• La “geografia” della speculazione che fa il prezzo dei beni agricoli

    La guerra tra Ucraina e Russia non incide sul prezzo dei cereali, che dipende piuttosto dalla strategia dei grandi fondi che possiedono le aziende produttrici, controllano le Borse merci di tutto e scommettono sui rialzi

    Il prezzo dei cereali e in generale dei beni agricoli non dipende certo dal blocco del Mar Nero, come molto spesso si racconta, e neppure da altre circostanze troppo specifiche. La produzione mondiale di cereali, secondo le stime dell’Agenzia delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (Fao), si avvicina ai tremila milioni di tonnellate, di cui i cereali ucraini rappresentano poco più del 2%. Un’inezia rispetto al totale. Inoltre il grano ucraino si dirige in gran parte verso i Paesi limitrofi che hanno a più riprese minacciato e adottato misure protezionistiche, per evitare la concorrenza nei confronti dei propri grani. Alla luce di ciò i cereali del Mar Nero non sono certo in grado di determinare la fame in Africa né l’aumento dei prezzi.

    Considerazioni analoghe sono possibili per la produzione di patate e legumi che è, in media, vicina ai 500 milioni di tonnellate annue; considerata una popolazione mondiale di quasi otto miliardi, ciò significherebbe una disponibilità di 150 grammi per persona al giorno. Aggiungendo ai cereali, alle patate e ai legumi la produzione di tutto ciò che serve per realizzare pasti completi, tra cui sale, zucchero e semi oleaginosi, si arriva a una dotazione alimentare pro-capite di 1,5 chilogrammi al giorno. Appare chiaro allora che i prezzi non salgono perché esiste una condizione di carenza di offerta alimentare globale.

    Le difficoltà di approvvigionamento di vaste parti della popolazione del Pianeta dipendono invece da altro: dalla distribuzione profondamente diseguale delle produzioni complessive, dalla natura delle diete adottate, rispetto alle quali la carne sottrae un’enorme quantità di risorse, dalle dinamiche del commercio internazionale e soprattutto dalle modalità di determinazione dei prezzi.

    A tale riguardo occorre porsi una domanda ineludibile: da che cosa dipendono le periodiche impennate di prezzo dei generi agricoli che causano poi drammatiche crisi alimentari? Per rispondere a un simile quesito, bisogna in sintesi descrivere proprio come si formano tali prezzi. La loro determinazione avviene nelle grandi Borse merci del Pianeta, in particolare in quelle di Chicago, Parigi e Mumbai. Un primo elemento da tenere ben presente è a chi appartengono queste Borse; non si tratta infatti -a partire dal Chicago mercantile exchange (Cme)- di istituzioni “pubbliche”, ma di realtà private i cui principali azionisti sono i più grandi fondi finanziari globali. Nel caso di Chicago, i pacchetti più rilevanti sono in mano a Vanguard, BlackRock, JP Morgan, State Street Corporation e Capital International Investors.

    A questo dato se ne aggiunge un altro fondamentale. Soprattutto nelle Borse di Chicago e di Parigi la stragrande maggioranza degli operatori non è costituita da soggetti che producono e comprano realmente il grano, ma da grandi fondi finanziari e da quelli specializzati nel settore agricolo che, senza aver alcun contratto di compravendita dei beni, scommettono sull’andamento dei prezzi. In altre parole: per ogni contratto reale nelle Borse merci, i fondi finanziari operano centinaia di migliaia di scommesse che sono in grado di determinare poi i prezzi reali. Se le aspettative sono orientate all’aumento dei prezzi, scommettono al rialzo e trascinano così i prezzi a livelli insostenibili per intere popolazioni.

    All’origine dell’inflazione alimentare e della fame, si pongono quindi gli strumenti finanziari che sono prodotti dai fondi. Se prendiamo in esame chi sono questi “scommettitori”, troviamo di nuovo gli stessi soggetti (a partire da Vanguard e BlackRock) che sono, come appena ricordato, i “proprietari” delle Borse stesse. In estrema sintesi: pochissimi fondi sono azionisti del luogo dello scambio e sono i principali player di prezzo, pur non avendo nulla a che fare con la produzione e il commercio reali dei beni agricoli scambiati. Tuttavia, la finanziarizzazione di tali, vitali, processi di determinazione dei prezzi di beni essenziali per la sopravvivenza di intere comunità presenta un ulteriore elemento sconcertante.

    Come detto, nelle Borse, a fronte di tanti fondi finanziari, ci sono pochi produttori. Ma chi sono questi ultimi? Nel caso dei cereali si tratta di quattro grandi società: Archer-Daniels Midland, Bunge, Cargill e Dreyfus. Le prime due in particolare sono possedute dai grandi fondi, Vanguard, BlackRock e State Street, che sono, appunto, i medesimi operatori finanziari nelle Borse merci di Parigi e Chicago. L’intera dinamica della formazione dei prezzi agricoli, su cui incidono molto poco le retribuzioni del lavoro contadino, strutturalmente molto basse, risulta pertanto nelle mani di colossi finanziari che controllano Borse, scommesse e produzione: un gigantesco monopolio mondiale rispetto al quale ogni altra variabile, persino quella dell’offerta complessiva di beni agricoli, appare decisamente secondaria.

    È superfluo dire che con l’inflazione “impazzita” le sole società di produzione dei beni agricoli hanno distribuito oltre 30 miliardi di dollari di dividendi in meno di due anni, destinati in larga parte ai fondi finanziari che le possiedono e che hanno sommato quei miliardi ai profitti giganteschi maturati dalla finanza delle scommesse. La narrazione costruita sulle chiusure del Mar Nero c’entra davvero poco mentre sarebbe utile ricordare quanto sostenuto a più riprese dalla Fao, secondo cui per ogni punto percentuale di aumento dei prezzi dei beni agricoli si generano dieci milioni di nuovi affamati.

    https://altreconomia.it/la-geografia-della-speculazione-che-fa-il-prezzo-dei-beni-agricoli
    #spéculation #alimentation #biens_agricoles #prix #céréales #Ukraine #blé #alimentation #pénurie #viande #commerce_international #bourses #Chicago_mercantile_exchange (#Cme) #fonds_financiers #inflation #famine #faim #Vanguard #BlackRock #financiarisation #Archer-Daniels_Midland #Bunge #Cargill #Dreyfus #prix_agricoles #dividendes #Mer_Noire

  • SVB, Crédit suisse  : le spectre de 2008
    https://mensuel.lutte-ouvriere.org/2023/04/02/leconomie-capitaliste-entre-ravin-et-precipice_588676.html

    Le 9 mars, la banque californienne #SVB, qui hébergeait les comptes de nombreuses entreprises de la Silicon Valley, a subi la plus grande panique bancaire de l’histoire. En une seule journée, ses clients ont voulu récupérer, par un simple clic, 42 milliards de dollars. Cette banque, qui n’était pas classée parmi les trente banques internationales jugées «  trop grosses pour faire faillite  », n’avait pas fait d’opérations douteuses ou frauduleuses. Elle ne possédait pas de titres pourris, comme les subprimes qui ont provoqué la faillite de la banque d’affaires #Lehman_Brothers en 2008 et déclenché la crise du système bancaire. Elle avait placé l’argent de ses clients dans des #bons_du_Trésor américain à longue échéance, les titres les plus sûrs au monde. Mais, justement, la valeur de ces obligations d’État a baissé, du fait de la remontée des taux de la Fed. Avec des taux plus hauts, les nouvelles obligations émises par l’État rapportent plus aux financiers qui vendent les anciennes, provoquant leur dévaluation. Un autre effet collatéral de la remontée des taux et du recul de l’argent facile, qui s’ajoute à la crise économique, c’est une plus grande difficulté pour les start-up, californiennes ou autres, de lever des fonds pour accroître leur capital. Quand certaines de ces #start-up, ayant besoin d’argent frais, ont commencé à retirer leurs fonds, la SVB s’est retrouvée piégée, incapable d’honorer les retraits.

    Devant la panique provoquée par la faillite de SVB, la #Fed est intervenue sans délai. Biden en personne s’est exprimé pour assurer les banquiers que l’État garantirait, quoi qu’il en coûte, tous les fonds placés dans les banques. L’État est toujours là pour sauver la mise des capitalistes avec l’argent public. Comme le faisait remarquer un observateur  : «  Les entrepreneurs californiens sont tous libertariens, jusqu’à ce qu’ils soient frappés par une hausse des taux d’intérêt.  » Cette intervention immédiate montre que les dirigeants de la bourgeoisie savent que leur économie est instable et qu’ils redoutent en permanence une nouvelle crise systémique.

