• #Frontex sbarca a #Messina e #Reggio_Calabria per schedare i migranti

    Frontex, la famigerata agenzia europea schierata nella guerra contro le migrazioni e i migranti, invierà in Italia team mobili con circa 30 “esperti” per contribuire a un “supporto aggiuntivo” alle operazioni di registrazione e identificazione dei migranti nei “porti di arrivo” di Messina e Reggio Calabria.

    L’arrivo nello Stretto degli “agenti” per le schedature Frontex fa parte del nuovo pacchetto di “aiuti” Frontex al governo italiano nella guerra alle migrazioni nel Mediterraneo centrale.

    Previsti il raddoppio delle ore di volo dei pattugliatori e dei droni di sorveglianza in mare e “l’offerta” di immagini satellitari “aggiuntive” sulle principali aree di partenza delle imbarcazioni dei migranti in Tunisia.

    Frontex schiera attualmente una quarantina di agenti e ufficiali a Lampedusa “per aiutare le autorità italiane all’identificazione e registrazione delle persone che arrivano nell’isola”; inoltre ha schierato un pattugliatore marittimo in porto, “In aggiunta, un drone a Malta sta assistendo nella attività di sorveglianza aerea e pronto allarme”, aggiunge l’agenzia Ue. “Si sta valutando anche di inviare ulteriori ufficiali a Lampedusa e di accrescere il numero di ore di pattugliamento dell’imbarcazione navale dislocata nell’area e di supportare gli sforzi per combattere i gruppi criminali coinvolti nel traffico di essere umani“.

    https://www.osservatoriorepressione.info/frontex-sbarca-messina-reggio-calabria-schedare-migranti
    #Italie #Sicile #Calabre #Messine #migrations #asile #réfugiés #identification #enregistrement #ports

  • Traversées de la #Manche : la #surveillance du littoral nord de la France va être renforcée par des #drones

    Un arrêté des préfectures du Nord, du Pas-de-Calais et de la Somme autorise pour une durée de trois mois l’usage simultané de 76 #caméras embarquées sur des drones, des hélicoptères et un avion.

    Jusqu’à 76 caméras vont surveiller le #littoral du nord de la France par les airs, notamment via des drones, dans le cadre d’un renforcement de la lutte contre le trafic migratoire vers le Royaume-Uni, a annoncé la préfecture samedi 9 septembre, confirmant une information de La Voix du Nord. Un arrêté des préfectures du Nord, du Pas-de-Calais et de la Somme, publié jeudi, autorise pour une durée de trois mois l’usage simultané de 76 caméras embarquées sur des drones, des hélicoptères et un avion dans ces trois départements.

    Ces caméras, transportées entre autres par des drones de la police aux frontières, des directions départementales de la sécurité publique et de la gendarmerie, pourront surveiller une bande côtière allant jusqu’à cinq kilomètres à l’intérieur des terres, hors agglomération. L’objectif est de lutter contre le trafic d’êtres humains et contre le franchissement irrégulier des frontières, ainsi que de permettre le « secours aux personnes ». « Il n’existe pas de dispositif moins intrusif permettant de parvenir aux mêmes fins » de surveillance des vastes zones de regroupement ou de mise à l’eau des embarcations des migrants près des plages, argue l’arrêté. Quelque 80 000 migrants ont tenté de rejoindre le Royaume-Uni en traversant la Manche en 2022, selon le texte.

    En France, l’utilisation de drones par les forces de l’ordre est encadrée par un décret publié en avril. D’après les termes de ce décret, plusieurs raisons peuvent être invoquées pour filmer avec des drones, parmi lesquelles « la prévention des atteintes à la sécurité des personnes et des biens dans des lieux particulièrement exposés ». La durée d’utilisation d’un drone par les forces de l’ordre sur un périmètre donné est de trois mois maximum, renouvelable sous conditions.

    https://www.francetvinfo.fr/monde/europe/migrants/traversees-de-la-manche-la-surveillance-du-littoral-nord-de-la-france-v
    #militarisation_des_frontières #frontières #asile #migrations #réfugiés #Calais #France

  • Il sistema delle “coop pigliatutto”

    Per anni hanno dominato il settore dell’accoglienza in Veneto prima di sbarcare nella detenzione amministrativa. Oggi gestiscono due Cpr, tra cui quello di Gradisca d’Isonzo, dove dalla sua riapertura sono morte quattro persone

    Il 16 dicembre del 2019 il Centro di permanenza per il rimpatrio (Cpr) di Gradisca d’Isonzo, in provincia di Gorizia, riapre, a sei anni dalle proteste che hanno portato alla sua chiusura. Tra i primi trattenuti del nuovo corso, c’è un gruppo di circa settanta persone provenienti dal centro di Bari, dove sono stati bruciati tre degli ultimi quattro moduli rimasti dopo le proteste dei mesi precedenti. Bibudi Anthony Nzuzi è tra coloro che sono stati trasferiti «di punto in bianco», dice, in Friuli. L’accoglienza non è stata delle migliori: «Pioveva, faceva freddo, ci siamo ritrovati i poliziotti in tenuta antisommossa. Non avevamo materassi, non c’erano coperte, non avevamo niente per poterci vestire. Ci siamo ritrovati a dormire al freddo perché non c’era il riscaldamento», racconta.

    Nzuzi è nel Cpr friulano anche tra il 17 e il 18 gennaio 2020, quando muore un trattenuto georgiano di 37 anni, Vakhtang Enukidze. I poliziotti di cui parla Nzuzi stanno sedando una protesta. «Hanno inizialmente pestato tutti, solo che lui [Vakhtang Enukidze] era caduto – racconta – ma continuavano a pestarlo e gli altri ragazzi si sono buttati addosso ai poliziotti e l’hanno tirato via».

    Nzuzi si trova nello stesso reparto di Enukidze ma in un’altra cella. «La sera lui [Vakhtang Enukidze] lamentava dolori, non si sentiva bene – ricorda, ripensando ai momenti dopo che la polizia ha lasciato il Cpr -. È andato a dormire e non si è più risvegliato». Questa versione è stata confermata da alcune testimonianze raccolte dal deputato Riccardo Magi durante due visite ispettive subito dopo il decesso. Non dagli investigatori, però.

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    L’inchiesta in breve

    - Ekene nasce nel 2017 come diretta emanazione di Ecofficina ed Edeco, enti che hanno dominato il mercato dell’accoglienza in Veneto guadagnandosi l’appellativo di “coop pigliatutto”
    - A gestirla è Simone Borile, imprenditore padovano che proviene dal business dei rifiuti. Sebbene non compaia mai nella visura camerale, viene considerato dagli inquirenti di Venezia “amministratore di fatto” delle cooperative
    - Nel 2016, Ecofficina-Edeco si aggiudica due centri di accoglienza, a Cona e Bagnoli. Per la gestione dei due hub, sono nati due processi paralleli a Padova e Venezia, dove sono indagati alcuni funzionari delle due prefetture e i vertici della cooperativa, tra cui Simone Borile. Le accuse, a vario titolo, sono di frode nell’esecuzione del contratto, inadempimento e frode degli obblighi contrattuali, rivelazioni di segreto d’ufficio
    - Con la liquidazione di Edeco nasce Ekene, che segna l’ingresso nel mondo della detenzione amministrativa con l’aggiudicazione dei Cpr di Gradisca d’Isonzo, in Friuli-Venezia Giulia, e Macomer, in Sardegna
    – Dalla sua riapertura nel gennaio 2019, nel Cpr friulano sono morte quattro persone. Borile è indagato per omidicio colposo per il decesso di Vakhtang Enukidze, lasciato secondo l’accusa per nove ore senza soccorsi
    – Nell’ottobre 2022, la cooperativa veneta ha vinto la gara per la gestione del Cpr di Caltanissetta. Dopo sette mesi la Prefettura ha annullato l’aggiudicazione per i procedimenti a carico dei vertici

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    A seguito della morte di Enukidze, la procura di Gorizia ha cominciato a indagare. L’autopsia sul deceduto ha stabilito come causa della morte un edema polmonare e cerebrale dovuto non a un pestaggio, ma a un cocktail di farmaci e stupefacenti. Così a essere riviati a giudizio con l’accusa di omicidio colposo sono stati il direttore del centro, Simone Borile, e il centralinista che era di turno quel giorno. La cooperativa che ha in gestione il Cpr si chiama Ekene. È nata dalle ceneri di Ecofficina ed Edeco, conosciute in Veneto come “coop pigliatutto”, per aver dominato per anni la gestione dell’accoglienza in tutta la regione.

    Secondo la ricostruzione degli inquirenti, Enukidze è stato lasciato senza soccorso per diverse ore, nonostante le richieste di aiuto degli altri trattenuti, prima di essere trasferito in ospedale, dove è morto alle 15:37. La sorella, Asmat, ricorda l’ultima telefonata in cui percepiva una voce diversa: «Sembrava che avesse bevuto. Aveva dei dolori e gli avevano dato qualcosa per calmarlo, un antidolorifico. Stava talmente male che non riusciva nemmeno ad andare all’udienza. Mi diceva di contattare l’ambasciata georgiana, per farlo uscire dal Cpr», racconta. Simone Borile, raggiunto al telefono da IrpiMedia, ha una versione diversa dei fatti: «È stato soccorso immediatamente, appena c’è stata la chiamata», il problema «riguarda il mancato funzionamento del sistema di chiamata. Niente a che vedere con il mancato soccorso».
    L’ascesa di Ecofficina tra le coop dell’accoglienza

    Borile ha cominciato a lavorare con i migranti dai tempi di Ecofficina Educational, cooperativa con sede a Battaglia Terme, in provincia di Padova, fondata il 2 agosto 2011. Il direttore del Cpr di Gradisca non appare nella visura camerale in quanto sarebbe stato un semplice consulente esterno. Gli inquirenti di Venezia e Padova che indagheranno sulla società, sosterranno tuttavia che sia lo stesso Borile l’amministratore di fatto delle “coop pigliatutto”.

    I legami tra Borile e i vertici di Ecofficina sono però evidenti: vicepresidente della cooperativa è la moglie Sara Felpati mentre il presidente del consiglio di amministrazione è Gaetano Battocchio, coinvolto con lui nel processo per bancarotta della società di gestione dei rifiuti della Bassa Padovana, Padova Tre srl, ma poi assolto, al contrario di Borile che a marzo 2023 è stato uno dei due condannati in primo grado a quattro anni e otto mesi per peculato perché avrebbe trattenuto illegalmente un importo di oltre tre milioni di euro.

    È nel dicembre 2014 che per la prima volta il nome di Ecofficina viene accostato a un caso di frode nelle pubbliche forniture e maltrattamenti sugli ospiti. Il processo che ne è scaturito si chiuderà otto anni e mezzo dopo, il 12 luglio 2023, con l’assoluzione dei vertici della cooperativa perché il fatto non sussiste.

    Durante gli anni passati a processo, Ecofficina Educational – che nel 2015 ha ceduto parte dell’azienda a un’altra cooperativa, Ecofficina Servizi – si aggiudica diversi appalti per l’accoglienza migranti in particolare nella provincia di Padova, con un monopolio che comprende l’ex Caserma Prandina di Padova, l’Hotel Maxim’s a Montagnana, lo Sprar del comune di Due Carrare e l’accoglienza di più di 700 migranti nelle province di Venezia, Vicenza e Rovigo.

    Nel caso dello Sprar di Due Carrare, uno dei requisiti fondamentali per partecipare era aver svolto in modo continuativo, e per almeno due anni, l’attività di accoglienza. A gennaio 2016, la cooperativa ha depositato una dichiarazione attestante una convenzione con la Prefettura di Padova che provava l’inizio dell’attività il 6 gennaio 2014, nonostante Ecofficina fosse entrata nel settore solo nel maggio dello stesso anno. Grazie alla documentazione falsa, secondo l’ipotesi degli inquirenti di Padova, Ecofficina avrebbe ottenuto l’aggiudicazione provvisoria delle gare per la gestione di centri di accoglienza. Il processo che è scaturito dall’indagine è ancora in corso, riporta il Mattino di Padova. IrpiMedia non ha ricevuto alcuna risposta a domande di chiarimento rivolte via email alla cooperativa su questo e su altri temi.

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    Cpa, Cas, Sai: le sigle dell’accoglienza

    In Italia il sistema di accoglienza dovrebbe svilupparsi su due binari: a un primo livello ci sono i Centri di prima accoglienza (Cpa) e gli hotspot, e a un secondo il Sistema di accoglienza e integrazione (Sai), strutture gestite dagli enti locali su base volontaria, che dovrebbero rappresentare il sistema ordinario. I Centri di accoglienza straordinaria (Cas), invece, dovrebbero essere individuati e istituiti dalle prefetture nel caso in cui i posti negli altri centri fossero esauriti. La maggior parte delle persone che arrivano sul territorio però sono accolte nei Cas, sintomo di una gestione perennemente emergenziale del fenomeno. In base ai dati del rapporto di Actionaid Centri d’Italia del 2022, i posti nei Cas, dove è ospitato oltre il 65% delle persone, e nei Cpa sono infatti quasi 63 mila, a fronte dei 34 mila posti del Sai.

    I centri di prima accoglienza e gli hotspot sono invece strutture nate per identificare, fotosegnalare e assistere dal punto di vista sanitario le persone appena arrivate in Italia. Dovrebbero fornire anche le prime informazioni legali per la richiesta di protezione internazionale.

    Nel Sai – prima conosciuto come Siproimi (Sistema di protezione per titolari di protezione internazionale e per minori stranieri non accompagnati) e prima ancora come Sprar (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati) – i servizi assicurati sono solitamente superiori rispetto agli altri centri e mirano ad accompagnare le persone accolte nei loro percorsi di vita e di autonomia: oltre al vitto e all’alloggio, sono infatti assicurate assistenza legale, mediazione linguistica, orientamento lavorativo, insegnamento della lingua italiana, assistenza psicosociale.

    A parte alcune categorie di soggetti, come i minori stranieri non accompagnati, il decreto firmato il 10 marzo 2023 dal ministro dell’Interno Matteo Piantedosi ha escluso i richiedenti asilo dalla possibilità di essere accolti nel sistema ordinario, riservando loro i pochi servizi di base garantiti dal Cas, ulteriormente ridotti: l’assistenza materiale, sanitaria e linguistica, vitto e alloggio, eliminando i servizi di assistenza psicologica, i corsi di italiano e l’orientamento legale.

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    Gli anni di Edeco

    Dopo le vicende di Ecofficina, la cooperativa cambia nome. Spunta dunque un nuovo attore nel mercato dell’accoglienza in Veneto: Edeco. I vertici però rimangono invariati. La cooperativa inizia a partecipare ai bandi per la gestione dell’accoglienza a partire dal 2016, quando il suo organigramma si arricchisce di nuove figure. Tra queste, Annalisa Carraro, che con Battocchio, Felpati e Borile sarà imputata nel processo di Venezia. Quell’anno in Italia il numero dei Centri di accoglienza straordinaria (Cas) cresce di quasi il doppio rispetto all’anno precedente, con 137 mila strutture dove si concentra il 78% dei richiedenti asilo. In particolare, in Veneto questa tendenza si affianca alla resistenza degli amministratori locali verso il sistema di accoglienza diffusa rappresentato dagli Sprar (oggi Sai).

    È in questo contesto che nascono centri come la tendopoli nell’ex base militare di Cona, in provincia di Venezia, gestita provvisoriamente da Ecofficina fino al luglio del 2016. Quel mese sarà proprio Edeco, in un raggruppamento temporaneo d’imprese con Ecos e Food Service, ad aggiudicarsi il nuovo appalto.

    Le denunce sulle condizioni interne emergono già dal giugno dello stesso anno, quando alcune associazioni effettuano una visita al centro evidenziando il sovraffollamento e la carenza dei servizi essenziali. Le proteste successive dei richiedenti asilo spingono il presidente della Confcooperative del Veneto, Ugo Campagnaro, a prendere la decisione di sospendere Ecofficina-Edeco con queste motivazioni: «Non esiste una legge che impedisca di ospitare e gestire centinaia di profughi in un’unica struttura. Questo però è un sistema che non risponde alle logiche della buona accoglienza […]. Si tratta invece di un modello che guarda soprattutto al business».

    I problemi diventano evidenti quando a gennaio 2017 Sandrine Bakayoko, 25enne ivoriana ospite del centro di Cona, muore per trombosi polmonare. Questo episodio porterà ad alcuni lavori di ristrutturazione e alla riduzione degli ospiti da 1.600 a 1.000, misure comunque non sufficienti a evitare la protesta dei richiedenti asilo, che a novembre si mettono in marcia verso Venezia per ottenere un incontro con il prefetto di Venezia, che alla fine deciderà di spostarli in altre strutture, scrive Internazionale.

    Due anni più tardi la Procura di Venezia chiede il rinvio a giudizio per i vertici di Ecofficina-Edeco. Borile, sempre “amministratore di fatto” a quanto afferma l’accusa, e i suoi colleghi avrebbero impiegato un numero di operatori inferiore agli obblighi contrattuali, un’inadempienza che sarebbe stata coperta dai trasferimenti di personale dall’altro grande centro gestito dalla cooperativa, quello di Bagnoli, in provincia di Padova, e dalla falsificazione dei documenti, che avrebbero fatto apparire un numero di operatori superiore. Inoltre, l’impiego di medici e infermieri con turni e orari inferiori rispetto a quanto previsto dal capitolato d’appalto avrebbe procurato un ingiusto profitto di oltre 200 mila euro. Tutto questo sarebbe stato possibile anche grazie alle informazioni fornite dalla Prefettura. Secondo quanto emerge da alcune intercettazioni contenute nelle carte processuali, ex prefetti e funzionari avrebbero preannunciato e in alcuni casi concordato con i responsabili della cooperativa l’orario e la data delle visite ispettive. Una prassi che avrebbe permesso a Ecofficina-Edeco di organizzarsi in anticipo per coprire eventuali falle.

    Per questo motivo, la giudice per le indagini preliminari ha accolto le richieste di rinvio a giudizio, tra gli altri, anche nei confronti dell’ex prefetto pro tempore di Venezia Domenico Cuttaia e dell’allora vice prefetto vicario Vito Cusumano per rivelazione di segreto d’ufficio.

    Raggiunto al telefono, Simone Borile ha commentato in questo modo: «Non si trattava di ispezioni, ma esclusivamente di una visita di cortesia». Il processo è ancora in primo grado, in fase dibattimentale: nell’ultima udienza, un’ex operatrice ha raccontato che era il personale a firmare il foglio presenze per conto dei richiedenti asilo, in modo da poter ricevere dalla Prefettura la quota diaria per ogni persona accolta, riporta Il Gazzettino.

    Un processo molto simile si sta svolgendo a Padova sulla gestione del Cas di Bagnoli. Tra gli imputati ci sono ancora una volta Sara Felpati, Simone Borile, Gaetano Battocchio, oltre all’ex viceprefetto Pasquale Aversa, il vicario Alessandro Sallusto e una funzionaria della Prefettura. Le accuse a vario titolo sono di turbativa d’asta, frode nelle forniture pubbliche, truffa, concussione per induzione, rivelazione di segreti d’ufficio e falso ideologico. Secondo l’accusa, grazie ai contatti con la Prefettura, Borile, Battocchio e Felpati avrebbero ottenuto informazioni sui concorrenti, partecipando a un bando su misura per Edeco. Anche in questo caso viene contestata la presenza di personale in numero inferiore rispetto al capitolato d’appalto e le chiamate di preavviso della Prefettura prima di alcune ispezioni per permettere alla cooperativa di farsi trovare in regola.
    I danni delle indagini

    Le indagini finiscono per danneggiare la “coop pigliatutto” che alla fine del 2018, anno di chiusura delle strutture di Cona e Bagnoli, avvia una procedura di licenziamento collettivo per 57 lavoratori, a cui se ne aggiungono 71 in scadenza di contratto. Si tratta di addetti alle pulizie e custodia, operai, insegnanti, tecnici, psicologi, educatori che riducono sensibilmente la rosa di Edeco, composta fino ad allora da 228 dipendenti. Nel 2020, Edeco inizia il processo di liquidazione, ma comincia a prendere nuova forma, sempre con lo stesso sistema: la creazione di nuove cooperative.

    Questa volta sono due le cooperative che prendono il testimone di Edeco, segnando l’ingresso nel mondo del trattenimento dei cittadini stranieri: Ekene e Tuendelee. La prima è dedicata quasi esclusivamente alla gestione dei Cpr, la seconda all’attività principale di «pulizia generale (non specializzata) di edifici», oltre a servizi educativi e socio-sanitari come le «attività di prima accoglienza per cittadini stranieri».

    Simone Borile, che di nuovo non compare nelle visure camerali, ha giustificato così a La Nuova Venezia la necessità di creare nuovi soggetti: «Era impossibile continuare a lavorare a causa del danno reputazionale che abbiamo subito». Le stesse persone coinvolte nei processi di Padova e Venezia sono presenti anche nei nuovi organigrammi, come Sara Felpati, prima presidente del Cda di Ekene, ruolo passato poi alla sorella Chiara, e Annalisa Carraro, ex consigliera di Edeco, che oggi ricopre il ruolo di vicepresidente di Ekene e di consigliera in Tuendelee.

    Le controversie del passato non hanno quindi impedito l’aggiudicazione di nuove strutture: nell’agosto del 2019 Edeco ottiene in gestione il Cpr di Gradisca d’Isonzo, poi ceduto due anni dopo a Ekene, e nel dicembre 2021 quello di Macomer. In Friuli, la cooperativa si aggiudica una gara da quasi cinque milioni di euro, grazie al ribasso dell’11,9% rispetto alla base d’asta, dopo l’esclusione delle prime quattro società in graduatoria. Ekene a marzo 2023 vince anche un ricorso al Tar per ottenere la gestione di un centro di accoglienza a Oderzo, nel trevigiano, nell’ex caserma Zanusso.

    Ekene ha poi preso in gestione il Cpr di Macomer dopo l’aggiudicazione della gara del 2021. In una visita, l’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione (Asgi) ha riportato criticità simili a quelle emerse nella struttura friulana, come la violazione del diritto alla salute, all’informazione normativa e alla corrispondenza, poiché «neanche i difensori possono contattare i loro assistiti in caso di comunicazioni urgenti se non attraverso il filtro del gestore», si legge nel rapporto. Inoltre, secondo Asgi la visita medica è spesso assente o viene fatta in modo superficiale.

    La cooperativa veneta ha poi vinto, nell’ottobre 2022, la gara per la gestione del Cpr di Caltanissetta. Ma dopo sette mesi, a maggio 2023, la Prefettura ha annullato l’aggiudicazione per i procedimenti a carico dei vertici: nel decreto di esclusione si riconosce esplicitamente Ekene come diretta emanazione di Edeco. Ricordando i gravi reati contestati nei procedimenti penali in corso, la Prefettura afferma di non poter «valutare favorevolmente l’integrità e l’affidabilità dell’operatore economico». Considerazioni diverse rispetto a quelle della Prefettura di Gorizia, che ha permesso a Simone Borile di mantenere il ruolo di direttore del centro di Gradisca d’Isonzo.

    L’imputazione di Borile per omicidio colposo, secondo i verbali della nuova gara indetta dalla Prefettura di Gorizia per la gestione del Cpr, «può avere rilievo solo al fine di considerare l’affidabilità dell’operatore economico sotto la cui gestione è occorso l’evento morte», dato che Borile non ricopre alcun incarico formale in Ekene. Nella stessa gara, la cooperativa Badia Grande è stata esclusa per il rinvio a giudizio del rappresentante legale per diversi reati, tra cui frode nelle pubbliche forniture per la gestione dei Cpr di Trapani e Bari. Dai verbali della prefettura disponibili in rete risulta che la posizione della cooperativa veneta sia ancora in fase di valutazione.
    Morire di Cpr a Gradisca d’Isonzo

    Dalla riapertura del 2019 ad oggi sono morti quattro trattenuti al Cpr di Gradisca d’Isonzo. Dopo Vakhtang Enukidze, Orgest Turia, cittadino albanese di 28 anni, è morto per overdose da metadone quattro giorni dopo essere entrato nel centro, il 10 luglio 2020, in una cella di isolamento, dove si trovava con altre cinque persone per il periodo di quarantena. Andrea Guadagnini, avvocato di Turia, ha scoperto della sua morte proprio in sede di convalida del trattenimento ed esprime perplessità sulla provenienza di quella sostanza. Altre due persone si sono poi tolte la vita nella struttura: Anani Ezzedine era un cittadino tunisino di 44 anni. Anche lui in isolamento per il periodo di quarantena, si è suicidato nella sua cella nella notte tra il 5 e il 6 dicembre 2021. Arshad Jahangir, un ragazzo 28enne di origine pakistana, si è suicidato il 31 agosto 2022 in camera un’ora dopo essere entrato nel Cpr.

    «È chiaro che per noi i Cpr debbano essere chiusi, ma nel frattempo volevamo instaurare delle prassi virtuose per agevolare la tutela dei diritti dei detenuti», afferma Eva Vigato, che insieme ad altre due colleghe, tra dicembre 2019 e novembre 2020 ha svolto il servizio di assistenza legale per l’ente gestore. Sostiene che anche per lei fosse molto difficile intervenire: i diritti dei trattenuti nei Cpr non sono delineati da una legge, ma da un semplice regolamento ministeriale, di cui non possono essere contestate le violazioni.

    https://www.youtube.com/watch?v=xq-OrG9-V7c&embeds_referring_euri=https%3A%2F%2Firpimedia.irpi.eu%2

    «Sono successe delle cose che ci hanno sconvolto», ricorda l’avvocata Vigato. Dopo la morte di Vakhtang Enukidze, Vigato e le sue colleghe hanno assistito a un’altra serie di irregolarità: «Abbiamo deciso di tener duro e ci siamo date come limite la Convenzione di Ginevra – spiega -. Di fronte a una violazione del trattato internazionale avremmo sporto denuncia».

    L’occasione si è presentata a novembre 2020: le legali si sono rese conto che dal Cpr transitavano cittadini tunisini senza che venisse registrato il loro ingresso nel sistema e senza che riuscissero a incontrarli e a informarli dei loro diritti, tra cui la richiesta di asilo, tutelata proprio dalla Convenzione di Ginevra. Le avvocate avevano dunque incaricato formalmente i mediatori di informare i trattenuti della possibilità di chiedere protezione internazionale e di metterlo per iscritto. In risposta, l’ente gestore ha deciso di diminuire le ore di ufficio legale, portando l’avvocata a inviare una segnalazione per denunciare la violazione della Convenzione di Ginevra alla Prefettura e al Garante nazionale. Ha risposto «il prefetto in persona – racconta Vigato – dicendo che non c’era nulla di irregolare ravvisabile nell’operato. Mi domando come abbia fatto, in così pochi giorni e senza un serio controllo, ad affermare una cosa del genere». La sera stessa Edeco ha rimosso Vigato e le sue colleghe dall’incarico.

