• https://www.youtube.com/watch?v=L5-uwXOhshU

      Per chi danza nella via
      per baciarsi quando è ora
      le tue sorelle che sono la mia
      per le tue sorelle che sono la mia
      per le teste da cambiare ancora
      per chi non ha una lira
      per chi si perde e ne aha vergogna
      per i sogni del bambino nella spazzatura
      per l’arroganza che dell’aria fa una fogna
      per gli alberi malati e spenti
      per gli esseri in via d’estinzione
      per la violenza sugli innocenti
      per un pianto senza consolazione
      per la voglia di esserci ancora
      per la gioia di sorridere
      per sperare nel futuro
      per chi ci possa ancora credere
      per un paradiso senza catene
      per chi le idee le sa far volare
      per le bambine afghane
      per tutto quel che c’è da fare
      per il canto e le voci ch lo fanno cantare
      per chi è sotto le macerie e cerca un riparo
      dopo la notte ci sia il sole e il suo tepore
      per ogni rifugiato, che possa riposare
      per un uomo, uno solo che ha bisogno
      per lei che è un fiore di ragazzo
      per le donne e il loro sogno
      per la libertà
      per la libertà
      per la libertà
      per la libertà

      #Baraye #chanson #Iran #musique #musique_et_politique #liberté #révolution #femme_vie_liberté #révolution

  • Migranti, nei centri italiani in Albania un rotolo di carta igienica a persona a settimana

    I paradossi del #bando da 34 milioni di euro pubblicato dal Viminale per la gestione delle strutture. Applicata la procedura di estrema urgenza, negoziazione tra tre soli operatori economici, una sola settimana di tempo per la manifestazione d’interesse.

    Un appalto da 34 milioni di euro e un rotolo di carta igienica a settimana per migrante. Basterebbe questo paradosso a bollare come frettoloso e sommario il bando per l’affidamento dei servizi per i centri di accoglienza e trattenimento dei richiedenti asilo che il governo Meloni prevede di aprire in Albania entro il 20 maggio. Una improbabile corsa contro il tempo per un’operazione che ancora manca del requisito di legittimità giuridico fondamentale ma che la premier intende giocarsi in vista della campagna elettorale per le Europee del 9 giugno.

    Misteriose ragioni di estrema urgenza

    E dunque ecco il ricorso a «#ragioni_di_estrema_urgenza» ( che non si sa quali siano visto che gli sbarchi sono nettamente diminuiti) per giustificare la procedura negoziale riservata a tre soli concorrenti che, nel giro di soli sette giorni, dovrà aggiudicare l’affidamento dei servizi di accoglienza e di gestione dei tre centri previsti dove i lavori non sono neanche cominciati: quello nel porto di Shengjin, adibito allo screening sanitario, all’identificazione e alla raccolta delle richieste di asilo, e i due di Gjader, la struttura di accoglienza da 880 posti dove i migranti resteranno (teoricamente) per un mese in attesa di conoscere l’esito della procedura accelerata di frontiera, e il Cpr da 144 posti dove verranno trasferiti quelli destinati al rimpatrio.

    Si risparmia sull’igiene dei migranti

    Il bando è stato pubblicato il 21 marzo, con avviso di manifestazione di interesse che si concluderà nel tempo record di una settimana. Un appalto da 34 milioni di euro a cui si aggiungono i rimborsi ( non quantificabili) di servizi di trasporto, utenze, raccolta dei rifiuti, manutenzione ordinaria e straordinaria, e dell’assistenza sanitaria. Non proprio quattro spiccioli, a fronte dei quali, però, spulciando il bando si trovano vere e proprie “perle”. Sull’igiene personale dei migranti, tanto per cominciare, chi si aggiudicherà l’appalto, potrà risparmiare: un solo rotolo di carta igienica a settimana a testa dove i richiedenti asilo attenderanno ( in detenzione amministrativa) l’esito della richiesta di asilo. Rotoli che, chissà poi perchè, diventeranno sei a settimana per gli sfortunati che, a fronte del diniego, verranno trasferiti nell’ala destinata a Cpr.

    Solo un cambio di abiti a stagione

    Nel kit di primo ingresso nei centri solo un paio di mutande e un paio di calze e, più in generale, un solo cambio di abiti a stagione.E dunque, a differenza dei centri di accoglienza italiani dove i migranti sono liberi e possono procurarsi altri abiti, i richiedenti asilo portati in Albania saranno detenuti e costretti ad indossare sempre gli stessi. Avranno il detersivo per lavarli due volte a settimana, nel frattempo evidentemente staranno in pigiama. Almeno si consoleranno con il cibo che prevede persino la pizza e il dolce due volte a settimana.

    Per raccontare la loro storia alla commissione d’asilo che deciderà il loro destino o per comparire davanti ai giudici di Roma, competenti sui ricorsi, dovranno accontentarsi di un collegamento da remoto, con tutte le limitazioni in tema di diritti che nascono dalle difficoltà di espressione e comprensione.

    Magi: “Un gigantesco spot elettorale”

    «Una bella photo-opportunity elettorale - commenta Riccardo Magi di Più Europa - Giorgia Meloni vuole allestire questi centri in fretta e furia e usarli come un gigantesco spot a pochi giorni dal voto a spese degli italiani».

    https://www.repubblica.it/cronaca/2024/03/23/news/migranti_centri_albania_bando_viminale-422362144

    #Albanie #Italie #asile #migrations #réfugiés #coût #urgence #gestion #appel_d'offre #externalisation

    –-

    ajouté à la métaliste sur l’#accord entre #Italie et #Albanie pour la construction de #centres d’accueil (sic) et identification des migrants/#réfugiés sur le territoire albanais...
    https://seenthis.net/messages/1043873

    • Protocollo Italia-Albania: il Viminale avvia la gara milionaria per la gestione dei centri

      Dal bando pubblicato il 21 marzo dalla prefettura di Roma emergono i primi dettagli dell’accordo contro i migranti: solo per le spese vive e il personale delle strutture, due hotspot e un Centro di permanenza per il rimpatrio, sono assicurati al gestore privato quasi 40 milioni di euro all’anno. I tempi sono strettissimi, le europee incombono

      Il ministero dell’Interno ha pubblicato i bandi di gara per la gestione delle nuove strutture per i migranti in Albania che diventeranno operative, documenti alla mano, entro il 20 maggio 2024. Un primo passo concreto verso la messa in pratica del protocollo annunciato dal Governo Meloni con Tirana lo scorso 6 novembre 2023 -poi ratificato dal Parlamento a fine febbraio 2024- e che prevede di dislocare i naufraghi soccorsi in operazioni di salvataggio in mare sul territorio albanese. Più precisamente in tre strutture con una capienza totale che supera i mille posti disponibili: due hotspot, ovvero i centri di identificazione, che in Italia troviamo nei cosiddetti “punti di crisi”, principali punti di sbarco (Lampedusa, Pozzallo e Taranto tra gli altri), più un Centro di permanenza per il rimpatrio (Cpr) dove trattenere coloro che sono in attesa di essere espulsi nel proprio Paese d’origine. La spesa annuale stimata è pari a quasi 40 milioni di euro, calcolando esclusivamente il costo a persona (pro-capite pro-die), che però esclude diverse spese vive (dal trasporto all’assistenza sanitaria fino alle utenze).

      La gara è stata pubblicata il 21 marzo e individua nella prefettura di Roma la stazione appaltante, la quale ha scelto di attivare una procedura negoziata con cui consulterà un “numero congruo di operatori economici” per aggiudicare i servizi all’ente gestore. Un bando di questo genere può essere giustificato solo in casi di estrema urgenza. E secondo il ministero l’affidamento in oggetto, essendo un presupposto fondamentale per “l’attuazione del Protocollo tra Italia e Albania in conformità ai tempi ed agli adempimenti che risultano necessari per rispettare, alle scadenze previste, gli impegni assunti dal Governo della Repubblica Italiana”, rientra tra quelle procedure basate proprio su “ragioni di estrema urgenza”.

      La prima struttura è sita nella città portuale di Shenjin e sarà a tutti gli effetti un hotspot. “Una struttura dimensionata per l’accoglienza, senza pernottamento, dei migranti condotti in porto e destinati alle procedure di screening sanitario, identificazione e raccolta delle eventuali domande di asilo, all’esito delle quali i migranti saranno trasferiti presso le strutture di Gjader”. Gjader è la seconda località coinvolta dove saranno costruite le altre due strutture: un centro destinato “all’accertamento dei presupposti per il riconoscimento della protezione internazionale” con un’accoglienza massima a regime di 880 migranti, e un altro, sempre nella stessa città albanese che sarà invece un Centro di permanenza per il rimpatrio, che ricalca quelli presenti sul territorio italiano, con una capienza fino a 144 persone. A Gjader saranno disponibili poi 168 posti per alloggi di servizio, di cui 60 riservati al personale dell’ente gestore.

      Come detto, i corrispettivi riconosciuti pro-capite pro-die, secondo la tipologia di centro ed il relativo numero degli ospiti presenti, ammontano “presuntivamente a complessivi 33.950.139 euro annui”. La gara d’appalto ha una durata di due anni, prorogabili fino ad un massimo di altri due. Sono esclusi dai quasi 40 milioni di euro, invece, i costi di trasporto, le utenze idriche, elettriche, del servizio di raccolta rifiuti, la connessione wifi e la manutenzione ordinaria e straordinaria. Così come quelli per la “predisposizione e manutenzione dei presidi antincendio” e quelli “relativi all’assistenza sanitaria”.

      Proprio questo è uno degli aspetti paradossali affrontati dal bando. Per la struttura sita nel porto di Shenjin si prevede “un ambulatorio medico dedicato per assistenza sanitaria, inclusa la stabilizzazione di condizioni cliniche ai fini del trasferimento” con “una sala per visite ambulatoriali, una stanza per osservazioni brevi con tre posti letto e una stanza di isolamento con due posti”.

      Invece nel sito di Gjader verrà di fatto allestito un vero e proprio “mini ospedale”. Vengono previste “tre sale per visite ambulatoriali, due stanze per osservazioni brevi (ognuna dotata di tre posti letto), una medicheria, una sala operatoria e una recovery room, un laboratorio analisi, una stanza per diagnostica per immagini (rx ed ecografia), una per visite psicologiche/psichiatriche all’uopo utilizzabile anche per consulenze in telemedicina e due stanze di isolamento”. Una struttura in cui opererà un elevatissimo numero di personale sanitario. Oltre a medici e infermieri per l’attività standard, viene prevista una équipe operativa 24 ore al giorno formata rispettivamente da: “medico specialista in anestesia-rianimazione, medico specialista in chirurgia generale, medico specialista in ortopedia con competenze chirurgiche, personale medico specialista in psichiatria, un infermiere strumentista, un operatore socio-sanitario (in caso di attivazione della sala operatoria), un tecnico di laboratorio, un tecnico di radiologia, un personale medico specialista in radiologia”.

      L’ente gestore, oltre a fornire kit di primo ingresso, sia igienici sia vestiari e a garantire la fornitura dei pasti e l’informativa legale, dovrà garantire la predisposizione di “appositi locali e strumenti tecnici che assicurino la connessione alla rete e il collegamento audio-visivo nel rispetto della privacy e della libertà di autodeterminazione del beneficiario per l’eventuale audizione da remoto davanti alle Commissioni territoriali, nonché davanti al Tribunale ordinario e ad altri uffici amministrativi”. In altri termini: saranno implementate delle stanze per svolgere le audizioni di chi, una volta richiesto asilo, dovrà affrontare l’iter per vedersi o meno riconosciuto il permesso di soggiorno. Tutto inevitabilmente online. Dovrà esserci anche un locale “al fine di tutelare la riservatezza della persona nei colloqui con il proprio legale” o favorire l’incontro con “eventuali visitatori ammessi”. La prefettura di Roma, dovrà essere messa a conoscenza “di ogni notizia di rilievo inerente la regolare conduzione della convivenza e le condizioni del centro e tenuta di un registro con gli eventuali episodi che hanno causato lesioni a ospiti od operatori”, nonché la consegna della certificazione di idoneità al trattenimento.

      La gara è aperta fino al 28 marzo. La prefettura valuterà le offerte pervenute da imprese o cooperative già attive nel settore con un fatturato complessivo, negli ultimi tre esercizi disponibili, non inferiore a cinque milioni di euro. Non certo piccole realtà dell’accoglienza. L’avvio dell’operatività dei centri è prevista non oltre il 20 maggio 2024. Quindici giorni prima di quella data, il ministero dell’Interno potrà confermare o meno l’effettivo avvio a pieno regime oppure anche con “una ricettività progressiva rispetto a quella massima prevista nelle more del completamento degli eventuali lavori di allestimento”. L’importante è partire: le elezioni europee di inizio giugno incombono.

      https://altreconomia.it/protocollo-italia-albania-il-viminale-avvia-la-gara-milionaria-per-la-g

    • Albania-Italy migrant deal moves ahead as Rome publishes tender for processing centre

      As of 20 May 2024, camps in Albania that will process the asylum applications of individuals rescued by the Italian authorities will be up and running, as a recently published tender document reveals more details about the deal and how the site will function.

