer une signification religieuse. Mais comment s’assurer de la réalité de l’intention si le porteur du vêtement prétend le porter pour des raisons non religieuses, ou si, tout simplement, il refuse, comme il en a le droit, d’être interrogé et jugé sur ses intentions ? Car dans un État qui prétend être respectueux des droits des individus, on ne juge pas les intentions mais les actes. L’idée d’un vêtement religieux par destination conduirait à juger différemment un seul et même acte – le port d’une robe longue – en fonction de l’intention de celle qui l’accomplit. C’est la définition même de l’arbitraire, car un État de droit applique une règle uniforme à des actes extérieurement identiques. C’est aussi la porte ouverte à une dérive sans fin car tout signe, tout vêtement peut devenir « religieux par destination ». Il suffit pour cela que les autorités – le proviseur du lycée, le principal, le législateur – décident qu’ils revêtent une intention dont les autorités elles-mêmes sont les juges en dernière instance. Quel est le recours des citoyens face à un tel abus ?

    • Quand je parle d’ultra laïcité, c’est bien sûr pour pointer le dévoiement et l’instrumentalisation politique de la loi de 1905. Je pourrais aussi parler d’ultra républicanisme ou de national-républicanisme pour désigner en fait ce qu’il convient d’appeler une attitude autoritaire dictée par la complaisance envers les thèses fascisantes de l’extrême-droite pétainiste et de l’intégrisme catholique.
      Dans cette logique, Blanquer n’avait pas hésité à recommander une « tenue républicaine » pour les élèves (surtout au féminin) qui fréquentent l’école publique.

      Et donc #dog_whistle (ou #appel_du_pied) puisque la seule issue de la Macronie est de rassembler lors du deuxième tour de l’élection présidentielle les électeur·rices de la droite la plus molle ou la plus dure.

    • N’ayant aucun rapport avec le culte musulman, avec le Coran, c’est un vêtement venant des pays de culture arabe.

      Les journalistes, même quand ils tentent de piquer un peu les politiques en leur demandant « comment vous ferez la distinction entre une ado qui portent une robe longue, et une ado qui porte une abaya pour la religion ? » ne vont jamais jusqu’au bout alors que c’est clairement l’éléphant au milieu de la salle de classe : c’est pas une loi contre les musulmans, mais bien là encore plus explicitement une loi anti arabe.

      Les chef⋅fes d’établissement vont avoir pour seul protocole : si t’as une tête d’arabe (ou parfois noire), c’est une abaya, si t’es blanche, c’est une robe longue. Point.

      En 2023, on en est encore là, avec la guerre d’Algérie et les décolonisations toujours pas digérées, à faire des lois explicitement racistes et anti-arabes (et qui utilisent les femmes comme instrument pour ça, le dévoilement etc, toujours la même histoire).

    • Et voilà, on est donc déjà arrivés, avec Sabrina Agresti-Roubache (sous-ministre de la ville), à l’idée-qu’elle-est-bonne de coller un uniforme aux gamins :
      https://twitter.com/SabrinaRoubache/status/1696437030488572062

      Pour réduire les inégalités et enlever une charge mentale à tous les parents, je suis favorable à l’expérimentation d’une « tenue scolaire » dans les quartiers prioritaires de la politique de la ville.

      Perso je pense qu’il faudrait réintroduire les coups de règle sur les doigts et différentes formes de punitions corporelles, et autoriser les profs à fumer dans la cours pendant les récrés.

    • Je suis sûr qu’il y aura moyen de porter l’uniforme d’une manière ostentatoire et insupportable.

  • #Search-and-rescue in the Central Mediterranean Route does not induce migration : Predictive modeling to answer causal queries in migration research

    State- and private-led search-and-rescue are hypothesized to foster irregular migration (and thereby migrant fatalities) by altering the decision calculus associated with the journey. We here investigate this ‘pull factor’ claim by focusing on the Central Mediterranean route, the most frequented and deadly irregular migration route towards Europe during the past decade. Based on three intervention periods—(1) state-led Mare Nostrum, (2) private-led search-and-rescue, and (3) coordinated pushbacks by the Libyan Coast Guard—which correspond to substantial changes in laws, policies, and practices of search-and-rescue in the Mediterranean, we are able to test the ‘pull factor’ claim by employing an innovative machine learning method in combination with causal inference. We employ a Bayesian structural time-series model to estimate the effects of these three intervention periods on the migration flow as measured by crossing attempts (i.e., time-series aggregate counts of arrivals, pushbacks, and deaths), adjusting for various known drivers of irregular migration. We combine multiple sources of traditional and non-traditional data to build a synthetic, predicted counterfactual flow. Results show that our predictive modeling approach accurately captures the behavior of the target time-series during the various pre-intervention periods of interest. A comparison of the observed and predicted counterfactual time-series in the post-intervention periods suggest that pushback policies did affect the migration flow, but that the search-and-rescue periods did not yield a discernible difference between the observed and the predicted counterfactual number of crossing attempts. Hence we do not find support for search-and-rescue as a driver of irregular migration. In general, this modeling approach lends itself to forecasting migration flows with the goal of answering causal queries in migration research.

    https://www.nature.com/articles/s41598-023-38119-4

    #appel_d'air #migrations #réfugiés #frontières #sauvetage #pull-factor #facteur_pull #chiffres #statistiques #rhétorique #afflux #invasion #sauvetage_en_mer #démonstration #déconstruction #fact-checking

    –—

    ajouté à la métaliste qui réunit des fils de discussion pour démanteler la rhétorique de l’#appel_d'air en lien avec les #sauvetages en #Méditerranée :
    https://seenthis.net/messages/1012135

    • Sur les #données et le #code qui ont servi à l’étude :

      We document the various data sources used in Table S1 in Supplementary Materials. Though most data sources
      are publicly available—with the exception of the Sabre data on air traffic, we are unable to upload our data set
      to a repository due to data-usage requirements and proprietary restrictions. The data that support the findings
      of this study are available from various sources documented in Table S1 in Supplementary Materials but restrictions
      apply to the availability of these data, which were used under license for the current study, and so are not
      publicly available. Data are however available from the authors upon reasonable request and with permission of
      the various third party owners of the data. The code to construct the data set and perform the various statistical
      analyses is available at https://github.com/xlejx-rodsxn/sar_migration

      https://www.nature.com/articles/s41598-023-38119-4.pdf

    • Migranti, il pull factor non esiste. La prova del nove in uno studio scientifico

      Attraverso l’uso di tecniche statistiche avanzatissime e del machine learning quattro ricercatori hanno incrociato migliaia di dati relativi al decennio 2011-2020 dimostrando che le attività di ricerca e soccorso, istituzionali o delle Ong, non fanno aumentare le partenze dai paesi nordafricani. Come sostenuto per anni dalle destre e non solo.

      Le attività di ricerca e soccorso nel Mediterraneo centrale non costituiscono un fattore di attrazione per i migranti, cioè non li spingono a partire. Lo dimostra uno studio pubblicato sulla rivista Scientific Reports, dello stesso gruppo editoriale di Nature sebbene non si tratti della più nota e importante collega. Per la prima volta allo scopo di verificare l’esistenza di questo presunto pull factor sono state utilizzate tecniche statistiche particolarmente avanzate e sistemi di machine learning capaci di far interagire molte banche dati.

      I ricercatori Alejandra Rodríguez Sánchez, Julian Wucherpfennig, Ramona Rischke e Stefano Maria Iacus hanno raccolto informazioni sul decennio 2011-2020 provenienti da diversi ambiti – tassi di cambio, prezzi internazionali delle merci, livelli di disoccupazione, conflitti, condizioni climatiche – e le hanno usate per identificare i fattori che meglio prevedono le variazioni numeriche delle partenze da Tunisia e Libia. La loro attenzione si è concentrata su tre fasi che riflettono cambiamenti sostanziali di natura politica, legale e operativa del fenomeno analizzato: la vasta operazione di salvataggio messa in campo dall’Italia tra il 18 ottobre 2013 e il 31 ottobre dell’anno seguente, cioè Mare Nostrum; l’arrivo delle navi umanitarie delle Ong, a partire dal 26 agosto 2014; l’istituzione della zona Sar (search and rescue) libica e la collaborazione tra Tripoli e Unione Europea, dal 2017, in funzione anti-migranti.

      «Abbiamo comparato il fenomeno delle partenze prima e dopo l’inizio delle attività di ricerca e soccorso, il nostro modello predittivo dice che sarebbe andata allo stesso modo anche se le seconde non fossero intervenute», spiega Rodríguez Sánchez. Il modello è di tipo contro-fattuale: mostra cosa sarebbe successo modificando un certo fattore. In questo caso le operazioni Sar, che dunque non fanno aumentare le traversate.

      La forza del metodo statistico usato è di permettere di investigare non soltanto il terreno della correlazione tra due fenomeni, ma anche quello della presunta causalità di uno rispetto all’altro. La conclusione è che le navi di soccorso non sono il motivo delle traversate, o anche solo del loro aumento, ma esattamente l’opposto: costituiscono una risposta a esse. Sono altri i fattori che spingono le persone a migrare e rischiare la vita nel Mediterraneo, sono estremamente variegati e complessi, riguardano la povertà, la disoccupazione, le persecuzioni politiche, gli effetti del cambiamento climatico.

      Lo studio ha poi rilevato un altro elemento: la cooperazione Libia-Ue ha effettivamente ridotto le traversate, che dal 2017 sono state meno di quelle che si sarebbero dovute verificare secondo il modello predittivo. I ricercatori però avvertono che questo ha avuto un altissimo costo umano e che, in ogni caso, le politiche di esternalizzazione «non incidono sui fattori strutturali che influenzano un certo flusso e potrebbero forzare i potenziali migranti a seguire rotte ancora più pericolose». Se anche producono dei risultati in termini di deterrenza, insomma, ciò avviene esclusivamente a stretto giro, spostando il problema solo un po’ più in là.