    Nella segnalazione inviata alle autorità, Vigato ha evidenziato la violazione di molteplici diritti, tra cui quello alla salute e all’assistenza legale. Sostiene ci fosse un abuso di medicine nella struttura: «A un certo punto ci siamo rese conto che non c’era un controllo reale sui farmaci e potevano essere utilizzati anche in modo improprio dai detenuti». Le legali spesso non riuscivano ad accedere alle informazioni sanitarie e, in alcuni casi, non veniva caricato il resoconto delle visite, soprattutto quelle psicologiche. «L’impressione che è uscita sia dal processo Edeco sia dalla mia esperienza nel Cpr – conclude Vigato – è che ci sia una sorta di soluzione di comodo tra l’ente gestore e l’istituzione, per cui va bene così».

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    La storia di Anthony

    Bibudi Anthony Nzuzi è nato in Libano, da genitori congolesi, nel 1983, in piena guerra civile. «Era la fase del bombardamento massiccio», racconta, ma dopo cinque anni «la situazione era diventata veramente insostenibile». Per questa ragione, sua madre ha deciso di mandare i figli fuori dal Paese: due dei tre fratelli più grandi sono emigrati in Congo Brazzaville, ma lui, il più piccolo, è rimasto con lei. Poi sono fuggiti insieme in Siria e, visto che il conflitto si stava avvicinando, in Turchia, ad Ankara e a Istanbul.

    Infine, hanno deciso di venire in Italia per ricongiungersi con il fratello maggiore, che si trovava nel Paese da diversi anni. «Nel 1998 mia madre, dopo anni di duro lavoro, è riuscita a riunire tutta la famiglia qui a Jesi, nelle Marche», dice Anthony, che ha poi studiato come perito elettrotecnico, mentre uno dei fratelli ha partecipato alle Olimpiadi di Pechino del 2008 con l’Italia nella disciplina delle arti marziali.

    Anthony vive quindi in Italia da quasi trent’anni e ha conosciuto il mondo dei Cpr «per un errore», racconta: «Vivevo a Modena e mi sono fidato di una persona, sbagliando. Mi sono trovato a dover scontare una pena di 11 mesi e 29 giorni in carcere». Mentre era recluso gli è scaduto il permesso di soggiorno senza, sostiene, che gli fosse data la possibilità di rinnovarlo. «A luglio mi è arrivato il foglio di via e il 10 ottobre a mezzanotte sono venuti a prendermi in cella, mi hanno fatto preparare tutte le mie cose perché dovevano espatriarmi in Congo». Ma dopo essere stato trasferito a Fiumicino alle quattro di mattina e alcune ore di attesa, il volo non è partito ed è stato riportato in cella.

    Uscito dal carcere, dopo uno sconto di pena per buona condotta, ha potuto passare un giorno con la famiglia per poi essere recluso in un Cpr. «Era l’unico modo per me per rimanere in Italia – racconta con commozione – non è facile, ma sono riuscito ad andare avanti». È stato portato al Cpr di Bari, ma per la sua avvocata, che esercita nelle Marche, era diventato difficile seguirlo.

    Dopo pochi giorni le condizioni nel centro pugliese erano già critiche: cibo ammuffito, carenze igieniche e, secondo Anthony, negli altri moduli la situazione era anche peggiore. Per questo sono iniziate rivolte interne che hanno reso inagibile la struttura, andata a fuoco. «La mattina dell’incendio ci siamo ritrovati caricati su dei pullman e portati a Gorizia – dice – di punto in bianco».

    Anthony considera il carcere molto meglio del Cpr: «Hai una vita dignitosa, per quanto è possibile. Sei detenuto, ma comunque hai la tua dignità. Nel Cpr ti tolgono tutto, o almeno ci provano». E aggiunge: «Se arrivo a dire una cosa del genere significa che stavo meglio in carcere per davvero. I primi giorni a Gradisca abbiamo patito il freddo, il cibo arrivava gelato e crudo. Non è stato per niente facile».

    Grazie all’assistenza legale della sua avvocata è riuscito a uscire, ma se fosse stato rimpatriato nel Paese di origine dei suoi genitori, dove lui non è mai stato, avrebbe dovuto arrangiarsi senza soldi: «Non mi hanno dato un euro quando sono arrivato in aeroporto», spiega. Anthony rischiava di essere rimpatriato in Congo, dove ha alcuni parenti, «ma non so neanche dove siano, come si chiamino o come contattarli». E, oltre ad avere sempre avuto i documenti in regola, già prima di entrare nel Cpr, aveva un figlio di nazionalità italiana.

    «Metà delle persone che trovi nel Cpr – conclude Anthony – hanno semplicemente voglia di trovare un futuro. Magari c’è chi vorrebbe veramente lavorare, ma non ha possibilità perché lo trattano come un cane. Dagli la possibilità di dimostrarti che può rimanere nel tuo Paese. Non ne vuole tante, gliene basta una».

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    https://irpimedia.irpi.eu/cprspa-coop-ekene-gradisca-isonzo-macomer

    ici aussi : https://seenthis.net/messages/1016060

    #accueil #rétention #détention_administrative #asile #migrations #réfugiés #sans-papiers #business #Gradisca_d'Isonzo #Italie #CPR #Vakhtang_Enukidze #Enukidze #Simone_Borile #Ecofficina-Edeco #Ecofficina #Edeco #Cona #Bagnoli #Ekene #Macomer #coopérative #Ecofficina_Educational #Sara_Felpati #Gaetano_Battocchio #Ecofficina_Servizi #Due_Carrare #CPA #CAS #SAI #centri_di_prima_accoglienza #Sistema_di_accoglienza_e_integrazione #Centri_di_accoglienza_straordinaria #Edeco #Annalisa_Carraro #Ecos #Food_Service #Sandrine_Bakayoko #Tuendelee #Oderzo #caserma_Zanusso #Caltanissetta #Badia_Grande

  • Une critique très intéressante du livre Terre et Liberté d’Aurélien Berlan est parue l’année dernière dans la revue L’inventaire. Cette critique se situe dans la même perspective que celle de Berlan, qui a ses limites, qui à mon avis apparaissent mieux avec cette critique de Nicolas Gey. A lire absolument !

    Nicolas Gey, « Subsister », L’Inventaire , automne 2022

    https://lesamisdebartleby.wordpress.com/2023/05/24/nicolas-gey-subsister

    #agriculture #subsistance

    • Bah c’était déprimant @deun 😭

      s’il est légitime de décrier le calcul des aides que la politique agricole commune indexe à la surface de production, il faut s’exprimer (ce qu’on fait moins) sur la dimension énergétique de ces aides, dont le calcul dépend aussi de la valeur calorique des aliments produits. De sorte que le maraîchage et l’arboriculture sont nettement moins subventionnés que la production d’oléo-protéagineux (comme les appellent les agronomes). Un kilo de tomate, du fait de la main-d’œuvre nécessaire pour sa culture et sa récolte, dépasse souvent le prix de 1 kg de blé, mais sa valeur politique est à peu près nulle : on n’a jamais fait de révolution pour cause de pénurie de tomates.

      […]

      Jusqu’à preuve du contraire, et dans les conditions qui sont les nôtres (et qui n’ont guère de raison de devenir plus favorables), on peut donc affirmer qu’il n’existe, en Occident, aucun modèle agricole économiquement viable susceptible de récolter davantage d’énergie qu’il n’en consomme pour la produire

      […]

      Pour nous subsistantialistes, il ne suffit pas de suggérer qu’on pourrait toujours, le moment venu, se déplacer et labourer avec un animal de trait (21), battre les céréales au fléau, trier le grain avec un tarare, remettre en service des moulins à vent ou à eau, entretenir nous-mêmes les sentiers, les conduites d’eau, les routes pavées et les entrepôts, que sais-je ? N’oublions pas de poser ces questions, en apparence naïves : Qui fait quoi, et surtout quand ? En d’autres termes, qui s’y lance maintenant, avant les autres, au risque de l’épuisement moral et physique ? Qui accepte de commercer avec l’ensemble d’une population directement et indirectement mécanisée et subventionnée ? Qui accepte, en somme, de troquer l’or contre la pacotille ?

      […]

      Jusqu’à preuve du contraire, toutes les expérimentations «  permacoles  » (27) et «  agroécologiques  » non mécanisées des régions tempérées ont échoué à produire non seulement des légumes sur des terres généreusement amendées et paillées (souvent avec fumier et paille du commerce), mais suffisamment de calories pour nourrir, au minimum, les agriculteurs eux-mêmes.

      Dans certains cas, comme au mas de Beaulieu de feu Pierre Rabhi, l’expérimentation, sur un hectare, est loin d’égaler la modeste production maraîchère d’un jardin ouvrier (28). Ailleurs, à la Ferme du Bec-Hellouin (29), Perrine et Charles Hervé-Gruyer renouvellent quant à eux les trouvailles de Bouvard et Pécuchet (30) en terre normande. Là-bas, les cultures nourricières cèdent systématiquement le pas aux productions à forte valeur ajoutée, jusqu’à délaisser la pomme de terre ! Les amendements proviennent de haras voisins ; les résultats publiés sont avant tout financiers, proviennent pour bonne part de formations, et lorsque les volumes de production de certains fruits ou légumes sont annoncés, il n’est jamais question de calories. Or la Ferme Potemkine du Bec-Hellouin est censée apporter sa contribution (sinon la solution) au problème de l’autonomie alimentaire (individuelle, communale, régionale, nationale, etc.). En dépit de l’évidence, une succession de rapports de l’Inra-AgroParisTech conclut toutefois au succès de l’entreprise agroécologique (31).

      […]

      Ce que nombre de «  permaculteurs  » (plus ou moins survivalistes) et «  d’agroécologistes  » ne perçoivent pas lorsqu’ils tentent l’expérience de «  l’autonomie  » (mais ils finissent invariablement par délaisser l’agriculture au profit d’activités plus lucratives, comme la formation, l’accueil de touristes, les «  soins alternatifs  », etc.), c’est le caractère systémique d’une organisation paysanne. Les dimensions d’héritage culturel, de normes, de devoirs, d’effort et de temps sont généralement refoulées ou fantasmées plutôt qu’appréhendées dans leur complexité et leurs limites. S’il est évidemment impossible de répondre à tous ses besoins (de la mine à la forge, de la carrière au four à chaux, des champs de lin aux métiers à tisser, etc.), il l’est presque autant, sous nos latitudes surpeuplées (37), de répondre à ses besoins les plus vitaux, sans se soumettre aux lois de la physique bien sûr, mais aussi à l’autorité d’un groupe, sinon à l’un.e de ses représentant.e.s.

      #déprime #céréales ! #calories #alimentation #nutrition #mode_de_vie #paysannerie etc etc

    • Bah c’était déprimant @deun 😭

      Ah ça ! J’ai lu l’article il y une quinzaine de jours et j’avoue que ça m’a bien sonné ...

      Pourtant, il y a des positions chez Nicolas Gey qui me paraissent assez biaisées, genre :

      Si la dénonciation des effets dévastateurs de la mécanisation, de l’aliénation des agriculteurs, de l’irrigation par pompage, des engrais de synthèse et des pesticides est parfaitement légitime, il est en revanche assez malhonnête d’en déduire que cette agriculture industrielle n’aurait obtenu que des «  résultats minimes  ». Entre la fin de la Seconde Guerre mondiale et les années 1990, les rendements céréaliers moyens ont bel et bien été multipliés par 4 en France et par 3 en moyenne dans le monde. Puisque la surface cultivée totale est restée à peu près constante (la surface de champs urbanisés étant pour l’instant «  compensée  » par la conversion des pâturages et le défrichement accéléré des ultimes forêts primaires), la production a donc été multipliée par trois et la population mondiale, dont la frange la plus riche s’est mise à consommer de plus en plus de viande (9), par 2,5 (passant de 2,4 à 6 milliards d’individus).

      La question (subsidiaire) aurait pu être : mais pour combien de temps ?

      Et d’ailleurs arrive cette forme d’aveu concernant les limites de cette croissance productive :

      Depuis les années 1990, effectivement, les rendements du blé plafonnent et paraissent même, depuis 2016, amorcer leur déclin.

      Avec, en filigrane, ce sentiment qui est mien, à savoir que le dérèglement climatique et son cortège de nuisances pourrait bien y être pour quelques chose.

      Après, il y aurait un fastidieux travail de vérification des données techniques (entre autre le raisonnement qui s’appuie sur un bilan calories entre le travail à fournir et récolte obtenue) et économique (valeur de la chose produite rapportée à la quantité de travail nécessaire pour la produire)

      Or ce sont précisément les productions agricoles les plus riches en calories et en travail, fût-il mécanique, que les expériences subsistantialistes tendent à ajourner (14). Et pour cause : acheter des céréales, des légumineuses, des sucres, des huiles issues de la production mécanisée et subventionnée revient à acheter chaque jour, pour moins de 2 euros le kilo, une quantité de travail que nous refuserions de fournir à ce prix. Pour fixer les idées : l’équivalent d’une journée de travail de cinq à sept heures (15). Payé au smic de 2021, le coût du travail nécessaire pour produire 1 kg de blé sans tracteur, moissonneuse-batteuse ni subvention serait donc compris entre 50 et 70 euros. Dans ces conditions, qui d’entre nous, s’il ne possédait une rente d’au moins 1500 euros par mois (ce qui le rangerait indiscutablement du côté des puissants), pourrait encore acheter quotidiennement son kilo de farine équitablement subsistantialiste (ou son équivalent énergétique d’environ 2 500 kcal) ?

      Et l’auteur lui-même nous invite à remettre cette évaluation sur le métier dans la note 15 :

      Cette estimation m’est propre, et mérite sans doute discussion. Je suis parti du principe qu’il fallait en moyenne 5 à 10 m2 de terre pour fournir 1 kg de blé tendre dans des conditions «  subsistantialistes  », sans tracteur ni engrais de synthèse. Le calcul consiste simplement à additionner le temps passé à labourer (ou bêcher) cette surface de terre, avant de la semer et d’enterrer le semis (afin qu’il ne soit pas détruit par des étourneaux, des corneilles ou des pies), puis de la désherber (des gaillet, vulpin, folle avoine, rumex, chénopode, renouée, amarante et chardon, entre autres) et de l’amender, avant de la moissonner, d’en transporter les gerbes jusqu’à l’aire de battage, de battre les gerbes, d’en vanner le grain, de le moudre puis de bluter la mouture. Sans compter le travail de cuisine et de boulangerie, ni le temps passé à récolter du bois pour la cuisson.

      La modélisation des rendements énergétiques lié aux activités agricoles, ça a déjà dû être fait. Après, vérifier si tous les paramètres ont été inclus, c’est plus compliqué. En outre, l’anticipation des circonstances (dérèglements climatiques, bouleversements socio- et géopolitiques) qui pourraient influer sur la validité de ces paramètres voire en introduire de nouveaux, ça rajoute du « niveau ». Pas d’autre choix pour l’instant que de confier toutes ces tâches d’expertises à un groupe d’étude comme celui qui travaille sur l’évolution du climat.

    • Est-ce qu’il faut nécessairement envisager les choses comme le fait Nicolas Gey (et Aurélien Berlan peut-être je ne sais pas bien) ? C’est-à-dire penser que la seule alternative à la société industrielle ce sont des sociétés paysannes où tout est fait localement, donc forcément à la main puisque qu’il n’y a pas d’autres types d’énergie disponible sur place ?

      Le texte a tout de même le mérite de pointer le prisme habituel autour du maraîchage et des légumes, en laissant de côté ce que l’on appelle les « grandes cultures », c’est-à-dire comme il l’indique les aliments qui nourrissent vraiment d’un point de vue calorique.
      Encore que, à mon sens, les légumes sont indispensables pour la santé, non pas à cause de leur contenu calorique, mais en terme de vitamines par exemple.

      Plutôt que produire à la main du blé dans une contrée où c’est fait avec d’énormes machines énergivores, on peut aussi s’intéresser aux régions où l’agriculture est déjà sans machines, mais où de petites machines sont introduites à l’intérieur d’une organisation où le travail manuel est la norme.

      Par exemple pour en Afrique, des batteuses sont utilisées pour décortiquer les haricots. Elles peuvent être apportées dans les ferme derrière une moto (par exemple le modèle Imara tech Multi-crop). Ca coûte 700$.

      Actuellement, les femmes et les jeunes supportent la majeure partie de la charge du battage, et l’utilisation du battage mécanisé libère leur temps pour d’autres tâches plus gratifiantes. Un exemple de cela est fourni par l’utilisation de la batteuse multicultures Imara tech, qui prétend traiter les haricots 75 fois plus rapidement qu’à la main.

      https://taat-africa.org/wp-content/uploads/2022/02/Catalogue_Haricot_commun_FR.pdf

      En France toujours pour des haricots on parlera plutôt pour battre les haricots d’une machine à 130000€

      https://www.youtube.com/watch?v=UBc-2m2t5zw

      La deuxième chose c’est de considérer le problème de la mécanisation dans sa dynamique et dans son contexte marchand.
      C’est ce qui manque à la perspective de Bey - à la critique anti-industrielle en général ? Elle finit par rejoindre la perspective survivaliste, comme Bey le reconnaît :

      Autrement dit, qui peut prétendre subvenir à ses besoins, vivre substantiellement de sa production ? S’il existe quelques personnes ou communautés d’Europe de l’Ouest qui y parviennent, je serais ravi, sinon de les rencontrer, du moins d’entendre de quelle manière elles s’y prennent. De ce point de vue, il n’est pas nécessaire de partager les orientations politiques du courant survivaliste pour souscrire au tragique de ses analyses.

      ... comme si le but c’était de vivre de sa propre production. Bien-sûr ce but est évident pour le survivaliste puisqu’il se prépare à une rupture d’approvisionnement généralisé. Mais pour les révolutionnaires ?

    • ... Il y a quand même des erreurs dans le texte de Nicolas Gey. Il parle de la nécessité de produire annuellement 10 tonnes de céréales et 1 tonne d’oléagineux s’il ont est 10... il a confondu tonne et quintal.
      C’est donc, pour 10 personnes, 10 quintaux de céréales, soit 1 tonne, et 1 quintal d’oléagineux, soit 100 kg.

  • Nord de la France : le barrage flottant, nouveau dispositif pour freiner les traversées de la Manche

    Pour faire face au phénomène des "taxi-boats" de migrants, les autorités du #Pas-de-Calais ont décidé d’installer un barrage flottant en travers de la #Canche, un #fleuve qui se jette dans la Manche tout près du #Touquet et d’où les exilés prennent souvent la mer.

    Quelques kilomètres avant de se jeter dans la Manche, le fleuve la Canche est maintenant coupé en deux par un barrage de bouées flottantes jaunes. À quelques mètres du pont rose de la ville d’Étaples, à une soixantaine de kilomètres au sud de Calais, la navigation est désormais interdite. Ce nouveau #dispositif, mis en place par la préfecture du département, vient s’ajouter à celui déjà existant pour lutter contre l’immigration illégale et les traversées de la Manche.

    Avec cette ligne de bouées qui traversent le fleuve de part en part, fixées à deux piliers en béton, c’est plus particulièrement aux "taxi-boats" que les autorités veulent s’attaquer. Un phénomène de plus en plus utilisé par les passeurs du littoral français pour rejoindre le Royaume-Uni. Comment cela fonctionne ? "Le bateau est gonflé et mis à l’eau sur des cours d’eau qui rejoignent la mer. Les passeurs remontent ensuite la côte et chargent les passagers à un endroit bien précis, ce qui permet d’éviter l’interception sur la plage", expliquait à Infomigrants Xavier Delrieu, chef de l’Office de lutte contre le trafic illicite de migrants (OLTIM), qui traque les filières d’immigration clandestine dans toute la France.

    Une technique qui peut mettre en difficulté les autorités françaises car "à partir du moment où les migrants sont dans l’eau, ce n’est plus une opération de police mais de sauvetage en mer", ajoute-t-il. Et qui peut mettre en danger les exilés, qui attendent les embarcations dans l’eau, parfois jusqu’au torse, et risquent ainsi "la noyade, l’hypothermie ou l’enlisement dans les vasières", selon la préfecture.

    Et pour justifier ce nouveau dispositif, la préfecture explique que le phénomène des "taxi-boats", "est monté en puissance depuis quelques mois". "Depuis le début de l’année 2023, 22 évènements ont été recensés sur le fleuve de la Canche, avec une moyenne de 46 migrants sur chaque embarcation". Ainsi, avec ce barrage flottant, la préfecture espère "empêcher les ’taxi-boats’ d’atteindre le rivage et interpeller les passeurs".

    "Doubler le temps de traversée et les risques qui vont avec"

    Pour les associations sur place, le discours est le même qu’à chaque annonce d’un nouveau dispositif sécuritaire dans la région : "Cela ne résoudra rien", glissent-elles à Infomigrants.

    "Là, déjà, les gens partent de la Canche pour fuir le dispositif en place sur les côtes. Tous ces nouveaux dispositifs, ça les pousse uniquement à aller encore plus loin. Ça ne fait que doubler le temps de traversée et les risques qui vont avec", tance Pierre Roques, délégué général de l’Auberge des migrants. Et d’ajouter : "Les réseaux de passeurs vont juste se réadapter et vont devenir encore plus indispensables".

    Et les chiffres montrent que malgré l’augmentation des effectifs et des moyens de surveillance de la frontière, les traversées augmentent. “Il y a toujours autant de personnes qui passent quelles que soient les dispositions”, résume Pierre Roques qui réitère la demande tenue par les associations depuis des mois : “Un accueil digne et une voie sûre entre les deux pays”.

    Contactée par Infomigrants, une source policière confiait même récemment que "plus il y a d’effectifs, plus ça part". "Ce n’est pas parce que nous sommes là qu’ils arrêtent de partir", témoignait cette même source, partageant aussi le changement de stratégie des passeurs. Selon un rapport publié par l’association Utopia 56 le mois dernier, les tentatives de traversées dans la Manche ont augmenté de 22 % en juin malgré le renforcement des effectifs de police et grâce à une météo clémente.
    "Il y a clairement une hausse des arrivées"

    Et ces derniers mois, les traversées de la Manche se sont multipliées. Près de 8 150 migrants répartis dans 180 embarcations ont tenté de traverser le détroit entre début juin et fin juillet, contre environ 7 700 sur la même période en 2022, selon les chiffres de la préfecture. En 2022, année record, 45 000 personnes ont réussi la traversée et, depuis 2018, ce sont plus de 100 000 migrants qui sont arrivés au Royaume-Uni après avoir traversé la Manche.

    Rien que pour la journée du samedi 12 août , 509 personnes ont réussi à atteindre les côtes anglaises à bord de 10 embarcations, selon le ministère de l’Intérieur britannique. Le lendemain, 759 exilés ont traversé la Manche, un record journalier depuis le début de l’année.

    "En ce moment, la situation est très tendue dans la région", confie Francesca Morassut, coordinatrice d’Utopia 56 à Calais. "Ces derniers mois, il y a clairement une hausse des arrivées [dans la région]. Toutes les associations sont vraiment hyper sollicitées. Il y a un manque d’eau et de solution d’hébergement", explique-t-elle. Selon la responsable associative, environ 1 200 personnes, "dont beaucoup de familles", vivent dans les campements informels à Calais et 800 à Grande-Synthe. "Une situation comme on n’avait pas vu depuis des mois."

    https://www.infomigrants.net/fr/post/51077/nord-de-la-france--le-barrage-flottant-nouveau-dispositif-pour-freiner

    #barrières #barrières_frontalières #murs_flottants #barrières_flottantes #Manche #Angleterre #GB #France #Calais #frontières #migrations #asile #réfugiés #militarisation_des_frontières

    –—

    Peu après l’installation de #grillages à #Vintimille :
    Ventimiglia, recinzioni sulle sponde del Roya per impedirne l’accesso ai migranti
    https://seenthis.net/messages/1012378
    #Roya

  • Décompte des morts à la traversée Franco-Belge - Angleterre | Les jours | 06.08.23

    https://mamot.fr/@lesjoursfr/110842559903385086
    https://lesjours.fr/obsessions/calais-migrants-morts/ep1-memorial

    « Les Jours » ont cherché et compilé pendant plusieurs années toutes les informations possibles sur les exilés morts entre la zone frontière franco-belge et le Royaume-Uni. Retrouvez le « Mémorial » de Calais.

    #migrants dans la #manche

  • Fences and cemetery guards to stop migrants in Ventimiglia

    The Italian border city of Ventimiglia has stepped up measures to stem the flow of migrants by erecting fences along the banks of the Roya river. A private security group also stands guard over a cemetery.

    The Italian city of Ventimiglia, in Liguria, on the border with France, has stepped up measures to curb the flow of migrants by erecting heavy metal fences along the banks of the Roya river and through private security personnel standing guard over a cemetery.

    “The decision to close access is to prevent more bivouacking as well as for security reasons,” said Flavio Di Muro, mayor of the city and a member of the anti-migrant League party.

    “In the case of rain, there is the risk of a sudden rise in the river level, while in days of little rain like these there have been fires,” he added.
    Measures to stop creation of new tent cities

    The decision to use security guards at the Roverino cemetery was made after residents reported the presence of migrants camped out in the area and making use of bathrooms and fountains nearby.

    These gatherings of migrants had, according to the town council, led to “problems within the cemetery and a perception of danger for visitors.”

    “This is a sacred place, intended for prayer and the remembrance of the deceased,” said Di Muro when the security service was launched at the end of July. “(It is) not a place to camp out, urinate, move or destroy municipal property. We must restore dignity to our city, starting from places like this.”

    The guards patrol the cemetery every day from 9 am to 12 and then from 3 pm to 6 pm.

    The fence along the Roya river is intended to prevent access to the river in front of homes where residents have repeatedly reported seeing migrants moving through.

    “We want to prevent the creation of situations of widespread illegality and of new tent cities,” Di Muro said.

    City park also gets volunteer anti-migrant guards

    A similar situation was seen in the city park where, the mayor said, “we want to invest in the creation of minigolf facilities and work on the pond but where there is the need for internal guards.”

    On August 2, about 30 foreign nationals were stopped and identified within the Ventimiglia train station during checks: five were ordered to register at the police station, two were taken to the Turin repatriation center, and 20 were ordered to leave Italy.

