• I grandi marchi della fast fashion non vogliono rinunciare al petrolio russo

    Nel 2023 le due principali società produttrici di poliestere, l’indiana #Reliance industries e la cinese #Hengli group, hanno continuato a utilizzare il greggio di Mosca. La maggior parte dei brand -da #Shein a #H&M, passando per #Benetton- chiude un occhio o promette impegni generici. Il dettagliato report di #Changing_markets.

    Quest’anno i principali produttori globali di poliestere, la fibra tessile di origine sintetica derivata dal petrolio, non solo non hanno interrotto i propri legami con la Russia ma al contrario hanno incrementato gli acquisti della materia prima fondamentale per il loro business. È quanto emerge da “#Crude_Couture”, l’inchiesta realizzata da Changing markets foundation pubblicata il 21 dicembre, a un anno di distanza dalla precedente “Dressed to kill” che aveva svelato i legami segreti tra i principali marchi della moda e il petrolio di Mosca.

    “Quest’indagine -si legge nell’introduzione- evidenzia il ruolo fondamentale svolto dall’industria della moda nel perpetuare la dipendenza dai combustibili fossili e segnala una preoccupante mancanza di azione per rompere i legami con il petrolio russo”. Un’inazione, sottolineano i ricercatori, che sta indirettamente finanziando la guerra in Ucraina. E non si tratta di un contributo di poco conto: le fibre sintetiche, infatti, pesano per il 69% sulla produzione di fibre e il poliestere è di gran lunga il più utilizzato, lo si può trovare infatti nel 55% dei prodotti tessili attualmente in circolazione. Se non ci sarà una netta inversione di tendenza, si stima che entro il 2030 quasi tre quarti di tutti i prodotti tessili verranno realizzati a partire da combustibili fossili.

    Il poliestere è fondamentale per l’esistenza dell’industria del fast fashion, e ancora di più per i marchi di moda ultraveloce come Shein: un’inchiesta pubblicata da Bloomberg ha mostrato che il 95% dei capi prodotti dal marchio di moda cinese conteneva materiali sintetici mentre per brand come #Pretty_Little_Thing, #Misguided e #Boohoo la percentuale era dell’83-89%.

    Al centro delle due inchieste realizzate da Changing markets ci sono due importanti produttori di questo materiale: l’indiana #Reliance_industries (con una capacità produttiva stimata in 2,5 milioni di tonnellate all’anno) e la cinese #Hengli_group. I filati e i tessuti che escono dai loro stabilimenti vengono venduti ai produttori di abbigliamento di tutto il mondo che, a loro volta, li utilizzano per confezionare magliette, pantaloni, cappotti, scarpe e altri accessori per importanti brand. Su 50 marchi presi in esame in “Dressed to kill” 39 erano direttamente o indirettamente collegati alle catene di fornitura di Hengli group or Reliance industries, tra questi figurano #H&M, #Inditex (multinazionale spagnola proprietaria, tra gli altri, di #Bershka e #Zara), #Adidas, #Uniqlo e #Benetton.

    Anche dopo la pubblicazione di “Dressed to kill”, Reliance e Hengli hanno continuato ad acquistare petrolio russo. A marzo 2023 l’India ha acquistato da Mosca la quantità record di 51,5 milioni di barili di greggio: “Insieme a Nayara Energya, la principale compagnia petrolifera indiana, Reliance industries ha rappresentato più della metà (52%) delle importazioni totali”, si legge nell’inchiesta. In crescita anche le importazioni cinesi (+11,7% rispetto all’anno precedente). “Nel maggio 2023, #Hengli_Petrochemical ha ricevuto 6,44 milioni di barili di greggio russo, come riportato dai dati di tracciamento delle navi dell’agenzia Reuters -scrivono gli autori del report-. Queste tendenze rivelano il persistente legame tra le aziende di moda che si riforniscono da questi produttori di poliestere e il petrolio russo”. Oltre alla violazione delle sanzioni imposte a Mosca da diversi governi, compresi quello degli Stati Uniti e dell’Unione europea.

    I ricercatori di Changing markets hanno quindi deciso di tracciare un bilancio e hanno inviato un questionario a 43 brand (compresi i 39 già presi in esame in “Dressed to kill”) per verificare se avessero interrotto i rapporti con Reliance ed Hengli. Appena 18 hanno risposto alle domande e solo due aziende (Esprit e G Star Raw) hanno dichiarato di aver tagliato i ponti con i due produttori. Una terza (Hugo Boss) si è impegnata a eliminare gradualmente il poliestere e il nylon: “Le altre rimangono in silenzio o minimizzano l’urgenza della crisi ucraina con vaghe promesse di cambiamento a diversi anni di distanza o con false soluzioni, come il passaggio al poliestere riciclato, per lo più da bottiglie di plastica”, si legge nel report.

