• Frontiere della Transizione Energetica | Carta Interattiva
    https://frontieredellatransizione.it

    Questa #carta interattiva permette di visualizzare i permessi di #ricerca_mineraria per #materie_prime_critiche attualmente autorizzati o in fase di autorizzazione in Italia. Si propone come uno strumento informativo per indagare la dimensione estrattiva della transizione a forme di energia pulita e di proiettarne l’impatto reale sui territori.

    La principale strategia istituzionale per limitare il riscaldamento globale e realizzare un futuro a bassa intensità di carbonio si risolve, ad oggi, nella transizione a forme di energia «pulite». Le tecnologie di base di questa transizione come batterie ricaricabili, pannelli solari e turbine eoliche sono tuttavia caratterizzate da un’alta «intensità minerale», come dichiara la stessa Banca Mondiale (Hund et. al., 2020), ossia dalla necessità di reperire alcune materie prime in nuove e ben più ingenti quantità rispetto a precedenti cicli di accumulazione (Carrara et. al., 2023). Nonostante la necessitò crescente di approvvigionare il sistema produttivo europeo di queste materie prime critiche, i paesi membri sono fortemente dipendenti dall’importazione di queste materie prime da paesi esteri. La risposta istituzionale a queste criticità consiste in un tentativo duplice, annunciato da Ursula von der Leyen durante il discorso sullo stato dell’Unione nel 2022 e successivamente articolato a marzo 2023 in un «insieme globale di azioni per garantire l’accesso dell’UE a un approvvigionamento sicuro, diversificato, economicamente accessibile e sostenibile di materie prime critiche», noto come il Raw Materials Act (European Commission, 2023). Questa proposta prevede una strategia duplice: da un lato, diversificare gli input di materie prime critiche tramite la stipula di accordi con nuovi partner commerciali internazionali, dall’altro stimolare la ricerca e l’estrazione delle stesse all’interno della stessa Eurozona. La proposta di legge sui CRM stabilisce infatti un obiettivo del 10% di materie prime critiche da estrarre all’interno della stessa UE al 2030, nel tentativo di aumentare in modo significativo la quota interna di minerali necessari alla transizione e rinforzare così una sorta di «sovranità estrattiva» nel segno della sicurezza e della resilienza. Nel concreto, queste direttive mireranno a facilitare ed accelerare l’apertura di nuovi siti estrattivi e relative fasi di trasformazione del minerale, riducendo per esempio gli oneri amministrativi relativi ai permessi, semplificando e riducendo le procedure di autorizzazione dei progetti e garantendo un maggiore sostegno nell’accesso ai finanziamenti necessari per lo sviluppo di progetti estrattivi. Questi sviluppi recenti in seno alle politiche europee suggeriscono come l’ampliamento e l’accelerazione dell’estrazione mineraria all’interno dell’Eurozona siano indicati come una strategia essenziale per garantire l’indipendenza dell’UE nel reperimento di materie prime critiche e nel realizzare la transizione energetica. In questo senso, le frontiere della transizione energetica si addentrano non solo nelle viscere dei paesi storicamente sfruttati per le loro risorse, ma anche nel sottosuolo del continente.

    All’interno di questo scenario europeo, già si assiste ad una significativa espansione delle concessioni per permessi di ricerca mineraria in diversi territori della penisola italiana. Il sottosuolo della penisola è infatti storicamente ricco di risorse minerarie, spesso sfruttate dall’età antica fino a qualche decennio fa, e quindi si configura oggi come un fertile terreno di ricerca per numerose materie prime critiche come cobalto, litio, nichel, grafite e rame. Casi ad oggi noti comprendono ad esempio il progetto Punta Corna sulla Alpi piemontesi o il distretto del litio geotermico a cavallo fra Toscana e Lazio, entrambi casi già riportati dalla cronaca nazionale. Al di là dei casi isolati è però complicato tracciare un quadro d’insieme di queste dinamiche, che permetta di individuarne le reali dimensioni territoriali e di costruirne un’analisi critica informata. Almeno due fattori concorrono a rendere difficoltosa questa informazione: da un lato, la scarsa consapevolezza rispetto alla reale intensità minerale della transizione energetica e quindi la sostanziale mancanza di un dibattito pubblico e politico sull’argomento, dall’altro dalla straordinaria frammentazione istituzionale che caratterizza la gestione delle risorse minerarie in Italia. Non è infatti disponibile alcun dataset a copertura nazionale che permetta di individuare le aree interessate da permessi di ricerca geologica o coltivazione mineraria, una mancanza probabilmente dovuta al principio di autonomia regionale per cui la ricerca e la coltivazione sono in capo alle Regioni, fatto salvo per le eventuali Valutazioni di Impatto Ambientale di cui è responsabile il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica. I dati geografici relativi ai permessi di ricerca e coltivazione sono, quindi, di difficile reperimento nelle diverse, frammentate e disomogenee banche dati regionali.

