• Tesla und die Abwasser-Grenzwerte : Fast so unverschämt wie Elon Musk
    https://taz.de/Tesla-und-die-Abwasser-Grenzwerte/!5995378
    Quand les élus préfèrent quelques postes d’emploi et versements d’impôts à la survie des espèces dont l’humaine de leur région. L’usine Tesla aux portes de Berlin met en danger l’approvisionnement en eau de toute la région.

    1.3.2024 von Jonas Wahmkow - Tesla leitet seit Jahren zu viel Phosphor und Stickstoff ins Abwasser ein. Der Fall zeigt: Das Unternehmen ist kein guter Partner für die Region.


    Monster in der Mark: Die Tesla-Fabrik in Grünheide bei Berlin Foto: Jochen Eckel/Imago

    Vor allem Brandenburger Po­li­ti­ke­r:in­nen sehen in Tesla einen Segen für die Region. Doch was sieht der Autobauer eigentlich in Grünheide, der idyllischen 9.000-Seelen-Gemeinde, in der es sich angesiedelt hat? Natur, die sich ausbeuten lässt, Infrastruktur, die die Allgemeinheit bereitstellt und Behörden, die alle Wünsche zu erfüllen haben – dieser Eindruck verfestigt sich zumindest angesichts der Nachricht, dass Tesla mit seinem Grünheider Werk seit Jahren die zulässigen Grenzwerte für Stickstoff und refraktäres Phosphor regelmäßig und teilweise bis zu einem Fünffachen überschreitet.

    Nach wiederholt ergebnislosen Abmahnungen und Du-Du-Briefen kündigte der zuständige Wasserverband Strausberg-Erkner (WSE) drastische Maßnahmen an: Auf einer außerordentlichen Sitzung am Freitag will der WSE die Abwasserversorgung einstellen, bis das Unternehmen die Grenzwerte wieder einhält. Das geht zumindest aus einer 27-Seitigen Beschlussvorlage hervor, über die zuerst der Stern berichtete.

    Ein Umweltskandal, wie das bereits dokumentierte Auslaufen von tausenden Litern Lacks oder flüssigen Aluminiums, ist der Fall nicht. Schließlich handelt es sich bei Stickstoff und Phosphor um Pflanzennährstoffe, die zu großen Teilen in Klärwerken herausgefiltert werden.

    Ein Großteil der Belastung stammt wahrscheinlich aus den Sanitärabwässern der Fabrik – längst arbeiten hier mehr Menschen, als in Grünheide wohnen. Die zusätzliche Nährstoffbelastung ist mittelfristig problematisch, weil sie das Algenwachstum begünstigt und die Gewässerqualität der Spree verschlechtert, aber sie stellt kein Gesundheitsrisiko dar.

    Tesla erwartet Loyalität

    Der Grund, warum der WSE derart Druck macht, ist ein anderer. Der Wasserverband verfügt über kein eigenes Klärwerk und leitet die gesamten Abwasser zum Klärwerk der benachbarten Berliner Wasserbetriebe (BWB) weiter. Nun fürchtet der WSE, es könnte selbst die Grenzwerte gegenüber den BWB überschreiten, was wiederum zu Vertragsstrafen in Millionenhöhe führen könnte.

    Die WSE äußert sich nicht zu dem Dokument, wird aber guten Grund gehabt haben, warum sie 2020 Höchstmengen für Stickstoff und Phosphor mit Tesla vertraglich festlegte. Doch das US-Unternehmen tut so, als hätte es den Vertrag nie gegeben und verwies als Reaktion auf die Enthüllung darauf, dass ja im Klärwerk flussabwärts alles in Ordnung sei.

    Noch dreister scheint sich der Konzern von Elon Musk gegenüber der WSE verhalten zu haben. Entweder ignorierte Tesla die Briefe komplett oder es gelobte Besserung, um nur wenige Wochen später die Grenzwerte wieder zu überschreiten, oder zweifelte die Glaubwürdigkeit des Labors an, bei dem der WSE die Proben analysieren ließ.

    Abschließend habe Tesla in seinem Schreiben „auf den Grundsatz der Loyalität“ verwiesen und „die Erwartung“ geäußert, „der WSE möge weiter zuwarten und Grenzwertüberschreitungen dulden“, heißt es in dem Dokument.

    Dem Autobauer seine Grenzen aufzeigen

    Die Selbstverständlichkeit, mit der Tesla Verträge bricht und sich wiederholt über geltendes Recht hinwegsetzt, und die Arroganz, mit der der Autobauer mit lokalen Behörden umgeht, wecken Zweifel daran, ob das Unternehmen tatsächlich jemals so etwas wie ein verantwortungsvoller Partner sein kann.

    Dabei ist die Region eine der niederschlagärmsten in Deutschland. Die wasserreichen Ökosysteme um die Fabrik sind hochempfindlich und Quelle für die Wasserversorgung von Berlin. Anstatt die notwendige Sensibilität für ihre natürliche Umgebung aufzubringen, legt Tesla feudale Gutsherren-Allüren an den Tag. Und rechnet damit, mit allen Regelverstößen durchkommen zu können.

    Umso wichtiger ist es, Tesla seine Grenzen aufzuzeigen. Ob die Einstellung der Abwasserversorgung seitens der WSE, die Entscheidung der Bür­ge­r:in­nen gegen die Erweiterung des Werksgeländes oder die Baumbesetzung am Donnerstagmorgen unweit der Fabrik: Auf den Konzern und seine Fabrik muss Druck ausgeübt werden.

    #Allemagne #Brandebourg #Tesla #pollutiin #eau #corruption

  • Rotta balcanica: i sogni spezzati nella Drina
    https://www.balcanicaucaso.org/aree/Bosnia-Erzegovina/Rotta-balcanica-i-sogni-spezzati-nella-Drina-229948

    Nelle acque del fiume Drina, in Bosnia Erzegovina, decine di migranti sono morti nel tentativo di avvicinarsi al sogno di una vita migliore in quell’Europa che li respinge. Volontari del Soccorso alpino di Bijeljina e attivisti sono impegnati nel difficile recupero dei corpi

    • Rotta balcanica : i sogni spezzati nella Drina

      Nelle acque del fiume Drina, in Bosnia Erzegovina, decine di migranti sono morti nel tentativo di avvicinarsi al sogno di una vita migliore in quell’Europa che li respinge. Volontari del Soccorso alpino di Bijeljina e attivisti sono impegnati nel difficile recupero dei corpi.

      “Finora non mi è mai capitato di sognare uno dei corpi ritrovati, non ho mai avuto incubi. Proprio mai. Credo sia una questione di approccio. Soltanto chi non ha la coscienza pulita fa incubi”, afferma Nenad Jovanović, 37 anni, membro della squadra del Soccorso alpino di Bijeljina.

      Negli ultimi sei anni, Jovanović ha partecipato alle operazioni di recupero di oltre cinquanta corpi di migranti nell’area che si estende dal villaggio di Branjevo alla foce del fiume Drina [nella Bosnia orientale], tutti di età inferiore ai quarant’anni, annegati nel tentativo di entrare in Bosnia Erzegovina dalla Serbia, per poi proseguire il loro viaggio verso altri paesi europei, in cerca di un posto sicuro per sé e per i propri familiari.

      “Ogni volta che scoppia un nuovo conflitto in Medio Oriente, in Afghanistan, Iraq o altrove, assistiamo ad un aumento degli arrivi di migranti in cerca di salvezza nei paesi dell’Unione europea. Purtroppo, per alcuni di loro la Drina si rivela un ostacolo insormontabile. Il loro è un destino doloroso che può capitare a chiunque”, spiega Nenad Jovanović.

      Durante le operazioni di recupero dei corpi, Jovanović più volte è stato costretto a gettarsi nel fiume in piena, rischiando la propria vita.

      “Recentemente abbiamo recuperato il corpo di un uomo proveniente dall’Afghanistan. Era in acqua da circa un anno. I pescatori che per primi lo avevano notato non erano nemmeno sicuri che si trattasse di un corpo umano. Potete immaginare lo stato in cui si trovava”, afferma Jovanović.

      Un suo collega, Miroslav Vujanović, si sofferma sull’aspetto umano del lavoro del soccorritore. “A prescindere dallo stato di decomposizione, cerchiamo in tutti in modi possibili di recuperare il corpo nelle condizioni in cui lo troviamo. Nulla deve essere perso, nemmeno i vestiti. Perché siamo tutti esseri umani. Nel momento del recupero di un corpo magari non pensi alla sua identità, cerchi di fare il tuo lavoro in modo professionale e basta. Poi però quando torni a casa e vedi tua moglie e i figli, inizi a chiederti chi fosse quell’uomo e se anche lui avesse una famiglia. È del tutto normale riflettere su queste cose. Sono però pensieri intimi, che tendiamo a tenere dentro”.

      I volontari del Soccorso alpino di Bijeljina hanno partecipato anche alle operazioni di ricerca e assistenza alle popolazioni colpite dal terremoto nella regione di Banovina (in Croazia) nel 2020 e alle vittime del terremoto che l’anno scorso ha devastato la Turchia. In tutte queste operazioni sono stati costretti ad utilizzare le attrezzature prese in prestito o noleggiate, perché le autorità locali non rispettano gli accordi di cooperazione stipulati con altri paesi. Del resto, la Bosnia Erzegovina è il paese delle assurdità. Lo confermano anche i nostri interlocutori, aggiungendo che a volte si sentono incompresi anche dai loro familiari.

      “Mia moglie spesso si chiede come io possa fare questo lavoro. Oppure invito ospiti a casa per la celebrazione del santo della famiglia, e proprio quando stiamo per tagliare il pane tradizionale, mi chiama la polizia dicendo di aver trovato un cadavere nella Drina. Quindi, mi scuso con gli ospiti, chiedo loro di rimanere e vado a fare il mio lavoro. Non è un lavoro facile, ma per me la più grande soddisfazione è sapere che quel corpo recuperato sarà sepolto degnamente e che la famiglia della vittima, straziata dalla sofferenza, finalmente troverà pace”, spiega Nenad Jovanović.

      Recentemente, Jovanović, insieme ai suoi colleghi Miroslav Vujanović e Safet Omerbegić, ha partecipato ad una cerimonia di commemorazione in memoria dei migranti scomparsi e morti ai confini d’Europa. In quell’occasione sono state inaugurate le lapidi delle tombe dei sedici migranti sepolti nel nuovo cimitero di Bijeljina, situato nel quartiere di Hase. Trattandosi di corpi non identificati, ciascuna delle lastre in marmo nero reca incise, a caratteri dorati, la sigla N.N e l’anno della morte.

      Nel cimitero è stato piantato anche un filare di alberi in memoria delle vittime e sono state collocate due targhe commemorative con la scritta: “Non dimenticheremo mai voi e i vostri sogni spezzati nella Drina”. L’iniziativa è stata realizzata grazie al sostegno dell’associazione austriaca «SOS Balkanroute» e di Nihad Suljić, attivista di Tuzla, che da anni fornisce assistenza concreta ai rifugiati e partecipa alle procedure di identificazione e sepoltura dei morti.

      “Per noi è un grande onore e privilegio sostenere simili progetti. Si tratta di un’iniziativa pionieristica che può fungere da modello per l’intera regione. Per quanto possa sembrare paradossale, siamo contenti che queste persone, a differenza di tante altre, abbiano almeno una tomba. Abbiamo voluto che le loro tombe fossero dignitose e che non venissero lasciate al degrado, come accaduto recentemente a Zvornik”, sottolinea Petar Rosandić dell’associazione SOS Balkanroute.

      Rosandić spiega che la sistemazione delle tombe dei migranti nei cimiteri di Bijeljina e Zvornik è frutto di un’iniziativa di cooperazione transfrontaliera a cui hanno partecipato anche le comunità religiose di Vienna. Queste comunità, che durante la Seconda guerra mondiale erano impegnate nel salvataggio degli ebrei, oggi partecipano a diversi progetti a sostegno dei migranti lungo le frontiere esterne dell’UE.

      “Sulle lastre c’è scritto che si tratta di persone non identificate, ma noi sappiano che in ogni tomba giace il corpo di un giovane uomo i cui sogni si sono spezzati nella Drina. Ognuno di loro aveva una famiglia, un passato, i propri desideri e le proprie aspirazioni. Il loro unico peccato, secondo gli standard europei, era quello di avere un passaporto sbagliato, quindi sono stati costretti a intraprendere strade pericolose per raggiungere i luoghi dove speravano di trovare serenità e un futuro migliore”, afferma l’attivista Nihad Suljić.

      Suljić poi spiega che nel prossimo periodo i ricercatori e gli attivisti si impegneranno al massimo per instaurare una collaborazione con diverse istituzioni e organizzazioni. L’obiettivo è quello di identificare le persone sepolte in modo da restituire loro un’identità e permettere alle loro famiglie di avviare un processo di lutto.

      “Questi monumenti neri sono le colonne della vergogna dell’Unione europea – commenta Suljić - non è stata la Drina a uccidere queste persone, bensì la politica delle frontiere chiuse. Se avessero avuto un altro modo per raggiungere un posto sicuro dove costruire una vita migliore, sicuramente non sarebbero andati in cerca di pace attraversando mari, fiumi e fili spinati. Le loro tombe testimonieranno per sempre la vergogna e il regime criminale dell’UE”.

      Suljić ha invitato i cittadini dell’UE che hanno partecipato alla cerimonia di commemorazione a Bijeljina a chiamare i governi dei loro paesi ad assumersi la propria responsabilità.

      “Non abbiamo bisogno di donazioni né di corone di fiori. Vi invito però a inviare un messaggio ai vostri governi, a tutti i responsabili dell’attuazione di queste politiche, per spiegare loro le conseguenze delle frontiere chiuse, frontiere che uccidono gli esseri umani, ma anche i valori europei”.

      Dalla chiusura del corridoio sicuro lungo la rotta balcanica [nel 2015], nell’area di Bijeljina, Zvornik e Bratunac sono stati ritrovati circa sessanta corpi di migranti annegati nel fiume Drina. Stando ai dati raccolti da un gruppo di attivisti e ricercatori, nel periodo compreso tra gennaio 2014 e dicembre 2023 lungo il tratto della rotta balcanica che include sei paesi (Macedonia del Nord, Kosovo, Serbia, Bosnia Erzegovina, Croazia e Slovenia) hanno perso la vita 346 persone in movimento. Trattandosi di dati reperiti da fonti pubbliche, i ricercatori sottolineano che il numero effettivo di vittime con ogni probabilità è molto più alto. In molti casi, la tragica sorte dei migranti è direttamente legata ai respingimenti effettuati dalle autorità locali e dai membri dell’agenzia Frontex.

      “La morte alle frontiere è ormai parte integrante di un regime di controllo che alcuni autori definiscono un crimine in tempo di pace, una forma di violenza amministrativa e istituzionale finalizzata a mantenere in vita un determinato ordine sociale. Molte persone morte ai confini restano invisibili, come sono invisibili anche le persone scomparse. I decessi e le sparizioni spesso non vengono denunciati, e alcuni corpi non vengono mai ritrovati”, spiega Marijana Hameršak, ricercatrice dell’Istituto di etnologia e studi sul folklore di Zagabria, responsabile di un progetto sui meccanismi di gestione dei flussi migratori alle periferie dell’UE.

      In assenza di un database regionale e di iniziative di cooperazione transfrontaliera, sono i volontari e gli attivisti a portare avanti le azioni di ricerca di persone scomparse e i tentativi di identificazione dei corpi. Al termine della cerimonia di commemorazione, a Bijeljina si è tenuta una conferenza per discutere di questo tema.

      “Molte famiglie non sanno a chi rivolgersi, non hanno mai ricevuto indicazioni chiare. Finora le istituzioni non hanno mai voluto impegnarsi su questo fronte. Spero che a breve ognuno si assuma la propria responsabilità e faccia il proprio lavoro, perché non è normale che noi, attivisti e volontari, portiamo avanti questo processo”, denuncia Nihad Suljić.

      A dare un contributo fondamentale è anche Vidak Simić, patologo ed esperto forense di Bijeljina. Dal 2016 Simić ha eseguito l’autopsia e prelevato un campione di DNA di circa quaranta corpi di migranti, per la maggior parte rinvenuti nel fiume Drina.

      “Questa vicenda mi opprime, non mi sento bene perché non riesco a portare a termine il mio lavoro. Credo profondamente nel giuramento di Ippocrate e lo rispetto. Le leggi e altre norme mi obbligano a conservare i campioni per sei mesi, ho deciso però di conservarli per tutto il tempo necessario, in attesa che il sistema venga cambiato. La mia idea è di raccogliere tutti questi campioni, creare profili genetici individuali, pubblicarli su un sito appositamente creato in modo da aiutare le famiglie – in Afghanistan, Pakistan, Algeria, Marocco e in altri paesi – che cercano i loro cari scomparsi.

      Lo auspicano anche il padre, la madre, la sorella e i fratelli di Aziz Alimi, vent’anni, proveniente dall’Afghanistan, che nel settembre dello scorso anno, nel tentativo di raggiungere la Bosnia Erzegovina dalla Serbia, aveva deciso di attraversare la Drina a nuoto con altri tre ragazzi. Poco dopo la sua scomparsa, nello stesso luogo da dove Aziz per l’ultima volta aveva contattato uno dei suoi fratelli, è stato ritrovato un corpo.

      Dal momento che non è stato possibile identificare il corpo per via del pessimo stato in cui si trovava, i familiari di Aziz, che nel frattempo hanno trovato rifugio in Iran, hanno inviato un campione del suo DNA in Bosnia Erzegovina. Ripongono fiducia nelle istituzioni e nei cittadini bosniaco-erzegovesi per garantire ad Aziz almeno una sepoltura dignitosa.

      Ai presenti alla conferenza di Bijeljina si è rivolta anche la sorella di Aziz, Zahra Alimi, intervenuta con un videomessaggio. “Non abbiamo parenti in Europa che possano aiutarci e davvero non sappiamo cosa fare. Per favore aiutateci, nostro padre è affetto da un tumore e nostra madre ha sofferto molto dopo aver appreso la triste notizia [della scomparsa di Aziz]. Possiamo contare solo su di voi”.

      https://www.balcanicaucaso.org/aree/Bosnia-Erzegovina/Rotta-balcanica-i-sogni-spezzati-nella-Drina-229948
      #route_des_Balkans #Balkans #rivière #Bosnie-Hezégovine #migrations #réfugiés #mourir_aux_frontières #morts_aux_frontières #Bijeljina #Branjevo #Nenad_Jovanović #Nenad_Jovanovic #Serbie #frontières #commémoration #mémoire #cimetière #tombes #SOS_Balkanroute #Nihad_Suljić #Nihad_Suljic #dignité #monument #responsabilité

  • Dieter Hallervorden - Die Nazikneipe in Schweinewalde
    https://www.youtube.com/watch?v=6tpEXvWUeIw

    Vous connaissez la blague : Quand ca ça fait coin-coin comme un canard, se dandine comme un canard et nage comme un canard c’est bien un canard ..
    C’est pareil pour les fachos de province (Schweinewalde ou forêt des cochons est un homonyme ou prèsque de plusieurs villages du Brandebourg dont le nom se termine par -walde ). Si on regade bien, on les recommît facilement, même s’ils prétendent d’être des citoyens démocratiques indignés.

    #nazis #Allemagne #Brandebourg #sketch #humour #parodie

  • #Shtetl

    Juif polonais ayant survécu à l’#Holocauste, le réalisateur accompagne son ami Nathan sur la trace de sa famille, originaire de #Bransk, petite ville de #Pologne. Ils vont rencontrer Zbyszek Romaniuk, jeune Polonais féru d’histoire locale, avec qui, depuis un certain temps, Nathan est en relation épistolaire. Tous trois, en interrogeant les lieux et des témoins, tentent de retrouver les empreintes du passé juif de Bransk. Le shtetl a disparu quand 2 500 juifs furent déportés à Tréblinka... Plus tard, Zbyszek se rend aux États-Unis dans des familles juives originaires de Bransk. Mais quand ses recherches le conduisent en Israël, il se heurte à de jeunes étudiants, qui lui reprochent l’#antisémitisme polonais. De retour en Pologne, il sera au contraire critiqué et menacé à cause de son intérêt pour l’histoire juive de Bransk. Devenu maire-adjoint de la petite ville, il finira par occulter cet aspect du passé.

    http://www.film-documentaire.fr/4DACTION/w_fiche_film/7160_0
    #traces #histoire #mémoire #film #film_documentaire #documentaire

  • Hôpital public : « Quand la situation est dégradée au point de mettre les patients en danger, c’est un devoir moral de dénoncer l’inacceptable »

    Alors que le 13 janvier, au CHU de Dijon, Gabriel Attal a promis de mettre l’hôpital en haut de la pile des problèmes à résoudre, un collectif rassemblant plus de 230 médecins, soignants et personnels hospitaliers dénonce, dans une tribune au « Monde », la répression qui s’abat sur celles et ceux qui alertent sur les dysfonctionnements.

