• Petite pause pour cette bourse bleue en attendant de mieux voir vers où elle veut aller...
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    ValK. a posté une photo :

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    Variation sur le modèle de @soulful__notions à retrouver sur [YT].
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  • 20 refugees arrive in Italy with university scholarships

    Twenty refugees from Eritrea, Sudan, South Sudan and the Democratic Republic of Congo arrived in Italy on September 11 thanks to the project University Corridors for Refugees. They will be able to continue their studies at 10 Italian universities through a scholarship.

    Twenty refugees who arrived at Rome’s Fiumicino airport on September 11 will soon be able to continue their studies. They will attend one of 10 Italian universities that have joined the project #University_Corridors_for_Refugees (#UNICORE).
    According to a statement released by the UN refugee agency UNHCR, the students, including a woman, come from Eritrea, Sudan, South Sudan and the Democratic Republic of Congo. They were selected according to their academic accomplishments and motivation by a commission appointed by all the universities participating in the project through a public competition.

    Once they have completed a mandatory quarantine period due to the COVID-19 emergency, the students will start attending courses at the universities of Cagliari, Florence, L’Aquila, Milan (Statale), Padua, Perugia, Pisa, Rome (Luiss), Sassari and Venice (Iuav).

    ’Extraordinary result’, UNHCR

    The project University Corridors for Refugees is promoted with the cooperation of the Italian foreign ministry, the UN Refugee Agency (UNHCR), Italian charity Caritas, the Diaconia Valdese. It was also organized thanks to the support of the University of Bologna (promoter of the first edition in 2019) and a wide network of partners in Ethiopia (Gandhi Charity) and in Italy, which will provide the necessary support to students for the entire duration of the specialization course.

    “We are extremely happy for this extraordinary result,” said Chiara Cardoletti, UNHCR representative for Italy, the Holy See and San Marino.

    “With this initiative Italy proves it is ahead in finding innovative solutions for the protection of refugees.”

    UN goals for the education of refugees

    According to the UNHCR report ’Coming Together for Refugee Education’ published two weeks ago, only 3% of refugees at a global level have access to higher education.

    By 2030, the UN agency has the goal of reaching a 15% enrolment rate in higher education programs for refugees in host countries and third countries also by increasing safe pathways that take into account specific needs and the legitimate aspirations of refugees.

    https://www.infomigrants.net/en/post/27244/20-refugees-arrive-in-italy-with-university-scholarships

    #réfugiés #asile #migrations #université #universités-refuge #villes-refuge #Italie #bourses_d'étude

    –—

    Ajouté à la métaliste des villes-refuge:
    https://seenthis.net/messages/759145

    ping @isskein @karine4

    • Le site web du projet #University_Corridors_for_Refugees (#UNICORE)

      The project University Corridors for Refugees UNICORE 2.0 is promoted by 10 Italian universities with the support of UNHCR, Italian Ministry of Foreign Affairs and International Cooperation, Caritas Italiana, Diaconia Valdese, and other partners. It aims to increase opportunities for refugees currently residing in Ethiopia to continue their higher education in Italy.

      https://universitycorridors.unhcr.it

      https://www.youtube.com/watch?v=lNri937Rn5w&feature=emb_logo

    • Università dell’Aquila: primo corridoio umanitario per studenti rifugiati

      La realizzazione di un “corridoio universitario” per rifugiati quale dimostrazione di sensibilità ed estrema apertura da parte dell’Università dell’Aquila verso studenti meno fortunati e sicuramente più vulnerabili che, diversamente, non avrebbero altre possibilità di realizzare studi universitari.
      Il progetto si è materializzato con l’arrivo all’Aquila, lo scorso martedì 29 settembre, dopo un periodo di quarantena trascorso in strutture protette, del primo studente vincitore del programma “University Corridors for Refugees Unicore 2.0” promosso da dieci atenei italiani con il supporto di Unhcr, Maeci, Caritas italiana, Diaconia valdese e con il contributo di diversi partner locali per L’Aquila quali Adsu, Caritas diocesana, Servizio migrantes della Caritas di Avezzano, Arci, Abruzzo crocevia e Ricostruire insieme.

      In totale sono venti, tra ragazze e ragazzi di diverse nazionalità, titolari di protezione internazionale come rifugiati, coloro che hanno avuto l’opportunità di vincere una borsa di studio, che gli ha permesso di arrivare in Italia in condizioni di sicurezza, con i cosiddetti corridoi universitari, e iscriversi a un corso di Laurea magistrale in una delle università aderenti.

      «Siamo davvero felici di accogliere questo nuovo studente, perseguendo concretamente quegli obiettivi di uguaglianza, pari accesso alle opportunità e di attenzione per la realtà dell’immigrazione che da anni sono al centro delle politiche del nostro ateneo» spiegano i coordinatori del progetto per l’Università dell’Aquila, i docenti Francesca Caroccia e Luigi Gaffuri, referenti del Rettore rispettivamente, per le politiche di uguaglianza e pari opportunità e per la cooperazione internazionale allo sviluppo, evidenziando, inoltre, l’importanza sulle modalità di selezione degli studenti, avvenuti «in base al merito accademico- proseguono i due- e alla motivazione; nel nostro caso, si tratta di un ragazzo che presentava un curriculum davvero degno di nota e che aveva già conseguito una laurea nel suo paese con il massimo dei voti, prima che le vicende politiche stravolgessero la sua esistenza».

      La politica dell’accoglienza è ampiamente attuata dall’Università dell’Aquila, e numerosi sono gli studenti stranieri provenienti da paesi e territori che non garantiscono la tutela dei diritti fondamentali. Integrazione e valorizzazione delle competenze è «divenuta preciso obiettivo programmatico nel 2019, con la sottoscrizione del “Manifesto dell’Università Inclusiva”, una iniziativa promossa dall’Unhcr con cui l’ateneo aquilano, insieme ad altri trentotto atenei italiani, si è impegnato a facilitare l’accesso dei rifugiati al sistema educativo con risorse e competenze adeguate e, si legge in un comunicato stampa, «l’attivazione dei corridoi universitari costituisce dunque la prima linea di attuazione concreta del Manifesto; un risultato straordinario, non scontato anche a causa delle difficoltà dovute all’emergenza da Covid-19 e per la riuscita del quale è stato fondamentale il lavoro di squadra e il coordinamento con i partner e le istituzioni territoriali».

      La prof.ssa Caroccia esprime un particolare ringraziamento al vicesindaco dell’Aquila, Raffaele Daniele, per essersi «impegnato personalmente in alcuni delicati passaggi amministrativi».

      https://www.ilmessaggero.it/abruzzo/universita_aquila_primo_corridoio_umanitario_studenti_rifugiati-5494877

    • La Tavola rotonda di Asai su Università e rifugiati

      Asai – l’Associazione per gli studi africani in Italia – ha organizzato in autunno una serie di tavole rotonde tematiche. Il 2 ottobre si è tenuto l’incontro avente come titolo: Le università italiane e l’accoglienza ai rifugiati: esperienze a confronto.

      Le università italiane si sono aperte ai rifugiati ormai da anni, le esperienze di inclusione e partecipazione si stanno diffondendo sempre più. Sono nati progammi specifici in cui viene garantita la gratuità di accesso agli studi universitari e borse di studio. Ma a fronte di questa situazione generale le domande sono molte e la tavola rotonda organizzata da Asai è stata il luogo (virtuale) in cui proporle a studiosi e ricercatori coinvolti in questi progetti: “esistono mappature di questi programmi e come si può diffonderne la conoscenza? Quali bilanci si possono trarre da queste esperienze? Come possono le associazioni di studiosi d’area e i gruppi di ricerca rafforzarle?”

      Ciò che è emerso è che rimane problematico il riconoscimento dei titoli di studio (anche se non dovrebbe essere obbligatorio per i titolari di asilo politico) ma si prospetta per il futuro l’appoggio di CIMEA e CNVQR – il Coordinamento Nazionale sulla Valutazione delle Qualifiche dei Rifugiati – che dovrebbe risolvere molte situazioni o aiutare a dipanarle.

      Inoltre risulta chiaro che gli studenti rifugiati necessitano di un sostegno nel percorso universitario, perché si trovano di fronte a nuove sfide: come “il doversi abituare ad un sistema universitario e di formazione ben diverso rispetto a quello conosciuto [oppure] la necessità di colmare lacune specifiche, di tipo linguistico o legate a determinate materie e discipline; [o ancora] la necessità di riprendere l’abitudine a studio sistematico, dopo periodi di interruzione e frammentazione dei percorsi biografici, familiari etc e in una persistente situazione, in molti casi, di precarietà”.

      Gli obiettivi primari, sentiti come urgenti dai relatori, sono stati quello di costruire inclusività all’interno dell’università, “con forme di interazione con docenti e studenti e l’individuazione di figure di riferimento responsabili per specifici aspetti del percorso” e quello di produrre una rete sociale di supporto attorno ai percorsi di studio al fine di generare un senso di serenità e tranquillità negli studenti rifugiati.

      Per chi volesse approfondire Asai pubblicherà nel suo sito (sezione tavoli di coordinamento) verbale sintetico e registrazione dell’evento del 9 ottobre 2020:
      https://www.asaiafrica.org/tavoli-tematici-di-coordinamento

      https://viedifuga.org/la-tavola-rotonda-di-asai-su-universita-e-rifugiati

  • Apple Is Worth $2 Trillion, Punctuating Big Tech’s Grip - The New York Times
    https://www.nytimes.com/2020/08/19/technology/apple-2-trillion.html

    As recently as mid-March, Apple’s value was under $1 trillion after the stock market plunged over fears of the coronavirus. On March 23, the stock market’s nadir this year, the Federal Reserve announced aggressive new measures to calm investors. Since then, the stock market — and particularly the stocks of Apple, Microsoft, Amazon, Alphabet and Facebook — largely soared, with the S&P 500 hitting a new high on Tuesday.

    Investors have poured billions of dollars into the tech behemoths, betting that their immense size and power would serve as refuges from the pandemic-induced recession. Together, those five companies’ value has swelled by almost $3 trillion since March 23, nearly the same growth as the S&P 500’s next 50 most valuable companies combined, including Berkshire Hathaway, Walmart and Disney, according to S&P Global, the market analytics firm. Apple’s valuation alone rose by $6.8 billion a day, more than the value of American Airlines.

    Ce n’est pas vraiment l’innovation qui fait la bourse

    Apple’s rapid rise to $2 trillion is particularly astonishing because the company has not done much new in the past two years. It has simply built one of the tech industry’s most effective moneymakers, which has such a firm grip over how people communicate, entertain themselves and shop that it no longer relies on groundbreaking inventions to keep the business humming.

    When Apple first reached $1 trillion in August 2018, it came after decades of innovation. The company, founded in 1976 by Steve Jobs and Steve Wozniak, churned out world-changing products like the Macintosh computer, the iPod, the App Store and the iPhone.

    Since then, it has mostly tweaked past creations, selling gadgets with names like the Apple Watch Series 5, the AirPods Pro and the iPhone 11 Pro Max. It has also pushed into services such as streaming music, streaming movies and TV programs and providing news, selling subscriptions for them.

    Apple has also wielded another powerful tool to boost its valuation and enrich its investors and executives: stock buybacks. Since the company’s value hit $1 trillion, it has returned $175.6 billion to shareholders, including $141 billion in stock buybacks. Apple has repurchased more than $360 billion of its own shares since 2012, by far the most of any company, and has announced plans to spend at least tens of billions of dollars more on Apple stock.

    Apple has increased its buybacks since it used the Trump administration’s 2017 tax law to bring back most of the $252 billion it had once held abroad. (The law saved it $43 billion in taxes on the move, according to the Institute on Taxation and Economic Policy, a research group in Washington.) Apple has $194 billion in cash and bonds.

    Buying back stock generally increases a company’s share price, in part because it reduces the total number of shares for sale. Critics have argued that it also increases inequality because it mostly enriches wealthy investors and the company’s own executives, who are often large shareholders, as is the case with Apple. Executives and some economists said that returning excess cash to shareholders is better than sitting on it.

    Apple is the second publicly traded company to hit $2 trillion. Saudi Aramco, Saudi Arabia’s state-owned oil company, went public in December and briefly exceeded the $2 trillion mark. It remained the world’s most valuable company until Apple surpassed it last month.

    Others are vying to reach the $2 trillion mark soon. The candidates likely to hit that milestone next? Microsoft, Amazon and Alphabet.

    #Apple #Bourse #2000_milliards #Economie_numérique

  • Corporate Insiders Pocket $1 Billion in Rush for Coronavirus Vaccine - The New York Times
    https://www.nytimes.com/2020/07/25/business/coronavirus-vaccine-profits-vaxart.html

    On June 26, a small South San Francisco company called Vaxart made a surprise announcement: A coronavirus vaccine it was working on had been selected by the U.S. government to be part of Operation Warp Speed, the flagship federal initiative to quickly develop drugs to combat Covid-19.

    Vaxart’s shares soared. Company insiders, who weeks earlier had received stock options worth a few million dollars, saw the value of those awards increase sixfold. And a hedge fund that partly controlled the company walked away with more than $200 million in instant profits.

    The race is on to develop a coronavirus vaccine, and some companies and investors are betting that the winners stand to earn vast profits from selling hundreds of millions — or even billions — of doses to a desperate public.

    Across the pharmaceutical and medical industries, senior executives and board members are capitalizing on that dynamic.

    They are making millions of dollars after announcing positive developments, including support from the government, in their efforts to fight Covid-19. After such announcements, insiders from at least 11 companies — most of them smaller firms whose fortunes often hinge on the success or failure of a single drug — have sold shares worth well over $1 billion since March, according to figures compiled for The New York Times by Equilar, a data provider.

    In some cases, company insiders are profiting from regularly scheduled compensation or automatic stock trades. But in other situations, senior officials appear to be pouncing on opportunities to cash out while their stock prices are sky high. And some companies have awarded stock options to executives shortly before market-moving announcements about their vaccine progress.

    #vaccins #bourse #business #profits

  • #Covid-19 Vaccines With ‘Minor Side Effects’ Could Still Be Pretty Bad | WIRED
    https://www.wired.com/story/covid-19-vaccines-with-minor-side-effects-could-still-be-pretty-bad

    L’article reproche aux journalistes mainstream de se montrer peu curieux concernant les déclarations des sociétés pharmaceutiques sur leur #vaccin et de se contenter de répéter les propos lénifiants qu’elles égrènent, alors que ces derniers ont pour principal objectif de faire monter la #cotation en #bourse de leurs #actions et pour principale conséquence de conforter les a-priori des anti-#vaccins.