      «Questa importante ricerca mostra a livello strutturale che le politiche di salvataggio, anche le più grandi e organizzate, non sembrano far aumentare le traversate. Noi stiamo indagando l’effetto puntuale: cioè se la presenza di singole navi Ong davanti alle coste libiche incida sulle persone che partono», commenta Matteo Villa, ricercatore dell’Istituto per gli studi di politica internazionale (Ispi). Villa nel 2019 ha pubblicato il primo studio scientifico che smentiva la tesi delle navi Ong come fattore di attrazione. Tra qualche mese uscirà un aggiornamento con una base dati molto più ampia. «Conferma quanto avevamo osservato quattro anni fa – anticipa Villa al manifesto – L’unica correlazione che abbiamo trovato riguarda i mesi più freddi: tra dicembre, gennaio e febbraio ci sono più partenze se le Ong sono in missione. Ma parliamo di numeri irrilevanti: lo scorso anno 300 persone sulle 50mila arrivate dalla Libia».

      La tesi del pull factor è nata nel 2014 quando l’allora direttore di Frontex, l’agenzia europea per il controllo delle frontiere esterne, Gil Arias-Fernández iniziò a sostenere pubblicamente che le navi di Mare Nostrum stavano facendo aumentare i flussi dal Nord Africa. In una Risk Analysis della stessa agenzia relativa al 2016 l’accusa è stata spostata sulle Ong, intervenute nel frattempo a colmare il vuoto lasciato dalla chiusura dell’operazione italiana. Da allora questa teoria è stata un cavallo di battaglia delle destre ed è tornata in voga dopo l’insediamento del governo Meloni. Lo scorso autunno il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi e quello degli Esteri Antonio Tajani, tra gli altri, hanno più volte citato un misterioso rapporto di Frontex che avrebbe ribadito lo stesso assunto per il 2021.

      Di quel rapporto non si è mai saputo nulla, ma ora abbiamo uno studio scientifico che smentisce il pull factor per l’ennesima volta. Intanto questa retorica ha influenzato le scelte dell’attuale esecutivo e anni di politiche migratorie basate sulla criminalizzazione delle Ong e sul disimpegno istituzionale dalla ricerca e dal soccorso davanti alle coste libiche. C’è da sperare che nuove ricercje facciano luce su quante vittime hanno causato simili norme e prassi, slegate da qualsiasi rapporto con la realtà e basate soltanto sulla propaganda.

      https://ilmanifesto.it/il-pull-factor-non-esiste-la-prova-del-nove-in-uno-studio-scientifico

      #propagande

    • Sea rescue operations do not promote migration, study finds

      Rescue operations do not incentivise migrants try to cross the Mediterranean, a recent study has found. Instead conflicts, economic hardship, natural and climate disasters, and the weather are reportedly key drivers of migration.

      Irregular migrant departures from the coasts of North Africa to Europe are not encouraged by search and rescue missions in the Central Mediterranean, a recent study has found. Instead, factors such as conflicts, economic hardship, natural disasters, and weather conditions drive migration.
      Rescue operations are not a ’pull factor’

      The study was published in Scientific Reports by an international research group led by Alejanda Rodríguez Sánchez from the University of Potsdam (Germany). The scientists looked at the number of attempts to cross the Central Mediterranean between 2011 and 2020.

      Through various simulations, the researchers tried to identify factors that can best predict changes in the number of sea crossings. The factors that they looked at included the number of search and rescue missions — both by state authorities and NGOs, as well as the currency exchange rates, the cost of international raw materials, unemployment rates, conflicts, violence, the rates of flight travel between Africa, the Middle East and Europe and meteorological conditions.
      Libya: Pushbacks reduced migration, increased human rights violations

      The study also looked at the increased activities of the Libyan coast guard since 2017, intercepting migrant boats and returning migrants to Libya. Researchers found that this had caused a reduction in the number of departure attempts and might have discouraged migration.

      The authors pointed out that, however, this has coincided with the reports of a worsening of human rights for migrants in Libya — particularly in the detention centers where migrants are being held after being stopped at sea.

      The researchers looked at migration on an “aggregate-level” and did not look at “micro-motives of migrants and smugglers”, they pointed out in the study. They recommended that future studies should do an in-depth analysis of the impact of search and rescue missions at sea on the decisions of individual migrants and human traffickers.

      https://www.infomigrants.net/en/post/50875/sea-rescue-operations-do-not-promote-migration-study-finds

  • Empêcher les migrations : #dissuasion, #répression

    La #politique_migratoire européenne est marquée par la doctrine dite de l’#appel_d’air [...]. Tout s’oriente vers des stratégies de dissuasion pour circonscrire l’entrée comme le séjour dans le territoire de l’Union européenne (UE), les pays usant pour cela de l’arsenal juridique, administratif ou militaro-policier dont ils disposent [...].

    Sont visées principalement, souvent sur une base raciste, les personnes qui tentent de franchir les #frontières, menacées, pourchassées, voire accusées de trafic d’êtres humains et condamnées, alors même qu’elles ne font que s’assister mutuellement. Mais aussi, dans la même logique, celles qui leur viennent en aide, ainsi que, le cas échéant, leurs organisations, toutes motivations confondues.

    Volontiers qualifiées de criminelles en référence à la figure honnie du « passeur », montrées du doigt sinon punies, les unes et les autres font l’objet d’un éreintement multiforme, l’imagination des forces de répression étant sans limite.

    http://migreurop.org/article3195.html?lang_article=fr
    #migrations #asile #réfugiés #Migreurop #criminalisation_de_la_solidarité #passeurs

  • Mort de #Nahel : « Ils sont rattrapés par le réel »

    #Ali_Rabeh, maire de #Trappes, et #Amal_Bentounsi, fondatrice du collectif Urgence, notre police assassine, reviennent dans « À l’air libre » sur la mort de Nahel, 17 ans, tué par un policier à Nanterre, et les révoltes qui ont suivi dans de nombreuses villes de France.

    https://www.youtube.com/watch?v=euw03owAwU8&embeds_widget_referrer=https%3A%2F%2Fwww.mediapart.fr%2

    https://www.mediapart.fr/journal/france/290623/mort-de-nahel-ils-sont-rattrapes-par-le-reel
    #violences_policières #banlieues #quartiers_populaires #naïveté

    • « #Emmanuel_Macron ne comprend rien aux banlieues »

      Ali Rabeh, maire de Trappes (Yvelines), a participé à l’Élysée à la rencontre entre le chef de l’État et quelque 200 maires, le 4 juillet, pour évoquer la révolte des quartiers populaires. Il dénonce sans langue de bois l’incapacité du Président à comprendre ce qui se joue dans les banlieues et son manque de perspectives pour l’avenir.

      Vous avez été reçu mardi 4 juillet à l’Élysée par le président de la République avec des dizaines d’autres maires. Comment ça s’est passé ?

      Ali Rabeh : Le Président a fait une introduction très courte pour mettre en scène sa volonté de nous écouter, de nous câliner à court terme, en nous disant à quel point on était formidable. Puis ça a viré à la #thérapie_de_groupe. On se serait cru aux #alcooliques_anonymes. Tout le monde était là à demander son petit bout de subvention, à se plaindre de la suppression de la taxe d’habitation, de la taille des LBD pour la police municipale ou de l’absence du droit de fouiller les coffres de voiture… Chacun a vidé son sac mais, à part ça et nous proposer l’accélération de la prise en charge par les #assurances, c’est le néant. La question primordiale pour moi n’est pas de savoir si on va pouvoir réinstaller des caméras de surveillances en urgence, ou comment réparer quelques mètres de voiries ou des bâtiments incendiés. Si c’est cela, on prend rendez-vous avec le cabinet du ministre de la Ville ou celui des Collectivités territoriales. Mais ce n’est pas du niveau présidentiel.

      Quand on parle avec le président de la nation, c’est pour cerner les #causes_structurelles du problème et fixer un cap afin d’éviter que ça ne se reproduise. Et là-dessus on n’a eu #aucune_réponse, ni #aucune_méthode. Il nous a dit qu’il avait besoin d’y réfléchir cet été. En fait, Emmanuel Macron voulait réunir une assemblée déstructurée, sans discours commun. Il a préféré ça au front commun de l’association #Ville_&_Banlieue réunissant des maires de gauche et de droite qui structurent ensemble un discours et des #revendications. Mais le Président refuse de travailler avec ces maires unis. Il préfère 200 maires en mode grand débat qui va dans tous les sens, parce que ça lui donne le beau rôle. En réalité, on affaire à des #amateurs qui improvisent. Globalement ce n’était pas à la hauteur.

      Le Président n’a donc rien évoqué, par exemple, de l’#appel_de_Grigny ou des nombreuses #propositions déjà faites par le passé sur les problématiques liées aux #banlieues et qui ne datent quand même pas d’hier ?