      In November 2023, Albanian Prime Minister Edi Rama and Italian Prime Minister Giorgia Meloni signed a deal that would see migrants rescued in Italian territorial waters or by Italian authorities sent to Albania for their asylum applications to be processed. The deal has divided opinion on both sides of the Adriatic from the outset, but both governments remain adamant about it going ahead.

      The tender notifications, published by the Rome prefect’s department, invite bidders to submit their offers before 28 March with the deadline of 20 May as the start of operations.

      According to the tender details, worth €34 million, the site will consist of three structures able to accommodate a total of around 3000 people.

      One structure will be built at the port of Shengjin, where landing and identification procedures will be carried out.

      The other two sites will be located in Gjader. One will be dedicated to ascertaining the prerequisites for the recognition of international protection, while the other will serve as a repatriation detention centre.

      According to the Italian government, the site will process individuals rescued by the Italian authorities involved in maritime rescue, such as the coast guard, financial police, or navy, and explicitly exclude those rescued by NGOs. It will also not include disabled people, women, children, or other vulnerable individuals.

      The tender states that the facility in Shengjin will have a medical clinic, including a room for outpatient visits, an isolation room, and a three-bed ward. In Gjader, there will be three outpatient rooms, two wards, an operating theatre, a laboratory, an x-ray and ultrasound room, and a space for psychological and psychiatric visits.

      Medical specialists on site will include a doctor specialising in anaesthesia and resuscitation, a doctor specialising in general surgery, a doctor specialising in orthopaedics with surgical skills, medical staff specialising in psychiatry, an instrumental nurse, a social doctor, a health worker, a laboratory technician, a radiology technician, and a health worker specialising in radiology.

      Upon arrival, welcome kits will also be presented to each individual, including an undershirt, T-shirt, pair of pyjamas, three pairs of shorts, and three pairs of socks. They will also be given one roll of toilet paper a week, one toothbrush and 100ml tube of toothpaste per week, and one bottle of shampoo and liquid soap per week.

      The Italian Interior Ministry will conduct spot checks on the site to ensure compliance with the tender.

      During their stay in Albania, estimated at around three months for each person, individuals will not be able to leave the centre, which is to be guarded by Italian and Albanian authorities. If they do, the Albanian police will return them. Once their application has been processed, whatever the outcome, they will be removed from Albania’s territory.

      While on-site, individuals can access legal assistance from representatives of international organisations, including the EU, which aims to provide legal aid to all asylum seekers as required by Italian, Albanian and EU law.

      The agreement caused controversy in Italy and Albania, with the Constitutional Court in Tirana narrowly ruling that it did not violate the laws of the land earlier this year. Meanwhile, despite claims from international law experts that it is not compliant with EU law, European Commissioner for Home Affairs Ylva Johansson said it did not break the law as it is “outside of it”.

      Work has not yet begun at the sites in Shengjin and Gjader, leading to questions about whether they can be operational by spring.

      Shengjin was also home to hundreds of Afghan refugees that Albania took in after the US withdrawal from Afghanistan led to the takeover of the Taliban. While the US promised to take responsibility for them, asking Albania to keep them while it processed their visas, a number still remain with no news or idea if they will ever leave.

      As for the migrant deal, several other EU countries have hinted they may look at similar deals to deal with their immigration issues, a move likely to score votes from the conservative parts of society, ahead of EU elections.

      https://www.euractiv.com/section/politics/news/albania-italy-migrant-deal-moves-ahead-as-rome-publishes-tender-for-proces

    • #Medihospes, #Consorzio_Hera, #Officine_sociali: chi gestirà i centri per migranti in Albania

      La prefettura di Roma ha reso noti i tre partecipanti selezionati tra le trenta proposte pervenute per gestire i due hotspot e il Cpr previsti dall’accordo tra Roma e Tirana. Entro il 20 maggio la gara verrà aggiudicata per un importo che supera i 150 milioni di euro. Ma i lavori di adeguamento alle strutture non sono ancora completati

      Medihospes, Consorzio Hera e Officine sociali. Sono le tre cooperative in corsa per la gestione dei centri italiani in Albania selezionate per le “esperienze contrattuali pregresse afferenti a questi servizi” tra le trenta che hanno manifestato alla prefettura di Roma la propria volontà di partecipare alla gara. Un appalto da oltre 151 milioni di euro (per quattro anni) che verrà aggiudicato, nelle prossime settimane, all’operatore economico che ha presentato l’offerta economicamente più vantaggiosa.

      Alle tre cooperative in corsa una certa “esperienza” non manca. Officine sociali, con sede legale a Siracusa, gestisce attualmente il Centro di permanenza per il rimpatrio (Cpr) di Palazzo San Gervasio a Potenza e l’hotspot di Taranto in Puglia. Attualmente è in gara anche per l’aggiudicazione della gestione del Cpr di Gradisca d’Isonzo, dove sta correndo al fianco di Martinina Srl, finita sotto indagine della Procura di Milano per le condizioni disumane in cui versavano i trattenuti al Cpr di via Corelli di Milano. Il legame tra le due società, come già raccontato su Altreconomia, perdura da tempo: insieme hanno partecipato anche alla gara pubblica per la gestione del Cpr di Torino.


      Consorzio Hera, invece, con sede legale a Castelvetrano, in provincia di Trapani, gestisce attualmente il Cara e il Cpr di Brindisi e quello di Trapani, in cordata con la cooperativa Vivere Con. Inoltre la cooperativa ha “vinto” anche l’hotspot di Pozzallo e Ragusa di cui è l’attuale ente gestore.

      Poi c’è Medihospes, è un colosso da 126 milioni di euro di fatturato nel 2022 che si occupa di assistenza ad anziani, alle persone con disabilità, servizi alberghieri e accoglienza ai migranti. Gestisce attualmente l’ex caserma Cavarzerani di Udine -di cui abbiamo già raccontato in precedenza- ma è attiva in diverse province italiane nell’accoglienza dei richiedenti asilo. Basti pensare che nel 2022 ha incassato, in totale, oltre 34 milioni di euro in tutta Italia per la gestione dei centri.

      Briciole rispetto agli oltre 151 milioni di euro preventivati dalla prefettura di Roma per la “gara” relativa alla gestione delle strutture previste dal protocollo Italia-Albania: un centro nella città portuale albanese Shengjin (hotspot) e due strutture (un altro hotspot e un Cpr) a Gjader (ne abbiamo parlato in questo approfondimento).

      La fornitura di servizi è preventivata con una base d’asta di 130 milioni di euro, con l’aggiunta di quasi sei milioni per il pocket-money e la tessera telefonica. La durata è di 24 mesi, prorogabili per altri 24 a partire dal 20 maggio 2024. Data entro la quale la prefettura di Roma dovrebbe aggiudicare la gara alla cooperativa che avrà presentato l’offerta economicamente più vantaggiosa. Nei nuovi documenti di gara si sottolinea che i lavori di adeguamento delle strutture non sono ancora stati conclusi. Una corsa contro il tempo. Obiettivo: non certo la tutela dei diritti delle persone ma le elezioni europee.

      https://altreconomia.it/medihospes-consorzio-hera-officine-sociali-chi-gestira-i-centri-per-mig
      #externalisation #Italie #accord #Albanie #migrations #réfugiés #coopérative #sous-traitance #Engel #Engel_Italia #business #Shengjin #Gjader

  • Pakistan’s #Gwadar port attacked, eight armed fighters killed | Conflict News | Al Jazeera
    https://www.aljazeera.com/news/2024/3/20/pakistans-gwadar-port-attacked-eight-armed-fighters-killed


    Gwadar Port is part of the $62bn China-Pakistan Economic Corridor project
    Nadeem Khawer/EPA

    Security forces fought for two hours before the attackers were killed, at a facility that is a showpiece project and is part of the China-Pakistan Economic Corridor.

    Pakistan’s security forces foiled a major attack in Gwadar, a port city in the southwestern province of Balochistan, when eight armed fighters were killed on Wednesday when they tried to enter the Gwadar Port Authority complex.

    The facility is a centrepiece of the multibillion-dollar China-Pakistan Economic Corridor (CPEC), Pakistan’s most ambitious infrastructure and investment project in recent years.

    Saeed Ahmed Umrani, a senior government official, confirmed that the port complex was attacked, and said the security forces were engaged in nearly two hours of fighting with the attackers before they were killed.

    “At least two men from security forces were injured in the fighting. The operation has been completed but clearance of the area is still ongoing,” he told Al Jazeera.

    Chief Minister of Balochistan Sarfraz Bugti said in a message on X: “Whosoever chooses to use violence will see no mercy from the state. Kudos to all law enforcement bravehearts who fought bravely today for Pakistan.”

    The attack was claimed by Majeed Brigade, the armed wing of the Balochistan Liberation Army (BLA), a separatist group that demands secession of the province from Pakistan.

    In a statement, the BLA said that the offices of Pakistan’s intelligence agencies inside the complex were targeted. “BLA accepts responsibility for the attack and further details will be released to the media,” the statement said.

    One eyewitness in Gwadar city told Al Jazeera that the attack started around 4pm local time.

    “First there were two major explosions, which were followed by loud, long bursts of firing which continued for more than hour,” the Gwadar resident told Al Jazeera on the phone, requesting anonymity.

    He further said that the complex where the attack unfolded was partly a residential area where mostly staff working on the port lived, but it also had some other government offices.

    This was not the first time that Gwadar has been attacked. The city is home to many Chinese citizens who are working on the construction of the port.

    In August last year, two gunmen targeted a convoy of 23 Chinese engineers in Gwadar, but they were killed by security forces. That attack was also claimed by the Majeed Brigade of the BLA.

    There was another major attack in Gwadar five years ago in 2019, when three attackers launched an audacious charge at the only luxury hotel in the city, situated on top of a hill on the coastline.

    #Baloutchistan

  • Chi si oppone a una nuova grande diga tra Veneto e Trentino per irrigare la pianura

    Il torrente #Vanoi che scorre in #Val_Cortella è minacciato da un progetto di sbarramento alto 116 metri dai costi ambientali ed economici elevatissimi. La Giunta Zaia parla di “difesa idraulica” e “tesaurizzazione idrica” mentre le comunità locali sono state escluse e l’area è segnata da smottamenti e frane. Le alternative esistono.

    L’incontro con Daniele Gubert è nei pressi del lago Schenèr, al confine tra Veneto e Trentino. Gubert fa parte del “Comitato per la difesa del torrente Vanoi e delle acque dolci” nato nel 1998 per scongiurare la costruzione di uno sbarramento del corso d’acqua che scorre in Val Cortella. “Non pensavo di dover tornare a lottare per il Vanoi”, racconta, ricordando le battaglie di vent’anni fa.

    In #Primiero, nel Trentino orientale, il settore idroelettrico ha già alterato profondamente l’assetto idrografico di vari torrenti, tant’è che si possono contare ben quattro bacini artificiali, realizzati da inizio Novecento, nell’arco di poche decine di chilometri quadrati.

    Dal lago ci si sposta a piedi fino al torrente Vanoi per visitare il sito in cui è prevista la costruzione di un’ulteriore diga, ad appena un chilometro in linea d’aria dallo sbarramento già esistente sullo #Schenèr. Nonostante la valle sia difficilmente accessibile, i tentativi per raggiungerla vengono ricompensati dalla bellezza che caratterizza la natura selvaggia dell’intero letto fluviale. “È uno dei pochi posti in Trentino dove la trota marmorata, specie endemica e in via di estinzione, riesce a riprodursi”, spiega Gubert, aggiungendo che per deporre le uova il pesce deve risalire il fiume per diversi chilometri. A confermare la rilevanza ecologica della valle sono due siti Rete natura 2000, di grande importanza per la presenza di boschi di abete bianco, in regressione su tutta la catena alpina, e di specie animali in forte diminuzione.

    Alto 116 metri, lo sbarramento poggerebbe a destra nella parte più settentrionale di Lamon, Comune bellunese, mentre la maggior parte dell’invaso (da 40 milioni di metri cubi di volume), ricadrebbe in Trentino. “Se il progetto venisse realizzato segnerebbe il territorio, e le relative opportunità turistiche, in modo irreparabile -continua Gubert-. La narrativa dominante associa il concetto di rinnovabile al settore idroelettrico, ma dovremmo parlare piuttosto di prassi usa e getta delle valli alpine, poiché i bacini esistenti sono pieni di sedimenti, molti risalenti all’alluvione del 1966, e invece di ripulirli e fare le opportune manutenzioni se ne progettano di nuovi”.

