#bon_migrant

  • The Good Immigrant review – an unflinching dialogue about race and racism in the UK

    A successful sportsperson is a ‘good’ immigrant; only some minorities are considered ‘model’. These essays, edited by Nikesh Shukla, cast a sharp light on ‘othering’ in the UK

    https://www.theguardian.com/books/2016/sep/22/good-immigrant-review-nikesh-shukla-britain-racist?CMP=share_btn_tw

    #racisme #xénophobie #UK #Angleterre

    • The Good Immigrant

      Keep out, Britain is full up.

      Or so goes the narrative of immigration in this country all too often. We are a country in flux – our media condemns refugees one day, sheds tears over them the next. Our narrative around immigration is built on falsehoods, stereotypes and anxieties about the diminishing sense of what Britishness means.

      Meanwhile, we’re told that we live in a multicultural melting pot, that we’re post-racial. Yet, studies show that throughout the UK, people from BAME groups are much more likely to be in poverty (with an income of less than 60 per cent of the median household income) than white British people (Institute Of Race Relations). It’s a hard time to be an immigrant, or the child of one, or even the grandchild of one.

      Unless you have managed to transcend into popular culture, like Mo Farah, Nadya Hussain or the other ‘good immigrants’ out there. It’s a bad time to be a bad immigrant. My conversation with Musa Okwonga about this led to the very generation of this collection. I said I wished there was a book of essays by good immigrants. He reminded of the Chinua Achebe quote, if you don’t like the story, write your own.

      The Good Immigrant brings together fifteen emerging British black, Asian and minority ethnic writers, poets, journalists and artists. In these fifteen essays about race and immigration, they paint a picture of what it means to be ‘other’ in a country that wants you, doesn’t want you, doesn’t accept you, needs you for its equality monitoring forms and would prefer you if you won a major reality show competition.

      The book will explore why we come here, why we stay, what it means for our identity if we’re mixed race, where our place is in the world if we’re unwelcome in the UK, and what effects this has on the education system. By examining popular culture, family, profession and the arts, we will be looking at diversity and questioning what this concept even means anymore. The essays are poignant, challenging, funny, sad, heartbreaking, polemic, angry, weary, and, most importantly, from an emerging generation of BAME writers.

      Contributors to this extraordinary state of the nation collection will include: Musa Okwonga (poet/broadcaster), Chimene Suleyman (poet/columnist), Vinay Patel (playwright), Bim Adewumni (Buzzfeed), Salena Godden (poet/writer), Sabrina Mahfouz (playwright), Kieran Yates (journalist), Coco Khan (journalist), Sarah Sahim (journalist), Reni Eddo Lodge (journalist), Varaidzo (student), Darren Chetty (teacher), Himesh Patel (Tamwar from Eastenders), Nish Kumar (comedian), Miss L from Casting Call Woe (actor), Daniel York Loh (playwright and actor), Vera Chok (actor/writer), Riz Ahmed (actor/rapper), Inua Ellams (poet/playwright) and Wei Ming Kam (writer).

      I’m been shouting about the need for more BAME voices for so long on Twitter. I’m glad I can finally do something about it.



      https://unbound.com/books/the-good-immigrant
      #livre #bon_migrant #catégorisation

    • Why I’m No Longer Talking to White People About Race

      In 2014, award-winning journalist #Reni_Eddo-Lodge wrote about her frustration with the way that discussions of race and racism in Britain were being led by those who weren’t affected by it. She posted a piece on her blog, entitled: “Why I’m No Longer Talking to White People About Race.”

      Her words hit a nerve. The post went viral and comments flooded in from others desperate to speak up about their own experiences. Galvanized by this clear hunger for open discussion, she decided to dig into the source of these feelings. Exploring issues from eradicated black history to the political purpose of white dominance, whitewashed feminism to the inextricable link between class and race, Reni Eddo-Lodge offers a timely and essential new framework for how to see, acknowledge and counter racism. It is a searing, illuminating, absolutely necessary exploration of what it is to be a person of color in Britain today.



      https://www.bloomsbury.com/us/why-im-no-longer-talking-to-white-people-about-race-9781408870556

    • Mais à nous deux, nous avons déjà fait une belle collection... après je devrais aussi avoir des articles plus académiques, si cela t’intéresse, mais ils sont dans un autre archive...

    • Dividere i profughi dai migranti economici? Una distinzione criminale

      Limiti e strumentalità della proposta Ue. Perché è irrazionale dividere i profughi dai migranti economici. In un vecchio film di guerra, alcuni soldati in trincea discutono di pace. Il modo migliore per ottenerla - dice uno - è, in caso di controversie tra gli stati, obbligare re e capi di governo a salire con i guantoni sul ring e suonarsele di santa ragione finché uno non vince.