      Non. Il a fait du « Macron » : il a repris quelques éléments de ce qu’on racontait et il en fait un discours général. Il avait besoin d‘afficher qu’il avait les maires autour de lui, il nous a réunis en urgence pendant que les cendres sont brûlantes, ce qu’il a refusé de faire avant que ça n’explose. Et ce, malgré nos supplications. Pendant des mois, l’association Ville & Banlieue a harcelé le cabinet de Mme Borne pour que soit convoqué un Conseil interministériel des villes conformément à ce qu’avait promis le Président. Cela ne s’est jamais fait. Macron n’a pas tenu sa parole. On a eu du #mépris, de l’#arrogance et de l’#ignorance. Il n’a pas écouté les nombreuses #alertes des maires de banlieue parce qu’il pensait que nous étions des cassandres, des pleureuses qui réclament de l’argent. C’est sa vision des territoires. Elle rappelle celle qu’il a des chômeurs vus comme des gens qui ne veulent pas travailler alors qu’il suffirait de traverser la route. Emmanuel Macron n’a donc pas vu venir l’explosion. Fondamentalement, il ne comprend rien aux banlieues. Il ne comprend rien à ce qu’il s’est passé ces derniers jours.

      A-t-il au moins évoqué le #plan_Borloo qu’il a balayé d’un revers de main en 2018 ?

      Je m’attendais justement à ce qu’il annonce quelque chose de cet acabit. Il ne l’a pas fait. Il a fait un petit mea-culpa en disant qu’à l’époque du rapport Borloo, sur la forme il n’avait pas été adroit mais il affirme que la plupart des mesures sont mises en œuvre. Il prétend, tout content de lui, qu’il y a plus de milliards aujourd’hui qu’hier et que le plan Borloo est appliqué sans le dire. C’était #grotesque. J’aurais aimé qu’il nous annonce une reprise de la #méthode_Borloo : on fait travailler ensemble les centaines de maires et d’associatifs. On se donne six mois pour construire des propositions actualisées par rapport au rapport Borloo et s’imposer une méthode. Lui a dit : « J’ai besoin de l’été pour réfléchir. » Mais quelle est notre place là-dedans ?

      Dans ses prises de paroles publiques, le Président a fustigé la #responsabilité des #parents qui seraient incapables de tenir leurs enfants. Qu’en pensez-vous ?

      Qu’il faut commencer par faire respecter les mesures éducatives prescrites par les tribunaux. Pour ces mamans qui n’arrivent pas à gérer leurs enfants dont certains déconnent, les magistrats imposent des éducateurs spécialisés chargés de les accompagner dans leur #fonction_parentale. Or, ces mesures ne sont pas appliquées faute de moyens. C’est facile après de les accabler et de vouloir les taper au porte-monnaie mais commençons par mettre les moyens pour soutenir et accompagner les #familles_monoparentales en difficulté.

      Le deuxième élément avancé ce sont les #réseaux_sociaux

      C’est du niveau café du commerce. C’est ce qu’on entend au comptoir : « Faut que les parents s’occupent de leur môme, faut les taper aux allocs. Le problème ce sont les réseaux sociaux ou les jeux vidéo… » Quand on connaît la réalité c’est un peu court comme réponse. On peut choisir d’aller à la simplicité ou on peut se poser la question fondamentale des #ghettos de pauvres et de riches. Pour moi l’enjeu c’est la #mixité_sociale : comment les quartiers « politique de la ville » restent des quartiers « #politique_de_la_ville » trente ans après. Or personne ne veut vraiment l’aborder car c’est la montagne à gravir.

      Vous avez abordé cette question lors de votre intervention à l’Élysée. Comment le Président a-t-il réagi ?

      Il a semblé réceptif quand j’ai évoqué les ghettos de riches et les #maires_délinquants qui, depuis vingt-deux ans, ne respectent pas la #loi_SRU. Il a improvisé une réponse en évoquant le fait que dans le cadre des J.O, l’État prenait la main sur les permis de construire en décrétant des opérations d’intérêt national, un moyen de déroger au droit classique de l’#urbanisme. Il s’est demandé pourquoi ne pas l’envisager pour les #logements_sociaux. S’il le fait, j’applaudis des deux mains. Ça serait courageux. Mais je pense qu’il a complètement improvisé cette réponse.

      En ce moment, on assiste à une #répression_judiciaire extrêmement ferme : de nombreux jeunes sans casier judiciaire sont condamnés à des peines de prison ferme. Est-ce de nature à calmer les choses, à envoyer un message fort ?

      Non. On l’a toujours fait. À chaque émeute, on a utilisé la matraque. Pareil pour les gilets jaunes. Pensez-vous que la #colère est moins forte et que cela nous prémunit pour demain ? Pas du tout. Que les peines soient sévères pour des gens qui ont mis le feu pourquoi pas, mais ça ne retiendra le bras d’aucun émeutier dans les années qui viennent.

      Vous avez été dans les rues de Trappes pour calmer les jeunes. Qu’est-ce qui vous a marqué ?

      La rupture avec les institutions est vertigineuse. Elle va au-delà de ce que j’imaginais. J’ai vu dans les yeux des jeunes une véritable #haine de la police qui m’a glacé le sang. Certains étaient déterminés à en découdre. Un jeune homme de 16 ans m’a dit « Ce soir on va régler les comptes », comme s’il attendait ce moment depuis longtemps. Il m’a raconté des séances d’#humiliation et de #violence qu’il dit avoir subies il y a quelques mois de la part d’un équipage de police à #Trappes. Beaucoup m’ont dit : « Ça aurait pu être nous à la place de Nahel : on connaît des policiers qui auraient pu nous faire ça. » J’ai tenté de leur dire qu’il fallait laisser la justice faire son travail. Leur réponse a été sans appel : « Jamais ça ne marchera ! Il va ressortir libre comme tous ceux qui nous ont mis la misère. » Ils disent la même chose de l’#impunité des politiques comme Nicolas Sarkozy qui, pour eux, n’ira jamais en prison malgré ses nombreuses condamnations. Qui peut leur donner tort ?

      Il se développe aussi un discours politique extrêmement virulent sur le lien de ces #violences_urbaines avec les origines supposément immigrées des jeunes émeutiers. Qu’en pensez-vous ?

      Quand Robert Ménard a frontalement dit, dans cette réunion des maires, que le problème provenait de l’#immigration, le président de la République n’a pas tiqué. Une partie de la salle, principalement des maires LR, a même applaudi des deux mains. Il y a un #glissement_identitaire très inquiétant. Culturellement, l’extrême droite a contaminé la droite qui se lâche désormais sur ces sujets. Ces situations demandent de raisonner pour aller chercher les causes réelles et profondes du malaise comme l’absence d’#équité, la concentration d’#inégalités, d’#injustices, de #frustrations et d’#échecs. C’est beaucoup plus simple de s’intéresser à la pigmentation de la peau ou d’expliquer que ce sont des musulmans ou des Africains violents par nature ou mal élevés.

      Comment ces discours sont-ils perçus par les habitants de Trappes ?

      Comme la confirmation de ce qu’ils pensent déjà : la société française les déteste. Dans les médias, matin, midi et soir, ils subissent continuellement des #discours_haineux et stigmatisant de gens comme Éric Zemmour, Marine le Pen, Éric Ciotti, etc. qui insultent leurs parents et eux-mêmes au regard de leur couleur de peau, leur religion ou leur statut de jeune de banlieue. Ils ont le sentiment d’être les #rebuts_de_la_nation. Quotidiennement, ils ont aussi affaire à une #police qui malheureusement contient en son sein des éléments racistes qui l’expriment sur la voie publique dans l’exercice de leur métier. Ça infuse. Les jeunes ne sont pas surpris de l’interprétation qui est faite des émeutes. En réalité ils l’écoutent très peu, parce qu’ils ont l’habitude d’être insultés.

      D’après vous, que faut-il faire dans l’#urgence ?

      Il faut arrêter de réfléchir dans l’urgence. Il faut s’engager sur une politique qui change les choses sur dix à quinze ans. C’est possible. On peut desserrer l’étau qui pèse sur les quartiers en construisant des logements sociaux dans les villes qui en ont moins. Moi, je ne demande pas plus de subventions. Je veux que dans quinze à vingt ans, on me retire les subventions « politique de la ville » parce que je n’en aurai plus besoin. C’est l’ambition qu’on doit porter.

      Et sur le court terme ?

      Il faut envoyer des signaux. Revenir sur la loi 2017 car cela protégera les policiers qui arrêteront de faire usage de leurs armes à tort et à travers, s’exposant ainsi à des plaintes pour homicide volontaire, et cela protégera les jeunes qui n’auront plus peur de se faire tirer comme des lapins. Il faut aussi engager un grand #dialogue entre la police et les jeunes. On l’a amorcé à Trappes avec le commissaire et ça produit des résultats. Le commissaire a fait l’effort de venir écouter des jeunes hermétiquement hostiles à la police, tout en rappelant le cadre et la règle, la logique des forces de l’ordre. C’était très riche. Quelques semaines plus tard le commissaire m’a dit que ses équipes avaient réussi une intervention dans le quartier parce que ces jeunes ont calmé le jeu en disant « on le connaît, il nous respecte ». Il faut lancer un #cercle_vertueux de #dialogue_police-population, et #jeunesse en particulier, dans les mois qui viennent. La police doit reprendre l’habitude de parler avec sa population et être acceptée par elle. Mettons la police autour de la table avec les jeunes, les parents du quartier, des éducateurs, les élus locaux pour parler paisiblement du ressenti des uns et des autres. Il peut y avoir des signaux constructifs de cet ordre-là. Or là on est dans la culpabilisation des parents. Ça ne va pas dans le bon sens.

      https://www.politis.fr/articles/2023/07/emmanuel-macron-ne-comprend-rien-aux-banlieues
      #Macron #ignorance

    • Entre Emmanuel Macron et les banlieues, le #rendez-vous_manqué

      En 2017, le volontarisme du chef de l’Etat avait fait naître des #espoirs dans les #quartiers_populaires. Malgré la relance de la #rénovation_urbaine, le rejet du plan Borloo comme son discours sur le #séparatisme l’ont peu à peu coupé des habitants.

