• Principio di non-refoulement è solo un articolo che non viene rispettato

    Quello che emerge dal quinto rapporto del network Protecting Rights at Borders (PRAB) “Picchiati, puniti e respinti” 1, è l’ennesima immagine drammatica di quanto accade alle porte esterne dell’Unione Europea, alla porte di quella comunità che ha tra i suoi principi fondativi (e fondamentali) la protezione e il rispetto dei diritti dell’uomo.

    Stando dunque alla pubblicazione di PRAB, nel 2022 sono state raccolte segnalazioni di pushback da oltre 5.756 persone. Le pratiche di respingimento, messe in atto dalle forze dell’ordine dei Paesi d’ingresso all’Europa, sono pratiche sistematiche ed estremamente violente che violano la normativa internazionale ed europea.


    Inoltre, per ribadire quanto le pratiche di respingimento vadano contro i diritti i diritti dell’uomo, la Convenzione di Ginevra del 1951, con l’articolo 33, stabilisce il principio di non-refoulement (non respingimento).

    «1. Nessuno Stato Contraente espellerà o respingerà, in qualsiasi modo, un rifugiato verso i confini di territori in cui la sua vita o la sua libertà sarebbero minacciate a motivo della sua razza, della sua religione, della sua cittadinanza, della sua appartenenza a un gruppo sociale o delle sue opinioni politiche.

    2. La presente disposizione non può tuttavia essere fatta valere da un rifugiato se per motivi seri egli debba essere considerato un pericolo per la sicurezza del paese in cui risiede oppure costituisca, a causa di una condanna definitiva per un crimine o un delitto particolarmente grave, una minaccia per la collettività di detto paese»

    Si tratta di un principio fondamentale del diritto internazionale. È importate sottolineare che per effetto della giurisprudenza della Corte europea dei diritti dell’uomo, tale principio si applica indipendentemente dal fatto che la persona sia stata riconosciuta rifugiata e/o dall’aver formalizzato o meno una diretta domanda di protezione.

    Le pratiche messe in atto dalle forze dell’ordine alle frontiere della cosiddetta fortezza europea e al proprio interno, sono in violazione del diritto della stessa Europa. Ricordiamo l’articolo 19 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea:

    «Protezione in caso di allontanamento, di espulsione e di estradizione.
    1. Le espulsioni collettive sono vietate.
    2. Nessuno può essere allontanato, espulso o estradato verso uno Stato in cui esiste un rischio serio di essere sottoposto alla pena di morte, alla tortura o ad altre pene o trattamenti inumani o degradanti»

    È evidente come ancora una volta l’obbligo nel quadro giuridico contraddice la realtà.

    Dal lavoro di PRAB emerge che vi è un sistematico uso di respingimenti. Il report ne riporta quasi 6mila, ma i numeri complessivi sono sicuramente più alti dal momento che questi sono solamente dati raccolti da testimonianze dirette. Nelle due zone di confine dove è più alto il transito di persone migranti tra Italia e Francia (Oulx e Ventimiglia), i respingimenti sono una pratica sempre più comune.

    Ad esempio, se si guarda il numero di serie presente sulla documentazione ufficiale (Refus d’entree) consegnata alle persone respinte dalla polizia di frontiera francese nel 2022, emerge che i numeri sono estremamente più elevati: a Ventimiglia sono 17.749 le persone respinte e a Oulx oltre 3.600. Questi dati sono importanti in quanto sottolineano come le pratiche di respingimento e le barriere d’accesso siano molto più diffuse e si verificano su scala molto più ampia di quella registrata da PRAB.

    Anche in altri territori italiani l’uso sistematico dei respingimenti è in aumento. “Assistiamo a continue riammissioni lungo i porti adriatici dall’Italia alla Grecia e a respingimenti verso l’Albania. Si tratta di trattamenti inumani, come la confisca e la distruzione degli effetti personali, la svestizione forzata e l’esposizione a temperature estreme. Il governo italiano cerca di negare che ciò avvenga. Ma la situazione sembra peggiorare“, conferma Erminia Rizzi di ASGI.

    Nella maggior parte dei casi i respingimenti avvengono in maniera violenta. Sono tantissime le testimonianze che raccontano come la polizia di frontiera si sia comportata in modo brutale: manganellando le persone migranti, confiscando tutti i loro effetti personali per poi distruggerli, negando loro acqua e cibo, obbligandoli a restare svestiti a temperature estreme.

    Uno dei confini in cui le violenze sono all’ordine del giorno è ancora quello che separa la Croazia dalla Bosnia. Ma le numerose violazioni dei diritti umani che erano state denunciate e riportate dalle persone solidali che lottano quotidianamente contro tali pratiche, sono state messe da parte nel momento in cui la Croazia è entrata ufficialmente nella zona Schengen. Per l’ennesima volta le istituzioni Europee hanno chiuso gli occhi di fronte alle molteplici violazioni e violenze: ancora una volta i diritti umani sono stati sacrificati per raggiungere compromessi politici ed economici.

    Il 2022 è stata un anno di grandi contrasti per quanto riguarda la solidarietà e l’accoglienza: le persone che fuggivano dalla guerra in Ucraina sono state accolte mentre le persone migranti provenienti da paesi africani e/o mediorientali sono stati respinte: vi sono due pesi e due misure basate sul profilo etnico, cosa che viola la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani. Nel 2022 l’Unione Europea ha applicato per la prima volta una direttiva speciale per concedere un permesso temporaneo da chi scappa dalla guerra. Non si tratta di una nuova direttiva poiché risale al 2001 ma prima di quest’anno non era mai stata applicata. Il rapporto PRAB dichiara che l’attivazione di tale direttiva è una decisione storica ma basata su un doppio standard: benvenuti a un confine, respinti ad un altro. Questa è la realtà ai confini della fortezza Europa.

    Charlotte Slente, Segretaria generale della Danish Refugee Council, afferma che «la pratica di chiudere un occhio sulle violazioni dei diritti umani alle frontiere dell’UE deve essere interrotta. È giunto il momento di sostenere, rispettare e far rispettare i diritti di coloro che si trovano alle porte dell’Europa, indipendentemente dal loro Paese di appartenenza. Per anni sono state raccolte prove sulle pratiche di respingimento. Le prove sono innegabili. Questo schema non deve essere visto in modo isolato. Fa parte di una più ampia crisi dello Stato di diritto. La crisi alle frontiere dell’UE non è una crisi di numeri. È invece una crisi di dignità umana e di volontà politica, dovuta alla mancata attuazione dei quadri giuridici esistenti e all’applicazione delle sentenze giudiziarie».

    Con il 2023 è giunto il momento di porre fine alla pratica illecita e discriminatoria di chiudere gli occhi sulle violazioni dei diritti umani alle frontiere dell’Unione Europea. Il rapporto si conclude con cinque richieste: rispetto diritti umani e dignità umana a tutte le frontiere; porre fine all’uso sistematico dei respingimenti; introduzione di meccanismi di monitoraggio indipendenti alle frontiere; prevalenza di una cultura dei diritti rafforzata dal coraggio politico per sostenere le persone bisognose di protezione; apertura di percorsi d’entrata sicuri e legali.

    Sono tutte richieste più che lecite che dovrebbero esser già applicate. Ma il 2023 è veramente l’anno in cui tali richieste verranno accettate?

    Nell’anno in cui, solo per rimanere in Italia, il governo Meloni rivendica come legittimi i respingimenti al confine con la Slovenia, gli accordi con la Libia e ha deciso di stanziare oltre 40 milioni di euro per costruire nuovi CPR, è veramente l’anno in cui i governi degli Stati UE smetteranno di sacrificare i diritti umani per scopi politici ed economici?

    https://www.meltingpot.org/2023/03/principio-di-non-refoulement-e-solo-un-articolo-che-non-viene-rispettato

    #refoulements #push-backs #migrations #asile #réfugiés #frontières #frontière_sud-alpine #2022 #rapport #Balkans #route_des_Balkans #chiffres #statistiques #violence #droits_humains

    • #Protecting_Rights_at_Borders: Beaten, punished and pushed back

      The fifth Protecting Rights at Borders report (#PRAB) reconfirms a pattern of a systematic use of pushbacks at EU Borders. The study recorded incidents involving 5.756 persons between 1 January and 31 December 2022.

      It appears evident that EU Member States continue making access to international protection as difficult as possible. These practises are systemic and integrated into countries’ border control mechanisms although they are in strict violation of EU law. The newly released PRAB report shows that many of those victims who were pushed back were not merely prevented from crossing a border. The data collected outlines that they were “welcomed” at the EU with a denial of access to asylum procedures, arbitrary arrest or detention, physical abuse or mistreatment, theft or destruction of property.

      Nationals from Afghanistan, Syria and Pakistan reported most frequently being the victim of pushbacks and in 12% of the recorded incidents children were involved. This data is unfortunately only the top of the iceberg.

      “The practice of turning a blind eye to human rights violations at EU borders must be stopped. It is high time to uphold, respect and enforce the rights of those at Europe’s doorstep, irrespective of their country of nationality. All people have the right to ask for international protection in the EU. For years, DRC jointly with its PRAB partners and many other actors, has been recording evidence on pushback practices. The evidence is undeniable,” says Secretary General of DRC, Charlotte Slente.

      Access to international protection, within the EU, is far from safeguarded - not merely due to a systematic use of pushbacks across EU borders or the unwillingness to let boats disembark, but also due to other policy developments.

      “This pattern should not be seen in isolation. It is part of a wider Rule of Law crisis. The crisis at the EU’s borders is not one of numbers. Instead, it is a crisis of human dignity and political will, created due to failure to implement existing legal frameworks and enforce judicial rulings”, says Charlotte Slente.

      Preventing access to territory with all means

      “In Greece, pushbacks at land and sea borders remain a de facto general policy, as widely reported including by UN bodies. However, instead of effectively investigating such allegations, Greek Authorities have put in place a new mechanism which does not ensure the guarantees of impartiality and effectiveness. At the same time, NGOs and human rights defenders supporting victims of alleged pushback remain under pressure and find themselves increasingly targeted", says Konstantinos Vlachopoulos of GCR.

      In Italy the systematic use of pushbacks is increasing.

      "We are witnessing continuous readmissions along the Adriatic ports from Italy to Greece and rejections to Albania. What we hear about is inhuman treatment, such as confiscation and destruction of personal belongings, forced undressing, and exposure to extreme temperatures. The Italian government tries to deny that this is happening. But the situation seems to be getting worse”, says Erminia Rizzi of ASGI.

      Welcome at one border, pushed back at another

      The situation is not equal at all EU borders. There are double standards based on ethnic profiling and they violate international human rights law. 2022 was the year that the EU provided protection – at least on paper – to 4.9 million people who entered the EU from Ukraine. The triggering of the Temporary Protection Directive was a historic decision.

      “In February 2022, Poland has opened its borders to admit large numbers of Ukrainian nationals fleeing war. Temporary protection was given to numerous persons seeking protection from the war in Ukraine. This welcoming approach of the Polish authorities did not affect the situation at the Polish-Belarusian border, where a humanitarian crisis continues since August 2021. There, third-country nationals are everyday violently pushed back, irrespective of their vulnerability or asylum claims”, says Maja Łysienia, SIP Strategic Litigation Expert.

      More information on the pushback data recorded by PRAB partners, the litigation cases brought to national and European courts related to border violence, as well as an analysis of current policy dimensions, can be found in PRAB V here: https://pro.drc.ngo/resources/news/prab-beaten-punished-and-pushed-back

      https://reliefweb.int/report/world/protecting-rights-borders-beaten-punished-and-pushed-back

    • Les chiffres à la #frontière_sud-alpine (#Italie / #France) :

      The number of pushbacks from France to Italy recorded through the PRAB project, for instance, also represents a fraction of the overall number of persons reporting pushbacks to Diaconia Valdese’s outreach teams. In Ventimiglia and Oulx in Italy, Diaconia Valdese has records of as many as 2,703 persons, and 2,583 persons, respectively, who reported experiencing pushbacks. If compared to other available statistics, even higher pushback numbers were recorded at the borders between Italy and France in 2022: In Ventimiglia, Italy, at least 17,7491 persons were pushed back by French Authorities, while in Oulx, Italy, it was at least 3,6902 persons.

      (p.4)

      #Ventimille #Oulx #Hautes-Alpes #Alpes_maritimes #Briançon

    • Le sistematiche violazioni dei diritti umani ai confini europei: VI report della rete #PRAB

      Recentemente, un video pubblicato dal New York Times (https://www.nytimes.com/2023/05/19/world/europe/greece-migrants-abandoned.html) ha rivelato respingimenti illegali di persone migranti dalla Grecia, sollevando un’ampia eco mediatica. La gravità delle accuse ha suscitato la reazione di Ylva Johansson (https://www.politico.eu/article/commission-ylva-johansson-greece-migrant-deportation), Commissaria europea agli Affari interni, che ha definito tali pratiche come “deportazioni”, e del primo ministro greco, Mitsotakis, che le ha giudicate “inaccettabili” (https://edition.cnn.com/videos/tv/2023/05/23/amanpour-greek-prime-minister-kyriakos-mitsotakis.cnn). Tuttavia, organizzazioni non governative e grassroots denunciano da anni la sistematicità delle violazioni dei diritti umani delle persone migranti ai confini europei.

      Nel Report What we do in the shadows, il VI report del network PRAB, sono state raccolte migliaia di testimonianze riguardanti le azioni compiute dalle forze di frontiera nei confronti dei potenziali richiedenti asilo, tra cui respingimenti, aggressioni e furti. In alcuni casi, tali azioni mettono a rischio la vita delle persone coinvolte, e ci sono anche situazioni in cui queste azioni si sono tradotte in tragiche perdite umane, come nei respingimenti dalla Polonia alla Bielorussia o nel caso di Fatima, una giovane ragazza di 23 anni uccisa dalla polizia macedone al confine tra la Macedonia del Nord e la Grecia a metà aprile, il giorno in cui l’Agenzia Europea Frontex ha iniziato la propria missione operativa nel paese balcanico.

      Migliaia di testimonianze raccolte nel VI report di PRAB

      Durante il periodo gennaio-aprile 2023, sono stati registrati un totale di 10.691 casi individuali di persone respinte alle frontiere europee. Di questi, 1.611 hanno partecipato a interviste approfondite da parte di uno dei partner PRAB per registrare i dati demografici, le rotte migratorie e le violazioni dei diritti a cui sono stati esposti.

      - Abusi fisici e aggressioni: Il 62% delle persone ha denunciato abusi fisici e/o aggressioni al confine tra Ungheria e Serbia, mentre il 54% ha segnalato lo stesso al confine tra Grecia e Turchia.

      - Coinvolgimento dei minori: Il 16% dei respingimenti riguardava minori, di cui il 9% viaggiava con la famiglia e il 7% era costituito da minori non accompagnati o separati dalla famiglia.

      - Mancato accesso alle procedure di asilo: Nel 44% dei casi registrati al confine tra Croazia e Bosnia-Erzegovina, nell’88% dei casi al confine tra Ungheria e Serbia e nell’85% dei casi al confine tra Italia e Francia, è stato segnalata la impossibilità di accesso alle procedure di asilo.

      Questo rapporto, insieme a molti altri, evidenzia ancora una volta le violazioni dei diritti che si verificano quotidianamente alle frontiere europee.

      I respingimenti e la brutalità della polizia sono di fatto uno strumento per la gestione delle frontiere, l’impunità è la norma e le vie della giustizia per le vittime sono scarse o inesistenti.

      Sulla base di un imperativo umanitario – che mira a salvare vite umane – negli ultimi anni, molte persone e organizzazioni umanitarie hanno sostenuto le persone in movimento. Mentre alcuni hanno contribuito a fornire l’accesso ai servizi di base, tra cui cibo, alloggio e assistenza medica, altri hanno intrapreso azioni legali per contestare le violazioni dei diritti alle frontiere dell’UE. Alcuni Stati membri europei hanno iniziato o continuano a criminalizzare coloro che forniscono assistenza, con l’obiettivo di porre fine alla solidarietà con le persone in movimento. In alcuni Paesi europei questa situazione si è ulteriormente aggravata, prendendo di fatto di mira i difensori dei diritti umani. Salvare vite umane non è solo un dovere morale, è un obbligo legale nel diritto internazionale dei diritti umani.

      https://www.asgi.it/primo-piano/le-sistematiche-violazioni-dei-diritti-umani-ai-confini-europei-vi-report-della

      #Protecting_Right_At_Border

  • Viva la Maraude !

    Sabato 18 marzo si è svolta la 5° edizione della #Grande_Maraude_Solidaire, l’escursione solidale che supporta il transito sicuro tra Italia e Francia.


    Per molti italiani e francesi, ma anche di diverse altre nazionalità (ricche), la parola “Monginevro” evoca immediatamente l’immagine di meravigliose piste da sci, settimane bianche, istruttori, cioccolate calde e bombardini. Effettivamente quel luogo è tutto questo, ma non solo. Perché basta spostarsi di qualche decina di metri dagli impianti, superare i primi abeti e subito si vedono delle immagini che ricordano più la Bosnia, la Serbia o la Bulgaria: lattine di Red Bull o Monster abbandonate, scarpe spaiate, maglioni e indumenti mezzi sommersi dalla neve, i resti di un pasto frugale. Insomma, tracce di quell’umanità in fuga che non ha più casa in alcun luogo e per non avere dei passaporti splendenti come noialtri, è costretta a percorrere la rotta balcanica e a varcare la frontiera in gelide notti invernali con i figli al seguito, inseguiti dalla gendarmerie che li tratta più da criminali che da esseri umani.

    Dal 2016 diversi migranti hanno perso la vita nelle valli tra l’Italia e la Francia, braccati dalla polizia come cinghiali durante una battuta di caccia: Mohamed, Blessing, Mamadi, Tamimou, Douala, Mohamed Ali, Fathallah, Ullah. Per evitare che questa lista si allunghi ulteriormente e per conservare un barlume di umanità in tempi di patrioti barbari, alcune associazioni francesi e italiane dall’inverno 2016/17 hanno iniziato a organizzare le maraudes, una sorta di escursioni in montagna con lo scopo di andare ad aiutare quanti, nel tentativo di attraversare i valichi, si perdono o rischiano di morire assiderati o di cadere in dirupi seguendo piste non battute. Il fenomeno è aumentato poi nel 2017/18 quando i primi migranti hanno iniziato a passare a piedi il Colle della Scala e le guide, il soccorso alpino e altri professionisti della montagna si sono mossi insieme ai primi abitanti cercando di salvare vite.

    Dal 2016 diversi migranti hanno perso la vita nelle valli tra l’Italia e la Francia, braccati dalla polizia come cinghiali durante una battuta di caccia: Mohamed, Blessing, Mamadi, Tamimou, Douala, Mohamed Ali, Fathallah, Ullah. Per evitare che questa lista si allunghi ulteriormente e per conservare un barlume di umanità in tempi di patrioti barbari, alcune associazioni francesi e italiane dall’inverno 2016/17 hanno iniziato a organizzare le maraudes, una sorta di escursioni in montagna con lo scopo di andare ad aiutare quanti, nel tentativo di attraversare i valichi, si perdono o rischiano di morire assiderati o di cadere in dirupi seguendo piste non battute. Il fenomeno è aumentato poi nel 2017/18 quando i primi migranti hanno iniziato a passare a piedi il Colle della Scala e le guide, il soccorso alpino e altri professionisti della montagna si sono mossi insieme ai primi abitanti cercando di salvare vite.

    Sabato 18 marzo 2023 si è svolta la 5° edizione della Grande Maraude Solidaire, un evento annuale organizzato da diverse associazioni francesi tra cui “Tous migrants” e “Médecins du monde” e sindacati come “Solidaires” e la “Confédération paysanne”, ma anche reti italiane come “On Borders” e “Sentieri Solidali”.

    La giornata è iniziata nel primo pomeriggio con una conferenza stampa a Briançon. Successivamente, per coinvolgere maggiormente la cittadinanza si è partiti dal centro del paese con un corteo di circa 400 persone per raggiungere la frontiera. Lì, davanti alla polizia schierata, sono stati letti quattro interventi da una crieuse, una ‘gridatrice’.

    Il corteo è poi tornato in modo festoso al punto di ritrovo iniziale davanti alle scuole di sci, accompagnato dalla musica di una banda e dalle attiviste della nuova corale di Briançon.

    Dopo una buonissima cena, intorno alle 20.30 i solidali si sono divisi in quattro gruppi e sotto un cielo parzialmente coperto e un vento tagliente si sono diretti verso il confine con lo scopo di ‘limitare i rischi’ di quanti potessero essere in difficoltà ad attraversare il passo. Nonostante la presenza di un numero ingente di blindati e forze dell’ordine l’iniziativa ha avuto esito positivo e non ci sono state tensioni o incidenti. Qualcuno è riuscito a muoversi stanotte arrivando a un nuovo pezzetto di vita, speriamo migliore dei precedenti.

    La rete di solidarietà al di qua e al di là del confine è forte e queste occasioni di incontro fanno sentire tutti, con o senza documenti, meno soli. Viva la Maraude!

    https://www.meltingpot.org/2023/03/viva-la-maraude
    #Mauraude_solidaire #18_mars_2023 #frontières #solidarité #manifestation #frontière_sud-alpine #Hautes-Alpes #montagne #Alpes #France #Italie #Montgenèvre #Briançon

    • Al Monginevro centinaia di maraudeurs chiedono la fine dei controlli sulla rotta alpina

      Sabato 18 marzo i soccorritori di montagna francese, insieme a politici e cittadini comuni dei due versanti del confine, si sono riuniti di fronte alla stazione di polizia della Paf nella prima cittadina in territorio francese per rivendicare il diritto di movimento per rifugiati e richiedenti asilo che quotidianamente vengono respinti

      Gli oltre 250 manifestanti camminano controcorrente muovendosi dal centro di Monginevro (prima cittadina francese al di là del confine) verso Claviere (ultima cittadina italiana nell’alta Val Susa), un centinaio di chilometri a Nord di Torino. Sfilano davanti alla stazione della polizia di frontiera francese (Paf) e sventolano uno striscione con la frase “libertà di movimento” scritta in diverse lingue. Ricordano, prima di ogni cosa, la “lingua dei diritti umani” che ogni giorno, lungo il confine italo-francese, viene calpestata e rinnegata: circa 11mila persone all’anno vengono respinte e, spesso, il trattamento riservato agli exilés -gli esuli- è tutt’altro che rispettoso. I partecipanti alzano cartelli con stralci di storie dei soprusi da loro subiti. È la sera di sabato 18 marzo 2023 e la quinta edizione della “Grande maraude solidaire” richiama uomini e donne da entrambi i versanti della frontiera. “È fantastico che ci siano così tante persone a testimoniare e sostenere l’azione dei maraudeurs -racconta Jean-Luc Pesle, portavoce di Médecins du Monde-. Spesso lavoriamo separatamente perché il confine ci divide, raramente ci ritroviamo insieme ma oggi sentire che siamo un vero gruppo, da una parte e all’altra del versante è essenziale”

      La maraude è attiva fin dal 2018 con l’obiettivo di “raccogliere” i dispersi -questo il significato del termine in francese, solitamente riferito alla razzia di frutti nei campi- e limitare, il più possibile, le conseguenze di traversate rese ancor più pericolose dalla massiccia presenza della polizia. Oltre 150 agenti, di media, che si muovono a piedi e con le motoslitte.

      L’attraversamento di notte, al freddo, l’hanno sperimentato nella tarda serata di sabato anche le centinaia di maraudeurs “improvvisati” che, dopo aver concluso la manifestazione, divisi in gruppi, hanno pattugliato la zona confinaria tra Claviere e Monginevro per soccorrere eventuali persone in difficoltà. A lato della strada asfaltata, il “sentiero basso” percorso dalle persone in transito corre lungo la pista di sci: un gatto delle nevi che sta finendo la preparazione per la giornata sciistica del giorno successivo rompe il buio notturno. La temperatura è sotto lo zero nonostante sia già metà marzo: l’attraversamento dura circa sei ore e restare così a lungo a temperature simili, soprattutto d’inverno, espone le persone al rischio di ipotermia.

      “Quando nel marzo 2016 a un giovane originario del Mali sono stati amputati entrambi i piedi, i ‘professionisti della montagna’ delle cittadine di confine francesi, guide alpine e accompagnatori, hanno deciso che non era possibile che episodi come questo si ripetessero di nuovo e hanno cominciato a presidiare le montagne”, spiega l’attivista Pâquerette Forest della Ong Tous Migrants che si occupa di sostegno e supporto alle persone in transito sul confine.

      Il 2016 è il primo anno in cui il governo francese ripristina i controlli al confine a seguito dell’attacco terroristico del Bataclan del 13 novembre 2015. E il transito di persone lungo la rotta alpina aumenta soprattutto attraverso il Colle della Scala a oltre 1.700 metri di altitudine. “Nel gennaio 2018 è caduta molta neve e quel percorso è diventato molto più pericoloso e le persone hanno cominciato ad arrivare attraverso il Monginevro e di conseguenza anche i maraudeurs hanno cambiato il loro raggio d’azione”, continua Forest.

      Nel 2019, poi, Médecins du Monde, la storica Ong francese che dal 1980 garantisce cure mediche di emergenza in tutto il mondo, con oltre quattromila volontari attivi, decide di aderire all’attività di soccorso. “La presenza di un medico nel gruppo è molto importante per fare una diagnosi e valutare che cosa è meglio fare -riprende Jean-Luc Pesle-. Svolgiamo la nostra attività anche con una macchina che ci permette di mettere al sicuro la persona una volta soccorsa: l’abitacolo diventa un luogo inattaccabile, sicuro, su cui la polizia non può intervenire”.

      La presenza dei medici, infatti, rende l’attività più sicura anche dal punto di vista legale perché qualifica l’attività come umanitaria differenziandosi dal favoreggiamento degli attraversamenti “irregolari” della frontiera, reato per cui diversi maraudeurs (non medici) sono stati denunciati negli ultimi anni. “Ma questo non toglie che quello che facciamo è giusto -sottolinea Forest-. All’inizio tutto si svolgeva il più possibile in segreto ma da quando Médecins du Monde è entrata a far parte del gruppo abbiamo dichiarato la nostra attività sia in prefettura sia in questura. Perché bisogna nascondere il fatto che aiutiamo persone in difficoltà?”.

      La “Grande maraude solidaire” arriva in un momento critico da entrambi i versanti della frontiera. A seguito della strage di Steccato di Cutro (Crotone), costata la vita ad almeno 85 persone, di cui 35 minori, il Governo Meloni ha varato il nuovo decreto sull’immigrazione che, tra le altre previsioni, stringerà le maglie sulla possibilità di accedere ad alcune forme di regolarizzazione (lo abbiamo spiegato qui). Ma anche in Francia, il Parlamento comincerà entro fine marzo la discussione del testo di legge “Controllare l’immigrazione e migliorare l’integrazione” a firma del ministro dell’Interno Gérald Darmanin adottato dal Consiglio dei ministri d’Oltralpe a inizio febbraio 2023. Un testo molto problematico secondo attivisti, avvocati ed esponenti dei partiti di opposizioni che arriva in un momento delicato in cui le proteste di piazza hanno fatto “traballare” la leadership del presidente Emmanuel Macron.

