• How a Brazilian prison gang became an international criminal leviathan
    https://www.theguardian.com/world/2023/nov/11/pcc-brazil-drug-trade-gang

    But over the past five years, investigators say the PCC – which the US now calls one of the world’s most powerful organized crime groups – has morphed into an even more formidable force after forging lucrative alliances with partners ranging from Bolivian cocaine producers to Italian mafiosi. Today, the group boasts tens of thousands of members and has a growing portfolio of interests, including illegal goldmines in the Amazon. It controls one of South America’s most important trafficking routes – linking Bolivia and Brazil to Europe and Africa – and is partly responsible for a tsunami of cocaine that has brought car bombings, assassinations and gunfights to parts of Europe.

    “If someone is using cocaine in France, England or Spain there’s a very good chance it got there through the hands of the PCC,” said Lincoln Gakiya, a prosecutor from São Paulo’s organized crime taskforce, Gaeco, who estimates the group now makes $1bn a year – almost entirely from international trafficking.

    [...]

    “They start in this nightmarish situation and they gather up enough power to subdue all rivals. They become a kind of a leviathan and they take over and then they put in place a kind of social order, a peace, that makes everybody better off.

    “Of course, some people don’t like it,” Lessing added. “But for the average prisoner they are happy to be governed, just like the average citizen is happy that there is a state.”

    #Brazil #Brésil

  • Rencontre autour de la "typothèque Bye Bye Binary

    Lundi 13 novembre, nous recevrons des membres du projet #ByeByeBinary (https://genderfluid.space) pour découvrir leur typothèque proposant des fontes inclusif·ves.

    Comme à chaque fois, la rencontre sera précédée d’un moment informel durant lequel nous vous invitons à découvrir des alternatives numériques éthiques aux services proposés par les GAFAMs/BigTech.

    Informations pratiques : https://agenda.collectifs.net/events/651b34f9-c84b-4aa1-a8c2-659daf4192df

    #ecriture #inclusivite #simplicite #belgique #bruxelles

  • Déforestation au Brésil : quatre banques françaises visées par une plainte pour blanchiment
    https://disclose.ngo/fr/article/deforestation-au-bresil-quatre-banques-francaises-visees-par-une-plainte-p

    BNP Paribas, Crédit Agricole, le groupe BPCE et Axa sont accusés d’avoir tiré profit de la déforestation illégale en Amazonie, en finançant l’industrie brésilienne du bœuf. L’ONG Sherpa, qui s’appuie notamment sur les révélations de Disclose, vient de déposer plainte au Parquet national financier pour blanchiment et recel de délits environnementaux. Lire l’article

  • [CultureWildStation] Culturewildstation Show
    https://www.radiopanik.org/emissions/culture-wild-station/culturewildstation-show-5

    CULTUREWILDSTATION IS A HIP HOP RADIO SHOW HOSTED & MIXED BY DJ SCHAME!!!! STRICTLY WORLDWIDE UNDERGROUND BOOMBAP RAP SOUNDS!!! STRICTLY THE FINEST NEW EXCLUSIVE SHIT!!! EVERY WEDNESDAY @ RADIO PANIK 105.4FM AND STREAMING @ WWW.RADIOPANIK.ORG 10PM UNTIL 12PM #BRUSSELS 04PM UNTIL 06PM #NEWYORK 03PM UNTIL 05PM #CHICAGO

    NEW YOU CAN CHECK THE PREVIOUS EPISODES ON YOUTUBE : https://www.youtube.com/channel/UC8qKplmwkhEpjSdLMf6fX6w

    AND MANY MORE PLATFORMS https://podcasters.spotify.com/pod/show/4dadjsradio

    https://www.radiopanik.org/media/sounds/culture-wild-station/culturewildstation-show-5_16761__1.mp3

  • Rotta balcanica, Piantedosi lancia le brigate antimigranti

    A margine del trilaterale a Trieste il 2 novembre scorso, il ministro snocciola i numeri dei respingimenti dopo la sospensione di Schengen. E annuncia: quando i controlli alle frontiere finiranno, il governo vuole istituire “brigate miste” (di polizia). Dove? Con chi? E con quale mandato?

    Nell’edizione del 20 ottobre dell’Unità avevo esaminato la misura di ripristino dei controlli alle frontiere interne deciso dall’Italia al confine italo-sloveno mettendo in rilievo come tale decisione fosse in contrasto con quanto disposto dal Codice Schengen. Su questo il Codice prevede la possibilità di un temporaneo ripristino dei controlli alle frontiere interne solo come extrema ratio in caso di minaccia all’ordine pubblico e che “la migrazione e l’attraversamento delle frontiere esterne di un gran numero di cittadini di paesi terzi non dovrebbero in sé essere considerate una minaccia per l’ordine pubblico o la sicurezza interna” (Codice Schengen, considerando 26). Ben presto le dichiarazioni del Governo italiano hanno reso evidente come dietro questo ripristino, inutile e quanto mai problematico per la vita sociale ed economica del Friuli Venezia Giulia, ci sia una sola finalità ovvero quella di ostacolare l’ingresso nell’Unione Europea, ad iniziare dal confine esterno tra la Croazia e la Bosnia, a coloro che sono in cerca di protezione e che, per il diritto dell’Unione, hanno invece diritto, alle frontiere e nel territorio degli Stati dell’Unione, di chiedere asilo (Direttiva 2013/32/UE art. 3) e gli Stati hanno il dovere assoluto di non respingerli.

    Le affermazioni rese dal ministro Piantedosi nella conferenza stampa tenutasi a Trieste il 2 novembre 2023, a conclusione dell’incontro trilaterale con gli omologhi sloveno e croato, sono state tanto esplicite quanto sconcertanti. Il ministro ha reso noto che nei primi dieci giorni di vigenza dei controlli alla frontiera sono stati effettuati 220 respingimenti. Non sono state fornite ulteriori informazioni, né il ministro, come ha fatto invece in passato, ha rivendicato la possibilità che vengano respinti o riammessi informalmente anche coloro che al confine italiano chiedono asilo. Sulla radicale illegittimità delle riammissioni informali attuate dall’Italia verso la Slovenia nei confronti di richiedenti asilo si era già espresso con estrema chiarezza il Tribunale ordinario di Roma con due distinte ordinanze, nel gennaio 2021 e nel maggio 2023. Non sappiamo se i dati forniti da Piantedosi riguardino cittadini stranieri che sono stati illegittimamente respinti dopo che è stato loro impedito di chiedere asilo in Italia e se, come impone la normativa a tutti coloro che sono fermati venga “assicurata l’informazione sulla procedura di protezione internazionale” (T.U. Immigrazione art. 10.3).

    Infine non sappiamo se nei confronti degli stranieri respinti sia stato emesso un provvedimento amministrativo scritto e motivato in fatto e in diritto, notificato al soggetto interessato e impugnabile innanzi all’autorità giudiziaria, o se di tali provvedimenti non c’è traccia. Neppure sappiamo se tali respingimenti sono stati realmente tali o se si è trattato di operazioni di impedimento all’ingresso in Italia attuati in territorio sloveno con la collaborazione della polizia italiana. Sono questioni dirimenti sulle quali il ministro dovrà fornire al più presto le necessarie informazioni. Lo stesso Piantedosi ha altresì annunciato che, non appena i controlli alle frontiere cesseranno (al momento sono prorogati fino al 20 novembre), è intenzione del Governo prevedere l’istituzione di “brigate miste” (di polizia) da “rendere stabili nel tempo”. Il termine utilizzato – brigate – è già piuttosto militaresco, ma, soprattutto, tali brigate miste come sarebbero composte, con quale mandato e con quali garanzie opererebbero al di fuori del territorio italiano? Anche sul confine sloveno-croato e su quello croato-bosniaco?

    Un’espressione in particolare, tra quelle usate da Piantedosi, risulta inquietante: il ministro ha affermato che le operazioni di respingimento finora attuate vanno considerate solo come i “primi segnali di una filiera della deterrenza da proseguire con i colleghi”. Il termine deterrenza è sempre associato a una funzione intimidatrice (nel diritto penale ci si è sempre interrogati se la minaccia della sanzione funga o meno da deterrenza). Nel linguaggio politico la deterrenza è rivolta verso un nemico ovvero verso colui che rappresenta un grave pericolo e nei cui confronti, all’occorrenza, si può usare violenza. A chi è diretta la funzione di deterrenza cui si riferisce Piantedosi? Agli stranieri che sono in fuga dai loro paesi affinché non lo facciano? A chi intende chiedere asilo affinché comprenda con metodi convincenti che ciò è inutile? Le parole usate dal ministro sono gravi perché le normative internazionali ed europee e il diritto interno dispongono che l’operato della polizia di frontiera non sia finalizzato ad attuare alcuna deterrenza bensì sia esclusivamente rivolto all’esecuzione di legittimi compiti di controllo dell’attraversamento dei confini; le guardie di frontiera sono tenute infatti ad operare nello stretto ambito delle funzioni attribuite loro dalla legge, e nei confronti di chi viene controllato “devono essere garantiti i diritti fondamentali sanciti nella Convenzione europea sui diritti dell’uomo e nella Carta sui diritti fondamentali dell’Unione europea. I controlli di frontiera devono rispettare pienamente i divieti di infliggere trattamenti inumani o degradanti e di agire in maniera discriminatoria” (Manuale per le guardie di frontiera a cura della Commissione Europea 6.11.2006 punto 1.2).

    Inoltre “a tutti i cittadini di paese terzo che lo desiderano deve essere data la possibilità di chiedere asilo/protezione internazionale alla frontiera (anche nelle zone di transito aeroportuali e portuali). A tal fine, le autorità di frontiera devono informare i richiedenti, in una lingua che possa essere da loro sufficientemente compresa, delle procedure da seguire” (Manuale punto 10.2). La rotta balcanica e i confini tra i diversi Stati, da sempre, ma in particolare dal 2018, sono segnati da inenarrabili violenze, illegalità e soprusi condotti dalle polizie dei diversi Stati coinvolti (a volte si tratta di uomini in divisa, altre volte mascherati, ma comunque operanti sempre all’interno di un preciso mandato). I rapporti su queste violenze sono scioccanti e sono così numerosi da riempire un’intera biblioteca; si tratta di violenze ed illegalità avvenute sia ai confini interni dell’Unione Europea che ai confini esterni della stessa. Una situazione che rappresenta, insieme alle violenze attuate sul confine polacco-bielorusso, una delle pagine più oscure dell’Europa. Uno dei luoghi caratterizzati da maggiori violenze è il confine della Croazia con la Bosnia dove i respingimenti arbitrari, uniti ad efferate violenze non sono mai cessati. Secondo il rapporto Trattati come animali – Respingimenti di persone in cerca di protezione dalla Croazia in Bosnia Erzegovina, edito nel maggio 2023 a cura di Human Rights Watch (H.C.R.) una delle più autorevoli organizzazioni di tutela dei diritti umani a livello internazionale, i respingimenti illegittimi e le violenze, anche efferate, da parte della polizia croata, solo nel 2022, hanno riguardato quasi 30.000 persone, e sono proseguiti nel 2023.

    Il Rapporto evidenzia che “Le forze di polizia conducono spesso i respingimenti in modo violento, rendendosi responsabili di lesioni fisiche e umiliazioni deliberate”. Inoltre “secondo la maggior parte delle testimonianze raccolte da HRW, i poliziotti croati indossano le uniformi, guidano mezzi della polizia e si identificano come agenti per non lasciare alcun dubbio sull’ufficialità del loro ruolo”. Si tratta dunque di una pratica di esplicita deterrenza condotta verso persone inermi che stanno esclusivamente tentando di esercitare il loro diritto a chiedere asilo. “Molti bambini hanno dovuto assistere mentre i loro padri, fratelli maggiori o parenti venivano picchiati, o manganellati o presi a spintoni”, prosegue il Rapporto. La Slovenia non sfugge alla censura operata dalla citata organizzazione internazionale giacché il Rapporto osserva come “in base all’accordo di riammissione tra Slovenia e Croazia, la polizia slovena invia sommariamente i migranti irregolari che sono entrati nel paese passando dalla Croazia, indipendentemente dal fatto che abbiano chiesto asilo in Slovenia. A loro volta le autorità croate generalmente si affrettano a trasferirli in Bosnia o Serbia”.