      Il n’y a « pas de solution miracle ». Surtout pas « avec plus d’argent », a prévenu le chef de l’Etat devant quelque 250 maires réunis à l’Elysée, mardi 4 juillet, sur l’air du « trop, c’est trop » : « La santé est gratuite, l’école est gratuite, et on a parfois le sentiment que ce n’est jamais assez. » Dans la crise des violences urbaines qui a meurtri 500 villes, après la mort du jeune Nahel M. tué par un policier, le président de la République a durci le ton, allant jusqu’à rappeler à l’ordre des parents. Une méthode résumée hâtivement la veille par le préfet de l’Hérault, Hugues Moutouh, sur France Bleu : « C’est deux claques, et au lit ! »

      L’urgence politique, dit-on dans le camp présidentiel, est de rassurer une opinion publique encore sous le choc des destructions et des pillages. « Une écrasante majorité de Français se raidit, avec une demande d’autorité forte, confirme Brice Teinturier, directeur général délégué d’Ipsos. Déjà sous Sarkozy, l’idée dominait qu’on en faisait trop pour les banlieues. Les dégradations réactivent cette opinion. Emmanuel Macron est sur une crête difficile à tenir. »

      Ce raidissement intervient sur fond de #fracture territoriale et politique. « L’opposition entre la France des quartiers et celle des campagnes nous revient en pleine figure. Si on met encore de l’argent, on accentuera la fracture », pense Saïd Ahamada, ex-député de la majorité à Marseille. « Les gens en ont ras le bol, ils ne peuvent plus entendre que ces quartiers sont abandonnés », abonde Arnaud Robinet, maire de Reims, qui abrite sept #quartiers_prioritaires_de_la_politique_de_la_ville (#QPV), et membre du parti d’Edouard Philippe.

      (#paywall)

      https://www.lemonde.fr/politique/article/2023/07/06/entre-emmanuel-macron-et-les-banlieues-le-rendez-vous-manque_6180759_823448.

  • Ce que Jean-Marc Jancovici ne comprend pas | Mouais, le journal dubitatif

    https://blogs.mediapart.fr/mouais-le-journal-dubitatif/blog/250523/ce-que-jean-marc-jancovici-ne-comprend-pas

    L’air de rien, malgré son apparente approche globale, la pensée de Jancovici est très simple, et même très simpliste. Pour lui, tout se résume aux flux physiques : l’économie, le progrès social et technologique, la marche du monde. Y’a de l’énergie, y’a de la thune, y’a plus d’énergie, y’a plus de thune. « Les faits physiques n’ont pas besoin d’être politisés » (3) dit-il. Quand il répète que « la décroissance, on ne va pas y échapper », c’est finalement par rationalité physique selon lui. C’est largement sous-estimer les fous furieux qui nous gouvernent, prêts à aller aux confins de l’univers chercher de nouvelles sources d’énergie, et surtout, prêts à ce que les trois quarts de l’humanité meurent pendant qu’ils seront bunkérisés dans les derniers endroits viables de la planète. Jancovici, qui n’est d’ailleurs pas un scientifique, il le dit lui-même, martèle un discours qui confère souvent au scientisme, idéologie selon laquelle tous les problèmes qui concernent l’humanité pourraient être réglés suivant le paradigme de la méthode scientifique : « Les lois de la physique et des mathématiques seront respectées de toute façon » (4) prévient JMJ. Bien évidemment que chacun connaît l’irréversibilité de la catastrophe en cours, la dérégulation climatique, ainsi que le réchauffement planétaire. Ce sur quoi sur nous pouvons avoir prise pour s’adapter, prévoir, éviter, c’est le politique, au sens premier du terme, c’est-à-dire l’organisation de la cité.

    Et c’est là où le bât blesse. Ce que Jean-Marc Jancovici ne comprend pas, c’est qu’aucune forme d’avancée écologiste ne sera possible tant que la bourgeoisie, dont il fait partie, sera aux commandes. D’ailleurs l’a-t-on déjà vu soutenir une quelconque lutte écolo ? Car ce n’est que par la lutte et l’organisation que le progrès social advient, que l’on construit des alternatives viables et non par la magie de l’invention machinique ou par la formation scientifique.

  • « La régularisation des sans-papiers n’induit pas d’appel d’air »

    Alors que le gouvernement envisage de faciliter la régularisation de certains travailleurs sans-papiers, l’économiste espagnol détaille les diverses conséquences d’une telle mesure

    Dans une étude publiée en février 2018 et actualisée en 2022 (https://www.dropbox.com/s/izdbk59busoja78/Spanish_regularization_Rev_v1.pdf?dl=0), les économistes Joan Monras (Réserve fédérale de San Francisco), Elias Ferran (université de Valence) et Javier Vazquez-Grenno (université de Barcelone) ont analysé les conséquences d’une vaste régularisation de 600 000 migrants extra-européens décidée par le gouvernement socialiste espagnol en 2005.

    Vous êtes coauteur d’une étude sur les conséquences de la régularisation de 600 000 personnes en Espagne en 2005. Un des principaux enseignements de ces travaux est qu’une régularisation massive n’induit pas d’appel d’air…

    En 2004, on estimait qu’il y avait presque un million de sans-papiers en Espagne. La mesure de régularisation a bénéficié à environ 600 000 personnes. Mais elle n’a provoqué aucun appel d’air en Espagne. Pour s’en rendre compte, nous nous sommes intéressés aux chiffres des ressortissants extra-européens vivant en Espagne. Et on a constaté que ces chiffres n’avaient pas bougé.

    Par exemple, si on regarde les Equatoriens, il n’y a pas eu de changement, puisque leur nombre total s’établit autour de 400 000, en 2004 comme en 2008. Dans le même intervalle de temps, le nombre de Marocains a augmenté de 150 000, mais sans aucune rupture perceptible dans la tendance après l’adoption de la mesure de régularisation, ce qui laisse penser que d’autres facteurs, indépendants de cette mesure, ont joué.

    On peut expliquer cette absence d’appel d’air notamment par le fait que la mesure de régularisation visait les personnes déjà présentes en Espagne puisque, pour en bénéficier, il fallait remplir des conditions comme être présent depuis déjà au moins six mois dans le pays et avoir un contrat pour au moins les six prochains mois.

    Nous pensons même que la régularisation a pu jouer en défaveur de flux nouveaux, puisqu’elle a été accompagnée d’un renforcement des contrôles de l’inspection du travail visant à combattre le travail au noir, ce qui a pu rendre plus difficile l’embauche de travailleurs sans papiers. Nous restons toutefois prudents sur les effets à long terme de la mesure car, dès 2008, l’Espagne a été touchée par la crise économique, ce qui a pu avoir pour effet de diminuer la demande de travail.

    Des constats similaires ont-ils été faits dans d’autres pays ?

    En 1986, les Etats-Unis ont adopté l’Immigration Reform and Control Act (IRCA), une amnistie qui a permis à quelque trois millions d’immigrés de régulariser leur situation. Des articles de recherche ont regardé si cette loi avait provoqué une augmentation de l’immigration et ils trouvent que non. Ce n’est pas une vérité absolue, cela dépend certainement des contours de la politique mise en œuvre et du contexte économique, mais on a des exemples variés, en Espagne et aux Etats-Unis, qui trouvent que la régularisation n’induit pas d’appel d’air.

    Comment la régularisation peut-elle être un frein au travail au noir ?

    Si la régularisation est accompagnée d’un renforcement des contrôles de l’inspection du travail, cela a pour effet d’augmenter le coût du travail au noir. En outre, en exigeant des personnes un contrat de travail d’au moins six mois pour être régularisées, la mesure décidée par le gouvernement espagnol a incité des travailleurs à sortir du travail au noir. Cela est particulièrement visible dans le secteur du ménage à domicile.

    Beaucoup des personnes qui ont été régularisées étaient des femmes de ménage d’origine extra-européenne qui travaillaient de façon non déclarée au domicile de particuliers. La régularisation a provoqué une hausse très importante du nombre d’entre elles qui étaient déclarées, passé de 60 000 à 160 000.

    Toutefois, à moyen terme, le chiffre dans ce secteur est retombé autour de 110 000. Nous pensons que, une fois régularisées, ces travailleuses ont saisi des opportunités dans d’autres secteurs, notamment dans les hôtels-restaurants ou le nettoyage en entreprise. Mais il est également possible qu’une fraction de ces travailleurs soit retournée sur le marché informel.

    Vous battez aussi en brèche l’idée répandue selon laquelle le recours à la main-d’œuvre immigrée tire les salaires vers le bas…

    La régularisation de travailleurs peut exercer, dans un premier temps, une pression à la baisse sur les salaires puisque l’offre de travail se trouve augmentée mais, dans le même temps, en régularisant leur situation, les immigrés ont accès à plus d’opportunités de travail et cela augmente leur pouvoir de négociation avec les entreprises. Nous estimons que cette capacité de négociation peut leur permettre d’obtenir des niveaux de salaire plus élevés d’environ 20 % en moyenne. A long terme, ces deux effets se conjuguent et il n’y a pas de changement substantiel sur le niveau des salaires. Cela fait écho aux résultats de l’économiste et Prix Nobel d’économie David Card qui s’était intéressé à l’exode depuis le port cubain de Mariel dans les années 1980, lorsque quelque 1 250 000 Cubains avaient rejoint Miami.

    En revanche, vous montrez que les bénéfices sont manifestes pour les finances publiques…

    Nous avons calculé que, pour chaque migrant régularisé, les cotisations patronales ont augmenté de 4 000 euros en moyenne par an. Toutefois, nous avons aussi constaté que le travail au noir n’a pas disparu. Passé une première période au cours de laquelle le travail au noir a reculé, celui-ci reprend car des entreprises cherchent toujours à échapper aux cotisations sociales, et des travailleurs peuvent être intéressés par des salaires plus élevés car non soumis à l’impôt sur le revenu.