    Three minors from Afghanistan were also tracked down by the security forces and entrusted to a special reception center.

    https://www.infomigrants.net/en/post/50848/fences-and-cemetery-guards-to-stop-migrants-in-ventimiglia
    #Ventimille #frontière_sud-alpine #migrations #militarisation_des_frontières #asile #réfugiés #frontières #barrières_frontalières #Italie #France #fleuve_Roya #Roya #personnel_de_sécurité #sécurité #Roverino #cimetière #barrières_frontalières #murs

  • « Aujourd’hui mes #idéaux comptent plus que ma carrière » : #CRS depuis 12 ans, #Laurent_Nguyen préférerait renoncer à son métier qu’à son #humanité

    "Je m’appelle Laurent Nguyen, j’ai 44 ans, #gardien_de_la_paix et affecté en CRS depuis 12 ans. Moi, j’ai pris la décision d’entrer dans la #police quand j’avais 30 ans. J’avais des idées assez proches de l’#extrême_droite, et pour moi, la #sécurité était la première des #libertés qu’on devait garantir. On a tendance à considérer que les #manifestants sont complices des #casseurs. Et puis c’est une manière de se protéger psychologiquement, de se dire : ’De toutes façons, ils n’avaient qu’à pas être là, il y a un ordre de dispersion, il y a des casseurs. Donc, le #droit_de_manifester, bon, ça fait partie de la loi, effectivement, mais à un moment donné, on ne peut pas avoir des manifs tout le temps. Il y a des gens qui sont élus, bah si vous n’êtes pas contents, c’est comme ça’. J’étais dans ce logiciel-là, ça m’allait très bien.
    J’ai été vite déçu en CRS, déjà de ne pas trouver la cohésion que j’espérais trouver. Quand vous arrivez, que vous pensez sauver la France, que vous êtes confrontés aussi au désespoir de certains collègues dans des commissariats qui travaillent dans des conditions abominables. C’est difficile à vivre en tant que policier, ce sentiment d’#impuissance.
    J’ai le souvenir d’une mission à #Calais. On intervient un matin très tôt pour évacuer des migrants qui dorment dans la forêt. Et j’ai en face de moi un garçon qui a trois ans, qui a l’âge de mon fils. Et moi, je pense à mon fils, et que tu laisse ton humanité ressortir, tu te dis : ’Quelle #injustice pour cet enfant d’être là, dormir dans une forêt boueuse de #Dunkerque.' C’est pas normal qu’on en arrive là. Moi, j’en suis arrivé à vivre une très profonde #dépression. Je suis passé pas loin de me foutre en l’air. Et donc moi, après avoir vécu cette période, où je prends le choix que mon fils ait un père, bah, qu’est-ce que je peux lui transmettre ?
    Au départ du mouvement des #gilets_jaunes, j’ai tout de suite éprouvé de la sympathie pour ces gens, parce que c’étaient des revendications qui semblaient tout à fait légitimes. Je pense que beaucoup de policiers ont ressenti aussi cette sympathie, cette proximité. Il y avait une gêne chez beaucoup de mes collègues, et quand on a eu les premières scènes de violence, qui ont été diffusées dans les médias, moi, j’ai eu le sentiment qu’il y avait une forme de soulagement chez certains policiers, parce que ça leur permettait de régler un petit peu ce #problème_de_conscience en désignant un #ennemi. Moi, qui avait pris parti publiquement au sein de ma compagnie en faveur des gilets jaunes, parce que je défendais leurs revendications qui selon moi étaient justes, j’ai commencé à voir des collègues qui m’ont pris à partie, en me reprochant de soutenir les gilets jaunes, parce que si tu soutiens les gilets jaunes, tu soutiens les casseurs. Vous avez des gens qui ne peuvent même plus offrir des cadeaux de Noël à leurs enfants, qui ne peuvent pas les emmener en vacances, qui perdent leur boulot, qui ne savent pas comment ils vont s’en sortir, qui n’ont plus d’espoir. Est-ce qu’on peut comprendre aussi qu’à un moment donné ils puissent péter les plombs ? Alors il y en a qui disent que #réfléchir, c’est #désobéir, ou alors qu’il ne faut pas avoir d’états d’âme. Mais moi, je ne veux pas me priver de mon #âme, je ne veux pas me priver de ma #conscience, et moi, on m’a souvent reproché d’être un #idéaliste, comme si c’était une tare. Mais aujourd’hui je le revendique. Oui, j’ai des idéaux et aujourd’hui oui, mais idéaux comptent plus que ma #carrière et comptent plus que mon avenir personnel. Si je dois perdre mon boulot, bah, je perdrai mon boulot. C’est trop précieux pour moi de m’être trouvé, d’avoir trouvé mon humanité pour courir le risque de la perdre.

    https://twitter.com/ARTEfr/status/1684820991116185600

    Source : le #film_documentaire diffusé sur arte :
    Au nom du #maintien_de_l'ordre


    https://www.arte.tv/fr/videos/101352-000-A/au-nom-du-maintien-de-l-ordre-1-2
    ... qui n’est plus disponible sur le site web d’arte (et que je n’a pas trouvé ailleurs en ligne)

    #travail #forces_de_l'ordre #témoignage #France #liberté #déception #conditions_de_travail

    –—

    ajouté à la #métaliste de #témoignages de #forces_de_l'ordre, #CRS, #gardes-frontière, qui témoignent de leur métier. Pour dénoncer ce qu’ils/elles font et leurs collègues font, ou pas :
    https://seenthis.net/messages/723573

    • #flic, formellement il ne l’est plus depuis deux ans je crois, ex syndicaliste policier, son discours est rodé de manière à présenter les policiers comme victimes de l’administration policière et de leurs supérieurs.

      edit lorsque je ne savais rien de lui, j’avais trouvé son témoignage émouvant, tiens un facho dont le travail ignoble fait évoluer les vues ? là, je vois ces choses comme un marketing qui vise à humaniser la police et me souviens que ces animaux de plateaux sont occupé à faire mentir un dicton adapté au cas ( « flic suicidé à moitié pardonné », winch means : il n’y a pas de pardon qui tienne) en venant se faire aimer. leur pub, c’est un peu comme si il fallait publier du Cantat une fois par semaine. y a un moment où la prise de conscience c’est de fermer sa gueule.
      #hochet_de_gauche #ouin_ouin

  • « On n’a jamais vu ça » : à #Boulogne-sur-Mer, les touristes confrontés à la crise migratoire

    Depuis plusieurs mois, le secteur du Boulonnais est ciblé par les réseaux de passeurs pour tenter de traverser la #Manche. Mardi matin, ce sont des vacanciers, en balade sur la #plage de Boulogne, qui ont assisté à un nouvel acte de ce drame humain.

    https://www.lavoixdunord.fr/1353629/article/2023-07-18/n-jamais-vu-ca-six-departs-de-migrants-en-quelques-heures-dans-le-boulo

    –-> jamais vu ça à #Calais, mais ailleurs ? Longue liste ici :
    https://seenthis.net/messages/770799
    Et une carte, de @reka (sur @visionscarto) :


    https://visionscarto.net/voisinage-touristique-europe

    #tourisme #migrations

    signalé aussi par @monolecte
    https://seenthis.net/messages/1010381

    –-

    ajouté à cette métaliste sur les liens entre tourisme et migrations :
    https://seenthis.net/messages/770799

  • Indopacifique : l’impérialisme français manœuvre
    https://journal.lutte-ouvriere.org/2023/07/26/indopacifique-limperialisme-francais-manoeuvre_725787.html

    Le 24 juillet, Macron a atterri en Nouvelle-Calédonie, première étape d’une tournée qui devait l’emmener au Vanuatu et en Papouasie-Nouvelle-Guinée, une tournée qualifiée d’ historique dans cette région du monde appelée maintenant #Indopacifique.

    La présence dans cette région est devenue une priorité stratégique de l’État français. Alors que la tension monte entre les #États-Unis et la #Chine, que les uns et les autres cherchent à enrôler les pays de la région dans des alliances économiques et militaires, l’impérialisme de second rang qu’est la France veut pouvoir jouer son propre jeu. En s’appuyant sur ses #colonies du #Pacifique, en particulier la Nouvelle-Calédonie et la #Polynésie, il se présente comme un acteur régional et une « puissance d’équilibre », à distance des États-Unis et de la Chine.

    Cette posture lui permet d’avoir l’oreille de certains États, comme l’Inde et l’Indonésie, qui ne veulent pas apparaître comme trop inféodés aux États-Unis, ce qui met les Dassault et autres Thales en bonne position pour vendre leurs armes. Ainsi Macron a reçu à l’Élysée le 14 juillet le président indien Modi au moment où son pays annonçait l’achat de 26 Rafale. De son côté, l’#Indonésie a acheté en 2022 des Mirage d’occasion, tout en s’engageant pour 42 Rafale. Au-delà des ventes d’armes, la possession de ces #territoires_d’Outre-mer permet à la France de s’intégrer à différents traités et forums du Pacifique, et d’obliger les États-Unis à lui faire une petite place dans leurs manœuvres militaires et diplomatiques.

    La #Nouvelle-Calédonie est donc pour l’#impérialisme français une pièce majeure. Outre les abondantes réserves de #nickel et sa vaste zone maritime, elle abrite une base militaire sur la route commerciale à destination de l’Australie et de la Nouvelle-Zélande, d’où partent les navires et avions militaires qui participent aux opérations conjointes avec les États-Unis. Ainsi celles du 19 juillet sur l’#île_de_Guam, baptisées #Elephant_Walk, ont rassemblé États-Unis, #Royaume-Uni, Canada, Australie, Japon et France.

    Il n’est donc pas dans les intentions de l’État français de relâcher ses liens avec ce qui lui reste de colonies. La présence de #Sonia_Backès, anti-indépendantiste caldoche, présidente de la province Sud, la plus riche de l’archipel, au gouvernement de Macron comme secrétaire d’État à la Citoyenneté, est plus qu’un symbole. Mardi 25 juillet, plusieurs dizaines de militants #kanaks se sont rassemblés pour dénoncer la colonisation de leur archipel et s’opposer à la modification du corps électoral, qui donnerait encore plus de poids aux #Caldoches, les colons et descendants de colons de métropole.

    Après avoir reçu les uns et les autres et leur avoir fait moultes promesses, Macron s’envolera vers le Vanuatu, un archipel devenu un enjeu entre États-Unis et Chine, où celle-ci construit de nombreuses infrastructures. Pour riposter, les États-Unis ont annoncé début avril l’ouverture d’une ambassade. Tout le #Pacifique_Sud est devenu le théâtre de cette rivalité croissante. En 2022, le ministre chinois des Affaires étrangères y a fait une tournée, proposant aux États insulaires des millions de dollars d’aides, un projet d’accord de libre-échange, des pactes de sécurité, comme celui passé avec les #îles_Salomon. Les États-Unis quant à eux rouvrent des ambassades et négocient des accords militaires.

    La #Papouasie-Nouvelle-Guinée, ancienne colonie australienne, pays parmi les plus pauvres du monde, était la dernière étape de Macron. En même temps, le secrétaire d’État américain devait se rendre aux Tonga voisines. Le #Pacifique est un nouvel enjeu pour les pays impérialistes. L’#impérialisme_français veut être de la partie.

  • Armés de cônes de chantier, des militants bloquent les robots-taxis lessentiel.lu
    La ville de San Francisco s’oppose à l’État de Californie, qui pourrait autoriser les taxis autonomes à étendre leurs services, sur fond de militants qui ciblent ces robots-taxis. 

    Dans l’obscurité de San Francisco, un taxi sans chauffeur ralentit face à des silhouettes masquées qui l’encerclent, tel un animal traqué. L’un des hommes pose un cône sur le capot : interloquée, la voiture autonome allume ses feux de détresse et s’arrête en pleine voie. Cette semaine, ce curieux manège s’est reproduit des dizaines de fois dans la capitale de la tech. Un groupe de militants s’amuse à désactiver les robots-taxis la nuit pour protester contre leur prolifération, source de frictions entre l’État californien et les élus locaux.


    Des militants de Safe Street Rebel immobilisent un taxi autonome grâce à des cônes de chantier, à San Francisco le 11 juillet 2023. 

    « Nous pensons que toutes les voitures sont mauvaises, peu importe qui ou quoi conduit », balance à l’AFP Alex (prénom modifié), un idéaliste du collectif Safe Street Rebel, radicalement pro-piéton et pro-vélo. Pour lui, ce véhicule futuriste n’est « pas un nouveau mode de transport révolutionnaire », tout juste « un autre moyen d’asseoir la domination de la voiture ».

    Avec de simples cônes de chantier, le groupe arrive à immobiliser pendant de longues minutes les robots-taxis de Waymo et Cruise, les deux opérateurs autorisés à San Francisco, jusqu’à l’intervention d’un technicien. Leur action cumule des millions de vues sur les réseaux sociaux et attise la polémique, au moment-même où la Californie envisage d’autoriser ces entreprises à proposer un service payant dans la ville, 24 heures sur 24.

    Multiplication d’incidents
    La California Public Utilities Commission (CPUC), chargée de superviser les véhicules autonomes, pourrait prochainement permettre à Waymo et Cruise d’étendre leurs services. Elles fonctionneraient alors comme les applications Uber ou Lyft, mais sans chauffeurs. Une perspective qui fait grincer la municipalité. San Francisco a beau être le berceau des voitures autonomes – les premières ont commencé à y circuler dès 2014 avec un chauffeur « de sécurité » –, elle s’inquiète de la multiplication des incidents impliquant des robots-taxis. 

    Depuis un an, leur expérimentation ne requiert plus d’avoir un humain derrière le volant en cas d’imprévu. Croiser une Jaguar sans personne au volant fait partie du quotidien, pas de la science-fiction. La robotisation totale de l’expérimentation s’accompagne de désagréments. Voitures arrêtées sur la route, qui bloquent la file de bus ou s’incrustent sur une scène de crime face à des policiers irrités : les véhicules de Cruise et Waymo sont pointés du doigt, même si aucun accident fatal pour les humains n’a été répertorié.

    « Décision hâtive » 
    Début juin, un robot-taxi de Waymo a percuté un chien surgissant brusquement dans la rue. L’animal est mort. Quelques jours plus tard, un membre du conseil municipal de San Francisco, Aaron Peskin, a dénoncé « la décision hâtive de la CPUC d’autoriser une augmentation massive de la circulation (des robots-taxis) dans nos rues. » La ville s’oppose à l’État de Californie, seul décideur. Cet hiver, l’autorité des transports du comté de San Francisco a envoyé une lettre à la CPUC répertoriant 92 arrêts intempestifs de voitures autonomes.

    La polémique semble prendre : la CPUC, qui devait autoriser fin juin Waymo et Cruise à étendre leurs services, a reporté par deux fois sa décision, désormais attendue le 10 août. Actuellement, Cruise n’a le droit de faire payer ses courses qu’entre 22h et 6h du matin. Waymo ne peut pas facturer sans humain derrière le volant. Sous ce régime expérimental, les deux entreprises ont toutefois fidélisé des clients.

    La sécurité en débat
    Jaeden Sterling embarque ainsi quotidiennement à bord d’un robot-taxi. « Je les utilise surtout pour des raisons de commodité et de sécurité », raconte ce jeune homme de 18 ans. Depuis la banquette arrière d’une voiture Waymo, il surveille sur un écran les véhicules, piétons, et autres cyclistes détectés en temps réel par le logiciel. Cela lui inspire davantage confiance que la conduite « dangereuse » de nombreux chauffeurs VTC qui « sont pressés, car leur salaire est basé sur le nombre de courses qu’ils prennent. »

    Les arrêts intempestifs des véhicules autonomes lui apparaissent plutôt comme un gage de prudence. La sécurité est d’ailleurs l’argument principal martelé par Waymo et Cruise. Les robots-taxis de Waymo ont parcouru « plus d’un million de kilomètres » sans « aucune collision impliquant des piétons ou des cyclistes », rappelle ainsi l’entreprise à l’AFP. Quant aux collisions avec des véhicules, elles « impliquaient des violations des règles ou un comportement dangereux de la part des conducteurs humains. »

    Mais certains habitants restent méfiants. « Même si elles étaient vraiment plus sûres, quelle est la garantie qu’un bug vraiment dangereux n’apparaisse pas en production la semaine prochaine ? », s’interroge Cyrus Hall, 43 ans. Pour cet ingénieur informatique, les incidents actuels sont trop importants pour être ignorés. D’autant que San Francisco sert d’exemple, dans un pays où les voitures autonomes débarquent désormais à Los Angeles, Phoenix ou Austin. « Si elles sont autorisées à devenir un business à part entière, la bataille sera beaucoup plus difficile que de s’assurer d’avoir un bon cadre réglementaire dès maintenant », insiste-t-il. 

    #californie #activisme #voitures_autonomes #taxis #VTC

    Source : https://www.lessentiel.lu/fr/story/robots-taxis-586078186082

  • Records de chaleur estivale pourtant sans échos aux alertes actionnées !
    http://www.argotheme.com/organecyberpresse/spip.php?article4484

    À propos de la température sur Terre, il faut désormais l’appréhender comme la fièvre que l’on trouve chez les personnes malades. Les scientifiques appuient leurs propos d’une inquiétude et cela nous indique que quelque chose ne va pas. Leurs photographies de la situation sur le « réchauffement climatique » sont des enregistrements à plus long terme, ce qui les fait fonctionner comme des radiographies d’un examen médical dressant une image complète et étendue. #Climat

    / #calamités_naturelles, #Ecologie,_environnement,_nature,_animaux, #Réchauffement_climatique, Sciences & Savoir, économie , #Data_-_Données

    #Sciences_&_Savoir #économie_

  • Surf music

    "Le surf rock débute véritablement en 1960 avec la sortie d’une série de 45 tours explosifs, expédiés en deux minutes chrono. La musique surf dérive du télescopage entre le rythm’n’blues et le rock’n’roll des pionniers. La guitare est, plus que tout autre instrument, mise en valeur, une Fender si possible. Robert J. Dalley, spécialiste de ce style, identifie plusieurs critères caractéristiques de la surf music. Le morceau est un instrumental. La guitare solo passe par une boîte de réverbération, avec un son aussi « dégoulinant » d’écho que possible. La musique se doit d’être crue, brutale, énergique, avec un tempo rapide. "Chaque fois que vous passez le disque en question, il doit donner la chair de poule à votre planche de surf", écrit-il. Géographiquement, le genre s’épanouit principalement au sud de la Californie. Dès 1960, les Belairs font danser les teenagers au cours de fêtes sur les plages de Hermosa et de Redondo avec leur morceau "Mr Moto". "

    https://lhistgeobox.blogspot.com/2023/07/surf-music.html

    en version podcast : https://podcasters.spotify.com/pod/show/blottire/episodes/Surf-music-e1u5lrk

  • À Marseille, le RAID tire à vue - POLITIS
    https://www.politis.fr/articles/2023/07/nahel-mort-a-marseille-le-raid-tire-a-vue

    La cité phocéenne, secouée par des affrontements après la mort de Nahel, a vu le RAID déployé dans ses rues. Plusieurs vidéos montrent cette unité d’élite réaliser des tirs à des distances potentiellement létales. Un homme y est mort après un « probable » tir « de type flash-ball ».

    Des coups de feu, parfois très proches. Dans une rue marseillaise, peu après minuit, dans la nuit du 30 juin au 1er juillet, des gens courent, visés par des tirs à moins de quatre mètres. Certains s’effondrent avant de se relever et de fuir. Les munitions sont en réalité des « bean bags », des petits sacs de toiles remplis de billes de plomb. En face d’eux, des hommes en noir, casqués et armés de #fusils de #calibre_12, le même pour les fusils de chasse. Il s’agit du #RAID, une unité d’élite de la #police qui intervient en cas d’attaques terroristes, de prises d’otages et dans la lutte contre le grand banditisme. Ce soir-là, pas de terroristes ni de criminels de grandes envergures, mais de simples jeunes révoltés.

    Le lendemain de cette scène de traque, dans la nuit du 1er au 2 juillet, Mohammed décède d’un arrêt cardiaque dans le même quartier. Le parquet estime que le décès de ce livreur Uber Eats et jeune père de famille de 27 ans a probablement été causé « par un choc violent au niveau du thorax provoqué par le tir d’un projectile de type flash-ball ». Présent lors des affrontements, il n’était là que pour prendre des photos, d’après sa femme contactée par RTL. Le parquet de Marseille a annoncé ouvrir une enquête pour « coups mortels avec usage ou menace d’une arme ».

    Flash-Ball, #LBD ou #bean_bag, le type de blessure engendrée par ces armes est relativement équivalent, la munition étant sphérique et relativement molle. Mais, comme le montre la scène du 1er juillet au soir, des tirs à moins de trois mètres sont effectués par le RAID. Encadré, le LBD est prévu pour un usage optimal entre 25 et 30 mètres. « En deçà des intervalles de distances opérationnels, propres à chaque munition, cette arme de force intermédiaire peut générer des risques lésionnels plus importants », rappelle une circulaire de 2017 de la police nationale.

    Pourtant, des vidéos des dernières émeutes montrent des policiers tirer à moins d’un mètre, comme à Montfermeil le 30 juin. Pour l’utilisation des bean bags, alors qu’une autre victime est dans le coma à Mont-Saint-Martin après un tir du RAID (article de La Voix du Nord), les consignes de tirs sont inconnues. Contacté pour obtenir plus d’informations sur les règles d’emploi, le ministère de l’Intérieur n’a pas répondu à nos sollicitations.

    #militarisation #maintien_de_l'ordre

    • After the Riots, the Police Terrorize Marseille
      https://www.thenation.com/article/world/france-marseille-police-nahel

      Marseille, France—Many of the faces in the crowd were young and brown. It was June 29 in #Marseille. Two days prior in Nanterre, a cop fatally shot Nahel Merzouk, 17, in the head during a routine traffic stop. The police had claimed self-defense, but a video released by a witness showed an officer pointing and firing a gun directly into the youth’s car.

      That first night, there were arrests and fires in cities around Nanterre, but the anger quickly spread across France. Police responded by sending helicopters, armored vehicles, tactical units, and the French equivalent of SWAT teams. Over six days, police arrested between 3,600 and 4,000 people. About a third of them were minors—some as young as 11. Many of the detained protesters were men and boys of color like Nahel, who was of Algerian and Moroccan descent. While the government promises “swift, tough, and systematic” sanctions for those arrested, the confrontations have left French cities reeling. Marseille, in particular, has become a flashpoint in the media coverage of riots and looting.

      The scale and swiftness of police repression that descended upon French cities has been shocking. French media and politicians across the spectrum have turned police officers and a mayor and his family who escaped “attempted assassination”—an event that may not be connected to the riots—into the main victims of the unrest. But several people have died, including a 27-year-old in Marseille whose death is seen as “probably” due to the impact of a “Flash-Ball type projectile” (a rubber or foam pellet), a 50-year-old shot by a stray bullet in French Guyana, and a young man who fell from the roof of a grocery store during a looting near Rouen.

    • Pour le RAID, les consignes de tirs sont inconnues. Contacté pour obtenir plus d’informations sur les règles d’emploi, le ministère de l’Intérieur n’a pas répondu à nos sollicitations.

      Politis compte attaquer le RAID au tribunal administratif pour non respect de la procédure de tir ? #LOL #MDR (et accessoirement d’un arrêt cardiaque dû au tir du RAID à l’insu de son plein gré #le_coup_est_parti_tout_seul)

      Le mieux est d’attendre la dissolution de l’ONU. Et superbe article de The Nation.

  • Comment Gérald Darmanin sécurise sa base arrière dans le Nord afin d’être président de la république ? Médiacités Lille

    Pour peaufiner sa stature de présidentiable en 2027, Gérald Darmanin compte rester ministre dans les mois à venir. Mais il n’oublie pas de préparer ses arrières en chouchoutant les élus de la métropole lilloise et en plaçant des proches dans tous les lieux de pouvoir.

    Dans «  Le Schtroumpfissime  », œuvre intemporelle de Peyo, le Schtroumpfissime s’assure du soutien de ses troupes en dispensant généreusement une splendide décoration : la cravate de Grand Schtroumpfeur du Schtroumpfissime. Gérald Darmanin, qui maîtrise ses classiques, a retenu la leçon.


    Le ministre de l’interieur, Gerald Darmanin, au congres des maires du Nord, à Douai, le 30 septembre 2022. Photo : FRANCOIS GREUEZ/SIPA

    Depuis sa nomination dans le gouvernement Édouard Philippe en 2017, l’ex-figure montante de la droite chez Les Républicains (LR), passé brutalement dans le camp macroniste, trouve toujours le temps dans son agenda de ministre de distribuer médailles et colifichets à tout ce que la métropole lilloise compte d’élus.

    Les derniers en date  ? Marie Tonnerre, maire (divers droite) de Neuville‐en‐Ferrain  ; Yvan Hutchinson maire (divers droite) de Prémesques  ; ou encore Brigitte Astruc‐Daubresse, ex‐élue LR à Lambersart et femme du sénateur LR Marc‐Philippe Daubresse. Avant eux, Guillaume Delbar, maire (divers droite) de Roubaix, Bernard Gérard maire (LR) de Marcq‐en‐Barœul, Pascal Nys maire (LR) de Hem, Jean Delebarre, ex‐maire de Marquette, Éric Durand, maire (LR) de Mouvaux ou Patrick Delebarre, maire (LR) de Bondues – au risque d’en oublier  !

    Toutes et tous ont été décorés https://www.mediacites.fr/decryptage/lille/2021/12/02/gerald-darmanin-leve-une-armee-de-legionnaires-dans-la-metropole-lilloise qui de l’Ordre national du Mérite, qui de la Légion d’honneur. De quoi laisser aux élus lillois de plus de 50 ans dépourvus de breloque, la désagréable impression d’avoir raté leur vie.

    «  Placer ses billes un peu partout. Ne jamais se fermer aucune porte. C’est Gérald  ! », résume un cadre LR de la région, encore surpris d’avoir vu en mai dernier un ministre de l’Intérieur se déplacer pour inaugurer… la nouvelle mairie du village de Gruson (1 200 habitants). Le ministre de l’Intérieur excelle dans l’art de peaufiner ses réseaux domestiques afin de pouvoir «  rentrer à la maison  » à tout moment… au cas où tout ne se passerait pas comme prévu sur la route qui le mène vers la présidentielle. À moins que l’activisme local de Gérald Darmanin ne dissimule une stratégie pour mieux préparer son objectif ultime…

    Ces derniers mois, plusieurs proches de l’ambitieux ministre de l’Intérieur l’ont dissuadé de viser Matignon, ce «  bâton merdeux  » synonyme de défaite à la présidentielle – seul Jacques Chirac a réussi à assumer les deux fonctions.