    The press release for Monday’s publication of results from the Oxford vaccine trials described an increased frequency of “minor side effects” among participants. A look at the actual paper, though, reveals this to be a marketing spin that has since been parroted in media reports. (The phrases “minor side effects” or “only minor side effects” appeared in writeups from The New York Times, The Wall Street Journal and Reuters, among other outlets.) Yes, mild reactions were far more common than worse ones. But moderate or severe harms—defined as being bad enough to interfere with daily life or needing medical care—were common too. Around one-third of people vaccinated with the Covid-19 vaccine without acetaminophen experienced moderate or severe chills, fatigue, headache, malaise, and/or feverishness. Close to 10 percent had a fever of at least 100.4 degrees, and just over one-fourth developed moderate or severe muscle aches. That’s a lot, in a young and healthy group of people—and the acetaminophen didn’t help much for most of those problems. The paper’s authors designated the vaccine as “acceptable” and “tolerated,” but we don’t yet know how acceptable this will be to most people. If journalists don’t start asking tougher questions, this will become the perfect setup for anti-vaccine messaging: Here’s what they forgot to tell you about the risks …

    There is another red flag. Clinical trials for other Covid-19 vaccines have placebo groups, where participants receive saline injections. Only one of the Oxford vaccine trials is taking this approach, however; the others instead compare the experimental treatment to an injected meningococcal vaccine. There can be good reasons to do this: Non-placebo injections may mimic telltale signs that you’ve received an active vaccine, such as a skin reaction, making the trial more truly “blind.” But their use also opens the door to doubt-sowing claims that any harms of the new vaccine are getting buried among the harms already caused by the control-group, “old” vaccines.

    Coverage of the Moderna vaccine reflects a different kind of pharma spin : the drip-feeding of selective data via press release. On May 18, Moderna put out some patchy, positive findings on interim outcomes from their first-in-human trial. The company followed that up with a stock offering—and company executives sold off nearly $30 million in shares into the feeding frenzy their press release created.

    With last week’s paper from Moderna, results from that same group of people finally had their formal publication. At the same time, the group registered a 30,000-person phase III clinical trial, specifying a pair of 100-microgram injections of the Covid-19 vaccine. According to the press release from May, there were no serious adverse events for the people in that particular dosage group. But last week’s paper shows the full results: By the time they’d had two doses, every single one was showing signs of headaches, chills, or fatigue, and for at least 80 percent, this could have been enough to interfere with their normal activities. A participant who had a severe reaction to a particularly high dose has talked in detail about how bad it was: If reactions even half as bad as this were to be common for some of these vaccines, they will be hard sells once they reach the community—and there could be a lot of people who are reluctant to get the second injection.

    #big_pharma #pharma #manipulations #MSM

  • Why do wealthy college students get more financial aid? - MarketWatch
    https://www.nerdwallet.com/blog/loans/student-loans/why-rich-students-get-more-financial-aid-than-poor-ones

    It’s a race for #prestige, says Martin Van Der Werf, associate director of editorial and postsecondary policy at the Georgetown University Center on Education and the Workforce.

    “Better prepared students, higher graduation rates and a better chance of attracting students who will later give back to the college — that’s the reward system that’s in place,” says Van Der Werf, adding that there’s no similar reward system for helping low-income students.

    #bourses #universités #états-unis

  • #Coronavirus : la fortune des milliardaires américains a augmenté de 15% en deux mois
    https://www.europe1.fr/economie/coronavirus-la-fortune-des-milliardaires-americains-a-augmente-de-15-en-deux

    Entre le 18 mars et le 19 mai, les 600 ultra riches américains ont vu leur fortune augmenter de 434 milliards de dollars, soit une hausse de près de 15%. La valeur des titres d’Amazon, de Facebook et des entreprises high-tech s’est envolée en #Bourse.

    #GAFA

  • One chart shows how the stock market is completely decoupled from the labor market - The Washington Post
    https://www.washingtonpost.com/business/2020/05/09/one-chart-shows-how-stock-market-is-completely-decoupled-labor-marke

    First, in case it wasn’t already tremendously clear: The stock market is not the economy. Roughly only half of Americans own any stocks at all, even through job-sponsored vehicles like 401(k) retirement plans. The financial interests of #Wall Street and Main Street are often directly at odds; note, for example, the market’s tendency to tank on news of rising wages.

    Second, the disconnect between the stock market and real-world economy has been growing for decades. Equities and wages traveled on similar trajectories through the 1980s, for instance, but since then the markets have been on fire while worker pay has languished. A stock rally in response to news of Depression-era unemployment rates suggests that split is growing, and may even be entering a new phase.

    Finally, there’s the point raised in a Post story last month that investors aren’t pricing stocks based on what’s happening now, but rather on what they think will be happening in the coming weeks, months or even year.

    #économie #bourse

  • Maxime Combes sur la chute des prix du #pétrole : « Que faut-il en conclure à ce stade ? Laisser les marchés financiers décider des prix des matières premières en situation d’incertitude radicale et de dépression économique est une aberration totale. Sortons notre avenir énergétique des mains de la finance. » / Twitter
    https://twitter.com/MaximCombes/status/1252319623460126722
    La suite des tweets explique très bien les mécanismes spéculatifs en cause. #énergie #bourse #finance

  • Contrairement aux affirmations à l’emporte-pièce de...

    ....la CNN...
    Remdesivir : Covid-19 patients recovering quickly after getting experimental drug - CNN
    https://www.cnn.com/2020/04/16/health/coronavirus-remdesivir-trial/index.html

    ... et Bret Stephens (New York times)...
    Opinion | The Story of Remdesivir - The New York Times
    https://www.nytimes.com/2020/04/17/opinion/remdesivir-coronavirus.html

    ...les résultats partiels d’une étude en cours (connus grâce à une « fuite »- qui a fait bondir la valeur en bourse de la compagnie pharmaceutique mère...) ne prouvent nullement l’efficacité du #remdesivir, comme expliqué ci-dessous :

    What’s Happening With Remdesivir ? | In the Pipeline
    https://blogs.sciencemag.org/pipeline/archives/2020/04/17/whats-happening-with-remdesivir

    But now that it’s out there, let’s talk about what’s in the leak. Gilead stock jumped like a spawning salmon in after-market trading on this, and one of the reasons was that that 113 of the 125 patients were classed as having “severe disease”. People ran with the idea that these must have been people on ventilators who were walking out of the hospital, but that is not the case. As AndyBiotech pointed out on Twitter, all you had to do was read the trial’s exclusion criteria: patients were not even admitted into the trial if they were on mechanical ventilation. Some will have moved on to ventilation during the trial, but we don’t know how many (the trial protocol has these in a separate group).

    Note also that this trial is open-label ; both doctors and patients know who is getting what, and note the really key point: there is no control arm . This is one of the trials mentioned in this post on small-molecule therapies as being the most likely to read out first, but it’s always been clear that the tradeoff for that speed is rigor. The observational paper that was published on remdesivir in the NEJM had no controls either, of course, and that made it hard to interpret. Scratch that, it made it impossible to interpret. It will likely be the same with this trial – the comparison is between a five-day course of remdesivir and a ten-day course, and the primary endpoint is the odds ratio for improvement between the two groups.

    Et ce d’autant plus que la « fuite » survient juste après l’annonce de l’arrêt avant-terme de deux études chinoises sur le remdesivir (ce qui avait eu un mauvais effet sur la cotation en bourse...)

    More Small Molecule Clinical Data Against Covid-19, As of April 16 | In the Pipeline
    https://blogs.sciencemag.org/pipeline/archives/2020/04/16/more-small-molecule-clinical-data-against-covid-19-as-of-april-16

    I refer to trials of Gilead’s remdesivir in China, one for moderate cases and one for severe ones, both of which were updated yesterday to “suspended” on ClinicalTrials.gov. That took people by surprise, and Gilead’s stock dropped in response.

    #mic-mac #manipulations # #sars-cov-2 #coronavirus #covid-19 #pharma

    • Data on Gilead’s #remdesivir show no benefit for #coronavirus patients
      https://www.statnews.com/2020/04/23/data-on-gileads-remdesivir-released-by-accident-show-no-benefit-for-corona

      Étude chinoise prématurément interrompue dont une mouture a été confiée à l’OMS qui l’a accidentellement rendu public (voir ci-dessous) avant d’être retirée,

      According to the abstract, 158 patients received remdesivir and 79 patients were in the control arm; one patient in the control arm withdrew before receiving treatment. The abstract said that for time to clinical improvement, the hazard ratio was 1.23, which would normally mean the patients on remdesivir improved more slowly than those in the control group.

      However, in a previous note to investors preparing them for the data, Umer Raffat, a biotech analyst at Evercore ISI, had said to expect the opposite arrangement: that a hazard ratio of 1.2 would show patients were doing better. It is not certain how the hazard ratio is being described in the abstract.

      Whether or not the drug benefit is trending in a positive or negative direction, the difference described in the abstract is not statistically significant, meaning that the study failed.

    • Le remdesivir accélère nettement la guérison des patients Covid-19, annoncent les Etats-Unis - Heidi.news
      https://www.heidi.news/sante/le-remdesivir-permet-d-accelerer-la-guerison-des-patients-covid-19-se-felici

      Folle journée pour le remdesivir, cet antiviral évalué dans plusieurs essais cliniques de par le monde. L’immunologiste Anthony Fauci, directeur du National Institute of Allergy and Infectious Diseases (Niaid) et membre éminent de la task force Covid-19 américaine, a annoncé mercredi 29 avril la réussite du principal essai contrôlé randomisé américain. Le traitement expérimental aurait permis de réduire d’un tiers le temps de récupération des patients Covid-19 sévères, et les résultats suggèrent fortement un bénéfice en survie.

      #paywall

    • Remdesivir for the Treatment of Covid-19 — Preliminary Report | NEJM
      https://www.nejm.org/doi/full/10.1056/NEJMoa2007764

      Étude randomisée en double aveugle, resultats préliminaires : n’est clairement utile à ce stade des résultats que dans le groupe modérément oxygéno-requérant,

      The benefit was most apparent in patients with a baseline ordinal score of 5 (requiring oxygen), a finding most likely due to the larger sample size in this category (since the interaction test of treatment by baseline score on the ordinal scale was not significant). Confidence intervals for baseline ordinal scores of 4 (not receiving oxygen), 6 (receiving high-flow oxygen), and 7 (receiving ECMO or mechanical ventilation) are wide. We note that the median recovery time for patients in category 7 could not be estimated, which suggests that the follow-up time may have been too short to evaluate this subgroup. Additional analyses of outcomes such as the time to a one- or two-point improvement on the ordinal scale score will be conducted after the full cohort has completed 28 days of follow-up and may provide additional insight into the treatment of this critical subgroup. Our findings highlight the need to identify Covid-19 cases and start antiviral treatment before the pulmonary disease progresses to require mechanical ventilation.

    • Covid-19 : remdésivir (Veklury°) autorisé dans l’Union européenne, avec beaucoup d’incertitudes et d’inconnues
      https://www.prescrire.org/fr/203/1845/58853/0/PositionDetails.aspx

      Quelle efficacité pour les patients gravement atteints ? À partir de cette analyse intermédiaire, la mortalité à 14 jours a été estimée à 7 % dans le groupe remdésivir, versus 12 % dans le groupe placebo. La différence n’est pas statistiquement significative (p = 0,06), autrement dit il y a une probabilité non négligeable que la différence soit due au hasard. La durée médiane avant amélioration clinique (définie surtout par la fin de l’hospitalisation ou l’arrêt de l’apport en oxygène) a été de 11 jours dans le groupe remdésivir versus 15 jours dans le groupe placebo (différence statistiquement significative, p < 0,001). La différence sur ce critère a été rapportée uniquement chez les patients dont l’état à l’inclusion justifiait au moins un apport en oxygène (12 jours versus 18 jours), mais pas chez ceux moins gravement atteints (5 jours, sans différence entre les deux traitements). D’autres analyses n’ont pas montré d’efficacité du remdésivir chez les patients les plus gravement atteints qui, au moment de leur inclusion dans l’essai, recevaient une ventilation, invasive ou non. Chez les patients sous ventilation invasive à l’inclusion, une augmentation de la mortalité avec le remdésivir a même été évoquée.

      5 jours ou 10 jours ? Dans un autre essai randomisé, mais non aveugle, deux durées de traitement par remdésivir ont été comparées : 5 jours versus 10 jours, chez 402 patients hospitalisés à cause d’un covid-19 grave, justifiant pour la plupart au moins un apport en oxygène, et âgés en moyenne de 62 ans. Seulement 43 % du groupe « 10 jours » ont reçu réellement 10 jours de traitement et 27 % des patients de ce groupe n’ont reçu que 5 jours ou moins de traitement. La mortalité à 14 jours a été de 8 % dans le groupe « 5 jours » versus 11 % dans le groupe « 10 jours ». Ces résultats sont difficiles à interpréter car malgré la répartition par tirage au sort, les patients du groupe « 5 jours » étaient moins fréquemment atteints d’une forme grave de covid-19 que ceux du groupe « 10 jours », avec, à l’inclusion, 26 % des patients sous ventilation invasive ou non dans le groupe 5 jours, versus 35 % dans le groupe « 10 jours ». Cependant, il n’est pas exclu qu’un traitement prolongé par remdésivir ait eu un effet délétère. Selon le RCP, le traitement doit durer au minimum 5 jours et au maximum 10 jours.

      À suivre. En somme, comme pour tout nouveau médicament et encore plus ceux autorisés par AMM conditionnelle, il y a de nombreuses inconnues autour du remdésivir. Elles concernent à la fois ses effets indésirables et son efficacité au-delà de celle d’un placebo, ce qui incite à la prudence. Des résultats incomplets et fragiles d’un seul essai ont montré une amélioration clinique un peu plus rapide avec le remdésivir, mais uniquement chez des patients dont l’état justifie un apport en oxygène, et sans effet démontré sur la mortalité. En l’état actuel des connaissances, et en dehors du cadre de la recherche clinique, un traitement par remdésivir n’est pas justifié chez les patients dont l’état ne justifie pas un apport en oxygène, ni chez les patients les plus gravement atteints, dont l’état justifie une ventilation invasive.
      ©Prescrire 13 juillet 2020

    • Covid-19 : comment Gilead a vendu son remdésivir à l’Europe
      https://seenthis.net/messages/888882

      Testé sans grand succès contre Ebola, le remdésivir a été opportunément repositionné au début de l’épidémie de Covid-19, sur la base d’études antérieures avec d’autres coronavirus (SARS-CoV-1 et MERS-CoV). Gilead n’a pas grand-chose à perdre : il ne sait que faire des doses qu’il n’a pas utilisées lors des essais cliniques menés en Afrique.