    Al drammatico Rapporto di H.R.W. si aggiungono i dati diffusi dal Centro per la Pace di Zagabria che da anni svolge un attento lavoro di monitoraggio della situazione del rispetto della legalità in Croazia, secondo cui nel solo mese di luglio 2023 sono stati respinti illegalmente dalla Croazia alla Bosnia 673 persone, tra cui 43 bambini. 369 di essi erano afgani, con tutta evidenza rifugiati. Il 95% delle persone respinte ha subito trattamenti inumani e degradanti tassativamente proibiti dall’art. 3 della CEDU (Convenzione Europea dei diritti dell’Uomo) mentre l’81% ha subito il furto dei propri averi e la distruzione delle proprie cose. E’ in questi cupi contesti che il ministro Piantedosi vorrebbe organizzare le “brigate”? Vuole forse trascinare la polizia italiana in inaccettabili contesti di violenza di cui essere spettatore inerme oppure complice? Confida nella collaborazione della piccola Slovenia, paese cuscinetto, nel realizzare una più respingimenti a catena? Un monitoraggio su quanto rischia di accadere al nostro tormentato confine orientale, da parte di enti di tutela ed organizzazioni internazionali, nonché da parte del Parlamento, è divenuto indispensabile ed urgente.

    https://www.unita.it/2023/11/07/rotta-balcanica-piantedosi-lancia-le-brigate-antimigranti
    #Balkans #route_des_Balkans #asile #migrations #réfugiés #Piantedosi #brigades_mixtes #contrôles_frontaliers #refoulements #push-backs #Slovénie #frontière_sud-alpine #contrôles_systématiques_aux_frontières #chiffres #statistiques #patrouilles_mixtes #dissuasion

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    ajouté au fil de discussion sur la réintroduction des contrôles systématiques à la frontière entre Italie et Slovénie :
    https://seenthis.net/messages/1021994

    et à la métaliste sur les patrouilles mixtes :
    https://seenthis.net/messages/910352

  • Paysans, artisans : ils se battent pour une activité qui respecte les #sans-papiers

    En France, l’association #A4 aide des personnes migrantes à être régularisées en les accompagnant vers une activité agricole ou artisanale. Une démarche à rebours de l’immigration utilitariste prônée par le gouvernement.

    « Le but n’est pas de forcer l’installation, seulement d’ouvrir des portes », explique Habib, membre fondateur et salarié de l’#association_d’accueil_en_agriculture_et_artisanat (A4). Depuis 2022, l’organisation aide les personnes migrantes à être régularisées en les accompagnant dans le développement d’une activité agricole ou artisanale décente. Le tout, en préservant les #terres_agricoles au profit de la #paysannerie. Du 9 au 14 octobre, ses membres étaient réunis à La Demeurée, un lieu de création à Saint-Contest près de Caen (Calvados), pour faire le point sur une année et demie d’activité intense.

    L’association gère depuis mai 2023 une ancienne serre industrielle de 3 000 mètres carrés à Lannion (Côtes-d’Armor), mise à disposition par un agriculteur retraité. Omar [], originaire du Soudan, Marie [], Congolaise, et Uma Marka [*], venue d’Amérique du Sud, ont pu y lancer des expérimentations pour la culture de plantes exotiques et tropicales : cacahuètes, gingembre, pastèques, melons, ananas, dattes, etc. Mais l’avenir de cette ferme reste incertain, alors qu’un nouveau PLU est prévu pour 2025.

    « Soit la mairie décide de rendre la parcelle constructible et les serres seront détruites ; soit la parcelle reste agricole et d’autres perspectives peuvent s’ouvrir pour ce lieu », explique Marie. Pour éviter l’artificialisation de ces terres, l’association travaille sur d’autres projets : un #fournil_mobile pour vendre du pain et organiser des ateliers sur le levain, un atelier de #réparation_de_vélos, un lieu de rencontre pour les associations et collectifs locaux. Reste à savoir si cela suffira à faire pencher la balance. « C’est le même problème dans toute la #Bretagne : les terres se vendent à des prix affolants », soupire Tarik, membre fondateur d’A4.

    Outre Lannion, d’autres lieux ont été prospectés dans le #Limousin, en région Provence-Alpes-Côte-d’Azur, dans les départements de l’#Isère et de la #Drôme et à #Saint-Affrique, dans l’Aveyron. Un sixième « voyage-enquête » est prévu en Ariège en 2024. L’objectif est de « faire émerger un réseau de fermes et d’artisans complices » qui pourraient accueillir et embaucher les exilés dans de bonnes conditions, explique Gaël Louesdon, membre du collectif #Reprise_de_terres, qui conseille A4 dans sa recherche de #foncier_agricole.

    Au-delà, ces voyages sont des moments de « découverte des luttes en milieu agricole », insiste Marie. Logique, alors que l’idée de l’association est née dans le cadre des rencontres Reprise de terres, au printemps 2021 sur la zad de Notre-Dame-des-Landes.

    Cette démarche s’inspire des premières enquêtes ouvrières des XIXᵉ et XXᵉ siècles, basées sur des questionnaires remplis par les ouvriers eux-mêmes. Ces dernières visaient à améliorer les conditions de travail en dénonçant le capitalisme, le productivisme et l’exploitation ouvrière. « Seuls les travailleurs connaissent leurs conditions. Et quand on mène une enquête sur ses conditions de vie, on les transforme », explique Paul, membre de l’association et du collectif d’enquêtes militantes Strike.

    En parallèle, l’association travaille sur un guide juridique à destination des personnes migrantes et des artisans et agricultures qui souhaitent les aider. Ce gros projet devait occuper une bonne partie de la réunion de l’association à Caen.

    Savoir-faire et aspirations

    L’objectif est double. D’une part, lutter contre l’#accaparement_des_terres agricoles par l’agro-industrie, qui mobilise « la violence mais aussi les outils juridiques et le droit existants », selon Gaël Louesdon. Mais aussi respecter les savoir-faire et les aspirations des personnes exilées, à l’heure où le gouvernement favorise une « optique utilitariste » de l’immigration, insiste Élise Costé, juriste spécialisée en droit des étrangers et salariée de l’antenne caennaise de l’association de solidarité pour tous les immigrés (Asti).

    De fait, dans le projet de loi asile et immigration, dont l’examen commence ce lundi 6 novembre au Sénat, l’exécutif veut permettre aux #travailleurs_sans-papiers présents sur le territoire depuis trois ans d’obtenir un titre de séjour « métiers en tension » valide un an — une proposition rejetée avec vigueur par la droite et l’extrême droite.

    Cette dérive alimente, selon A4, des scandales d’embauche de travailleurs sans-papiers dans des conditions indignes. « Il faut casser la tentation de l’#agro-industrie d’exploiter des gens », plaide Tarik, qui évoque les entreprises bretonnes #Aviland et #Prestavic, respectivement poursuivies et condamnées pour traite d’êtres humains — en l’occurrence, de dizaines de travailleurs migrants sans-papiers.

    Pour toutes ses actions, l’association cultive l’#entraide et prône une organisation « d’égal à égal », sans distinction entre les aidants et les aidés. Parmi le noyau dur des dix membres les plus actifs d’A4, certains sont passés d’un statut à l’autre, comme Awad, garagiste à Paris devenu chauffeur pour les voyages-enquêtes, Amine, qui développe un projet d’agriculture et de vie en collectif avec des amis, ou encore Habib, soudeur spécialisé dans les fours à pain qui aspire à devenir écrivain. Une approche réparatrice pour des membres souvent éprouvés par leurs expériences passées. « Ça soigne les blessures, sourit Habib. Si ça continue comme ça, on peut changer le monde ! »

    https://reporterre.net/Paysans-artisans-ils-se-battent-pour-une-activite-qui-respecte-les-sans-
    #travail #régularisation #artisanat #agriculture #France #industrie_agro-alimentaire #conditions_de_travail

  • « J’entends parler du Sida ». Les traces musicales d’une pandémie.

    "La méconnaissance des causes et des modes de transmission de la maladie fait souffler un vent de panique et alimente la machine à fantasmes. Certains accusent les homos de transmettre délibérément le virus. Les malades sont traités comme des parias par ceux qui redoutent le simple contact avec un séropositif. Un réflexe d’ostracisation se met en place. En Allemagne, la CSU, le parti social chrétien de Bavière préconise l’enferment des malades. En France, Jean-Marie Le Pen propose une politique ségrégationnistes à l’encontre de ceux qu’il désigne comme des « sidaïques » à enfermer dans des « sidatoriums ». D’aucuns se persuadent que l’on peut être contaminé en touchant un malade, en buvant dans son verre, en étant piqué par un moustique ou en s’asseyant sur les lunettes des toilettes. En réalité, la transmission ne peut se faire que de la mère à l’enfant, par contact sexuel, par échange de seringues ou transfusion sanguine. "

    A lire : https://lhistgeobox.blogspot.com/2023/11/jentends-parler-du-sida-les-traces.html

    ou écouter : https://podcasters.spotify.com/pod/show/blottire/episodes/Jentends-parler-du-Sida-e248sed

  • Lecture d’un extrait du livre « L’échiquier » de Jean-Philippe Toussaint, paru aux Éditions de Minuit, en 2023.

    https://liminaire.fr/radio-marelle/article/l-echiquier-de-jean-philippe-toussaint

    Jean-Philippe Toussaint se déplace à travers les 64 courts chapitres de son livre comme sur les 64 cases de l’échiquier à la manière du Cavalier, sans suivre une ligne droite. L’occasion de se livrer, de confier son amour de la littérature et des événements qui ont décidé de sa vocation. L’auteur évoque son enfance, sa relation avec les échecs. Il déroule le fil de son passé par le biais de scènes (sa jeunesse à Bruxelles, ses amitiés adolescentes, les souvenirs de la maison familiale) en jouant avec l’espace-temps...

    (...) #Radio_Marelle, #Écriture, #Langage, #Roman, #Livre, #Lecture, #En_lisant_en_écrivant, #Podcast, #Mémoire, #Biographie, #Bruxelles, #Échecs, #Littérature (...)

    https://liminaire.fr/IMG/mp4/en_lisant_l_e_chiquier_jean-philippe_toussaint.mp4

    http://www.leseditionsdeminuit.fr/livre-L_Echiquier-3408-1-1-0-1.html

  • La ballade de Brigitte Fontaine
    https://www.radiofrance.fr/franceinter/podcasts/la-ballade/la-ballade-du-samedi-28-octobre-2023-3167387

    Vincent Josse a rencontré Brigitte Fontaine en 2013 dans sa "tanière", puis en studio, au moment où elle enregistrait son album « J’ai l’honneur d’être ». La ballade vous propose une nouvelle diffusion de cette rencontre exceptionnelle.

    #musique #chanson #Brigitte_Fontaine #écriture #poésie #radio #audio #France_Inter

  • «Trattenuti. Una radiografia del sistema detentivo per stranieri»
    https://www.meltingpot.org/2023/11/trattenuti-una-radiografia-del-sistema-detentivo-per-stranieri

    Un sistema inumano e costoso, inefficace e ingovernabile, che negli anni ha ottenuto un solo risultato evidente: divenire lo strumento per rimpatri accelerati dei cittadini tunisini, che nel periodo 2018-2021 rappresentano quasi il 50% delle persone in ingresso in un Centro di permanenza per il rimpatrio (CPR) e quasi il 70% dei rimpatri. Ma i migranti tunisini sono stati solo il 18% degli arrivi via mare nel 2018-2023. Quasi il 70% dei rimpatri dai CPR è di soli cittadini tunisini. Sono questi i tratti caratteristici del sistema dei CPR raccolti nel report “Trattenuti. Una radiografia del sistema detentivo per (...)

  • #Journal du #Regard : Octobre 2023
    https://liminaire.fr/journal/article/journal-du-regard-octobre-2023

    https://youtu.be/DDHqg053ubo

    Chaque mois, un film regroupant l’ensemble des images prises au fil des jours, le mois précédent, et le texte qui s’écrit en creux. « Une sorte de palimpseste, dans lequel doivent transparaître les traces - ténues mais non déchiffrables - de l’écriture “préalable” ». Jorge Luis Borges, Fictions Nous ne faisons qu’apparaître dans un monde soumis comme nous au pouvoir du temps. Dans le silence qui suit la fin du signal de départ. Dans un seul et unique instant. Non pas suites sans principe de (...) #Journal, #Vidéo, #Architecture, #Art, #Écriture, #Voix, #Sons, #Paris, #Mémoire, #Paysage, #Ville, #Journal_du_regard, #Regard, #Dérive, #Paris, #Voyage, #Bruxelles (...)