    Considerato e archiviato a più riprese fin dagli anni Venti del secolo scorso, a fine 2020 la Giunta regionale del Veneto guidata da #Luca_Zaia inserisce nel Piano regionale per la ripresa e la resilienza il progetto “Difesa idraulica e tesaurizzazione idrica tramite il nuovo serbatoio del Vanoi nel bacino del fiume Brenta”, motivando l’opera come necessaria per la difesa idraulica nelle province di Vicenza e Padova. Nel 2022 viene concesso un milione di euro, con fondi ministeriali, al Consorzio di bonifica del Brenta per l’esecuzione della progettazione e, poco dopo, il Consiglio regionale approva la realizzazione della diga. A maggio dell’anno successivo, la Provincia autonoma di Trento lamenta il mancato coinvolgimento nelle operazioni che hanno portato all’affidamento dell’opera e ricorda che, secondo la Carta di sintesi della pericolosità di Trento, l’area dove dovrebbe sorgere l’invaso è classificata con il massimo grado di rischio idrogeologico.

    Di quest’ultimo punto è facile rendersene conto: i fianchi della valle mostrano numerosi smottamenti e frane, che hanno reso addirittura impraticabile la strada della Cortella. Alfonso Tollardo, geologo intervenuto in occasione di un incontro pubblico organizzato a Lamon dal Partito democratico “Belluno Dolomiti” a inizio febbraio, e dedicato al progetto della diga sul Vanoi, ha dichiarato che, sebbene non ci siano le stesse condizioni geologiche del disastro del Vajont del 1963, c’è comunque la possibilità che del materiale franoso cada, con conseguente rischio per la diga e le comunità a valle. Il geologo ha descritto, inoltre, il grande impatto che avrà la costruzione dell’opera (per la quale sono previsti 24mila metri cubi di calcestruzzo, ovvero decine di migliaia di camion carichi di materiale che causerebbero non pochi disagi alla viabilità locale basata su un’unica via d’accesso) e il suo cantiere, per il quale si costruiranno ponti, gallerie, strade e terrazzamenti. In poche parole, il versante orografico destro verrebbe devastato.

    “A maggio del 2023 il presidente della Regione Veneto Zaia ha trasmesso l’elenco degli interventi di urgente realizzazione per il contrasto alla scarsità idrica al ministero delle Infrastrutture e dei trasporti. Tra questi anche quello della diga sul Vanoi, con una richiesta di finanziamento pari a 150 milioni di euro -ricorda da Belluno Alessandro Del Bianco, segretario provinciale del Partito democratico-. Abbiamo raccolto migliaia di firme e presentato un ordine del giorno ai consigli comunali e a quello provinciale contro l’invaso, oltre che una nuova mozione in consiglio regionale e un’interrogazione in Parlamento per chiedere la sospensione del finanziamento al progetto. Molte amministrazioni comunali si sono pronunciate contro, come anche le Province di Belluno e di Trento”. “Di questa faccenda contestiamo l’assenza di trasparenza”, dice riferendosi al diniego ricevuto dalla Provincia autonoma di Trento di accesso agli atti relativi all’assegnazione della progettazione al Consorzio di bonifica Brenta. “L’Autorità nazionale anticorruzione ha sollevato una serie di perplessità sull’affidamento della progettazione”, avverte il segretario parlando, inoltre, di una strumentalizzazione della questione climatica per giustificare l’urgenza del progetto.

    E a proposito di urgenza, in occasione di Fieragricola 2024, il commissario straordinario per la crisi idrica, Nicola dell’Acqua, ha dichiarato che se un territorio ne ha la necessità, si devono realizzare anche le dighe. “Affermazione perentoria e autoreferenziale quella del commissario, per altro organo tecnico amministrativo privo di legittimazione democratica, che fa intendere, attraverso parametri fattuali di necessità e urgenza, la determinazione di disconoscere e rimuovere buone ragioni di dissenso e unitarie azioni di opposizioni delle comunità territoriali contro alcuni interventi strutturali anacronistici e insostenibili”, commenta Valter Bonan, ex presidente del Parco nazionale dolomiti bellunesi. “Questo approccio anomalo e centralistico è messo in pratica dal Decreto legge n. 39 del 2023, o Decreto siccità, che presenta evidenti torsioni di quasi una decina di articoli costituzionali e un pericoloso utilizzo dei poteri sostitutivi dello Stato rispetto alle competenze istituzionali decentrate e al diritto fondamentale di partecipazione dei cittadini nel governo dei beni comuni”.

    Eppure di alternative alla diga ce ne sarebbero, come le aree forestali di infiltrazione che facilitano la ricarica degli acquiferi tramite sistemi costituiti da apposite scoline e specie vegetali. Questa soluzione è stata suggerita da Arturo Lorenzoni, docente di Economia dell’energia presso l’Università di Padova, sempre in occasione dell’incontro informativo del 4 febbraio, dove ha spiegato come per il cambiamento climatico le precipitazioni siano sempre più concentrate e facciano fatica a penetrare nel suolo, da qua la necessità di aumentarne la permeabilità. Almeno di quel poco che ne rimane, considerato che il Veneto è la seconda Regione in Italia per consumo di suolo.

    “Con la realizzazione della diga sul Vanoi si rischia di scatenare un’inedita guerra, tra ricchi, per l’acqua -conclude Daniele Gubert-. L’acqua è di tutti e, in Trentino come in Veneto, vanno adottate misure per risparmiarla e alternative sostenibili prima di invocare la grande opera”.

    https://altreconomia.it/chi-si-oppone-a-una-nuova-grande-diga-tra-veneto-e-trentino-per-irrigar


    https://www.agenziagiornalisticaopinione.it/lettere-al-direttore/comitato-difesa-torrente-vanoi-opere-la-val-cortella-e-

    #Italie #Alpes #montagne #résistance #barrage_hydro-électrique #eau #barrages

  • La propagation rapide d’une infection bactérienne grave inquiète le Japon
    https://archive.ph/SCgrs#selection-2069.0-2073.262

    La propagation rapide d’une infection bactérienne grave inquiète le Japon
    Le pays fait face à des formes sévères d’infections à streptocoques A invasifs, qui se propagent à un rythme soutenu, et sont mortelles dans un cas sur trois. Le relâchement des mesures d’hygiène après la pandémie de Covid-19 contribuerait à la propagation.

    Question à la team @seenthis : j’hésite à mettre tout le contenu de l’article en citation. Quelle serait les bonnes pratiques en la matière ?

    • https://www.japonologie.com/news-fr/la-propagation-rapide-dune-infection-bacterienne-grave-inquiete-le-japo

      https://www.lefigaro.fr/international/japon-le-nombre-record-d-infections-streptococciques-potentiellement-mortel

      Car comme le Covid-19, les infections streptococciques se propagent par gouttelettes et par contact physique. La bactérie peut également infecter les patients par le biais de blessures aux mains et aux pieds.

      Donc, c’est faux et on se dit qu’on est dans la merde quand les gus écrivent ce genre de conneries. Le covid est 100% aérosolisé et ce n’est probablement pas le cas des bactéries, qui sont bien trop grosses pour ce genre d’exercice.

      Par contre, le fait que le covid nique les défenses immunitaires pourrait bien être la variable explicative.

      #baltringues.

      Les bactéries et les virus présentent des différences fondamentales en termes de taille, d’origine et d’effets sur le corps [1] .

      Les virus sont la forme de vie la plus petite et la plus simple, ils sont 10 à 100 fois plus petits que les bactéries .
      Les bactéries sont des organismes intercellulaires (c’est-à-dire qu’ils se situent entre les cellules), tandis que les virus sont des organismes intracellulaires, ce qui signifie qu’ils s’infiltrent à l’intérieur d’une cellule hôte et qu’ils y vivent. Le virus détourne le matériel génétique de la cellule hôte de sa fonction normale afin de produire le virus en lui-même. Certaines bactéries sont utiles, mais tous les virus sont nocifs.
      Les antibiotiques ne peuvent pas détruire les virus, mais ils peuvent tuer la plupart des bactéries, à l’exception des bactéries gram négatifs.

      https://fr.wikihow.com/savoir-diff%C3%A9rencier-une-bact%C3%A9rie-et-un-virus

    • Déjà, la page du lien ne s’ouvre pas pour moi.

      La propagation rapide d’une infection bactérienne grave inquiète le Japon

      Le pays fait face à des formes sévères d’infections à streptocoques A invasifs, qui se propagent à un rythme soutenu, et sont mortelles dans un cas sur trois. Le relâchement des mesures d’hygiène après la pandémie de Covid-19 contribuerait à la propagation.
      Le Japon s’inquiète de l’explosion des cas du très grave syndrome de choc toxique streptococcique (SCTS) dus à des streptocoques du groupe A (SGA ou streptocoques pyogènes).
      L’Institut national des maladies contagieuses (NIID) a décompté 422 cas entre le 1er janvier et le 17 mars. Il en avait dénombré 941 en 2023. Vingt-sept des 47 départements sont en alerte rouge à cette infection dont le taux de mortalité dépasse 30 %.
      La situation est d’autant plus sérieuse que les autorités ont découvert à l’été 2023 et pour la première fois au Japon, un SGA de la lignée M1UK (souche britannique, la plus fréquente en Europe), plus virulente et plus transmissible.

      Parfois surnommée « mangeuse de chair », la bactérie – dont de nombreuses personnes sont porteuses sans le savoir et sans tomber malades – peut induire une infection des tissus sous-cutanés et une fasciite nécrosante, du nom du fascia, le tissu qui recouvre les muscles.
      Puis surviennent une défaillance de plusieurs organes avec notamment une insuffisance rénale aiguë, un syndrome de détresse respiratoire aiguë et une coagulation intravasculaire disséminée, anomalie de la coagulation pouvant se traduire par des hémorragies et des thromboses. Le tout à un rythme rapide. « Un tiers des personnes qui développent la maladie peuvent mourir dans les quarante-huit heures », explique Ken Kikuchi, spécialiste des maladies infectieuses à l’université de médecine des femmes de Tokyo, qui se dit « très préoccupé » par l’augmentation observée en 2024.

      Des conséquences lourdes
      Les malades qui ne décèdent pas peuvent subir de lourdes conséquences. Dans un reportage du 22 janvier, la chaîne TV Asahi citait le cas d’un homme ayant ressenti une douleur à la jambe après une journée à jouer au basket. Sa jambe a enflé, devenant par endroits violacée, et sa température a atteint 40 °C. Il a consulté un médecin, qui n’a pas fait d’analyses sanguines mais a prescrit des antibiotiques et des médicaments contre la fièvre. « Si j’avais trop mal, j’avais aussi des analgésiques », a-t-il témoigné. Une semaine plus tard, il a été hospitalisé d’urgence après un évanouissement : « Une septicémie due à des “bactéries mangeuse de chair” a été diagnostiquée. » Il a dû être amputé de la jambe et a survécu après un séjour en soins intensifs.

      La transmission des SGA se ferait par gouttelettes. Mais, soulignent les Centres américains de contrôle et de prévention des maladies, « pour près de la moitié des personnes atteintes de SCTS, les experts ne savent pas comment la bactérie s’est introduite dans l’organisme. Parfois, elles pénètrent par des ouvertures, comme une blessure ou une plaie chirurgicale. La bactérie peut également pénétrer par les muqueuses, à l’intérieur du nez et de la gorge. »

      Les premiers symptômes du SCTS sont un mal de gorge, de la fièvre, des diarrhées, des vomissements et une forte fatigue. Les facteurs de risque seraient un système immunitaire affaibli et une maladie chronique comme le diabète. « Il y a encore beaucoup de choses que nous ne savons pas, notamment pourquoi la bactérie devient fulminante », ajoute Takashi Nakano, expert des maladies infectieuses à l’école de médecine de Kawasaki.

      Grande sensibilité aux antibiotiques
      Le streptocoque du groupe A est responsable d’infections classiques chez les enfants tels qu’angines et scarlatines, rappelle Asmaa Tazi, bactériologiste à l’hôpital Cochin (Assistance publique-hôpitaux de Paris) et responsable du Centre national de référence français pour les streptocoques. Les infections nécrosantes, « beaucoup plus rares », se produisent plutôt chez l’adulte. La transmission de la bactérie d’un individu à un autre exige « un contact relativement rapproché ». Ainsi, la transmission est « très rapide au sein d’un foyer », mais en France, quand un cas est repéré dans une classe par exemple, seuls les contacts directs tels que partenaires de jeu ou voisins de cantine sont considérés à risque d’être contaminés.
      En matière de traitement, « le SGA s’avère très sensible aux antibiotiques », ajoute Mme Tazi, et l’amoxicilline est employée en première intention. Une infime minorité de souches à travers le monde (moins de 0,5 %) ont développé une résistance aux traitements, souligne-t-elle.

      Les infections à streptocoques A invasifs ont déjà provoqué des épidémies, en particulier au Royaume-Uni. L’identification du SCTS a conduit à la mise en place d’un suivi des infections aux SGA. D’après l’Institut Pasteur, il y a « une recrudescence réelle des infections invasives à streptocoques A dans les pays industrialisés et notamment en Europe. En France, ces infections invasives sont en augmentation depuis 2000, le taux d’incidence ayant augmenté de 1,2 à 3,3 pour 100 000 ».
      Le Japon n’est plus épargné. Il enregistrait une centaine de cas de SCTS par an jusqu’à la fin des années 2010. Leur nombre a baissé pendant la pandémie de Covid-19. « Le Japon a un taux élevé d’utilisation de masques, ce qui peut avoir fortement contribué à la diminution du nombre de cas de SCTS causés par des souches associées à des infections de la gorge », a établi dans une étude publiée le 19 février le Groupe de travail sur les streptocoques bêta-hémolytiques dirigé par Tadayoshi Ikebe, du NIID.