    Tre società (H&M, C&A e Inditex) hanno risposto al questionario “distogliendo l’attenzione” dal legame con il petrolio russo per enfatizzare future strategie di transizione dal poliestere vergine a quello riciclato (da bottiglie di plastica) o verso materiali di nuova generazione. H&M ad esempio ha dichiarato la propria intenzione di non approvvigionarsi più di poliestere vergine entro il 2025 “tuttavia non ha chiarito le sue attuali pratiche per quanto riguarda i fornitori di poliestere legati al petrolio russo”. Analogamente, la catena olandese C&A afferma di volersi concentrare su materiali riciclati e di nuova generazione senza fornire informazioni sui legami con i fornitori oggetto dell’inchiesta. Nemmeno la spagnola Inditex ha risposto alle domande in merito a Reliance ed Hengli. Anche l’italiana Benetton avrebbe fornito risposte insufficienti o generiche: “Si è impegnata vagamente a una transizione verso materiali ‘preferiti’ -scrivono gli autori dell’inchiesta-, senza specificare però l’approccio ai materiali sintetici”.

    Tra quanti non hanno risposto al questionario c’è proprio Shein ma i suoi legami con il produttore indiano di poliestere sono evidenti: a maggio 2023 infatti le due società hanno sottoscritto un accordo in base al quale il colosso può utilizzare le capacità di approvvigionamento, l’infrastruttura logistica e l’ampia rete di negozi fisici e online di Reliance Retail, segnando così il ritorno di Shein in India dopo una pausa di tre anni. “Poiché il poliestere rappresenta il 64% del mix di materiali del brand e il 95,2% dell’abbigliamento di contiene plastica vergine, l’imminente collaborazione con Reliance suggerisce che una parte significativa delle circa 10mila novità giornaliere di Shein potrebbe in futuro essere derivata da prodotti di plastica vergine prodotti grazie a petrolio russo”, conclude il report.

    https://altreconomia.it/i-grandi-marchi-della-fast-fashion-non-vogliono-rinunciare-al-petrolio-

    #Russie #pétrole #fast-fashion #mode #polyester #rapport #textile #industrie_textile #industrie_de_la_mode

    • Fossil Fashion

      Today’s fashion industry has become synonymous with overconsumption, a snowballing waste crisis, widespread pollution and the exploitation of workers in global supply chains. What is less well known is that the insatiable fast fashion business model is enabled by cheap synthetic fibres, which are produced from fossil fuels, mostly oil and gas. Polyester, the darling of the fast fashion industry, is found in over half of all textiles and production is projected to skyrocket in the future. Our campaign exposes the clear correlation between the growth of synthetic fibres and the fast fashion industry – one cannot exist without the other. The campaign calls for prompt, radical legislative action to slow-down the fashion industry and decouple it from fossil fuels.

      Crude Couture: Fashion brands’ continued links to Russian oil

      December 2023

      Last year, our groundbreaking ‘Dressed to Kill’ investigation delved deep into polyester supply chains, unveiling hidden ties between major global fashion brands and Russian oil. We exposed Russia’s pivotal role as a primary oil supplier for key polyester producers India’s Reliance Industries and China’s Hengli Group, which were found to be supplying fibre for the apparel production of numerous fashion brands.

      Now, a year later, we returned to the fashion companies to evaluate if they have severed ties with these suppliers. Shockingly, our latest report reveals an alarming trend: the two leading polyester producers are increasingly reliant on war-tainted Russian oil in 2023. Despite prior warnings about these ties, major fashion brands continue to turn a blind eye, profiting from cheap synthetics, while Ukraine suffers. Only two companies – Esprit and G Star Raw – said they cut ties with the two polyester producers, while Hugo Boss committed to phase out polyester and nylon. The others remain silent or downplay the urgency of the Ukrainian crisis with vague promises of change several years ahead or with false solutions, such as switching to recycled polyester – mostly from plastic bottles. This investigation sheds light on the fashion industry’s persistent dependance on fossil fuel and their lack of action when it comes to climate change and fossil fuel phase out.

      https://changingmarkets.org/portfolio/fossil-fashion

  • #KING_CRIMSON: #LARKS_TONGUES_IN_ASPIC - #Book_Of_Saturday

    #art #musique #société #culture #prog_rock #rock_progressif #70s #seenthis #vangauguin

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  • A Saint-Malo, Airbnb délogé en appel d’une habitation
    https://www.lemonde.fr/m-le-mag/article/2023/11/29/a-saint-malo-airbnb-deloge-en-appel-d-une-habitation_6203014_4500055.html

    Nil Caouissin, l’élu de l’Union démocratique bretonne, l’avait suggéré dans un manifeste sorti à l’occasion des élections régionales de 2021 : pourquoi ne pas mettre en place un #statut_de_résident en Bretagne ? L’idée, consistant à réserver l’acquisition des biens immobiliers dans les zones les plus recherchées à des ­personnes ayant déjà vécu un an au même endroit, avait alimenté un sérieux débat.