    Irène Frachon a permis la condamnation du laboratoire Servier en appel le 20 décembre 2023. C’est la victoire de la « fille de Brest » – et celle de milliers de victimes – qui a réussi à montrer qu’elle avait raison de s’être attaquée au si puissant lobby pharmaceutique. Elle restera un exemple pour ces femmes et ces hommes, souvent anonymes, témoignant de la situation catastrophique de l’#hôpital public.
    Ces lanceurs d’alerte, impliqués au quotidien auprès des #patients, ne voulant rien d’autre que d’être entendus, ont pourtant été punis de leur bonne foi. Sébastien Harscoat à Strasbourg, ou Caroline Brémaud à Laval le savent : alerter, pour le bien de la communauté, est dangereux. Les lanceurs d’alerte, pour le sociologue Francis Chateauraynaud, auteur de Alertes et lanceurs d’alerte (« Que sais-je ? », PUF, 2020), ne sont pas les dénonciateurs de fautes, de fraudes ou de mauvais traitements, mais des personnes ou des groupes qui, rompant le silence, signalent l’imminence, ou la simple possibilité, d’un enchaînement catastrophique.

    C’est exactement ce qui se passe à l’hôpital public. Depuis quelques années, aides-soignantes, infirmières, secrétaires médicales, psychologues, assistantes sociales, cadres de santé, patients, médecins, chefs de service… témoignent de la dégradation de l’#accès_aux_soins et de l’hôpital public. Ils alertent les pouvoirs publics, les élus et les patients présents, ou futurs, par la presse et les réseaux sociaux, sur la situation de notre système de #santé, espérant arrêter la spirale infernale. Pénuries de personnel, accueils inadéquats des patients, pertes de chance, voire morts inattendues ou évitables, sont désormais médiatisés.

    En 2022 une #surmortalité de 50 000 décès a été constatée par l’Insee. Aujourd’hui, plus personne, même le gouvernement, ne nie la dégradation de l’hôpital public et de l’accès aux soins pour tous. Brigitte Bourguignon, éphémère ministre de la santé, avait qualifié les collectifs d’hospitaliers et d’usagers d’ « oiseaux de mauvais augure », mais les collectifs de défense de l’hôpital public ne sont pas des prophètes de malheur : ils sont des optimistes voulant sauver notre système public.

    7 000 lits ont été fermés en 2022
    Ils dénoncent la communication mensongère sur des milliards providentiels qui ne sont que l’addition de fonds alloués au privé et au public sur la prochaine décennie, et rappellent les faits : on ne compte plus le nombre de services d’urgences « régulés » pour ne pas dire fermés (163 sur 389 à l’été 2023), les files d’attente de brancards sur les parkings des hôpitaux – à Strasbourg, le parking a vu pour Noël se monter une tente pour accueillir les patients –, l’attente prolongée des patients les plus âgés entraînant une surmortalité de 4 %.

    Et pourtant, près de 7 000 lits ont encore été fermés en 2022, et 3 milliards d’économies sont prévues en 2024. Les établissements hospitaliers doivent administrer sur des objectifs comptables, les #soignants continuent à fuir (50 % de départ des infirmières à dix ans de carrière) et près du tiers des postes de médecins hospitaliers sont vacants.

    Les lanceurs d’alerte qui s’exposent pour défendre l’institution, au lieu d’être écoutés, sont maintenant punis, sous prétexte d’un #devoir_de_réserve évoqué à chaque fois qu’une alerte est lancée. Ils sont parfois mis à l’écart ou démis de leurs chefferies de service (comme Caroline Brémaud à Laval), subissent sans « réserve » entretiens de recadrage (comme Sébastien Harscoat), audits internes à charge, blocages de mutation de service.

    Une situation indigne d’une démocratie sanitaire
    Les exemples se multiplient, pas toujours médiatisés par peur des #sanctions, obligeant certains à quitter leur service, leur hôpital voire l’hôpital public pour lequel ils s’étaient pleinement investis. Pourtant, la loi les protège. La loi du 21 mars 2022 précise : « Un lanceur d’alerte est une personne physique qui signale ou divulgue, sans contrepartie financière directe et de bonne foi, des informations portant sur un crime, un délit, une menace ou un préjudice pour l’intérêt général (…). » C’est de cela qu’il s’agit, quand certains de nos « héros d’un jour » risquent leur carrière hospitalière pour défendre la santé, comprise comme bien commun.

    Quand la situation est dégradée au point de mettre les patients en danger, c’est un devoir moral de dénoncer l’inacceptable. A l’inverse, le silence est coupable et doit être questionné, y compris pour les directions hospitalières soumises directement à des injonctions insoutenables. Mettre la poussière sous le tapis, cacher les brancards derrière des paravents et faire taire les lanceurs d’alerte est indigne d’une démocratie sanitaire, de ce qu’on doit à la population. Interdire de mettre des mots sur les maux n’est pas un remède ; c’est une faute, comme étouffer la réalité avec le sophisme du pire.

    Les collectifs de défense de l’hôpital public et de notre système de santé universel demandent que ces actions d’intimidations voire de représailles cessent et que tous ensemble nous puissions travailler sereinement pour la sauvegarde de ce qui était jadis, selon l’Organisation mondiale de la santé (OMS), le meilleur système de santé du monde. Alerter est la première étape de la reconstruction et non, comme certains dirigeants veulent nous faire croire, la dernière étape de l’effondrement.

    Les premiers signataires : Philippe Bizouarn, anesthésiste-réanimateur, CHU Nantes, Collectif inter-hôpitaux ; Caroline Brémaud, urgentiste, CH Laval ; Sophie Crozier, neurologue, CHU de la Pitié-Salpétrière, Collectif inter-hôpitaux ; Sebastien Harscoat, urgentiste, CHU Strasbourg, Collectif inter-hôpitaux ; Véronique Hentgen, pédiatre, CH Versailles, Collectif inter-hôpitaux ; Corinne Jacques, aide-soignante, Collectif inter-urgences ; Cécile Neffati, psychologue, CH Draguignan, Collectif inter-hôpitaux ; Sylvie Pécard, IDE, CHU Saint-Louis, Collectif inter-hôpitaux ; Vincent Poindron, médecine interne, CHU Strasbourg, Collectif inter-hôpitaux ; Pierre Schwob, IDE Collectif inter-urgences.
    Liste complète des signataires : https://vigneaucm.wordpress.com/2024/01/15/signataires-tribune-le-monde-lanceurs-dalerte

    https://www.lemonde.fr/idees/article/2024/01/15/hopital-public-quand-la-situation-est-degradee-au-point-de-mettre-les-patien

    • @CollectInterHop
      https://twitter.com/CollectInterHop/status/1746981442524000465

      En attendant des mesures concrètes pour l’hôpital, aux #urgences

      6 heures d’attente et 50 brancards dans les couloirs : les urgences du CHU de Dijon saturées
      https://france3-regions.francetvinfo.fr/bourgogne-franche-comte/cote-d-or/dijon/6-heures-d-attente-50-brancards-dans-les-couloirs-les-u

      Selon la Fédération hospitalière de France (FHF), la situation dans les services d’urgences s’est dégradée de 41 % cette année par rapport à 2022. Quant à l’accès aux lits d’hospitalisation, la situation s’est détériorée de 52 % en un an d’après la FHF.

      #lits #brancards

    • Santé : Gabriel Attal critiqué pour sa « communication trompeuse » sur les 32 milliards d’euros supplémentaires annoncés
      https://www.lemonde.fr/societe/article/2024/01/15/sante-gabriel-attal-critique-pour-sa-communication-trompeuse-sur-les-32-mill

      En visite samedi au CHU de Dijon, le premier ministre a chiffré à « 32 milliards d’euros supplémentaires » sur les « cinq ans à venir (…) l’investissement » prévu dans le système de soins. Une non-annonce qui a suscité de sévères réactions des professionnels du secteur.

      S’il s’agissait d’envoyer un signal positif au secteur de la santé, ça n’a pas marché. Quarante-huit heures après le premier déplacement, samedi 13 janvier, du nouveau chef du gouvernement, Gabriel Attal, dans un hôpital, le scepticisme n’a fait que croître chez les acteurs du soin. En cause : un « coup de communication » peu apprécié par une communauté professionnelle sous tension.

      En visite au centre hospitalier universitaire de Dijon, M. Attal a chiffré, devant la presse, à « 32 milliards d’euros supplémentaires » sur les « cinq ans à venir (…) l’investissement » prévu dans le système de soins. « Je le dis, notre hôpital et nos soignants, c’est un trésor national », a-t-il affirmé, aux côtés de la nouvelle ministre chargée de la santé, Catherine Vautrin.

      L’annonce a, de prime abord, semblé conséquente. Etait-ce là une nouvelle « enveloppe » fortement attendue dans un secteur en crise depuis des mois ? La question a résonné dans les médias. Avant que l’entourage du premier ministre n’apporte une réponse, en forme de rétropédalage : ces 32 milliards d’euros correspondent à la « hausse du budget de la branche maladie qui a été adoptée dans la dernière loi de financement de la Sécurité sociale », concernant l’hôpital et la médecine de ville, a fait savoir Matignon.
      Un montant pas tout à fait « nouveau », en somme. Rien que pour l’hôpital, cela représente 3 milliards d’euros supplémentaires en 2024 par rapport à 2023, a-t-on aussi précisé dans l’entourage de M. Attal. Selon les documents budgétaires, les dépenses de la branche maladie passeront de 242,2 milliards d’euros en 2022 à 273,9 milliards d’euros en 2027.

      « Pensée magique »
      « Communication trompeuse », « effet d’annonce », « pensée magique »… Les réactions ont été sévères. « On ne peut pas présenter un budget déjà voté pour les prochaines années comme des “milliards supplémentaires” », a fait valoir, dès dimanche par la voie d’un communiqué, le Collectif inter-hôpitaux, appelant de ses vœux un « cap politique clair pour les prochaines années et des mesures fortes aptes à faire revenir les soignants partis de l’hôpital ».

      Annoncer en fanfare comme des nouveautés des budgets déjà attribués, c’est une entourloupe classique. D’habitude ça ne se chiffre pas en milliards et le procédé vise des secteurs de la société qui n’ont pas droit de cité (les chômeurs et précaires, par exemple).
      On est en train de demander au petit socle électoral du macronisme de faire l’impasse sur la manière dont, pour la plupart, ils ne sont pas et ne seront pas soignés un tant soit peu correctement.

      #budget

      #communication_gouvernementale #gouvernement_kamikaze

    • Système de soins en crise : « C’est terriblement dangereux, pour les soignants comme pour les patients »
      https://www.lemonde.fr/societe/article/2024/01/24/systeme-de-soins-en-crise-c-est-terriblement-dangereux-pour-les-soignants-co

      Par Mattea Battaglia et Camille Stromboni

      DÉCRYPTAGE Plongée dans un système de soins où la crise s’éternise, en ville comme à l’hôpital, de Lille à Strasbourg, en passant par la Mayenne.

      Brigitte Bourguignon, François Braun, Aurélien Rousseau, Agnès Firmin Le Bodo et, depuis le dernier remaniement, le 11 janvier, Catherine Vautrin… Un ministre de la santé chasse l’autre, à un poste qui a rarement semblé aussi instable que sous ce second quinquennat d’Emmanuel Macron. Et le système de soins, lui, s’enfonce dans la crise. C’est en tout cas le sentiment d’une large frange de soignants : les services hospitaliers sont saturés, les cabinets des médecins libéraux ne désemplissent pas. « Le système craque », répète-t-on sur le terrain. Mais avec le sentiment de ne plus être entendu.

      La crise sanitaire avait marqué une rupture et polarisé l’attention sur la situation des hôpitaux et des soignants. C’était encore le cas il y a un an, avec le déferlement d’une « triple épidémie » mêlant grippe, Covid-19 et bronchiolite sur les services hospitaliers, des pénuries de médicaments constatées un peu partout, un mouvement de grève des médecins libéraux…

      Et après ? « Rien ne change, mais plus personne n’ose rien dire, lâche Marc Noizet, à la tête du syndicat SAMU-Urgences de France. Tout doucement, on en arrive à une résignation complète. C’est terriblement dangereux, pour les soignants comme pour les patients. » « On est dans une course permanente pour garder la tête hors de l’eau, témoigne Luc Duquesnel, patron des généralistes de la Confédération des syndicats médicaux français. Pour beaucoup de collègues, la question n’est plus de savoir quand ça va s’améliorer, mais jusqu’où ils vont pouvoir tenir… »

      « Délestages » à la maternité de Lille

      De Lille à Strasbourg, de Créteil à la Mayenne, les symptômes d’une « maladie » qui ronge le système de soins continuent d’apparaître, toujours les mêmes – des bras qui manquent, des services qui ferment ou fonctionnent de manière dégradée, des déserts médicaux qui s’étendent, des patients qui ne trouvent pas de rendez-vous… Sans que la réponse politique paraisse à même d’inverser la tendance.

      A la maternité Jeanne-de-Flandre, au CHU de Lille – l’une des plus grandes de France –, la décision fait grand bruit : face au manque de pédiatres néonatologues, des transferts de patientes sont organisés, depuis décembre 2023, vers d’autres hôpitaux de la région, et jusqu’en Belgique. « La maternité continue de fonctionner normalement, seules certaines prises en charge en lien avec la réanimation néonatale sont orientées vers d’autres établissements partenaires », précise-t-on à la direction du CHU, tout en soulignant que des transferts de ce type ne sont pas inédits. Reste que ce « délestage » organisé devrait durer jusqu’en mai, le temps de reconstituer l’effectif médical.

      « Tant que c’étaient seulement les petites maternités qui fermaient, comme cela s’est encore produit tout l’été, le sujet restait sous les radars », pointe Bertrand de Rochambeau, président du Syndicat des gynécologues et obstétriciens de France. « Mais, là, on est dans une autre dimension », alerte-t-il, relevant qu’il s’agit d’un service de niveau 3 (en charge des grossesses les plus à risque), dans une grande métropole.

      Manque de lits d’aval

      Devant les urgences du Nouvel Hôpital civil de Strasbourg, ce qui devait être une « solution provisoire » pour réduire les délais d’attente est toujours d’actualité : l’unité sanitaire mobile, permettant d’accueillir jusqu’à huit personnes et de libérer plus rapidement les transporteurs (ambulances et véhicules de pompiers), sera installée là aussi longtemps que nécessaire, explique-t-on à l’hôpital. Déployé quelques jours avant Noël, le préfabriqué devait être démonté le 2 janvier. Depuis deux semaines, des ambulanciers ont pris le relais des sapeurs-pompiers initialement postés : un accueil « insuffisamment sécurisé », s’inquiète Christian Prud’homme, infirmier anesthésiste et secrétaire du syndicat FO aux hôpitaux universitaires de Strasbourg. Ce que l’hôpital dément.

      Aux urgences de Nantes, le décès, le 2 janvier, d’une patiente âgée qui était dans la « file d’attente » depuis près de quatre heures, a provoqué un vif émoi chez les soignants. « Cette dame serait décédée très probablement, mais cela aurait été plus acceptable pour tout le monde [si c’était arrivé] dans des conditions moins indignes », estime Eric Batard, chef de service. Elle avait été vue, à son arrivée, par l’infirmier d’accueil, qui n’avait pas constaté de signe de risque vital, et attendait d’être examinée par un médecin.

      Dernier épisode en date : ce mardi 23 janvier, l’hôpital Nord Franche-Comté a fait savoir qu’il devait recourir à la « #réserve_sanitaire » face à des tensions majeures aux urgences et en médecine. Le renfort de trois médecins, de dix infirmiers et de dix aides-soignants est prévu du 24 au 30 janvier.

      Les difficultés actuelles vont « bien au-delà des urgences ou des maternités », relève David Piney, le numéro deux de la Conférence des présidents de commissions médicales d’établissement de centres hospitaliers. « Les équipes sont à flux tendu, des services de médecine polyvalente comme d’autres spécialités sont aussi saturés… Dès qu’il y a un imprévu, c’est toute l’organisation qui se bloque. »

      Dans ce tableau sombre, quelques signaux d’amélioration sont pointés ici ou là. A la fin de l’année 2023, le patron de l’Assistance publique-Hôpitaux de Paris, Nicolas Revel, a ainsi relevé un « frémissement » dans les recrutements, plus favorables, chez les infirmiers – le point noir qui oblige de nombreux hôpitaux à garder des lits fermés. « On ressent un léger mieux, mais ça reste compliqué », reconnaît le professeur Rémi Salomon, président de la commission médicale d’établissement.

      Médecine de ville : la chute se poursuit

      Si la photographie des difficultés hospitalières se dessine, par petites touches, dans la presse ou sur les réseaux sociaux, qui relaient au quotidien les alertes et mobilisations de soignants comme de patients, les tensions qui pèsent sur la #médecine_de_ville, cette « deuxième jambe » du système de soins, se perçoivent – et se racontent – différemment. Un récit à bas bruit, conséquence d’une démographie médicale déclinante face à une population toujours plus âgée et une demande de soins toujours plus forte.

      Année après année, la chute se poursuit. Chez les généralistes, la densité – soit le nombre de médecins libéraux pour 100 000 habitants – est passée, entre 2013 et 2023, de 96,3 à 83,6, selon la direction de la recherche, des études, de l’évaluation et des statistiques. L’accès aux spécialistes – pédiatres, gynécologues, psychiatres… – est, lui aussi, de plus en plus difficile.

      Cela fait longtemps que les « #déserts_médicaux » ne se réduisent plus aux zones rurales. Symbolique, parce que réputée attractive, la région francilienne connaît également une détérioration de l’accès aux soins. « On a des médecins formés, il faut leur donner l’envie de s’installer », plaide Bernard Elghozi, généraliste installé dans le quartier du Mont-Mesly, à Créteil, depuis quarante-cinq ans. Cela fait dix ans que ce médecin a atteint l’âge de la retraite, cinq ans qu’il « songe vraiment à [s’]arrêter », confie-t-il, mais ne pas trouver de remplaçant pour « reprendre le flambeau » auprès de ses patients est, pour lui, un « crève-cœur ». « Régulièrement, je leur explique que j’arrêterai à la fin de l’année, et puis je reporte, je tiens… Ils sont peinés, anxieux de ne pas savoir qui va s’occuper d’eux. »

      En cinq ans, en dépit d’un réseau professionnel qu’il s’est aussi forgé comme militant associatif et praticien hospitalier à mi-temps, le docteur Elghozi n’a rencontré que deux libéraux, des pédiatres, possiblement intéressés par la reprise de son cabinet. Mais aucun généraliste.

      A quelque 300 kilomètres de là, en Mayenne, un territoire rural parmi les plus en difficulté, le docteur Luc Duquesnel, patron de la Confédération des syndicats médicaux français, a lui aussi l’attention focalisée sur les « départs ». Sur les dix-neuf #médecins de la maison de santé où il exerce, sept sont partis en retraite, un ailleurs dans le département, un autre en Bretagne… « On est de moins en moins nombreux pour faire des gardes toujours plus lourdes. On n’a pas le choix, on tient, même si on a le sentiment de se prendre un tsunami sur la tête. »

    • Pour la création de l’état de Neu-Israel !!

      Je comprends que notre passé nazi nous oblige moralement à soutenir les Juifs et Israël. C’est d’accord, en tant qu’Allemand tu n’y échappes pas. Je souscris l’unique solution logique du problème : en Palestine les Juifs ne vivront jamais en paix, alors donnons leur de notre propre chef une partie de notre pays.

      La Palestine était un mauvais choix et n’a jamais donné des résultats satisfaisant.

      Mais de là leur filer le Bade-Wurtemberg et la Bavière, les Länder les plus riches d’Allemagne,, non, c’est trop généreux.Vu les prognostiques qui annoncent qu’en septembre la plupart des mairies y seront conquises par l’extrême droite j’opte pour le Brandebourg, la Saxe et la Thuringe.

      Entre la jeunesse de village aux battes de baseball et l’AfD d’un côté et le Likoud avec ses colons de l’autre la différence n’est pas énorme. Ce serait du fair play .

      Fascholand bleibt Fascholand !

      Manque de bol, les Juifs d’Israël préfèrent acheter à Berlin-Mitte parce qu’ils n’osent pas s’en prendre aux hordes de paysans et chômeurs incultes. Mais si on autorisait qu’ils importent Tsahal et le Mossad le rapporte de force serait plus avantageux.

      N.B. Au sein de la chambre des Länder le Bundestat un seul état Nouvel-Israël ne compterait qu’un tier des sièges attribués aux trois Länder actuels. La droite sera moins influente alors à ce niveau. C’est compliqué la politique.

      #Bade-Wurtemberg #Bavière #Thuringe #Saxe #Brandebourg #juifs #philosemitisme #politique #parodie #wtf

  • Uber mißachtet Vorfahrt bei ausgefallener Verkehrsampel : mehrere Schwerverletzte
    https://www.morgenpost.de/berlin/article239370557/berlin-blaulicht-polizeimeldungen-polizei-feuerwehr-unfall-fehrbelliner-p
    https://img.sparknews.funkemedien.de/241030152/241030152_1704260370_v16_9_1200.webp

    So kennt man die Fahrer von Bolt, Uber und anderen Mietwagenplattformen : Ahnungslos, ohne Ausbildung und übermüdet. Die extreme Ausbeutung der Uber-Fahrer ist der Hintergrund vieler Verkehrsunfälle. Es wird Zeit, dass dieses Problem gelöst wird. Die Aufsichtsbehörde muss endlich Mindestlohn und die Einhaltung des Arbeitszeitgesetz durchsetzen.

    3.1.1023 Am Fehrbelliner Platz sind am Dienstagabend Autos kollidiert. Es wurden mehrere Menschen schwer verletzt.

    6.32 Uhr: Mehrere Menschen sind am Dienstagabend bei einem Unfall am Fehrbelliner Platz in Wilmersdorf verletzt worden. Ingesamt waren drei Autos an dem Crash beteiligt, teilte die Polizei am Mittwoch mit. Zum Zeitpunkt des Unfalls war die Ampel an der Kreuzung ausgefallen.