      Le 6 février, un petit essai est lancé avec 237 patients recrutés dans les hôpitaux de Wuhan, foyer chinois de l’épidémie. L’espoir est immense, alors que la ville est déjà confinée depuis deux semaines, mais les résultats sont loin d’être à la hauteur : publiés en avril dans la prestigieuse revue scientifique The Lancet, ils ne montrent aucune efficacité sur la mortalité.

      Le cours de Gilead perd quelques points sur les indices boursiers, mais le laboratoire américain ne se décourage pas. Un essai de plus grande ampleur − un millier de patients − a été lancé en février aux Etats-Unis : Gilead compte dessus pour convaincre la FDA, l’agence américaine du médicament. Un peu ébranlé par les résultats chinois, le laboratoire modifie cependant son critère d’efficacité principal : ce ne sera plus la mortalité, mais la « durée de récupération ».

  • Tribune de la faim. « Privés de jobs, cloîtrés, les étudiants les plus démunis sont tenaillés par la faim et l’angoisse »
    https://www.lemonde.fr/idees/article/2020/04/15/universite-prives-de-jobs-cloitres-les-etudiants-les-plus-demunis-sont-tenai

    Ils et elles sont des milliers actuellement confinés dans des conditions dramatiques, dénoncent dans une tribune au « Monde » plus d’un millier d’universitaires.

    Tribune. La faim. Vous avez bien lu. C’est elle qui menace les étudiants restés confinés dans les logements de leur centre régional des œuvres universitaires et scolaires (Crous) ou dans leurs studios de location. Depuis un mois déjà, restaurants universitaires, épiceries solidaires et autres relais d’alimentation habituels ont fermé leurs portes. Les campus déserts prennent l’allure de no man’s land.

    Les étudiants qui le pouvaient ont rejoint leur famille. Mais pas les étrangers, pas ceux qui vivent loin de leurs proches ou « en rupture de ban », pas les précaires enfin. Tous ceux-là sont restés isolés, parfois sans connexion Internet, voire sans ordinateur – à plusieurs kilomètres du premier supermarché, s’il peut encore leur être utile. Privés de leurs jobs étudiants, ils n’ont d’autre choix que de rester cloîtrés, tenaillés par la faim. La faim et l’angoisse. Celle qui naît du sentiment d’avoir été oublié de tous.

    Comment en sommes-nous arrivés là ? Les Crous se félicitent d’avoir adopté des « dispositifs d’urgence » : distributions de bons d’achat dématérialisés, prises de contact par téléphone, mises à disposition de paniers repas… En réalité, tributaires de leurs méthodes de recensement et d’évaluation sociale, de tels dispositifs ont moins apaisé la faim que la mauvaise conscience.

    La mobilisation de la société civile

    Leurs rouages se sont empêtrés dans des monceaux de formulaires et de pièces justificatives, interdisant à nombre d’étudiants d’accéder aux soutiens auxquels ils ont droit. Aux lourdeurs administratives et au manque de moyens, humains et financiers, s’est ajoutée l’absence d’information claire et accessible : serveurs saturés, standards téléphoniques occupés, aucun affichage papier sur les campus, assistantes sociales en sous-effectif…

    Pis, loin de prendre la mesure de l’urgence, le Centre national des œuvres universitaires et scolaires (Cnous) aggrave les conditions de vie des plus vulnérables en exonérant de loyer seulement les étudiants qui ont pu regagner leur foyer familial. Tous ceux qui n’ont pu faire autrement que de rester sont mis en demeure de payer. Or, ce sont précisément les plus démunis, ceux que le confinement plonge dans la déréliction.

    Face à cette incurie, la société civile s’est mobilisée. Sur le campus bordelais, par exemple, un collectif composé d’étudiants, de doctorants et de maîtres de conférences s’est constitué pour venir en aide aux étudiants. Grâce aux dons recueillis en ligne, le collectif « Solidarité continuité alimentaire Bordeaux » a livré près de 800 colis alimentaires, sur environ 950 demandes enregistrées. Son action courageuse, menée dans le respect des mesures sanitaires, a été couverte par la presse.

    Besoin d’une aide d’urgence organisée par le gouvernement

    Des actions comparables prennent forme ailleurs. Comble de malchance, la cagnotte en ligne ouverte par le collectif a été bloquée, le gestionnaire du site arguant de mesures de sécurité. Ce blocage a contraint les bénévoles à œuvrer sur leurs deniers personnels, puis à suspendre leurs activités, le 10 avril. Depuis, les demandes continuent d’affluer, sans aucune réponse possible. Certains étudiants ont maintenant passé plusieurs jours sans manger…

    Ce qui est fait pour les sans-domicile-fixe et dans les établissements d’hébergement pour personnes âgées dépendantes (Ehpad) ne l’est toujours pas pour ces invisibles. Question aux universités : pourquoi n’ont-elles pas débloqué d’urgence leurs fonds de solidarité étudiants ? Même si certaines universités ont déjà mis en place des actions d’aide sociale, elles ne sauraient, vu l’ampleur des besoins, se substituer à une aide d’urgence organisée par le gouvernement.

    Quand les pouvoirs publics responsables ne répondent plus et que les bonnes volontés sont dans l’impasse, comment éviter l’escalade ? Isolés, sous-alimentés, incapables de payer leur loyer, a fortiori de continuer d’étudier, certains ont perdu tout espoir. Comment les empêcher de craquer ? Des cas de suicide ou de décès sur les campus ont été déjà été signalés dans la presse. Ces tragédies augurent-elles de la catastrophe à venir ? Que faire pour empêcher le pire d’arriver ?

    Porter assistance aux étudiants

    Les solutions ne peuvent venir que des responsables au plus haut niveau : ceux qui ont entre leurs mains le pouvoir de décider. Autrement dit, le Cnous et le ministère de l’enseignement supérieur, de la recherche et de l’innovation, dont il dépend. C’est à eux qu’il revient d’agir vite, c’est eux que nous interpellons !

    Nous proposons les mesures suivantes : l’annulation immédiate de tous les loyers Crous ; la simplification et l’accélération de toutes les procédures d’aide alimentaire, financière, et informatique, associée à une communication sur le terrain ; la mise en œuvre d’une assistance psychosociale adaptée ; enfin, et il s’agit du simple bon sens, la subordination de la « continuité pédagogique » à la certitude de pouvoir manger à sa faim.

    Car exiger d’étudiants qu’ils continuent d’apprendre et d’être évalués le ventre vide n’est pas seulement absurde, mais cruel et inhumain. C’est ajouter à la peur du lendemain l’angoisse d’échouer. Face à cette pression intolérable, c’est la vie de milliers d’étudiants qui est aujourd’hui menacée. Comme notre président s’y est engagé dans son allocution du 13 avril, il revient au gouvernement de leur porter assistance. Maintenant.

    Premiers signataires : Etienne Balibar, professeur émérite de philosophie politique, université Paris-10-Nanterre ; Ludivine Bantigny, maîtresse de conférences en histoire contemporaine, université de Rouen ; Marc Crépon, directeur de recherches en philosophie, CNRS/ENS/PSL ; Pierre Antoine Fabre, directeur d’études, EHESS ; Bernard Friot, professeur émérite de sociologie, université Paris-10-Nanterre ; Mathilde Larrère, maîtresse de conférences en histoire politique du XIXe siècle, université Gustave-Eiffel ; Frédéric Le Roux, professeur des universités, mathématiques, Sorbonne université ; Jean-Claude Monod, directeur de recherches au CNRS) ; Willy Pelletier, sociologue, université de Picardie, coordinateur général de la fondation Copernic ; Guislaine Refrégier, maîtresse de conférences en biologie, université Paris-Saclay ; Marina Seretti, maîtresse de conférences en philosophie, université Bordeaux-Montaigne ; Nathalie Sigot, professeure d’économie, université Paris-I-Panthéon-Sorbonne ; Barbara Stiegler, professeure de philosophie politique, université Bordeaux-Montaigne ; Constance Valentin, CR CNRS Physique, université de Bordeaux ; Michelle Zancarini-Fournel, professeure émérite d’histoire, université Claude-Bernard-Lyon-1.
    La liste complète des signataires est accessible en cliquant sur ce lien
    https://sites.google.com/view/signataires-tribune-de-la-faim/accueil

    « Les prochaines semaines risquent d’être très compliquées » : confinés et sans job, la vie sur le fil des étudiants précaires, Alice Raybaud, 01 avril 2020
    https://www.lemonde.fr/campus/article/2020/04/01/les-prochaines-semaines-risquent-d-etre-tres-compliquees-confines-et-sans-jo

    Alors que près de la moitié des jeunes financent leurs études grâce à des petits boulots, nombreux sont ceux qui se retrouvent en difficultés financières depuis le début du confinement. Des aides se déploient.

    Trois kg de féculents, des conserves et des produits d’hygiène. Tel est le contenu des paniers qui sont distribués, depuis le 18 mars, à des centaines d’étudiants bordelais confinés dans leurs cités universitaires. Gantés, masqués et toujours un par un, ce sont des doctorants, post-doctorants et maîtres de conférences des universités de la métropole qui se chargent bénévolement de la livraison : une urgence face à la situation de « détresse » de certains jeunes, alertent-ils par le biais de leur collectif, Solidarité : continuité alimentaire Bordeaux.

    Suspension des loyers

    « Avec la fermeture des restaurants universitaires, on s’est rendu compte que certains étudiants n’avaient pas mangé depuis quarante-huit heures, raconte un des membres du collectif. Plus que la continuité pédagogique, l’enjeu est surtout, aujourd’hui, celui de la continuité alimentaire. » Le collectif, qui a lancé une cagnotte en ligne, recense à ce jour plus de 650 demandes sur le campus et a effectué 460 livraisons de paniers, principalement dans les logements Crous.
    « Plus que la continuité pédagogique, l’enjeu est surtout, aujourd’hui, celui de la continuité alimentaire », un membre du collectif bordelais
    Au niveau national, 40 % des étudiants qui résident dans des logements du Crous sont restés sur place, indique le Centre national des œuvres universitaires. Ce public déjà fragile ne bénéficiera pas de la suspension des loyers, annoncée pour tous ceux qui ont quitté les lieux pour rejoindre leur famille, et qui ne paieront donc plus leur logement à partir du 1er avril et jusqu’à leur retour.

    « Pour la majorité des étudiants qui nous contactent, la perte d’un job ou d’un stage est venue se rajouter à une vulnérabilité antérieure, ce qui rend leurs dépenses courantes très compliquées », observe-t-on du côté du collectif bordelais, qui demande la suppression des loyers Crous pour tous. Les étudiants aux emplois souvent précaires sont en effet parmi les premiers à pâtir du confinement. Ces pertes de revenus viennent fragiliser des budgets déjà sur le fil, dans un contexte où près d’un étudiant sur deux travaille pour financer ses études, et où un sur cinq vit déjà sous le seuil de pauvreté (IGAS, 2015).

    « Difficile de se concentrer sur les cours »

    Depuis septembre, Marion, 20 ans, étudiante en science du langage à la Sorbonne-Nouvelle, encadrait les enfants de sa ville de Grigny (Essonne) sur les temps périscolaires. « Mais comme je suis en “contrat volant”, c’est-à-dire qu’on m’appelle seulement selon les besoins, je ne toucherai rien jusqu’à la réouverture des écoles », déplore la jeune femme, qui vit dans un appartement avec son père, au chômage, son frère et sa sœur. Ses revenus permettaient de payer les factures et la nourriture de la famille. « Les prochaines semaines risquent d’être très compliquées », s’inquiète Marion, qui cherche sans relâche un autre job dans un magasin alimentaire. Alors qu’elle s’occupe des devoirs de sa fratrie confinée et qu’elle a dû composer quelques jours avec une coupure d’électricité, « se concentrer sur les cours à distance est difficile », confie-t-elle.

    Pour Claire (le prénom a été modifié), 21 ans, en master métiers de l’enseignement à Colmar, c’est « le flou ». « A la bibliothèque où je travaille, on nous a promis de faire le maximum pour que notre rémunération soit maintenue, mais rien n’est encore sûr. L’aide aux devoirs, qui me permettait de payer ma nourriture, c’est devenu impossible, confie-t-elle. Il faudra diminuer les frais de courses. » Juliette (le prénom a été modifié), étudiante en lettres modernes de 20 ans, faisait de la garde d’enfant, sans contrat. Un « bon plan », habituellement. « Mais dans cette situation, cela veut dire : pas de compensation, et je n’ai pas d’économies de côté, souffle-t-elle. Heureusement, je suis confinée chez ma famille en Bretagne, avec moins de dépenses. Je regarde pour bosser dans une agence d’intérim, en usine, mais mes parents ne sont pas rassurés à l’idée de me laisser sortir… »

    Aides sociales d’urgence

    Pour répondre à ces situations de #précarité, les Crous s’organisent pour délivrer davantage d’aides ponctuelles. Dix millions d’euros supplémentaires ont été débloqués, mardi 31 mars, par le ministère de l’enseignement supérieur. « Des directives nationales nous permettent de monter nos dotations jusqu’à 560 euros, à destination des étudiants nationaux comme internationaux, et cumulables avec les bourses », explique Claire Maumont, responsable du service social au Crous de Poitiers, qui observe qu’un tiers des dernières demandes émanent d’#étudiants touchés par une perte d’#emploi et jusque-là inconnus de leurs services. Pour elle, « l’enjeu, dans cette période difficile, est de garder le lien avec nos étudiants : nos services réalisent du porte-à-porte dans les cités universitaires, avec médecin et infirmière, pour nous assurer de la #santé et de l’alimentation de nos résidents. »

    Encouragées par des directives ministérielles, certaines universités mettent également en place des #aides_sociales_d’urgence, à partir des fonds de la Contribution de vie étudiante et de campus (CVEC). A l’université de Bordeaux, les étudiants en difficulté peuvent par exemple bénéficier d’une aide mensuelle de 200 euros. « On peut décider d’accorder une aide plus importante au cas par cas, et de délivrer des #bons_alimentaires sous forme de carte prépayée en cas d’urgence », précise Anne-Marie Tournepiche, vice-présidente Vie de campus de l’université, qui s’attend à une « augmentation importante des demandes d’aides financières dans les prochains jours ». En outre, les étudiants #autoentrepreneurs pourront bénéficier de l’aide exceptionnelle de 1 500 euros annoncée le mardi 17 mars par le ministère de l’économie.

    Bons alimentaires, aides ponctuelles des universités… Ces mesures ne seront pas suffisantes sur le long terme pour l’Union nationale des étudiants de France (UNEF). « Ces aides sont aléatoires selon les établissements, et parfois compliquées à obtenir, explique Mélanie Luce, présidente du syndicat étudiant. Quant aux aides du Crous, débloquer dix millions d’euros apportera un nouveau souffle mais ne permettra pas de répondre à toutes les situations si le confinement se poursuit. D’autant qu’il y aura des répercussions sur la longueur, notamment sur les jobs d’été, qui sont essentiels pour de nombreux étudiants. » L’UNEF, qui demande la mobilisation de fonds étatiques plus « massifs » s’inquiète aussi de la situation des #étudiants_étrangers, « pour la plupart non éligibles aux #bourses et ne pouvant accéder à toutes les aides d’urgences, qui comptaient sur un job pour vivre et sont désormais dans une situation catastrophique », rappelle Mélanie Luce.