    Questa carta interattiva è un tentativo di sopperire a queste difficoltà interpretative. Sono qui raccolti e progressivamente aggiornati alcuni dati cartografici relativi ai permessi di ricerca mineraria per materie prime critiche (CRM) ad oggi attivi in Italia, con l’obiettivo di rendere unitari, leggibili e accessibili i dati geografici relativi a queste concessioni e di offrire così una piattaforma utile ad ulteriori ricerche ed inchieste sul tema. I permessi sono attualmente catalogati in base allo stato di avanzamento dei lavori (in approvazione, approvato oppure scaduto). Il dataset contiene diverse informazioni per ogni permesso di ricerca, come ad esempio il titolare, le superfici coinvolte, i minerali oggetto della ricerca e così via, oltre ad un weblink alla documentazione ufficiale di progetto.

  • Termes nautiques
    https://www.annoncesbateau.com/conseils/termes-nautiques

    petit #dictionnaire

    Écrit par : Bénédicte Chalumeau
    ...
    Pour naviguer il est nécessaire d’avoir une compréhension du vocabulaire de la navigation, de la mer et des bateaux. Nous vous présentons ici les termes techniques les plus courants, utilisés dans le monde maritime.

    A
    #Abattre :
    Écarter sa route du lit du vent. Ce mouvement s’appelle une abattée.

    #Abord (en) :
    Sur le côté du bâtiment.

    #Accastillage :
    Objets et accessoires divers équipant un navire.

    #Accoster :
    Placer un bâtiment le long d’un quai ou le long d’un autre navire.

    #Acculée :
    Mouvement en arrière d’un navire, il cule.

    #Adonner :
    Le vent adonne pour un navire à voiles quand il tourne dans un sens favorable à la marche, c’est à dire quand il vient plus à l’arrière. Le contraire est refuser.

    #Affaler :
    Faire descendre, c’est le contraire de hâler. Affaler quelqu’un le long du bord, ou d’un mât, c’est le faire descendre au bout d’un filin.

    #Aiguillots :
    Pivots fixes sur une mèche du gouvernail ou sur l’étambot et tournant dans les fémelots.

    #Aileron :
    Partie de tente qui se place en abord. Prolongements en abord et généralement découverts de l’abri de navigation.

    #Ajut :
    Noeud servant à réunir momentanément deux bouts de cordage.

    #Allure :
    Direction d’un navire par rapport à celle du vent.

    #Amariner :
    Amariner un équipage : l’habituer à la mer.

    #Amarrage :
    Action d’amarrer.

    #Matelotage
     : bout de lusin, merlin, ligne, etc... servant à relier ensemble deux cordages.

    #Amarres :
    Chaînes ou cordages servant à tenir le navire le long du quai.

    #Amener :
    abaisser, faire descendre.

    #Amer :
    Point de repère sur une côte.

    #Amure :
    Manoeuvre qui retient le point inférieur d’une voile du côté d’où vient le vent (voiles carrées). Par extension est synonyme d’allure. Pour les bateaux latins, on continue à dire qu’ils naviguent bâbord ou tribord amures, selon que le vent vient de la gauche ou de la droite.

    #Anguillers :
    Conduits, canaux ou trous pratiqués dans la partie inférieure des varangues des couples pour permettre l’écoulement de l’eau dans les fonds.

    #Anspect :
    Ou barre d’anspect. Levier en bois dur servant à faire tourner un cabestan ou un guindeau. Primitivement, servait à pointer les canons en direction.

    #Aperçu :
    Pavillon signal que l’on hisse pour indiquer que l’on a compris un signal.

    #Apiquer :
    Hisser l’une des extrémités d’un gui ou d’une vergue de manière à l’élever au-dessus de l’autre.

    #Apparaux :
    Ensemble des objets formant l’équipement d’un navire.

    #Appel :
    Direction d’un cordage, de la chaîne de l’ancre.