    Pratiquant la méthode Coué, comme #Christine_Lagarde, alors ministre de l’Économie de Sarkoky, qui déclarait en 2008  : «  Ceci n’est pas un krach  », #Bruno_Le_Maire a déclaré après la faillite de SVB  : «  Je ne vois pas de risque de contagion en Europe.  » Patatras, moins de vingt-quatre heures plus tard, le #Crédit_suisse, deuxième banque helvétique, était menacé de faillite, tandis que les actions de la #BNP et de la #Société_générale perdaient 30 % à la #Bourse_de_Paris. Le Crédit suisse étant l’une des trente banques dont la faillite menacerait la stabilité de tout le système, les autorités suisses ont imposé à UBS, en moins d’un week-end, de racheter le Crédit suisse pour 3 milliards d’euros. Les emplois des salariés de la banque, eux, n’ont pas été sécurisés. Ils risquent de disparaître par milliers, alors que le Crédit suisse a déjà licencié 9 000 de ses 52 000 salariés au cours des deux dernières années. Pour convaincre les patrons d’#UBS, réticents malgré le prix bradé, car bien placés pour savoir que les coffres du Crédit suisse pouvaient contenir des titres douteux, les autorités suisses leur ont ouvert avec l’argent public un fonds de garantie de 9 milliards. Le Crédit suisse, comme UBS et tant d’autres banques dans le passé, a été récemment mis en cause dans divers scandales de corruption, d’opérations de blanchiment ou d’évasion fiscale, de manipulations de taux. Il avait des participations dans un fonds spéculatif, Archeos, qui a fait faillite en 2021. Toutes les casseroles du Crédit suisse ont fini par faire douter les autres financiers de sa solidité. La faillite de la SVB, en semant le doute sur la solidité de chaque banque, a accéléré sa chute.

    D’autres banques pourraient être entraînées par la chute de la SVB et du Crédit suisse. La #Deutsche_Bank, première banque allemande, pourrait être le prochain domino à tomber. Le 24 mars, son cours boursier a commencé à chuter dangereusement. Dans un #climat_de_défiance générale, l’annonce qu’elle souhaitait rembourser par anticipation certaines de ses créances, au lieu de rassurer les marchés, a déclenché leur méfiance. Les rodomontades de Christine Lagarde, présidente de la #BCE, qui déclarait le 20 mars, lors du sommet des dirigeants de l’UE  : «  Le #secteur_bancaire de la zone euro est résilient  », ne suffiront pas à protéger la société du risque d’une nouvelle #crise_financière systémique. Depuis 2008, les banques ont trouvé le moyen de contourner les mesures dites prudentielles qui leur avaient été imposées pour éviter des faillites en chaîne. Elles ont inventé de nouveaux instruments pour spéculer et s’enrichir par tous les moyens, s’exposant à des faillites en cas de retournements brutaux. Quand les marchés financiers, c’est-à-dire une poignée de grands banquiers ou de grands fonds d’investissement comme #BlackRock, pour de bonnes ou de mauvaises raisons, perdent confiance dans telle ou telle banque soupçonnée d’être trop exposée, ce qui est le cas de la Deutsche Bank, ils peuvent la faire couler en peu de temps. […]

    #capitalisme #taux_d’intérêt #spéculation

  • Comment le gouvernement autorise Blackrock à collecter la retraite des Français et leur offre 3 milliards d’€uros tout en SABORDANT le système des retraites
    https://www.crashdebug.fr/comment-le-gouvernement-autorise-blackrock-a-collecter-la-retraite-des-fr

    Et si on passait à côté de l’essentiel ? Aussi je vous laisse apprécier cette vidéo, plus d’information sur Blackrock qui est derrière tout ce qui se passe, la fermeture des commerces, le covid etc.... Combien de temps allez-vous continuer à fermer les yeux pendant que le monde s’écroule autour de nous, à dire que ce n’est pas vrai... l’article à plus d’un AN ! on a même la version vidéo ! Tout ceci ne devrait PAS être possible avec les informations que nous avons... (informations complémentaires) Amitiés, L’Amourfou.

    Pour la source :

    Retraites : « Si votre réforme va à son terme, les affaires de #BlackRock prendront donc un formidable essor en France », déplore @oliviermarleix, qui accuse le gouvernement « d’offrir trois milliards d’euros aux fonds de pension ».#DirectAN #QAG (...)

    #Épinglé #Actualités_françaises #ROOT

  • Apparemment, Aladdin, le super-ordinateur de Larry Fink (BlackRock), a des sueurs froides…

    « Les dominos ont-ils commencé à tomber » ? Le patron de BlackRock, premier gestionnaire d’actifs au monde, s’inquiète de l’effondrement de SVB, « la plus grande #faillite bancaire en quinze ans ».

    Dans sa dernière lettre annuelle, adressée ce mercredi pour la première fois à ses actionnaires et ses clients, #Larry_Fink craint que la faillite de SVB ne soit pas un épiphénomène mais le début d’une longue série de déboires financiers. Un juste pressentiment, alors que les difficultés de #Credit_Suisse déclenchent une nouvelle tempête sur les marchés boursiers.

    L’origine de ce #risque_systémique est à trouver dans le changement total de paradigme économique de ces derniers mois : la flambée de l’inflation liée à la guerre en Ukraine a conduit les banques centrales à relever leurs taux directeurs de façon très abrupte, mettant fin à des décennies « d’argent facile ». Sans doute le premier domino d’une longue série à tomber.

    « Les #marchés_obligataires ont reculé de 15 % l’an dernier, mais cela semblait, comme ils disent dans les vieux westerns, ’calme, trop calme’. Quelque chose d’autre devait se produire alors que la plus puissante remontée des taux depuis les années 1980 devait faire apparaître les fragilités du #système_financier », écrit Larry Fink.

    Cette crainte s’est matérialisée dans la fermeture de #SVB par les autorités américaines vendredi dernier pour protéger les dépôts et limiter le risque de contagion. « C’est un problème classique d’incompatibilité entre l’actif et le passif », note le président de #BlackRock. Investi dans des obligations à long terme, SVB a en effet dû vendre ces actifs à perte dans la précipitation pour faire face aux demandes massives de retrait de ses clients.

    D’autres problèmes similaires ont eu lieu sur différentes classes d’actifs. Ainsi, un certain nombre de sociétés de gestion ont dû bloquer les retraits de #fonds_immobiliers, auxquels elles ne pouvaient faire face ces derniers mois.

    « Nous ne savons pas encore si les conséquences de l’argent facile et des changements réglementaires se répandront sur le secteur des banques régionales américaines (comme dans la crise des Saving & Loans qui s’est prolongée durant les années 1980 et le début des années 1990), avec davantage de crises et de faillites à venir », craint Larry Fink.

    Autre sujet d’inquiétude, les années de taux bas ont conduit les gérants d’actifs à accroître leurs expositions à des investissements illiquides, qui présentaient des rendements plus élevés. « Il y a maintenant un risque d’incompatibilité de liquidité pour ces gérants, particulièrement pour ceux ayant un portefeuille avec un fort levier d’endettement », redoute le patron de BlackRock.

    Compte tenu du repli sur soi des économies et du rapatriement des chaînes de production, il s’attend par ailleurs à une inflation comprise entre 3,5 % et 4 % dans les prochaines années.

    Le PDG du groupe de 8.594 milliards de dollars d’ actifs sous gestion profite aussi de sa lettre pour éclaircir sa position sur l’ESG (respect des critères environnementaux, sociaux et de gouvernance). Cible des tirs croisés des républicains et des démocrates ces derniers mois, pour son engagement jugé trop ou pas assez marqué dans ce domaine, Larry Fink a rappelé que son devoir fiduciaire consistait avant tout à répondre aux attentes des clients.[1]

    (Les Échos)

    1. Le « respect des critères environnementaux, sociaux et de gouvernance », Larry Fink s’en contretape, rappelant que son devoir fiduciaire consistait avant tout à goinfrer de profits les parasites que sont partout les actionnaires.

  • Pendant le saccage des retraites (au prétexte de grappiller 15 milliards par an)…

    … les grandes entreprises françaises ont affiché une activité record en 2022. Les 37 sociétés à avoir publié leurs comptes pour l’année passée ont fait état d’un chiffre d’affaires agrégé de plus de 1.700 milliards d’euros, en hausse de 21 % sur un an, selon le décompte des Echos. [Soit] plus de 140 milliards d’euros de profits au total.

    Une piste peut-être, pour savoir de quel ciel pourrait tomber un pognon de dingue.

    Tandis que les gouvernements de la bourgeoisie, encore et encore, font les poches des travailleurs…

    #parasitisme #réforme_des_retraites #gouvernement_borne #capitalisme #cac40 #profits #dividendes #patronat #grande_bourgeoisie

    • 38 des 40 sociétés de l’indice-phare de la #Bourse_de_Paris ont réalisé un #bénéfice net cumulé de 152 milliards d’euros, soit quelque 15 milliards de plus que l’année précédente, déjà historique. Seuls #Renault et #Vivendi ont accusé une perte. Celle du constructeur s’élève à 338 millions d’euros, en raison de 2,3 milliards de dépréciations de sa filiale russe AvtoVAZ, cédée pour 1 rouble symbolique ; celle du groupe de média, à 1 milliard, après ajustement de la valeur de ses actions Telecom Italia. Il faudra attendre mai pour connaître les résultats du constructeur ferroviaire Alstom et l’été pour ceux de Pernod Ricard, leurs exercices étant décalés.

      Ces bénéfices sont sans précédent, notamment pour les poids lourds de la place de Paris.

      […] Pour la première fois, la #capitalisation_boursière de Paris a dépassé celle de Londres, note Pascal Quiry, professeur de finances à HEC et cofondateur du site spécialisé Vernimmen.net.

