• #Leonardo sbarca in #Somalia, la sua fondazione promuove l’italiano e addestra l’esercito

    Leonardo punta a rafforzare la propria presenza in Corno d’Africa e affida l’affaire all’ex ministro dell’Interno Marco Minniti (Pd), alla guida della Fondazione Med-Or costituita dall’holding del complesso militare-industriale italiano per promuovere progetti di “cooperazione” e scambi culturali-accademici con i Paesi del cosiddetto Mediterraneo allargato (Med) e del Medio ed Estremo Oriente (Or).

    Il 21 dicembre 2021 è stato firmato a Roma un Memorandum of Understanding tra la Fondazione Med-Or e la Repubblica Federale di Somalia per la “promozione della lingua italiana in Somalia e il sostegno all’alta formazione, attraverso l’erogazione di borse di studio e corsi di formazione professionale”.

    A sottoscrivere l’accordo Marco Minniti e il Ministro degli Affari Esteri somalo Abdisaid Muse Ali, ma all’evento erano presenti pure il Ministro degli Esteri e della Cooperazione Internazionale Luigi Di Maio, il Ministro della Pubblica Istruzione somalo Abdullahi Abukar Haji e l’intero stato maggiore di Leonardo S.p.A., il presidente Luciano Carta (generale ritirato della Guardia di finanza), l’amministratore delegato Alessandro Profumo, il direttore generale Valerio Cioffi e Letizia Colucci, direttrice generale della Fondazione Med-Or.

    “La Somalia è un Paese strategico nei complessi equilibri dell’Africa Orientale ed è un partner fondamentale per noi nel Corno d’Africa”, ha dichiarato l’ex ministro Minniti. “L’interesse e l’impegno di Med-Or verso l’ex colonia italiana sono in linea con quanto fatto nel corso degli ultimi anni. Consolideremo la cooperazione in numerosi campi e le relazioni comuni, insieme alle istituzioni somale”.

    Il Memorandum firmato con la Repubblica di Somalia segue altri due progetti promossi e finanziati in Africa dalla Fondazione di Leonardo: il primo con la Mohammed VI Polytechnic University di Rabat (finanziamento di alcune borse di studio presso la LUISS “Guido Carli” di Roma, destinate a studenti provenienti dal Marocco); il secondo con la consegna alla Repubblica del Niger di una cinquantina di concentratori di ossigeno per alcune strutture sanitarie impegnate nell’assistenza a malati di Covid-19.

    La presenza a Roma alla firma dell’accordo di “cooperazione” dei massimi vertici di Leonardo S.p.A., conferma l’intenzione del gruppo di penetrare nel redditizio mercato dei sistemi d’arma del martoriato Corno d’Africa. Risale a tre anni fa l’ultima importante commessa nella regione, la fornitura al governo federale somalo di sistemi ATC – Air Traffic Control. Nello specifico, la controllata Selex ES Technologies Limited (SETL) con sede in Kenya, ha installato nel 2018 a Mogadiscio un Centro Nazionale ACC (Air Control Centre) per l’integrazione degli strumenti operativi di controllo aereo e tre torri radar in altrettanti aeroporti del Paese per un totale di 16 postazioni operatore, oltre a un sistema radio VHF e una rete satellitare.

    Una trattativa per la fornitura di un sofisticato sistema radar è in corso tra Leonardo e le autorità militari di Gibuti, la piccola enclave tra Eritrea, Etiopia e Somaliland, strategica per il controllo dello Stretto Bab El Mandeb che separa il Mar Rosso dal Golfo di Aden, principale rotta commerciale e petrolifera tra l’Asia e l’Europa.

    Il 30 gennaio 2020 i manager del gruppo italiano hanno accompagnato una delegazione della Repubblica di Gibuti (presenti tra gli altri il ministro della Difesa Hassan Omar Mohamed e l’ambasciatore a Parigi Ayeid Mousseid Yahya) in visita alla 4ª Brigata Telecomunicazioni e Sistemi per la Difesa Aerea e l’Assistenza al Volo dell’Aeronautica Militare di Borgo Piave, l’ente responsabile della realizzazione, installazione e manutenzione dei sistemi radar, di telecomunicazioni e radio assistenze al volo e alla navigazione aerea.