    Parmi les citoyens intéressés par cette proposition, la Malouine Véronique Deschamps. Celle qui a jeté l’ancre il y a plus de trente ans dans la cité fortifiée fait partie des quelques centaines d’habitants à l’année intra-muros. Elle s’inquiète du devenir de ce fief très touristique, où le phénomène #Airbnb a pris une ampleur considérable, avec des milliers d’annonces recensées.

    La coiffeuse au civil en a même fait les frais. La maison historique où elle réside est divisée en trois appartements et a vu arriver, en 2016, une #location_saisonnière de courte durée dans l’un d’eux. Valises à gogo et passages ininterrompus ont envahi ce logis fait de bois et de torchis. « J’ai vu ce lieu si petit se transformer en un hall de gare, et mon adresse devenir une destination touristique », pointe-t-elle inlassablement. Alors qu’elle écrivait une « lettre aux Malouins » pour avertir de la situation en 2018, signée par six cents personnes, elle cofondait un an plus tard le collectif Saint-Malo, j’y vis… j’y reste !

    Parallèlement, elle entamait un combat judiciaire contre les propriétaires de l’appartement loué sur des plates-formes comme Airbnb ou #Booking, au motif du « trouble anormal de voisinage ». Une « qualité de vie altérée », selon ses mots, à laquelle cette lanceuse d’alerte voulait mettre un terme. « J’avais le choix entre subir et me taire ou vendre et partir, confie-t-elle. J’ai préféré une troisième option : me battre et avoir peur tout le temps. »

    Si le statut de résident n’a pas vu le jour en Bretagne, la problématique du #logement, elle, s’est encore intensifiée. En juillet 2023, la chambre régionale des notaires recensait une augmentation annuelle de 9,4 % du prix médian d’un appartement ancien à Saint-Malo, pour s’établir à 4 810 euros le mètre carré. Il était, à titre de comparaison, à 2 650 euros en 2015.
    Dans un contexte déjà brûlant, Saint-Malo avait adopté, en 2021, une réglementation très restrictive en instaurant des quotas de locations de courte durée par quartier (12,5 % pour l’intra-muros). Son maire, Gilles Lurton (LR), estime que la mesure « a au moins mis un frein à l’inflation du phénomène, qui prenait une proportion industrielle ». Et reconnaît une prise de conscience tardive à ce sujet de la part des institutions.

    Et, le 24 août, la cour d’appel de Rennes a donné raison à Véronique Deschamps, a appris M Le magazine du Monde, lui accordant une indemnisation au titre du préjudice subi. La cour a également confirmé l’arrêt de l’activité de location de courte durée dans l’immeuble, requise par le tribunal judiciaire en première instance deux ans auparavant pour non-respect du règlement de copropriété et de sa clause d’« habitation bourgeoise ». Il n’y a donc plus de va-et-vient incessants dans cette ancienne maison intra-muros. Une décision qui fait émerger une# jurisprudence favorable à l’#habitat_permanent. « On aboutit à une #présomption_de_nuisance provenant des locations de courte durée », explique Cyrille Moncoq, l’avocat de Véronique Deschamps.

    D’après le jugement, les immeubles d’habitation à caractère résidentiel ne sont pas compatibles avec la location pratiquée via Airbnb qui nuit à leur tranquillité. « D’autres personnes pourraient s’appuyer sur cette décision » pour faire reconnaître cette inadéquation, indique l’avocat, qui prend en charge de plus en plus de dossiers comme celui de la Malouine un peu partout en Bretagne.

    Sept ans après les débuts de son action en justice, et alors que les députés ont déposé une proposition de loi pour une régularisation plus importante des plates-formes comme Airbnb, mardi 28 novembre, Véronique Deschamps ne réalise pas encore sa victoire. Elle formule malgré tout un vœu : « J’aimerais me dire que mes enfants auront la possibilité de vivre ici. »

    #tourisme

  • [Les Promesses de l’Aube] La B.O.U.M: #bibliothèque anarchiste
    https://www.radiopanik.org/emissions/les-promesses-de-l-aube/la-boum-bibliotheque-anarchiste

    Ce mercredi on a parlé de la B.O.U.M, la bibliothèque anarchiste qui a sa permanence au #boom café tous les jeudis.