    Mais cette réalité dépasse la question des travailleurs migrants. En Espagne, le marché informel est très important et concerne les travailleurs espagnols eux-mêmes, dans des secteurs comme le bâtiment ou le tourisme. En cela, les migrants n’ont pas une attitude différente de celle des natifs.

    https://www.lemonde.fr/idees/article/2023/04/07/la-regularisation-des-sans-papiers-n-induit-pas-d-appel-d-air_6168644_3232.h
    #sans-papiers #régularisation #migrations #appel_d'air #économie #Espagne #chiffres #statistiques #travail_au_noir #salaires #travail

    ping @karine4

  • Immigration : le #mythe de « l’appel d’air »

    Les migrants choisiraient leur pays d’arrivée en fonction de la qualité des prestations sociales, selon le concept d’« appel d’air ». Rien de plus faux, expliquent les chercheurs. Durcir la politique migratoire fixerait même les exilés sur leur terre d’accueil.

    Histoire d’une notion. Avant même que le projet du gouvernement sur l’immigration soit connu, la droite et l’extrême droite ont entonné un refrain qui accompagne, depuis vingt ans, toutes les controverses sur les flux migratoires : si la France améliore ses conditions d’accueil, elle créera un redoutable « appel d’air ». La présence de centres d’hébergement, l’accès aux allocations, la prise en charge des soins médicaux ou la promesse de régularisations encouragent, selon elles, les migrants à rejoindre la France : ces politiques généreuses « aspireraient la misère du monde », résume, en 2019, le philosophe Jérôme Lèbre dans la revue Lignes.

    Repris ces dernières semaines par Eric Ciotti (Les Républicains, LR) ou Jordan Bardella (Rassemblement national, RN), ce « discours connu de la #mythologie d’extrême droite », selon Jérôme Lèbre, s’est imposé dans le débat, y compris à gauche, au début des années 2000, lors des polémiques sur le camp de Sangatte (Pas-de-Calais). Il repose sur l’idée que les migrants se comportent comme les sujets rationnels et éclairés de la théorie libérale classique : informés par la presse, les réseaux sociaux et le bouche-à-oreille, ils pèsent avec soin, avant de quitter leur pays, les avantages et les inconvénients de chaque destination afin de repérer les contrées les plus hospitalières.

    Si cette logique semble inspirée par le bon sens, elle ne correspond nullement à la réalité, et surtout à la complexité, des parcours migratoires. L’appel d’air est un « mythe », constate, en 2021, l’Institut Convergences Migrations, qui rassemble six cents chercheurs en sciences sociales issus de plusieurs institutions : il n’est en rien « corroboré par les travaux de recherche ». Les études internationales consacrées aux déterminants de la migration montrent en effet qu’il n’existe, selon l’institut, « aucune corrélation » entre la qualité des politiques d’accueil et l’orientation des flux migratoires.

    https://www.lemonde.fr/idees/article/2023/01/11/immigration-le-mythe-de-l-appel-d-air_6157358_3232.html#xtor=AL-32280270-%5B
    #appel_d'air #asile #migrations #réfugiés #vocabulaire #terminologie

  • En #Italie, le gouvernement de Giorgia #Meloni s’en prend aux ONG qui sauvent les migrants en mer

    Un nouveau « #code_de_conduite » pour les #navires_humanitaires est entré en vigueur, mardi. Des #amendes allant de 10 000 à 50 000 euros sont notamment prévues à l’encontre du commandant de bord si les règles ne sont pas appliquées.

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    Durant la campagne électorale à la fin de l’été, Giorgia Meloni, la dirigeante du parti d’extrême droite italien Fratelli d’Italia avait relancé l’idée d’un #blocus_naval pour arrêter les bateaux intervenant en mer pour sauver les migrants. Une solution inapplicable dans les faits, mais payante en termes de communication politique. Désormais installé à la tête du pays, le gouvernement de Mme Meloni a néanmoins mis à exécution sa promesse de réguler les flux migratoires avec une mesure qui ressemble à une déclaration de guerre aux ONG engagées dans le sauvetage des migrants. Le 3 janvier, un nouveau « code de conduite » pour les navires humanitaires est entré en vigueur sous forme de #décret.

    Parmi les nouveautés de ce texte figure notamment la fin des #opérations_de_secours « simultanées ». Dès lors qu’un port de débarquement a été attribué par les autorités italiennes à un navire, il doit être atteint sans délai pour que puisse s’achever l’opération de sauvetage. Plus question désormais, sauf demande spéciale des autorités italiennes, qu’un bateau qui vient de recueillir des réfugiés détourne sa route vers une autre embarcation en perdition tant qu’elle n’a pas touché terre. En somme, la nouvelle réglementation du ministère de l’intérieur entérine un glissement qui constitue une menace claire sur le #droit_de_la_mer et les conventions internationales dont l’Italie est signataire.

    Ce tour de vis sécuritaire a provoqué indignation et inquiétude chez les ONG « Plutôt que de nous assigner un rôle clair de sauver des vies en mer, ce décret tente de limiter notre champ d’action sans proposer aucune solution alternative », se désole Juan Matias Gil, chef des opérations de secours en mer de Médecins sans frontières (MSF). « Il faut s’attendre à une baisse dans nos capacités d’opération de sauvetage, et plus de morts à venir. »

    Les ONG dérangent

    Autre nouveauté, le gouvernement impose désormais aux ONG de recueillir les demandes d’asile à bord des navires de sauvetage, de sorte que la procédure administrative soit prise en charge par le pays dont les navires battent pavillon. Une procédure qui promet de nombreux casse-tête juridiques. Si l’on suit les nouvelles normes, qui empêchera des migrants somaliens de demander l’asile à Rome, s’ils sont recueillis par un navire marchand italien au large de Mogadiscio ?

    La crainte de « l’#appel_d'air », rhétorique habituelle des membres de l’exécutif et de la majorité pour justifier les restrictions, a de nouveau été mise en avant par les responsables politiques convaincus que les navires humanitaires sont des « #taxis_de_la_mer ». Les #statistiques démontrent pourtant le contraire : sur près de 100 000 migrants qui ont débarqué en 2022 sur les côtes italiennes, à peine plus de 10 % ont été recueillis par des ONG.

    Installé en Sicile où il suit les questions migratoires pour Radio Radicale, le journaliste Sergio Scandura effectue une veille permanente des embarcations de migrants en approche des côtes italiennes. « Ce décret est inédit, estime-t-il, personne jusqu’ici n’avait jamais adopté un texte qui va à l’encontre des lois internationales mais aussi des lois européennes. » « La réalité est que les ONG dérangent parce que l’on ne doit pas voir ce qu’il se passe au large de la Libye », dénonce le journaliste.

    « Menace de #sanctions_financières »

    L’Eglise catholique italienne a elle aussi vivement réagi. « Ce décret n’est basé sur rien, il est construit sur un faux sentiment d’insécurité », a tonné Mgr Gian Carlo Perego, président de la commission pour les migrations au sein de la conférence épiscopale italienne. Pour l’archevêque de Ferrare-Comacchio (Nord), « la première considération serait de savoir si ce sont les ONG qui posent un problème de sécurité à l’Italie ou bien si ce sont précisément elles dont les bateaux sauvent des vies ».

    Outre les nouvelles normes, le gouvernement italien a également prévu tout un arsenal de #sanctions en cas de non-respect de la part des navires humanitaires. Des amendes allant de 10 000 à 50 000 euros sont prévues à l’encontre du commandant de bord si les nouvelles règles ne sont pas appliquées. En cas de récidive, les autorités s’arrogent le droit de séquestrer les navires. Un recours est possible mais, autre nouveauté, celui-ci devra être déposé devant le préfet dont les pouvoirs sont élargis. « Il est clair que la menace de sanctions financières est préoccupante », souligne Marco Pisoni, porte-parole de SOS Méditerranée, qui affrète le navire Ocean-Viking. « Les opérations de secours demandent des moyens, et ces amendes pourraient nous mettre en difficulté avec nos donateurs, en Italie mais également dans toute l’Europe. »

    Pour les ONG, le message du gouvernement est clair : non seulement entraver les opérations de secours, mais les éloigner de la Méditerranée centrale, là où les besoins sont les plus forts. Le 31 décembre, avant la parution du décret au journal officiel, l’Ocean-Viking a pu faire débarquer 113 personnes dans le port de Ravenne… à 900 milles nautiques du lieu de sauvetage. Pour Maco Pisoni, la nouvelle politique du gouvernement italien signe « la disparition programmée de la présence des navires dans les zones #SAR [régies par la convention internationale sur la recherche et le sauvetage maritimes] internationales et nationales ».

    https://www.lemonde.fr/international/article/2023/01/05/en-italie-le-gouvernement-de-giorgia-meloni-s-en-prend-aux-ong-qui-sauvent-l
    #Giorgia_Meloni #sauvetage #Méditerranée #asile #migrations #réfugiés #mer_Méditerranée

    • Italy’s Anti-Rescue Decree Risks Increasing Deaths at Sea

      New Policy Obstructs Lifesaving Work of Rescue NGOs, Violates International Law
      The latest migration decree by Italy’s government represents a new low in its strategy of smearing and criminalizing nongovernmental organizations saving lives at sea. The government’s goal is to further obstruct the life-saving work of humanitarian groups, meaning that as few people as possible will be rescued in the central Mediterranean.

