• Nella Terra dei Fuochi l’Italia ha violato il diritto alla vita: una sentenza pilota della Corte Europea dei diritti umani

      Sommario

      – L’emergenza rifiuti in Campania e il fenomeno della Terra dei Fuochi
      - I fatti: 40 anni di traffico, interramento e incendio di rifiuti pericolosi da parte della criminalità
      - Ammissibilità: escluse dalla causa le associazioni e i ricorsi presentati dopo il 2014
      - Nella Terra dei Fuochi violato il diritto alla vita dei residenti
      - Decontaminazione a rilento, sanzioni penali inadeguate, screening insufficiente, poca informazione
      - Una sentenza-pilota: due anni per attuare le misure generali della Corte

      Il 30 gennaio 2025, la Corte europea dei diritti umani (CtEDU) ha emesso una sentenza-pilota nel caso Cannavacciuolo e Altri contro Italia (ricorso 51767/14 e altri), riguardante la situazione di inquinamento ambientale che ha colpito il territorio compreso tra le province di Napoli e Caserta noto come “Terra dei Fuochi”. La CtEDU ha riscontrato che l’Italia ha violato l’art. 2 (diritto alla vita) della Convenzione europea dei diritti umani (CEDU) e chiesto alle autorità italiane di attuare adeguate misure di riqualificazione ambientale dei territori interessati dal fenomeno. Tra due anni a partire dalla pubblicazione della sentenza, la Corte si riserva di verificare l’impatto di tali misure.
      L’emergenza rifiuti in Campania e il fenomeno della Terra dei Fuochi

      Il caso Cannavacciulo e altri contro Italia prende origine da una serie di ricorsi presentati tra il 2014 e il 2015 da 34 individui, residenti nei 90 comuni campani che tre decreti del governo italiano, emessi tra il 2013 e il 2015, hanno classificato come esposti ai rischi associati al fenomeno di abbandono, interramento e incendio illegale di rifiuti che ha interessato l’area denominata “Terra dei Fuochi”. Nel territorio vivono circa tre milioni di persone.

      La sentenza della CtEDU è di oltre 170 pagine e segue alcune precedenti pronunce che si sono interessate di argomenti simili, in particolare la sentenza Di Sarno e altri c. Italia (ricorso 39765/08) del 2012, v. Annuario 2013, p. 281), in cui la CtEDU aveva trattato dell’emergenza creatasi in Campania tra il 1994 e il 2009 legata alla incapacità di gestire la raccolta e lo stoccaggio dei rifiuti urbani. In quel caso, la CtEDU aveva accertato la violazione da parte dell’Italia dell’art. 8 CEDU (diritto alla vita privata e familiare), in ragione del disagio e del rischio per la salute dei residenti legato all’emergenza rifiuti. Analogo oggetto e simile esito aveva avuto anche il caso Locascia e altri c. Italia (ricorso 35648/10) deciso nel 2023. Su entrambi i casi è ancora aperta la supervisione sull’esecuzione delle sentenze da parte del Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa (nel 2025, una riunione in materia è prevista a marzo per esaminare il documento di aggiornamento del governo italiano. Anche rilevante è il caso Cordella e altri c. Italia (ricorso n. 54414/13 e n. 54264/15, sentenza del 24 gennaio 2019, v. Annuario 2020, p. 276), che tratta dell’inquinamento legato all’azienda ex Ilva di Taranto. La supervisione su questo e alcuni altri casi simili riguardanti l’inquinamento causato dall’Ilva è tutt’ora incorso.

      Il caso Di Sarno non aveva toccato la problematica specifica dell’inquinamento legato alle discariche abusive e al trattamento illegale dei rifiuti, ma solo le carenze dell’amministrazione pubblica nella gestione dei rifiuti urbani nella regione e in particolare nel capoluogo regionale. La sentenza Cannavacciuolo è pertanto altamente significativa perché riguarda un aspetto specifico e particolarmente grave e inquietante dell’emergenza ambientale che interessa la Campania.
      I fatti: 40 anni di traffico, interramento e incendio di rifiuti pericolosi da parte della criminalità

      La prima parte della sentenza svolge una attenta e accurata ricostruzione dei fatti che hanno portato nel corso degli anni, e in particolare a partire dal 2013, a scoprire e contrastare la complessa vicenda denominata “Terra dei fuochi”. In particolare, nel 2013 il Parlamento aveva desegretato le dichiarazioni di un “collaboratore di giustizia” che all’epoca già parlava di traffici illegali di rifiuti che venivano interrati e bruciati nell’area a partire dagli anni 1980 (del resto, la prima commissione parlamentare d’inchiesta sul fenomeno del traffico illegale di rifiuti tossici verso la Campania è stata istituita nel 1996). Nello stesso 2013, un decreto-legge introduceva misure urgenti e straordinarie a protezione della salute degli abitanti e per la decontaminazione dei terreni e delle acque della vasta area interessata dal fenomeno.

      I ricorrenti denunciano la violazione non solo dell’art. 8 CEDU, con riferimento al rischio sanitario a cui sono esposti a partire almeno dagli anni 1990, ma anche la violazione dell’art. 2 CEDU (diritto alla vita), in ragione della asserita esistenza di un nesso di causalità tra l’inquinamento dei terreni, delle acque e dell’aria e l’aumento della mortalità dovuta ad alcune patologie, comprese varie forme di tumore, riscontrato tra la popolazione dei territori interessati.
      Ammissibilità: escluse dalla causa le associazioni e i ricorsi presentati dopo il 2014

      La Corte, discutendo dell’ammissibilità dei ricorsi avanzati da vittime dirette o indirette della presunta violazione degli articoli 2 e 8 CEDU, decide di escludere dalla causa, in quanto privi dello status di vittime, alcune associazioni rappresentative di abitanti della Campania. I reclami dei ricorrenti singoli sono invece ricevibili. La CtEDU accerta infatti che non vi sono vie di ricorso disponibili nell’ordinamento italiano per ottenere da parte dello stato l’adozione di misure di prevenzione dell’inquinamento e di contenimento delle conseguenze di una contaminazione che è tutt’ora in corso. L’unico rimedio previsto dall’ordinamento italiano è un’azione di risarcimento del danno, che però non rappresenta un rimedio effettivo in situazioni come quella in oggetto. Tuttavia, sono ammissibili solo i ricorsi depositati entro i primi mesi del 2014. L’art. 35 della CEDU prevede che i ricorsi alla CtEDU siano presentati entro un termine di sei mesi (dal 2022 ridotti a quattro) che, secondo la CtEDU, decorre in questo caso dal dicembre 2013, identificato come momento a partire dal quale l’emergenza è diventata universalmente e ufficialmente nota.
      Nella Terra dei Fuochi violato il diritto alla vita dei residenti

      Venendo al merito della causa, la CtEDU, dopo aver riassunto la posizione dei ricorrenti, dello stato e di svariate terze parti che sono intervenute con proprie osservazione, essenzialmente a sostegno dei ricorrenti, si concentra sulla applicabilità dell’art. 2 CEDU. La protezione del diritto alla vita implica che lo stato prenda tutte le misure positive appropriate per intervenire nei casi in cui esista un reale e imminente rischio per la vita delle persone soggette alla sua giurisdizione, in particolare in relazione ad attività inerentemente pericolose – come il trattamento di rifiuti. Il caso in questione si riferisce a attività che hanno messo in pericolo non un limitato numero di persone in relazione a una situazione circoscritta, ma milioni di individui per decenni. E non riguarda le conseguenze pericolose di una attività regolamentata, bensì gli effetti di azioni illegali realizzate da soggetti criminali. Inoltre, lo stato non contesta le gravi conseguenze patologiche, anche mortali, dell’esposizione a diossina, metalli pesanti e altri componenti inquinanti presenti nell’ambiente del territorio in questione, limitandosi a contestarne la pertinenza in relazione a determinati ricorrenti. La CtEDU, anche alla luce del principio di precauzione, ritiene quindi che si sia in presenza di un rischio sufficientemente serio, genuino e accertabile per la vita, e che tale rischio sia imminente per chiunque risieda nei 90 comuni identificati partire dal 2013. L’art. 2 CEDU è quindi applicabile. Si tratta di vedere se l’Italia ha operato in modo adeguato per mitigare il rischio.
      Decontaminazione a rilento, sanzioni penali inadeguate, screening insufficiente, poca informazione

      L’analisi è condotta secondo molteplici direttrici. In primo luogo, la CtEDU valuta se lo stato è stato efficace nell’identificare il rischio per la salute dei cittadini. Se dal 2013 in poi azioni per la mappatura delle aree esposte al rischio e lo screening della popolazione sono state adottate, la CtEDU si dichiara sorpresa per la mancanza di iniziative in questo senso durante i circa venti anni precedenti in cui il fenomeno era stato denunciato in varie sedi sia scientifiche sia istituzionali e giudiziarie. Dal 2013 e fino ai giorni nostri, del resto, la mappatura e i test sulla terra, l’acqua e l’aria della Terra dei Fuochi è ancora parziale, e riguarda solo le aree agricole, mentre nuove discariche di rifiuti tossici continuano ad essere scoperte, come dimostrano rapporti del 2021.

      In secondo luogo, la CtEDU valuta l’effettività delle misure di contaminazione adottate a partire dal 2013. La conclusione è che sono state parziali e che in molti casi si trovano ancora alla fase preliminare.

      Un terzo profilo considerato riguarda le verifiche epidemiologiche per determinare il collegamento tra inquinamento e insorgenza di patologie letali nella popolazione. Se passi avanti sono stati fatti dal 2012 in poi, dalla documentazione che la CtEDU ha potuto esaminare emerge che fino al 2016 le ricerche sono state al di sotto dello standard di diligenza richiesto dalle circostanze.

      Lo stato avrebbe inoltre dovuto monitorare e reprimere le condotte illecite che sono alla base del fenomeno della Terra dei fuochi. Circa il monitoraggio, lo stato ha preso misure significative e efficaci, istituendo anche uno speciale “Incaricato per il fenomeno del rogo di rifiuti nella Regione Campania”, ma solo a partire dal 2012. In materia di repressione penale, la CtEDU nota che una adeguata legislazione penale per contrastare il traffico di rifiuti tossici e il loro smaltimento illecito è intervenuta solo a partire dal 2015, che ha inserito nel codice penale gli articoli da 452-bis a 452 terdecies: fino ad allora, la normativa penale italiana risultava infatti frammentata e non sufficientemente integrata nel quadro giuridico generale. Anche le informazioni fornite dallo stato su indagini e processi portati avanti per i delitti ambientali più gravi collegati alla Terra dei Fuochi (lo stato ne ha menzionati sette), non hanno evidenziato una particolare efficacia dello strumento giudiziario. Alcuni processi sono stati chiusi per prescrizione; le condanne finora ammontano a tre.

      La CtEDU, pur ribadendo il diverso quadro in cui si collocano l’emergenza rifiuti che ha interessato la Campania tra il 1994 e il 2009 e il fenomeno della Terra dei Fuochi, non esclude un legame tra le due problematiche, riconoscendo che la cattiva gestione della raccolta e smaltimento rifiuti da parte delle istituzioni può avere favorito l’inserimento della criminalità organizzata in tali procedure. D’altro canto, però, la CtEDU osserva che nemmeno sul primo fronte l’Italia può dirsi del tutto uscita dalla situazione di criticità, dal momento che la procedura di esecuzione della sentenza Di Sarno è ancora aperta e che solo nel 2019 l’Italia ha terminato il pagamento della multa di 120.000 euro al giorno comminatale dalla Corte di giustizia dell’Unione Europea (CGUE) al termine della procedura di infrazione avviata per il mancato adempimento della direttiva relativa ai rifiuti (sentenza C-297/08).