    « Les plus précaires au front »

    C’est le cas de Noélia, étudiante péruvienne de 20 ans, en licence d’espagnol à la Sorbonne-Nouvelle. Grâce à un #job de baby-sitter, en contrat étudiant sur une #plate-forme en ligne, elle arrivait jusque-là « plus ou moins » à gérer ses mois. Mais depuis que Noélia ne peut plus entrer en contact avec l’enfant qu’elle gardait, la plate-forme ne lui a facturé aucune heure.

    « Je ne sais pas si j’aurai le droit au #chômage_partiel. J’ai demandé mais n’ai toujours pas reçu de réponse. Je n’ai plus d’économies car j’ai tout dépensé avec une maladie pour laquelle je suis allée à l’hôpital le mois dernier. Heureusement, je suis hébergée par des amis, mais comment est-ce que je vais faire pour continuer à les aider à payer le #loyer et la nourriture ? Et comment être sûre que je pourrai avoir mes papiers français, pour lesquels on m’a demandé de justifier d’un revenu de 650 euros mensuels ? »

    Pour certains étudiants, notamment ceux qui travaillent dans des grandes surfaces, l’arrêt de leur job n’était pas une option. Lucas, 22 ans, a accepté d’augmenter ses heures dans le magasin bio où il travaille. « Cela me permettra de me renflouer », concède-t-il. Solène, 21 ans, a, elle, essayé de faire valoir son #droit_de_retrait dans son magasin de Dourdan (Essonne). « On me l’a refusé, prétextant la mise en place de protections sanitaires. Sinon, c’était l’abandon de poste et je ne peux pas me le permettre, avec le prêt étudiant de 20 000 euros que je viens de contracter. » Solène se rend donc chaque jour au magasin, avec la peur de rapporter le virus chez elle et de contaminer ses proches. Désabusée, elle déplore : « Ce sont les plus précaires, les petits employés, qu’on envoie au front. »

    #confinement #Crous #dette #prêt_étudiant #premiers_de_corvée #premières_de_corvée

  • Chloroquine : pourquoi le passé de Didier Raoult joue contre lui | Mediapart
    https://www.mediapart.fr/journal/france/070420/chloroquine-pourquoi-le-passe-de-didier-raoult-joue-contre-lui?onglet=full

    La chloroquine sera (ou pas) la solution miracle au Covid-19. En attendant d’en avoir la confirmation (ou l’infirmation), Mediapart a voulu comprendre la défiance du monde médical et scientifique à l’égard de Didier Raoult, son principal promoteur. Nos recherches nous ont permis de découvrir des rapports et des témoins qui pointent des résultats scientifiques biaisés et des financements opaques.

    #Science #Conflits_intérêt #Pharmacie #Big_pharma

    • Il est impossible de savoir si le traitement à la chloroquine permettra un jour d’abattre le Covid-19 (relire ici notre enquête et là l’étude de la revue médicale indépendante Prescrire). Une chose est cependant sûre : le débat qui fait rage au sein de la communauté scientifique se cristallise autour de Didier Raoult, grand apôtre de ce traitement, qui se présente comme la victime de l’intelligentsia scientifique parisienne liée à l’industrie pharmaceutique.

      Il est vrai que rarement un professeur de médecine aura été aussi critiqué (lire ici l’enquête de notre partenaire Marsactu). Sauf que ces critiques ne viennent pas de nulle part, comme l’a découvert Mediapart en se plongeant dans le passé de l’infectiologue. Des résultats biaisés, des méthodes peu scrupuleuses et une opacité dans les financements des travaux nourrissent le dossier de ses contempteurs.

      Didier Raoult, en dépit d’une brillante carrière, s’est vu privé en janvier 2018 du label du CNRS et de l’Inserm, deux de ses établissements de tutelle. Mediapart a pu consulter les deux rapports scientifiques qui ont conduit à ce retrait. Instruits en janvier 2017, par le Haut Conseil de l’évaluation de la recherche et de l’enseignement supérieur (HCERES), autorité administrative indépendante, ils sont le fruit du travail d’une quinzaine de chercheurs européens venant notamment du University College de Londres (UCL), de l’Institut Bernhard Nocht de médecine tropicale de Hambourg ou de l’Institut Pasteur.

      Ces études dressent un bilan sans concession de l’Urmite, le fameux laboratoire de recherche de Didier Raoult sur les maladies infectieuses et tropicales (scindé depuis cet audit en deux unités, Mephi et Vitrome).

      Selon les évaluateurs, faute d’analyse épidémiologique, de vérifications et de recherches approfondies, le travail de certaines équipes de son unité n’apporte pas de « bénéfice scientifique ».

      Concernant la « qualité scientifique et la production » de l’unité Mephi (pour « Microbes, évolution, phylogénie et infection »), dédiée notamment à l’identification de nouvelles bactéries et virus, les évaluateurs regrettent que la priorité soit donnée au « volume de publications plutôt qu’à leur qualité ». Si l’unité du professeur Raoult a été à l’origine de plus de 2 000 publications entre 2011 et 2016, « seules 4 % d’entre elles l’étaient dans des revues de haut impact international », précisent-ils.

      Par ailleurs, le « manque d’expertise dans des domaines clefs » , en particulier « en épidémiologie » , entraîne des essais cliniques mal conduits et des études biostatistiques approximatives. En résumé, les découvertes ne donnent lieu à aucune recherche approfondie permettant de connaître par exemple les effets d’un virus sur le corps humain.

      Concernant « Microbiota », l’équipe de Didier Raoult, les scientifiques remarquent que l’approche qui consiste à découvrir systématiquement de nouvelles bactéries n’est pas suivie des analyses nécessaires. Selon eux, cette « compilation de nouvelles bactéries » – comme « on collectionne les timbres », persiflent les évaluateurs – donne certes lieu à un volume important de publications, mais sans plus d’avancées pour la connaissance scientifique et médicale.

      Ils considèrent, par ailleurs, que la création d’un journal New Microbes and new infections, « qui sert à publier des articles refusés par les autres revues, est quelque peu désespérée » . Ils relèvent que ce journal est juge et partie, puisque plusieurs chercheurs du laboratoire font partie du comité éditorial dirigé par le professeur Michel Drancourt, lui-même à la tête de l’unité de recherche Mephi et bras droit de Didier Raoult.

      Faut-il y voir un lien de cause à effet ? Lors de leur inspection, les scientifiques notent à plusieurs reprises l’isolement du laboratoire, tant au niveau national qu’international, et mentionnent l’« adversité » dont fait preuve son directeur.

      Selon la commission d’évaluation, cette opposition systématique du professeur à la communauté scientifique isole ses équipes des autres laboratoires et a pour conséquence une moindre qualité des recherches menées, ne permettant pas d’avoir un « bénéfice scientifique et épidémiologique ».

      Mêmes constats pour la seconde unité Vitrome (pour « Vecteurs-infections tropicales et méditerranéennes »), spécialisée dans la découverte de pathogènes émergents et de leurs vecteurs (comme les moustiques, les puces ou les tiques).

      Là encore, le nombre de publications ne semble pas être gage de qualité. Sur 1 153 articles parus entre 2011 et 2016, dont la moitié ont pour auteur Didier Raoult, seuls quatre peuvent être considérés comme « remarquables ». Quant au travail de recherche scientifique, la multiplication des découvertes de nouvelles formes microbiennes répond davantage à une logique « productiviste » que scientifique, « ne démontrant pas, par exemple, leur pathogénicité ».

      « La peur de le contredire peut conduire à biaiser les résultats »

      Mediapart a voulu confronter toutes ces assertions à des témoins de l’époque. Parmi eux, Paul, qui a travaillé comme ingénieur auprès de Didier Raoult jusqu’en 2016. Il témoigne sous la condition de l’anonymat (voir la Boîte noire de cet article) : « J’étais sur l’identification de nouvelles bactéries. Et trouver ainsi des bactéries, c’est du chiffre, puisqu’une nouvelle bactérie donne lieu à une nouvelle publication, qui garantit à la fois la notoriété du laboratoire et l’argent. »

      En effet, en vertu du Système d’interrogation, de gestion et d’analyse des publications scientifiques (Sigaps), chaque publication permet à un chercheur, un service ou une université de gagner des points, à partir desquels est calculée une rétribution.

      Avec un tel objectif d’articles à publier, fixé au préalable, cet ingénieur n’a pas « trouvé d’intérêt scientifique à ce travail », qu’il qualifie de « quantitatif, d’affichage et lucratif » .

      Le troisième rapport auquel nous avons eu accès date également de 2017. Il révèle, lui, des cas de harcèlements, déjà pointés par notre partenaire Marsactu (à lire ici), mais également de graves manquements aux règles de sécurité. Il est l’œuvre des représentants des CHSCT des quatre organismes et établissements de tutelle (université d’Aix-Marseille, CNRS, Inserm et Institut de recherche pour le développement), dépêchés sur place après un courrier signé par 12 membres du laboratoire, alertant sur les humiliations et les pressions subies.

      Selon ces représentants des CHSCT, le personnel du laboratoire « manipule des agents biologiques pathogènes dans des locaux non réglementaires » et sans encadrement suffisant. Certains techniciens et étudiants travaillent avec des produits chimiques, cancérigènes, mutagènes ou toxiques pour la reproduction sous des hottes aspirantes défectueuses. Autre critique : « La culture de cellules humaines ainsi que la manipulation de produits sanguins de statut sanitaire inconnu sont réalisées dans des laboratoires banalisés. »

      Outre ces mises en danger, plusieurs ingénieurs font part de menaces et de leur peur de représailles s’ils venaient à parler. « Certains se sentent comme des pions », à la merci du professeur Didier Raoult, qui peut décider du jour au lendemain de mettre fin à leur recherche.

      Face à la gravité de cette situation, le comité de visite décide d’autoriser des témoignages écrits (authentifiés), permettant ainsi de préserver davantage la confidentialité.

      Sur sept témoignages écrits reçus, deux révèlent et regrettent les résultats volontairement biaisés de leurs études. Un ingénieur fait ainsi part d’une « falsification de résultats d’expérience à la demande d’un chercheur » et un autre « met en cause la rigueur scientifique lors de l’obtention de certains résultats ».

      Mediapart a retrouvé d’autres témoins de telles dérives : plusieurs ingénieurs ou chercheurs nous ont fait part de faits similaires. Comme Mathieu, qui a préparé sa thèse de doctorat auprès du professeur Didier Raoult. Le problème, selon lui, est qu’« il n’admet pas la discussion » : « On fonctionne à l’envers. Il a une idée et on fait des manips pour prouver qu’il a raison. Avec la peur de le contredire, cela peut conduire à biaiser les résultats. Or, c’est bien le doute et la discussion qui permettent à la science d’avancer. »

      Il se rappelle la première réunion en présence du professeur. « C’était un mercredi après-midi, à l’occasion d’un “work in progress”. C’est le moment où les thésards présentent l’état de leur recherche. Nous avions cinq minutes pour présenter parfois trois à quatre mois de travail. C’est très court. Au moindre désaccord, Didier Raoult disait : “Vous n’êtes pas là pour penser, c’est moi qui pense.” »

      Mathieu n’est pas sorti indemne de ses quatre années passées à l’Urmite. En 2015, alors que le laboratoire lui propose de rester, il choisit de partir. « Je travaillais sur un sujet sur lequel Didier Raoult m’avait donné un angle de recherche et, au fil des tests, je constatais qu’il avait tort, puisqu’à chaque fois, mes tests étaient négatifs. On m’a demandé d’insister et j’ai passé près d’un an à les faire pour prouver qu’il avait raison. À la suite de plusieurs dizaines de répétitions, sans que ce soit complètement positif, un signal est allé dans le sens de Raoult. C’était approximatif, voire biaisé dans la démarche, et donc dans les résultats » , confesse-t-il. Malgré cela, son directeur de doctorat, proche collaborateur de Didier Raoult, lui annonce que son étude sera publiée.

      « Vu le faible niveau de cette étude et les problèmes qu’elle posait au vu de sa démarche scientifique pour le moins douteuse, on a passé un an à la présenter à des revues qui nous l’ont refusée en pointant du doigt le manque de rigueur scientifique et en particulier des expériences et des contrôles manquants » , déplore Mathieu.

      Adressés au professeur Didier Raoult, les courriers de refus, que Mediapart a pu consulter, font part des remarques suivantes : « les résultats ne sont pas suffisamment solides », « manque de connaissance » ou « les données sont pour la plupart descriptives » et ne permettent pas de démontrer l’hypothèse initiale de l’étude.

      Signée par le professeur Raoult, cette étude sera finalement publiée, dans Microbial Pathogenesis, un journal qui a pour membre du comité d’édition Didier Raoult.

      Angoissé par le comportement du professeur, qui « fracasse toute personne n’allant pas dans son sens et tient ainsi tout le monde par la peur », Mathieu a fait des cauchemars près de six mois après avoir quitté le laboratoire. « Je n’ai pas d’animosité mais de la crainte et de la méfiance », précise-t-il.

      Encore choqué d’avoir dû signer une publication aux résultats biaisés, ce chercheur regrette de n’avoir pu protester, sa #bourse dépendant de l’Institut. « Non seulement je dépendais de Raoult pour mes études mais j’avais aussi observé comment sa notoriété lui permettait à lui et ses proches de briser la #carrière de ceux qui le contestaient. »

      À l’inverse de Mathieu, Antoine, chercheur à l’Inserm, s’est opposé à Didier Raoult. En préambule de son témoignage, il tient à préciser qu’il ne veut pas prendre parti dans la polémique « regrettable sur la chloroquine » : « Que ce traitement soit bon ou pas, il aurait fallu prendre plus de précautions pour l’annoncer, aucun essai clinique ne permettant à ce jour de se prononcer sur son efficacité. »

      L’annonce précipitée du professeur sur ce médicament n’a guère étonné ce chercheur. « Il veut toujours être le premier et qu’on parle de lui. Ce qui l’amène à aller vite mais c’est parfois critiquable sur la rigueur de la méthode scientifique », explique-t-il.