    “Gli ospiti sono stati accolti dal Comandante della 4ª Brigata, generale Vincenzo Falzarano”, riporta la nota dell’ufficio stampa dell’Aeronautica italiana. “La visita ha interessato il Sistema FADR (Fixed Air Defence Radar, modello RAT–31DL, prodotto da Leonardo, nda) che costituisce la struttura portante del sistema di Difesa Aerea. Il FADR è un radar di sorveglianza a lungo raggio (oltre 470 chilometri) e l’Aeronautica Militare, grazie alla sinergia con il mondo industriale nazionale, lo ha utilizzato per il rinnovamento tecnologico di dodici radar fissi a copertura dell’intero spazio aereo nazionale”.

    Come nel caso del Niger, la Fondazione Med-Or di Leonardo S.p.A. sembra voler privilegiare le regioni del continente africano dove operano stabilmente le forze armate italiane. In Corno d’Africa l’Italia è presente nell’ambito di due missioni internazionali, EUTM Somalia (European Union Training Mission to contribute to the training of Somali security forces) e MIADIT.

    L’operazione EUTM ha preso il via nell’aprile 2010 dopo la decisione dell’Unione Europea di “contribuire al rafforzamento del Governo Federale di Transizione della Somalia attraverso l’addestramento delle Forze di sicurezza somale”. Inizialmente il personale militare UE era schierato in Uganda e operava in stretta collaborazione con le forze armate ugandesi.

    Furono costituititi un quartier generale a Kampala, una base addestrativa a Bihanga (250 km a ovest della capitale) e un ufficio di collegamento a Nairobi (Kenya). Quando le condizioni di sicurezza in Somalia sembrarono migliori, EUTM inaugurò un centro di formazione presso l’aeroporto internazionale di Mogadiscio (aprile 2013) e, dall’inizio del 2014, sia il quartier generale sia i centri addestrativi furono trasferiti in territorio somalo.

    “Focus iniziale della Missione EUTM è stato l’addestramento delle reclute somale e la formazione di istruttori delle Somali National Security Forces, capaci di gestire in proprio l’addestramento di sottufficiali e della truppa”, spiega il Ministero della Difesa italiano. “Con il crescente impegno della Comunità Internazionale e dell’UE nel processo di stabilizzazione del Corno d’Africa, è stato previsto un ulteriore sviluppo della missione. Dall’aprile 2015, con il 4° mandato, essa si è concentrata sempre più sulla componente legata alla consulenza operativa, logistica e amministrativa del Ministero della Difesa e dello Stato Maggiore somalo”. Dal 15 febbraio 2014 il Comando di EUTM è assegnato all’Italia e il contingente nazionale impiegato è di 148 militari e 20 mezzi terrestri.

    Dal 2013 le forze armate italiane sono impegnate pure nella Missione Bilaterale di Addestramento delle Forze di Polizia somale e gibutiane – MIADIT. “La missione è volta a favorire la stabilità e la sicurezza della Somalia e dell’intera regione del Corno d’Africa, accrescendo le capacità nel settore della sicurezza e del controllo del territorio da parte delle forze di polizia somale”, spiega ancora il Ministero della Difesa. “L’obiettivo a lungo termine è quello di rigenerare la polizia federale somala mettendola innanzitutto in grado di operare nel complesso scenario e successivamente, con i corsi training of trainers, portarla gradualmente all’autosufficienza formativa”.

    Il contingente nazionale impiegato è di 53 militari e 4 mezzi dell’Arma dei Carabinieri. I moduli addestrativi sono diretti a 150-200 agenti somali e gibutini alla volta e hanno una durata di 12 settimane.

    Le attività spaziano dall’addestramento individuale al combattimento, agli interventi nei centri abitati, alle tecniche di controllo del territorio e gestione della folla, alla ricerca e neutralizzazione di armi ed esplosivi. Sempre secondo la Difesa, gli istruttori dei Carabinieri hanno già addestrato oltre 2.600 unità appartenenti alla Polizia Somala, alla Polizia Nazionale e alla Gendarmeria Gibutiana, contribuendo inoltre alla ristrutturazione dell’Accademia di Polizia di Mogadiscio.

    https://www.africa-express.info/2021/12/24/leonardo-sbarca-in-somalia-la-sua-fondazione-promuove-litaliano-e-a

    #Italie #néo-colonialisme
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  • Les Allemands ont Drosten, on a Robert Cohen qui sauve nos enfants. On est gâtés.