    On a discuté anarchie, rencontre et échanges, bibliothèque, on a écouté des lectures de textes de Voltairine De Cleyre et Marianne Enckell et on a écouté du René Binamé :-)

    L’entretien avec Sam, Bastien et Zoé commence à 1h18 dans le podcast ci-dessous.

    Playlist :

    One too many mornings - Cat Power The Suffering - Bel Canto Preciso me encontrar - Elza Soares, Negra Li Baby Brother - Mattiel Your Ancestor - Nynke Laverman Ca sent pas la bonne nouvelle - Monsieur Lune Universal Guide - Dumbo Gets Mad Keeping Secrets Will Destroy You - Bonnie Prince Billy Mother’s little helper - René Binamé Kestufé du wéékend - René Binamé La vie s’écoule - René Binamé La Zablière - Les Enfants (...)

    #anarchisme #collectifs #anarchisme,bibliothèque,collectifs,boom
    https://www.radiopanik.org/media/sounds/les-promesses-de-l-aube/la-boum-bibliotheque-anarchiste_16854__1.mp3

  • Digression sur les boomers - [A Contretemps, Bulletin bibliographique]
    http://acontretemps.org/spip.php?article1018

    Il y a quelque temps déjà, sur le parvis du théâtre de la Commune (Aubervilliers), un soir de printemps, quelques cultureux à la conscience écologiste aiguisée dissertaient, en bande, sur l’état du monde. Vague, polie, morale, la parole « bienveillante » y circulait sans que personne, à aucun moment, ne haussât jamais le ton. Le groupe était jeune, avenant, inclusif et probablement intersectionnel. Accompagnée d’une amie qui, par son âge et ses activités, aurait pu en faire partie, et mu par curiosité, je m’agrégeai à ce cercle, en me contentant d’écouter, quand, du haut de sa quarantaine distinguée, une militante de l’écologie gnangnan que je voyais pour la première fois de ma vie, s’adressa à moi et s’exprima en ces termes : « C’est votre génération, Monsieur, celle des boomers, qui a fait de ce monde dont vous avez profité cette terre brulée dont nous avons héritée. » Au vu de mon rapport plutôt distant depuis toujours au productivisme et à la consommation, la visée généralisante d’une telle accusation me fit sourire, mais jaune. Ma réplique cassa, pour sûr, la bienveillante ambiance de ce cénacle bobo : « Je pourrais vous proposer, Madame la Procureure, de comparer nos bilans carbone en sachant d’avance que, même si le vôtre a du retard sur le mien, je suis sûr que vous le dépassez déjà, et de loin. Quant au poids de culpabilité dont vous me chargez sans me connaître, sachez qu’il ne prouve que votre arrogante bêtise ! » Un léger brouhaha de désapprobation conféra enfin à cette assemblée de bien-pensants un peu de vie.

    #boomers #crise_climatique #écologie

    • « Sais-tu, camarade, que la production annuelle du plastique, qui est une catastrophe mondiale, est passée de 25 millions de tonnes en 1968 à 150 millions en 1998, soit durant l’âge adulte des boomers, puis de 200 millions en 2002 à 360 millions en 2020. La production et la pollution est donc quinze fois plus importante à l’époque où les gens nés en 2000 ont vingt ans qu’à celle où les gens nés en 1948 avaient le même âge. Même rapporté à l’accroissement de la population, ce rapport prouve que les individus consomment en moyenne beaucoup plus de plastique aujourd’hui qu’il y a soixante ans. Si l’on s’en tient à l’Europe, l’accroissement est aussi spectaculaire. En moyenne un millénium de vingt-trois ans consomme beaucoup plus de plastique qu’un boomer qui avait le même âge en 1968. Ce qui prouve, in fine, qu’une analyse qui mettrait toute une génération statistisée dans un même sac d’opprobre est absurde. De même, entre 2005 et 2020, la consommation de textile a doublé. En Europe on achète en moyenne 25 kg de vêtements par an et par personne ! On pourra arguer que la part de la consommation de textile a baissé dans le budget des ménages depuis 1960, mais au vu de la chute des prix, cela n’enlève rien à l’accroissement de la quantité de vêtements. Le problème est que le textile est un gros pollueur et un gros consommateur d’eau. Le développement de la seconde main et des livraisons commandées via Internet, et donc avec des transports en sus, ne fait que déplacer les problèmes environnementaux. La surconsommation de textile neuf ou d’occasion est un défi culturel, en somme. Il faut faire comme moi : inverser les valeurs et valoriser le vieux, le démodé ou le rapiécé plutôt que le neuf. Pas dur, vois-tu comme je suis beau pour soixante-dix-huit balais ? »