      C’est lors de la découverte d’une nouvelle souche d’un virus qu’Antoine va « refuser de signer une publication, dans laquelle le professeur voulait donner une interprétation sur le mode de fonctionnement de ce virus » : « Or, nous n’avions pas suffisamment d’éléments de preuves pour aller aussi loin dans les interprétations. Le faire pouvait conduire à émettre des affirmations non démontrées scientifiquement. »

      Le chercheur quitte le laboratoire, estimant non seulement que le travail, trop descriptif faute de réflexion plus approfondie, y est peu satisfaisant d’un point de vue scientifique, mais surtout que « les méthodes sont discutables en termes de rigueur. Raoult disait souvent : “Quand je dis quelque chose, c’est que c’est vrai.” »

      En 2006, suspectés de fraude, le professeur Didier Raoult et son équipe ont été interdits de publication pendant un an par l’American Society for Microbiology dans toutes les revues éditées par cette société savante.

      « Cette question sur des résultats biaisés n’est pas propre au laboratoires de Didier Raoult mais ce n’est pas admissible que ce soit tu. C’est d’ailleurs bien cela qui est problématique : que des organismes comme le CNRS ou l’Inserm ne réagissent pas rapidement », soupire Dominique, professeure et ancienne directrice d’unité à l’Inserm, qui a alerté les deux établissements publics entre 2006 et 2009.

      « J’ai constaté, hélas, ce manque de déontologie. Il y a un peu plus de 10 ans, j’ai dirigé une commission de visite de l’Urmite, à la demande du CNRS », précise-t-elle, comme cela se fait régulièrement pour évaluer le travail d’un laboratoire de recherche.

      « Ce qui m’a marqué, raconte-t-elle, c’est l’obsession de Didier Raoult pour ses #publications. Quelques minutes avant que ne commence l’évaluation de son unité, c’est d’ailleurs la première chose qu’il m’a montrée sur son ordinateur, son facteur H. » Le #facteur_H est la mesure de la portée et de l’impact des publications cumulées d’un chercheur. « Je ne me suis pas laissé impressionner par ce genre de référence qui m’importe peu », s’amuse-t-elle.

      « Nous prenons toujours un temps pour rencontrer les équipes sans leur directeur, poursuit-elle. Son laboratoire accueille de nombreux étudiants étrangers. D’une part, nous avions pu constater des pressions exercées à leur encontre, étant plus précaires que le reste des chercheurs, explique-t-elle. Quelques-uns nous avaient également alertés sur des études dont les résultats étaient arrangés. »

      À l’issue de cette visite, le comité a rendu son rapport au CNRS et à l’Inserm, rapport « qui est resté lettre morte », regrette Dominique. « Je pense qu’à cette époque, la notoriété de Didier Raoult les a convaincus d’enterrer ces faits, ayant eux-mêmes intérêt à soutenir un laboratoire dont le directeur avait un tel facteur H », ironise-t-elle.

      En 2010, Didier Raoult reçoit même le Grand Prix Inserm 2010 pour l’ensemble de sa carrière. Et il faudra donc attendre 2018 pour que le CNRS et l’Inserm sanctionnent les dysfonctionnements de ce laboratoire.

      Nous avons soumis au professeur Didier Raoult plusieurs questions concernant les rapports d’évaluation scientifique instruits par le Hceres. C’est Yanis Roussel, doctorant et chargé de la communication du professeur, qui nous a répondu : « Concernant la partie scientifique, nos travaux sont évalués par un conseil scientifique. Nous pensons qu’en tant qu’experts extérieurs, ils sont les mieux placés pour relater la pertinence des travaux menés à l’IHU. »

      Notons que la présidente de ce conseil, la professeure Laurence Zitvogel, détenait jusqu’au 15 septembre 2019 (lire ici sa déclaration publique d’intérêts) 39 % de parts dans Everimmune, une des start-up qui travaillent avec la fondation et qui est dirigée par sa sœur, Valérie Zitvogel-Perez.

      La start-up Pocramé développe des tests avec le laboratoire de Didier Raoult pour des croisiéristes

      Reste cependant un point que la commission d’évaluation de 2017 n’a pu vérifier, ses demandes d’information étant restées sans réponse : le financement du laboratoire et des projets.

      Le professeur Raoult, qui se targue d’être indépendant, oublie de préciser que sa fondation a reçu, selon les données du ministère de la santé, 909 077 euros provenant de laboratoires pharmaceutiques depuis 2012. Outre 50 000 euros versés par Sanofi en 2015, l’institut Mérieux, membre fondateur de la fondation et membre de son conseil d’administration, a apporté plus de 700 000 euros au laboratoire.

      Sur le site EurosForDocs recensant les données du ministère de la santé sur les déclarations obligatoires de liens d’intérêts entre les professionnels de santé et les industries pharmaceutiques, aucune trace du professeur Didier Raoult. Seule sa fondation y est mentionnée.

      On peut y lire « convention », « dons de fonctionnement », parfois « rémunération ». Sans plus de précisions. Cette opacité est induite par le statut de « #fondation », choisi en 2010-2011, lors de la création des six instituts hospitaliers universitaires (IHU), parmi lesquels celui du professeur Raoult. Un statut retenu notamment pour faciliter la participation du privé.

      Ce statut spécifique a cependant montré ses limites en matière de gouvernance et de transparence. En 2016, à la suite d’un rapport de l’Inspection générale des affaires sociales (IGAS), les ministres de la santé et de la recherche annoncent que les futurs IHU ne bénéficieront plus de cette convention.

      Didier Raoult est néanmoins parvenu à conserver son statut si convoité de fondation, pour son IHU.

      À partir des déclarations publiques faites par la fondation de Didier Raoult et par les laboratoires sur transparence.gouv, le site dédié du ministère de la santé, Mediapart a donc tenté de comprendre quelles étaient la hauteur et la destination des financements des laboratoires pharmaceutiques au sein de la fondation. Tout n’est pas limpide.

      Première dissonance : concernant le laboratoire Mérieux : 715 077 euros de « dons de fonctionnement », de « convention », de « partenariat » sont déclarés. Nous avons demandé des précisions, notamment sur les « rémunérations » d’un montant de 165 000 euros.

      Producteur de tests de dépistage du Covid-19, Mérieux assure qu’« il n’y a eu aucune collaboration dans [ce] domaine » avec l’IHU.

      Le laboratoire explique qu’« en tant que cofondateur et dans le cadre d’une convention de partenariat », l’institut Mérieux « s’est engagé à des dons de 125 000 € par an, pour la période allant de 2012 à 2015, et de 25 000 € par an pour celle de 2016 à 2021. Il s’agit de dons et en aucun cas de rémunérations ».

      Tandis que c’est sa filiale, le laboratoire Mérieux, qui entre 2012 et 2014 a versé 165 000 € « pour mener, il y a quelques années une collaboration avec l’IHU dans le domaine de la tuberculose ».

      Ces versements étaient destinés, selon Mérieux, à prendre en charge « des frais de thèse d’un doctorant de la fondation principalement affecté aux activités de recherche d’un programme dirigé par le professeur Raoult sur la tuberculose ». Ni l’intitulé de la thèse, ni son auteur ne nous ont été communiqués.

      Vérification faite auprès de plusieurs doctorants, la bourse versée par l’IHU varie entre 1 000 et 1 400 euros par mois durant trois ans. En toute logique, dans le cadre de cette thèse sur la tuberculose, le doctorant aurait donc reçu entre 36 000 et 50 400 euros. Le reste, soit un minimum de 114 600 euros, aurait-il dès lors été alloué à des frais, sachant que Mérieux verse déjà 125 000 euros à la fondation pour le fonctionnement de son laboratoire ?

      Le laboratoire bioMérieux ne nous a pas apporté de réponse, se contentant de nous renvoyer vers Didier Raoult.

      Ce n’est cependant pas le professeur qui nous a répondu, mais la présidente de la fondation Méditerranée infection Yolande Obadia. Là encore, ni l’intitulé de la thèse de doctorat, ni le bénéficiaire de cette rémunération de 165 000 euros ne nous seront donnés : « [Nous sommes] tenus par une clause de confidentialité stricte sur l’ensemble des contrats que nous signons avec les industriels. »

      En revanche, le docteur Yolande Obadia nous précise que le laboratoire Mérieux participe à hauteur de 1,2 million d’euros au budget de la fondation Méditerranée infection, qui s’élève, au total, à 120 millions d’euros et est financé à 60 % par l’Agence nationale pour la recherche (ANR).

      Le docteur estime naturel, comme le prévoit les statuts de la fondation, que ce groupe pharmaceutique occupe un siège au sein du conseil d’administration, au même titre que les organismes publics, et juge que sa présence « en qualité de fondateur et dans la gouvernance de la fondation est une nécessité de l’IHU, dont l’objectif est d’avoir une vision stratégique globale de l’ensemble des acteurs intervenants dans le domaine de la recherche, du soin et des traitements des patients ».

      Ainsi que le rappelle le docteur Obadia, « le conseil d’administration est composé de 17 membres. Les cinq membres fondateurs, dont la fondation Mérieux, deux enseignants chercheurs et 10 personnalités qualifiées ». Parmi ces « 10 personnalités qualifiées » figure l’ancien ministre de la santé Philippe Douste-Blazy, qui a récemment pris position en faveur d’une utilisation massive de la chloroquine dans la lutte contre le coronavirus.

      Deuxième dissonance : le laboratoire Sanofi. Interrogé par Mediapart sur la nature des « rémunérations » à hauteur de 50 000 € versées à la fondation, Sanofi répond tout d’abord qu’il s’agit, d’un « partenariat de recherche », « lors de la mise en place de l’IHU Méditerranée » en 2015.

      Or, la mise en place de l’IHU date de janvier 2012 (à la suite de la convention signée avec l’ANR). Sur cette discordance et sur la destination des fonds, Sanofi se dispense de tout commentaire mais tient à ajouter que « ce partenariat n’a pas permis de mettre en place de nouvelles solutions thérapeutiques » : « Nous avons donc cessé la collaboration avec l’IHU Méditerranée en 2015. »

      Contacté par Mediapart, la fondation de Didier Raoult nous informe qu’il ne s’agit pas de « 50 000 euros mais de 150 000 euros ». Sans plus de commentaires ni d’explications concernant la déclaration officielle initiale de 50 000 euros faite sur le site du ministère de la santé.

      Troisième dissonance : nous n’en saurons pas beaucoup plus sur les 144 000 euros versés, en décembre 2017, par le laboratoire français Ceva, spécialisé dans la santé animale et numéro 5 mondial, qui travaille aujourd’hui sur le Covid-19. « Il s’agit de bourses doctorales financées par Ceva. Comme pour tout contrat signé avec un industriel, nous sommes évidemment tenus par une clause de confidentialité stricte », répond la présidente de la fondation, Yolande Obadia.

      Enfin, dans sa déclaration publique d’intérêt (DPI) publiée le 19 mars, le professeur Didier Raoult ne précise ni le montant de sa collaboration avec le laboratoire Hitachi, ni celui des actions qu’il détient dans huit #start-up.

      Ces sociétés bénéficient du savoir-faire scientifique et du matériel du laboratoire, et cèdent, en contrepartie, 5 % de leur capital à l’IHU. Parmi elles, Pocramé, cofondée par le docteur Pierre-Yves Levy, biologiste à l’IHU, et l’entrepreneur Éric Chevalier. Cette start-up conçoit et commercialise des bornes-laboratoires mobiles, dispositif qui permet de diagnostiquer, de manière rapide, une série d’infections dangereuses et contagieuses.

      Cette borne-laboratoire est d’ailleurs présentée sur le site de la fondation, parmi « les produits issus de l’IHU », pour « le diagnostic syndromique rapide et délocalisé des infections aiguës et leurs diagnostics différentiels ».

      Contacté par Mediapart, son directeur, Éric Chevalier, précise : « Le siège de l’entreprise est à Aubagne mais nous sommes hébergés par la fondation du professeur Didier Raoult. Nous travaillons avec ses équipes pour valider un test permettant de détecter rapidement le coronavirus actuel. Nous pensons pouvoir le proposer à nos clients, parmi lesquels la compagnie de croisière Ponant et l’armateur CMA-CGM, d’ici la fin du mois d’avril. »

      Interrogé sur le montant des actions qu’il détient dans Pocramé, le professeur Raoult, qui n’est pourtant pas avare de communication, comme le montre notamment cette chaîne officielle sur YouTube, n’a pas répondu.

      #communauté_scientifique

    • Didier Raoult inaugure son IHU Méditerranée Infection sur un mode défensif, 28/3/2018
      https://marsactu.fr/didier-raoult-inaugure-son-ihu-mediterranee-infection-sur-un-mode-defensif

      Un coup de vent, frais et violent, en guise d’inauguration. Une plaque dévoilée en deux-temps, trois mouvements, une visite au pas de course et un discours à l’emporte-pièce. Le professeur Didier Raoult inaugurait ce mardi, l’institut hospitalo-universitaire (IHU) Méditerranée Infection. Son IHU est “le plus grand investissement d’État jamais acquis pour un projet de recherche”, comme le définit son ami, le président (LR) de la Région, Renaud Muselier. Et pourtant le professeur Raoult est sur des charbons ardents. L’inauguration de ce projet à 160 millions d’euros se fait dans une inhabituelle discrétion.

      Source, un fil documenté de @OlivierByrne sur touiteur :
      L’Institut Hospitalo-Universitaire de Marseille - Petite histoire de l’IHU de Raoult sorti de terre en 2015 et inauguré le 27 Mars 2018. Un des 9 projets lauréats du Grand Emprunt lancé en 2009 par Nicolas Sarkozy.
      https://twitter.com/OlivierByrne/status/1308689295528595459

      #IHU #santé-publique

  • Vos #astérisques sont trop étroits pour nos vécus - Les mots sont importants (lmsi.net)
    http://lmsi.net/Vos-asterisques-sont-trop-etroits-pour-nos-vecus
    À propos du #racisme dans l’#enseignement_supérieur_et_la_recherche en France, et de son #déni

    par Collectif #LKJ
    5 mars 2020

    En région parisienne, #Parcoursup fait jouer à plein la #ségrégation territoriale qui oppose les banlieues populaires et leurs facs aux établissements parisiens - et avec elle, l’imaginaire raciste qui l’accompagne. Les facs peuvent pondérer les résultats d’un élève en lycée selon le lieu où ce dernier se trouve, et négocient de surcroît un quota de boursier.e auprès du rectorat. Sans surprise, la filière du droit à Assas, au cœur de Paris, ne recrute que 2% de boursier.es, quand la même filière à l’université de Paris 8 Saint Denis en recrute 16%. En filière éco-gestion, l’université de Villetaneuse accepte 21% de boursier.es, l’université Panthéon-Sorbonne seulement 7%. Et au-delà des universités, il reste les formations sélective - ancien et puissant mécanisme de reproduction des inégalités sociales. HEC, Sciences po, Polytechniques sont les établissements les moins divers socialement, et l’investissement moyen annuel par étudiant.es y est cinq à dix fois plus important que dans les universités, où il avoisine les 4 000 à 6 000 euros.