      Infine, la CtEDU considera inadeguata l’informazione fornita sul fenomeno della Terra dei Fuochi dalle autorità italiane. Anche se i dati epidemiologici e gli altri studi di tipo scientifico sono stati resi tempestivamente pubblici, è mancata una strategia adeguata per informare la popolazione su un problema tanto grave e che investiva contemporaneamente il suolo, le acque e la qualità dell’aria. Particolarmente preoccupante il fatto che la dichiarazione di un collaboratore di giustizia della camorra che denunciava la diffusione delle pratiche criminali di inquinamento ambientale fin dagli anni 1980 sia stata coperta dal segreto di stato per quindici anni.

      In conclusione, la CtEDU dichiara che il nesso tra il fenomeno della Terra dei Fuochi e la violazione o il rischio di violazione del diritto alla vita dei ricorrenti sancito dall’art. 2 CEDU si può ritenere provato e che quindi l’Italia ha violato l’art. 2 CEDU. Questa conclusione rende non necessario indagare sull’eventuale violazione anche dell’art. 8 CEDU sotto il profilo della mancata protezione del diritto alla salute e al benessere dei ricorrenti.
      Una sentenza-pilota: due anni per attuare le misure generali della Corte

      Un aspetto importante della sentenza Cannavacciuolo è legata al fatto che la CtEDU ha deciso di attribuire ad essa il carattere di sentenza pilota. La CtEDU ha infatti considerato che la durata decennale della descritta situazione di violazione dell’art. 2 CEDU che lo stato ha contrastato in modo lento e incompleto, unita alla circostanza che ci sono 72 ricorsi riguardati la stessa questione, di cui 36 coinvolgono oltre 4.700 cittadini, giustifica l’adozione di tale procedura. In conseguenza di ciò, lo stato italiano è tenuto a predisporre una strategia complessiva, da definire on collaborazione con la Regione Campania, gli enti locali e la società civile, per mappare il fenomeno e procedere alla decontaminazione dei siti a rischio. Lo stato deve inoltre istituire un meccanismo nazionale indipendente per monitorare l’avanzamento della strategia adottata e misurarne l’impatto. Infine, lo stato deve creare una piattaforma informativa accessibile e aggiornata. Queste misure generali devono essere adottate e avviate a regime entro due anni, quindi entro il 2027. Nel frattempo, tutti i ricorsi pendenti relativi alla situazione della Terra dei Fuochi restano sospesi e saranno rivisti nel 2027. Sempre nel 2027 saranno considerate, con una sentenza ulteriore, le domande di equo indennizzo presentate da alcuni dei ricorrenti.

      https://unipd-centrodirittiumani.it/it/temi/nella-terra-dei-fuochi-litalia-ha-violato-il-diritto-alla-v
      #droit_à_la_vie #CEDH

  • Nous avons été trop généreux avec les allocataires. Qu’on leur sucre 200 millions d’euros par an ! (Jean-Pierre Farandou, ex-patron des TGV)

    Instaurée en réponse aux mobilisations massives de chômeurs et précaires pour un revenu garanti par le gouvernement Jospin en 1998, la « prime exceptionnelle de fin d’année » (dite « prime de Noël ») n’a pas vu augmenter son montant augmenté depuis, malgré plus de 50% d’inflation.

    En 2023, cette prime avait été majorée de 35% pour les allocataires avec enfants à charge.
    https://www.lemediasocial.fr/la-prime-de-noel-sera-majoree-pour-les-personnes-isolees-cette-annee_b

    Cette fois, on prévoit de la supprimer à plus d’un million de personnes au RSA, à l’AAS ou en AER sans enfants à charge.

    D’après le panorama 2024 de la Drees (Direction de la recherche, des études, de l‘évaluation et des statistiques) sur les minima sociaux, l’écrasante majorité des bénéficiaires de la prime de Noël sont des allocataires du RSA (1,89 million en 2022). Or, sur ces allocataires, 56 % étaient seuls sans personne à charge et 2 % étaient en couple sans personne à charge.

    https://www.ledauphine.com/social/2025/11/04/la-prime-de-noel-supprimee-pour-le-million-d-allocataires-sans-enfants-l.

    Des allocataires ASS, Il en a de moins en moins.
    https://drees.solidarites-sante.gouv.fr/sites/default/files/2024-10/MS24%20-%20Fiche%2024%20-%20L’allocation%20de%20solidar

    Des bénéficiaires de (AER) allocation équivalent retraite doivent ouvert des droits avant 2011. Ils ne doivent donc pas/plus être nombreux
    https://www.service-public.gouv.fr/particuliers/vosdroits/F13929

    En revanche les allocataires RSA de plus de 50 ans dont les enfants ne sont plus à charge, eux, le sont. Des préretraités ou retraités (en attente d’ASPA) sont ainsi visés.

    #PLFSS #RSA #ASS #AER #prime_de_fin_d'année #retraites

    • LES MÉNAGES SANS ENFANT PRIVÉS DE PRIME DE NOËL ? "CE N’EST PAS À L’ETAT DE PAYER DES CADEAUX"
      https://rmc.bfmtv.com/actualites/economie/travail/les-menages-sans-enfant-prives-de-prime-de-noel-ce-n-est-pas-a-l-etat-de-

      Si vous voulez la prime de Noël, il va falloir faire des enfants. En raison de l’état des comptes de la Sécurité sociale", le ministre du Travail et des Solidarités, Jean-Pierre Farandou, veut exclure les foyers sans enfants de la prime de Noël, cette aide versée chaque année aux ménages les plus précaires et qui coûtera 466,5 millions d’euros en 2025. Une proposition qui ne sera pas appliquée pour le chèque 2025. [ces ignares ne savent pas que la CAF paie par virement ?]

      « L’État français a été très généreux à une époque sur toutes les politiques sociales et tant mieux. Mais je ne suis pas sûr que le pays a les moyens de poursuivre cette politique de générosité maximale. Il faut donc accepter un recentrage », a justifié l’ex-patron de la SNCF ce mardi sur France Inter.

      Donc, c’est supprimé aux sans enfants parce que ce n’est pas l’État de payer les cadeaux des enfants. Pas bien compris cette trumperie.

      C’est peut-être parce que comme dit Manuel Bompard sur France Inter : « Même s’ils n’ont pas d’enfants », ces bénéficiaires de minima sociaux « ont une famille ».

      Du coup, embrassons-nous Folleville ! sous condition :

      Reconnaissant sur France Inter que ce type de mesure pouvait sembler « un peu agressive », le ministre Jean-Pierre Farandou s’est dit « ouvert » au rétablissement de la prime pour tous les allocataires, à condition de maintenir l’« équilibre » des comptes de la Sécurité sociale.

      https://www.liberation.fr/economie/social/budget-le-gouvernement-veut-restreindre-la-prime-de-noel-aux-familles-qui

      Forfait hospitalier, franchises et ALD plus chères, ça va bientôt passer pour "un peu" raisonnable.
      C’est d’autant plus magique que ni le RSA ni cette prime ne dépendent du PFLSS.

  • Victoire du RN à l’assemblée : les héritiers de l’Algérie française dictent le débat
    https://www.lemediatv.fr/emissions/2025/victoire-du-rn-a-lassemblee-les-heritiers-de-lalgerie-francaise-dictent-le

    Le Rassemblement National a remporté une victoire symbolique mais historique : jeudi 30 octobre, un texte dénonçant l’accord franco-algérien de 1968 a été adopté à l’Assemblée, à 185 voix contre 184.

    #Assemblée_nationale

  • Débat LFI-PS : Budget 2026 : rigueur ou austérité ?
    https://www.lemediatv.fr/emissions/2025/debat-lfi-ps-budget-2026-rigueur-ou-austerite-wMWEAd9bT1u1B65A98j5gw

    Le projet de loi de finances (PLF 2026) vient d’être présenté au Parlement par le gouvernement, avec des objectifs ambitieux : ramener le déficit public à -4,7% du produit intérieur brut en 2026 contre environ 5,4% en 2025.

    #Assemblée_nationale #Économie

  • frittura mista|radio fabbrica 28/10/2025@0
    https://radioblackout.org/podcast/frittura-mistaradio-fabbrica-28-10-2025

    Il primo argomento della serata è stata l’assemblea “Nessun sostegno al #genocidio. Nessun accordo con Israele” che si terrà giovedì 30 ottobre alle 18 in piazza Castello. Ne abbiamo parlato con chi della nostra redazione sta partecipando a queste assemblee e con due ospiti in studio tra i promotori delle stesse. Si tratta del tentativo […]

    #assemblea #contestazione_disciplinare #Paolo_Cergnar #repressione_del_dissenso #solidarietà_popolo_palestinese #torino #usb #vigile_del_fuoco
    https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/10/F_m_28_10_Lancio-assemblea-30-ottobre.mp3

  • [Sans pincettes] Budget de la Sécurité sociale 2026 : « L’argument de la responsabilisation des patients est un leurre », des médecins.

    Alors que sont célébrés les 80 ans de la création de la Sécurité sociale et qu’est discuté, au Parlement, le #PLFSS pour 2026, la ministre de la #santé, Stéphanie Rist, déclarait, le 22 octobre dans Le Figaro : « Il faut rappeler que le tout gratuit dans la santé est une illusion. » Ces propos reprennent l’argument des opposants à la Sécu, selon lequel ce modèle déresponsabiliserait les patients. Il est choquant d’entendre la ministre de la Santé, elle-même médecin, reprendre cet argument fallacieux.

    En réalité, les patients paient quatre fois leurs #soins. Une première fois par la contribution sociale généralisée et la contribution au remboursement de la dette sociale, soustraites automatiquement tous les mois de leur salaire brut. Une deuxième fois par la cotisation volontaire, mais quasi obligatoire, à une mutuelle ou à une assurance privée. Le montant de la cotisation à cette complémentaire santé augmente avec l’âge et avec le niveau de couverture choisie, contrairement au principe d’égalité de la Sécu. Une troisième fois par la taxe sur la valeur ajoutée (#TVA), qui représente aujourd’hui plus de 20 % des recettes de l’assurance-maladie obligatoire, en compensation des exonérations et des diminutions de cotisations patronales décidées par les gouvernements successifs au nom de la défense de l’emploi. La TVA, à l’opposé du principe de solidarité de la Sécu, impacte davantage les personnes ayant de faibles revenus que celles qui bénéficient de hauts revenus. C’est la solidarité à l’envers, du bas vers le haut.

    Enfin, les patients paient une quatrième fois pour les #dépassements_d’honoraires des #médecins_spécialistes, qui peuvent représenter le quadruple, voire le quintuple, du tarif conventionnel remboursé par la #Sécu. Ces dépassements, très variables d’un spécialiste à l’autre pour une même prestation, ne sont régulés ni par la loi ni par le conseil de l’ordre des médecins, pourtant censé faire respecter « le tact et la mesure ». Ils augmentent en moyenne de 5,5 % par an et atteignaient 4,5 milliards d’euros en 2024 Finalement le #reste_à_charge que les assurés paient de leur poche est en moyenne 430 euros par an et de 780 euros pour les personnes prises en charge à 100 % du tarif réglementé au titre des affections de longue durée (#ALD). Ce reste à charge peut dépasser 4 900 euros par an pour 1 % des patients en ALD.

    Accroissement assumé des inégalités

    En réalité, la ministre veut doubler les #franchises et #forfaits, en passant d’un maximum cumulé de 100 à 200 euros par an. « Je n’ai pas l’impression de commettre un crime », avait déclaré le président Macron lors de la conférence de presse du 16 janvier 2024, annonçant déjà un doublement des franchises. Pas un crime, en effet, mais un accroissement assumé des #inégalités_sociales_de_santé qui retardent les prises en charge médicales des patients ayant de faibles revenus et coûtent finalement plus cher que l’économie visée de 2,3 milliards d’euros. L’argument de la responsabilisation des patients est un leurre : ce ne sont pas les #malades qui prescrivent les médicaments, les examens de biologie ou de radiologie, les arrêts de travail ou les bons de transport, mais les médecins. Par définition, la responsabilisation des patients ne peut pas concerner la prescription des #médecins mais seulement l’observance des traitements et des rendez-vous – ce qu’a dû observer la docteure Rist dans sa pratique antérieure de rhumatologue.