  • 29.10.2023 : #Briançon : un corps retrouvé dans la #Durance

    Alors que les CRS effectuaient un secours en paroi ce dimanche matin, dans le secteur du #pont_d’Asfeld, à Briançon, ils ont été contactés pour un corps retrouvé dans la Durance.

    Un corps a été repêché ce dimanche 29 octobre au matin, dans la Durance, à Briançon, selon nos confrères de BFM DICI. Une information confirmée par une source proche du dossier.

    Une première alerte a été donnée par un témoin qui entendait des cris provenant d’une barre rocheuse en rive droite, au fond du parc de la Schappe, vers 8 heures. Les sapeurs-pompiers de Briançon se sont rendus en premier sur les lieux. Un homme, une personne migrante, était embarré. L’accès était difficile. Les pompiers ont donc fait appel aux secouristes en montagne. Une équipe de CRS de Briançon a effectué le sauvetage en paroi à bord de l’hélicoptère de la section aérienne de gendarmerie. L’homme a vraisemblablement passé une partie de la nuit, bloqué ici. Il a été transporté au centre hospitalier des Escartons. Son pronostic vital n’était pas engagé.

    Les sapeurs-pompiers ont ensuite mené une reconnaissance le long de la berge afin de vérifier si d’autres personnes étaient en danger. Des passants ont alors alerté les secours après avoir découvert un corps dans la Durance, vers l’entrée du parc de la Schappe. Ce dernier a été fermé pendant plusieurs heures, le temps de l’intervention.

    Une enquête a été ouverte afin de connaître les circonstances du décès et identifier la victime. Elle est confiée au commissariat de police de Briançon. Les enquêteurs cherchent notamment à déterminer s’il existe un lien entre les deux personnes, si elles se connaissaient, si elles sont venues ensemble, ou non.

    https://www.ledauphine.com/faits-divers-justice/2023/10/29/briancon-un-corps-retrouve-dans-la-durance

    #frontière_sud-alpine #asile #migrations #réfugiés #morts_aux_frontières #Hautes-Alpes #mourir_aux_frontières #frontières #Italie #France #Briançonnais

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    ajouté au fil de discussion sur les morts à la frontière des Hautes-Alpes :
    https://seenthis.net/messages/800822

    lui-même ajouté à la métaliste sur les morts aux frontières alpines :
    https://seenthis.net/messages/758646

    • Briançon : le corps sans vie d’un homme retrouvé dans la Durance

      Les secours étaient en train de porter secours à un migrant, quand ils ont aperçu ce corps en contrebas des lieux. Une enquête est en cours pour tenter d’identifier la victime.

      Le corps sans vie d’un homme a été retrouvé dans la matinée de ce dimanche 29 octobre dans la Durance à Briançon, à proximité du parc de la Schappe, a appris BFM DICI.

      La CRS des Alpes a d’abord été appelée pour secourir un homme en difficulté au-dessus du parc sur une barre rocheuse près du pont d’Asfeld. L’individu a été héliporté sans difficulté et immédiatement transporté vers le centre hospitalier de Briançon pour des soins. Selon les premières constations, il s’agit d’un migrant.

      Une enquête ouverte

      C’est lors de cette intervention qu’un corps a été aperçu en contrebas des lieux.

      « Impossible à cette heure de savoir si les deux personnes étaient ensemble et si la victime retrouvée décédée est un migrant », avance, prudente, une source qui suit ce dossier de près.

      Une enquête judiciaire est ouverte pour tenter d’identifier la victime et de préciser les circonstances de sa mort.

      Le mercredi 4 octobre dernier, un homme avait déjà été secouru par le peloton de gendarmerie de haute montagne (PGHM) de Briançon dans ce même secteur par hélitreuillage.

      Le samedi 14 octobre, c’est le corps sans vie d’un migrant qui avait été repêché cette fois-ci dans la Cerveyrette avant le pont Baldy. L’autopsie avait confirmé la noyade de la victime.

      https://www.bfmtv.com/bfm-dici/briancon-le-corps-sans-vie-d-un-homme-retrouve-dans-la-durance_AN-20231029025

    • Une traque meurtrière raciste de la police cette nuit, #rassemblement ce soir

      Dans la nuit du 28 au 29 octobre, la police a traqué un groupe de 4 personnes parti de Clavière vers 13h. Après une course poursuite, 2 d’entre eux ont été arrêtés en possession des deux seuls téléphones du groupe, tandis que les 2 autres se sont retrouvés seuls et perdus dans la montagne, traqués par la police.
      Après s’être cachés pendant des heures, ils ont fini par rejoindre le chemin près du pont d’Asfeld aux alentours de 1h du matin, où ils sont tombés de la falaise. L’un s’est noyé dans la rivière devant les yeux de son ami qui est resté accroché à un rocher jusqu’à l’intervention des secours vers 8h du matin.

      A Briançon, rassemblement ce soir lundi 30 octobre au Champ de mars à 17h.

      16h06. 🏔️ Personne ne doit mourir à la frontière ! Rassemblement ce soir à 19h30 place Guichard pour ne pas laisser tomber dans l’oubli tous ces meurtres racistes et dénoncer les politiques assassines de l’Europe forteresse

      🏔️Personne ne doit mourir à la frontière !
      ⚠️Rassemblement spontané- non déclaré ce soir 19h30 - place Guichard
      ❌ L’Etat néocolonial et raciste, armé de sa police aux frontières a encore traqué et poussé à la mort 1 jeune exilé, qui a été retrouvé noyé dans la Durance, comme Blessing Mathew avant lui.
      🏔️Le 14 octobre dernier, un autre exilé était retrouvé sans vie, comme des dizaines depuis 2018.
      ❌ Ni oubli Ni pardon !
      🕯️Retrouvons-nous avec pancartes/bougies/lampes frontales ce soir, pour ne pas laisser tomber dans l’oubli tous ces meurtres racistes et pour dénoncer les politiques assasines de l’Europe Forteresse.
      🔥Feu aux frontières !

      20h06. Ni oubli ni pardon. Pour cet homme, pour Blessing Mathew et tous les autres.

      20h20. Et mur par mur, et pierre par pierre, nous détruirons les centres de rétention. Feu aux frontières, feu à Frontex, feu à l’Europe forteresse.

      https://rebellyon.info/Briancon-Une-traque-meurtriere-raciste-de-25317
      #traque

    • Communiqué de Presse de Tous Migrants du 31 Octobre 2023

      Dans la nuit du 28 au 29 octobre, aux portes de Briançon, un homme a chuté d’une barre rocheuse dans la Durance où son corps sera retrouvé au matin. Une seconde personne qui l’accompagnait a été secourue, après avoir crié au secours pendant des heures.

      Comme nous le dénonçons inlassablement depuis 7 années, le passage de la frontière représente un risque mortel pour les personnes exilées en raison de la militarisation de la frontière au mépris de leur dignité et de leurs droits.
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      Malgré toutes nos alertes publiques, nos rapports documentant les atteintes aux droits, nos signalements au procureur, nos actions en justice, malgré également plusieurs victoires judiciaires dont la récente décision de la Cour de Justice de l’Union Européenne du 21 septembre confirmant l’illégalité des pratiques du gouvernement français en matière de contrôle et d’enfermement des personnes en migration aux frontières intérieures, la situation ne fait qu’empirer.

      Par exemple, la semaine dernière, une personne est tombée dans la Clarée, poursuivie par des policiers, après s’être cachée dans le col de l’Echelle, avoir vu ses compagnons de route arrêtés, dont une femme enceinte de 8 mois, et s’être perdue en haute-vallée vers les chalets de Laval. Cette personne a été repêché in extremis et emmené à l’hôpital par ces mêmes policiers.

      Après l’aide apportée aux régimes autoritaires des pays périphériques, et au rôle dévolu à l’agence européenne Frontex, militariser la frontière, utiliser la montagne en énième obstacle pour empêcher les personnes exilées d’arriver en France constituent une violence d’Etat. Ce ne sont pas des « migrants » sans âme ni existence, ce ne sont pas des individus « indésirables », ce ne sont pas des êtes « nuisibles » que notre pays rejette, mais des personnes, comme vous et nous, qui ont dû fuir leur pays. Ce sont des survivants.

      Le 28 octobre c’est Yusef qui perdait la vie. Depuis le 14 octobre il y a quelque part une famille qui attend avec anxiété des nouvelles de leur fils, frère, père, retrouvé noyé dans la Cerveyrette et toujours pas identifié. Le 7 août c’est Moussa qui est retrouvé mort à 2200 m d’altitude. Auparavant sept autres personnes ont péri dans nos montagnes : Blessing, Mamadi, Mohamed, Tamimou, Mohamed Ali, Fathallah, Ullah.

      Depuis la mise en place de cette politique illégale, illégitime, discriminatoire, démagogique, dangereuse et barbare, les souffrances et les morts s’additionnent, mais le gouvernement persiste et militarise toujours plus la frontière, pour un coût astronomique bien plus élevé que celui nécessaire à un accueil digne et respectueux du droit. La loi dite « Darmanin » en examen à partir du 6 novembre prévoit de durcir encore plus les conditions d’accueil, si ce mot a encore un sens au regard des conditions indignes infligées aux personnes exilées.

      Au nom de quoi ?

      Au nom de qui ?

      Nous ne sommes qu’en milieu d’automne, la neige est déjà présente en altitude et des températures négatives la nuit à Briançon sont annoncées.

      Nous appelons les autorités à respecter les droits fondamentaux, les forces de l’ordre à respecter la loi, et l’ensemble des citoyens à ne pas se laisser berner par les discours mensongers propagés au plus haut sommet de l’Etat.

      Nous appelons toutes les personnes révoltées comme nous, qui ne se résignent pas à considérer ces accidents comme une fatalité, à rejoindre les équipes de maraudes, à contacter les organisations solidaires de leur choix pour les renforcer, à dire haut et fort à nos côtés : Stop à la déshumanisation des personnes exilées, stop au racisme. Chaque vie compte. All lives matter.

      Un accueil digne est possible, une société plus équitable est nécessaire, et nous la construirons contre la haine, le racisme et la xénophobie.

    • Cronaca di un’altra morte annunciata. La frontiera continua ad uccidere.

      È una guerra contro ragazzi che hanno la colpa di cercare una terra in cui abitare e di aspirare a una vita dignitosa.

      Nella notte tra il 27 e 28 0ttobre 2023 un gruppo di 4 persone in cammino è stato intercettato dalla polizia, dopo che erano partiti nella notte da Claviere in direzione di Briançon. Dopo un primo tentativo di fuga, 2 sono stati fermati e gli altri 2 si sono ritrovati soli e privi di orientamento nella montagna, senza i telefoni. Dopo essersi nascosti hanno vagato per la montagna ritrovando la direzione solamente verso l’una del mattino del 29 ottobre 2023, costeggiando una falaise ormai prossima a Briançon. Youssef non ce l’ha fatta ed è precipitato per decine di metri e il suo corpo è stato ritrovato vicino al ponte Asfeld all’entrata della città. Il suo amico è rimasto tutta la notte aggrappato alla roccia, fino all’intervento del soccorso che lo ha riscattato verso le 11 del mattino.

      Il 14 ottobre un’altra persona in fuga era morta di frontiera, di cui però alla data attuale non conosciamo l’identità. Si è invisibili nella vita e poi anche nella morte. Il 7 di agosto altra vittima e in maggio 9 persone in cammino, salvate dal soccorso in quota, denunciano la presenza di un cadavere di cui descrivono nei particolari l’abito. Poi nessun riscontro se non la cortina di silenzio che accompagna queste morti

      Lo ripetiamo con rabbia e dolore: non è la montagna che uccide ma il sistema di frontiera; i morti nel Mediterraneo, a Cutro, a Pylos, nel Maghreb, in Libia e Tunisia, a Ventimiglia e sulle Alpi sono il risultato di una stessa pianificata politica dell’orrore.

      La militarizzazione della frontiera, la sospensione di Schengen, la caccia all’uomo di giorno e di notte da parte della Polizia di Frontiera, della Gendarmerie e dei militari di sentinella non fermano i flussi, ma producono morte. Le persone sono sempre più costrette a scegliere vie impervie e in quota mettendo a rischio la propria vita, oggi e ancor di più nei prossimi mesi con la neve e le temperature rigide.