    #Appuyer :
    Haler, raidir un cordage pour soutenir ou fixer l’objet auquel il aboutit. Appuyer un signal, c’est l’accompagner d’un signal sonore, coup de Klaxon, pour attirer l’attention. Appuyer la chasse : poursuivre obstinément.

    #Araignée :
    Patte d’oie à grand nombre de branches de menu filin qu’on installe sur les funes des tentes et tauds pour permettre de les maintenir horizontaux. Hamac : réseau de petites lignes à oeil placées à chaque extrémité de la toile du hamac pour le suspendre : elles se réunissent à deux boucles métalliques ou organeaux d’où partent les « rabans » de suspension.

    #Arborer :
    Arborer un pavillon, c’est le hisser au mât. En Méditerranée, dans la langue des galères, le mât s’appelait l’arbre.

    #Ardent :
    Un navire est ardent lorsqu’il tend de lui-même à se rapprocher du lit du vent. C’est le contraire du mou.

    #Armement :
    L’armement d’un bâtiment consiste à le munir de tout ce qui est nécessaire à son genre de navigation ; ce terme désigne aussi la totalité des objets dont un navire est muni. Ces objets sont inscrits sur les « feuilles d’armement ». Dans une embarcation, on appelle ainsi son équipage.

    #Armer :
    Armer un navire : le munir de son armement. / Armer un câble : le garnir en certains endroits pour le garantir des frottements.

    #Arraisonner :
    Arraisonner un navire c’est le questionner sur son chargement, sa destination, et toutes autres informations pouvant intéresser le navire arraisonneur.

    #Arrimage :
    Répartition convenable dans le navire de tous les objets composants son armement et sa cargaison.

    #Arrivée :
    Mouvement que fait le navire quand il s’éloigne du lit du vent pour recevoir le vent plus de l’arrière. Synonyme : « abattée ». Contraire : « auloffée ».

    #Arrondir :
    Passer au large d’un cap pour éviter les dangers qui le débordent.

    #Assiette :
    Manière dont le navire est assis dans l’eau, autrement dit sa situation par rapport à la différence de ses tirants d’eau avant et arrière.
    Assiette positive : T AV < T AR
    Assiette négative : T AV > T AR

    #Atterrir :
    Faire route pour trouver une terre ou un port.

    #Attrape :
    Cordage fixé sur un objet de façon à pouvoir en temps utile l’amener à portée de main.

    #Atterrissage :
    Action d’atterrir.

    #Auloffée :
    Mouvement d’un navire tournant son avant vers le lit du vent. Contraire : arrivée abattée (ou abattée).

    #Aveugler :
    Une voie d’eau, obstruer avec des moyens de fortune

    B
    #Bâbord :
    Partie du navire située à gauche d’un observateur placé dans l’axe de ce navire en faisant face à l’avant.

    #Baguer :
    Faire un noeud coulant.

    #Baille :
    Baquet (appellation familière donnée à leur école, par les élèves de l’école Navale).

    #Balancine :
    Manoeuvre partant du haut du mât et soutenant les extrémités d’une vergue ou l’extrémité d’un gui ou d’un tangon.

    #Ballast :
    Compartiments situés dans les fonds du navire et servant à prendre du lest, eau ou combustible.

    #Ballon :
    Défense sphérique que l’on met le long du bord.

    #Bande :
    Inclinaison latérale du navire. Synonyme de gîte. Mettre l’équipage à la bande : l’aligner sur le pont pour saluer un navire ou une personnalité.

    #Barbotin :
    Couronne à empreintes du guideau ou du cabestan sur laquelle les maillons d’une chaîne viennent s’engrener successivement.

    #Base :
    Banc de roche ou de corail formant un bas-fond.

    #Bastaque :
    Hauban à itague employé sur les petits bateaux. Il peut aussi servir à hisser certains objets.

    #Bastingage :
    Autrefois muraille en bois ou en fer régnant autour du pont supérieur d’un navire, couronnée par une sorte d’encaissement destiné à recevoir pendant le jour, les hamacs de l’équipage ; une toile peinte les recouvrait pour les protéger de la pluie et de l’humidité. On emploie aussi ce terme par extension pour désigner les gardes corps ou lisses de pavois.

    #Battant :
    Partie du pavillon qui flotte librement par opposition au guindant qui est le long de la drisse.

    #Bau :
    Poutres principales placées en travers du bateau pour relier les deux murailles de la coque et supporter les bordages de la coque.

    #Beaupré :
    Mât situé à l’avant du bâtiment.