  • Defense stocks spike after airstrike against Iranian commander - The Washington Post
    https://www.washingtonpost.com/business/2020/01/03/defense-stocks-spike-following-airstrike-against-iranian-commander

    Major weapons builders saw their stock prices jump Friday after a U.S. airstrike killed a top Iranian military official near the Baghdad airport, drawing immediate threats of retaliation.

    With thousands of U.S. troops already headed to the region to bolster security there, defense analysts now predict the long-running U.S. military presence in Iraq ― and the billions of taxpayer dollars spent there every year on munitions and troop support ― is unlikely to be drawn down.

    U.S. defense contractors, which have benefited financially from the long-running wars in Iraq and Afghanistan, are among Wall Street’s few beneficiaries of heightened tensions in the Middle East, analysts said. Stock prices of most major defense manufacturers closed several points higher Friday even as climbing oil prices appeared to hurt major stock indexes .

    [...]

    The Pentagon has already announced that it is sending 3,500 additional troops to the Middle East and warned Americans to leave Iraq “immediately.”

    Stock analysts tracking the defense market said the escalated tensions could create more support for escalated levels of defense spending. The U.S. defense budget increased by about 16 percent in the first few years of Trump’s presidency before leveling off.

    [...]

    He said the event makes a further troop drawdown in the Middle East unlikely, as Iran and other “antagonists” pose a greater threat to U.S. installations across the region. The Defense Department’s spending from an account called Overseas Contingency Operations, which is used to fund active military operations, will probably remain at its current high as a result, he said.

    Jefferies Investment Bank analyst Sheila Kahyaoglu wrote in a note to investors that the threat of escalated conflict in the Middle East “points to the broad threat profile that supports elevated levels of spending.” She wrote that Lockheed Martin, Raytheon and General Dynamics could be the biggest beneficiaries because of their international #business.

    #etats-unis #armes #bourse

  • Main basse sur l’#eau | ARTE
    https://www.arte.tv/fr/videos/082810-000-A/main-basse-sur-l-eau

    Le prometteur marché de l’eau s’annonce comme le prochain casino mondial. Les géants de la finance se battent déjà pour s’emparer de ce nouvel « or bleu ». Enquête glaçante sur la prochaine bulle spéculative.

    Réchauffement climatique, pollution, pression démographique, extension des surfaces agricoles : partout dans le monde, la demande en eau explose et l’offre se raréfie. En 2050, une personne sur quatre vivra dans un pays affecté par des pénuries. Après l’or et le pétrole, l’"or bleu", ressource la plus convoitée de la planète, attise les appétits des géants de la #finance, qui parient sur sa valeur en hausse, source de #profits mirobolants. Aujourd’hui, des #banques et fonds de placements – Goldman Sachs, HSBC, UBS, Allianz, la Deutsche Bank ou la BNP – s’emploient à créer des #marchés porteurs dans ce secteur et à spéculer, avec, étrangement, l’appui d’ONG écologistes. Lesquelles achètent de l’eau « pour la restituer à la nature », voyant dans ce nouvel ordre libéral un moyen de protéger l’environnement.

    En Australie, continent le plus chaud de la planète, cette #marchandisation de l’eau a pourtant déjà acculé des fermiers à la faillite, au profit de l’#agriculture_industrielle, et la Californie imite ce modèle. Face à cette redoutable offensive, amorcée en Grande-Bretagne dès #Thatcher, la résistance citoyenne s’organise pour défendre le droit à l’eau pour tous et sanctuariser cette ressource vitale limitée, dont dépendront 10 milliards d’habitants sur Terre à l’horizon 2050.

    De l’Australie à l’Europe en passant par les États-Unis, cette investigation décrypte pour la première fois les menaces de la glaçante révolution en cours pour les populations et la planète. Nourri de témoignages de terrain, le film montre aussi le combat, à la fois politique, économique et environnemental, que se livrent les apôtres de la #financiarisation de l’eau douce et ceux, simples citoyens ou villes européennes, qui résistent à cette dérive, considérant son accès comme un droit universel, d’ailleurs reconnu par l’#ONU en 2010. Alors que la bataille de la #gratuité est déjà perdue, le cynisme des joueurs de ce nouveau #casino mondial, au sourire carnassier, fait frémir, l’un d’eux lâchant : « Ce n’est pas parce que l’eau est la vie qu’elle ne doit pas avoir un prix. »

  • Et si on supprimait la Bourse ?
    https://usbeketrica.com/article/et-si-on-supprimait-la-bourse

    Les traders vivraient une expérience proche de celle de Milgram : plus on déconnecte un humain des conséquences de ses actes, plus il ira loin dans la transgression des limites. Mais qui fixe les limites ? Si ce sont les drogués du jeu en personne, alors il n’y a plus de contre-pouvoir et la menace n’a plus rien d’une menace fantôme.

    #speculation #economie #bourse #trading #crowdfunding

  • Saudi #Aramco : itinéraire d’une entrée en #Bourse ratée - FRANCE 24
    https://www.france24.com/fr/20191119-saudi-aramco-entree-bourse-mbs-echec-annonce-explication-petrole

    Les efforts de Riyad afin de raviver la flamme des investisseurs étrangers pour l’introduction en Bourse de Saudi Aramco, notamment en promettant des retours sur investissement toujours plus conséquents, ont tous fait long feu. La semaine dernière encore, l’armada de banques internationales et des conseillers financiers engagés par l’Arabie saoudite n’a pas réussi à convaincre de potentiels investisseurs à miser gros sur Saudi Aramco, raconte le Financial Times.

    Surtout que depuis 2016, un autre sujet brûlant a pris de plus en plus d’ampleur : le réchauffement climatique. Les investissements dans les #énergies_fossiles n’ont plus la côte, ce qui ne joue pas en faveur de Saudi Aramco, le plus important exportateur de #pétrole au monde. La prise de conscience de la menace climatique a aussi donné un coup d’accélérateur au développement des voitures électriques, moins polluantes… et qui ne dépendent pas de l’or noir extrait en Arabie saoudite pour rouler.

    Les attaques contre les installations pétrolières sur le sol saoudien en septembre ont érodé encore un peu plus l’intérêt des investissements étrangers. Ces bombardements ont donné l’impression que Riyad était incapable de protéger correctement les joyaux de sa couronne pétrolière. L’envoi, en octobre, de troupes américaines supplémentaires en Arabie saoudite pour renforcer la protection du territoire a pu rassurer l’opinion internationale, mais il a aussi rappelé au régime à quel point il était dépendant de Washington pour sa sécurité. Impossible dans ces circonstances pour Mohammed ben Salmane “de proposer à la #Russie ou à la #Chine des investissements importants dans Saudi Aramco de peur de froisser son allié américain. Il y a pourtant eu des discussions en ce sens, mais elles n’ont pas abouti”, souligne Garen Markarian.

    #etats-unis

  • La précarité détruit nos vies

    Communiqué du syndicat Solidaires étudiant-e-s à propos du geste d’un étudiant membre du syndicat de Lyon, qui s’est immolé devant le Crous hier, ainsi que le message qu’il a laissé.
    L’université a réagi, pas encore le ministère, ni le Crous.

    Le message que l’étudiant a laissé :

    #France #immolation #bourse #bourses #suicide #précarité_financière #étudiant #Lyon #Université #CROUS

    • Lyon : un étudiant gravement blessé après s’être immolé devant le Crous

      L’étudiant de 22 ans n’avait pas fait part de ses « difficultés personnelles » à l’université Lyon 2 indique sa présidente, tandis que des syndicats dénoncent « la précarité » de « la vie des étudiant-e-s ».

      Vendredi après-midi, un étudiant de 22 ans originaire de Saint-Étienne a été grièvement brûlé à Lyon après s’être immolé en pleine rue devant un restaurant universitaire situé dans le 7e arrondissement. Le jeune homme, brûlé à 90%, se trouve actuellement « entre la vie et la mort » au Centre des brûlés de l’hôpital Edouard Herriot de Lyon, indiquent les syndicats. Prévenue du geste de son compagnon par un SMS, c’est la petite amie de la victime, étudiante à Lyon 2, qui avait alerté les services de secours.

      Une enquête a été ouverte pour déterminer les raisons de son geste, mais dans un long message publié sur Facebook et relayé ce samedi par le quotidien Le Progrès, l’étudiant avait évoqué ses difficultés financières et justifié son geste par des revendications politiques, accusant notamment « Macron, Hollande, Sarkozy et l’UE ». « Luttons contre la montée du fascisme, qui ne fait que nous diviser, et du libéralisme, qui créé des inégalités. [...] Mon dernier souhait, c’est aussi que mes camarades continuent de lutter pour en finir définitivement avec tout ça », a-t-il souligné dans ce texte.
      Un dispositif de soutien psychologique mis en place

      L’étudiant n’avait pas fait part de ses « difficultés personnelles » à l’université Lyon 2, a appris l’AFP samedi auprès de sa présidente Nathalie Dompnier, qui précise que le jeune homme ne percevait plus sa bourse car il « triplait » sa deuxième année de licence. « L’université lui exprime tout son soutien, ainsi qu’à sa famille, à ses proches et à tou.tes ses camarades », a écrit également la présidente dans un communiqué. Un dispositif de soutien psychologique a été mis en place avec les services d’urgence, tandis qu’une cellule d’écoute sera mise en place dès mardi sur le campus Porte des Alpes pour les étudiants et les équipes, ajoute-t-elle, en précisant qu’un numéro vert spécifique devrait aussi être mis en place la semaine prochaine.
      « La précarité s’étend » pour les syndicats étudiants

      Les fédérations syndicales étudiantes SUD-éducation et Solidaires ont pour leur part dénoncé dans un communiqué commun « la précarité » de « la vie des étudiant-e-s ». « Son acte ne saurait être réduit au seul désespoir, c’est aussi à portée politique. Dans son message, notre camarade décrit la précarité qu’il subit, conséquence des politiques libérales, et le racisme quotidien », pointe le syndicat, qui souligne que « la précarité s’étend » et « broie de plus en plus de vies, y compris la vie des étudiant-e-s ».

      La ministre de l’Enseignement supérieur Frédérique Vidal s’est rendue samedi matin à Lyon pour rencontrer la présidente de l’université et les équipes du CROUS pour leur faire « part de sa profonde émotion face à l’acte dramatique » du jeune homme, « auquel elle a adressé ses premières pensées », selon le ministère.

      https://www.liberation.fr/france/2019/11/10/lyon-un-etudiant-gravement-blesse-apres-s-etre-immole-devant-le-crous_176

    • L’étudiant de 22 ans n’avait pas fait part de ses « difficultés personnelles » à l’université Lyon 2 indique sa présidente

      Il n’avait pas demandé la charité... Marre de ces bureaux où il faut se battre pour ses droits. Ensuite les autorités prétendent en avoir quelque chose à battre, du non-recours, mais répètent à l’envi qu’il y a des primes au fait de faire des recours à l’amiable, des alertes, et que la machine peut arrêter de broyer quand on le demande avec beaucoup d’ardeur. Merde !

    • Mardi 12/11 Rassemblements en solidarité à l’étudiant de Lyon 2 qui s’est immolé vendredi 8/11

      Ci-joints les différents horaires et lieux de rassemblement en solidarité à l’étudiant de Lyon 2 qui s’est immolé vendredi 8/11 devant le CROUS de La madeleine à Lyon 2.

      Le SNESUP-FSU adresse tout son soutien à cet étudiant, et également aux proches et à la famille de cet étudiant.

      Il appelle, avec la FSU, à se rassembler pour lui témoigner notre solidarité et pour dénoncer la précarité étudiante grandissante.

      Toutes et tous les étudiants doivent pouvoir étudier dans des conditions dignes et décentes.

      Aix-en-Provence 13h – CROUS Aix-Marseille / Avignon, 31 avenue Jules Ferry

      Amiens (FSE Amiens) 10h – CROUS Amiens Picardie (25 rue St Leu)

      Angers 12h puis 18h – Restau U Belle Beille (3 Boulevard de Lavoisier)

      Angoulême 12h – Place New York

      Annecy 12h – Au campus d’Annecy, sur le parvis face au resto universitaire (adresse de l’antenne du CROUS) au 3 chemin de Bellevue à Annecy le Vieux

      Avignon 13h – Devant le nouveau batiment du campus Hannah Arendt

      Besançon 18h – devant le CROUS de Bourgogne-Franche-Comté (38 avenue de l’observatoire)

      Bordeaux 18h – CROUS, place du séminaire

      Boulogne-sur-mer 13h – devant l’antenne du Crous rue du Vivier.

      Caen 12h – RU A, Campus 1 de l’Université

      Clermont-Ferrand 18h – Résidence CROUS 25 Rue Etienne Dolet

      Dijon 19h – Place du Bareuzai

      Grenoble 18h – Bâtiment CROUS 351 Allée de Berlioz (St Martin d’Hères)

      Guyane 12h – Université de Guyane bâtiment E

      La Rochelle 13h – Parvis du campus

      Lille 13h – Siège du CROUS de Lille 74 rue de Cambrai

      Limoges 12h – campus Vanteaux devant le CROUS

      Lyon 10h – CROUS de la Madeleine

      Marseille 18h – Faculté des sciences d’Aix-Marseille (3 place Victor Hugo)

      Montpellier 14h – Crous de montpellier : 2 Rue Monteil, 34093 Montpellier

      Metz 13h30 – CROUS de Lorraine au Saulcy

      Nancy 12h – CROUS Resto U 16 cours Léopold

      Nantes 12h – devant le pôle étudiant du campus Tertre

      Niort 17h – CROUS de Niort 7 rue du Galuchet

      Orléans 18h – Devant l’entrée du Forum, coté Bouillon (antenne du CROUS sur la fac)

      Paris, Ile-de-France 18h – Siège du CROUS Port Royal

      Pau 12h30 – CLOUS, 7 rue Saint John Perse

      Perpignan (Jeunes Communistes 66) 13h30 – devant le CROUS de l’Université de Perpignan, 52 avenue Paul Alduy
      https://www.facebook.com/events/439076413424300

      Poitiers 12h30 – RU Rabelais, campus de Poitiers,

      Rennes 18h – Siège du CROUS Rennes-Bretagne, Place Hoche

      Rouen 13h – CROUS de Rouen Normandie

      Saint-Brieuc 18h – CROUS, 1 boulevard Waldeck-Rousseau

      Saint-Denis 16h30 – Départ groupé de Université Paris 8 – Local A079 vers CROUS Port Royal (Paris)

      Saint-Brieuc 18h- Restaurant Universitaire du CROUS

      Saint-Étienne 10h – devant le CROUS du campus Tréfilerie

      Strasbourg 12h – devant le Patio (campus central) puis siège du Crous 1 Quai du Maire Dietrich

      Toulouse 12h30 – Resto U du Mirail (info lutte université Mirail)
      14h – CROUS de Toulouse-Occitanie 58 rue de Taur
      (Sciences Po Toulouse en Lutte, UNLToulouse, Révolution Permanente Toulouse, La repolitique-Sciences Po Toulouse)

      Tours 18h – 5 rue du docteur bretonneau (résidence CROUS)

      https://www.snesup.fr/article/mardi-1211-rassemblements-en-solidarite-letudiant-de-lyon-2-qui-sest-immole-v

    • Anas, 22 ans, s’immole par le feu et nous regardons ailleurs

      C’est un gamin, mon fils, ou votre frère. Il s’appelle #Anas, un étudiant de 22 ans, venu de Saint-Étienne à Lyon, pour apprendre et avancer. C’est un jeune homme, désespéré autant que déterminé, qui, vendredi, a tenté de se tuer sur la place publique. Depuis, la presse détourne les yeux. Des rassemblements sont prévus ce mardi.

      https://blogs.mediapart.fr/david-dufresne/blog/111119/anas-22-ans-simmole-par-le-feu-et-nous-regardons-ailleurs
      Un article de @davduf

    • « J’arrivais en cours en larmes » : #précarité_étudiante, une vie sur le fil

      Des étudiants témoignent de leurs conditions de vie alors que plusieurs rassemblements ont lieu ce mardi en mémoire de ce jeune homme de 22 ans qui a tenté de s’immoler par le feu à Lyon pour dénoncer une précarité grandissante.