      Mesures d’hygiène de base
      L’actuelle épidémie pourrait dès lors être partiellement liée à la décision prise en mai 2023 de classer le Covid-19 non plus dans la catégorie 2 des maladies contagieuses, qui comprend la tuberculose, mais dans la catégorie 5, au niveau de la grippe saisonnière. Cette requalification s’est traduite par un relâchement du suivi du virus et du respect des mesures d’hygiène qui avaient permis au Japon d’enregistrer un bilan relativement limité du Covid-19, avec 74 700 décès, contre 168 000 en France.

      « Les causes de l’augmentation du nombre de patients restent peu claires, mais l’un des facteurs pourrait être la hausse du nombre de patients atteints de pharyngite à streptocoque du groupe A depuis l’été, dans un contexte d’augmentation des infections respiratoires après le passage à la catégorie 5 du Covid, reconnaissait en janvier le ministre de la santé, Keizo Takami. Comme les streptocoques sont transmis par gouttelettes et par contact, les mesures d’hygiène de base, se laver les mains et se couvrir la bouche en cas de toux ou d’éternuements, sont importantes. » Le bon nettoyage des plaies est également recommandé. Le ministère de la santé a par ailleurs demandé aux autorités locales d’analyser les échantillons prélevés sur les patients atteints de SCTS afin de déterminer l’origine des souches.
      Selon les observations du NIID, l’âge médian des patients atteints de SCTS était de 59 ans pour les souches britanniques et 65 ans pour les souches conventionnelles. La proportion de décès par rapport aux cas déclarés a augmenté chez les moins de 50 ans pour atteindre 30,9 % depuis juillet 2023, contre 24,1 % en 2019 et 15,4 % de janvier à juin 2023.

      Philippe Mesmer(Tokyo, correspondance) et Julien Lemaignen

  • Long COVID brain fog may be due to damaged blood vessels in the brain
    https://www.sciencenews.org/article/long-covid-brain-fog-blood-brain-barrier-damage

    The result suggests there is a biological basis for this symptom
    Leakiness in the brain could explain the memory and concentration problems linked to long COVID.

    In patients with brain fog, MRI scans revealed signs of damaged blood vessels in their brains, researchers reported February 22 in Nature Neuroscience. In these people, dye injected into the bloodstream leaked into their brains and pooled in regions that play roles in language, memory, mood and vision.

    It’s the first time anyone’s shown that long #COVID patients can have leaky blood brain barriers, says study coauthor Matthew Campbell, a geneticist at Trinity College Dublin in Ireland. That barrier, tightly knit cells lining blood vessels, typically keeps riffraff out of the brain, like bouncers guarding a nightclub.

    #maladie_vasculaire #covid_long #barrière_hémato-encéphalique #cerveau #neurologie

  • CrimethInc. : Germany: The Fight against the Tesla Gigafactory : Some Occupy the Forest, Some Shut Down the Power Grid
    https://fr.crimethinc.com/2024/03/08/germany-the-fight-against-the-tesla-gigafactory-some-occupy-the-fores

    For several years now, locals, anarchists, environmentalists, and others have been engaged in a struggle against a Tesla “gigafactory” in the small town of Grünheide, only five kilometers southeast of Berlin. This is the biggest factory producing electric cars for Tesla in all of Europe. Many important issues converge in this conflict: the struggle between global capitalism and local ecosystems, the question of what counts as “sustainable” and who gets to define it, the power that billionaires like Elon Musk have acquired and are using to reshape our society in line with their authoritarian vision.

    #zad #tesla #bagnole

  • Rénovation énergétique : les lobbys du BTP ont eu la peau de la réforme | Mediapart
    https://www.mediapart.fr/journal/ecologie/180324/renovation-energetique-les-lobbys-du-btp-ont-eu-la-peau-de-la-reforme

    Le « choc de simplification » dans la politique de rénovation énergétique, pour lequel ont œuvré les acteurs du BTP, est en réalité un immense recul. Retour sur les derniers mois d’un lobbying qui a vidé de sa substance une réforme ambitieuse.

  • US plans to set up #drone #bases in coastal West Africa to stem Islamist advance and counter China – The North Africa Post
    https://northafricapost.com/74350-us-plans-to-set-up-drone-bases-in-coastal-west-africa-to-stem

    (Janvier 2024)

    The United States is reportedly seeking to set up military drones bases along the West African coast in an urgent effort to stop the spread of Islamist militants, counter the Chinese influence in the region, and to support the development and democracy of its African allies.

    Washington is holding preliminary talks with Ghana, Ivory Coast and Benin to allow American unarmed reconnaissance drones to use airfields in these countries on the Atlantic Ocean, according to recent reports by The Wall Street Journal. Relatively stable and prosperous, the three coastal countries, along with Togo, now find themselves threatened by al-Qaeda and Islamic State militants that have plagued neighboring Mali, Burkina Faso and Niger in the Sahel region. The plan to station reconnaissance aircraft in Ghana, Ivory Coast and Benin may thus signal a shifting US strategy of retrenchment from these coup-hit and conflict-torn Sahel states.

    The recent coup in #Niger has reportedly prompted the United States and #France to announce last October that they were actively exploring alternative countries to host their drone bases for counter-terrorism and surveillance missions. “There are several locations I’ll say that we’re looking at, but nothing’s firmed up. We have talked to some countries about it,” General James Hecker, commander of US Air Forces in Europe and Africa, stated. According to Military Africa, by establishing drone bases closer to the Atlantic Ocean, the US hopes to enhance its ability to monitor and respond to the activities of al Qaeda and Islamic State affiliates and also to deter and disrupt the plans of China, which is seeking to establish its first permanent naval base on the Atlantic coast, in Equatorial Guinea.

    #états-unis #chine #afrique

  • #Route_des_Balkans : les migrants noyés dans la Drina

    Des dizaines de migrants en route vers l’Union européenne meurent noyés chaque année dans les eaux froides de la #rivière #Drina entre la #Serbie et la #Bosnie et sont enterrés anonymement dans les cimetières voisins, où des activistes bénévoles tentent de leur donner une sépulture digne et de retrouver leurs proches sans nouvelles.

    https://www.arte.tv/fr/videos/119298-000-A/route-des-balkans-les-migrants-noyes-dans-la-drina
    #Bosnie-Herzégovine #cimetière #mourir_aux_frontières #vidéo #reportage #morts_aux_frontières #Balkans #noyade #migrations #réfugiés #frontières #cimetière #Nihad_Suljic #Vidak_Simic #Bijeljina #anonymat #identification #autopsie #ADN #DNA

  • Slovenia, carceri sovraffollate di passeur della Rotta Balcanica. Sono quasi la metà

    Gli arresti compiuti nei confronti dei trafficanti di esseri umani, colloquialmente noti come passeur, sta generando un sovraffollamento delle carceri della Slovenia. La Rotta Balcanica e in generale l’immigrazione clandestina si ripercuote pertanto anche sul sistema carcerario sloveno; un problema noto a Trieste e in Friuli Venezia Giulia dove la mancanza di spazi e di condizioni adeguate per i detenuti costituiscono una problematica sollevata più volte dalle istituzioni attive nell’ambito.
    Le centinaia di arresti compiuti negli ultimi anni hanno portato a una saturazione delle carceri della Slovenia. Vi sono 1808 persone detenute in totale; in particolare “tutte le sezioni maschili sono sovraffollate” ha comunicato l’amministrazione slovena alla STA – Slovenian Press Agency.
    La situazione maggiormente grave è, qual è naturale, a Lubiana dove l’occupazione sfonda il 200%; a Maribor è del 171%, a Celje del 165%; il carcere di maggiori dimensioni in Slovenia, a Dob, ha un’occupazione pari al 128%.
    Sugli odierni 1808 carcerati, 850 figurano come cittadini stranieri implicati nella tratta di esseri umani.

    Vi è attualmente un nuovo carcere in via di costruzione a Dobrunje, a est di Lubiana, il cui completamento è previsto entro il 2025. Tuttavia, anche se venisse inaugurato in questi giorni, non risolverebbe il sovraffollamento odierno. In mancanza di alternative, similmente a quanto avviene in Italia, ci si limita a spostare i condannati di carcere in carcere; si sta inoltre valutando se ridurre o meno la durata della pena. Non migliora la situazione la carenza di personale addetto al sistema penitenziario; appena 550 addetti per gestire quasi duemila detenuti. Parte del personale penitenziario è inoltre prossimo alla pensione.
    Man mano che la Rotta Balcanica, col giungere della primavera -estate 2024, ritornerà a essere attiva il problema si ripresenterà tanto in Slovenia, quanto in Friuli Venezia Giulia, dove le difficoltà di gestione delle carceri costituiscono un argomento ricorrente.

    https://www.triesteallnews.it/2024/03/slovenia-carceri-sovraffollate-di-passeur-della-rotta-balcanica-sono-
    #Slovénie #criminalisation_de_la_migration #trafiquants #passeurs #asile #migrations #réfugiés #emprisonnement #prisons #frontière_sud-alpine #Balkans #route_des_Balkans

  • J’ai découvert une BD sur la division Charlemagne. Vous savez, ces engagés français du côté nazi qui ont eu carrément droit à une division SS rien qu’a eux. Certains fuyaient la pendaison parce que les alliés cavalaient vers Berlin, d’autres la répression ou l’exécution sommaire.
    Et donc on les retrouve à Berlin, après avoir passé un petit temps sur le front polonais.
    Et franchement, c’est instructif. C’est écrit sans trop d’idéologie, juste ce qu’il faut d’authentique, et c’est très renseigné.

    B.D. : Berlin sera notre tombeau

    https://editionspaquet.com/shop/9782889324163-berlin-sera-notre-tombeau-integrale-1185#attr=5765,576

    Et donc pourquoi lire ça aujourd’hui ? Perso, ça me semble fini le cordon de sécurité face à l’extrême droite qui s’est imposé pendant 70 ans. Je crois même que ce mode de ségrégation des débats a fait du mal et ne nous a pas aidé à nous préparer à ce qui nous tombe dessus aujourd’hui. Pour lutter contre toutes les formes et tous les élans droitiers qui nous bousculent tous les jours, si on peut glaner des éléments dans ces bribes du passé, ça pourrait nous armer mentalement. Mieux vaut savoir détecter plutôt qu’être surpris.

    #WW2 #nazi #berlin #francais #histoire #collabo

    • épuisé, € 103,00 d’occasion, #bof il nous faudrait une bd sur les membres de la 14. Waffen-Grenadier-Division der SS (galizische Nr. 1) https://fr.m.wikipedia.org/wiki/14e_division_SS_(galicienne_no_1) et les trawniki ukrainiens.

      Demjanjuk-Prozess - « Ukrainische Wachmänner waren schlimmer als die SS »
      https://www.spiegel.de/panorama/justiz/demjanjuk-prozess-ukrainische-wachmaenner-waren-schlimmer-als-die-ss-a-66874

      La brigade Charlemagne n’était qu’un phénomène éphémère. La collaboration des services secrets ouest-allemands avec les travniki et banderistes par contre n’a jamais cessé et trouve son expression actuelle dans le soutien inconditionnel des forces ukrainiennes par l’Allemagne.

      Évidemment l’armée ukrainienne n’est pas une organisation plus fasciste que n’importe quelle armée du monde. C’est plutôt une question allemande et états-unienne qui tourne autour du positionnement de l’Allemagne contre la Russie depuis la guerre qu’on appelle la première guerre mondiale

      Du côté francais il faudrait travailler sur les ex-SS allemands qui ont rejoint la légion étrangère. L’armée francaise employait ces vieux messieurs jusqu’au départ du contingent tricolore de Berlin en 1990 ou 1991. Il n’est pas exclus qu’il y a là un lien avec la division SS Charlemagne mais je n’en sais rien.

      Alors j’attends la bd antifasciste qui raconte la vie de John Demjanjuk et des trawniki ukrainiens. Elle serait forcément d’une grande actualité.

      #nazis #Ukraine #Bandera #Allemagne #holocauste

  • Sieben Oscars für den Favoriten : „Oppenheimer“ triumphiert – Sandra Hüller geht leer aus
    https://www.tagesspiegel.de/kultur/sieben-oscars-fur-den-favoriten-oppenheimer-triumphiert--sandra-huller-


    Contraierement aux hommes tous les murs ne sont pas égaux.

    Bester Internationaler Film
    Warnung der Vergangenheit an die Gegenwart: „The Zone of Interest“ von Jonathan Glazer..

    #cinéma #Auschwitz #banalité_du_mal

  • #Ikea, le seigneur des forêts

    Derrière son image familiale et écolo, le géant du meuble suédois, plus gros consommateur de bois au monde, révèle des pratiques bien peu scrupuleuses. Une investigation édifiante sur cette firme à l’appétit démesuré.