    Gros malaise sur CNews après une blague sur les enfants et les pédophiles
    https://www.ladepeche.fr/2021/01/07/gros-malaise-sur-cnews-apres-une-blague-sur-les-enfants-et-les-pedophiles-

    Pascal Praud, qui voulait aborder un autre thème de débat, a demandé à un de ses chroniqueurs, l’infectiologue Robert Cohen, s’il avait aimé son métier de pédiatre avant de devenir infectiologue. « J’ai une vie que j’ai adorée. C’est une vocation. J’ai d’abord commencé à faire de la gériatrie. J’ai vu que je ne pouvais pas toucher les vieux. Physiquement ! », a raconté Robert Cohen.

    L’infectiologue s’est alors tourné tout sourire vers un autre chroniqueur, l’avocat Emmanuel Pierrat, en lui disant : « C’est peut-être mon côté pédophile ! » L’avocat lui a répondu : « Vous êtes sur une pente dangereuse ! »

    Robert Cohen a enchaîné : « Vous connaissez la différence entre un pédophile et un pédiatre ? » Sans laisser à Pascal Praud ou aux autres chroniqueurs le temps de réfléchir, il a répondu : « Le pédophile aime vraiment les enfants. Nous, on ne les aime pas vraiment ».

    C’était début janvier.

  • Harcèlement sexuel, violences morales : le cauchemar des stages des internes en médecine générale, Soazig Le Nevé
    https://www.lemonde.fr/societe/article/2020/10/23/harcelement-sexuel-violences-morales-le-cauchemar-des-stages-des-internes-en

    Deux thèses décrivent la « culture de la violence » qui sévit envers les internes en médecine générale, notamment dans les hôpitaux universitaires.

    Le dénigrement, l’humiliation, le harcèlement et la violence : la souffrance constituerait un passage obligé lors des stages des étudiants en médecine à l’hôpital et, dans une moindre mesure, en cabinet libéral.

    « On a réussi à faire pleurer tous les internes » , s’est ainsi vanté un praticien, selon des propos rapportés par un étudiant que Sara Eudeline et Amélie Jouault ont cité dans leurs thèses sur les violences subies par les étudiantes et étudiants en médecine générale et les facteurs qui en sont à l’origine. Soutenus jeudi 22 octobre à la faculté de médecine de Sorbonne Université, leurs travaux ont reçu une mention très honorable avec félicitations du jury.

    Les deux jeunes médecins, qui ont mené l’enquête auprès de plus de deux mille internes en médecine générale, issus de trente-sept universités, soit près de 20 % de l’effectif, ont souhaité documenter une situation qu’elles avaient elles-mêmes vécue dans des hôpitaux universitaires. Le livre de la médecin Valérie Auslender, Omerta à l’hôpital. Le livre noir des maltraitances faites aux étudiants en santé (Michalon), publié en 2017, les a encouragées à libérer une parole ressentie comme honteuse.

    « La quasi-totalité des étudiants en médecine ont subi des violences, qu’elles soient d’ordre physique, verbal, sexuel, liées à un bizutage ou à un dépassement des horaires de travail , affirme Amélie Jouault. Cela n’a rien d’un problème à la marge. » Les étudiants en médecine seraient même particulièrement vulnérables, plus de la moitié d’entre eux estimant leur état de santé comme moyen ou mauvais, et 31 % ayant déjà eu des idées suicidaires.

    La perversion et la lubricité de certains médecins et personnels soignants ne connaît pas de limite. Comme ce praticien qui, dans la chambre d’un patient, lance à une interne n’ayant pas répondu correctement à sa question : « Tu vois la fenêtre ? Tu l’ouvres et tu sautes. » Ou celui-là, qui s’enquiert auprès de la stagiaire dont il est responsable de comment « [s]a chatte est épilée » , et de « quand on s’organise [une] partouze ? ». Ou encore cet autre qui lâche : « Tu vois cette patiente, elle a eu quatre enfants, mais toi à ton âge je suis sûre que ta chatte est pas comme ça. »

    Parcours quasi sacrificiel

    Sara Eudeline souligne que les internes n’ont pas forcément conscience de ce qu’ils vivent, tant ils ont « intériorisé » la violence : « Ils savent que s’ils en parlent, on leur dira qu’ils sont faibles. » Au cours de leur cursus, 93,6 % des étudiants de l’échantillon ont déclaré avoir subi des violences psychologiques de façon occasionnelle ou répétée, 53 % des violences de nature sexuelle et sexiste, 49,6 % des violences physiques, et près de 20 % un bizutage.