      The decree prohibits vessels of search and rescue organizations from carrying out multiple rescues on the same voyage, ordering that after one rescue their ships immediately go to the port allocated by Italy and reach it “without delay,” effectively requiring them to ignore any other distress cases at sea.

      The rule, which does not apply to other kinds of vessels, breaches the duty on all captains to give immediate assistance to people in distress under multiple international law provisions, including the UN Convention on the Law of the Sea, the International Convention for the Safety of Life at Sea, the Palermo Protocol against the Smuggling of Migrants, and EU law.

      The negative impact of the new rule is compounded by the government’s recent practice of assigning rescue boats very distant ports of disembarkation in northern and central Italy, requiring up to four days of navigation, in breach of the obligation to make available the nearest port of safety. Ordering rescue ships to sail to distant ports prevents them from saving lives in the central Mediterranean for longer periods of time, forces them to incur significant additional costs in fuel, food, and other expenses, and can increase the suffering of survivors on board.

      The decree also imposes on nongovernmental rescue ships the duty to collect data from survivors onboard, including their intent to claim asylum, and share that information with authorities, in breach of EU laws, including the asylum procedures directive .

      As 20 search and rescue organizations pointed out in a joint statement on January 5, the decree risks adding to the numbers of people already dying in the Mediterranean Sea or returned to horrific abuse in Libya.

      The European Commission should call for the immediate withdrawal of this decree and an end to Italy’s practice of allocating distant ports and take legal enforcement action against rules that blatantly disregard EU legal obligations towards migrants and asylum seekers. Above all, it’s time for a state-led European search and rescue mission to prevent further avoidable deaths at sea.

      https://www.hrw.org/news/2023/01/09/italys-anti-rescue-decree-risks-increasing-deaths-sea

    • Migrants : en Italie, la « guerre » du gouvernement contre les ONG

      Les nouvelles règles font exploser les coûts des sauvetages en mer. Reportage à Ancône, où le « Geo-Barents », le bateau de secours en mer de Médecins sans frontières (MSF), a été aiguillé.

      L’homme est masqué, coiffé d’un gros bonnet gris et enveloppé d’une épaisse couverture rouge qui masque sa silhouette. Il vient de sortir du ventre du Geo-Barents, le bateau de secours en mer de Médecins sans frontières (MSF). Descendu de la passerelle, il pose un pied mal assuré sur le quai 22 du port de commerce d’Ancône. Quatre autres hommes le suivent. Masqués aussi, coiffés de gros bonnets gris, enveloppés d’épaisses couvertures rouges ou blanches. Boitant presque sur la terre ferme après des jours de mauvaise mer, les corps aux visages invisibles, affaiblis, de ces rescapés anonymes attirent tous les regards, dans le matin mouillé de ce jeudi 12 janvier.

      Au bout du quai, on les attend. Le préfet de la province et le chef de la police ont fait le déplacement. Ces jours-ci, la frontière de l’Italie, qui est aussi celle de l’Europe, passe aux yeux de tous par leur ville. Les agents de la police aux frontières sont là, comme les hommes de la Guardia di Finanza, les pompiers, les fonctionnaires de la police scientifique et des membres du groupe cynophile des chasseurs alpins. Sur le quai 22 du port de commerce d’Ancône, il y a l’Etat, donc. Mais pas seulement. Des volontaires de la Croix-Rouge et de Caritas, sous-traitants des services publics italiens, sont déployés près d’une tente blanche. Et enfin, tenus à une distance de quelques dizaines de mètres, des journalistes sont parqués dans un enclos formé par des barrières. Une dizaine d’équipes de télévision filment la scène en direct.

      Le navire est arrivé à quai vers 7 h 30, quand, de l’autre côté du port, la sirène des chantiers navals appelait à leurs postes de travail les centaines d’ouvriers immigrés employés par des sous-traitants de la Fincantieri, qui y construisent deux paquebots de croisière de haut luxe dont les masses blanches et brillantes dominent la baie. Près de deux heures plus tard, les cinq anonymes descendus du bateau ont disparu vers le barnum blanc des autorités. A bord du navire, soixante-huit autres attendent de les rejoindre, majoritairement originaires du Soudan et du Nigeria.

      En touchant terre, ce petit groupe d’hommes, bien inférieur en nombre aux effectifs déployés, sur le quai 22 du port de commerce d’Ancône, est en train de traverser une ligne de front invisible. Car ils sont les derniers en date à faire les frais de la guerre judiciaire et politique que l’Etat italien mène depuis 2016 aux ONG de sauvetage opérant en Méditerranée centrale et portant secours aux migrants qui s’élancent des côtes libyennes en direction de l’Europe à bord d’embarcations de fortune. Et s’ils attirent malgré eux tant d’attention, cinq jours après avoir été secourus au large de Tripoli, c’est que, sous l’impulsion du gouvernement dominé par l’extrême droite de Giorgia Meloni, cette vieille histoire vient d’entrer dans une phase nouvelle.

      Une cible claire et identifiée

      Le voyage de 1 200 kilomètres effectué par le Geo-Barents de MSF, depuis le point perdu dans les flots où les migrants en détresse sont montés à bord, et les quatre journées de navigation supplémentaire qu’il a dû affronter, est en effet le résultat d’une politique. Parallèlement à un nouveau décret limitant l’action des ONG, sous peine de sanctions, à des sauvetages uniques, le gouvernement italien assigne désormais aux navires opérant dans la zone des destinations situées loin au nord des ports méridionaux où ils accostent habituellement. Livourne et Ravenne ont organisé des débarquements en décembre 2022, avant qu’Ancône accueille mardi l’ Ocean-Viking de l’ONG SOS Méditerranée avec trente-sept naufragés à son bord, puis le Geo-Barents.

      L’objectif est de répartir l’effort sur tout le territoire, selon le ministre de l’intérieur Matteo Piantedosi, affilié à la Ligue (extrême droite) et proche du vice-président du conseil Matteo Salvini, qui s’était illustré lorsqu’il occupait le même poste entre 2018 et 2019 par la fermeture des ports italiens aux ONG. « Le gouvernement ne veut pas laisser s’installer des mécanismes de routine dans les trajets de migration » , avait précisé pour sa part, à Ancône, la veille de l’arrivée de l’ Ocean-Viking, le président de l’autorité portuaire, Vincenzo Garofalo. Selon les ONG, cependant, l’objectif réel du gouvernement est autre. En complétant les dispositions du décret par ces éloignements vers le nord des côtes italiennes, il entend rogner leur présence en Méditerranée centrale et, surtout, peser sur leurs finances.

      « Nous avons estimé grossièrement que la volonté du gouvernement de nous faire venir jusqu’à Ancône avait provoqué une augmentation de 100 % de nos dépenses en carburant » , indique ainsi Juan Matias Gil, chef des opérations de secours en mer de MSF, présent sur le port d’Ancône au moment de l’arrivée de l’ Ocean-Viking. Pour l’ONG internationale, une marge d’adaptation existe, et de tels coûts peuvent être absorbés. Ce n’est pas le cas pour des organisations comme SOS Méditerranée, consacrée uniquement au sauvetage en mer. « La guerre que nous mène le gouvernement italien entre dans un tout nouveau chapitre dont il espère que le dénouement passera par notre disparition de la Méditerranée centrale » , indique M. Giltandis que les naufragés sortent du bateau par groupes de cinq avant de disparaître sous la tente médicale.

      « On s’attaque à nous, les ONG, car nous sommes la pointe visible d’un phénomène face auquel le gouvernement ne peut en réalité pas faire grand-chose » , ajoute M. Gil. Comme si la présence des ONG offrait aux pouvoirs publics une cible claire et bien identifiée sur la question migratoire et que la contrainte de ces débarquements dans des ports éloignés de la zone de secours devait fournir l’image d’un flux contrôlé. Certes, l’immigration n’est pas la préoccupation première d’une opinion italienne plus inquiète de l’inflation et des conséquences économiques de la guerre contre l’Ukraine. Elle reste un sujet sur lequel un Etat européen peut mettre en scène son action, même si c’est pour quelques heures, au bout du quai d’un port de commerce mineur.

      Galaxie d’associations

      Après avoir débarqué et traversé les premières formalités administratives de leur parcours en Italie, les 73 naufragés descendus du Geo-Barents, escortés par des policiers, sont montés dans des bus de la marine militaire italienne pour être emmenés plus tard quelque part en Lombardie. Ceux qui étaient arrivés trente-six heures plus tôt à bord de l’ Ocean-Viking ont été orientés vers divers centres d’accueil de la région des Marches, gérés par une galaxie de coopératives issues du monde catholique ou de la gauche associative.

      Les rescapés arrivés sur les deux navires des ONG à Ancône entre mardi et jeudi sont au nombre de 110. Selon le ministère de l’intérieur, le nombre total de migrants arrivés par la mer en Italie, incluant les débarquements autonomes et ceux qui ont été organisés par les gardes-côtes italiens dans les eaux territoriales depuis le début de l’année, s’élevait à 3 819 au 13 janvier. D’eux, pourtant, on ne verra pas même les silhouettes, au loin sur une passerelle.

      https://www.lemonde.fr/international/article/2023/01/15/migrants-en-italie-la-guerre-du-gouvernement-contre-les-ong_6157915_3210.htm

  • 7 personnes sont mortes, 3 disparues, des dizaines d’autres gravement blessées mais les chasses à l’homme et la criminalisation de la solidarité continuent dans nos montagnes

    #Communiqué commun dont la LDH est signataire

    Le 21 novembre 2016, Tous migrants lançait sa première alerte face à la dérive de l’Etat, en dénonçant les multiples atteintes aux droits des personnes exilées, en Méditerranée, à Calais, à Paris, dans la vallée de la Roya, à Menton, et dans les Hautes-Alpes. Nous alertions sur l’urgence à :

    ⁃ accueillir dignement les personnes contraintes de fuir leur pays où elles ne sont plus en sécurité ;

    ⁃ refuser de traiter ces personnes comme des criminels ou des animaux nuisibles ;

    ⁃ empêcher que nos mers et nos montagnes se transforment en cimetières.