    Ein 49 Jahre alter Autofahrer war gegen 19.30 Uhr auf dem Hohenzollerndamm in Richtung der Stadtautobahn unterwegs. An der Kreuzung Fehrbelliner Platz kollidierte er mit einem 53 Jahre alten Autofahrer eines Fahrdienstunternehmens, der auf der Brandenburgischen Straße in Richtung Berliner Straße fuhr. Durch den Zusammenstoß schleuderte das Auto des Fahrdienstunternehmens, in dem sich vier Fahrgäste befanden, gegen das Fahrzeug eines 37-Jährigen. Dieser war auf der Gegenspur des Hohenzollerndamms unterwegs. Ein Mensch wurde in einem Auto eingeklemmt und mit schwerem Gerät befreit.

    Der 53 Jahre alte Fahrer des Fahrdienstunternehmens und die beiden Mitfahrerinnen im Alter von 20 und 47 Jahren sowie die beiden Mitfahrer im Alter von 28 und 53 Jahren erlitten Verletzungen am Kopf und kamen zur stationären Behandlung in Krankenhäuser. Bei dem 53-jährigen Mitfahrer besteht Lebensgefahr. Der 49-jährige Mann klagte über Kopf- sowie Nackenschmerzen und wurde ambulant am Ort behandelt.

    Die Feuerwehr war den Angaben zufolge mit über 50 Einsatzkräften vor Ort. Erst am frühen Mittwochmorgen schloss die Polizei die Unfallaufnahme ab. Die weiteren Ermittlungen werden von einem Fachkommissariat für Verkehrsdelikte der Polizeidirektion 2 (West) übernommen.

    #Berlin #Wilmersdorf #Fehrbellimer_Platz #Hohenzollerndamm #Brandenburgische_Straße #Uber #Unfall #Arbeit

  • Teure Heimfahrt in Brandenburg: 47-Jähriger missbraucht Polizei als Taxi
    https://www.tagesspiegel.de/potsdam/brandenburg/teure-heimfahrt-in-brandenburg-47-jahriger-missbraucht-polizei-als-taxi

    Polizei als Taxiersatz? Man fragt sich, war das der Bauer mit den dicksten Kartoffeln?

    Das Problem ist echt, nicht lustig. Auf dem Land wie in der Großstadt wird eine neue Taxipolitik benötigt, damit Individualverkehr im ÖPNV weiter aufrecht erhalten werden kann.

    22.12.2023 - Das war eine teure Heimfahrt: In Brandenburg hat ein Mann wegen des Sturms kein Taxi bekommen und rief kurzerhand Polizei und Feuerwehr dafür. Nun muss er die Einsatzkosten übernehmen.

    Ein 47-Jähriger in Klaistow (Landkreis Potsdam-Mittelmark) hat in der Nacht zu Freitag Polizei und Feuerwehr alarmiert, weil er kein Taxi bekam. Der Mann habe bei der Feuerwehr wegen eines umgefallenen Baumes angerufen, sagte ein Polizeisprecher am Freitag. Vor Ort stellten die Feuerwehrleute fest, dass der Mann gelogen hatte, es gab keinen umgefallenen Baum.

    Sie alarmierten die Polizei. Es habe sich herausgestellt, dass der Mann bereits eine Stunde zuvor bei der Polizei anrief, weil er wegen des Sturms kein Taxi bekam und nach Hause gebracht werden wollte. Ein Test ergab einen Atemalkoholwert von 1,09 Promille. Wegen der Wetterlage wurde er dann tatsächlich von der Polizei nach Hause gefahren. Die Kosten für die Fahrt sowie für die Einsätze von Polizei und Feuerwehr muss der Mann tragen. Außerdem läuft eine Anzeige wegen Notrufmissbrauchs gegen ihn.

    #Brandenburg #Taxi

  • „Hauptstadt des Verbrechens“
    https://anwaltsblatt.berlin/hauptstadt-des-verbrechens-2

    Bemerkenswert: Verbrechen als Krankheit, von der Verbrecher befallen werden.

    Von Julia Steinmetz - Zeitreise zu den historischen Gerichts- und Gefängnisgebäuden der 1920er-Jahre.

    Schon der Treffpunkt der Reisegruppe, bestehend aus Mitgliedern des Berliner Anwaltsvereins und des Richterbunds, war am 14. Juni um 16 Uhr ein historischer: der #Tränenpalast an der #Friedrichstraße. Von dort aus sollte das diesjährige Sommerhighlight, die „Krimitour durch Berlin“, organisiert durch den Berliner Anwaltsverein, starten. Aufgrund einer kleinen Busverspätung (der Berliner Verkehr) stellen die beiden Referenten Arne Krasting und Alexander Vogel vor dem Einstieg in den Bus sich und auch die Idee zur gemeinsamen Tour vor.

    Arne Krasting ist Historiker und Autor zweier Bücher. Sein erstes Buch „Fassadengeflüster. Berliner Bauten der Weimarer Republik“ erschien 2021. Gemeinsam mit dem Juristen Alexander Vogel veröffentlichte er 2022 das Buch „Justizgeflüster. Gerichte und Gefängnisse in Berlin“. Um Letzteres sollte es bei der Kriminaltour gehen, in der ein Blick auf die „dunkle Seite“ von Berlin, auch inspiriert von der Kultserie „Babylon Berlin“, geworfen werden sollte. Die Gegend um den #Bahnhof_Friedrichstraße schien hierfür der optimale Startpunkt, war sie doch in den 1920er-Jahren ein Ort des Amüsements, aber auch der Kriminalität und Prostitution mit zahlreichen Theatern und Bars in der Nähe.

    „Die Geschichte Berlins ist eine Geschichte von Kriminalität“

    Die Tour beginnt mit dem zwischenzeitlich eingetroffenen Reisebus, welcher im Inneren mit großen Bildschirmen ausgestattet ist, auf denen die Referenten untermalendendes Bild- und Videomaterial zeigen. Passend zur Fahrt über die Berliner Friedrichstraße und der Straße #Unter_den_Linden berichten die Referenten von der Diebstahlsgeschichte der Quadriga auf dem #Brandenburger_Tor sowie über die weithin bekannte Geschichte des Betrügers Friedrich Wilhelm Voigt, dem Hauptmann von Köpenick. Vorbei an der #Marienkirche, die im 13. Jahrhundert das Zentrum des mittelalterlichen Berlins darstellte und damals Schauplatz eines berüchtigten Lynchmordes wurde, der einen päpstlichen Bann über Berlin nach sich zog und erst nach Zahlungen und dem Aufstellen eines Sühnekreuzes wieder aufgehoben wurde, geht es zum #Alexanderplatz. Vogel macht schon zum Beginn der Tour deutlich: „Die Geschichte Berlins ist eine Geschichte von Kriminalität“.

    DER ALEXANDERPLATZ – SCHON VOR 100 JAHREN EIN KRIMINALITÄTSHOTSPOT

    Da gegen Ende des 19. Jahrhunderts die Kriminalität um den Alexanderplatz immer mehr zunahm, wurde 1890 genau dort das große neue Polizeipräsidium von Berlin gebaut, welches sich vorher am #Molkenmarkt befunden hatte. In das neue Gebäude zog auch der berühmteste Kommissar der Zeit ein: Ernst Gellert, auch der „Buddha vom Alex“ genannt. Er leitete die erste modern arbeitende Mordkommission und erfand, laut Vogel und Krasting, die Tatortarbeit. Auch neu war ein Fernsehformat, was in den zahlreich eröffnenden Berliner Fernsehstuben ab 1935 gezeigt wurde. In „Die Polizei bittet um Mithilfe“ zog Gellert die Bevölkerung in seine Ermittlungsarbeit ein; ein Format, was auch heute noch im Fernsehen zu finden ist. Nach der Fahrt rund um den Alex kommt die Reisegruppe in der #Littenstraße an. Ziel ist hier das Gerichtsgebäude, der sogenannte „Justizpalast“, der 1904 fertiggestellt wurde. Der Architekt des Gebäudes, so erklärt Krasting, sei Otto Schmalz, der für die Architektur vor allem Elemente des Rokokos und des Jugendstils gewählt habe, darüber hinaus gebe es viele Einzelheiten, die Krasting den Teilnehmenden vor Ort und anhand von Bildern erläutert. Nachdem alle Teilnehmer wieder sicher im Bus sitzen, geht die Fahrt über den #Straußberger_Platz, im Mittelalter der als „#Rabenstein“ bekannte Hinrichtungsplatz vor den Toren Berlins, weiter in das #Scheunenviertel.

    DAS VERBRECHERVIERTEL DER 20ER-JAHRE

    Vogel erklärt, dass die Gegend in den 1920er-Jahren der Ort des organisierten Verbrechens in Berlin gewesen sei und daher auch in „Babylon Berlin“ immer wieder Ort des Geschehens ist. In den sogenannten Ring-Vereinen, die ursprünglich gemeinnützige Organisationen zur Wiedereingliederung von Strafgefangenen und ehemaligen Häftlingen sein sollten, entwickelten sich damals kriminelle Strukturen und Verbrecherbörsen. Ort der Planung für die nächsten Coups waren oft Bars und Kneipen wie die „Mulackritze“, in der sich Gestalten wie „Muskel- Adolf“ oder Adolf Leu (der Schränker) trafen.

    „In den sogenannten Ring-Vereinen entwickelten sich damals kriminelle Strukturen und Verbrecherbörsen“

    Wie sehr Verbrechen und Tod zu dieser Zeit zum Alltag der Bevölkerung dazugehörten, wird auch in der #Hannoverschen_Straße 6 deutlich, dem ehemaligen Leichenschauhaus. Hier war es laut Vogel in den 1920er-Jahren üblich, am Sonntag zur Leichenschau zu kommen, in der unbekannte Opfer von Tötungstaten hinter Glasfenstern ausgestellt wurden, damit Besucher diese identifizieren konnten.

    RUND UM DIE LEHRTER STRASSE

    Ziel der letzten Station der Tour sollte die Gegend um die #Lehrter_Straße sein, in der seit den 1840er-Jahren verschiedene Gefängnisgebäude entstanden waren, die heute nur noch teilweise bestehen. An das große Zellengefängnis in der Lehrter Straße erinnert nur noch der Geschichtspark Zellengefängnis #Moabit, der 2006 eröffnet wurde. Kriminalität wurde 1840 als ansteckende Krankheit angesehen, sodass Ziel des damaligen Gefängnisneubaus die Unterbringung der Gefangenen in Einzelzellen war, in der zwischenmenschliche Kommunikation nicht möglich sein sollte. Auch beim einstündigen Freigang am Tag kamen die Gefangenen durch die panoptische Architektur niemals mit ihren Mithäftlingen in Kontakt. Diese unmenschliche Art der Unterbringung bestand bis 1910. Nach dem Attentat auf Adolf Hitler 1944 wurden in dem Gefängnis verdächtigte Beteiligte festgehalten, unter anderem Albrecht Haushofer und Klaus Bonhoeffer, die im April 1945 dort erschossen wurden. Ersterer schrieb während seiner Gefangenschaft die „Moabiter Sonette“, 80 Gedichte, die heute im Park in einer nachempfundenen Zelle über Lautsprecher vorgelesen werden.

    Zu Fuß ging es zum Schluss noch zum ehemaligen Frauengefängnis in der #Lehrter_Straße 60, in dem von 1945–1985 weibliche Gefangene aus Westberlin untergebracht waren. Ursprünglich war dieses Gebäude eine Militär-Arrestanstalt, nach dem Ersten Weltkrieg ein Gefängnis für Männer ohne Militärgerichtsbarkeit, in dem auch Kurt Tucholsky einsaß. 1973 und 1975 gelingt weiblichen Gefangenen zweimal der spektakuläre Ausbruch aus dem Gefängnis, sodass anschließend ein neues Frauengefängnis in Berlin-Charlottenburg gebaut wurde. Seit 2012 steht das Gebäude leer. Zukünftig geplant sei hier, laut Krasting, Proberäume für Musiker und Kunstateliers unterzubringen. Zudem diente das ehemalige Gefängnis als Drehort für „Babylon Berlin“.

    Auf dem Weg zurück zur Friedrichstraße und somit dem Endpunkt der gemeinsamen Tour erzählten die Referenten noch einen letzten Fall: die „Pleiten, Pech und Pannen-Karriere“ der Gebrüder Sass, Einbrecher, die als erstes auf die Idee kamen, Geldschränke nicht mehr aufzustemmen, sondern aufzuschweißen. Gegen 18:30 Uhr endete die sehr kurzweilige, höchst interessante Tour, an die alle Teilnehmenden sicher gern zurückdenken werden.

    #Berlin #Geschiichte #Kriminalität #Stadtführung #Sightseeing #Krankheit #Fernsehstube #Fernseh-Großbildstelle

  • Tesla-Fabrik in Grünheide : Offenbar dreimal so viele Arbeitsunfälle wie bei Audi
    https://www.berliner-zeitung.de/wirtschaft-verantwortung/tesla-fabrik-in-gruenheide-offenbar-dreimal-so-viele-arbeitsunfaell

    La région au portes de Berlin s’est battue pour acceuillir l’usine Tesla, le Land Brandebourg a subventionné et autorisé l’usine tout en obligeant les riverains à accepter le risque de ne pouvoir plus prendre de douche qu’avec de l’eau embouteillé à cause de la surconsommation d’eau par l’usine. Cet article nous informe que l’hyper rentabilité de Tesla est accompagnée d’un nombre d’accidents de travail grave trois fois plus élevé que dans les usines Audi.

    La règle du jeu se confirme : le taux de rentabilité est en relation évidente avec le taux des accidents du travail
    cf. https://seenthis.net/messages/1018902

    Les accidents entrainant une pollution importante sont également courants dans l’usine de Mister Musk. On s’en doutait. Bonjour la douche à l’eau minérale.

    28.9.2023 von Jens Blankennagel - Teslas erste Fabrik in Europa sorgt weiter für Schlagzeilen und erheblichen Wirbel. In der sogenannten Gigafactory bei Grünheide in Ostbrandenburg haben sich offenbar ungewöhnlich viele Arbeitsunfälle ereignet. Das berichtet das Magazin Stern in seiner aktuellen Ausgabe. Das Magazin konnte bislang unbekannte Unterlagen der Behörden einsehen.

    Dort heißt es, dass 247 Mal Rettungswagen oder Hubschrauber angefordert worden seien. „Auf die Mitarbeiter-Zahl umgerechnet, seien dies – in ähnlichem Zeitraum – dreimal so viele Notfälle wie beispielsweise in Audis Werk in Ingolstadt“, teilt der Stern mit.

    Auch habe es 23 Umweltunfälle auf dem Tesla-Gelände gegeben. Immer wieder seien Schadstoffe ausgelaufen, schreibt der Stern. Schon geringe Mengen könnten das Grundwasser von 170.000 Einwohnern direkt an der Grenze zu Berlin gefährden. Denn die Fabrik steht zu großen Teilen auf einem Trinkwasserschutzgebiet.

    Zudem ist am Mittwochabend eine seit Wochen geplante politische Intrige zur Entmachtung im Umfeld der Fabrik gescheitert. Dabei geht es um die Wasserversorgung der Fabrik des Multimilliardärs Elon Musk. Das Wasser ist der wichtigste Kritikpunkt der Gegner dieser mit geschätzt fast sechs Milliarden Euro Baukosten größten industriellen Investition in Ostdeutschland. Die Kritiker bemängeln, dass das Land den Bau aus Prestigegründen ausgerechnet in einem Wasserschutzgebiet erlaubt hat.

    Am Mittwochabend sollte eigentlich der Chef des Wasserverbands Strausberg-Erkner (WSE), André Bähler, abgewählt werden. Der WSE versorgt die Region mit Trinkwasser, leidet aber seit vielen Jahren unter erheblichem Wassermangel. Es durften nicht mal mehr neue Kleinbetriebe eröffnet werden, um die Versorgung nicht zu gefährden – doch dann wurde die Tesla-Fabrik genehmigt, mit mehr als 10.000 Mitarbeitern, die jedes Jahr wahrscheinlich mehr als 250.000 Autos herstellen.

    Bähler hatte immer wieder kritisiert, dass das Wasser nicht reiche und die Versorgung der Bevölkerung östlich von Berlin potenziell gefährdet sei. Auch deshalb wollten einige Bürgermeister ihn ablösen. Das können sie im Namen ihrer 16 Gemeinden. Sieben Bürgermeister hatten im Vorfeld einen Abwahlantrag unterzeichnet. Doch der scheiterte am Mittwochabend, weil sie keine Zwei-Drittel-Mehrheit erreichten. Nur vier waren dafür und sogar zehn Bürgermeister stimmten gegen die Abwahl. Einige sogar gegen den eigenen Willen. Sie waren zuvor von ihren Gemeindevertretungen dazu aufgefordert worden.

    „Das unwürdige Schauspiel, den Vorstand des Wasserverbandes Strausberg-Erkner aus dem Weg räumen zu wollen, wurde heute vorerst beendet“, sagte Heidemarie Schroeder von der Wassertafel Berlin-Brandenburg der Berliner Zeitung. „Dies ist ein erster Etappensieg für die Vernunft in der Demokratie.“ Der Konflikt um das Wasser habe sich durch Tesla zugespitzt. Die Regierung habe vom ungebremsten Wirtschaftswachstum geträumt. „In Zeiten des Klimawandels müssen Träume offen und transparent mit den Realitäten fehlender Wasservorräte in der Region abgeglichen werden.“ Und diese Anpassung an die Realität müsse zuerst bei Tesla erfolgen.

    Schon vor dem Abwahltermin hatte der Vorsitzende des Naturschutzbundes Brandenburg, Björn Ellner, einen offenen Brief an die Mitglieder des Wasserverbandes geschrieben. Er schrieb von einer „richtungsweisenden Entscheidung“. Die Argumentation des Nabu-Chefs: „Wir sehen, dass sich Brandenburg in einer besorgniserregenden Wasserkrise befindet.“ Besonders dramatisch sei es im Umfeld der Tesla-Fabrik. „Das fehlende Wasser hat hier, aber auch andernorts, bereits einen massiven negativen Einfluss auf unsere Ökosysteme. Schon jetzt fallen zum Beispiel Kleingewässer und Fließe trocken; schon jetzt haben wir ein massives Amphibiensterben.“ In der Wasserfrage gehe es nicht darum, Personen auszutauschen, sondern um eine zeitgemäße Wasserwirtschaft.
    Sogar amputierte Gliedmaßen

    Die monatelangen Recherchen des Stern ergaben zudem eine Vielzahl an schweren und schwersten Arbeitsunfällen. Das Magazin zitiert aus einer Notiz des Landesamtes für Arbeitsschutz, aus der hervorgehen soll, dass auf dem Werksgelände über einen längeren Zeitraum fast täglich Unfälle passiert seien. „Allein zwischen Juni und November 2022 gab Tesla selbst demnach mindestens 190 meldepflichtige Unfälle an“, heißt es. Einem Mitarbeiter sei aus mehreren Metern Höhe eine 50 Kilogramm schwere Holzkiste auf den Kopf gefallen, ein Mitarbeiter verletzte sich an einem Ofen mit glühend heißen Aluminium. Es gab wohl auch Verletzungen durch Verbrennungen und Salzsäure und auch amputierte Gliedmaßen.

    Der Bezirksleiter der IG-Metall, Dirk Schulze, sagte dem Stern: „Diese Häufigkeit an Arbeitsunfällen ist nicht normal.“ Es handele sich um ein Mehrfaches dessen, was in anderen Automobilfirmen üblich sei. „Ich habe die größte Sorge, dass irgendwann jemand zu Tode kommt.“ Brandenburgs Ministerpräsident Dietmar Woidke (SPD) habe bestätigt, dass die Zahl der Unfälle „nicht unbekannt“ sei, heißt es beim Stern. Er könne sich dazu aber nicht äußern, er sei „nicht der Sprecher von Tesla“.

    Zu den Umweltunfällen heißt es im Stern, dass schon geringe Mengen von Schadstoffen im Boden ausreichen, um potenziell das Trinkwasser von 170.000 Menschen zu gefährden. Dazu zitiert das Magazin Martin Pusch vom Leibnitz-Institut für Gewässerökologie und Binnenfischerei in Berlin: „Eine Havarie im Wasserschutzgebiet kann die Trinkwasserversorgung der ganzen Region gefährden, da dort bereits jetzt kaum Reserven vorhanden sind.“

    #Allemagne #Brandebourg #industrie #travail #voitures #accidents_du_travail

  • Stolpersteine für Holocaust-Opfer: Berliner Jüdin kehrt an den Ort ihres Schreckens zurück
    https://www.berliner-zeitung.de/politik-gesellschaft/stolpersteine-fuer-holocaust-opfer-eine-berliner-juedin-kehrt-an-de

    21.9.2023 von Anne-Kattrin Palmer - Es ist Mittagszeit, als sich vergangene Woche ein Trüppchen von Menschen vor einem Wohnhaus in Berlin-Mitte trifft. Die Sonne scheint, der ehemalige Architekt Thomas Schriever kniet sich mit seinem Eimer nieder und beginnt, die Pflastersteine aus dem Boden zu holen. Er geht langsam vor, bedächtig. Seine Augen sind gerötet. Später wird er sagen, dass es ihm sehr nahegegangen ist.