    D’autres l’incitent à renouer d’urgence avec le credo d’une droite populaire et sociale s … La suite payante.

    #darmanin #gérald_darmanin #président_de_la_république #égo #carrière #ambition #médailles #colifichets #stroumphf #calife

    Source https://www.mediacites.fr/enquete/lille/2023/06/28/comment-gerald-darmanin-securise-sa-base-arriere-dans-le-nord

  • Dans la Manche, l’État sous-traite le sauvetage d’exilés à une société privée

    Le ministère des armées a signé un marché avec l’entreprise #SeaOwl, qui fournit, depuis le printemps, deux #bateaux pour des missions de sauvetage au large de #Dunkerque et de #Calais. Une première. D’après nos informations, des questions émergent autour de la formation des équipages et des performances des navires.

    AccostéAccosté à un quai du port de Dunkerque, l’#Esvagt_Charlie se remarque de loin. Sa coque rouge de 40 mètres de long sur laquelle sont inscrits les mots « RESCUE ZONE » ne laisse aucun doute : il s’agit de l’un des deux nouveaux moyens de sauvetage déployés par la France dans la Manche. Sur le pont, quatre marins s’activent, avant de se murer dans le silence à la moindre question. La capitaine renvoie vers la préfecture maritime. Tous ont l’ordre de ne pas parler à la presse.

    Les deux marchés conclus en mars et en avril 2023 entre le ministère des armées et l’entreprise SeaOwl, qui fournit ces bateaux et leur équipage, sanctionnent en effet de pénalités financières toute communication sans « accord préalable de l’autorité maritime ». Ce #marché_public est une première : jamais l’État français n’avait lancé d’appel d’offres en direction du privé pour une mission entièrement dédiée au sauvetage d’exilé·es.

    Depuis 2019 et l’augmentation du nombre de passages par la mer, la préfecture maritime de la Manche et de la mer du Nord coordonne en effet les opérations de sauvetage avec les moyens de la marine nationale, des douanes, de la Société nationale de sauvetage en mer (SNSM), de la gendarmerie maritime ou des Abeilles, ces remorqueurs destinés aux bateaux de marchandises ou ferries. Parmi tous ces acteurs, seule la SNSM, une association d’utilité publique, est exclusivement dédiée au sauvetage et composée de sauveteurs bénévoles.

    En optant pour une société privée, l’État montre son incapacité à mobiliser ses propres moyens. « Dans le #Pas-de-Calais, tout le système a été conçu pour le sauvetage des biens et des gros bateaux. Jamais personne n’a vu venir la question de la mort massive en mer », analyse Vincent Guigueno, historien spécialiste des enjeux maritimes et conférencier à Sciences Po Paris.

    Deux bateaux ont ainsi été affrétés par SeaOwl : l’Esvagt Charlie, depuis début avril à Dunkerque ; et l’#Apollo_Moon, depuis début mai à Calais. #Coût du marché, d’après nos informations : 4 millions d’euros par an pour chaque bateau, renouvelable au bout de quatre années.

    Rachetée en 2021 par l’homme d’affaires #Walter_Butler, SeaOwl est spécialisée dans les technologies de défense maritime (drones flottants armés, surveillance, navire d’entraînement pour la marine) et propose des services de sécurité pour des plateformes offshore en Asie, en Afrique ou au Moyen-Orient.

    Ce recours au privé a été annoncé en décembre 2022 par la première ministre Élisabeth Borne, après qu’un naufrage a fait 27 morts et quatre disparus à la fin 2021, et dans la foulée de révélations du Monde sur l’attitude, ce jour-là, de certains militaires du centre régional opérationnel de surveillance et de sauvetage (Cross) de Gris-Nez – sept militaires ont depuis été mis en examen pour « non-assistance à personne en danger ».

    Mais si les spécialistes du monde maritime interrogés saluent le renforcement du dispositif de sauvetage, les interrogations se multiplient quant à l’efficacité opérationnelle des deux navires de SeaOwl, à l’heure où la capacité des embarcations d’exilé·es augmente jusqu’à 40 voire 60 personnes. « Il fallait vite mettre quelque chose en place. Sauf que quand on fait les choses dans l’urgence, dans le domaine du sauvetage, on fait n’importe quoi, n’importe comment », expose Jean-Paul Hellequin, marin à la retraite, porte-parole du syndicat des marins CGT du Grand Ouest et président de l’association de défense des marins Mor Glaz.

    Ainsi, à l’arrivée de l’Esvagt Charlie, à la mi-avril, « il y avait zéro personne formée à bord », témoigne sous couvert d’anonymat l’un des membres d’équipage. « Il n’y en a pas un qui ait de l’expérience dans ce que ce bateau est censé faire : sauver beaucoup de gens à la fois. » À bord, ils sont six marins recrutés par SeaOwl, à alterner tous les quinze jours avec une autre équipe.

    En plus de ces marins, les navires embarquent en permanence « des agents de sécurité, ni marins ni secouristes ». Embauchés eux aussi par SeaOwl, il s’agit d’« une équipe dite de protection, composée de trois personnes », confirme le secrétariat général de la mer, organe interministériel dirigé par l’ancien préfet de police de Paris, Didier Lallement, sous l’autorité de la première ministre. Mission : « Aider à prendre en charge et gérer les naufragés ».

    Pas de formation en sauvetage de masse prévue dans l’appel d’offres

    Mais avec quelle #formation ? « Leur métier est la sécurité, ils ne sont pas là pour prendre soin... Ils sont là pour fouiller les naufragés, fustige le marin déjà cité. Cela relève d’un fantasme entourant ces gens qui traversent, comme s’ils pouvaient représenter un danger. » « Le cas échéant, [cette équipe] est en mesure de protéger l’équipage », soutient le secrétariat général de la mer.

    Le cahier des clauses, consulté par Mediapart, reste vague quant aux exigences de formation de l’équipage. « Il n’existe pas de formation institutionnelle en matière de sauvetage de masse définie par l’organisation maritime internationale. Cela ne pouvait donc pas être intégré dans les prérequis de l’appel d’offres », justifie l’équipe de Didier Lallement. En renvoyant la balle au titulaire du marché : « Il [lui] appartient de prendre les dispositions requises pour que ses navires soient en mesure de réaliser la mission ordonnée dans de bonnes conditions. »

    Pourtant, des formations sont organisées depuis janvier 2022 auprès de plusieurs administrations intervenant dans la Manche, comme la marine, les douanes, les affaires maritimes... Elles sont délivrées par Arnaud Banos, formateur pour la SNSM, l’une des rares personnes à pouvoir former au sauvetage de masse en France. Directeur de recherche au CNRS et sauveteur auprès d’ONG en Méditerranée, Arnaud Banos affirme avoir été contacté « début juin » par la préfecture maritime afin de former les équipages de SeaOwl. Mais aucune date n’a pour l’instant été fixée.

    L’Esvagt Charlie est déjà intervenu sur quatre opérations de sauvetage (38 personnes le 18 mai, 17 dans la nuit du 27 au 28 mai, 45 le 12 juin, et 54 dans la nuit du 20 au 21 juin), et les semaines continuent donc de défiler sans équipage formé. « Le jour où un naufrage avec quelque chose de grave se passe, ça va être le gros merdier », craint un marin.

    « Les opérations de sauvetage impliquant des dizaines de naufragés sont très complexes à mener et mettent en danger aussi bien les naufragés que les équipages », complète Arnaud Banos.

    Un vieux navire censé jouer les ambulances

    Par ailleurs, pour plusieurs experts interrogés, les caractéristiques techniques des bateaux ne sont pas à la hauteur des enjeux. L’Esvagt Charlie, un bateau vieux de presque 50 ans, ne dépasse pas les 10 nœuds (18 km/h) ; pas plus que son homologue l’Apollo Moon, ex-navire de pêche. À titre de comparaison, certains canots de la Royal National Lifeboat Institution (RNLI) anglaise ou de la SNSM atteignent les 25 nœuds (46 km/h), soit plus du double.

    « On ne transforme pas en quelque temps des chalutiers ou de vieux navires en des ambulances de la mer », raille Jean-Paul Hellequin. « La rapidité d’intervention est primordiale », complète un acteur expérimenté du sauvetage dans la Manche, souhaitant pour sa part rester anonyme. « S’il y a une urgence vitale, dans une nuit très chargée, ils ne pourront pas agir dans la seconde », abonde Flore, responsable communication de l’association d’aide aux exilé·es Utopia 56. « En période hivernale, quand les personnes sont gelées, avec les risques d’hypothermie, il y a aussi un vrai enjeu à rentrer vite au port », s’inquiète-t-elle.

    L’accord-cadre exige certes un tirant d’eau maximum (partie immergée du bateau) de 4,5 mètres, afin de pouvoir opérer dans les zones de petits fonds du détroit. Ceux des deux navires atteignent 4,20 mètres... Encore trop, selon le spécialiste du sauvetage interrogé sous anonymat : « En mer du Nord, il y a des bancs de sable partout, durs comme la pierre. À 4,20 mètres ça ne passe pas : s’ils les touchent, ils s’échouent et ne peuvent pas intervenir sur les embarcations. »

    Enfin, le franc-bord (hauteur entre la ligne de flottaison sur l’eau et le pont principal) de l’Apollo Moon est très haut. « Même avec un franc-bord d’à peine un mètre, c’est déjà un défi de sortir les gens de l’eau », insiste cet acteur du sauvetage. L’Esvagt Charlie et l’Apollo Moon fonctionnent avec des zodiacs mis à l’eau par une grue. L’accord-cadre prévoit que les bateaux disposent d’une zone de sauvetage « abaissée » pour faciliter la remontée des naufragé·es depuis ces zodiacs. L’Esvagt Charlie en a une, mais pas l’Apollo Moon.

    Son pont, situé à plusieurs mètres au-dessus de l’eau, rend donc impossible la remontée sans utiliser à nouveau les grues. Avec ce système, « on ne prend que quelques naufragés à chaque fois, pas 50. Cela peut durer longtemps : le problème de l’hypothermie arrive très vite, on risque de perdre du monde », avertit l’expert interrogé. « Je pense que les armateurs français auraient pu fournir des navires plus modernes et plus adéquats », conclut pour sa part Jean-Paul Hellequin.

    « Obligation de moyens, pas de résultats »

    D’autres experts sont plus nuancés. « La question, c’est les compétences de l’équipage. Les compétences s’articulent à l’outil technique que vous avez », recentre Vincent Guigueno. Les traversées dans la Manche sont « une situation neuve. La période d’adaptation est courte. L’État fait ce qu’il peut », relève aussi le marin interrogé sous anonymat.

    En janvier dernier, lors de la présentation du bilan annuel de la préfecture maritime de la Manche et de la mer du Nord, le préfet Marc Véran a déclaré que « l’État a une obligation de moyens, pas de résultats ». Et de comparer les risques encourus par les exilé·es à ceux liés aux avalanches pour les skieurs en hors-piste : « Les sauveteurs vont tout faire pour vous sauver, mais ils n’y arriveront peut-être pas. Nous, c’est pareil. » Ces deux nouveaux bateaux permettent donc à l’État de répondre à son obligation de moyens…

    Alors que l’État va dépenser 550 millions d’euros reçus du Royaume-Uni (via un accord signé en novembre 2022) dans la sécurisation du littoral et l’interception des départs, aucun investissement n’est pour le moment prévu pour renforcer ses effectifs de sauvetage en mer. En revanche, 500 agents de police supplémentaires doivent être déployés, et un centre de rétention administrative (CRA) construit.

    « Les différentes administrations se demandent sur qui va retomber la responsabilité dans le cas d’un nouveau naufrage », conclut l’historien Vincent Guigueno. « L’idée, c’est de mettre en place le storytelling, et de pouvoir dire : “On a mis des moyens supplémentaires”, si un nouveau drame se produit. »

    https://www.mediapart.fr/journal/france/270623/dans-la-manche-l-etat-sous-traite-le-sauvetage-d-exiles-une-societe-privee
    #sous-traitance #France #sauvetage #migrations #asile #privatisation #réfugiés #frontières #Manche #complexe_militaro-industriel

  • #Canicules_marines : pendant que l’océan se consume…

    Des « #mégafeux » aquatiques et invisibles sévissent notamment du sud de l’Islande jusqu’en Afrique en ce mois de juin. Ces phénomènes extrêmes, prévus dans tous les modèles qui avaient anticipé une hausse de la #température moyenne de l’océan, constituent une bombe à retardement du #réchauffement.

    L’océan brûle. Littéralement, ou presque. Depuis plusieurs semaines, une #canicule_marine inouïe frappe l’#Atlantique_nord, du sud de l’Islande jusqu’en Afrique. Au large de l’Irlande et de l’Ecosse, elle est catégorisée « au-delà de l’#extrême » (soit 5 sur une échelle de 5) par l’administration océanographique américaine (NOAA). Les cartes mondiales affichent aussi une effrayante couleur rouge sang, tendant vers le noir, dans le #Pacifique, le long de l’Amérique centrale et autour du Japon. Et les courbes s’affolent, atteignant de nouveaux sommets jour après jour et faisant craindre des ravages dus à des tempêtes tropicales précoces, telle Bret, qui a frôlé la Martinique ce vendredi.

    Mercredi, la #température des millions de km² de l’#océan_Atlantique nord s’est envolée à 23,3 °C (soit +1,32 °C d’#anomalie). Du jamais-vu pour un mois de juin, de très loin. L’ensemble de l’océan mondial, lui, a également enregistré un nouveau record ce jour-là, avec 20,9 °C de moyenne. Les #données de ce début d’année défient l’entendement : entre mars et mai, la température à la #surface_de_l’océan a atteint un record absolu en 174 ans de mesures, dépassant de 0,83 °C la moyenne du XXe siècle, d’après la NOAA.

    De quoi donner le tournis aux scientifiques. Cette #surchauffe générale émaillée de canicules localisées (là où la température de surface est plus élevée que 90 % du temps pendant plus de cinq jours) arrive « très tôt dans l’année, est très rapide et de très grande ampleur. Ce qui est surprenant, même si nous savons que la tendance est à la hausse de la température de l’océan », pointe Jean-Pierre Gattuso, chercheur du CNRS au laboratoire d’océanographie de Villefranche-sur-Mer (Alpes-Maritimes).

    « L’océan encaisse, encaisse, encaisse »

    Selon le rapport spécial du Groupe d’experts intergouvernemental sur l’évolution du climat (Giec) sur les océans et la cryosphère paru en 2019, l’océan a absorbé plus de 90 % de la chaleur excédentaire émise par l’humanité depuis qu’elle embrase l’atmosphère en y envoyant des gaz à effet de serre (GES), essentiellement à cause de la combustion d’énergies fossiles. Car la capacité de l’eau à capter la chaleur est beaucoup plus forte que celle des continents. Et les climatologues estiment que, d’ici à 2100, l’océan absorbera deux à quatre fois plus de chaleur que pendant la période allant de 1970 à l’heure actuelle si le réchauffement planétaire est limité à 2°C (soit l’objectif affiché par l’accord de Paris de 2015), et jusqu’à cinq à sept fois plus si les émissions sont plus élevées.

    Résultat de cette surchauffe, la fréquence des #vagues_de_chaleur_marines a doublé depuis 1982 et leur intensité augmente. Dans le futur, prévient le Giec, elles seront vingt fois plus fréquentes avec un réchauffement de 2°C, et cinquante fois plus fréquentes si les émissions continuent d’augmenter fortement. Glaçant. « L’océan encaisse, encaisse, encaisse, et forcément les canicules marines s’intensifient, soupire Catherine Jeandel, chercheuse du CNRS au Laboratoire d’études en géophysique et océanographie spatiales. Ce qui est déprimant pour un chercheur, c’est de constater que tout ce qui est prévu dans les #modèles_climatiques depuis trente ans ou quarante ans se réalise. »

    Si les causes précises de la canicule marine inédite qui frappe l’Atlantique nord sont difficiles à établir, la raison de fond réside donc dans l’aggravation du #réchauffement_climatique dû aux activités humaines. Par ailleurs, « certaines conditions favorisent le développement de vagues de chaleur marines : une température de l’air élevée et l’absence de vent et de houle, qui empêche les eaux de surface de se mélanger avec les eaux profondes plus froides », indique Jean-Pierre Gattuso.

    La destruction de la faune et de la flore marines

    Le phénomène naturel #El_Niño, lui, qui se produit en moyenne tous les deux à sept ans pendant neuf à douze mois et fait son retour dans le Pacifique depuis ce printemps, « ne peut pas avoir de lien direct avec ce qui se passe dans l’Atlantique nord, mais en a sans doute avec ce qui se passe dans le Pacifique équatorial », estime l’océanographe et climatologue au CNRS Jean-Baptiste Sallée.

    Impossible de prédire pendant combien de temps vont se prolonger les canicules marines de ces derniers jours. Mais certaines « peuvent durer plusieurs mois », prévient le chercheur, pour qui « cette longévité est ce qui les rend particulièrement inquiétantes et dévastatrices pour les écosystèmes ». A ses yeux, la conséquence « la plus importante et alarmante » de ce que l’on pourrait qualifier d’#incendies_sous-marins est la destruction de la faune et de la flore marines. Ces « mégafeux » aquatiques et invisibles à nos yeux provoquent des mortalités de masse de certaines espèces. Surtout parmi celles qui ne peuvent pas se déplacer, comme les coraux, les herbiers marins ou les forêts de grandes algues brunes accrochées à des supports rocheux.

    En Méditerranée, après chaque canicule marine, notamment celles de l’été 2022 qui y ont été spectaculaires, « on constate des mortalités importantes d’une cinquantaine d’espèces (coraux, gorgones, algues, mollusques, oursins, posidonies…) tandis que celles qui le peuvent fuient », observe Jean-Pierre Gattuso. Par exemple, dans l’Atlantique, les poissons et cétacés se déplacent de la zone équatoriale vers le nord dans l’hémisphère nord et vers le sud dans l’hémisphère sud. « Ce qui est très injuste d’un point de vue éthique et géopolitique, car cette zone équatoriale est bordée essentiellement par des pays en voie de développement qui n’ont pas ou peu de responsabilité dans le changement climatique et qui vont être très affectés sur le plan de la sécurité alimentaire, alors que l’Islande et la Norvège voient arriver une abondance de poissons », poursuit le scientifique. Qui souligne aussi l’impact des vagues de chaleur marines sur le déplacement d’#espèces_invasives, telles que le poisson lapin ou le poisson lion arrivés en Méditerranée depuis la mer Rouge.

    Outre les ravages sur la #biodiversité, les canicules marines ont aussi des conséquences sur les #événements_extrêmes. « Une mer très chaude, c’est de l’eau qui s’évapore davantage, donc des tempêtes, ouragans et cyclones plus probables et plus forts », note ainsi Catherine Jeandel, pour qui la surchauffe de l’océan est « la bombe à retardement du réchauffement climatique ». Ainsi, ce vendredi, deux tempêtes tropicales assez imposantes pour avoir reçu des petits noms charmants, Bret et Cindy, étaient actives sur l’Atlantique, faisant trembler les îles antillaises. Soit une première pour un mois de juin depuis le début des observations en 1968.

    La surchauffe favorise la fonte de la glace de mer

    Par ailleurs, la surchauffe de l’océan, « par exemple dans l’Arctique, favorise la fonte de la glace de mer, ajoute Jean-Pierre Gattuso. Idem en Antarctique, où l’eau chaude érode la #calotte_polaire par en-dessous, ce qui peut complètement la déstabiliser. » Elle perturbe aussi les #courants_marins, car « si l’eau est chaude, elle devient moins dense et a donc moins tendance à plonger en profondeur, ce qui limite les échanges entre la surface et les eaux profondes et réduit l’alimentation en oxygène de ces dernières », ajoute Jean-Pierre Gattuso. Au fur et à mesure qu’on réchauffe l’océan, qui capte un quart du CO2 émis par l’homme, « il perd aussi en efficacité comme puits naturel de carbone », avertit Jean-Baptiste Sallée.

    Comment stopper cette machine infernale ? Comment éteindre les flammes sous la marmite d’eau bouillante qu’est devenue la planète ? Les chercheurs interrogés par Libération sont unanimes : la seule solution « est connue, il s’agit de réduire drastiquement les émissions de gaz à effet de serre ». Donc d’« arrêter de subventionner l’extraction des énergies fossiles, de faire des sports d’hiver dans les Emirats, et au contraire d’enfourcher son vélo au lieu de prendre sa voiture…, énonce Catherine Jeandel. Si vous lisez les rapports du Giec, les solutions, vous les avez. Il faut nous écouter, c’est tout. »

    L’océan a « accumulé la chaleur, elle est là, sa température est déjà déterminée. Même si on n’émet plus de gaz à effet de serre en 2050, on ne reviendra pas aux niveaux de températures océaniques de 1850, c’est impossible, expose Jean-Pierre Gattuso. Mais on peut arrêter son réchauffement : en respectant un scénario d’émissions compatible avec le seuil fixé par l’accord de Paris, l’augmentation de la température est totalement stoppée et reste stable, constante. C’est quand même un message positif. » A condition que les opinions publiques et les responsables politiques sortent enfin du #déni.

    https://www.liberation.fr/environnement/climat/pendant-que-locean-se-consume-20230623_M2PIQOI535BPRCGPITA6THMD44
    #mer #océan #canicule #climat #changement_climatique

    via @isskein

  • Termes nautiques
    https://www.annoncesbateau.com/conseils/termes-nautiques

    petit #dictionnaire

    Écrit par : Bénédicte Chalumeau
    ...
    Pour naviguer il est nécessaire d’avoir une compréhension du vocabulaire de la navigation, de la mer et des bateaux. Nous vous présentons ici les termes techniques les plus courants, utilisés dans le monde maritime.

    A
    #Abattre :
    Écarter sa route du lit du vent. Ce mouvement s’appelle une abattée.

    #Abord (en) :
    Sur le côté du bâtiment.

    #Accastillage :
    Objets et accessoires divers équipant un navire.

    #Accoster :
    Placer un bâtiment le long d’un quai ou le long d’un autre navire.

    #Acculée :
    Mouvement en arrière d’un navire, il cule.

    #Adonner :
    Le vent adonne pour un navire à voiles quand il tourne dans un sens favorable à la marche, c’est à dire quand il vient plus à l’arrière. Le contraire est refuser.

    #Affaler :
    Faire descendre, c’est le contraire de hâler. Affaler quelqu’un le long du bord, ou d’un mât, c’est le faire descendre au bout d’un filin.

    #Aiguillots :
    Pivots fixes sur une mèche du gouvernail ou sur l’étambot et tournant dans les fémelots.

    #Aileron :
    Partie de tente qui se place en abord. Prolongements en abord et généralement découverts de l’abri de navigation.

    #Ajut :
    Noeud servant à réunir momentanément deux bouts de cordage.

    #Allure :
    Direction d’un navire par rapport à celle du vent.

    #Amariner :
    Amariner un équipage : l’habituer à la mer.

    #Amarrage :
    Action d’amarrer.

    #Matelotage
     : bout de lusin, merlin, ligne, etc... servant à relier ensemble deux cordages.

    #Amarres :
    Chaînes ou cordages servant à tenir le navire le long du quai.

    #Amener :
    abaisser, faire descendre.

    #Amer :
    Point de repère sur une côte.

    #Amure :
    Manoeuvre qui retient le point inférieur d’une voile du côté d’où vient le vent (voiles carrées). Par extension est synonyme d’allure. Pour les bateaux latins, on continue à dire qu’ils naviguent bâbord ou tribord amures, selon que le vent vient de la gauche ou de la droite.

    #Anguillers :
    Conduits, canaux ou trous pratiqués dans la partie inférieure des varangues des couples pour permettre l’écoulement de l’eau dans les fonds.

    #Anspect :
    Ou barre d’anspect. Levier en bois dur servant à faire tourner un cabestan ou un guindeau. Primitivement, servait à pointer les canons en direction.

    #Aperçu :
    Pavillon signal que l’on hisse pour indiquer que l’on a compris un signal.

    #Apiquer :
    Hisser l’une des extrémités d’un gui ou d’une vergue de manière à l’élever au-dessus de l’autre.

    #Apparaux :
    Ensemble des objets formant l’équipement d’un navire.

    #Appel :
    Direction d’un cordage, de la chaîne de l’ancre.

    #Appuyer :
    Haler, raidir un cordage pour soutenir ou fixer l’objet auquel il aboutit. Appuyer un signal, c’est l’accompagner d’un signal sonore, coup de Klaxon, pour attirer l’attention. Appuyer la chasse : poursuivre obstinément.

    #Araignée :
    Patte d’oie à grand nombre de branches de menu filin qu’on installe sur les funes des tentes et tauds pour permettre de les maintenir horizontaux. Hamac : réseau de petites lignes à oeil placées à chaque extrémité de la toile du hamac pour le suspendre : elles se réunissent à deux boucles métalliques ou organeaux d’où partent les « rabans » de suspension.

    #Arborer :
    Arborer un pavillon, c’est le hisser au mât. En Méditerranée, dans la langue des galères, le mât s’appelait l’arbre.

    #Ardent :
    Un navire est ardent lorsqu’il tend de lui-même à se rapprocher du lit du vent. C’est le contraire du mou.

    #Armement :
    L’armement d’un bâtiment consiste à le munir de tout ce qui est nécessaire à son genre de navigation ; ce terme désigne aussi la totalité des objets dont un navire est muni. Ces objets sont inscrits sur les « feuilles d’armement ». Dans une embarcation, on appelle ainsi son équipage.

    #Armer :
    Armer un navire : le munir de son armement. / Armer un câble : le garnir en certains endroits pour le garantir des frottements.

    #Arraisonner :
    Arraisonner un navire c’est le questionner sur son chargement, sa destination, et toutes autres informations pouvant intéresser le navire arraisonneur.

    #Arrimage :
    Répartition convenable dans le navire de tous les objets composants son armement et sa cargaison.

    #Arrivée :
    Mouvement que fait le navire quand il s’éloigne du lit du vent pour recevoir le vent plus de l’arrière. Synonyme : « abattée ». Contraire : « auloffée ».

    #Arrondir :
    Passer au large d’un cap pour éviter les dangers qui le débordent.

    #Assiette :
    Manière dont le navire est assis dans l’eau, autrement dit sa situation par rapport à la différence de ses tirants d’eau avant et arrière.
    Assiette positive : T AV < T AR
    Assiette négative : T AV > T AR

    #Atterrir :
    Faire route pour trouver une terre ou un port.