      La “razionalizzazione” delle procedure relative all’asilo e alle espulsioni “in nome di una certa idea di efficienza è la nostra principale preoccupazione”, scrive Association nationale d’assistance aux frontières pour les étrangers (Anafé.org). “Una legge scellerata -spiega Marie Pochon, parte dell’Assemblea nazionale dal 2022 per Europa Ecologia I Verdi- che mina ulteriormente i diritti dei rifugiati e dei nuovi arrivati: questo succede nonostante la Francia sia già stata condannata per il mancato rispetto del diritto d’asilo anche in termini di accoglienza”.

      Pochon ha partecipato alla manifestazione di sabato. “Era molto importante esserci -continua- perché quello che si verifica quotidianamente su questo confine dimostra l’approccio illegittimo, immorale e inefficace delle politiche migratorie che stiamo adottando. Si spendono milioni di euro per mantenere dei controlli che non dovrebbero neanche esistere secondo il sistema Schengen”. La Francia, infatti, come raccontato anche su Altreconomia, continua a mantenerli attivi senza una solida “base giuridica”. “È una deroga al diritto europeo: si utilizza il pretesto del terrorismo per presidiare i confini. Quello che invece qui davanti alla Paf chiediamo è il rispetto della libertà di movimento, di quell’articolo 13 della Dichiarazione dei diritti universali dell’uomo che vogliamo che venga rispettato”, conclude Pochon. Era presente alla manifestazione anche l’eurodeputata Gwendoline Delbos-Corfield sempre dei Verdi.

      Anche da Oulx sono salite al confine decine di persone per unirsi alla marcia che chiede la fine dei controlli su quella frontiera che negli ultimi anni è costata la vita a diverse persone. I loro nomi sono stati letti durante gli interventi proprio di fronte alla sede della gendarmeria francese, così come le vessazioni che ogni giorno uomini, donne e famiglie subiscono durante le operazioni di respingimento. “La frontiera solitamente separa ma in questo caso ci unisce -spiega Piero Gorza-. Tanta gente diversa accomunata da una ricerca di umanità per rispondere agli orrori che passano davanti agli occhi ricordando che si deve salvare in mare così come in montagna e i maraudeurs sono parte di questo discorso. Manifestiamo per vergognarci un po’ meno della nostra Europa, per guardarci allo specchio. Ma anche per sorridere un po’: ci sono un’Italia e un’Europa bella in cui ci si può riconoscere”.

      https://altreconomia.it/al-monginevro-centinaia-di-maradeur-chiedono-la-fine-dei-controlli-sull

      #grande_maraude

  • #CEUX_DE_LA_NUIT, un #film #documentaire de Sarah Leonor

    La #frontière_franco-italienne au #col_de_Montgenèvre. Le #jour : le tourisme, des capitaux investis pour rentabiliser la montagne, des emplois saisonniers qui font vivre une grande partie des habitants de la région. La #nuit : le destin fragile de plus de dix mille hommes, femmes, enfants, qui, en l’espace de quatre ans ont franchi la frontière au péril de leur vie, et qu’on n’a pas vus, qu’on ne voit pas, qu’on ne verra jamais.

    https://www.youtube.com/watch?v=VnNpyiMVANw


    https://www.film-documentaire.fr/4DACTION/w_fiche_film/64521

    #frontières #film_documentaire #Hautes-Alpes #Mongenèvre #Briançon #Briançonnais #Italie #France #montagne #Alpes #migrations #réfugiés #asile

  • A Briançon, les migrants laissés sans Refuge  ?

    En cinq ans, le centre associatif d’#accueil_d’urgence de la ville, point de passage depuis l’Italie, a hébergé plus de 20 000 migrants. Faute de #financement public, ce lieu, qui fonctionne grâce à la ténacité de ses bénévoles, pourrait avoir des difficultés à passer l’hiver.

    Franck arrache ses bottes, ses chaussettes et plonge ses pieds frigorifiés dans une bassine d’eau tiède teintée de Bétadine. Dehors, dans les rues enneigées de Briançon, il gèle en ce début de soirée de décembre. Avec deux compagnons guinéens, l’Ivoirien de 24 ans vient de débarquer au Refuge solidaire, centre associatif d’accueil d’urgence des migrants de la ville. Franck a des engelures aux orteils et des crampes dans les cuisses. Il arrive d’Italie, par la montagne et le col de Montgenèvre : « On est passé par la forêt, pour éviter les policiers. On a marché cinq heures, de la neige jusqu’aux genoux… C’était difficile. » La frontière passée, les trois Africains ont rejoint la route. Un automobiliste les a embarqués et déposés au Refuge.

    Franck pianote désespérément sur son téléphone. Son ami Félix, resté derrière lui dans la montagne, ne répond pas : « Je suis inquiet pour lui. » Submergé par le stress accumulé, il craque. Il pleure en silence, le visage entre les mains. Les bénévoles et salariés du Refuge le réconfortent, attentifs et graves, avec une efficacité remarquable. En moins d’une heure, Franck aura englouti un plat chaud, pris une douche, reçu des vêtements secs, avant de rejoindre un lit aux draps et couvertures propres. Il apprendra un peu plus tard que son ami Félix a fini par faire demi-tour. Le lendemain, à tête reposée, il sera écouté, soigné si besoin, conseillé et orienté pour la suite de son périple ou une demande d’asile. L’équipe du refuge est rodée : depuis 2017, début du passage des migrants par les cols du Briançonnais, elle a accueilli plus de 20 300 d’entre eux…

    Si au départ, il s’agissait presque exclusivement de jeunes Africains, les quelque 4 000 migrants passés cette année par le refuge sont à 39 % afghans, à 22 % marocains et à 18 % iraniens. Leur accueil, exemplaire, n’est assuré que par la solidarité citoyenne, locale aux débuts, et devenue nationale. La mairie de Briançon et la communauté de communes du Briançonnais (CCB) ont lâché les solidaires : après son élection en 2020 à la mairie et à la tête de la CCB, #Arnaud_Murgia, ex-LR rallié à Emmanuel Macron, a décidé d’expulser le refuge de l’ancienne caserne de CRS, trop petite et vétuste, mise à disposition par l’ancien maire ex-PS Gérard Fromm.

    Pour #Murgia, c’est à l’Etat de mettre les moyens pour l’accueil des migrants. Mais les demandes d’aides répétées du refuge sont toujours restées lettre morte. La préfecture des Hautes-Alpes tranche auprès de Libération : « Chacun se trouve dans son rôle : l’Etat doit veiller à la sécurité du territoire et donc assurer le contrôle des frontières ; les associations œuvrant dans l’humanitaire apportent une aide aux personnes en situation de grande précarité. »

    « On fait un travail que personne ne veut faire »

    La préfecture souligne qu’elle offre 239 places d’hébergement aux demandeurs d’asile et finance 180 places en hébergement d’urgence, accessibles via le 115. Les solidaires rient jaune : les migrants qui descendent de la montagne en pleine nuit et ont besoin d’être pris en charge immédiatement sont encore loin du statut de demandeur d’asile, tandis que le 115, avec au mieux 10 places toujours occupées à Briançon, n’est en rien une solution lorsque 20 ou 30 exilés débarquent en quelques heures… « On fait un travail que personne ne veut faire et qui est éminemment nécessaire : répondre à un appel au secours, abriter les gens en urgence et sans condition, tranche Jean Gaboriau, guide de haute montagne et l’un des administrateurs de l’association qui gère le refuge. La #mise_à_l’abri défendue par l’Etat et le Président pour les SDF s’arrête aux migrants… »

    Les solidaires de Briançon ont pris le taureau par les cornes pour trouver un nouveau local et les fonds pour le faire tourner. Une SCI créée début 2021 a été dotée d’1,24 million d’euros grâce à l’engagement de grands patrons philanthropes (900 000 euros, amenés via le fonds de dotation Riace France, la fondation Arceal et la société Herovara) et de centaines de citoyens. Un projet ambitieux, dans un ancien centre de santé pour enfants de la commune voisine de Villar-Saint-Pancrace, visait à réunir au sein d’un tiers-lieu le refuge, des chantiers d’insertion, du maraîchage, un restaurant associatif, une radio locale, une maison médicale… La municipalité a préféré préempter le bâtiment avant de le brader à un promoteur.

    Les solidaires ont en urgence trouvé un bâtiment plus petit mais disponible, les Terrasses, ancien sanatorium aux allures de navire, accroché à la pente dans la partie haute de Briançon, qu’ils ont pu acquérir et remettre aux normes sur les deux tiers de ses 1 600 m². Une association, les Terrasses solidaires, a été créée pour gérer le lieu qui accueille depuis l’été 2021 le refuge mais aussi Médecins du monde, partenaire de longue date, qui assure avec l’hôpital de Briançon une précieuse permanence d’accès au soin quotidienne sur place, le mouvement citoyen Tous Migrants, le collectif Maraudes et EKO ! association d’insertion des réfugiés autour d’ateliers de savoir-faire techniques, manuels et écologiques. Les ambitions de #tiers-lieu sont en berne : un tiers du bâtiment restant non utilisable, faute de moyens, l’essentiel des surfaces disponibles a dû être mis à disposition du refuge.

    50 000 euros pour passer l’hiver

    En passant des 35 places de l’ancien refuge à 65 places, voire 81 en utilisant le réfectoire comme dortoir, le refuge a gagné en espace, en salubrité (avec plus de sanitaires et une vraie cuisine) et en sécurité. Il reste pourtant régulièrement bondé. « Cet été et cet automne ont été tendus : pour 70 % des nuits, nous étions entre 65 et 81 personnes, et pour 20 % au-dessus », confirme Jean Gaboriau. Ces soirs de grande affluence, salariés et bénévoles sont sous pression. Emma Lawrence, Briançonnaise d’origine irlandaise, salariée chargée de l’accueil au refuge, insiste : « C’est très inconfortable pour les exilés, il y a beaucoup de stress. On fait appel aux 25 familles locales qui se tiennent prêtes à accueillir chez elles personnes vulnérables et femmes enceintes ou avec des enfants, on remplit la salle paroissiale, on encourage les exilés à repartir dès que possible… »

    Budgétairement et humainement, le refuge est en permanence sous tension. Il tient grâce aux sept indispensables salariés, notamment les pros de l’accueil de nuit, poste le plus éprouvant, aux 16 bénévoles permanents logés dans une annexe des Terrasses, volontaires venus de tout le pays qui se relaient – plus de 400 sur la seule année 2022 – et enfin aux dizaines de bénévoles locaux, Briançonnais mobilisés pour certains depuis des années… Si denrées et vêtements ne manquent pas grâce à la générosité des locaux, particuliers, commerçants, Secours catholique, Secours populaire, le bâtiment peine à être entretenu et le #budget de fonctionnement 2022-2023 du seul refuge, 500 000 euros, n’est pas assuré. Près d’un quart du financement est pérenne, ce sont les dons des particuliers, le reste est assuré par convention avec Emmaüs France, la Fondation de France, la fondation Abbé-Pierre, Caritas et bien d’autres, mais il manque 50 000 euros au refuge pour passer l’hiver.

    L’association s’apprête à intégrer le mouvement Emmaüs, pour gagner en solidité et en perspective de #financements_publics, et réfléchit à développer une activité d’hébergement de tourisme social dans les étages des Terrasses… Il le faut bien. « On est là, on est indispensable, conclut Jean Gaboriau. Nous n’avons d’autre choix que de trouver les moyens de continuer. »

    https://www.liberation.fr/societe/a-briancon-les-migrants-laisses-sans-refuge-20221228_IU3HFCVUQJFPXFCYVH5Z

    #Refuges_solidaires #Refuge_solidaire #Terrasses_solidaires #Briançon #Hautes-Alpes #réfugiés #migrations #asile #accueil #solidarité #frontière_sud-alpine

    –—

    ajouté à la métaliste sur la situation dans le #Briançonnais :
    https://seenthis.net/messages/733721
    et plus précisément ici : https://seenthis.net/messages/733721#message983461

  • 7 personnes sont mortes, 3 disparues, des dizaines d’autres gravement blessées mais les chasses à l’homme et la criminalisation de la solidarité continuent dans nos montagnes

    #Communiqué commun dont la LDH est signataire

    Le 21 novembre 2016, Tous migrants lançait sa première alerte face à la dérive de l’Etat, en dénonçant les multiples atteintes aux droits des personnes exilées, en Méditerranée, à Calais, à Paris, dans la vallée de la Roya, à Menton, et dans les Hautes-Alpes. Nous alertions sur l’urgence à :

    ⁃ accueillir dignement les personnes contraintes de fuir leur pays où elles ne sont plus en sécurité ;

    ⁃ refuser de traiter ces personnes comme des criminels ou des animaux nuisibles ;

    ⁃ empêcher que nos mers et nos montagnes se transforment en cimetières.

    6 ans plus tard, nous faisons les mêmes constats. Les violences d’Etat contre les personnes exilées ne cessent de se renforcer jusque dans le #Briançonnais, tandis que les fléaux qui contraignent les populations à fuir leur pays se multiplient. L’exception envers les personnes de nationalité ukrainienne a montré qu’il est possible d’accueillir dignement, tout en dévoilant le caractère discriminatoire de la politique actuelle.

    Ces violations de droits sont documentées et dénoncées par les associations, les organismes indépendants de défense des droits humains, les chercheurs, les journalistes, les parlementaires… Des décisions préfectorales ont été annulées et deux membres de la police aux frontières ont déjà été condamnés par les tribunaux.

    Au lieu de respecter les #droits_fondamentaux, les gouvernements successifs n’ont de cesse de militariser la frontière, pour un coût direct de plusieurs dizaines de millions d’euros par an pour le seul #Briançonnais, soit un gâchis considérable par rapport aux sommes nécessaires à l’accueil digne et au respect du droit.

    Cette politique n’engendre que morts et souffrances supplémentaires, les frontières abiment durablement, physiquement et psychiquement, les personnes. Les risques liés à la traversée notamment en saison hivernale sont bien réels (hypothermie, gelure) et sont accentués par la militarisation de la frontière (fuite, cachette, chute). Pour exemple, la nuit du 19 au 20 novembre 2022, 4 personnes ont été blessées à la suite d’un #contrôle_par_surprise en pleine #montagne et de la #course_poursuite qui a suivi, avec une personne hospitalisée à Briançon. Des pratiques humiliantes ont été également rapportées récemment dans le cadre d’#enfermement à la #police_aux_frontières de #Montgenèvre.

    La #criminalisation_de_la_solidarité perdure. Le #harcèlement, les #intimidations, les #amendes abusives voire mensongères, les #poursuites_judiciaires sont toujours de mise envers les solidaires, et ceci malgré nos multiples signalements aux autorités compétentes.

    Nous ne baissons pas les bras. Nous continuons notre veille active à la frontière pour réduire les risques, témoigner, dénoncer et alerter les autorités dédiées, le tout pour obtenir des avancées sur le respect des droits à la frontière. Des décisions récentes nous confortent dans notre action. Par exemple, le 22 novembre, après la relaxe des 3+4, deux solidaires ayant subi de la prison viennent d’obtenir réparation en justice. Le 23 novembre, la Cour européenne des droits de l’Homme a accepté d’instruire la requête que nous avons déposée au côté de la famille de Blessing Matthew pour que vérité et justice soient faites.

    Nombre de personnes agissent au quotidien de manière humaine, professionnelle et sans discrimination, à l’exemple des personnels soignants de l’hôpital de Briançon, avec discernement à l’exemple de certains membres de force de l’ordre, et même avec courage pour celles et ceux qui osent désobéir à des ordres illégaux, illégitimes, dangereux et barbares.

    Avec les associations et collectifs impliqués et la population solidaire, nous montrons chaque jour qu’un autre accueil est possible, que tout le monde en profite, y compris l’économie locale. Aujourd’hui plus que jamais le Briançonnais est reconnu dans le monde entier comme une #terre_d’accueil.

    Cette renommée n’a rien à voir avec le pseudo « #appel_d’air » que les pouvoirs publics et l’extrême droite agitent comme un épouvantail dont les chercheurs ont démontré la vacuité. Par exemple, par comparaison avec Montgenèvre, le nombre de #refoulements effectués par la PAF est presque deux fois plus élevé à Modane et dix fois plus à Menton, alors qu’il n’y a pas de lieux d’accueil sur ces deux territoires.

    Depuis nos montagnes qui ont toujours été des lieux de passage, d’asile mais aussi d’exil, nous nous unissons pour sensibiliser sur les préjugés tenaces autour de la migration mais également pour changer ces politiques mortifères et à fort relent raciste et xénophobe.

    Dimanche 18 décembre, à l’occasion de la Journée internationale des migrants, des manifestations sont organisées en France, en Europe et au-delà. Opposés à cette politique du rejet, nous avons fait le choix de la dignité et de l’humanité.

    À Briançon, avec toutes les associations et collectifs impliqués dans l’accueil des personnes exilées, nous vous donnons rendez-vous :

    ⁃ à 15h30, devant la médiathèque pour une déambulation en fanfare jusque devant la MJC, avec des prises de parole ;

    ⁃ à partir de 17h, devant la MJC, avec les stands des associations et des boissons chaudes ;

    ⁃ à 18h30, à l’Eden-Studio pour la projection-débat des films documentaires 18 mois, puis à 21h Ceux de la nuit, en présence des réalisatrices et de personnes impliquées.

    Paris, le 13 décembre 2022

    https://www.ldh-france.org/alerte-a-la-population-7-personnes-sont-mortes-3-disparues-des-dizaines-
    #humiliation #frontière_sud-alpine #France #Italie #Briançon

    –—

    Ajouté à la métaliste autour de la situation des exilés dans les Hautes-Alpes :
    https://seenthis.net/messages/733721

  • Un film pour dénoncer la frontière à travers l’humour et l’absurde

    Dans un genre totalement inédit, un nouveau film se prépare sur le passage de la frontière entre Briançonnais et Italie.

    « Le #court-métrage La Frontière , explique Pierre Laurendeau, le scénariste, est une #farce grinçante et assumée. D’une idée d’Armand Guérin, auteur de bande dessinée. j’ai tiré un scénario de film, un roadtrip initiatique de la Guinée au Mont Saint-Michel, illustrant la condition des migrants. La difficulté du tournage de ce projet assez ambitieux, puis le Covid ont simplifié l’histoire. L’émigré est devenu… Nantais et je n’ai gardé que l’épisode du passage de la frontière. »

    L’histoire se déroule en 2030, l’Europe a éclaté et les régions sont devenues des pays, avec des frontières. « Le migrant est un trader qui tente de spéculer sur les nouvelles monnaies, de la Mogette de Vendée à la Durancette de l’Escarton de Briançon. Il trafique aussi des quotas carbone et tout le monde communique via Interminette ou Interboys », poursuit le scénariste.

    On retrouve bien là le goût du gag visuel et la verve de Pierre Laurendeau, écrivain, éditeur et organisateur en 2021 d’un événement pour le moins décalé à Champcella, les Assises de la montagne potentielle.

    « On est dans l’ultra local, continue-t-il, la plupart des comédiens, venus du théâtre amateur, sont de par ici, ainsi que le musicien Simon Clavel, spécialiste de percussions corporelles. »
    Une aventure « très drôle »

    La réalisatrice Éloïse Paul, a déjà, quant à elle, tourné à Briançon le film Le Refuge. « J’ai plutôt, dit-elle, l’habitude du documentaire et c’était ma première fiction. Le temps de tournage était court et il y avait beaucoup de texte, ce qui n’est pas facile pour le montage. Mais c’était très drôle comme aventure. »

    Le film, « qui souhaite par l’humour et des dialogues absurdes dénoncer les frontières qui se crispent en Europe », est produit par Les films du Viaduc (Paris), Après une avant-première à Champcella, il sera surtout diffusé dans des festivals ou le monde associatif. Un DVD en sera tiré.

    https://c.ledauphine.com/societe/2022/10/25/film-la-frontiere-denoncer-a-travers-l-humour-et-l-absurde
    #film #humour #frontières #Italie #France #Briançonnais #Hautes-Alpes #absurde

  • 25.10.2022. Mort de Blessing Matthew : Face à l’impunité en France, nous introduisons une requête devant la #Cour_européenne_des_droits_de_l’homme

    Nous refusons d’accepter qu’à la violence qui coûta la vie à Blessing Matthew s’ajoute celle de l’impunité !

    Le 9 mai 2018, le corps d’une jeune femme est découvert dans la Durance au barrage de Prelles, une dizaine de kilomètres en aval de Briançon (Hautes-Alpes, France). La jeune femme est identifiée quelques jours plus tard comme étant Blessing Matthew, âgée de 21 ans et originaire du Nigeria. Elle avait été vue pour la dernière fois le 7 mai, entre 4 heures et 5 heures du matin, alors que des gendarmes mobiles tentaient de l’interpeller avec ses deux compagnons de route, Hervé S. et Roland E., dans le hameau de La Vachette, à proximité de la frontière franco-italienne.

    Au-delà de la douleur de sa famille et de ses deux compagnons de route, la mort de Blessing a suscité une vive émotion dans le Briançonnais. Elle a concrétisé les craintes, maintes fois exprimées par la société civile, concernant la militarisation de la frontière haute-alpine et ses conséquences dangereuses pour les personnes exilées. C’est le premier cas documenté d’une personne exilée décédée dans le Briançonnais, depuis la décision du gouvernement français de rétablir les contrôles fixes aux frontières en 2015. Depuis lors, plusieurs autres cas ont été documentés. Au total, de 2015 à mai 2022, 46 personnes ont trouvé la mort en tentant de franchir la frontière franco-italienne.

    À la suite de sa mort, la famille de Blessing – soutenue par l’association briançonnaise Tous Migrants – n’a eu de cesse de demander vérité et justice pour sa mort. Or, en réponse à la plainte déposée le 25 septembre 2018 par une des sœurs de Blessing, Christiana Obie, le 15 novembre 2019, le procureur de Gap décide d’un non-lieu ab initio, une décision confirmée par la suite.

    Ce processus judiciaire n’a pas permis de faire la lumière sur les faits ayant mené à la mort de Blessing et les responsabilités impliquées. Au contraire, l’analyse par Tous Migrants du dossier d’enquête du procureur, et notamment des déclarations des gendarmes mobiles, a révélé de nombreuses incohérences, contradictions et zones d’ombres.

    À la demande de l’association Tous Migrants et en collaboration avec elle, et grâce à la contribution fondamentale d’un des compagnons de route de Blessing Matthew, Hervé S., l’agence Border Forensics à mobilisé des méthodes d’analyse spatio-temporelle de pointe pour mener sa propre contre-enquête. L’analyse de Border Forensics a permis, grâce au témoignage in situ d’Hervé S., de confirmer et de préciser la reconstitution des événements. Selon ce témoignage, en poursuivant Blessing, les gendarmes l’ont mise en danger, menant à sa chute dans la Durance et à sa mort. De plus, Border Forensics a réalisé une analyse spatio-temporelle des déclarations des gendarmes qui a fait émerger les nombreuses omissions, contradictions et zones d’ombre de l’enquête de police judiciaire concernant les conditions qui ont mené à la mort de Blessing.

    L’analyse produite par Border Forensics, publiée le 30 mai 2022, a ainsi remis en cause les conclusions de l’enquête de police judiciaire disculpant les gendarmes. Compte tenu de ces nouveaux éléments qui apportent un éclairage inédit et déterminant sur les faits, une demande a été déposée le 27 mai 2022 par Maître Vincent Brengarth auprès du Parquet Général de Grenoble, une demande de réouverture de l’instruction sur charges nouvelles a été déposée le 27 mai 2022 par Maître Vincent Brengarth auprès du Parquet Général de Grenoble.

    Or, contre toute attente, le 23 juin 2022, le procureur général a indiqué qu’il n’envisageait pas de saisir la chambre de l’instruction. Le procureur général, par sa décision qui tient en quelques lignes et qui a été prise en très peu de temps, a balayé tous les éléments nouveaux apportés par Border Forensics et a refusé d’entendre le témoignage d’Hervé S. qui, pour la première fois, révélait l’existence d’un véritable guet-apens. Cette décision a totalement fait fi des éléments nouveaux qui devaient justifier des investigations complémentaires, conformément aux obligations pesant sur la justice en la matière.

    En réaction aux circonstances de la mort de sa sœur, Happy Matthew nous a dit : “Ils ont juste laissé une personne mourir parce qu’elle n’est pas blanche comme eux, elle n’est pas Française comme eux.” Le déni de vérité et de justice qu’a confirmé le procureur général perpétue ainsi le traitement discriminatoire et inhumain de Blessing Matthew après sa mort.

    Nous refusons qu’à la violence qui coûta la vie à Blessing Matthew s’ajoute celle de l’impunité. Comme le dit Christiana Obie : « Ma soeur continuera de hurler et hurler » tant que justice ne sera pas faite. Au-delà du cas de Blessing, l’impunité pour les morts de personnes migrantes aux frontières italo-françaises permet de perpétuer les politiques et pratiques de contrôles et de renvois systématiques mettant les exilé·es en danger.

    Ainsi, considérant l’impératif de vérité et de justice pour Blessing et l’épuisement des voies de recours en France, Maître Vincent Brengarth a déposé une requête devant la Cour européenne des droits de l’homme (CEDH) le 20 octobre 2022. Cette requête contre la France souligne l’absence d’enquête effective et le manque d’indépendance de celle-ci. Elle se fonde en effet sur les obligations pesant sur les États membres en vertu de l’article 2 de la Convention européenne des droits de l’Homme, qui protège le droit à la vie. Le refus de prise en compte de ce témoignage révèle a posteriori l’absence d’indépendance dans le cadre des investigations menées mais également leur partialité. Par ailleurs, la requête tend également à dénoncer l’absence de tout recours pour dénoncer la position du Parquet Général refusant de rouvrir l’information judiciaire malgré les éléments produits et par le truchement d’une motivation expéditive. Maître Vincent Brengarth déclare au sujet de la procédure : “Il est indispensable que la CEDH condamne la France pour la manière inacceptable dont elle a instruit le décès de Blessing qui n’a pas bénéficié d’une enquête indépendante et impartiale”.

    À l’occasion du dépôt de la requête devant la CEDH, Border Forensics publie la reconstruction vidéo complète de l’analyse spatio-temporelle des contradictions des déclarations des gendarmes, et publie la traduction anglaise de l’ensemble de son rapport.

