• Il cotone “sporco e insostenibile” di #Zara ed #H&M e la distruzione del #Cerrado

    La Ong inglese #Earthsight ha condotto un’inchiesta per un anno lungo la filiera di questa fibra tessile: i due marchi della fast fashion avrebbero immesso sul mercato 800mila tonnellate di cotone coltivato su terreni disboscati illegalmente nella savana tropicale che copre un terzo del Brasile. “Il sistema di filiera ‘etica’ su cui si basano questi colossi è fondamentalmente difettoso”

    Se negli ultimi anni avete acquistato vestiti di cotone, asciugamani o lenzuola di H&M o Zara “probabilmente sono macchiati del saccheggio del Cerrado”, un’area ricchissima di biodiversità che copre quasi un quarto della superficie del Brasile. Sam Lawson, direttore della Ong britannica Earthsight, non usa mezzi termini per commentare l’esito dell’inchiesta “Fashion crimes. The European retail giants linked to dirty Brazilian cotton”, pubblicata l’11 aprile, che analizza la lunga e insostenibile filiera di questa fibra dalla produzione (in Brasile) alla lavorazione (in Paesi come Indonesia e Bangladesh), fino alla commercializzazione in Europa (Italia compresa) dove, secondo le stime di Earthsight, i due brand avrebbero messo in commercio prodotti realizzati con 800mila tonnellate di cotone coltivato su terreni disboscati illegalmente nel Cerrado.

    Ma andiamo con ordine. L’inchiesta di Earthsigh prende le mosse proprio dal grande Paese latinoamericano che, negli ultimi dieci anni, ha guadagnato crescente importanza nel mercato globale del cotone, di cui oggi è il secondo esportatore mondiale “e si prevede che entro il 2030 supererà gli Stati Uniti”. Il cuore di questa produzione si concentra in uno degli ecosistemi più fragili e preziosi del mondo: il Cerrado, una grande savana tropicale che ospita una delle più importanti aree di biodiversità al mondo, dove vivono oltre seimila specie di alberi così come centinaia di rettili, mammiferi, anfibi e uccelli.

    La sopravvivenza di questo inestimabile patrimonio è minacciata dalla deforestazione illegale che nel 2023 ha raggiunto livelli record, con un aumento del 43% rispetto al 2022. “Circa la metà della vegetazione nativa del Cerrado è già andata perduta, soprattutto per far posto all’espansione dell’agrobusiness”, evidenzia il report. Milioni di litri d’acqua vengono prelevati regolarmente dai fiumi e dalle falde per irrigare i campi di cotone, la cui coltivazione richiede l’utilizzo di 600 milioni di litri di pesticidi ogni anno.

    L’inchiesta di Earthsight analizza in particolare il ruolo di due dei principali produttori di cotone brasiliani: il gruppo Horita e SLC Agrícola che controllano enormi aziende e centinaia di migliaia di ettari di terreno. “Nel 2014 l’agenzia ambientale dello Stato di Bahia ha rilevato 25mila ettari deforestati illegalmente nelle aziende agricole di Horita a Estrondo -si legge nel report-. Nel 2020 la stessa agenzia ha dichiarato di non essere riuscita a trovare i permessi per altri 11.700 ettari deforestati dall’azienda tra il 2010 e il 2018”. Tra il 2010 e il 2019 l’azienda è stata multata complessivamente più di venti volte, per un totale di 4,5 milioni di dollari, per violazioni ambientali.

    https://i0.wp.com/altreconomia.it/app/uploads/2024/04/7.-Cerrado-accumulated-deforestation-1987-2022.png

    Altrettanto gravi, le denunce rivolte a SLC Agrícola: tre aziende, tutte coltivate a cotone, hanno cancellato per sempre 40mila ettari di Cerrado nativo negli ultimi 12 anni. E, sebbene l’azienda abbia adottato una politica “zero deforestazione” nel 2021, è accusata di aver distrutto altri 1.356 ettari di vegetazione nel 2022. Accuse che hanno spinto il fondo pensionistico pubblico della Norvegia a ritirare i propri investimenti nella società brasiliana.

    Al termine di un lavoro d’inchiesta di un anno -durante il quale hanno analizzato migliaia di registri di spedizione, relazioni aziendali, elenchi di fornitori e siti web– i ricercatori di Earthsight hanno ricostruito la filiera che porta il cotone coltivato illegalmente nel Cerrado nei negozi di Zara ed H&M e poi negli armadi di milioni di persone. I ricercatori hanno identificato otto produttori di abbigliamento asiatici che utilizzano il cotone Horita e SLC e che allo stesso tempo forniscono alle due società di fast fashion milioni di capi di cotone finiti. Tra questi figura l’indonesiana PT Kahatex “il più grande acquirente di cotone contaminato Horita e SLC che abbiamo trovato”. H&M è il secondo cliente dell’azienda indonesiana, da cui ha acquistato milioni di paia di calzini, pantaloncini e pantaloni che sono poi stati messi in vendita nei negozi del gruppo negli Stati Uniti, in Germania, nel Regno Unito, in Svezia, nei Paesi Bassi, in Belgio, in Spagna, in Francia, in Polonia, in Irlanda, in Italia.

    Il cotone sporco del Cerrado è finito anche negli stabilimenti di Jamuna Group, uno dei maggiori conglomerati industriali del Bangladesh: “Nei negozi Zara in Europa, fino ad agosto 2023, sono stati venduti per 235 milioni di euro jeans e altri capi in denim confezionati da Jamuna, circa 21.500 paia al giorno -si legge nel report-. Inditex importa i capi prodotti da Jamuna in Spagna e nei Paesi Bassi, da dove li distribuisce ai suoi negozi Zara, Bershka e Pull&Bear in tutta Europa”. Complessivamente, secondo le stime che i ricercatori hanno elaborato consultando i registri delle spedizioni il Gruppo Horita e SLC Agrícola hanno esportato direttamente almeno 816mila tonnellate di cotone da Bahia verso i mercati esteri tra il 2014 e il 2023. Una quantità di materia prima sufficiente a produrre dieci milioni di capi d’abbigliamento e prodotti per la casa tra lenzuola, tovaglie e tende.

    Ma come è stato possibile, si sono chiesti i ricercatori, che le catene di approvvigionamento dei due marchi di moda siano state “contaminate” da cotone brasiliano legato a deforestazione e land grabbing? “Parte della risposta sta nel fatto che le loro politiche etiche sono piene di falle. Ma soprattutto, il sistema di filiera etica su cui si basano è fondamentalmente difettoso”.

    Il riferimento è al fatto che, nel tentativo di presentarsi come sostenibili e responsabili, i due brand si sono affidati a un sistema di certificazione denominato Better Cotton (BC). “Il cotone che abbiamo collegato agli abusi ambientali a Bahia ne riportava il marchio di qualità. Questo non dovrebbe sorprendere dal momento che Better Cotton è stata ripetutamente accusata di greenwashing e criticata per non aver garantito la piena tracciabilità delle catene di approvvigionamento”, scrivono i ricercatori di Earthsight nel rapporto. Evidenziando come, sebbene dal primo marzo 2024 le regole di BC siano state aggiornate, rimangano comunque una serie di criticità e di punti deboli. A partire dal fatto che il cotone proveniente da terreni disboscati illegalmente prima del 2020 venga ancora certificato.

    “È ormai molto chiaro che i crimini legati ai beni che consumiamo devono essere affrontati attraverso la regolamentazione, non attraverso le scelte dei consumatori -conclude Sam Lawson, direttore di Earthsignt-. Ciò significa che i legislatori dei Paesi consumatori dovrebbero mettere in atto leggi forti con un’applicazione rigorosa. Nel frattempo, gli acquirenti dovrebbero pensarci due volte prima di acquistare il prossimo capo di abbigliamento in cotone”.

    https://altreconomia.it/il-cotone-sporco-e-insostenibile-di-zara-ed-hm-e-la-distruzione-del-cer
    #industrie_textile #coton #mode #déforestation #Brésil #rapport #chiffres #statistiques #SLC_Agrícola #Horita #SLC #fast-fashion #land_grabbing #accaparement_de_terres #Better_Cotton #greenwashing #green-washing

    • Fashion Crimes: The European Retail Giants Linked to Dirty Brazilian Cotton


      Key Findings:

      - The world’s largest fashion brands, H&M and Zara, use cotton linked to land grabbing, illegal deforestation, violence, human rights violations and corruption in Brazil.
      - The cotton is grown by two of Brazil’s largest agribusinesses – SLC Agrícola and the Horita Group – in western Bahia state, a part of the precious Cerrado biome, which has been heavily deforested in recent decades to make way for industrial-scale agriculture.
      - Unlike in the Amazon, deforestation in the Cerrado is getting worse. The biome is home to five per cent of the world’s species. Many face extinction due to habitat loss if current deforestation trends are not reversed.
      - For centuries, traditional communities have lived in harmony with nature. These communities have seen their lands stolen and suffered attacks by greedy agribusinesses serving global cotton markets.
      - The tainted cotton in H&M and Zara’s supply chains is certified as ethical by the world’s largest cotton certification scheme, Better Cotton, which has failed to detect the illegalities committed by SLC and Horita. Better Cotton’s deep flaws will not be addressed by a recent update to its standards.
      - Failure by the fashion sector to monitor and ensure sustainability and legality in its cotton supply chains means governments in wealthy consumer markets must regulate them. Once in place, rules must be strictly enforced.

      https://www.earthsight.org.uk/fashion-crimes

  • RTS : L’inquiétude de la population qui vit sur le tracé du futur collisionneur du CERN

    À Genève et en France voisine, le projet gigantesque du nouvel accélérateur de particules du CERN, prévu pour 2045, fait débat. Actuellement à l’étude, son impact environnemental suscite déjà des craintes auprès de la population.