    #Attrape :
    Cordage fixé sur un objet de façon à pouvoir en temps utile l’amener à portée de main.

    #Atterrissage :
    Action d’atterrir.

    #Auloffée :
    Mouvement d’un navire tournant son avant vers le lit du vent. Contraire : arrivée abattée (ou abattée).

    #Aveugler :
    Une voie d’eau, obstruer avec des moyens de fortune

    B
    #Bâbord :
    Partie du navire située à gauche d’un observateur placé dans l’axe de ce navire en faisant face à l’avant.

    #Baguer :
    Faire un noeud coulant.

    #Baille :
    Baquet (appellation familière donnée à leur école, par les élèves de l’école Navale).

    #Balancine :
    Manoeuvre partant du haut du mât et soutenant les extrémités d’une vergue ou l’extrémité d’un gui ou d’un tangon.

    #Ballast :
    Compartiments situés dans les fonds du navire et servant à prendre du lest, eau ou combustible.

    #Ballon :
    Défense sphérique que l’on met le long du bord.

    #Bande :
    Inclinaison latérale du navire. Synonyme de gîte. Mettre l’équipage à la bande : l’aligner sur le pont pour saluer un navire ou une personnalité.

    #Barbotin :
    Couronne à empreintes du guideau ou du cabestan sur laquelle les maillons d’une chaîne viennent s’engrener successivement.

    #Base :
    Banc de roche ou de corail formant un bas-fond.

    #Bastaque :
    Hauban à itague employé sur les petits bateaux. Il peut aussi servir à hisser certains objets.

    #Bastingage :
    Autrefois muraille en bois ou en fer régnant autour du pont supérieur d’un navire, couronnée par une sorte d’encaissement destiné à recevoir pendant le jour, les hamacs de l’équipage ; une toile peinte les recouvrait pour les protéger de la pluie et de l’humidité. On emploie aussi ce terme par extension pour désigner les gardes corps ou lisses de pavois.

    #Battant :
    Partie du pavillon qui flotte librement par opposition au guindant qui est le long de la drisse.

    #Bau :
    Poutres principales placées en travers du bateau pour relier les deux murailles de la coque et supporter les bordages de la coque.

    #Beaupré :
    Mât situé à l’avant du bâtiment.

    #Béquiller :
    #Empêcher un navire échoué de se coucher en le maintenant avec des béquilles.

    #Berceau :
    Assemblage en bois ou en fer destiné à soutenir un navire quand il est halé à terre.

    #Berne (en) :
    Mettre le pavillon à mi-drisse en signe de deuil.

    #Bigue :
    Très gros mât de charge maintenu presque vertical et portant à son extrémité supérieure des cordages et des appareils destinés à lever des poids très lourds. On nomme aussi bigues deux mâts placés et garnis comme le précèdent, et dont les têtes sont réunies par une portugaise.

    #Bittes :
    Pièce de bois ou d’acier fixé verticalement sur un pont ou un quai et servant à tourner les aussières.

    #Bitture :
    Partie d’une chaîne élongée sur le pont à l’avant et à l’arrière du guindeau, filant librement de l’écubier aussitôt qu’on fait tomber l’ancre (prendre une bitture).

    #Bollard :
    Point d’amarrage à terre constituée par un gros fût cylindrique en acier coulé, à tête renflée, pour éviter le glissement de l’amarre.

    #Bôme :
    Vergue inférieure d’une voile aurique.

    #Borde :
    #Ensemble des tôles ou des planches formant les murailles d’un navire.

    #Bordée :
    – Distance parcourue par un navire en louvoyant et sans virer de bord.
    – Division : de l’équipage pour faire le quart.

    #Border :
    – ne voile : la raidir en embarquant l’écoute.
    – La côte : la suivre de très près.
    – Un navire : mettre en place le bordé.

    #Bordure :
    Côté inférieur d’une voile ; la ralingue qui y est fixée se nomme ralingue de fond ou de bordure.

    #Bosco :
    Maître de manoeuvre (marine de guerre), Maître d’équipage (marine de commerce)

    B#osse :
    Bout de cordage ou de chaîne fixé par une de ses extrémités et qui, s’enroulant autour d’un cordage ou d’une chaîne sur lesquels s’exerce un effort, les maintient immobile par le frottement.

    #Bossoir :
    – Pièce de bois ou de fer saillant en dehors d’un navire et servant à la manoeuvre des ancres à jas ; par extension coté avant d’un navire. De capon - de traversières : sert à mettre l’ancre au poste de navigation ; d’embarcation ou portemanteau : sert à suspendre et à amener les embarcations.
    – Homme de bossoir : homme de veille sur le gaillard avant.

    #Bouge :
    Convexité transversale entre ponts et faux-ponts des navires.

    #Bouée :
    Corps flottant.

    #Bourlinguer :
    Se dit d’un bateau qui lutte dans une forte mer et d’un marin qui navigue beaucoup.

    #Braie :
    Sorte de collier en toile à voile ou en cuir que l’on applique autour du trou pratiqué dans le pont pour le passage d’un mât, d’une pompe, de la volée d’un canon afin d’empêcher l’infiltration de l’eau à l’intérieur du bateau.

    #Branles :
    Nom ancien des hamacs (d’où « branle-bas »).

    #Brasse :
    Mesure de longueur pour les cordages, 1m83, servant aussi à indiquer la profondeur de l’eau. Ce terme est en usage dans la plupart des nations maritimes mais la longueur en est différente : en France : 1m624, en Angleterre et en Amérique : 1m829 (six pieds anglais).

    #Brasser :
    Orienter les vergues au moyen des manoeuvres appelées bras. - carré : placer les vergues à angle droit avec l’axe longitudinal du navire. Brasser un tangon.

    #Brider :
    Étrangler, rapprocher plusieurs cordages tendus parallèlement par plusieurs tours d’un autre cordage qui les serre en leur milieu ; ou augmente ainsi leur tension.

    #Brigadier :
    Matelot d’une embarcation placé à l’avant pour recevoir les bosses ou les amarres, annoncer les obstacles sous le vent ou aider à accoster avec la gaffe.

    #Brin :
    Mot servant à indiquer la qualité du chanvre d’un cordage ; le meilleur est dit le premier brin. S’emploie aussi pour qualifier un homme remarquable.

    #Bulbe :
    Renflement de la partie inférieure d’une étrave.

    #Bulge :
    Renflement des flancs du navire.

    C
    #Cabaner :
    Chavirer sans dessus dessous en parlant d’une embarcation.

    #Cabestan :
    Treuil vertical servant à actionner mécaniquement ou à bras les barbotins.

    #Cabillot :
    Chevilles en bois ou en métal qui traversent les râteliers et auxquelles on amarre les manoeuvres courantes au pied des mâts ou en abord.

    #Câblot :
    Petit câble d’environ 100 mètres de longueur servant à mouiller les embarcations au moyen d’un grappin ou d’une petite ancre.

    #Cabotage :
    Navigation entre deux ports d’une même côte ou d’un même pays.

    #Caillebotis :
    treillis en bois amovible servant de parquet et laissant écouler l’eau.

    #Calfatage :
    Opération qui consiste à remplir d’étoupe, au moyen d’un ciseau et à coups de maillet, les coutures des bordages ou des ponts en bois d’un navire afin de les rendre étanches. L’étoupe est ensuite recouverte de brai.

    #Calier :
    Homme employé spécialement à la distribution de l’eau douce.

    #Caliorne :
    Gros et fort palan destiné aux manoeuvres de force.

    #Cap de mouton :
    Morceau de bois plat et circulaire percé de trois ou quatre trous dans lesquels passent des rides pour raidir les haubans, galhaubans, etc...

    #Cape (à la) :
    On dit qu’un navire est à la cape quand, par gros temps, il réduit sa voilure ou diminue la vitesse de sa machine en gouvernant de façon à faire le moins de route possible et à dériver le plus possible pour éviter les effets de la mer.

    #Capeler :
    Capeler un mât, c’est faire embrasser la tête du mât par toutes les manoeuvres dormantes qui doivent entourer cette tête et s’y trouver réunies.

    #Capeyer :
    Tenir la cape.

    #Capon :
    Palan qui servait à hisser l’ancre sur les anciens navires (bossoirs de capon).

    #Carène :
    Partie immergée de la coque d’un navire.

    #Caréner (un navire) :
    Nettoyer et peindre sa carène.

    #Cartahu :
    Cordage volant, sans affectation spéciale, destiné à hisser ou amener les objets qu’on y attache. Les cartahus de linge servent à mettre le linge au sec ; ils se hissent parfois entre les mâts de corde.

    #Chadburn :
    Système mécanique employé pour transmettre les ordres de la passerelle aux machines (marine de commerce).

    #Chambre (d’embarcation) :
    Partie libre, à l’arrière de l’embarcation où peuvent s’asseoir les passagers.

    #Chandeliers :
    Barres généralement en acier fixées verticalement en abord d’un pont, autour des panneaux et des passerelles pour empêcher les chutes. Les chandeliers sont percés de trous dans lesquels passent les tringles ou les filières de garde-corps.

    #Chapelle, #Faire_chapelle :
    Se dit d’un navire qui, marchant, sous un vent favorable, vient à masquer par suite, d’une cause quelconque et est obligé de faire le tour pour reprendre les mêmes amures.

    #Charnier :
    Tonneau à couvercle, ayant généralement la forme d’un cône tronqué et dans lequel étaient conservés les viandes et les lards salés pour la consommation journalière de l’équipage (ancien). Par extension réservoir rempli d’eau potable.

    #Chasser (sur son ancre) :
    Entraîner l’ancre par suite d’une tenue insuffisante de fond.

    #Château :
    Superstructure établie sur la partie centrale d’un pont supérieur et qui s’étend d’un côté à l’autre du navire.

    #Chatte :
    Grappin à patte sans oreilles dont on se sert pour draguer les câbles ou les objets tombés à la mer.

    #Chaumard :
    Pièce de guidage pour les amarres solidement fixées sur le pont dont toutes les parties présentent des arrondis pour éviter d’user ou de couper les filins.

    #Chèvre :
    Installation de trois mâtereaux réunis à leur tête pour les manoeuvres de force.

    #Choquer :
    Filer ou lâcher un peu de cordage soumis à une tension.

    #Claire :
    Ancre haute et claire :
    ancre entièrement sortie de l’eau, ni surpattée, ni surjalée. On dira de même :
    manoeuvre claire, pavillon clair.

    #Clan :
    Ensemble formé par un réa tournant dans une mortaise qui peut être pratiquée dans un bordage, une vergue ou un mât.

    #Clapot :
    Petites vagues nombreuses et serrées qui se heurtent en faisant un bruit particulier.

    #Clapotis :
    Etat de la mer qui clapote ou bruit de clapot.

    #Clin :
    Les bordages sont disposés à clin quand ils se recouvrent comme les ardoises d’un toit :
    embarcation à clins.

    #Clipper :
    Nom donné à un
    voilier
    fin de carène, spécialement construit pour donner une grande vitesse (clipper du thé, de la laine).

    #Coaltar :
    Goudron extrait de la houille (protège le bois de la pourriture).

    #Coffre :
    Grosse bouée servant à l’amarrage des navires sur une rade.

    #Connaissement :
    Document où est consigné la nature, le poids et les marques des marchandises embarquées. Cette pièce est signée par le capitaine après réception des marchandises avec l’engagement de les remettre dans l’état où elles ont été reçues, au lieu de destination sauf périls et accidents de mer.

    #Conserve, Naviguer de conserve :
    Naviguer ensemble (un bâtiment est ainsi « conserve » d’un autre).

    #Contre-bord (navire à) :
    Navire faisant une route de direction opposée à celle que l’on suit.

    #Coque :
    Boucle qui se forme dans les cordages.

    #Coqueron :
    Compartiment de la coque souvent voisine de l’étrave ou de l’étambot, servant e soute à matériel.

    #Corde :
    Ce mot n’est employé par les marins que pour désigner la corde de la cloche.

    #Cornaux :
    W-C. de l’équipage consistant en auges inclinées qui découlent dans les conduits aboutissant à la mer ; les cornaux étaient autrefois placés à tribord et à bâbord sur le plancher de la poulaine.

    #Corps-morts :
    Chaînes et ancres disposées au fond de la mer, solidement retenues par des empennelages, et dont une branche qui part dès la réunion des chaînes est nommée itague revient au-dessus de l’eau où elle est portée par un corps flottant (bouée ou coffre).

    #Coupée :
    Ouverture pratiquée dans les pavois ou dans le bastingage permettant l’entrée ou la sortie du bord.

    #Couples :
    Axes de charpente posés verticalement sur la quille.

    #Coursive :
    Terme général pour désigner des passages étroits tels que ceux qui peuvent se trouver entre des chambres ou autres distributions du navire.

    #Crachin :
    Pluie très fine. Crachiner.

    #Crapaud (d’amarrage) :
    Forts crampons pris sur le fond et servant au mouillage des coffres et des grosses bouées.

    #Crépine :
    Tôle perforée placée à l’entrée d’un tuyautage pour arrêter les saletés.

    #Croisillon :
    Petite bitte en forme de croix.

    #Croupiat :
    Grelin de cordage quelconque servant à amarrer l’arrière d’un navire à un quai ou à un bâtiment voisin. Faire croupiat :
    appareiller le navire en s’aidant d’une amarre pour éviter le navire vers la sortie du port ou du bassin.

    #Cul :
    Fond, partie arrière, basse ou reculée, d’un objet.
    – Cul d’une poulie :
    Partie de la caisse opposée au collet.
    – Cul de poule :
    Arrière allongé et relevé.
    – Cul de porc :
    Sorte de noeud.

    #Culer :
    En parlant d’un navire : marche arrière en avant.

    D
    #Dalot :
    Trous pratiqués dans les ponts et laissant s’écouler dans un tuyau placé au-dessous l’eau qui se trouve à la surface du pont.

    #Dames :
    Échancrures du plat-bord d’un canot garnies de cuivre et destinées à recevoir et à maintenir les avirons pendant la nage.

    #Darse :
    Bassin d’un port.

    #Déborder :
    Action de pousser au large une embarcation ou un bâtiment accosté à un navire ou à un quai.

    #Débouquer :
    Sortir d’un canal ou d’une passe pour gagner la mer libre.

    #Décapeler :
    Un mât, une vergue, c’est enlever les cordages qui y sont capelés ; un cordage, entourant un objet quelconque, c’est le dépasser par-dessus cet objet et l’enlever. De façon générale : ôter, décapeler un tricot, etc...

    #Défense :
    Tout objet suspendu contre le bord d’un navire ou d’une embarcation pour préserver la muraille du choc des quais et de toute construction flottante.

    #Déferler :
    Larguer les rabans de ferlage qui tiennent une voile serrée et la laisser tomber sur ses cargues. La lame déferle lorsqu’elle brise en s’enroulant sur elle-même ou en choquant une plage, une roche.

    #Déferler_un_pavillon :
    Peser sur la drisse pour permettre au pavillon de se déployer.

    #Déhaler :
    Déplacer un navire au moyen de ses amarres.

    Se déhaler :
    S’éloigner d’une position dangereuse au moyen de ses embarcations, de ses voiles.

    #Dérader :
    Quitter une rade.

    #Déraper :
    Une ancre : l’arracher du fond. Un navire dérape lorsqu’il enlève du fond sa dernière ancre.

    #Dérive :
    Différence entre le cap vrai du bâtiment et sa route vraie sous l’effet du vent de la mer et du courant.On appelle aussi « dérive » les surfaces que l’on immerge au centre de la coque ou sur les côtés pour s’opposer à la pression latérale du vent ; on devrait dire dans ce cas « contre dérive ». Être en dérive : navire ou objet qui flotte au gré du vent, des lames, des courants.

    #Désaffourcher :
    Relever une des deux ancres qui tiennent un navire affourché.

    #Désarmé :
    Un navire est désarmé lorsqu’il est amarré dans un port sans équipage et qu’il n’y a, en général, que des gardiens à bord.

    #Détroit :
    Ancre installée à la poupe d’un bâtiment.

    #Déventer :
    Une voile : la brasser en ralingue de façon à ce qu’elle fasseye.

    #Dévers :
    Inclinaison de l’étrave et courbure vers l’extérieur des couples de l’avant ayant pour avantage d’éviter l’embarquement des lames, formées par la vitesse du bâtiment.

    #Délester :
    Décharger le lest d’un navire, par exemple, alléger un navire.

    #Démailler :
    Séparer les maillons d’une chaîne, ou l’ancre de sa chaîne.

    #Demande :
    Filer à la demande un cordage qui fait effort, c’est le laisser (à la) filer en n’opposant qu’une faible résistance, mais en se tenant prêt à arrêter le mouvement au besoin.

    #Dépaler :
    Être dépalé : être porté par les courants, en dehors de la route que l’on doit suivre.

    #Déplacement :
    Poids du volume d’eau déplacé par un navire qui flotte. Le déplacement s’exprime en tonnes de 1000 kg.

    #Dévirer :
    (Cabestan, treuil, etc...) : tourner en sens contraire.

    #Dinghy :
    Embarcation en caoutchouc. L’on dit aussi
    zodiac quel que soit le modèle.

    #Double :
    Le double d’une manoeuvre : la partie qui revient sur elle-même dans le sens de la longueur après avoir passé dans une poulie ou autour d’un cabillot ou de tout autre objet. Quart de vin supplémentaire à titre de récompense.

    #Doubler :
    – Au vent : naviguer au vent de, passer au vent de...
    – Un cap : manoeuvrer et faire route de manière à contourner un cap.
    – Un bâtiment : le gagner de vitesse.
    – Les manoeuvres, cordages : les disposer en double en cas de mauvais temps ou autrefois à l’approche du combat.

    #Draille :
    Cordage tendu le long duquel une voile, une tente peuvent courir ou glisser par le moyen d’un transfilage ou d’anneaux.

    #Drisse :
    Cordage ou palan servant à hisser une vergue, une corne, une voile.
    – De flamme : cordage confectionné au moyen d’une machine spéciale, en une tresse ronde avec huit faisceaux, de trois fils à voile non goudronnés et destiné à hisser les signaux.

    #Drome :
    Ensemble des embarcations, des pièces de rechange : mâts, vergues, avirons, etc... embarqués à bord d’un bâtiment.
    – Des embarcations : rassemblement en bon ordre des avirons, mâts, gaffes d’un canot sur les bancs.

    #Drosse :
    Cordage en filin, en cuir, en fil d’acier, ou en chaîne qui sert à faire mouvoir la barre de gouvernail.

    #Drosser :
    Entraîner hors de sa route par les vents et la mer.

    #Ducs d’albe :
    Nom donné à un ou plusieurs poteaux réunis, enfoncés dans le fond d’un bassin ou d’une rivière afin d’y capeler des amarres quand on le déhale d’un navire.

    E
    #Echafaud :
    Planches formant une plate-forme que l’on suspend le long de la coque pour travailler.

    #Echouer :
    Toucher le fond.

    #Ecope :
    Pelle en bois à long manche qui sert à prendre de l’eau à la mer pour en asperger la muraille d’un bâtiment pour la nettoyer. Elle sert également à vider les embarcations.

    #Écoutille :
    Ouverture rectangulaire pratiquée dans le pont pour pouvoir accéder dans les entreponts et dans les cales.

    #Ecubier :
    Conduit en fonte, en tôle ou en acier moulé ménagé de chaque bord de l’étrave pour le passage des chaînes de l’ancre. Ouverture par laquelle passe la chaîne d’une ancre.

    #Elingue :
    Bout de filin ou longue estrope dont on entoure les objets pesants tels qu’une barrique, un ballot, une pièce de machine, etc... A cette élingue, on accroche un palan ou la chaîne d’un mât de charge pour embarquer ou débarquer les marchandises.

    #Embardée :
    Abattée d’un navire en marche en dehors de sa route ou au mouillage ou sous l’effet du vent ou du courant.

    #Embarder :
    Se dit d’un navire qui s’écarte de sa route à droite ou à gauche en suivant une ligne courbe et irrégulière. On dit aussi qu’un navire, à l’ancre, embarde quand il change constamment de cap sous l’effet du vent ou du courant.

    #Embellie :
    Amélioration momentanée de l’état de la mer et diminution du vent pendant une tempête ou encore éclaircie du ciel pendant le mauvais temps ou la pluie.

    #Embosser :
    Un navire : mouiller ou amarrer le bâtiment de l’AV et de l’AR, pour le tenir dans une direction déterminée malgré le vent ou le courant.

    #Embouquer :
    S’engager dans un canal, un détroit ou une passe.

    #Embraquer :
    Tirer sur un cordage de manière à le raidir : embraquer le mou d’une aussière.

    #Embrun :
    L’embrun est une poussière liquide arrachée par le vent de la crête des lames.

    #Emerillon :
    Croc ou anneau rivé par une tige dans un anneau de manière à pouvoir tourner librement dans le trou de l’anneau.

    #Empanner :
    Un navire à voile empanne ou est empanné quand il est masqué par le côté de l’écoute de ses voiles.

    #Encablure :
    Longueur employée pour estimer approximativement la distance entre deux objets peu éloignés l’un de l’autre. Cette longueur est de 120 brasses (environ 200 mètres). Longueur normale d’une glène d’aussière. Autre définition de l’encablure : un dixième de mille soit environ 185 mètres.

    #Encalminé :
    Voilier encalminé : quand il est dans le calme ou dans un vent si faible qu’il ne peut gouverner.

    #Engager :
    Un navire est engagé quand il se trouve très incliné par la force du vent, le désarrimage du chargement ou la houle et qu’il ne peut se redresser. Cordage engagé : cordage qui bloque.

    #En grand :
    Tout à fait, sans retenue.

    #Entremise :
    Fil d’acier reliant deux têtes de bossoir et sur lequel sont frappés les tire-veilles. Pièces de bois, cornière, placées dans le sens longitudinal. Elles servent avec les barrots à établir la charpente des ponts, à limiter les écoutilles, etc...

    #Épauler :
    La lame : prendre la mer à quelques quarts de l’AV pour mieux y résister.

    #Epontille :
    Colonne verticale de bois ou de métal soutenant le barrot d’un pont ou d’une partie à consolider.

    #Erre :
    Vitesse conservée par un navire sur lequel n’agit plus le propulseur.

    #Espars :
    Terme général usité pour désigner de longues pièces de bois employées comme mâts, vergues, etc...

    #Essarder :
    Essuyer, assécher avec un faubert ou une serpillière.

    #Etale :
    – Sans vitesse.
    – Étale de marée : moment où la mer ne monte ni ne baisse

    #Etaler :
    Résister à.

    #Étalingure :
    Fixation de l’extrémité d’un câble, d’une chaîne sur l’organeau d’une ancre. - de cale : fixation du câble ou de la chaîne dans la cale ou le puits à chaînes.

    #Etambot :
    Pièce de bois de même largeur que la quille et qui s’élève à l’arrière en faisant avec celle-ci un angle généralement obtus qu’on nomme quête. Il reçoit les fémelots ou aiguillots du gouvernail.

    #Etamine :
    Étoffe servant à la confection des pavillons.

    #Etarquer :
    Une voile : la hisser de façon à la tendre le plus possible.

    #Étrangler :
    Une voile : l’étouffer au moyen de cordages.

    #Etrangloir :
    Appareil destiné à ralentir et à arrêter dans sa course une chaîne d’ancre.

    #Evitage :
    Mouvement de rotation d’un bâtiment sur ses ancres, au changement de marées ou par la force du vent qui agit plus sur lui que sur le courant. Espace nécessaire à un bâtiment à l’ancre pour effectuer un changement de cap, cap pour cap.

    F
    #Fanal :
    Lanterne d’embarcation.

    #Fardage :
    Tout ce qui se trouve au-dessus de la flottaison excepté la coque lisse et offrant de la prise au vent. Dans la marine de commerce, désigne aussi les planches , nattes, etc... que l’on place sur le vaigrage du fond pour garantir les marchandises contre l’humidité.

    #Fatiguer :
    Un bâtiment fatigue lorsque, par l’effet du vent, de la mer, ses liaisons sont fortement ébranlées.

    #Faubert :
    Sorte de balai fait de nombreux fils de caret et dont on fait usage à bord pour sécher un pont après la pluie ou le lavage.

    #Faux-bras :
    Cordage installé le long du bord, pour faciliter l’accostage des embarcations.

    #Femelots :
    Pentures à deux branches embrassant l’étambot ou le gouvernail et représentant des logements pour recevoir les aiguillots.

    #Ferler :
    – Une voile carrée : relever par plis sur la vergue une voile carguée et la fixer au moyen de rabans dits de ferlage qui entourent la voile et la vergue.
    – Un pavillon : le plier et le rouler en le maintenant ensuite avec sa drisse.

    #Filer :
    – Une amarre : laisser aller une amarre dont un des bouts est attaché à un point fixe.
    – La chaîne : augmenter la touée d’une chaîne en la laissant aller de la quantité voulue en dehors du bord.
    – Par le bout, une chaîne ou grelin : laisser aller du navire dans l’eau.

    #Filière :
    Cordage tendu horizontalement et servant de garde-corps ou à suspendre différents objets. - de mauvais temps : cordage qu’on tend d’un bout à l’autre du bâtiment et auquel les hommes se retiennent pendant les forts mouvements de roulis et de tangage.

    #Flux :
    Marée montante.

    #Forain :
    Ouvert : Rade foraine : rade sans abri, exposée au mauvais temps du large (mouillage d’attente).

    Forme :
    – Bassin de radoub, ou cale sèche : bassin de radoub.
    – Formes d’un navire : ses lignes.

    #Fraîchir :
    Se dit du vent qui augmente d’intensité.

    #Frais :
    Désigne la forme du vent : joli frais, bon frais, grand frais.

    #Franc-bord :
    Distance entre le niveau de l’eau à l’extérieur du navire et la partie supérieure du pont principal à la demi-longueur du navire.

    #Fret :
    Somme convenue pour le transport de marchandises par navire. Les marchandises composant le chargement du navire.

    #Fuir :
    Devant le temps ou devant la mer : gouverner de manière à recevoir le vent ou la mer par l’arrière.

    #Fune :
    Grelin qui traîne le chalut. Prolongement de la filière des tentes d’un navire (mettre les tentes en fune).

    G
    #Galhauban :
    Cordage en chanvre ou en acier servant à assujettir par le travers et vers l’arrière les mâts supérieurs.

    #Gambier :
    Changer la position d’une voile à antenne ou au tiers d’un côté à l’autre du navire en faisant passer la vergue de l’autre côté du mât. Synonyme : muder, trélucher.