      Le Temps du Plastique.
      https://www.youtube.com/watch?v=hYYetNlz-fw

      #morale #jeunisme #consommation #surconsommation

  • Babyboomer gesteht : Meine DDR-Jugend war so was von spätrömisch dekadent !
    https://www.berliner-zeitung.de/open-mind/babyboomer-gesteht-meine-ddr-jugend-war-so-was-von-spaetroemisch-de

    Les vols de longue distance et les grosses bagnoles décriés pour leur empreinte climatique n’étaient pas l’affaire des citoyens de la DDR ni des petits employés et ouvriers à l’Ouest. C’est plutôt une affaire de la génération qui a grandi après 1989. Avec l’avènement du néo- libéralisme et ses machinations raffinées qui cassaient les prix et salaire des simples gens que les dégats extrèmes se sont généralisés.

    Comme pour la plupart des développements en Europe les USA avaient quelques dizaines d’années d’avance sur nos contrées. Le génocide des amérindiens a servi d’inspiration aux campagnes de conquête et d’extermination nazie, le fasciste Henry Ford et ses frères d’armes ont donné l’exemple pour la montée des Volkswagen, Citroën, Agnelli et l’exemple de la déstruction des réseaux de transport public accompli autor de 1960 aux USA a été suivi par Margret Thatcher et les autres dirigeants européens à partir des années 1980. Le cauchemar du chacun sa voiture, son vol vers les ïles et ses appareils électroniques pour tout usage nous a atteint que plus tard.

    Les « boomers » n’y sont pas pour grand chose et surtout pas ceux des classes populaires.La catastrophe climatique est un phénomène de l’hybris du capitalocène en pleine expansion aujourd’hui. Ce n’est pas une histoire à régler entre les générations mais entre les classes opprimées et celles au pouvoir.

    28.9.2023 von Torsten Harmsen - Die Babyboomer sind schuld an den Krisen der Welt, sagen manche. Doch haben sie wirklich in Saus und Braus gelebt und alle Ressourcen verpulvert? Eine Kolumne.

    Ich stehe an der Straßenecke. Plötzlich sausen zwei jugendliche Typen mit Elektrorollern heran. Mitten auf dem Gehweg springen sie ab und klatschen sich zum Abschied mit den Händen ab. Das geht etwa so: „He Bro“ – klatsch, klatsch – „Jo, Alta, bis bald“. Und weg sind sie. Die E-Scooter bleiben mitten auf dem Gehweg stehen, und zwar quer.

    Ich will noch rufen: „He, könnt ihr die Dinger mal an den Rand stellen!“ Aber ich beiß’ mir auf die Zunge. Denn ich bin der Letzte, der andere wegen ihrer Rücksichtslosigkeit ermahnen darf. Ich bin nämlich schuld, und zwar an der ganzen Misere, an den Welt-Krisen, weil ich in den 1960er-Jahren geboren bin. Gerade hat der Wirtschaftsprofessor Bernd Raffelhüschen gefordert, die sogenannten Babyboomer besonders zu belasten, weil sie die Probleme von heute verursacht hätten.

    „Da raffelt’s doch im Hüs’schen“, regt sich mein innerer Berliner auf. „Ick hab jar nischt verursacht.“ Ich versuche zu beschwichtigen: „Du bist doch gar nicht persönlich gemeint.“ – „Doch, ick nehm et aber persönlich. Ick hab immer jearbeet, meene Steuern bezahlt und so weita. Und jetze komm se, und ick bin der Buhma-Buhmann. Die Juurend denkt, wir ham in deren Alta in Saus und Braus jelebt und allet vapulvat.“

    Wasserkaraffe im Zimmer und Plumpsklo „über’n Hof“

    Ja, manchmal scheint es so. Ich würde gerne eine Zeitmaschine bauen und ein paar Leute in die Sechziger und Siebziger mitnehmen, um ihnen meine spätrömisch-dekadente DDR-Kindheit zu zeigen. Diese ist ja leider nur bruchstückhaft in Schwarz-Weiß-Bildern überliefert. Also gucken wir mal.