    La petite commune française de Charvonnex, située à 35 kilomètres au sud de Genève, est un lieu encore préservé : une route et, tout autour, des forêts et des champs.


    Ce tableau champêtre n’existera bientôt plus. La commune se situe en effet sur le tracé du futur collisionneur circulaire du CERN (FCC). C’est à cet endroit précis que prendra place l’un des huit sites de surface du FCC, d’une superficie de cinq hectares. Le tunnel, lui, sera creusé à 200 mètres de profondeur et mesurera 91 kilomètres.

    Une aberration écologique
    « C’est un territoire qui est déjà saturé par les travaux, la bétonnisation. On sent que les habitants en ont déjà marre, j’ai peur que le projet du CERN par dessus provoque une rébellion », peste Benjamin Joyeux, originaire de la commune de Fillinges, en Haute-Savoie.

    Alors qu’on demande aux habitants de faire un effort pour baisser leurs émissions de gaz à effet de serre, le projet du CERN vient ajouter des tonnes et des tonnes d’émissions de CO2
    Benjamin Joyeux, conseiller régional Auvergne-Rhône-Alpes 

    Le conseiller régional Auvergne-Rhône-Alpes craint les répercussions locales du projet, mais pas seulement. Membre du parti Les Écologistes, il estime que la consommation d’énergie et les émissions de CO2 qui découlent du futur FCC sont une aberration : « Alors qu’on demande aux habitants de faire un effort pour baisser leurs émissions de gaz à effet de serre, le projet du CERN vient ajouter des tonnes et des tonnes d’émissions de CO2. »

    Un projet à plusieurs tonnes de CO2
    La suite : https://www.rts.ch/info/regions/geneve/2024/article/l-inquietude-de-la-population-qui-vit-sur-le-trace-du-futur-collisionneur-du-cer

    #béton #cern #scientifiques #co2 #artificialisation des #sols #destruction #atomes #suisse #recherche

  • Araser, creuser, terrasser : comment le béton façonne le monde, Nelo Magalhães
    https://www.terrestres.org/2024/04/05/araser-creuser-terrasser-comment-le-beton-faconne-le-monde

    Nos infrastructures pèsent un poids matériel et écologique dont nous n’avons pas idée. Ainsi, une autoroute contemporaine exige 30 tonnes de sable et gravier par mètre. Pour commencer à explorer cette histoire environnementale des grandes infrastructures, nous publions l’introduction du livre Accumuler du béton, tracer des routes.

    #livre #béton #infrastructures #autoroutes #écologie

    • Accumuler du béton, tracer des routes. Une histoire environnementale des #grandes_infrastructures

      Dans les décennies d’après-guerre, des milliers de kilomètres de routes et d’autoroutes sortent de terre pour soutenir l’intensification du trafic et relier, à travers les paysages agricoles remembrés, les métropoles aux zones industrielles, ports, aéroports, centrales électriques et complexes touristiques. C’est le début d’une « Grande accélération » qui bouleverse la production de l’espace. Sur les chantiers, le béton coule à flots tandis que le bruit des machines (qui ne font pas grève) a remplacé le tumulte des terrassiers. La chimie et l’industrialisation des techniques affranchissent la construction des contraintes du relief, du climat et de la géologie : « abstraire le sol » pour faire passer la route – et supporter le poids des camions – devient un leitmotiv de « l’aménagement du territoire » qui nécessite l’extraction et le déplacement continus de milliards de mètres cubes de terres, sable et granulat.

      Si les dégâts se font rapidement sentir dans le lit des rivières, les abords des carrières et dans l’atmosphère – sans parler de la mortalité sur les routes –, la frénésie du bitume n’a jamais faibli : il faut sans cesse réparer, épaissir, étendre cette infrastructure dévoreuse d’hectares et d’argent public. Ce livre offre une remarquable vue en coupe de cet engrenage technique, économique et politique. Alors que les luttes se multiplient contre le modèle routier et l’industrie cimentière, il identifie quelques verrous qui rendent le bâti si pesant. Un préalable pour penser des perspectives plus légères.

      https://lafabrique.fr/accumuler-du-beton-tracer-des-routes

      #sable #livre #Nelo_Magalhães #Nelo_Magalhaes

  • « Il n’existe aucun scénario de transition qui n’implique des changements profonds dans notre relation aux animaux »

    Dans la seconde moitié du mois de mars, quelque part sur la côte qui s’étire entre Kerpape et Larmor-Plage, dans le Morbihan, une laie a pris la mer. Elle s’est jetée dans les flots, sans doute poussée vers l’océan par une battue organisée sur le territoire des deux communes. Mue par une force mystérieuse dont nul ne saura jamais rien, elle a affronté le large. Elle a nagé près de dix kilomètres avant d’accoster sur les rivages de l’île de Groix, au terme d’une épreuve d’autant plus rude qu’elle s’apprêtait à mettre bas.

    L’étrangeté de cette prouesse, son incongruité radicale nous portent à des questions non moins inhabituelles. A quoi pense un sanglier seul, perdu en pleine mer, bousculé par la houle ? Par quelles émotions est-il traversé ? A-t-il peur, et comment ? Hésite-t-il, après un moment, à faire demi-tour ? Quelque chose qui ressemble à de la joie lui passe-t-il par l’esprit lorsqu’il aperçoit enfin une terre à l’horizon ?

    L’épopée de cette laie nous renvoie à ce que nous pourrions projeter de plus humain sur l’animal : la singularité des individus, l’audace exploratrice, la confrontation avec l’inconnu, l’âpreté avec laquelle on lutte pour sa vie et, plus encore, pour celle qu’on s’apprête à donner. Sitôt arrivée à Groix, la laie s’est cachée dans un roncier et y a mis au monde trois petits. Lundi 25 mars, à peine le quotidien Ouest-France avait-il eu le temps de raconter l’histoire que des membres de l’amicale des chasseurs du coin sont tranquillement venus tuer tout ce petit monde – la mère et ses trois marcassins.

    Faits politiques majeurs

    Nul besoin d’être encarté au Parti animaliste pour ressentir un trouble à la lecture de ce fait divers. D’ailleurs, Ouest-France n’a pu l’évacuer en une brève, mais y a consacré pas moins de trois articles. Ce qui trouble, bien sûr, c’est le profond hiatus entre l’énergie déployée par la laie pour survivre et sauver ses petits – et par laquelle elle s’humanise en quelque sorte aux yeux de certains d’entre nous – et la brutalité désinvolte, irréfléchie, avec laquelle la mort, en définitive, lui est administrée.

    Ce n’est pas une histoire pour faire pleurnicher dans les chaumières. Derrière la manière dont nous traitons les #animaux, derrière les motifs et les modalités de leur mort, se cachent souvent des faits politiques majeurs. Et d’autant plus majeurs que nous savons désormais avec certitude qu’il n’existe aucun scénario de transition qui n’implique des changements profonds dans notre relation aux animaux.
    C’est vrai, on le sait, pour ce qui est du #bétail. Outre les questions éthiques qu’elles posent, l’intensification et l’industrialisation de la « production animale » ont des effets catastrophiques sur l’ensemble des #écosystèmes et sur la #santé humaine. La pression sur les #terres_agricoles, dont les deux tiers en Europe sont consacrés à nourrir porcs, bovins et volailles, la disponibilité de la ressource en #eau, la #pollution par les nitrates des cours d’eau, des aquifères et des écosystèmes côtiers, la #déforestation forcenée pour faire place aux monocultures de soja… à des degrés divers, la surconsommation de viande génère ou aggrave tous les grands périls environnementaux et sanitaires.
    Tout cela est directement indexé sur le nombre d’animaux que nous nous permettons de tuer chaque jour : d’une certaine manière, nous payons, et paierons toujours plus, le pouvoir sans limite ni partage que nous nous sommes donné sur leur vie.

    Pour saisir le lien avec notre laie groisillonne, il faut lire un bref et remarquable ouvrage des écologues et géographes Raphaël Mathevet et Roméo Bondon (Sangliers. Géographies d’un animal politique, Actes Sud, 2022). Ils y expliquent comment, et pourquoi, en l’espace d’un demi-siècle, le sanglier est passé du statut d’animal forestier discret à celui d’espèce proliférante et invasive, colonisant tous les milieux. Au début des années 1970, on tuait 35 000 sangliers par an en France. Aujourd’hui, ils sont environ 800 000 par an à être tués, sans que cela semble entamer sérieusement la magnitude des dégâts de toutes sortes qu’ils causent à l’environnement et aux activités humaines.