      […] Compte tenu des résultats de #LVMH, première capitalisation européenne, de ceux de Stellantis (dont la #famille_Agnelli est le premier actionnaire), de #L’Oréal (#famille_Bettencourt-Meyers), de Kering (#famille_Pinault), d’Hermès (#famille_Dumas), de #Bouygues, de #Michelin et de #Dassault, ou encore de l’entrée d’Eurofins au CAC 40 en septembre 2021, l’année 2022 confirme la montée en puissance des grandes familles, qui ont consolidé leur pouvoir à travers des rachats d’actions. Avec 21,5 % du #CAC40 en 2021, elles en sont devenues les premiers actionnaires, juste devant des #gestionnaires_d’actifs comme #BlackRock ou Vanguard, selon l’opérateur boursier Euronext.

      Et 2023 ? Les dirigeants du CAC 40 restent confiants…

      (Le Monde)

  • Comment BlackRock prépare l’avenir de l’Ukraine
    https://lvsl.fr/comment-blackrock-prepare-lavenir-de-lukraine

    Les opportunités que présente l’Ukraine ne sont pas passées inaperçues. De #BlackRock (à qui Volodymyr #Zelensky a officiellement souhaité la bienvenue) aux fonds européens, le pays est scruté par les géants de la finance. Et par les organisations internationales, qui comptent bien lui imposer un climat favorable aux #investissements. Au menu : #dérégulation, #privatisations et « fiscalité efficiente ». Il faut dire que le gouvernement ukrainien n’a pas attendu la fin de la guerre pour mettre en place ces #réformes. […]

    #prédation #capitalisme #ukraine

  • Saccages sociaux obligent, tout va très bien pour #Larry_Fink et la masse des parasites qui s’enrichissent en spéculant sur les fonds indiciels cotés (#ETF)…

    L’année 2022 aura consacré #BlackRock comme leader mondial incontesté du marché des fonds indiciels cotés (ETF). Avec 2.910 milliards de $ (2.682,5 milliards €) d’encours à fin décembre, soit un tiers du marché, le numéro un de la gestion d’actifs reste le premier gérant d’ETF au monde.
    Surtout, après s’être fait damer le pion deux années de suite par son rival #Vanguard, il a obtenu la plus forte collecte nette du marché l’an dernier, avec 221 milliards de dollars de flux, contre 214 milliards de dollars pour le groupe mutualiste de Pennsylvanie, en recul par rapport aux deux années précédentes.
    Avec #State_Street, les trois premiers gérants d’ETF couvrent les deux tiers du marché mondial pour ce type de supports, gérés essentiellement de manière passive, c’est-à-dire en répliquant des indices de marché. Parce qu’ils permettent, notamment aux particuliers, d’investir à peu de frais sur de grands marchés, les ETF ont connu un essor considérable ces dernières années.
    En Europe, BlackRock reste de très loin le premier pourvoyeur d’ETF, avec 586 milliards d’encours pour ses produits #iShares (la marque du groupe pour les ETF). Suivent Amundi, champion français et numéro six mondial, mais avec trois fois moins d’encours d’ETF que BlackRock, puis #DWS, #Vanguard, et #UBS.
    Du côté des fonds, c’est à SPDR S&P 500 ETF Trust de State Street que revient l’honneur d’être à la fois le doyen et le plus large ETF au monde avec 370 milliards de dollars d’encours. Comme son nom l’indique, il réplique l’indice #S&P_500 et s’est donc replié de 16 % l’an dernier, après six années de hausse. Il est suivi par deux indices de BlackRock et Vanguard calquant eux aussi l’indice américain des 500 plus grandes sociétés cotées à New York.
    Plus de la moitié de la collecte de BlackRock l’an dernier provient des ETF, ce qui lui a permis de limiter la fonte de ses actifs sous gestion et d’afficher un chiffre d’affaires supérieur aux attentes du marché à 17.873 milliards de dollars sur l’année, en recul de 8 % par rapport à l’année précédente.
    De leur côté, les #résultats se sont repliés de 12 % à 5.178 milliards de dollars, grâce à une bonne maîtrise des coûts. Quelques jours avant la publication de ses résultats, le groupe avait annoncé une vague de 500 #licenciements, soit 2,5 % des effectifs, pour la première fois depuis 2019. Après s’être repliée de 23 % l’an dernier, l’action de BlackRock a repris 6,4 % depuis le début de l’année

    (Les Échos)

    #parasitisme #spéculation_boursière #spéculation #capitalisme #finance

  • Se faire du blé en #Ukraine - ...

    Depuis l’entrée en vigueur de la loi sur la vente des terres agricoles il y a exactement un an, trois grandes corporations transnationales états-uniennes ont acquis pratiquement un tiers des terres cultivables ukrainiennes. Selon la « Australian national review » les états-uniens posséderaient désormais 17 millions des 62 millions d’hectares de l’Ukraine (superficie totale du pays) ; 28% de l’Ukraine serait donc américaine !

    https://www.librairie-tropiques.fr/2022/08/se-faire-du-ble-en-ukraine.html

  • C’est Politique ! Le blog - L’ Actualité Politique, saupoudrée d’humour…parce qu’il faut garder le moral !
    https://cpolitic.wordpress.com

    Tout finit par se savoir, Macron ! Scandale Mc Kinsey, Profs méprisés, Euthanasie des vieux en plein Covid, Ventes d’armes à Poutine…
    https://cpolitic.wordpress.com/2022/03/20/tout-finit-par-se-savoir-macron-scandale-mc-kinsey-profs-meprise

    Tout finit par se savoir. Rien de plus vrai comme dicton. Parce qu’il y aura toujours un témoin qui pourra donner l’info. Toujours une archive qui traîne.
    On commence avec du lourd, du très lourd…

    Le Scandale McKinsey. On savait que la Macronie avait sous-traité diverses tâches à des cabinets privés d’origine américaine. Mais nous savons dorénavant pour combien d’euros. Et c’est là, que le bas blesse : 1 milliard d’euros en 2021, 2,4 milliards en 4 ans ! Gloups !
Ça en fait des masques, des blouses, des surblouses, des respirateurs…

    On connaissait également les liens incestueux entre Victor Fabius patron de la filiale française de Mc Kinsey et Company et le Conseil Constitutionnel https://cpolitic.wordpress.com/2022/01/21/passe-vaccinal-conseil-constitutionnel-se-couche-encore via son père Laurent Fabius. Malheureusement la pieuvre a étalé ses tentacules au Conseil d’Etat et de nombreux ministères. Une vraie mafia !

    Sur le fond, cette mafia produit des powerpoint creux, à la chaine pour ses divers clients internationaux et qui en plus à des problèmes d’éthiques graves : exil fiscal et déboire judiciaires aux USA !

    Que du bonheur… avec notre argent public ! Comme quoi il y a bien de l’argent magique.
    Plus de détails par ici :

    Comme promis l’intégrale de la saison 1 "McKinsey, ton univers impitoyable"

Je vous présente un nouvel ami Aamir Malik, vice président de Pfizer et ancien collègue de Victor chez McKinsey.

Mais que va décider le conseil constitutionnel…
1/n https://twitter.com/p_duval/status/1490598163102810112
    -- Duval Philippe (@p_duval) February 7, 2022

    Cabinets de conseil : « Le cabinet McKinsey a fait des copier/coller de documents qu’ils remettaient à d’autres pays que la France, comme en Australie (…) Ils changeaient simplement les chiffres »

 @ElianeAssassi, sénatrice @senateursCRCE #SeineSaintDenis#SensPublic https://twitter.com/enmodemacaron/status/1504417039590510599
    -- Public Sénat (@publicsenat) March 17, 2022

    "#McKinsey doit régler un forfait fiscal symbolique de 175 dollars" mais aux États Unis

"L’autorité de tutelle de la #DITP a pourtant assuré que McKinsey est en règle avec l’administration fiscale française", c’est #Macron qui a créé cette DITP…#MacronNousPrendPourDesCons https://t.co/30VPBBxRNo
    -- Lorentz mathias (@LorentzMathias) March 17, 2022

    Je pense que ça résume bien la situation #macron #mckinsey pic.twitter.com/tA7gJvtZ30
    -- Bonnie Parker (@MelleBonnieP) March 19, 2022

    je vais faire la #MarchePourLa6eRepublique pour en finir avec la Présidence Mensonge Permanent Corruption par #McKinseyGate #Pfizergate #bayer #blackrock #plusjamaismacron#MelenchonPresident2022 Retour de la Souveraineté du Peuple #6emeRepublique #ric #referendumrevocatoire https://t.co/HWXiyfOPlp
    -- Taous93FI  (@Taousertova93) March 20, 2022

    • cnews et sondage ifop, donc à lire avec ne pince à linge sur le nez
      Guerre en Ukraine : 52% des Français convaincus par certains arguments russes
      https://www.cnews.fr/videos/france/2022-03-27/guerre-en-ukraine-52-des-francais-convaincus-par-certains-arguments-russes

      Une enquête de l’IFOP menée dans le cadre de la semaine de la presse et des médias s’est penchée sur l’adhésion des Français aux arguments mis en avant par la Russie pour justifier l’invasion de l’Ukraine.