    Urlaub auf Malle oder in Gran Canaria? Nee, ich fuhr mit meinen Eltern nach Unterpörlitz in Thüringen, mit dem Zug. Wir hatten ein Zimmer „bei Leuten“, das Plumpsklo „über’n Hof“. Man musste Slalom um die Hühnerkacke laufen. Eine Dusche gab’s nicht, aber auf dem Zimmer eine Waschschüssel und eine Karaffe mit kaltem Wasser. Aber man konnte schön wandern.

    Stets warme Räume im Winter? Nee, die Wohnung kühlte in der Nacht aus. Am Morgen musste ich mein kleines Öfchen beheizen. Kohlen-und-Asche-Geschleppe strukturierte die Tage. Ja, stimmt, wir pusteten Kohlendreck und Klimagase durch den Schornstein, denn es gab nichts anderes. Aber jede Kohle, jeder Holzscheit waren wertvoll. Heute brennt in jeder Gartenkolonie in lauen Sommernächten irgendein „Häuptling Qualmkopp“ fette Schwedenfeuer ab, um damit das Weltall zu heizen. Just for fun.
    Irgendwann habe ich alles nachgeholt

    Rund um die Uhr aufs Handy gucken und Videos streamen? Nee, diese Tätigkeit, für die heute Server irgendwo auf der Welt Unmengen an Energie aus fossilen Quellen fressen, war mir unbekannt. Ich guckte im Fernseher vielleicht drei Sendungen in der Woche. Ging ich einkaufen, kam alles in Beutel und Papiertüten. Plastiktüten gab es kaum. Mein Roller und mein Fahrrad hatten keine Motor-Antriebe. Langstreckenflüge? Ein Auslandssemester? Ein Freiwilliges Soziales Jahr (FSJ) in Lateinamerika? Pustekuchen! FDJ statt FSJ.

    Aber konnte ich was dafür? Nein, genauso wenig wie die Leute, die heute die Bedingungen nutzen, die es gibt. Und zugegeben: Nach dem Ende der DDR habe auch ich kräftig nachgeholt. Ich bin geflogen, durch die Welt gereist, wurde gasbeheizt, habe im Internet gesurft und im Winter Tomaten gekauft. Kurz: Ich habe mich verhalten wie die Generationen nach mir. Denn es ist eben kein Generationen-Problem, sondern eine Frage des Systems. Und man kann schön davon ablenken, wenn man Generationen aufeinanderhetzt. Wir sollten lieber über die Sache reden. Darauf ein pseudo-cooles „He Bro“ und „Jo, Alta“!

    #société_de_consommation vs. #DDR #climat #boomer

  • L’impossibilité d’une société technologiste-écologiste libertaire
    https://ricochets.cc/L-impossibilite-d-une-societe-technologiste-ecologiste-libertaire.html

    Beaucoup d’anarchistes semblent s’être détachés de la foi dans la libération par la technologie et l’industrie. Mais à gauche, cette mythologie délétère perdure malgré les conséquences néfastes observées et les impasses/contradictions. Alors quelques rappels. BOOKCHIN OU LE FANTASME ANARCHO-TECHNOLOGISTE Un des principaux thèmes qui imprègnent les livres de Bookchin, notamment ses derniers, c’est sa défense de la technologie et de la science modernes. Bookchin s’en prend virulemment aux « technophobes » (...) #Les_Articles

    / #Ecologie

    https://antitechresistance.org/programme-parti-technologiste-industrie-uber-alles

  • Des racines et des fruits
    https://laviedesidees.fr/Chastenet-racines-libertaires-ecologie-politique

    Patrick Chastenet ramène l’écologie politique à ses fondements libertaires, à travers cinq auteurs qui ont uni la défense de la nature à celle de la liberté : Reclus, Ellul, Charbonneau, Illich et Bookchin. Une présentation riche et instructive, qui ouvre de nombreuses questions. À propos de : Patrick Chastenet, Les racines libertaires de l’écologie politique, L’échappée

    #Philosophie #liberté #écologie
    https://laviedesidees.fr/IMG/docx/202306_anarecolo.docx

  • Le #Fediverse n’est pas #Twitter, mais peut aller plus loin
    https://framablog.org/2023/02/17/le-fediverse-nest-pas-twitter-mais-peut-aller-plus-loin

    Maintenant que #mastodon a suscité l’intérêt d’un certain nombre de migrants de Twitter, il nous semble important de montrer concrètement comment peuvent communiquer entre eux des comptes de Mastodon, #PeerTube, #Pixelfed et autres… c’est ce que propose Ross Schulman dans … Lire la suite­­

    #Communs_culturels #Peer.tube #Traductions #Bookwyrm #Funkwhale #migration #Writefreely

  • Hécatombe dans la Tech : plus de 130.000 licenciements en 2022 Sylvain Rolland - La Tribune
    https://www.latribune.fr/technos-medias/internet/hecatombe-dans-la-tech-plus-de-130-000-licenciements-en-2022-940762.html

    Après des licenciements chez Meta (Facebook), Snap, Twitter, Stripe, Uber ou encore #Salesforce, Amazon pourrait lui aussi renvoyer plus de 10.000 salariés dans le monde, d’après la presse américaine. Si le plan social du géant du e-commerce était confirmé, plus de 130.000 emplois auront été supprimés dans le secteur de la tech en 2022.