    Rien n’arrêtera notre demande de « vérité et justice pour Blessing » !

    https://www.borderforensics.org/fr/updates/25-10-2022-mort-de-blessing-matthew-face-a-limpunite-en-france-nous

    #CEDH #courEDH #justice #Blessing_Matthew
    #décès #morts_aux_frontières #asile #migrations #frontières #Hautes-Alpes #Briançon #La_Vachette #Briançonnais #France #gendarmes #border_forensics #mourir_aux_frontières #Blessing
    –—

    voir aussi ce fil de discussion sur l’"affaire Blessing" :
    https://seenthis.net/messages/962473

    • Mort d’une Nigériane dans les Alpes : la Cour européenne des droits de l’Homme saisie par Tous Migrants

      L’association Tous Migrants a annoncé, mardi, avoir déposé un recours devant la Cour européenne des droits de l’Homme au sujet du décès en 2018, de Blessing Matthew, une jeune Nigériane, morte noyée près de Briançon, après avoir franchi la frontière franco-italienne. Deux non-lieux avaient été prononcés au terme de l’enquête.

      La Cour européenne des droits de l’Homme (CEDH) va-t-elle réussir à faire la lumière sur les circonstances de la mort de Blessing Matthew ? L’association Tous Migrants a annoncé, mardi 25 octobre, avoir saisi l’instance européenne concernant la mort, en 2018, de cette jeune Nigériane, dans les Hautes-Alpes, après un contrôle de gendarmerie.

      « Nous refusons d’accepter qu’à la violence qui coûta la vie à Blessing Matthew s’ajoute celle de l’impunité ! », déclare l’association dans un communiqué.

      L’enquête sur les circonstances du décès, portant notamment sur un contrôle de gendarmerie à la frontière, en la présence de Blessing Matthew le 7 mai 2018, avait d’abord été classée sans suite par le parquet de Gap. La sœur de la victime, Christiana Obie Darko, avait déposé plainte avec constitution de partie civile et une information judiciaire avait été ouverte. Elle avait conclu à un non-lieu, le 18 juin 2020, confirmé en appel le 9 février 2021.

      Le 13 juin dernier, Tous Migrants et la sœur de l’exilée avaient déposé une demande de réouverture d’information judiciaire, en invoquant le nouveau témoignage fourni par un des « exilés pourchassés par les gendarmes » évoquant un « véritable guet-apens ».
      « Help me, help me »

      Cette personne, présentée comme Hervé S., avait fait, en mai 2018, la route depuis l’Italie avec Blessing Matthew. Il assure que les gendarmes les ont repérés dans le village de La Vachette et que l’un d’eux a poursuivi Blessing dans un jardin près de la Durance. La jeune femme serait alors tombée dans l’eau en voulant lui échapper.

      « Je l’ai entendue crier : ’Help me, help me !’ [’Aidez-moi, aidez-moi !’] Au fur et à mesure qu’elle criait, sa voix s’éloignait… Ensuite, le gendarme est allé dire à ses collègues qu’elle était tombée dans la rivière mais qu’elle avait peut-être traversé. Ils n’ont pas appelé les secours. Des gendarmes sont allés [essayer de] chercher Blessing de l’autre côté », avait confié Hervé S. à Médiapart en avril dernier.

      Tous Migrants s’est également appuyé sur les travaux de Border forensics, qui a recueilli le témoignage de Hervé S. « in situ », et reconstitué la scène qui s’est déroulée dans le village de La Vachette. Une investigation qui contredit l’enquête de police judiciaire.

      Le procureur général de Grenoble avait indiqué, fin juin, qu’il ne donnerait pas suite à la demande de réouverture d’une information judiciaire, indiquant que Hervé S avait été interrogé et n’avait pas évoqué de guet-apens.

      http://www.infomigrants.net/fr/post/44294/mort-dune-nigeriane-dans-les-alpes--la-cour-europeenne-des-droits-de-l

    • Justice for Blessing: Contesting Police Violence at the Franco-Italian Border

      On October 25th, Tous Migrants, a French migrant advocacy organization, announced that it had filed an appeal with the European Court of Human Rights concerning the death of Blessing Matthew, a young Nigerian woman who died after crossing the Franco-Italian border. This appeal is based in part on new evidence in the case that came to light in an investigation by Border Forensics.

      Blessing Matthew was 21 years old, from Nigeria, and had graduated high school there. She arrived in Italy in the autumn of 2016 but was unable to secure the right to stay or find work, so she decided to continue her journey. On the night of May 7th 2018, she crossed the border from Italy to France. Two days later her body was found in the Durance River, several kilometers downstream from the border. The sequence of events that led to her death was unclear until Border Forensics conducted an investigation to reconstruct the events. Using new witness testimony from one of Blessing’s fellow travelers, alongside additional evidence, Border Forensics conducted a spatio-temporal analysis to visually reconstruct the scene. Border Forensics has shown that French police may have endangered Blessing in a way that led to her fall into the river and ultimately to her death.

      Border Forensics takes an innovative approach combining academic inquiry and activism with the goal of revealing border violence and seeking mobility justice. Their investigations bring together civil society, academics, and migrants and their families in a way that recognizes the distinct knowledge that each party contributes. This enables them to reveal new information about the violence that takes place at borders around the world. In Blessing’s case, the previous investigation by the French police was inconclusive with contradictory statements from the police who saw Blessing the night she died. The two attempts to bring the case to court in France were dismissed, so the new evidence from Border Forensics that has been brought to the ECHR is the last resort to seek justice for Blessing.

      Blessing’s death falls into a larger pattern of police repression and violence at the Franco-Italian border. Migrants are criminalized for their mobility, facing verbal and physical violence from French police, and being refused entry to France despite their right to claim asylum. Residents of the town of Briançon and activists have mobilized in solidarity with migrants, running a shelter for migrants and going to the border and look for people who are in need of assistance after crossing. My doctoral research considers how citizens and migrants act in solidarity together in this region despite the threat of criminalization. I spent a year conducting fieldwork at this border, and with the support of a UACES microgrant, I was able to return after I had completed my fieldwork in order to share my findings with the people who have contributed to my research. As an activist academic, I seek to ensure that my research is engaged with community priorities and done in a way that is not extractive. Even though I am no longer in the field, collaborating with Border Forensics to translate the investigation and publicize it in English is a way for me to contribute and stay engaged in the cause for justice at this border.

      https://uacesoneurope.ideasoneurope.eu/2022/11/01/justice-for-blessing-contesting-police-violence-at-the-f

    • Le 23 novembre 2022, la CEDH informe Tous Migrants et la famille de Blessing que la requête est recevable !!

      Le 7 mai 2018, Blessing Matthew chutait dans la Durance en crue, alors qu’elle était poursuivie par une patrouille de gendarmes mobiles. Les deux personnes qui l’accompagnaient avaient réussi à se cacher. Depuis sa cachette, Hervé voyait et entendait toute la scène qu’éclairaient les torches des gendarmes mobiles.

      Au-delà de la douleur de sa famille et de ses deux compagnons de route, la mort de Blessing a suscité une vive émotion dans le Briançonnais. Elle a concrétisé les craintes, maintes fois exprimées par la société civile, concernant la militarisation de la frontière haute-alpine et ses conséquences dangereuses pour les personnes exilées. C’est le premier cas documenté d’une personne exilée décédée dans le Briançonnais, depuis la décision du gouvernement français de rétablir les contrôles fixes aux frontières en 2015. Depuis lors, plusieurs autres cas ont été documentés. Au total, de 2015 à mai 2022, 46 personnes ont trouvé la mort en tentant de franchir la frontière franco-italienne.

      À la suite de sa mort, la famille de Blessing - soutenue par l’association briançonnaise Tous Migrants - n’a eu de cesse de demander vérité et justice pour sa mort. Mais la justice française a refusé toute instruction depuis le classement sans suite de l’enquête du procureur disculpant les gendarmes mobiles. Elle a refusé d’entendre le témoin et d’examiner les nombreuses omissions, contradictions et zones d’ombre de l’enquête de police judiciaire, mises en évidence par notre contre-enquête et par celle de Border Forensics.

      Face à l’impunité des responsables et au déni de justice en France, nous avons déposé une requête devant la Cour européenne des droits de l’homme (CEDH) le 25 octobre.

      Le 23 novembre, la CEDH nous a signifié que notre requête était recevable et que la Cour allait donc l’examiner.

      Nous espérons que sa décision obligera la justice française à ouvrir l’instruction et faire correctement son travail, en toute impartialité. Mais cela peut prendre du temps, pour ne pas dire des années. Nous allons donc poursuivre notre travail de sensibilisation sur ce drame qui est la conséquence d’une politique responsable de dizaines de morts dans les alpes, de centaines de morts aux frontières de notre pays et de dizaines de milliers de morts aux frontière de l’Europe.

      source : newsletter Tous Migrants, décembre 2022

  • La farsa del confine

    In Alta Val Susa, là dove molti percorrono le piste da sci di Claviere o d’estate passeggiano tra i boschi, altre persone aspettano il favore della notte per passare il confine che divide l’Italia dalla Francia. Qualcuno sfida la luce e si camuffa tra i turisti. Ma tutti rischiano la vita nel tentativo di scappare dagli occhi attenti della polizia francese. Per i pochi fortunati che riescono a passare, tanti altri, almeno una volta, vengono respinti indietro, verso l’Italia. Il limbo della frontiera è fatto di attesa e paura per chi vuole raggiungere parenti e amici in altri Paesi europei, oppure scappa ancora in cerca di diritti. È nel muro invisibile tra Italia e Francia che si ripete da anni la farsa del confine. “Limbo - Le vite sospese di chi si fa migrante” è un podcast scritto da Silvia Baldetti e Luca Rondi. È prodotto da Engim Internazionale in collaborazione con Altreconomia nell’ambito di SEMI - Storie, Educazione, Migrazioni e Impegno, finanziato dall’Unione Europea, attraverso la regione Piemonte nel contesto del progetto Mindchangers – Regions and Youth for Planet and People. I contenuti non riflettono necessariamente le posizioni dell’Unione Europea e di chi è intervenuto nel podcast come ospite. Hanno collaborato Francesca Prandi e Daniela Pizzuto. Il montaggio è a cura di Border Radio con la collaborazione di Silvia Baldetti. Mix, master e composizione colonna di Raja Scudella.La sigla è di Federico Sgarzi.

    https://open.spotify.com/episode/25UgHDMVRJU9EeUZyWKWDA?si=259a80a8603c42bf

    #Val_de_Suse #Italie #France #migrations #asile #réfugiés #frontière_sud-alpine #frontières #Claviere #Montgenèvre #Oulx #Diaconia_Valdese #rifugio_Massi #PAF #gardes-frontière #Briançon #Hautes-Alpes #refoulements #Fréjus #refus_d'entrée #push-backs
    #podcast #audio #militarisation_des_frontières #farce #risques #décès #mourir_aux_frontières #morts_aux_frontières #contrôles_systématiques_aux_frontières

    Min. 23’18 : on cite la base de données sur les mort·es aux frontières alpines que Sarah Bachellerie et moi-même avons compilé à l’occasion de la contre-enquête pour Blessing :
    https://www.borderforensics.org/fr/investigations/la-mort-de-blessing-matthew-une-contre-enquete-sur-la-violence-aux-

  • Nous, les exilés (sur Briançon et la situation dans les #Hautes-Alpes)

    –-> série : Là où se cristallisent les questions d’aujourd’hui

    #Didier_Fassin (interviewé aux Terrasses solidaires, où il exerce bénévolement en tant que médecin et est présent en tant que chercheur) :
    (à retranscrire :-))

    –-

    Didier Fassin :

    « Des visages fatigués, épuisés. Des regards qui contiennent presque toujours au moins une lueur d’espoir. Malgré les épreuves déjà traversées. Elles et ils … sont environ 80 millions. 80 millions, soit un peu plus d’1% de la population mondiale. Eux, ce sont les exilés d’aujourd’hui. Dans un monde sous haute tension, personne n’est à l’abri. Vous, moi, nous serons peut-être les exilés de demain. En attendant, là maintenant : comment accueillir ces personnes qui arrivent dans nos régions ? Quelle hospitalité sommes-nous prêts à leur réserver ? Quels dispositifs établir aux frontières ? Et faut-il craindre le fameux appel d’air ? Ces questions, nous allons les déplier en altitude, du côté de Briançon, là où des exilés traversent la montagne au péril de leur vie. »

    Avec Isabelle Lorre (la coordinatrice du programme « migrations frontière transalpine » à Médecins du Monde sur Briançon), Sylvain Eymard (gestionnaire de l’association « Les Terrasses solidaires »), Didier Fassin (anthropologue, sociologue et médecin français. Il est professeur à l’Institute for Advanced Study de Princeton et directeur d’études à l’École des hautes études en sciences sociales à Paris), Jean Gaboriau (l’un des responsables de « Refuges solidaires »), Stéphanie Besson (cofondatrice du mouvement citoyens « Tous migrants » et autrice de « Trouver refuge : histoires vécues par-delà les frontières » chez Glénat), Agnès Antoine ( membre de “Tous migrants”), deux gendarmes et quelques exilés.

    https://www.rtbf.be/auvio/detail_passe-montagne-la-ou-se-cristallisent-les-questions-d-aujourd-hui?id=291

    #podcast #audio #asile #migrations #réfugiés #montagne #Alpes #Briançon #hospitalité #Briançonnais #Hautes-Alpes #Terrasses_solidaires #militarisation_de_la_frontière #risques #chasse_à_l'homme #chutes #traque #tiers-lieu #santé #blessures #efficacité #non-efficacité #spectacle #Didier_Fassin #spectacularisation #performance #inhumanité #inhumanité_institutionnalisée #inhumanité_d'Etat

    ping @_kg_

  • #Ter_Apel, emergenza migranti. In 700 hanno dormito in strada, arriva Medici senza Frontiere

    Medici Senza Frontiere è intervenuta presso il centro per richiedenti asilo di Ter Apel, dove la notte scorsa 700 persone hanno dormito in strada, dice NOS.

    Da oggi l’organizzazione umanitaria internazionale Medici Senza Frontiere ha un’équipe a Ter Apel e presta assistenza ai richiedenti asilo che devono rimanere fuori dalla struttura per mancanza di posti di accoglienza.

    Il team è composto da cinque persone che forniscono assistenza sanitaria di base, dice NOS; curano ferite, infezioni e malattie della pelle e forniscono un primo soccorso psicologico ad adulti e bambini.

    È la prima volta che l’organizzazione umanitaria internazionale schiera una squadra nei Paesi Bassi.

    Ieri notte, circa 700 persone hanno dormito di nuovo all’aperto, dice la Croce Rossa. L’Agenzia centrale per l’accoglienza dei richiedenti asilo (COA) aveva già avvertito che potesse presentarsi una situazione come questa.

    Secondo MSF la situazione è simile a quella di Moria, sull’isola greca di Lesbo. Non c’erano docce e i servizi igienici non erano puliti.

    Il team ha parlato con persone che non riuscivano a lavarsi da una settimana: Alcuni avevano contratto una malattia della pelle a causa della mancanza di igiene. Negli ultimi giorni centinaia di persone hanno trascorso la notte all’aperto, indipendentemente dalle condizioni meteorologiche. “Tra questi donne incinte, bambini e persone con malattie croniche, come il diabete”.

    Alcuni malati cronici hanno esaurito i farmaci. “Se questa situazione persiste, potrebbe portare a gravi emergenze mediche”, ha affermato MSF.

    Secondo il sottosegretario Van der Burg, è molto importante che Medici senza frontiere vada a Ter Apel e si rammarica per la situazione

    “Abbiamo toccato il fondo”, dice il sindaco di Groningen, Koen Schuiling, a NOS Radio 1 Journaal. Il sindaco, che è anche presidente della Comitato per la sicurezza di Groningen, afferma che la situazione al centro di per richiedenti asilo “è insostenibile da un po’ di tempo” e, come MSF, fa un paragone con il campo di Moria.

    La direttrice di MSF Judith Sargentini definisce senza precedenti che MSF debba agire nei Paesi Bassi, “ma le circostanze in cui si trovano queste persone sono disumane”. Vuole che il governo centrale e i comuni mettano fine a tutto questo. Il team di MSF dovrebbe rimanere a Ter Apel per quattro o sei settimane. “Questa è davvero una soluzione a breve termine.”

    Il sindaco di #Groningen si vergogna di Ter Apel che definisce ‘La nostra Lampedusa’, dice NOS.

    https://www.31mag.nl/ter-apel-emergenza-migranti-in-700-hanno-dormito-in-strada-arriva-medici-senza

    #MSF #migrations #réfugiés #Pays-Bas #Groningue #SDF #logement #hébergement #centre_d'accueil #médecins_sans_frontières

    –—

    MSF débarque donc aux Pays-Bas, comme elle avait débarqué à #Briançon en novembre 2021 quand le Refuge Solidaire a fermé temporairement pour faire pression sur l’Etat... qui s’en est lavé les mains...


    https://seenthis.net/messages/934336#message936406

    • Dutch asylum center disaster: Housing crisis and politics to blame for Ter Apel crisis

      Displaced people are still in limbo at Ter Apel’s asylum center in The Netherlands. Migration experts blame Dutch politicians and the lack of housing facilities for the asylum reception fiasco in the country.

      “Stress, insomnia and anger. That’s what I’ve been experiencing over the past few days,” said Saleh (name changed) a displaced person from Yemen, who is keen to seek asylum in The Netherlands.

      Seated on a torn mattress on a muddy footpath outside the Ter Apel asylum center in the northern province of Groningen — The Netherlands’ largest and main asylum reception center — he described how the inhumane conditions there had also left him feeling suicidal.

      “I fled horrible living conditions in Yemen in July this year hoping to live a better life in Europe. I reached The Netherlands in early August and continue to live in a harsh manner. I have been sleeping outside with the mosquitoes for more than three weeks since the Ter Apel center is overcrowded. They won’t even let me register for asylum and all this waiting and uncertainty has left me feeling like killing myself,” he told DW.
      Overcrowding and health hazards at Ter Apel

      Located in the lush green village of Ter Apel, this center can house up to 2,000 people and is also the place where refugees have to declare their arrival in order to begin their asylum application process.

      But over the past few weeks, bureaucracy in asylum procedures and overcrowding at the center led to more than 700 people camping outside. A three-month-old baby also died at the center last week.

      While investigations around the cause of the baby’s death are still ongoing, Nicole van Batenburg, press officer at Red Cross Netherlands, told DW that the health conditions in the center have been terrible for months.

      “We’ve seen a lot of health hazards. Many people get blisters, foot problems and skin issues because they can’t shower and have been sleeping in rough conditions outside. Some have also had heart and respiratory problems and we’ve been working together with Doctors Without Borders who have also set up their base here for the first time, to help people,” she said.

      Dutch Prime Minister Mark Rutte has said he was “ashamed” and announced several measures over the weekend to try and get the situation under control. So far, more than several hundred have been evacuated by bus to other asylum shelters around the country, in order to ensure that nobody had to sleep outside.

      Yet some like Saleh refused to leave, fearing they would lose their turn of registering their asylum claims at the main Ter Apel center. “I need to get my asylum papers and will continue waiting for however long it takes,” he said.

      According to Milo Schoenmaker, Chairman of the board of the Central Agency for the Reception of Asylum Seekers (COA), there are currently 16,000 people inside the center. He said in a statement that the Dutch cabinet, was now focusing on transferring the 16,000 people who live in the center and already hold asylum status.

      “This offers them perspective and creates space for new people who need asylum reception,” he said.

      Yahia Mane, a refugee from Sierra Leone, thinks this is a false claim.

      “They are lying about no place inside the center. There are rooms still empty. I saw that when I was inside with my family. They just don’t want to admit more people. That makes them criminals,” he said.

      “I lived inside with my wife and two kids for three weeks after registering, but it was horrible. We didn’t even get proper food. They now want to transfer me to another prison-like asylum center and separate me from my family, and make place for new arrivals. I didn’t expect this from the Netherlands. I came here hoping I would have a safe roof for my family,” he told DW.
      Politics and housing crisis behind asylum reception fiasco

      Sophie in’t Veld, a member of the European Parliament and politician from the liberal D66 party, told DW that the asylum reception crisis is mainly a political problem.

      “Being one of the richest countries in the world, I find it absolutely shameful that the political system of our country has resulted in people living in such conditions. The current government has mismanaged migration over the past few years with some political parties in the country wanting to stop immigration. They want no more asylum seekers, which I think is an illusion,” she said.

      Veld was also critical of the Dutch government’s solution of tackling the Ter Apel reception crisis by limiting family reunification visas and restricting migrant arrivals agreed under a 2016 European Union deal with Turkey.

      “This is clearly a violation of human rights and also EU law. I particularly find the family reunification restriction disturbing because that means people can be cut off from their children, their parents and relatives for a long period of time,” she said.

      The Dutch government has set a September 10 deadline to have all refugees living in proper shelters and also instructed the Dutch army to build a second asylum reception center.

      But Bram Frows, Director of the Mixed Migration Center, said the problem is also linked to a huge housing crisis brewing in The Netherlands.

      “There just aren’t enough houses in the country which affects the availability of houses for asylum seekers. So this means they will continue living in asylum reception centers across the country for months. In turn, the asylum centers have no capacity to receive new arrivals and people have to sleep outside,” he told DW.

      Rising house prices and property investors manipulating the housing market are some of the main reasons behind the lack of enough housing facilities in the Netherlands according to a study commissioned by the Dutch Interior Ministry.

      Frows lists a number of other issues that are exacerbating the problem.

      “Shortage of laborers means there aren’t enough people to construct new homes. A nitrogen emission crisis is stalling the process of building houses. And farmers are being told by the far right that the Dutch elite who support immigration will encroach farmlands to build new homes for migrants. So in the end, it is the asylum seekers who bear the brunt,” he added.
      Pathway ahead with EU help

      The European Union Agency for Asylum has already stepped in to support the Dutch authorities in increasing asylum reception capacity. According to an EU Commission spokesperson, the operational plan was signed between the Agency and the Dutch authorities on May 6 this year.

      “The plan, with one year validity, aims to extend reception and accommodation capacities for asylum seekers and displaced people, deploying seven European Union Agency for Asylum staff on the ground and providing 160 containers. As of August 23, the first Reception Officer from the European Union Agency for Asylum has been deployed to Ter Apel,” the spokesperson told DW.

      Yet Frows thinks the EU should also critically assess the Dutch asylum policy, including the government’s newly proposed ideas on family reunification.

      “The government’s plan to handle this crisis by reducing family reunification arrivals in order to avoid congestion at Ter Apel should be avoided. So far, these people arrive on family reunification visas and also need to register at Ter Apel. There is no need for that since they have already been vetted. This isn’t a solution to stop overcrowding,” he said.

      He added that the Dutch government can find creative solutions like using empty office buildings as temporary housing sectors.

      Cities like Velsen-North and Amsterdam have already been proactive. According to local media reports, both have approved an agreement with the central government to house at least 1,000 refugees on a cruise ship anchored to their ports for at least six months.

      For Saleh, who still remains in limbo on the streets of Ter Apel, such solutions give him hope for the near future.

      “I know the Dutch people are amazing and will find solutions. But the bureaucracy of the migration system is what is really affecting us right now. I hope I get my papers soon so I can live and work in any place here to give back to this country,” he said.

      https://www.dw.com/en/dutch-asylum-center-disaster-housing-crisis-and-politics-to-blame-for-ter-apel-crisis/a-62979784

      #modèle_hollandais

  • Immigration : Ia politique publique la plus coût-inefficace ?

    Le 24 novembre 2021, au lendemain du naufrage d’une embarcation ayant causé la mort de vingt-sept exilés dans la Manche, le président de la République, tout en disant sa « compassion » pour les victimes, appelait à « un renforcement immédiat des moyens de l’agence Frontex aux frontières extérieures ».

    Alors qu’il dénonçait les « passeurs » qui organisent les traversées vers l’Angleterre, les organisations de droits humains critiquaient au contraire une politique qui, en rendant le périple plus périlleux, favorise le développement des réseaux mafieux. Et, tandis qu’il invoquait la nécessité d’agir dans la « dignité », les associations humanitaires qui viennent en aide aux exilés dans le Calaisis pointaient le démantèlement quasi quotidien, par les forces de l’ordre, des campements où s’abritent ces derniers et la destruction de leurs tentes et de leurs maigres effets.

    De semblables logiques sont à l’œuvre en Méditerranée, autre cimetière marin, dont les victimes sont bien plus nombreuses, et même littéralement innombrables, puisque le total de 23 000 morts comptabilisées par l’Office international des migrations est une sous-estimation d’ampleur inconnue. Bien que Frontex y conduise des opérations visant à « sécuriser les frontières » et « traquer les passeurs », l’Union européenne a largement externalisé le contrôle des entrées sur son territoire.

    Le don par le ministère des Armées français de six navires aux garde-côtes libyens, afin qu’ils puissent intercepter et ramener dans leur pays les réfugiés et les migrants qui tentent de rejoindre l’Europe, donne la mesure de cette politique. On sait en effet que les exilés ainsi reconduits sont emprisonnés, torturés, exploités, à la merci de la violence de l’Etat libyen autant que de groupes armés et de bandes criminelles.

    Une répression qui coûte très cher

    Au-delà des violations des droits humains et des principes humanitaires, la question se pose de l’efficacité de cette répression au regard de son coût. Un cas exemplaire est celui de la frontière entre l’Italie et la France, dans les Alpes, où, depuis six ans, le col de l’Echelle, puis le col de Montgenèvre sont les principaux points de passage entre les deux pays. Chaque année, ce sont en moyenne 3 000 personnes sans titre de séjour qui franchissent la frontière, hommes seuls et familles, en provenance du Maghreb, d’Afrique subsaharienne et du Moyen Orient et pour lesquels la France n’est souvent qu’une étape vers l’Allemagne, l’Angleterre ou l’Europe du Nord.

    Jusqu’en 2015, le poste de la police aux frontières avait une activité réduite puisque l’espace Schengen permet la circulation libre des personnes. Mais le contrôle aux frontières est rétabli suite aux attentats du 13 novembre à Paris et Saint-Denis. Les effectifs s’accroissent alors avec l’adjonction de deux équipes de nuit. Il y a aujourd’hui une soixantaine d’agents.

    En 2018, à la suite d’une opération hostile aux exilés conduite par le groupe d’extrême droite Génération identitaire et d’une manifestation citoyenne en réaction, un escadron de gendarmes mobiles est ajouté au dispositif, puis un deuxième. Chacun d’eux compte 70 agents.

    Fin 2020, après une attaque au couteau ayant causé la mort de trois personnes à Nice, le président de la République annonce le doublement des forces de l’ordre aux frontières. Dans le Briançonnais, 30 militaires de l’opération Sentinelle sont envoyés.

    Début 2022, ce sont donc 230 agents, auxquels s’ajoutent un état-major sous les ordres d’un colonel et trois gendarmes réservistes, qui sont spécifiquement affectés au contrôle de la frontière.