    Elle prétend par ailleurs s’attaquer à la « rente », c’est-à-dire aux tarifs très supérieurs aux coûts réels du service rendu. Le PLFSS en discussion vise la radiologie, la radiothérapie, la dialyse rénale et la biologie, mais ne s’attaque ni à #Big_Pharma ni aux chaînes de #cliniques commerciales internationales financiarisées, dont les actionnaires reçoivent des dividendes payés par la Sécu. Elle ne dit rien non plus de la spécificité française d’un double financement pour le même soin, à la fois par l’assurance-maladie obligatoire et par les #assurances complémentaires, en concurrence sur le marché. Si bien que, en matière de frais de gestion du système de santé, la France dépense le double de la moyenne des pays de l’OCDE, 6.9 milliards pour la Sécu et 8.7 milliards pour les complémentaires. Selon les calculs du Haut Conseil pour l’avenir de l’assurance-maladie, la fusion des complémentaires dans la Sécu permettrait d’économiser plus de 5 milliards par an.

    La santé n’est gratuite pour personne. Alors que le reste à charge des patients augmente, conduisant à des renoncements aux soins, et que les cotisations aux complémentaires ne cessent de croître, pourquoi préserver cette rente ?

    Mady Denantes est médecin généraliste ; Anne Gervais est hépatologue ; André Grimaldi est diabétologue ; Olivier Milleron est cardiologue.

    https://www.lemonde.fr/idees/article/2025/10/29/budget-de-la-securite-sociale-2026-l-argument-de-la-responsabilisation-des-p

    #solidarité_à_l’envers #financiarisation #accès_aux_soins #retard_de_prise_en_charge_médicales #renoncements_aux_soins

  • #Congé_de_citoyenneté du responsable bénévole d’une association

    Vous êtes responsable ou dirigeant associatif bénévole et vous voulez savoir comment bénéficier d’un #congé_non_rémunéré pour exercer votre fonction ? La situation varie selon que vous êtes salarié du secteur privé ou agent public. Nous vous présentons les informations à connaître.

    https://www.service-public.gouv.fr/particuliers/vosdroits/F34105
    #congé #associations #bénévolat

    • Excellent article.

      L’informatisation massive de France Travail amène à de plus en plus d’erreurs de calcul d’#indemnisation_chômage, les algorithmes répétant en boucle des dysfonctionnements sans que ceux-ci ne soient corrigés. Dans la moitié des dossiers des #chômeurs, aucun conseiller indemnisation humain n’intervient.

      France Travail entretient en plus un manque total de transparence sur ses calculs d’indemnisation, les conseillers eux-mêmes ne comprenant plus le système informatique, et bien que l’organisation corrige parfois les dysfonctionnements révélés, elle ne rembourse jamais les usagers lésés pendant des années.

      Avec l’automatisation amenée à se développer encore dans le futur, ces erreurs risquent d’empirer. Et même actuellement, combien de « bugs » et d’erreurs passent encore entre les filets ?

      [...]

      « Leurs droits terminés, les intermittents ne recevaient pas le formulaire automatique pour les Allocations de Solidarité Spécifique », se remémore [Yann Gaudin]. Une aide, d’environ 550 euros par mois à l’époque, normalement accessible à tous les demandeurs d’emploi éligibles après l’épuisement de leurs droits #ARE (Allocation de retour à l’emploi, le nom donné aux indemnités chômage). A l’époque, il pense à une simple erreur. Mais son signalement au service interne n’amène aucun changement. Lorsqu’il contacte de lui-même 8.000 intermittents bretons pour les informer, sa direction lui assène un avertissement pour son excès de zèle. Son initiative jouera dans son licenciement pour faute grave et insubordination aux yeux de l’institution.
      Ce n’est qu’en 2024, 10 ans après l’avertissement de Yann Gaudin et quatre ans après l’avoir licencié, que France Travail adaptera son site pour informer chaque usager de ce droit.

      [...]

      Car les algorithmes sont imparfaits. Par exemple, un usager qui quitte un CDI pour un autre mais est « coupé » après sa #période_d’essai se retrouve exclu des indemnités ARE, alors qu’il y a droit. Il en va de même pour de nombreux inscrits automatiquement à France Travail en tant que bénéficiaires du RSA, alors qu’ils sont éligibles au droit au chômage, plus rémunérateur, sans en être notifiés.

      (...) les algorithmes ont tendance à supprimer automatiquement les plus hauts #salaires des usagers, car jugés suspects. Une alerte est donnée pour un salaire 10 % supérieur à la médiane des revenus de l’année précédente et le salaire est automatiquement supprimé s’il est 20 % plus élevé, sans la moindre justification, suivant un peu trop à cheval les recommandations de l’Unédic**. Treizième mois, primes et autres heures supplémentaires sont donc supprimés des calculs de droit, sans que l’usager n’en soit notifié, faisant fatalement baisser ses indemnisations. (...) ce dysfonctionnement est particulièrement dommageable pour les usagers ayant eu des arrêts maladie. Tout salaire « normal » apparaît alors comme suspect par rapport à la médiane et est enlevé. Ce qui amène à des incongruités : « J’ai déjà ouvert des droits à 1,4 euro par jour, car la personne avait été en #arrêt_maladie deux ans et le système avait exclu tous les vrais salaires. Le système n’avait validé qu’un seul bulletin de salaire, le divisant par 365 jours »

      [...]

      Si de nombreux dysfonctionnements révélés par Yann Gaudin ou d’autres lanceurs d’alerte internes ont été réparés avec le temps, ces corrections n’ont jamais donné lieu à des remboursements collectifs. A propos de la correction d’un de ses dysfonctionnements, l’institution évoquait noir sur blanc dans une note interne, que 20 Minutes a pu consulter, qu’il n’y aurait « pas de reprise de stock » [sic] pour les personnes lésées pendant des années par cette erreur - comprendre pas de compensations financières.

      Il arrive que des journalistes reçoivent des informations et en fassent quelque chose.

      La sanction financières des arrêts maladies n’est pas un dysfonctionnement mais un modèle dont on voit ce que les projets de budget lui doivent.

      Faire des économies par tous les moyens nécessaires, en détail, et en masse (ce que le titre de l’article élude spectaculairement).

      #arnaque_institutionnelle #Illégalisme_institué #violence_institutionnelle #ASS #salaire_journalier_de référence (explosé par la loi et par les calculs) #SJR #médiateur_de_France_travail

    • Yann Gaudin #lanceur_d'alertes
      https://blogs.mediapart.fr/yann-gaudin/blog/051025/1100-victimes-de-france-travail

      Un recensement a été effectué en ligne de septembre 2024 à septembre 2025 et plus de 1100 victimes de défaillances de Pôle emploi / France Travail y ont répondu. Souffrance, erreurs de l’institution, absence d’explications règlementaires, dérapages : le rapport révèle des faits très inquiétants et présente des solutions pour sécuriser les services de France Travail.

      https://www.labonneetoile.fr/post/1100-victimes-de-france-travail-rapport-de-recensement

    • Entre paranoïa et tactique du mort du côté de France Travail, les usagers dans l’impasse pour obtenir leurs droits
      https://www.20minutes.fr/economie/4169845-20251024-entre-paranoia-tactique-mort-cote-france-travail-usagers-

      « France Travail vous impose son narratif »
      1 % des fraudes sociales valent-elles tant de paranoïa ?
      Des prélèvements de France Travail totalement illégaux
      « On tremble à chaque fois qu’on y va »
      Une explosion du nombre de médiations [or le médiateur est juge et partie... ça sert rarement de le saisir, mieux vaut un RAPO puis une procédure]

      https://www.20minutes.fr/journaliste/jean-loup-delmas

      #France_travail #indus #fraude #guerre_aux_pauvres

    • « Tout ce que je voulais, c’était travailler » … Quand France Travail rate son rôle de tremplin de retour à l’emploi
      https://www.20minutes.fr/economie/4170232-20251025-tout-voulais-travailler-quand-france-travail-rate-role-tr

      Les formations sont également très compliquées à obtenir. Dans le cadre de son PPAE (Parcours Personnalisé d’Accès a l’Emploi), Julien* a monté un dossier complet de financement de #formation pour devenir sophrologue. « Après m’avoir exigé un dossier complet, France Travail a refusé mon financement sur la base de motifs internes sans base légale, avant d’en changer plusieurs fois : une Aide individuelle à la formation (AIF) antérieure jamais démontrée, une non-conformité du projet, ou encore l’absence de retour rapide à l’emploi – alors que mon projet était entrepreneurial. ». Commence alors le même parcours du combattant que pour les usagers lésés face à un France Travail qui joue la montre et les refus de dialogue.
      « J’ai demandé un entretien avec la direction, qui n’est jamais arrivé. Lorsque j’ai demandé une réponse écrite comme l’avait demandé le médiateur et comme l’exige la loi - les décisions à caractère individuelles doivent faire l’objet d’une réponse écrite, la réponse écrite n’est jamais venue. » France Travail n’a rien répondu pendant deux mois, avant de réapparaître enfin. Deux mois, soit pile la durée du recours gracieux, au-delà de laquelle la formation ne peut plus être financée.
      Un système critiqué dans de nombreux rapports

      Un cas fréquent, dénoncé dans les rapports annuels du médiateur national de France Travail. En 2023, est cité le « problème récurrent des motifs de refus de financement de formation, qui sont souvent incompris par les candidats. Ils expriment parfois des motifs différents de ceux exprimés en agences. » En 2024, il pointe une iniquité de traitement et des blocages administratifs qui empêchent les usagers d’accéder à des formations validées dans leur Projet Personnalisé d’Accès à l’Emploi (PPAE). Dès 2018, la Cour des comptes étrillait dans son rapport La formation des demandeurs d’emploi « une juxtaposition de dispositifs et à une augmentation de moyens sans stratégie globale ni coordination des acteurs » et « des résultats décevants » pour les demandeurs d’emploi.
      Ces difficultés génèrent des réclamations récurrentes, souvent liées à des refus non motivés. Sylvaine*, conseillère France Travail, confirme le problème : « Débloquer une formation, c’est forcément du budget. On a l’impression d’accorder une faveur, et beaucoup de conseillers sont réticents à dépenser » … Un aspect « cadeau » alors qu’il s’agit d’un droit, dénoncé par de nombreux usagers. Laura s’en souvient : « Lorsque j’ai demandé une formation, on m’a dit que je devais fermer ma gueule si je voulais avoir mes droits. »
      « Rien n’avance et on nous empêche de faire »

      Sans compter une gageure administrative pour les conseillers : les formations sont souvent cofinancées par les régions, demandant une collaboration qui peut s’avérer très chronophage et complexe, comme le rappelle le rapport annuel du médiateur France Travail 2024. Reviennent alors les problèmes de temps et le rythme des conseillers (voir notre article précédent).

    • Pour les formations, c’est très simple  : le gros des fonds est pompé par des trucmuches de margoulinades spécialement pensés pour pomper le max des enveloppes prévues pour des trucs fumeux en face.

      Qaliopi devait mettre de l’ordre dans ce foutoir, à la place de quoi, c’est un bidule à valider ceux qui sont bons à monter des dossiers aux normes, indépendamment de l’utilité des contenus.

  • Des contrôles « humiliants » : associations et syndicats attaquent l’État sur la réforme du RSA | Mediapart
    https://www.mediapart.fr/journal/economie-et-social/221025/des-controles-humiliants-associations-et-syndicats-attaquent-l-etat-sur-la

    Le Secours catholique, ATD Quart Monde, la LDH, mais aussi les syndicats CGT, CFDT et Solidaires assignent en justice l’État pour sa politique visant les chômeurs et les allocataires du RSA. Les sanctions brandies à l’égard des bénéficiaires sont tout particulièrement visées.