    6 ans plus tard, nous faisons les mêmes constats. Les violences d’Etat contre les personnes exilées ne cessent de se renforcer jusque dans le #Briançonnais, tandis que les fléaux qui contraignent les populations à fuir leur pays se multiplient. L’exception envers les personnes de nationalité ukrainienne a montré qu’il est possible d’accueillir dignement, tout en dévoilant le caractère discriminatoire de la politique actuelle.

    Ces violations de droits sont documentées et dénoncées par les associations, les organismes indépendants de défense des droits humains, les chercheurs, les journalistes, les parlementaires… Des décisions préfectorales ont été annulées et deux membres de la police aux frontières ont déjà été condamnés par les tribunaux.

    Au lieu de respecter les #droits_fondamentaux, les gouvernements successifs n’ont de cesse de militariser la frontière, pour un coût direct de plusieurs dizaines de millions d’euros par an pour le seul #Briançonnais, soit un gâchis considérable par rapport aux sommes nécessaires à l’accueil digne et au respect du droit.

    Cette politique n’engendre que morts et souffrances supplémentaires, les frontières abiment durablement, physiquement et psychiquement, les personnes. Les risques liés à la traversée notamment en saison hivernale sont bien réels (hypothermie, gelure) et sont accentués par la militarisation de la frontière (fuite, cachette, chute). Pour exemple, la nuit du 19 au 20 novembre 2022, 4 personnes ont été blessées à la suite d’un #contrôle_par_surprise en pleine #montagne et de la #course_poursuite qui a suivi, avec une personne hospitalisée à Briançon. Des pratiques humiliantes ont été également rapportées récemment dans le cadre d’#enfermement à la #police_aux_frontières de #Montgenèvre.

    La #criminalisation_de_la_solidarité perdure. Le #harcèlement, les #intimidations, les #amendes abusives voire mensongères, les #poursuites_judiciaires sont toujours de mise envers les solidaires, et ceci malgré nos multiples signalements aux autorités compétentes.

    Nous ne baissons pas les bras. Nous continuons notre veille active à la frontière pour réduire les risques, témoigner, dénoncer et alerter les autorités dédiées, le tout pour obtenir des avancées sur le respect des droits à la frontière. Des décisions récentes nous confortent dans notre action. Par exemple, le 22 novembre, après la relaxe des 3+4, deux solidaires ayant subi de la prison viennent d’obtenir réparation en justice. Le 23 novembre, la Cour européenne des droits de l’Homme a accepté d’instruire la requête que nous avons déposée au côté de la famille de Blessing Matthew pour que vérité et justice soient faites.

    Nombre de personnes agissent au quotidien de manière humaine, professionnelle et sans discrimination, à l’exemple des personnels soignants de l’hôpital de Briançon, avec discernement à l’exemple de certains membres de force de l’ordre, et même avec courage pour celles et ceux qui osent désobéir à des ordres illégaux, illégitimes, dangereux et barbares.

    Avec les associations et collectifs impliqués et la population solidaire, nous montrons chaque jour qu’un autre accueil est possible, que tout le monde en profite, y compris l’économie locale. Aujourd’hui plus que jamais le Briançonnais est reconnu dans le monde entier comme une #terre_d’accueil.

    Cette renommée n’a rien à voir avec le pseudo « #appel_d’air » que les pouvoirs publics et l’extrême droite agitent comme un épouvantail dont les chercheurs ont démontré la vacuité. Par exemple, par comparaison avec Montgenèvre, le nombre de #refoulements effectués par la PAF est presque deux fois plus élevé à Modane et dix fois plus à Menton, alors qu’il n’y a pas de lieux d’accueil sur ces deux territoires.

    Depuis nos montagnes qui ont toujours été des lieux de passage, d’asile mais aussi d’exil, nous nous unissons pour sensibiliser sur les préjugés tenaces autour de la migration mais également pour changer ces politiques mortifères et à fort relent raciste et xénophobe.

    Dimanche 18 décembre, à l’occasion de la Journée internationale des migrants, des manifestations sont organisées en France, en Europe et au-delà. Opposés à cette politique du rejet, nous avons fait le choix de la dignité et de l’humanité.

    À Briançon, avec toutes les associations et collectifs impliqués dans l’accueil des personnes exilées, nous vous donnons rendez-vous :

    ⁃ à 15h30, devant la médiathèque pour une déambulation en fanfare jusque devant la MJC, avec des prises de parole ;

    ⁃ à partir de 17h, devant la MJC, avec les stands des associations et des boissons chaudes ;

    ⁃ à 18h30, à l’Eden-Studio pour la projection-débat des films documentaires 18 mois, puis à 21h Ceux de la nuit, en présence des réalisatrices et de personnes impliquées.

    Paris, le 13 décembre 2022

    https://www.ldh-france.org/alerte-a-la-population-7-personnes-sont-mortes-3-disparues-des-dizaines-
    #humiliation #frontière_sud-alpine #France #Italie #Briançon

    –—

    Ajouté à la métaliste autour de la situation des exilés dans les Hautes-Alpes :
    https://seenthis.net/messages/733721

  • I dati non mentono

    Ong e #migranti: i dati non mentono.
    Un rapporto Frontex sostiene che le Ong siano state «pull factor» dal 1° gennaio al 18 maggio 2021.
    Così sono andato a controllare.

    Partenze di migranti con Ong in area SAR: 125 al giorno.
    Con nessuna Ong: 135 al giorno.

    https://twitter.com/emmevilla/status/1592422778174861312

    Article publié sur Il Manifesto:
    Il mistero del rapporto di #Frontex sul «pull-factor» citato dal governo
    https://ilmanifesto.it/il-mistero-del-rapporto-di-frontex-sul-pull-factor-citato-dal-governo

    #fact-checking #pull-factor #facteur_pull #appel_d'air #sauvetage #mer #Méditerranée #mer_Méditerranée #chiffres #statistiques

    –-

    ajouté à ce fil de discussion sur les pull-factors:
    https://seenthis.net/messages/788928

  • Non, le sauvetage des migrants en mer n’entraîne pas d’“#appel_d’air

    L’arrêt, fin 2014, de l’opération italienne Mare Nostrum[1] de sauvetage des migrants en mer Méditerranée a en partie résulté de critiques selon lesquelles ces sauvetages créeraient un « appel d’air ». Les ONG qui ont pris la relève ont été et sont régulièrement sous le feu des mêmes critiques. Mais qu’en est-il au juste ? Décryptage.

    La théorie de l’appel d’air, appliquée aux opérations de sauvetage en mer, voudrait dire que les flux des migrants sont la conséquence de ces opérations. Autrement dit, il n’y aurait pas de migrants (ou il y en aurait moins), s’il n’y avait pas de navires de sauvetage des naufragés en mer Méditerranée. Par conséquent, d’après ces discours, les naufragés sont des victimes de ces opérations de sauvetage. SOS Méditerranée, une des ONG engagées dans ces opérations, et qui sont ciblées par les critiques, a documenté les « fake news » qu’elles comprennent. Elle rétablit les faits à travers un « dossier thématique »[2]

    Francis Vallat, le directeur de cette organisation humanitaire déplore : “Ce qui est grave, c’est qu’elle (cette théorie) a toutes les apparences du bon sens, ce qui la rend dangereuse et perverse car elle sert de base à toutes sortes de manipulations vis-à-vis de personnes crédules ou trop pressées pour approfondir”[3].

    Un bref aperçu sur ces opérations de sauvetage et sur leur suspension contredit largement l’argument du supposé appel d’air.

    L’arrêt des sauvetages n’a pas tari le flux migratoire méditerranéen

    Avec la fin de #Mare_Nostrum, les personnes exilées qui tentaient de traverser la Méditerranée étaient livrées à elles-mêmes. Si l’idée qui sous-tendait cet arrêt était de contenir les flux migratoires, les faits auront toutefois témoigné d’un effet boomerang. Les tentatives de traversée de la Méditerranée par les migrant•es se sont poursuivies voire amplifiées à leurs risques et périls.

    Début 2016, des ONG s’engagent en Méditerranée à la rescousse de milliers de migrant·es qui s’y noient régulièrement. Il fallait “sauver des vies face à l’urgence humanitaire”, soutient Francis Vallat, car “la Méditerranée s’était retrouvée sans aucun moyen dédié au sauvetage en haute mer après la fin de l’opération Mare Nostrum” [4].

    La fin des sauvetages dans le cadre de Mare Nostrum n’avait pas freiné les flux migratoires, bien au contraire, et les cas de noyade de migrants s’intensifiaient. Le HCR, qui réclamait une “opération mare nostrum européenne”[5] déplorait une “hécatombe jamais vue en Méditerranée”. Au premier trimestre 2015, l’Organisation internationale des migrations avait rapporté en effet quelque 480 migrants morts en Méditerranée contre 50 dans la même période l’année précédente d’après un article du Monde[6].

    Les naufrages se sont multipliés par 30 en 2015, en comparaison avec l’année précédente, sans que cela ne dissuade pour autant de nouveaux migrants à s’engager en Méditerranée. En avril, soit 5 mois après la fin de l’opération italienne, entre 500 et 1000 migrants traversaient quotidiennement la Méditerranée en provenance d’Afrique du Nord et des centaines perdaient régulièrement la vie car les embarcations de fortune chaviraient systématiquement. Les arrivées en Europe en 2015 seront 5 fois plus élevées qu’en 2014[7].