    En novembre dernier, une commission d’enquête parlementaire présidée par le député LREM Sébastien Nadot avait fourni dans son rapport une évaluation des coûts, pour une année, des forces de l’ordre mobilisées dans le Calaisis pour y gérer la « présence de migrants ». Suivant la même méthode, on peut estimer à 60 millions d’euros, soit 256 000 euros par agent, les dépenses occasionnées par les efforts pour empêcher les exilés de pénétrer sur le territoire français dans le Briançonnais. C’est là une estimation basse, qui ne prend pas en compte certains frais spécifiques au contexte montagneux.
    Une politique inefficace

    Au regard de ce coût élevé, quelle est l’efficacité du dispositif mis en place ? Une manière de la mesurer est de compter les non-admissions, c’est-à-dire les reconduites à la frontière. Il y en a eu 3 594 en 2018, 1 576 en 2019 et 273 au premier semestre 2020. Mais, comme l’explique la préfecture des Hautes-Alpes, ces chiffres indiquent une activité, et non une efficacité, car de nombreux migrants et réfugiés tentent plusieurs fois de franchir la frontière, et sont comptabilisés à chaque arrestation et reconduite.

    Bien plus significatives sont les données recueillies à Oulx, en Italie, où le centre d’hébergement constate que presque toutes les personnes renvoyées tentent à nouveau de passer, quitte à emprunter des voies plus dangereuses, et à Briançon, où le refuge solidaire reçoit la quasi-totalité de celles qui ont réussi à franchir la frontière. Elles étaient 5 202 en 2018, 1 968 en 2019 et 2 280 en 2020. Les chiffres provisoires de 2021 montrent une augmentation des passages liée surtout à une arrivée de familles afghanes.

    Les policiers et les gendarmes en conviennent, non sans amertume : tous les exilés finissent par passer. On ne saurait s’en étonner. Beaucoup ont quitté plusieurs années auparavant leur pays pour échapper à la violence ou à la misère. Les uns ont parcouru le Sahara, vécu l’internement forcé en Libye, affronté au péril de leur vie la Méditerranée. Les autres ont été menacés en Afghanistan, enfermés dans un camp à Lesbos, battus et dépouillés à la frontière de la Croatie. Comment imaginer que le franchissement d’un col, même en hiver, pourrait les arrêter ?

    Le constat est donc le suivant. Malgré un coût considérable – auquel il faudrait ajouter celui, difficilement mesurable, de la souffrance, des blessures, des amputations et des décès causés par les risques pris dans la montagne – la politique visant à interdire à quelques milliers d’exilés l’entrée sur le territoire français a une efficacité proche de zéro. Elle est probablement la plus coût-inefficace des politiques publiques menées par l’Etat français, sans même parler des multiples irrégularités commises, à commencer par le refus fréquent d’enregistrer les demandes d’asile.

    Mais, peut-être l’efficacité n’est-elle pas à évaluer en matière de passages empêchés et de personnes non admises. Ce qui est recherché relève plutôt de la performance face à l’opinion. Il s’agit, pour l’Etat, de mettre en scène le problème de l’immigration irrégulière et de donner le spectacle de son action pour l’endiguer.

    Dans cette perspective, la militarisation de la frontière a bien alors une efficacité : elle est purement politique.

    https://www.alternatives-economiques.fr/didier-fassin/immigration-ia-politique-publique-plus-cout-inefficace/00102098

    #efficacité #migrations #inefficacité #Didier_Fassin #coût #budget #Briançon #frontières #Italie #France #Hautes-Alpes #frontière_sud-alpine #PAF #contrôles_frontaliers #militarisation_des_frontières #gendarmerie_mobile #opération_sentinelle #état-major #performance #spectacle #mise_en_scène

  • Frontiera del Monginevro, nasce un nuovo rifugio autogestito a #Cesana_Torinese !

    Ieri, 21 Giugno 2022, giorno di ingresso in estate, è nato un nuovo #rifugio_autogestito lungo la frontiera del Monginevro tra Italia e Francia!

    Dopo le numerose occupazioni che hanno attraversato l’alta Val Susa negli ultimi anni, e a quasi un anno dall’ultimo sgombero della Casa Cantoniera di Claviere, le compagnx noborder sono rimastx su quei territori, su quella frontiera assassina e razzista.

    Una casa abbandonata a Cesana, lungo la direttrice di passaggio delle persone in movimento, oggi torna ad essere vissuta come luogo di autorganizzazione e solidarietà nella lotta alle frontiere, riappropriandosi e costruendo spazi liberi ed inclusivi. Un luogo distante e slegato dalle dinamiche assistenzialiste e spesso razziste proprie delle istituzioni.

    Di questa nuova esperienza ne parliamo con delle compagne che ci raccontano l’inizio dell’occupazione e invitano tuttx ad andare a Cesana a conoscere il nuovo rifugio e ad alimentare la lotta noborder.

    https://radioblackout.org/2022/06/frontiera-del-monginevro-nasce-un-nuovo-rifugio-autogestito-a-cesana-
    #frontières #asile #migrations #réfugiés #Alpes #Montgenèvre #Briançon #Briançonnais #montagne #frontière_sud-alpine #Hautes-Alpes #Val_de_Suse #Cesana #refuge #refuge_auto-géré #Italie #France #occupation #squat
    –—

    ajouté à cette métaliste :
    https://seenthis.net/messages/733721

    Et plus précisément ici :
    https://seenthis.net/messages/733721#message966839

    • Un nuveau réfuge autogeré est né !

      Presqu’un an après la dernière expulsion de la Casa Cantoniera de Clavière, nous sommes resté.exs ici, dans cette vallée, sur cette frontière sanglante et raciste, près des personnes qui, chaque jour, la défient et la surmontent, bien qu’elles soient forcées de le faire “illégalement” : contrôlées, rejetées et violentées par l’État et ses forces armées.
      Dans cette même vallée où, des milliers de “migrant.ex” avec de bons papiers, appelé.ex touristes, transitent sans être dérangé.ex. Dans la même vallée où, seulement en janvier de cette année, la frontière a tué deux personnes, Fatallah Belhafif et Ullah Rezwan.

      A partir d’aujourd’hui, nous revenons nous organiser dans un lieu abandonné depuis des décennies, qui n’appartient plus à personne mais qui revit grâce à celleux qui l’habitent, le construisent et l’autogèrent, en opposition à un et tous les états et lois qui veulent voir disparaitre toute forme d’autonomie collective et individuelle.

      Nous avons continué et continuerons à nous battre en nous réappropriant et en construisant des espaces libres et inclusifs. Des lieux loins des dynamiques violentes, racistes et infantilisantes des institutions, qui se manifestent à la frontière franco-italienne des Alpes occidentales, au refuge Massi à Oulx, à la Croix-Rouge (qui participe aux refoulements en collaboration avec la police) et dans les appareils de contrôle et de répression italiens et français.

      Nous sommes resté.exs ici, en nous organisant sur cette frontière, non pas pour faire du travail humanitaire et de l’aide sociale POUR les “migrant.exs”, mais par choix politique, pour rester debout et lutter AVEC les personnes qui transitent par ces vallées.

      Aujourd’hui, de manière plus flagrante que jamais, nous assistons à une rationalisation de l’accueil et de la “solidarité”. Depuis le début de la guerre, des associations, des particuliers, des municipalités, des États, des médias grand public ont concentré des actions, du temps, des fonds pour les réfugié.exs ucrainien.nexs. Nous nous demandons donc si cette solidarité existe parce que les personnes en question sont blanches ? Ou parce qu’elles sont chrétiennes ?
      Nous luttons avec toutes victimes de la guerre et de l’impérialisme.

      Il est évident que lutter contre des oppressions n’empêche pas d’en reproduire.
      Nous gardons en tête les violences survenues durant les autres occupations et voulons vivre dans un espace qui cherchera à déconstruire et à gérer la violence.

      Ce nouveau refuge n’est pas né sur une terre stérile, mais dans le Val de Suze qui résiste depuis des décennies par la lutte contre le projet honteux du TAV et son monde. Un monde d’industrie et de destruction du vivant, ce monde qui, toujours plus, pousse les personnes à l’exil.

      Nous vous invitons à rejoindre la lutte.
      Dans tout le territoire, la frontière laisse ses traces ; dans tous les territoires, nous devons la combattre.
      Brulons les frontières.


      https://www.passamontagna.info/?p=4008&lang=fr

  • Un nouveau délit à la #frontière : le claquement de portières !

    Depuis plus de cinq ans, femmes et hommes du #Briançonnais portent #secours de jour comme de nuit aux personnes étrangères en provenance du Moyen-Orient et d’Afrique. Aux #frontières, les #contrôles_d’identités auprès de ces « #maraudeurs » se multiplient jusqu’au surréalisme.

    par Didier Fassin, anthropologue et médecin, Anthropologue et médecin, Marion Lauer, Psychologue, Chloé Ménard, Interne en médecine, Anne Michel, Employée de commerce et Jean-Luc Para, Médecin généraliste

    Depuis plusieurs années, malgré la convention de Schengen, la frontière entre la #France et l’#Italie a été rétablie entre #Vintimille et #Menton et entre #Oulx et #Briançon. Il s’agit d’empêcher l’entrée sur le territoire français de personnes étrangères en provenance du Moyen-Orient et d’Afrique, généralement par la route des Balkans. Au col de #Montgenèvre, point de passage dans les #Hautes-Alpes en raison de sa faible altitude et de son accès facile, les effectifs de la #police_aux_frontières ont été renforcés. Un escadron de #gendarmes_mobiles est venu en appui, puis un second.

    Au total, ce sont plus de deux cents agents des #forces_de_l’ordre qui interviennent, de jour comme de nuit, pour interpeller et renvoyer en Italie les quelque trois mille personnes qui, chaque année, tentent de passer en France, parfois pour y demander l’asile, souvent pour continuer leur voyage. La plupart de ces exilés fuient leur pays en raison des dangers pesant sur eux et leur famille, tels des Afghans menacés par la répression des talibans ou des Nigérians victimes des attaques de Boko Haram.

    L’ironie de cette #militarisation de la #zone_frontalière tient toutefois à l’importance du déploiement de forces de l’ordre au regard de la dizaine de personnes en moyenne s’efforçant de franchir quotidiennement la frontière et à l’#inefficacité de ce dispositif puisque, de l’aveu même des policiers et des gendarmes, toutes finissent par passer. Il ne saurait en être autrement quand on sait qu’elles voyagent depuis plusieurs années, affrontant au péril de leur vie les risques naturels, les rigueurs des camps de détention et les brutalités des forces de l’ordre de l’est de l’Europe. Dans ces conditions, les policiers et les gendarmes amassés entre l’Italie et la France ne peuvent les dissuader de poursuivre leur périple. En revanche, cette présence les conduit à s’exposer de plus en plus en empruntant, souvent de nuit, des chemins de plus en plus dangereux où certains souffrent de gelures graves en hiver, se blessent lors de chutes en été, et même trouvent la mort de froid ou par noyade.

    Au nom du principe de #fraternité

    C’est la raison pour laquelle, depuis un peu plus de cinq ans, des femmes et des hommes du Briançonnais et bien au-delà partent dans la #montagne, de jour comme de nuit, pour leur porter secours ou les empêcher de s’engager dans des voies périlleuses. L’action des « maraudeurs », comme on les appelle, s’avère particulièrement importante pour épargner ces #risques à des personnes épuisées et malades ou des femmes parvenues au terme de leur grossesse. Strictement respectueux de la loi, les maraudeurs agissent ainsi sur le territoire français au nom du principe de fraternité inscrit dans la devise de la République et reconnu par le Conseil constitutionnel dans sa décision du 6 juillet 2018.

    Les exilés assistés sont conduits à Briançon, soit à l’hôpital, soit au refuge dit solidaire, en fonction de leur état de santé. Mais au-delà de sa dimension humanitaire, représentée notamment par la présence de bénévoles de Médecins du monde, l’action des maraudeurs a aussi une signification politique. Elle rappelle à l’Etat son obligation de respect du #droit français. Une brochure établie par l’association Tous migrants et distribuée aux forces de l’ordre lors d’interactions avec elles dans la montagne procède de cette pédagogie citoyenne.

    Bien que légale, l’action des maraudeurs fait pourtant l’objet d’une #répression qui peut prendre plusieurs formes. Ce sont des vérifications de véhicules à la recherche de détails pouvant faire l’objet d’une verbalisation, tel un feu cassé. Ce sont également des accusations infondées d’#aide_à_l’entrée_irrégulière d’étrangers sur le territoire français donnant lieu à des auditions par la police, voire à des poursuites. Les contrôles d’identité peuvent être suivis de #contraventions pour des faits inventés, comme la circulation sur une voie forestière interdite d’accès. Ces #falsifications, dont plusieurs d’entre nous ont été les victimes, sont cependant difficiles à contester dans la mesure où les agents qui les produisent sont assermentés et donc réputés dire le vrai. D’une manière générale, ce #harcèlement et ces #sanctions ont une fonction d’#intimidation et de #dissuasion. Ils ne sont d’ailleurs pas sans effet compte tenu de leurs conséquences financières et parfois judiciaires.

    Signe de cette inflation répressive poussée jusqu’au surréalisme, à la suite d’une récente maraude en montagne, cinq personnes ont été contrôlées par des agents de la police aux frontières rapidement rejoints par une dizaine de gendarmes à pied. Après une longue vérification de leur identité, ils ont été accusés de « #tapage_nocturne »… à cause du bruit provoqué par la fermeture des portières lorsqu’ils sont entrés dans leurs deux véhicules. Nul ne sait si la contraventionalisation du #claquement_de_portières la nuit fera jurisprudence sur l’ensemble du territoire français, mais son utilisation à la frontière suggère, comme l’écrivait le poète François Ponsard, repris par Gustave Flaubert dans Bouvard et Pécuchet : « Quand la borne est franchie, il n’y a plus de limite. » De cet épisode, il y a, certes, matière à rire. Mais on ne peut manquer de s’en inquiéter.

    Didier Fassin, Marion Lauer, Chloé Ménard, Anne Michel et Jean-Luc Para participent aux activités de prévention des risques conduites à la frontière entre l’Italie et la France dans le cadre d’une collaboration entre Médecins du monde et Tous migrants.

    https://www.liberation.fr/idees-et-debats/tribunes/un-nouveau-delit-a-la-frontiere-le-claquement-de-portieres-20220623_EDLCO

    #maraudes #frontière_sud-alpine #dissuasion

    ping @karine4 @isskein

  • #Hautes-Alpes : la #police_aux_frontières de #Montgenèvre peine à recruter, malgré les #renforts annoncés

    Le syndicat Alliance Police Nationale dans les Hautes-Alpes #alerte sur la situation au sein de la PAF à Montgenèvre. Sur les 10 renforts annoncés en octobre dernier, seuls 3 sont arrivés, faute de candidats.

    La PAF (police aux frontières) de Montgenèvre n’attire pas. En octobre dernier, lors d’un déplacement à la frontière franco-italienne, le directeur de la police aux frontières, Fernand Gontier annonçait l’arrivée prochaine de dix policiers. Sept mois plus tard, le compte n’y est pas : seulement trois ont pris leur fonction.

    « Le problème c’est qu’il n’y a aucun candidat pour Montgenèvre », déplore Vincent Guillermin, secrétaire départemental du syndicat Alliance à BFM DICI.

    Manque de moyens

    Pour l’organisation syndicale, il y a plusieurs explications à cette situation. La première est que la profession souffre d’un déficit d’#image sur le secteur. Vincent Guillermin parle de « #rouleau_compresseur qui s’abat sur la profession ».

    Le syndicat met en cause également le manque de moyens. En province, les #salaires ne sont pas suffisamment attractifs. « Ils varient entre 1700 euros et 3000 euros selon l’ancienneté et le grade », regrette le secrétaire départemental Alliance 05. Ce dernier réclame une indemnité de résidence pour fidéliser les policiers.

    Aujourd’hui, l’effectif est composé de 52 policiers à la frontière. Mais, depuis le mois de mars, huit policiers ont souhaité quitter le service dans le cadre des #mutations, nous confiait le syndicat qui alertait sur « le solde migratoire négatif de la PAF ».

    https://www.bfmtv.com/bfm-dici/hautes-alpes-la-police-aux-frontieres-de-montgenevre-peine-a-recruter-malgre-
    #PAF #personnel #attractivité #frontières #frontière_sud-Alpine #Briançonnais

  • Mort de #Blessing, 20 ans, à la frontière : un témoin sort de l’ombre pour accuser les gendarmes

    La Nigériane #Blessing_Matthew a été retrouvée noyée dans les Alpes en 2018, après que des gendarmes ont tenté de l’interpeller. Alors qu’un non-lieu a été prononcé, un témoin clé parle aujourd’hui pour la première fois et met en cause les forces de l’ordre. Mediapart l’a rencontré. Une sœur de Blessing et l’association Tous migrants demandent la réouverture du dossier. Révélations.

    https://www.mediapart.fr/journal/france/300522/mort-de-blessing-20-ans-la-frontiere-un-temoin-sort-de-l-ombre-pour-accuse
    #décès #morts_aux_frontières #asile #migrations #frontières #Hautes-Alpes #Briançon #La_Vachette #Briançonnais #France #gendarmes #border_forensics #mourir_aux_frontières #Blessing

    Une enquête à laquelle je suis très fière d’avoir contribué :-)

    voir aussi ce fil de discussion :
    https://seenthis.net/messages/957606

    • L’enquête sur le site de Border Forensics :
      Introduction

      La mort de Blessing Matthew - Une contre-enquête sur la violence aux frontières alpines

      Le 9 mai 2018, le corps d’une jeune femme noire est découvert dans la rivière de la Durance, bloquée par la retenue d’eau du barrage de Prelles, situé sur la commune de Saint-Martin-de-Queyrières en aval de Briançon, dans les Hautes-Alpes françaises.

      Une enquête a été ouverte, permettant d’identifier la jeune femme quelques jours plus tard comme étant Blessing Matthew, âgée de 21 ans et originaire du Nigeria. Elle avait été vue pour la dernière fois le 7 mai alors que la gendarmerie mobile tentait de l’interpeler avec ses deux compagnons de route, Hervé S. et Roland E, dans le village de La Vachette, à 15 kilomètres de la frontière franco-italienne.

      Au-delà de la douleur de sa famille et de ses deux compagnons de route, la mort de Blessing a suscité une vive émotion dans le Briançonnais. Elle a concrétisé les craintes, exprimées à plusieurs reprises par la société civile, concernant la militarisation de la frontière haute-alpine et ses conséquences dangereuses pour les personnes en migration. C’est le premier cas documenté de personne en exil décédée depuis 2015 dans le Briançonnais - 2 autres personnes y ont trouvé la mort depuis.

      Le 14 mai 2018, Tous Migrants, une association défendant les droits des migrant·es dans le Briançonnais, a transmis un signalement concernant la mort de Blessing au procureur de la République de Gap, en lui exposant les faits rapportés par une des personnes qui l’accompagnaient le jour de sa disparition. Ce signalement a été suivi d’une plainte, déposée le 25 septembre 2018 par une des sœurs de Blessing, Christiana Obie, auprès du procureur de la République de Gap pour « mise en danger de la vie d’autrui » et « homicide involontaire ».

      Le 10 décembre 2018, l’officier de police judiciaire en charge de l’enquête a transmis au tribunal de Gap la synthèse des résultats de celle-ci, qui conclut que les éléments constitutifs des infractions alléguées ne sont pas démontrés.

      Le 3 mai 2019, la sœur de Blessing et Tous Migrants se sont constitués partie civile dans une nouvelle plainte. Le 18 juin 2020, le tribunal de Gap a déclaré la plainte irrecevable et prononcé un non-lieu ab initio. L’ordonnance du juge d’instruction a été confirmée par la chambre d’instruction de la cour d’appel de Grenoble le 9 février 2021.

      Jusqu’à ce jour, le processus judiciaire n’a pas permis de faire la lumière sur les circonstances qui ont mené à la mort de Blessing, ni de déterminer qui en est responsable. Mais la famille de Blessing n’a pas abandonné sa quête de vérité et de justice : selon les mots de Christiana Obie, « ma sœur continuera à hurler » tant que la vérité ne sera pas connue et que la justice n’aura pas été faite.

      C’est pour soutenir cette demande de vérité et de justice de la famille de Blessing que Border Forensics a mené une contre-enquête, en collaboration avec Tous Migrants et grâce à la contribution d’un de ses compagnons de route, Hervé. Les enjeux de notre enquête vont également au-delà du cas de Blessing. Son décès représente un cas parmi les 46 mort·es en migration à la frontière franco-italienne répertorié·es depuis 2015. Or, comme pour Blessing, aucune responsabilité n’a été déterminée pour ces morts. Les pratiques de mise en danger à la frontière des personnes en exil ont ainsi pu être perpétuées sans entraves. C’est également pour contribuer à mettre fin à cette impunité, et pour que ces pratiques cessent, que nous avons mené cette enquête.

      https://www.borderforensics.org/fr/investigations/blessing-investigation

      Avec 3 #vidéos produites :

      1) le témoignage in situ d’un des compagnons de route de Blessing, Hervé :
      https://vimeo.com/714978117

      2) une interview des deux soeurs de Blessing et Hervé :
      https://vimeo.com/715094941

      3) une partie de la vidéo qui reconstruit les déclarations contradictoires des gendarmes :
      https://vimeo.com/715020037

      #Alpes #montagne #frontière_sud-alpine #violent_borders #reconstitution

    • Une émission de A l’air libre dédiée à l’enquête :
      Mort de Blessing Matthew : les gendarmes mis en cause

      Le 7 mai 2018, la jeune migrante Blessing Matthew est morte noyée près de Briançon. La justice a prononcé un non-lieu à l’égard des gendarmes. De nouveaux éléments mis au jour par Border Forensics pourraient aboutir à une réouverture de l’enquête.

      https://www.youtube.com/watch?time_continue=175&v=uYFiMVXFY28&feature=emb_logo

      https://www.mediapart.fr/journal/france/300522/mort-de-blessing-matthew-les-gendarmes-mis-en-cause

    • Newsletter de Tous Migrants, 30.05.2022

      Quatre ans après sa mort,
      nous demandons toujours vérité et justice pour Blessing !

      ­
      ­

      Le 9 mai 2018, le corps d’une jeune femme est découvert dans la Durance au barrage de Prelles, une dizaine de kilomètres en aval de Briançon (Hautes-Alpes, France). La jeune femme est identifiée quelques jours plus tard comme étant Blessing Matthew, âgée de 21 ans et originaire du Nigeria. Elle avait été vue pour la dernière fois le 7 mai, entre 4 heures et 5 heures du matin, alors que des gendarmes mobiles tentaient de l’interpeler avec ses deux compagnons de route, Hervé S. et Roland E, dans le hameau de La Vachette, situé au pied du col de Montgenèvre, à proximité de la frontière franco-italienne.
      ­
      ­Au-delà de la douleur de sa famille et de ses deux compagnons de route, la mort de Blessing a suscité une vive émotion dans le Briançonnais. Elle a concrétisé les craintes, maintes fois exprimées par la société civile, concernant la militarisation de la frontière haute-alpine et ses conséquences dangereuses pour les personnes exilées. C’est le premier cas documenté de personne exilée décédée dans le Briançonnais, depuis la décision du gouvernement français de rétablir les contrôles fixes aux frontières en 2015.
      ­
      ­
      ­
      ­

      Ce drame intervient dans un contexte de très vives tensions.

      Le 22 avril 2018, alors que le groupuscule suprémaciste Génération Identitaire occupe le col de l’Échelle, trois personnes venues manifester leur solidarité avec les personnes exilées sont arrêtées et placées en détention provisoire. Le même jour, le ministre de l’Intérieur, Gérard Collomb, décide de l’envoi de renforts immédiats des forces de l’ordre à la frontière. C’est ainsi qu’est déployé dans le Briançonnais, le 24 avril, un escadron de gendarmerie mobile de Drancy dont plusieurs membres seraient impliqués dans la poursuite et la chute dans la Durance de Blessing Matthew.

      Les témoignages des personnes exilées recueillis à Briançon attestent fréquemment de pratiques de course-poursuites, de mise en danger, et de violences physiques et verbales de la part des gendarmes mobiles, de la police aux frontières et des militant·es de Génération Identitaire. C’est dans ce contexte que survient la disparition de Blessing Matthew, le 7 mai 2018, puis la découverte de son corps deux jours plus tard.

      Le 14 mai 2018, suite à la mort de Blessing, Tous Migrants adresse un signalement auprès du Procureur de la République de Gap, exposant les faits rapportés par les personnes qui l’accompagnaient le jour de sa disparition, ainsi que les possibles infractions des forces de l’ordre : mise en danger délibérée de la vie d’autrui, homicide involontaire, violence volontaire, non-assistance à personne en danger, discrimination d’une personne en raison de son apparence. Ce signalement est suivi par le dépôt d’une plainte, le 25 septembre 2018, par la famille de Blessing.

      Un an plus tard, un communiqué de presse du procureur de Gap, transmis le 7 mai 2019, informe que le parquet a classé sans suite cette enquête au motif d’absence d’infraction. Suite à cela, l’association Tous Migrants se constitue partie civile pour soutenir la demande de vérité et de justice de la famille de Blessing. Le 15 novembre 2019, le procureur de Gap prend des réquisitions de non-recevabilité de cette constitution de partie civile, et de non-lieu ab initio concernant la plainte de la sœur de Blessing. Ces réquisitions sont confirmées par l’ordonnance du 18 juin 2020 du doyen des juges d’instruction du tribunal de Gap, puis par la décision du 9 février 2021 de la chambre d’instruction de la cour d’appel de Grenoble.

      La démarche en justice de Tous Migrants aux côtés de la famille de Blessing a au moins permis à l’association de prendre connaissance du dossier d’enquête du procureur, et notamment des déclarations des gendarmes mobiles. Tous Migrants a analysé ces déclarations et constaté leurs nombreuses incohérences, contradictions et zones d’ombres, notamment au regard de la topographie des lieux, des conditions de visibilité et du déroulement des événements. L’association a également constaté que les gendarmes enquêteurs ne semblent pas avoir examiné en détail ces incohérences et contradictions, ni cherché à clarifier les zones d’ombre, ni tenté de reconstituer le déroulement précis des faits et gestes des gendarmes mobiles. Bien au contraire, ils ont délivré un récit qui nous parait occulter ces incohérences, contradictions et zones d’ombre au profit d’un plaidoyer pro domo.

      Tous Migrants a alors contacté Border Forensics afin que leur équipe de chercheur·es puisse mobiliser les méthodes d’analyse spatio-temporelle développées dans le cadre des enquêtes déjà menées auparavant, notamment en Méditerranée. Border Forensics a mené sa propre contre-enquête, en collaboration avec Tous Migrants et grâce à la contribution fondamentale d’un des compagnons de route de Blessing Matthew, Hervé S. L’analyse de Border Forensics, a permis, grâce au témoignage précis et cohérent d’Hervé S. in situ, de confirmer et de préciser la reconstitution des événements. Selon ce témoignage, en poursuivant Blessing, les gendarmes l’ont mise en danger, menant à sa chute dans la Durance et à sa mort.

