• Gli utili record dei padroni del cibo a scapito della sicurezza alimentare

    I cinque principali #trader di prodotti agricoli a livello mondiale hanno fatto registrare utili e profitti record tra il 2021 e il 2023. Mentre il numero di persone che soffrono la fame ha toccato i 783 milioni. Il report “Hungry for profits” della Ong SOMO individua le cause principali di questa situazione. E propone una tassa sui loro extra-profitti

    Tra il 2021 e il 2022 -anni in cui il numero di persone che soffrono la fame nel mondo è tornato ad aumentare, così come i prezzi dei beni agricoli spinti verso l’alto da inflazione e speculazione finanziaria- i profitti dei primi cinque trader di materie prime agricole a livello globale sono schizzati verso l’alto.

    Nel 2022 le multinazionali riunite sotto l’acronimo Abccd (Archer-Daniels-Midland company, Cargill, Cofco e Louis Dreyfus Company) hanno comunicato ai propri stakeholder un aumento degli utili per il 2021 compreso tra il 75% e il 260% rispetto al 2016-2020. “Mentre nel 2022 i profitti netti sono raddoppiati o addirittura triplicati rispetto allo stesso periodo. In base ai rapporti finanziari trimestrali disponibili al pubblico, i profitti netti dei commercianti di materie prime agricole sono rimasti eccessivamente alti nei primi nove mesi del 2023”, si legge nel rapporto “Hungry for profits” curato dalla Ong olandese Somo. Dati che fanno comprendere meglio quali sono i fattori che influenzano l’andamento del costo dei prodotti agricoli e -soprattutto- chi sono i reali vincitori dell’attuale sistema agroindustriale.

    La statunitense Cargill è la prima tra i Big five in termini di ricavi (165 miliardi di dollari nel 2022) e utili (6,6 miliardi), seguita dalla cinese Cofco (che nello stesso anno ha superato i 108 miliardi di dollari e i 3,3 miliardi di utili) e da Archer-Daniels-Midland company (Adm, con 101 miliardi di ricavi e 4,3 miliardi di utili). Nello stesso anno il numero di persone che soffrono la fame ha raggiunto i 783 milioni (122 milioni in più rispetto al 2019) e i prezzi dei prodotti alimentari hanno continuato a crescere, spinti dall’inflazione.

    Complessivamente questi cinque colossi detengono una posizione di oligopolio sul mercato globale dei prodotti di base come i cereali (di cui controllano una quota che va dal 70-90%), soia e zucchero. “Questo alto grado di concentrazione e il conseguente controllo sulle più importanti materie prime agricole del mondo, conferisce loro un enorme potere contrattuale per plasmare il panorama alimentare globale”, spiega Vincent Kiezebrink, ricercatore di Somo e autore della ricerca.

    La posizione dominante che di fatto ricoprono sul mercato globale rappresenta uno dei fattori che ha permesso agli Abccd di registrare profitti e utili da record negli ultimi tre anni. “La sola Cargill è responsabile della movimentazione del 25% di tutti i cereali e i semi di soia prodotti dagli agricoltori statunitensi -si legge nel report-. Anche il principale mercato agricolo per l’approvvigionamento di soia, l’America Latina, è dominato dagli Abccd: oltre la metà di tutte le esportazioni di questo prodotto passano da loro”.

    La situazione non cambia se si guarda a quello che succede in Europa: l’olandese Bunge e la statunitense Cargill da sole sono responsabili di oltre il 30% delle esportazioni di soia dal Brasile verso l’Unione europea. Bunge, in particolare, è il principale fornitore di soia per l’industria della carne dell’Ue con una chiara posizione di monopolio in alcuni mercati come il Portogallo, dove controlla il 90-100% delle vendite di olio di soia grezzo.

    Questa concentrazione è stata costruita nel tempo attraverso fusioni e acquisizioni che non sono state limitate dalle autorità per la concorrenza: quelle europee, ad esempio, hanno valutato un totale di 60 fusioni relative alle società Abccd dal 1990 a oggi. “Tutte le operazioni, tranne una, sono state autorizzate incondizionatamente -si legge nel report-. La prossima grande fusione in arrivo è quella tra la canadese Viterra (specializzata nella produzione e nel commercio di cereali, ndr) e Bunge. Un’operazione senza precedenti nel settore agricolo globale e che avvicinerà la nuova società alle dimensioni di Adm e Cargill”.

    Un secondo elemento che ha permesso a queste Big five di accumulare ricavi senza precedenti in questi anni è poi la loro capacità di influenzare la disponibilità dei beni alimentari attraverso un’enorme potenzialità di stoccaggio. “Il rapporto speciale 2022 del Gruppo internazionale di esperti sui sistemi alimentari sostenibili (Ipes) ha evidenziato che i trader conservano notevoli riserve di cereali -si legge nel report-. E sono incentivati ‘a trattenere le scorte fino a quando i prezzi vengono percepiti come massimi’”. Per avere un’idea delle quantità di materie prime in ballo, basti pensare che la capacità di stoccaggio combinata di Adm, Bunge e Cofco, è pari a circa 68 milioni di tonnellate, è simile al consumo annuo di grano di Stati Uniti, Turchia e Regno Unito messi assieme.

    Terzo e ultimo elemento individuato nel report è il fatto che queste società sono integrate verticalmente e hanno il pieno controllo della filiera produttiva dal campo alla tavola: forniscono cioè agli agricoltori prestiti, sementi, fertilizzanti e pesticidi; immagazzinano, trasformano e trasportano i prodotti alimentari.

    A fronte di questa situazione, Somo ha invitato la Commissione europea a intervenire per porre un freno alla crescente monopolizzazione del comparto: “L’indagine dovrebbe concentrarsi sul potere che può essere esercitato nei confronti dei fornitori per comprimere i loro margini di profitto -concludono i ricercatori-. È preoccupante che alle multinazionali sia stato permesso di triplicare i loro profitti facendo salire i prezzi degli alimenti, mentre le persone in tutto il mondo soffrono di una crisi del costo della vita e i più poveri sono alla fame”. Per questo motivo l’organizzazione suggerisce di applicare un’imposta sugli extra-profitti delle società Abccd che, con un’ipotetica aliquota fiscale del 33%. A fronte di utili che hanno toccato i 5,7 miliardi di dollari nel 2021 e i 6,4 miliardi nel 2022, permetterebbe di generare un gettito fiscale pari rispettivamente a 1,8 e 2 miliardi di dollari.

    https://altreconomia.it/gli-utili-record-dei-padroni-del-cibo-a-scapito-della-sicurezza-aliment
    #agriculture #business #profits #industrie_agro-alimentaire #sécurité_alimentaire #inflation #Archer-Daniels-Midland_company #Cargill #Cofco #Louis_Dreyfus_Company (#Abccd) #oligopole #céréales #soja #sucre

  • Un papyrus d’Herculanum carbonisé lors de l’éruption du Vésuve a été déchiffré
    https://www.lefigaro.fr/sciences/un-papyrus-d-herculanum-carbonise-lors-de-l-eruption-du-vesuve-a-ete-dechif


    Un rouleau de papyrus d’Herculanum carbonisé lors de l’éruption du Vésuve, et conservé à l’Institut de France, est en cours de numérisation par des rayons X.
    Image courtesy of the Digital Restoration initiative/University of Kentucky

    RÉCIT - Grâce à un concours international, de jeunes chercheurs sont parvenus à lire un texte vieux de 2000 ans.

    C’est un texte qui parle de musique, de plaisir et de câpres ! Ce rouleau de papyrus avait littéralement cuit il y a 2000 ans à plus de 320 °C, quand les torrents de boue et de matières volcaniques sont descendus du Vésuve pour recouvrir les villes d’Herculanum et de Pompéi (79 apr. J.-C.). Les pages sont soudées et son contenu était, pensait-on, perdu à jamais. Mais un concours international a permis de réussir l’immense exploit de déchiffrer et de lire des centaines de mots qui s’étalent sur plus de 15 colonnes.