    #Galipot :
    Sorte de mastic avec lequel on recouvre les pièces métalliques en cas de repos prolongé ou d’exposition à l’arrosage par l’eau de mer. Pâte formée en parties égales de céruse et de suif fondu, étalée à chaud, au pinceau, sur les surfaces à protéger. On l’enlève par grattage et lavage à l’huile. Galipoter (vieux).

    #Gite :
    Synonyme de bande : Giter.

    #Glène :
    De cordage : portion de cordage ployée en rond sur elle-même, c’est à dire lové.

    #Grain :
    Vent violent qui s’élève soudainement généralement de peu de durée. Les grains sont parfois accompagnés de pluie, de grêle ou de neige.

    #Gréement :
    L’ensemble des cordages, manoeuvres de toutes sortes et autres objets servant à l’établissement, à la tenue ou au jeu de la mâture, des vergues et des voiles d’un navire.

    #Guindeau :
    Appareil servant à virer les chaînes, à mouiller et à relever les ancres à bord d’un navire. Son axe de rotation est horizontal.

    H
    #Habitacle :
    Sorte de cuvette ou de caisse cylindrique en bois ou en cuivre recouverte à la partie supérieure d’une glace et qui contient le compas de route et les lampes qui l’éclairent.

    #Hale-bas :
    Petit cordage frappé au point de drisse des voiles enverguées sur des drailles et qui sert à les amener.

    #Haler :
    Remorquer un navire dans un canal ou le long d’un quai au moyen d’un cordage tiré au rivage. Tirer un cordage ou un objet quelconque au moyen d’un cordage sur lequel on fait un effort.

    #Hanche :
    Partie de la muraille d’un navire qui avoisine l’arrière. On relève un objet par la hanche quand il est à 45° par l’arrière du travers.

    #Haut-fond :
    Sommet sous-marin recouvert d’eau peu profonde et dangereux pour la navigation.

    #Hauturière :
    Navigation au large ; contrôlée par l’observation des astres. Long cours.

    I
    #Itague :
    Cordage passant par une poulie simple et sur lequel on agit à l’aide d’un palan pour augmenter la puissance. Chaîne retenant un coffre et maillée au point de jonction des chaînes des ancres de corps-mort.

    J
    #Jambettes :
    Montants, bouts d’allonges qui dépassent le plat-bord d’un bâtiment et sur lesquels on tourne des manoeuvres ou on prend un retour. Pièces de bois ou de fer légèrement inclinées et retenant les pavois.

    #Jarretière :
    Sangle qui sert à saisir une drôme dans une embarcation.

    #Jauge :
    Volume des capacités intérieures des navires exprimé en tonneaux de 2m3.83 ou 100 pieds cubes anglais.

    #Jauge brute :
    Volume de tous les espaces fermés du navire sans exception aucune.

    #Jauge nette :
    Volume des espaces utilisables commercialement.

    #Jaumière :
    Ouverture pratiquée dans la voûte d’un navire pour le passage et le jeu de la partie supérieure de la mèche du gouvernail.

    #Joue :
    Creux des formes de la coque à l’avant d’un navire. Synonyme : épaule. Face extérieure de la caisse d’une poulie.

    #Joute :
    Compétition d’embarcations à l’aviron.

    #Jusant :
    Marée descendante.

    L
    #Laisse :
    – De marée : partie du rivage alternativement couverte et découverte par la mer dans les mouvements de la marée.

    #Laize :
    Chacune des bandes de toile dont se compose une voile.

    #Lamanage :
    Pilotage restreint aux ports, baies, rade et rivières de peu d’importance. Dans la coutume d’Oléron, le pilote s’appelait loman, c’est à dire homme du lof (côté du vent) ; on en a fait laman, puis lamaneur.

    #Larder :
    Voir paillet.

    #Latte :
    – De hauban : patte métallique fixée sur le bordage pour servir de cadène de hauban.

    #Lège :
    Bâtiment lège : bâtiment vide.

    #Lest :
    Matières pesantes arrimées dans les fonds du navire pour en assurer la stabilité.

    #Libre pratique :
    Permission donnée par les autorités sanitaires d’un port à un navire de communiquer librement avec la terre.

    #Loch :
    Appareil servant à mesurer la vitesse du navire.

    #Lumières :
    Petits canaux ou conduits pratiqués sur la face antérieure des varangues et destinés à conduire les eaux de cale au pied des pompes. Synonyme : anguillers

    M
    #Mahonne :
    Chaland de port à formes très arrondies utilisé en Méditerranée.

    #Maille :
    Intervalle entre deux couples voisins d’un navire ou entre deux varangues. Ouverture laissée entre les fils des filets de pêche.

    #Main_courante :
    Barre en métal, ou pièces de bois mince, placées de chaque côté des échelles de dunette, de roof-passerelle, de gaillard, etc... pour servir de rampe.

    #Maistrance :
    (Marine Nationale) - L’ensemble des officiers mariniers de la Marine de guerre française et plus particulièrement ceux de carrière qui constituent le cadre de maistrance proprement dit.

    #Maître_bau :
    Bau situé dans la plus grande largeur du navire.

    #Maître_couple :
    Couple situé de même.

    #Maître_de_quart :
    (Marine nationale) - Gradé du service manoeuvre qui, à bord des bâtiments militaires, seconde l’officier de quart dans le service des embarcations et rend les honneurs du sifflet à l’arrivée et au départ des officiers.

    #Maniable :
    Modéré (vent) ; assez beau (temps).

    #Manifeste :
    Liste complète et détaillée par marque et numéros des colis de marchandises formant la cargaison d’un navire. Cette liste est remise à la Douane du port de destination.

    #Marie-Salope :
    Chaland à saletés.

    #Marnage :
    Synonyme : d’amplitude pour la marée.

    #Maroquin :
    Cordage tendu entre deux mâts pour servir à supporter une ou plusieurs poulies dans lesquelles passent des manoeuvres ou des drisses.

    #Mascaret :
    Phénomène qui se produit dans le cours inférieur d’un fleuve consistant en plusieurs lames creuses et courtes formées par la remontée du flot contre le courant du propre fleuve.

    #Mât_de_charge :
    Espar incliné tenu par des balancines portant des apparaux servant à déplacer des poids.

    #Mâter :
    Mettre un mât en place. Mâter une pièce, une barrique, les avirons : les dresser et le tenir dans une position verticale.

    #Mégaphone :
    Tronc de cône creux et léger servant à augmenter la portée de la voix.

    #Membrure :
    Pièce de bois ou de fer soutenant le bordé et les vaigres sur laquelle viennent se fixer les barrots (Synonyme : couple).

    #Midship :
    Aspirant ou enseigne de vaisseau, en général le plus jeune parmi les officiers. Désigne également des chaussures ouvertes utilisées à bord des bâtiments de la Marine en pays chaud.

    #Mole :
    Construction en maçonnerie, destinée à protéger l’entrée d’un port et s’élevant au-dessus du niveau des plus fortes marées.

    #Mollir :
    Diminuer de violence (vent / mer).

    #Mou :
    Un cordage a du mou quand il n’est pas assez tendu. Donner du mou : choquer une manoeuvre. Un navire est mou quand il a tendance à abattre.

    #Moucheter_un_croc :
    Amarrer un bout entre pointe et dos pour empêcher le décrochage.

    #Mouiller :
    Jeter l’ancre et filer la touée de la chaîne convenable.

    #Mousson :
    Vents périodiques, soufflant avec de légères variations pendant une moitié de l’année dans une direction et pendant l’autre moitié de l’année dans la direction opposée. (Mers de Chine et Océan Indien).

    #Musoir :
    Pointe extrême d’une jetée ou d’un môle ; se dit aussi de l’extrémité d’un quai à l’entrée d’un bassin ou d’un sas.

    N
    #Nable :
    Trou percé dans le fond d’une embarcation servant à la vider lorsque cette embarcation n’est pas à flot. S’obture au moyen d’un bouchon de nable.

    #Nage :
    Mouvement imprimé par l’armement aux avirons d’une embarcation.
    – Chef de nage : Nageurs assis sur le banc arrière dont les mouvements sont suivis par tous les autres.
    – Nage à couple : Quand il y a 2 (canot) ou 4 (chaloupe) nageurs sur chaque banc.
    – Nage en pointe : 1 nageur par banc (baleinière).

    #Natte :
    Nom donné aux paillets et aux sangles qu’on place en divers endroits de la mâture et du gréement qu’on veut garantir du frottement.

    #Nid de pie :
    Installation placée assez haut sur le mât avant de certains navires et dans laquelle se tient l’homme de vigie. A bord des navires polaires, on dit plutôt #nid_de_corbeau.

    O
    #Obéir :
    Un navire obéit bien à la barre quand il en sent rapidement l’action.

    #Obstructions :
    Défenses fixes, d’un port pour en interdire l’accès à un ennemi de surface, sous-marin ou aérien.

    #Oeil :
    Boucle formée à l’extrémité d’un filin.

    #Oeil de la tempête :
    Éclaircie dans le ciel au centre des ouragans.

    #Oeuvres_mortes :
    Partie émergée de la coque.

    #Oeuvres_vives :
    Partie immergée de la coque.

    #Opercule :
    Tape de hublot.

    #Oreilles_d_âne :
    Cuillers en tôle permettant d’augmenter le débit d’air entrant par les hublots.

    P
    #Paille de bitte :
    Tige de fer traversant la tête d’une bitte pour empêcher la chaîne ou l’aussière de décapeler.

    #Paillet :
    Réunion de fils de bitord, torons de cordage, etc... tressés ensemble et formant une sorte de natte. On les emploie pour garnir les manoeuvres dormantes afin empêcher le frottement.

    #Palanquée :
    Colis, ensemble de marchandises groupées dans une élingue ou un filet pour être embarquées ou débarquées en un seul mouvement de grue.

    #Palanquer :
    Agir sur un objet quelconque avec un ou plusieurs palans.

    #Panne (mettre en) :
    Manoeuvre qui a pour objet d’arrêter la marche du navire par le brasseyage de la voilure.

    #Pantoire :
    Fort bout de cordage terminé par un oeil muni d’une cosse.

    #Pantoire_de_tangon :
    Retient le tangon dans le plan vertical.

    #Paravane (un) :
    Deux brins de dragage fixés au brion terminés par des flotteurs divergents. Installation destinée à la protection contre les mines à orin.

    #Paré :
    Prêt, libre, clair, hors de danger.

    #Parer :
    – Un cap : le doubler ; - un abordage : l’éviter.
    – Une manoeuvre : la préparer.
    – Manoeuvres : commandement pour tout remettre en ordre.
    Faire parer un cordage : le dégager s’il est engagé ou empêcher de la faire.

    #Passerelle :
    Petit cordage servant de transfilage ou à passer une manoeuvre plus grosse dans les poulies ou un conduit.
    Aussière ou chaîne passée d’avance sous la coque d’un bâtiment afin de permettre une mise en place rapide d’un paillet makaroff.

    #Pataras :
    Hauban supplémentaire destiné à soulager temporairement à un hauban soumis à un effort considérable - très employé sur les yachts de course, ce hauban mobile appelle largement sur l’arrière.

    #Patente de santé :
    Certificat délivré à un navire par les autorités du port pour attester l’état sanitaire de ce port.

    #Pavois :
    Partie de coque au-dessus du pont formant garde corps.

    #Grand_pavois :
    Pavillon de signaux frappés le long des étais et de l’entremise dans un ordre déterminé.

    #Petit_pavois :
    Pavillons nationaux en tête de chacun des mâts. Au-dessus du pavois : Syn. « de montré » pour un signal par pavillon de 1 signe.

    P#eneau (faire) :
    Tenir l’ancre prête à mouiller par grands fonds après avoir filé une certaine quantité de chaîne pour atténuer la violence du choc sur le fond.

    #Perdant :
    Synonyme : jusant.

    #Perthuis :
    Détroit entre les îles, des terres ou des dangers.
    Ouverture d’accès dans une cale sèche.

    #Phare :
    Construction en forme de tour portant un feu à son sommet.
    Mât avec ses vergues, voiles et gréement. Ex. : phare de misaine, phare de l’avant, phare de l’arrière, phare d’artimon, phare carré.

    #Phoscar :
    Sorte de boîte à fumée et à feu jetée d’un bâtiment afin de matérialiser un point sur la mer.

    #Pic (a pic) :
    Position verticale de la chaîne de l’ancre au moment où celle-ci est sur le point d’être arrachée au fond. A long pic : laisser la chaîne de l’ancre un peu plus longue que pour être à pic.

    #Pied :
    Jeter un pied d’ancre : mouiller avec un peu de touée pour un court laps de temps.
    Mesure de longueur égale à 0,305mètre.

    #Pied_de_biche :
    Pièce de fonte, dans un guindeau.

    #Pied_de_pilote :
    Quantité dont on augmente le tirant d’eau pour être sur de ne pas talonner.

    #Pigoulière :
    Embarcation à moteur assurant à heures fixes à TOULON le service de transport du personnel entre différents points de l’Arsenal.

    #Piloter :
    Assurer la conduite d’un navire dans un port ou dans les parages difficiles de la côte.

    #Piquer_l_heure :
    Sonner l’heure au moyen d’une cloche.

    #Plat-bord :
    – Dans un bâtiment en bois : ensemble des planches horizontales qui recouvrent les têtes des allonges de sommet.
    – Dans un navire en fer : ceinture en bois entourant les ponts.

    #Plein :
    Synonyme : pleine mer.
    – Plus près bon plein : allure de 1 quart plus arrivée que le plus près.
    – Mettre au plein : échouer un bateau à la côte.

    #Poste (amarre de) :
    Aussière ou grelin de forte grosseur fournie par les ports pour donner plus de sécurité et plus de souplesse à l’amarrage des navires et éviter l’usure de leurs propres aussières d’amarrage.

    #Pot_au_noir :
    Zone des calmes équatoriaux caractérisés par des pluies torrentielles.

    #Poulaine :
    Partie extrême avant d’un navire : lieu d’aisance de l’équipage.

    #Poupée_de_guindeau :
    Bloc rond en fonte sur lequel on garnit les amarres que l’on veut virer au guindeau.

    #Prélart :
    Laize de toile à voile souple, cousues ensemble puis goudronnées, destinées à couvrir les panneaux d’une écoutille et empêcher l’accès de l’eau dans les entreponts ou la cale.

    #Puisard :
    Espace compris entre deux varangues et formant une caisse étanche dans laquelle viennent se rassembler les eaux de cale.

    #Pilot_chart :
    Cartes périodiques publiées par l’Office Météo des Etats-Unis fournissant des renseignements sur la direction et la force des vents et des courants probables et la position des icebergs.

    Q
    #Quart :
    32ème partie du tour d’horizon, vaut 11 degrés 15 minutes.
    Synonyme. : de rhumb de compas.

    #Queue _de_rat :
    – Cordage terminé en pointe.
    – D’un grain : rafale violente et subite à la fin d’un grain.
    – Aviron de queue : aviron servant de gouvernail.

    #Quille_de_roulis :
    Plan mince, en tôle, fixé normalement et extérieurement à la coque, dans la région du bouchain, sur une partie de la longueur du navire, et destiné à entraîner l’eau lors des mouvements de roulis pour les amortir plus rapidement.

    R
    #Raban :
    Tresse ou sangle de 8 à 9 mètres de long formée d’un nombre impair de brins de bitord.
    – De hamac : bout de quarantenier servant à suspendre le hamac.
    – De ferlage : cordon ou tresse servant à serrer une voile sur une vergue, un gui, etc...

    #Rabanter :
    Fixer ou saisir un objet à son poste avec les rabans destinés à cet usage.
    – Une voile : la relever pli par pli sur la vergue et l’entourer, ainsi que la vergue, avec les rabans.

    #Radier :
    Maçonnerie sur laquelle on établit les portes d’un bassin et d’une forme.

    #Radoub :
    Passage au bassin d’un navire pour entretien ou réparation de sa coque.

    #Rafale :
    Augmentation soudaine et de peu de durée du vent.

    #Rafiau ou #Rafiot :
    Petite embarcation, mauvais navire.

    #Rafraîchir :
    Un câble, une amarre, c’est en filer ou en embraquer une certaine longueur de manière à ce que le portage ne soit jamais à la même place.

    #Raguer :
    Un cordage rague lorsqu’il s’use, se détériore en frottant sur un objet dur ou présentant des aspérités. Se dit aussi d’un bâtiment frottant contre un quai.

    #Rail :
    Pièce en cuivre vissée sur un mât à pible ou un gui sur laquelle sont enfilés les coulisseaux.

    #Rambarde :
    Garde-corps.
    Synonyme : de main courante.

    #Ras :
    Radeau servant aux réparations à faire à un bâtiment près de sa flottaison.
    Petits appontements flottants.

    #Ratier :
    Argot de bord - Matelot sans spécialité chargé de l’entretien de la coque.

    #Rattrapant :
    Yacht rattrapant. Terme de régate : lorsque deux yachts font la même route ou à peu près, celui qui est en route libre derrière l’autre commence à être considéré comme « yacht rattrapant l’autre » aussitôt qu’il s’en approche assez près pour qu’il y ait « risque de collision » et continue à être tel jusqu’à ce qu’il redevienne en roue libre devant ou derrière, ou s’en soit écarté par le travers jusqu’à écarter le risque de collision.

    #Raz :
    Courant violent dû au flot ou au jusant dans un passage resserré.

    #Reflux :
    Mouvement rétrograde de l’eau après la marée haute.
    Synonyme : jusant, ébe.

    #Refuser :
    Le vent refuse lorsque sa direction vient plus de l’avant. Contraire : adonner.

    #Relâcher :
    Un navire relâche quand par suite du mauvais temps, avaries subies, etc... il est forcé d’interrompre sa mission et d’entrer dans un port qui n’est pas son port de destination.

    #Renard :
    Plateau sur lequel sont pointés les noms des officiers qui descendent à terre.

    #Rencontrer :
    La barre ou simplement rencontrer : mettre la barre du côté opposé à celui où elle était auparavant pour arrêter le mouvement d’abatée du navire.

    #Rendre :
    Un cordage rend lorsqu’il s’allonge. Une manoeuvre est rendue lorsqu’on l’a amenée à son poste en halant dessus. Rendre le mou d’un cordage : tenir le cordage à retour d’un bout tandis qu’on hale de l’autre bout. Rendre le quart : remettre le quart à son successeur.

    #Renflouer :
    Remettre à flot un navire échoué.

    #Renverse :
    Du courant : le changement cap pour cap de sa direction.

    #Ressac :
    Retour violent des lames sur elles-mêmes lorsqu’elles vont se briser sur une côte, un haut-fond.

    #Retenue :
    Cordage en chanvre, en acier ou chaîne servant à soutenir un bout-dehors, un bossoir.

    #Rider :
    Une manoeuvre dormante : c’est la raidir fortement à l’aide de ridoirs ou de caps de mouton.

    #Riper :
    Faire glisser avec frottement.

    #Risée :
    Petite brise subite et passagère.

    #Rocambeau :
    Cercle en fer garni d’un croc, servant notamment à hisser la vergue d’une voile au tiers et à amurer le point d’amure du foc le long de son bout-dehors.

    #Rôle :
    Rôle de combat, rôle d’équipage, etc...

    #Rondier :
    Gradé ou matelot chargé d’une ronde.

    #Roof :
    Superstructure établie sur un pont supérieur et ne s’étendant pas d’un côté à l’autre du navire.

    #Roulis :
    Balancement qui prend le navire dans le sens transversal.

    #Routier :
    Carte marine à petite échelle comprenant

    S
    #Sabaye :
    Cordage avec lequel on hâle à terre un canot mouillé près de la côte.

    ##Sabord :
    Ouverture rectangulaire pratiquée dans la muraille d’un navire.

    Saborder :
    Faire des brèches dans les oeuvres vives d’un navire pour le couler.

    #Safran :
    Surface du gouvernail sur laquelle s’exerce la pression de l’eau pour orienter le navire.

    #Savate :
    Pièce de bois sur laquelle repose un navire au moment de son lancement.

    #Saisine :
    Cordage servant à fixer et à maintenir à leur place certains objets.

    #Sangle :
    Tissu en bitord qui sert à garantir du frottement certaines parties du navire ou du gréement ou à maintenir au roulis des objets suspendus.

    #Sas :
    Partie d’un canal muni d’écluses, destinée à établir une jonction entre deux bassins de niveaux différents. Compartiment en séparant deux autres dont les ouvertures ne peuvent s’ouvrir que l’une après l’autre.

    #Saute_de_vent :
    Changement subit dans la direction du vent.

    #Sauve-Garde :
    Cordages fourrés ou chaînes servant à empêcher le gouvernail d’être emporté s’il vient à être démonté. Ils sont fixés d’un bout sur le gouvernail, de l’autre sur les flancs du bâtiment.

    #Sec (à) :
    Un bâtiment court à sec, est à sec de toile lorsqu’il navigue sans se servir de ses voiles, mais poussé par le vent.

    #Semonce :
    Ordre donné par un navire armé à un autre navire de montrer ses couleurs et au besoin d’arrêter pour être visité.

    #Coup (coup de) :
    Coup de canon appuyant cet ordre.

    #Servir :
    Faire servir : manoeuvre d’un navire à voiles pour quitter la panne et reprendre la route.

    #Seuil :
    Élévation du fond de la mer s’étendant sur une longue distance.

    #Sillage :
    Trace qu’un navire laisse derrière lui à la surface de la mer.

    #Slip :
    Plan incliné destiné à mettre à l’eau ou à haler à terre de petits bâtiments ou des hydravions au moyen d’un chariot sur rails.

    #Soufflage :
    Doublage en planches minces sur le bordé intérieur ou extérieur.

    #Souille :
    Enfoncement que forme dans la vase ou le sable mou un bâtiment échoué.

    #Sous-venté :
    Un voilier est sous-venté quand il passe sous le vent d’un autre bâtiment, d’une terre qui le prive de vent.

    #Spardeck :
    Pont léger au-dessus du pont principal.

    #Suceuse :
    Drague travaillant par succion du fond.

    #Superstructures :
    Ensemble des constructions légères situées au-dessus du pont supérieur.

    #Surbau :
    Tôle verticale de faible hauteur encadrant un panneau, un roof ou un compartiment quelconque.

    #Syndic :
    Fonctionnaire de l’Inscription Maritime remplaçant les Administrateurs dans les sous-quartiers.

    #Syzygie (marée des) :
    Marées correspondant à la nouvelle ou à la pleine lune. Synonyme : marée de vive-eau.

    T
    #Table_à_roulis :
    Table percée de trous.
    Par gros temps, on y met des chevilles appelées violons ou cabillots qui permettent de fixer les objets qui s’y trouvent.

    #Tableau :
    Partie de la poupe située au-dessus de la voûte.
    Dans un canot ou une chaloupe, partie arrière de l’embarcation.

    #Talon_de_quille :
    Extrémité postérieure de la quille sur laquelle repose l’étambot.

    #Talonner :
    Toucher le fond de la mer avec le talon de la quille.

    #Tangon :
    Poutre mobile établie horizontalement à l’extérieur d’un navire, à la hauteur du pont supérieur et perpendiculairement à la coque, sur laquelle on amarre les embarcations quand le navire est à l’ancre.
    – De spinnaker ou de foc : espars servant à déborder le point d’écoute du spinnaker ou du foc au vent arrière.

    #Tangage :
    Mouvement que prend le navire dans le sens longitudinal.

    #Tanker :
    Navire pétrolier.

    #Tape :
    Panneau en tôle ou pièce de bois obturant une ouverture.

    #Taud :
    Abri de grosse toile qu’on établit en forme de toit au-dessus des ponts pour garantir l’équipage contre la pluie. Etui placé sur les voiles serrées pour les garantir de la pluie.

    #Teck :
    Bois des Indes presque imputrescibles aussi fort et plus léger que le chêne ; très employé dans la construction navale.

    #Tenir :
    Navire tenant la mer : se comportant bien dans le mauvais temps.

    #Tenir le large :
    Rester loin de la terre.

    #Tenue :
    Qualité du fond d’un mouillage. Les fonds de bonne tenue sont ceux dans lesquels les pattes des ancres pénètrent facilement et ne peuvent cependant en être arrachées qu’avec difficulté.
    La tenue d’un mât est son assujettissement par les étais et les haubans.

    #Teugue :
    Partie couverte du pont supérieur avant, constituant un gaillard d’avant où les hommes de l’équipage peuvent s’abriter.

    #Tiens-bon ! :
    Commandement à des hommes qui agissent sur un cordage, un cabestan, etc... de suspendre leurs efforts tout en restant dans la position où ils sont (voir « Tenir bon »).

    #Tiers (voile au) :
    Synonyme : de bourcet
    Voiles des canots et chaloupes.

    #Tillac :
    Pont supérieur ou parfois plancher d’embarcation.

    #Tins :
    Pièces de bois carrées placées à des distances régulières sur le fond d’une cale-sèche et destinées à soutenir la quille des navires.

    #Tire-veilles :
    Nom donné à un bout de filin terminé par une pomme à la rambarde au bas de l’échelle de coupée d’un navire et auquel on se tient pour monter à bord ou pour en descendre.
    Bout amarré sur l’entremise des bossoirs d’embarcation et auxquels se tient l’armement d’une embarcation quand on la met à l’eau ou quand on la hisse.

    #Tomber :
    – Sous le vent : s’éloigner de l’origine du vent.
    – Sur un navire, une roche : être entraîné par le vent, le courant ou toute autre cause vers un navire, un rocher, etc...
    – Le vent tombe, la mer tombe : le vent diminue d’intensité, les vagues de force.

    #Tonnage :
    Capacité cubique d’un navire ou de l’un de ses compartiments exprimée en tonneaux. Le tonneau est égal à cent pieds cubes anglais ou à 2,83 mètres cubes (c’est le tonneau de jauge) ; Le tonnage exprime toujours un volume.

    #Tonne :
    Grosse bouée en bois, en fer ou en toile.

    #Top :
    Prendre un top : comparer une pendule réglée avec son chronomètre, ou relever un signal horaire au compteur.

    #Tosser :
    Un navire tosse lorsque, amarré le long d’un quai, sa coque frappe continuellement contre le quai par l’effet de la houle.
    A la mer, le navire tosse quand l’AV retombe brutalement dans le creux des vagues.

    #Touage :
    Remorquage, plus particulièrement en langage de batellerie.

    #Toucher :
    Être en contact avec le fond. Toucher terre : faire escale.

    #Touée :
    Longueur de la remorque avec laquelle on hale un navire pour le déplacer.
    Longueur de la chaîne filée en mouillant une ancre. Par extension : longueur d’une certaine importance d’un câble filé ou d’un chemin à parcourir.