      Il ressort que 52% des sondés croient à au moins l’une des thèses russes sur l’origine de la guerre en Ukraine. 28% pensent par exemple que l’intervention russe est soutenue par des Ukrainiens russophones souhaitant se libérer des persécutions qu’ils subissent. Et 10% disent croire que « l’Ukraine est gouvernée actuellement par une junte infiltrée par des mouvements néonazis ».

      Les plus perméables aux discours de Vladimir Poutine sont les sympathisants de Jean-Luc Mélenchon et d’Éric Zemmour, révèle le sondage de l’Ifop. 


      Du complotisme sanitaire à la propagande du Kremlin
      Selon cette étude, il existe un lien entre les Français adhérant aux thèses antivax et ceux qui soutiennent la politique de Vladimir Poutine. Ainsi, 71% des antivax croient au récit poutinien sur l’Ukraine. L’adhésion à la propagande russe est plus faible (43%) chez les Français ne croyant à aucune de ces théories contre les vaccins.

      Au total, 25% des sondés croient à au moins une thèse antivax et au moins une thèse de la propagande russe.

      La guerre de l’information menée par le Kremlin bénéficie « d’un contexte de brouillard informationnel "post-covid" » qui serait propice « à l’essor des théories complotistes », affirme également l’Ifop. Ainsi, 35% des Français sondés déclarent « croire aux théories du complot ».

      NDR dans les commentaires
      – Attention CNEWS ! Attention ! Le titre n’est pas bon : « 52% des sondés croient à au moins l’une des thèses russes ». Mettre la moitié d’un pays dehors sans au moins une raison qui se tienne… compliqué !
      – 52% des français ne croient pas à la thèse des médias mainstream, savoir le diable poutine contre le héros zelensky...ça me rassure que la moitié des français ne marchent pas dans cette propagande grossière.
      – Les journaux en France mentent, ils savent qu’on sais qu’ils mentent, mais ils continuent de mentir.

  • Biden, BlackRock et la bulle du climat - Entelekheia.fr
    http://www.entelekheia.fr/2021/03/26/biden-blackrock-et-la-bulle-du-climat

    BlackRock Inc, la plus grande société de gestion d’investissements au monde avec environ 8000 milliards de dollars d’actifs gérés, joue un rôle tout particulier dans la politique climatique du président américain Joe Biden. En effet, il semble que BlackRock et l’administration Biden soient mariés.

    Le mariage a été consommé, pourrait-on dire, avec les nominations et les désignations d’éminents cadres de #BlackRock à des postes à responsabilité de l’administration. Tous sont typiques du phénomène des « revolving doors » (« porte tournantes »), qui voit des décideurs faire des aller-retours entre le gouvernement et la finance privée.

  • Quand les critiques du marché financier deviennent des spéculateurs. Fonds spéculatifs, GameStop et les petits investisseurs du Reddit : Une belle aubaine pour Blackrock, par Tomasz Konicz
    http://www.palim-psao.fr/2021/02/fonds-speculatifs-gamestop-et-les-petits-investisseurs-du-reddit-la-grand

    Retour sur la misère de la critique tronquée du capitalisme à travers l’exemple de la spéculation récente en essaim sur les actions de Gamestop.

    #Tomasz_Konicz #Gamestop #spéculation #Wall_Street #Blackrock #finance #capitalisme #critique_de_la_valeur

  • The two sides of TUI : crisis-hit holiday giant turned deportation specialist

    2020 was a rough year for the tourism industry, with businesses worldwide cancelling holidays and laying off staff. Yet one company has been weathering the storm with particular ruthlessness: the Anglo-German giant TUI.

    TUI (Touristik Union International) has been called the world’s biggest holiday company. While its core business is selling full-package holidays to British and German families, 2020 saw it taking on a new sideline: running deportation charter flights for the UK Home Office. In this report we look at how:

    - TUI has become the main airline carrying out charter deportation flights for the UK Home Office. In November 2020 alone it conducted nine mass deportations to 19 destinations as part of Operation Sillath, and its deportation flights continue in 2021.
    - TUI lost over €3 billion last year. But the money was made up in bailouts from the German government, totalling over €4 billion.
    – TUI’s top owner is oligarch Alexey Mordashov, Russia’s fourth richest billionaire who made his fortune in the “Katastroika” of post-Soviet asset sell-offs. His family holding company made over €100 million in dividends from TUI in 2019.
    – In 2020, TUI cut 23,000 jobs, or 32% of its global workforce. But it carried on paying out fat salaries to its bosses – the executive board waived just 5% of their basic pay, with CEO Fritz Joussen pocketing €1.7 million.
    – Other cost-cutting measures included delaying payments of over €50m owed to hotels in Greece and Spain.
    - TUI is accused of using its tourist industry muscle to pressure the Greek government into dropping COVID quarantine requirements last Summer, just before the tourist influx contributed to a “second wave” of infections.
    – It is also accused of pressuring hotels in the Canary Islands to stop hosting migrants arriving on wooden boats, fearing it would damage the islands’ image in the eyes of TUI customers.

    TUI: from heavy industry to holiday giant

    Calling itself the ‘world’s leading tourism group’, TUI has 277 direct and indirect subsidiaries. The parent company is TUI AG, listed on the London Stock Exchange and based in Hannover and Berlin.

    TUI describes itself as a ‘vertically-integrated’ tourism business. That means it covers all aspects of a holiday: it can take care of bookings, provide the planes to get there, accommodate guests in hotels and cruises, and connect them with ‘experiences’ such as museum vists, performances and excursions. Recent company strategy buzz highlights the use of digitalisation – ‘driving customers’ into buying more services via its apps and online platforms. Where it can’t do everything in-house, TUI also uses other airlines and works extensively with independent hotels.

    TUI’s major assets are:

    - Hotels. By September 2020 the company ran over 400 hotels, the most profitable of which is the RIU chain, a company jointly owned by the Mallorca-based RIU family.
    - Cruises. TUI owns three cruise companies – TUI Cruises, Hapag-Lloyd Cruises and Marella Cruises – which between them operate 17 vessels.
    - Airlines. TUI has five airlines with a total fleet of 137 aircraft. 56 of these are operated by its biggest airline, the British company TUI Airways. Collectively, the airlines under the group are the seventh largest in Europe.

    TUI also runs the TUI Care Foundation, its vehicle for green PR, based in the Hague.

    The company has a long history dating back to 1923 – though it is barely recognisable from its earlier embodiment as the energy, mining and metalworking group Preussag, originally set up by the German state of Prussia. Described by some as the “heavy industrial arm” of the Nazi economy, Preussag was just one of many German industrial firms which benefited from forced labour under the Third Reich. It transformed itself into a tourism business only in 1997, and completed a long string of acquisitions to become the behemoth it is today – including acquiring leading British travel agents Thomson in 2000 and First Choice Holidays in 2007.

    TUI holidaymakers are mostly families from the UK and Germany, with an average ticket for a family of four costing €3,500 . The top five destinations as of Easter 2019 were, in order: Spain, Greece, Egypt, Turkey, and Cape Verde.

    The UK branch – including TUI Airways, which is responsible for the deportations – is run out of Wigmore House, next to Luton Airport in Bedfordshire. The UK managing director is Andrew “Andy” Flintham. Flintham has been with TUI for over 15 years, and previously worked for British Airways and Ford.

    Dawn Wilson is the managing director of TUI Airways. and head of airline operations on the TUI aviation board, overseeing all five of TUI’s airlines. Wilson is also a director of TUI UK. Originally from Cleethorpes, Wilson’s career in the industry began as cabin crew in the 80s, before rising up the ranks of Britannia Airways. Britannia’s parent company Thomson was acquired by TUI in 2000.
    TUI’s crisis measures: mass job losses, deportations, and more

    Before the pandemic TUI was a success story, drawing 23 million people a year to sun, sea, snow or sights. In 2019, TUI was riding high following the collapse of its key UK competitor, Thomas Cook. It branched out by adding 21 more aircraft to its fleet and picking up a number of its rival’s former contracts, notably in Turkey. TUI’s extensive work in Turkey has recently made it a target of the Boycott Turkey campaign in solidarity with the Kurdish people. The one bum note had been the grounding of its Boeing 737 MAX airliners, after two crashes involving the aircraft forced the worldwide withdrawal of these planes. Despite that, the company made close to €19 billion in revenues in 2019, and a profit of over €500 million. Most of that profit was handed straight to shareholders, with over €400 million in dividends. (See: Annual Report 2019). And the future looked good, with record bookings for 2020.

    Then came COVID-19. By the end of the 2020 financial year, travel closures had resulted in losses of €3 billion for TUI, and a net debt of €4.2bn. To stay afloat, the company has managed to pull in handouts from the German state, as well as backing from its largest shareholder, the Russian oligarch Alexei Mordashov. It has also turned to a number of controversial business practices: from mass job losses to becoming Brexit Britain’s main deportation profiteer.

    Here we look at some of what TUI got up to in the last year.
    Government bailouts

    Had it been left to the free market, TUI might well have gone bust. Fortunately for TUI’s investors, the German government rode to the rescue. In total, the state – working together with some banks and private investors – has provided TUI with €4.8bn in bailout funds to see it through COVID-19.