    C’est une des enseignes préférées des consommateurs, qui équipe depuis des générations cuisines, salons et chambres d’enfants du monde entier. Depuis sa création en 1943 par le visionnaire mais controversé Ingvar Kamprad, et au fil des innovations – meubles en kit, vente par correspondance, magasins en self-service… –, la petite entreprise a connu une croissance fulgurante, et a accompagné l’entrée de la Suède dans l’ère de la consommation de masse. Aujourd’hui, ce fleuron commercial, qui participe pleinement au rayonnement du pays à l’international, est devenu un mastodonte en expansion continue. Les chiffres donnent le tournis : 422 magasins dans cinquante pays ; près d’un milliard de clients ; 2 000 nouveaux articles au catalogue par an… et un exemplaire de son produit phare, la bibliothèque Billy, vendu toutes les cinq secondes. Mais le modèle Ikea a un coût. Pour poursuivre son développement exponentiel et vendre toujours plus de meubles à bas prix, le géant suédois dévore chaque année 20 millions de mètres cubes de bois, soit 1 % des réserves mondiales de ce matériau… Et si la firme vante un approvisionnement responsable et une gestion durable des forêts, la réalité derrière le discours se révèle autrement plus trouble.

    Greenwashing
    Pendant plus d’un an, les journalistes d’investigation Xavier Deleu (Épidémies, l’empreinte de l’homme) et Marianne Kerfriden ont remonté la chaîne de production d’Ikea aux quatre coins du globe. Des dernières forêts boréales suédoises aux plantations brésiliennes en passant par la campagne néo-zélandaise et les grands espaces de Pologne ou de Roumanie, le documentaire dévoile les liens entre la multinationale de l’ameublement et l’exploitation intensive et incontrôlée du bois. Il révèle comment la marque au logo jaune et bleu, souvent via des fournisseurs ou sous-traitants peu scrupuleux, contribue à la destruction de la biodiversité à travers la planète et alimente le trafic de bois. Comme en Roumanie, où Ikea possède 50 000 hectares de forêts, et où des activistes se mobilisent au péril de leur vie contre une mafia du bois endémique. Derrière la réussite de l’une des firmes les plus populaires au monde, cette enquête inédite éclaire l’incroyable expansion d’un prédateur discret devenu un champion du greenwashing.

    https://www.arte.tv/fr/videos/112297-000-A/ikea-le-seigneur-des-forets
    #film #film_documentaire #documentaire #enquête
    #greenwashing #green-washing #bois #multinationale #meubles #Pologne #Mazovie #Mardom_House #pins #Ingvar_Kamprad #délocalisation #société_de_consommation #consumérisme #résistance #justice #Fondation_Forêt_et_citoyens #Marta_Jagusztyn #Basses-Carpates #Carpates #coupes_abusives #exploitation #exploitation_forestière #consommation_de_masse #collection #fast-furniture #catalogue #mode #marketing #neuro-marketing #manipulation #sous-traitance #chaîne_d'approvisionnement #Sibérie #Russie #Ukraine #Roumanie #accaparement_de_terres #Agent_Green #trafic_de_bois #privatisation #Gabriel_Paun #pillage #érosion_du_sol #image #prix #impact_environnemental #FSC #certification #norme #identité_suédoise #modèle_suédois #nation_branding #Estonie #Lettonie #Lituanie #lobby #mafia_forestière #coupes_rases #Suède #monoculture #sylviculture #Sami #peuples_autochtones #plantation #extrême_droite #Brésil #Parcel_Reflorestadora #Artemobili #code_de_conduite #justice #responsabilité #abattage #Nouvelle-Zélande #neutralité_carbone #compensation_carbone #maori #crédits-carbone #colonisation

    • #fsc_watch

      This site has been developed by a group of people, FSC supporters and members among them, who are very concerned about the constant and serious erosion of the FSC’s reliability and thus credibility. The group includes Simon Counsell, one of the Founder Members of the FSC; Hermann Edelmann, working for a long term FSC member organisation; and Chris Lang, who has looked critically at several FSC certifications in Thailand, Laos, Brazil, USA, New Zealand, South Africa and Uganda – finding serious problems in each case.

      As with many other activists working on forests worldwide, we share the frustration that whilst the structural problems within the FSC system have been known for many years, the formal mechanisms of governance and control, including the elected Board, the General Assembly, and the Complaints Procedures have been highly ineffective in addressing these problems. The possibility of reforming – and thus ‘saving’ – the FSC through these mechanisms is, we feel, declining, as power within the FSC is increasingly captured by vested commercial interest.

      We feel that unless drastic action is taken, the FSC is doomed to failure. Part of the problem, in our analysis, is that too few FSC members are aware of the many profound problems within the organisation. The FSC Secretariat continues to pour out ‘good news stories’ about its ‘successes’, without acknowledging, for example, the numerous complaints against certificates and certifiers, the cancellation of certificates that should never have been awarded in the first place, the calls for FSC to cease certifying where there is no local agreement to do so, the walk-outs of FSC members from national processes because of their disillusionment with the role of the economic chamber, etc. etc. etc.

      There has been no honest evaluation of what is working and what is not what working in the FSC, and no open forum for discussing these issues. This website is an attempt to redress this imbalance. The site will also help people who are normally excluded from the FSC’s processes to express their views and concerns about the FSC’s activities.

      Please share your thoughts or information. Feel free to comment on our postings or send us any information that you consider valuable for the site.

      UPDATE (25 March 2010): A couple of people have requested that we explain why we are focussing on FSC rather than PEFC. Shortly after starting FSC-Watch we posted an article titled: FSC vs PEFC: Holy cows vs the Emperor’s new clothes. As this is somewhat buried in the archives, it’s reproduced in full here (if you want to discuss this, please click on the link to go to the original post):
      FSC vs PEFC: Holy cows vs the Emperor’s new clothes

      One of the reasons I am involved in this website is that I believe that many people are aware of serious problems with FSC, but don’t discuss them publicly because the alternative to FSC is even worse. The alternative, in this case is PEFC (Programme for the Endorsement of Forest Certification schemes) and all the other certification schemes (Cerflor, Certflor, the Australian Forestry Standard, the Malaysian Timber Certification Council and so on). One person has suggested that we should set up PEFC-Watch, in order “to be even-handed”.

      The trouble with this argument is that PEFC et al have no credibility. No NGOs, people’s organisations or indigenous peoples’ organisations were involved in setting them up. Why bother spending our time monitoring something that amounts to little more than a rubber stamp? I can just see the headlines: “Rubber stamp PEFC scheme rubber stamps another controversial logging operation!” Shock, horror. The Emperor is stark bollock naked, and it’s not just some little boy pointing this out – it’s plain for all to see, isn’t it?

      One way of countering all these other schemes would be to point out that FSC is better. But, if there are serious problems with FSC – which there are, and if we can see them, so can anyone else who cares to look – then the argument starts to look very shaky.

      FSC standards aren’t bad (apart from Principle 10, which really isn’t much use to anyone except the pulp and paper industry). They say lots of things we’d probably want forest management standards to say. The trouble is that the standards are not being applied in practice. Sure, campaign against PEFC, but if FSC becomes a Holy Cow which is immune to criticism (not least because all the criticism takes place behind closed doors), then we can hardly present it as an alternative, can we?…”

      By the way, anyone who thinks that PEFC and FSC are in opposition should read this interview with Heiko Liedeker (FSC’s Executive Director) and Ben Gunneberg (PEFC’s General Secretary). In particular this bit (I thought at first it must be a mix up between FSC and PEFC, or Liedeker and Gunneberg):

      Question: As a follow-up question, Heiko Liedeker, from your perspective, is there room ultimately for programs like the Australian Forestry Standard, Certfor and others to operate under the FSC umbrella?

      Heiko Liedeker: Absolutely. FSC was a scheme that was set-up to provide mutual recognition between national standard-setting initiatives. Every national initiative sets its standard. Some of them are called FSC working groups, some of them are called something else. In the UK they are called UKWAS. We’ve been in dialogue with Edwardo Morales at Certfor Chile. They are some of the FSC requirements listed for endorsement, we certainly entered into discussion. We’ve been in discussion with the Australian Forestry Standard and other standard-setting initiatives. What FSC does not do is, it has one global scheme for recognizing certification. So we do not, and that’s one of the many differences between FSC and PEFC, we do not require the development of a certification program as such. A standard-setting program is sufficient to participate in the network.

      https://fsc-watch.com

    • Complicit in destruction: new investigation reveals IKEA’s role in the decimation of Romania’s forests

      IKEA claims to be people and planet positive, yet it is complicit in the degradation and destruction of Romania’s forests. A new report by Agent Green and Bruno Manser Fonds documents this destruction and presents clear requests to the furniture giant.

      A new investigative report (https://www.bmf.ch/upload/Kampagnen/Ikea/AG_BMF_report_IKEA_web_EN.pdf) by Agent Green and Bruno Manser Fonds shows a consistent pattern of destructive logging in IKEA-linked forests in Romania, with massive consequences for nature and climate. The findings are based on an analysis of official documents and field investigations of nine forest areas in Romania. Seven of them are owned by the IKEA-related company Ingka Investments and two are public forests supplying factories that produce for IKEA. The analysis uncovers over 50 suspected law violations and bad forest management practices. Biodiversity rich forest areas cut to the ground, intensive commercial logging conducted in ecologically sensitive or even old-growth forests without environmental assessments, dozens of meters deep tractor roads cutting through the forest are just a few of the issues documented.

      Most of the visited forests are fully or partially overlapping with EU protected areas. Some of these forests were strictly protected or under low-intensity logging before Ingka took over. Now they are all managed to maximize wood extraction, with no regard to forest habitats and their vital role for species. Only 1.04% of the total Ingka property in Romania are under a strict protection regime and 8.24% under partial protection. This is totally insufficient to meet EU goals. The EU biodiversity strategy requires the protection of a minimum of 30% of EU land area, from which 10% need to be strictly protected. One key goal is to strictly protect all remaining primary and old-growth forests in the EU.

      At the press conference in Bucharest Gabriel Păun, President of Agent Green, stated: “IKEA/Ingka seem to manage their forests like agricultural crops. Letting trees grow old is not in their culture. Removing entire forests in a short period of time is a matter of urgency for IKEA, the tree hunter. The entity disregards both the written laws and the unwritten ways of nature. IKEA does not practice what they preach regardless of whether it is the European Union nature directives, Romanian national legislation, or the FSC forest certification standard. But as a company with revenues of billions of Euros and Romania’s largest private forest owner, IKEA / Ingka should be an example of best practice.”

      Ines Gavrilut, Eastern Europe Campaigner at the Bruno Manser Fonds, added: “It is high time that IKEA started to apply its declared sustainability goals. IKEA could do so much good if it really wanted to set a good example as a forest owner, administrator, and large wood consumer in Romania and beyond. Needs could also be covered without resorting to destructive logging, without converting natural forests into plantations – but this requires tackling difficult issues such as the core of IKEA’s business model of “fast furniture”. Wood products should not be for fast consumption but should be made to last for decades.”

      Agent Green and Bruno Manser Fonds urge IKEA and the Ingka Group to get a grip on their forest operations in Romania to better control logging companies, not to source wood from national or natural parks, to effectively increase protection and apply forestry close to nature in own forests, to ensure full traceability and transparency of the IKEA supply chain, and allow independent forest oversight by civil society and investigative journalists.

      In August 2021, Agent Green published its first report documenting destruction in IKEA-linked forests in Romania. In May 2023, Agent Green and Bruno Manser Fonds sent an open letter of concern to the Ingka Group and IKEA Switzerland. BMF also started a petition demanding IKEA to stop deforestation in Romania’s protected forest areas and other high conservation value forests.

      The ARTE documentary IKEA, the tree hunter brilliantly tells the story of the real cost of IKEA furniture, the uncontrolled exploitation of wood and human labour.

      https://bmf.ch/en/news/neue-untersuchung-belegt-ikeas-beteiligung-an-der-waldzerstorung-in-rumanien-256

      #rapport

  • Gilets de sauvetage

    « Les îles les plus à l’est leur offrent quelques heures de répit dans leur longue marche.
    Chaque île est un point de fuite pour qui, chez lui, n’a plus de perspectives.
    Installés dans la torpeur de l’été, que ferons-nous pour eux ? »

    https://www.cambourakis.com/tout/bd/gilets-de-sauvetage
    #Chio #Chios #Grèce #îles #Mer_Egée #Massacre_de_Chio #histoire #hospitalité #tourisme #migrations #asile #réfugiés
    #BD #bande_dessinée #livre

  • Corps en grève

    Le bidonville de Feyzin est menacé de fermeture.
    Vingt-sept travailleurs tunisiens entament une grève de la faim afin d’obtenir la régularisation de leurs papiers.
    Durant les vingt jours que durera la grève, immigrés et Français lutteront ensemble, jusqu’au bout.