      La battuta mi è tornata in mente quando ho letto del piano segreto, elaborato dai ministri degli interni dell’Unione europea, per il rimpatrio di 400.000 migranti «economici». Giusto per dare un’idea a questi pensosi statisti di che cosa significhi migrare oggi si potrebbe, che so, portarli (a cominciare dall’ineffabile onorevole Alfano) in qualche paese del centro Africa e poi, con un po’ di dollari o Euro raccolti tra altri ministri e sotto-segretari, trasportarli in autobus in Libia, imbarcarli su un gommone, farli rischiare il naufragio e arrivare fradici e affamati a Lampedusa, rinchiuderli nel Cie e, dopo una detenzione di durata indefinita, riportarli al punto di partenza.

      E chiedere loro: la pensate come prima? Avete ancora voglia di distinguere tra profughi e migranti economici? Non sarebbe il caso di rivedere questa distinzione ipocrita, utile solo per manipolare opinioni pubbliche paranoiche e destrorse? In un sogno o in un film, in caso di risposta sbagliata si potrebbe ricominciare con loro daccapo.

      Quando Angela Merkel e il vice-cancelliere tedesco Gabriel hanno dichiarato, nello scorso agosto, di aprire le porte della Germania a 5 milioni di profughi, hanno realizzato un buon numero di obiettivi: rispondere a un’opinione pubblica tedesca complessivamente non insensibile agli Asylanten presenti e futuri, nonostante la rumorosa presenza del partito xenofobo Pegida e dei neo-nazisti, isolare le frange di estrema destra e, di fatto, assumere la guida politico-morale di un’Europa fragile, litigiosa e incerta sul da farsi in campo internazionale. Ovviamente, considerazioni demografiche e finanziarie, in un paese in cui non nascono più bambini, devono avere avuto il loro peso, ma sta di fatto che l’odiosa Germania della crisi greca è diventata la nobile Germania d’agosto, non offuscata nemmeno dalla crisi della Volkswagen.

      Ma tutto questo ha come contrappeso la distinzione tra profughi (vittime di guerra ecc.) e migranti economici, i quali affronterebbero deserti e mari, per non parlare di prigioni ungheresi e manganelli di mezza Europa, così, per sport o sete d’avventura, e non per sopravvivere o vivere meglio. Una distinzione insensata, che non riesce a mascherare l’assoluta mancanza di una strategia europea nei rapporti con gli altri mondi e con le persone che per qualsiasi ragione ne provengono. Una distinzione che serve a tacitare le strumentalizzazioni lepeniste, leghiste e di Grillo (che sul suo blog ha pubblicato tempo fa un encomio di Orbán). In termini puramente quantitativi, 3 milioni di migranti «economici» in dieci anni non cambierebbero in nulla l’assetto demografico di una Ue che conta oggi 500 milioni di abitanti distribuiti su 4 milioni di chilometri quadrati.

      Ma bisognerebbe cambiare metodo, emarginare sul serio gli Orban, i Salvini e Le Pen, impedire le stragi in mare, che continuano imperterrite alla faccia di Frontex, immaginare un’integrazione sociale decente per gli stranieri e disporre di una vera politica internazionale comune - invece che manganellare i migranti a Ventimiglia e Calais, moltiplicare i Cie e litigare in modo miserabile alle frontiere.

      Ed ecco perché i ministri degli Interni, riuniti da qualche parte a stilare piani segreti di espulsione lasciano filtrare cifre prive di qualsiasi senso (400.000, 300.000, nessuno, tutti?). Per coprire la loro mancanza di idee, che non siano lo sfruttamento della forza lavoro straniera e le preoccupazioni per le prossime elezioni. Nel frattempo, la ministra Pinotti e Matteo Renzi, che su queste materie non hanno mai nulla da dire, fanno scaldare i motori dei Tornado.

      http://www.ristretti.org/Le-Notizie-di-Ristretti/dividere-i-profughi-dai-migranti-economici-una-distinzione-criminale

    • Point de vue du #HCR : « Réfugié » ou « migrant » ? Quel est le mot juste ?

      GENÈVE, 28 août (HCR) – Avec près de 60 millions de personnes déplacées par la force à l’échelle mondiale et les traversées par bateau de la Méditerranée qui font les manchettes des journaux presque quotidiennement, il devient de plus en plus usuel de voir les termes « réfugié » et « migrant » être utilisés de façon interchangeable par les médias et le public. Toutefois, y a-t-il une différence entre les deux termes ? Et est-elle importante ?

      http://www.unhcr.fr/55e45d87c.html