    The vast bulk of this money, €4.3 billion to date, has come from German taxpayers. TUI received a €1.8 rescue loan from state development bank KsF in April 2020, followed by another €1.2 billion package in August. The third bailout, agreed in December 2020, totalled €1.8 billion. €1.3 billion of this was more government money – from the German Economic Support Fund (WSF) as well as KsF.

    While some was a straight loan, portions came as a “silent participation” convertible into shares in the company – that is, the state has the option to become a major TUI shareholder. The deal also involved the government having two seats on TUI’s supervisory board. The German state is now intimately involved in TUI’s business.

    The other €500m was raised by issuing new shares to private investors. TUI’s largest owner, Alexey Mordashov, agreed to take any of these not bought by others – potentially increasing his stake in the company from 25% to as much as 36% (see below).
    Slashing jobs

    Alongside bail-outs, another key part of TUI’s response to the COVID crisis has been to hit the staff. Back in May 2020 there was widespread media coverage when TUI announced it would make 8,000 job cuts globally. Then in July 2020, the company announced it would close 166 of its 516 travel agencies in the UK and Ireland at a cost of 900 jobs.

    But these announcements turned out to be just the beginning. In the 2020 Annual Report, published in December 2020, TUI quietly announced that it had in fact cut 23,143 jobs – that is 32% of its total staff.

    Particularly hard hit were hotel staff, whose numbers fell by over 13,000, 46% of the total. The workforce of TUI’s excursions and activities division, TUI Musement, was cut in half with almost 5,000 job losses (Annual Report, p88). And these figures do not include staff for TUI Cruises (JV), a joint venture company whose employees are mainly hired through agencies on temporary contracts.

    Home Office deportation airline of choice

    TUI is not known to have been previously involved in deportations from the UK, Germany or any other country. But since August 2020, its UK subsidiary TUI Airways has suddenly become the UK’s top deportation airline. It carried out the vast majority of mass deportation charter flights from the UK between August and December 2020, and continues to do so in January 2021.

    This included many of the rush of pre-Brexit “Operation Sillath” deportations to European countries before the New Year – where the Home Office pushed to expel as many refugees as possible under the Dublin Regulation before it crashed out of this EU agreement. But it also works further afield: TUI carried out all charter deportations from the UK in November, including one to Ghana and Nigeria.

    Because of this, TUI looked a likely candidate to be operating the so-called ‘Jamaica 50’ flight on 2 December, and was one of a number of possible airlines targeted by a social media campaign. However, the company eventually clarified it would not be doing the flight – Privilege Style, whom Corporate Watch recently reported on, turned out to be the operator. It is unclear whether or not TUI had originally been booked and pulled out after succumbing to public pressure.
    No hospitality in the Canary Islands

    The company’s disregard for the lives of refugees is not limited to deportation deals. In the Canary Islands, a local mayor revealed that TUI (along with British airline Jet2) had warned hotels not to provide emergency shelter to migrants, threatening it would not ‘send tourists’ if they did.

    Record numbers of African migrants arrived on wooden boats to the islands in 2020, and some have been accomodated in the hotels at the state’s expense. Nearly 2,170 migrants died trying to reach Spain that year, the majority en-route to the Canaries. The islands had seen a dramatic fall in holidaymakers due to the pandemic, and many hotel rooms would have sat empty, making TUI’s threats all the more callous.
    Pushing back against Greek COVID-19 measures

    TUI has been pressing destination countries to reopen to tourists following the first wave of the Coronavirus pandemic. This has become a particular issue in Greece, now the company‘s number one destination where TUI has been accused of exerting pressure on the government to relax anti-COVID measures last Summer.

    According to a report in German newspaper BILD (see also report in English here), TUI threatened to cancel all its trips to the country unless the government dropped quarantine regulations for tourists. The threat was reportedly made in negotiations with the Greek tourism minister, who then rushed to call the Prime Minister, who backed down and rewrote the Government’s COVID-19 plans.

    Greece had been viewed as a rare success story of the pandemic, with the virus having largely been contained for months – until early August, a few weeks after it welcomed back tourists. Some have blamed the country’s “second wave” of COVID-19 infections on the government’s “gamble of opening up to tourists”.

    Leaving hotels in the lurch

    Despite having pushed destination countries to increase their COVID-19 exposure risks by encouraging tourism, the company then refused to pay hoteliers in Greece and Spain millions of euros owed to them for the summer season. Contractual changes introduced by TUI forced hotels to wait until March 2021 for three-quarters of the money owed. In Greece, where the company works with over 2,000 hotels, the sum owed is said to be around €50m, with individual hotels reportedly owed hundreds of thousands of euros. This money is essential to many businesses’ survival through the low season.

    TUI’s actions are perhaps all the more galling in light of the enormous government bailouts the company received. In the company’s 2020 Annual Report, amid sweeping redundancies and failure to pay hoteliers, CEO Fritz Joussen had the arrogance to claim that “TUI plays a stabilising role in Southern Europe, and in Northern Africa too, with investment, infrastructure and jobs.”
    Rolling in it: who gains

    The supposed rationale for government COVID bail-outs, in Germany as elsewhere, is to keep the economy turning and secure jobs. But that can’t mean much to the third of its work force TUI has sacked. If not the workers, who does benefit from Germany funneling cash into the holiday giant?

    TUI’s bailout deals with the German government forbade it from paying a dividend to shareholders in 2020. Although in previous years the company operated a very high dividend policy indeed: in 2018 it handed over €381 million, or 47% of its total profit, to its shareholders. They did even better in 2019, pocketing €423 million – or no less than 80% of company profits. They will no doubt be hoping that the money will roll in again once COVID-19 travel restrictions are lifted.

    Meanwhile, it appears that the crisis barely touched TUI’s executives and directors. According to the 2020 Annual Report (page 130), the company’s executives agreed to a “voluntary waiver of 30% of their fixed remuneration for the months of April and May 2020”. That is: just a portion of their salary, for just two months. This added up to a drop of just 5% in executive salaries over the year compared with 2019.

    Again: this was during a year where 32% of TUI staff were laid off, and the company lost over €3 billion.

    In a further great show of sacrifice, the Annual Report explains that “none of the members of the Executive Board has made use of their right to reimbursement of holiday trips which they are entitled to according to their service agreements.” TUI is infamous for granting its executives paid holidays “without any limitation as to type of holiday, category or price” as an executive perk (page 126).

    After his 5% pay cut, CEO Fritz Joussen still made €1,709,600 last year: a basic salary of €1.08 million, plus another €628,000 in “pension contributions and service costs” including a chauffeur driven car allowance.

    The next highest paid was none other than “labour director” Dr Elke Eller with €1.04 million. The other four members of the executive board all received over €800,000.

    The top dogs

    Who are these handsomely paid titans of the holiday industry? TUI’s CEO is Friedrich “Fritz” Joussen, based in Germany. Originally hired by TUI as a consultant, Joussen has a background in the German mobile phone industry and was head of Vodafone Germany. The slick CEO can regularly be found giving presentations about the TUI ‘ecosystem’ and the importance of digitisation. Besides his salary, Joussen also benefits from a considerable shareholding accrued through annual bonuses.

    Overseeing Joussen’s executive team is the Supervisory Board, chaired by the Walrus-moustachioed Dr. Dieter Zetsche, or ‘Dr. Z’, who made his fortune in the management of Daimler AG (the car giant that also owns Mercedes–Benz, and formerly, Chrysler ). Since leaving that company in 2019, Zetsche has reportedly been enjoying a Daimler pension package of at least €4,250 a day. TUI topped him up with a small fee of €389,500 for his board duties in 2020 (Annual Report p140).

    With his notable moustache, Dr. Z is a stand-out character in the mostly drab world of German corporate executives, known for fronting one of Daimler’s US ad campaigns in a “buffoon tycoon” character. At the height of the Refugee Summer of 2015, Dr. Dieter Zetsche abruptly interrupted his Frankfurt Motor Show speech on the future of the car industry to discuss the desperate situation facing Syrian refugees.

    He said at the time: “Anybody who knows the past isn’t allowed to turn refugees away. Anybody who sees the present can’t turn them away. Anybody who thinks about the future will not turn them away.” Five years later, with TUI the UK’s top deportation profiteer, this sentiment seems to have been forgotten.

    Another key figure on the Supervisory Board is Deputy Chair Peter Long. Long is a veteran of the travel industry, having been CEO of First Choice, which subsequently merged with TUI. He is credited with pioneering Turkey as an industry destination.

    Long is a controversial figure who has previously been accused of ‘overboarding’, i.e. sitting on the directors’ boards of too many companies. Described as a “serial part timer”, he was executive chairman of Countrywide PLC, the UK’s largest estate agency group, but stepped down in late November 2020 after apparently ruffling shareholders’ feathers over a move that would have given control of the company to a private equity firm. In 2018, Countrywide was forced to abandon attempts to give bosses – including himself – shares worth more than £20m. Long also previously stepped down as chairman of Royal Mail after similarly losing shareholder support over enormous executive pay packages. In his former role as as head of TUI Travel, he was among the UK’s top five highest earning CEOs, with a salary of £13.3 million for the year 2014 -15.

    The man with the money: Alexey Mordashov

    But all the above are paupers compared to TUI’s most powerful board member and top shareholder: Alexey Mordashov, a Russian oligarch who is reportedly the country’s fourth richest billionaire, with a fortune of over $23 billion. His family holding company is TUI’s main owner with up to 36% of company shares.