    Neben ihm sitzt eine zierliche, gebrechliche Frau mit rotem Haar in einem Rollstuhl. Ginger Lane ist 84 Jahre alt. Die einstige Balletttänzerin hat ihre Augen hinter einer großen orangen Sonnenbrille versteckt, weil das Licht so brennt, aber auch die Erinnerungen. Ihre schmalen Hände zittern, während der Mann im Blaumann einen Spachtel in die Erde haut, die Steine rausholt, Wasser auf das Loch schüttet und weitergräbt. Verwandte von Ginger Lane, wie ihre ebenfalls rothaarige Tochter Beth, eine Filmemacherin, die aber auch mal als Schauspielerin in einem Francis-Ford-Coppola-Streifen mitspielte, richten die Handys auf den ehrenamtlichen Stolperstein-Verleger Schriever, der sich langsam vorarbeitet.

    Bildstrecke

    Neun Rosen für die Eltern und die sieben Kinder der Familie Weber.

    Neun Rosen für die Eltern und die sieben Kinder der Familie Weber.Markus Wächter/Berliner Zeitung

    Beth Lane (v.M.) vor den Stolpersteinen ihrer Familie an der Max-Beer-Straße.

    Beth Lane (v.M.) vor den Stolpersteinen ihrer Familie an der Max-Beer-Straße.Markus Wächter/Berliner Zeitung

    Beth Lane mit ihrer Mutter Ginger Lane, die als Kind in Berlin-Mitte lebte.

    Beth Lane mit ihrer Mutter Ginger Lane, die als Kind in Berlin-Mitte lebte.Markus Wächter/Berliner Zeitung

    Der Architekt Thomas Schriever verlegt die Steine.

    Der Architekt Thomas Schriever verlegt die Steine.Markus Wächter/Berliner Zeitung

    Ginger Lane war drei Jahre alt, als ihre Mutter ermordet wurde.

    Ginger Lane war drei Jahre alt, als ihre Mutter ermordet wurde.Markus Wächter/Berliner Zeitung

    Musik begleitete die Zeremonie.

    Musik begleitete die Zeremonie.Markus Wächter/Berliner Zeitung

    In Gedenken an die Familie Weber.

    In Gedenken an die Familie Weber.Markus Wächter/Berliner Zeitung

    Thomas Schriever arbeitet sich vor, nach 50 Minuten war es vollbracht.

    Thomas Schriever arbeitet sich vor, nach 50 Minuten war es vollbracht.Markus Wächter/Berliner Zeitung

    Mutter und Tochter: Ginger und Beth Lane leben in Amerika.

    Mutter und Tochter: Ginger und Beth Lane leben in Amerika.Markus Wächter/Berliner Zeitung

    Die neun Stolpersteine, bevor sie eingebettet wurden.

    Die neun Stolpersteine, bevor sie eingebettet wurden.Markus Wächter/Berliner Zeitung

    Ginger Lanes Redemanuskript.

    Ginger Lanes Redemanuskript.Markus Wächter/Berliner Zeitung

    Die Weber-Kinder gemeinsam mit weiteren jüdische Überlebenden vor ihrer Abfahrt nach Amerika, Ginger Lane steht vorne.

    Ginger Lane kämpft die nächsten 50 Minuten mit den Tränen, vor allem als Schriever einen Stolperstein nach dem nächsten in der Erde verschwinden lässt. Auf jedem einzelnen stehen die Namen ihrer jüdischen Familie – ihr Vater Alexander Weber, die Mutter Lina (Kosename von Pauline), der Bruder Alfons, die Schwestern Senta, Ruth, Gertrude, Renee, Judith und sie, Bela Weber. Bela heißt heute Ginger, sie spricht nur noch Englisch. „Deutsch habe ich nach meiner Flucht 1946 nicht mehr gesprochen“, erzählt sie später. In den USA habe man nach Hitler als Deutsche keinen guten Stand gehabt.

    Doch jetzt schaut sie andächtig auf den schmalen Gehweg vor dem Wohnhaus mit den 30 Klingelschildern in der Max-Beer-Straße 50, auf dem fortan die neun goldenen Steine an ihre Geschichte erinnern und auch mahnen sollen, dass die Schrecken der Vergangenheit nie wieder auferstehen dürfen. In Mitte liegen mehr als 2000 solcher Steine.

    1943 hieß die Straße noch Dragonerstraße, die Hausnummer war 48. Die gibt es nicht mehr und auch nicht das alte große, heruntergekommene Haus, in dem die Familie lebte, bis die Nazis sie verfolgten und die Mutter von Ginger Lane in Auschwitz ermordeten. Ein Musiker spielt jetzt „Sag mir, wo die Blumen sind“. Ginger Lane laufen Tränen über die Wangen.

    Die 84-Jährige ist 1939 in Berlin geboren, damals lebte die Familie noch in der Grenadierstraße (heute Almstadtstraße) im „Scheunenviertel“, das, bevor Hitler an die Macht kam, bevorzugter Ankunftspunkt für Tausende von Juden war, die aus den östlichen Gebieten Europas vor Gewalt und Pogromen flohen.

    Auch die Familie Weber war 1930 in das Arme-Leute-Quartier gezogen. Alexander Weber kam aus dem katholischen Paderborn. Er war der Spross einer gut situierten Familie, die eine Regenschirm-Manufaktur besaß. Als er geschäftlich nach Ungarn reiste, lernte er Pauline Banda kennen, Tochter eines Kantors der jüdischen Gemeinde in Rákospalota, und verliebte sich. Am 12. September 1926 heiratete er die hübsche Frau mit den braunen Haaren in Rákospalota und nahm sie mit nach Deutschland. Vorher war Weber sogar zum jüdischen Glauben konvertiert.

    Doch die jüdische Ehefrau war nicht willkommen im erzkatholischen Paderborn. „Sie haben ihn enterbt“, sagte eine der Töchter, Ruth, mal in einem Interview mit der Süddeutschen Zeitung. Alexander Weber brach vollständig mit seiner Familie, verließ Paderborn, zog nach Dortmund und dann, Anfang 1930, nach Berlin, zunächst in eine Zwei-Zimmer-Wohnung in der Grenadierstraße. Danach in die Dragonerstraße. Das Paar bekam sieben Kinder. Alfons war der Älteste, die Jüngste war Bela, heute Ginger.

    Ginger Lane war dreieinhalb Jahre alt, als die Gestapo vor der Tür stand. Es hat sich bis heute bei ihr eingebrannt, obwohl sie noch so jung war. Sie weiß genau, dass die Männer in Ledermänteln gegen die Tür hämmerten und ihre Mutter öffnete. Ginger selbst versteckte sich. Die Tür schlug wieder zu, ihre Mama war weg. Sie schaute aus dem Fenster, sah, wie die Männer ihre hilflose Mutter in ein schwarzes Auto schubsten. Sie ahnte damals nicht, dass sie Mutter nicht mehr wiedersehen würde. 1943 wurde Pauline Weber in Auschwitz ermordet. Jetzt, genau 80 Jahre danach, sitzt ihre Tochter vor dem Haus, in dem alles passierte. Sie konnte lange Jahre nicht hierhin zurückkommen.
    1943 in Berlin: Die Mutter, der Vater und der Bruder werden verhaftet

    Damals überschlugen sich die Ereignisse: Die Mutter war weg, noch in derselben Nacht wurde auch Alexander Weber verhaftet, am nächsten Morgen brachte man die sieben Kinder in das Krankenhaus der jüdischen Gemeinde in der Exerzierstraße. „Wir waren ganz allein, als sie uns holten“, erzählt Ginger an jenem Mittag in Berlin. Alfons sei noch mal abgehauen, er wollte irgendwelche Papiere in Sicherheit bringen, aber als er zurückkam, hätten sie ihn eingesperrt. Doch er sowie der Vater kamen auf wundersame Weise wieder frei. Alexander Weber rettete wohl, dass er seinen Austritt aus der jüdischen Gemeinde erklärte. Scheiden lassen aber wollte er sich nicht. Warum ihr Bruder Alfons gehen durfte? Ginger Lane weiß es bis heute nicht.

    Es war aber nur eine Frage der Zeit, bis man die Kinder abholen und in den Tod schicken würde. Das wusste Alexander Weber in jenen Jahren, da seine Kinder nach den Nürnberger Rassegesetzen als „Halbjuden“ galten. Hinzu kamen die Bombenangriffe, die Kinder saßen nur noch im Keller. Sie waren verschüttet. Er muss verzweifelt gewesen sein, erzählt eine Verwandte, die aus Paderborn für die Zeremonie angereist ist, an jenem Mittag vor dem Haus in der Max-Beer-Straße.

    It is an honor to share that 9 Stolpersteine bricks were laid outside of 48 Dragonerstrasse to honor the Weber family. Stolpersteine is the brilliant work of Gunter Demnig and stretches across Europe to honor and remember the victims and the persecuted of the Holocaust. pic.twitter.com/66AArWGJDF
    — beth lane (@bethlanefilm) September 21, 2023

    Doch dann sei etwas Unfassbares geschehen: Der Obst- und Gemüsehändler Arthur Schmidt aus Worin, einem Dorf etwa 60 Kilometer östlich von Berlin, bot dem Vater an, die Kinder bei sich zu verstecken. Schmidt hatte in dem Haus in der Dragonerstraße 48, in dem die Webers wohnten, einen Raum gemietet. Dort lagerte er seine Obstkisten und die Ware, die er in den Markthallen nicht verkauft hatte. Die beiden Männer kannten und mochten sich. „Oh ja!“, soll Alexander Weber damals erleichtert gerufen haben.

    So kam es, dass Schmidt die Geschwister eines Nachts abholte, und fortan wohnten sie auf seinem Grundstück „Grüner Wald“ an der B1. Fast zwei Jahre lang lebten die Kinder bei der Familie in der Waschküche, wurden von ihr versorgt. In Worin haben einige die Identität der Kinder gekannt, die sich auf dem umzäunten Hof frei bewegten oder manchmal in den Ort kamen und um etwas zu essen baten, erinnert sich Marlis Schüler, deren Mann, der damalige Dorfchronist, die längst vergessene Geschichte der Kinder 1985 aus den Archiven kramte.
    In Worin erinnert eine Messingtafel an die sieben Kinder

    Dabei kam vieles ans Tageslicht, auch dass der Bürgermeister Rudi Fehrmann eingeweiht gewesen war und die Kinder trotzdem nicht verriet, obwohl er Mitglied der NSDAP war. Noch im Mai 1945, unmittelbar nach dem Einmarsch der Roten Armee, wurde Fehrmann allerdings verhaftet und in das sowjetische Speziallager Ketschendorf bei Fürstenwalde gebracht. Dort starb er 1947. In der DDR war das Thema ein Tabu – die Geschichte der sowjetischen Speziallager wurde erst nach der Wende 1990 aufgearbeitet. Marlis Schüler sagt, dass bis 1989 auch kaum jemand über die Kriegszeiten mehr geredet hätte: „Das Ganze kam erst ins Rollen, nachdem mein Mann weiter in den Archiven geforscht hatte.“

    Wir waren so einsam und hatten immer Angst.

    Ginger Lane über die Zeit in Worin

    Die Rentnerin Marlis Schüler aus Worin ist auch an jenem Mittag dabei, als die Stolpersteine versenkt werden. Ihr Sohn hat sie nach Berlin gefahren, sie lebt inzwischen in Schleswig-Holstein, ihr Mann Herbert ist gestorben. „Er hätte das heute gerne miterlebt, aber auch Alfons, der älteste Bruder der Geschwister. Er ist 2016 gestorben“, erzählt sie. Sie und ihr Mann sind von Alfons Weber angeschrieben worden, es entwickelte sich eine Brieffreundschaft, ein gegenseitiger Austausch. Man traf sich, um sich zu erinnern.

    Nach Alfons folgten die Geschwister. Ginger Lane, die partout nicht nach Mitte wollte, besuchte dafür die Familie Schüler in Worin und dachte dort daran, wie sie im Krieg auf dem Land Kartoffeln geerntet hatten und vor allem daran, „dass wir so einsam waren und immer Angst hatten“.

    Weltkrieg und Nationalsozialismus: Diese Museen erklären, was in Berlin geschah

    Zwei Stolpersteine und ein schweres Versäumnis

    Auch Tochter Beth, die in Los Angeles lebt, kam immer wieder in das brandenburgische Dorf und drehte dort unter anderem den Dokumentarfilm „UnBroken“, der an die Geschichte ihrer Familie erinnern soll. Aber auch an die Helfer, die die Kinder retteten. Die Holocaust-Gedenkstätte Yad Vashem ehrte das Ehepaar Paula und Arthur Schmidt aus Brandenburg 2018 als „Gerechte unter den Nationen“ posthum. 2019 wurde in Worin an dem Grundstück eine Messingtafel angebracht.

    Es sind zwei Stunden vergangen, die Stolpersteine liegen nun an ihrem Platz. Seit 1992 gibt es diese Denkmale, entwickelt von dem Künstler Gunter Denning. Ihm ging es um individuelles Gedenken und die Mahnung: Die Nationalsozialisten wollten die verfolgten Menschen zu Nummern machen und ihre Identität auslöschen. Mit den Stolpersteinen wollte er diesen Prozess rückgängig machen und ihre Namen wieder in die Straßen und Städte zurückholen.

    It’s official! My documentary film UNBROKEN was selected for the Heartland International Film Festival! Tickets to watch in person are now available at https://t.co/shpYBnqLOl #HIFF32 @HeartlandFilm pic.twitter.com/BO0RVxwsu0
    — beth lane (@bethlanefilm) September 15, 2023

    Inzwischen finden sich die Steine in über 1800 Kommunen – insgesamt mehr als 100.000 Gedenksteine sind es in Deutschland und 25 weiteren europäischen Ländern, unter anderem in Österreich, Belgien, Frankreich, Polen, den Niederlanden und der Ukraine. In Berlin (Stand: August 2023) wurden bereits 10.287 Stolpersteine verlegt. Diese verteilen sich auf 76 von 97 Berliner Ortsteilen.

    Ginger Lane schaut auf ein beschriebenes Blatt Papier, auf dem sie sich notiert hat, was sie sagen möchte. Sie redet über ihren Vater, der Elektriker war und sich bestimmt mit ihrem Rollstuhl ausgekannt hätte, der oft den Geist aufgibt. Sie lächelt, als sie das sagt. Ihren Vater sah sie wieder, er folgte den Kindern nach Amerika. Dort starb er in den 1980er-Jahren.

    Dann spricht sie von ihrer Mutter, die in Berlin im Untergrund gegen die Nazis gearbeitet und immer anderen geholfen habe, auch wenn sie sich der Gefahr bewusst gewesen sei. Ginger Lane muss schlucken, als sie über ihren Bruder Alfons redet, an den sie täglich denke und der ihr fehle. „Er hat uns beschützt, als wir nach Amerika fuhren und auch später.“

    Alfons starb 2016, ebenso wie drei ihrer Schwestern. Heute leben nur noch Gertrude, Judith und Ginger.

    Auch ihre Geschichte wird noch einmal vorgelesen, diesmal von ihrer Tochter Beth, die gerade sechs Jahre alt war, als sie in den USA ankam und von der Künstlerin Rosalynde und dem Neurochirurgen Joshua Speigel adoptiert wurde. Beth Lane liest vor: „Ginger wuchs in einem künstlerischen Haushalt auf; sie wurde Ballerina, heiratete schließlich und bekam drei Kinder. Sie ist stolze Großmutter von sieben Enkelkindern und hat zahlreiche Auszeichnungen für ihren Beitrag zur Behindertenhilfe sowie für Tanz und Choreografie erhalten. Im Frühjahr 2022 wurde Gingers Bild zu Ehren des Women’s History Month an Bushaltestellen und Plakatwänden in Chicago angebracht!“

    Die Mutter lächelt ihre Tochter liebevoll an, sie drückt Beths Hand. Ginger Lane sagt: „Es gibt so viel Böses auf der Welt, das immer wieder von so viel Gutem überwältigt wird. Wir müssen uns immer daran erinnern, dass das Gute immer die Oberhand über das Böse behält.“ Sie schaut auf das Haus, in dem sie als Kind gelebt hat. Obwohl es nicht das alte ist, hat sie bisher den Blick gemieden. Jetzt wirkt es für einen Moment, als habe sie Frieden mit diesem Ort geschlossen.

    #Brandenburg #Worin #Berlin #Mitte #Scheunenviertel #Almstadtstraße #Grenadierstraße #Max-Beer-Straße #Dragonerstraße
    #Holocaust #Shoa #Geschichte

  • Berlin und Brandenburg : Für den Kampfmittelräumdienst ist der Zweite Weltkrieg noch nicht vorbei
    https://www.berliner-zeitung.de/mensch-metropole/blindgaenger-kampfmittelaltlasten-in-berlin-und-brandenburg-li.3811


    Les guerres « modernes » font des victimes encore des décennies après leur fin. La surface entière de Berlin est considérée comme zone à risque à cause des munitions et bombes cachées dans le sol. Douze pour cent de la surfache du Land Brandebourg sont toujours inutilisables pour la méne raison.

    3.9.2023 von von Maritta Adam-Tkalec und Mónica Rodríguez (Grafiken) - Das explosive Nachkriegsaufräumen in Berlin und Brandenburg dauert an. Die Spezialisten der Polizei werden etwa eintausendmal im Jahr gerufen.

    Fast dreimal pro Tag wird der Kampfmittelräumdienst in Berlin und Brandenburg gerufen, um Funde von Bomben, Granaten oder Panzerfäusten zu beseitigen. Die absoluten Zahlen alleine für Berlin sind noch eindrücklicher: Seit 1947 wurden hier 1,8 Millionen Sprengkörper gefunden und unschädlich gemacht.

    Jedes Mal aufs Neue ist es ein hochgefährliches Unterfangen, die Hinterlassenschaften der zwischen Herbst 1943 und Frühjahr 1945 fast täglichen Luftangriffe der Alliierten gegen die Hauptstadt der Nationalsozialisten zu entsorgen.

    Tausende Tonnen Granaten blieben nach der Schlacht um Berlin im Boden. Auch das Land Brandenburg gehört zu den am schwersten belasteten Gebieten Deutschlands, vor allem dort, wo die Wehrmacht die letzten Abwehrschlachten schlug – entlang der Oder, an den Seelower Höhen, im Kessel von Halbe. Unfassbare zwölf Prozent der Landesfläche sind noch heute wegen der Altlasten des Krieges nicht nutzbar. 360.000 Hektar Gefahr.


    An diesen Orten gingen besonders viele Bomben nieder.

    Im Land Brandenburg sind die Schwerpunkte in den Landkreisen Märkisch-Oderland, Dahme-Spreewald, Teltow-Fläming und Oder-Spree zu finden. Aber auch die Städte Oranienburg, Cottbus, Potsdam, Neuruppin, Schwarzheide und Ruhland gelten aufgrund der starken Bombardierung im Zweiten Weltkrieg als besonders belastet.

    Die genaue Bestimmung der geografischen Schwerpunkte der Luftangriffe und die Auswertung der Alliierten-Luftbilder erlauben in diesen Gebieten heute eine erste Gefahrenprognose.

    Was sind Kampfmittel?


    Der Berliner Boden gilt nach Angaben von Polizeifeuerwerkern als „einzige große Verdachtsfläche“. Selbst beim Umgraben des eigenen Erdbeerbeetes kann man alle Arten von Munition finden.

    Der Berliner Boden gilt nach Angaben von Polizeifeuerwerkern als „einzige große Verdachtsfläche“. Selbst beim Umgraben des eigenen Erdbeerbeetes kann man alle Arten von Munition finden.

    Zu den Kampfmitteln zählt jedes zum bewaffneten Kampf benötigte Material, insbesondere Munition, aber auch Bomben, Granaten, Minen und Ähnliches. Nach einer kriegerischen Auseinandersetzung unkontrolliert zurückbleibende Kampfmittel (oder deren Teile) enthalten in der Regel Explosivstoffe (oder Rückstände davon) sowie Kampf-, Nebel-, Brand- oder Reizstoffe (oder deren Zerfallsprodukte).


    Oft haben die von der Polizei errichteten Sperrkreise einen Radius von 500 Metern. Bevor die Entschärfung beginnen kann, müssen im Sperrkreis alle Gebäude evakuiert sein und alle Menschen das Gebiet verlassen haben.

    Warum sind Sprengkörper aus dem Zweiten Weltkrieg immer noch so gefährlich?

    Trotz ihres Alters haben Munitionskörper ihre Gefährlichkeit nicht verloren. Im Gegenteil: Ihre starke Verwitterung macht sie noch gefährlicher. Schon durch die geringste Berührung kann eine Explosion ausgelöst werden.


    Im Berliner Sandboden sind die Blindgänger in den meisten Fällen nicht senkrecht stecken geblieben. Beim Einschlag beschrieben sie einen Bogen.

    Wie man eine Bombe entschärft

    Wer Kampfmittel findet, sollte diese nicht berühren und sie an der Fundstelle belassen. Die Polizei sollte sofort gerufen werden, diese sperrt den Fundort und entschärft den Fund, indem sie den Zünder unschädlich macht oder das Kampfmittel an Ort und Stelle sprengt. Munition und Granaten werden abtransportiert.

    Für den Fall eines Fundes ist die Notrufnummer der Polizei, die 110, zu wählen.


    Zunächst geht es darum, die Bomben und Granaten transportfähig zu machen. Bei Bomben gehört dazu die Entfernung des Zünders. Dann werden die Kampfmittel zur Vernichtung auf Sprengplätze gebracht. In Berlin ist das der Sprengplatz Grunewald.