    A eux seuls, les cinq Gafam - Google, Apple, Facebook devenu Meta, Amazon et Microsoft - ont perdu 1.500 milliards de dollars de valorisation cette année. (Crédits : DADO RUVIC)
    A chaque semaine son plan social massif dans la tech. Au début du mois, le nouveau Twitter dirigé par Elon Musk annonçait 3.700 licenciements dans le monde, soit plus de 50% des effectifs de l’entreprise. La semaine suivante, Meta ( #Facebook, #Instagram, #WhatsApp) lui a emboîté le pas avec 11.000 suppressions d’emplois (13% des effectifs). Cette semaine, c’est au tour d’Amazon de se joindre au cortège macabre : d’après le New York Times , le numéro un mondial du commerce et ligne et du cloud s’apprête à se séparer de 10.000 employés. A qui le tour la semaine prochaine ?

    Plus de 131.000 licenciements dans la tech en 2022
    Si les plans sociaux des géants de la tech font les gros titres, le phénomène touche tout le monde, jusqu’à la petite startup. Au 15 novembre, plus de 121.400 emplois ont été supprimés dans 789 entreprises tech, d’après le décompte du site Layoffs.fyi https://layoffs.fyi . Dès qu’Amazon confirmera son plan social, ce total dépassera les 131.400 suppressions d’emplois, pour 790 entreprises. Ce chiffre est même certainement sous-évalué, puisqu’il se base uniquement sur des chiffres annoncés par les entreprises, certaines n’ayant certainement pas communiqué sur leurs réductions d’effectifs.

    A titre de comparaison, le record de suppressions d’emplois lors de l’éclatement de la bulle internet de 2000-2001 est largement dépassé : cette première grosse crise du secteur technologique avait engendré le licenciement de 107.000 personnes. Toutefois, la taille du secteur en 2022 n’a rien de comparable. Comme les chiffres sur la situation de l’emploi mondial dans la tech en 2001 manquent, il faut prendre la comparaison avec des pincettes , et ne pas oublier que 131.400 emplois en 2022 représentent une part beaucoup plus faible du total des emplois tech que les 107.000 poste supprimés de 2001.

    Cette année, les entreprises qui ont le plus licencié sont Meta (11.000 emplois) puis Amazon (10.000), #Uber (7.300 en mai), #Gettir (4480 en mai), #Booking.com (3.775 en juillet) et Twitter (3.700 en novembre). D’après le décompte, 34 entreprises ont effectué des plans sociaux d’au moins 1.000 salariés, dont #Shopify (1.000), #Stripe (1.000), #Yelp (1.000), #Lyft (1.682), #Airbnb (1.900) ou encore #Salesforce (2.000). Près de 400 grosses startups ont supprimé entre 100 et 1.000 postes.

    Proportionnellement au nombre d’employés, plus de 300 entreprises ont perdu au moins 30% de leur force de travail cette année. Parmi les géants de la tech, #Twitter (50%), #Groupon (44%) ou encore #Magic_Leap (1.000 suppressions soit 50%) sont les plus touchés. Au niveau des secteurs, tous sont touchés mais ceux de la crypto et de la finance ont particulièrement dégusté : 30% des emplois supprimés pour #Crypto.com, 27% pour #Bitpanda, 25% pour #Blockchain.com et 20% pour #Coinbase, entre autres, du côté des crypto ; 90% pour #ScaleFactor, 50% pour #Renmoney, 42% pour #Fundbox, 27% pour #Bolt, 23% pour #Robinhood, 10% pour #Klarna, entre autres, du côté des #fintech. Les startups dans la #foodtech, l’éducation, la santé, les transports ou le marketing ont aussi été très impactées.