    La France « découvre » alors l’existence des bidonvilles, véritables #taudis dans lesquels vivent près de 800 000 travailleurs étrangers.
    Une histoire qui fait indéniablement échos à l’actualité : les bidonvilles, « jungles » et campements de fortune perdurent et les droits humains restent bafoués.

    https://steinkis.com/livres/corps-en-greve/corps-en-greve.html
    #BD #bande_dessinée #livre
    #France #travailleurs_immigrés #bidonville #logement #Lyon #Feyzin #sans-papiers #migrations #circulaire_Fontanet #régularisation #immigrés_tunisiens #bidonville_de_Feyzin #luttes #histoire #résistance #grève_de_la_faim #travail #exploitation

  • Je suis au pays avec ma mère

    C’est dans le cadre d’une psychothérapie qu’Irene de Santa Ana a rencontré Cédric ; Cédric, jeune requérant, sort de plusieurs mois d’#errance, dormant dans des parcs après avoir essuyé un premier refus à sa demande d’asile. Le statut de « débouté » prive Cédric de bien des droits accordés aux êtres humains, et le plonge dans d’épaisses limbes administratives, mais également existentielles. Au pays, plus rien ne l’attend ; en Suisse, l’espoir de pouvoir rester est plus que ténu. De cette psychothérapie, Irene de Santa Ana va faire un article, et c’est de cet article qu’Isabelle Pralong s’est emparée pour Je suis au pays avec ma mère. Isabelle Pralong s’est intéressée plus particulièrement aux rêves de Cédric, qu’elle met ainsi en image. Le texte de l’article, complètement repensé et réécrit par Irene de Santa Ana, vient ici introduire, commenter voire compléter les pages dessinées. Eminemment métaphorique, porteuse de sens, cette matière onirique rend compte à sa façon de l’état psychologique dans lequel doit évoluer et (sur)vivre Cédric, la complexité de son ressenti, de ses sentiments. Livre singulier dans une bibliographie singulière, Je suis au pays avec ma mère s’immisce dans des territoires politiques et sociaux sans une once de misérabilisme, et tente d’aborder autrement une question de société toujours irrésolue.

    https://atrabile.org/catalogue/livres/je-suis-au-pays-avec-ma-mere

    #Suisse #asile #déboutés #traumatisme #identité #disparition #clandestinité #peur #insoumission #désobéissance #clandestinisation #SDF #sans-abris
    #BD #bande_dessinée #livre

  • SAINTE SOLINE, AUTOPSIE D’UN CARNAGE

    Le 25 mars 2023, une #manifestation organisée par des mouvements de défense de l’environnement à #Sainte-Soline (#Deux-Sèvres) contre les #megabassines pompant l’#eau des #nappes_phréatiques pour l’#agriculture_intensive débouche sur de véritables scènes de guerre. Avec près de 240 manifestants blessés, c’est l’une des plus sanglantes répressions de civils organisée en France depuis le 17 octobre 1961 (Voir en fin d’article le documentaire de Clarisse Feletin et Maïlys Khider).

    https://www.off-investigation.fr/sainte-solineautopsie-dun-carnage
    Vidéo :
    https://video.off-investigation.fr/w/9610c6e9-b18f-46b3-930c-ad0d839b0b17

    #scène_de_guerre #vidéo #répression

    #Sainte_Soline #carnage #méga-bassines #documentaire #film_documentaire #violences_policières #violence #Gérald_Darmanin #résistance #militarisation #confédération_paysanne #nasse
    #off_investigation #cortège #maintien_de_l'ordre #gaz_lacrymogènes #impuissance #chaos #blessés #blessures #soins #élus #grenades #LBD #quads #chaîne_d'élus #confusion #médic #SAMU #LDH #Serge_Duteuil-Graziani #secours #enquête #zone_rouge #zone_d'exclusion #urgence_vitale #ambulances #évacuation #plainte #justice #responsabilité #terrain_de_guerre #désinformation #démonstration_de_force #récit #contre-récit #mensonge #vérité #lutte #Etat #traumatisme #bassines_non_merci #condamnations #Soulèvements_de_la_Terre #plainte

    à partir de 1h 02’26 :

    Hélène Assekour, manifestante :

    « Moi ce que je voudrais par rapport à Sainte-Soline c’est qu’il y ait un peu de justice. Je ne crois pas du tout que ça va se faire dans les tribunaux, mais au moins de pouvoir un peu établir la vérité et que notre récit à nous puisse être entendu, qu’il puisse exister. Et qu’il puisse même, au fil des années, devenir le récit qui est celui de la vérité de ce qui s’est passé à Sainte-Soline ».

    • question « un peu de vérité », il y avait aussi des parlementaires en écharpe, sur place, gazé.es et menacé.es par les quads-à-LBD comme le reste du troupeau alors qu’ils protégeaient les blessés étendus au sol ; personne n’a fait de rapport ?

      Il y a eu une commission d’enquête parlementaire aussi, je crois, qui a mollement auditionné Gérald ; pas de rapport ?

  • À Strasbourg, l’Europe intensifie discrètement le fichage des migrants

    Dans un bâtiment discret, 350 personnes travaillent à renforcer le #contrôle et le #suivi des personnes entrant dans l’#espace_Schengen. Reportage dans l’agence de l’Union européenne qui renforce le fichage des migrants.

    Dans le quartier du Neuhof à Strasbourg, un bâtiment hautement sécurisé attire l’œil. Dissimulée derrière le gymnase du Stockfeld et entourée de terrains vagues, l’#agence_européenne #eu-Lisa est protégée par deux lignes barbelées surplombées de caméras. Aux alentours du bâtiment, les agents de sécurité portent au cœur un petit drapeau bleu aux douze étoiles. Des véhicules immatriculés en France, au Luxembourg, en Belgique et en Allemagne stationnent sur le parking.

    Créée en 2011 et opérationnelle depuis 2012, l’#agence_européenne_pour_la_gestion_opérationnelle_des_systèmes_d’information à grande échelle eu-Lisa développe et fait fonctionner les #bases_de_données de l’Union européenne (UE). Ces dernières permettent d’archiver les #empreintes_digitales des demandeurs et demandeuses d’asile mais aussi les demandes de visa ou les alertes de personnes portées disparues.

    Le siège d’eu-Lisa est à Tallinn, en Estonie. Un bureau de liaison se trouve à Bruxelles et son centre opérationnel a été construit à Strasbourg. Lundi 26 février, le ministre délégué aux affaires européennes, Jean-Noël Barrot, est venu visiter l’endroit, où sont développés les nouveaux systèmes de suivi et de #filtrage des personnes migrantes et des voyageurs et voyageuses non européen·nes. Le « cœur de Schengen », selon la communication de l’agence.

    Sur les écrans de contrôle, des ingénieur·es suivent les requêtes adressées par les États membres aux différents #systèmes_d’information_opérationnels. L’un d’eux raconte que le nombre de cyberattaques subies par l’agence est colossal : 500 000 tentatives par mois environ. La quantité de données gérées est aussi impressionnante : en 2022, le système #VIS (#Visa_Information_System) a enregistré 57 millions de demandes de #visas et 52 millions d’empreintes digitales. La même année, 86,5 millions d’alertes ont été transmises au système #SIS (#Schengen_Information_System).

    Dans l’agence du Neuhof, une vingtaine de nationalités sont représentées parmi les 350 travailleurs et travailleuses. En tout, 500 mètres carrés sécurisés abritent les données confidentielles de dizaines de millions de personnes. 2 500 ordinateurs fonctionnent en permanence pour une capacité de stockage de 13 petabytes, soit 13 milliards de gigabytes. Vingt-quatre heures sur vingt-quatre et sept jours sur sept, l’eu-Lisa répond aux demandes de données des pays membres de l’espace Schengen ou de l’Union européenne.

    Traduire la politique en #technologie

    Au-delà de la salle de réunion, impossible de photographier les murs ou l’environnement de travail. L’enclave européenne est sous haute surveillance : pour entrer, les empreintes digitales sont relevées après un passage des sacs au scanner. Un badge connecté aux empreintes permet de passer un premier sas d’entrée. Au-delà, les responsables de la sécurité suivent les visiteurs de très près, au milieu d’un environnement violet et vert parsemé de plantes de toutes formes.

    Moins de six mois avant le début des Jeux olympiques et paralympiques de Paris et deux mois après l’accord européen relatif au Pacte sur la migration et l’asile, l’agence aux 260 millions d’euros de budget en 2024 travaille à mettre en place le système de contrôle des flux de personnes le plus précis, efficace et complet de l’histoire de l’espace Schengen. Le pacte prévoit, par exemple, que la demande d’asile soit uniformisée à travers l’UE et que les « migrants illégaux » soient reconduits plus vite et plus efficacement aux frontières.

    Pour accueillir le ministre, #Agnès_Diallo, directrice de l’eu-Lisa depuis 2023, diffuse une petite vidéo en anglais dans une salle de réunion immaculée. L’ancienne cadre de l’entreprise de services numériques #Atos présente une « agence discrète » au service de la justice et des affaires intérieures européennes. À l’eu-Lisa, pas de considération politique. « Notre agence a été créée par des règlements européens et nous agissons dans ce cadre, résume-t-elle. Nous remplaçons les frontières physiques par des #frontières_numériques. Nous travaillons à laisser passer dans l’espace Schengen les migrants et voyageurs qui sont légitimes et à filtrer ceux qui le sont moins. »

    L’eu-Lisa invente, améliore et fait fonctionner les sept outils informatiques utilisés en réseau par les États membres et leurs institutions. L’agence s’assure notamment que les données sont protégées. Elle forme aussi les personnes qui utiliseront les interfaces, comme les agents de #Frontex, d’#Europol ou de la #police_aux_frontières. Au Neuhof, les personnes qui travaillent n’utilisent pas les informations qu’elles stockent.

    Fichés dès l’âge de 6 ans

    L’agence eu-Lisa héberge les empreintes digitales de 7,5 millions de demandeurs et demandeuses d’asile et « migrants illégaux » dans le système appelé Eurodac. Pour le moment, les données récoltées ne sont pas liées à l’identité de la personne ni à sa photo. Mais avec l’adoption des nouvelles règles relatives au statut de réfugié·e en Europe, Eurodac est en train d’être complètement refondé pour être opérationnel en 2026.

    La réforme décidée en décembre 2023 prévoit que les demandeurs d’asile et « migrants illégaux » devront fournir d’autres informations biométriques : en plus de leurs empreintes, leur photo, leur nom, prénom et date et lieu de naissance seront enregistrés lors de leur entrée dans Schengen. La procédure vaudra pour toute personne dès l’âge de 6 ans (contre 14 avant la réforme). Les #données qui étaient conservées pour dix-huit mois pourront l’être jusqu’à cinq ans.

    La quantité d’informations stockées va donc croître exponentiellement dès 2026. « Nous aurons énormément de données pour #tracer les mouvements des migrants irréguliers et des demandeurs d’asile », se félicite #Lorenzo_Rinaldi, l’un des cadres de l’agence venant tout droit de Tallinn. Eurodac permettra à n’importe quelle autorité policière habilitée de savoir très précisément par quel pays est arrivée une personne, ainsi que son statut administratif.

    Il sera donc impossible de demander une protection internationale dans un pays, puis de s’installer dans un autre, ou de demander une seconde fois l’asile dans un pays européen. Lorenzo Rinaldi explique : « Aujourd’hui, il nous manque la grande image des mouvements de personnes entre les États membres. On pourra identifier les tendances, recouper les données et simplifier l’#identification des personnes. »

    Pour identifier les itinéraires et contrôler les mouvements de personnes dans l’espace Schengen, l’agence travaille aussi à ce que les sept systèmes d’information fonctionnent ensemble. « Nous avions des bases de données, nous aurons désormais un système complet de gestion de ces informations », se réjouit Agnès Diallo.

    L’eu-Lisa crée donc également un système de #traçage des entrées et des sorties de l’espace Schengen, sobrement appelé #Entry-Exit_System (ou #EES). Développé à l’initiative de la France dès 2017, il remplace par une #trace_numérique le tamponnage physique des passeports par les gardes-frontières. Il permet notamment de détecter les personnes qui restent dans Schengen, après que leur visa a expiré – les #overstayers, celles qui restent trop longtemps.

    Frontières et Jeux olympiques

    « Toutes nos équipes sont mobilisées pour faire fonctionner le système EES [entrées-sorties de l’espace Schengen – ndlr] d’ici à la fin de l’année 2024 », précise Agnès Diallo. Devant le Sénat en 2023, la directrice exécutive avait assuré que l’EES ne serait pas mis en place pendant les Jeux olympiques et paralympiques si son influence était négative sur l’événement, par exemple s’il ralentissait trop le travail aux frontières.