    Mordashov’s stake in TUI is held through a Cyprus-registered holding company called Unifirm.

    In 2019, Mordashov transferred 65% of his shares in Unifirm to KN-Holding, a Russian company owned jointly by his two sons, Kirill and Nikita, then aged 18 and 19. However, Russian media report that after the younger son Nikita was kicked out of university in 2020, he was sent to the army, and his shares transferred to Kirill.

    It may not be massive money to Mordashov, but his family company have certainly done well out of TUI. In 2019 TUI paid out €423 million in dividends to its shareholders, no less than 80% of total profits. At the time Unifirm owned one quarter (24.95%) of TUI. That means the Mordashovs will have received over €100 million on their investment in TUI just in that one year.

    “Steel king” Alexey Mordashov’s rise to the height of the global mega-rich began with a typical post-Soviet privatisation story. Born in 1965, the son of steel workers, he studied economics and accountancy and by 1992 was finance director of a steel plant in his hometown of Cherepovets. In the early and mid-1990s, the great Russian “Katastroika” sell-off of state assets saw steel mill and other workers handed shares in the former collective enterprises. In the midst of an economic collapse, workers sold on their shares to pay food and heating bills, while the likes of Mordashov built up massive asset portfolios quick and cheap. In the next privatisation phase, the budding oligarchs were handed whole industries through rigged auctions.

    Mordashov turned his steel plant holdings into a company called Severstal, now among the world’s largest steel firms. He then expanded Severstal into Severgroup, a conglomerate with holdings in everything from airports to goldmines (Nordgold) to supermarkets (Lenta), to mobile phone networks (Tele2 Russia), as well as the local hockey team Severstal Cherepovets. Vladimir Lukin, Mordashov’s legal adviser at Severgroup, is also a member of the TUI Supervisory Board.

    Business media paint Mordashov as less flamboyant than your average oligarch. His new megayacht Nord, built in Germany and registered in the Cayman Islands, is only 142 metres long – 20 metres shorter than Roman Abramovitch’s Eclipse.

    In December 2020, TUI declared that Unifirm owned 25% of its shares. But the number will have increased in TUI’s third bail-out deal in January: as well as more money from the German government and its banks, Unifirm agreed to inject more cash into the company in return for boosting its ownership, buying up new shares to a maximum of 36%. The exact current holding has not yet been announced.

    TUI’s increasing control by Mordashov was approved by the German financial regulator Bafin, which stepped in to exempt him from a rule that would have required Unifirm to bid for a full majority of the shares once it held more than 30%.
    Other shareholders

    Unifirm is the only shareholder with over 10% of TUI shares. Some way behind, Egyptian hotel-owning businessman called Hamed El Chiaty has a stake of just over 5%, via the Cyprus-based DH Deutsche Holdings. But most of TUI’s shares are owned in smaller chunks by the usual suspects: the global investment funds and banks that own the majority of the world’s assets.

    In December 2020 these funds each had over 1%: UK investor Standard Life Aberdeen; giant US-based fund Vanguard; Canada’s state pension system; and Norges Bank, which manages the oil-rich national wealth fund of Norway. Two other major investment funds, Pioneer and BlackRock, had around 0.5% each. (NB: these numbers may have changed after the new January share sale.)

    TUI can’t take its reputation for granted

    A company of TUI’s size backed by the German government and a Russian billionaire may seem impervious to criticism. On the other hand, unlike more specialist charter airlines, it is very much a public facing business, relying above all on the custom of North European families. The endless stream of negative reviews left by disgruntled customers following cancelled TUI holidays in 2020 have already tarnished its image.

    In a sign of just how worried the company may be about its reputation, it put out a tender in the autumn for a new PR agency to take care of “relaunching the brand into the post-Covid world”. This was ultimately awarded to the US firm Leo Burnett. If outrage at the UK’s deportation push keeps up, TUI might well need to pay attention to online campaigns or demonstrations at its travel agents.

    Another vulnerability the company has itself identified is political instability in destination countries, as evidenced by TUI’s nervousness over migrant arrivals in the Canary Islands. Here too, its image is being harmed by actions such as exerting pressure on the Greek government to relax COVID measures, and its treatment of independent hotels. TUI cannot take public support for granted in top destinations such as Greece and Spain, where campaigning at its resorts could play a role in shifting company policy.

    https://corporatewatch.org/the-two-sides-of-tui-crisis-hit-holiday-giant-turned-deportation-spe

    #renvois #expulsions #tourisme #TUI #asile #migrations #réfugiés #Allemagne #privatisation #complexe_militaro-industriel #business #UK #Angleterre #Touristik_Union_International #compagnie_aérienne #avions #Operation_Sillath #Alexey_Mordashov #Fritz_Joussen #Canaries #îles_Canaries #Preussag #Wigmore_House #Flintham #Andrew_Flintham #Andy_Flintham #Dawn_Wilson #pandémie #coronavirus #covid-19 #KsF #German_Economic_Support_Fund (#WSF) #chômage #licenciements #TUI_Musement #charter #Dublin #renvois_Dublin #Ghana #Nigeria #Jamaica_50 #Jet2 #hôtels #Elke_Eller #Dieter_Zetsche #Peter_Long #Severstal #Severgroup #Nordgold #Lenta #Tele2_Russia #Unifirm #Hamed_El_Chiaty #DH_Deutsche_Holdings #multinationales #Standard_Life_Aberdeen #Vanguard #Norges_Bank #Pioneer #BlackRock #Leo_Burnett

    ping @karine4 @isskein @reka

  • Tim Spicer, le pionnier de la guerre privée
    https://www.franceculture.fr/emissions/le-monde-des-espions-saison-2-les-nouveaux-corsaires/tim-spicer-le-pionnier-de-la-guerre-privee

    Syrie, Libye, Irak, Yémen... Sur presque tous les champs de bataille, on trouve aujourd’hui des soldats privés. A Idlib ou à Tripoli, ce sont les salariés russes de la nébuleuse Wagner. En Irak, ce fut, longtemps, les recrues de la société américaine Blackwater. Autant de condottiere modernes qui louent leur savoir-faire à des Etats dépassés. Comment, en moins de vingt ans, ces bataillons de fortune en sont-ils venus à remplacer les armées de métier sur les lignes de front ? Nous avons voulu comprendre (...)

    #Aegis #BlackRock #milice #militaire #surveillance #Wagner

  • L’UE choisit comme conseiller sur l’environnement... #BlackRock, investisseur dans le pétrole
    https://www.marianne.net/economie/l-ue-choisit-comme-conseiller-sur-l-environnement-blackrock-investisseur-d

    Le gestionnaire d’actifs, qui détient des parts dans les plus grandes compagnies pétrolières et les plus grandes banques du monde, a remporté un appel d’offre organisé par la Commission européenne et rédigera un rapport sur la manière dont la supervision bancaire de l’UE pourrait prendre en compte le climat.

    #marrant

  • #BlackRock to advise EU on environmental rules for banks
    https://www.theguardian.com/business/2020/apr/12/blackrock-eu-environmental-rules-for-banks

    BlackRock, one of the world’s largest investors in banks and fossil fuel companies, has been hired by the EU to work on potential new environmental rules for banks.

    Campaigners raised concerns about potential conflicts of interest, given BlackRock’s widespread financial interests in sectors that could be directly impacted by new environmental rules.

    #gorafi_encore_plagié

  • Ossigeno privato

    La #Luxfer_Gas_Cylinders di #Clermont-Ferrand, in Francia, era la sola fabbrica europea a produrre bombole per l’ossigeno medicale di alta qualità. Lo stabilimento faceva utili, ma una manovra speculativa dei proprietari ne ha decretato la chiusura nel 2019
    È il 26 novembre del 2018, quando un “manager di transizione” del gruppo britannico #Luxfer_Holding Plc annuncia la chiusura del sito industriale. A Gerzat, nella banlieu Nord di Clermont-Ferrand, gli operai sono increduli. La lista di comande è lunga un’infinità e la fabbrica funziona bene: nel 2018 la cifra d’affari è stata di 22 milioni di euro, l’utile netto di un milione, in progressione del 55% rispetto all’anno precedente. Inoltre, lo stabilimento era stato acquisito nel 2001 per pochi euro ad una società nazionalizzata: sono dunque i contribuenti francesi che hanno finanziato i macchinari e il savoir-faire dell’impresa. Eppure la casa madre, detenuta da fondi d’investimento come BlackRock e Fidelity, decide che lo stabilimento francese va chiuso. L’unica fabbrica europea attiva nella produzione di bombole per l’ossigeno d’alluminio, oltre la metà delle quali destinate ad uso medico, viene così bloccata nel giugno del 2019. I 136 impiegati della Luxer Gas Cylinders sono licenziati dopo che, tra marzo e aprile 2019, avevano bloccato per un mese le attività. Un conflitto sociale che è continuato fino ad oggi, in un contesto in cui, a causa dell’emergenza Coronavirus, le carenze di bombole d’ossigeno, a suo tempo preannunciata dagli ex dipendenti, è una triste realtà in Europa.