    De la réforme du #RSA et son volet #sanctions, entériné par un décret entré en vigueur le 31 mai 2025, les responsables associatifs et syndicaux n’ont que du mal à en dire. Réuni le 22 octobre pour une conférence de presse, un collectif composé d’une dizaine d’associations a décidé de s’unir de manière inédite pour saisir la justice. Avec un objectif : l’abrogation du décret « sanctions » de la loi dite « plein emploi » qui conditionne l’obtention du RSA à la réalisation de quinze heures d’activité hebdomadaire.

    Quatre recours ont été déposés par la Ligue des droits de l’homme (LDH), le Secours catholique, ATD Quart Monde et Emmaüs France ainsi que des syndicats comme la CGT, la CFDT, Solidaires ou la FSU contre ce texte, qui constitue à leurs yeux une « ligne rouge ». 
    Quatre #recours différents, portés par quatre avocats, ont été déposés par les associations fin juillet, ce qui n’avait pas été rendu public. Elles disposent de trois mois à compter de cette date pour défendre leur requête sur le fond. Leur argumentaire sera communiqué au #Conseil_d’État à la fin du mois d’octobre et une date d’audience devrait être communiquée d’ici à la fin d’année. 

    « On ne sort pas les personnes de la pauvreté à coups de suspensions, mais par la confiance et l’accompagnement », jugent les requérants. Depuis la parution de ce décret, toute personne inscrite à France Travail est menacée de se voir suspendre de 30 % à 100 % de son indemnité chômage ou de son RSA pendant un à plusieurs mois. Et ce, dès le premier manquement, c’est-à-dire n’avoir pas respecté le contrat d’engagement, ne pas s’actualiser correctement ou manquer un rendez-vous.

    Le texte est contesté de longue date. Les associations et des institutions comme le Conseil national des politiques de lutte contre la pauvreté et l’exclusion sociale ou la Commission nationale consultative des droits de l’homme ont alerté en vain sur les risques d’une telle réforme.

    Des sanctions disproportionnées

    Lors de la conférence de presse organisée pour expliciter la démarche du collectif, Didier Duriez, président du Secours catholique, dénonce le choix du gouvernement « de punir » les plus vulnérables : « La loi “plein emploi” et son décret “sanctions” marquent un tournant. Ils marquent un virage inquiétant dans cette société qui s’éloigne de plus en plus de l’impulsion qu’on avait eue juste après-guerre, celle d’un accès digne à l’emploi pour tous, et un soutien à l’ensemble des personnes. »
    Nathalie Tehio, présidente de la Ligue des droits de l’homme, complète : désormais, les allocations deviennent « une sorte de rétribution au mérite ». Il ne faut pas s’y tromper, ajoute-t-elle, ces orientations relèvent d’une « idéologie ». 
    Le collectif déplore de ne pas parvenir à obtenir l’attention du gouvernement. Pour Didier Duriez, l’écoute s’est tarie : « Les réunions avec les gouvernements sont plus rares, la prise en compte de ce qu’on leur présente est de plus en plus marginale. »

    Les requérants mobilisent plusieurs arguments. Ce décret est considéré tout d’abord comme une atteinte au droit. Réduire les allocations à titre de sanction « revient à supprimer les moyens de subsistance ». Surtout au regard de la faiblesse du montant du RSA (646 euros en 2025 pour une personne seule) qui est deux fois inférieur à celui du seuil de pauvreté (60 % du revenu médian, soit 1 216 euros en 2025). Les associations et syndicats pointent « la disproportion manifeste des sanctions ».

    Sans compter que la possibilité de se défendre est réduite. Auparavant, une sanction RSA enclenchait la réunion d’une instance durant laquelle la personne était reçue et pouvait expliquer sa situation. Aujourd’hui, dès lors que les personnes sont notifiées de la suspension de leurs allocations, elles ne disposent que de dix jours pour contester la décision, parfois sans réunion ou rencontre physique en fonction des départements. Un délai trop restreint et des conditions inadéquates pour #se_défendre, jugent les associations.

    « Le décret méconnaît par ailleurs le droit au silence [?] et le droit d’être entendu, ce qui constitue une atteinte grave aux #droits_de_la_défense », ajoutent-elles. Elles pointent aussi la confusion, une « erreur de qualification juridique » entre les allocataires du RSA et les demandeurs d’emploi indemnisés. Le collectif rappelle que le RSA n’est pas une indemnisation du chômage, mais « un revenu de survie au nom du droit à des moyens convenables d’existence, pour des personnes souvent éloignées durablement de l’emploi ».

    Des contrôles « humiliants »

    Pour sa part, Lydie Nicol de la CFDT rappelle les promesses déçues de cette loi qui vantait la mise en œuvre d’un accompagnement resserré de qualité avec une meilleure coopération entre les acteurs de l’accompagnement. « Et là, on en est très loin. Et même, c’est assez antinomique avec le décret auquel on s’oppose aujourd’hui. » Elle évoque les #contrôles de #France_Travail, multipliés par trois. En 2024, le premier ministre Gabriel Attal avait en effet annoncé un triplement en trois ans des contrôles, pour arriver à 1 500 000 en 2027.

    La responsable syndicale juge que le gouvernement considère donc l’ensemble des personnes en difficulté comme « soit des fraudeurs en puissance, soit des personnes qui ne veulent pas travailler ». « Pour nous, le chômage n’est jamais un choix. C’est une situation subie. »
    Ces sanctions aggravent le non-recours, la maltraitance institutionnelle, l’exclusion et compromettent le retour à une activité salariée stable de ces personnes. Certaines vont même accepter des emplois précaires pour éviter de perdre leur allocation.
    Isabelle Doresse, vice-présidente d’ATD Quart Monde, relaye des témoignages des premiers et premières concerné·es. Tous disent l’humiliation et l’inquiétude face à la réforme. Par exemple, Bernard se dit « fier mais usé » par ses vingt-cinq années de travail en usine comme manutentionnaire. Sans emploi, il « se sent harcelé par France Travail ». Il partage son stress et sa panique face aux menaces de sa conseillère de lui retirer « un à quatre mois de RSA pour recherche insuffisante ». Il assure tout faire pour trouver du travail, y compris suivre les formations proposées par France Travail.
    Corinne, mère isolée de quatre enfants, en invalidité, s’est vu imposer une activité hebdomadaire alors qu’elle doit honorer des rendez-vous médicaux réguliers. Elle a réussi à négocier cinq heures d’activité. Marie-Andrée Bresson, présidente de Solidarité Paysans, a évoqué le cas de cette agricultrice à qui l’on a demandé de justifier son RSA en envoyant tous ses relevés bancaires et factures d’une année. « C’est quelque chose d’humiliant et d’une violence sans nom vis-à-vis des personnes. »

    L’accompagnement en souffrance

    Élie Lambert, secrétaire national de l’union syndicale Solidaires, accuse le gouvernement de provoquer « le découragement des allocataires, pour les dissuader de solliciter ce filet de survie », alors qu’on constate un taux de non-recours déjà important pour certaines franges de la population. Marie-Andrée Bresson rappelle que chez les agriculteurs, il est estimé entre 50 et 60 %. Et il est impossible pour beaucoup de s’acquitter de l’obligation des quinze heures d’activité hebdomadaire, « alors que nombre d’agriculteurs travaillent déjà très durement pour survivre », ajoute-t-elle.
    Agnès Aoudaï, coprésidente du Mouvement des mères isolées, considère cette obligation d’activité comme « injuste et violent ». Elle ajoute : « C’est une mise à disposition de nos corps et de notre temps tout à fait inacceptable. » Dans la même veine, Denis Gravouil, secrétaire confédéral CGT, dénonce « un système violent et incompréhensible pour les 8 millions de personnes en recherche d’emploi ».

    Vincent Lalouette, secrétaire général adjoint de la FSU Emploi, rêve d’un « sursaut collectif », en particulier sur la question des contrôles, qui mettent des personnes dans la difficulté : « L’expression suicidaire chez les gens dont on s’occupe [comme agents de France Travail] est en forte augmentation ces derniers temps. C’est évidemment lié à la diminution des revenus à cause des différentes réformes de l’assurance-chômage, mais c’est aussi l’une des conséquences directes de la politique qui est menée avec la loi dite “plein emploi”. »
    Du reste, ces contrôles s’accroissent sans les personnels adéquats pour les mener. L’accompagnement se trouve ainsi dégradé et les agent·es de France Travail sont en souffrance. Car, estime encore Vincent Lalouette, aucun moyen supplémentaire n’a été débloqué pour absorber la charge de travail supplémentaire due notamment à l’obligation faite à tous les allocataires du RSA de s’inscrire à France Travail. Les velléités de résistance s’amenuisent aussi face au réel. 
    Les sanctions sont appliquées à la discrétion des conseils départementaux. Difficile d’obtenir des chiffres précis en ce domaine. Aucun outil statistique n’a été mis en place, regrette Lydie Nicol de la CFDT. Les données sur le devenir des personnes radiées des dispositifs de solidarité ne sont pas davantage disponibles. « Ces réformes marquent un durcissement sans précédent des politiques sociales dans notre pays », regrette encore le collectif.

    L’expression suicidaire au guichet (me touche pas ou je meures !) passe pour la seule forme de résistance possible actuellement.

    #revenu_minimum #droits_sociaux

    • Décret sanctions des demandeurs d’emploi et bénéficiaires du RSA : nous attaquons l’Etat en justice
      https://oxi90.com/IPCRWSF67/DF5AF95316134AE3B9931B90021DB3CE.php

      Changer de Cap fait partie des 11 associations et 5 syndicats qui attaquent au Conseil d’État le décret sanctions de la loi Plein emploi et demandent son abrogation. Ce décret, publié le 30 mai 2025, permet de suspendre ou de supprimer les allocations des demandeurs d’emploi au moindre « manquement ». Cela concerne les chômeurs comme les bénéficiaires du RSA, puisque ceux-ci sont désormais inscrits automatiquement à France Travail.

      Pour un rendez-vous manqué ou un manquement dans le contrat d’engagement réciproque, une personne peut perdre 30 à 100 % de son RSA, pendant 1 à 4 mois, avant remobilisation ou radiation. Ce décret, publié dans le cadre de la #loi_« Plein_Emploi » qui impose 15h d’activité à toute personne au RSA comme à toute personne au #chômage, marque une étape supplémentaire dans le contrôle des plus précaires.

      Les associations et syndicats qui se sont unis dans des recours juridiques en Conseil d’État fondent leur requête sur différents arguments, parmi lesquels :

      Le droit à des moyens convenables d’existence est un droit fondamental, protégé par la constitution comme tous les droits humains. Le RSA est un minimum vital pour survivre. On ne peut donc pas le supprimer, quelle que soit la raison. Rappelons que le montant du RSA pour une personne seule, 646 €, est inférieur au seuil d’extrême pauvreté en France.

      La disproportion des #sanctions : le Conseil constitutionnel avait déclaré la loi « Plein Emploi » constitutionnelle sous réserve que les sanctions soient proportionnées. Or supprimer totalement le RSA dès le premier manquement n’est clairement pas proportionné.
      Les inégalités territoriales : les sanctions peuvent aller de 30 à 100 % du RSA sur 1 à 4 mois, elles sont donc appliquées de manières très différentes selon les départements. En effet, ce sont les #conseils_départementaux qui décident de la hauteur des sanctions en cas de « manquement », notion par ailleurs très floue.
      Pour illustrer concrètement cette rupture de l’égalité des droits, prenons l’exemple des départements de la #Creuse et de la Saône-et-Loire. Par délibération en date du 10 octobre 2025, le Conseil départemental de la Creuse a voté une suspension du RSA de 80 % pendant deux mois pour une personne seule dès le premier manquement. En Saône-et-Loire, c’est la commission permanente qui a actualisé son Règlement départemental d’aide sociale (RDAS) et décidé d’une suspension de 50 % pendant un mois, toujours pour une personne seule et toujours au premier manquement.
      La violation du droit de la défense : avant le décret, une suspension de RSA nécessitait une réunion où l’allocataire pouvait se défendre et expliquer son point de vue. Cette réunion est supprimée. De plus, le délai de recours est de seulement 10 jours, ce qui est très largement insuffisant pour préparer une contestation ou demander de l’aide à un avocat ou une association.