      Denunciamo le responsabilità di questo disumano sistema sicuritario di frontiera, che semina morte in ogni dove.

      Denunciamo il trattamento sempre più violento della polizia in frontiera.

      Chiediamo che cessino le prassi illegali che non permettono alle persone di chiedere asilo e che cessino i respingimenti collettivi.

      Chiediamo che vengano rispettati i diritti e l’incolumità di uomini, donne e bambini.

      https://onborders.altervista.org/cronaca-di-unaltra-morte-annunciata-la-frontiera-continua-ad-u

    • Le corps découvert dans la Durance a été identifié comme étant celui d’un jeune Tchadien

      Son corps avait été découvert dans la Durance à Briançon le 29 octobre dernier. Le jeune homme, mort noyé dans la rivière après une chute depuis des falaises, a été formellement identifié comme étant #Yusef, un Tchadien âgé d’une trentaine d’années.

      https://www.ledauphine.com/societe/2023/11/28/le-corps-decouvert-dans-la-durance-a-ete-identifie-comme-etant-celui-d-u

  • Benoît Broutchoux (1879-1944)
    http://anarlivres.free.fr/pages/archives_nouv/pages_nouv/Nouv_Broutchoux.html

    Dans la presse libertaire, il était d’usage d’évoquer de temps en temps les anciens militants, de retracer en quelques lignes leurs parcours et leurs luttes. Pour ne pas les oublier... « Défense de l’homme », revue lancée en septembre 1949 par Louis Lecoin, n’échappa pas à cette tradition avec « Ceux d’hier ». Dans son n° 8, Georges Dumoulin évoquait une « figure majeure de l’anarchisme et du syndicalisme révolutionnaire dans le bassin minier du Pas-de-Calais avant 1914 », Benoît Broutchoux, décédé quelques années auparavant, peu de temps avant le débarquement des Alliés. Nous reproduisons cet article agrémenté d’illustrations et de notes (...)

    #anarchisme #libertaire #Broutchoux #Pas-de-Calais #mineurs #syndicalisme

  • #Of_Land_and_Bread

    « #B'Tselem – le centre israélien d’information pour les droits de l’homme dans les #territoires_occupés – a promu en 2007 un projet qui consistait à donner des caméras vidéo aux Palestinien.ne.s en Cisjordanie afin qu’ils/elles puissent documenter les violations des droits de l’homme qu’ils étaient contraint.e.s de subir sous l’occupation israélienne. Ces #enregistrements_vidéo bruts capturent de la manière la plus simple et la plus efficace les abus quotidiens et implacables commis à répétition par les colons illégaux et l’armée contre les Palestinien.ne.s. Au fil des ans, tous ces films sont devenus des #archives vivantes et malheureusement en constante expansion des #abus incessants et de la violence dont souffre la population palestinienne et avec lesquels elle doit vivre. Of Land and Bread rassemble certains de ces courts métrages dans un long métrage documentaire qui n’est indéniablement pas facile à regarder. La brutalité des colons et de l’armée n’épargne personne. Et pourtant, il est nécessaire de voir pour bien saisir et comprendre l’ampleur du cycle sans fin des violations des droits de l’homme auxquelles les Palestinien.ne.s sont confronté.e.s, alors que le monde regarde obstinément de l’autre côté. »


    https://www.film-documentaire.fr/4DACTION/w_fiche_film/59534_0
    #film #documentaire #film_documentaire #Cisjordanie #Palestine #colonisation #Israël #terre #armée_israélienne #violence #humiliations #destruction #brutalité #arrestations_arbitraires #menaces #insultes #provocation #documentation #droits_humains #archive #à_voir

  • #Chartreuse : un #marquis privatise la #montagne, les randonneurs s’insurgent

    Des centaines de personnes ont manifesté dans le massif de la Chartreuse contre un marquis qui interdit de traverser ses terres. Elles réclament un véritable #droit_d’accès à la nature.

    « Entends nos voix, #marquis_de_Quinsonas… » Malgré la fraîcheur de cette matinée de dimanche, ils étaient plusieurs centaines, jeunes et vieux, à être venus pousser la chansonnette au #col_de_Marcieu (#Isère), aux pieds des falaises du massif de la Chartreuse. L’objet de leur chanson et de leur colère ? #Bruno_de_Quinsonas-Oudinot, marquis et propriétaire d’une zone de 750 hectares au cœur de la #Réserve_naturelle_des_Hauts_de_Chartreuse, et sa décision, il y a quelques semaines, d’en fermer l’accès aux randonneurs.

    C’est fort d’une loi du 2 février 2023, qui sanctionne le fait de pénétrer sans autorisation dans une « propriété privée rurale et forestière » [1] que le marquis a fait poser pendant l’été des panneaux « #Propriété_privée » aux abords de son terrain. Et si ces panneaux changent la donne, c’est parce qu’ils sont désormais suffisants pour verbaliser le randonneur qui voudrait entrer ici, chamboulant ainsi des siècles de culture de partage des montagnes.

    Immédiatement après la découverte de ces panneaux, une #pétition rédigée par le #collectif_Chartreuse a été publiée en ligne, réclamant « la liberté d’accès à tout-e-s à la Réserve naturelle des Hauts de Chartreuse » et récoltant plus de 35 000 signatures en quelques semaines (https://www.change.org/p/pour-la-libert%C3%A9-d-acc%C3%A8s-%C3%A0-tout-e-s-%C3%A0-la-r%C3%A9serve-nat). Ciblant le « cas » de la Chartreuse, elle s’oppose « plus globalement à l’accaparement du milieu naturel par quelques personnes pour des objectifs financiers, au détriment du reste de la population », souligne le collectif.

    Car c’est aussi ce qui cristallise la grogne des manifestants en Chartreuse. Tout en fermant l’#accès de son terrain aux #randonneurs et autres usagers de la montagne, le marquis de Quinsonas y autorise des parties de #chasse_privée au chamois, autorisées par le règlement de la #réserve_naturelle, que paient de fortunés clients étrangers.

    « C’est complètement hypocrite »

    « C’est complètement hypocrite », disent Stan et Chloé, deux grenoblois âgés d’une trentaine d’années, alors que le marquis avait justifié sa décision par la nécessité de protéger la faune et la flore de son terrain des dommages causés par le passage des randonneurs.

    « On n’a rien contre les chasseurs, et les #conflits_d’usage ont toujours existé. Mais on dénonce le fait qu’il y a deux poids, deux mesures », explique Adrien Vassard, président du comité Isère de la Fédération française des clubs alpins et de montagne (FFCAM), venu « déguisé » en marquis pour mieux moquer le propriétaire des lieux.

    Beaucoup de manifestants craignent que l’initiative du marquis ne fasse des émules parmi les propriétaires privés d’espaces naturels, alors que 75 % de la forêt française est privée. « On n’est pas là pour remettre en cause la propriété privée, mais un propriétaire ne peut s’octroyer le droit d’accès à toute une montagne, il faut laisser un #droit_de_circulation », martèle Denis Simonin, habitant du massif et bénévole du collectif Chartreuse.

    Propriété privée contre liberté d’accéder à la nature, faudra-t-il choisir ? Les députés Les Écologistes de l’Isère Jérémie Iordanoff et de la Vienne Lisa Belluco ont en tout cas annoncé leur volonté de déposer un projet de loi pour abroger la contravention instaurée par la loi de février 2023, pour ensuite engager « un travail commun vers un vrai droit d’accès à la nature ». Rejoignant les revendications des manifestants, toujours en chanson : « Sache que les gueux ne s’arrêt’ront pas là, notre droit d’accès, oui on l’obtiendra ! »

    https://reporterre.net/Chartreuse-un-marquis-privatise-la-montagne-les-randonneurs-protestent
    #privatisation #résistance

    • Dans le massif de la Chartreuse, #mobilisation contre la « privatisation » de la montagne

      Fort d’une nouvelle législation, le propriétaire d’une zone de 750 hectares dans une réserve naturelle de la Chartreuse a décidé d’en restreindre l’accès aux randonneurs. Partisans d’un libre accès à la nature et défenseurs de la propriété privée s’affrontent.

      « Chemin privé – Passage interdit. » Tous les 500 mètres, le rouge vif des petits panneaux tranche sur le vert des arbres ou le gris de la roche. Les indications parsèment le chemin qui mène jusqu’à la tour Percée, une immense arche rocheuse émergeant à environ 1 800 mètres d’altitude, au cœur de la réserve naturelle des Hauts de Chartreuse, à quelques kilomètres de Grenoble (Isère). Ces panneaux, tout récemment posés, cristallisent depuis quelques semaines un conflit entre les différents usagers de la montagne… et ses propriétaires.

      (#paywall)
      https://www.lemonde.fr/planete/article/2023/10/15/dans-le-massif-de-la-chartreuse-mobilisation-contre-la-privatisation-de-la-m

    • .... « Chemin privé – Passage interdit. » Tous les 500 mètres, le rouge vif des petits panneaux tranche sur le vert des arbres ou le gris de la roche. Les indications parsèment le chemin qui mène jusqu’à la tour Percée, une immense arche rocheuse émergeant à environ 1 800 mètres d’altitude, au cœur de la réserve naturelle des Hauts de Chartreuse, à quelques kilomètres de Grenoble (Isère).
      ... Théoriquement, un randonneur qui se rendrait à la tour Percée pourrait donc désormais recevoir une amende allant jusqu’à 750 euros.
      ... le conflit en Chartreuse est devenu « le cas d’école d’une situation qui va se développer sur tout le territoire ». « L’intention affichée du texte, de limiter l’engrillagement pour permettre la circulation de la faune sauvage, était bonne », souligne Jérémie Iordanoff. Mais, quand 75 % de la forêt est privée, ce n’est pas acceptable de dire aux gens qu’ils ne peuvent se promener que sur 25 % du territoire. »
      ... Dans les faits, l’application de la loi du 2 février et de la contravention qu’elle instaure s’avère complexe. Selon les textes, seuls les gendarmes et les gardes privés, agréés par la préfecture puis assermentés par le tribunal judiciaire, peuvent verbaliser les randonneurs au titre de la violation de la propriété privée rurale et forestière. Un sujet qui a pu faire naître des tensions autour de la tour Percée, des chasseurs ayant reçu la mission – informelle – de surveiller la propriété. Selon les informations du Monde, à l’heure actuelle, aucun garde privé n’a été dûment habilité pour contrôler le terrain du marquis.

      La tour Percée est une double arche de 30 mètres de haut, située sur la parcelle du marquis de Quinsonas-Oudinot, à 1 800 mètres d’altitude. Le 8 octobre 2023. SOPHIE RODRIGUEZ POUR « LE MONDE »

      avec une série de photos

      https://archive.ph/yCAI1

      #forêts #propriété_foncière

    • “Obviously, statistics from Gaza are subject to bias, so we can’t use them to determine when the number of dead Palestinians has reached a sufficient level. Perhaps when the fog of war has cleared, we’ll realize Israel has killed more Gazans than was necessary, but now is not the time to ease up.”

      [hum hum : un « nombre de morts suffisants » ?! il parlerait aussi crûment à des journalistes ? il manque des mots « terroristes du Hamas » ? ]

      How does Gaza’s health ministry calculate casualty figures ?
      Chris McGreal
      https://www.theguardian.com/world/2023/oct/27/how-does-gazas-health-ministry-calculate-casualty-figures

      Israel and Joe Biden have shown scepticism about accuracy of rising death toll but others point to historical reliability of data

      [...]

      On Thursday, the [health] ministry said the Israeli bombing of Gaza had killed 7,028 Palestinians, including 2,913 children, in the nearly three weeks since Hamas killed about 1,400 Israelis and abducted more than 200 others in its cross-border attack.

      In a move to head off allegations of fabrication, the ministry also issued a 212-page list of the names and identity numbers of every Palestinian it says has been killed in the Israeli bombardment.

      The Council on American-Islamic Relations called on Biden to apologise for his “shocking and dehumanising” remarks.

      The council’s director, Nihad Awad, said: “Journalists have confirmed the high number of casualties, and countless videos coming out of Gaza every day show mangled bodies of Palestinian women and children and entire city blocks levelled to the ground.

      [...]
      Omar Shakir, the Israel and Palestine director at Human Rights Watch, said he saw no evidence that the numbers were being manipulated.