    Die mechanischen Zünder bestehen in der Regel aus Messing. Sie werden herausgeschraubt oder auch mit einem Wasserstrahl herausgeschnitten.


    Es gibt unter anderem mechanische Aufschlagzünder, elektrische Zünder, wie sie von den Deutschen verwendet wurden, und chemische Langzeitzünder, die mitunter erst Stunden nach dem Aufprall am Boden die Bombe explodieren ließen.


    Viele Arten von Munition stecken noch im Berliner Boden.

    #Berlin #Brandebourg #guerre #histoire

  • Termes nautiques
    https://www.annoncesbateau.com/conseils/termes-nautiques

    petit #dictionnaire

    Écrit par : Bénédicte Chalumeau
    ...
    Pour naviguer il est nécessaire d’avoir une compréhension du vocabulaire de la navigation, de la mer et des bateaux. Nous vous présentons ici les termes techniques les plus courants, utilisés dans le monde maritime.

    A
    #Abattre :
    Écarter sa route du lit du vent. Ce mouvement s’appelle une abattée.

    #Abord (en) :
    Sur le côté du bâtiment.

    #Accastillage :
    Objets et accessoires divers équipant un navire.

    #Accoster :
    Placer un bâtiment le long d’un quai ou le long d’un autre navire.

    #Acculée :
    Mouvement en arrière d’un navire, il cule.

    #Adonner :
    Le vent adonne pour un navire à voiles quand il tourne dans un sens favorable à la marche, c’est à dire quand il vient plus à l’arrière. Le contraire est refuser.

    #Affaler :
    Faire descendre, c’est le contraire de hâler. Affaler quelqu’un le long du bord, ou d’un mât, c’est le faire descendre au bout d’un filin.

    #Aiguillots :
    Pivots fixes sur une mèche du gouvernail ou sur l’étambot et tournant dans les fémelots.

    #Aileron :
    Partie de tente qui se place en abord. Prolongements en abord et généralement découverts de l’abri de navigation.

    #Ajut :
    Noeud servant à réunir momentanément deux bouts de cordage.

    #Allure :
    Direction d’un navire par rapport à celle du vent.

    #Amariner :
    Amariner un équipage : l’habituer à la mer.

    #Amarrage :
    Action d’amarrer.

    #Matelotage
     : bout de lusin, merlin, ligne, etc... servant à relier ensemble deux cordages.

    #Amarres :
    Chaînes ou cordages servant à tenir le navire le long du quai.

    #Amener :
    abaisser, faire descendre.

    #Amer :
    Point de repère sur une côte.

    #Amure :
    Manoeuvre qui retient le point inférieur d’une voile du côté d’où vient le vent (voiles carrées). Par extension est synonyme d’allure. Pour les bateaux latins, on continue à dire qu’ils naviguent bâbord ou tribord amures, selon que le vent vient de la gauche ou de la droite.

    #Anguillers :
    Conduits, canaux ou trous pratiqués dans la partie inférieure des varangues des couples pour permettre l’écoulement de l’eau dans les fonds.

    #Anspect :
    Ou barre d’anspect. Levier en bois dur servant à faire tourner un cabestan ou un guindeau. Primitivement, servait à pointer les canons en direction.

    #Aperçu :
    Pavillon signal que l’on hisse pour indiquer que l’on a compris un signal.

    #Apiquer :
    Hisser l’une des extrémités d’un gui ou d’une vergue de manière à l’élever au-dessus de l’autre.

    #Apparaux :
    Ensemble des objets formant l’équipement d’un navire.

    #Appel :
    Direction d’un cordage, de la chaîne de l’ancre.

    #Appuyer :
    Haler, raidir un cordage pour soutenir ou fixer l’objet auquel il aboutit. Appuyer un signal, c’est l’accompagner d’un signal sonore, coup de Klaxon, pour attirer l’attention. Appuyer la chasse : poursuivre obstinément.

    #Araignée :
    Patte d’oie à grand nombre de branches de menu filin qu’on installe sur les funes des tentes et tauds pour permettre de les maintenir horizontaux. Hamac : réseau de petites lignes à oeil placées à chaque extrémité de la toile du hamac pour le suspendre : elles se réunissent à deux boucles métalliques ou organeaux d’où partent les « rabans » de suspension.

    #Arborer :
    Arborer un pavillon, c’est le hisser au mât. En Méditerranée, dans la langue des galères, le mât s’appelait l’arbre.

    #Ardent :
    Un navire est ardent lorsqu’il tend de lui-même à se rapprocher du lit du vent. C’est le contraire du mou.

    #Armement :
    L’armement d’un bâtiment consiste à le munir de tout ce qui est nécessaire à son genre de navigation ; ce terme désigne aussi la totalité des objets dont un navire est muni. Ces objets sont inscrits sur les « feuilles d’armement ». Dans une embarcation, on appelle ainsi son équipage.

    #Armer :
    Armer un navire : le munir de son armement. / Armer un câble : le garnir en certains endroits pour le garantir des frottements.

    #Arraisonner :
    Arraisonner un navire c’est le questionner sur son chargement, sa destination, et toutes autres informations pouvant intéresser le navire arraisonneur.

    #Arrimage :
    Répartition convenable dans le navire de tous les objets composants son armement et sa cargaison.

    #Arrivée :
    Mouvement que fait le navire quand il s’éloigne du lit du vent pour recevoir le vent plus de l’arrière. Synonyme : « abattée ». Contraire : « auloffée ».

    #Arrondir :
    Passer au large d’un cap pour éviter les dangers qui le débordent.

    #Assiette :
    Manière dont le navire est assis dans l’eau, autrement dit sa situation par rapport à la différence de ses tirants d’eau avant et arrière.
    Assiette positive : T AV < T AR
    Assiette négative : T AV > T AR

    #Atterrir :
    Faire route pour trouver une terre ou un port.

    #Attrape :
    Cordage fixé sur un objet de façon à pouvoir en temps utile l’amener à portée de main.

    #Atterrissage :
    Action d’atterrir.

    #Auloffée :
    Mouvement d’un navire tournant son avant vers le lit du vent. Contraire : arrivée abattée (ou abattée).

    #Aveugler :
    Une voie d’eau, obstruer avec des moyens de fortune

    B
    #Bâbord :
    Partie du navire située à gauche d’un observateur placé dans l’axe de ce navire en faisant face à l’avant.

    #Baguer :
    Faire un noeud coulant.

    #Baille :
    Baquet (appellation familière donnée à leur école, par les élèves de l’école Navale).

    #Balancine :
    Manoeuvre partant du haut du mât et soutenant les extrémités d’une vergue ou l’extrémité d’un gui ou d’un tangon.

    #Ballast :
    Compartiments situés dans les fonds du navire et servant à prendre du lest, eau ou combustible.

    #Ballon :
    Défense sphérique que l’on met le long du bord.

    #Bande :
    Inclinaison latérale du navire. Synonyme de gîte. Mettre l’équipage à la bande : l’aligner sur le pont pour saluer un navire ou une personnalité.

    #Barbotin :
    Couronne à empreintes du guideau ou du cabestan sur laquelle les maillons d’une chaîne viennent s’engrener successivement.

    #Base :
    Banc de roche ou de corail formant un bas-fond.

    #Bastaque :
    Hauban à itague employé sur les petits bateaux. Il peut aussi servir à hisser certains objets.

    #Bastingage :
    Autrefois muraille en bois ou en fer régnant autour du pont supérieur d’un navire, couronnée par une sorte d’encaissement destiné à recevoir pendant le jour, les hamacs de l’équipage ; une toile peinte les recouvrait pour les protéger de la pluie et de l’humidité. On emploie aussi ce terme par extension pour désigner les gardes corps ou lisses de pavois.

    #Battant :
    Partie du pavillon qui flotte librement par opposition au guindant qui est le long de la drisse.

    #Bau :
    Poutres principales placées en travers du bateau pour relier les deux murailles de la coque et supporter les bordages de la coque.

    #Beaupré :
    Mât situé à l’avant du bâtiment.

    #Béquiller :
    #Empêcher un navire échoué de se coucher en le maintenant avec des béquilles.

    #Berceau :
    Assemblage en bois ou en fer destiné à soutenir un navire quand il est halé à terre.

    #Berne (en) :
    Mettre le pavillon à mi-drisse en signe de deuil.

    #Bigue :
    Très gros mât de charge maintenu presque vertical et portant à son extrémité supérieure des cordages et des appareils destinés à lever des poids très lourds. On nomme aussi bigues deux mâts placés et garnis comme le précèdent, et dont les têtes sont réunies par une portugaise.

    #Bittes :
    Pièce de bois ou d’acier fixé verticalement sur un pont ou un quai et servant à tourner les aussières.

    #Bitture :
    Partie d’une chaîne élongée sur le pont à l’avant et à l’arrière du guindeau, filant librement de l’écubier aussitôt qu’on fait tomber l’ancre (prendre une bitture).

    #Bollard :
    Point d’amarrage à terre constituée par un gros fût cylindrique en acier coulé, à tête renflée, pour éviter le glissement de l’amarre.

    #Bôme :
    Vergue inférieure d’une voile aurique.

    #Borde :
    #Ensemble des tôles ou des planches formant les murailles d’un navire.

    #Bordée :
    – Distance parcourue par un navire en louvoyant et sans virer de bord.
    – Division : de l’équipage pour faire le quart.

    #Border :
    – ne voile : la raidir en embarquant l’écoute.
    – La côte : la suivre de très près.
    – Un navire : mettre en place le bordé.

    #Bordure :
    Côté inférieur d’une voile ; la ralingue qui y est fixée se nomme ralingue de fond ou de bordure.

    #Bosco :
    Maître de manoeuvre (marine de guerre), Maître d’équipage (marine de commerce)

    B#osse :
    Bout de cordage ou de chaîne fixé par une de ses extrémités et qui, s’enroulant autour d’un cordage ou d’une chaîne sur lesquels s’exerce un effort, les maintient immobile par le frottement.

    #Bossoir :
    – Pièce de bois ou de fer saillant en dehors d’un navire et servant à la manoeuvre des ancres à jas ; par extension coté avant d’un navire. De capon - de traversières : sert à mettre l’ancre au poste de navigation ; d’embarcation ou portemanteau : sert à suspendre et à amener les embarcations.
    – Homme de bossoir : homme de veille sur le gaillard avant.

    #Bouge :
    Convexité transversale entre ponts et faux-ponts des navires.

    #Bouée :
    Corps flottant.

    #Bourlinguer :
    Se dit d’un bateau qui lutte dans une forte mer et d’un marin qui navigue beaucoup.

    #Braie :
    Sorte de collier en toile à voile ou en cuir que l’on applique autour du trou pratiqué dans le pont pour le passage d’un mât, d’une pompe, de la volée d’un canon afin d’empêcher l’infiltration de l’eau à l’intérieur du bateau.

    #Branles :
    Nom ancien des hamacs (d’où « branle-bas »).

    #Brasse :
    Mesure de longueur pour les cordages, 1m83, servant aussi à indiquer la profondeur de l’eau. Ce terme est en usage dans la plupart des nations maritimes mais la longueur en est différente : en France : 1m624, en Angleterre et en Amérique : 1m829 (six pieds anglais).

    #Brasser :
    Orienter les vergues au moyen des manoeuvres appelées bras. - carré : placer les vergues à angle droit avec l’axe longitudinal du navire. Brasser un tangon.

    #Brider :
    Étrangler, rapprocher plusieurs cordages tendus parallèlement par plusieurs tours d’un autre cordage qui les serre en leur milieu ; ou augmente ainsi leur tension.

    #Brigadier :
    Matelot d’une embarcation placé à l’avant pour recevoir les bosses ou les amarres, annoncer les obstacles sous le vent ou aider à accoster avec la gaffe.

    #Brin :
    Mot servant à indiquer la qualité du chanvre d’un cordage ; le meilleur est dit le premier brin. S’emploie aussi pour qualifier un homme remarquable.

    #Bulbe :
    Renflement de la partie inférieure d’une étrave.

    #Bulge :
    Renflement des flancs du navire.

    C
    #Cabaner :
    Chavirer sans dessus dessous en parlant d’une embarcation.

    #Cabestan :
    Treuil vertical servant à actionner mécaniquement ou à bras les barbotins.

    #Cabillot :
    Chevilles en bois ou en métal qui traversent les râteliers et auxquelles on amarre les manoeuvres courantes au pied des mâts ou en abord.

    #Câblot :
    Petit câble d’environ 100 mètres de longueur servant à mouiller les embarcations au moyen d’un grappin ou d’une petite ancre.

    #Cabotage :
    Navigation entre deux ports d’une même côte ou d’un même pays.

    #Caillebotis :
    treillis en bois amovible servant de parquet et laissant écouler l’eau.

    #Calfatage :
    Opération qui consiste à remplir d’étoupe, au moyen d’un ciseau et à coups de maillet, les coutures des bordages ou des ponts en bois d’un navire afin de les rendre étanches. L’étoupe est ensuite recouverte de brai.

    #Calier :
    Homme employé spécialement à la distribution de l’eau douce.

    #Caliorne :
    Gros et fort palan destiné aux manoeuvres de force.

    #Cap de mouton :
    Morceau de bois plat et circulaire percé de trois ou quatre trous dans lesquels passent des rides pour raidir les haubans, galhaubans, etc...

    #Cape (à la) :
    On dit qu’un navire est à la cape quand, par gros temps, il réduit sa voilure ou diminue la vitesse de sa machine en gouvernant de façon à faire le moins de route possible et à dériver le plus possible pour éviter les effets de la mer.

    #Capeler :
    Capeler un mât, c’est faire embrasser la tête du mât par toutes les manoeuvres dormantes qui doivent entourer cette tête et s’y trouver réunies.

    #Capeyer :
    Tenir la cape.

    #Capon :
    Palan qui servait à hisser l’ancre sur les anciens navires (bossoirs de capon).

    #Carène :
    Partie immergée de la coque d’un navire.

    #Caréner (un navire) :
    Nettoyer et peindre sa carène.

    #Cartahu :
    Cordage volant, sans affectation spéciale, destiné à hisser ou amener les objets qu’on y attache. Les cartahus de linge servent à mettre le linge au sec ; ils se hissent parfois entre les mâts de corde.

    #Chadburn :
    Système mécanique employé pour transmettre les ordres de la passerelle aux machines (marine de commerce).

    #Chambre (d’embarcation) :
    Partie libre, à l’arrière de l’embarcation où peuvent s’asseoir les passagers.

    #Chandeliers :
    Barres généralement en acier fixées verticalement en abord d’un pont, autour des panneaux et des passerelles pour empêcher les chutes. Les chandeliers sont percés de trous dans lesquels passent les tringles ou les filières de garde-corps.

    #Chapelle, #Faire_chapelle :
    Se dit d’un navire qui, marchant, sous un vent favorable, vient à masquer par suite, d’une cause quelconque et est obligé de faire le tour pour reprendre les mêmes amures.

    #Charnier :
    Tonneau à couvercle, ayant généralement la forme d’un cône tronqué et dans lequel étaient conservés les viandes et les lards salés pour la consommation journalière de l’équipage (ancien). Par extension réservoir rempli d’eau potable.

    #Chasser (sur son ancre) :
    Entraîner l’ancre par suite d’une tenue insuffisante de fond.

    #Château :
    Superstructure établie sur la partie centrale d’un pont supérieur et qui s’étend d’un côté à l’autre du navire.

    #Chatte :
    Grappin à patte sans oreilles dont on se sert pour draguer les câbles ou les objets tombés à la mer.

    #Chaumard :
    Pièce de guidage pour les amarres solidement fixées sur le pont dont toutes les parties présentent des arrondis pour éviter d’user ou de couper les filins.

    #Chèvre :
    Installation de trois mâtereaux réunis à leur tête pour les manoeuvres de force.

    #Choquer :
    Filer ou lâcher un peu de cordage soumis à une tension.

    #Claire :
    Ancre haute et claire :
    ancre entièrement sortie de l’eau, ni surpattée, ni surjalée. On dira de même :
    manoeuvre claire, pavillon clair.

    #Clan :
    Ensemble formé par un réa tournant dans une mortaise qui peut être pratiquée dans un bordage, une vergue ou un mât.

    #Clapot :
    Petites vagues nombreuses et serrées qui se heurtent en faisant un bruit particulier.

    #Clapotis :
    Etat de la mer qui clapote ou bruit de clapot.

    #Clin :
    Les bordages sont disposés à clin quand ils se recouvrent comme les ardoises d’un toit :
    embarcation à clins.

    #Clipper :
    Nom donné à un
    voilier
    fin de carène, spécialement construit pour donner une grande vitesse (clipper du thé, de la laine).

    #Coaltar :
    Goudron extrait de la houille (protège le bois de la pourriture).

    #Coffre :
    Grosse bouée servant à l’amarrage des navires sur une rade.

    #Connaissement :
    Document où est consigné la nature, le poids et les marques des marchandises embarquées. Cette pièce est signée par le capitaine après réception des marchandises avec l’engagement de les remettre dans l’état où elles ont été reçues, au lieu de destination sauf périls et accidents de mer.

    #Conserve, Naviguer de conserve :
    Naviguer ensemble (un bâtiment est ainsi « conserve » d’un autre).

    #Contre-bord (navire à) :
    Navire faisant une route de direction opposée à celle que l’on suit.

    #Coque :
    Boucle qui se forme dans les cordages.

    #Coqueron :
    Compartiment de la coque souvent voisine de l’étrave ou de l’étambot, servant e soute à matériel.

    #Corde :
    Ce mot n’est employé par les marins que pour désigner la corde de la cloche.

    #Cornaux :
    W-C. de l’équipage consistant en auges inclinées qui découlent dans les conduits aboutissant à la mer ; les cornaux étaient autrefois placés à tribord et à bâbord sur le plancher de la poulaine.

    #Corps-morts :
    Chaînes et ancres disposées au fond de la mer, solidement retenues par des empennelages, et dont une branche qui part dès la réunion des chaînes est nommée itague revient au-dessus de l’eau où elle est portée par un corps flottant (bouée ou coffre).

    #Coupée :
    Ouverture pratiquée dans les pavois ou dans le bastingage permettant l’entrée ou la sortie du bord.

    #Couples :
    Axes de charpente posés verticalement sur la quille.

    #Coursive :
    Terme général pour désigner des passages étroits tels que ceux qui peuvent se trouver entre des chambres ou autres distributions du navire.

    #Crachin :
    Pluie très fine. Crachiner.

    #Crapaud (d’amarrage) :
    Forts crampons pris sur le fond et servant au mouillage des coffres et des grosses bouées.

    #Crépine :
    Tôle perforée placée à l’entrée d’un tuyautage pour arrêter les saletés.

    #Croisillon :
    Petite bitte en forme de croix.

    #Croupiat :
    Grelin de cordage quelconque servant à amarrer l’arrière d’un navire à un quai ou à un bâtiment voisin. Faire croupiat :
    appareiller le navire en s’aidant d’une amarre pour éviter le navire vers la sortie du port ou du bassin.

    #Cul :
    Fond, partie arrière, basse ou reculée, d’un objet.
    – Cul d’une poulie :
    Partie de la caisse opposée au collet.
    – Cul de poule :
    Arrière allongé et relevé.
    – Cul de porc :
    Sorte de noeud.

    #Culer :
    En parlant d’un navire : marche arrière en avant.

    D
    #Dalot :
    Trous pratiqués dans les ponts et laissant s’écouler dans un tuyau placé au-dessous l’eau qui se trouve à la surface du pont.

    #Dames :
    Échancrures du plat-bord d’un canot garnies de cuivre et destinées à recevoir et à maintenir les avirons pendant la nage.

    #Darse :
    Bassin d’un port.

    #Déborder :
    Action de pousser au large une embarcation ou un bâtiment accosté à un navire ou à un quai.

    #Débouquer :
    Sortir d’un canal ou d’une passe pour gagner la mer libre.

    #Décapeler :
    Un mât, une vergue, c’est enlever les cordages qui y sont capelés ; un cordage, entourant un objet quelconque, c’est le dépasser par-dessus cet objet et l’enlever. De façon générale : ôter, décapeler un tricot, etc...

    #Défense :
    Tout objet suspendu contre le bord d’un navire ou d’une embarcation pour préserver la muraille du choc des quais et de toute construction flottante.

    #Déferler :
    Larguer les rabans de ferlage qui tiennent une voile serrée et la laisser tomber sur ses cargues. La lame déferle lorsqu’elle brise en s’enroulant sur elle-même ou en choquant une plage, une roche.

    #Déferler_un_pavillon :
    Peser sur la drisse pour permettre au pavillon de se déployer.

    #Déhaler :
    Déplacer un navire au moyen de ses amarres.

    Se déhaler :
    S’éloigner d’une position dangereuse au moyen de ses embarcations, de ses voiles.

    #Dérader :
    Quitter une rade.

    #Déraper :
    Une ancre : l’arracher du fond. Un navire dérape lorsqu’il enlève du fond sa dernière ancre.

    #Dérive :
    Différence entre le cap vrai du bâtiment et sa route vraie sous l’effet du vent de la mer et du courant.On appelle aussi « dérive » les surfaces que l’on immerge au centre de la coque ou sur les côtés pour s’opposer à la pression latérale du vent ; on devrait dire dans ce cas « contre dérive ». Être en dérive : navire ou objet qui flotte au gré du vent, des lames, des courants.