      De plus, Border Forensics a réalisé une analyse spatio-temporelle des déclarations des gendarmes qui a fait émerger les nombreuses omissions, contradictions et zones d’ombre de l’enquête de police judiciaire concernant les conditions qui ont mené à la mort de Blessing. L’analyse produite remet ainsi en cause les conclusions de l’enquête de police judiciaire disculpant les gendarmes.

      Le témoignage d’Hervé S. et l’analyse spatio-temporelle des déclarations des gendarmes mobiles, constituent des éléments nouveaux qui permettent à la famille de Blessing de demander la réouverture de l’instruction judiciaire, ce que vient de faire Maître Vincent Brengarth.

      Seule la réouverture de l’instruction pourra déterminer de manière définitive les événements ayant mené à la mort de Blessing et d’établir les responsabilités. Quatre ans après le drame, il est urgent que la justice française réponde enfin à la demande de vérité et justice de la famille de Blessing. « Ma soeur continuera de hurler et hurler » tant que justice ne sera pas faite, dit sa soeur Christiana Obie.

      Nous rappelons qu’à ce jour, que ce soit pour la mort de Blessing ou pour d’autres personnes exilées décédées à cette frontière, aucune responsabilité n’a été déterminée. Les pratiques de mise en danger à la frontière des personnes en exil par les forces de l’ordre ont ainsi pu être perpétrées sans entrave.

      Une dizaine de jours après la disparition de Blessing Matthew, le 18 mai 2018, une seconde personne exilée a été trouvée morte à quelques kilomètres seulement de La Vachette : il s’agit de Mamadi Condé, un homme de 43 ans, de nationalité guinéenne. Depuis la mort de Blessing et de Mamadi, et du fait de l’aggravation de la politique de militarisation de la frontière et de refoulements systématiques des personnes exilées aux mépris de leurs droits, cinq autres décès et une disparition certaine sont survenues dans le même secteur, entre les Hautes-Alpes françaises et la Vallée de Suse côté italien : Mohamed Fofana (25 mai 2018), Douala Gakou (15 novembre 2018), Tamimou Derman (7 février 2019), Mohamed Ali Bouhamdi (7 septembre 2019), Mohammed Mahayedin (22 juin 2021), Fathallah Belafhail (2 janvier 2022), Ullah Rezwan Sheyzad (26 janvier 2022). S’ajoutent toutes les personnes gravement blessées, parfois mutilées et handicapées à vie.

      C’est également pour que cessent les pratiques mortifères de contrôle des frontières, et l’impunité pour celles-ci, que nous nous battons pour que que justice soit rendue pour la mort de Blessing.
      ­

      ­
      ­

      ­

    • Décès de Blessing Matthew : sa famille, Tous Migrants et Border Forensics réclament justice

      (Revue de Presse) Lundi 30 mai, Tous Migrants et Border Forensics ont organisé une conférence de presse au Centre International de Culture Populaire, avec l’appui de VoxPublic, afin de réclamer vérité et justice autour du décès de Blessing Matthew. Nigériane et âgée de 21 ans, la jeune migrante avait été retrouvée morte le 9 mai 2018 dans la Durance, en amont de Briançon (Hautes-Alpes). Elle avait été vue pour la dernière fois le 7 mai 2018, alors que des gendarmes mobiles tentaient de l’interpeller. Tous Migrants s’était alors immédiatement constituée partie civile, mais le procureur de Gap avait classé l’affaire sans suite.

      Aujourd’hui, Tous Migrants avec la famille de Blessing Matthew demandent la réouverture de l’enquête, sur la base d’un nouveau témoignage à même de rebattre toutes les cartes. Leur avocat, Me Vincent Brengarth, a déposé vendredi 27 mai une demande de réouverture de l’instruction. Partenaire de Tous Migrants dans ce combat, l’ONG Border Forensics a comparé les différentes versions des gendarmes et le témoignage, et a annoncé, reconstitutions à l’appui, avoir repéré de nombreuses incohérences et contradictions dans les dépositions des gendarmes et dans le dossier . Pour la toute première fois, des associations réunies ont réussi à documenter la possible responsabilité des forces de l’ordre dans le décès d’une personne exilée.

      La conférence de presse, tenue en présentiel au CICP et retransmise en ligne, a réuni pas moins de 70 à 80 personnes dont une quinzaine de journalistes, ainsi que des responsables associatifs, et politiques ainsi que des universitaires et chercheurs. Avec beaucoup d’émotion, Tous Migrants et Border Forensics ont présenté leurs revendications et les éléments avancés pour la réouverture du dossier. Christiana Oboe, la sœur de Blessing, était présente par visioconférence et a délivré un message poignant à une assemblée bouleversée par la force de ses propos. Elle demande la vérité, la justice, et formule le vœu que de tels drames ne se reproduisent plus.

      https://www.voxpublic.org/Sa-famille-Tous-Migrants-et-Border-Forensics-reclament-justice-pour-Bless

      déjà signalé par @simplicissimus ici :
      https://seenthis.net/messages/962883

      –-

      sur la même page, la revue de presse tenue par Vox Public...

    • Mort d’une exilée à la frontière franco-italienne : un témoignage pointe la responsabilité des forces de l’ordre

      Un témoignage inédit pourrait relancer l’enquête sur la mort de Blessing Matthew, jeune réfugiée nigériane décédée dans des circonstances troubles dans les Alpes. Sa famille et l’association Tous Migrants espèrent la réouverture du dossier.

      En mai 2018, Blessing Matthew, jeune femme nigériane, est retrouvée noyée dans la Durance, à quelques pas de la frontière entre la France et l’Italie. Elle est la première personne exilée décédée dans le Briançonnais (Hautes-Alpes). Âgée de seulement 21 ans, elle essayait de fuir les forces de l’ordre lorsqu’elle est tombée dans la rivière, qui, près de sa source, prend des allures de torrent avant de traverser les Alpes provençales. Jusqu’à présent, les circonstances de la noyade de la jeune femme restaient troubles, sans que l’on sache si les forces de l’ordre présentes dans les environs ont directement joué un rôle.

      Depuis ce jour, sa famille et l’association Tous Migrants tentent de retracer les événements qui ont conduit à son décès. « Un parcours du combattant pour obtenir la vérité », regrette Vincent Brengarth, leur avocat. L’enjeu est de savoir si les forces de l’ordre ont été témoins de la scène, ou même si elles peuvent être tenues responsables de la noyade. Dans le dossier, clos définitivement en février 2021, les récits des agents présents divergent, tant sur les lieux que sur l’heure de la tentative de contrôle. Entre ces témoignages contradictoires et une enquête pénale close hâtivement, connaître le fin mot de l’affaire semblait vain.

      Jusqu’à ce dernier rebondissement : le compagnon de route de Blessing, Hervé, décide de témoigner sur les circonstances de sa mort. Le 30 mai 2022, l’association Tous Migrants et Border Forensics – organisation de recherche de preuves dans des cas de morts aux frontières – organisent une conférence de presse pour présenter de nouveaux éléments. Non seulement le témoignage d’Hervé est inédit, mais il vient appuyer les analyses spatiales et temporelles de Border Forensics. Tout semble coller. Les gendarmes pourraient être tenus responsable de la mort de la Nigériane de 21 ans. Reste à rouvrir le dossier pénal.
      Un témoignage clé sur la responsabilité des forces de l’ordre

      Même avec cette avancée de taille, quatre ans plus tard, l’affaire est toujours aussi douloureuse à répéter. La voix de Michel Rousseau, de Tous Migrants, tremble en racontant la nuit des événements : « Le 7 mai 2018, entre 4 et 5 heures du matin, trois personnes exilées marchent sur la route en direction de Briançon. À l’entrée du hameau de La Vachette, des torches s’allument dans la nuit. Puis, des cris : « Police, police ». Elles courent en direction de l’église. L’un arrive à se cacher. Blessing était poursuivie par des gendarmes. Elle a traversé un jardin où Hervé était lui aussi caché. Il la voit, elle fuit, éclairée par les torches des gendarmes. Et puis, elle s’est retrouvée bloquée par la rivière ... » Sa voix s’arrête dans un sanglot.

      En partenariat avec Tous Migrants, l’organisation Border Forensics publie le 30 mai une analyse fine et complète des événements. Le dossier, particulièrement détaillé, est le fruit d’un an de travail. Dans l’une des vidéos publiées, ses équipes retournent dans le petit village de La Vachette avec Hervé. L’homme, sous couvert d’anonymat et capuche sur la tête, parcourt le village, racontant chaque étape de cette course-poursuite nocturne. Arrivé dans un jardin près de l’église, il se serait caché dans les herbes hautes.

      Blessing, elle, était encore poursuivie par deux gendarmes. Il raconte les entendre crier : « Arrête toi, si tu t’arrêtes pas, on va tirer. » Elle court jusqu’au bout du jardin, jusqu’à la rivière, où il entend la jeune femme dire « Leave me, leave me » (« Lâchez-moi, lâchez-moi »), puis tomber. Il l’entend de nouveau. Son cri, « Help me, help me » (« Aidez-moi, aidez-moi »), se fait de plus en plus lointain, comme emporté par le courant. Cette nuit-là, aucun secours n’a été appelé, aucun des gendarmes ne semble avoir tenté de secourir Blessing. Son corps sera retrouvé 13 km en aval, bloqué dans une retenue d’eau.

      Le témoignage d’Hervé est, selon l’avocat de la famille de Blessing et de Tous Migrants, « de nature à rebattre totalement les cartes ». « Son récit éclaire les incohérences du dossier, ajoute l’avocat Vincent Brengarth. On comprend mieux les contradictions des témoins. » Si l’on en croit ce déroulé, les gendarmes pourraient alors être accusés de « non-assistance à personne en danger », si ce n’est d’ « homicide involontaire ».
      « Blessing a été traitée comme une citoyenne de seconde zone »

      Hervé n’a pas été entendu dans le dossier. L’homme, sans papiers, ne s’est pas présenté aux forces de l’ordre. « C’est compliqué pour une personne exilée de faire confiance à la police », euphémise Michel Rousseau, pour expliquer ce silence de quatre ans. L’avocat Vincent Brengarth complète : « La justice n’était même pas en capacité de le convoquer, aucun élément dans le dossier ne donnait son identité précise. » Son témoignage, couplé aux éléments réunis par Border Forensics, pourraient constituer un motif de réouverture de l’enquête. La demande a été déposée auprès du procureur de la République ce 27 mai.

      « C’est un dossier exceptionnel, d’une exceptionnelle gravité, souligne l’avocat. Blessing a été traitée comme une citoyenne de seconde zone. Comme si le devoir de vérité n’était pas le même pour tout le monde. » Dans ce dossier, c’est la première fois que l’on renseigne la possible implication de la police ou de la gendarmerie dans la mort d’une personne exilée. Un premier espoir pour faire justice dans les 46 morts de migrants - décomptées par Border Forensics - à la frontière franco-italienne depuis 2015. « On veut montrer qu’on peut documenter ces morts aux frontières, que c’est possible, que l’on peut obtenir vérité et justice », espère Agnès Antoine, de Tous Migrants.

      La sœur de Blessing vient interpeller les journalistes présents ce 30 mai. Christiana Obie se tient droite devant son écran d’ordinateur, mais sa webcam peine à cacher ses joues brillantes de larmes. « Ma sœur n’est plus. Elle est morte. Mais je veux travailler à ce que ce la prochaine victime ne soit pas la vôtre. Je veux éviter à d’autres de ressentir la douleur que ressent ma famille aujourd’hui. »

      Blessing a été la première victime des politiques répressives aux frontières, mais elle n’a malheureusement pas été la dernière. Quelques jours après la découverte de son corps, Mamadi Condé, guinéen de 43 ans, est retrouvé mort, non loin de La Vachette. La liste est longue, et elle ne prend pas en compte les blessés, handicapés à vie et traumatisés par cette traversée dangereuse. Dès décembre 2017, des associations, via le Collectif Citoyen de Névache, écrivaient au président de la République leurs craintes et leur colère quant au traitement des migrants : « Devons nous attendre des morts pour que nos institutions réagissent humainement ? »

      Un appel dans le vide. Les années suivantes, dans les Hautes-Alpes et sur le versant italien des montagnes, ont été meurtrières, du fait de la répression et de la militarisation de la zone. Les associations s’accordent pour dire que 2018 a marqué l’apogée de ces épisodes de répression aveugle et de traitements « inhumains ». « Les vols, les violences envers les exilés, c’était quotidien en 2018 », dénonce la militante associative Agnès Antoine. Comme elle, beaucoup ont observé ce durcissement sur le terrain, lors des maraudes. « Cette politique ne pouvait qu’aboutir à ce genre de drame. »

      Cristina Del Biaggio, enseignante-chercheuse spécialiste des migrations et collaboratrice de Border Forensics dans leurs recherches, ajoute : « La mort de Blessing n’est pas un cas isolé, elle est le fait d’une conjoncture entre politiques et pratiques policières. »

      Lorsque la jeune nigériane les a franchies, les Alpes étaient déjà devenues une zone « transformée en environnement hostile par nos politiques migratoires ». Elles le sont toujours. Rien qu’en janvier 2022, les montagnes ont encore vu deux victimes. Fathallah Belafhail, marocain de 31 ans, et Ullah Rezwan Sheyzad, 15 ans, venu d’Afghanistan, sont décédés en essayant de rejoindre une nouvelle vie.

      https://basta.media/mort-de-Blessing-Matthew-a-la-frontiere-franco-italienne-un-temoignage-poin

    • La mort neuve de Blessing Matthew

      Personne ne fera revenir Blessing Matthew à la vie. Elle est morte noyée dans la Durance le 7 mai 2018 après avoir été coursée par les gendarmes. Une mort « accidentelle » d’après la justice qui avait, le 9 février 2021 déclarée un « non lieu » pour clore le procès intenté aux gendarmes par par sa famille et l’association « Tous Migrants » pour homicide involontaire, en quelque sorte une mort sans responsable, une mort anonyme parmi les 46 migrant.es décédé.es sur la frontière depuis la militarisation de celle-ci.
      Blessing Matthew était nigériane, elle portait un nom anglais que l’on pourrait traduire par « celle qui est bénie », ou encore par « bénédiction ». Elle était migrante et recherchait une terre « bénie ». Elle n’a trouvé ni liberté, ni égalité, ni fraternité encore moins de bénédiction. La mort, glaçante d’effroi, horrible dans sa suffocation nocturne, l’attendait au hameau de la Vachette.
      Un « non-lieu » comme une immense injustice. Pourtant, il y avait un lieu, la Durance. Pourtant, il y avait lieu, matière à poursuivre, rien qu’en considérant les témoignages contradictoires des gendarmes : elle est passée par là, non par ici et nous ailleurs ! Il y avait un témoin, son camarade de fuite mais il n’a pas pu parler, refoulé sans ménagement en Italie. L’Italie en tant que « non-lieu » pour l’oubli, un ailleurs voulu comme définitif sans un « au revoir » possible.
      « La seule chose que je veux, c’est la justice » affirme lors de la conférence de presse du 30 mai, la sœur de Blessing. « Que la justice se remette en route » demande Michel Rousseau au nom de « Tous Migrants ». Rouvrir l’instruction pour mettre la justice dans son cheminement véritable, celui de l’enquête impartiale. Des faits nouveaux le permettent.
      D’abord, le témoignage d’Hervé, celui qui fuyait avec elle, aussi apeuré qu’elle, mais qui a réussi à se cacher. Un témoin capital pour donner une « mort neuve » à Blessing Matthew. Ensuite, le travail méthodique, digne d’une enquête policière, mené par « Border Forensics » suit, point par point, les recoupements, les contradictions entre les récits des gendarmes et celui d’Hervé. Cette enquête est visible sur leur site : https://www.borderforensics.org.
      Le parquet de Gap a tous les éléments pour rouvrir l’instruction. Le fera-t-il ? Le devoir de justice le réclame : il est impossible de voler une deuxième fois la réalité de sa mort à Blessing Matthew.

      https://alpternatives.org/2022/06/02/la-mort-neuve-de-blessing-matthew

    • Réouverture de l’instruction dans l’affaire Blessing Matthew : le parquet de Gap ne se considère pas « compétent »

      Proches et association de la jeune nigériane morte noyée dans la Durance en mai 2018, à Val-des-Prés, espèrent rouvrir l’instruction judiciaire avec des « charges nouvelles ».

      dimanche 12 juin, le procureur de la République de Gap a fait savoir au Dauphiné Libéré « qu’après étude de la demande », il « considère que le parquet de Gap n’est pas compétent pour traiter la requête en réouverture d’une information judiciaire sur charges nouvelles » dans l’affaire de la mort de Blessing Matthew.

      Le 27 mai dernier, les avocats de la sœur de la jeune exilée, morte noyée dans la Durance le 7 mai 2018 à La Vachette (Val-des-Prés), et de l’association Tous migrants avaient déposé auprès du parquet gapençais une demande de « reprise de l’information judiciaire sur charges nouvelles ». Blessing Matthew, une Nigériane de 20 ans, était décédée après une tentative d’interpellation par des gendarmes mobiles alors qu’elle tentait de rejoindre Briançon depuis l’Italie avec deux autres personnes migrantes.

      Des nouveaux éléments à charge contre les gendarmes selon les proches de la victime

      Les proches de Blessing Matthew et Tous migrants ont toujours pointé l’action des forces de l’ordre comme étant responsable du décès de la jeune femme. Néanmoins, après une plainte classée sans suite, la chambre d’instruction de la cour d’appel de Grenoble avait confirmé en février 2021 un non-lieu dans cette affaire.

      Fin mai, association et proche espéraient rouvrir l’instruction avec le témoignage – inédit jusqu’ici – d’Hervé S., l’un des migrants présents la nuit du drame ; et avec une contre-enquête menée par l’ONG Border Forensics.

      « Seul le procureur général est compétent »

      Cependant, le procureur de Gap Florent Crouhy a décidé de ne pas trancher lui-même la réouverture ou non de l’instruction. « En effet, ce dossier a fait l’objet d’un non-lieu par arrêt de la chambre de l’instruction de la cour d’appel de Grenoble en date du 9 février 2021, rappelle-t-il.

      https://www.ledauphine.com/faits-divers-justice/2022/06/12/reouverture-de-l-instruction-dans-l-affaire-blessing-matthew-le-parquet-

      #compétence

    • Mort de Blessing Matthew : le procureur de Gap se dit incompétent pour rouvrir une information judiciaire

      La migrante nigériane avait été retrouvée morte dans la Durance en 2018 lors d’un contrôle de gendarmerie après avoir franchi la frontière italienne. La justice a décidé par deux fois de prononcer un non-lieu dans ce dossier.

      Me Vincent Brengarth a annoncé la couleur fin mai, évoquant « un témoignage de nature à rebattre totalement les cartes » dans l’affaire Blessing Matthew. L’avocat de la sœur de la migrante nigériane, qui s’était noyée dans la Durance (Hautes-Alpes) lors d’un contrôle de gendarmerie en 2018, affirme avoir retrouvé un des témoins de la scène, dont le récit inédit diffère de la version des forces de l’ordre.

      À la lumière de ce témoignage, l’avocat a effectué une « demande de réouverture d’information judiciaire » auprès du procureur de la République de Gap. Interrogé par BFM DICI, Florent Crouhy a indiqué ce dimanche qu’il se déclarait incompétent pour traiter la requête émise par Me Vincent Brengarth, rappelant que ce dossier « a fait l’objet d’un non-lieu par arrêt de la chambre de l’instruction de la cour d’appel de Grenoble en date du 9 février 2021 ».

      La justice a à deux reprises estimé qu’aucun élément ne permettait d’étayer les accusations d’homicide involontaire, de mise en danger de la vie d’autrui et de non-assistance à personne en danger visant les gendarmes.

      L’avocat redirigé vers le procureur de la cour d’appel

      Selon Florent Crouhy, « seul le procureur général est compétent pour apprécier l’opportunité d’une réouverture sur charges nouvelles et en saisir la chambre de l’instruction ». Le procureur de la République de Gap précise ainsi avoir invité Me Vincent Brengarth à se rapprocher du procureur général de la cour d’appel de Grenoble pour lui faire part du nouveau témoignage.

      Celui-ci provient d’Hervé, un membre du « groupe d’exilés pourchassés par les gendarmes » après avoir été expulsés vers l’Italie, a annoncé Me Vincent Brengarth lors d’une conférence de presse suivie par l’Agence France-Presse (AFP) au moment du dépôt de la requête.

      « Il a vu que Blessing Matthew cherchait à se cacher. Il y a eu de façon évidente un contact avec l’un des gendarmes. (...) Il dit : ’J’ai vu le (gendarme) la saisir par le bras, elle se débattait, ils se tiraillaient’ », a-t-il développé.

      « Que justice soit rendue »

      Des paroles qui jettent à ses yeux une lumière sur « les différentes incohérences » qui se dégagent des récits des gendarmes. Et l’avocat de surenchérir : « On a le sentiment que les investigations n’ont jamais véritablement été menées à leur terme ».

      Christiana Obie Darko, la sœur de la victime, s’était également exprimée au cours de cette conférence de presse, fin mai : « Tout ce que je veux, c’est que justice soit rendue pour ma sœur, pour qu’elle puisse reposer en paix ».

      Avant l’apparition de la version d’Hervé, le parquet de Gap avait affirmé que « les circonstances précises dans lesquelles (Blessing Matthew) aurait chuté dans la Durance demeurent inconnues en l’absence de témoignage direct ».

      https://www.bfmtv.com/bfm-dici/mort-de-blessing-matthew-le-procureur-de-gap-se-dit-incompetent-pour-rouvrir-

  • À la frontière franco-italienne : un #bricolage du #droit qui contourne l’asile

    Le #droit_d’asile est reconnu par les textes français, européens et internationaux. Pourtant, les personnes qui se présentent à la frontière franco-italienne sont régulièrement refoulées sans pouvoir demander la protection de la France. Pour comprendre cet écart, il faut s’intéresser aux ambiguïtés de notre système juridique.

    https://www.youtube.com/watch?v=nE51SrntoIA&feature=emb_logo

    Depuis le 13 novembre 2015, la France a rétabli les contrôles à ses frontières européennes, également dites « intérieures[1] » (avec l’Italie, l’Espagne, la Belgique, l’Allemagne, le Luxembourg et la Suisse). Cette mesure, exceptionnelle et normalement temporaire, a engendré ce que l’on appelle un nouveau « régime frontière », c’est-à-dire un ensemble de normes et de pratiques qui gouvernent le mouvement des personnes aux confins de l’État. À partir de l’étude de ce nouveau régime à la frontière franco-italienne, nous considérerons l’écart qui peut exister entre le texte juridique et le terrain concernant un droit fondamental comme l’asile. Dans quelle mesure la pratique du droit et son interprétation constituent-elles une marge qui permet aux acteurs étatiques de s’accommoder de certaines règles ?
    Le droit d’asile, un régime juridique transversal

    Il faut d’abord préciser qu’en France le droit d’asile, qui protège les personnes fuyant les risques de persécutions et les conflits armés, est l’objet d’un régime juridique complexe où s’entrelacent le droit national et le droit international. L’asile contemporain est en grande partie issu de la Convention de Genève relative au statut des réfugiés de 1951 et son protocole de 1967[2] qui sont des traités internationaux. Mais une portion considérable des règles de l’asile est élaborée par le droit de l’Union européenne qui forme, à travers de multiples directives et règlements, le régime d’asile européen commun. Ensuite, bien que la Convention européenne des droits de l’homme (CEDH)[3] de 1950 ne prévoie pas directement la protection de l’asile, il est établi qu’elle protège indirectement contre certains refoulements à travers l’obligation qu’elle impose aux États en matière d’interdiction de la torture et de traitements inhumains et dégradants (article 3) et de vie privée et familiale (article 8). Enfin, le droit d’asile est consacré par la Constitution française et inscrit dans le droit français, principalement en transposition du droit de l’Union européenne (droit UE). Le droit d’asile est ainsi finement tissé dans un régime juridique qui mêle le droit international, la CEDH, le droit de l’Union européenne et le droit français, à la fois constitutionnel et commun.
    À la frontière franco-italienne, l’asile en péril

    À la frontière entre la France et l’Italie, force est de constater que le droit d’asile n’est pas pleinement appliqué. L’enquête de terrain réalisée dans la vallée de la Roya et à Briançon et, surtout, l’attention des citoyens frontaliers et le travail d’associations comme Tous Migrants[4], Médecins du Monde[5], l’Anafé[6], Amnesty International[7] — pour n’en citer que quelques-unes — parviennent au même constat : la plupart des personnes migrantes[8] interceptées en France près de la frontière avec l’Italie ne sont pas en mesure de demander l’asile. Cette observation est également partagée par des institutions publiques dans des rapports tels que ceux du Contrôleur général des lieux de privation de liberté[9], de la Commission nationale consultative des droits de l’homme et de la commission d’enquête parlementaire sur les migrations[10]. Les personnes traversent la frontière, arrivent en France et, si elles sont interceptées par la police aux frontières (PAF), seront le plus fréquemment renvoyées en Italie sans examen individuel de leur situation.

    C’est donc la condition de possibilité du droit d’asile qui est ici mise en question : le fait de pouvoir enregistrer une demande afin que celle-ci soit traitée par le système de protection français. Cet aspect essentiel de l’asile — la demande — est pourtant consacré par ce régime juridique transversal que nous évoquions, y compris aux frontières de la France[11]. Comment dès lors expliquer que ce droit fondamental ne soit pas réalisé à la frontière avec l’Italie ? L’on serait tenté de répondre que le droit n’est tout simplement pas appliqué convenablement et qu’il suffit qu’une cour, comme le Conseil d’État, sanctionne cette pratique. Cependant, les juges, déjà saisis de la question, n’ont pas formulé de jugement capable de modifier les pratiques de contrôle éludant le droit d’asile.

    Par ailleurs, les contrôles frontaliers font l’objet d’un discours juridique, c’est-à-dire d’une justification par le droit, de la part des autorités étatiques. Ainsi le problème ne porte-t-il pas sur la non-application du droit mais, précisément, sur la manière dont le droit est interprété et mis en application, sur la direction qui est donnée à la force du droit. Qu’est-ce qui, dans le fonctionnement du droit, rend possible la justification juridique d’une transgression d’un droit fondamental normalement applicable ? Autrement dit, comment les autorités arrivent-elles à échapper à leurs obligations internationales, européennes et, à certains égards, constitutionnelles ?