    En France et dans onze autres pays, le système EES est testé depuis janvier 2024. L’agence estime qu’il sera prêt pour juillet 2024, comme l’affirme Lorenzo Rinaldi, chef de l’unité chargé du soutien à la direction et aux relations avec les partenaires de l’eu-Lisa : « Lorsqu’une personne non européenne arrive dans Schengen, elle devra donner à deux reprises ses #données_biométriques. Donc ça sera plus long la première fois qu’elle viendra sur le territoire, mais ses données seront conservées trois ans. Les fois suivantes, lorsque ses données seront déjà connues, le passage sera rapide. »

    Ce système est prévu pour fonctionner de concert avec un autre petit nouveau, appelé #Etias, qui devrait être opérationnel d’ici au premier semestre de 2025. Les personnes qui n’ont pas d’obligation d’avoir de visa pour entrer dans 30 pays européens devront faire une demande avant de venir pour un court séjour – comme lorsqu’un·e citoyen·ne français·e demande une autorisation électronique de voyage pour entrer aux États-Unis ou au Canada. La procédure, en ligne, sera facturée 7 euros aux voyageurs et voyageuses, et l’autorisation sera valable trois ans.

    L’eu-Lisa gère enfin le #système_d’information_Schengen (le #SIS, qui gère les alertes sur les personnes et objets recherchés ou disparus), le système d’information sur les visas (#VIS), la base de données des #casiers_judiciaires (#Ecris-TCN) et le #Codex pour la #coopération_judiciaire entre États membres.

    L’agence travaille notamment à mettre en place une communication par Internet entre ces différents systèmes. Pour Agnès Diallo, cette nouveauté permettra une coordination sans précédent des agents aux frontières et des institutions judiciaires nationales et européennes dans les 27 pays de l’espace Schengen.

    « On pourra suivre les migrants, réguliers et irréguliers », se félicite Fabienne Keller, députée européenne Renew et fervente défenseuse du Pacte sur les migrations. Pour la mise en place de tous ces outils, l’agence eu-Lisa devra former les États membres mais également les transporteurs et les voyageurs et voyageuses. L’ensemble de ces systèmes devrait être opérationnel d’ici à la fin 2026.

    https://www.mediapart.fr/journal/international/050324/strasbourg-l-europe-intensifie-discretement-le-fichage-des-migrants

    #fichage #migrations #réfugiés #biométrie
    via @karine4
    ping @_kg_

  • Aux obsèques de Rola Al Mayali, 7 ans, morte noyée alors que sa famille cherchait à rejoindre le Royaume-Uni
    https://www.lemonde.fr/societe/article/2024/03/08/aux-obseques-de-rola-al-mayali-7-ans-morte-noyee-alors-que-sa-famille-cherch

    Aux obsèques de Rola Al Mayali, 7 ans, morte noyée alors que sa famille cherchait à rejoindre le Royaume-Uni
    Par Julia Pascual (Grande-Synthe (Nord), envoyée spéciale)
    L’embarcation de fortune qui transportait la fillette et sa famille irakienne ainsi qu’une quinzaine d’autres migrants a chaviré le 3 mars dans le canal de l’Aa, dans le Nord, à 30 kilomètres du littoral. Un peu moins d’une centaine de personnes ont assisté à son enterrement, jeudi, à Grande-Synthe.
    Une peluche Kiki bleue a été posée au sol. Et, à côté d’elle, des bouquets de roses, de jonquilles et de tulipes ont été disposés. C’est ici, à l’extrémité sud du nouveau cimetière de Grande-Synthe, dans le Nord, en bordure d’une route départementale et sous une ligne à haute tension, que repose désormais le corps de la petite Rola Al Mayali. Née en 2016 en Irak, morte noyée le dimanche 3 mars dans le canal de l’Aa, à hauteur de la commune de Watten, alors que ses parents voulaient rejoindre l’Angleterre.
    Le petit bateau de pêche de rivière sur lequel ils venaient de monter dans la nuit a immédiatement chaviré avant même de s’engager vers la mer du Nord. Sous le poids de la vingtaine de personnes à son bord, il s’est retourné et la petite fille s’est retrouvée coincée dans la cabine.
    Ils sont un peu moins d’une centaine à s’être déplacés pour rendre hommage à la jeune Irakienne. Des militants associatifs surtout, de ceux qui maraudent sur le littoral, hébergent ou soignent les plus fragiles et distribuent des repas dans les camps de Calais (Pas-de-Calais) et Loon-Plage (Nord). Ils sont présents au côté des parents de la petite fille, Mohamed et Nour, et de leurs trois fils, Muhaimen, 14 ans, Hassan, 10 ans, et Moamel, 8 ans. Les deux plus jeunes pleurent leur sœur aux côtés de leur mère, enceinte de plus de huit mois, tandis que le père glisse dans un petit sac plastique une poignée de la terre qui recouvre sa fille. Une terre qu’il n’avait jamais imaginé fouler alors qu’il a quitté Bagdad en 2017, où il travaillait comme chauffeur de bus.
    « Nous avons vécu trois ans et cinq mois en Grèce et deux ans en Allemagne, à Oldenbourg [Basse-Saxe], confie-t-il. A chaque fois, nos demandes d’asile ont été rejetées et nous avions peur d’être expulsés en Irak. Si l’Allemagne nous avait donné des papiers, ma fille ne serait pas morte. » « Notre sœur était la meilleure à l’école », rapporte le fils aîné, Muhaimen, dans un anglais rudimentaire. « C’est à cause de Dublin que nous ne pouvons pas rester en Europe », poursuit-il, en mimant avec ses mains une prise d’empreintes, comme celle qui permet aux autorités d’un pays européen de savoir si un étranger a déjà été enregistré dans un autre Etat membre. En vertu du règlement européen de Dublin, elles peuvent alors refuser d’instruire sa demande d’asile et l’y transférer. « Nous sommes obligés d’aller en Angleterre, reprend le père, âgé de 42 ans. Si nous demandons l’asile en France, nous serons “dublinés” et renvoyés. »
    En payant 6 000 euros, Mohamed et Nour Al Mayali pensaient s’acquitter d’une somme suffisante pour rejoindre le Royaume-Uni en famille. Ils n’avaient pas imaginé que les passeurs essaieraient de les entasser à une vingtaine, dont dix enfants, sur une barque de moins de 5 mètres de long. »
    Après le naufrage, Nour et ses fils ont été hébergés une nuit par le 115 avant d’être pris en charge par le réseau associatif, tandis que le père a été placé en garde à vue, puis libéré sans poursuites, tout comme les deux autres pères de famille présents à bord de la barque cette nuit-là. Une enquête en flagrance a été ouverte par le parquet de Dunkerque (Nord), notamment pour « homicide involontaire » et « aide à l’entrée et au séjour irrégulier en bande organisée avec mise en danger d’autrui ».Depuis le début de l’année, les autorités observent une suroccupation croissante des « small boats », du nom de ces embarcations de fortune qui tentent les traversées de la Manche et de la mer du Nord vers les côtes anglaises. « Il y a en moyenne cinquante personnes par bateau, contre quarante l’an dernier, explique-t-on à la préfecture des Hauts-de-France. Et leur qualité se dégrade. » En dépit des risques pris, quelque 3 200 personnes ont déjà rejoint le Royaume-Uni en 2024, dont près d’un millier sur la seule semaine écoulée. A côté de ça, au moins neuf personnes sont mortes noyées depuis janvier, contre douze sur l’ensemble de l’année 2023 et cinq en 2022. « La mortalité augmente plus vite que les traversées », observe Nikolaï Posner, de l’association d’aide aux migrants Utopia 56.
    Depuis Watten, la famille de Rola Al Mayali avait encore une trentaine de kilomètres à naviguer et des écluses à passer avant d’arriver dans la mer du Nord par le port de Gravelines. « C’est un sacré périple, c’est fou », s’étonne encore le maire socialiste de Gravelines, Bertrand Ringot, qui dit avoir demandé à l’Etat de disposer une ligne de bouées pour empêcher le passage de bateaux qui arriveraient par le canal de l’Aa en amont du port de plaisance de sa commune.
    Un dispositif que les pouvoirs publics ont déjà mis en place ailleurs, en travers du canal des Dunes, des fleuves de la Canche et de l’Authie. Un plaisancier du port d’Etaples-sur-Mer (Pas-de-Calais) se souvient de l’époque, révolue depuis l’installation d’un barrage flottant en août 2023, où les passeurs faisaient du « cabotage » le long de la Canche en ramassant des personnes en divers points, pour ensuite rejoindre la Manche.Une façon d’éviter les mises à l’eau sur les plages du littoral, plus visibles et plus facilement entravées par les forces de l’ordre. « Les réseaux s’adaptent sans cesse », insiste-t-on à la préfecture des Hauts-de-France. Depuis le début de l’année, quatorze traversées ou tentatives de traversée ont été détectées à partir du canal de l’Aa, où la jeune Rola Al Mayali s’est noyée. (...)Les départs en mer restent cependant majoritaires et s’égrainent désormais tout le long de la côte, depuis la Belgique jusque, parfois, en baie de Somme.
    A ceux qui étaient venus le soutenir lors des funérailles, Mohamed Al Mayali, le père de Rola, a dit sa gratitude : « Je ne me suis pas senti étranger ici, en votre présence. » Le soir, la famille est retournée à la maison Sésame, à Herzeele (Nord), un lieu d’hospitalité citoyenne, qui permet d’offrir quelques jours de répit aux personnes en transit vers le Royaume-Uni. Un grand repas convivial y était organisé. Sylvie Desjonquères, une ancienne d’Emmaüs à l’origine de ce lieu de vie, voulait croire, jeudi soir, qu’« ici, il y a autre chose que des jungles et la frontière ».

    #Covid-19#migrant#migration#france#royaumeuni#traversee#manche#mortalite#sante#passeur#frontiere#prefecture#reseaux#baiedesomme#belgique#grandsynthe

  • Dans le Nord, les départs depuis les cours d’eau vers les côtes britanniques se multiplient - InfoMigrants
    https://www.infomigrants.net/fr/post/55650/dans-le-nord-les-departs-depuis-les-cours-deau-vers-les-cotes-britanni

    Dans le Nord, les départs depuis les cours d’eau vers les côtes britanniques se multiplient
    Par Louis Chahuneau Publié le : 06/03/2024 Dernière modification : 07/03/2024
    Une fillette de 7 ans est morte noyée dimanche, à Watten, dans le Pas-de-Calais, après avoir embarqué avec une quinzaine d’autres migrants, dont sa famille, sur un bateau sous-dimensionné qui a coulé dans l’Aa. Deux semaines plus tôt, un autre groupe de migrants avait rejoint le Royaume-Uni depuis ce fleuve. Les forces de l’ordre surveillent ce nouveau mode opératoire destiné à éviter les interventions sur les plages du littoral.
    Le maire de Watten (Pas-de-Calais) a été réveillé aux aurores par les gendarmes dimanche 3 mars. Tôt ce matin-là, un groupe de 16 migrants, dont 10 enfants, qui avait embarqué sur un petit bateau, a chaviré au niveau de cette commune située à une trentaine de kilomètres en amont du littoral, faisant un mort. La victime était une fillette âgée de sept ans. Elle est décédée des suites d’un arrêt cardio-respiratoire. « Quand je suis arrivé, le bateau avait déjà coulé », déclare à InfoMigrants Daniel Deschodt, maire de Watten.
    Le parquet de Dunkerque a ouvert une enquête pour « homicide involontaire », « blessures involontaires », « association de malfaiteurs » et « aide à l’entrée et au séjour irrégulier en bande organisée avec mise en danger d’autrui ». Trois passagers, dont le père de la fillette, ont été placés en garde à vue avant d’être libérés mardi sans poursuites, a déclaré le parquet de Dunkerque, chargé de l’enquête. Le père a déclaré être de nationalité irakienne, tandis que les deux autres gardés à vue ont affirmé qu’ils étaient de nationalité koweïtienne.
    La fillette se trouvait sur le bateau avec ses trois frères et sœurs et sa mère enceinte. Ils ont chaviré à 30 kilomètres du littoral, sur le canal de l’Aa qui se jette dans la mer du Nord. « On a une écluse, mais ça ne leur fait pas peur. On a surtout un trafic assez important avec des porte-conteneurs. Là, c’était un dimanche matin donc il y avait moins de trafic, mais avec un petit bateau sur l’Aa, si vous croisez un porte-container, ça va tanguer, donc c’est risqué », explique Daniel Deschodt.
    Jusqu’au début d’année, la commune de 2 650 habitants était épargnée par le flux migratoire qui transite par les Hauts-de-France en direction du Royaume-Uni. Désormais, les migrants tentent d’embarquer depuis les cours d’eau de la région pour atteindre les côtes britanniques. Une manière de contourner les patrouilles de police et de gendarmerie qui quadrillent les plages du Nord et du Pas-de-Calais, d’autant plus qu’officiellement, ces dernières n’ont plus le droit d’intervenir une fois les embarcations mises à l’eau.
    « Le phénomène des taxi-boats n’est pas nouveau. La seule nouveauté, c’est qu’ils utilisent le canal de l’Aa pour mettre à l’eau les embarcations », explique Mathilde Potel, commissaire adjointe en charge de la lutte contre l’immigration irrégulière sur le littoral. Selon elle, une dizaine de départs ont été comptabilisés sur l’Aa depuis quelques semaines, et 26 sur la Canche en trois mois, avant la mise en place du barrage flottant.
    Même constat du côté des associations : « Ça fait un peu plus d’un an qu’on en entend parler, réagit Amélie Moyart, coordinatrice d’Utopia 56 à Grande-Synthe. C’est un phénomène qui reste très restreint, mais ça montre que les migrants cherchent des solutions [alternatives] parce qu’on ne leur propose rien d’autre. [Pour eux] il n’y a toujours pas de possibilité de se rendre en Angleterre de façon légale [depuis la France]. » Il y a deux semaines déjà, un bateau de pêche volé à Watten avait été retrouvé au Royaume-Uni. Les exilés avaient réussi leur pari. « J’ai le sentiment que ça va se reproduire. J’ai déjà des habitants qui rapatrient leur bateau chez eux pour éviter les vols », réagit le maire de la commune, Daniel Deschodt.
    En 2023, c’est la commune de Dannes, dans le Pas-de-Calais, qui a été approchée par des groupes de migrants. Bien que très au sud des côtes britanniques, elle bénéficie d’une réserve naturelle où les passeurs peuvent enterrer du matériel nautique, ainsi que de la proximité immédiate de la Canche, un autre fleuve qui se jette dans la Manche.
    Pour empêcher l’intervention des forces de l’ordre, les passeurs font monter les passagers depuis les berges du fleuve avant de remonter les côtes jusqu’au Royaume-Uni. Pour endiguer ce phénomène des « taxi-boats », les services de la préfecture ont fait installer un barrage flottant sur la Canche pour empêcher le passage des embarcations, puis sur l’Authie, autre fleuve qui se jette dans la mer près de Fort-Mahon. « C’est important pour nous d’endiguer ce mode opératoire, le canal de l’Aa est peu profond mais il y a quand même des décès », déclare la commissaire adjointe Mathilde Potel.
    Depuis quelques mois, on observe désormais des départs depuis la Baie de Somme. « Il y en a eu plus d’une dizaine en 2023 », assure Amélie Moyart d’Utopia 56. En février, le préfet maritime de la Manche et de la mer du Nord, Marc Véran, avait relevé que « ces traversées sont de plus en plus dangereuses ».
    En 2023, les autorités se sont félicitées d’une baisse de 30% des traversées de la Manche avec 30 000 passages contre près de 46 000 en 2022, une année record. Dans la nuit de lundi à mardi, près de 401 migrants ont tenté leur chance vers le Royaume-Uni, soit le plus haut nombre depuis le début de l’année 2024.