    #Désaffourcher :
    Relever une des deux ancres qui tiennent un navire affourché.

    #Désarmé :
    Un navire est désarmé lorsqu’il est amarré dans un port sans équipage et qu’il n’y a, en général, que des gardiens à bord.

    #Détroit :
    Ancre installée à la poupe d’un bâtiment.

    #Déventer :
    Une voile : la brasser en ralingue de façon à ce qu’elle fasseye.

    #Dévers :
    Inclinaison de l’étrave et courbure vers l’extérieur des couples de l’avant ayant pour avantage d’éviter l’embarquement des lames, formées par la vitesse du bâtiment.

    #Délester :
    Décharger le lest d’un navire, par exemple, alléger un navire.

    #Démailler :
    Séparer les maillons d’une chaîne, ou l’ancre de sa chaîne.

    #Demande :
    Filer à la demande un cordage qui fait effort, c’est le laisser (à la) filer en n’opposant qu’une faible résistance, mais en se tenant prêt à arrêter le mouvement au besoin.

    #Dépaler :
    Être dépalé : être porté par les courants, en dehors de la route que l’on doit suivre.

    #Déplacement :
    Poids du volume d’eau déplacé par un navire qui flotte. Le déplacement s’exprime en tonnes de 1000 kg.

    #Dévirer :
    (Cabestan, treuil, etc...) : tourner en sens contraire.

    #Dinghy :
    Embarcation en caoutchouc. L’on dit aussi
    zodiac quel que soit le modèle.

    #Double :
    Le double d’une manoeuvre : la partie qui revient sur elle-même dans le sens de la longueur après avoir passé dans une poulie ou autour d’un cabillot ou de tout autre objet. Quart de vin supplémentaire à titre de récompense.

    #Doubler :
    – Au vent : naviguer au vent de, passer au vent de...
    – Un cap : manoeuvrer et faire route de manière à contourner un cap.
    – Un bâtiment : le gagner de vitesse.
    – Les manoeuvres, cordages : les disposer en double en cas de mauvais temps ou autrefois à l’approche du combat.

    #Draille :
    Cordage tendu le long duquel une voile, une tente peuvent courir ou glisser par le moyen d’un transfilage ou d’anneaux.

    #Drisse :
    Cordage ou palan servant à hisser une vergue, une corne, une voile.
    – De flamme : cordage confectionné au moyen d’une machine spéciale, en une tresse ronde avec huit faisceaux, de trois fils à voile non goudronnés et destiné à hisser les signaux.

    #Drome :
    Ensemble des embarcations, des pièces de rechange : mâts, vergues, avirons, etc... embarqués à bord d’un bâtiment.
    – Des embarcations : rassemblement en bon ordre des avirons, mâts, gaffes d’un canot sur les bancs.

    #Drosse :
    Cordage en filin, en cuir, en fil d’acier, ou en chaîne qui sert à faire mouvoir la barre de gouvernail.

    #Drosser :
    Entraîner hors de sa route par les vents et la mer.

    #Ducs d’albe :
    Nom donné à un ou plusieurs poteaux réunis, enfoncés dans le fond d’un bassin ou d’une rivière afin d’y capeler des amarres quand on le déhale d’un navire.

    E
    #Echafaud :
    Planches formant une plate-forme que l’on suspend le long de la coque pour travailler.

    #Echouer :
    Toucher le fond.

    #Ecope :
    Pelle en bois à long manche qui sert à prendre de l’eau à la mer pour en asperger la muraille d’un bâtiment pour la nettoyer. Elle sert également à vider les embarcations.

    #Écoutille :
    Ouverture rectangulaire pratiquée dans le pont pour pouvoir accéder dans les entreponts et dans les cales.

    #Ecubier :
    Conduit en fonte, en tôle ou en acier moulé ménagé de chaque bord de l’étrave pour le passage des chaînes de l’ancre. Ouverture par laquelle passe la chaîne d’une ancre.

    #Elingue :
    Bout de filin ou longue estrope dont on entoure les objets pesants tels qu’une barrique, un ballot, une pièce de machine, etc... A cette élingue, on accroche un palan ou la chaîne d’un mât de charge pour embarquer ou débarquer les marchandises.

    #Embardée :
    Abattée d’un navire en marche en dehors de sa route ou au mouillage ou sous l’effet du vent ou du courant.

    #Embarder :
    Se dit d’un navire qui s’écarte de sa route à droite ou à gauche en suivant une ligne courbe et irrégulière. On dit aussi qu’un navire, à l’ancre, embarde quand il change constamment de cap sous l’effet du vent ou du courant.

    #Embellie :
    Amélioration momentanée de l’état de la mer et diminution du vent pendant une tempête ou encore éclaircie du ciel pendant le mauvais temps ou la pluie.

    #Embosser :
    Un navire : mouiller ou amarrer le bâtiment de l’AV et de l’AR, pour le tenir dans une direction déterminée malgré le vent ou le courant.

    #Embouquer :
    S’engager dans un canal, un détroit ou une passe.

    #Embraquer :
    Tirer sur un cordage de manière à le raidir : embraquer le mou d’une aussière.

    #Embrun :
    L’embrun est une poussière liquide arrachée par le vent de la crête des lames.

    #Emerillon :
    Croc ou anneau rivé par une tige dans un anneau de manière à pouvoir tourner librement dans le trou de l’anneau.

    #Empanner :
    Un navire à voile empanne ou est empanné quand il est masqué par le côté de l’écoute de ses voiles.

    #Encablure :
    Longueur employée pour estimer approximativement la distance entre deux objets peu éloignés l’un de l’autre. Cette longueur est de 120 brasses (environ 200 mètres). Longueur normale d’une glène d’aussière. Autre définition de l’encablure : un dixième de mille soit environ 185 mètres.

    #Encalminé :
    Voilier encalminé : quand il est dans le calme ou dans un vent si faible qu’il ne peut gouverner.

    #Engager :
    Un navire est engagé quand il se trouve très incliné par la force du vent, le désarrimage du chargement ou la houle et qu’il ne peut se redresser. Cordage engagé : cordage qui bloque.

    #En grand :
    Tout à fait, sans retenue.

    #Entremise :
    Fil d’acier reliant deux têtes de bossoir et sur lequel sont frappés les tire-veilles. Pièces de bois, cornière, placées dans le sens longitudinal. Elles servent avec les barrots à établir la charpente des ponts, à limiter les écoutilles, etc...

    #Épauler :
    La lame : prendre la mer à quelques quarts de l’AV pour mieux y résister.

    #Epontille :
    Colonne verticale de bois ou de métal soutenant le barrot d’un pont ou d’une partie à consolider.

    #Erre :
    Vitesse conservée par un navire sur lequel n’agit plus le propulseur.

    #Espars :
    Terme général usité pour désigner de longues pièces de bois employées comme mâts, vergues, etc...

    #Essarder :
    Essuyer, assécher avec un faubert ou une serpillière.

    #Etale :
    – Sans vitesse.
    – Étale de marée : moment où la mer ne monte ni ne baisse

    #Etaler :
    Résister à.

    #Étalingure :
    Fixation de l’extrémité d’un câble, d’une chaîne sur l’organeau d’une ancre. - de cale : fixation du câble ou de la chaîne dans la cale ou le puits à chaînes.

    #Etambot :
    Pièce de bois de même largeur que la quille et qui s’élève à l’arrière en faisant avec celle-ci un angle généralement obtus qu’on nomme quête. Il reçoit les fémelots ou aiguillots du gouvernail.

    #Etamine :
    Étoffe servant à la confection des pavillons.

    #Etarquer :
    Une voile : la hisser de façon à la tendre le plus possible.

    #Étrangler :
    Une voile : l’étouffer au moyen de cordages.

    #Etrangloir :
    Appareil destiné à ralentir et à arrêter dans sa course une chaîne d’ancre.

    #Evitage :
    Mouvement de rotation d’un bâtiment sur ses ancres, au changement de marées ou par la force du vent qui agit plus sur lui que sur le courant. Espace nécessaire à un bâtiment à l’ancre pour effectuer un changement de cap, cap pour cap.

    F
    #Fanal :
    Lanterne d’embarcation.

    #Fardage :
    Tout ce qui se trouve au-dessus de la flottaison excepté la coque lisse et offrant de la prise au vent. Dans la marine de commerce, désigne aussi les planches , nattes, etc... que l’on place sur le vaigrage du fond pour garantir les marchandises contre l’humidité.

    #Fatiguer :
    Un bâtiment fatigue lorsque, par l’effet du vent, de la mer, ses liaisons sont fortement ébranlées.

    #Faubert :
    Sorte de balai fait de nombreux fils de caret et dont on fait usage à bord pour sécher un pont après la pluie ou le lavage.

    #Faux-bras :
    Cordage installé le long du bord, pour faciliter l’accostage des embarcations.

    #Femelots :
    Pentures à deux branches embrassant l’étambot ou le gouvernail et représentant des logements pour recevoir les aiguillots.

    #Ferler :
    – Une voile carrée : relever par plis sur la vergue une voile carguée et la fixer au moyen de rabans dits de ferlage qui entourent la voile et la vergue.
    – Un pavillon : le plier et le rouler en le maintenant ensuite avec sa drisse.

    #Filer :
    – Une amarre : laisser aller une amarre dont un des bouts est attaché à un point fixe.
    – La chaîne : augmenter la touée d’une chaîne en la laissant aller de la quantité voulue en dehors du bord.
    – Par le bout, une chaîne ou grelin : laisser aller du navire dans l’eau.

    #Filière :
    Cordage tendu horizontalement et servant de garde-corps ou à suspendre différents objets. - de mauvais temps : cordage qu’on tend d’un bout à l’autre du bâtiment et auquel les hommes se retiennent pendant les forts mouvements de roulis et de tangage.

    #Flux :
    Marée montante.

    #Forain :
    Ouvert : Rade foraine : rade sans abri, exposée au mauvais temps du large (mouillage d’attente).

    Forme :
    – Bassin de radoub, ou cale sèche : bassin de radoub.
    – Formes d’un navire : ses lignes.

    #Fraîchir :
    Se dit du vent qui augmente d’intensité.

    #Frais :
    Désigne la forme du vent : joli frais, bon frais, grand frais.

    #Franc-bord :
    Distance entre le niveau de l’eau à l’extérieur du navire et la partie supérieure du pont principal à la demi-longueur du navire.

    #Fret :
    Somme convenue pour le transport de marchandises par navire. Les marchandises composant le chargement du navire.

    #Fuir :
    Devant le temps ou devant la mer : gouverner de manière à recevoir le vent ou la mer par l’arrière.

    #Fune :
    Grelin qui traîne le chalut. Prolongement de la filière des tentes d’un navire (mettre les tentes en fune).

    G
    #Galhauban :
    Cordage en chanvre ou en acier servant à assujettir par le travers et vers l’arrière les mâts supérieurs.

    #Gambier :
    Changer la position d’une voile à antenne ou au tiers d’un côté à l’autre du navire en faisant passer la vergue de l’autre côté du mât. Synonyme : muder, trélucher.

    #Galipot :
    Sorte de mastic avec lequel on recouvre les pièces métalliques en cas de repos prolongé ou d’exposition à l’arrosage par l’eau de mer. Pâte formée en parties égales de céruse et de suif fondu, étalée à chaud, au pinceau, sur les surfaces à protéger. On l’enlève par grattage et lavage à l’huile. Galipoter (vieux).

    #Gite :
    Synonyme de bande : Giter.

    #Glène :
    De cordage : portion de cordage ployée en rond sur elle-même, c’est à dire lové.

    #Grain :
    Vent violent qui s’élève soudainement généralement de peu de durée. Les grains sont parfois accompagnés de pluie, de grêle ou de neige.

    #Gréement :
    L’ensemble des cordages, manoeuvres de toutes sortes et autres objets servant à l’établissement, à la tenue ou au jeu de la mâture, des vergues et des voiles d’un navire.

    #Guindeau :
    Appareil servant à virer les chaînes, à mouiller et à relever les ancres à bord d’un navire. Son axe de rotation est horizontal.

    H
    #Habitacle :
    Sorte de cuvette ou de caisse cylindrique en bois ou en cuivre recouverte à la partie supérieure d’une glace et qui contient le compas de route et les lampes qui l’éclairent.

    #Hale-bas :
    Petit cordage frappé au point de drisse des voiles enverguées sur des drailles et qui sert à les amener.

    #Haler :
    Remorquer un navire dans un canal ou le long d’un quai au moyen d’un cordage tiré au rivage. Tirer un cordage ou un objet quelconque au moyen d’un cordage sur lequel on fait un effort.

    #Hanche :
    Partie de la muraille d’un navire qui avoisine l’arrière. On relève un objet par la hanche quand il est à 45° par l’arrière du travers.

    #Haut-fond :
    Sommet sous-marin recouvert d’eau peu profonde et dangereux pour la navigation.

    #Hauturière :
    Navigation au large ; contrôlée par l’observation des astres. Long cours.

    I
    #Itague :
    Cordage passant par une poulie simple et sur lequel on agit à l’aide d’un palan pour augmenter la puissance. Chaîne retenant un coffre et maillée au point de jonction des chaînes des ancres de corps-mort.

    J
    #Jambettes :
    Montants, bouts d’allonges qui dépassent le plat-bord d’un bâtiment et sur lesquels on tourne des manoeuvres ou on prend un retour. Pièces de bois ou de fer légèrement inclinées et retenant les pavois.

    #Jarretière :
    Sangle qui sert à saisir une drôme dans une embarcation.

    #Jauge :
    Volume des capacités intérieures des navires exprimé en tonneaux de 2m3.83 ou 100 pieds cubes anglais.

    #Jauge brute :
    Volume de tous les espaces fermés du navire sans exception aucune.

    #Jauge nette :
    Volume des espaces utilisables commercialement.

    #Jaumière :
    Ouverture pratiquée dans la voûte d’un navire pour le passage et le jeu de la partie supérieure de la mèche du gouvernail.

    #Joue :
    Creux des formes de la coque à l’avant d’un navire. Synonyme : épaule. Face extérieure de la caisse d’une poulie.

    #Joute :
    Compétition d’embarcations à l’aviron.

    #Jusant :
    Marée descendante.

    L
    #Laisse :
    – De marée : partie du rivage alternativement couverte et découverte par la mer dans les mouvements de la marée.

    #Laize :
    Chacune des bandes de toile dont se compose une voile.

    #Lamanage :
    Pilotage restreint aux ports, baies, rade et rivières de peu d’importance. Dans la coutume d’Oléron, le pilote s’appelait loman, c’est à dire homme du lof (côté du vent) ; on en a fait laman, puis lamaneur.

    #Larder :
    Voir paillet.

    #Latte :
    – De hauban : patte métallique fixée sur le bordage pour servir de cadène de hauban.

    #Lège :
    Bâtiment lège : bâtiment vide.

    #Lest :
    Matières pesantes arrimées dans les fonds du navire pour en assurer la stabilité.

    #Libre pratique :
    Permission donnée par les autorités sanitaires d’un port à un navire de communiquer librement avec la terre.

    #Loch :
    Appareil servant à mesurer la vitesse du navire.

    #Lumières :
    Petits canaux ou conduits pratiqués sur la face antérieure des varangues et destinés à conduire les eaux de cale au pied des pompes. Synonyme : anguillers

    M
    #Mahonne :
    Chaland de port à formes très arrondies utilisé en Méditerranée.

    #Maille :
    Intervalle entre deux couples voisins d’un navire ou entre deux varangues. Ouverture laissée entre les fils des filets de pêche.

    #Main_courante :
    Barre en métal, ou pièces de bois mince, placées de chaque côté des échelles de dunette, de roof-passerelle, de gaillard, etc... pour servir de rampe.

    #Maistrance :
    (Marine Nationale) - L’ensemble des officiers mariniers de la Marine de guerre française et plus particulièrement ceux de carrière qui constituent le cadre de maistrance proprement dit.

    #Maître_bau :
    Bau situé dans la plus grande largeur du navire.

    #Maître_couple :
    Couple situé de même.

    #Maître_de_quart :
    (Marine nationale) - Gradé du service manoeuvre qui, à bord des bâtiments militaires, seconde l’officier de quart dans le service des embarcations et rend les honneurs du sifflet à l’arrivée et au départ des officiers.

    #Maniable :
    Modéré (vent) ; assez beau (temps).

    #Manifeste :
    Liste complète et détaillée par marque et numéros des colis de marchandises formant la cargaison d’un navire. Cette liste est remise à la Douane du port de destination.

    #Marie-Salope :
    Chaland à saletés.

    #Marnage :
    Synonyme : d’amplitude pour la marée.

    #Maroquin :
    Cordage tendu entre deux mâts pour servir à supporter une ou plusieurs poulies dans lesquelles passent des manoeuvres ou des drisses.

    #Mascaret :
    Phénomène qui se produit dans le cours inférieur d’un fleuve consistant en plusieurs lames creuses et courtes formées par la remontée du flot contre le courant du propre fleuve.

    #Mât_de_charge :
    Espar incliné tenu par des balancines portant des apparaux servant à déplacer des poids.

    #Mâter :
    Mettre un mât en place. Mâter une pièce, une barrique, les avirons : les dresser et le tenir dans une position verticale.

    #Mégaphone :
    Tronc de cône creux et léger servant à augmenter la portée de la voix.

    #Membrure :
    Pièce de bois ou de fer soutenant le bordé et les vaigres sur laquelle viennent se fixer les barrots (Synonyme : couple).

    #Midship :
    Aspirant ou enseigne de vaisseau, en général le plus jeune parmi les officiers. Désigne également des chaussures ouvertes utilisées à bord des bâtiments de la Marine en pays chaud.

    #Mole :
    Construction en maçonnerie, destinée à protéger l’entrée d’un port et s’élevant au-dessus du niveau des plus fortes marées.

    #Mollir :
    Diminuer de violence (vent / mer).

    #Mou :
    Un cordage a du mou quand il n’est pas assez tendu. Donner du mou : choquer une manoeuvre. Un navire est mou quand il a tendance à abattre.

    #Moucheter_un_croc :
    Amarrer un bout entre pointe et dos pour empêcher le décrochage.

    #Mouiller :
    Jeter l’ancre et filer la touée de la chaîne convenable.

    #Mousson :
    Vents périodiques, soufflant avec de légères variations pendant une moitié de l’année dans une direction et pendant l’autre moitié de l’année dans la direction opposée. (Mers de Chine et Océan Indien).

    #Musoir :
    Pointe extrême d’une jetée ou d’un môle ; se dit aussi de l’extrémité d’un quai à l’entrée d’un bassin ou d’un sas.

    N
    #Nable :
    Trou percé dans le fond d’une embarcation servant à la vider lorsque cette embarcation n’est pas à flot. S’obture au moyen d’un bouchon de nable.

    #Nage :
    Mouvement imprimé par l’armement aux avirons d’une embarcation.
    – Chef de nage : Nageurs assis sur le banc arrière dont les mouvements sont suivis par tous les autres.
    – Nage à couple : Quand il y a 2 (canot) ou 4 (chaloupe) nageurs sur chaque banc.
    – Nage en pointe : 1 nageur par banc (baleinière).

    #Natte :
    Nom donné aux paillets et aux sangles qu’on place en divers endroits de la mâture et du gréement qu’on veut garantir du frottement.

    #Nid de pie :
    Installation placée assez haut sur le mât avant de certains navires et dans laquelle se tient l’homme de vigie. A bord des navires polaires, on dit plutôt #nid_de_corbeau.

    O
    #Obéir :
    Un navire obéit bien à la barre quand il en sent rapidement l’action.

    #Obstructions :
    Défenses fixes, d’un port pour en interdire l’accès à un ennemi de surface, sous-marin ou aérien.

    #Oeil :
    Boucle formée à l’extrémité d’un filin.

    #Oeil de la tempête :
    Éclaircie dans le ciel au centre des ouragans.

    #Oeuvres_mortes :
    Partie émergée de la coque.

    #Oeuvres_vives :
    Partie immergée de la coque.

    #Opercule :
    Tape de hublot.

    #Oreilles_d_âne :
    Cuillers en tôle permettant d’augmenter le débit d’air entrant par les hublots.

    P
    #Paille de bitte :
    Tige de fer traversant la tête d’une bitte pour empêcher la chaîne ou l’aussière de décapeler.

    #Paillet :
    Réunion de fils de bitord, torons de cordage, etc... tressés ensemble et formant une sorte de natte. On les emploie pour garnir les manoeuvres dormantes afin empêcher le frottement.

    #Palanquée :
    Colis, ensemble de marchandises groupées dans une élingue ou un filet pour être embarquées ou débarquées en un seul mouvement de grue.

    #Palanquer :
    Agir sur un objet quelconque avec un ou plusieurs palans.

    #Panne (mettre en) :
    Manoeuvre qui a pour objet d’arrêter la marche du navire par le brasseyage de la voilure.

    #Pantoire :
    Fort bout de cordage terminé par un oeil muni d’une cosse.

    #Pantoire_de_tangon :
    Retient le tangon dans le plan vertical.

    #Paravane (un) :
    Deux brins de dragage fixés au brion terminés par des flotteurs divergents. Installation destinée à la protection contre les mines à orin.

    #Paré :
    Prêt, libre, clair, hors de danger.

    #Parer :
    – Un cap : le doubler ; - un abordage : l’éviter.
    – Une manoeuvre : la préparer.
    – Manoeuvres : commandement pour tout remettre en ordre.
    Faire parer un cordage : le dégager s’il est engagé ou empêcher de la faire.