    De ces statistiques jaillit « la culture de la violence intégrée aux études de médecine », analyse Amélie Jouault. Pour faire médecine, il faudrait ainsi accepter un parcours quasi sacrificiel. « Si tu n’en as pas “chié”, tu ne peux pas faire partie de la corporation », résume l’auteure.

    Bloc opératoire, chambre de patient, salle de pause, cabinet du maître de stage en médecine ambulatoire : aucun lieu n’est épargné par le phénomène, mais les débordements sont plus nombreux dans les services où les situations de travail sont dégradées. « Dans un système qui dysfonctionne, l’étudiant est une cible facile, tout en bas de la structure pyramidale qu’est l’hôpital », décrit Amélie Jouault. « Une chirurgienne m’a jeté des ciseaux sur la tête parce que j’ai donné les ciseaux à fil et non [les ciseaux] de dissection lors de l’opération. J’ai eu du sang du patient sur la tête », raconte une interne citée dans la thèse.

    Plus loin, une autre énumère les humiliations répétées qu’elle a subies : « Me faire jeter une compresse de sang dans la figure, me faire menacer de me crever les yeux, me faire taper sur les doigts avec une pince. Le chirurgien m’a littéralement jeté l’utérus dessus une fois celui-ci retiré. »

    Malgré la gravité des faits, le nombre de dépôts de plainte est quasi nul. Car ceux qui harcèlent, agressent ou humilient sont aussi ceux qui évaluent les futurs médecins. « Dans un rapport de stage, l’étudiant ne peut rien dire. Il ne se confie pas. S’ils l’ont fait avec nous, c’est parce que le questionnaire était anonyme », relève Amélie Jouault. De même, alors que les dépassements d’horaires sont légion (68 % des étudiants en ont fait part), seuls 30 % osent les signaler dans leur rapport.

    « Un moment particulier »

    « La culture des médecins doit évoluer de toute urgence, commente Agnès Hartemann, responsable de la cellule « Bien-être et paroles étudiantes » de Sorbonne Université. L’esprit carabin n’est plus du tout d’actualité. » Pour la première fois cette année, à la demande du doyen de la faculté, les chefs de clinique, dont l’une des missions est d’encadrer les étudiants dans leurs stages, seront formés à la pédagogie et bénéficieront d’une séance d’une heure sur la maltraitance et le harcèlement sexuel. Un groupe de travail œuvre également sur la définition d’une procédure précise amenant à des sanctions en cas de violence.

    « Le message de la tolérance zéro est majeur, abonde la docteure Donata Marra, présidente du Centre national d’appui à la qualité de vie des étudiants en santé, qui forme des enseignants et des représentants des internes. Nous vivons un moment particulier où des jeunes nous demandent de diffuser ce qui se passe pour les aider à identifier ce que sont un comportement maltraitant, prédateur ou simplement vraiment maladroit, et comment y faire face. »

    D’après elle, de nombreux enseignants sont désormais prêts à contribuer à faire évoluer les pratiques. « Ils veulent être en mesure de former leurs étudiants à la gestion du stress, à la communication et à la façon de réagir en cas de problème à travers l’empowerment. » Mais la docteure Marra le reconnaît : il reste « beaucoup à faire pour améliorer la bientraitance des étudiants en santé ».

    #travail #santé #médecine #médecins #internes #apprentissage #harcèlement #harcèlement_sexuel #maltraitance

  • Les femmes, premières victimes des récents scandales sanitaires
    https://www.mediapart.fr/journal/france/290519/les-femmes-premieres-victimes-des-recents-scandales-sanitaires

    L’affaire du Mediator, des pilules troisième génération, de la Depakine, du Levothyrox, de l’Androcur… À chaque fois, les femmes sont les plus touchées. En cause ? Des dérives de prescriptions à visées esthétiques, une moindre recherche des effets secondaires propres à leur métabolisme ou encore sur la contraception. Et parfois, un manque d’écoute du corps médical.