      NOTRE POSITION
      Le décret sanctions, une nouvelle arme budgétaire
      Ce renforcement des sanctions a de multiples conséquences, qui ont été abordées lors d’une conférence de presse organisée par les syndicats et les associations le 22 octobre. Pour #Changer_de_Cap, ce décret est aussi une nouvelle arme dans la politique de réduction des #dépenses_sociales, quel qu’en soit le coût humain. Derrière cette réforme, c’est une logique budgétaire assumée qui se dessine : faire des plus #précaires une variable d’ajustement des finances publiques.
      En 2022, 34 % des personnes éligibles au RSA n’ont pas perçu l’aide à laquelle elles avaient droit. La complexité administrative dans les conditions d’accès, leur durcissement via la loi « Plein emploi » et la multiplication des contrôles, des sanctions et des suspensions hors de tout #droit_au_contradictoire ajoutent une pièce dans la machine politique d’#institutionnalisation_du_non-recours, qu’on peut chiffrer au bas mot à 10 milliards d’euros toutes prestations confondues. Cette réalité, associée aux radiations, réduit artificiellement le coût de la protection sociale, au prix d’une #précarisation accrue.

      Dans un contexte de rigueur, ce manque à verser est devenu un pilier silencieux de l’équilibre budgétaire. L’État serait incapable de payer ces milliards d’euros si toutes les personnes demandaient effectivement leurs droits [hum hum] et les Les sommes « économisées » sur le dos des plus vulnérables sont désormais budgétisées dans les prévisions budgétaires se basent sur les demandes actuelles. L’État anticipe donc le non-recours et n’a aucun intérêt à lutter contre.

      Les plus précaires comme variable d’ajustement budgétaire : l’exemple des #Départements

      Le décret « sanctions » va renforcer une réalité déjà tangible. Avant même l’annonce d’une « année blanche » sur les prestations sociales, les Départements de France, via l’association éponyme, ont annoncé qu’ils ne respecteraient pas la revalorisation légale du RSA (1,7 %) au 1er avril 2025. Dans le #Finistère, le président Maël de Calan affiche clairement un objectif de baisse du nombre d’allocataires. Des paroles aux actes, entre 2021 et 2024, le nombre de bénéficiaires est passé de 18 000 à 14 700, permettant 8 millions d’économies sur le budget du département. Des décisions n’émanent donc plus de la situation réelle des personnes concernées ou même des textes réglementaires, mais bien des « sommes disponibles » [c-à-d de décisions politiques]. Le principe d’économies budgétaires se substitue au principe de réalité.

      Des économies sur le dos des bénéficiaires du RSA et des chômeurs

      Selon les données de la DREES, en 2022 et au niveau national, les dépenses de minima sociaux (Allocation adulte handicapé, minimum vieillesse, Revenu de solidarité active, Allocation de solidarité spécifique) ont reculé de 3,1 % (-3 % en 2021). Cette baisse portée presque exclusivement par les allocataires du RSA (939 millions sur les 963 économisés). De même, l’ASS a connu une baisse de 12,8 %. Le budget consacré à deux autres minimas sociaux, l’AAH et le minimum vieillesse, a augmenté. Ces chiffres démontrent que les coupes budgétaires visent d’abord les chômeurs et les bénéficiaires du RSA.

      Des coûts reportés sur la société entière

      Ces économies « apparentes » entraînent de graves conséquences tant personnelles (aggravation de la précarité, #isolement, dégradation de la #santé physique et mentale, #expulsions locatives, #insécurité_alimentaire…) que collectives (tensions sociales, pertes de la cohésion sociale, déport sur les collectivités locales). Toutes ces conséquences ont un prix, qui sera supporté par l’ensemble de la société.
      Affaiblissement des services publics, fragilisation des plus précaires, éloignement des citoyens de leurs droits… Avec cette logique, la précarité devient rentable — tant que ses conséquences restent invisibles dans les comptes publics.

      L’austérité sociale, un choix politique

      La contestation du décret sanction devant le Conseil d’État n’est donc pas seulement une bataille juridique : c’est une bataille symbolique sur la place du social dans les choix budgétaires de l’État.
      Alors que le discours public se durcit sur les prétendus « assistés », les politiques d’accès aux droits sont présentées comme un coût, et non comme un investissement collectif.
      Cette #austérité de gestion, justifiée au nom de la responsabilité budgétaire, fragilise le pacte social. Elle transforme le droit à la #solidarité en suspicion d’#assistanat et fait du non-recours une politique publique à part entière.
      À force de chiffrer la solidarité, on finit par dévaloriser le pacte social. Et derrière les économies immédiates, c’est la cohésion nationale qui se délite, lentement mais sûrement.

      Nous vous proposons l’écoute de l’émission de France Culture sur le recours déposé au Conseil d’État, et plus largement sur la dégradation de la protection sociale.
      https://www.radiofrance.fr/franceculture/podcasts/culture-de-l-info/protection-sociale-un-collectif-d-associations-attaquent-l-etat-sur-sa-r

      L’annonce du recours contre le décret sanction est concomitant avec la publication d’un rapport des Nations Unies : « Le populisme d’#extrême_droite et l’avenir de la protection sociale ». Son auteur, Olivier de Schutter, rapporteur spécial de l’ONU sur les droits de l’Homme et l’extrême pauvreté, y dénonce la #guerre_aux_pauvres, menée en France et ailleurs, et l’imputation de la responsabilité de la #pauvreté aux personnes elles-mêmes. Conséquence, parmi d’autres, une défiance à l’égard de l’État et des services sociaux, qui alimente le non-recours.

      Cette défiance et l’insécurité économique font le lit d’une extrême droite qui se nourrit des clivages et de la peur du déclassement, alors que les populistes autoritaires, lorsqu’ils sont au pouvoir, amplifient la dégradation des protections sociales. Pour Olivier de Schutter, cette protection sociale est un droit humain et en tant que tel devrait servir de rempart contre la montée des populismes. « Il est temps de changer de cap. Les dirigeants soucieux de parer au recul de la démocratie devraient en faire plus pour apaiser les craintes et assurer la sécurité économique. Et ils doivent éviter toute rhétorique présentant la protection sociale comme une œuvre charitable réservée à ceux qui la méritent. Face à la menace de l’extrême droite, il faut donner à la protection sociale tout le crédit qui lui est dû en tant que droit humain de l’individu et en tant que bien public source d’importantes externalités positives bénéficiant à l’ensemble des membres de la société ».

      Ce rapport de 21 pages est disponible en ligne, et en français. On ne peut que recommander sa lecture !
      https://docs.un.org/fr/A/80/138

      APPEL A TEMOIGNAGES
      Pour #documenter les conséquences de l’application de cette réforme et de ce décret, les associations et syndicats lancent un appel à témoignages !
      Les personnes concernées sont invitées à remplir un questionnaire en ligne : https://framaforms.org/recueil-de-temoignages-sur-la-loi-dite-pour-le-plein-emploi-et-le-decret
      Les données seront traitées pour être anonymisées et l’accord de la personne explicitement demandé quant à l’utilisation de son témoignage.

      edit tribune d’Olivier De Schutter dans Le Monde
      https://seenthis.net/messages/1142934

  • Dépassements [d’]honoraires : alerte pour les patients handicapés [ou pas]
    https://informations.handicap.fr/a-depassements-honoraires-alerte-pour-les-patients-handicapes-

    De plus en plus fréquents chez les jeunes spécialistes, les #dépassements_d'honoraires médicaux inquiètent les associations, en particulier celles qui représentent les personnes handicapées, souvent confrontées à un reste à charge élevé.

    Les trois quarts des jeunes spécialistes qui s’installent aujourd’hui pratiquent des dépassements d’honoraires, contre deux tiers en 2017, pointe un rapport du Haut conseil de l’Assurance maladie (HCAAM) qui s’inquiète de l’inflation de ces suppléments non remboursés par l’#Assurance_maladie.

    Selon cette instance consultative, qui regroupe de multiples parties prenantes du système de santé, « le montant total des dépassements d’honoraires des médecins spécialistes atteint 4,3 milliards d’euros en 2024, en forte accélération depuis 2019 (+5 % par an en valeur réelle, hors inflation) ». Cette accélération s’explique notamment par la hausse du nombre de #spécialistes pratiquant ces suppléments : ainsi en 2024 « 56 % des spécialistes sont en secteur 2 » (pratiquant des dépassements d’honoraires), « contre 37 % en 2000 ».

    Un risque de renoncement aux soins

    La croissance est alimentée aussi par la « hausse des taux de dépassements » pratiqués, et par une tendance des praticiens du secteur 2 à diminuer le nombre d’actes maintenus aux tarifs opposables, note le HCAAM. Pour ce dernier, ces évolutions imposent des réformes « face à un système (…) qui présente un risque réel de renoncement aux soins ou de charge financière excessive ».

    Des restes à charge parfois très élevés

    En effet ces dépassements d’honoraires « peuvent induire un reste à charge élevé pour les patients », poursuit-il. « Par exemple, pour une intervention de prothèse totale de la hanche, près de la moitié des patients s’acquittent de dépassements (630 euros en moyenne et plus de 1 000 euros dans 10 % des cas) », indique-t-il.

    #santé #tarifs_opposables #dépassements_d'honoraires #secteur_2 #accès_aux_soins #médecine #médecins #médecine_de_classe #esprit_de_lucre

  • frittura mista|radio fabbrica 14/10/2025@0
    https://radioblackout.org/podcast/frittura-mistaradio-fabbrica-14-10-2025

    Il primo argomento della serata è quello di una “una vittoria operaia”, come l’ha definita il SiCobas di Piacenza. Abbiamo intervistato Arafat, rappresentante di questo sindacato di base a riguardo. Infatti dal 1 settembre centinaia di lavoratori (tutti iscritti al SiCobas) assunti dall’appaltatore Inovys Logistics che rischiavano di trovarsi a lavorare a condizioni economiche misere, […]

    #assemblea_pubblica #Colpo_Torino #ilva_taranto #lavoratori_autorganizzati #logistica #Marr #sciopero #Si_Cobas_Piacenza #Slai_Cobas
    https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/10/F_m_14_10_Arafat-su-vittoria-internalizzazione-operai-Marr.mp3

  • Krankenversicherung für Geflüchtete "Rechtswidrig und betrugsartig"
    https://www.borderline-europe.de/dramen/krankenversicherung-f%C3%BCr-gefl%C3%BCchtete-rechtswidrig-und-bet

    Tausende Geflüchtete sitzen in der Schuldenfalle – nicht, weil sie etwas falsch gemacht haben, sondern wegen des baden-württembergischen Ministeriums für Justiz und Migration. Ein Gericht spricht sogar von Betrug. Doch statt einer einfachen Korrektur kommt nun eine Gesetzesänderung, die alles komplizierter macht.

    • L’état allemand prouve qu’il est - selon ses propres critères juridiques - l’instrument de bandes criminelles capitalistes (pléonasme) organisées.

      Am 21. Juli entschied die Kammer in gleich vier Fällen zum Thema OAV-Beiträge und holte dabei zum Rundumschlag gegen das Justizministerium aus.

      Das Ministerium lässt den Rechtsbruch „wissentlich und willentlich ungestraft“ geschehen.

      Das Ministerium würde die beklagte Behörde – in diesem Fall das Landratsamt Rastatt – „gleichermaßen wissentlich und willentlich ungestraft rechtswidrige und betrugsartige Methoden anwenden lassen“. Das Gericht ließ es sich aus diesem Anlass auch nicht nehmen, einige grundsätzliche Gedanken dazu loszuwerden, was es für eine Gesellschaft heißt, wenn der Staat regelmäßig im Umgang mit geflüchteten Menschen das Recht bricht und es aufgrund von Gleichgültigkeit keinen öffentlichen Aufschrei dagegen gibt. Es sprach von einer Entwicklung, in der „[...] die freiheitlich-demokratische und sozialstaatliche sowie weltoffene Grundordnung unter dem Deckmantel ihres vorgeblichen Fortbestehens [...] zu einem rechtspopulistisch unterformten und willkürlich geführten Polizeistaat erodiert“.