    #Passerelle :
    Petit cordage servant de transfilage ou à passer une manoeuvre plus grosse dans les poulies ou un conduit.
    Aussière ou chaîne passée d’avance sous la coque d’un bâtiment afin de permettre une mise en place rapide d’un paillet makaroff.

    #Pataras :
    Hauban supplémentaire destiné à soulager temporairement à un hauban soumis à un effort considérable - très employé sur les yachts de course, ce hauban mobile appelle largement sur l’arrière.

    #Patente de santé :
    Certificat délivré à un navire par les autorités du port pour attester l’état sanitaire de ce port.

    #Pavois :
    Partie de coque au-dessus du pont formant garde corps.

    #Grand_pavois :
    Pavillon de signaux frappés le long des étais et de l’entremise dans un ordre déterminé.

    #Petit_pavois :
    Pavillons nationaux en tête de chacun des mâts. Au-dessus du pavois : Syn. « de montré » pour un signal par pavillon de 1 signe.

    P#eneau (faire) :
    Tenir l’ancre prête à mouiller par grands fonds après avoir filé une certaine quantité de chaîne pour atténuer la violence du choc sur le fond.

    #Perdant :
    Synonyme : jusant.

    #Perthuis :
    Détroit entre les îles, des terres ou des dangers.
    Ouverture d’accès dans une cale sèche.

    #Phare :
    Construction en forme de tour portant un feu à son sommet.
    Mât avec ses vergues, voiles et gréement. Ex. : phare de misaine, phare de l’avant, phare de l’arrière, phare d’artimon, phare carré.

    #Phoscar :
    Sorte de boîte à fumée et à feu jetée d’un bâtiment afin de matérialiser un point sur la mer.

    #Pic (a pic) :
    Position verticale de la chaîne de l’ancre au moment où celle-ci est sur le point d’être arrachée au fond. A long pic : laisser la chaîne de l’ancre un peu plus longue que pour être à pic.

    #Pied :
    Jeter un pied d’ancre : mouiller avec un peu de touée pour un court laps de temps.
    Mesure de longueur égale à 0,305mètre.

    #Pied_de_biche :
    Pièce de fonte, dans un guindeau.

    #Pied_de_pilote :
    Quantité dont on augmente le tirant d’eau pour être sur de ne pas talonner.

    #Pigoulière :
    Embarcation à moteur assurant à heures fixes à TOULON le service de transport du personnel entre différents points de l’Arsenal.

    #Piloter :
    Assurer la conduite d’un navire dans un port ou dans les parages difficiles de la côte.

    #Piquer_l_heure :
    Sonner l’heure au moyen d’une cloche.

    #Plat-bord :
    – Dans un bâtiment en bois : ensemble des planches horizontales qui recouvrent les têtes des allonges de sommet.
    – Dans un navire en fer : ceinture en bois entourant les ponts.

    #Plein :
    Synonyme : pleine mer.
    – Plus près bon plein : allure de 1 quart plus arrivée que le plus près.
    – Mettre au plein : échouer un bateau à la côte.

    #Poste (amarre de) :
    Aussière ou grelin de forte grosseur fournie par les ports pour donner plus de sécurité et plus de souplesse à l’amarrage des navires et éviter l’usure de leurs propres aussières d’amarrage.

    #Pot_au_noir :
    Zone des calmes équatoriaux caractérisés par des pluies torrentielles.

    #Poulaine :
    Partie extrême avant d’un navire : lieu d’aisance de l’équipage.

    #Poupée_de_guindeau :
    Bloc rond en fonte sur lequel on garnit les amarres que l’on veut virer au guindeau.

    #Prélart :
    Laize de toile à voile souple, cousues ensemble puis goudronnées, destinées à couvrir les panneaux d’une écoutille et empêcher l’accès de l’eau dans les entreponts ou la cale.

    #Puisard :
    Espace compris entre deux varangues et formant une caisse étanche dans laquelle viennent se rassembler les eaux de cale.

    #Pilot_chart :
    Cartes périodiques publiées par l’Office Météo des Etats-Unis fournissant des renseignements sur la direction et la force des vents et des courants probables et la position des icebergs.

    Q
    #Quart :
    32ème partie du tour d’horizon, vaut 11 degrés 15 minutes.
    Synonyme. : de rhumb de compas.

    #Queue _de_rat :
    – Cordage terminé en pointe.
    – D’un grain : rafale violente et subite à la fin d’un grain.
    – Aviron de queue : aviron servant de gouvernail.

    #Quille_de_roulis :
    Plan mince, en tôle, fixé normalement et extérieurement à la coque, dans la région du bouchain, sur une partie de la longueur du navire, et destiné à entraîner l’eau lors des mouvements de roulis pour les amortir plus rapidement.

    R
    #Raban :
    Tresse ou sangle de 8 à 9 mètres de long formée d’un nombre impair de brins de bitord.
    – De hamac : bout de quarantenier servant à suspendre le hamac.
    – De ferlage : cordon ou tresse servant à serrer une voile sur une vergue, un gui, etc...

    #Rabanter :
    Fixer ou saisir un objet à son poste avec les rabans destinés à cet usage.
    – Une voile : la relever pli par pli sur la vergue et l’entourer, ainsi que la vergue, avec les rabans.

    #Radier :
    Maçonnerie sur laquelle on établit les portes d’un bassin et d’une forme.

    #Radoub :
    Passage au bassin d’un navire pour entretien ou réparation de sa coque.

    #Rafale :
    Augmentation soudaine et de peu de durée du vent.

    #Rafiau ou #Rafiot :
    Petite embarcation, mauvais navire.

    #Rafraîchir :
    Un câble, une amarre, c’est en filer ou en embraquer une certaine longueur de manière à ce que le portage ne soit jamais à la même place.

    #Raguer :
    Un cordage rague lorsqu’il s’use, se détériore en frottant sur un objet dur ou présentant des aspérités. Se dit aussi d’un bâtiment frottant contre un quai.

    #Rail :
    Pièce en cuivre vissée sur un mât à pible ou un gui sur laquelle sont enfilés les coulisseaux.

    #Rambarde :
    Garde-corps.
    Synonyme : de main courante.

    #Ras :
    Radeau servant aux réparations à faire à un bâtiment près de sa flottaison.
    Petits appontements flottants.

    #Ratier :
    Argot de bord - Matelot sans spécialité chargé de l’entretien de la coque.

    #Rattrapant :
    Yacht rattrapant. Terme de régate : lorsque deux yachts font la même route ou à peu près, celui qui est en route libre derrière l’autre commence à être considéré comme « yacht rattrapant l’autre » aussitôt qu’il s’en approche assez près pour qu’il y ait « risque de collision » et continue à être tel jusqu’à ce qu’il redevienne en roue libre devant ou derrière, ou s’en soit écarté par le travers jusqu’à écarter le risque de collision.

    #Raz :
    Courant violent dû au flot ou au jusant dans un passage resserré.

    #Reflux :
    Mouvement rétrograde de l’eau après la marée haute.
    Synonyme : jusant, ébe.

    #Refuser :
    Le vent refuse lorsque sa direction vient plus de l’avant. Contraire : adonner.

    #Relâcher :
    Un navire relâche quand par suite du mauvais temps, avaries subies, etc... il est forcé d’interrompre sa mission et d’entrer dans un port qui n’est pas son port de destination.

    #Renard :
    Plateau sur lequel sont pointés les noms des officiers qui descendent à terre.

    #Rencontrer :
    La barre ou simplement rencontrer : mettre la barre du côté opposé à celui où elle était auparavant pour arrêter le mouvement d’abatée du navire.

    #Rendre :
    Un cordage rend lorsqu’il s’allonge. Une manoeuvre est rendue lorsqu’on l’a amenée à son poste en halant dessus. Rendre le mou d’un cordage : tenir le cordage à retour d’un bout tandis qu’on hale de l’autre bout. Rendre le quart : remettre le quart à son successeur.

    #Renflouer :
    Remettre à flot un navire échoué.

    #Renverse :
    Du courant : le changement cap pour cap de sa direction.

    #Ressac :
    Retour violent des lames sur elles-mêmes lorsqu’elles vont se briser sur une côte, un haut-fond.

    #Retenue :
    Cordage en chanvre, en acier ou chaîne servant à soutenir un bout-dehors, un bossoir.

    #Rider :
    Une manoeuvre dormante : c’est la raidir fortement à l’aide de ridoirs ou de caps de mouton.

    #Riper :
    Faire glisser avec frottement.

    #Risée :
    Petite brise subite et passagère.

    #Rocambeau :
    Cercle en fer garni d’un croc, servant notamment à hisser la vergue d’une voile au tiers et à amurer le point d’amure du foc le long de son bout-dehors.

    #Rôle :
    Rôle de combat, rôle d’équipage, etc...

    #Rondier :
    Gradé ou matelot chargé d’une ronde.

    #Roof :
    Superstructure établie sur un pont supérieur et ne s’étendant pas d’un côté à l’autre du navire.

    #Roulis :
    Balancement qui prend le navire dans le sens transversal.

    #Routier :
    Carte marine à petite échelle comprenant

    S
    #Sabaye :
    Cordage avec lequel on hâle à terre un canot mouillé près de la côte.

    ##Sabord :
    Ouverture rectangulaire pratiquée dans la muraille d’un navire.

    Saborder :
    Faire des brèches dans les oeuvres vives d’un navire pour le couler.

    #Safran :
    Surface du gouvernail sur laquelle s’exerce la pression de l’eau pour orienter le navire.

    #Savate :
    Pièce de bois sur laquelle repose un navire au moment de son lancement.

    #Saisine :
    Cordage servant à fixer et à maintenir à leur place certains objets.

    #Sangle :
    Tissu en bitord qui sert à garantir du frottement certaines parties du navire ou du gréement ou à maintenir au roulis des objets suspendus.

    #Sas :
    Partie d’un canal muni d’écluses, destinée à établir une jonction entre deux bassins de niveaux différents. Compartiment en séparant deux autres dont les ouvertures ne peuvent s’ouvrir que l’une après l’autre.

    #Saute_de_vent :
    Changement subit dans la direction du vent.

    #Sauve-Garde :
    Cordages fourrés ou chaînes servant à empêcher le gouvernail d’être emporté s’il vient à être démonté. Ils sont fixés d’un bout sur le gouvernail, de l’autre sur les flancs du bâtiment.

    #Sec (à) :
    Un bâtiment court à sec, est à sec de toile lorsqu’il navigue sans se servir de ses voiles, mais poussé par le vent.

    #Semonce :
    Ordre donné par un navire armé à un autre navire de montrer ses couleurs et au besoin d’arrêter pour être visité.

    #Coup (coup de) :
    Coup de canon appuyant cet ordre.

    #Servir :
    Faire servir : manoeuvre d’un navire à voiles pour quitter la panne et reprendre la route.

    #Seuil :
    Élévation du fond de la mer s’étendant sur une longue distance.

    #Sillage :
    Trace qu’un navire laisse derrière lui à la surface de la mer.

    #Slip :
    Plan incliné destiné à mettre à l’eau ou à haler à terre de petits bâtiments ou des hydravions au moyen d’un chariot sur rails.

    #Soufflage :
    Doublage en planches minces sur le bordé intérieur ou extérieur.

    #Souille :
    Enfoncement que forme dans la vase ou le sable mou un bâtiment échoué.

    #Sous-venté :
    Un voilier est sous-venté quand il passe sous le vent d’un autre bâtiment, d’une terre qui le prive de vent.

    #Spardeck :
    Pont léger au-dessus du pont principal.

    #Suceuse :
    Drague travaillant par succion du fond.

    #Superstructures :
    Ensemble des constructions légères situées au-dessus du pont supérieur.

    #Surbau :
    Tôle verticale de faible hauteur encadrant un panneau, un roof ou un compartiment quelconque.

    #Syndic :
    Fonctionnaire de l’Inscription Maritime remplaçant les Administrateurs dans les sous-quartiers.

    #Syzygie (marée des) :
    Marées correspondant à la nouvelle ou à la pleine lune. Synonyme : marée de vive-eau.

    T
    #Table_à_roulis :
    Table percée de trous.
    Par gros temps, on y met des chevilles appelées violons ou cabillots qui permettent de fixer les objets qui s’y trouvent.

    #Tableau :
    Partie de la poupe située au-dessus de la voûte.
    Dans un canot ou une chaloupe, partie arrière de l’embarcation.

    #Talon_de_quille :
    Extrémité postérieure de la quille sur laquelle repose l’étambot.

    #Talonner :
    Toucher le fond de la mer avec le talon de la quille.

    #Tangon :
    Poutre mobile établie horizontalement à l’extérieur d’un navire, à la hauteur du pont supérieur et perpendiculairement à la coque, sur laquelle on amarre les embarcations quand le navire est à l’ancre.
    – De spinnaker ou de foc : espars servant à déborder le point d’écoute du spinnaker ou du foc au vent arrière.

    #Tangage :
    Mouvement que prend le navire dans le sens longitudinal.

    #Tanker :
    Navire pétrolier.

    #Tape :
    Panneau en tôle ou pièce de bois obturant une ouverture.

    #Taud :
    Abri de grosse toile qu’on établit en forme de toit au-dessus des ponts pour garantir l’équipage contre la pluie. Etui placé sur les voiles serrées pour les garantir de la pluie.

    #Teck :
    Bois des Indes presque imputrescibles aussi fort et plus léger que le chêne ; très employé dans la construction navale.

    #Tenir :
    Navire tenant la mer : se comportant bien dans le mauvais temps.

    #Tenir le large :
    Rester loin de la terre.

    #Tenue :
    Qualité du fond d’un mouillage. Les fonds de bonne tenue sont ceux dans lesquels les pattes des ancres pénètrent facilement et ne peuvent cependant en être arrachées qu’avec difficulté.
    La tenue d’un mât est son assujettissement par les étais et les haubans.

    #Teugue :
    Partie couverte du pont supérieur avant, constituant un gaillard d’avant où les hommes de l’équipage peuvent s’abriter.

    #Tiens-bon ! :
    Commandement à des hommes qui agissent sur un cordage, un cabestan, etc... de suspendre leurs efforts tout en restant dans la position où ils sont (voir « Tenir bon »).

    #Tiers (voile au) :
    Synonyme : de bourcet
    Voiles des canots et chaloupes.

    #Tillac :
    Pont supérieur ou parfois plancher d’embarcation.

    #Tins :
    Pièces de bois carrées placées à des distances régulières sur le fond d’une cale-sèche et destinées à soutenir la quille des navires.

    #Tire-veilles :
    Nom donné à un bout de filin terminé par une pomme à la rambarde au bas de l’échelle de coupée d’un navire et auquel on se tient pour monter à bord ou pour en descendre.
    Bout amarré sur l’entremise des bossoirs d’embarcation et auxquels se tient l’armement d’une embarcation quand on la met à l’eau ou quand on la hisse.

    #Tomber :
    – Sous le vent : s’éloigner de l’origine du vent.
    – Sur un navire, une roche : être entraîné par le vent, le courant ou toute autre cause vers un navire, un rocher, etc...
    – Le vent tombe, la mer tombe : le vent diminue d’intensité, les vagues de force.

    #Tonnage :
    Capacité cubique d’un navire ou de l’un de ses compartiments exprimée en tonneaux. Le tonneau est égal à cent pieds cubes anglais ou à 2,83 mètres cubes (c’est le tonneau de jauge) ; Le tonnage exprime toujours un volume.

    #Tonne :
    Grosse bouée en bois, en fer ou en toile.

    #Top :
    Prendre un top : comparer une pendule réglée avec son chronomètre, ou relever un signal horaire au compteur.

    #Tosser :
    Un navire tosse lorsque, amarré le long d’un quai, sa coque frappe continuellement contre le quai par l’effet de la houle.
    A la mer, le navire tosse quand l’AV retombe brutalement dans le creux des vagues.

    #Touage :
    Remorquage, plus particulièrement en langage de batellerie.

    #Toucher :
    Être en contact avec le fond. Toucher terre : faire escale.

    #Touée :
    Longueur de la remorque avec laquelle on hale un navire pour le déplacer.
    Longueur de la chaîne filée en mouillant une ancre. Par extension : longueur d’une certaine importance d’un câble filé ou d’un chemin à parcourir.

    #Touline :
    Petite remorque et plus généralement lance-amarre.

    #Tourner :
    Une manoeuvre : lui faire faire un nombre de tours suffisant autour d’un point fixe pour l’empêcher de filer ou de lâcher.

    #Traîne :
    Tout objet que l’on file à l’arrière d’un navire à l’aide d’un bout de filin.
    A la traîne : un objet est à la traîne lorsqu’il n’est pas placé à la place qui lui est assignée.

    #Transfiler :
    – Deux morceaux de toile : les rapprocher bord à bord au moyen d’un bout de ligne passant alternativement des oeillets pratiqués dans l’un dans ceux pratiqués dans l’autre.
    – Une voile : la fixer à sa vergue, gui ou corne au moyen d’un filin nommé transfilage et passant d’un oeillet à l’autre en embrassant la vergue, le gui, la corne.

    #Traversier :
    Amarre appelant d’une direction perpendiculaire à l’axe longitudinal.
    Un vent traversier est un vent bon pour aller d’un port à un autre et pour un revenir.

    #Trou_d_homme :
    Ouverture elliptique d’un double fond ou d’un ballast.

    #Tunnel :
    Conduit en tôlerie de dimensions suffisantes pour permettre le passage d’un homme et à l’intérieur duquel se trouve une ligne d’arbres entre la chambre des machines et la cloison de presse-étoupe AR.

    V
    #Va_et_vient :
    Cordage en double servant à établir une communication entre deux navires ou entre un navire et la côte, notamment pour opérer le sauvetage des naufragés.

    #Vadrouille :
    Bouts de cordage défaits, serrés sur un manche et servant au nettoyage. Faubert emmanché.

    #Vague_satellite :
    Soulèvement de la mer produit par le mouvement du navire en marche.

    #Varangue :
    La varangue est la pièce à deux branches formant la partie inférieure d’un couple et placées à cheval sur la quille. La varangue est prolongée par des allonges. Tôle placée verticalement et transversalement d’un bouchain à l’autre pour consolider le petit fond du navire.

    #Vase :
    Terre grasse, noirâtre, gluante. La vase peut être molle, dure mêlée ; elle présente généralement une bonne tenue.

    #Veille (ancre de) :
    Ancre prête à être mouillée.

    #Veiller :
    Faire attention, surveiller. Veiller l’écoute : se tenir prêt à la larguer, à la filer. Veiller au grain : l’observer, le suivre.

    #Vélique :
    Point vélique = centre de voilure de toutes les voiles.

    #Ventre :
    La partie centrale d’un bâtiment surtout lorsque ses couples sont très arrondis.

    #Verine :
    Bout de filin terminé par un croc ou une griffe et dont on fait usage en simple ou en double pour manier les chaînes des ancres.

    #Videlle :
    Reprise faite à un accroc dans une toile.

    #Virer :
    Exercer un effort sur un cordage ou sur une chaîne par enroulement sur un treuil, guindeau ou cabestan.
    – Virer à pic : virer suffisamment le câble ou la chaîne pour amener l’étrave du navire à la verticale de l’ancre.
    – Virer à long pic : virer en laissant la chaîne un peu plus longue que la profondeur de l’eau.

    #Virer_de_l_avant :
    faire avancer un navire en embraquant ses amarres de l’avant au cabestan ou au guindeau.
    – Virer sur la chaîne : rentrer une partie de la chaîne en se servant du cabestan ou du guindeau.
    – Virer de bord : changer les amures des voiles.

    #Vit_de_nulet ou #Vi_de_mulet :
    Tige de métal articulée fixée à une vergue, à un gui, à un mât de charge pour le relier au mât qui porte une douille. Employé en particulier pour les mâts de charge.

    #Vitesse :
    L’unité marine de vitesse est le noeud qui représente un mille marin (1852 mètres) à l’heure. Ne jamais dire un noeud à l’heure.

    #Vive-eau :
    Grande marée.

    #Voie_d_eau :
    Fissure ou ouverture accidentelle dans des oeuvres vives.

    W
    #Wharf :
    Littéralement quai, plus spécialement pour désigner un appontement qui s’avance dans la mer au-delà de la barre sur la côte occidentale d’Afrique.

    Y
    #Youyou :
    Très petite embarcation de service à l’aviron et à la voile.