    Découvert entre 1752 et 1754, avec plusieurs centaines d’autres manuscrits, dans une somptueuse villa romaine d’Herculanum appartenant à Calpurnius Pison Caesoninus, le beau-père de Jules César, et appelée depuis « Villa des papyrus », le rouleau de papyrus était depuis conservé dans les bibliothèques de l’Institut de France à Paris. Il avait été offert, avec cinq autres rouleaux, par Napoléon Bonaparte qui les avait reçus en 1802 en cadeau du roi de Naples. Le manuscrit…

  • Son surnom : le Lascaux de la gravure. Découverte en 2000 à une trentaine de kilomètres de Lascaux, la grotte de Cussac n’est accessible qu’aux scientifiques et est restée secrète pour le grand public. Pourtant, elle regorge d’œuvres d’art pariétales et recèle de nombreuses énigmes que les chercheurs tentent d’élucider.
    https://france3-regions.francetvinfo.fr/nouvelle-aquitaine/dordogne/perigueux/squelettes-humains-gravures-une-grotte-secrete-datee-de
    #archéologie #patrimoine_de_l'humanité #préhistoire

  • Quand l’archéologie des « mauvaises herbes » bouscule l’Histoire (et le futur) de l’agriculture - Geo.fr
    https://www.geo.fr/environnement/archeobiologie-quand-banales-mauvaises-herbes-adventices-bousculent-histoire-agr

    Des scientifiques des universités britanniques de Sheffield et d’Oxford ont constitué le catalogue le plus exhaustif des adventices – communément appelées « mauvaises herbes ». D’après leur analyse, l’Histoire de l’agriculture est loin d’être celle d’une simple transition d’un modèle extensif vers un schéma intensif.

    Alors que les agriculteurs se mobilisent en Europe pour défendre le droit à un revenu décent, une nouvelle base de données unique en son genre nous invite à replacer les pratiques agricoles dans leur contexte géographique et historique – avec ceci de particulier (et de surprenant) que ses contributeurs n’ont pas retracé le parcours des variétés cultivées… mais celui des « adventices ».

    Au-delà de leur réputation de « mauvaises herbes », ces plantes qui s’immiscent spontanément dans et autour des champs s’avèrent en effet des indices précieux, éclairant à la fois le passé agricole de l’humanité – et peut-être également son avenir face au changement climatique.

    Agriculture intensive ou extensive ?

    Le domaine fascinant de l’archéobotanique, ou l’étude des relations entre les sociétés humaines et le monde végétal par l’analyse des restes végétaux trouvés en contexte archéologique, vise notamment à décrire l’économie végétale des sociétés anciennes et à reconstituer les pratiques agricoles (université de Genève).

    En identifiant les adventices présentes, les spécialistes de cette discipline pourront désormais se référer à un catalogue précis afin de connaître les caractéristiques écologiques de ces plantes, et en déduire si l’agriculture était plutôt extensive ou au contraire intensive – un terme qui fait référence non pas à l’usage de pesticides modernes mais au fait d’optimiser la productivité, avant même l’essor de la chimie.

    Développé par des scientifiques des universités britanniques de Sheffield et d’Oxford à l’issue de trois décennies de recherche, le catalogue des adventices (gratuit et en accès libre) recense quelque 928 espèces végétales en Eurasie et en Afrique du nord, présentes dans les champs de céréales et de légumineuses cultivés sans engrais de synthèse et sans herbicides.

    « Dans les environnements agricoles modernes, où les cultures sont minutieusement gérées et où tout ce qui n’est pas désiré est éliminé, il peut être difficile de suivre les changements à long terme des environnements et des espèces végétales. En étudiant les populations historiques d’adventices au lieu des cultures, les données offrent aux chercheurs un moyen unique de voir ce qui a été perdu et gagné au fil du temps », explique dans un communiqué le Pr John Hodgson, qui a contribué aux recherches.

    Fertilisation, arrosage et désherbage à l’âge du bronze

    « Nous avons tendance à penser que l’agriculture a commencé de manière non intensive et qu’elle s’est progressivement intensifiée au fil du temps. Cependant, nous avons trouvé des sites du Néolithique [entre 6 000 et 2 200 ans avant notre ère] et de l’âge du bronze [-2 200 ans à -800 ans] qui remettent en cause cette croyance », détaille la Pr Glynis Jones, de l’université de Sheffield (communiqué).

    L’archéologue explique qu’à ces périodes, de petites parcelles de terre étaient cultivées de manière intensive, avec des pratiques telles que la « fertilisation, l’arrosage et le désherbage de cultures comme le blé ou l’orge ». Autrement dit, « des endroits où l’effort humain était important pour la culture des plantes ».

    « Nous avons également constaté que les sites de l’âge du fer [-800 ans à -450 ans] et de la période romaine qui s’étendaient sur des zones plus vastes étaient cultivés de manière moins intensive, ce qui signifie que les cultures pouvaient être plus nombreuses, mais qu’elles n’étaient pas exploitées de manière aussi intensive qu’auparavant puisqu’elles couvraient des zones plus vastes », compare-t-elle.

    Reste désormais à élargir ce catalogue des adventices à d’autres régions du monde – afin que les spécialistes des peuples d’Amérique, d’Afrique sub-saharienne, d’Asie et d’ailleurs puissent disposer eux aussi d’un nouvel outil puissant pour comprendre les liens tissés par ces populations avec la terre nourricière…

  • Des #cités_antiques en #Amazonie | CNRS Le journal
    https://lejournal.cnrs.fr/articles/des-cites-antiques-en-amazonie

    La vallée d’#Upano se situe dans la région amazonienne du piémont andin. Elle est insérée entre deux cordillères et mesure une centaine de kilomètres de long sur une vingtaine de large. Elle est surplombée par le #volcan_Sangay, en état constant d’éruption depuis des décennies et dont les rejets rendent la région particulièrement fertile. Les agriculteurs locaux m’ont dit qu’ils obtenaient trois récoltes de maïs par an, c’est énorme !

    […] Nous avons identifié et fouillé des plateformes en terre qui servaient à isoler des bâtiments du sol humide, ainsi que des places, des chemins et des routes. La première occupation de la vallée commence environ en 500 avant notre ère pour durer jusqu’en 400-600 de notre ère.

    […] La vallée d’Upano a abrité de véritables cités, densément peuplées et conçues en damier en pleine #forêt_tropicale. Leur réseau est incroyablement complexe, avec des rues, des chemins vers les rivières, des routes primaires et secondaires… Les grands axes sont parfaitement rectilignes, faisant jusqu’à treize mètres de large, et traversent la vallée en faisant fi de son relief naturel. Ils coupent aussi bien des ravins que des élévations. Un tel réseau réclame une véritable #planification, ce qui montre que les différentes implantations de la vallée sont contemporaines.

    L’insistance à passer outre tous les obstacles, alors qu’il serait souvent plus simple de les contourner, suggère fortement que ces routes avaient une fonction symbolique. Elles peuvent avoir été un moyen d’imprimer dans le sol les relations entre voisins, et servir à des processions et des visites ritualisées, comme on peut encore le voir dans les villages annulaires du haut Xingu en Amazonie brésilienne.

    Certaines plateformes sont encore plus hautes, jusqu’à dix mètres. Ici, pas de soubassements d’habitations, mais on suppose que ces espaces étaient plutôt consacrés à des cérémonies collectives. De tels systèmes urbains ont été découverts chez les Mayas du Guatemala ou à Teotihuacan, au Mexique. La grande différence est qu’il n’y a pas de constructions en pierre dans l’Upano. En plus, il n’y a aucun site semblable en Amazonie précolombienne, y compris au Brésil.

    […] Leur culture disparaît brusquement après un millénaire, autour de 400-600, sachant qu’il n’y avait alors pas d’écriture dans la région.

    […] J’ai une hypothèse, hélas non confirmée, sur cette disparition. Les fouilles ont montré, au-dessus des derniers niveaux d’habitation, plusieurs couches noires qui évoquent des éruptions volcaniques. Mais, les datations ne correspondent à aucun évènement suffisamment catastrophique pour faire fuir tout le monde. C’est peut-être une série d’éruptions plus petites, mais plus nombreuses, qui a fini par décourager les habitants, ou alors une #crise_climatique. Ils auraient alors pu partir vers le sud, au Pérou, où l’on retrouve des céramiques similaires à celles d’Upano. Seule une société spécialisée et stratifiée a pu construire un réseau aussi vaste et complexe que dans la vallée d’Upano. Or, on sait que les sociétés urbanisées et hiérarchisées sont moins résilientes aux aléas climatiques. Peut-être que cette civilisation a tout simplement implosé au profit d’un retour à une organisation tribale et forestière. Nous n’avons pas d’explication ferme à proposer pour le moment. Mais, la recherche se poursuit…

    #archéologie_du_paysage #lidar

  • En Sardaigne, le voile se lève sur la mystérieuse civilisation des nuraghes


    Vue aérienne d’un village nuragique, sur le site archéologique Su Nuraxi, à Barumini, en Sardaigne, en Italie. BRIDGEMAN IMAGES

    Durant mille ans, de 1800 à 800 av. J.-C., la culture nuragique a dominé l’île italienne. Ce peuple méconnu, car sans écriture, a laissé peu de traces de son existence, sauf 8 000 grandes tours rondes en pierre, disséminées sur le territoire. A la découverte de cette civilisation des #villages, loin des autres cultures méditerranéennes.