    Prolifération des sangliers

    Avec le remembrement agricole, l’arrachage des haies et la mise à l’équerre des paysages de nos campagnes, la raréfaction du petit gibier a peu à peu laissé les chasseurs orphelins de leurs proies. Pour perpétuer la chasse et le plaisir de tenir une vie au bout de son fusil, la prolifération des sangliers a été organisée par l’agrainage (nourrissage hivernal), l’#élevage et l’hybridation avec des cochons domestiques plus fertiles, des méthodes de #chasse sélectives, etc. « Alors que, par le passé, le chasseur exerçait un droit de souveraineté qui reposait sur l’alternative “faire mourir ou laisser vivre” le gibier, écrivent les deux auteurs, la chasse du XXe siècle se saisit d’un droit inverse, qui est double : celui de “pouvoir faire vivre et laisser mourir” le gibier. » Ce redoublement du pouvoir que nous nous octroyons sur la vie du gibier vient, là encore, avec un fardeau : subir sa pullulation.

    Mais est-il bien sérieux, alors que le monde traverse tant de drames, et que la famine est redevenue une arme de guerre, de s’appesantir sur le sort des bêtes ? L’indifférence à leur égard, répondent en général les militants de la cause animale, est l’antichambre de celle envers le malheur qui frappe nos semblables les plus fragiles.

    « Des cruautés que l’on voit dans les campagnes commettre sur les animaux, de l’aspect horrible de leur condition, date avec ma pitié pour eux la compréhension des crimes de la force, écrivait Louise Michel dans ses Mémoires, en 1886. C’est ainsi que ceux qui tiennent les peuples agissent envers eux ! »

    Stéphane Foucart
    https://www.lemonde.fr/idees/article/2024/03/31/ecologie-il-n-existe-aucun-scenario-de-transition-qui-n-implique-des-changem

    #indifférence #écologie

  • [Les Promesses de l’Aube] #betelgeuse à la Balsamine
    https://www.radiopanik.org/emissions/les-promesses-de-l-aube/betelgeuse-a-la-balsamine

    Ce mercredi, nous parlerons du spectacle Betelgeuse, prochainement à la Balsamine dans le cadre du Festival It Takes a City, en compagnie de Marthe Degaille, auteureuse, metteureuse en scène et acteurice.

    C’est l’histoire de Bételgeuse (1), une étoile géante rouge à l’aube de sa mort. Elle peut exploser à tout moment. À tout moment entre maintenant et dans 100 000 ans. Les années lumières faisant, il est même possible qu’elle ait déjà explosé et qu’on ne soit pas encore au courant (ce que tout le monde se demande).

    C’est l’histoire d’un groupe de scientifiques, coincées depuis des années dans un laboratoire d’expérimentations pluridisciplinaires de révolte in vitro. À force d’observer le micro-métagène de la révolte (2) sous tous ses angles, leur désir s’est émoussé. Mais une #expérience empathique ratée (...)

    #théâtre #femmes #théâtre,femmes,expérience,betelgeuse
    https://www.radiopanik.org/media/sounds/les-promesses-de-l-aube/betelgeuse-a-la-balsamine_17310__1.mp3

  • Soirées prestigieuses, promoteurs et champagne à volonté : « Dans le carré VIP, les filles sont du #bétail »
    https://www.lemonde.fr/m-perso/article/2023/12/23/soirees-prestigieuses-promoteurs-et-champagne-a-volonte-dans-le-carre-vip-le

    Mais que pensent ces jeunes filles de cette organisation où, pour la plupart, elles se savent utilisées comme produit d’appel ? Pour Olivia, toutes connaissent les règles du jeu et les acceptent. « C’est donnant-donnant, on sort gratuitement, mais on n’est forcées à rien. » Cette fille de diplomate insiste sur le fait qu’en étant à la table d’un promoteur elle se sent bien plus protégée que dans les espaces communs. « Quand on est en bas [dans la fosse], on est dix fois plus vulnérables. » De là-haut, les hommes ne peuvent qu’admirer les filles, tandis qu’elles profitent d’un sentiment d’exclusivité et de prestige.

    Nombre d’entre elles évoquent une impression de subversion lorsqu’elles relatent cette expérience au cours de laquelle elles sont ouvertement chosifiées. « On accepte d’être des bouts de viande pour profiter de notre soirée gratuitement, en son âme et conscience », assume Elise. D’une certaine manière, elles ont la sensation de tirer profit des faiblesses masculines pour s’amuser à moindre coût. Parfois, plus par jeu que par nécessité. Car ces jeunes filles sont loin d’être toutes issues des classes populaires. Selon Myrtille Picaud, sociologue chargée de recherches au CNRS, même « celles qui disposent d’un capital économique sont là aussi soumises aux attentes des hommes, au regard masculin, à la hiérarchisation des femmes entre elles, ce qui se traduit par le fait qu’on leur paie un verre ». A sa manière, le carré VIP fait perdurer une vision très archaïque des rapports femme-homme, où lui serait la source de prodigalité et le pourvoyeur de statut ; et elle l’objet.

    Pendant une soirée au Gotha, autre boîte cannoise, Elise se souvient d’un événement marquant. « Au carré VIP, les mecs pointaient des rayons laser sur les filles, dans la fosse, qu’ils trouvaient attirantes, pour qu’elles viennent les rejoindre en haut. Une fois, j’en ai vu un intimer à une fille de faire un tour sur elle-même, pour vérifier la marchandise. Puis le videur vient la chercher pour la faire monter. Etant donné qu’il a payé la table, c’est lui qui décide. Dans le carré VIP, les filles sont du bétail. » Comme si toutes les avancées sociales se dissolvaient une fois la lumière tamisée, « dans les espaces nocturnes, les femmes sont souvent renvoyées à leur rôle d’appât et de potentialité sexuelle », résume Myrtille Picaud.

    Version low cost, presque caricaturale

    Même si c’est là qu’il connaît sa forme la plus exacerbée, le carré VIP ne constitue pas un fantasme réservé aux seuls quartiers huppés de la capitale. Dans une version low cost, presque caricaturale, on le retrouve aussi bien dans les boîtes de campagne que dans les zones de fête à l’étranger, où on cultive un sentiment d’exclusivité à la petite semaine. Sur l’île de Malte, Donze, 21 ans, officie depuis quelques mois comme promotrice de soirées. La journée, elle vend des tickets à des groupes dans la rue, pour qu’ils aillent dans telle ou telle boîte le soir même, souvent dans des clubs grand public. « Nos soirées sont peu regardantes sur le dress code, n’importe qui entre en claquettes-chaussettes ! », lance-t-elle, rieuse.

    Quand elle vend une place, les hommes lui demandent toujours s’il y aura des représentantes du sexe opposé. Pour les faire venir, elle leur montre alors des vidéos promotionnelles sur son portable, où l’on voit des femmes twerkant en maillot de bain. « Les filles représentent notre produit d’appel. Mais nous aussi, en tant que promotrices, nous servons d’appât », confie cette jeune Auvergnate. En effet, son expérience atteste du mécanisme bien rodé du monde de la nuit, où le corps féminin fait office de monnaie d’échange. Même en étant promotrice, donc censément en position de force, Donze est tout aussi vulnérable : « J’ai déjà subi des attouchements, je me suis fait pincer les fesses, embrasser… Mais, pour l’instant, il ne m’est rien arrivé de plus grave. »

    https://archive.is/uISo6

    #femmes #corps_féminin #marchandise #patriarcat #boites_de_nuit #hommes #VSS

  • Sprecher der Berliner Fahrgäste: „Mit der U8 fahre ich nicht mehr“
    https://www.berliner-zeitung.de/mensch-metropole/sprecher-der-berliner-fahrgaeste-mit-der-u8-fahre-ich-nicht-mehr-li

    Die Bettler sind da und bevölkern die U-Bahn Linie 8. Unterträglich ist das für alle biederen Bürger.

    26.01.2023 von Peter Neumann - Zum Fototermin mit der Berliner Zeitung steigt Jens Wieseke in den U-Bahnhof Heinrich-Heine-Straße hinab. Doch normalerweise nutzt der Vizevorsitzende und Sprecher des Fahrgastverbands IGEB die düstere Station an der U8 nicht mehr. Im Interview erklärt der 58-jährige Berliner, der aus dem Osten der Stadt stammt und seinen Berufsweg als Briefträger mit Abitur begann, warum er manchmal lieber mit seinem Auto fährt. Der Fahrgastlobbyist äußert sich auch zum Desaster auf der U2 unter dem Alexanderplatz, zu Gottesdienstbesuchen mit Mobilitätssenatorin Bettina Jarasch, ob der BER einen U-Bahnanschluss braucht – und darüber, ob er wählen geht.
    ...
    Apropos Frau Jarasch: Vor Weihnachten haben Sie ein Foto getwittert, das Sie und die Grünen-Politikerin nach einem katholischen Gottesdienst in Berlin zeigt. Sehen Sie sich häufiger in der Kirche?

    Ich möchte nur so viel dazu sagen: Wir sind beide Katholiken, und es kommt vor, dass wir uns in dieser Eigenschaft sonntags sehen. Und ja, es kommt vor, dass es danach auch um unser gemeinsames Thema geht. Als nach dem Fahrplanwechsel im Dezember Probleme im Regionalzugverkehr deutlich wurden, schrieb mir die Senatorin zwei Stunden nach dem Gottesdienst eine Mail und bat um Hinweise. Wenige Tage später lud der Senat die Beteiligten zu einem Krisentreffen ein. Aber ich achte darauf, die Begegnungen nicht zu überfrachten. Auch Frau Jarasch hat ein Recht auf einen möglichst arbeitsfreien Sonntag.
    ...
    Wie kommen Sie zur Arbeit?