    La tech avait aussi du gras à couper *
    Cet hiver de la tech -cune référence à la série Game of thrones et son fameux "winter is coming"c-, est la preuve que le secteur n’est pas insensible à la conjoncture de l’économie mondiale. Si les startups ont été les grandes gagnantes de la crise du Covid-19, qui a accéléré la transformation numérique de tous les secteurs d’activité, comme le reste de l’économie, les voilà rattrapées par le retour de l’inflation, l’explosion des taux d’intérêts, la crise de l’énergie et de ravitaillement en matières premières, ou encore les conséquences de la guerre en Ukraine.

    Alors que les valorisations des entreprises tech avaient explosé depuis 2020, les géants du secteur subissent depuis quelques mois une forte correction en Bourse. A eux seuls, les cinq #Gafam - #Google, #Apple, #Facebook devenu #Meta, #Amazon et #Microsoft - ont perdu 1.500 milliards de dollars de valorisation cette année. Par effet ricochet, la valorisation des #startups, qui avait atteint des niveaux délirants, chute lors des levées de fonds, entraînant des difficultés nouvelles pour les entrepreneurs. De leur côté, les fonds d’investissement réalisent moins de deals, prennent davantage de temps pour clôturer ceux qu’ils mènent à bien, et se montrent plus frileux, d’autant plus que leurs propres investisseurs tendent à privilégier des investissements moins risqués que la tech avec le relèvement des taux d’intérêts.

    Pour certaines entreprises, notamment les très grosses startups et les géants comme Amazon, Meta ou Snap (1.200 employés licenciés soit 20%), la correction paraît particulièrement violente. Mais c’est aussi parce qu’il y avait du gras à couper. Chez #Snap comme chez #Meta, les dirigeants ont taillé dans les divisions annexes pour se concentrer sur le cœur du business.

    De son côté, Amazon, par exemple, avait embauché à tour de bras pendant la pandémie pour répondre à l’explosion de la demande : son personnel mondial a doublé entre début 2020 et début 2022. D’après le New York Times, les postes visés par les réductions d’effectifs seront situés dans le département Amazon Devices (les appareils électroniques équipés de l’assistant vocal #Alexa ou encore les liseuses #Kindle ), dans la division de vente au détail, ainsi que dans les ressources humaines.

    • Amazon : 18 000 licenciements annoncés
      https://journal.lutte-ouvriere.org/2023/01/11/amazon-18-000-licenciements-annonces_467573.html

      Après le milliardaire de Tesla, Elon Musk, #Jeff_Bezos a lui aussi subi une dégringolade du cours de ses actions et perd 100 milliards de dollars depuis le 1er janvier. Résultat : il vient lui aussi d’annoncer un plan de 18 000 #licenciements dans le monde.

      Il a suffi de l’annonce d’une légère baisse de ses activités, et donc ensuite d’une possible légère baisse des #dividendes, pour assister à cette dégringolade de plus de moitié du cours des actions d’Amazon en un an, soit 1000 milliards de dollars de capitalisation. Dans ces circonstances, Bezos recourt à l’annonce de licenciements massifs, qui devrait faire revenir vers lui l’argent des « investisseurs ».

      Les problèmes des salariés jetés à la rue ne sont pas un paramètre qui compte dans les calculs financiers des milliardaires. C’est le travail des centaines de milliers de salariés du groupe, mal payés, avec de conditions de travail exténuantes, qui fait monter jusqu’au ciel la fortune de Bezos, devenu l’homme le plus riche du monde. Aujourd’hui ceux qu’il menace de licenciement ont toutes les raisons de faire payer ce capitaliste qui possède encore en propre près de 100 milliards de dollars.

  • Booking.com fait des tarifs... spéciaux #réfugiés_ukrainiens...

    Ici l’exemple à #Lipari (#îles_éoliennes), en #Italie... là où, je pense, aucun #réfugié n’a jamais mis pied...

    #booking #tarif_spécial #hôtel #catégorisation #asile #migrations #réfugiés

    –—

    ajouté à ce fil de discussion sur les discours et pratiques #pro-réfugiés_ukrainiens...
    https://seenthis.net/messages/950929

    qui est lui-même ajouté à la métaliste sur les formes de racisme qui ont émergé avec la guerre en Ukraine :
    https://seenthis.net/messages/951232

    ping @isskein @karine4

  • Ils ont nourri la France (mais pas que).
    https://tagrawlaineqqiqi.wordpress.com/2022/06/04/ils-ont-nourri-la-france-mais-pas-que

    Voici ma récolte d’hier. Un peu de contexte : la maison où je vis a deux siècles et demi d’existence. C’est une ferme qui est restée en activité jusque la fin des années 80, puis les terres ont été rattachées à une autre exploitation, sauf un hectare que, donc, j’exploite pour moi-même. Sur cet hectare qui […]

    #Uncategorized
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