    Au début, on n’y prend pas garde. Et puis, petit à petit, à parcourir en voiture les routes de #Sardaigne sous un soleil qui joue les prolongations d’octobre, le regard s’aiguise, l’œil s’exerce, et l’on finit par les voir partout. Postés au loin comme des sentinelles de pierre, certains encore fièrement dressés, d’autres écroulés mais toujours là, défiant les millénaires. Eux, ce sont les nuraghes. Qu’on ne s’y trompe pas : malgré leur air de tours de château fort, ces édifices monumentaux – dont la silhouette orne des étiquettes de pecorino sarde ou de bouteilles de vin – ne renvoient pas au Moyen Age. Non, ces constructions sont les symboles d’une civilisation mystérieuse bien plus ancienne qui, mille ans durant, de 1800 à 800 av. J.-C., à cheval sur l’âge du bronze et celui du fer, domina la Sardaigne.

    Archéologue en France à l’Institut national de recherches archéologiques préventives, Isabelle Catteddu, de père sarde, a fait ses premières armes ici et y revient tous les étés. Elle, dont le grand-père abritait ses moutons dans l’un des huit mille nuraghes qui subsistent, avait alors pour but de « comprendre comment le territoire avait évolué jusqu’à la période romaine où on a réutilisé les sites nuragiques ».

    .... Quand on monte à l’étage, la vue est dégagée à 180 degrés et l’on peut apercevoir, dans le lointain, la #Méditerranée. Et aussi un autre nuraghe, qui lui-même a vue sur un troisième… Un réseau se dessine et, par endroits, les tours se font écho tous les 500 à 1 000 mètres. « Un peu plus loin, précise Isabelle Catteddu, on a une concentration incroyable, avec deux ou trois nuraghes au kilomètre carré. » Dans cet univers à la fois rural et polycentrique, on est loin des cultures orientales de la même époque, avec villes et pouvoir centralisé.

    .... L’habitat se retrouve à l’extérieur, dans des villages encore lisibles dans le paysage, car leurs « cabanes », comme les archéologues les appellent, rondes, avaient une base en pierre. Au-dessus devait être disposé un toit conique fait de roseaux.
    La vie est donc hors les nuraghes – la mort aussi. Petit détour par le site d’Imbertighe, en pleine campagne, où se trouve une « tombe de géant ». Pourquoi ce nom ? Parce qu’il s’agit d’une immense tombe collective. Au premier plan, un espace cultuel délimité par un muret en forme de deux cornes de taureau au milieu desquelles s’élève une grande porte en pierre d’un seul bloc, qui sépare les vivants des morts. Derrière, ceux-ci reposent dans un long couloir autrefois couvert de dalles. « La technique de dépôt consistait à soulever une dalle et à glisser le défunt dans la tombe, précise Isabelle Catteddu. Ces tombes sont là depuis le début de l’âge nuragique. Elles contiennent parfois plus de cent squelettes. Une population sans distinction de sexe, d’âge ou de classe sociale. » Les tombes individuelles n’apparaîtront qu’à la fin de la civilisation.

    https://www.lemonde.fr/sciences/article/2023/11/06/en-sardaigne-le-voile-se-leve-sur-la-mysterieuse-civilisation-des-nuraghes_6

    https://archive.ph/ZPjZX

    #Nuragiques #nuraghes #archéologie

  • La “geografia” della speculazione che fa il prezzo dei beni agricoli

    La guerra tra Ucraina e Russia non incide sul prezzo dei cereali, che dipende piuttosto dalla strategia dei grandi fondi che possiedono le aziende produttrici, controllano le Borse merci di tutto e scommettono sui rialzi

    Il prezzo dei cereali e in generale dei beni agricoli non dipende certo dal blocco del Mar Nero, come molto spesso si racconta, e neppure da altre circostanze troppo specifiche. La produzione mondiale di cereali, secondo le stime dell’Agenzia delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (Fao), si avvicina ai tremila milioni di tonnellate, di cui i cereali ucraini rappresentano poco più del 2%. Un’inezia rispetto al totale. Inoltre il grano ucraino si dirige in gran parte verso i Paesi limitrofi che hanno a più riprese minacciato e adottato misure protezionistiche, per evitare la concorrenza nei confronti dei propri grani. Alla luce di ciò i cereali del Mar Nero non sono certo in grado di determinare la fame in Africa né l’aumento dei prezzi.

    Considerazioni analoghe sono possibili per la produzione di patate e legumi che è, in media, vicina ai 500 milioni di tonnellate annue; considerata una popolazione mondiale di quasi otto miliardi, ciò significherebbe una disponibilità di 150 grammi per persona al giorno. Aggiungendo ai cereali, alle patate e ai legumi la produzione di tutto ciò che serve per realizzare pasti completi, tra cui sale, zucchero e semi oleaginosi, si arriva a una dotazione alimentare pro-capite di 1,5 chilogrammi al giorno. Appare chiaro allora che i prezzi non salgono perché esiste una condizione di carenza di offerta alimentare globale.

    Le difficoltà di approvvigionamento di vaste parti della popolazione del Pianeta dipendono invece da altro: dalla distribuzione profondamente diseguale delle produzioni complessive, dalla natura delle diete adottate, rispetto alle quali la carne sottrae un’enorme quantità di risorse, dalle dinamiche del commercio internazionale e soprattutto dalle modalità di determinazione dei prezzi.

    A tale riguardo occorre porsi una domanda ineludibile: da che cosa dipendono le periodiche impennate di prezzo dei generi agricoli che causano poi drammatiche crisi alimentari? Per rispondere a un simile quesito, bisogna in sintesi descrivere proprio come si formano tali prezzi. La loro determinazione avviene nelle grandi Borse merci del Pianeta, in particolare in quelle di Chicago, Parigi e Mumbai. Un primo elemento da tenere ben presente è a chi appartengono queste Borse; non si tratta infatti -a partire dal Chicago mercantile exchange (Cme)- di istituzioni “pubbliche”, ma di realtà private i cui principali azionisti sono i più grandi fondi finanziari globali. Nel caso di Chicago, i pacchetti più rilevanti sono in mano a Vanguard, BlackRock, JP Morgan, State Street Corporation e Capital International Investors.

    A questo dato se ne aggiunge un altro fondamentale. Soprattutto nelle Borse di Chicago e di Parigi la stragrande maggioranza degli operatori non è costituita da soggetti che producono e comprano realmente il grano, ma da grandi fondi finanziari e da quelli specializzati nel settore agricolo che, senza aver alcun contratto di compravendita dei beni, scommettono sull’andamento dei prezzi. In altre parole: per ogni contratto reale nelle Borse merci, i fondi finanziari operano centinaia di migliaia di scommesse che sono in grado di determinare poi i prezzi reali. Se le aspettative sono orientate all’aumento dei prezzi, scommettono al rialzo e trascinano così i prezzi a livelli insostenibili per intere popolazioni.

    All’origine dell’inflazione alimentare e della fame, si pongono quindi gli strumenti finanziari che sono prodotti dai fondi. Se prendiamo in esame chi sono questi “scommettitori”, troviamo di nuovo gli stessi soggetti (a partire da Vanguard e BlackRock) che sono, come appena ricordato, i “proprietari” delle Borse stesse. In estrema sintesi: pochissimi fondi sono azionisti del luogo dello scambio e sono i principali player di prezzo, pur non avendo nulla a che fare con la produzione e il commercio reali dei beni agricoli scambiati. Tuttavia, la finanziarizzazione di tali, vitali, processi di determinazione dei prezzi di beni essenziali per la sopravvivenza di intere comunità presenta un ulteriore elemento sconcertante.

    Come detto, nelle Borse, a fronte di tanti fondi finanziari, ci sono pochi produttori. Ma chi sono questi ultimi? Nel caso dei cereali si tratta di quattro grandi società: Archer-Daniels Midland, Bunge, Cargill e Dreyfus. Le prime due in particolare sono possedute dai grandi fondi, Vanguard, BlackRock e State Street, che sono, appunto, i medesimi operatori finanziari nelle Borse merci di Parigi e Chicago. L’intera dinamica della formazione dei prezzi agricoli, su cui incidono molto poco le retribuzioni del lavoro contadino, strutturalmente molto basse, risulta pertanto nelle mani di colossi finanziari che controllano Borse, scommesse e produzione: un gigantesco monopolio mondiale rispetto al quale ogni altra variabile, persino quella dell’offerta complessiva di beni agricoli, appare decisamente secondaria.