    Derzeit nicht mit dem öffentlichen Verkehr. Zwar liegt der Bahnhof Südkreuz nicht weit von meinem Arbeitsplatz in Schöneberg entfernt. Ich weigere mich aber, die U8 zu nutzen. Mit der U8 fahre ich nicht mehr, diese U-Bahn-Linie tue ich mir seit einigen Jahren nicht mehr an. In der warmen Jahreszeit gehe ich stattdessen ein paar Schritte weiter zur U2, zum U-Bahnhof Spittelmarkt, vom Potsdamer Platz nehme ich dann die S-Bahn oder den Regionalexpress. Aber im Winter fahre ich in den meisten Fällen mit meinem Auto zur Arbeit.
    ...
    Warum fahren Sie nicht mehr mit der U8?

    In unserem Verein gibt es den Spruch: Alles ist besser als die U8. Es sind viele negative Erlebnisse, die sich über die Jahre zu einem negativen Bild verdichtet haben. Es geht um Schmutz, Verwahrlosung und um vieles andere mehr, sowohl in den U-Bahnhöfen als auch in den Zügen. Wenn ich auf den Bahnhof Heinrich-Heine-Straße komme und alle Sitzbänke sind mit Drogenabhängigen oder Wohnungslosen besetzt, ist das einfach nicht schön. Ich stelle nicht in Abrede, dass es den Junkies schlecht geht und dass man sich um sie kümmern muss. Aber der Nahverkehr kann nicht die sozialen Probleme Berlins zulasten der Fahrgäste lösen. Das wäre unzumutbar. Auf der U8 ist es schon seit vielen Jahren nicht schön, und es wird immer schlimmer. Ich werfe den Bezirken und dem Senat vor, dass sie zu wenig unternehmen.

    #Berlin #U-Bahn #Alexanderplatz #Heinrich-Heine-Straße #Potsdamer_Platz #Spittelmarkt #Südkreuz #Religion #Bettler

  • [Occitanie] La stratégie aéroportuaire dans le viseur de la chambre régionale des comptes
    https://gazette-du-midi.fr/au-sommaire/collectivites/la-strategie-aeroportuaire-dans-le-viseur-de-la-chambre-regionale-de

    Enquête. Outre Toulouse et Montpellier, la région Occitanie compte sept aéroports qui accueillent 1,9 million de passagers par an via les vols low cost. Un trafic qui coûte cher aux finances publiques : de l’ordre de 30 M€ par an. À l’heure de la transition écologique, ce modèle est de moins en moins soutenable. C’est ce que rappelle la chambre régionale des comptes.

  • La diplomatie française contrariée par les choix de Macron sur le Proche-Orient
    https://archive.ph/2023.11.08-163506/https://www.lemonde.fr/international/article/2023/11/08/la-diplomatie-francaise-contrariee-par-les-choix-de-macron-sur-le-proche-ori

    Plusieurs dizaines de diplomates s’inquiètent du soutien sans nuance à Israël. Ils redoutent un impact profond sur l’image et la sécurité de la France dans les années à venir, et appellent à un cessez-le-feu immédiat. Certains auraient même imaginé de rédiger une note collective à leur ministre, Catherine Colonna. Depuis le 7 octobre, cette dernière a été dépêchée à deux reprises dans la région, puis au siège des Nations unies, à New York, mais reste quasi inaudible.

    « On s’oppose à ce qui s’apparente à un alignement sur Israël, mais nous n’avons pas moyen de le faire savoir. Il est absurde de ne pas appeler à un cessez-le-feu. Un cessez-le-feu n’est pas une trêve humanitaire, résume un diplomate.

    Ce qui se passe maintenant aura un impact énorme, pendant des dizaines d’années, sur l’image et la sécurité de la France. Les gagnants sont la Russie et la Turquie. Tout est lié au problème du cessez-le-feu : la France donne une caution morale et politique à Nétanyahou dans sa conduite de la guerre. »

    […]

    « La cause palestinienne est vraiment l’étalon de la #duplicité occidentale pour les capitales des pays émergents ou en développement. »

    #Gaza

    • Parmi les plus critiques figurent les personnels de la direction de l’Afrique du Nord et du Moyen-Orient (ANMO), la plus en contact avec les pays de la région, et souvent surnommée la « rue arabe » au sein du Quai d’Orsay. Leur frustration est d’autant plus vive que le conflit alimente en interne le clivage traditionnel avec les tenants d’une ligne très atlantiste, et pro-israélienne. Mais la fronde va au-delà. Plusieurs dizaines de diplomates s’inquiètent du soutien sans nuance à Israël. Ils redoutent un impact profond sur l’image et la sécurité de la #France dans les années à venir, et appellent à un #cessez-le-feu immédiat. Certains auraient même imaginé de rédiger une note collective à leur ministre, Catherine Colonna. Depuis le 7 octobre, cette dernière a été dépêchée à deux reprises dans la région, puis au siège des Nations unies, à New York, mais reste quasi inaudible.[...]
      A la veille de la conférence sur Gaza, M. Macron et les officiels français ont d’ailleurs fort à faire pour convaincre de l’opportunité d’un tel événement, alors qu’#Israël refuse toujours toute idée de cessez-le-feu, voire de pause humanitaire, dans les combats engagés dans la bande de Gaza – qui ont fait plus de 10 300 morts selon le bilan du ministère de la santé de l’enclave contrôlée par le Hamas. La liste des participants n’a été bouclée qu’à la dernière minute.
      [...]
      Le récent voyage du président français dans la région, afin de soutenir le « droit à se défendre » de l’Etat hébreu après les attaques terroristes du Hamas, lui a donné l’occasion de tenter de recentrer son discours auprès de ses interlocuteurs arabes, en Cisjordanie, en Jordanie puis en Egypte. Mais, pour une partie des personnels du Quai, la tournée a été plus que ternie par la proposition faite aux côtés de Benyamin Nétanyahou, de créer une « coalition internationale » pour combattre le Hamas, sur le modèle de celle mise en place depuis 2014 contre l’organisation Etat islamique, sous l’égide des Etats-Unis. Le ministère des affaires étrangères n’avait pas été consulté.

      « L’affaire de la coalition est un élément qui a consterné mes jeunes collègues », rapporte un vétéran de la diplomatie française au Proche-Orient, qui relève en interne des « interrogations sur la politique menée, en dépit d’une forme de rééquilibrage lors du récent voyage ».

      « Le président jupitérien a sorti son idée, sans consulter son administration, au point de décrédibiliser la diplomatie française, les “troupes” n’ont pas apprécié même si elles savent combien elles sont marginalisées depuis le début de la présidence Macron », cingle Yves Aubin de La Messuzière, ancien ambassadeur dans la région et ancien directeur ANMO. « Cet épisode, poursuit-il, me rappelle son voyage au Liban, en août 2020, après l’explosion dans le port de Beyrouth, lorsqu’il a présenté sans avoir peur du ridicule son plan pour régler la crise politique en supprimant le confessionnalisme. »
      Cette fois, le chef de l’Etat a été très vite contraint de rectifier son projet de « coalition », en raison de l’opposition qu’il suscitait auprès de ses interlocuteurs, en particulier arabes – pour qui le Hamas reste un mouvement de résistance à Israël. Au deuxième jour de son voyage, il lui a substitué un triptyque : lutte contre le terrorisme en général, aide humanitaire et reprise de discussions politiques, en vue de relancer la « solution à deux Etats ». Une façon de rétropédaler avant même la fin de la tournée régionale.

      Depuis, l’Elysée met la pression pour donner de la substance à ces différents volets : « C’est une sorte d’avalanche d’initiatives autour des trois piliers conçus au fil de la visite en Israël, qui met à rude épreuve les fonctionnaires du Quai auxquels on demande d’avoir des idées nouvelles sur le processus politique ou la lutte contre le terrorisme…, constate un autre diplomate. Dans ce contexte, le non-appel à un cessez-le-feu suscite une vraie inquiétude, car plus on s’enferme dans cette position prudente, plus on perd des partenaires dans les pays du Sud, pas seulement arabes. »
      https://www.lemonde.fr/international/article/2023/11/08/la-diplomatie-francaise-contrariee-par-les-choix-de-macron-sur-le-proche-ori

      https://seenthis.net/messages/1025466

      #occident #bêtise

  • Bonjour à toutes et tous,

    sans doute un message un peu atypique sur seenThis mais je me dis que je peux toucher pas mal de monde, et de réseaux. Pouvez vous transmettre au maximum cette information.

    Suite aux violences de ce week end sur l’A69, notamment vis à vis de l’assemblé des scientifiques de l’Atécopol Toulouse, nous sommes quelques un.e.s à vouloir monter une grosse action de mobilisation du personnel de la recherche et des labos contre le balayage systématique de l’avis de scientifiques par le gouvernement et par nombreux élus locaux, et contre la répression, souvent violente, des collectifs scientifiques qui s’attachent à étudier l’état et les différentes évolutions possibles de notre société à bout de souffle.

    Si vous êtes motivé.e.s pour nous rejoindre sur ce projet, ou si vous avez des idées de groupes/personnes à contacter pour nous aider sur la stratégie, les supports, la diffusion, etc nous sommes preneurs.ses ! Contactez-nous !