      #Allemagne #capitalisme #état_de_droit #crime_organisé #exclusion_sociale #fraude #réfugiés #droit #assurance_maladie

  • #JOP2030 : un projet à contre-courant de la #transition Alpine

    Selon ses principaux promoteurs, les Jeux Olympiques et Paralympiques de 2030 seront structurants pour les Alpes françaises. Il ne s’agit pas seulement de penser l’avenir des #stations_de_ski, comme le suggère l’#Association_Nationale_des_Maires_de_Stations_de_Montagne (#ANMSM), mais de redéfinir rien de moins que les contours d’une « #civilisation_alpine [1] » (sic). Derrière les grands discours, quel projet de #territoire se dessine, ou se confirme avec les JOP 2030 ?

    La vie des montagnard·es est marquée par le #relief. Il remplit notre champ de vision, contraint et draine nos déplacements, définit notre #identité. Le relief est omniprésent dans nos vies. Cette géomorphologie contraignante est aussi protectrice : contre les canicules, contre les sécheresses - précipitations plus abondantes, stockage de l’eau en altitude sous forme de glace... Contre les excès humains aussi, par la résistance naturelle qu’elle oppose à l’#aménagement, à la domination de l’environnement, à l’organisation des concurrences inter-humaines, et contre le vivant.

    Le projet de territoire porté par les promoteurs des JOP 2030 voudrait briser cette résistance. Pour Renaud Muselier, président du conseil régional de Provence-Alpes-Côte d’Azur (PACA), les jeux olympiques et paralympiques sont "une opportunité pour l’accélération de la #transition_montagnarde”. Mais laquelle ? Dans une interview pour La Provence (14/10/23), il répondait à la question de l’impact du projet sur l’environnement : "Quand on parle de bilan carbone, mettre 5 heures pour faire Marseille Briançon, est-ce acceptable ? L’embouteillage à Tallard, on l’accepte ?"

    Il pointait ainsi du doigt un de ces embouteillages des vendredi et dimanche soirs de la saison de ski, dans lequel se retrouvent coincés, les skieurs venus des grandes métropoles régionales du sud : Montpellier, Marseille, toute la côte varoise. Dont un certain Renaud Muselier, qui vient faire du ski en Haute Ubaye en passant par... Tallard pour accéder à son lieu de villégiature. D’autres “bouchons” ou goulets d’étranglement existent partout dans les Alpes françaises (et ailleurs) conséquence d’une hyper affluence ponctuelle qui engorge les massifs avec une régularité métronomique.

    Voilà qui illustre la vision de territoire portée par les JOP 2030, et ses promoteurs : en pleine période de restriction budgétaire massive, il s’agit essentiellement de favoriser quelques grands #domaines_skiables (deux pour les Alpes du sud) et l’amélioration des #axes_routiers pour y parvenir. Et ce au détriment des #populations_locales, des #services_publics, de l’#environnement… mais également de tous les "petits territoires”, éloignés (à peine) de ces domaines skiables et des grands axes qui y mènent. Ces “petits” territoires comprennent un ensemble de stations de #moyenne_montagne qui souffrent déjà particulièrement du #réchauffement_climatique, et dont les premières fermetures emblématiques se succèdent déjà.

    Et le #ferroviaire, demanderez-vous ? Dans cette vision territoriale, le ferroviaire est certes mis en avant par les porteurs du projet, comme caution verte : il s’agit de passer, d’ici aux jeux, d’un temps de trajet de quasi 5 heures à 3h30 entre Marseille et Briançon. Or, les temps de parcours actuels sont le résultat d’une politique de délaissement du #rail, depuis de nombreuses années, portée par les mêmes qui promeuvent les jeux. L’état du #réseau_ferroviaire alpin est tellement dégradé, qu’il paraît difficile de le rendre rapidement à nouveau attractif d’ici 2030. De sorte que l’option la plus "réaliste" pour réduire le temps de trajet serait... de ne pas s’arrêter dans les gares intermédiaires !

    La vision portée par les JOP 2030 est celle de la #spécialisation du territoire, celui des Alpes, au service d’un #tourisme_de_masse issu des grands centres urbains. #Chamonix, #Briançon en sont des exemples emblématiques. La population locale, habitant à l’année, est progressivement chassée des hautes vallées spécialisées dans le ski, devenues trop chères, et invivables au quotidien. Elle subit l’arrivée d’un nombre toujours croissant de vacancier·es, pour qui tout est organisé, dans une “montée en gamme” de l’accueil. On perçoit ainsi deux réalités et logiques distinctes, celle des habitant·es des territoires de montagne, et celle des consommateur·ices d’un territoire.

    Issue des catégories aisées des grands centres urbains, sous pression des contraintes citadines du quotidien, cette population de vacancier·es a besoin, le temps du weekend et des #vacances, de fuir leur lieu de vie, pour s’aérer, pour décompresser. Iels deviennent consommateur·ices d’un territoire, avec le besoin impérieux de changer d’air, de se détendre et de couper d’un quotidien oppressant... pour mieux se présenter le lundi matin au bureau avec la mine hâlée de ceux qui ont les moyens de s’échapper momentanément de l’"enfer" des grandes cités, et de profiter, le temps du weekend ou de vacances, des espaces naturels et des bienfaits de l’activité en extérieur.

    La spécialisation de territoire (au service des centres urbains) que dessine le #surtourisme se retrouve aussi dans d’autres secteurs d’activités : l’#énergie par exemple. Dans les Alpes du sud, des zones “excentrées” sont vues comme territoire à “faible pression foncière”, qui laisse la place au développement des #énergies_renouvelables, solaire photovoltaïque entre autres (du fait du climat particulièrement ensoleillé) et l’apparition de #centrales_photovoltaïques géantes, remplaçant forets et espaces naturels “sauvages”.Ou encore le secteur des #déchets, les arrières pays servant de zone de stockage des déchets des grandes agglomérations.

    Cette #spécialisation_territoriale n’a pourtant pas d’avenir dans le contexte actuel de réchauffement climatique. Dès janvier 2023, la trajectoire climatique de la France a été définie par le ministère de la Transition écologique à +4 degrés à l’horizon 2100, moins de 8 ans après les Accords de Paris qui stipulaient un objectif de 1,5 degrés. Dans les Alpes, ces +4 degrés pourraient être atteints bien avant 2100, ce territoire se réchauffant plus vite que le reste du pays. Quelle hausse de température pouvons nous y attendre et craindre +5, + 6 degrés ?... Une étude européenne sur plus de 2500 stations de ski montrent qu’à plus 4 degrés, 98 % des stations auront un problème existentiel d’enneigement.

    Dans ce contexte de réchauffement climatique fort, les territoires de montagne sont à la fois fragiles, et pourvus d’atouts importants : fraîcheur (relative), réserves en eau, espaces naturels disponibles pour la biodiversité… Un ensemble de facteurs nécessaires à la résilience de territoire. La #revitalisation du territoire alpin ne pourra pas être activée sans prendre en compte ses particularités et sans sa population. Et c’est pourtant ainsi qu’est bâti le projet JOP 2030 ! Il paraît urgent de remettre la #vie_montagnarde, celle des habitant·es des Alpes, au cœur de la question de l’avenir des massifs, au cœur de la question de la #transition_alpine ; Urgent de rompre avec un modèle de consommation de la montagne, urgent d’intégrer les populations pour construire de nouvelles orientations.

    https://france.attac.org/nos-publications/lignes-d-attac/article/jop-2030-un-projet-a-contre-courant-de-la-transition-alpine
    #JO2030 #jeux_olympiques #Alpes #migrations #consumérisme #climat #changement_climatique

  • Politiques publiques : passer de l’#IA… à la #dénumérisation

    L’intelligence artificielle et son monde est en train de prendre la main sur les #politiques_publiques, au risque de nous laisser sans échappatoire, alerte Dan McQuillan.

    L’IA prédictive comme générative semble offrir une multitude d’avantages à l’élaboration des politiques publiques : de l’analyse de données complexes à l’optimisation des ressources. Elle semble à la fois être capable d’apporter une vision globale et d’identifier les leviers permettant de la modifier. Recourir à l’IA signifie mettre en place des politiques conduites par les données, ce qui permet d’assurer une forme d’#objectivité, notamment quant il s’agit de rationner le #service_public

    Mais, cette production de solutions politiques semble oublier que l’IA est incapable de résoudre les #problèmes_structurels. Elle propose des #solutions_performatives qui obscurcissent et amplifient les problèmes, explique l’iconoclaste #Dan_MacQuillan dans un article pour la Joseph Rowntree Foundation, une association britannique de lutte contre la pauvreté, qui a initié une réflexion sur l’usage de l’IA pour le #bien_public. Dan McQuillan est maître de conférence au département d’informatique de l’université Goldsmiths de Londres. Il est l’auteur de Resisting AI, an anti-fascist approach to artificial intelligence (Résister à l’IA, une approche anti-fasciste de l’intelligence artificielle, Bristol University Press, 2022, non traduit) dont nous avions déjà parlé.

    McQuillan rappelle que l’IA, par principe, consiste à produire des #corrélations réductrices plutôt que des analyses causales. « La complexité de l’IA introduit une #opacité fondamentale dans le lien entre les #données_d’entrée et les #résultats, rendant impossible de déterminer précisément pourquoi elle a généré un résultat particulier, empêchant ainsi toute voie de recours. Ce phénomène est aggravé dans les applications concrètes, où les résultats apparemment fiables de l’IA peuvent devenir auto-réalisateurs. Un #algorithme d’apprentissage automatique qualifiant une famille de « difficile » peut ainsi créer une #boucle_de_rétroaction entre les membres de la famille et les #services_sociaux. De cette manière, l’IA imite des phénomènes sociologiques bien connus, tels que les #stéréotypes et la #stigmatisation, mais à grande échelle ». Ses inférences au final renforcent les #stratifications_sociales de la société comme pour les rendre acceptables.

    Or, rappelle le chercheur, « une bonne politique doit impérativement être ancrée dans la réalité ». C’est pourtant bien ce lien que rompent les calculs de l’IA, à l’image des #hallucinations. Celles-ci proviennent du fait que l’IA repose sur l’#imitation_du_langage plutôt que sa #compréhension. Le même principe s’applique à toutes les #prédictions ou #classifications que produit l’IA. « Que l’IA soit appliquée directement pour prédire la #fraude aux #aides_sociales ou simplement utilisée par un décideur politique pour « dialoguer » avec une multitude de documents politiques, elle dégrade la #fiabilité des résultats ».

    Des données probantes suggèrent déjà que l’imbrication des #algorithmes dans les solutions politiques conduit à une appréciation arbitraire de l’#injustice et de la #cruauté. Les #scandales abondent, de #Robodebt en Australie à l’affaire des allocations familiales aux Pays-Bas, qui auraient tous pu être évités en écoutant la voix des personnes concernées. Mais l’IA introduit une #injustice_épistémique, où la capacité des individus à connaître leur propre situation est dévaluée par rapport aux abstractions algorithmiques. Si l’IA, comme la #bureaucratie, est présentée comme une forme généralisée et orientée vers un objectif de processus rationnel, elle engendre en réalité de l’#inconscience : l’incapacité à critiquer les instructions, le manque de #réflexion sur les conséquences et l’adhésion à la croyance que l’ordre est correctement appliqué. Pire encore, l’IA dite générative offre la capacité supplémentaire de simuler une large consultation, que ce soit par « l’interprétation » hallucinatoire d’un grand nombre de soumissions publiques ou par la simulation littérale d’un public virtuel et prétendument plus diversifié en remplaçant des personnes réelles par des avatars d’#IA_générative. Une technique, qui, si elle a l’avantage de réduire les coûts, est dénoncée par des chercheurs comme contraire aux valeurs mêmes de l’enquête et de la recherche, rappelait Scientific American. « L’approche technocratique mise en œuvre par l’IA est à l’opposé d’un mécanisme réactif aux aléas de l’#expérience_vécue », explique McQuillan. « L’IA n’est jamais responsable, car elle n’est pas responsable ». Si l’on considère les attributs de l’IA dans leur ensemble, son application à l’élaboration des politiques publiques ou comme outil politique aggravera l’#injustice_sociale, prédit le chercheur. L’apport de l’IA à l’ordre social ne consiste pas à générer des arrangements de pouvoir alternatifs, mais à mettre en place des mécanismes de classification, de #hiérarchisation et d’#exclusion.