    È superfluo dire che con l’inflazione “impazzita” le sole società di produzione dei beni agricoli hanno distribuito oltre 30 miliardi di dollari di dividendi in meno di due anni, destinati in larga parte ai fondi finanziari che le possiedono e che hanno sommato quei miliardi ai profitti giganteschi maturati dalla finanza delle scommesse. La narrazione costruita sulle chiusure del Mar Nero c’entra davvero poco mentre sarebbe utile ricordare quanto sostenuto a più riprese dalla Fao, secondo cui per ogni punto percentuale di aumento dei prezzi dei beni agricoli si generano dieci milioni di nuovi affamati.

    https://altreconomia.it/la-geografia-della-speculazione-che-fa-il-prezzo-dei-beni-agricoli
    #spéculation #alimentation #biens_agricoles #prix #céréales #Ukraine #blé #alimentation #pénurie #viande #commerce_international #bourses #Chicago_mercantile_exchange (#Cme) #fonds_financiers #inflation #famine #faim #Vanguard #BlackRock #financiarisation #Archer-Daniels_Midland #Bunge #Cargill #Dreyfus #prix_agricoles #dividendes #Mer_Noire

  • La peste noire, Patrick Boucheron
    https://www.radiofrance.fr/franceculture/podcasts/serie-la-peste-noire

    #Patrick_Boucheron propose une grande enquête interdisciplinaire autour de la pandémie de peste au milieu du XIVe siècle.

    « Nous sommes confrontés à un #événement de #longue_durée, et il serait bien naïf de prétendre confiner notre conception de la peste noire à une chronique des années 1347 à 1352 en Europe occidentale » (...) « Les progrès conjoints de l’archéologie funéraire et de l’anthropologie, poursuit l’historien, mais aussi de la microbiologie et des sciences de l’environnement, ont révolutionné l’approche de cette pandémie ».

    j’écoute tardivement cette série de 2020-2021, extraordinaire d’érudition (et pas trouvée ici, à ma grande surprise ; pour ma part, lambin, elle était dans une pile « à écouter » depuis longtemps)

    « L’hypothèse, indique Patrick Boucheron, ne consiste pas seulement à réévaluer le rôle des réseaux vénitiens de Tana dans la propagation de la peste, il est de renverser le catastrophisme apocalyptique de la vision du siège de Caffa pour comprendre que l’épidémie n’est pas fille de la guerre mais de la paix, et qu’elle peut remonter les circuits des échanges et des alliances. »

    [...]

    « C’est donc bien à l’histoire décloisonnée d’un monde interconnecté qu’elle nous convie, nous dit Patrick Boucheron, un monde dont le cœur battant n’est pas en Europe, où se situent seulement les terminaux périphériques des réseaux marchands, mais plus à l’est, en ce centre de gravité de l’Eurasie alors dominée par la Horde d’or. »

    https://www.radiofrance.fr/s3/cruiser-production/2021/09/17721348-2539-43c8-9e8f-f3983ba097ed/860_loiseau-cartepestexivesiecle.webp

    Carte de Julien Loiseau, intitulée, « Les routes de la peste noire », dans « l’Atlas Global » de Gilles Fumey, Christian Grataloup et Patrick Boucheron, en 2014. - Julien Loiseau / Les arènes

    #peste #Marseille #histoire #histoire_des_sensibilités #imagination #historiographie #mort #mort_de_masse #déni #travail_des_femmes #médecine #épidémie #histoire_environnementale #santé_globale #démographie #catastrophe_démographique #littérature #théâtre #peinture #archives #théorie #pensée #narration #rats et #marmottes_alpines #paléogénomique #Horde_d'or #Inde #Mandchourie #l'impossible_sépulture démentie par l’#archéologie_funéraire ... #exotisme_épidémiologique

    • cette série là, tu n’hésiteras pas, @arno, à ne pas la faire écouter aux enfants, sauf dispositions spéciales. c’est une version lettrée, avec une forte dimension historiographique, de Periclès « qui n’est pas un collègue » (Loraux) à la critique du matriciel Ariès (histoire des sensibilités), le tout truffé de références effectivement pluridisciplinaires. non sans légèreté. dans le premier épisode, par exemple, il reprend la lecture de Freud pour mettre en cause les gargarismes contemporains sur le « travail du deuil ». ailleurs il a la coquetterie de citer l’avènement de Trump comme un évènement sans doute lui aussi de longue durée quant au devenir de la véridicité.

      (qu’il ait fait le macronard illustre la force du légitimisme centriste ?)

      Ça tombait bien, trop bien : ça tombait mal. Face au curieux hasard qui plaçait l’épidémie de Covid-19 sur sa route au moment où il devait entamer, au Collège de France, son cours sur la peste noire, l’historien Patrick Boucheron a failli renoncer. Rien de plus trompeur, explique-t-il en effet, que la fausse évidence de la « concordance des temps », rien de plus hasardeux que la recherche d’écho et de similitudes qui rendraient le passé moins lointain, le présent moins opaque. Puisque les rapports existent néanmoins, puisque ça a à voir malgré tout, que peut dire l’historien du coronavirus, et de quoi l’histoire de la peste est-elle faite ? Que nous apprend la #science, et que transporte l’#imaginaire ? C’est à un regard neuf et à une histoire globale que Patrick Boucheron nous invite.

      https://www.lepoint.fr/editos-du-point/sebastien-le-fol/patrick-boucheron-la-peste-c-est-un-mal-qu-on-ne-peut-pas-dire-31-01-2021-24
      #paywall

    • il est possible d’éviter la rebutante intro de Radio F/ Collège de France en utilisant la version de fr Q disponible parmi les podcasts L’été du Collège de France dont la mise en onde est digne de l’objet et de son traitement je pige pas pourquoi il faut donner sur RF une version dégradée

  • Paderborn : les évêques négligents face aux abus cloués au pilori Maurice Page - cath.ch

    Dans la crypte de la cathédrale de Paderborn, en Rhénanie-du-Nord-Westphalie, est posé un panneau avec le texte suivant : « Les archevêques inhumés ici ont commis pendant leur mandat, du point de vue actuel, de graves erreurs dans leur gestion des abus sexuels. Trop souvent, ils ont fait passer la protection et la réputation de l’institution et des coupables avant la souffrance des personnes touchées ». Le texte a été formulé par le chapitre métropolitain et adopté par la représentation des victimes a expliqué l’archevêché, au site katholisch.de .

    Le porte-parole des associations de victimes, Reinhold Harnisch, a déclaré que les responsables de l’archevêché avaient « rapidement » approuvé cette proposition. Selon lui, il y a toujours des membres du clergé à Paderborn qui occultent la thématique des abus et ne veulent pas en parler. C’est aussi pour cette raison que les représentants des victimes avaient demandé un panneau explicatif.


    La crypte de la cathédrale de Paderborn dans laquelle sont ensevelis les évêques | DR

    Le signe d’un dialogue
    L’archevêché prévoit en outre d’apposer un code QR qui mènera à un site Internet encore en cours d’élaboration. « Ce site Internet présentera non seulement les manquements des deux anciens archevêques de Paderborn, mais aussi des informations sur leur vie et leur œuvre », a déclaré une porte-parole de l’évêché. En combinaison avec le panneau d’information, cette solution est le « signe d’un bon dialogue » et une « forme appropriée de confrontation avec les fautes commises ». 
    Depuis 2020, deux historiennes ont mené une enquête sur les abus commis de 1941 à 2002, sous les épiscopats de Mgr Lorenz Jaeger et Mgr Johannes Joachim Degenhardt. Un premier résultat intermédiaire atteste que les anciens archevêques ont commis de graves erreurs dans leur gestion des auteurs d’abus, en protégeant les accusés et en manquant de sollicitude envers les victimes.

    Faut-il punir les morts ?
    La décision de l’archidiocèse de désigner ainsi nommément des coupables à tous les visiteurs de la crypte n’a pas manqué de faire bondir d’indignation certaines personnes. « Pilate avait rédigé un écriteau qu’il fit placer sur la croix ; il était écrit : ‘Jésus le Nazaréen, roi des Juifs’. (Jn,19,20) Cette association m’est inévitablement venue à l’esprit lorsque j’ai lu avec horreur la décision de poser cette prétendue plaque d’abus », écrit ainsi Sœur Anna Mirijam Kaschner, secrétaire générale de la Conférence des évêques des pays nordiques.