    Pour qu’il ait encore de la science à faire dans 30 ans, nous pensons qu’il ne faut pas porter ce combat comme scientifiques isolés, mais à l’échelle des labos.

    Bonne journée,

    Raphael Leblois & Céline Scornavacca (chercheur.se en écologie-évolution-biodiversité, CBGP & ISEM, Montpellier),
    raphael.leblois@inrae.fr
    celine.scornavacca@umontpellier.fr

    https://atecopol.hypotheses.org/9021

    https://lareleveetlapeste.fr/a69-les-forces-de-lordre-ont-gaze-femmes-et-enfants-lors-dune-conf

  • [après la terrible leçon de Sainte Soline] Manifestation contre le projet d’autoroute A69 : le cortège principal défile dans le calme, plusieurs sites privés envahis par des manifestants
    https://www.lemonde.fr/planete/article/2023/10/21/manifestation-contre-l-a69-dans-le-tarn-les-opposants-au-projet-d-autoroute-

    La manifestation a mobilisé plus de 10 000 personnes, selon les organisateurs. La préfecture du Tarn a fait état de 2 400 personnes dans le cortège principal, et de 2 500 « individus radicaux et violents en dehors ».

    .... La manifestation s’est scindée en plusieurs cortèges au fil de l’après-midi.

    Les organisateurs (...) avaient pris soin de brouiller les pistes. Six cortèges sont partis du camp de base, non loin de Saïx, dont cinq sur des parcours qui n’avaient pas été déposés.

    L’objectif du cortège le plus « déterminé » était une #cimenterie de la société Carayon, un site qui n’était pas protégé par les forces de l’ordre. C’est le cortège « rouge », au nom de code « économie locale », composé de quelque 2 000 personnes – chaque cortège était différencié par des drapeaux de couleur et répondait à des appellations diverses comme « utilité publique », « décarbonation » ou encore « désenclavement » –, qui était chargé de pénétrer sur le site du cimentier. Après une marche sportive sur chemins et routes, les manifestants ont forcé le portail de la cimenterie pour y taguer des slogans hostiles à l’#A69, et déployer une grande banderole « No Macadam » sur une centrale à #béton, une grande cuve en métal.

    Trois camions toupies ont été incendiés. Selon les organisateurs, cela n’était pas prévu. La préfecture, dans son communiqué de fin de journée, explique que « des individus hostiles ont dégradé une cimenterie, y déclenchant un incendie ». « Après avoir été entravés par les manifestants, qui ont été repoussés par les forces de l’ordre, les sapeurs-pompiers sont intervenus sur le lieu de l’incendie », avancent ensuite les autorités. Selon le journaliste du Monde présent sur place, aucun contact n’a cependant eu lieu avec les forces de l’ordre ou avec les pompiers, les #manifestants ayant quitté les lieux bien avant que les véhicules de secours ou de gendarmes ne s’approchent du site.

    Bardou, une autre entreprise tarnaise du #BTP, à Cambounet-sur-le-Sor, qui intervient sur le #chantier de l’A69, a aussi été prise pour cible par des opposants, selon une porte-parole d’Atosca. Des individus se sont « introduits par effraction sur le site », a confirmé la préfecture, ajoutant qu’ils avaient « pris son vigile à partie, degradé le bâtiment et arraché ses clotûres, avant d’être repoussés par les forces de l’ordre ». Selon la préfecture, les gendarmes ont tiré soixante-quatorze grenades pour « repousser la menace, sans donner lieu à une confrontation directe ». Deux policiers ont par ailleurs été légèrement blessés, selon la préfecture, qui fait aussi état d’un manifestant pris en charge par les secours pour une entorse au genou.

    Dans le cortège principal, des milliers de personnes – 2 400 selon la préfecture du Tarn – ont défilé sur le parcours autorisé, une boucle d’environ 5 kilomètres, dans une atmosphère joyeuse et paisible, et devant des commerces au rideau baissé. Fanfares, batucada, perruques et déguisements multicolores, tracteurs qui klaxonnent et pancartes plus ou moins inventives (« Stop A69 », « Plus de moisson, moins de béton », « Aux arbres citoyens », « Le 69 oui, l’A69 non ») ont constitué le décor d’une marche à laquelle ont participé beaucoup d’enfants, comme la fille d’Elvia, 10 ans, ou celles de Sandrine, 7 et 10 ans.

    Les fillettes « voient qu’on abat des arbres tous les trois jours, et elles ont compris qu’une usine à bitume allait être implantée à 1 kilomètre de leur école, expliquent ces deux quadragénaires venues du village de Saint-Germain-des-Prés, que la future A69 doit couper en deux. Alors ce sont presque nos enfants qui veulent venir manifester et nous qui les suivons ». L’éventualité de débordements – finalement presque inexistants – ne les a jamais dissuadées de venir : « On sait qu’il y a des gens très en colère, et on est en colère nous aussi, mais on voulait que nos enfants voient ça, et on savait qu’il y aurait un cortège fait pour nous. » A 16 h 30, le cortège avait regagné le camp de base d’où il était parti en début d’après-midi, et où la mobilisation doit se poursuivre jusqu’à dimanche soir.

    Mille six cents policiers et gendarmes déployés

    « On est plus déterminés que jamais, on ne veut pas du futur auquel ils nous condamnent, notre mot d’ordre, c’est “Amour et rage, no macadam !” », déclarait plus tôt lors d’un point presse Amalia, d’Extinction Rébellion Toulouse, l’un des collectifs qui appelaient à la mobilisation contre l’A69 ce week-end. S’appuyant sur un sondage IFOP réalisé il y a quelques jours auprès de la population du Tarn et de la Haute-Garonne, Gilles Garric, du collectif La Voie est libre, soulignait que 61 % des sondés étaient favorables à l’abandon du projet d’autoroute et qu’ils étaient 82 % à se prononcer pour un référendum local.

    edit

    La préfecture fait état de 2 400 manifestants dans le cortège principal de la #manifestation et estime à 2 500 le « nombre d’individus radicaux et violents en dehors du cortège » principal. Le collectif La Voie est libre, qui organise la manifestation, affirme que « 9 500 personnes » ont participé à ce rassemblement.
    https://www.francetvinfo.fr/monde/environnement/crise-climatique/manifestation-contre-l-a69-entre-toulouse-et-castres-un-groupe-de-400-p

    #luttes #A69 #Atosca #Pierre_Fabre #écologie #articialisation_des_sols #autoroute #bitume #bagneule #police #gendarmerie

  • « Pour nous, scientifiques, l’autoroute A69 est un de ces projets auxquels il faut renoncer »
    https://www.nouvelobs.com/ecologie/20231004.OBS79024/pour-nous-scientifiques-l-autoroute-a69-est-un-de-ces-projets-auxquels-il

    L’A69 est un de ces projets auxquels il faut renoncer. Nous admettons qu’en dépit des impacts environnementaux que toute nouvelle infrastructure peut avoir, certains projets restent nécessaires. Mais pas celui-ci. Ni l’intensité du trafic, ni les gains de temps envisagés sur le trajet Toulouse-Castres ne justifient la construction d’une autoroute.

    • Delga est assoiffée de pouvoir. Elle envisage d’être candidate à l’élection présidentielle de 2027. Seul compte de maintenir ce stupide cap, rappelle toi Clastres et qu’aucun·e de ces autoproclamées chef·es ne sera jamais au service de la population. Elle se moque totalement de détruire et remodeler le pays avec du goudron, il faut qu’elle s’enfonce dans sa détermination.

      Autoroute A69 Toulouse - Castres : la majorité de Carole Delga s’effrite-t-elle ?
      https://toulouse.latribune.fr/decideurs/2023-10-11/autoroute-a69-toulouse-castres-la-majorite-de-carole-delga-s-effr

      #A69 #Delga

    • Ensuite, il s’agit d’un projet socialement injuste. L’autoroute A69 serait la deuxième plus chère de France (0,18 €/km). Ce coût élevé pourrait aussi engendrer un trafic bien inférieur aux prévisions, comme cela a été le cas de l’A65. Elle ne serait ainsi utilisée que par les personnes les plus aisées, alors qu’elle rendrait en même temps les déplacements des personnes modestes plus difficiles en privatisant une partie des aménagements existants.

      #artificialisation #autoroutes #béton #projets_routiers #voiture #écologie

    • Péchaudier : coup de chaud sur les centrales à bitume - Le Tarn Libre
      https://www.letarnlibre.com/pechaudier-coup-de-chaud-sur-les-centrales-a-bitume

      Au Faget, la réunion sur les centrales d’enrobés à chaud de bitume prévues à Villeneuve-lès-Lavaur et Puylaurens a été un franc succès, dépassant les espérances. 350 personnes, élus et non élus ont répondu à l’appel, venues des villages alentour. Cette réunion a permis aux habitants d’apprendre que ces centrales devraient produire 500 000 tonnes d’enrobés pour l’A69. La population a découvert avec effroi que ces centrales seraient installées au milieu de champs agricoles dont certains viennent d’être convertis en bio grâce aux aides de la Région… Quatre écoles, soit 200 enfants se trouvent à moins de 2 km des centrales, contrairement aux déclarations de Carole Delga. Douze établissements scolaires se trouvent à moins de 5 km, soit 1 200 élèves.