      “We have been monitoring human rights abuses in the Gaza Strip for three decades, including several rounds of hostilities. We’ve generally found the data that comes out of the ministry of health to be reliable,” he said.

      “When we have done our own independent investigations around particular strikes, and we’ve compared those figures against those from the health ministry, there haven’t been major deviations.

      “Their numbers generally are consistent with what we’re seeing on the ground in recent days. There have been hundreds of airstrikes per day in one of the most densely populated areas of the world.

      “We’ve looked at satellite imagery. We’ve seen the number of buildings, and the numbers that are coming out are in line with what we would expect with what we’re seeing on the ground. So you put all those things together and we’re quite confident in the overall casualty numbers.”

      Shakir said a grey area was differentiating combatants from civilians among the dead, but the large proportion of women and children killed was indicative of high civilian casualties. He also said there was a need to draw a distinction between the immediate casualty numbers that came out quickly on any given day and those compiled over time, when there was more clarity.

      [...]

      A UN official who declined to be publicly identified said his agency had used and checked Gaza health ministry data for years.

      “I have seen nothing that says to me they are making the numbers up. We looked at some of the Israeli bombings and the numbers of deaths the ministry is claiming for a particular attack are broadly in line with what we have seen in previous wars.”

      He said the reason for the higher overall casualty figures was that the attacks were “much bigger than anything we’ve seen in previous wars. It’s not that they’re inflating the numbers.”

      Shakir said the health ministry had got caught up in the broader battle for public opinion in which Israel has faced its own accusations of manipulating casualty figures to downplay civilian deaths and of falsely claiming that unarmed Palestinians killed by the army in the West Bank were combatants.

      “Unfortunately, when reality is too difficult to stomach, Israel and so many of its allies prefer to deny it or bury their head in the sand,” Shakir said.

      “As long as they can create a fog of war and misinformation about what’s taking place, it provides cover for this to continue. To continue to have 100-plus Palestinian children killed every day.”

      #Gaza #brouillard_de_guerre #désinformation #Israël

    • Pour dissiper un malentendu potentiel : ma remarque n’a rien à voir avec du fact checking. Elle était là pour indiquer que The Onion est parodique. Isoler le titre du contenu qu’il publie annule cet effet, que je trouve, pour ma part, bien plus pertinent pour dénoncer le folie furieuse exprimée par Biden.

    • c’est le ridicule à 3h du mat’, j’en mourrais pas, mais stp n’y voit pas offense.
      lisant ailleurs des articles qui mettaient en doute le nombre de gazouis tués, j’ai pris au sérieux le post, d’abord sans m’arrêter au "enough" , cherché des éléments étayés sur le bilan humain des frappes israéliennes, puis lu en cours de publication ici le papier de The Onion (que je ne connaissait pas, tout le monde l’aura compris). ça aurait pu être un dérapage réel (on a vu hier que B. n’a pas attendu le grand âge dans ce domaine https://seenthis.net/messages/1023128), quel était le contexte etc. finalement, éberlué, j’ai ajouté l’extrait de The Onion et indiqué entre [ ] mon étonnement.
      lecture approximative puis littérale, plutôt confiant quant à tes posts, je n’ai nullement pensé à toi @kassem (si l’info avait été réelle, tu l’aurais sans doute commentée).
      une idiotie et un malentendu qui m’aura permis de lire et citer cet article du Guardian qui, sur l’ampleur de la boucherie en cours et sauf informations qui viendraient le contredire, fait un sort à la prudence qui peut (doit) accompagner toute info sur la guerre, prudence dont j’ai pu manquer à propos du déroulé de l’attaque du 7 octobre [ https://seenthis.net/messages/1023110#message1023165], qui reste obscur sur bien des points

    • Compter les victimes par temps de guerre

      https://www.lemonde.fr/international/live/2023/10/28/en-direct-guerre-israel-hamas-la-bande-de-gaza-soumise-a-un-black-out-est-la

      Compter les victimes, par temps de guerre, n’est pas seulement un recensement statistique et la mesure de drames humains. Il s’agit aussi d’une donnée politique, parfois dissimulée, parfois exagérée, par empressement ou manipulation. Dans le cas de la bande de Gaza, l’impossibilité de procéder à des vérifications indépendantes conduit à une situation paradoxale : la seule source est le ministère de la santé dans le territoire palestinien, de facto sous le contrôle du Hamas, maître des lieux. Tous les grands médias, les organisations non gouvernementales ou encore l’ONU reprennent ses bilans provisoires s’agissant du nombre de Palestiniens tués, comme ils le faisaient au cours des cycles d’affrontements précédents à Gaza.

      L’#Autorité_palestinienne (AP), à Ramallah, en revendique aussi la paternité et la véracité. Elle verse les salaires des fonctionnaires qui compilent ces données à Gaza et assure les contrôler. Le ministère de la santé sur place est un mélange entre employés recrutés depuis que le Hamas est au pouvoir dans l’enclave et anciens fonctionnaires affiliés au Fatah, le parti rival, qui gouverne l’Autorité palestinienne, dont l’adjoint de Mai Al-Kaila, la ministre de la santé à Ramallah.

      Pourtant, de façon inattendue, la Maison Blanche elle-même a mis en cause ces bilans. S’exprimant le 25 octobre, le président Joe Biden a souligné qu’il n’avait pas « confiance » dans les chiffres avancés, explique[nt] les journalistes Clothilde Mraffko et Piotr Smolar dans cet article : Le bilan réel des morts dans la bande de Gaza, une controverse très politique
      https://www.lemonde.fr/international/article/2023/10/28/bilan-des-morts-a-gaza-une-controverse-tres-politique_6196975_3210.html

      « Je suis sûr que des innocents ont été tués, et c’est le prix à payer quand on mène une guerre. » [Biden] Le contraste est saisissant entre la mise à distance de ces morts civiles et l’empathie sincère des responsables américains pour les victimes israéliennes de l’attaque du Hamas.

      « On ne peut rien prendre au pied de la lettre venant du Hamas, notamment le supposé ministère de la santé », a renchéri le porte-parole du Conseil de sécurité nationale, John Kirby, le 26 octobre, tout en « ne contestant pas » que des milliers de Gazaouis aient été tués. La réponse de cet officiel à une question sur les violations éventuelles des lois de la guerre par l’armée israélienne a été révélatrice du positionnement américain. « Nous n’allons pas réagir en temps réel aux événements se déroulant sur le champ de bataille, à chaque allégation et chaque frappe », a-t-il noté.

      ... l’autorité de santé [de Gaza] rappelle que ce décompte ne comprend ni les corps encore sous les décombres, ni ceux « qui ont été enterrés directement sans avoir été transportés à l’hôpital [ou] ceux dont les hôpitaux n’ont pas pu terminer leurs procédures d’enregistrement ». Le rapport en conclut que « plusieurs centaines » de personnes tuées ne figurent probablement pas sur la liste.

      ... Selon [Richard Peeperkorn, représentant de l’Organisation mondiale de la santé (OMS) pour les territoires palestiniens], des estimations évoquent autour d’un millier de corps encore sous les gravats à Gaza. « Je trouve que c’est une question un peu cynique qui revient encore et encore. S’il se trouve que c’est un millier de plus ou un millier de moins, est-ce que cela change le débat ? »

      https://archive.ph/6cNX4

      #Gazaouis #E-U #massacre

    • Le Monde est bien gentil.

      De nos jours, je me dis que les infos de terrain remontées par les journalistes indépendants, MSF, l’UNICEF ou la population, bien que partielles, bien que « non officielles », doivent pouvoir servir à faire des estimations statistiques fiables. T’en dit quoi @simplicissimus ?

      Que font les fact-checkers des journaux occidentaux ?

    • merci @olaf, mais je suis bien incapable de dire quoi que ce soit. Je connais – un peu et de loin – la production de données, suffisamment pour savoir que faire tourner, en situation normale, un état-civil est un processus assez lourd et donc pour m’interroger sur ce qui peut en subsister dans le chaos absolu dans lequel se trouvent les administrations gazaouies.

      Quant aux sources ouvertes, avec des biais aussi violents, je ne pense pas qu’on puisse en tirer une estimation, en tous cas, en aucun cas statistique, comme tu le dis.

      Peut-être, après coup, sera-t-il possible d’avancer une estimation du résultat du massacre, mais, même là, c’est pas gagné, tant la partie massacrante est déterminée à décrédibiliser toute estimation, minimiser un décompte de non humains, nier l’idée même qu’il puisse y avoir des victimes de leur fait (cf. la notion de « bouclier humain »).

      cf les victimes civiles en Irak, en Syrie, …
      en 2017, p. ex.
      Victimes civiles des frappes américaines en Irak : les chiffres faux du Pentagone
      https://www.tf1info.fr/international/victimes-civiles-des-frappes-americaines-en-irak-les-chiffres-faux-du-pentag

    • Israel security source claim 20,000 killed in Gaza
      https://www.middleeastmonitor.com/20231105-israel-security-source-claim-20000-killed-in-gaza

      A senior Israeli security source has disclosed that an estimated 20,000 people were killed in occupation airstrikes in the Gaza Strip. Itamar Eichner, the diplomatic correspondent of Yedioth Ahronoth wrote today that the security source added that: “Hundreds were killed in the rubble of the tunnels. The pressure on Hamas is increasing, and only when they feel the sword on their necks will they offer a deal to release the abductees in order to save their skins.”
      It must be recalled that last week US President Biden questioned the 7,000 dead figure released by the Ministry of Health in Gaza. Biden said he had “no confidence in the number that the Palestinians are using.” He added, “I have no notion that the Palestinians are telling the truth about how many people are killed.”
      It would be interesting to hear what President Biden’s opinion is about the current Israeli security estimate. Perhaps he would now accept the Palestinian figures.

  • Vu hier soir en avant première ce magnifique docu animé sur la très triste histoire de Tenorio Junior, ce pianiste de jazz prodigieux que TOUS les musiciens brésiliens considéraient comme le meilleur, et qui était une personne très gentille et drôle apparemment, un peu dans sa bulle de musique… et qui fut kidnappé, torturé, et disparu, par la dictature argentine pendant la continentale opération Condor. Avec les vraies interviews d’une tonne de musiciens brésiliens dont les légendes encore vivantes. Par les auteurs du non moins magnifique (et non moins triste !) Chico et Rita. Sortie en janvier 2024.

    They shot the piano player
    https://www.youtube.com/watch?v=OWm-HEyRyzc

    À écouter bien sûr :

    TENORIO JR. - EMBALO
    https://www.youtube.com/watch?v=IYYpbiqDwp4&list=PLbkLV7jiZi_MuznJWkRibYXqt8-BtF-il

    #musique #jazz #samba #Brésil #MPB #Tenorio_Junior #piano #documentaire #cinéma #film #film_d'animation #Fernando_Trueba #Javier_Mariscal

    • le théâtre de la candidature est un art total

      ce qui est intéressant c’est l’aspect mise en mouvement, dans anonymat, ne pas savoir qui est qui ce qui permet de destresser .... on a envie de faire autre chose pour aller déceler des savoirs être ... des employeurs me disent, les compétences techniques, ils peuvent les acquérir, ce qui importe pour moi, c’est la façon dont il va se comporter.... le sourire, faut que ça rayonne ! encore !

      l’AFP conclut son bobino par un jeune descendant de l’immigration arabe (il semble y avoir peu de colorés dans le gros groupe, où on note la présence de pas mal de candidat.e.s à des emplois vieux) qui a l’insigne honneur de rencontrer un « directeur de casting qui cherche de nouvelles silhouettes »

      le prix à payer, avec l’agence régionale Pôle emploi « scène et image », pour avancer vers un très relatif anonymat des candidatures....
      #emploi #chômeurs #chômeuses #candidat #candidate #coaching #non_verbal #improvisation_dirigée #corps #savoir_être #compétences #recrutement #théâtre

  • [#livres] Nicolas Mathieu : la macronie s’en délecte, elle le débecte

    Après ses textes au lance-flammes contre la réforme des retraites, l’auteur préface un ouvrage collectif contre la censure d’un livre pour adolescents par Gérald Darmanin [https://actualitte.com/dossier/363/bien-trop-petit-le-livre-qu-a-censure-gerald-darmanin#:~:text=BienTropPe—%20Le%2017%20juillet%20dernier,décision%20qui%20sentait%20la%20naphtaline]. Le Prix Goncourt reste pourtant lu et apprécié par les proches du Président qui revendiquent une compréhension des « vraies gens »