    #Touline :
    Petite remorque et plus généralement lance-amarre.

    #Tourner :
    Une manoeuvre : lui faire faire un nombre de tours suffisant autour d’un point fixe pour l’empêcher de filer ou de lâcher.

    #Traîne :
    Tout objet que l’on file à l’arrière d’un navire à l’aide d’un bout de filin.
    A la traîne : un objet est à la traîne lorsqu’il n’est pas placé à la place qui lui est assignée.

    #Transfiler :
    – Deux morceaux de toile : les rapprocher bord à bord au moyen d’un bout de ligne passant alternativement des oeillets pratiqués dans l’un dans ceux pratiqués dans l’autre.
    – Une voile : la fixer à sa vergue, gui ou corne au moyen d’un filin nommé transfilage et passant d’un oeillet à l’autre en embrassant la vergue, le gui, la corne.

    #Traversier :
    Amarre appelant d’une direction perpendiculaire à l’axe longitudinal.
    Un vent traversier est un vent bon pour aller d’un port à un autre et pour un revenir.

    #Trou_d_homme :
    Ouverture elliptique d’un double fond ou d’un ballast.

    #Tunnel :
    Conduit en tôlerie de dimensions suffisantes pour permettre le passage d’un homme et à l’intérieur duquel se trouve une ligne d’arbres entre la chambre des machines et la cloison de presse-étoupe AR.

    V
    #Va_et_vient :
    Cordage en double servant à établir une communication entre deux navires ou entre un navire et la côte, notamment pour opérer le sauvetage des naufragés.

    #Vadrouille :
    Bouts de cordage défaits, serrés sur un manche et servant au nettoyage. Faubert emmanché.

    #Vague_satellite :
    Soulèvement de la mer produit par le mouvement du navire en marche.

    #Varangue :
    La varangue est la pièce à deux branches formant la partie inférieure d’un couple et placées à cheval sur la quille. La varangue est prolongée par des allonges. Tôle placée verticalement et transversalement d’un bouchain à l’autre pour consolider le petit fond du navire.

    #Vase :
    Terre grasse, noirâtre, gluante. La vase peut être molle, dure mêlée ; elle présente généralement une bonne tenue.

    #Veille (ancre de) :
    Ancre prête à être mouillée.

    #Veiller :
    Faire attention, surveiller. Veiller l’écoute : se tenir prêt à la larguer, à la filer. Veiller au grain : l’observer, le suivre.

    #Vélique :
    Point vélique = centre de voilure de toutes les voiles.

    #Ventre :
    La partie centrale d’un bâtiment surtout lorsque ses couples sont très arrondis.

    #Verine :
    Bout de filin terminé par un croc ou une griffe et dont on fait usage en simple ou en double pour manier les chaînes des ancres.

    #Videlle :
    Reprise faite à un accroc dans une toile.

    #Virer :
    Exercer un effort sur un cordage ou sur une chaîne par enroulement sur un treuil, guindeau ou cabestan.
    – Virer à pic : virer suffisamment le câble ou la chaîne pour amener l’étrave du navire à la verticale de l’ancre.
    – Virer à long pic : virer en laissant la chaîne un peu plus longue que la profondeur de l’eau.

    #Virer_de_l_avant :
    faire avancer un navire en embraquant ses amarres de l’avant au cabestan ou au guindeau.
    – Virer sur la chaîne : rentrer une partie de la chaîne en se servant du cabestan ou du guindeau.
    – Virer de bord : changer les amures des voiles.

    #Vit_de_nulet ou #Vi_de_mulet :
    Tige de métal articulée fixée à une vergue, à un gui, à un mât de charge pour le relier au mât qui porte une douille. Employé en particulier pour les mâts de charge.

    #Vitesse :
    L’unité marine de vitesse est le noeud qui représente un mille marin (1852 mètres) à l’heure. Ne jamais dire un noeud à l’heure.

    #Vive-eau :
    Grande marée.

    #Voie_d_eau :
    Fissure ou ouverture accidentelle dans des oeuvres vives.

    W
    #Wharf :
    Littéralement quai, plus spécialement pour désigner un appontement qui s’avance dans la mer au-delà de la barre sur la côte occidentale d’Afrique.

    Y
    #Youyou :
    Très petite embarcation de service à l’aviron et à la voile.

  • The Trillion-Gallon Question : What if California’s Dams Fail ? - The New York Times
    https://www.nytimes.com/2023/06/22/magazine/california-dams.html

    Un (très) long papier absolument passionnant sur l’état de la maintenance des barrages en Californie.
    Prévoir, c’est dépenser (beaucoup) d’argent, peut être inutilement quand il s’agit de sécurité contre des événements extrêmes, mais justement, c’est cela la sécurité : prévoir au mieux les événements. Or face au changement climatique, l’attitude des pouvoirs publics et des entreprises est surtout de minimiser les conséquences possibles pour ne pas investir maintenant dans l’entretien et la mise à jour des infrastructures.

    On the morning of Feb. 7, 2017, two electricians were working on a warning siren near the spillway of Oroville Dam, 60 miles north of Sacramento, when they heard an explosion. As they watched, a giant plume of water rose over their heads, and chunks of concrete began flying down the hillside toward the Feather River. The dam’s spillway, a concrete channel capable of moving millions of gallons of water out of the reservoir in seconds, was disintegrating in front of them. If it had to be taken out of service, a serious rainstorm, like the one that had been falling on Northern California for days, could cause the dam — the tallest in the United States — to fail.

    Dale Cox, a former project manager at the United States Geological Survey who has worked extensively with Swain, told me that California’s dams are unprepared for extreme weather because state water authorities have a false sense of how bad flooding can get. “The peak of record is driving a lot of engineering decisions in the state,” he says, and that peak is an underestimate, maybe a gross one. “Already, we are seeing several 100-year floods every 10 years.”

    Some of this miscalculation arises from our failure to account for climate change, a problem that will only get worse as the atmosphere heats up and the amount of water vapor it can carry increases. “All of this infrastructure,” Swain says, “is designed for a climate that no longer exists.” But the error also lies in our understanding of the past. Most of the flood data that form the basis for the design of California’s dams come from the past century, which was an unusually placid period in the state’s weather.

    #Barrages #Californie #Climat #Maintenance

  • 175 nations à Paris, au siège de l’UNESCO, pour un traité sur le plastique.
    http://www.argotheme.com/organecyberpresse/spip.php?article4469

    Les pays pétroliers ont souvent une industrie pétrochimique développée, qui produit des matières premières utilisées dans la fabrication de plastiques. Ils peuvent craindre que des restrictions ou des réglementations plus strictes sur le plastique puissent affecter leur #économie_et leur capacité à exporter ces matières premières. Par conséquent, ils peuvent exprimer leur opposition ou leurs réserves lors de ces réunions. Ecologie, environnement, #Réchauffement_climatique

    / économie , Réchauffement climatique, #diplomatie,_sécurité,_commerce,_économie_mondiale, #Ecologie,_environnement,_nature,_animaux, calamités (...)

    #Ecologie,environnement,_réchauffement_climatique #calamités_naturelles

  • Il costo nascosto dell’avocado e le nuove “zone di sacrificio” nelle mire dei grandi produttori

    La produzione globale del frutto viaggia verso le 12 milioni di tonnellate nel 2030. Le monocolture intensive interessano sempre più Paesi, compromettendo falde e biodiversità. Dalla Colombia allo Sri Lanka, dal Vietnam al Malawi. Grain ha analizzato la paradigmatica situazione del Messico, dove si concentra il 40% della produzione.

    “La salsa guacamole che viene consumata durante il Super bowl potrebbe riempire 30 milioni di caschi da football”. La stima è di Armando López, direttore esecutivo dell’Associazione messicana dei coltivatori, confezionatori ed esportatori di avocado, che in occasione della finale del campionato di football americano del 12 febbraio scorso ha pagato quasi sette miliardi di dollari per avere uno spazio pubblicitario in occasione dell’evento sportivo più seguito degli Stati Uniti.

    Solo pochi giorni prima, il 2 febbraio, era stata presentata una denuncia contro il governo del Messico presso la Commissione trilaterale per la cooperazione ambientale (organismo istituito nell’ambito dell’accoro di libero scambio tra il Paese, Stati Uniti e Canada) per non aver fatto rispettare le proprie leggi sulla deforestazione, la conservazione delle acque e l’uso del suolo.

    La notizia ha trovato spazio per qualche giorno sui media statunitensi proprio per la concomitanza con il Super bowl, il momento in cui il consumo della salsa a base di avocado tocca il picco. Ed è anche il punto partenza del report “The avocados of wrath” curato da Grain, rete di organizzazioni che lavorano per sostenere i piccoli agricoltori e i movimenti sociali, e dall’organizzazione messicana Colectivo por la autonomia, che torna a lanciare l’allarme sull’altissimo costo ambientale di questo frutto.

    La denuncia presentata alla Commissione trilaterale si concentra sulla situazione nello Stato del Michoacán, che produce il 75% degli avocado messicani. Qui tra il 2000 e il 2020 la superficie dedicata alla coltura è passata da 78mila a 169mila ettari a scapito delle foreste di abeti locali. Oltre alla deforestazione, il documento pone in rilievo lo sfruttamento selvaggio delle risorse idriche, oltre a un uso eccessivo di fertilizzanti e pesticidi che compromettono le falde sotterranee, i fiumi e i torrenti nelle aree limitrofe alle piantagioni.

    “Il Messico non riesce ad applicare efficacemente le sue leggi ambientali per proteggere gli ecosistemi forestali e la qualità dell’acqua dagli impatti ambientali negativi della produzione di avocado nel Michoacán”, denunciano i curatori. Il Paese nordamericano “non sta rispettando le disposizioni della Costituzione messicana e le varie leggi federali sulla valutazione dell’impatto ambientale, la conservazione delle foreste, lo sviluppo sostenibile, la qualità dell’acqua, il cambiamento climatico e la protezione dell’ambiente”.

    Questa vicenda giudiziaria, di cui non si conoscono ancora gli esiti, rappresenta per Grain un’occasione per guardare più da vicino il Paese e la produzione dell’avocado, diventato negli ultimi anni il terzo frutto più commercializzato al mondo, dopo banana e ananas: nel 2021 la produzione globale di questo frutto, infatti, ha raggiunto quota 8,8 milioni di tonnellate (si stima che possa raggiungere le 12 milioni di tonnellate nel 2030) e il 40% si concentra proprio in Messico, una quota che secondo le stime della Fao potrebbe arrivare al 63% entro il 2030.

    Statunitensi ed europei importano circa il 70% della produzione globale e la domanda è in continua crescita anche per effetto di intense campagne di marketing che ne promuovono i benefici nutrizionali. Di conseguenza dal 2011 a oggi le piantagioni di avocado hanno moltiplicato per quattro la loro superficie in Paesi come Colombia, Haiti, Marocco e Repubblica Dominicana. In Sri Lanka la superficie è aumentata di cinque volte. La produzione intensiva è stata avviata anche in Vietnam e Malawi che oggi rientrano tra i primi venti produttori a livello globale.

    Il mercato di questo frutto vale circa 14 miliardi di dollari e potrebbe toccare i 30 miliardi nel 2030: “La maggiore quota di profitti -riporta Grain- vanno a una manciata di gruppi imprenditoriali, fortemente integrati verticalmente e che continuano a espandersi in nuovi Paesi, dove stanno aprendo succursali”. È il caso, ad esempio, delle società californiane Misison Produce e Calvaro Growers. La prima ha aumentato costantemente le sue vendite nel corso degli ultimi anni, fino a superare di poco il miliardo dollari nel 2022, mentre la seconda ha registrato nello stesso anno vendite per 1,1 miliardi.

    “Queste aziende hanno basato la loro espansione su investimenti da parte di pesi massimi del mondo della finanza -scrive Grain-. Mission Produce e Calavo Growers sono quotate alla Borsa di New York e stanno attirando investimenti da parte di fondi hedge come BlackRock e Vanguard. Stiamo assistendo all’ingresso di fondi di private equity e fondi pensione nel settore degli avocado. Mission Produce, ad esempio, si è unita alla società di private equity Criterion Africa partners per lanciare la produzione di oltre mille ettari di avocado a Selokwe, in Sudafrica”.

    Per Grain guardare da vicino a quello che è accaduto in Messico e al modello produttivo messo in atto dalle aziende dell’agribusiness californiane è utile per comprendere a pieno i rischi che incombono sui Paesi che solo in anni recenti hanno avviato la coltivazione del frutto. Lo sguardo si concentra in particolare sullo Stato del Michoacán dove il boom delle piantagioni è avvenuto a scapito della distruzione delle foreste locali, consumando le risorse idriche di intere regioni e a un costo sociale altissimo.

    Secondo i dati di Grain, ogni ettaro coltivato ad avocado in Messico consuma circa 100mila litri di acqua al mese. Si stima che Perù, Sudafrica, Cile, Israele e Spagna utilizzino 25 milioni di metri cubi d’acqua, l’equivalente di 10mila piscine olimpioniche, per produrre gli avocado importati nel Regno Unito. “Mentre continua a spremere le ultime falde già esaurite in Messico, California e Cile, l’industria del settore sta migrando verso altre ‘zone di sacrificio’ -si legge nel report-. Per irrigare l’arida Valle di Olmos in Perù, dove operano le aziende californiane, il governo locale ha realizzato uno dei megaprogetti più contestati e segnati dalla corruzione del Paese: un tunnel di venti chilometri che attraversa la cordigliera delle Ande per portare l’acqua deviata dal fiume Huancabamba a Olmos”. All’eccessivo sfruttamento delle risorse idriche si aggiunge poi il massiccio utilizzo di prodotti chimici nelle piantagioni: nel solo Michoacán, la coltura dell’avocado si porta dietro ogni anno 450mila litri di insetticidi, 900mila tonnellate di fungicidi e 30mila tonnellate di fertilizzanti.

    https://altreconomia.it/il-costo-nascosto-dellavocado-e-le-nuove-zone-di-sacrificio-nelle-mire-
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    • The Avocados of Wrath

      This little orchard will be part of a great holding next year, for the debt will have choked the owner. This vineyard will belong to the bank. Only the great owners can survive, for they own the canneries too... Men who have created new fruits in the world cannot create a system whereby their fruits may be eaten… In the souls of the people the grapes of wrath are filling and growing heavy, growing heavy for the vintage.”

      So wrote John Steinbeck when, perhaps for the first time, the immense devastation provoked by capitalist agribusiness, the subsequent expulsion of peasant families from the Midwest, and their arrival in California in the 1930s became visible.[1] Perhaps, if he were writing today, he would replace grapes with avocados. The business model for this popular tropical fruit is the epitome of agribusiness recrudescent, causing rampant deforestation and water diversion, the eradication of other modes of agriculture, and the expulsion of entire communities from the land.

      Avocados are, after bananas and pineapples, the world’s third-largest fruit commodity. Their production is taking up an ever-growing area and continually expanding into new countries. What are the implications of this worldwide expansion? What forces are driving it? How does this model, working on both global and local scales, manage to keep prices high? How did the current boom, with avocados featured at major sporting events and celebrations of all kinds, come to pass? What are the social repercussions of this opaque business?

      We begin the story on 12 February 2023 in Kansas City at the 57th Super Bowl, American football’s premier annual event. A month earlier, more than 2000 km away in Michoacán, Mexico, tens of thousands of tons of avocados were being packed for shipping. The United States imports 40% of global avocado production and the Super Bowl is when consumption peaks. “The guacamole eaten during the Super Bowl alone would fill 30 million football helmets,” says Armando López, executive director of the Mexican Association of Avocado Growers, Packers, and Exporters (APEAM), which paid nearly $7 million for a Super Bowl ad.[2]

      Despite its limited coverage in US media, the dark side of avocado production was the unwelcome guest at this year’s event. A complaint against the Government of Mexico had recently been filed with the Commission for Environmental Cooperation under the USMCA, accusing the government of tolerating the ecocidal impacts of avocado production in Michoacán.[3]

      Mexico can be seen as a proving ground for today’s avocado industry. Focusing on this country helps tell the story of how the avocado tree went from being a relic of evolutionary history to its current status as an upstart commodity characterized by violence and media-driven consumerism.

      Booming world production

      For a decade now, avocados have been the growth leaders among tropical fruit commodities.[4] Mexico, the world’s largest exporter, accounts for 40% of total production. According to OECD and FAO projections, this proportion could reach 63% in 2030. The United States absorbs 80% of Mexican avocado exports, but production is ramping up in many other countries.

      In 2021, global production reached 8.8 million tons, one third of which was exported, for a value of $7.4 billion. By 2030, production is expected to reach 12 million tons. Within a decade, the average area under cultivation doubled in the world’s ten largest producer countries (see Figure 1). It quadrupled in Colombia, Haiti, Morocco, and the Dominican Republic, and quintupled in Zimbabwe. Production has taken off at a gallop in Malawi and Vietnam as well, with both countries now ranking among the top 20 avocado producers.

      The top 10 countries account for 80% of total production. In some of these, such as Mexico, Peru, Chile, and Kenya (see Table 1), the crop is largely grown for export. Its main markets are the United States and Europe, which together make up 70% of global imports. While Mexico supplies its neighbour to the north all year long, the avocados going to Europe come from Peru, South Africa, and Kenya in the summer and from Chile, Mexico, Israel, and Spain in the winter.[5] The Netherlands, as the main port of entry for the European Union, has become the world’s third-leading exporter.

      Other markets are rapidly opening up in Asia. Kenya, Ethiopia, and recently Tanzania have begun exporting to India and China,[6] while Chinese imports from Peru, Mexico, and Chile are also on the rise. In 2021, despite the pandemic, these imports surpassed 41,000 tons.[7] In addition, US avocado companies have begun cutting costs by sourcing from China, Yunnan province in particular.[8]

      The multimillion dollar “#green_gold” industry

      According to some estimates, the global avocado market was worth $14 billion in 2021 and could reach $30 billion by 2030.[10] The biggest profits go to a handful of vertically integrated groups that are continuing to fan out to new countries, where they are setting up subsidiaries. They have also tightened their control over importers in the main global hubs.
      For two examples, consider the California-based Mission Produce and Calavo Growers. In 2021, Mission Produce reported sales equivalent to 3% of global production,[11] and its sales have risen steadily over the last decade, reaching $1.045 billion in 2022.[12] The United States buys 80% of the company’s volume, with Europe, Japan, and China being other large customers, and it imports from Peru, Mexico, Chile, Colombia, Guatemala, the Dominican Republic, South Africa, Kenya, Morocco, and Israel. It controls 8600 hectares in Peru, Guatemala, and Colombia.[13]

      Calavo Growers, for its part, had total sales of $1.191 billion in 2022.[14] More than half its revenues came from packing and distribution of Mexican, US, Peruvian, and Colombian avocados.[15] The United States is far and away its biggest market, but in 2021 it began stepping up Mexican exports to Europe and Asia.[16]

      South Africa-based Westfalia Fruits is another relevant company in the sector. It has 1200 hectares in South Africa and is expanding to other African and Latin American countries. It controls 1400 hectares in Mozambique and has taken over large exporters such as Aztecavo (Mexico), Camet (Peru), and Agricom (Chile).[17] Its main markets are Europe, the United States, South America, and Asia.[18] Some of its subsidiaries are incorporated in the tax haven of Delaware, and it has acquired importers in the UK and Germany.[19]

      These companies have based their expansion on investment from heavyweight players in the world of finance. Mission Produce and Calavo Growers are listed on the New York Stock Exchange and are attracting investment from such concerns as BlackRock and The Vanguard Group.[20] We are also seeing private equity, endowment, and pension funds moving into avocados; Mission Produce, for example, joined with private equity firm Criterion Africa Partners to launch production of over 1000 hectares of avocados in Selokwe (South Africa).[21]

      In 2020, Westfalia sold shares in Harvard Management Company, the company that manages Harvard University’s endowment fund.[22] Also involved is the Ontario Teachers’ Pension Plan, which in 2017 acquired Australia’s second-largest avocado grower, Jasper Farms. PSP Investments, which manages Canada’s public service sector pensions, made a controversial acquisition of 16,500 hectares in Hawaii for production of avocado, among other crops, and faces grave accusations deriving from its efforts to monopolize the region’s water supply.[23]

      Finally, it has to be emphasized that the expansion enjoyed by these companies has been aided by public funding. For example, South Africa’s publicly owned Industrial Development Corporation (IDC) and the World Bank’s International Finance Corporation (IFC) have supported Westfalia’s incursions into Africa and Latin America under the guise of international development.[24]

      A proving ground for profit and devastation

      To take the full measure of the risks looming over the new areas being brought under the industrial avocado model, it is important to read Mexico as a proving ground of sorts. The country has become the world’s largest producer through a process bound up with the dynamics of agribusiness in California, where avocado production took its first steps in the early twentieth century. The US market grew rapidly, protected from Mexican imports by a 1914 ban predicated on an alleged threat of pests coming into the country.

      This was the genesis of Calavo Growers (1924) and Henry Avocado (1925). California began exporting to Europe and expanding the area under cultivation, reaching a peak of 30,000 hectares in the mid-1980s, when Chile began competing for the same markets.[29] It was then that consortia of California avocado producers founded West Pak and Mission Produce, and the latter of these soon began operations as an importer of Chilean avocados. In 1997, 60% of US avocado purchases came from Chile, but the business collapsed with the signing of the North American Free Trade Agreement (NAFTA).[30] Lobbying by APEAM and the US companies then led to the lifting of the ban on Mexican imports. With liberalization under NAFTA, Mexican avocado exports multiplied by a factor of 13, and their commercial value by a factor of 40, in the first two decades of the twenty-first century.

      The California corporations set up subsidiaries in Mexico and began buying directly from growers, going as far as to build their own packing plants in Michoacán.[31] One study found that by 2005, Mission Produce, Calavo Growers, West Pak, Del Monte, Fresh Directions, and Chiquita had cornered 80% of US avocado imports from Mexico.[32]

      Today, the state of Michoacán monopolizes 75% of the nation’s production, followed by Jalisco with 10% and Mexico state with 5%.[33] In 2019, export-oriented agriculture was a high-profile player in the industry, with public policies being structured around its needs. And if the business had become so profitable, it was because of the strategies of domination that had been deployed by avocado agribusiness and the impacts of these strategies on peasant and community ways of life.[34] The Mexican avocado boom is now reliant on the felling of whole forests. In many cases these are burned down or clear-cut to make way for avocado groves, using up the water supply of localities or even whole regions. The societal costs are enormous.

      In 2021, Mexico produced some 2.5 million tons of avocados; within the preceding decade, nearly 100,000 hectares had been directly or indirectly deforested for the purpose.[35] In Michoacán alone, between 2000 and 2020, the area under avocados more than doubled, from 78,530.25 to 169,939.45 ha.[36] And reforestation cannot easily repair the damage caused by forest destruction: the ecological relationships on which biodiversity depends take a long time to evolve, and the recovery period is even longer after removal of vegetation, spraying of agrotoxins, and drying of the soil.

      In Jalisco, the last decade has seen a tripling of the area under avocado, agave, and berries, competing not only with peasants and the forests stewarded by original peoples, but also with cattle ranchers.[37] “Last year alone,” says Adalberto Velasco Antillón, president of the Jalisco ranchers’ association, “10,000 cattlemen (dairy and beef) went out of business.”[38]

      According to Dr. Ruth Ornelas, who studies the avocado phenomenon in Mexico, the business’s expansion has come in spite of its relative cost-inefficiency. “This is apparent in the price of the product. Extortion garners 1.4% of total revenues,… or 4 to 6 pesos per kilogram of avocados.” It is a tax of sorts, but one that is collected by the groups that control the business, not by the government.[39] According to Francisco Mayorga, minister of agriculture under Vicente Fox and Enrique Calderón, “they collect not only from the farmer but from the packer, the loggers, the logging trucks and the road builders. And they decide, depending on the payments, who gets to ship to Manzanillo, Lázaro Cárdenas, Michoacán and Jalisco. That’s because they have a monopoly on what is shipped to the world’s largest buyer, the United States.”[40]

      By collecting this toll at every link in the chain, they control the whole process, from grower to warehouse to packer to shipper, including refrigeration and the various modes of distribution. And not only do they collect at every step, but they also keep prices high by synchronizing supply from warehouse to consumer.

      Dr. Ornelas says, “They may try to persuade people, but where that doesn’t work, bribes and bullets do the trick. Organized crime functions like a police force in that it plays a certain role in protecting the players within the industry. It is the regulatory authority. It is the tax collector, the customs authority, and the just-in-time supplier. Sadly, the cartels have become a source of employment, hiring halcones [taxi drivers or shoeshine boys working as spies], chemists, and contract killers as required. It seems that they even have economists advising them on how to make the rules.” Mayorga adds: “When these groups are intermingled with governmental structures, there is a symbiosis among growers, criminals, vendors, and input suppliers. If somebody tries to opt out of the system, he may lose his phytosanitary certification and hence his ability to export.” Mayorga stresses that the criminals administer the market and impose a degree of order on it; they oversee the process at the domestic and international levels, “regulating the flow of product so that there is never a glut and prices stay high.” Investment and extortion are also conducive to money laundering. It is very hard to monitor who is investing in the product, how it is produced, and where it is going. Yet the government trumpets avocados as an agri-food success.