  • 🛑 🌍 Élevage industriel : un effet bœuf sur l’environnement - Greenpeace France

    Aujourd’hui, 75 % des terres agricoles dans le monde servent à élever du bétail – c’est-à-dire à nourrir des bêtes qui serviront, ensuite, à nous nourrir. Notre mode de vie carnivore, réservé à une poignée de privilégiés, exerce une pression telle sur notre planète qu’il déstabilise les écosystèmes. Destruction de la biodiversité et déforestation, émissions de gaz à effet de serre et changements climatiques, pollution des cours d’eau, mainmise des multinationales au détriment des petits agriculteurs, mais aussi souvent cruauté animale et impacts néfastes sur la santé humaine… Notre consommation effrénée de viande et de produits laitiers issus de l’élevage industriel a des effets délétères à bien des égards (...)

    #écologie #environnement #écosystème #biodiversité #déforestation #bétail #élevage #élevageindustriel #pollution #climat #dérèglementclimatique

    https://www.greenpeace.fr/elevage

    • Lors de la dernière audition, à court de nouvelles déductions, Z. avait finit par me questionner à propos d’un billet de France Culture sur la dissolution des Soulèvements de la Terre, écouté le matin même dans sa voiture. Il me précise que l’éditorialiste Jean Leymarie y critique la dissolution mais interroge la « radicalisation du mouvement » : « Leymarie cite le philosophe Pascal et son adage - la justice sans la force est impuissante mais la force sans la justice est tyrannique ? Continuerez vous malgré votre mesure de garde à vue à légitimer l’usage de la violence ? N’avez vous pas peur que votre mouvement devienne tyrannique ? Allez vous vous ranger du côté de la justice ? »

      Ce qui est bien quand on est seul à faire les questions et à savoir que les réponses ne viendront pas, c’est que l’on a toujours la possibilité de se les poser à soi-même et à son corps de métier. Une semaine après nos sorties de garde à vue, des policiers tuaient une fois de plus dans la rue un adolescent des quartiers populaires, provoquant le soulèvement politique le plus fracassant qu’ait connu ce pays depuis les Gilets Jaunes, avant d’envoyer des centaines de nouvelles personnes en prison. Alors que la conséquence que les policiers en tirent quant à eux est de revendiquer aujourd’hui, avec l’appui du ministère de l’Intérieur, un statut d’exception à même de les faire échapper à la loi, la question de ce que devient la force sans la justice est tragiquement d’actualité.

    • Quand je suis emmené pour la dernière fois dans son bureau pour l’audition finale, il ne nous cache cette fois pas sa forte déception et l’étonnement des enquêteurs de ne pas avoir été suivis par la juge. L’un deux soufflera d’ailleurs à une autre personne que celle-ci est « à moitié en burn out ». Lui confirme en tout cas qu’elle a estimé que « les conditions de sérénité des débats n’étaient pas réunies ». On peut imaginer, au-delà de toute autres considérations guidant cette décision, que la juge doit à minima répugner à ce que son indépendance soit publiquement mise en débat et à ce que le doute continue à se distiller sur son instrumentalisation au profit d’une urgence gouvernementale à mettre fin aux Soulèvements de la Terre. D’autant que depuis l’affaire Tarnac, les juges d’instruction savent bien que la fragnolite peut toujours les attendre au tournant, et depuis Bure que les associations de malfaiteurs trop enflées politiquement peuvent finir en relaxe.

    • Le capitaine nous affirme d’ailleurs que justement la SDAT « cherche aujourd’hui de nouveaux débouchés » du côté de l’« écologie » et « des violences extrêmes ».

      [...]

      Z. dira à plusieurs reprises que la seule raison pour laquelle la SDAT a pu « lever le doigt » pour être chargée de l’affaire était les « tentatives d’incendies sur des véhicules de l’usine », et que « sans le feu » tout ceci serait sans doute resté dans une catégorie de délit inférieur sans bénéficier de leur attention

      [...]

      Au long des 4 jours, on constate que Z. oscille quant à lui maladroitement entre une surqualification des faits incriminés seule à même de justifier que les moyens de la SDAT soit employée dans cette affaire, et une posture opposée visant à déjouer les critiques sur l’emploi des moyens de l’anti-terrorisme à l’encontre d’actions écologistes qui peuvent difficilement être qualifiée comme telles. Il estime d’un côté que notre mise en cause de l’emploi de la SDAT dans la presse est déplacée puisque la qualification « terroriste » n’est pas retenue dans le classement de cette affaire et que la SDAT agirait ici comme un « simple corps de police ». Mais il nous exposera par ailleurs dans le détail comment seuls les moyens exceptionnels de l’anti-terrorisme ont pu permettre de mener une telle enquête et que « nul autre qu’eux » aurait été capable de fournir ce travail.

      Il faut dire que la taille du dossier d’instruction encore incomplet est de 14 000 pages, ce qui représente à ce que l’on en comprend six mois de plein emploi pour un nombre significatif de policiers, et donne une idée du sens des priorités dans l’exercice de la justice dans ce pays. A sa lecture ultérieure et en y explorant dans le détail l’amplitude des moyens qu’ont jugé bon de déployer les enquêteurs pour venir à la rescousse de Lafarge, les mis en examen constateront qu’ils avaient effectivement carte blanche. L’officier concède d’ailleurs à mon avocat que la police est, ces dernières années, une des institutions les mieux dotées financièrement du pays, et admet que leurs syndicats font quand même bien du cinéma. En l’occurrence cette manne a été mise au service de ce qui paraît être devenu ces derniers mois deux impératifs catégoriques pour le gouvernement français et les entreprises qui comptent sur sa loyauté à leur égard. En premier lieu produire une secousse répressive suffisante pour décourager toute velléité de reproduction d’un telle intrusion. Il doit demeurer absolument inconcevable que la population fasse le nécessaire et mette elle-même à l’arrêt les infrastructures qui ravagent ses milieux de vie. En second lieu, étendre encore le travail de surveillance et de fichage déjà à l’œuvre sur un ensemble de cercles jugés suspects en s’appuyant sur les moyens débridés offerts par l’enquête.

    • Il veux savoir si j’ai lu les brochures visant à attaquer les #Soulèvements_de_la_Terre, de ceux qu’il qualifie d’« #anarchistes individualistes ». Les accusations portées à notre égard y sont selon lui fort instructives et mettent en cause les faits et gestes de certaines personnes d’une manière qui s’avère sans doute pertinente pour l’enquête. C’est notamment à partir de ces fables intégralement versées au dossier que la SDAT justifie certaines des #arrestations, et fonde une partie de la structure incriminante de son récit sur ces « cadres des Soulèvements » qui resteraient « au chaud » en envoyant d’autres personnes au charbon. Ce sont d’ailleurs ces mêmes pamphlets, publiées sur certains sites militants, que le ministère de l’Intérieur reprend avec application pour fournir des « preuves » de l’existence et de l’identité de certains soit-disant « #dirigeants », et alimenter, dans son argumentaire sur la dissolution, l’idée d’un mouvement « en réalité vertical ». Z. est en même temps « bien conscient », dit-il, que ces écrits, sont « probablement l’expression de « guerres de chapelles », comme ils peuvent en avoir eux-même de services à service ». Cela ne l’empêche pas de proposer à une autre personne, arrêtée lors de la première vague, de prendre le temps de les lire pendant sa garde à vue « pour réaliser à quel point » elle se serait fait « manipuler ».

      #récit #autonomie #surveillance #police_politique #SDAT (héritage du PS années 80) #arrestations #interrogatoires #SLT #écologie #sabotage #anti_terrorisme #Lafarge #Béton

    • Lafarge, Daesh et la DGSE
      La raison d’Etat dans le chaos syrien

      https://lundi.am/Lafarge-Daesh-et-la-DGSE

      Ce mardi 19 septembre se tenait une audience devant la cour de cassation concernant l’affaire Lafarge en Syrie dans laquelle le cimentier et ses dirigeants sont soupçonnés de financement du terrorisme. Alors que le terme terrorisme plane frauduleusement autour du désarmement de l’usine de Bouc-bel-Air, voilà l’occasion d’une petite mise en perspective.

      #lafarge #daesh #dgse #syrie

  • Les ouvriers sans-papiers sur les chantiers, la face sombre des JO de Paris Raphaël Grand - RTS

    Dans moins d’un an, Paris accueillera les Jeux olympiques et paralympiques d’été. La France promet des joutes exemplaires. Mais des ouvriers sans-papiers ont été identifiés sur les chantiers, embarrassant les autorités. Mise au Point a mené l’enquête.

    « Les yeux du monde vont être rivés sur Paris. On veut montrer qu’on peut faire du plus grand événement du monde un événement responsable et en lien avec son époque. » Pierre Rabadan, adjoint à la Mairie de Paris en charge des Jeux olympiques et paralympiques, a rappelé dimanche dans Mise au Point la volonté d’exemplarité affichée par les autorités françaises.

    « Tout le monde le sait, mais personne n’en parle, parce que ça les arrange. Tu travailles, tu fais ce qu’ils te demandent de faire. Sinon tu prends tes affaires et ils mettent quelqu’un d’autre à ta place », témoigne ainsi Cempara* devant les caméras de la RTS.