    #Santé #Depakine,_Servier,_Levothyrox,_Androcur,_Bayer,_Merck,_femmes,_Mediator

  • http://www.revolutionpermanente.fr/Sexisme-et-elitisme-double-peine-pour-les-etudiantes-en-medecin
    Sexisme et élitisme : double peine pour les étudiantes en médecine

    « 1 fois ! 2 fois ! 3 fois ! 4 fois ! 5 fois ! 6 fois !
    Cette fois tu m’l’as mis j’la sens bien,
    ce n’est plus ton p’tit doigt qui m’chatouille,
    je sens ton nombril contre le mien
    et la chaleur de tes deux couilles !

    Ton doigt n’était pas si mouillé,
    il allait et venait sans cadence,
    maint’nant c’est bien plus régulier,
    au nom de Dieu quelle Jouissance !

    Bite au Cul ! Bite au cul ! Bite au cul !
    Zob »
    La Marche Américaine – chant carabin

    C., étudiante en médecine à la faculté de Lyon

    Au commencement, la fac, ses chants, ses traditions
    Bienvenue en médecine ! A peine arrivée dans l’amphi de première année, après une lutte avec les autres étudiants pour s’assoir à la meilleure place, je me prend « l’esprit carabin » en pleine figure, celui qui m’accompagnera jusqu’à la fin de mes études, censé alléger la dureté du contenu des cours ou des situations rencontrées en stage en désacralisant l’image du corps, et en dégradant celle de la femme au passage. Si la pression pèse sur les étudiants durant les 6 ans passés en fac de médecine, sanctionnés par deux concours, une pression supplémentaire s’abat sur les étudiantes.

    Confrontées en premier lieu aux chants devenus des rengaines, qui les rendent passives entre les mains des hommes, simples objets sexuels. Confrontées ensuite aux remarques incessantes et intégrées aux cours, je me souviens d’un prof de biochimie, qui pour illustrer ses propos et nous « donner envie » d’étudier les atomes nous parlait de « l’Observatrice » qui se penchait langoureusement sur son microscope alors que sa blouse était courte, très courte, trop courte, et qu’elle ne portait pas de culotte. Confrontées enfin aux blagues issues d’un humour ultra-sexiste, loin d’être déconnecté du sexisme ordinaire de la société, mais exacerbé par ce besoin pressant de mise à distance de la réalité médicale.

    Autre tradition pour se mettre dans l’ambiance, le bizutage. J’en subirai 2, en première et deuxième année, avec une sorte d’obligation de participer pour s’intégrer à la promo, ou plutôt à la corpo des étudiants. Je me vois remettre dès mon arrivée dans le car un livret du participant. Outre les infos pratiques, un concours de points, dont les deux plus gros pôles : 50 points par fille « sautée », 100 pour avoir dépucelé une vierge. Femme-objet, sexe non-consenti, incitation au viol... Je boucle ma ceinture de chasteté pour le week-end, résistance personnelle. Arrive l’élection de mister et miss bizut, et l’incitation par les organisateurs pour les participantes à aller le plus loin possible, « allez-y, enlevez vos sous-vêtements... Embrassez-vous », certaines abandonnent, d’autres osent, la plus téméraire selon leurs codes est élue. J’assiste à tout ça, impuissante, avec l’impression de n’être encore une fois qu’un corps, un objet. Et toujours ce refrain, « cette fois tu m’l’as mise... »

    #domination #sexisme #misogynie #culture_du_viol #patriarcat #carabin #medecine

    • #éducation_au_patriarcat #études_supérieures
      Le milieu de la médecine est certainement un des pires. D’autant que cela forme des personnes qui s’arrogent le droit de maltraiter si elles ne sont pas résistantes à ce système. Beaucoup vont abandonner (ça a été le cas de mon père qui n’a pas supporté l’ambiance) et on raconte ensuite que les études sont difficiles, certes, mais à quel niveau ? La construction de cette domination est bâti sur une hiérarchie de #maltraitance qui à terme s’abat sur le patient, surtout quand il est sans défense (en général ce qu’on est quand on est malade…) mais surtout sur les enfants (qu’on oublie toujours) les femmes et les vieux.