    #Béquiller :
    #Empêcher un navire échoué de se coucher en le maintenant avec des béquilles.

    #Berceau :
    Assemblage en bois ou en fer destiné à soutenir un navire quand il est halé à terre.

    #Berne (en) :
    Mettre le pavillon à mi-drisse en signe de deuil.

    #Bigue :
    Très gros mât de charge maintenu presque vertical et portant à son extrémité supérieure des cordages et des appareils destinés à lever des poids très lourds. On nomme aussi bigues deux mâts placés et garnis comme le précèdent, et dont les têtes sont réunies par une portugaise.

    #Bittes :
    Pièce de bois ou d’acier fixé verticalement sur un pont ou un quai et servant à tourner les aussières.

    #Bitture :
    Partie d’une chaîne élongée sur le pont à l’avant et à l’arrière du guindeau, filant librement de l’écubier aussitôt qu’on fait tomber l’ancre (prendre une bitture).

    #Bollard :
    Point d’amarrage à terre constituée par un gros fût cylindrique en acier coulé, à tête renflée, pour éviter le glissement de l’amarre.

    #Bôme :
    Vergue inférieure d’une voile aurique.

    #Borde :
    #Ensemble des tôles ou des planches formant les murailles d’un navire.

    #Bordée :
    – Distance parcourue par un navire en louvoyant et sans virer de bord.
    – Division : de l’équipage pour faire le quart.

    #Border :
    – ne voile : la raidir en embarquant l’écoute.
    – La côte : la suivre de très près.
    – Un navire : mettre en place le bordé.

    #Bordure :
    Côté inférieur d’une voile ; la ralingue qui y est fixée se nomme ralingue de fond ou de bordure.

    #Bosco :
    Maître de manoeuvre (marine de guerre), Maître d’équipage (marine de commerce)

    B#osse :
    Bout de cordage ou de chaîne fixé par une de ses extrémités et qui, s’enroulant autour d’un cordage ou d’une chaîne sur lesquels s’exerce un effort, les maintient immobile par le frottement.

    #Bossoir :
    – Pièce de bois ou de fer saillant en dehors d’un navire et servant à la manoeuvre des ancres à jas ; par extension coté avant d’un navire. De capon - de traversières : sert à mettre l’ancre au poste de navigation ; d’embarcation ou portemanteau : sert à suspendre et à amener les embarcations.
    – Homme de bossoir : homme de veille sur le gaillard avant.

    #Bouge :
    Convexité transversale entre ponts et faux-ponts des navires.

    #Bouée :
    Corps flottant.

    #Bourlinguer :
    Se dit d’un bateau qui lutte dans une forte mer et d’un marin qui navigue beaucoup.

    #Braie :
    Sorte de collier en toile à voile ou en cuir que l’on applique autour du trou pratiqué dans le pont pour le passage d’un mât, d’une pompe, de la volée d’un canon afin d’empêcher l’infiltration de l’eau à l’intérieur du bateau.

    #Branles :
    Nom ancien des hamacs (d’où « branle-bas »).

    #Brasse :
    Mesure de longueur pour les cordages, 1m83, servant aussi à indiquer la profondeur de l’eau. Ce terme est en usage dans la plupart des nations maritimes mais la longueur en est différente : en France : 1m624, en Angleterre et en Amérique : 1m829 (six pieds anglais).

    #Brasser :
    Orienter les vergues au moyen des manoeuvres appelées bras. - carré : placer les vergues à angle droit avec l’axe longitudinal du navire. Brasser un tangon.

    #Brider :
    Étrangler, rapprocher plusieurs cordages tendus parallèlement par plusieurs tours d’un autre cordage qui les serre en leur milieu ; ou augmente ainsi leur tension.

    #Brigadier :
    Matelot d’une embarcation placé à l’avant pour recevoir les bosses ou les amarres, annoncer les obstacles sous le vent ou aider à accoster avec la gaffe.

    #Brin :
    Mot servant à indiquer la qualité du chanvre d’un cordage ; le meilleur est dit le premier brin. S’emploie aussi pour qualifier un homme remarquable.

    #Bulbe :
    Renflement de la partie inférieure d’une étrave.

    #Bulge :
    Renflement des flancs du navire.

    C
    #Cabaner :
    Chavirer sans dessus dessous en parlant d’une embarcation.

    #Cabestan :
    Treuil vertical servant à actionner mécaniquement ou à bras les barbotins.