    « Comme les évêques sont soustraits à la justice séculière par leur mort, il faut bien les « punir » ultérieurement d’une manière ou d’une autre »
    Sœur Anna Mirijam Kaschner

    Pour la religieuse originaire de Paderborn, une démarche de clarification est peut-être utile, « mais une clarification n’implique-t-elle pas que les personnes accusées puissent s’expliquer, prendre position et demander pardon ? Tout cela n’est malheureusement pas possible pour les deux cardinaux. Et comme ils se sont soustraits à la justice séculière par leur mort, il faut bien les ‘punir’ ultérieurement d’une manière ou d’une autre – même si c’est par une ‘plaque d’abus’. »

    Une question de foi
    « On peut toutefois se demander pourquoi, en bonne logique, on ne trouve pas de telles plaques de culpabilité sur chaque tombe d’un père de famille pédophile, de chaque violeur, de chaque enseignant qui battait ses élèves il y a 50 ans et sur chaque tombe d’une mère qui a avorté un ou plusieurs enfants ? » poursuit Sœur Anna Mirijam. Les cimetières deviendrait des forêts de panneaux d’accusation.

    Pour la religieuse, il y a fondamentalement une question de foi chrétienne : « Je crois en un Dieu juste, qui ne jugera pas seulement les vivants, mais aussi les morts. Ainsi, le panneau des abus dans la crypte de la cathédrale de Paderborn, sur la tombe des deux cardinaux, n’est finalement rien d’autre qu’un signe d’une profonde incrédulité selon laquelle Dieu n’est précisément pas juste et ne demandera pas de comptes aux deux cardinaux. » Sœur Anna Mirijam appelle dès lors l’archidiocèse, le chapitre cathédral et chaque visiteur à reprendre en mains cette question.

    Prisonnière d’une Église coupable
    Le porte-parole du conseil des victimes auprès de la Conférence des évêques allemands, Johannes Norpoth, a réagi avec « une horreur sans nom » au commentaire de Sœur Anna Mirijam Kaschner. Dans une lettre ouverte, il lui reproche « non seulement l’ignorance de la recherche en la matière, mais aussi le manque d’approche sensible aux traumatismes des personnes touchées. Dans son texte, elle exprime une attitude « qui a conduit notre Église exactement là où elle se trouve actuellement : dans une crise existentielle ».

    « Sœur Anna-Mirijam est prisonnière du système de pouvoir de cette Église constituée de manière absolutiste ».
    Johannes Norpoth

    En tant que victime, Johannes Norpoth se dit consterné par les comparaisons et les relativisations qui se trouvent dans l’argumentation. Selon lui, le lien entre avortement et abus sexuels sur des enfants est faux et ne tient pas compte de la complexité de ces questions.

    Il rappelle en outre que les reproches formulés à l’encontre des évêques décédés de Paderborn ne sont pas de vagues suppositions ou des accusations unilatérales de victimes, mais des constatations issues de l’enquête diocésaine.

    « Abstenez-vous de tenir des propos aussi dénués d’empathie et de sens »
    Johannes Norpoth reproche à la religieuse d’être prisonnière « du système de pouvoir de cette Église constituée de manière absolutiste ». Son horreur est d’autant plus grande quand il sait que la secrétaire générale des évêques nordiques participera au synode mondial cet automne avec un droit de vote, contrairement aux victimes de violences sexuelles.

    Le représentant des victimes met en garde Sœur Anna Mirijam contre la poursuite du « système du mensonge » au sein de « l’organisation coupable qu’est l’Eglise » et contre le mépris qu’elle témoigne ainsi aux milliers de victimes de violences sexuelles. « Si vous ne pouvez pas reconnaître et accepter tout cela, accordez-moi au moins une requête : à l’avenir, abstenez-vous de tenir des propos aussi dénués d’empathie et de sens », conclut-il.

    L’archevêché ne veut pas de polémique
    Contacté par katholisch.de , l’archevêché de Paderborn n’a pas souhaité s’exprimer sur la polémique. « En règle générale, l’archevêché ne répond pas aux lettres ouvertes, aux lettres de lecteurs ou aux commentaires. Chacun et chacune peut et doit exprimer son opinion. Il y a des points de vue différents », a expliqué la porte-parole.

    A l’occasion de la célébration des festivités de saint Liboire (évêque du Mans au IVe siècle) patron de la cathédrale de Paderborn, l’administrateur diocésain Mgr Michael Bredeck a reconnu, le 23 juillet 2023, que la mise en place d’un panneau d’information dans la crypte épiscopale était controversée. « Mais nous sommes convaincus qu’elle est un signe important de dialogue, et ce délibérément dans la crypte, lieu où l’histoire, le présent et l’avenir de notre archevêché se rejoignent ». (cath.ch/katholisch.de/mp)

    #Abus_sexuels #archevêque #Cathédrale #Paderborn #Allemagne #pouvoir #église_catholique #religion #QR #crimes_sexuels

    Source : https://www.cath.ch/newsf/paderborn-les-eveques-negligents-face-aux-abus-cloues-au-pilori

    • 44 millions d’euros de bénéfice pour le diocèse allemand de Paderborn

      L’archidiocèse allemand de Paderborn a clôturé ses comptes 2015 avec un bénéfice de 44,2 millions d’euros. Ce montant représente une augmentation d’environ 3 millions d’euros (9%) par rapport à l’année précédente, a indiqué le diocèse le 25 octobre 2016.

      Les rentrées de l’impôt ecclésiastique se sont montées à 396 millions d’euros en augmentation de 20 millions d’euros. Les revenus totaux de l’archidiocèse ont atteint 514 millions d’euros. Quant à la fortune, elle se monte à 4,16 milliards d’euros . L’archidiocèse de Paderborn est ainsi le deuxième plus riche d’Allemagne après Munich (6,26 milliards) et devant Cologne (3,52 milliards).
      . . . . .
      L’archidiocèse de Paderborn en Rhénanie du Nord-Westphalie compte 1,55 million de catholiques sur une population globale de 4,8 mios d’habitants pour un territoire de 14’745 km2. Il regroupe 703 paroisses dans lesquelles sont actifs 1’711 agents pastoraux dont 683 prêtres. Il compte 19 écoles et 498 jardins d’enfants. (cath.ch-apic/kna/mp)

      #richesse #argent #fric #impôt_ecclésiastique #argent

      Source : https://www.cath.ch/newsf/44-millions-deuros-de-benefice-diocese-allemand-de-paderborn

  • À Carnac, 39 menhirs détruits pour construire un magasin Mr Bricolage : que s’est-il passé ? Ouest-France Sibylle Laurent
    À Carnac (Morbihan), une enseigne de bricolage sort de terre… sur un site qui hébergeait des menhirs, identifiés par la Drac (Direction régionale des affaires culturelles). Le permis de construire avait pourtant été accordé. Que s’est-il passé ?

    « Yves Coppens doit se retourner dans sa tombe… » L’alerte est venue vendredi 2 juin 2023 de Christian Obeltz. Ce Carnacois fait allusion au paléontologue breton, célèbre notamment pour sa découverte du fossile de Lucy, dans un billet publié sur le site de l’association Sites et monuments, qui vise « à défendre le patrimoine naturel et bâti ».

    Ce chercheur sur les populations néolithiques, également correspondant pour la Direction régionale des affaires culturelles (Drac) et collaborateur du Centre national de la recherche scientifique (CNRS) de Nantes, évoque le fait que « plusieurs aménagements brutaux ont été réalisés, cet hiver et au printemps, aux abords des alignements de menhirs de Carnac, dénaturant ce site mondialement connu ».


    Conséquence : « La destruction des 39 menhirs du chemin de Montauban, s’indigne-t-il. C’est totalement illégal ! » Un permis de construire a en effet été délivré le 26 août 2022 par la mairie de Carnac (Morbihan) à la SAS Au marché des Druides, pour la construction d’un magasin Mr Bricolage, au sud de la Zone d’activités de Montauban. Les constructions sont en cours et le bâtiment est en train de sortir de terre.

    Le hic, c’est que cette zone, située aux abords du tumulus Saint-Michel, était référencée depuis 2015 sur l’Atlas des patrimoines, un catalogue en ligne établi par la Drac, recensant les sites archéologiques présents. « C’est un site également fait pour que les élus aillent le consulter, pour tout permis de construire », souligne Christian Obeltz.

    Le site de Montauban figurait par ailleurs sur la liste indicative du projet d’inscription sur la liste du patrimoine mondial de l’Unesco, qui concerne 397 mégalithes des rives de Carnac et du Morbihan, répartis sur 27 communes.


    Un intérêt historique connu
    L’intérêt historique du site de Montauban était pourtant connu. En décembre 2014, la même SAS Au marché des Druides avait fait une demande de permis de construire. La préfecture du Morbihan avait alors demandé, par arrêté, un diagnostic archéologique. « En raison de leur localisation, les travaux envisagés sont susceptibles d’affecter des éléments du patrimoine archéologique », justifiaient alors les services de l’État.