    Une question taboue
    Livrer les ouvrages à temps pour les Jeux olympiques est une véritable course contre la montre. « C’est le plus grand chantier monosite d’Europe. C’est absolument hors normes quand on regarde la vitesse d’exécution », témoigne Antoine du Souich, directeur de la stratégie et de l’innovation pour la SOLIDEO, la Société de livraison des ouvrages olympiques. Conséquence, pour livrer ce projet dans les temps, il faut beaucoup de main d’œuvre.

    Dans une antenne locale de la CGT à Bobigny, l’un des plus grands syndicats de France, où s’organisent plusieurs fois par mois des permanences pour travailleurs sans-papiers, la RTS a rencontré plusieurs ouvriers employés sur les chantiers des JO. Mais la situation des uns et des autres reste taboue.

    « Personne ne demande à son collègue s’il a un papier ou non. On ne parle jamais de ça sur les chantiers. Entre nous, on dit que c’est un code. Ils m’ont recruté comme manœuvre, mais on fait tout sur le chantier : nettoyage, rangement, marteau-piqueur, maçonnerie, tout… Tu as plein de choses à faire », témoigne Cempara*.
    Ils profitent de nous, vraiment, ça fait mal. Nous aussi on travaille sans-papiers, on est comme au Qatar
    Gaye*, travailleur sans-papiers sur les chantiers de jeux Olympiques de Paris

    Et pour être embauché sur les chantiers, Cempara a utilisé un alias, en louant une identité légale. « C’est un business. C’est un faux nom que j’ai fourni pour avoir le badge sans lequel tu ne peux pas rentrer sur le chantier. Je pointe comme tout le monde, il n’y a pas de différence si tu as ce badge », explique-t-il.

    Ces ouvriers parfois sans contrat, engagés sous de fausses identités, sont difficiles à détecter. « Quand on a su que Paris avait été désigné pour accueillir les Jeux olympiques, on s’est dit que ça allait nous faire du travail », explique Jean-Albert Guidou, secrétaire général de la CGT à Bobigny.

    Dénoncé, puis renvoyé
    Du travail, Gaye en a trouvé dans un premier temps sur les chantiers. Il maniait le marteau piqueur et coulait le béton. Un moyen de gagner un peu d’argent, qu’il envoyait à sa famille restée au Mali. « Quand je travaillais huit heures, je gagnais 80 euros. Mais je travaillais aussi 10, 12 heures, toujours pour 80 euros. Il n’y a pas d’heures supplémentaires et quand tu expliques ça au patron, il te répond : ’si tu veux travailler, tu travailles, sinon tu peux t’en aller et on va appeler une autre personne’. Il sait qu’il y a plein de sans-papiers… Ils profitent de nous, ça fait mal. Nous aussi on travaille sans papiers, on est comme au Qatar », compare-t-il.

    C’est ce que j’appelle de la ’chair à chantier’. Ils ne sont pas déclarés, n’ont pas de cotisations sociales, pas de congés payés... Il y a du travail : tu bosses. Il n’y a plus de travail, tu restes chez toi et tu n’es pas payé
    Jean-Albert Guidou, secrétaire général de la CGT à Bobigny

    Gaye a fini par perdre son travail sur les chantiers des JO après une dénonciation par l’inspection du travail. Son patron l’a renvoyé, il est aujourd’hui sans-papiers et sans emploi. « Il n’est pas trafiquant, il n’est pas dans un réseau. Il n’est qu’un ouvrier qui travaillait depuis des années sur les chantiers, en train de se fatiguer la vie », le défend Jean-Albert Guidou.

    « C’est ce que j’appelle de la ’chair à chantier’. Ils ne sont pas déclarés, n’ont pas de cotisations sociales, pas de congés payés... Il y a du travail : tu bosses. Il n’y a plus de travail, tu restes chez toi et tu n’es pas payé. La personne est interchangeable. Si elle a un accident, on prend la voiture, on la dépose deux kilomètres plus loin et on lui dit de se débrouiller toute seule, sans dire que c’est un accident de travail, ni pour qui elle travaille », raconte le secrétaire général de la CGT à Bobigny.

    Des boîtes aux lettres vides
    Il est difficile de savoir pour qui ces personnes travaillent. Mais la SOLIDEO confirme la présence de travailleurs sans-papiers au cœur des sites olympiques sur des chantiers où se côtoient jusqu’à 3500 ouvriers. « On a été surpris de voir du travail illégal sur nos chantiers, même si on sait que c’est une pratique qui a cours. Il y a plus de 2000 entreprises mobilisées sur les ouvrages olympiques, mais l’immense majorité ne triche pas. On a sanctionné les quatre ou cinq entreprises pour lesquelles on a constaté des manquements au droit et on a amplifié les contrôles », explique Antoine du Souich.

    Selon Solideo, la société qui chapeaute les chantiers olympiques, seules 4 à 5 entreprises sur 2000 ont été épinglées pour travail illégal. [RTS]

    Contrôler et punir les tricheurs, la tâche est complexe. Car derrière les grands noms de la construction se cachent une myriade de petites entreprise sous-traitantes qui proposent de la main d’œuvre bon marché. Mise au Point a cherché en vain à rencontrer ces patrons qui emploient des travailleurs sans-papiers. Mais les adresses des entreprises épinglées par l’inspection du travail mènent en banlieue, devant des locaux vides et de simples boîtes aux lettres. Il est donc impossible d’atteindre ces entreprises fantômes, ni de savoir combien ils sont encore à travailler sans-papiers sur les chantiers.

    Mais des lueurs d’espoir existent : Cempara et Gaye sont par exemple désormais en procédure de régularisation. Et ils ont assigné en justice plusieurs géants de la construction, pour ne plus rester dans l’ombre de la flamme olympique.

    #travail #ps #anne_hidalgo #hidalgo #ouvriers #chantiers #sans-papiers #immobilier #béton #Paris #saccageparis #ville_de_paris #jo #jeux_olympiques #JO2024 #paris2024 #clandestinité #migrants

    Source : https://www.rts.ch/info/monde/14303366-les-ouvriers-sanspapiers-sur-les-chantiers-la-face-sombre-des-jo-de-par

  • Paris : les réverbères de l’esplanade des Invalides ont-ils été « détruits » en vue des Jeux olympiques ? La Tribune de l’Art - Le Parisien . . .

    Alors qu’une vidéo de candélabres couchés sur l’esplanade du VIIe arrondissement circule sur les réseaux sociaux, la mairie de Paris dément et condamne les « mystifications » de plus en plus nombreuses dès lors que des aménagements sont réalisés dans le cadre des Jeux de Paris 2024.


    Ils accompagnent les badauds depuis le pont Alexandre-III jusqu’à l’hôtel des Invalides (VIIe). Les réverbères de l’avenue du Maréchal-Gallieni font partie du patrimoine parisien, éclairant à la nuit tombée cet axe très fréquenté par les touristes de la capitale. Mais ces mâts faits d’acier ont-ils été détruits ?
    Vidéo : https://twitter.com/ReaActuelle/status/1695746092405604430
    _ ( Malgré les dénis officiels. Pourquoi les démonter ? )
    C’est ce que sous-entendent plusieurs membres du collectif Saccage Paris qui relaient sur les réseaux sociaux une vidéo tournée, comme la publication récente le laisse à penser, fin août, mais sans aucune certitude sur cette date. Sur les images, les lampadaires sont déboulonnés et couchés au sol.
    . . . . . .
    La suite : https://www.latribunedelart.com/esplanade-des-invalides-et-champ-de-mars-etude-de-cas-de-desinforma

    #vandalisme #destruction #dénaturation #saccage #ps #anne_hidalgo #hidalgo #bêtise #immobilier #béton #Paris #saccageparis #ville_de_paris #ville #dénaturations #jo #jeux_olympiques #JO2024 #paris2024

    Autre sources : https://www.leparisien.fr/paris-75/paris-les-reverberes-de-lesplanade-des-invalides-ont-ils-ete-detruits-en-

  • Deuil des menhirs : manifestation symbolique et pacifiste à Carnac samedi 19 Août 2023 à 14h
    Communiqué de presse de Le Soulèvement des Pierres
    https://abp.bzh/deuil-des-menhirs-manifestation-symbolique-et-pacifi-58233


    Ce qui reste du site archéologique dit Chemin de Montauban après sa destruction
    (photo Sites et Monuments)

    Tous les jours, des attaques envers nos patrimoines historiques, écologiques et immatériels, sont perpétrées à une vitesse jamais vue auparavant.

    Publié le 11/08/23 11:55 — mis à jour le 12/08/23 14:39

    Manifestation symbolique et pacifiste, sous forme d’une marche blanche et noire, organisée par le collectif « Le Soulèvement des pierres » en mémoire des menhirs de « Men gwen bihan » détruits à Montauban. Créé sous l’impulsion d’Eugène Riguidel, Christian Obeltz, Yannig Baron et leurs amis, ce collectif est composé de sympathisants, d’associations et d’archéologues.

    Tous les jours, des attaques envers nos patrimoines historiques, écologiques et immatériels, sont perpétrées à une vitesse jamais vue auparavant.

    Les menhirs de Montauban figuraient dans la liste d’identification du projet de classement Unesco, ils appartenaient à un vaste complexe.

    Avec leur destruction c’est une partie de notre mémoire et de la richesse de notre territoire qui disparaît.