    Une partie de la réponse à cette question réside en ce que le droit — international, européen, national — est plus malléable qu’on pourrait le penser. En effet, les normes juridiques peuvent parfois être en partie indéterminées dans leur définition et dans leur application. L’on dira que le droit est indéterminé au regard d’une situation lorsque les sources juridiques (les traités, les textes européens, la Constitution, la loi, le règlement, etc.), les opérations légitimes d’interprétation ou le raisonnement juridique qui s’y rapportent sont indéterminés, c’est-à-dire lorsque plus d’une conclusion peut être, a priori, tirée de ces éléments. L’on ajoutera une chose : moins un régime juridique est détaillé, plus il laisse de place aux indéterminations. Or, le régime qui préside aux contrôles à la frontière italienne est dérogatoire au droit commun de l’espace Schengen et il est, à ce titre, très peu développé par les textes. Comment cette malléabilité du droit se déploie-t-elle à la frontière ?
    Constituer la frontière par le détournement des normes

    Tout d’abord, si la question de l’asile se pose à la frontière franco-italienne, c’est parce que celle-ci fait l’objet de contrôles dérogatoires. Selon le droit de l’Union européenne, les États membres ne devraient pas effectuer de vérifications frontalières systématiques. Ils peuvent cependant exceptionnellement réintroduire les contrôles dans le cas d’une « menace grave à l’ordre public ou la sécurité intérieure[12] », et ce, pour une durée maximale de deux ans. Il faut ici souligner deux choses.

    D’une part, la France justifie officiellement ces contrôles par l’existence d’une menace terroriste persistante, bien qu’elle les effectue non pas en raison de la lutte contre le terrorisme, mais principalement aux fins de contrôles des flux migratoires. Or, cet élément n’est pas prévu dans le droit UE comme permettant de justifier le rétablissement des contrôles. Le « Code frontières Schengen », qui détaille les normes européennes en matière de frontière, le rejette même explicitement. Cet état de fait a été reconnu par le directeur des affaires européennes du ministère de l’Intérieur dans le cadre de la commission d’enquête parlementaire sur les migrations. Il s’agit donc du détournement de la finalité et de la rationalité d’une règle européenne.

    D’autre part, la France contrôle ses frontières européennes depuis novembre 2015. En mars 2022, cela fait donc plus de six années qu’une mesure exceptionnelle et temporaire est reconduite. L’argument avancé par le gouvernement et entériné par le Conseil d’État consiste à dire, à chaque renouvellement de cette mesure de contrôle — tous les six mois —, qu’une nouvelle menace terroriste a été détectée. La menace étant « renouvelée », le fondement de la mesure repart de zéro, comme s’il n’y avait aucune continuité dans la rationalité des contrôles depuis 2015. Voilà qu’une norme européenne concernant la sécurité intérieure et le terrorisme est continuellement détournée à des fins de gouvernance des migrations. Ainsi malléable, le droit est mobilisé pour matérialiser la frontière par les contrôles, sans quoi la problématique de l’asile serait inexistante puisque la circulation serait libre comme le prévoit le droit UE.
    Épaissir la frontière par l’innovation normative

    Une fois la frontière concrètement instaurée par les contrôles se pose la question du régime juridique applicable, c’est-à-dire de l’ensemble des règles présidant aux interceptions des personnes. En France, le droit des étrangers comprend deux principaux régimes qui permettent de saisir la régularité ou l’irrégularité de la situation d’une personne étrangère : le régime de l’admission et le régime du séjour. L’admission (X peut-elle être admise en France ?) concerne uniquement les personnes franchissant une frontière extérieure de la France (avec un pays tiers à l’UE). À l’inverse, le régime du séjour (X peut-elle demeurer en France ?) s’applique sur tout le reste du territoire, en dehors des points de passage qui définissent les frontières extérieures. Si la constitution et la saisie de l’irrégularité des étrangers par le droit sont toujours limitatives des libertés des personnes, il faut souligner que le régime de l’entrée est le plus circonscrit des deux en matière de droits fondamentaux tant en théorie qu’en pratique. Le droit de demander l’asile doit être respecté dans les deux cas, mais le régime de l’admission le traduit à travers une procédure plus expéditive comportant moins de garanties.

    Sur le territoire limitrophe de l’Italie, c’est par défaut le régime du séjour qui aurait dû s’appliquer puisqu’il s’agit d’une frontière intérieure, et non celui de l’admission qui ne concerne que les frontières extérieures de la France. Cependant, d’abord de manière irrégulière, puis en adoptant la loi asile et immigration en septembre 2018, le gouvernement a déployé une partie de l’arsenal du régime de l’admission en appliquant des procédures de renvoi expéditives à travers l’émission de refus d’entrée. Chose innovante, cette loi a également étendu cette procédure à toute une zone constituée par une bande de dix kilomètres le long de la ligne frontière. Ainsi, alors que, vis-à-vis des contrôles, le droit UE délimite la frontière à des points de passage, l’innovation française l’épaissit-elle juridiquement à un large espace.
    Au sein de la frontière, bricoler le droit

    Que se passe-t-il au sein de cette frontière épaissie ? D’abord, une controverse juridique, car aux moins deux décisions, de la Cour de justice de l’Union européenne[13] et du Conseil d’État[14], remettent partiellement en question le bien-fondé de l’application des refus d’entrée aux frontières intérieures. Mais surtout, dans cet espace controversé, c’est un véritable bricolage du droit que l’on peut observer.

    Pour l’illustrer, prenons le cas de la privation de liberté. Sur le terrain, l’on constate, lors de la procédure de renvoi, que les personnes sont maintenues dans les locaux de la PAF, notamment à Montgenèvre et à Menton Pont-Saint-Louis[15]. Elles font donc l’objet d’un enfermement non consenti qui constitue une privation de liberté. Pourtant, les règles qui y président ne sont ni celles du régime du séjour ni celles du régime de l’entrée. Autrement dit, le gouvernement a décidé d’appliquer une partie du régime de l’admission — les refus d’entrée, la procédure expéditive — sans pour autant lui faire correspondre son régime de privation de liberté alors même que celle-ci est mise en place. Cet aspect est crucial, car la privation de liberté constitue une restriction grave à de nombreuses libertés fondamentales et est strictement encadrée en France.

    Ce flottement « qualificatoire » est problématique parce que les droits fondamentaux[16] des personnes maintenues ne sont garantis que par des mécanismes spécifiques associés aux régimes de privation de liberté existants. L’absence de catégories claires donne une certaine latitude aux acteurs étatiques à la frontière. Cette ambiguïté neutralise même sérieusement les droits fondamentaux en fragilisant les garanties d’accès aux droits et aux juges. L’on pourrait dire que ce bricolage du droit est parajuridique dans les deux sens du préfixe, c’est-à-dire qui s’articule autour du droit, mais aussi, parfois, contre le droit. Parce qu’il s’agit d’arrangements composites, certains aspects sont parfois invalidés par les juges, mais pas leur économie générale qui en font un mode de gouvernance des migrations dans les marges du droit. Au fond, le maintien d’un régime juridique dérogatoire au droit de l’espace Schengen semble renforcer la capacité de l’État à jouer sur les ambiguïtés du droit. Il déroge ainsi à certains droits fondamentaux et procédures administratives qui devraient s’appliquer en vertu du droit international, européen et national.

    Pour aller plus loin

    Commission nationale consultative des droits de l’homme, 2018. Avis sur la situation des personnes migrantes à la frontière franco-italienne, 19 juin URL : https://www.cncdh.fr/sites/default/files/180619_avis_situation_des_migrants_a_la_frontiere_italienne.pdf
    Charaudeau Santomauro B., 2020. « La condition des migrants sous la réintroduction des contrôles aux frontières : le cas de l’état d’urgence à la frontière franco-italienne », in : Benlolo Carabot M. (dir.), L’Union européenne et les migrations, Bruylant-Larcier, p. 337‑343. URL : https://halshs.archives-ouvertes.fr/hal-03224278
    Anafé, 2019. Persona non grata. Conséquences des politiques sécuritaires et migratoires à la frontière franco-italienne, Rapports d’observations 2017–2018. URL : https://drive.google.com/file/d/15HEFqA01_aSkKgw05g_vfrcP1SpmDAtV/view
    Contrôleur général des lieux de privation de liberté, 2017. Rapport de visite des locaux de la police aux frontières de Menton (Alpes-Maritimes). 2e visite : Contrôle des personnes migrantes à la frontière franco-italienne, 4 au 8 septembre. URL : https://www.cglpl.fr/2018/rapport-de-la-deuxieme-visite-des-services-de-la-police-aux-frontieres-de-ment

    https://www.icmigrations.cnrs.fr/2022/03/10/defacto-032-01
    https://www.icmigrations.cnrs.fr/2022/03/10/defacto-032-01
    #frontière_sud-alpine #frontières #asile #migrations #réfugiés #Alpes #France #Italie #refoulement #push-backs #régime_frontalier #fermeture_des_frontières #vallée_de_la_roya #Briançon #Hautes-Alpes #Alpes_maritimes #PAF #normes_juridiques #espace_Schengen #contrôles_dérogatoires #terrorisme #menace_terroriste #code_frontières_Schengen #temporaire #exception #état_d'urgence #régime_de_l'admission #régime_du_séjour #droits_fondamentaux #bricolage #refus_d'entrée #privation_de_liberté #enfermement

  • Migrants risk life and limb crossing snow-choked Alpine passes

    Ill-equipped families suffer frostbite and worse as they walk past wealthy skiers in the mountains between Italy and France, writes Tom Kington.

    About 1,200 migrants have risked their lives every month this winter crossing the snowy Alpine peaks from Italy into France. It’s a perilous journey that kills some and maims others, but emboldens those survivors who are heading for the Channel.

    The numbers braving the eight-hour trek across the border from Claviere and Bardonecchia are higher than in 2020 and 2019, suggesting that the known death toll of six over the past four years could rise in coming weeks.

    (#paywall)

    https://www.thetimes.co.uk/article/migrants-risk-life-and-limb-crossing-snow-choked-alpine-passes-qq0vpm5j0
    #frontières #asile #migrations #réfugiés #Alpes #Montgenèvre #Briançon #Briançonnais #montagne #hiver #frontière_sud-alpine #Hautes-Alpes
    –—

    ajouté à cette métaliste :
    https://seenthis.net/messages/733721

    Et plus précisément ici :
    https://seenthis.net/messages/733721#message930101

  • Reportage. #Alta_Val_di_Susa, quei profughi ora accolti sulla rotta di neve e gelo

    Accanto alla stazione di Oulx, in nove mesi sono passate 9mila persone: il 60% proveniva dalla rotta balcanica. Don Luigi (Migrantes): dare un tetto a chi viaggia nel freddo

    Non piangono mai i bambini che arrivano all’ultima tappa prima del confine francese. Sono esausti, dormono di continuo, qualcuno ha i piedi morsicati dai topi negli accampamenti di fortuna in Bosnia, eppure non piangono. Lo raccontano commossi gli operatori e i volontari del rifugio per immigrati ’#Fraternità_Massi' nella casa dei salesiani accanto alla stazione di Oulx. Ai piccoli il lungo viaggio sembra un gioco in compagnia dei genitori. Per gli esperti il gioco si chiama ’rotta italiana’ oppure ’terminale della rotta mediterranea’ e anche ’limite occidentale della rotta balcanica’. Comunque la si veda, Oulx dal 2017 è diventata una porta di uscita sempre più battuta dall’Italia verso la Francia e l’Ue, per marciatori della speranza in viaggio da anni. Non temono di andare in mezzo alla neve in scarpe da tennis, ma se vengono al rifugio voluto dalla fondazione ’#Talità_Kum' con i medici di #Rainbow_4_Africa aperto h 24 trovano scarponi, cibo, possono farsi visitare e passare una notte al caldo dopo le 16, quando d’inverno cala subito il buio e la temperatura scende sottozero. A pochi passi dal rifugio in Alta Val di Susa, ironia della sorte, fermano i treni di linea per la Francia e persino il Tgv. Ma il viaggio comodo è roba per chi ha documenti europei e Green pass. Il resto dell’umanità tenta di prendere un bus di linea, se non controllano i ’certificati verdi’, o arriva a piedi fino alle piste di fondo di #Claviere e poi si infila nei boschi per 20 chilometri per passare il Monginevro. Un’impresa al buio col freddo, specie per le famiglie con donne incinte e bambini. Oltretutto la sorveglianza dei gendarmi dotati anche di visori notturni al confine e lungo la statale è continua. Inflessibili anche con i più vulnerabili, non rilasciano il documento di respingimento, il ’refus d’entrée’, contro cui presentare appello. Chi passa, però, in 5 giorni arriva a Parigi e da lì prosegue per Germania, Paesi Bassi, Belgio o Regno Unito, nell’Europa che cerca manodopera.

    Gli scarponi li lasciavano i valligiani quando si è aperta la rotta. Il rifugio prosegue la tradizione solidale, mettendoli nelle rastrelliere. Ogni giorno passano da qui almeno 60 persone, con punte di 100 dall’estate a novembre. Quando si supera quota 50 la Croce rossa sposta i profughi al polo logistico di Bussoleno, 20 chilometri a valle, così che nessuno dorma all’aperto. Da aprile a dicembre sono passate 9mila persone e altre 1.500 sono state portate alla Croce rossa. Il 60% proveniva dalla rotta balcanica, gli altri erano subsahariani sbarcati da poco e tunisini alle prese con disoccupazione.

    «È dura marciare nella neve, ma chi proviene dai Balcani dice che dopo Bosnia e Croazia passare il Monginevro è come bere un bicchiere d’acqua – spiega don Luigi Chiampo, 62 anni, da 10 parroco di Bussoleno, presidente di Talità Kum e responsabile Migrantes della diocesi susina – e da quando abbiamo aperto il centro a Oulx nel 2018 non ci sono più stati morti sulle montagne. Passavano dal Colle della Scala, molto pericoloso. Nel 2021 dalla valle è passato un fiume di circa 15mila persone dirette a Claviere. Arrivano a Trieste e in 72 ore attraversano il nord in treno o bus, oppure vengono dai centri di accoglienza. Il rifugio lo abbiamo aperto per non far dormire più nessuno in mezzo alla strada ed è importante la rete che si è creata e la collaborazione con le istituzioni». I Comuni, al contrario di quanto accade Oltralpe, sono presenti. La Prefettura di Torino contribuirà al nuovo rifugio di fronte alla ’Fraternità Massi’, sempre di proprietà dei salesiani, molto più grande, in cui a giorni si sposteranno le attività. Che comprendono le attività dei medici e infermieri di ’Rainbow for Africa’ e degli operatori legali di Diaconia valdese e Danish refugee Council, che qui hanno un punto nodale del loro osservatorio dei tre confini. Cena e assistenza le offrono la rete solidale di Talità Kum, aperta ad associazioni laiche e nazionali.

    «Prepariamo un piatto di pasta, offriamo un letto caldo – afferma racconta Giorgio Guglielminotti, storico operatore – e se lo desiderano parliamo. Soprattutto diamo le scarpe a chi arriva con i piedi rotti da marce interminabili». I single dormono in uno camerone e le famiglie nei container in cortile. Si resta al massimo 48 ore ad eccezione delle famiglie numerose. Secondo Serena Tiburtini, coordinatrice di programma per Danish refugee council, le famiglie sono soprattutto afghane (il 40%) e iraniane. Poi i pachistani. «Passano da Claviere a piedi – aggiunge – perché sono abituati alla montagna. Sono arrivati i primi evacuati in estate da Kabul, i più ricchi, gli altri li attendiamo nei prossimi mesi. I tempi di ricongiungimento con i parenti sono troppo lunghi. Una ragazza afghana a settembre mi ha detto che non poteva attendere sei mesi per raggiungere la madre in Svezia, mentre poteva farcela in 15 giorni. Un giovane curdo iraniano, rimasto storpio a una gamba, fratturata dalle botte prese in Croazia, non riusciva a passare a piedi. Ma voleva raggiungere moglie e figlioletta in Svizzera. Niente ricongiungimento, alla fine è partito con un passeur».

    «Chi arriva a Oulx dalla rotta balcanica è esausto fisicamente e mentalmente – prosegue Eloisa Franchi dei medici di Rainbow 4 Africa – poi c’è chi arriva con ferite da marcia o con le cicatrici delle torture inferte dai poliziotti croati. Noi offriamo primo soccorso per curare la ’patologia di confine’, uno stress psicofico continuo. Nel nuovo rifugio avremo uno spazio per dare assistenza continuativa».

    A Oulx sono arrivate quest’anno due donne in procinto di partorire: una ci è riuscita, l’altra ha messo al mondo un bambino morto. Era da sola, marito e figlio erano già passati, ma sono tornati indietro per salutare il piccolo e ripartire con lei. Domani si concluderà qui il ’Cammino della Speranza’, staffetta partita da Trieste in bici una settimana fa per ricordare cosa accade ogni giorno da un confine all’altro.

    https://www.avvenire.it/attualita/pagine/scarponi-per-chi-marcia-nella-neve-la-valle-solidale-e-i-migranti-bambini

    #montagne #Alpes #migrations #asile #réfugiés #Briançon #Oulx #Italie #France #frontières #frontière_sud-alpine #Val_di_Susa

    –—

    ajouté à cette métaliste :
    https://seenthis.net/messages/733721

    Et plus précisément ici :
    https://seenthis.net/messages/733721#message930101

  • À #Briançon, les exilé.es risquent leur vie à la frontière

    La ville des Hautes-Alpes est depuis 2015 un théâtre du parcours migratoire de milliers d’hommes et de femmes. Leur route se croise avec celles de citoyen·nes solidaires, mais aussi avec celles de la police et de l’État français, qui font tout pour rendre dangereux leur voyage. Reportage depuis la frontière.

    Ciel gris sur la ville de Briançon, ce matin du samedi 13 novembre. Alors qu’il est presque 13h, le soleil est barricadé derrière les nuages et il est difficile de saisir le temps qui passe dans les changements de lumière. Nous descendons en voiture la route principale qui mène à la vieille ville, perchée sur son gros rocher et protégée par deux anciens forts, derniers remparts avant d’engager la voie du col de #Montgenèvre. Dans le sens inverse, soudainement six camions de gendarmes (de quoi faire penser à une grande manif parisienne) remontent la route. On ne peut pas s’empêcher de sentir des frissons : derrière nous, une autre bagnole, conduite par deux solidaires, transporte deux migrants qui viennent d’être retrouvés à l’entrée de la vieille ville, du côté Français de la frontière. En cas de contrôle, ils auraient des ennuis.

    15 heures plus tôt, dans la soirée du vendredi, le #campement de fortune mis en place par les associations du Briançonnais s’apprête pour le sommeil. Un groupe d’exilés vient de partir avec le bus de 20h pour Paris, et ceux qui le peuvent sont allés chez leurs hébergeur.ses pour passer une nuit un peu plus confortable. Les autres se préparent à dormir dans deux grandes #tentes, chauffées avec un grand poêle à pétrole, qui peuvent accueillir environ 50 personnes. Ce soir là, une vingtaine d’exilés sont présents, tous hommes, presque tous jeunes, tous provenant du Maghreb, d’Iran ou d’Afghanistan. Maxime1, un bénévole dans l’association « Terrasses Solidaires » qui passe souvent ses nuits au campement pour accueillir les nouveaux.elles arrivé.es, explique que : « C’est très aléatoire, des soirs nous avons beaucoup d’arrivées, d’autres très peu. Il y a dix jours, on a eu plus de trente personnes en une seule nuit. Maintenant c’est plus calme, mais la particularité de cette période est que nous n’avons jamais aucune arrivée ». Les Terrasses Solidaires, le seul lieu qui garantissait un hébergement d’urgence pour les exilé·es à Briançon, a été fermé (lire nos articles sur la fermeture du refuge et sur la mobilisation des solidaires ici : https://www.lamuledupape.com/2021/11/05/personne-ne-doit-rester-dehors-les-solidaires-de-briancon-en-detresse et ici : https://www.lamuledupape.com/2021/11/16/a-briancon-les-solidaires-sunissent-face-a-lurgence) le 24 octobre en raison de problèmes d’insécurité liés à un trop grand afflux de personnes. Le lieu accueillait 250 migrant·es, alors que la jauge maximale était de 80 personnes. Depuis la fermeture, les conditions d’accueil ont empiré, dans une situation qui était déjà très compliquée.

    Parier sa vie : un chemin obligé ?

    La nuit de vendredi s’annonce calme : vers minuit, encore aucune arrivée. Maxime est confiant, d’autant plus qu’un « maraudeur » vient nous voire pour faire un salut et, pendant la conversation, nous communique un « rien à signaler » sur les sentiers qui mènent à Briançon. Ces solidaires, guides de montagne ou simples habitant·es de la ville, prennent pendant la nuit les routes et les sentiers le plus souvent parcouru·es par les migrant·es, pour secourir celles et ceux qui ont besoin d’aide. De plus en plus souvent, ils et elles repèrent des signes préoccupants aux alentours de la frontière : « La semaine dernière, on a trouvé deux poussettes en montagne. La neige commence à tomber, les températures tombent en dessous de 0oC la nuit. C’est pas possible de laisser les gens en montagne dans ces conditions » explique Maxime.

    À une heure du matin, alors que tout le monde sauf Maxime est plongé dans le sommeil, trois personnes arrivent à pied au camp. Le salarié des Terrasses les accueille dans une petite salle, leur offre de quoi manger et un thé chaud, se préoccupe de leur état de santé et de leurs pieds, leur donne des vêtements et des chaussettes. Les trois, en effet, sont arrivés avec les pieds enveloppés dans des baskets légères, rien d’autre. Le matin suivant, nous allons trouver trois bottes d’hiver sur le chemin sortant de la ville. Les exilé·es changent souvent d’habits pour rentrer en ville, histoire d’être un peu moins reconnaissables par policier·es et délateur·ices. À 5h, la même scène se répète. Cette fois, c’est cinq personnes, toutes d’origine afghane, qui arrivent au camp. Leurs conditions sont pires que celles de leurs camarades de voyage : deux d’entre eux ont les pieds congelés, un a mal au dos, un autre aux genoux. Maxime s’empresse de répondre à ces besoins, tout en parlant avec eux par le biais d’un traducteur improvisé. Ceux et celles qui arrivent du col peuvent, en effet, alerter sur d’autres personnes égarées sur les chemins de montagne.

    Les cinq Afghans nous disent qu’en Italie, c’était un groupe de 50 qui s’est approché de la frontière avec eux. Kamran, un d’entre eux, se préoccupe de l’état de deux amis, qui ont pris un chemin plus haut qu’eux pour éviter la police. Le jour suivant, nous apprendrons d’un maraudeur qu’au moins une vingtaine de personnes ont été retenues par la PAF (Police Aux Frontières) et refoulées en Italie. Une dizaine sont restées au pied du col et tenteront la traversée le lendemain, nous disent ceux qui viennent d’arriver. Mais Maxime se préoccupe du reste : une dizaine de personnes dont nous n’avons aucune nouvelle. Il ne reste qu’à attendre, sans savoir si dix personnes sont vraiment égarées sur les cols enneigés, ou pas.

    Les contrôles à la frontière, renforcés après l’arrivée d’un nouvel escadron (110 effectifs) de #Gendarmerie_mobile (GM) dans la ville après la fermeture des Terrasses Solidaires, forcent la main aux exilé·es, qui empruntent des chemins de plus en plus dangereux. La « #route_briançonnaise » elle-même n’existerait pas si le passage de la frontière entre Ventimille et Menton n’était pas devenu si difficile en 2015, annus horribilis des politiques migratoires européennes. La fermeture temporaire (qui commence à s’éterniser) des frontières internes à l’espace Schengen permet aux policier·es français·es des #refoulements de groupe illégaux, sur la base de l’#accord_de_réadmission franco-italien, entré en vigueur en 2000. L’accord prévoit que toute personne trouvée en situation irrégulière à l’entrée en France puisse être renvoyée en Italie. Il ne prévoit pas, pourtant, la suspension du droit d’asile. Or, les exilé·es arrêté·es par la #PAF et la GM n’ont pas la chance de demander l’asile en France, iels sont refoulé·es tout de suite.

    Cette #surenchère_sécuritaire a ainsi conduit les migrant·es à marcher d’abord à travers le col de l’Échelle, ensuite sur le Montgenèvre, maintenant encore plus haut, sur des chemins peu traqués et très dangereux. Le manque pérenne d’informations peut induire à penser que les morts exigés par la montagne soient plus que ce qu’on croit. Un migrant solitaire, un faux pas, le précipice : personne pourrait savoir, le corps pourrait ne plus jamais être retrouvé.

    La #solidarité est un sport de combat

    À 7h du matin, Kamran reçoit un appel de ses amis égarés la nuit d’avant : un d’entre eux est tombé sur le chemin, il a frappé sa tête contre un rocher. Ils ont besoin d’aide, ils demandent un secours médical. Maxime a passé une nuit d’insomnie, et il aurait terminé son tour de garde, mais il reste au camp et se donne de la peine pour arriver à les localiser. Personne n’arrive à les retrouver, et Maxime décide d’appeler les #pompiers, en leur donnant la dernière localisation connue des deux exilés, qu’ils ont signalé à Kamran. Un maraudeur se dirige également dans cette direction. Une fois sur place, il fait immédiatement demi-tour : au lieu des pompiers, c’est que des policiers qu’il trouve sur place. Le #18 a joué un mauvais tour aux solidaires, et la « sécurité » a primé sur le #secours aux personnes en danger. Maxime s’approche aussi des lieux, et subit un contrôle d’identité.

    Les solidaires de Briançon ne sont pas en bons termes avec la #police : le cas, très médiatisé, des « sept de Briançon » en est un exemple éclatant. Mais au-delà des affaires judiciaires, c’est un #harcèlement_policier quotidien qui rend difficile, parfois impossible, l’#aide apportée par les maraudeur·ses. Le matin du samedi, Bernard nous raconte que la nuit d’avant il a été contrôlé par la police : « C’était pour le feu de la plaque d’immatriculation. Ils m’ont collé une amende. Le policier m’a dit, textuel : ‘normalement on laisse courir ce genre de choses, mais comme c’est vous on applique la loi jusqu’aux virgules’ ». Sam, du collectif TousMigrants, est résigné : « On ne peut rien faire contre cela, nous devons être parfaitement irrépréhensibles. Ce que nous faisons n’est pas illégal et les policiers le savent, donc ils utilisent tous les moyens qu’ils ont pour nous en empêcher ».

    La police et la #gendarmerie ont commencé, récemment, à contrôler les papiers des migrant·es même en centre-ville, ce qui était peu courant auparavant. Briançon est en effet une ville de transit, où les gens ne s’arrêtent que quelques jours tout au plus pour ensuite continuer leur voyage. La politique de la #préfecture impose désormais des #contrôles_au_faciès partout en ville, ce qui force les solidaires à accompagner, en groupe, les exilé·es jusqu’au train ou au bus pour éviter les contrôles, illégaux, des papiers. Les départs sont encore plus compliqués par la nécessité d’avoir un #pass_sanitaire : la préfecture ayant fermé la permanence de la Croix-Rouge qui garantissait des tests gratuits aux migrant·es, ces dernier·es doivent désormais se faire tester par Médecins du Monde. Mais cette association a moins de moyens que la Croix-Rouge, les tests manquent et les opérations avancent au ralenti. Tout cela force les exilé·es à une attente de plusieurs jours dans Briançon, alors qu’aucun ne souhaite y rester.