      Pendant sa première année d’études supérieures en archéologie et anthropologie, Laura est devenue familière des petits pains au fromage à quelques centimes du supermarché Lidl en face de sa fac. Ils lui servaient de déjeuner les jours où les 3 à 5 euros de la cafétéria, c’était déjà trop. La précarité étudiante, cette Lyonnaise âgée de 24 ans l’a donc bien connue.

      C’est ce qui l’a poussée à arrêter ses études, en début de licence 2. Et qui a conduit un jeune homme de 22 ans à tenter de s’immoler par le feu, le 8 novembre dernier, devant un restaurant universitaire à Lyon. Ce mardi, le syndicat Solidaires étudiant.e.s appelle à se rassembler devant tous les Crous de France, en soutien à cet étudiant aujourd’hui entre la vie et la mort, brûlé à 90 %. En 2017, selon l’Unef, 20 % des étudiants vivaient en dessous du seuil de pauvreté.

      Quand elle commence sa licence, à Lyon, Laura vit encore chez ses parents. Sa mère, auto-entrepreneuse, essaie de lancer son entreprise de traiteur, elle travaille très peu. Son père gagne « trop bien sa vie » pour que la jeune femme puisse être éligible à une bourse. Mais pas assez pour financer ses études, au-delà des frais d’inscriptions, très peu élevées, à l’université. Laura doit se débrouiller pour les transports et les repas.
      Manger du riz ou des pâtes instantanées

      Elle essaie de faire des petits boulots, « des extras dans des bars ou des restaurants ». Elle aurait pu demander une dispense d’assiduité, pour travailler davantage. « Mais j’étais déjà une élève plutôt moyenne, je ne voulais pas me mettre encore plus en difficulté en ratant des cours pour travailler », explique-t-elle. Elle préfère se priver un peu le midi, quand cela devient trop difficile. Mais surtout ne rien demander à ses parents qui « se sont toujours saignés » pour elle, son frère et sa sœur.

      Selon une étude menée par la Mutuelle générale de l’Education nationale (MGEN), 68 % des étudiants sautent des repas de temps à autre, comme Laura, et seulement 60 % disent « manger un peu de tout ». Pour ceux qui ne vivent plus chez leurs parents, cela se traduit souvent par du riz, des pommes de terre ou « des pâtes instantanées à 30 centimes », confie Margot, 26 ans, en 2ème année de thèse d’histoire de l’art contemporain.
      Compter même les dépenses de santé

      Jusqu’à son master 1, la jeune fille bénéficiait pourtant d’une bourse de 550 euros par mois -l’échelon le plus élevé. Mais une fois le loyer, l’électricité de son logement mal isolé, l’abonnement à Internet - indispensable aujourd’hui pour étudier - et les transports payés… il ne reste pas grand-chose pour vivre. Au quotidien, ce sont des petits arrangements permanents : pas de loisirs, ou alors que des activités gratuites, des vêtements d’occasion et de bons amis pas trop maladroits pour se faire couper les cheveux.

      Une vie sur le fil, qui ne permet aucun écart. « Les mois où il faut acheter des livres pour la fac sont compliqués », explique Margot. Ceux où sa vieille voiture tombe en panne encore plus. Mais impossible de s’en séparer : elle en a besoin pour se rendre à l’Ephad où elle fait des remplacements pour compléter son revenu. Même les soins de santé passent à la trappe : selon l’Insee, 13,5 % des étudiants ont déjà renoncé à aller chez le médecin pour des raisons financières. Margot, elle, n’a pas vu de gynécologue depuis quatre ans.
      Friser le burn-out

      Au bout de plusieurs années d’études à tout compter, mal s’alimenter, travailler sur les jours de pause… C’est le stress et l’épuisement qui l’emportent. Margot n’a pris que 6 jours de congé, l’été dernier, depuis le début de ses études il y a 7 ans. En 2ème année de master, elle a commencé à faire des ulcères à l’estomac à répétition.

      Pauline, étudiante boursière en master d’études de cinéma à Lyon a fait « une sorte de burn-out » pendant sa 3e année de licence. A ce moment-là, elle aussi cumulait un job de caissière à Franprix, 15 heures par semaine, et ses études. Une année difficile : « J’arrivais en cours en larmes, se souvient-elle. J’étais épuisée, je m’énervais tout le temps pour rien… Ça a bousillé mon année ». Ses résultats en ont pâti.

      http://www.leparisien.fr/societe/j-arrivais-en-cours-en-larmes-precarite-etudiante-une-vie-sur-le-fil-12-1

    • #Pierre_Ouzoulias interroge Gabriel Attal sur la précarité étiudiante - 13 novembre 2019

      On nous souffle dans l’oreillette que la Ministre serait dans l’Antarticque…

      Ce mercredi 13 novembre, Pierre Ouzoulias, lors de la séance de questions d’actualité au gouvernement, a interrogé Gabriel Attal (en l’absence de Frédérique Vidal) sur la précarité étudiante.

      Voir ci-dessous le texte de sa question ainsi que le lien vers la captation vidéo de la question.

      2019/11/13 - Question d’actualité au Gouvernement - Pierre Ouzoulias - « Précarité étudiante »

      « Plus d’un étudiant sur deux ne mange pas tous les jours à sa faim, près d’un étudiant sur deux a renoncé à se soigner par manque d’argent, il n’y a que 175 000 places en résidences étudiantes pour 700 000 étudiants boursiers et le loyer représente plus de 70 % du budget moyen des étudiants. Plus d’un étudiant sur deux est obligé de travailler pour étudier et subsister. Ils occupent les emplois les plus précaires, les plus harassants et les moins rémunérés. Ainsi, ils composent près de 60 % de la main-d’œuvre des plate-formes de prestations. À tout cela s’ajoutent des conditions d’enseignement indignes et un sous-encadrement pédagogique chronique.
      La grande majorité de la population estudiantine est en souffrance et l’aggravation de sa situation d’existence conduit à la désespérance, à des drames humains et à des gestes désespérés, comme celui d’Anas, qui sont autant de cris de détresse que vous ne pouvez ignorer.
      Les conséquences de ce mal être endémique sont catastrophiques pour notre pays. De moins en moins d’étudiants poursuivent un cursus complet, le nombre de doctorants baisse chaque année et la fuite des cerveaux est maintenant manifeste.
      À cette crise majeure, vous répondez par une baisse des moyens alloués à l’enseignement supérieur. La dépense par étudiant atteint aujourd’hui son plus bas niveau depuis 2008 et votre projet de loi de finances ne porte pas l’ambition politique d’arrêter cette chute.
      À la jeunesse qui souhaite s’investir dans la connaissance, la culture et les œuvres de la pensée, vous renvoyez le message détestable qu’elle ne serait qu’une charge, qu’un fardeau improductif qu’il vaudrait continûment alléger. »

      http://www.sauvonsluniversite.com/spip.php?article8543

    • Immolation d’un étudiant. La stratégie du chox, et les sinistres connards qui en sont responsables - affordance.info, 13 novembre 2019

      "Dans un monde normal la CPU, la conférence des présidents d’université, aurait suspendu l’ensemble de ses travaux, pour une semaine au moins, le temps de comprendre, le temps d’analyser, le temps de chercher ce qui fait qu’en France au 21ème siècle un étudiant décide de s’immoler par le feu devant un CROUS pour dénoncer la précarité et la misère de la jeunesse. La CPU aurait également pu déclarer un genre de minute de silence. Après tout, dans cette « communauté » qu’est l’université, si l’on n’est pas capable de fermer sa gueule et de se recueillir un instant pour cet étudiant là, alors quand le serons-nous ? Mais il n’y a pas eu de minute de silence. Un vieux président qui meurt (Chirac), minute de silence dans toutes les universités. Mais un étudiant qui s’immole par le feu au 21è siècle, et puis rien. "

      Un étudiant s’est donc immolé par le feu devant une université, devant un CROUS, dans un acte politique pour dénoncer explicitement la précarisation qui touche la jeunesse. En France. En 2019. Au 21ème siècle. Celui que l’on nous vantait encore au siècle précédent comme étant celui de « l’économie de la connaissance ». Cette jeunesse qui brûle.

      Cette immolation par le feu, cette image que je n’ai pas vue, elle ne me quitte pas depuis vendredi. Parce que cet étudiant aurait pu être l’un des miens. Il n’était ni plus fragile, ni moins bien entouré, ni plus précaire que la plupart des miens, que j’ai quitté ce matin, et que je vais retrouver demain. Pour leur dire quoi ?

      Dans un monde normal on aurait espéré que ce geste aboutisse au moins à une forme de trêve. Que nous cessions d’être collectivement d’immenses connards et connasses et que nous nous regroupions pour réfléchir. Pour prendre le temps. Pour laisser la douleur et la colère jaillir. Pour mettre des mots sur l’indicible. En France au 21ème siècle un étudiant de 22 ans s’est immolé par le feu parce qu’il était pauvre, précaire, et qu’il n’avait plus droit à aucune aide. Dans un monde normal on aurait espéré que ce geste aboutisse au moins à une forme de trêve. Comme à chaque basculement dans l’horreur. Comme à chaque effet de sidération qui saisit une société toute entière. Le mois de Novembre semble hélas propice à ce genre de sidération. Mais là, rien. Juste rien.

      La ministre Frédérique Vidal a fait une rapide visite au CROUS de Lyon, le vendredi du drame, pour « assurer la communauté universitaire de son soutien ». Ella a aussi exprimé son « soutien » à la famille de cet homme de 22 ans qui s’est immolé par le feu. Et elle s’est barrée. Au Groenland je crois. Ou en Antarctique, je ne sais plus. Pour un voyage bien sûr aussi légitime qu’important. Quand on est ministre de la recherche et de l’enseignement supérieur on ne va pas non plus trop modifier son agenda sous prétexte qu’un étudiant de 22 ans s’est immolé par le feu pour dénoncer la précarité dont tous les étudiants sont aujourd’hui victimes. Vous êtes une sinistre et cynique connasse madame la ministre Vidal.

      Sur Twitter, la ministre Frédérique Vidal a, depuis le Groenland ou l’antarctique, dénoncé « avec la plus grande fermeté » les actes de dégradation commis par les manifestants réunis devant le CROUS de Lyon en hommage à leur camarade toujours actuellement entre la vie et la mort. Car l’important quand un étudiant s’immole par le feu en France au 21ème siècle c’est de bien rappeler à ses camarades étudiants que l’important c’est l’ordre public et qu’il ne faut pas dégrader des biens matériels. Foutez-vous le feu si vous voulez, immolez-vous, mais ayez l’amabilité de bien nettoyer après et pensez à être à l’heure en amphi. Il faut noter que le fil Twitter de la ministre Vidal est parfaitement exempt du moindre Tweet sur un étudiant qui s’est immolé par le feu en France au 21ème siècle. Vous êtes une sinistre et cynique connasse madame la ministre Vidal.

      Dans un monde normal la CPU, la conférence des présidents d’université, aurait suspendu l’ensemble de ses travaux, pour une semaine au moins, le temps de comprendre, le temps d’analyser, le temps de chercher ce qui fait qu’en France au 21ème siècle un étudiant décide de s’immoler par le feu devant un CROUS pour dénoncer la précarité et la misère de la jeunesse. La CPU aurait également pu déclarer un genre de minute de silence. Après tout, dans cette « communauté » qu’est l’université, si l’on n’est pas capable de fermer sa gueule et de se recueillir un instant pour cet étudiant là, alors quand le serons-nous ? Mais il n’y a pas eu de minute de silence. Un vieux président qui meurt (Chirac), minute de silence dans toutes les universités. Mais un étudiant qui s’immole par le feu au 21è siècle, et puis rien. Il n’est pas mort me direz-vous. Bien sûr. Bien sûr. Dans ce monde qui est le notre et qui est tout sauf normal, la CPU a fait un communiqué qui est à lui seul une épure du laconisme le plus brut. Parlant de « tentative de suicide » pour ne surtout pas dire la vérité. Car oui en France chaque année un grand nombre d’étudiants font des tentatives de suicide. Mais ce mois de Novembre du 21ème siècle, en France, un étudiant s’est immolé par le feu. Les gens qui ont signé le communiqué de la CPU sont de sinistres connards.

      Dans un monde normal la présidence de l’université de Lyon aurait eu la décence de ne pas clore son « communiqué » sur l’immolation par le feu de l’un de ses étudiants par un dernier paragraphe « condamnant les blocages » après 6 autres paragraphes expliquant que ce n’est la faute de personne et surtout pas celle de l’université. Les gens de la présidence de l’université de Lyon qui ont signé ce communiqué sont de sinistres connards.

      Dans un monde normal nous serions tous à l’arrêt. Nous aurions arrêté de faire cours, nous aurions organisé des temps de parole avec nos étudiants. Certains collègues l’ont fait. Probablement. Je n’en sais rien. Moi je ne l’ai pas fait. Pas encore. J’ai eu cours hier et aujourd’hui et je n’ai rien fait. Je suis un sinistre connard. Je le ferai peut-être demain. Probablement même.

      http://www.sauvonsluniversite.fr/spip.php?article8542

    • "J’ai un euro par jour pour manger" : trois étudiants témoignent de leur grande précarité

      Plusieurs centaines d’étudiants ont manifesté en France mardi aux abords d’une quarantaine de Crous et d’universités contre la précarité étudiante. Certains ont raconté à franceinfo leur quotidien fragile.