    #Cabillot :
    Chevilles en bois ou en métal qui traversent les râteliers et auxquelles on amarre les manoeuvres courantes au pied des mâts ou en abord.

    #Câblot :
    Petit câble d’environ 100 mètres de longueur servant à mouiller les embarcations au moyen d’un grappin ou d’une petite ancre.

    #Cabotage :
    Navigation entre deux ports d’une même côte ou d’un même pays.

    #Caillebotis :
    treillis en bois amovible servant de parquet et laissant écouler l’eau.

    #Calfatage :
    Opération qui consiste à remplir d’étoupe, au moyen d’un ciseau et à coups de maillet, les coutures des bordages ou des ponts en bois d’un navire afin de les rendre étanches. L’étoupe est ensuite recouverte de brai.

    #Calier :
    Homme employé spécialement à la distribution de l’eau douce.

    #Caliorne :
    Gros et fort palan destiné aux manoeuvres de force.

    #Cap de mouton :
    Morceau de bois plat et circulaire percé de trois ou quatre trous dans lesquels passent des rides pour raidir les haubans, galhaubans, etc...

    #Cape (à la) :
    On dit qu’un navire est à la cape quand, par gros temps, il réduit sa voilure ou diminue la vitesse de sa machine en gouvernant de façon à faire le moins de route possible et à dériver le plus possible pour éviter les effets de la mer.

    #Capeler :
    Capeler un mât, c’est faire embrasser la tête du mât par toutes les manoeuvres dormantes qui doivent entourer cette tête et s’y trouver réunies.

    #Capeyer :
    Tenir la cape.

    #Capon :
    Palan qui servait à hisser l’ancre sur les anciens navires (bossoirs de capon).

    #Carène :
    Partie immergée de la coque d’un navire.

    #Caréner (un navire) :
    Nettoyer et peindre sa carène.

    #Cartahu :
    Cordage volant, sans affectation spéciale, destiné à hisser ou amener les objets qu’on y attache. Les cartahus de linge servent à mettre le linge au sec ; ils se hissent parfois entre les mâts de corde.

    #Chadburn :
    Système mécanique employé pour transmettre les ordres de la passerelle aux machines (marine de commerce).

    #Chambre (d’embarcation) :
    Partie libre, à l’arrière de l’embarcation où peuvent s’asseoir les passagers.

    #Chandeliers :
    Barres généralement en acier fixées verticalement en abord d’un pont, autour des panneaux et des passerelles pour empêcher les chutes. Les chandeliers sont percés de trous dans lesquels passent les tringles ou les filières de garde-corps.

    #Chapelle, #Faire_chapelle :
    Se dit d’un navire qui, marchant, sous un vent favorable, vient à masquer par suite, d’une cause quelconque et est obligé de faire le tour pour reprendre les mêmes amures.

    #Charnier :
    Tonneau à couvercle, ayant généralement la forme d’un cône tronqué et dans lequel étaient conservés les viandes et les lards salés pour la consommation journalière de l’équipage (ancien). Par extension réservoir rempli d’eau potable.

    #Chasser (sur son ancre) :
    Entraîner l’ancre par suite d’une tenue insuffisante de fond.

    #Château :
    Superstructure établie sur la partie centrale d’un pont supérieur et qui s’étend d’un côté à l’autre du navire.

    #Chatte :
    Grappin à patte sans oreilles dont on se sert pour draguer les câbles ou les objets tombés à la mer.

    #Chaumard :
    Pièce de guidage pour les amarres solidement fixées sur le pont dont toutes les parties présentent des arrondis pour éviter d’user ou de couper les filins.

    #Chèvre :
    Installation de trois mâtereaux réunis à leur tête pour les manoeuvres de force.

    #Choquer :
    Filer ou lâcher un peu de cordage soumis à une tension.

    #Claire :
    Ancre haute et claire :
    ancre entièrement sortie de l’eau, ni surpattée, ni surjalée. On dira de même :
    manoeuvre claire, pavillon clair.

    #Clan :
    Ensemble formé par un réa tournant dans une mortaise qui peut être pratiquée dans un bordage, une vergue ou un mât.

    #Clapot :
    Petites vagues nombreuses et serrées qui se heurtent en faisant un bruit particulier.

    #Clapotis :
    Etat de la mer qui clapote ou bruit de clapot.

    #Clin :
    Les bordages sont disposés à clin quand ils se recouvrent comme les ardoises d’un toit :
    embarcation à clins.