    Les contrôles en ville préoccupent Maxime, qui veut retrouver les deux personnes dispersées avant qu’elles arrivent au centre-ville en plein jour. Il est pourtant impossible de savoir s’ils ont été arrêtés ou pas, ni où ils se trouvent actuellement. La méfiance est normale et se rajoute aux difficultés du chemin, conduisant les exilé.es à éviter tout contact, ne serait-ce que avec des simples randonneur.ses. Compréhensible, pour des personnes qui ont fait des milliers de kilomètres, s’exposant aux délations, aux tabassages et aux injures. Mehdi est arrivé à Briançon il y a deux jours, il vient du Kurdistan iranien. Pour lui « tous les Balkans c’est l’enfer, sauf la Bosnie. Partout ailleurs les gens font semblant de vouloir t’aider, puis ils appellent la police. Sinon ils te poursuivent et ils te frappent eux-mêmes. » Des expériences qui n’aident pas les solidaires briançonnais à obtenir la confiance des personnes en transit.

    Maxime n’a plus d’autre choix que d’attendre. Nous le suivons, à midi, sur un chemin qui mène en ville, et nous restons en attente, à l’entrée de la forêt. Le choix se base sur la probabilité, mais reste aléatoire : les deux voyageurs auraient pu prendre d’autres routes ou être déjà au poste de police. Nous restons a l’entrée de la ville plus d’une heure, toujours essayant d’entrer en contact avec les migrants. Au final, on renonce, et on reprend le chemin à inverse. On vient de repartir, quand en se retournant encore une fois, on voit deux jeunes hommes arriver vers nous, lourdement habillés, l’un d’eux blessé à la tête. Maxime court les rencontrer, heureusement la blessure n’est pas grave. Ils seront accompagnés au camp par les solidaires. L’aventure se termine bien, mais expose toutes les difficultés du boulot des solidaires, accompagné·es constamment par l’incertitude et harcelé·es par la police.

    Une frontière c’est pour toujours

    Les deux personnes qu’on a retrouvées viennent d’Iran. L’un des deux, Hasan, a 40 ans. Il est parti pour rejoindre sa famille en Allemagne. Les histoires racontées par les exilé·es sont toutes différentes, mais elles composent une seule, grande fresque. Leurs vies font des vagues qui se cassent parfois sur les barrages policiers et sécuritaires de la frontière, mais le plus souvent arrivent à passer. Dans l’acte, pourtant, elles restent marquées. Les exilé·es porteront la frontière avec elleux pour toujours, qu’iels parviennent à régulariser leur statut ou pas. La frontière marque, d’abord physiquement.

    Leurs difficultés ne commencent pas sur la frontière franco-italienne : ceux qui y arrivent ont déjà traversé soit la Méditerranée, soit la mer de barbelés, police et fascistes que sont devenus les Balkans. « On a eu récemment un mec qui s’était cassé la cheville en Bosnie il y a un an. Il ne s’est jamais soigné depuis, et il a continué son voyage. Elle était dans un état indescriptible », nous dit Maxime. Kamran, l’ami afghan de Hasan et de son compagnon de voyage, était patron d’une salle de musculation à Kaboul. Il était aussi body-builder, et pesait 130 kilos quand il est parti. « J’ai perdu 40 kilos. C’est pas bien pour le corps d’arrêter le body-building d’un jour à l’autre, c’est un choc. Maintenant j’espère travailler un peu à Paris et ensuite ouvrir ma salle de muscu là-bas ». Voici l’autre endroit où la frontière marque la vie des exilé·es : nous écoutons Kamran, mais nous savons que probablement il ne va jamais arriver à ouvrir sa salle. Si il pourra obtenir l’asile, il demeurera discriminé, pauvre, isolé dans un pays étranger et qui lui a signifié sans laisser de doutes qu’il ne veut pas de lui, de son histoire et de ses rêves. Le message de la frontière est clair, et il accompagnera Kamran et ses camarades de voyage pour toujours, malgré le travail des solidaires. Leur assistance, qui reste vitale, doit s’accompagner d’un changement radical du #régime_des_frontières, voire de son abolition. Autrement, elles continueront à nous diviser, à nous blesser, à nous tuer.

    https://www.lamuledupape.com/2021/12/08/la-frontiere-a-briancon-espoir-et-danger
    #frontières #asile #migrations #réfugiés

    –-> citation :

    « Les exilé·es porteront la frontière avec elleux pour toujours, qu’iels parviennent à régulariser leur statut ou pas. La frontière marque, d’abord physiquement. »

    –-

    Ajouté à la métaliste sur Briançon :
    https://seenthis.net/messages/733721
    Et plus précisément ici :
    https://seenthis.net/messages/733721#message930101

  • Le refuge , d’#Eloïse_Paul

    "Mon fils Benjamin, pisteur-secouriste à Névache, m’a appelé au téléphone « Ils sont dans ma cabane là, qu’est-ce que je fais ? ». Je lui ai dit « Je vais monter, pour venir les chercher ».
    « Pour moi ça a commencé comme ça l’histoire, et pour toi ? » – « Pour moi, ça a commencé en Italie, prendre le col de l’échelle, en pleine neige... On ne connaissait pas la route. On est arrivé dans un virage, et là on a vu des phares, on ne pouvait plus se cacher... » Au lendemain de cette nuit hors du temps, après le passage de la frontière, les exilés arrivent au Refuge Solidaire à Briançon.
    Comme dans les refuges de montagne, des gardiens solidaires leur offrent un lit, un plat chaud, des soins, et des informations sur leurs droits pour continuer la route. Dans ce moment de répit en huis clos, se révèlent l’énergie et l’intimité des rencontres entre ces grands voyageurs et les bénévoles. Ils tentent de se comprendre, se découvrent, partagent leurs colères et leurs espoirs dans les gestes du quotidien. Un îlot de résistance joyeuse face à la violence des expériences passées, et celle qui les attend : « Nous on sait maintenant que l’Europe ne veut pas de nous… »

    http://www.lussasdoc.org/film-le_refuge-1,54918.html
    #film #film_documentaire
    #Briançon #asile #migrations #réfugiés #frontières #accueil_d'urgence #Refuge_solidaire #refuges_solidaires

    –—

    Témoignage de Jean-Gab (à partir de la minute 31’20) :

    « On vit une putain de belle aventure. Et il ne fallait pas la laisser passer »

    Texte de chanson (minute 53’35) :

    « Ce que je fais ici, moi seul le sait. Vous ne le savez pas. Celui qui veut savoir pourquoi je suis là, il ne le saura pas. »

    (John, « Messieurs les politiciens »)

    • ...encore un documentaire impossible à trouver en VOD ou DVD (sauf pour les professionnels) et qui va donc rester ultra-confidentiel :-(
      (dommage parce que la réalisatrice est une des plus impliquée dans le Refuge Solidaire et que son film est un super témoignage...)

    • Bonjour @cy_altern je pense que c’est aussi dû à cette maudite crise sanitaire... le film aurait dû probablement circuler plus. Moi j’ai eu les accès de manière confidentielle (en lien avec mes recherches), peut-être que si tu demandes à la réalisatrice tu peux aussi les avoir !
      J’espère que le film pourra être vu.

  • Communiqué de presse de l’association #Refuges_Solidaires à #Briançon, 24.10.2021 :
    Refuges Solidaires a décidé d’interrompre totalement l’#accueil aux #Terrasses_Solidaires à partir d’aujourd’hui

    #fermeture #asile #migrations #réfugiés #Hautes-Alpes #Briançonnais

    –-

    ajouté à la métaliste sur le Briançonnais
    https://seenthis.net/messages/733721
    et plus précisément ici :
    https://seenthis.net/messages/733721#message930101

    • Briançon : ils aident les exilés, afin qu’ils poursuivent leur route

      Ce lundi, plusieurs dizaines de bénévoles ont passé la journée à tenter d’aider les personnes migrantes à poursuivre leur chemin vers d’autres villes voire d’autres pays. À la gare, environ 200 étaient dans l’attente d’un billet de train et d’un test covid.

      https://www.ledauphine.com/societe/2021/10/25/hautes-alpes-briancon-ils-aident-les-exiles-afin-qu-ils-poursuivent-leur

    • 25.10.2021 :

      Le dimanche 24 octobre, l’association Refuges Solidaires a décidé de fermer les portes du nouveau refuge en raison de sa surpopulation. Alors que le lieu est initialement prévu pour accueillir 80 personnes, plus de 200 s’y trouvaient hier. Les arrivées sont en augmentation depuis le printemps et la prise en charge est assurée uniquement par les bénévoles. Ce nombre important de personne menace la sécurité et l’accueil digne des personnes exilées.

      C’est la raison pour laquelle le refuge a, hier, le lendemain de son inauguration, décidé d’arrêter momentanément et symboliquement son activité afin d’interpeller les autorités : la Préfecture, la Ville et l’Etat. Nous, citoyens et associations solidaires du briançonnais, exigeons la mise en place de solutions d’hébergements d’urgence complémentaires dans les plus brefs délais afin que le refuge puisse de nouveau accueillir les exilés dans de bonnes conditions.

      Au moment où nous écrivons ce texte, bénévoles et exilés occupent toujours la gare de Briançon. Le Maire de Briançon Arnaud Murgia a condamné notre action. La Préfecture n’a pas formulé d’éléments de réponse et est même allé jusqu’à interdire à la Croix-Rouge d’effectuer des test Covid-19 pendant une bonne partie de la journée pour les personnes exilées, ce qui les empêche de se rendre à Grenoble ou à Paris. Les guichets SNCF sont également restés fermés toute la journée. La situation évolue constamment et nous vous tiendrons informés sur les réseaux sociaux (retrouvez tous les liens juste au dessus de ce paragraphe).

      Ce soir, nous entammons notre deuxième nuit dans la gare.
      Venez nous prêter main forte ce soir et/ou demain
      matin dès 05h00 pour soutenir les exilés et notre message.

      Retrouvez ci-dessous les deux communiqués de presse du 24 et du 25 octobre de l’association Refuges Solidaires, ainsi que quelques photos de cette nuit.

      –-> Reçu via la mailing-list de Tous Migrants, 25.10.2021

    • Les personnes exilées qui dormaient dans la gare de Briançon depuis dimanche soir ont été accueillies dans l’Eglise Sainte Catherine par le prêtre de Briançon et l’évêque de Gap et d’Embrun.

      Nous vous donnons finalement rendez-vous demain
      matin à 08h30 devant l’Eglise Sainte Catherine (rue Alphand)

      Pour rappel, Refuges Solidaires a décidé le 24 octobre, le lendemain de son inauguration, d’arrêter momentanément et symboliquement son activité en raison de sa surpopulation et afin d’interpeller les autorités : la Préfecture, la Ville et l’Etat. Nous, citoyens et associations solidaires du briançonnais, exigeons la mise en place de solutions d’hébergements d’urgence complémentaires dans les plus brefs délais afin que le refuge puisse de nouveau accueillir les exilés dans de bonnes conditions. Depuis plus de 5 ans, l’accueil des exilés est exclusivement effectué par des bénévoles solidaires.

      –-> Reçu via la mailing-list de Tous Migrants, 26.10.2021

      #église

    • Briançon : après la fermeture d’un refuge, des migrants hébergés dans une église

      Depuis la fin du week-end du 23 octobre, la situation est tendue à Briançon, dans les Hautes-Alpes. L’association qui hébergeait environ 200 migrants, afghans pour la plupart, a dû fermer ses portes. Ils ont été hébergés dans une église.

      C’est un hébergement d’urgence à même le sol dans une église de Briançon (Hautes-Alpes). Ils sont 150 à 200 migrants, des familles, des hommes seuls, principalement afghans et iraniens, à qui un prêtre a ouvert les portes de la paroisse Sainte-Catherine, propriété du diocèse. « Je suis heureux que ça contribue à une parole commune, que ça permette à des gens de toucher du doigt cette réalité, par la migration, tant qu’on n’a pas rencontré les personnes, on ne sait pas trop ce qu’on dit », explique le père Jean-Michel Bardet.
      Bras de fer avec la préfecture

      Ces migrants venaient chercher à Briançon un hébergement temporaire. Une association disposait de 80 places, mais a très vite été débordée par le nombre, et a décidé de fermer provisoirement le local. Dimanche soir, 230 personnes ont dû dormir à la gare. « On ne peut pas ouvrir, sinon on va tomber dans les mêmes travers. Accueillir, accueillir, accueillir encore et exploser en vol », prédit Jean Gaboriau, administrateur de l’association Refuges Solidaires. L’organisme demande plus de places à l’État. Hors de question, pour la préfecture.

      https://www.francetvinfo.fr/monde/europe/migrants/briancon-apres-la-fermeture-d-un-refuge-des-migrants-heberges-dans-une-

    • APPEL A SOUTIEN A DIFFUSER DANS VOS RESEAUX SOLIDAIRES !

      Aujourd’hui, le 2 novembre 2021, la situation dans le Brianconnais ne
      cesse de se compléxifier.

      La frontière franco-italienne continue d’être le théâtre d’inégalités
      toujours plus marquées entre les personnes exilées et les Européens.nes.

      Alors que près de 50 personnes passent cette frontière quotidiennement,
      dans l’espoir de pouvoir demander l’asile, parfois dans d’autres pays
      européens, l’Etat Français continue son travail méthodique de
      précarisation et d’enfermement des personnes sans papiers.

      Chaque année, depuis 5 ans, l’arsenal répressif ne cesse d’augmenter,
      rendant les conditions de passage de plus en plus dangereuses.
      Certaines lignes de bus locales sont modifiées, rendant la traversée
      plus complexe. Ailleurs, les services sociaux ou sanitaires sont
      interdits d’exercer leurs fonctions auprès des personnes exilées et les
      soutiens logistiques sont très largement entravés, les rafles se
      multiplient partout en France.

      Cette persécution étatique sur des personnes qui voyagent, pour
      certaines, depuis plusieurs années dans des conditions extrêmement
      difficiles entraîne de nombreuses tensions et difficultés à la fois en
      Italie mais aussi en France, dans un contexte qui n’était déjà pas
      facile à solutionner.
      La Préfecture, en empêchant minutieusement les personnes de se déplacer
      librement, alimente et cristallise des tensions qui ne servent qu’a
      légitimer un discours raciste et xénophobe qui ne manque pourtant pas de
      relais.

      Dans ce contexte extrêmement tendu, le refuge solidaire de Briançon a
      momentanément interrompu l’accueil aux exilés le soir du 24/10/21,
      invoquant un manque de sécurité et de dignité pour les personnes
      accueillies là bàs. Cette tentative de « rapport de force » avec l’état
      Français, dans l’attente de l’ouverture d’un second lieu d’accueil
      d’urgence pris en charge par l’état, s’est traduite par les occupations
      de la gare SNCF de Briançon ainsi qu’une salle communalle vide. Les
      seules réponses des autorités auront été l’évacuation de ces lieux et
      une fois de plus l’arrivée de prés de 200 gendarmes mobiles
      supplémentaires dans le Briançonnais ainsi que 10 agents
      supplémentaires à la police aux frontières de Montgenèvre, faisant
      gonfler les effectifs du corps répressif à près de 400 individus.
      De nombreuses personnes continuent de tenter leur chance sur ces
      chemins. La traque en montagne, encore une fois renforcée par des moyens
      humains et technologiques toujours plus sophistiqués va inévitablement
      contribuer à pousser les exilées à prendre encore plus de risques.

      Nous, des personnes solidaires auto-organisées, les collectifs et
      associations du Briançonnais, lançons un appel d’urgence afin de
      mobiliser des militant.es dans les plus brefs délais pour :

      1- Continuer d’organiser une solidarité d’urgence sur les besoins
      élémentaires des exilé.es qui arrivent à Briançon, informer ces
      personnes, relayer des informations et être présent.es face au non
      respect des droits des personnes exilées par les forces de l’ordre.

      2- Organiser des permanences jours et nuits, en vue d’une prochaine
      réouverture du refuge solidaire (et/ou d’un second lieu d’accueil
      d’urgence) : sécurité des personnes accueillies, logistiques diverses et
      liens avec les maraudes en montagne.

      3- Partout sur le territoire, accueillir, informer et soutenir les
      personnes sans papiers.

      4- Un rassemblement aura lieu à Briançon le 13 novembre 2021, RDV à 14h
      devant la médiathèque !!

      Toutes les compétences et les motivations de votre part sont les
      bienvenues, notre énergie n’est pas infinie.

      CONTRE LES POLITIQUES RACISTES DE L’ÉTAT ET SES FRONTIERES, MOBILISONS
      NOUS !!!!!

      Reçu par email le 3 novembre 2021.

    • « Personne ne doit rester dehors » : les solidaires de Briançon en détresse

      La ville frontalière de Briançon, dans les Hautes-Alpes, est un point de passage important pour les migrant.es arrivant de l’Italie à travers les montagnes. Face à des arrivées de plus en plus importantes, le « Refuge Solidaire » a fermé ses portes dimanche 24 octobre. Depuis, les solidaires mènent un bras de fer avec mairie et préfecture.

      Le Refuge Solidaire de Briançon avait à peine deux mois de vie lorsqu’il a fermé ses portes, le 24 octobre dernier. Le lieu d’accueil pour les migrant.es qui traversent tous les jours la frontière franco-italienne sur le col du Montgenèvre avait ouvert fin août, après presque une année de confrontation avec la mairie de la ville, passée LR en 2020. Dès l’automne 2020, le maire #Arnauld_Murgia avait souhaité fermer le précédent lieu d’accueil, ouvert depuis 2017, mais avait dû faire marche arrière face à la mobilisation de la société civile, et fournir un nouveau lieu d’accueil à l’association TousMigrants et aux autres solidaires de Briançon. Les événements de fin octobre ont précipité la situation et la dégradation des rapports entre mairie, État, et solidaires.

      Le nouveau refuge, les « Terrasses Solidaires », a arrêté ses activités en raison d’une pression prolongée sur le lieu, qui accueillait plus de 250 personnes dans la nuit entre le 23 et le 24 octobre, alors que la jauge maximale était de 80 personnes. Le refuge a donc fermé pour « des raisons de sécurité », peut-on lire dans le communiqué de presse de TousMigrants. Pour Max, membre de l’association, « on ne pouvait simplement pas accueillir 250 personnes dans un lieu qui peut en héberger au maximum 80. Le fameux soir du 23, on marchait littéralement l’un sur l’autre dans le refuge. S’il y a un incendie, on est tous morts. On ne peut pas, c’est tout ».

      Après la fermeture du refuge, le soir du 24, plus de 200 personnes se sont rendues à la gare de Briançon dans le but de quitter la ville, mais la #SNCF a fermé ses guichets. C’est ainsi, selon les comptes-rendus qu’en font les solidaires, qu’a commencé « l’occupation » de la gare, qui n’a duré qu’une nuit. Les bénévoles ont continué à assurer un repas chaud et des couvertures aux personnes sur place. Le lendemain, des bus ont été affrétés par la préfecture, en direction de Marseille et Lyon : « On a eu à chaque fois l’information à la dernière minute de la préfecture, affirme Sam, du collectif informel de solidaires briançonnais qui s’est constitué dans les derniers jours, mais on n’avait pas la garantie que les gens n’auraient pas été arrêtés à leur arrivée, donc on a temporisé et on a alerté nos réseaux entre-temps. Il y a un bus pour Lyon qui a été un peu chaotique parce que la police les attendait à l’arrivée, donc des migrant.es ont eu peur et sont parti.es. Sinon, il y a eu une vingtaine de personnes interpellées par la PAF à Lyon, qui étaient parties avant les bus de la préfecture, mais ils et elles sont sorti.es sans OQTF, sans rien. »

      Un accueil difficile

      Cette confusion reflète l’état chaotique du système d’accueil français, et s’est prolongée dans la suite du voyage des migrant.es. À Paris, ce sont des solidaires, collectifs ou individus, qui ont pris en charge l’accueil des dizaines de personnes arrivant de Briançon. Lucie fait partie d’un collectif occupant un local à #Pantin, dans la banlieue parisienne : « Nous avons su la situation à Briançon à travers des amis, qui nous ont dit que deux familles seraient arrivées le 26 en Gare de Lyon. Alors on a dit OK pour les héberger. Finalement ils étaient 15, avec des bébés. Ils et elles ne sont resté.es que deux nuits, et sont maintenant en Allemagne. Nous nous sommes démerdé.es seul.es, nous n’avons eu aucun contact avec d’autres collectifs ou organisations ».

      Les solutions bricolées pour accueillir au mieux les personnes en détresse sont la spécialité des Briançonnais.es, qui agissent solidairement avec les migrant.es depuis longtemps, mais qui ont décidé d’en arrêter là en l’absence de réponses de la part de l’État : « Ça fait des années qu’on demande à l’État, à la préfecture, d’ouvrir un autre lieu pour accueillir ces gens, on n’a pas de réponse » nous dit Max, de Refuges Solidaires. Dans ce contexte, la fermeture du refuge a engendré un #bras_de_fer avec la préfecture et la mairie autour de l’accueil des migrant.es. Le 30 octobre, solidaires et migrant.es ont occupé une ancienne école, vide après avoir été utilisée comme centre de vaccination contre la Covid-19. L’intervention de la gendarmerie a mis fin à cette occupation dans les 24 heures, et les solidaires restent encore en attente d’une solution durable pour l’accueil des migrant.es.

      Pour le moment, ils et elles sont hébergées dans la #salle_paroissiale #Sainte-Thérèse, mise à disposition par le prêtre de l’église Sainte-Catherine, et dans des tentes montées pour l’occasion, mais la situation météorologique s’empire, les arrivées ne cessent pas et la situation sur le terrain se complique : « Il y a environ 80 personnes maintenant, dont une cinquantaine qui sont arrivé.es cette nuit. En moyenne, les gens restent deux, trois jours, mais ça implique de devoir prendre des billets de train, de faire des #tests_Covid pour pouvoir prendre le train et cetera. Mais ça fait trois jours que la préfecture bloque la Croix-Rouge, donc il n’y a que Médecins du monde qui paie des tests ». Face à cette situation compliquée, même le discours de l’église se durcit, comme en témoignent les mots du curé de Briançon, le père #Jean-Michel_Bardet, à l’encontre des autorités : « Mais gare ! Si la parole n’est pas honorée… c’est alors l’expression de la désespérance, d’une colère qui trouvera souvent son expression dans une violence amère, et des errements accablants ».

      Que fait la #police ?

      La réponse de la préfecture, affidée à un communiqué de presse relayé le 26 octobre, a été le doublement des effectifs de la #gendarmerie_mobile à Briançon, passés de un à deux escadrons, soit 200 effectifs. La #police_aux_frontières a aussi bénéficié d’une augmentation des effectifs de dix unités, qui s’ajoutent aux cinquante fonctionnaires déjà affecté.es, comme annoncé par le directeur central de la #PAF, #Fernand_Gontier, en visite dans la ville le 27 octobre. La préfète des Hautes-Alpes, #Martine_Clavel, n’a engagé aucun dialogue avec les solidaires, qui sont pourtant loin d’être radicalement « anti-flics » et qui, selon Max, communiquaient à la préfecture le nombre exact de personnes présentes au refuge depuis le 24 août, sans avoir de réponses. Au contraire, dans son communiqué de presse, la préfecture estime que la présence même du refuge attire les migrant.es : « La situation actuellement observée à Briançon est liée à un double phénomène : d’une part, au moment où la crise sanitaire est moins aiguë, la reprise des flux migratoires au travers l’Europe par la route des Balkans, avec un niveau se rapprochant de celui de 2019, d’autre part, l’accroissement de l’offre d’hébergement des « Terrasses Solidaires », offre bien identifiée des réseaux de passeurs ».

      C’est la vieille rhétorique des « #pull_factor », les facteurs qui augmenteraient les chances de réussite des voyages migratoires, et donc la quantité de personnes qui les tenteraient. Cette rhétorique est utilisée pour contrer les efforts des ONGs et des collectifs solidaires tout au long des routes migratoires européennes, et elle est infondée. De surcroît, elle cache une logique dangereuse : pour limiter les arrivées de migrant.es il faut que leur parcours soit le plus périlleux possible, ce qui mène beaucoup trop fréquemment à des morts. Dans les Hautes-Alpes, ce sont plus de 1500 personnes qui ont été refoulées sans avoir la possibilité de déposer une demande d’asile en 2020. En même temps, du côté italien de la frontière alpine, trois lieux d’accueil (le refuge « Chez JesOulx », la vieille douane et la « Casa Cantoniera » de Clavière) ont été évacués par la police cette année. Cette « #raison_sécuritaire » est justifiée par une rhétorique qui relève de la « #raison_humanitaire », deux éléments étroitement liés, comme souligné par le chercheur Didier Fassin1.

      Ainsi, le maire de Briançon Arnauld #Murgia n’hésite pas à en appeler à « l’#humanité » : « Ce dossier, qui est extrêmement difficile, doit naturellement être regardé avec humanité ». Avant de soumettre « l’humanité » aux « lois » : « mais ce regard humain ne peut pas nous empêcher de traiter ce dossier dans un cadre qui est celui de la #loi de la République française ». Et de s’attaquer aux bénévoles, qui auraient « pris en otage » la ville de Briançon. Une attitude qui rappelle de près le « délit de solidarité », dans une ville qui a vu se dérouler le procès des « sept » qui auraient favorisé l’immigration clandestine lors d’une manifestation en 2018 (finalement relaxés cette année). La réponse aux demandes des solidaires est donc, tenez-vous bien… le soutien aux forces de police, en particulier aux nouveaux.elles employé.es de la PAF, auxquel.les le maire promet de l’aide dans la recherche de logement et dans l’accès à l’emploi pour leurs conjoint.es. Pour ce qui est d’un lieu d’accueil digne, repassez plus tard, la #responsabilité est à l’État, selon le maire.

      Une tragédie évitable

      La frontière alpine se configure donc comme un champ de bataille où se croisent des enjeux politiques, des ambitions sécuritaires et un nationalisme mal caché. À en faire le prix des centaines des personnes qui, tous les mois, traversent la frontière alpine en dépit du danger de mort. La politique sécuritaire qui semble enivrer toute l’administration, du gouvernement aux préfet.es en passant par les élus locaux, est en effet parfaitement inutile même pour ses buts déclarés : « Ça sert à rien, on a 150 km de frontières avec l’Italie, souligne Max des Refuges Solidaires. Ils sont relativement inefficaces par rapport à leurs directives, la frontière est poreuse et elle le sera toujours. ». En revanche, elle contribue à créer une ambiance politique de peur très profitable pour ces mêmes politicien.nes.