    Le rapport de l’Inrap (Institut national de recherches archéologiques préventives), qui résultait des fouilles, avait conclu à la découverte probable « d’un alignement mégalithique inédit », en avril 2015. Le site comprenait deux files de petites stèles en granit, se déployant chacune sur une cinquantaine de mètres de long.

    Le permis de construire avait alors été retoqué. « Les petits menhirs du chemin de Montauban constituaient sans doute l’un des ensembles de stèles les plus anciens de la commune de Carnac, à en juger par les datations carbone 14 obtenues en 2010 sur le site voisin de la ZA de Montauban », précise Christian Obeltz. Elles ont aujourd’hui disparu.

    Dans ces conditions de proximité avec un site désormais identifié, comment un nouveau permis de construire a-t-il pu être déposé, et surtout accepté ? Contacté, le maire de Carnac, Olivier Lepick indique ne pas avoir été au courant que la zone était référencée, et renvoie vers la Drac. « Le permis de construire est accordé par la mairie et les services de l’État, indique celui qui est également président de Paysages des mégalithes, qui porte le dossier de candidature au patrimoine mondial de l’Unesco. Nous sommes extrêmement attentifs à ce genre de choses, nous regardons les zones de pré-inscription archéologique. Dans ce dossier, de notre côté, nous avons respecté scrupuleusement la législation. »

    « Si on avait su, on aurait fait autrement ! »
    L’affaire semble en effet complexe. Selon la mairie, la Drac avait placé le site en zone de prescription dans l’ancien Plan d’occupation des sols (POS). Mais pas dans l’actuel Plan local d’urbanisme (PLU).

    De son côté, le gérant de la SAS, Stéphane Doriel, veut, lui montrer « sa bonne foi » : « J’ai déposé un permis de construire, qui a été instruit, affiché, qui a purgé les délais de recours. Aucun service, aucun document ne nous a jamais avertis d’une prescription, explique-t-il. Je ne suis pas archéologue, je ne connais pas les menhirs ; des murets, il y en existe partout. Si on avait su cela, on aurait fait autrement, évidemment ! » Le précédent permis de construire avait été refusé, selon lui, non à cause de ces menhirs, mais pour une problématique de zone humide. La Drac n’a pas pu être contactée, en ce début de semaine.

    « La loi est formelle : toute destruction d’un site archéologique est passible d’une lourde amende », rappelle Christian Obeltz. Qui avait déjà alerté la Drac en 2013 sur un permis de construire délivré à l’emplacement du tertre de Lann Granvillarec, un petit tumulus, figurant lui aussi sur les sites mégalithiques retenus dans le projet de classement à l’Unesco. À l’époque, les travaux avaient été arrêtés. La maison avait été déplacée.

    #menhirs #mégalithes #Carnac #patrimoine_naturel #archéologie #destruction #Bêtise #Morbihan #Mr_Bricolage #POS #PLU

    Source : https://www.ouest-france.fr/culture/patrimoine/a-carnac-39-menhirs-detruits-pour-construire-un-magasin-que-sest-il-pas

    • Reformulons : Les bricoleurs du dimanche qui vont chercher leurs OSB en voiture sont responsables de la destruction de biens culturels inestimables. Le maire n’est qu’un preneur d’ordres.

      PS : j’ai bien aimé comment la page Wikipédia de Carnac a été vandalisée quelques heures le jour des faits :)

  • „Urban Mining Moabit“: Unter dem Gras ist der Schrei des Krieges noch zu hören


    Fundstücke von den Grabungen im Trümmerberg des Fritz-Schloß-Parks in Moabit. Geborgen von dem Kunstprojekt „Urban Mining Moabit“

    6.5.2023 von Ulrich Seidler - Ein Kunstprojekt wühlt sich in die Geschichte der Stadt und findet in den Trümmern die Fäden, mit denen die Gegenwart an die Vergangenheit gefesselt ist.

    Die Vergangenheit ist nicht vergangen, sie liegt weitgehend unverdaut und ganz gut geschützt unter einer Grasnarbe, die sie wie eine dünne Haut zudeckt. Eine Million Kubikmeter Trümmer haben die Rodelberge des Fritz-Schloß-Parks in Moabit im Bauch. Man kann da spazieren, in der Frühlingssonne liegen, Tennis spielen und im Winter eben Schlitten fahren. Die Steine wurden nach den Bombenangriffen im Zweiten Weltkrieg von den umliegenden Ruinen eingesammelt, auf der Bodendecke einer Wehrmacht-Kasernenanlage aufgeschüttet und am Ende mit einer Schicht Mutterboden bestreut.

    Flach wurzelnde Robinien, Pappeln, Ahorn und die ortsübliche Berliner Gestrüpp-Mischung kommen am besten mit solchen Bedingungen zurecht. Strubbelgräser und Pissnelken schieben ihre Wurzeln, Pilze ihr Myzel zwischen die Ziegel, Kacheln, Fliesen, Glasscherben. Würmer, Insekten, Schnecken und Mikroben verstoffwechseln organisches Material, lassen Ausscheidungen in die Kavernen sickern, Wasser dringt in die Kapillaren ein, gefriert, sprengt Strukturen auf, lässt Bauteile zu Baustoffen erodieren. Das dauert. Bis alle Spuren vernichtet sind, dürfte die Menschheit längst ausgestorben sein.

    Der langsame Atem der Zeit

    Das spartenübergreifende freie Projekt „Urban Mining Moabit“ – künstlerisch geleitet von dem Dramaturgen Uwe Gössel – will den für die menschliche Wahrnehmung eigentlich viel zu langsamen Atem der Zeit belauschen und schickt nach einer konkreten Grabung eine metaphorische Sonde ins Innere des Berges, die durch die Flözschichten der Vergangenheit bricht, Informationen aufsammelt und Assoziationen verbreitet.

    In dem kleinen Projektraum „Kurt Kurt“, untergebracht in dem Geburtshaus von Kurt Tucholsky ( Lübecker Straße 13, 10559 Berlin), wurde am Freitag mit einem Impuls von Adrienne Göhler und unaufdringlichen performativen Interventionen eine Ausstellung eröffnet, die ähnlich sortiert ist wie das Gekröse im Berg. Der Zufall hat bei der Schichtung die Feder geführt, Objekte stoßen eine Erzählung an, die Gedankengänge verzweigen sich, brechen abrupt ab, finden woanders ihre motivische Fortsetzung und kommen nie zum Abschluss.


    Eine Collage aus Postkarten (Ausschnitt)

    Es gibt Kartenmaterial, das blitzlichthaft die Bewegung der Stadt abbildet, das Aufreißen und Vernarben von Wunden zeigt. Verrostete Türbeschläge, eine in der Hitze des Feuersturms geschmolzene Bierflasche, Ofenkacheln, deren Glasur glänzt, als hätte man sie eben erst gebrannt, werden präsentiert wie ausgegrabene Fossilien oder vorgeschichtliche Schätze – und das sind sie ja auch: Zeugnisse und Überbleibsel von Erzählungen, die beginnen, sich zu Mythen zu verdichten, zu verklären und zu verrätseln.

    Die über 90-jährige Ingrid Thorius sitzt vor dem Projektraum und erzählt, dass sie in der Lehrter Straße aufgewachsen ist und mit ihrem Freund Keule in den Bombentrichtern gebadet hat. Sie genießt die Aufmerksamkeit und scheint sich ihrer Zeitzeugenschaft bewusst zu sein, ihre Vorfahren haben die Garde-Ulanen noch auf ihren Pferden gesehen und sie weiß, wie es ist, im Keller zu hocken, während die Stadt über einem brennt. Ihre Gedanken gehen auch in die Ukraine, wo die Raketen einschlagen und die Leute unter der Erde hausen müssen, während sich oben ihre Wohnungen in Ruinen verwandeln im Mahlstrom des Krieges. Man hört ihn noch kauen, man hört seinen Schrei, wenn man durch den Fritz-Schloß-Park, wenn man durch Berlin geht.

    Urban Mining Moabit – Bodenproben Trümmerberge. 6. Mai, 16–23 Uhr Ausstellung und Film, 20 Uhr Performative Intervention, 7. Mai, 16–19 Uhr Ausstellung und Film, Ort: Projektraum Kurt-Kurt, Lübecker Str. 13, weitere Infos unter https://www.bodenproben.org

    Fritz-Schloß-Park - Berlin Lexikon
    https://berlingeschichte.de/lexikon/mitte/f/fritz_schloss_park.htm

    Auf dem Gelände befanden sich große Teile der Kontext: Kaserne des 4. Garderegiments zu Fuß Kaserne des 4. Garderegiments zu Fuß. Nach Zerstörungen im II. Weltkrieg nutzte man das Gebiet als Trümmerhalde. 1955 gestaltete Wilhelm Kontext: Alverdes, Wilhelm Alverdes den Park. Im gleichen Jahr erhielt er den Namen des Tiergartener Bezirksbürgermeisters Fritz Kontext: Schloß, Fritz Schloß. Der F. ist mit 12 ha die zweitgrößte Parkanlage des Bezirks. Hier befinden sich mehrere Sportanlagen, ein Tennisplatz, ein Hallen- und Freibad und das Poststadion. Ein Gedenkstein erinnert an die Erbauer.