    Chaque signalement par l’IA d’un risque de #fraude, d’un classement d’une personne dans une catégorie, mobilise une vision du monde qui privilégie des #représentations_abstraites à la complexité des relations vécues, et ce dans l’intérêt des institutions et non des individus. « Imprégnées des injustices criantes du #statu_quo, les solutions de l’IA tendent inexorablement vers la #nécropolitique, c’est-à-dire vers des formes de prise de décision qui modifient la répartition des chances de vie par des désignations de disponibilité relative. Détourner massivement les individus des parcours éducatifs ou des prestations sociales dont ils ont besoin pour survivre, par exemple, constitue un #filtre_algorithmique pour déterminer qui est bienvenu dans la société et qui ne l’est pas ».

    Le problème, c’est que la pression sur les décideurs politiques à adopter l’IA est immense, non seulement parce que ses #biais viennent confirmer les leurs, mais plus encore du fait des engagements commerciaux et des promesses économiques que représente le développement de ce secteur. Et McQuillan de regretter que cette orientation nous éloigne de l’enjeu éthique qui devrait être au cœur des politiques publiques. La politique s’intéresse de moins en moins aux injustices structurelles de la société. « Un monde où l’élaboration et la mise en œuvre des politiques publiques reposent sur l’IA est aussi un monde qui confère un #pouvoir considérable à la petite poignée d’entreprises capables de disposer de ces ressources ». Par essence, « l’adoption de l’IA constitue un engagement en faveur de l’#extractivisme et d’un transfert de contrôle à un niveau qui supplante toute politique réelle ».

    En fait, explique McQuillan, adopter l’IA dans l’élaboration des politiques publiques revient à soumettre les politiques à des agendas corporatifs et idéologiques plus vastes (à savoir se soumettre à ceux qui ont déjà décidé que l’avenir de la civilisation réside dans l’intelligence artificielle générale (IAG), ceux qui ont décidé que la meilleure réponse à la crise structurelle est de la masquer sous le battage médiatique de l’IA, et ceux qui ont conclu que le meilleur moyen de maintenir les revenus en période de récession mondiale est de remplacer les travailleurs réels par des émulations d’IA de mauvaise qualité). L’impact net de l’IA dans l’élaboration des politiques la rendrait plus précaire et favoriserait l’externalisation et la #privatisation sous couvert d’une #technologie surmédiatisée. Il s’agit d’une forme de « #stratégie_du_choc », où le sentiment d’urgence généré par une technologie prétendument transformatrice du monde est utilisé comme une opportunité pour l’#emprise des entreprises et pour transformer les systèmes sociaux dans des directions ouvertement autoritaires, sans réflexion ni débat démocratique.

    Pour Dan McQuillan, plutôt que de se demander comment l’IA va imprégner l’élaboration des politiques, il faudrait se concentrer sur des politiques publiques qui favorisent la dénumérisation. C’est-à-dire favoriser une stratégie sociotechnique de réduction de la #dépendance à l’échelle computationnelle, de participation maximale des communautés concernées et de reconnaissance accrue du fait que le raisonnement computationnel ne saurait se substituer aux questions politiques exigeant un jugement réfléchi et perspicace. L’IA, en tant qu’appareil de calcul, de concepts et d’investissements, est l’apothéose de la « vue d’en haut », l’abstraction désincarnée du savoir privilégié qui empoisonne déjà nombre de formes d’élaboration des politiques. Pour McQuillan, un pivot vers la « #décomputation » est une façon de réaffirmer la valeur des #connaissances_situées et du contexte sur le seul passage à l’échelle. Contrairement aux prédictions et simulations de l’IA, notre réalité commune est complexe et intriquée, et la théorie ne permet pas de prédire l’avenir. Cela ne signifie pas que nous ne pouvons pas progresser vers des objectifs tels que la justice sociale et une transition juste, mais la dénumérisation suggère de les aborder de manière à la fois itérative et participative. Le véritable travail de restructuration réoriente l’attention des technologies toxiques vers le développement de techniques de #redistribution du #pouvoir_social, telles que les #conseils_populaires et les #assemblées_populaires. Bref, pour sortir de l’enfermement des politiques publiques de l’abstraction qu’impose l’IA, il faut prendre un virage contraire, suggère McQuillan. Un constat qui n’est pas si éloigné de celui que dresse le chercheur Arvind Narayanan quand il invite à limiter l’emprise du calcul sur le social, même s’il est exprimé ici d’une manière bien plus radicale.

    https://danslesalgorithmes.net/2025/10/07/politiques-publiques-passer-de-lia-a-la-denumerisation
    #intelligence_artificielle #AI

  • #Aleppo DOPO GLI SCONTRI : TREGUA E PROSPETTIVE IN #Siria@0
    https://radioblackout.org/2025/10/aleppo-dopo-gli-scontri-tregua-e-prospettive-in-siria

    Negli ultimi giorni Aleppo è stata teatro di intensi scontri tra le forze dell’autoproclamato governo nazionale siriano e delle frange di quelle che furono le Syrian Democratic Forces (SDF), sciolte a seguito degli accordi del 1° aprile, rimaste nell’area nella forma di unità di sicurezza curde (Asayish). Gli scontri hanno avuto luogo principalmente nei quartieri […]

    #Blackout_Inside #L'informazione_di_Blackout #assad #confederalismo_democratico #daanes #tel_aviv #USA
    https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/10/MuratCinar.mp3

  • Sans titre
    https://bsky.app/profile/gorekhaa.bsky.social/post/3m2i226ts7c2h

    #AssociationDeMalfaiteurs
    Sarko étant celui qui a des dossiers sur toustes car le premier a être passé par 1/ le budget, 2/ l’économie, 3/ l’interieur puis 4/ le château...
    Le mec c’est Toto Riina qui fait tourner la boutique du fin fond de sa taule (enfin faudrait déjà qu’il y aille cette crevure !)

    [contains quote post or other embedded content]

    • Raphaël Garrigos et Isabelle Roberts
      Directeur de la rédaction et présidente de Les Jours en une bouchée
      N°64 — 3 octobre 2025

      C’est un raid – encore un – auquel se sont livrés les #médias_Bolloré, en escouade contre la condamnation de Nicolas #Sarkozy à cinq ans de prison pour « association de malfaiteurs en vue de préparer un délit de corruption ». Des heures d’antenne sur #CNews, et en écho sur Europe 1, des pages et des pages dans Le Journal du dimanche. Car où pensez-vous donc que Nicolas Sarkozy s’en soit allé chouiner deux jours après sa condamnation ? Dans Le Figaro, historique réceptacle des hommes politiques de droite ? Nooon, c’était encore prendre le risque d’avoir des journalistes en face de soi. Nicolas Sarkozy est donc allé ouinouiniser « Ce n’est pas moi qui suis humilié, mais la France » sur quatre pages dans les colonnes du journal d’extrême droite Le JDD bollorisé – édité par #Lagardère_Media_News dont il est administrateur, ce qui n’est bien sûr pas mentionné. Où on n’a pas hésité à comparer son triste sort à celui de Monte-Cristo (le comte dumasien, pas les cigares cubains). Et, parce que c’était encore un peu light, quelques pages plus loin, les éditos hebdomadaires des têtes de gondole de CNews Sonia Mabrouk, Christine Kelly et Pascal Praud pleurnichaient en chœur sur l’ex-chef de l’État bientôt au trou. C’est tout juste si la systématique et confraternelle pub du LVMH de Bernard Arnault en der du JDD ne faisait pas la réclame d’un costume Dior à rayures taillé sur mesure pour le pénitencier.

      Ça n’a pas dû leur prendre plus de cinq minutes sur le coin d’une table, à Sonia Mabrouk, Christine Kelly et Pascal Praud, pour pondre leur pensum dans Le JDD, tant c’est là la resucée de leurs indignations, stupeurs et effarements post-condamnation de Nicolas Sarkozy à l’antenne de CNews. Praud en particulier, qui copie-colle une version à peine augmentée de son édito de L’heure des pros du 26 septembre, le lendemain du drame. Délivré sur un ton sépulcral, écrit avec les pieds, pensé avec le trou de balle, il est le fruit de la digestion des éléments de langage du camp Sarkozy (« pas de preuves », « justice implacable avec les dirigeants, laxiste avec les racailles », « règlement de comptes »…). Et donne le la de la journée et même, en l’espèce, du week-end passé à pleurer à chaudes larmes de plateaux en plateaux unilatéraux sur l’injustice faite à ce grand homme d’ex-président, celui-là même à qui le proprio Vincent Bolloré avait aimablement prêté son yacht en 2007 pour s’y reposer sitôt son élection.

      Quand soudain, mardi dernier, plif, plouf, Le Canard enchaîné sort de sa mare cette délicieuse info : Pascal Praud a dîné le 24 septembre, soit la veille du jugement, avec Nicolas Sarkozy (ce qu’il dément). Rhôôô, eh bien, eh bien, eh bien voilà qui est rigolo. Et doublement rigolo quand on sait que, près de trois semaines durant, le triptyque de l’enfer CNews-Europe 1-JDD/JDNews a tartiné sur une prétendue « collusion idéologique » du service public avec le Parti socialiste après la publication d’une vidéo montrant les chroniqueurs de France Inter et France Télévisions Patrick Cohen et Thomas Legrand dans un restaurant avec des cadres du PS publiée par le « média » d’extrême droite L’Incorrect, créé par des proches de Marion Maréchal. Dans cette vidéo, filmée à l’insu des protagonistes, on entend Thomas Legrand dire au secrétaire général du Parti socialiste, Pierre Jouvet, et au président du conseil national du PS, Luc Broussy, faire « ce qu’il faut pour Dati », tandis que Patrick Cohen ne pipe mot. Suffisant pour que les médias Bolloré se lancent dans un de leurs plus impressionnants raids contre le service public, passant du pseudo-scandale Legrand-Cohen à « ouin ouin on nous met une cible dans le dos » après que les dirigeants de Radio France et France Télévisions eurent osé – pour une fois – répliquer à cette attaque en piqué.

      Car il en va ainsi de l’orchestre Bolloré qui aime à accuser ses adversaires de ses propres vilenies, servant au passage la soupe à l’extrême droite partisane de longue date de la privatisation de l’audiovisuel public. Ainsi, Jordan Bardella en a-t-il remis une couche lors de la rentrée politique du Rassemblement national à Bordeaux, le 14 septembre, tandis que Marine Le Pen plussoyait une semaine plus tard, réclamant la tête de la patronne de France Télévisions, Delphine Ernotte.