    Luxfer ha giustificato la chiusura del sito francese con il “deteriorato contesto economico”. Il gruppo holding britannico ha così deciso di “riorganizzare la sua attività concentrando questa attività negli stabilimenti di Notthingham (Gb) e Riverside (Usa)”. Per i sindacati francesi, in realtà, si tratta di una pura e semplice speculazione: “Il gruppo, che ha una sorta di monopolio sul settore, ha voluto sostituire i prodotti di altissima qualità realizzati in Francia con altri di qualità inferiore fabbricati altrove, a costi di produzione più bassi e prezzi di vendita in crescita del 12%” spiega ad area Axel Peronczyk, rappresentante sindacale della Cgt.

    Per i sindacati non vi era dubbio: le soluzioni c’erano per rivitalizzare il sito e mantenere l’attività in Francia. Addirittura, 55 operai avevano messo in piedi un piano per riacquistare la fabbrica e ripartire in autonomia. I vertici dello Stato e dell’azienda hanno però fatto scena muta. In gennaio, la mobilitazione si è accentuata quando, dopo l’invio di alcuni bulldozer, gli ex operai si sono visti obbligati ad occupare la fabbrica 24 ore su 24: “Occorreva impedire che i proprietari entrassero di notte e smontassero le nostre efficienti macchine pezzo per pezzo, il che avrebbe segnato la fine di tutte le possibilità di rifare partire il lavoro” ci spiega ancora Axel Peronczyk.

    L’occupazione impedisce la distruzione dei mezzi di produzione e dura fino al 19 marzo, nel bel mezzo della crisi del Coronavirus. Per rispettare le misure di contenimento, gli ex dipendenti decidono di rimettere il sito sotto la responsabilità della prefettura. I lavoratori in lotta prendono alla lettera il discorso del presidente Emmanuel Macron del 12 marzo quando ha affermato che “quello che questa pandemia rivela è che ci sono beni e servizi che devono essere posti al di fuori delle leggi del mercato". Si chiede così, grazie anche ad un appoggio di 110mila firme raccolte in una settimana su change.org, una “nazionalizzazione totale e definitiva” della fabbrica e di un immediato riavvio delle attività per evitare carenze e salvare vite umane.

    Una proposta nemmeno presa in considerazione dal Governo. Lo scorso 2 aprile, Bruno Le Maire, il Ministro dell’economia, ha dichiarato che «né i dipendenti né le macchine sono disponibili per riprendere l’attività, che è stata interrotta dalla fine del 2019, il che rende impossibile la produzione». La realtà sembrerebbe diversa, secondo i piani proposti dai dipendenti e i loro rappresentanti. “In un momento in cui sempre più pazienti vengono spostati da una regione all’altra e trasportati dalle loro case agli ospedali, il bisogno di ossigeno sta aumentando e sta diventando irresponsabile, persino omicida, continuare a non prendere una coraggiosa decisione politica per limitare le conseguenze umane” afferma sempre Axel Peronczyk.

    Per il sindacalista è ora di tradurre nei fatti le parole dette da Macron che, però, sembrano essere il classico slogan vuoto. Se la politica latita e gli speculatori speculano, gli ex dipendenti sono pronti a portare le loro competenze e conoscenze per servire l’interesse generale e preservare la salute di tutti. Per il momento, l’azione dei lavoratori ha salvato la fabbrica. Ma per potere salvare il lavoro ci vuole ora un gesto forte da Parigi.

    https://www.areaonline.ch/Ossigeno-privato-ecfcf400
    #France #oxygène #oxygène_médical #Gerzat #industrie #fermeture #Black_Rock #fidelity #BlackRock #nationalisation #bouteilles_d'oxygène #résistance #désindustrialisation #délocalisation #spéculation

  • Compilation d’articles sur Luxfer

    30 mars 2020
    Coronavirus : une usine d’oxygène fermée par un fonds spéculatif demande sa nationalisation

    https://reporterre.net/Coronavirus-une-usine-d-oxygene-fermee-par-un-fonds-speculatif-demande-s

    Le 26 novembre 2018, face aux 136 salariés installés dans le réfectoire, un responsable — appelé « manager de transition » dans le jargon — du groupe britannique Luxfer Holding PLC, détenu par des fonds tels Fidelity ou encore BlackRock, a annoncé la fermeture définitive du site racheté en 2001. La production s’est arrêté en mai 2019.

    L’usine, pourtant bénéficiaire avec un carnet de commandes bien rempli, a fermé en juin et les salariés ont tous été licenciés. Avec 22 millions de chiffre d’affaires et un bénéfice d’un million d’euros en 2018, en progression de 55 % par rapport à l’année précédente, cette mise à mort est difficile à accepter pour les salariés.

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    Février 2019
    Luxfer : « Ils nous ont laissé mourir, ils ont laissé l’usine pourrir » - Libération
    https://www.liberation.fr/france/2019/02/12/luxfer-ils-nous-ont-laisse-mourir-ils-ont-laisse-l-usine-pourrir_1708987

    En fin de journée, les directeurs anglais avaient trouvé refuge, sous les huées, dans la mairie de Gerzat. Et devant l’usine bloquée, les salariés avaient rallumé un feu de palettes et de colère.

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    20 janvier 2020
    Conflit Luxfer : les salariés occupent l’usine depuis ce lundi à Gerzat
    https://www.francebleu.fr/infos/economie-social/conflit-luxfer-les-salaries-occupent-l-usine-depuis-ce-lundi-1579517936

    Les Luxfer demandent une intervention directe du ministre de l’Economie, Bruno Lemaire. Depuis 14 mois, ils ont multiplié les rendez-vous avec les différents services de l’Etat, les membres de cabinets ministériels, sans succès. Tout le monde se renvoie la balle. Les salariés ont le sentiment d’être abandonnés par l’Etat et en comprennent pas pourquoi rien n’est fait pour sauvegarder un savoir faire qu’ils sont les seuls à posséder en France. Ils veulent donc une médiation avec le seul décisionnaire, le ministre, pour que l’Etat oblige Luxfer à respecter ses obligations.

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    Février 2020 / Communiqué CGT Luxfer
    Luxfer à Gerzat (63) | Les salariés réquisitionnent leur usine
    https://ftm-cgt.fr/luxfer-a-gerzat-63-les-salaries-requisitionnent-leur-usine

    Mais la volonté politique de désindustrialisation de notre pays ne s’arrête pas au Ministère de l’économie et des finances. En effet, le Président de Région M. #Wauquiez et la vice-présidente Mme André-Laurent ont détourné le regard lorsque cette usine s’est retrouvée fermée sans motif valable. Après de multiples requêtes, la présidence de la région a préféré ignorer les salariés gerzatois. Pire encore, ils se targuent auprès des organisations syndicales et de l’opposition d’être en contact avec les syndicats de #Luxfer, ce qui est totalement faux. A ce jour, les salariés n’ont toujours pas eu de rendez-vous. De la même façon, la préfète du Puy de Dôme (Mme Baudouin-Clerc) ne met plus en place les commissions de revitalisation de l’usine de Gerzat depuis février 2019. Pourtant, depuis, les salariés ont trouvé eux même un repreneur Jinjiang, puis ils ont monté eux même un projet de SCOP.

    Le 13 Janvier 2020, Luxfer a décidé de reprendre les démantèlements dans la plus parfaite illégalitée.

    En plus d’avoir servi à conforter leur position de monopole, ce plan de licenciement a permis à certains de nos actionnaires de spéculer sur la destruction de cette usine. Blackrock (Fond d’investissement qui a fait parler de lui lors de la réforme des retraites) a acheté 33M€ de titres avant la flambé de l’action Luxfer, pour en revendre une partie lorsqu’elle était au plus haut.

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    #Wauquiez
    #Bercy
    #etat_français

    #BlackRock
    #Fond_d’investissement
    #spéculateurs_assassins
    #surfusion_libérale
    #catastrophe_annoncée
    #oxygène
    #sauver_des_vies
    #hospitalisation

  • Coronavirus : des associations de soignants exigent en référé la « réquisition des moyens de production » de médicaments et matériel
    https://www.lemonde.fr/societe/article/2020/03/30/coronavirus-des-associations-de-soignants-exigent-en-refere-la-requisition-d
    Une aide-soignante aide un infirmier à s’habiller, dans une tente installée à l’extérieur de l’hôpital Henri Mondor, à Créteil, depuis le 4 mars. ADRIENNE SURPRENANT POUR LE MONDE

    Le référé « mesures utiles » déposé en urgence au Conseil d’Etat demande une « réquisition des moyens de production » pour obtenir masques, respirateurs ou encore morphine.

    Plusieurs associations de santé et des juristes ont saisi en urgence le Conseil d’Etat, lundi 30 mars, pour sommer le gouvernement de réquisitionner, « à l’échelle industrielle », des usines de production pour fournir des masques, des respirateurs et des médicaments indispensables, qui commencent déjà à être rationnés. Pauline Londeix, cofondatrice de l’Observatoire de la transparence dans les politiques du médicament, prévient :
    « On est très inquiets du risque de pénurie et de rupture d’un certain nombre de médicaments indispensables contre la douleur, notamment la morphine et le curare. Pour le Covid-19, mais aussi en soins palliatifs. Le monde entier veut les mêmes médicaments, or nous avons en France le savoir-faire et les principes actifs, il faut que le gouvernement réquisitionne les moyens de production. »

    Le référé « mesures utiles », déposé par l’avocat Jean-Baptiste Soufron, permet de demander au juge administratif toutes sortes de mesures, qui peuvent être imposées à l’administration. Il est signé par « une coalition inédite » : Act Up-Paris, le Collectif inter-hôpitaux, le Collectif inter-urgences, la Coordination nationale des infirmières, l’Observatoire de la transparence des politiques du médicament, ainsi que par le professeur de droit Paul Cassia et le politologue Patrick Weil, tous deux membres de l’Association de défense des libertés constitutionnelles.