    Edition Luisenstadt, 2002, Stand: 19. Mrz. 2002, Berliner Bezirkslexikon, Mitte, www.berlingeschichte.de/Lexikon/Index.html

    https://bodenproben.org

    Fritz-Schloß-Park
    https://berlin.kauperts.de/eintrag/Fritz-Schloss-Park-Seydlitzstrasse-10557-Berlin

    OPenstreetmap
    https://www.openstreetmap.org/relation/15803725

    #Fritz-Schloß-Park – Wikipedia
    https://de.wikipedia.org/wiki/Fritz-Schlo%C3%9F-Park

    #Berlin #Mitte-Tiergarten #Moabit #Poststadion #Stephankiez #Lübecker_Straße #Rathenower_Straße, #Kruppstraße #Seydlitzstraße #Lehrter_Straße #Geschichte #Archeologie #Kurt_Tucholsky

  • #Histoire et avenir de l’assyriologie
    https://laviedesidees.fr/Dominique-Charpin-En-quete-de-Ninive.html

    À propos de : Dominique Charpin, En quête de Ninive. Des savants français à la découverte de la Mésopotamie (1842-1975), Paris, Collège de France/Les Belles Lettres. Dominique Charpin retrace la riche histoire de l’assyriologie, depuis les pionniers comme Oppert et Grotefend jusqu’aux chantiers actuels, en passant par les grandes institutions qui ont contribué à son développement. Portrait d’une science étonnamment contemporaine.

    #université #Moyen-Orient #grandes_écoles #archéologie
    https://laviedesidees.fr/IMG/docx/20230120_assyriens.docx
    https://laviedesidees.fr/IMG/pdf/20230120_assyriens.pdf

  • Pourquoi les filles sont plus matures que les garçons ? | Vortex Off | ARTE - YouTube
    https://www.youtube.com/watch?v=Ucs9X2qtP-M

    Lors des tournages, certains comédiens peuvent avoir des discussions intéressantes non liées à leurs épisodes. Coup de chance, certaines d’entre elles ont été filmées. L’équipe du Vortex a voulu vous en partager quelques-unes.

    Aujourd’hui, Jennifer de Boneless Archéologie va nous parler de la datation des squelettes et quels indices ou procédés nous permettent de déterminer l’âge d’un individu au moment de sa mort en fonction de ses os.

    #Archéologie #SVT #Vidéo #Vulgarisation

  • La mystérieuse enfant au collier de Ba’ja | ARTE - YouTube
    https://www.youtube.com/watch?v=Sen8giXS_ys

    En Jordanie, sur le site de l’un des premiers villages au monde, des archéologues ont exhumé un somptueux collier de perles pour petite fille. Une parure qui fournit quelques indices sur la vie au Néolithique.

    Au cœur d’une région aride de Jordanie, un petit plateau occupe les scientifiques depuis près de quarante ans. Voilà neuf millénaires, des hommes du Néolithique y ont fondé l’un des premiers villages du monde, Ba’ja, qui témoigne du passage d’une vie nomade à la sédentarité. Sur ce site découvert en 1984 par l’archéologue allemand Hans-Georg Gebel, qui y dirige les fouilles depuis lors, un somptueux collier de 2 600 perles a été exhumé en 2018 par les archéologues dans la tombe d’une petite fille prénommée Jamila.

    Emportée et reconstituée à Berlin avant sa restitution à la Jordanie, cette parure mortuaire est désormais exposée au musée de Pétra. Mais si le bijou n’a pas encore livré tous ses secrets, sa richesse tend à confirmer l’hypothèse d’une différenciation sociale au Néolithique et fournit des indices sur les fastes des rites funéraires. Autour de ce trésor, ce documentaire explore l’histoire d’un village jordanien millénaire.

    Documentaire de Barbara Puskàs (Autriche, 2022, 53mn)
    disponible jusqu’au 26/08/2022

    #Archéologie #Mystère #ARTE

  • Le système alimentaire mondial menace de s’effondrer

    Aux mains de quelques #multinationales et très liée au secteur financier, l’#industrie_agroalimentaire fonctionne en #flux_tendu. Ce qui rend la #production mondiale très vulnérable aux #chocs politiques et climatiques, met en garde l’éditorialiste britannique George Monbiot.

    Depuis quelques années, les scientifiques s’évertuent à alerter les gouvernements, qui font la sourde oreille : le #système_alimentaire_mondial ressemble de plus en plus au système financier mondial à l’approche de 2008.

    Si l’#effondrement de la finance aurait été catastrophique pour le bien-être humain, les conséquences d’un effondrement du #système_alimentaire sont inimaginables. Or les signes inquiétants se multiplient rapidement. La flambée actuelle des #prix des #aliments a tout l’air du dernier indice en date de l’#instabilité_systémique.

    Une alimentation hors de #prix

    Nombreux sont ceux qui supposent que cette crise est la conséquence de la #pandémie, associée à l’#invasion de l’Ukraine. Ces deux facteurs sont cruciaux, mais ils aggravent un problème sous-jacent. Pendant des années, la #faim dans le monde a semblé en voie de disparition. Le nombre de personnes sous-alimentées a chuté de 811 millions en 2005 à 607 millions en 2014. Mais la tendance s’est inversée à partir de 2015, et depuis [selon l’ONU] la faim progresse : elle concernait 650 millions de personnes en 2019 et elle a de nouveau touché 811 millions de personnes en 2020. L’année 2022 s’annonce pire encore.

    Préparez-vous maintenant à une nouvelle bien plus terrible : ce phénomène s’inscrit dans une période de grande #abondance. La #production_alimentaire mondiale est en hausse régulière depuis plus de cinquante ans, à un rythme nettement plus soutenu que la #croissance_démographique. En 2021, la #récolte mondiale de #blé a battu des records. Contre toute attente, plus d’humains ont souffert de #sous-alimentation à mesure que les prix alimentaires mondiaux ont commencé à baisser. En 2014, quand le nombre de #mal_nourris était à son niveau le plus bas, l’indice des #prix_alimentaires [de la FAO] était à 115 points ; il est tombé à 93 en 2015 et il est resté en deçà de 100 jusqu’en 2021.

    Cet indice n’a connu un pic que ces deux dernières années. La flambée des prix alimentaires est maintenant l’un des principaux facteurs de l’#inflation, qui a atteint 9 % au Royaume-Uni en avril 2022 [5,4 % en France pour l’indice harmonisé]. L’alimentation devient hors de prix pour beaucoup d’habitants dans les pays riches ; l’impact dans les pays pauvres est beaucoup plus grave.

    L’#interdépendance rend le système fragile

    Alors, que se passe-t-il ? À l’échelle mondiale, l’alimentation, tout comme la finance, est un système complexe qui évolue spontanément en fonction de milliards d’interactions. Les systèmes complexes ont des fonctionnements contre-intuitifs. Ils tiennent bon dans certains contextes grâce à des caractéristiques d’auto-organisation qui les stabilisent. Mais à mesure que les pressions s’accentuent, ces mêmes caractéristiques infligent des chocs qui se propagent dans tout le réseau. Au bout d’un moment, une perturbation même modeste peut faire basculer l’ensemble au-delà du point de non-retour, provoquant un effondrement brutal et irrésistible.

    Les scientifiques représentent les #systèmes_complexes sous la forme d’un maillage de noeuds et de liens. Les noeuds ressemblent à ceux des filets de pêche ; les liens sont les fils qui les connectent les uns aux autres. Dans le système alimentaire, les noeuds sont les entreprises qui vendent et achètent des céréales, des semences, des produits chimiques agricoles, mais aussi les grands exportateurs et importateurs, et les ports par lesquels les aliments transitent. Les liens sont leurs relations commerciales et institutionnelles.

    Si certains noeuds deviennent prépondérants, fonctionnent tous pareil et sont étroitement liés, alors il est probable que le système soit fragile. À l’approche de la crise de 2008, les grandes banques concevaient les mêmes stratégies et géraient le risque de la même manière, car elles courraient après les mêmes sources de profit. Elles sont devenues extrêmement interdépendantes et les gendarmes financiers comprenaient mal ces liens. Quand [la banque d’affaires] Lehman Brothers a déposé le bilan, elle a failli entraîner tout le monde dans sa chute.