    .... Dans les allées du pouvoir, on continue à lire et complimenter les romans de cet opposant acharné. « Il décrit une grande partie de la France telle qu’elle est. C’est important que les politiques se plongent dans les textes littéraires qui, parfois, décrivent mieux la société que des études scientifiques ou des récits journalistiques », vante le député Renaissance et ex-conseiller du Président David Amiel. « Trop souvent le politique – je mets Emmanuel Macron à part – a cessé de parler avec les mots de la vie des gens, observe l’ex-plume du chef de l’Etat Jonathan Guémas. Nicolas Mathieu parle avec les mots de la vie des gens. C’est pour ça qu’il a du succès. »

    Grande lectrice, la députée et cofondatrice d’En marche Astrid Panosyan a suivi sur Instagram le mois que Mathieu vient de passer aux Etats-Unis. « Il a cette force à la Bruce Springsteen de redonner de la grandeur et de la dignité aux existences de ceux que l’on appelle en anglais les ordinary people, sans esprit larmoyant ou pathos », apprécie-t-elle. Dès 2019, le Monde avait repéré le succès de Leurs enfants après eux dans les ministères. « C’est le livre macronien par excellence, il faut le lire ! » s’enthousiasmait Julien Denormandie, alors ministre chargé de la Ville et du Logement. Arrivés au pouvoir sur la promesse de lutter contre « les assignations à résidence » [par les voyages en jet], ils retrouvaient dans les personnages du roman le sentiment de relégation de la France des ronds-points, les pesanteurs de la reproduction sociale. « Il y a eu un effet de récupération, se souvient Nicolas Mathieu. Après les gilets jaunes, c’était sans doute une façon de dire qu’ils comprenaient cette France-là. Le livre leur servait de preuve. » A l’époque, il décline les sollicitations de conseillers ministériels qui souhaitaient le rencontrer par curiosité personnelle.

    .... Le Président raffole de ses « braconnages de concepts », de la « planification écologique » piquée à Jean-Luc Mélenchon, ou du « nos vies valent plus que leurs profits » que Macron a osé entonner à son grand meeting de la Défense en avril 2022. Et tant mieux si la gauche enrage ! #Bruno_Roger-Petit rit encore du tour qu’il a joué à Edouard Louis en confiant à l’Opinion en 2018 que Qui a tué mon père était un « diagnostic très macronien », très lu à l’Elysée. Les hauts cris et le « j’écris pour vous faire honte » proférés en réponse par l’écrivain l’ont beaucoup amusé.
    https://www.liberation.fr/politique/nicolas-mathieu-la-macronie-sen-delecte-elle-le-debecte-20231020_I7ITA2AE https://justpaste.it/bavn1

    travail mafieux. il ne s’agit pas d’inventer une langue nouvelle mais de la détruire et avec elle tout sens commun et toute critique.
    la conscience de ce phénomène se vérifie dans le refus fréquent de toute prise de parole publique, supposé prévenir son exploitation et son renversement par les dominants.

    #destructivité_capitaliste #littérature #communication

  • La rivoluzione palestinese del 7 ottobre

    «Mi diressi verso Suha che prese Hanin, dicendo: “Non stare via troppo a lungo”. L’abbracciai, insieme alla piccola: “Non ti preoccupare… come gli uomini della Comune, noi invadiamo il cielo!” (…) Avevamo superato lo scoglio dell’autocontrollo, non avevamo versato neppure una lacrima, nessuno di noi aveva pianto».

    (da “Non metterò il vostro cappello” di Ahmed Qatamesh)

    Quando non si ha più niente, si è pronti per condividere tutto.

    La rivoluzione per la liberazione della Palestina del 7 ottobre ha mostrato come esseri umani – espropriati da oltre 75 anni di ogni elemento essenziale all’esistenza – possano condividere l’impossibile, ovvero mettere in ginocchio una potenza nucleare, non solo militarmente ma anche mozzandone la fiducia nel teismo colonialista e razzista.

    La rivoluzione del 7 ottobre ha reinventato leggi fisiche. Ha insegnato che ci si può tirare fuori dalla fossa più profonda del pianeta – quella dove i palestinesi sono stati sepolti dai sionisti e dagli occidentali – senza alcun punto d’appoggio.

    Unico appiglio – interiore e politico, sarebbe meglio dire con Alì Shariati di «spiritualità politica» – è la coscienza assoluta che servare vitam per servire il colone, sopravvivere cioè sottovivere, è il più grande errore che il colonizzato possa compiere nei propri confronti e verso i figli che verranno.

    I nuovi venuti al mondo debbono temere più della morte la vita scuoiata, spogliata fino a tendini e nervi di ciò che umano. Vale in particolar modo per gli oppressi palestinesi, ma anche per i giovani sottomessi dal presente liberista in Occidente.

    L’esistenza schiacciata ritrova significato soltanto nel sollevarsi contro il carnefice. Alzandosi dalla polvere, sorvola muri di segregazione e valichi d’acciaio, abbraccia cieli proibiti, si congiunge carnalmente con le nuvole più morbide per fecondarle e donare inattese stirpi ribelli a ogni terra.

    I guerriglieri di Gaza sui deltaplani sono diventati folate di vento e grida che hanno sovvertito il tempo, hanno dipinto un’immagine di liberazione tra le più elevate della recente storia dell’umanità.

    Un quadro immortale di gioia che nessun palestinese, nessuna donna, nessun uomo schiavizzato dal totalitarismo liberale, si leverà mai dallo sguardo.

    Un’autentica preghiera visiva da recitare con gli occhi di fronte a ogni sopruso subito.

    L’atterraggio sul suolo violentato dai colonizzatori è una nascita per i combattenti. E non si viene alla luce senza coprirsi di sangue. Non ci si libera da un’eterna brutalità senza violenza. Lo sa chiunque conosca la storia dalla parte dei reclusi nell’inferno terreno. In un istante, qualsiasi legame con la vile morale liberale viene bruciato e gli ultimi in rivolta, come abili ramai, maneggiando quel fuoco possono forgiare una naturale e istintiva verità senza diseguaglianze.

    «Quest’uomo nuovo comincia la sua vita d’uomo dalla fine; si considera come un morto in potenza. Sarà ucciso: non è soltanto che ne accetta il rischio, è che ne ha la certezza; quel morto in potenza ha perso sua moglie, i suoi figli; ha visto tante agonie che vuol vincere piuttosto che sopravvivere» ha lasciato scritto incontestabilmente Frantz Fanon.

    Nella gioia nichilista e al contempo creatrice di un futuro imprevedibile senza catene né limiti, il luminoso incantevole sorriso dei rivoluzionari traspare dalla keffiyeh arrotolata sul viso, e invita alla danza sopra i carrarmati nemici. I mostri che travolgevano bambini e insorti, adesso sono schiacciati dai salti di un intero popolo sprigionato.

    E la rivoluzione palestinese prosegue, nonostante i bombardamenti e l’ennesima, incessante strage di gazawi, con la Knesset che trema per i razzi lanciati dalle macerie, con il segretario di stato americano e l’eletto primo boia tra i boia sionisti rinchiusi in un bunker.

    Avanza di giorno in giorno nelle piazze delle città arabe, del Sudamerica e degli stati che il dispotismo capitalista si ostina a denominare Europa. Unite da quella che una volta ho definito «lotta contro questa vita».

    Le parole d’ordine dei movimenti seguono lo straripare palestinese. Scuotono, irridono vie e strade dominate dal profitto di pochi prescelti. Non hanno alcun riflesso della falsa pacificazione imposta ovunque, uccidendo in nome della democrazia e dei valori superiori d’Occidente. Chiedono la liberazione totale della Palestina. Senza concessioni ai sionisti.

    Ne vale la pena rispetto al massacro che gli oppressori compiono a Gaza senza tregua?

    Ne vale la pena davanti al profilarsi deciso della quarta fase del processo secolare e mai finito della Nakba, per citare Joseph Massad, ovvero l’azione terminale che ha come obiettivo lo sterminio ultimo dei palestinesi?

    Sì, perché l’atto storico della Resistenza Palestinese ha una potenza offensiva culturale, oltre che militare, sinora mai vista. L’accelerazione improvvisa dello scontro è una concreta possibilità di salvezza, in confronto a una sentenza di morte di massa in quotidiana esecuzione da decenni. Per loro, e per noi che abitiamo altre sponde del mediterraneo.

    Una sovversione che va oltre la logica utilitarista e tatticista della guerra e non può essere volgarmente chiamata “guerra”.

    Come per i rari urti che fanno irrompere una nuova concezione dell’umano, va adoperata la parola “rivoluzione”.

    A ogni latitudine, questo moto spinge donne e uomini condannati per sempre all’infimo rango a ritrovare la lotta per «una vita profonda».

    Superando il concetto marxista di «arcano della produzione», colgono, svelano l’arcano della distruzione su cui si regge il liberismo. Impulsivamente, animati da una «luxuria mentis» temeraria, vogliono fermarlo.

    Come le migliori rivoluzioni, quella palestinese del 7 ottobre ha l’effetto di far cadere, una a una, le maschere dei nemici.

    A cominciare dal trucco pesante delle garanzie democratiche che si scioglie, scoprendo il volto autoritario e discriminatorio dell’Unione Europea.

    In tanti lo avevamo già scorto nella guerra contro i migranti e gli ultimi sui gradini della scala sociale.

    Ora, per chiunque, è difficile negare la mostruosità repressiva delle dodici stelle di Bruxelles e Strasburgo, sempre più simili a dodici stelle di David.

    *

    Quando non si è più niente, si perde tutto e non si persuade più nessuno.

    Israele e l’Occidente, con il minuscolo stato italiano, sono scossi da una paura incontrollabile. Neanche i detentori delle leve del potere provano a dare credibilità all’interminabile messinscena dell’invincibilità e della democrazia.

    Nello stato d’occupazione, i coloni con doppia nazionalità non sono rassicurati nemmeno dalla rappresaglia su Gaza con ospedali rasi al suolo, bombe a grappolo e fosforo bianco. Finalmente si mettono in fila negli aeroporti per abbandonare la terra che hanno usurpato.

    La république, dopo la lucente e giovanissima insurrezione dell’estate, ha il giusto sentore di poter essere la prossima a venire sommersa dall’onda della rivoluzione del 7 ottobre. Vieta le mobilitazioni in solidarietà con la Palestina e arresta ed espelle Mariam Abu Daqqa, voce nitida del Fronte Popolare. Ormai non si nasconde più: è basata sul suffragio dei mercati e sulla libertà, eguaglianza e fraternità tra banchieri, predatori e assassini in nome dell’extraprofitto.

    La Deutsche Republik militarizza le scuole, i quartieri popolati da immigrati, fa passare l’ultimo libro di Adania Shani dalla premiazione a Francoforte all’indice, proibisce di indossare la keffiyeh e sventolare la bandiera della Palestina. Dal 19 ottobre, a Berlino, manifestanti arabi e tedeschi hanno fatto intendere che non staranno a lungo immobili.

    La repubblica italiana intimidisce inutilmente gli studenti che sostengono la Resistenza Palestinese. Manganella chi contesta gli amici d’Israele a Livorno e Roma. Si prepara all’imminente stagione repressiva, dispensando allarmi bomba fasulli e chiudendo le frontiere laddove possibile. Atti utili a stabilire una condizione d’emergenza che renderà lecito punire il movimento che di minuto in minuto prende forma.

    Questa paura legalizzata di perdere tutto conduce i media dei regimi liberisti dell’Unione Europea a tentare di ridurre la rivoluzione palestinese del 7 ottobre a un’azione terroristico-religiosa, a tracciare parallelismi demenziali con l’11 settembre, il Bataclan, l’Isis e chi ha più benzina da versare sul falò psicotico dello scontro di civiltà, più ne butti.

    Peccato per loro che buona parte dei giovani abbia capito, in ogni angolo del pianeta, che c’è soltanto uno scontro di civiltà: quello tra dominanti e incatenati, tra sfruttatori e sfruttati.

    Una propaganda arabofoba, islamofoba, misoxena, pericolosa, da contrastare con intelligenza, ma assolutamente stantia e prevedibile.