    #Clipper :
    Nom donné à un
    voilier
    fin de carène, spécialement construit pour donner une grande vitesse (clipper du thé, de la laine).

    #Coaltar :
    Goudron extrait de la houille (protège le bois de la pourriture).

    #Coffre :
    Grosse bouée servant à l’amarrage des navires sur une rade.

    #Connaissement :
    Document où est consigné la nature, le poids et les marques des marchandises embarquées. Cette pièce est signée par le capitaine après réception des marchandises avec l’engagement de les remettre dans l’état où elles ont été reçues, au lieu de destination sauf périls et accidents de mer.

    #Conserve, Naviguer de conserve :
    Naviguer ensemble (un bâtiment est ainsi « conserve » d’un autre).

    #Contre-bord (navire à) :
    Navire faisant une route de direction opposée à celle que l’on suit.

    #Coque :
    Boucle qui se forme dans les cordages.

    #Coqueron :
    Compartiment de la coque souvent voisine de l’étrave ou de l’étambot, servant e soute à matériel.

    #Corde :
    Ce mot n’est employé par les marins que pour désigner la corde de la cloche.

    #Cornaux :
    W-C. de l’équipage consistant en auges inclinées qui découlent dans les conduits aboutissant à la mer ; les cornaux étaient autrefois placés à tribord et à bâbord sur le plancher de la poulaine.

    #Corps-morts :
    Chaînes et ancres disposées au fond de la mer, solidement retenues par des empennelages, et dont une branche qui part dès la réunion des chaînes est nommée itague revient au-dessus de l’eau où elle est portée par un corps flottant (bouée ou coffre).

    #Coupée :
    Ouverture pratiquée dans les pavois ou dans le bastingage permettant l’entrée ou la sortie du bord.

    #Couples :
    Axes de charpente posés verticalement sur la quille.

    #Coursive :
    Terme général pour désigner des passages étroits tels que ceux qui peuvent se trouver entre des chambres ou autres distributions du navire.

    #Crachin :
    Pluie très fine. Crachiner.

    #Crapaud (d’amarrage) :
    Forts crampons pris sur le fond et servant au mouillage des coffres et des grosses bouées.

    #Crépine :
    Tôle perforée placée à l’entrée d’un tuyautage pour arrêter les saletés.

    #Croisillon :
    Petite bitte en forme de croix.

    #Croupiat :
    Grelin de cordage quelconque servant à amarrer l’arrière d’un navire à un quai ou à un bâtiment voisin. Faire croupiat :
    appareiller le navire en s’aidant d’une amarre pour éviter le navire vers la sortie du port ou du bassin.

    #Cul :
    Fond, partie arrière, basse ou reculée, d’un objet.
    – Cul d’une poulie :
    Partie de la caisse opposée au collet.
    – Cul de poule :
    Arrière allongé et relevé.
    – Cul de porc :
    Sorte de noeud.

    #Culer :
    En parlant d’un navire : marche arrière en avant.

    D
    #Dalot :
    Trous pratiqués dans les ponts et laissant s’écouler dans un tuyau placé au-dessous l’eau qui se trouve à la surface du pont.

    #Dames :
    Échancrures du plat-bord d’un canot garnies de cuivre et destinées à recevoir et à maintenir les avirons pendant la nage.

    #Darse :
    Bassin d’un port.

    #Déborder :
    Action de pousser au large une embarcation ou un bâtiment accosté à un navire ou à un quai.

    #Débouquer :
    Sortir d’un canal ou d’une passe pour gagner la mer libre.

    #Décapeler :
    Un mât, une vergue, c’est enlever les cordages qui y sont capelés ; un cordage, entourant un objet quelconque, c’est le dépasser par-dessus cet objet et l’enlever. De façon générale : ôter, décapeler un tricot, etc...

    #Défense :
    Tout objet suspendu contre le bord d’un navire ou d’une embarcation pour préserver la muraille du choc des quais et de toute construction flottante.

    #Déferler :
    Larguer les rabans de ferlage qui tiennent une voile serrée et la laisser tomber sur ses cargues. La lame déferle lorsqu’elle brise en s’enroulant sur elle-même ou en choquant une plage, une roche.

    #Déferler_un_pavillon :
    Peser sur la drisse pour permettre au pavillon de se déployer.

    #Déhaler :
    Déplacer un navire au moyen de ses amarres.

    Se déhaler :
    S’éloigner d’une position dangereuse au moyen de ses embarcations, de ses voiles.