    Il paraît clair que les flux migratoires ne sont pas la conséquence ou un effet de la présence des sauveteurs en mer. L’opération humanitaire italienne n’a pas précédé ces flux, c’est plutôt l’inverse, comme ils n’ont pas cessé à sa fin. Loin d’être un frein aux flux, la suspension des sauvetages entraîne simplement l’augmentation des naufrages. De même, comme en Méditerranée, la fermeture des frontières franco-anglaises, à travers notamment les accords du Touquet, n’empêche pas les flux migratoires vers le Royaume Uni, elle conduit à la multiplication des cas de noyade. Les traversées de la Manche par des small boats se multiplient encore aujourd’hui, les naufrages aussi.

    Notes
    Notes ↑1 L’opération Mare Nostrum est une opération lancée par la marine italienne en octobre 2013 pour venir au secours des navires en détresse de migrants traversant la Méditerranée. Elle prit fin en octobre 2014. Pour les détails, voir https://bit.ly/3AFUL0U
    ↑2 SOS Méditerranée, « Fake News, rétablir les faits sur le sauvetage en Mer ». URL : https://bit.ly/3LRKanGv
    ↑3 « SOS Méditerranée : ne pas lâcher l’humanité », Sens-Dessous, vol. 24, no. 2, 2019, p. 46.
    ↑4 « SOS Méditerranée : ne pas lâcher l’humanité », Sens-Dessous, vol. 24, no. 2, 2019, pp. 46
    ↑5 UNHCR, “Le HCR appelle à intensifier l’opération de recherche et sauvetage en Méditerranée”, 2015. Publié sur https://bit.ly/3vPAPpJ
    ↑6 Le Monde, “Plus de 5 600 clandestins sauvés en trois jours en Méditerranée”, 2015. Publié sur https://bit.ly/3KcFR5E
    ↑7 OIM (2016), “L’OIM recense 3 771 décès de migrants dans la Méditerranée en 2015”, publié sur https://bit.ly/3A9784g

    https://www.icmigrations.cnrs.fr/2022/09/29/desinfox-28-non-le-sauvetage-des-migrants-en-mer-nentraine-pas-dap

    #asile #migrations #frontières #rhétorique #afflux #invasion #sauvetage #sauvetage_en_mer #solidarité

    voir aussi :
    https://seenthis.net/tag/appel_d%E2%80%99air

  • Non seulement il est question de demander aux allocataires du RSA de travailler gratuitement mais l’État met en place progressivement la privatisation de l’insertion professionnelle. Dernier avatar de cette politique : la Seine-Saint-Denis, avec la contribution active du département !

    Voici le passage du dernier compte rendu du Comité technique (instance paritaire) de la CGT des territoriaux des Lilas (j’en suis) sur ce sujet :

    INTERCO – EST-ENSEMBLE - cr_ct_24_mai_2022.pdf
    https://cgt-territoriaux-leslilas.org/IMG/pdf/cr_ct_24_mai_2022.pdf

    La CGT a demandé de prendre la parole afin d’interpeller l’employeur au sujet de l’avenir du Projet
    Insertion Emploi (PIE) du CCAS. Le PIE est un dispositif déployé sur toutes les collectivités pour
    accompagner les allocataires du RSA dans le retour à l’emploi.
    Deux collègues, contractuelles, qui travaillent au PIE des Lilas nous ont alerté car l’information leur a
    été donnée par leur hiérarchie et leur réseau professionnel que ce service serait prochainement
    privatisé.
    Cette situation est la conséquence des choix du département, suite à l’annonce, en septembre 2021,
    de la prise en charge par l’État du financement des allocations de RSA sur le 93. Dans la foulée de
    cette annonce, le département décide de remplacer les PIE par des Agences locales d’insertion (ALI).
    Alors que rien ne justifiait que la mise en place des ALI entraîne la disparition du service public, le
    département a clairement choisi de livrer des allocataires du RSA au marché privé de l’insertion
    (associations, coopératives et entreprises, dont certaines dépendent de requins tels que Veolia) ! Le
    département de Seine-Saint-Denis a clairement programmé la disparition de plus de 200 postes de
    service public sur les collectivités territoriales du 93 !
    Les contrats des collègues arrivent à terme prochainement : l’une en août, l’autre en septembre.
    Le maire n’étant pas encore arrivé en séance, au moment de notre prise de parole, c’est le Directeur
    Général des Services qui nous répond. Il confirme les informations sur la recentralisation du RSA mais
    par contre il ne confirme pas le fait qu’il y aurait une volonté de privatiser l’insertion sur la
    circonscription de notre collectivité, laquelle regroupe Le Pré Saint-Gervais, Bagnolet et les Lilas.
    Le DGS indique que le projet de mise en place des ALI a pris du retard. Selon lui, la ville des Lilas
    n’approuve pas le schéma proposé actuellement par le département. Les contrats des deux collègues
    du PIE seront reconduits car l’employeur n’a aucune autre solution à mettre en place d’ici là.
    Nous demandons :
    ➢ que ce sujet fasse l’objet d’un point mis à l’ordre du jour du prochain CT (juin 2022).
    ➢ qu’une note soit donnée rapidement aux agents du CCAS afin de clarifier la situation, notamment
    pour ce qui concerne, à court terme, la situation des deux agentes contractuelles.
    Le DGS s’est engagé à ce que ces demandes soient satisfaites.

    Nul doute qu’il sera encore plus facile de déclarer que la pauvreté recule quand on aura écrémé les allocataires les plus précaires. Il suffira de demander le résultat attendu aux prestataires. Ils ne manqueront pas de faire du zèle. Déjà les professionnelles (essentiellement des femmes) des PIE voient comment cela se met en place : aucun tuilage n’est prévu entre les PIE et les ALI, cela signifie que les allocataires sur lequel le suivi est le plus long, donc, avec peu de probabilité d’un retour à l’emploi, ne seront pas repris par les ALI et disparaîtront dans la nature sur l’insertion et donc, à terme du versement du RSA.

    Par contre, parmi les allocataires les plus proches du retour à l’emploi, une bonne partie seront recasés au sein même des ALI. Une des collègues du PIE décrivait cela comme un système d’insertion à la Ponzi.

    Un déroulé chronologique explicatif de la mise en place de cette privatisation :

    Objet : mise en œuvre de la recentralisation du RSA en Guyane et à Mayotte - Décret n° 2018-1321 du 28 décembre 2018 - article 81 loi de finances initiale pour 2019 - legifrance.gouv.fr
    https://www.legifrance.gouv.fr/jorf/id/JORFTEXT000037883089

    Un décret met en place la recentralisation du RSA et du revenu de solidarité à La Réunion et en Guyane (banquedesterritoires.fr - 3 janvier 2020)
    https://www.banquedesterritoires.fr/un-decret-met-en-place-la-recentralisation-du-rsa-et-du-revenu-

    Déclaration de M. Jean Castex, Premier ministre, sur l’expérimentation de la recentralisation du revenu de solidarité active (RSA) en Seine-Saint-Denis, Bobigny le 21 septembre 2021 (vie-publique.fr)
    https://www.vie-publique.fr/discours/281596-jean-castex-21092021-revenu-de-solidarite-active-rsa-seine-saint

    Renationalisation du RSA : pour Jean Castex, « jamais un gouvernement n’avait autant agi pour la Seine-Saint-Denis » (leparisien.fr - 21/09/2021)
    https://www.leparisien.fr/seine-saint-denis-93/renationalisation-du-rsa-pour-jean-castex-jamais-un-gouvernement-navait-a

    Expérimentation de la renationalisation du financement du RSA : accord historique entre l’Etat et le Département de la Seine-Saint-Denis (seinesaintdenis.fr - Communiqué de presse - 21 septembre 2021)
    https://seinesaintdenis.fr/Experimentation-de-la-renationalisation-du-financement-du-RSA-accord

    Bénéficiaires du RSA : la Seine-Saint-Denis lance sa "nouvelle" politique d’insertion (banquedesterritoires.fr - 13/12/2021)
    https://www.banquedesterritoires.fr/beneficiaires-du-rsa-la-seine-saint-denis-lance-sa-nouvelle-pol

    Appel à manifestation d’interêt " Agence Locale d’Insertion" (Publié le 23 décembre 2021 par le Centre de Resssources des Partenaires de la Seine-Saint-Denis)
    https://ressources.seinesaintdenis.fr/Appel-a-manifestation-d-interet-Agence-Locale-d-Insertion

    Exemples de prestataires intervenant sur le marché de l’insertion :

    Philippe Crouzet conduit une mission d’insertion comme une entreprise du CAC 40 (lesechos.fr - 23/09/2014)
    https://www.lesechos.fr/idees-debats/leadership-management/philippe-crouzet-conduit-une-mission-dinsertion-comme-une-entreprise-du-cac

    L’insertion professionnelle, un engagement prioritaire (vedif.eau.veolia.fr)
    https://www.vedif.eau.veolia.fr/actualites/linsertion-professionnelle-engagement-prioritaire

    Le principal acteur de l’insertion francilien démultiplie ses moyens (fondation.veolia.com)
    https://www.fondation.veolia.com/fr/le-principal-acteur-de-l-insertion-francilien-demultiplie-ses-moye

    #RSA #recentralisation #renationalisation #Seine-Saint-Denis #Privatisation #Fonction_publique_territoriale #93 #insertion #pôle-emploi #allocataires_RSA #Troussel #précarité #ALI #AMI #PIE #Appel_à_manifestation_d’intérêt #syndicalisme #syndicat