      « La précarité tue. » Avec ce hashtag, des centaines d’étudiants ont réagi sur Twitter après l’immolation par le feu, vendredi, d’un de leurs camarades, devant le siège du Crous, à Lyon. Brûlé à 90% et entre la vie et la mort, cet étudiant en licence de sciences politiques voulait dénoncer la précarité dans laquelle vivent de nombreux jeunes. « Même quand j’avais 450 euros par mois, était-ce suffisant pour vivre ? », s’interrogeait le jeune homme, dans un message posté sur les réseaux sociaux pour expliquer son geste.

      L’université Lyon 2, où est inscrit le jeune homme, a été de nouveau fermée pour la journée, mercredi 13 novembre, après des blocages, menés dans toute la France pour protester contre la précarité. Trois étudiants racontent leurs difficultés à franceinfo.
      Sophie*, 26 ans, une thèse et deux emplois

      « Pour tenter de vivre dignement, je cumule deux emplois », explique Sophie*, 26 ans, étudiante en histoire de l’art à Pau (Pyrénées-Atlantiques). Comme la jeune femme ne souhaitait pas qu’on lui impose un sujet de recherche, elle a dû faire l’impasse d’un contrat de doctorante, qui aurait pu lui permettre de financer une partie de ses études. Elle ne bénéficie pas non plus de bourse. En 2016, 22,7% des étudiants interrogés déclaraient auprès de l’Observatoire national de la vie étudiante (OVE), avoir été confrontés « à d’importantes difficultés financières durant l’année ».

      Sophie, syndiquée depuis sept ans au sein de l’organisation Solidaires étudiant-e-s, à l’origine de l’appel national à manifester devant les Crous, travaille à la bibliothèque de son université et effectue des remplacements dans un établissement d’hébergement pour personnes âgées dépendantes (Ehpad). « Je peux faire jusqu’à 40 heures par semaine, en plus de mes travaux de recherche, mais c’est variable d’un mois à l’autre ». L’étudiante dit gagner entre 900 et 1 000 euros par mois. Difficile de demander de l’aide. Entre « honte » et « dignité », les étudiants veulent être ces « jeunes adultes responsables que la société attend d’eux », analyse Sophie.

      Avec 680 euros de frais fixe (loyer, électricité et téléphone), il lui reste souvent moins de 300 euros pour la nourriture, les livres et l’épargne, en prévision du second semestre. Sophie économise afin de pouvoir se consacrer pleinement à ses études à partir de janvier. « En général, les étudiants qui s’auto-financent tiennent six années », confie la jeune femme. « Moi, je ne tiendrai pas plus de quatre ans. Si j’arrête avant d’avoir rendu ma thèse, j’aurai perdu toutes ces années et développé des maladies chroniques pour rien. » A cause de son rythme de vie, la jeune femme souffre de fatigue et de troubles dépressifs chroniques. Selon l’Observatoire de la vie étudiante, environ 60% des étudiants interrogés en 2016 éprouvaient de la fatigue, autant souffraient de stress quand 45% évoquaient des troubles du sommeil et 32% parlaient de déprime.
      Ugo, 19 ans, un euro par jour pour manger

      « Je me suis fixé cette somme de 1 euro par jour pour manger, pour tenir le mois », explique Ugo, 19 ans, étudiant en deuxième année d’histoire et sociologie à Rennes (Ille-et-Vilaine). Boursier « échelon zéro bis », le plus bas de l’échelle des bourses, le jeune homme touche environ 100 euros par mois. Ses parents, qui ont aussi ses deux petites sœurs à charge, financent son appartement, car il n’est pas éligible pour une chambre au Centre régional des œuvres universitaires et scolaires, le Crous. Ugo gère le reste de ses frais fixes en alternant les pâtes, le riz et les pommes de terre. « Je compte toutes mes sorties », ajoute-t-il.

      Après avoir été livreur dans diverses enseignes, le jeune homme a trouvé un emploi fixe comme agent d’escale à la gare de Rennes. Près d’un étudiant sur deux (46%) travaille en dehors de ses études, selon l’OVE. Intérimaire, son nombre d’heures est variable et il gagne entre 600 et 900 euros par mois.

      J’ai peur de perdre mes aides, alors j’essaie de mettre un maximum de côté cette année, pour ensuite faire un master à Paris.Ugo, étudiantà franceinfo

      Pour pouvoir travailler, Ugo bénéficie d’une « dispense d’assiduité » qui lui permet de « rater » certains cours. En contrepartie, il ne bénéficie pas du contrôle continu et joue « son année » uniquement au moment des examens de fin de semestre. Une absence que toutes les facultés ne permettent pas.
      Karine*, 22 ans, endettée, a arrêté ses études

      « J’étais tellement stressée et dépressive que je n’arrivais plus à aller en cours », lâche Karine, 22 ans. Prise dans un engrenage entre petits boulots, soins psychologiques et cours de sociologie à la faculté de Poitiers (Vienne), la jeune femme a tout arrêté en fin de deuxième année, en 2018.

      Elle a grandi avec peu, sa mère touchant le revenu minimum d’insertion (RSA), mais l’étudiante bouclait difficilement les fins de mois avec 350 euros pour vivre. Karine cumule encore les dettes. Ses petits emplois lui faisaient manquer certains enseignements. « Quand vous êtes boursier, vous avez une obligation d’aller en cours, sinon le Crous vous demande de rembourser », explique la jeune femme qui, un an après, est toujours en litige avec l’organisme. Sollicité par franceinfo, le Crous n’a pas souhaité répondre.

      https://www.francetvinfo.fr/societe/education/j-ai-un-euro-par-jour-pour-manger-trois-etudiants-temoignent-de-leur-gr
      #alimentation

  • Rentrée universitaire : le gouvernement face au chantier des aides sociales aux étudiants, 31 août 2019
    https://www.lemonde.fr/campus/article/2019/08/31/rentree-universitaire-le-gouvernement-face-au-chantier-des-aides-sociales-au

    Le projet d’une « aide globale d’autonomie » sera examiné dans le cadre de la concertation sur le revenu universel d’activité. Beaucoup de questions restent à trancher.

    A quelques semaines du retour des étudiants sur les bancs des amphithéâtres, le gouvernement veut donner une tonalité sociale à la rentrée universitaire. Frédérique Vidal, ministre de l’enseignement supérieur, a annoncé le 20 août une revalorisation des bourses sur critères sociaux de + 1,1 %, soit une enveloppe de 46 millions d’euros. Un coup de pouce salué par les organisations étudiantes. Même s’il est jugé insuffisant, au regard de l’évolution du coût de la rentrée (+ 1,96 % d’après l’enquête de la FAGE) et de la vie étudiante (+ 2,83 % d’après l’UNEF).

    Mais, au-delà de cette annonce, c’est un chantier bien plus vaste qu’a décidé d’ouvrir le gouvernement cette année : celui de l’ensemble des aides destinées aux étudiants, dont les bourses ne sont qu’une partie. Elles représentent 2,1 des 5,7 milliards d’euros d’aides de l’Etat au titre de l’action sociale en faveur des étudiants, le reste allant pour une large part aux aides personnalisées au logement (APL).
    Les bourses étudiantes existeront-elles encore demain sous cette forme ? Une fusion avec les APL est-elle possible, alors que ces dernières, contrairement aux bourses, ne reposent pas sur le revenu de la famille mais sur celui de l’étudiant ? Un soutien financier universel – la revendication historique des syndicats étudiants – est-il envisageable ? Les questions techniques sont nombreuses. Et sensibles

    Une aide « universelle »

    L’une est désormais tranchée : la réflexion autour de cette refonte des aides propres aux étudiants va intervenir dans le cadre de la concertation autour du futur revenu universel d’activité (RUA), le projet de prestation unique regroupant les différents minimas sociaux lancé par Emmanuel Macron dans le cadre du « plan pauvreté ». Ouverte par le gouvernement en juin, celle-ci doit s’achever d’ici à la fin de l’année – avec un projet de loi promis à l’horizon 2020.

    Depuis son arrivée au ministère de l’enseignement supérieur, en 2017, Frédérique Vidal s’est à plusieurs reprises prononcée en faveur d’une « aide globale d’autonomie » pour les étudiants, sans en définir les contours – les premières années du quinquennat avaient été concentrées sur le rattachement des étudiants au régime général de sécurité sociale, avec la suppression des frais de 217 euros qu’ils versaient auparavant. Une ligne directrice est néanmoins avancée : celle de la simplification. « Il existe une multitude d’aides et de guichets, avec parfois un effet d’éviction, des étudiants qui n’ont pas recours à des aides qu’ils pourraient avoir, explique-t-on au ministère de l’enseignement supérieur. Il s’agit de rendre le système plus lisible et d’améliorer l’accès à ces aides. » Pour le reste, « rien n’est tranché », assure-t-on.

    Déjà, l’idée d’une aide véritablement « universelle » apparaît l’option la moins probable, s’inquiète-t-on du côté de l’UNEF, qui soutient ce projet. « On revendique une allocation d’autonomie pour tous, suffisante pour vivre, mais on voit que le revenu universel d’activité ne va pas dans ce sens », craint le syndicat étudiant de gauche.
    « La simplification est une très bonne chose, soutient Antoine Dulin, qui participe à la concertation sur le revenu universel dans le groupe dédié aux jeunes, au titre du Conseil d’orientation des politiques de jeunesse. Mais si on veut lutter contre la pauvreté des étudiants, il faut absolument revaloriser les bourses, qui ne suffisent pas à couvrir la vie étudiante. » Il y a « urgence », tonnent les syndicats étudiants d’une même voix, réclamant une augmentation des montants des bourses et du nombre d’étudiants qui y ont droit.

    « Sacrifice » pour les parents

    D’un côté, la situation des publics les plus défavorisés s’aggrave : « On le voit avec l’augmentation du nombre des Agoraé [des épiceries sociales et solidaires] que nous ouvrons [trois de plus en cette rentrée], pour les étudiants qui ont moins de 7,60 euros de reste à vivre par jour », résume Orlane François, présidente de la FAGE. Un sentiment partagé chez les chefs d’établissements. En BTS, formation qui compte la plus grande part de boursiers dans le supérieur, « il y a de plus en plus de jeunes qui doivent prendre un petit boulot à côté, décrit Philippe Vincent, du syndicat des personnels de direction (SNPDEN). On le voit avec la montée de l’absentéisme. »

    « Les conditions matérielles sont souvent éludées, alors qu’il s’agit d’une question importante dans les études supérieures, devenues quasi-obligatoires pour de nombreux jeunes, avec la montée de la part de bacheliers dans une génération, le poids du diplôme ou encore le chômage, souligne le sociologue Mathias Millet. Or, les difficultés financières altèrent significativement la réussite. »

    « Même les classes moyennes ont de plus en plus de mal à joindre les deux bouts pour les études de leurs enfants », estime Franck Loureiro, secrétaire général adjoint du SGEN-CFDT

    Les 712 000 boursiers sur critères sociaux (sur 2,6 millions d’étudiants) vont des classes populaires aux classes moyennes modestes, avec des bourses qui s’échelonnent de 1 020 euros à 5 612 euros sur dix mois. Actuellement, le plafond du revenu brut global donnant droit à une bourse, pour une famille avec un seul enfant, en étude près de chez lui, s’élève à 33 100 euros. Soit environ 2,4 fois le smic, résume Olivier Bardon, sous-directeur de la vie étudiante au centre national des œuvres universitaires et scolaires (Cnous).

    Il rappelle que la dernière forte progression du nombre de boursiers date de 2008, avec la réforme de Valérie Pécresse, qui a notamment élargi les barèmes en direction des classes moyennes, suivie sous le quinquennat Hollande d’une réforme donnant droit à une aide financière aux boursiers qui n’étaient jusque-là, qu’exonérés des droits d’inscription et des frais de sécurité sociale. Les points de charges, dépendant du nombre d’enfants qui étudient et de la distance entre le domicile et la formation, poussent actuellement le plafond pour accéder à une bourse à 95 600 euros.

    « Même les classes moyennes ont de plus en plus de mal à joindre les deux bouts pour les études de leurs enfants, estime Franck Loureiro, secrétaire général adjoint du syndicat des personnels du supérieur SGEN-CFDT. Elles doivent se saigner à blanc sur le quotidien, ce qui crée un fort sentiment d’injustice. »

    Victor, 22 ans, reconnaît que ses études représentent un « sacrifice » pour ses parents, « qui [l’]ont toujours soutenu », alors que son frère jumeau est également à la fac, ainsi que sa petite sœur depuis l’an dernier. Cet étudiant, qui fait sa rentrée en master 2 au Mans, touche une bourse de l’échelon 1 (l’un des plus faibles) de 160 euros par mois. Il a travaillé jusqu’ici tous les étés, et pendant l’année lors des petites vacances. « Mais sans la bourse, je n’aurais pas pu tenir, détaille-t-il. Il aurait fallu faire un emprunt. »

    Qui sont les boursiers du supérieur
    712 000 boursiers sur critères sociaux en 2018-2019
    Leur nombre a fortement augmenté durant la dernière décennie, avec la progression démographique, mais aussi plusieurs réformes, principalement celle de 2008, qui a élargi l’accès aux bourses. Ils étaient 528 000 en 2008.

    37 % C’est la part d’étudiants boursiers dans les formations ouvrant droit à une bourse du ministère de l’enseignement supérieur, d’après une note statistique ministérielle publiée en janvier. Ils se trouvent en premier lieu en sections de technicien supérieur (55 %), en IUT (44,4 %) et à l’université (39,2 %). Viennent ensuite les classes préparatoires (28,9 %) et les écoles de commerce (13,5 %).

    #étudiants #bourses #revenu

  • Des années après, l’ombre du #cancer plane sur le 11 septembre
    https://www.rtbf.be/tendance/bien-etre/sante/detail_des-annees-apres-l-ombre-du-cancer-plane-sur-le-11-septembre?id=10310690

    En attendant de connaître toutes les conséquences pour la #santé de la tragédie, Jaquelin Febrillet et Richard Fahrer [deux malades] déplorent que la ville de New York n’en ait pas fait plus, après les attentats, pour protéger les résidents du quartier.

    « Il y aurait pu y avoir plus d’efforts pour limiter l’exposition des adultes sains et les empêcher d’entrer dans la zone de la catastrophe », dit M. Fahrer.

    La priorité était que « la ville revienne à la normale, la #Bourse de New York a rouvert au bout de quelques jours » mais « on ne nous a jamais dit que quelque chose pouvait arriver », regrette Mme Febrillet.

    #capitalisme #états-unis