    Se le parole del potere sono logore, in disfacimento, non sono da meno le frasi di tanti «professori di morale» che affermano di schierarsi con i palestinesi. Però dopo aver condannato «i nazisti» di Hamas equiparandoli ai «nazisti» di Tel Aviv, e aver classificato la rivoluzione del 7 ottobre come «un pogrom». Coloro che sono stati visionari interpreti del marxismo occidentale ricorrono dunque alla stessa espressione usata da Rishi Sunak, il primo ministro inglese, fautore della deportazione e dell’assassinio su vasta scala dei migranti che attraversano il canale della Manica.

    Davvero i «disorientatori» della sinistra pacificata non comprendono che nello stato d’insediamento coloniale israeliano non esistono “civili”?

    Davvero non sanno che coloni, armati fino ai denti, assaltano regolarmente le case dei palestinesi e li uccidono?

    Davvero non conoscono la storia fondamentale e preziosa di Hamas al punto di lasciarsi sgocciolare dalla bocca una simile infamia?

    Davvero non immaginano che la Resistenza Palestinese è unita dal 2021 nelle sue diverse componenti e che Hamas è la parte prevalente?

    Davvero non si rendono conto che la Palestina dell’ottobre 2023 rappresenta per le nuove generazioni ciò che il Vietnam (e i Vietcong avevano un’etica guerriera non meno intransigente rispetto a quella della Resistenza Palestinese) ha rappresentato nella loro epoca?

    Non sono ignoranti, se non nell’anima. Semplicemente gli piacciono i palestinesi – ritorniamo ancora a Fanon – quando sono «inferiorizzati», quando sono vittime da contare sul pallottoliere della morte. Perché i palestinesi devono restare, all’immancabile bagno di sangue quotidiano, un’occasione per sentirsi occidentali differenti e buoni.

    Hanno quindi terrore della rivoluzione del 7 ottobre che porta tanti tra i nostri figli a rifiutare e sputare sull’idea razzista, suprematista – da loro sempre magnificata – di fittizia identità europea. La vera progenitrice, persino più del nazionalismo genocida statunitense, del colonialismo israeliano.

    Hanno accettato di essere «uomini viventi miseramente», asserirebbe Pierre Clastres, e non riescono a nuotare in quest’alluvione sovversiva.

    Il loro linguaggio rifugge la logica disgiuntiva della realtà (o – o, o sto con una parte o sto con l’altra parte), reitera l’ipocrita e noto meccanismo del distanziarsi.

    «I professori di morale» oggi, dopo il 7 ottobre, non sono più niente.

    Lo dimostra l’abusato florilegio di congiunzioni negative. «Né con Hamas, né con Israele, né con chi uccide, ma con la Palestina», è l’insensata formula. Quasi che i militanti di Hamas provenissero da una galassia lontana e non godessero, come detto, dell’appoggio consistente del popolo palestinese.

    Lo imparino nella sinistra legalitaria: Allāhu akbar non è il grido di battaglia dei terroristi. È un richiamo consapevole all’inconsistenza del reale e delle nostre pietose ossessioni.

    La Rivoluzione Palestinese è solo iniziata il 7 ottobre.

    È una cesura col passato meravigliosamente e tragicamente irreversibile.

    Le donne e gli uomini della Comune invadono il cielo.

    https://www.osservatoriorepressione.info/la-rivoluzione-palestinese-del-7-ottobre
    #7_octobre_2023 #révolution_palestinienne #révolution #survivre #sousvivre #soumission #oppression #Gaza #totalitarisme_libéral #violence #brutalité #révolte #morale_libérale #subversion #France #Allemagne #Italie #peur #propagande

  • [CultureWildStation] Culturewildstation Show
    https://www.radiopanik.org/emissions/culture-wild-station/culturewildstation-show-4

    CULTUREWILDSTATION IS A HIP HOP RADIO SHOW HOSTED & MIXED BY DJ SCHAME!!!! STRICTLY WORLDWIDE UNDERGROUND BOOMBAP RAP SOUNDS!!! STRICTLY THE FINEST NEW EXCLUSIVE SHIT!!! EVERY WEDNESDAY @ RADIO PANIK 105.4FM AND STREAMING @ WWW.RADIOPANIK.ORG 10PM UNTIL 12PM #BRUSSELS 04PM UNTIL 06PM #NEWYORK 03PM UNTIL 05PM #CHICAGO

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    https://www.radiopanik.org/media/sounds/culture-wild-station/culturewildstation-show-4_16643__1.mp3

  • Aux #origines de l’#histoire complexe du #Hamas

    Le Hamas replace violemment la question palestinienne sur le devant de la scène géopolitique. Retour aux origines du mouvement islamiste palestinien, fondé lors de la première Intifada et classé organisation terroriste par les États-Unis et l’Union européenne.

    L’arméeL’armée israélienne a indiqué, samedi 14 octobre, avoir tué deux figures du Hamas qui auraient joué un rôle majeur dans l’attaque terroriste qui a plongé il y a une semaine le peuple israélien dans « les jours les plus traumatiques jamais connus depuis la Shoah », pour reprendre l’expression de la sociologue franco-israélienne Eva Illouz (plus de 1 300 morts, 3 200 blessés ainsi qu’au moins 120 otages, parmi lesquels de nombreux civils).

    Le responsable des Nukhba, les unités d’élite du Hamas, Ali Qadi, aurait été tué, de même que Merad Abou Merad, chef des opérations aériennes dans la ville de Gaza. Dimanche, c’est la mort d’un commandant des Nukhba, Bilal el-Kadra, présenté par l’armée israélienne comme le responsable des massacres du 7 octobre dans les kibboutz de Nirim et de Nir Oz, qui a été annoncée.

    Depuis l’offensive surprise du Hamas, Israël assiège et pilonne en représailles la bande de Gaza. Ses bombardements ont fait en l’espace de quelques jours 2 750 morts, dont plus de 700 enfants, et 9 700 blessés, selon un bilan du ministère palestinien de la santé du Hamas établi lundi matin. « Ce n’est que le début », a prévenu le premier ministre israélien Benyamin Nétanyahou, qui a déclaré : « Le Hamas, c’est Daech et nous allons les écraser et les détruire comme le monde a détruit Daech. »

    S’il est difficile de ne pas convoquer la barbarie de Daech en Syrie, en Irak ou sur le sol européen devant les massacres commis le 7 octobre par le mouvement islamiste palestinien dans la rue, des maisons ou en pleine rave party, la comparaison entre les deux organisations a ses limites.

    « Oui, le Hamas a commis des crimes odieux, des crimes de guerre, des crimes contre l’humanité, mais c’est un mouvement nationaliste qui n’a rien à voir avec Daech ou Al-Qaïda, nuance Jean-Paul Chagnollaud, professeur des universités, directeur de l’Institut de recherche et d’études Méditerranée/Moyen-Orient (iReMMO). Il représente ou représentait largement un bon tiers du peuple palestinien. Si Mahmoud Abbas [chef de l’Autorité palestinienne – ndlr] a annulé les élections il y a deux ans, c’est parce que le Hamas avait des chances d’emporter les législatives. »

    « La comparaison avec Daech a une visée politique qui consiste à enfermer le Hamas dans un rôle de groupe djihadiste, abonde le chercheur Xavier Guignard, spécialiste de la Palestine au sein du centre de recherche indépendant Noria. Je comprends le besoin de caractériser ce qu’il s’est produit, mais cette comparaison nous prive de voir tout ce qu’est aussi le Hamas », un mouvement islamiste de libération nationale, protéiforme, politique et militaire, qui est l’acronyme de « Harakat al-muqawama al-islamiya », qui signifie « Mouvement de la résistance islamique ».

    Considéré comme terroriste par l’Union européenne, les États-Unis ainsi que de nombreux pays occidentaux, le Hamas, dont la branche politique dans la bande de Gaza est dirigée par Yahya Sinouar (qui fut libéré en 2011 après vingt-deux ans dans les geôles israéliennes lors de l’échange de 1 027 prisonniers palestiniens contre le soldat franco-israélien Gilad Shalit), est arrivé au pouvoir lors d’une élection démocratique. Il a remporté les législatives de 2006. L’année suivante, il prend par la force le contrôle de la bande de Gaza au terme d’affrontements sanglants et aux dépens de l’Autorité palestinienne (AP), reconnue par la communauté internationale et dominée par le Fatah (Mouvement national palestinien de libération, non religieux) de Mahmoud Abbas, qui contrôle la Cisjordanie.
    Guerre fratricide

    Cette prise de pouvoir constitue un moment charnière. Elle provoque une guerre fratricide entre les formations palestiniennes et offre à l’État hébreu une occasion de durcir encore, en riposte, le blocus dans la bande de Gaza, en limitant la circulation des personnes et des biens, avec le soutien de l’Égypte. Un blocus dévastateur par terre, air et mer qui asphyxie l’économie et la population depuis plus d’une décennie et a été aggravé par les guerres successives et les destructions sous l’effet des bombardements israéliens.

    Officiellement, pour Israël, qui a décolonisé le territoire en 2005, le blocus vise à empêcher que le Hamas, qui se caractérise par une lutte armée contre l’État hébreu, se fournisse en armes. Créé en décembre 1987 par les Frères musulmans palestiniens (dont la branche a été fondée à Jérusalem en 1946, deux ans avant la proclamation de l’État d’Israël), lors de la première intifada (soit le soulèvement palestinien contre l’occupation israélienne de la Cisjordanie et de la bande de Gaza), alors massive et populaire, le mouvement a épousé la lutte armée contre Israël à cette époque.

    « Un profond débat interne » avait alors agité ses fondateurs, comme le raconte sur la plateforme Cairn l’universitaire palestinien Khaled Hroub : « Deux points de vue s’opposent. Les uns poussent à un tournant politique dans le sens d’une résistance à l’occupation, contournant par là les idées anciennes et traditionnelles en fonction desquelles il convient de penser avant tout à l’islamisation de la société. Les autres relèvent de l’école classique des Frères musulmans : “préparer les générations” à une bataille dont la date précise n’est toutefois pas fixée. Avec l’éruption de l’intifada, les tenants de la ligne dure gagnent du terrain, arguant des répercussions très négatives sur le mouvement si les islamistes ne participent pas clairement au soulèvement, sur un même plan que les autres organisations palestiniennes qui y prennent part. »

    Acculé par son « rival plus petit et plus actif », le Jihad islamique, « une organisation de même type – et non pas nationaliste ou de gauche », poursuit Khaled Hroub, le Hamas a fini par accélérer sa transformation interne.

    La transformation de la branche palestinienne des Frères musulmans en Mouvement de la résistance islamique n’est pas allée de soi, et les discussions ont été vives avant que le sheikh Yassin, tout frêle qu’il soit dans son fauteuil roulant de paralytique, ne l’emporte. Une partie des membres tenaient en effet à rester sur la ligne frériste : transformer la société par le prêche, l’éducation et le social. Le nationalisme n’a pas droit de cité dans cette conception, c’est la communauté des croyants qui compte. Le Hamas, lui, rajoute à l’islam politique une dimension nationaliste.

    Sa charte, 36 articles en cinq chapitres, rédigée en 1988, violemment antisémite, est sans équivoque : le Hamas appelle au djihad (guerre sainte) contre les juifs, à la destruction d’Israël et à l’instauration d’un État islamique palestinien. Vingt-neuf ans plus tard, en 2017, une nouvelle charte est publiée sans annuler celle de 1988. Le Hamas accepte l’idée d’un État palestinien limité aux frontières de 1967, avec Jérusalem pour capitale et le droit au retour des réfugié·es, et dit mener un combat contre « les agresseurs sionistes occupants » et non contre les juifs.

    En 1991, la branche du Hamas consacrée au renseignement devient une branche armée, celle des Brigades Izz al-Din al-Qassam. À partir d’avril 1993, l’année des accords d’Oslo signés entre l’OLP (Organisation de libération de la Palestine) de Yasser Arafat et l’État hébreu, que le Hamas a rejetés estimant qu’il s’agissait d’une capitulation, les Brigades Izz al-Din al-Qassam mènent régulièrement des attaques terroristes contre les soldats et les civils israéliens pour faire échouer le processus de paix. Pendant des années, elles privilégient les attentats-suicides, avant d’opter à partir de 2006 pour les tirs de roquettes et de mortiers depuis Gaza.