    #Covid-19#migrant#migration#france#royaumeuni#traversee#manche#frontiere#mortalite#pasdecalais#baiedesomme#sante#PREMAR#taxiboats

  • La memoria rimossa. « Il Massacro di Addis Abeba »

    Il graphic novel racconta la strage che seguì al fallito attentato al governatore e viceré d’Etiopia #Rodolfo_Graziani, avvenuto ad Addis Abeba il 19 febbraio 1937. La feroce rappresaglia, che costò la vita a migliaia di etiopi, è una prova incontestabile del nostro comportamento coloniale utile a smontare il mito degli “#Italiani_Brava_Gente”.

    Destinato al pubblico più vasto, il lavoro di Giacopetti è pensato come strumento utile ad affrontare la storia coloniale anche nelle scuole, per questo include un agile glossario di termini, locuzioni e acronimi che arricchiscono la lettura.

    https://www.meltingpot.org/2024/03/la-memoria-rimossa-il-massacro-di-addis-abeba

    Pour télécharger la BD :
    https://resistenzeincirenaicacom.files.wordpress.com/2024/02/a5_il_massacro_di_addis_abeba_fumetto_federazione_delle_resistenze.pdf

    #bande_dessinée #BD #livre #massacre #Addis_Abeba #Italie #Italie_coloniale #colonialisme #mémoire #19_février_1937 #Ethiopie #colonialisme #histoire

    –-

    ajouté à la métaliste sur le #colonialisme_italien :
    https://seenthis.net/messages/871953

  • Border security with drones and databases

    The EU’s borders are increasingly militarised, with hundreds of millions of euros paid to state agencies and military, security and IT companies for surveillance, patrols and apprehension and detention. This process has massive human cost, and politicians are planning to intensify it.

    Europe is ringed by steel fences topped by barbed wire; patrolled by border agents equipped with thermal vision systems, heartbeat detectors, guns and batons; and watched from the skies by drones, helicopters and planes. Anyone who enters is supposed to have their fingerprints and photograph taken for inclusion in an enormous biometric database. Constant additions to this technological arsenal are under development, backed by generous amounts of public funding. Three decades after the fall of the Berlin Wall, there are more walls than ever at Europe’s borders,[1] and those borders stretch ever further in and out of its territory. This situation is the result of long-term political and corporate efforts to toughen up border surveillance and controls.

    The implications for those travelling to the EU depend on whether they belong to the majority entering in a “regular” manner, with the necessary paperwork and permissions, or are unable to obtain that paperwork, and cross borders irregularly. Those with permission must hand over increasing amounts of personal data. The increasing automation of borders is reliant on the collection of sensitive personal data and the use of algorithms, machine learning and other forms of so-called artificial intelligence to determine whether or not an individual poses a threat.

    Those without permission to enter the EU – a category that includes almost any refugee, with the notable exception of those who hold a Ukrainian passport – are faced with technology, personnel and policies designed to make journeys increasingly difficult, and thus increasingly dangerous. The reliance on smugglers is a result of the insistence on keeping people in need out at any cost – and the cost is substantial. Thousands of people die at Europe’s borders every year, families are separated, and people suffer serious physical and psychological harm as a result of those journeys and subsequent administrative detention and social marginalisation. Yet parties of all political stripes remain committed to the same harmful and dangerous policies – many of which are being worsened through the new Pact on Migration and Asylum.[2]

    The EU’s border agency, Frontex, based in Warsaw, was first set up in 2004 with the aim of providing technical coordination between EU member states’ border guards. Its remit has been gradually expanded. Following the “migration crisis” of 2015 and 2016, extensive new powers were granted to the agency. As the Max Planck Institute has noted, the 2016 law shifted the agency from a playing “support role” to acting as “a player in its own right that fulfils a regulatory, supervisory, and operational role.”[3] New tasks granted to the agency included coordinating deportations of rejected refugees and migrants, data analysis and exchange, border surveillance, and technology research and development. A further legal upgrade in 2019 introduced even more extensive powers, in particular in relation to deportations, and cooperation with and operations in third countries.

    The uniforms, guns and batons wielded by Frontex’s border guards are self-evidently militaristic in nature, as are other aspects of its work: surveillance drones have been acquired from Israeli military companies, and the agency deploys “mobile radars and thermal cameras mounted on vehicles, as well as heartbeat detectors and CO2 monitors used to detect signs of people concealed inside vehicles.”[4] One investigation described the companies that have held lobbying meetings or attended events with Frontex as “a Who’s Who of the weapons industry,” with guests including Airbus, BAE Systems, Leonardo and Thales.[5] The information acquired from the agency’s surveillance and field operations is combined with data provided by EU and third country agencies, and fed into the European Border Surveillance System, EUROSUR. This offers a God’s-eye overview of the situation at Europe’s borders and beyond – the system also claims to provide “pre-frontier situational awareness.”

    The EU and its member states also fund research and development on these technologies. From 2014 to 2022, 49 research projects were provided with a total of almost €275 million to investigate new border technologies, including swarms of autonomous drones for border surveillance, and systems that aim to use artificial intelligence to integrate and analyse data from drones, satellites, cameras, sensors and elsewhere for “analysis of potential threats” and “detection of illegal activities.”[6] Amongst the top recipients of funding have been large research institutes – for example, Germany’s Fraunhofer Institute – but companies such as Leonardo, Smiths Detection, Engineering – Ingegneria Informatica and Veridos have also been significant beneficiaries.[7]

    This is only a tiny fraction of the funds available for strengthening the EU’s border regime. A 2022 study found that between 2015 and 2020, €7.7 billion had been spent on the EU’s borders and “the biggest parts of this budget come from European funding” – that is, the EU’s own budget. The total value of the budgets that provide funds for asylum, migration and border control between 2021-27 comes to over €113 billion[8]. Proposals for the next round of budgets from 2028 until 2035 are likely to be even larger.

    Cooperation between the EU, its member states and third countries on migration control comes in a variety of forms: diplomacy, short and long-term projects, formal agreements and operational deployments. Whatever form it takes, it is frequently extremely harmful. For example, to try to reduce the number of people arriving across the Mediterranean, member states have withdrawn national sea rescue assets (as deployed, for example, in Italy’s Mare Nostrum operation) whilst increasing aerial surveillance, such as that provided by the Israel-produced drones operated by Frontex. This makes it possible to observe refugees attempting to cross the Mediterranean, whilst outsourcing their interception to authorities from countries such as Libya, Tunisia and Egypt.

    This is part of an ongoing plan “to strengthen coordination of search and rescue capacities and border surveillance at sea and land borders” of those countries. [9] Cooperation with Tunisia includes refitting search and rescue vessels and providing vehicles and equipment to the Tunisian coastguard and navy, along with substantial amounts of funding. The agreement with Egypt appears to be structured along similar lines, and five vessels have been provided to the so-called Libyan Coast Guard in 2023.[10]

    Frontex also plays a key role in the EU’s externalised border controls. The 2016 reform allowed Frontex deployments at countries bordering the EU, and the 2019 reform allowed deployments anywhere in the world, subject to agreement with the state in question. There are now EU border guards stationed in Albania, Montenegro, Serbia, Bosnia and Herzegovina, and North Macedonia.[11] The agency is seeking agreements with Niger, Senegal and Morocco, and has recently received visits from Tunisian and Egyptian officials with a view to stepping up cooperation.[12]

    In a recent report for the organisation EuroMed Rights, Antonella Napolitano highlighted “a new element” in the EU’s externalisation strategy: “the use of EU funds – including development aid – to outsource surveillance technologies that are used to entrench political control both on people on the move and local population.” Five means of doing so have been identified: provision of equipment; training; financing operations and procurement; facilitating exports by industry; and promoting legislation that enables surveillance.[13]

    The report highlights Frontex’s extended role which, even without agreements allowing deployments on foreign territory, has seen the agency support the creation of “risk analysis cells” in a number of African states, used to gather and analyse data on migration movements. The EU has also funded intelligence training in Algeria, digital evidence capacity building in Egypt, border control initiatives in Libya, and the provision of surveillance technology to Morocco. The European Ombudsman has found that insufficient attention has been given to the potential human rights impacts of this kind of cooperation.[14]

    While the EU and its member states may provide the funds for the acquisition of new technologies, or the construction of new border control systems, information on the companies that receive the contracts is not necessarily publicly available. Funds awarded to third countries will be spent in accordance with those countries’ procurement rules, which may not be as transparent as those in the EU. Indeed, the acquisition of information on the externalisation in third countries is far from simple, as a Statewatch investigation published in March 2023 found.[15]

    While EU and member state institutions are clearly committed to continuing with plans to strengthen border controls, there is a plethora of organisations, initiatives, campaigns and projects in Europe, Africa and elsewhere that are calling for a different approach. One major opportunity to call for change in the years to come will revolve around proposals for the EU’s new budgets in the 2028-35 period. The European Commission is likely to propose pouring billions more euros into borders – but there are many alternative uses of that money that would be more positive and productive. The challenge will be in creating enough political pressure to make that happen.

    This article was originally published by Welt Sichten, and is based upon the Statewatch/EuroMed Rights report Europe’s techno-borders.

    Notes

    [1] https://www.tni.org/en/publication/building-walls

    [2] https://www.statewatch.org/news/2023/december/tracking-the-pact-human-rights-disaster-in-the-works-as-parliament-makes

    [3] https://www.mpg.de/14588889/frontex

    [4] https://www.theguardian.com/global-development/2021/dec/06/fortress-europe-the-millions-spent-on-military-grade-tech-to-deter-refu

    [5] https://frontexfiles.eu/en.html

    [6] https://www.statewatch.org/publications/reports-and-books/europe-s-techno-borders

    [7] https://www.statewatch.org/publications/reports-and-books/europe-s-techno-borders

    [8] https://www.statewatch.org/publications/reports-and-books/europe-s-techno-borders

    [9] https://www.statewatch.org/news/2023/november/eu-planning-new-anti-migration-deals-with-egypt-and-tunisia-unrepentant-

    [10] https://www.statewatch.org/media/4103/eu-com-von-der-leyen-ec-letter-annex-10-23.pdf

    [11] https://www.statewatch.org/analyses/2021/briefing-external-action-frontex-operations-outside-the-eu

    [12] https://www.statewatch.org/news/2023/november/eu-planning-new-anti-migration-deals-with-egypt-and-tunisia-unrepentant-, https://www.statewatch.org/publications/events/secrecy-and-the-externalisation-of-eu-migration-control

    [13] https://privacyinternational.org/challenging-drivers-surveillance

    [14] https://euromedrights.org/wp-content/uploads/2023/07/Euromed_AI-Migration-Report_EN-1.pdf

    [15] https://www.statewatch.org/access-denied-secrecy-and-the-externalisation-of-eu-migration-control

    https://www.statewatch.org/analyses/2024/border-security-with-drones-and-databases
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