      De l’autre côté de la barricade, ce sont les citoyen.nes, les collectifs et les organisations qui sont laissé.es seul.es à gérer l’arrivée des exilé.es et leur secours, dans des conditions très difficiles. Les voyages à travers la frontière ne sont pas découragés par la police, ni par les intempéries, et les migrant.es se retrouvent à payer, parfois de leur vie, le prix d’un jeu politique dont ils et elles n’ont aucune responsabilité. Épuisé.es et sans ressources, les solidaires ne demandent à l’État que d’investir une fraction de ses ressources pour garantir la survie de ces personnes. On pourrait se demander, après des décennies de politiques migratoires répressives, si ce n’est plutôt le jeu de l’État de laisser ces gens, au mieux arriver en France dans des conditions d’illégalité, prêtes pour un marché du travail précaire, au pire crever.

      1 Dans sa post-faction à l’ouvrage “La raison humanitaire”, titrée “Signes des temps”, publiée en 2018.

      https://www.lamuledupape.com/2021/11/05/personne-ne-doit-rester-dehors-les-solidaires-de-briancon-en-detresse

      Dans le communiqué de presse de la préfecture (je copie-colle ici l’extrait) :

      « l’accroissement de l’offre d’hébergement des ’Terrasses Solidaires’, offre bien identifiée des réseaux de passeurs »

      –->

      "C’est la vieille rhétorique des « #pull_factor », les facteurs qui augmenteraient les chances de réussite des voyages migratoires, et donc la quantité de personnes qui les tenteraient. Cette rhétorique est utilisée pour contrer les efforts des ONGs et des collectifs solidaires tout au long des routes migratoires européennes, et elle est infondée."

      –-> et voilà encore une fois la rhétorique de l’#appel_d'air :-(

      #pull-factors

    • Accueil des migrants : la préfète des Hautes-Alpes rejette les demandes des associations

      La réponse de #Martine_Clavel à Refuges solidaires quant aux conditions de réouverture des Terrasses solidaires est sans appel. Aucun autre #dispositif_d’accueil ne sera ouvert par l’État pour les migrants arrivant à Briançon après avoir franchi la frontière franco-italienne.

      https://www.ledauphine.com/societe/2021/11/08/accueil-des-migrants-la-prefete-des-hautes-alpes-rejette-les-demandes-de

    • Manifestation, 13.11.2021

      –—

      Texte d’accompagnement, reçu via la mailing-list Tous Migrants, 10.11.2021

      La situation actuelle de l’accueil des exilés.

      Pourquoi Refuges Solidaires a suspendu temporairement son activité ?

      Depuis plusieurs mois les exilés sont contraints de rester plus longtemps au refuge en raison des délais des test Covid pour le pass sanitaire et des travaux du train de nuit qui limitent les places disponibles. Le dimanche 24 octobre, l’association Refuges Solidaires a décidé de suspendre momentanément et symboliquement son activité d’accueil en raison du nombre important de personnes (200 pour une jauge initiale de 80) qui menaçait la sécurité et l’accueil digne des personnes exilées.

      Objectif : interpeller la Ville, la Préfecture et l’Etat sur la nécessité de mettre en place des solutions d’hébergements d’urgence complémentaires dans les plus brefs délais afin que le refuge puisse rouvrir dans de bonnes conditions.

      Depuis 2015, l’accueil d’urgence et la mise à l’abri sont assurés uniquement par des associations et des bénévoles. Pourtant, il s’agit d’une obligation de l’État.

      Où les exilés sont-ils mis à l’abri depuis la fermeture ?

      Dans le but de partir dès le lendemain, les exilés se sont rendus à la gare et y ont passé la nuit du dimanche 24 au lundi 25 aux côtés de dizaines de personnes de la société civile. Par peur d’une potentielle intervention des forces de l’ordre qui aurait menacé les exilés et à la demande des associations, le curé de Briançon et Monseigneur Xavier Malle (évêque de Gap et Embrun) ont ouvert les portes de l’église Sainte Catherine. Les exilés ont pu y dormir 5 nuits (de lundi à samedi).

      Nous avons ensuite quitté l’église afin de la laisser disponible pendant les célébrations de la Toussaint. Entre le samedi 30 octobre et le dimanche 7 novembre, les exilés ont été mis à l’abri dans la salle paroissiale Sainte Thérèse (capacité de 25 places) et dans des tentes dans le jardin de Sainte Catherine. Depuis le dimanche 7 octobre, les exilés dorment soient dans des tentes soit chez des hébergeurs solidaires.

      Quelles réactions des autorités ?

      Le lendemain de la suspension des activités du refuge, la Préfecture a interdit à la Croix-Rouge d’effectuer des tests antigéniques, ce qui a empêché les exilés de quitter Briançon. La Mairie de Briançon a demandé des renforts au Ministère de l’Intérieur. Deux escartons de gendarmerie mobile (soit 200 personnes) ont rejoint Briançon.

      Plusieurs bus à destination de Valence et de Lyon ont été affrétés par la Préfecture la première semaine. Elle s’est engagée auprès de l’évêque, des associations et des exilés qu’aucune interpellations n’auraient lieux à leur arrivée.

      Samedi 30 octobre nous avons investi pacifiquement l’ancien centre de vaccination du Prorel qui est vacant et adapté à la mise l’abri des exilés. Nous avons été expulsés par les forces de l’ordre sous ordre de la Mairie et de la Préfecture.

      A ce jour, aucune solution pérenne n’a été proposée par les autorités. Elles condamnent même nos modes d’actions non-violents.

    • A la frontière italienne des Hautes Alpes, une situation humanitaire toujours plus dégradée face à l’inaction de l’Etat

      Depuis deux semaines, devant l’impossibilité d’assurer la sécurité des personnes et un accueil digne, le refuge solidaire à Briançon a pris la difficile décision de fermer temporairement et par ce geste, de tenter de mettre l’Etat devant ses responsabilités. En lieu et place de solutions d’accueil, les autorités poursuivent une logique sécuritaire et répressive qui met en danger la vie des personnes qui tentent de franchir la frontière alpine. Les associations appellent à manifester samedi 13 novembre à 14h au Parc Roseinheim à Briançon !

      Depuis cinq ans, près de 15 000 hommes, femmes et enfants sur les routes de l’exil ont traversé la frontière franco-italienne haute-alpine, souvent dans la nuit, le froid, ou la neige, au milieu de montagnes dont ils méconnaissent les dangers. Après un périple long et souvent très éprouvant, cette ultime étape pour arriver en France ou dans un autre pays européen s’avère extrêmement périlleuse, à fortiori depuis le rétablissement des contrôles aux frontières intérieures en 2015, sans cesse renouvelé depuis, qui a rendu la traversée de cette zone particulièrement dangereuse. C’est dans ce contexte que, depuis l’été 2017, des citoyens solidaires du Briançonnais ont créé le « Refuge solidaire » : un lieu d’accueil d’urgence unique destiné à offrir à un temps de pause et d’écoute indispensable aux personnes qui traversent la frontière. Ce lieu, ainsi que tou.te.s les citoyen.ne.s solidaires qui le font vivre, leur permet de dormir, manger, se laver, d’avoir accès aux soins et d’être informées sur leurs droits. Quelques jours de répit précieux pour se poser et se reposer, avant de reprendre leur route.

      Depuis plus d’un an, alors que la population accueillie est plus nombreuse et plus vulnérable (familles avec nourrissons, personnes âgées ou handicapées), les appels et cris d’alerte répétés de la société civile, se sont heurtés au silence et à l’inaction de l’Etat. A nouveau, les acteurs solidaires du Briançonnais ont dû se mobiliser pour acquérir un nouveau lieu, plus grand et plus adapté, avec des fonds privés uniquement : Les « Terrasses solidaires » ont ouvert leurs portes le 25 août 2021. Mais la situation humanitaire a continué de se dégrader. Selon les estimations des associations, près de 300 personnes, en majorité de nationalité afghane et iranienne, avec de nombreux enfants en bas âge, traversent actuellement chaque semaine à pied la frontière franco-italienne au niveau du col de Montgenèvre dans des conditions climatiques de plus en plus risquées avec l’arrivée de l’hiver et des températures négatives.

      Le 24 octobre 2021, devant l’impossibilité d’assurer la sécurité des personnes et un accueil digne (200 personnes pour une capacité d’accueil maximum autorisé de 81), le nouveau refuge solidaire a pris la difficile décision de fermer temporairement et par ce geste, de tenter de mettre l’Etat devant ses responsabilités. En lieu et place de solutions d’accueil, l’État a dépêché 200 gendarmes mobiles supplémentaires pour tenter renforcer les contrôles à cette frontière afin d’empêcher les nouvelles arrivées. Dans un courrier au Refuge Solidaire la préfète affirme que « ces moyens supplémentaires ont été concentrés à la frontière afin d’entraver les passages illégaux » et qu’ « aucun dispositif d’accueil ne sera initié » par les services de l’Etat. Une décision qui ne fait que perpétuer un cycle infernal de violences et de déni des droits. Depuis plus de cinq ans, La Cimade et ses partenaires constatent que le renforcement des dispositifs de contrôle et de surveillance entraîne de graves violations des droits : contrôles au faciès ; détention arbitraire ; refoulements expéditifs ; non protection des mineur.e.s non accompagné.e.s ; obstacles majeurs rendant impossible l’accès à la demande l’asile. Le durcissement de la règlementation (restriction des conditions de d’octroi des visas, difficultés d’accès et de mise en œuvre de la réunification familiale, etc.) conjuguée à la militarisation des frontières, en rendant leur franchissement toujours plus difficile, accroissent les risques et aggravent encore davantage la précarité et la vulnérabilité des personnes en exil. A la frontière franco-italienne, près de 30 cas de personnes décédées ont été recensés depuis 2015.

      Il n’est pas acceptable que l’Etat poursuive une logique sécuritaire et répressive qui met en danger la vie des personnes qui tentent de franchir la frontière alpine et continue de se reposer sur les associations et la population briançonnaise pour assurer la mise en sécurité, l’accueil, l’hébergement, l’accompagnement en santé et l’information aux droits des hommes, des femmes et des enfants qui y sont parvenues. Il est urgent de faire cesser les pratiques illégales et de proposer un accueil digne aux personnes qui traverse la frontière des Hautes-Alpes, en concertation avec les acteurs locaux et nationaux compétents (personnes concernées, citoyens solidaires, associations, pouvoirs publics, élus), y compris du côté italien.

      *

      Retrouvez ci-dessous le témoignage de Benjamin et Pauline, militant.e.s de La Cimade de la Drôme mobilisé.e.s en solidarité avec les acteurs locaux du Briançonnais et les personnes exilées bloquées à cette frontière, sur l’évolution de la situation sur place depuis la fermeture du Refuge.

      « Ce dimanche 24 octobre, nous prenons la route pour Briançon, dans le but de venir aider les bénévoles et salariés du Refuge Solidaire et de Tous Migrants, deux associations qui viennent en aide aux dizaines de personnes exilées qui traversent chaque jour la frontière à pieds depuis l’Italie.

      Briançon, Montgenèvre, les Alberts… une ville et ses alentours qui attirent des milliers de touristes, de vacanciers hiver comme été pour profiter des loisirs de montagne. Cette ville, nous qui venons régulièrement aider les solidaires depuis un an, nous la connaissons principalement pour sa proximité avec la frontière italienne, et la capacité des associations à accueillir depuis presque 5 ans les personnes exilées de passage, non seulement sans aucune aide publique, mais en luttant également contre des politiques publiques toujours plus maltraitantes et irrespectueuses des droits. Chaque fois que nous nous y rendons, nous rencontrons des salarié.e.s et bénévoles qui s’investissent sans relâche, malgré les burn out fréquents, et l’absence de considération, voire le mépris et le harcèlement de la part des pouvoirs publics.

      Depuis plusieurs mois, la situation est devenue intenable au Refuge : le lieu, calibré pour 80 personnes, en héberge et nourri souvent jusqu’à 200 par nuit. Un accueil digne de ce nom devient impossible, chaque cm2 de couloir est occupé par des personnes et des familles qui dorment à même le sol.

      Nous savons que plusieurs fois, les associations sur place ont évoqué la possibilité d’occuper l’espace public avec les personnes exilées pour dénoncer les conditions d’accueil et le manque de place d’hébergement d’urgence à Briançon afin que l’Etat prenne ses responsabilités.

      Or c’est ce dimanche 24 en arrivant vers 17h, que nous apprenons que Les Terrasses Solidaires, le nouveau local d’accueil du Refuge Solidaire, est en train de fermer. Les 200 personnes qui occupent le lieu, ainsi que des dizaines de bénévoles se dirigent à pied vers la gare de Briançon pour y passer la nuit. Des bénévoles resteront toute la nuit pour réorienter les personnes qui viennent d’arriver vers la gare, d’autres assureront les navettes pour les y transporter. Ce soir-là, des habitants de Briançon sont appelés en renfort et viennent également nous rejoindre à la gare. 250 à 300 repas sont servis, préparés par des bénévoles qui trouvent en urgence assiettes, couverts, bouteilles d’eau, etc. Ce sont aussi des échanges entre bénévoles, personnes exilées et personnel de gare sur l’incertitude du lendemain… Tout le monde espère par cette action faire réagir la préfecture, la mairie, quelqu’un là-haut…la demande essentielle est que l’Etat propose un hébergement d’urgence dès que la capacité d’accueil du refuge est atteinte.

      Malheureusement dès le lendemain lundi 25 octobre, les seules réactions politiques sont une condamnation du maire et l’interdiction donnée à la Croix-Rouge via la préfecture de réaliser des tests covid gratuits. Sans tests, nous sommes comme dans une souricière. Toute la journée, on tente de s’organiser pour continuer un accueil partiel et une aide au départ via des bus sans pass sanitaire. L’inquiétude monte chez les militant.e.s et les personnes exilées à mesure que l’on observe le dispositif policier qui se met en place. D’après les observations et les informations des associations, une expulsion de la gare dans la nuit ou au petit matin se prépare. On craint le pire (placement en CRA, risque d’expulsion, etc.). Dans la journée, quelques solidaires demandent au prêtre de la paroisse de l’église sainte Catherine à Briançon, s’il peut ouvrir l’église pour y mettre à l’abri les personnes.

      Mardi 26, c’est une nouvelle occupation de l’espace qui commence, entre l’église où dorment une partie des exilés et la salle paroissiale où continuent d’être hébergées les familles. Face à la pression médiatique préparée en amont par des solidaires, le rapport de force s’inverse. L’occupation de l’église fait venir de nombreux médias…. Les négociations avec la préfecture, commencent à porter quelques fruits : des bus « gratuits » et sans pass pour Lyon sont affrétés, avec la garantie qu’il n’y aura pas de contrôles à l’arrivée. Une cinquantaine de personnes partent pour Lyon, mais la plupart sont interpellées à leur arrivées et placées en garde à vue… finalement il semblerait que toutes aient pu être libérées. En lieu et place de solutions d’hébergement d’urgence, l’Etat envoie deux escadrons supplémentaires de gendarmes mobiles à la frontière.

      Le mercredi 27, contrairement à ce qui avait été annoncé la veille, nous apprenons au petit matin que les tests Covid réalisés gratuitement par la Croix Rouge ne seront à nouveau plus autorisés, les bénévoles se remettent donc à chercher des rendez-vous en laboratoire et en pharmacie…Des dons de dernière minute levés dans les réseaux militants la veille permettent de les financer. La préfecture affrète 3 bus pour Lyon, Marseille et Villeurbanne, avec promesse de tests gratuits à l’arrivée et possibilité de demander l’asile pour celles et ceux qui le souhaitent.

      Jeudi 28, les personnes arrivées à Lyon la veille qui ont été hébergées par Adoma, sont mises dehors à 10h, familles et bébés compris, et sans les tests covid promis.

      A ce jour, les arrivées ont repris malgré le renforcement des contrôles à la frontière, jusqu’à 40 par nuit sont comptées. On imagine sans peine les risques énormes que prennent ces personnes et familles dans la neige et en montagne pour éviter les contrôles. La nuit du 7 au 8 novembre par exemple, une dizaine de bassines d’eau ont été nécessaires à l’arrivée pour dégeler les pieds des personnes qui venaient de franchir la frontière alpine. Certaines seront conduites à l’hôpital.

      Face à l’absence de prise en charge par la préfecture, le Refuge ne rouvre toujours pas. Les solidaires recherchent des grands barnums, chauffages soufflants, groupes électrogènes pour continuer à abriter, chauffer, préparer à manger aux personnes, coûte que coûte, dans le jardin de la cure.

      Des solidaires diois à Briançon

      Pauline et Benjamin

      https://www.lacimade.org/a-la-frontiere-italienne-des-hautes-alpes-une-situation-humanitaire-toujou

    • Briançon : pour les migrants, dernière nuit dans les #barnums de Sainte-Thérèse

      Médecins sans frontières a installé, ce samedi 13 novembre, une immense tente sur la pelouse de la paroisse briançonnaise afin d’héberger temporairement des exilés. Une solution moins précaire que les barnums disposés depuis la fin du mois d’octobre. Et un message fort, en plein cœur de la ville.

      https://www.ledauphine.com/societe/2021/11/13/briancon-pour-les-migrants-derniere-nuit-dans-les-barnums-de-sainte-ther

    • 01.12.2021

      1-Le refuge solidaire rouvre ses portes aujourd’hui avec le renfort de la tente @MSF_france pour pallier à l’absence de prise en charge par l’état des exilés alors que l’hiver est là
      2-jusqu’à quand l’état va t’il se défausse de ses obligations de mise à l’abri sur des associations et la solidarité des citoyens ?
      3-notre appel à l’aide n’a pas été entendu mais nous ne résignons pas à laisser dormir dehors par-10 des personnes qui présentent de plus des vulnérabilités liées à la traversée des montagnes ds des conditions hivernales
      4-nous savons que la situation va perdurer, que l’épuisement des bénévoles est patent et que ce mépris affiché par @Prefet05 à notre appel à l’aide fait écho à qu’il se passe à Calais, à Paris et ailleurs
      5-maltraitance d’état, déni de droit constant, militarisation et traitement inhumain des exilés et la mort au bout de la route qui guette les chercheurs de refuge
      6-une dépense pharaonique pour quels résultats ? La mise au ban des valeurs qui devraient animer tte démocratie digne de ce nom :respect de la personne humaine, des lois et des textes internationaux protection des plus faibles
      7-oui nous allons continuer à accueillir, à soigner avec @MdM_France, à accompagner celleux qui ont besoin mais nous allons aussi continuer avec une gde détermination à combattre ces politiques migratoires mortifères

      https://twitter.com/nos_pas/status/1465937218426572801

    • Briançon : un amer retour en arrière pour les Terrasses solidaires

      Le tiers lieu de la route de Grenoble à Briançon héberge de nouveaux des migrants depuis ce mercredi 1er décembre. Un mois après sa fermeture, les associations se sont résolues à abandonner, en partie, le bras de fer engagé avec l’État. La tente de Médecins sans frontières, à la salle paroissiale, va servir de lieu d’hébergement secondaire.

      https://www.ledauphine.com/societe/2021/12/01/terrasses-solidaires-a-briancon-un-amer-retour-en-arriere

    • Briançon : la #justice rejette la requête d’une association sur l’ouverture d’un centre d’accueil pour migrants

      Le #juge_des_référés du #tribunal_administratif de Marseille a rejeté, mardi, la requête du collectif d’associations Tous migrants qui avait sollicité la justice pour contraindre l’État à héberger les migrants, à Briançon. De nombreuses personnes sont sans abri dans cette ville des Hautes-Alpes malgré les températures hivernales.

      Malgré les températures glaciales, l’État ne sera pas contraint d’héberger les migrants à Briançon (Hautes-Alpes). C’est la décision qu’a rendu, mardi 30 novembre, le juge des référés du tribunal administratif de Marseille, rejetant la requête de Tous migrants.

      Le collectif d’associations qui vient en aide, à Briançon, aux exilés arrivant en France depuis l’Italie, avait attaqué l’État en justice en déposant le 16 novembre un #référé-liberté au tribunal administratif de Marseille. L’organisation souhaitait « contraindre la préfète des Hautes-Alpes #Martine_Clavel à ‘la mise en place d’un dispositif d’accueil’ pour les migrants arrivant à Briançon, ainsi que l’autorisation pour la Croix-Rouge d’effectuer des tests Covid afin que les exilés puissent prendre les transports en commun et quitter Briançon, et l’organisation des transports publics permettant aux exilés de quitter le Briançonnais ’ », rapporte Le Dauphiné libéré.

      Le tribunal administratif de Marseille a rejeté la requête de Tous migrants au motif que les Terrasses solidaires, lieu d’hébergement géré par l’association Refuges solidaires, « a une capacité d’accueil supérieure au nombre de personnes actuellement présentes sous la tente installée par Médecins du monde [la tente a, en réalité, été installée par Médecins sans frontières NDLR], alors aucun motif, ni matériel ni juridique, ne fait obstacle à sa réouverture immédiatement ».

      Refuges solidaires avait décidé de fermer ce lieu d’hébergement fin octobre après avoir été débordé par le nombre de personnes qui s’y présentaient. Plus de 200 personnes avaient besoin d’un hébergement alors que les Terrasses solidaires ne disposent que de 80 places. L’association et des dizaines d’exilés avaient alors occupé la gare de Briançon pour appeler l’État à ouvrir un lieu de mise à l’abri. « Cela fait longtemps qu’on alerte les pouvoirs publics sur impossibilité de gérer [la mise à l’abri des personnes] seuls. On demande d’urgence l’aide de l’État », avait expliqué Jean Gaboriau, administrateur bénévole de l’association, à InfoMigrants.

      Pas de dispositif d’accueil

      Depuis le début du bras de fer qui l’oppose aux associations de Briançon, la préfète des Hautes-Alpes Martine Clavel refuse l’ouverture d’une telle structure, malgré la dégradation de la situation pour les migrants et la baisse des températures dans la région. Dans un communiqué adressé à Tous Migrants mi-novembre, elle avait indiqué « qu’aucun dispositif d’accueil ne sera[it] initié » par ses services.

      En revanche, des « moyens supplémentaires » ont depuis été déployés à la frontière « afin d’entraver les passages illégaux ».

      Depuis la fermeture des Terrasses Solidaires, 200 gendarmes mobiles patrouillent dans la zone. « Les forces de l’ordre sont omniprésentes : sur les routes, à la frontière, dans les montagnes, dans les gares », a déploré Tous Migrants sur Twitter, dénonçant « une véritable chasse à l’homme des personnes en exil », « mise en place par l’État ».

      Pour parer au manque d’hébergements, Médecins sans frontières (MSF) a ouvert, le 13 novembre, à Briançon une tente d’une superficie de 100 m2, pouvant accueillir au chaud une cinquantaine de personnes. Bien que dépourvue de sanitaires, de toilettes et de douches, la structure « est très utile parce qu’elle permet aux exilés de ne pas mourir de froid », avait indiqué Alfred Spira, médecin et membre des Refuges solidaires à InfoMigrants.

      https://www.infomigrants.net/fr/post/36909/briancon--la-justice-rejette-la-requete-dune-association-sur-louvertur

  • Mise à jour mardi 26 (reçu via la newsletter de Tous Migrants, 0h50) :

    Les personnes exilées qui dormaient dans la gare de Briançon depuis dimanche soir ont été accueillies dans l’Eglise Sainte Catherine par le prêtre de Briançon et l’évêque de Gap et d’Embrun.

    Voir aussi : https://seenthis.net/messages/934336
    –---
    Dimanche 24/10, reçu via la mailing-liste informelle des « 101 fourmis solidaires » de Briançon

    Ce dimanche l’arrivée massive de Migrants la nuit dernière et dans la journée , le peu de départ par manque de transport, l’impossibilité d’avoir un pass sanitaire (la Croix Rouge venant le lundi et jeudi) ont obligé à fermer l’accueil de Migrants aux Terrasses pour des raisons de sécurité. Hier soir les Migrants étaient dans la gare de Briançon seul lieu ouvert pour 200 Migrants.

    Le communiqué de presse envoyé par Refuges Solidaires :

    L’association Refuges Solidaires engagée dans l’accueil d’urgence depersonnes en parcours d’exil à la frontière franco-italienne à Briançon (Hautes-Alpes) est confrontée à des arrivées plus importantes dépassant largement ses capacités d’accueil. Plus de 200 personnes présentes aujourd’hui, pour une capacité de maximum 80 personnes, obligent l’association à prendre ses responsabilités.
    Pour des raisons principalement de sécurité Refuges Solidaires a donc décidé d’interrompre totalement l’accueil aux Terrasses Solidaires à partir d’aujourd’hui.
    Les citoyens Briançonnais, depuis 2015, se mobilisent pour éviter des drames inhérents à la traversée périlleuse de la montagne. Particulièrement en période hivernale, l’association s’inquiète car de plus en plus de familles (afghanes, iraniennes…) avec de tout jeunes enfants traversent les Alpes.
    Depuis sa création, en 2017, Refuges Solidaires interpelle l’Etat sur ses responsabilités d’assurer la mise à l’abri des personnes. La mission que l’association s’est donnée depuis cinq ans ne reprendra que lorsque les conditions de sécurité pourront être respectées aux Terrasses. Cela implique que d’autres opérateurs prennent en charge l’accueil d’urgence en complément de l’action qu’elle mène depuis lors seule.
    L’association Refuges Solidaire souhaite vivement que des actions soient mises en place dans les plus brefs délais.
    Refuges Solidaires continue à affirmer que lorsque l’on se donne des moyens d’accueil digne tout se passe au mieux.

    L’article de la presse locale :

    Les commentaires des politiques locaux (Maire de Briançon + président de la région PACA) : https://alpesdusud.alpes1.com/news/hautes-alpes/92003/hautes-alpes-la-gare-de-briancon-occupee-par-les-migrants-des-ter
    ...où comment condamner les associations qui gèrent leur carences illégales et tentent de leur faire assumer leurs responsabilités...

    Aux « Terrasses » la situation est urgentissime : si vous avez 3 sous à donner, c’est le moment ! https://www.helloasso.com/associations/les%20terrasses%20solidaires/collectes/ouverture-un-tiers-lieu-d-accueil-et-solidarite-a-briancon

    #Briançon #Refuges_Solidaires #Terrasses_Solidaires #Tous_migrants

  • Le #bus ne s’arrête plus à #Clavière...

    Depuis le 1er octobre 2021, le bus qui relie Oulx à Briançon ne fait plus d’arrêt à Clavière, où les exilés avaient pourtant l’habitude de descendre. Une mesure indigne qui vise à épuiser et décourager les exilés qui devront désormais marcher 16 kilomètres de plus et gravir l’intégralité du col du #Montgenèvre.

    Info reçue via la mailing-list Tous Migrants, 19.10.2021

    #frontières #migrations #réfugiés #Hautes-Alpes #Alpes #Briançon #Briançonnais #France #Italie

    –-

    ajouté à la métaliste sur le Briançonnais
    https://seenthis.net/messages/733721
    et plus précisément ici :
    https://seenthis.net/messages/733721#message930101