    Ces dernières années, le Hamas, critiqué pour sa gestion autoritaire de la bande de Gaza, sa corruption, ses multiples violations des droits humains (il a réprimé en 2019 la colère de la population exténuée par le blocus israélien), était réputé en perte de vitesse, mis face à l’usure du pouvoir.
    Prise de pouvoir de la branche militaire

    Son offensive meurtrière par la terre, les airs et la mer du samedi 7 octobre – cinquante ans, quasiment jour pour jour, après le déclenchement de la guerre de Kippour et à l’heure des accords d’Abraham visant à normaliser les relations entre Israël et plusieurs pays arabes sur le dos des Palestiniens et sous pression des États-Unis – le replace en première ligne. Elle révèle sa nouvelle puissance ainsi qu’un savoir-faire jusque-là inédit dans sa capacité de terrasser l’une des armées les plus puissantes de la région et d’humilier le Mossad et le Shin Bet, les tout-puissants organes du renseignement extérieur et intérieur israélien.

    Elle révèle aussi le pouvoir pris par la branche militaire sur la branche politique d’un mouvement sunnite qui serait fort d’une mini-armée, dotée d’environ 40 000 combattants et de multiples spécialistes, notamment en cybersécurité, selon Reuters. Un mouvement qui peut compter sur ses alliés du « Front de la résistance » pour l’équiper : l’Iran, la Syrie et le groupe islamiste chiite Hezbollah au Liban, avec lesquels il partage le rejet d’Israël.

    Sur les plans militaire, diplomatique et financier, l’Iran chiite est l’un de ses principaux soutiens. Selon un rapport du Département d’État américain de 2020, cité par Reuters, l’Iran fournit environ 100 millions de dollars par an à des groupes palestiniens, notamment au Hamas. Cette aide aurait considérablement augmenté au cours de l’année écoulée, passant à environ 350 millions de dollars, selon Reuters.

    Le Hamas n’est pas seulement un mouvement politique et une organisation combattante, c’est aussi une administration. À ce titre, il lève des impôts et met en place des taxes sur tout ce qui rentre dans la bande de Gaza, soit légalement, par les points de passage avec Israël et avec l’Égypte, soit illégalement. Les revenus qu’il perçoit ainsi sont estimés à près de 12 millions d’euros par mois. Ce qui est peu, finalement, car cette administration doit payer ses fonctionnaires et assurer un minimum de protection sociale, sous forme d’écoles, d’institutions de santé, d’aides aux plus défavorisés. Il est en cela aidé par le Qatar sunnite, avec l’aval du gouvernement israélien. L’émirat a ainsi versé 228 millions d’euros en 2021 et cette somme devait être portée à 342 millions en 2021.

    Le Hamas figurant sur les listes américaine et européenne des mouvements soutenant le terrorisme, le système bancaire international lui est fermé. Aussi, quand cette aide est mise en place, en 2018, ce sont des valises de billets qui arrivent, en provenance du Qatar, à l’aéroport de Tel Aviv et prennent ensuite la route de Gaza où elles pénètrent le plus officiellement du monde. Par la suite, les opérations seront plus discrètes.

    Plus discrets, aussi, d’autres transferts à des fins moins avouables que le paiement du fuel pour la centrale électrique ou des médicaments pour les hôpitaux. Ceux-là arrivent jusqu’au Hamas par des cryptomonnaies. Même si les relations avec l’Iran sont moins bonnes depuis que le Hamas a soutenu la révolution syrienne de 2011, la république islamique reste encore le principal financier de son arsenal, de l’aveu même d’Ismail Hanniyeh. Le chef du bureau politique du Hamas, basé à Doha, a affirmé en mars 2023 que Téhéran avait versé 66 millions d’euros pour l’aider à développer son armement.

    Le Qatar accueille également plusieurs des dirigeants du Hamas. Quand ils ne s’abritent pas au Liban ou dans « le métro » de Gaza, ce dédale de tunnels creusés sous terre depuis l’aube des années 2000, qui servent tout à la fois de planques et d’usines où l’on fabrique ou importe des armes, bombes, mortiers, roquettes, missiles antichar et antiaériens, etc.

    Pour les uns, le Hamas a enterré la cause palestinienne à jamais le 7 octobre 2023 et est le meilleur ennemi des Palestinien·nes. Pour les autres, il a réalisé un acte de résistance, de libération nationale face à la permanence de l’occupation, la mise en danger des lieux saints à Jérusalem, l’occupation en Cisjordanie. « Quand il s’agit de la cause palestinienne, tout mouvement se dressant contre Israël est considéré comme un héraut, quelle que soit son idéologie », constate Mohamed al-Masri, chercheur au Centre arabe de recherches et d’études politiques de Doha, au Qatar, dans un entretien à Mediapart.

    Samedi 7 octobre, c’est Mohammed Deif qui a annoncé le lancement de l’opération « Déluge d’al-Aqsa » contre Israël pour « mettre fin à tous les crimes de l’occupation ». Le nom n’est pas choisi au hasard. Il fait référence à l’emblématique mosquée dans la vieille ville de Jérusalem, symbole de la résistance palestinienne et troisième lieu saint de l’islam après La Mecque et Médine, d’où le prophète Mahomet s’est élevé dans le ciel pour rencontrer les anciens prophètes, dont Moïse, et se rapprocher de Dieu.

    Mohammed Deif est l’ennemi numéro un de l’État hébreu, le cerveau de ce qui est devenu « le 11-Septembre israélien » : il est le commandant de la branche armée du Hamas. Surnommé le « chat à neuf vies » pour avoir survécu à de multiples tentatives d’assassinat, Mohammed Diab Ibrahim al-Masri, de son vrai nom, serait né en 1965 dans le camp de réfugié·es de Khan Younès, dans le sud de la bande de Gaza. Il doit son surnom de « Deif » – « invité » en arabe – au fait qu’il ne dort jamais au même endroit.

    Il a rejoint le Hamas dans les années 1990, connu la prison israélienne pour cela, avant d’aider ensuite à fonder la branche armée du Hamas dans les pas de son mentor qui lui a appris les rudiments des explosifs, Yahya Ayyash. Après l’assassinat de ce dernier, il a pris les rênes des Brigades Al-Qassam. Israël peut détruire l’appareil du Hamas, avec des assassinats ciblés. D’autres se tiennent prêts à prendre la relève dans l’ombre des maîtres. Deif en est un exemple emblématique.

    « Le Hamas a été promu en sous-main par Nétanyahou, rappelle dans un entretien à Mediapart l’écrivain palestinien et ancien ambassadeur de la Palestine auprès de l’Unesco, Elias Sanbar. J’ai le souvenir, tandis qu’Israël organisait un blocus financier à l’encontre du Fatah et de l’Autorité palestinienne, que les transferts d’argent au Hamas passaient alors par des banques israéliennes ! La créature d’Israël s’est retournée contre lui. Entre-temps, elle s’est nourrie des échecs de l’Autorité palestinienne, dont les représentants sont accusés d’être des naïfs, sinon des traîtres, partant depuis 1993 dans des négociations avec Israël pour en revenir toujours bredouilles. »

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    Sur la charte de 1988 et le document de 2017

    La charte du Hamas, publiée en 1988 (il existe une traduction du texte intégral réalisée par le chercheur Jean-François Legrain, spécialiste du Hamas), reprend les antiennes antisémites européennes. Elle définit le Hamas comme « un des épisodes du djihad mené contre l’invasion sioniste » et affirme notamment que le mouvement « considère que la terre de Palestine [dans cette acceptation Israël, Cisjordanie et bande de Gaza – ndlr] est une terre islamique de waqf [mot arabe signifiant legs pieux et désignant des biens inaliénables dont l’usufruit est consacré à une institution religieuse ou d’utilité publique – ndlr] pour toutes les générations de musulmans jusqu’au jour de la résurrection. Il est illicite d’y renoncer tout ou en partie, de s’en séparer tout ou en partie ».

    Dans son livre Le Grand aveuglement, sur les relations parfois en forme de pas-de-deux, entre les dirigeants israéliens successifs et le Hamas, Charles Enderlin cite de nombreux rapports du Shabak, service de renseignement intérieur de l’État hébreu. Dont celui-ci, dans la foulée de la diffusion de la charte de 1988 : « Le Hamas présente la libération de la Palestine comme liée à trois cercles : palestinien, arabe et islamique. Cela signifie le rejet absolu de toute initiative en faveur d’un accord de paix, car : “Renoncer à une partie de la Palestine équivaut à renoncer à une partie de la religion. La seule solution au problème palestinien c’est le djihad”. »

    Dans la lignée de ce texte, le Hamas, qui n’appartient pas à l’Organisation de Libération de la Palestine (OLP), dont fait partie le Fatah, parti de Yasser Arafat, rejette évidemment les Accords d’Oslo et toutes les phases de négociations.

    Au fil des années cependant se feront jour des déclarations plus pragmatiques. Le sheikh Yassin lui-même a, avant son assassinat par Israël en 2004, affirmé à plusieurs reprises que le Hamas était près à une hudna (trêve) avec l’État hébreu, laissant aux générations futures le soin de reprendre, ou non, le combat.

    La participation du Hamas aux élections législatives de 2006 est considérée comme une reconnaissance informelle et non dite de l’État d’Israël. Le Hamas accepte en effet un scrutin qui se déroule sur une partie, et une partie seulement, de la Palestine historique, celle des frontières de 1967, ceci en contradiction avec la charte de 1988.

    Dans une longue et savante analyse, l’historien Jean-François Legrain, reconnu comme un des meilleurs spécialistes français du Hamas, explique que la charte de 1988, écrit par un individu anonyme, n’a pas fait consensus dans les instances dirigeantes du Hamas. Elle était très peu citée par ses cadres. Ce qui ne signifie pas que des responsables du Hamas ne tenaient pas des discours antisémites. Lors d’une interview en 2009, Mahmoud al-Zahar, alors important responsable du Hamas dans la bande de Gaza, défendait la véracité du Protocole des sages de Sion, cité dans la charte de 1988.

    Au cours de la décennie qui suit sa victoire aux élections législatives puis sa guerre fratricide avec le Fatah, le Hamas, maître désormais de la bande de Gaza, montrera qu’il ne renonce pas à la lutte armée : s’il semble avoir renoncé aux attentats-suicides, si nombreux de 1993 à 1996 puis entre 2001 et 2005, il lance régulièrement des roquettes Qassam, du nom de sa branche militaire, en direction du territoire israélien.

    Ce sont les civils qui en paient le prix, avec des guerres lancées contre la bande de Gaza en 2008, 2012, 2014 et 2021. Le Hamas, sans abandonner la lutte armée, adopte en 2017 un Document de principes et de politique généraux qui semble aller contre les principes de la charte de 1988. Il ne s’agit plus de lutter contre les Juifs, mais contre les sionistes : « Le Hamas affirme que son conflit porte sur le projet sioniste et non sur les Juifs en raison de leur religion. Le Hamas ne mène pas une lutte contre les Juifs parce qu’ils sont juifs, mais contre les sionistes qui occupent la Palestine » (article 16). Plus remarqué encore, l’acceptation des frontières de 1967 : « Le Hamas rejette toute alternative à la libération pleine et entière de la Palestine, du fleuve à la mer. Cependant, sans compromettre son rejet de l’entité sioniste et sans renoncer à aucun droit palestinien, le Hamas considère que la création d’un État palestinien pleinement souverain et indépendant, avec Jérusalem comme capitale, selon les lignes du 4 juin 1967, avec le retour des réfugiés et des personnes déplacées dans leurs foyers d’où ils ont été expulsés, est une formule qui fait l’objet d’un consensus national » (article 20).

    La charte de 1988 n’est pour autant pas caduque, explique à la chercheuse Leila Seurat Khaled Mechaal, un des membres fondateurs du Hamas : « Le Hamas refuse de se soumettre aux désidératas des autres États. Sa pensée politique n’est jamais le résultat de pressions émanant de l’extérieur. Notre principe c’est : pas de changement de document. Le Hamas n’oublie pas son passé. Néanmoins la charte illustre la période des années 1980 et le document illustre notre politique en 2017. À chaque époque ses textes. Cette évolution ne doit pas être entendue comme un éloignement des principes originels, mais plutôt comme une dérivation (ichtiqaq) de la pensée et des outils pour servir au mieux la cause dans son étape actuelle. »

    Le nouveau document maintient, de toute façon, la lutte armée comme moyen de parvenir à ses fins.

    https://www.mediapart.fr/journal/international/161023/aux-origines-de-l-histoire-complexe-du-hamas
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