    • J’adore l’excuse pour tous les « dérapages » sur le « lâcher de pression ». Je suppose donc que d’en coller plus à certaines pour soulager certains, ne pose pas de problème existentiel, mais revient, une fois de plus, à nier totalement le ressenti des femmes et à ne pas les traiter comme des pairs. Parce qu sinon, personne ne se permettrait de « relâcher la pression » sur elles, puisqu’il serait précisément évident qu’elles subissent déjà la fameuse pression qui autorise tant de chose aux hommes. Peut-être même plus, puisqu’elles sont — d’un point de vue essentialiste — plus « sensibles » que les « vrais bonhommes » et auraient donc encore plus besoin de se défouler.

      Ensuite, sur la charge mentale, il n’y a pas que des toubibs à avoir charge d’âmes. Les chauffeurs de bus scolaires ont donc des traditions de défoulement pour supporter la pression ? Et les sous-traitants du nucléaire arrivent bourrés faire leur garde après s’être murgés pour échapper à la pression ? les aiguilleurs du ciel, etc…

      Non, on voit bien que l’idée, exactement comme dans les grandes écoles et toutes les filières prestigieuses en statut et en fric à la sortie, c’est de s’assurer l’homogénéité du groupe, l’exclusion des outsiders , la domination et la reproduction sociale.

      J’ai une amie jeune toubib féministe qui n’a pas beaucoup apprécié ces tentatives d’intimidations, cette pression des carabins pour initier les apprentis à leur morgue et leur pratiques pourries et cette course permanente au fric et au prestige. La défense de l’exercice libéral lui semble être dans cette lignée avec cette obligation tacite de faire de sa pratique une entreprise bien capitaliste et bien rentable, alors qu’elle, ce qui l’intéresse, c’est quand même — et très connement d’après moult de ses jeunes confrères — de soigner des gens.
      Comme tous les jeunes médecins, elle a fait des « rempla » pour commencer et m’a racontée avoir été profondément écœurée par les méthodes d’abattage de certains de ses confrères généralistes qu’elle devait remplacer : des machines à chier des ordonnances à la chaine, avec des objectifs d’au moins 6 patients à l’heure, exercice médical façon dealer de seconde zone : « bonjour, elle veut quoi la petite dame, ce sera tant, merci, au revoir ! ».
      Mais que l’esprit du lucre, c’était encore pire chez les spécialistes et que les généralistes, c’est aussi considéré comme les types qui ont raté la voie royale, que tout le milieu médical français est parasité par la reproduction sociale bourgeoise et le mépris des autres.

      Bref, elle vient d’entrer comme généraliste spécialisée sur les « problèmes de gonzesses » dans la territoriale et d’avoir résilier son compte à l’URSSAF a été pour elle un soulagement : elle va pouvoir faire de la prévention et de la vraie médecine.

  • #Mare_Nostrum - Documentario di #Stefano_Mencherini

    Il film-inchiesta mette a nudo alcuni aspetti dell’incostituzionalita’ della legge sull’immigrazione (la 189 del 30 luglio 2002) detta Bossi-Fini.
    Alcune immagini di questo film hanno permesso alla magistratura salentina di istruire un processo contro i gestori di un «Centro di permanenza temporanea» gestito dalla Curia arcivescovile di Lecce, la Fondazione «Regina pacis».
    Il documentario è un viaggio in presa diretta nell’Italia dei diritti negati agli stranieri.

    «Dopo 4 anni dalla autoproduzione questo film-inchiesta è ancora più attuale che mai, lo testimoniano le decine di proiezioni che vengono ancora richieste all’autore da Università, scuole, centri sociali, parrocchie, associazioni. Soprattutto alla luce di una delle denunce contenute in apertura di Mare Nostrum: quella che riguarda una storia di violenze e sevizie dentro ad un Cpt, quello di Lecce, fondato e gestito per quasi 10 anni dalla Curia salentina.
    Da sottolineare che il lavoro che vedrete non è mai stato mandato in onda integralmente da nesuna televisione italiana, neppure dalla Rai di cui Mencherini è regista e autore da circa 15 anni»
    Stefano Mencherini

    http://www.youtube.com/watch?v=AGgOww84fps

    #film #documentaire #migration #Italie #CPT #centre_de_permanence_temporaire #loi_Bossi-Fini #Lecce #Regina_Pacis #détention #rétention #église #carabinieri #Pouilles #Lecce #Albanie #trafic_de_drogue #mourir_en_mer #naufrage #fosse_commune #legge_Bossi-Fini

    Interview avec le régisseur :
    https://www.youtube.com/watch?v=7-f_DDVebds