    #Dérader :
    Quitter une rade.

    #Déraper :
    Une ancre : l’arracher du fond. Un navire dérape lorsqu’il enlève du fond sa dernière ancre.

    #Dérive :
    Différence entre le cap vrai du bâtiment et sa route vraie sous l’effet du vent de la mer et du courant.On appelle aussi « dérive » les surfaces que l’on immerge au centre de la coque ou sur les côtés pour s’opposer à la pression latérale du vent ; on devrait dire dans ce cas « contre dérive ». Être en dérive : navire ou objet qui flotte au gré du vent, des lames, des courants.

    #Désaffourcher :
    Relever une des deux ancres qui tiennent un navire affourché.

    #Désarmé :
    Un navire est désarmé lorsqu’il est amarré dans un port sans équipage et qu’il n’y a, en général, que des gardiens à bord.

    #Détroit :
    Ancre installée à la poupe d’un bâtiment.

    #Déventer :
    Une voile : la brasser en ralingue de façon à ce qu’elle fasseye.

    #Dévers :
    Inclinaison de l’étrave et courbure vers l’extérieur des couples de l’avant ayant pour avantage d’éviter l’embarquement des lames, formées par la vitesse du bâtiment.

    #Délester :
    Décharger le lest d’un navire, par exemple, alléger un navire.

    #Démailler :
    Séparer les maillons d’une chaîne, ou l’ancre de sa chaîne.

    #Demande :
    Filer à la demande un cordage qui fait effort, c’est le laisser (à la) filer en n’opposant qu’une faible résistance, mais en se tenant prêt à arrêter le mouvement au besoin.

    #Dépaler :
    Être dépalé : être porté par les courants, en dehors de la route que l’on doit suivre.

    #Déplacement :
    Poids du volume d’eau déplacé par un navire qui flotte. Le déplacement s’exprime en tonnes de 1000 kg.

    #Dévirer :
    (Cabestan, treuil, etc...) : tourner en sens contraire.

    #Dinghy :
    Embarcation en caoutchouc. L’on dit aussi
    zodiac quel que soit le modèle.

    #Double :
    Le double d’une manoeuvre : la partie qui revient sur elle-même dans le sens de la longueur après avoir passé dans une poulie ou autour d’un cabillot ou de tout autre objet. Quart de vin supplémentaire à titre de récompense.

    #Doubler :
    – Au vent : naviguer au vent de, passer au vent de...
    – Un cap : manoeuvrer et faire route de manière à contourner un cap.
    – Un bâtiment : le gagner de vitesse.
    – Les manoeuvres, cordages : les disposer en double en cas de mauvais temps ou autrefois à l’approche du combat.

    #Draille :
    Cordage tendu le long duquel une voile, une tente peuvent courir ou glisser par le moyen d’un transfilage ou d’anneaux.

    #Drisse :
    Cordage ou palan servant à hisser une vergue, une corne, une voile.
    – De flamme : cordage confectionné au moyen d’une machine spéciale, en une tresse ronde avec huit faisceaux, de trois fils à voile non goudronnés et destiné à hisser les signaux.

    #Drome :
    Ensemble des embarcations, des pièces de rechange : mâts, vergues, avirons, etc... embarqués à bord d’un bâtiment.
    – Des embarcations : rassemblement en bon ordre des avirons, mâts, gaffes d’un canot sur les bancs.

    #Drosse :
    Cordage en filin, en cuir, en fil d’acier, ou en chaîne qui sert à faire mouvoir la barre de gouvernail.

    #Drosser :
    Entraîner hors de sa route par les vents et la mer.

    #Ducs d’albe :
    Nom donné à un ou plusieurs poteaux réunis, enfoncés dans le fond d’un bassin ou d’une rivière afin d’y capeler des amarres quand on le déhale d’un navire.

    E
    #Echafaud :
    Planches formant une plate-forme que l’on suspend le long de la coque pour travailler.

    #Echouer :
    Toucher le fond.

    #Ecope :
    Pelle en bois à long manche qui sert à prendre de l’eau à la mer pour en asperger la muraille d’un bâtiment pour la nettoyer. Elle sert également à vider les embarcations.

    #Écoutille :
    Ouverture rectangulaire pratiquée dans le pont pour pouvoir accéder dans les entreponts et dans les cales.

    #Ecubier :
    Conduit en fonte, en tôle ou en acier moulé ménagé de chaque bord de l’étrave pour le passage des chaînes de l’ancre. Ouverture par laquelle passe la chaîne d’une ancre.