    Des demandes conséquentes

    Ces mesures sont conséquentes : les associations réclament des masques FFP2 et FFP3 pour les soignants, des masques chirurgicaux pour les malades – mais aussi pour l’ensemble de la population. Le personnel médical a besoin de pyjamas à usage unique, de gilets jetables, de surblouses, de lunettes, de tabliers, de pousse-seringues et de ventilateurs mécaniques, mais aussi « de moyens de dépistage massif », livrés à tous les laboratoires vétérinaires et de biologie. Les associations réclament la production en urgence et en France de toutes « les molécules apparaissant d’intérêt sanitaire » – tociluzimab, dexaméthasone, lopinavir, ritonavir, anakinra, midazolam et, bien sûr, morphine et curares.

    « Contrairement à ce qu’on raconte, les masques sont très utiles pour toute la population »

    « Le plus urgent, ce sont les masques et les respirateurs, explique André Grimaldi, professeur à l’hôpital de la Pitié-Salpêtrière à Paris et fondateur du Collectif inter-hôpitaux. Même chez les soignants, on est obligé de garder des masques toute la journée, voire le lendemain, ce n’est pas possible. Et contrairement à ce qu’on raconte, les masques sont très utiles pour toute la population, même avant le confinement. » Il estime que ce sont les infirmières qui vont en manquer le plus, en réanimation :
    « On a baissé la garde de la sécurité à l’hôpital. On ne peut pas y envoyer des gens sans précautions, malgré les applaudissements de 20 heures – si le gouvernement ne fait rien, la situation risque de se terminer par des droits de retrait du personnel. Il y a de la colère chez les soignants. »

    Si le Conseil d’Etat juge la requête recevable, il fixera une audience probablement dans les quarante-huit heures, après que le représentant du gouvernement aura présenté ses observations.

    #réquisition #médicaments #matériel_de_protection #masques_pour_tous #soins_palliatifs #santé #hôpital

  • Après le blocage de #BlackRock : nous sommes fiers de cette #jeunesse !

    Lundi 10 février, des manifestantes et manifestants pour le climat, certains mineurs, ont envahi le siège français de BlackRock (https://reporterre.net/Action-contre-BlackRock-Nous-devons-mettre-hors-d-etat-de-nuire-les-plus), empêchant quelques heures le numéro un mondial de la gestion d’actifs financiers de fonctionner. Les multiples signataires de cette tribune, « fier.e.s » de la mobilisation de la jeunesse pour le vivant, se déclarent solidaires avec eux dans les poursuites auxquelles ils et elles pourraient avoir à faire face.

    https://reporterre.net/Apres-le-blocage-de-BlackRock-nous-sommes-fiers-de-cette-jeunesse

    #résistance #blocage #Black_Rock #France #finance #solidarité

  • Action contre BlackRock : « Nous devons mettre hors d’état de nuire les plus grands pollueurs de la planète »
    11 février 2020 / Entretien avec Clément, de Youth for Climate
    https://reporterre.net/Action-contre-BlackRock-Nous-devons-mettre-hors-d-etat-de-nuire-les-plus

    (...) Quel bilan faites-vous de cette action ?

    On est satisfait. D’un point de vue technique, malgré la répression policière, on a réussi à envahir un lieu emblématique. Cela nous a permis aussi de faire écho à la lutte contre la réforme des retraites. C’est un message fort envoyé à tous ceux qui se battent et qui font grève contre le projet du gouvernement. C’est un signe de convergence. Nous devons comprendre que les luttes sociales sont indispensables et que nos combats sont indissociablement liés. On s’attaque au même système. On ne veut pas d’un monde écolo où les inégalités demeurent. Ça n’aurait aucun sens.

    Pourquoi avez-vous ciblé BlackRock ?

    C’est le premier investisseur de Total. D’un point de vue climatique, c’est la pièce maîtresse d’un système capitaliste que l’on combat à Youth for Climate Ile-de-France. On considère que le système capitaliste n’est pas viable. Il pousse à consommer toujours plus de ressources et d’énergie. En ciblant BlackRock, on vise l’un des principaux financiers mondiaux qui alimente des entreprises très polluantes. BlackRock fait aussi énormément de greenwashing, on peut le voir sur son site internet. Elle dit qu’elle prône la finance verte et que la croissance verte serait la solution. Nous, on ne le croit pas. (...)

    #BlackRock

  • BlackRock s’offre le français eFront
    https://www.lesechos.fr/finance-marches/gestion-actifs/blackrock-soffre-le-francais-efront-1003064

    Le gestionnaire d’actifs américain va payer 1, 3 milliard de dollars pour l’éditeur de logiciels eFront. Le géant américain BlackRock va mettre la main sur l’éditeur de logiciel français eFront, spécialisé dans l’industrie financière. Le gestionnaire d’actifs, qui souhaite se développer dans les outils technologiques pour la finance, est entré en négociations exclusives avec l’entreprise, et propose 1,3 milliard de dollars en cash pour reprendre l’intégralité du capital. Fondé en 1999, eFront vend des (...)

    #BlackRock #algorithme #Aladdin #bénéfices #technologisme

  • Le géant BlackRock veut s’étendre en Chine et veut s’allier à Tencent – Economie | L’Opinion
    https://www.lopinion.fr/edition/wsj/geant-blackrock-veut-s-etendre-en-chine-veut-s-allier-a-tencent-199454

    Le gestionnaire de fonds new-yorkais vise une présence plus importante en Chine Explorant les possibilités pour renforcer sa présence en Chine, BlackRock, le plus grand gestionnaire de fonds au monde, a eu, au cours des derniers mois, des discussions avec le géant chinois de l’Internet, Tencent, selon une source proche du dossier. D’après cette source, les discussions préliminaires avec Tencent ont porté sur la façon d’adapter les outils et les modèles de BlackRock à la construction de portefeuilles (...)

    #BlackRock #algorithme #Aladdin #technologisme #bénéfices #finance

  • The Hidden #Dangers of the Great Index Fund Takeover - Bloomberg
    https://www.bloomberg.com/news/features/2020-01-09/the-hidden-dangers-of-the-great-index-fund-takeover

    The antitrust worries about index funds involve common ownership, when the same large investors own a big chunk of the shares in the major corporations in the same industry. Academics have long theorized that common ownership might encourage coordinated behavior among companies linked by the same set of owners. And recently researchers have made some surprising findings, including that high levels of common ownership can lead to higher prices and lower levels of investment, innovation, and output.

    Harvard Law School professor Einer Elhauge calls common ownership the greatest anti-competitive threat in the economy today. Index funds “are great for investors,” says Elhauge, “but part of the reason they’re great for investors is exactly because of the anti-competitive effects.” Elhauge says the trusts of the late 19th century that gave rise to today’s antitrust laws also involved a form of common shareholding.

    Index fund managers aren’t meeting with companies to secretly carve up markets in smoke-filled rooms. The process critics imagine is more subtle. It starts with the idea that passive funds seek only to match an index’s return and not outperform it. Thus the fund managers lack financial incentives to ensure the companies in their portfolios are competing fiercely with one another. Compare this to an active manager who holds, say, shares of Coca-Cola Co. but not PepsiCo Inc. She might want Coca-Cola to take big risks to crush Pepsi, and invest capital in new products and markets to do so. An investor who holds both, on the other hand, would prefer that Coke and Pepsi avoid price wars.

    Such going along to get along may not always be benign. A 2018 study found that, when the same institutional investors are the largest shareholders in branded drug companies and generic drugmakers, the generic companies are less likely to offer cheaper versions of the brand-name drugs. Consumers could be paying higher drug prices as a result. “The potential effects on anti-competitive conduct are really serious,” says Melissa Newham, a Ph.D. candidate at KU Leuven in Belgium and a co-author of the study. It isn’t clear whether funds are somehow pressuring management or management just knows that competing hard isn’t in the interest of their key shareholders.

    [...]

    The power of the index funds is also becoming a concern of social activists. One study found that BlackRock and Vanguard voted against at least 16 climate-related shareholder proposals in which their support would have given the measures a majority of votes. The study, conducted by the nonprofit Majority Action, looked at 41 climate change-related proposals ranging from setting greenhouse gas emission targets to disclosing environmental lobbying activity. #BlackRock and #Vanguard were less likely than their fund company peers to back the resolutions, supporting them less than 15% of the time. State Street voted in favor of climate-related resolutions more often—about 27% of the time—but still less often than its peers did. “I think the large passive managers have a real difficult decision to make,” former Vice President Al Gore told the Financial Times in December. “Do they want to continue to finance the destruction of human civilization, or not?”

    #State_Street #monopole #prix #social #climat #fonds_indiciel #placements