      Official data indicate that there are 27,712 farms under 10 hectares in Michoacán, involving 310,000 people and also employing 78,000 temporary workers.[41] These small farms have become enmeshed in avocado capitalism and the pressures it places on forests and water; more importantly, however, the climate of violence keeps the growers in line. In the absence of public policy and governmental controls, and with organized crime having a tight grip on supply chains and world prices, violence certainly plays a role in governance of the industry. But these groups are not the ones who run the show, for they themselves are vertically integrated into multidimensional relationships of violence. It is the investors and large suppliers, leveraged by the endowment, pension, and private equity funds, who keep avocado production expanding around the world.[42]

      A headlong rush down multiple paths

      The Mexican example alerts us to one of the main problems associated with avocado growing, and that is water use. In Mexico, each hectare consumes 100,000 litres per month, on top of the destruction of the biodiverse forests that help preserve the water cycle.[46] A whole other study ought to be devoted to the indiscriminate use of agrotoxins and the resulting groundwater contamination. In Michoacán alone, the avocado crop receives 450,000 litres of insecticides, 900,000 tons of fungicides, and 30,000 tons of fertilizers annually.[47]

      Wherever they are grown, avocados consume an astonishing volume of water. An estimated 25 million m³, or the equivalent of 10,000 Olympic swimming pools, are estimated to be used by Peru, South Africa, Chile, Israel, and Spain to produce the avocados imported into the UK.[48]

      California has maintained its 90% share of the US avocado market, but this situation is not predicted to endure beyond 2050.[49] California’s dire water crisis has been driven to a significant extent by the industrial production of avocados and other fruits, with climate change exacerbating the problem.[50]
      In the Chilean province of Petorca, which accounts for 60% of Chile’s avocado exports, the production of one kilogram of avocados requires 1280 litres of water. Water privatization by the Pinochet dictatorship in 1981 coincided with the rise of the country’s export industry and abetted the development of large plantations, which have drained the rivers and driven out peasant farming.[51] This appears to be one of the reasons why Chile is no longer self-sufficient in this commodity. “We import more than we export now,” said the director of Mission Produce, Steve Barnard, two years ago, stating that avocados were being brought in not only from Peru but also from California.[52]

      Even as it continues to squeeze the last drops of water out of depleted aquifers in Mexico, California, and Chile, the industry is migrating into other sacrifice zones.[53] To water the arid Olmos Valley in Peru, where California’s avocado companies operate, the Peruvian government developed one of the country’s most corrupt and conflict-ridden megaprojects: a 20-km tunnel through the Andes range, built in 2014, to deliver water diverted from the Huancabamba River to Olmos. The project was sold as an “opportunity to acquire farmland with water rights in Peru.”[54]

      Colombia was the next stop on the avocado train, with the crop spreading out across Antioquia and the coffee-growing region, and with even large mining interests joining forces with agribusiness.[55] “Peru is destined to replace much of its avocado land with citrus fruit, which is less water-intensive,” said Pedro Aguilar, manager of Westfalia Fruit Colombia, in 2020, although “water is becoming an absolutely marvelous investment draw, since it is cost-free in Colombia.”[56]

      Sowing the seeds of resistance

      If Mexico has been an experiment in devastation, it has also been an experiment in resistance, as witness the inspiring saga of the Purépecha community of Cherán, Michoacán. In 2012, the community played host to a preliminary hearing of the Permanent Peoples’ Tribunal that condemned land grabbing, deforestation, land conversion, agrotoxin spraying, water depletion, fires, and the widespread violence wielded against the population. It laid the blame for these plagues squarely on timber theft, the avocado industry, berry greenhouses, and agave production.

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      One year earlier, the population had decided to take matters in hand. They were fed up with this litany of injustices and with the violence being inflicted on them by the paramilitary forces of organized crime. Led by the women, the community took up the arduous task of establishing checkpoints marked out by bonfires (which were also used for cooking) throughout the area. Any institution or group that questioned their collective authority was immediately confronted. The newly created community police force is answerable to the general assembly, which in turn reports to the neighbourhood assemblies. A few years ago, the community gated itself to outsiders while working on restoring the forest and establishing its own horizontal form of government with respect for women, men, children, and elders.

      The community then took another step forward, opting for municipal and community autonomy. This was not a straightforward process, but it did finally lead to approval by the National Electoral Institute for elections to take place under customary law and outside the party system. This example spread to other communities such as Angahuan that are also grappling with agribusiness, corruption, and organized crime.[57]

      Clearly, this struggle for tradition-rooted self-determination is just beginning. The cartels, after all, are pursuing their efforts to subdue whole regions. Meanwhile, for their own defence, the people are continuing to follow these role models and declaring self-government.

      An unsustainable model

      “The works of the roots of the vines, of the trees, must be destroyed to keep up the price, and this is the saddest, bitterest thing of all. Carloads of oranges dumped on the ground. The people came for miles to take the fruit, but … men with hoses squirt kerosene on the oranges, and they are angry at the crime, angry at the people who have come to take the fruit. A million people hungry, needing the fruit—and kerosene sprayed over the golden mountains.”[58]

      Per capita consumption of avocados has kept on growing in the importing countries, driven by intense marketing campaigns promoting the nutritional benefits of this food. In the United States alone, consumption has tripled in 20 years.[59] While avocados are sold as a superfood, a convenient veil remains thrown over what is actually happening at the local level, where the farmers are not the ones benefiting. While this global trend continues, various false solutions are proposed, such as water-saving innovations or so-called “zero deforestation” initiatives.

      In this exploitative model, small- and medium-sized growers are forced to take on all the risk while also bearing the burden of the environmental externalities. The big companies and their investors are largely shielded from the public health and environmental impacts.

      As we have said, the growers are not the ones who control the process; not even organized crime has that power. They are both just cogs in the industrial agri-food system, assisting the destruction it wreaks in order to eke out a share of the colossal dividends it offers. To truly understand the workings of the system, one has to study the supply chain as a whole.

      Given these realities, it is urgent for us to step up our efforts to denounce agribusiness and its corrupting, devastating model. The people must organize to find ways out of this nightmare.

      * Mexico-based Colectivo por la Autonomía works on issues related to territorial defence and peasant affairs, through coordination with other Mexican and Latin American social movement organizations, as well as legal defence and research on the environmental and social impacts experienced by indigenous and rural territories and communities.

      Banner image: Mural in Cherán that tells the story of their struggle. This mural is inside the Casa Comunal and is part of a mural revival throughout the city, where there are collective and individual works in many streets and public buildings. This mural is the work of Marco Hugo Guardián Lemus and Giovanni Fabián Gutiérrez.

      [1] John Steinbeck, The Grapes of Wrath Penguin Classics, 1939, 2006.
      [2] Guillermina Ayala, “López: “Un Súper Bowl con guacamole,” Milenio, 11 February 2023, https://www.milenio.com/negocios/financial-times/exportaciones-de-toneladas-de-aguacate-para-la-final-de-la-nfl.
      [3] The USMCA is the trade agreement between Mexico, the United States, and Canada. See also Isabella González, “Una denuncia lleva a la producción mexicana de aguacate ante la comisión ambiental del T-MEC por ecocidio,” El País, 8 February 2023, https://elpais.com/mexico/2023-02-08/una-denuncia-lleva-a-la-produccion-mexicana-de-aguacate-ante-la-comision-amb.
      [4] In what follows, the sources for production volumes, areas under cultivation, and sales are the FAOSTAT and UN Comtrade databases [viewed 25 January 2023]. The source for 2030 projections is OECD/FAO, OECD-FAO Agricultural Outlook 2021–2030, 2021, https://doi.org/10.1787/19428846-en.
      [5] Ruben Sommaruga and Honor May Eldridge, “Avocado Production: Water Footprint and Socio-economic Implications,” EuroChoices 20(2), 13 December 2020, https://doi.org/10.1111/1746-692X.12289.
      [6] See George Munene, “Chinese traders plan on increasing Kenyan avocado imports,” Farmbiz Africa, 1 August 2022, https://farmbizafrica.com/market/3792-chinese-traders-plan-on-increasing-kenyan-avocado-imports; Tanzania Invest, “Tanzania sign 15 strategic agreements with China, including avocado exports,” 5 November 2022, https://www.tanzaniainvest.com/economy/trade/strategic-agreements-with-china-samia.
      [7] USDA, "China: 2022 Fresh Avocado Report, 14 November 2022, https://www.fas.usda.gov/data/china-2022-fresh-avocado-report.
      [8] Global AgInvesting, “US-based Mission Produce is developing its first domestic avocado farm in China,” 8 June 2018, https://www.farmlandgrab.org/post/view/28223-us-based-mission-produce-is-developing-its-first-domestic-avocad.
      [9] Wageningen University & Research, “Improved mango and avocado chain helps small farmers in Haiti,” 2022, https://www.wur.nl/en/project/improved-mango-and-avocado-chain-helps-small-farmers-in-haiti-1.htm.
      [10] See Grand View Research, “Avocado market size, share & trends analysis report by form (fresh, processed), by distribution channel (B2B, B2C), by region (North America, Europe, Asia Pacific, Central & South America, MEA), and segment forecasts, 2022–2030,” 2022, https://www.grandviewresearch.com/industry-analysis/fresh-avocado-market-report; Straits Research, “Fresh avocado market,” 2022, https://straitsresearch.com/report/fresh-avocado-market.
      [11] Mission Produce, “Mission Produce announces fiscal 2021 fourth quarter financial results,” 22 December 2021, https://investors.missionproduce.com/news-releases/news-release-details/mission-produce-announces-fiscal-2021-fourth-quarter-finan.
      [12] Sources: Capital IQ and United States Securities and Exchange Commission, “Mission Produce: Form 10-K,” 22 December 2022, https://investors.missionproduce.com/financial-information/sec-filings?items_per_page=10&page=.
      [13] The company reports that it has had avocado plantations since 2011 on three Peruvian farms covering 3900 ha, in addition to producing blueberries on 400 hectares (including greenhouses) as part of a joint venture called Moruga. See Mission Produce, “Investor relations,” December 2022, https://investors.missionproduce.com; United States Securities and Exchange Commission, “Mission Produce: Form 10-K,” 22 December 2022, https://investors.missionproduce.com/financial-information/sec-filings?items_per_page=10&page=1, and https://missionproduce.com/peru.
      [14] Sources: https://ir.calavo.com; Calavo Growers, “Calavo Growers, Inc. announces fourth quarter and fiscal 2021 financial results,” 20 December 2021, https://ir.calavo.com/news-releases/news-release-details/calavo-growers-inc-announces-fourth-quarter-and-fiscal-2021
      [15] Its main subsidiaries in Mexico are Calavo de México and Avocados de Jalisco; see Calavo Growers, Calavo Growers, Inc. Investor Presentation, 12 December 2022, https://ir.calavo.com/static-files/f4ee2e5a-0221-4b48-9b82-7aad7ca69ea7; United States Securities and Exchange Commission, Calavo Growers, Inc. form 10-K, December 2022, https://ir.calavo.com/static-files/9c13da31-3239-4843-8d91-6cff65c6bbf7.
      [16] Among its main US clients are Kroger (15% of 2022 total sales), Trader Joe’s (11%), and Wal-Mart (10%) Source: Capital IQ. See also “Calavo quiere exportar aguacate mexicano a Europa y Asia,” El Financiero, 8 January 2021, https://www.elfinanciero.com.mx/opinion/de-jefes/calavo-quiere-exportar-aguacate-mexicano-a-europa-y-asia.
      [17] See IDC, “Westfalia grows an empire,” 2018, https://www.idc.co.za/westfalia-grows-an-empire; IFC, Creating Markets in Mozambique, June 2021, https://www.ifc.org/wps/wcm/connect/a7accfa5-f36b-4e24-9999-63cffa96df4d/CPSD-Mozambique-v2.pdf?MOD=AJPERES&CVID=nMNH.3E; https://www.westfaliafruit.com/about-us/our-operations/westfalia-fruto-mocambique; “Agricom y Westfalia Fruit concretan asociación en Latinoamérica,” Agraria.pe, 9 January 2018, https://agraria.pe/noticias/agricom-y-westfalia-fruit-concretan-asociacion-en-latinoamer-15664.
      [18] Marta del Moral Arroyo, “Prevemos crecer este año un 20% en nuestras exportaciones de palta a Asia y Estados Unidos,” Fresh Plaza, 27 May 2022, https://www.freshplaza.es/article/9431020/prevemos-crecer-este-ano-un-20-en-nuestras-exportaciones-de-palta-a-asia-.
      [19] See https://opencorporates.com/companies?jurisdiction_code=&q=westfalia+fruit&utf8=%E2%9C%93.
      [20] For example, in the case of Calavo Growers, BlackRock controls 16%, Vanguard Group 8%, and five other investment 20%; see Capital IQ, “Nuance Investments increases position in Calavo Growers (CVGW),” Nasdaq, 8 February 2023, https://www.nasdaq.com/articles/nuance-investments-increases-position-in-calavo-growers-cvgw; “Vanguard Group increases position in Calavo Growers (CVGW),” Nasdaq, 9 February 2023, https://www.nasdaq.com/articles/vanguard-group-increases-position-in-calavo-growers-cvgw.
      [21] Liam O’Callaghan, “Mission announces South African expansion,” Eurofruit, 8 February 2023, https://www.fruitnet.com/eurofruit/mission-announces-south-african-expansion/248273.article. Criterion Africa Partners invests with funds from the African Development Bank, the European Investment Bank, and the Dutch Entrepreneurial Development Bank (FMO) (Source: Preqin).
      [22] Harvard Management Company subsequently spun out its holdings in Westfalia to the private equity fund Solum Partners; see Lynda Kiernan, “HMC investment in Westfalia Fruit International to drive global expansion for avocados,” Global AgInvesting, 17 January 2020, https://www.farmlandgrab.org/post/view/29422-hmc-investment-in-westfalia-fruit-international-to-drive-global-; Michael McDonald, “Harvard spins off natural resources team, to remain partner,” Bloomberg, 8 October 2020, https://www.farmlandgrab.org/post/view/29894-harvard-spins-off-natural-resources-team-to-remain-partner.
      [23] See “Ontario Teachers’ acquires Australian avocado grower Jasper Farms,” OTPP, 19 December 2017, https://www.farmlandgrab.org/post/view/27774-ontario-teachers-acquires-australian-avocado-grower-jasper-farms; “Canadian pension fund invests in ex-plantation privatizing Hawaii’s water,” The Breach, 23 February 2022, https://www.farmlandgrab.org/post/view/30782-canadian-pension-fund-invests-in-ex-plantation-privatizing-hawai.
      [24] See https://disclosures.ifc.org/enterprise-search-results-home/42280; https://disclosures.ifc.org/project-detail/SII/40091/westfalia-intl. Westfalia is a subsidiary of the South African logging company Hans Merensky Holdings (HMH), whose main shareholders are the Hans Merensky Foundation (40%), IDC (30%), and CFI (20%) (see https://disclosures.ifc.org/project-detail/SII/42280/westfalia-moz-ii).
      [25] Amanda Landon, “Domestication and significance of Persea americana, the avocado, in Mesoamerica,” Nebraska Anthropologist, 47 (2009), https://digitalcommons.unl.edu/cgi/viewcontent.cgi?referer=https://en.wikipedia.org/&httpsredir=1&article=1046&context=nebanthro.
      [26] Ibid., 70.
      [27] Jeff Miller, Avocado: A Global History (Chicago: University of Chicago Press, 2020), https://press.uchicago.edu/ucp/books/book/distributed/A/bo50552476.html.
      [28] Maria Popova, “A ghost of evolution: The curious case of the avocado, which should be extinct but still exists,” The Marginalian, https://www.themarginalian.org/2013/12/04/avocado-ghosts-of-evolution/?mc_cid=ca28345b4d&mc_eid=469e833a4d, citing Connie Barlow, The Ghosts of Evolution: Nonsensical Fruit, Missing Partners, and Other Ecological Anachronisms, https://books.google.com.mx/books/about/The_Ghosts_Of_Evolution.html?id=TnU4DgAAQBAJ&redir_esc=y.
      [29] Patricia Lazicki, Daniel Geisseler, and Willliam R. Horwath, “Avocado production in California,” UC Davis, 2016, https://apps1.cdfa.ca.gov/FertilizerResearch/docs/Avocado_Production_CA.pdf.
      [30] Flavia Echánove Huacuja, “Abriendo fronteras: el auge exportador del aguacate mexicano a United States,” Anales de Geografía de la Universidad Complutense, 2008, Vol. 28, N° 1, https://revistas.ucm.es/index.php/aguc/article/download/aguc0808110009a/30850.
      [31] Calavo Growers, Calavo Growers, Inc. Investor Presentation, 12 December 2022, https://ir.calavo.com/static-files/f4ee2e5a-0221-4b48-9b82-7aad7ca69ea7.
      [32] Flavia Echánove Huacuja, op cit., the evolution of these companies in the sector was different. Chiquita withdrew from the avocado industry in 2012, while for Del Monte, this fruit accounts for a steadily declining share of its sales, reaching 8% ($320 million) in 2021 (see https://seekingalpha.com/article/1489692-chiquita-brands-restructuring-for-value; United States Securities and Exchange Commission, Fresh Del Monte Produce Inc. Form 10-K, 2022; Del Monte Quality, A Brighter World Tomorrow, https://freshdelmonte.com/wp-content/uploads/2022/10/FDM_2021_SustainabilityReportFINAL.pdf. )
      [33] Source: SIAP (http://infosiap.siap.gob.mx/gobmx/datosAbiertos_a.php) [viewed 27 November 2022].
      [34] María Adelina Toribio Morales, César Adrián Ramírez Miranda, and Miriam Aidé Núñez Vera, “Expansión del agronegocio aguacatero sobre los territorios campesinos en Michoacán, México,” Eutopía, Revista de Desarrollo Económico Territorial, no. 16, December 2019, pp. 51–72, https://revistas.flacsoandes.edu.ec/eutopia/article/download/4117/3311?inline=1.
      [35] Enrique Espinosa Gasca states: “The Ministry of the Environment, Natural Resources, and Climate Change (Semadet) in Michoacán acknowledged in March 2019 that in the first twenty years of the millennium, Michoacán has lost a million hectares of its forests, some due to clandestine logging and some due to forest fires set for purposes of land conversion”; “Berries, frutos rojos, puntos rojos,” in Colectivo por la Autonomía and GRAIN, eds, Invernaderos: Controvertido modelo de agroexportación (Ceccam, 2021).
      [36] Gobierno de México, SIACON (2020), https://www.gob.mx/siap/documentos/siacon-ng-161430; idem, Servicio de Información Agroalimentaria y Pesquera (SIAP), http://infosiap.siap.gob.mx/gobmx/datosAbiertos_a.php.
      [37] “Se triplica cosecha de agave, berries y aguacate en Jalisco,” El Informador, 23 December 2021, https://www.informador.mx/Se-triplica-cosecha-de-agave-berries-y-aguacate-en-Jalisco-l202112230001..
      [38] María Ramírez Blanco, “Agave, berries y aguacate encarece precio de la tierra en Jalisco, roba terreno al maíz y al ganado,” UDG TV, 31 January 2023, https://udgtv.com/noticias/agave-berries-aguacate-encarece-precio-tierra-jalisco-roba-maiz.
      [39] Agustín del Castillo, Territorio Reportaje, part 8, “Negocio, ecocidio y crimen,” Canal 44tv, Universidad de Guadalajara, October 2022, https://youtu.be/WfH3M22rrK8

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      [40] Agustín del Castillo, Territorio Reportaje, part 7, “La huella criminal en el fruto más valioso del mundo: la palta, el avocado, el aguacate,” Canal 44tv, Universidad de Guadalajara, September 2022, https://www.youtube.com/watch?v=GSz8xihdsTI
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      [41] Gobierno de México, Secretaría de Agricultura y Desarrollo Rural, “Productores de pequeña escala, los principales exportadores de aguacate a Estados Unidos: Agricultura,” 29 January 2020, https://www.gob.mx/agricultura/prensa/productores-de-pequena-escala-los-principales-exportadores-de-aguacate-a-estados.
      [42] Our results and arguments coincide with those found in Alexander Curry, “Violencia y capitalismo aguacatero en Michoacán,” in Jayson Maurice Porter and Alexander Aviña, eds, Land, Markets and Power in Rural Mexico, Noria Research. Curry is skeptical of analyses in which violence can be understood in terms of its results, such as the coercive control of a market square or highway. “Such analyses forget that violence is part of a social process, with its own temporal framework,” he writes. It is therefore necessary to frame the process within a broader field of relations of inequality of all kinds, in which the paradox is that legal and illegal actors intermingle at the local, national, and international levels, but in spheres that rarely intersect. The avocado industry cannot be explained by the cartels but by the tangled web of international capitalism.
      [43] See https://www.netafim.com.mx/cultivos/aguacate and https://es.rivulis.com/crop/aguacates.
      [44] Jennifer Kite-Powell, “Using Drip Irrigation To Make New Sustainable Growing Regions For Avocados”, Forbes, 29 March 2022: https://www.forbes.com/sites/jenniferhicks/2022/03/29/using-drip-irrigation-to-make-new-sustainable-growing-regions-for-avocados .
      [45] See Pat Mooney, La Insostenible Agricultura 4.0: Digitalización y Poder Corporativo en la Cadena Alimentaria, ETC Group, 2019, https://www.etcgroup.org/sites/www.etcgroup.org/files/files/la_insostenible_agricultura_4.0_web26oct.pdf. See also Colectivo por la Autonomía and GRAIN, eds, Invernaderos: controvertido modelo de agroexportación.
      [46] Colectivo por la Autonomía, Evangelina Robles, José Godoy, and Eduardo Villalpando, “Nocividad del metabolismo agroindustrial en el Occidente de México,” in Eduardo Enrique Aguilar, ed., Agroecología y Organización Social: Estudios Críticos sobre Prácticas y Saberes (Monterrey: Universidad de Monterrey, Editorial Ítaca, 2022), https://www.researchgate.net/publication/365173284_Agroecologia_y_organizacion_social_Estudios_criticos_sobre_p.
      [47] Metapolítica, “La guerra por el aguacate: deforestación y contaminación imparables,” BiodiversidadLA, 24 June 2019, https://www.biodiversidadla.org/Noticias/La-guerra-por-el-Aguacate-deforestacion-y-contaminacion-imparables.
      [48] Chloe Sutcliffe and Tim Hess, “The global avocado crisis and resilience in the UK’s fresh fruit and vegetable supply system,” Global Food Security, 19 June 2017, https://www.foodsecurity.ac.uk/blog/global-avocado-crisis-resilience-uks-fresh-fruit-vegetable-supply-sy.
      [49] Nathanael Johnson, “Are avocados toast? California farmers bet on what we’ll be eating in 2050,” The Guardian, 30 May 2016, https://www.theguardian.com/environment/2018/may/30/avocado-california-climate-change-affecting-crops-2050.
      [50] GRAIN, “The well is running dry on irrigated agriculture,” 20 February 2023, https://grain.org/en/article/6958-the-well-is-running-dry-on-irrigated-agriculture.
      [51] Danwatch, “Paltas y agua robada,” 2017, http://old.danwatch.dk/wp-content/uploads/2017/05/Paltas-y-agua-robada.pdf.
      [52] Fresh Fruit Portal, “Steve Barnard, founder and CEO of Mission Produce: We now import more to Chile than we export,” 23 August 2021, https://www.freshfruitportal.com/news/2021/08/23/steve-barnard-founder-and-ceo-of-mission-produce-we-now-import-mor.
      [53] Sacrifice zones are “places with high levels of environmental contamination and degradation, where profits have been given priority over people, causing human rights abuses or violations”: Elizabeth Bravo, “Zonas de sacrificio y violación de derechos,” Naturaleza con Derechos, Boletín 26, 1 September 2021, https://www.naturalezaconderechos.org/2021/09/01/boletin-26-zonas-de-sacrificio-y-violacion-de-derechos.
      [54] See Catalina Wallace, “La obra de ingeniería que cambió el desierto peruano,” Visión, March 2022, https://www.visionfruticola.com/2022/03/la-obra-de-ingenieria-que-cambio-el-desierto-peruano; “Proyecto de irrigación Olmos,” Landmatrix, 2012, https://landmatrix.org/media/uploads/embajadadelperucloficinacomercialimagesstoriesproyectoirrigacionolmos201. The costly project was part of the Odebrecht corruption case fought in the context of the “Lava Jato” operation: Jacqueline Fowks, “El ‘caso Odebrecht’ acorrala a cuatro expresidentes peruanos,” El País, 17 April 2019, https://elpais.com/internacional/2019/04/16/america/1555435510_660612.html.
      [55] Liga contra el Silencio, “Los aguacates de AngloGold dividen a Cajamarca,” 30 October 2020, https://www.biodiversidadla.org/Documentos/Los-aguacates-de-AngloGold-dividen-a-Cajamarca.
      [56] “Colombia: Los aguacates de AngloGold dividen a Cajamarca,” La Cola de Rata,16 October 2020, https://www.farmlandgrab.org/post/view/29921-colombia-los-aguacates-de-anglogold-dividen-a-cajamarca.
      [57] See Las luchas de Cherán desde la memoria de los jóvenes (Cherán Ireteri Juramukua, Cherán K’eri, 2021); Daniela Tico Straffon and Edgars Martínez Navarrete, Las raíces del despojo, U-Tópicas, https://www.u-topicas.com/libro/las-raices-del-despojo_15988; Mark Stevenson, “Mexican town protects forest from avocado growers and drug cartels,” Los Angeles Times, https://www.latimes.com/world-nation/story/2022-01-31/mexican-town-protects-forest-from-avocado-growers-cartels; Monica Pellicia, “Indigenous agroforestry dying of thirst amid a sea of avocados in Mexico,” https://news.mongabay.com/2022/06/indigenous-agroforestry-dying-of-thirst-amid-a-sea-of-avocados-in-mex
      [58] The Grapes of Wrath, op. cit.
      [59] USDA, “Imports play dominant role as U.S. demand for avocados climbs,” 2 May 2022, https://www.ers.usda.gov/data-products/chart-gallery/gallery/chart-detail/?chartId=103810.

      https://grain.org/e/6985#_edn36

      #rapport #Grain #land_grabbing #accaparement_des_terres

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    Nouvelle série. Depuis 1999, la frontière franco-britannique tue et tue encore. « Les Jours » remontent le fil d’un #carnage silencieux et éminemment politique.

    Le lundi 11 janvier 1999, un homme irakien est retrouvé mort dans l’enceinte du port de Douvres, en Angleterre. Caché sous la remorque d’un poids lourd, au niveau des essieux, il venait à peine de franchir la frontière franco-britannique quand les secousses du camion l’ont déséquilibré. Tombé à terre, il a été immédiatement happé et écrasé par les roues. L’identité de cet homme n’est pas connue, pas plus que son histoire personnelle. Sans la vigilance de quelques citoyens britanniques, son décès serait sans doute passé inaperçu.

    Il ne s’agit pourtant pas d’un événement isolé. Depuis cette nuit d’hiver, 367 migrants sont morts entre la zone frontière franco-belge et le Royaume-Uni. C’est ce qu’ont dénombré Les Jours dans un travail aussi inédit qu’exceptionnel. Nom, prénom, âge, nationalité, parcours migratoire, circonstances du décès, photos… Nous avons cherché et compilé pendant plusieurs années toutes les informations possibles sur les exilés disparus le long de cette frontière maritime. Notre « Mémorial de Calais », à découvrir ci-dessous, recense les victimes pour qu’on ne les oublie pas. Il décompte les morts parce que ces vies comptent.

    https://i.imgur.com/HN4orG8.png
    (#paywall)
    https://lesjours.fr/obsessions/calais-migrants-morts/ep1-memorial

    #frontières #asile #migrations #réfugiés #mourir_aux_frontières #morts_aux_frontières #Manche #France #Angleterre #UK #visualisation #statistiques #chiffres #Maël_Galisson #mémoriel

    ping @visionscarto