    Nous apportons notre soutien aux 3 associations qui ont porté plainte : Koun Breizh, Sites et Monuments, L’Union pour la mise en valeur esthétique du Morbihan (UMIVEM).

    Nous demandons que toute la lumière soit faite sur le processus ayant conduit à cette destruction.

    Du fait de l’intérêt archéologique de cette zone, il ne doit plus pouvoir être délivré de permis de construire sans fouilles archéologique préalables.

    Nous invitons ainsi les amis et associations à nous rejoindre samedi 19 août 2023 à 14h00 au Cromlech du Ménec à Carnac. La marche blanche et noire se rendra jusqu’au Géant du Manio, où auront lieu une cérémonie, un appel et des prises de paroles avant de rejoindre le site de Montauban.

    N’acceptons pas que cet acte, et tout ce qu’il représente, tombe dans l’oubli.

  • L’épouvantail qui fait peur aux gendarmes du Lot | Mediapart
    https://www.mediapart.fr/journal/economie-et-social/120823/l-epouvantail-qui-fait-peur-aux-gendarmes-du-lot

    eanJean-Yves est un postier d’un petit village du Lot, la droiture d’un balai, la régularité d’une horloge. Bien sous tous rapports, il cache aussi une face plus sombre puisque anarchiste. Le postier punk arbore de larges lunettes de soleil, de la ferraille autour du cou, une crête jaune hirsute, porte un jean troué et un grand tee-shirt noir avec une inscription « ACAB », pour « All cops are bastards » (littéralement « Tous les flics sont des bâtards »), qui, plus qu’elle ne dénonce chacun des policiers, dénonce le système policier. Jean-Yves est tellement anarchiste, qu’il s’est même attiré les foudres de la #gendarmerie de son village, Lalbenque, dans le Lot.

    Samedi 5 août, deux gendarmes en uniforme sont venus exiger sa disparition de l’espace public : Jean-Yves est un #épouvantail, fait d’un vieux jean recyclé, d’une marmite en émail usée et directement issu de l’imagination d’un petit garçon de 10 ans. Il a été présenté aux habitant·es de Lalbenque lors d’un concours d’épouvantails dans le cadre du festival culturel occitan, Estiv’oc. Le dernier jour du festival, sur le marché de Lalbenque où Jean-Yves concourait pour la place du meilleur épouvantail du village, ce sont des gendarmes bien réels qui sont venus, sur demande de leur hiérarchie, réprimer un manche à balai.

    Contactée, la gendarmerie de Lalbenque assure auprès de Mediapart qu’aucune procédure n’a été lancée et ne souhaite pas commenter les faits.

    Joséphine, l’épouvantail féministe qui retrouve une seconde jeunesse après la mort de son mari, et Julia, qui adore effrayer les oiseaux et écouter les chansons de Daniel Balavoine n’ont, elles, pas été inquiétées par les services de gendarmerie.

    #bêtise_crasse #ridicule

  • Ariège : le futur Schéma régional des carrières d’Occitanie menace l’eau potable de Toulouse et de sa métropole

    C’est une menace jusqu’ici passée inapercue, dévoilée à la faveur d’une l’enquête publique conduite en catimini en plein été. C’est en effet le 7 aout prochain que sera clôturée ladite enquête publique, qui vise à autoriser l’enfouissement de 30% supplémentaires de déchets du BTP dans les nappes pluviales ou alluviales des la Basse Ariège pour combler les trous où sont prélevés les granulats de cette nappe. Or l’eau que consomment les populations de Toulouse et de sa Métropole provient des eaux de surface prélevées à la confluence de l’Ariège et de la Garonne. Un exemple achevé de l’incohérence des politiques de l’eau et de celles de l’aménagement du territoire. Qui suscite un rejet unanime de l’ensemble des collectivités locales consultées dans le cadre de l’enquête publique…

    Lire la suite :

    https://www.eauxglacees.com/Ariege-le-futur-Schema-regional-des-carrieres-d-Occitanie-menace-l-eau-

    • En effet le volume d’eau que consomment les populations de Toulouse et de la Métropole provient pour 80% du total (chiffres cités dans le cadre du SAGE) des eaux de surfaces prélevées dans l’Ariège.

      Le schéma directeur des #carrières prévoit que le département de l’Ariège verra sa production de #graviers alluvionnaires, concentrée sur le secteur de la Basse Ariège, augmenter considérablement, de près de 30 %. Or lorsque le gravier a été extrait sur des hauteurs/profondeurs de l’ordre de 16 à 20 mètre et que la nappe est atteinte, l’apparition de véritables lacs donne lieu à un très puissante évaporation.

      Un rapport du BRGM datant de 2014 dans une période où l’urgence climatique n’était pas avérée soulignant que l’évaporation des nappes des gravières correspond à une moyenne de 150 litres /an et /habitant soit la consommation annuelle d’#eau_potable de tous les habitants de l’Ariège…

      Parallèlement l’enfouissement des #déchets du BTP dans les nappes pluviales ou alluviales de la Basse #Ariège pour combler (partiellement) les trous où sont prélevés les granulats de la nappe, pratiqué depuis plusieurs années, n’est pas remis en cause dans le cadre du nouveau Schéma directeur.

      Or d’une part les déchets du bâtiment (notamment goudron, caoutchouc etc.. ) ne sont pas inertes, ...

      #extraction #eau #béton #pollution #agriculture #climat #macroner

  • « Qui sème le béton aura bientôt la dalle », des militants écologistes bloquent l’entreprise de béton Lafarge à Perpignan
    https://france3-regions.francetvinfo.fr/occitanie/pyrenees-orientales/perpignan/photos-qui-seme-le-beton-aura-bientot-la-dalle-des-mili

    Ce vendredi 23 juin, le site Lafarge, entreprise de #béton à Perpignan, a été occupé. Une vingtaine de militants écologistes sont sur place pour mener une action de désobéissance civile. Leur objectif : alerter sur la crise de l’#eau.

    #blocage

  • #Gorafi La cocaïne non-utilisée du Festival de Cannes sera reversée à des associations

    C’est un geste anti-gaspi qui a de quoi redonner le sourire. C’est sous l’impulsion de Thierry Frémeaux (directeur du Festival de Cannes) et de plusieurs personnalités du cinéma, qu’il a été décidé que toute la cocaïne non-utilisée pendant l’évènement sera reversée à des associations dès la semaine prochaine. Une belle preuve de générosité qu’il faut saluer dans ces temps difficiles.


    Capucine Devers a été choisie pour gérer l’opération. Selon elle, même si le stock est limité, c’est une belle occasion à saisir : « Le stock de cocaïne est estimé à environ 900 kilos. Soit deux ou trois soirs au festival – ou seulement 6 heures s’il y a Pio Marmaï et Benoît Magimel dans la même pièce. Mais pour des gens qui n’ont pas l’habitude, il peut tenir longtemps, et cela leur donnera du baume au cœur… Mais attention à la tachycardie ! (rires) »

    Les bénéficiaires
    Concernant les bénéficiaires de l’opération, ils ne sont pas choisis au hasard. La direction a privilégié des associations locales d’aides au SDF, ou une association luttant contre la solitude des personnes âgées. Raoul, SDF de 64 ans, a été choisi pour tester le produit en avant-première. Il raconte ses impressions : « J’ai mélangé coke, alcool et médicaments, et je suis resté debout 72 heures à faire les cent pas et à parler tout seul. Je me suis battu deux fois et j’ai fait 24 heures de garde à vue. Je regrette rien et si c’était à refaire, j’en reprendrais encore plus ! D’ailleurs il vous en reste ? »

    Contrôlée par nos soins, la poudre est une 0.8 (pure à 80%) ce qui est un score très correct pour un produit importé et souvent trop coupé. Un beau cadeau donc, qui change des traditionnels paquets de pâtes et autres jambons sous vide, et qui apportera un peu de joie aux nécessiteux.

    #drogues #cocaïne #mafia #Cannes #showbizz #santé #addiction #société #trafic #criminalité #cocaine #opioides #france #culture

    Source : https://www.legorafi.fr/2023/06/13/la-cocaine-non-utilisee-du-festival-de-cannes-sera-reversee-a-des-associati

    • #figaro Rouen : le record mondial de la plus longue chenille humaine a été battu

      En marge de l’Armada, à Rouen, plus de 3900 personnes ont dansé sur l’air d’« accroche tes mains à ma taille, c’est la chenille qui redémarre », rapporte BFM Normandie. Certifié par un huissier de justice, le nombre de participants permet de battre le record breton. En juin 2022, une chenille composée de 1336 personnes avait égayé Saint-Brieuc.

      L’évènement, organisé par des journalistes de 76Actu et France Bleu Normandie, était préparé depuis un an. Il a lieu à 18h sur l’esplanade Sant-Gervais, lieu où se tiennent les concerts de l’Armada.


      Un plan bien ficelé avait été monté, auquel ont notamment participé le maire de la ville, Nicolas Mayer-Rossignol, ainsi que Vincent Piguet, qui a fondé la Chenille school academy. « Ça chenille très très bien », a-t-il affirmé à nos confrères de BFM Normandie.

      #bêtise #Rouen #France #EnMarche
      h-actu/rouen-le-record-mondial-de-la-plus-longue-chenille-humaine-a-ete-battu-20230613

      Rouen chenille humaine