    Quatre groupes contrôlent 90 % du commerce céréalier

    Voici ce qui donne des sueurs froides aux analystes du système alimentaire mondial. Ces dernières années, tout comme dans la finance au début des années 2000, les principaux noeuds du système alimentaire ont gonflé, leurs liens se sont resserrés, les stratégies commerciales ont convergé et se sont synchronisées, et les facteurs susceptibles d’empêcher un #effondrement_systémique (la #redondance, la #modularité, les #disjoncteurs, les #systèmes_auxiliaires) ont été éliminés, ce qui expose le système à des #chocs pouvant entraîner une contagion mondiale.

    Selon une estimation, quatre grands groupes seulement contrôlent 90 % du #commerce_céréalier mondial [#Archer_Daniels_Midland (#ADM), #Bunge, #Cargill et #Louis_Dreyfus]. Ces mêmes entreprises investissent dans les secteurs des #semences, des #produits_chimiques, de la #transformation, du #conditionnement, de la #distribution et de la #vente au détail. Les pays se divisent maintenant en deux catégories : les #super-importateurs et les #super-exportateurs. L’essentiel de ce #commerce_international transite par des goulets d’étranglement vulnérables, comme les détroits turcs (aujourd’hui bloqués par l’invasion russe de l’Ukraine), les canaux de Suez et de Panama, et les détroits d’Ormuz, de Bab El-Mandeb et de Malacca.

    L’une des transitions culturelles les plus rapides dans l’histoire de l’humanité est la convergence vers un #régime_alimentaire standard mondial. Au niveau local, notre alimentation s’est diversifiée mais on peut faire un constat inverse au niveau mondial. Quatre plantes seulement - le #blé, le #riz, le #maïs et le #soja - correspondent à près de 60 % des calories cultivées sur les exploitations. La production est aujourd’hui extrêmement concentrée dans quelques pays, notamment la #Russie et l’#Ukraine. Ce #régime_alimentaire_standard_mondial est cultivé par la #ferme_mondiale_standard, avec les mêmes #semences, #engrais et #machines fournis par le même petit groupe d’entreprises, l’ensemble étant vulnérable aux mêmes chocs environnementaux.

    Des bouleversements environnementaux et politiques

    L’industrie agroalimentaire est étroitement associée au #secteur_financier, ce qui la rend d’autant plus sensible aux échecs en cascade. Partout dans le monde, les #barrières_commerciales ont été levées, les #routes et #ports modernisés, ce qui a optimisé l’ensemble du réseau mondial. On pourrait croire que ce système fluide améliore la #sécurité_alimentaire, mais il a permis aux entreprises d’éliminer des coûts liés aux #entrepôts et #stocks, et de passer à une logique de flux. Dans l’ensemble, cette stratégie du flux tendu fonctionne, mais si les livraisons sont interrompues ou s’il y a un pic soudain de la demande, les rayons peuvent se vider brusquement.

    Aujourd’hui, le système alimentaire mondial doit survive non seulement à ses fragilités inhérentes, mais aussi aux bouleversements environnementaux et politiques susceptibles de s’influencer les uns les autres. Prenons un exemple récent. À la mi-avril, le gouvernement indien a laissé entendre que son pays pourrait compenser la baisse des exportations alimentaires mondiales provoquée par l’invasion russe de l’Ukraine. Un mois plus tard, il interdisait les exportations de blé, car les récoltes avaient énormément souffert d’une #canicule dévastatrice.

    Nous devons de toute urgence diversifier la production alimentaire mondiale, sur le plan géographique mais aussi en matière de cultures et de #techniques_agricoles. Nous devons briser l’#emprise des #multinationales et des spéculateurs. Nous devons prévoir des plans B et produire notre #nourriture autrement. Nous devons donner de la marge à un système menacé par sa propre #efficacité.

    Si tant d’êtres humains ne mangent pas à leur faim dans une période d’abondance inédite, les conséquences de récoltes catastrophiques que pourrait entraîner l’effondrement environnemental dépassent l’entendement. C’est le système qu’il faut changer.

    https://www.courrierinternational.com/article/crise-le-systeme-alimentaire-mondial-menace-de-s-effondrer

    #alimentation #vulnérabilité #fragilité #diversification #globalisation #mondialisation #spéculation

  • « هآرتس » : إسرائيل تُدرج الضفة الغربية ضمن صلاحيات « الآثار الإسرائيلية »
    https://al-akhbar.com/Palestine/338656

    كشفت صحيفة «هآرتس» العبرية أنّ «وزارة الثقافة الإسرائيلية» و«الإدارة المدنية» التابعة لجيش الاحتلال اتخذت قراراً بضمّ مناطق الضفة الغربية المحتلة إلى «سلطة الآثار الإسرائيلية».

    وقالت الصحيفة، اليوم، إن مفتشي «سلطة الآثار الإسرائيلية» سيبدأون العمل في أرجاء الضفة الغربية «استجابة لضغوط من اليمين الإسرائيلي»، وتنفيذاً لاتّفاق أبرم أخيراً بين «الإدارة المدنية» و«سلطة الآثار»، بموافقة وزير الثقافة حيلي تروبر.

    ووفق الصحيفة، تهدف هذه الخطوة إلى إضعاف «الإدارة المدنية» والعمل على إلغائها بحيث تبسط سلطة الآثار سيطرتها الكاملة على مناطق الضفة الغربية.

    Selon Haaretz, les sites archéologiques palestiniens en Cisjordanie occupée ne dépendent plus d’un militaire, administrateur ("provisoire"), mais bien de l’administration centrale israélienne, en l’occurrence la direction des Antiquités au ministère de la Culture. Un pas de plus vers la "légalisation" de l’annexion.

    #israël #colonisation #archéologie

  • L’archéologue et l’anthropologue
    https://laviedesidees.fr/L-archeologue-et-l-anthropologue.html

    À propos de : David Graeber & David Wengrow, Au commencement était... Une nouvelle #Histoire de l’humanité, Les Liens qui libèrent. L’ouvrage monumental de David Graeber et David Wengrow sur la formation des sociétés et des inégalités rompt les barrières entre #archéologie préhistorique et ethnologie pour ouvrir sur un vaste projet anthropologique. Il échoue toutefois à articuler le champ politico-culturel et celui de la nature.

    #anthropologie #préhistoire
    https://laviedesidees.fr/IMG/docx/20220509_stepanoff-graeber.docx
    https://laviedesidees.fr/IMG/pdf/20220509_stepanoff-graeber.pdf

  • Les insectes archéologiques témoignent du passé des humains
    https://theconversation.com/les-insectes-archeologiques-temoignent-du-passe-des-humains-180827

    Ils sont partout ! Dans la maison, le jardin ou encore la forêt, les insectes ont conquis l’ensemble des niches écologiques. Donc rien de surprenant si vous en voyez tous les jours. Si vous regardez attentivement, vous verrez que ce ne sont pas les mêmes en fonction des endroits. Bien qu’ils soient présents dans tous les milieux, beaucoup d’insectes ont des exigences strictes vis-à-vis de leurs conditions de vie. Ces dernières peuvent reposer sur des équilibres physico-chimiques (température, humidité, etc.), sur la disponibilité d’une ressource alimentaire, ou encore sur le degré de lumière d’un milieu (forêt, prairie, etc.).

    Leur présence est donc conditionnée par de nombreux facteurs environnementaux. En conséquence, les insectes réagissent aux perturbations de leur environnement, qu’elles soient dues aux pratiques humaines ou à des phénomènes naturels – les insectes sont ainsi des « bio-indicateurs de milieu ».

    Mais si les insectes nous aident à étudier notre environnement actuel, ils peuvent aussi permettre de comprendre celui de nos ancêtres et les relations que ceux-ci ont entretenu avec leur environnement naturel ou modifié par leurs actions.

    #archéologie #insectes #bio-indicateurs

  • Gaza farmer finds 4,500-year-old statue of Canaanite goddess - BBC News
    https://www.bbc.com/news/world-middle-east-61228553

    A stone statue of an ancient goddess of beauty, love and war has been found in the Gaza Strip.

    Palestinian archaeologists say that the head of the Canaanite deity, Anat, dates back 4,500 years to the late Bronze Age.

    The discovery was made by a farmer digging his land in Khan Younis, in the south of the strip.

    Si vous ne l’avez pas encore fait, il faut voir L’Apollon de Gaza, passionnant thriller archéologico-politique !

    https://www.akkafilms.ch/en/apollo

    #palestine #gaza #archéologie