      C’est pas que ça nous amuse, vous pensez bien, mais par mesure de réciprocité et au vu des exploits sarko-dînatoires de Pascal Praud, nous sommes contraints d’exiger, non pas la fermeture de la chaîne – car nous respectons les journalistes, fussent-ils en carton comme Praud – mais la nationalisation immédiate de CNews. La voilà, la mesure de gauche que recherche avec si peu d’ardeur Sébastien Lecornu pour s’attirer les faveurs des socialistes : exproprier Vincent Bolloré et nationaliser CNews. Qui, rebaptisée PatCoNews, diffusera des éditos de Patrick Cohen en boucle tandis que, ligoté et la tête maintenue pour ne pas la détourner, façon Orange mécanique, Pascal Praud sera contraint de regarder. Si besoin, on est candidats pour lui mettre des gouttes de citron dans les yeux. De rien.

      https://seenthis.net/messages/1136787

    • Sarko c’est le haut du panier, ne pas oublier les autres.
      https://www.mediapart.fr/journal/france/031015/monsieur-gueant-largent-est-reste-sous-votre-matelas

      « Monsieur Guéant, l’argent est resté sous votre matelas ? »
      Devant le tribunal correctionnel, Claude Guéant peine à justifier les compléments de revenus qu’il s’était octroyés quand il était directeur de cabinet de Nicolas Sarkozy entre 2002 et 2004. Vendredi, il a expliqué qu’il devait, par exemple, rémunérer des informateurs corses, et que cela avait un prix. Le tribunal en est resté interloqué.

  • TRAFIC, #EXTORSION, #CORRUPTION : COMMENT LA #DZ_MAFIA MENACE LA FRANCE

    Depuis son irruption en 2023, la DZ Mafia est devenue en quelques années l’une des organisations criminelles les plus influentes en France. Entre règlements de compte, trafic de #stupéfiants, extorsions, mise en coupe réglée d’artistes et de commerces, le groupe a fracassé la scène médiatique, policière et judiciaire. Au point d’avoir suscité la création d’un #parquet_national_de_lutte_contre_le_crime_organisé (#Pnaco) pour enrayer son expansion.
    Blast a plongé dans les entrailles de cette bande qui a fait entrer le Milieu dans une nouvelle ère. Une ère mafieuse, où le #narcocapitalisme affronte les institutions.

    https://www.youtube.com/watch?v=Y6CmUBUBMoU


    #mafia

  • Chez les riches riches la thune s’augmente de 6% l’an, pas comme le RSA ou le Smic, mais il semble que l’on aille vers une hausse de la régressive TVA.
    "Pourquoi il faut davantage taxer les riches, en 5 #graphiques"
    https://www.alternatives-economiques.fr/faut-davantage-taxer-riches-5-graphiques/00116259
    est aussi là https://archive.ph/VZeDo
    et les graphiques hurlent bien les choses

    la Direction générale des finances publiques (DGFIP) de Bercy qui, en début d’année, a dressé le constat. Entre 2003 et 2022, le revenu moyen des 0,1 % les plus riches a augmenté de 119 %, nettement plus vite que celui du reste de la population (+ 46 %). Sur la même période, le taux d’imposition moyen de ces 0,1 % a baissé, passant de 29,3 % à 25,7 % (-3,6 points). Alors qu’il est resté stable en moyenne (+ 0,2 point).

    sinon, Zucman, c’est ni "eat the rich" ni "mon ennemi c’est la finance", mais juste « engraissons-les moins vite » (ils se comporteront mieux).

    #richesse #riches #concentration_des_richesses #revenu #patrimoine #biens_professionnels #fiscalité #impôts #taxe_Zucman #dette_publique

  • Die große Abkassier-Falle : Werden GKV-Versicherte systematisch enteignet ?
    https://www.telepolis.de/features/Die-grosse-Abkassier-Falle-Werden-GKV-Versicherte-systematisch-enteignet-1

    En 1923 l’inflation provoque l’imsolvabilité de l’assurance maladie publique. En 2015 le gouvernement oblige les assursnces á couvrir les frais médicaux de millions de personnes qui me côtisent pas. Le résultat sera le même si on continue à exempter les riches et les fonctionnaires de l’obligation de contribuer. Actuellement on prévoit de réduire encore le nombre de soins couverts.

    19.9.2025 von Christoph Jehle - Kürzungen, steigende Eigenanteile, Bürgergeldbezieher: Die Krankenkassen schlagen Alarm - und ziehen vor Gericht.

    Die Leistungen der Gesetzlichen Krankenkassen werden aus Kostengründen zunehmend reduziert und Versicherte müssen schon heute für zahlreiche Leistungen aus der eigenen Tasche bezahlen.

    Zahnärztliche Leistungen wurden gegenläufig zur Verbesserung der Zahnmedizin für die Versicherten gekürzt und müssen von den Versicherten aus der eigenen Tasche bezahlt werden und selbst die angebotenen Zahnzusatzversicherungen decken gerade einmal knapp 50 Prozent der Kosten ab, die von der GKV nicht bezahlt werden.

    Die zahnmedizinische Versorgung hat sich in den vergangenen Jahren deutlich verbessert, und das Ziel ist inzwischen, die vorhandenen Zähne zu erhalten und so zu sanieren, dass sie weiterhin ihre Aufgaben erfüllen können und nur als letzte Option die dritten Zähne zu implementieren.

    Vieles davon muss heute jedoch von den Patienten in Eigenleistung bezahlt werden, weil die Versicherungsleistungen mit den Kostensteigerungen in der Zahnmedizin nicht mitgehalten haben.

    Der Eigenanteil der Versicherten wird weiter steigen, wie sich in anderen medizinischen Bereichen wie der Augenoptik schon seit Jahren zeigt. Die schwarz-rote Bundesregierung hat inzwischen schon angekündigt, dass es für die Versicherten hart werden würde und sie sich auf teilweise drastische Leistungskürzungen einstellen müssten. Dazu kommt, dass immer mehr Dienstleister im medizinischen Umfeld ihre Kassenzulassung zurückgeben und nur noch Privatrechnungen ausstellen.
    10 Milliarden Euro pro Jahr für Bürgergeldempfänger werden auf die GKV abgewälzt

    Der Bund als Träger der Fürsorge hat die gesetzlichen Krankenkassen damit beauftragt, die gesundheitliche Versorgung der Bürgergeldbezieher zu übernehmen. Und die Krankenkassen machen das, sie sorgen dafür, dass die Menschen gut versorgt werden. Aber statt für diese Leistung voll zu bezahlen, lässt der Bund die Krankenkassen auf rund zwei Drittel der Kosten sitzen.

    Bei den Beiträgen für Bürgergeldempfänger entlastet sich der Staat seit Jahren auf Kosten der GKV-Beitragszahler. Die Leidtragenden sind die 75 Millionen gesetzlich Versicherten und ihre Arbeitgeber. Die Folge dieser Entwicklung sind höhere Arbeitskosten für die Unternehmen und weniger Netto vom Brutto für die Beschäftigten. Dieses Vorgehen der Bundesregierung schadet dem Wirtschaftsstandort Deutschland, denn so wird Arbeit immer teurer.

    Jahr für Jahr bleibt der Bund den gesetzlichen Krankenkassen so rund zehn Milliarden Euro schuldig. Aber anstatt Fairness herzustellen, hat es das Problem nicht einmal mehr in den Koalitionsvertrag geschafft.

    Die Bundesregierung scheint die Augen vor dieser sozialpolitischen Ungerechtigkeit zulasten der gesetzlich Versicherten und ihrer Arbeitgeber zu verschließen. Da wundert es wenig, dass die GKV jetzt auf Konfrontation gehen und den Rechtsweg beschreiten wollen.

    Seit vielen Jahren setzen wir uns auf allen Ebenen dafür ein, dass diese rechtswidrige Unterfinanzierung beendet wird. Ohne Erfolg. Nun reicht es! Wir sehen uns jetzt gezwungen, den Rechtsweg zu beschreiten und zu klagen. Für unsere 75 Millionen Versicherten. Wir wollen damit erreichen, dass unsere Versicherten und deren Arbeitgeber nicht länger mit einer Finanzierungsaufgabe des Staates belastet werden.

    Immer wieder wurden kurzfristige politische Interessen über die langfristige Stabilität der gesetzlichen Krankenversicherung gestellt. Das Ergebnis sehen wir jetzt: Beitragsanhebungen auf Rekordniveau, kaum noch Reserven bei den Kassen und einen Gesundheitsfonds, der genauso schlecht dasteht.

    Als die gewählten Vertreterinnen und Vertreter der Versicherten und ihrer Arbeitgeber erheben wir immer wieder laut und deutlich unsere Stimme. Und ich sage ganz deutlich: Für eine bessere Krankenversicherung brauchen wir mehr und nicht weniger Handlungsmöglichkeiten der Selbstverwaltung. Denn unsere oberste Priorität ist immer eine langfristig qualitativ hochwertige und für Versicherte und Arbeitgebende bezahlbare gesetzliche Krankenversicherung.
    Uwe Klemens, Verwaltungsratsvorsitzender und Versichertenvertreter

    Aufgrund der nicht kostendeckenden Finanzierung des Versicherungsschutzes für Bürgergeldbezieher erfüllt die GKV im Ergebnis eine Aufgabe, die in die alleinige Verantwortung des Bundes fällt.

    Dies begründet einen rechtswidrigen Eingriff in das Recht der Sozialversicherungsträger zu organisatorischer und finanzieller Selbstständigkeit aus Art. 87 Abs. 2 GG (in Verbindung mit Art. 74 Abs. 1 Nr. 12 GG).

    Zugleich liegt aus Sicht der GKV ein Verstoß gegen die strenge Zweckbindung von Sozialversicherungsbeiträgen vor, die nach der Rechtsprechung des Bundesverfassungsgerichts nicht zur Finanzierung gesamtgesellschaftlicher Aufgaben verwendet werden dürfen.
    Steigende Zusatzkosten für die gesetzlich Versicherten

    Das Defizit der GKV jetzt mithilfe von Darlehen abzufedern, ist keine nachhaltige Lösung, weil dadurch nur die Kosten in die Zukunft verschoben werden. Und diese Kosten werden auch für die eigentlichen Leistungen für die Versicherten weiter steigen, weil die Löhne auch in der medizinischen Versorgung weiter steigen werden, weil die Lebenshaltungskosten weiter steigen.

    Dazu kommen jetzt noch geopolitisch verursachte Kosten wie die von Trump geforderten Zölle in Höhe von 100 Prozent auf Pharmagrundstoffe aus China und Indien, die in irgendeiner Form auf die Versicherten abgewälzt werden müssen.

    Dies gilt auch für die Kosten für die vierte Reinigungsstufe der Kläranlagen in Deutschland. Auch hierfür sollen die Pharmaunternehmen aufkommen, was dann dazu führen dürfte, dass verschiedene Pharmazeutika mit geringen Margen vom deutschen Markt verschwinden oder nur noch mit erhöhter Zuzahlung vertrieben werden.

    #Allemagne #assurance_maladie #iatrocratie

  • Medizinische Klinik Nummer 42, 1923
    https://books.google.de/books?id=9f8piL-JnHAC&newbks=0&printsec=frontcover&pg=PA1416#v=onepage&


    On nous menace avec la faillite des assurances maladie publiques. Ce n’est pas la première fois.

    21.10.2023 - Die gesetzlichen und privaten Krankenversicherungen sind zahlungsunfähig.

    #Allemagne #histoire #économie #crise ##inflation #médecine #assurance

  • Le interviste di #Frittura_Mista_alias_Radio_Fabbrica al festival alta felicità 2025@0
    https://radioblackout.org/2025/09/le-interviste-di-frittura-mista-alias-radio-fabbrica-al-festival-alta

    Nella giornata di domenica 28, come redazione di Frittura Mista alias Radio Fabbrica, abbiamo realizzato due approfondimenti all’interno del Festival Alta Felicità 2025, essendo stata Radio Blackout parte integrante di questa edizione del festival. La seconda intervista la abbiamo realizzata in compagnia di #Dario_Salvetti, del #collettivo_di_fabbrica ex #gkn, presente all’assemblea tenutasi venerdì […]

    #Blackout_Inside #L'informazione_di_Blackout #ANLM #Assemblea_nazionale_lavoratori_manutebntori_RFI #autorganizzazione #cassa_mutuo_aiuto #Collettivo_di_fabbrica_ex_GKN #fabbriche_autogestite #ferrovieri #festival_alta_felicità #fritturamista #lavoro
    https://radioblackout.org/wp-content/uploads/2025/09/Intervista-a-Dario-collettivo-di-fabbrica-ex-gkn-live-FAF-2025.mp3