  • « Les casseroles c’est un truc de gens bien élevés » - une GJ | Libé | 02.05.23

    https://www.liberation.fr/politique/paroles-danciens-gilets-jaunes-les-casseroles-cest-un-truc-de-gens-bien-e

    Ceux qui ont occupé les ronds-points en 2018 [et 2019] observent avec une certaine circonspection et beaucoup d’amertume l’évolution des mobilisations contre le gouvernement.
    [...]
    Louis, et la bataille ­contre la réforme des retraites ? « Je les vois défiler les syndicats, ils sont trop gentils. Le pouvoir ne ­comprend que la force. Ils auraient dû nous filer un coup de main en 2018 mais ils ont préféré nous traiter de sauvages. Franchement, ils font pitié avec leur casserole. »
    [...]
    Johanna coupe net la conversation : « Il ne faut pas comparer les casseroles aux gilets jaunes, surtout pas. Les casseroles c’est bien beau, ça fait du bruit, mais c’est un truc de gens bien élevés à la demande de la gauche. Alors que nous, c’était autre chose. C’était une colère non organisée, ce n’était pas un truc de politiciens. »
    [...]
    Ludovic ça donne : « Je ne juge pas, les gens luttent avec leurs moyens mais on voit bien que Macron ne flippe pas. Il se moque des casseroles alors qu’il avait peur de nous. Si demain le mouvement devient un peu plus sérieux et déterminé, je serais prêt à faire mon retour dans la rue. En attendant, je ne veux plus perdre mon temps et avaler de lacrymogène gratuitement. »

    Et la manif du 1er mai ? « C’était super, il y avait du monde et une belle ambiance, sauf à Paris je crois ou c’est parti en vrille. Et maintenant, ils vont faire quoi, continuer avec les casseroles et continuer à se laisser endormir par Macron ? C’est très compliqué de faire ressortir les gens dans la rue une fois qu’ils rentrent chez eux. »

  • Hitlergruß in der Schule, und fast alle schauen weg
    https://www.berliner-zeitung.de/mensch-metropole/kommentar-meinung-brandenburg-schulhof-spreewald-afd-jugend-rechtse

    Dans une école du Brandebourg les néonazis conatituent la majorité parmi les élèves et l’administration laisse faire. Une lettre ouverte d’enseignants dénonce l’inaction officielle.

    28.4.2023 von Jens Blankennagel - Im Spreewald sind Schüler auf dem Schulhof offen rechtsradikal – und die AfD-Jugend ist nun offiziell extremistisch. Ein Kommentar zur Lage in Südbrandenburg.

    Es gibt zwei Nachrichten aus dieser Woche, die direkt nichts miteinander zu tun haben, die aber ins Bild der allgemeinen gesellschaftlichen Radikalisierung passen.

    Erstens: Der Verfassungsschutz stuft nun die AfD-Nachwuchsorganisation Junge Alternative auch offiziell als rechtsextremistisch ein, als klar fremdenfeindlich und völkisch. Zweitens: Im Spreewald haben zwei verzweifelte Lehrer einen Brandbrief veröffentlicht, weil sich etliche Schüler offen rechtsextrem aufführen, weil sie Ausländerkinder oder linke Mitschüler anpöbeln, bedrohen und den Hitlergruß zeigen – auf dem Schulhof.

    Da stellt sich die Frage: Hitlergruß in der Schule – warum haben die Lehrer nicht sofort reagiert? Warum haben sie nicht die Schulleitung eingeschaltet, die Eltern, notfalls die Polizei?

    In anderen Staaten wird der Hitlergruß mitunter als rechtsradikale Folklore abgetan, aber wenn jemand in Deutschland den Gruß zeigt, ist es anders: Dann begeht er eine Straftat. Wenn Schüler ihn zeigen, haben Lehrer gefälligst mit einer Standpauke zu reagieren und dann mit Aufklärung, warum der Gruß auf dem Index steht. Wenn die Schüler ihn trotzdem weiter zeigen, muss reagiert werden.

    Doch die Lehrer einer Oberschule in Burg schwiegen. Auch die Polizei war ahnungslos, ebenso die Schulaufsicht, das Bildungsministerium. Das irritiert. Genauso irritiert, dass die Lehrer stattdessen den Weg an die Öffentlichkeit suchten. Sie schrieben einen „Brandbrief“. Und das auch noch anonym. Das zeugt von einer gehörigen Angst vor der Rache der eigenen Schülerschaft. Das klingt wie ein Hilferuf.

    Auf allen erdenklichen Augen blind

    Der Brief zeigt auch, dass jene Lehrer, die nicht länger wegschauen wollen, sich allein gelassen fühlen von der Schulleitung. Denn die soll Vorfälle angeblich nicht wie vorgeschrieben dem Schulamt gemeldet haben. Damit wäre sie auf allen erdenklichen Augen blind.
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    In der Schülerschaft soll es einen rechten Mainstream geben. Zehn, zwölf rechtsradikale Jugendliche sollen den Schulhof beherrschen und die Mitläufer dirigieren. Und das nicht erst seit kurzem: Als vor der Bundestagswahl die Schüler zu einer Probeabstimmung aufgerufen waren, soll eine Mehrheit AfD und NPD gewählt haben. Und von all dem drang nichts nach draußen? Nichts verließ den Schulhof? Auch das irritiert.

    Über Reaktionen der Eltern ist bislang nichts bekannt. Und schon wird der klassische Vorwurf für die AfD-Hochburg Südbrandenburg laut: Wie die Eltern, so die Kinder.

    Auch im idyllischen Ausflugsort Burg im Nordspreewald sind die Wahlergebnisse eindeutig: Dort kam die AfD bei der letzten Bundestagswahl auf 25,1 Prozent und landete auf Platz 2, nur ein Prozent hinter der SPD, aber weit vor allen anderen.

    Dabei handelt es sich wohlgemerkt um die Brandenburger AfD, die als besonders radikal gilt, „flügeltreu“ dem Faschisten Björn Höcke ergeben. Ein Landesverband, der als rechtsextremer Verdachtsfall eingestuft ist.

    Bislang gelten die Vorgänge an der Schule als Einzelfall. Alle zeigen sich überrascht und fordern nun mehr Sozialarbeiter und ähnliches. Aber wenn ein solcher Einzelfall über so lange Zeit unerkannt bleibt, schlafen große Teile der politischen Verantwortlichen vor Ort. Oder sie schauen weg. Oder finden sie etwa gut, was da auf dem Pausenhof abgeht?

    #Allemagne #Brandebourg #Burg #nazis #école

  • Beliebtes Ziel, aber auch Ärgernis: Die Zeit des Thaimarkts im Berliner Preußenpark läuft ab
    https://www.tagesspiegel.de/berlin/bezirke/beliebtes-ziel-aber-auch-argernis-die-zeit-des-thaimarkts-im-berliner-p

    20.4.2023 - Der thailändische Streetfood-Markt soll den Preußenpark verlassen. Die Wilmersdorfer Grünfläche werde stattdessen „als Park wiederhergestellt“, steht im Entwurf für die neue Zählgemeinschaftsvereinbarung der CDU und Grünen. Das Papier liegt dem Tagesspiegel vor. Der Markt erhält demnach „möglichst in der näheren Umgebung“ einen neuen Standort. Künftig wollen beide Parteien gemeinsam in Charlottenburg-Wilmersdorf regieren. Die SPD kritisiert die Verdrängung dieses beliebten und „einzigartigen interkulturellen Zusammentreffens“ aus dem Park. Anwohnende fordern seit Jahren eine Verlagerung des Thai-Markts. Sie kritisieren Schäden an Grünflächen und verlangen, dass der Park wieder ganz der Nachbarschaft diene.

    #Berlin #Thailand #Gastronomie #Wilmersdorf #Preußenpark #Brandenburgische_Straße #Württembergische_Straße #Pommersche_Straße

  • Warum Brokkoli und Blumenkohl immer teurer werden
    https://www.rbb24.de/wirtschaft/thema/2020/coronavirus/beitraege_neu/2020/04/lebensmittel-teurer-nicht-nur-wegen-coronakrise.html

    Comment fonctionne l’inflation du prix du choux-fleur à Berlin ? L’article utilise une grille analytique peu répandue mais efficac, dans laquelle et le prix de la main d’oeuvre et la distance géographique ont leur place. D’habitude les grands medias ne fournissent que des éléments spéculatifs au lieu de bien expliquer les choses.
    Dans l’introduction la journaliste Susett Kleine nous fait connaitre par inadvertance sa situation de classe : Pour elle on passe par le super-marché au plus vite possible sans faire attention aux prix. Elle fait sans doute partie des gens qui gagnent très bien leur vie. A Berlin 600.000 des 3,7 millions habitants ont droit aux allocations logement ou Bürgergeld. Un journaliste freelance qui vend un article par jour gagne en dessous de deux mille Euros par mois. J’en tire la conclusion que ou notre jeune collègue tient un CDI de rédactrice auprès de la RBB ou elle vit avec un/e conjoint/e aisé/e ou elle est issue d’une famille à l’abri des petits soucis ou bien elle cumule les trois avantages.

    Mo 20.04.20 von Susett Kleine - Berlin und Brandenburg - Warum Brokkoli und Blumenkohl immer teurer werden

    Viele Lebensmittel sind teurer geworden: Im Vergleich zum März 2019 mussten Brandenburger für Nahrungsmittel 4,5 Prozent mehr zahlen, Berliner 3,4 Prozent. Das liegt auch an der Corona-Krise. Aber nicht nur.

    Wer derzeit in den Supermarkt geht, hat vor allem ein Ziel: schnell wieder raus. Dabei wird oft nicht so genau auf die Preise geachtet. Und wenn doch, fällt auf, dass vieles teurer geworden ist.

    Blumenkohl etwa. Der kostete im März vergangenen Jahres durchschnittlich 1,19 Euro, im März 2020 lag der Preis im Durchschnitt beireits bei 1,91 Euro - ein Anstieg um 60 Prozent. Diese Werte hat die Agrarmarkt-Informations-Gesellschaft (AMI) berechnet. Bei einer Stichprobe des rbb-Verbrauchermagazins SUPER.MARKT wurden sogar Preiserhöhungen von bis zu 210 Prozent gefunden.

    Auch die Preise für Brokkoli und Eisbergsalat sind im demnach um 182 Prozent beziehungsweise 63 Prozent gestiegen.

    Erntehelfer und Lkw-Fahrer fehlen

    Hans-Christoph Behr von der AMI erklärt, was zu diesen hohen Preisen führt: „Bei Produkten wie Brokkoli, Eissalat oder Paprika hat es tatsächlich mit Corona zu tun - und zwar mit der Verfügbarkeit von Erntehelfern in Spanien. Auch die Logistik ist etwas schwieriger geworden, weil Lastwagenfahrer fehlen.“

    Der Blumenkohl sei hingegen so viel teurer, weil im Erzeugerland Frankreich durch den warmen Winter die Ernte extrem früh eingeholt wurde. Aktuell hätten wir „jetzt fast ein Ernteloch“, so Behr. Nicht an allen Preiserhöhungen ist also das Coronavirus schuld.

    Aber doch an vielem: Drei Viertel des Obstes und zwei Drittel des in Deutschland konsumierten Gemüses werden importiert. Im vergangenen Jahr waren das 14,8 Millionen Tonnen. Das meiste kommt aus Italien und Spanien, gerade den Ländern also, die besonders von der Corona-Pandemie betroffen sind. Daher steigen derzeit zum Beispiel die Preise für Orangen und Zitronen.
    Käse und Butter sind deutlich günstiger

    Auch Fleisch ist teurer geworden. Schweinegulasch beispielsweise um 16 Prozent im Vergleich zum Vorjahreszeitraum. Das liegt zwar auch an einem Virus, allerdings nicht am Coronavirus: Die Ausbreitung der Afrikanischen Schweinepest erschwert in China derzeit die Eigenversorgung, mehr Ware aus Europa wird dorthin exportiert. Die Versorgung in Europa ist also knapper geworden, und „wenn es knapper wird, wirkt sich das auf die Preise aus“, so Behr.

    Was Sie jetzt wissen müssen

    Im Gegenzug sind heimische Produkte durch die Corona-Krise teilweise günstiger geworden, Milchprodukte etwa. Hier gibt es einen massiven Preis-Abwärtstrend: Käse kostet im Vergleich zum Vorjahr 11 Prozent weniger, Butter 13 Prozent. Der Hintergrund: Eine Überproduktion drückt die Preise. Zwar ist die Nachfrage der Konsumenten höher als sonst, das kann aber den wegbrechenden Absatz in Gastronomie, Hotellerie und Kantinen nicht kompensieren.

    Supermärkte schweigen zu Umsätzen

    Die Gewinner der Krise sind trotzdem die Supermärkte und Discounter. Wie viel Umsatzplus sie durch diese Krise gerade verzeichnen, wollte keiner gegenüber Super.Markt preisgeben. Allerdings ist allein die Zahl der Großeinkäufe laut Einzelhandelsverband oft doppelt so hoch wie vor Weihnachten. Durch diesen hohen Bedarf könnte es jetzt zu Engpässen bei Obst und Gemüse kommen.

    Eine mögliche Lösung: Reifes heimisches Obst und Gemüse muss jetzt geerntet werden. So könnte der Nachschub aus Deutschland die Lage etwas beruhigen. Dafür reisen gerade 80.000 ausländische Erntehelfer nach Deutschland. Ob diese Aktion tatsächlich hilft, die Preise zu senken, wird sich in den nächsten Monaten zeigen.

    Sendung: Super.Markt, 20.04.2020, 20:30 Uhr

    #Allemagne #Berlin #Brandebourg #inflation #alimentation

  • Tag von Sedan
    https://de.m.wikipedia.org/wiki/Sedantag

    Der Sedantag (auch Tag von Sedan oder Sedanstag) war ein Gedenktag, der im Deutschen Kaiserreich (1871–1918) jährlich um den 2. September gefeiert wurde. Er erinnerte an die Kapitulation der französischen Armee am 2. September 1870 nach der Schlacht bei Sedan, in der preußische, bayerische, württembergische und sächsische Truppen nahe der französischen Stadt Sedan den entscheidenden Sieg im Deutsch-Französischen Krieg errungen hatten.

    #Berlin #Steglitz #Sedanstraße #Mitte #Pariser_Platz #Brandenburger_Tor #Geschichte #Krieg

    • Catastrophe dans l’hôpital du ministre de la santé. Les urgences du site de Thionville confrontées a de multiples arrêts de maladie envoient les malades sur Metz où des tentes ont été montées pour accueillir les malades !


      https://twitter.com/PrudhommeChri10/status/1609153909117026304
      Prudhomme Christophe @PrudhommeChri10

      Des soignants « à bout », les urgences de Thionville sont en crise
      https://www.lessentiel.lu/fr/story/des-soignants-a-bout-les-urgences-de-thionville-sont-en-crise-80075969796

      Les urgences de l’hôpital de Thionville (Moselle) fonctionnent de manière très dégradée samedi, la quasi-totalité des soignants, « épuisés », ont été placés en arrêt maladie.

      Selon des sources syndicales, 55 infirmiers et aide-soignants sur 59 ont été placés en arrêt maladie, souvent sur décision des médecins des urgences eux-mêmes.
      « On en arrive là parce que malgré leur engagement, les équipes sont à bout, épuisées, et incapables d’assurer une prise en charge de qualité, ce qui est insupportable pour eux », indique à l’AFP Clarisse Mattel, infirmière et secrétaire générale du syndicat MICT-CGT. « C’est une problématique qui dépasse la situation d’un hôpital, c’est tout l’hôpital public qui est en crise : on ne peut plus prendre correctement en charge les patients. »
      .... Plusieurs soignants font état d’un patient de 90 ans resté « plus de 90 heures » sur un #brancard, et qui n’a « été changé qu’une seule fois » au cours de cette période. « C’est devenu extrêmement compliqué d’assurer les besoins élémentaires tels que l’hygiène, les repas, en plus dans un contexte de promiscuité », indique Patricia Schneider, représentante du syndicat Sud-Santé au CHR. Le pôle des urgences du CHR était dirigé par #François_Braun jusqu’à sa nomination en juillet comme ministre de la Santé. « Les problématiques, il les connaît depuis longtemps », souligne une infirmière. « J’espère qu’on pourra bientôt échanger avec lui sur l’évolution de la situation ».

      #infirmières #aide_soignantes

    • Crise des urgences : 31 personnes sont mortes de manière « inattendue » au mois de décembre Jeanne Sénéchal - Le Figaro
      https://www.lefigaro.fr/actualite-france/crise-des-urgences-31-personnes-sont-mortes-de-maniere-inattendue-au-mois-d

      Certains patients sont décédés seuls sur un brancard dans les couloirs, d’autres à la suite d’un manque de moyens disponibles... Pour SAMU-Urgence France, le système de santé n’est plus « sécuritaire », il devient même « dangereux ».

      Aujourd’hui en France, « il y a des personnes qui décèdent dans des conditions qui ne devraient pas exister » . Marc Noizet, président de SAMU-Urgence France, a établi ce constat fin décembre après que son syndicat a comptabilisé le nombre des personnes mortes de manière « inattendue » aux urgences. Et le chiffre est alarmant : du 1er au 31 décembre 2022, 31 personnes seraient mortes seules sur des brancards dans les couloirs des urgences, ou parce qu’un SMUR n’a pas pu être engagé assez rapidement, apprend le successeur de François Braun au Figaro. « Si on était exhaustif, on pourrait envisager qu’il y en ait beaucoup plus », assure-t-il.

      Face à la dégradation du service des urgences, ce décompte inédit était nécessaire, explique Marc Noizet : « On avait déjà connu des morts dans les couloirs, mais jamais comme cela. La situation est devenue insécuritaire pour les soignants et les patients » . Le syndicat a donc mis à disposition dès novembre un formulaire en ligne, qui prend la forme d’un questionnaire : le soignant fait part de la situation, raconte ce qu’il s’est passé, laisse son nom et son mail, et peut demander à être rappelé.

      Toutefois, ces morts ne sont pas « inattendues » parce que ces personnes n’allaient pas mourir, mais parce qu’elles n’auraient pas dû mourir dans de telles circonstances, précise le médecin : « L’objectif n’est pas de rechercher la cause de la mort. Nous alertons sur ces morts brutales dans des couloirs d’urgence alors que rien ne laissait présager. Pour nous, c’est un dysfonctionnement grave. C’est une mise en danger ».

      Des profils assez âgés
      Sur les 31 situations rapportées, le profil des personnes décédées est assez âgé : « Il tourne autour de 75 ans ». « On a des personnes de 92 ans, 81 ans, 76 ans, 61 ans, 74 ans.. » , détaille Marc Noizet en consultant son fichier. Il prend alors l’exemple d’une personne âgée, qui est arrivée dans un CHU après une mauvaise chute. « Elle n’avait pas de lésion apparente, il n’y avait pas d’inquiétude à son sujet. » Quatre heures plus tard, elle allait bien. Huit heures plus tard, l’équipe l’a retrouvée morte sur son brancard, dans un couloir.

      Pour qu’un décès puisse être comptabilisé dans cette liste, il faut qu’il corresponde à l’une de ces deux catégories :
      • Le patient est décédé sur un brancard aux urgences alors qu’il était en période d’attente de soins, et son décès n’était pas attendu.
      • Le patient est décédé en pré-hospitalier, les moyens adaptés n’ayant pas pu être engagés assez rapidement : « Par exemple, on n’est pas en capacité de déclencher un SMUR suffisamment vite et la victime décède ».

      La femme décédée à Saint-Cyr d’une crise cardiaque après avoir été refusée aux urgences, n’entre pas forcément dans cette catégorie. « On ne connaît pas encore les circonstances. Beaucoup de questions sont en suspens, une enquête doit y répondre. Pour moi, en l’état, elle ne répond pas à notre définition » , affirme l’urgentiste.

      Deux à trois jours sur un brancard
      Son syndicat a décidé de lancer ce décompte dans l’objectif d’alerter l’opinion publique et les politiques « de la dangerosité actuelle » de la situation et « montrer que le système est à bout de souffle ». Des patients peuvent attendre plusieurs heures, voire plusieurs jours sur un brancard avant d’être hospitalisés. Il a été possible de l’observer récemment dans un reportage de l’AFP au CHU de Strasbourg, le 29 décembre. À cause des conditions de travail, du manque de moyens et de la triple épidémie (Covid-19, bronchiolite et grippe), certains patients n’ont pas d’autre choix que d’attendre deux ou trois jours sur des brancards, fait savoir un des infirmiers sur place.

      Il y a un tabou derrière ces morts.
      Marc Noizet, président de SAMU-Urgence France

      Si quelques morts sont médiatisées dans la presse, la plupart d’entre elles restent dissimulées. Cela peut s’expliquer par deux raisons, selon Marc Noizet. D’abord, parce que les soignants se sentent coupables. « Nous faisons face à la mort tous les jours. Nous sommes soignants. Mais quand un décès inattendu se passe dans un service, nos équipes portent forcément une forme de culpabilité » , explique l’urgentiste. Ensuite, parce qu’ils ne veulent pas endosser « la responsabilité d’un dysfonctionnement global de santé ». La responsabilité est une « responsabilité du système, elle doit être collective et non individuelle , avance le Dr Noizet. Mais il y a un tabou derrière ces morts ».

      Un dernier point est important : « La responsabilité médico-légale du soignant » , poursuit Marc Noizet. Si la famille d’une de ces victimes venait à se retourner contre l’hôpital, « la responsabilité reviendrait au médecin qui était présent ce jour-là » , ce qui pourrait ouvrir une « procédure judiciaire à son encontre ». Et de déplorer : « Personne ne dira que c’est un dysfonctionnement général du système de santé. Il devrait expliquer qu’il a un service avec 100 patients qui ne peut en accueillir que 50. Mais je ne suis pas sûr que cela soit pris en considération. »

      Aujourd’hui, le président du syndicat demande un « système plus sécurisé ». « Les conditions dans lesquelles on travaille actuellement sont exécrables pour les soignants mais surtout pour les patients. » Pour lui, « l’équation est simple : combien vous avez de lits dans un hôpital, combien de personnel pour vos lits, comment vous gérez vos lits. C’est uniquement de la gestion de flux. Il faut recentrer la disponibilité de l’offre de soin qui existe aujourd’hui autour des besoins urgents de la population. » Contacté par Le Figaro , le ministère de la Santé n’a pas donné suite à nos sollicitations.

      #Hôpital #Santé #Sante #décès #morts #EnMarche #réforme #macron de la #santé_publique