    #Elingue :
    Bout de filin ou longue estrope dont on entoure les objets pesants tels qu’une barrique, un ballot, une pièce de machine, etc... A cette élingue, on accroche un palan ou la chaîne d’un mât de charge pour embarquer ou débarquer les marchandises.

    #Embardée :
    Abattée d’un navire en marche en dehors de sa route ou au mouillage ou sous l’effet du vent ou du courant.

    #Embarder :
    Se dit d’un navire qui s’écarte de sa route à droite ou à gauche en suivant une ligne courbe et irrégulière. On dit aussi qu’un navire, à l’ancre, embarde quand il change constamment de cap sous l’effet du vent ou du courant.

    #Embellie :
    Amélioration momentanée de l’état de la mer et diminution du vent pendant une tempête ou encore éclaircie du ciel pendant le mauvais temps ou la pluie.

    #Embosser :
    Un navire : mouiller ou amarrer le bâtiment de l’AV et de l’AR, pour le tenir dans une direction déterminée malgré le vent ou le courant.

    #Embouquer :
    S’engager dans un canal, un détroit ou une passe.

    #Embraquer :
    Tirer sur un cordage de manière à le raidir : embraquer le mou d’une aussière.

    #Embrun :
    L’embrun est une poussière liquide arrachée par le vent de la crête des lames.

    #Emerillon :
    Croc ou anneau rivé par une tige dans un anneau de manière à pouvoir tourner librement dans le trou de l’anneau.

    #Empanner :
    Un navire à voile empanne ou est empanné quand il est masqué par le côté de l’écoute de ses voiles.

    #Encablure :
    Longueur employée pour estimer approximativement la distance entre deux objets peu éloignés l’un de l’autre. Cette longueur est de 120 brasses (environ 200 mètres). Longueur normale d’une glène d’aussière. Autre définition de l’encablure : un dixième de mille soit environ 185 mètres.

    #Encalminé :
    Voilier encalminé : quand il est dans le calme ou dans un vent si faible qu’il ne peut gouverner.

    #Engager :
    Un navire est engagé quand il se trouve très incliné par la force du vent, le désarrimage du chargement ou la houle et qu’il ne peut se redresser. Cordage engagé : cordage qui bloque.

    #En grand :
    Tout à fait, sans retenue.

    #Entremise :
    Fil d’acier reliant deux têtes de bossoir et sur lequel sont frappés les tire-veilles. Pièces de bois, cornière, placées dans le sens longitudinal. Elles servent avec les barrots à établir la charpente des ponts, à limiter les écoutilles, etc...

    #Épauler :
    La lame : prendre la mer à quelques quarts de l’AV pour mieux y résister.

    #Epontille :
    Colonne verticale de bois ou de métal soutenant le barrot d’un pont ou d’une partie à consolider.

    #Erre :
    Vitesse conservée par un navire sur lequel n’agit plus le propulseur.

    #Espars :
    Terme général usité pour désigner de longues pièces de bois employées comme mâts, vergues, etc...

    #Essarder :
    Essuyer, assécher avec un faubert ou une serpillière.

    #Etale :
    – Sans vitesse.
    – Étale de marée : moment où la mer ne monte ni ne baisse

    #Etaler :
    Résister à.

    #Étalingure :
    Fixation de l’extrémité d’un câble, d’une chaîne sur l’organeau d’une ancre. - de cale : fixation du câble ou de la chaîne dans la cale ou le puits à chaînes.

    #Etambot :
    Pièce de bois de même largeur que la quille et qui s’élève à l’arrière en faisant avec celle-ci un angle généralement obtus qu’on nomme quête. Il reçoit les fémelots ou aiguillots du gouvernail.

    #Etamine :
    Étoffe servant à la confection des pavillons.

    #Etarquer :
    Une voile : la hisser de façon à la tendre le plus possible.

    #Étrangler :
    Une voile : l’étouffer au moyen de cordages.

    #Etrangloir :
    Appareil destiné à ralentir et à arrêter dans sa course une chaîne d’ancre.

    #Evitage :
    Mouvement de rotation d’un bâtiment sur ses ancres, au changement de marées ou par la force du vent qui agit plus sur lui que sur le courant. Espace nécessaire à un bâtiment à l’ancre pour effectuer un changement de cap, cap pour cap.

    F
    #Fanal :
    Lanterne d’embarcation.

    #Fardage :
    Tout ce qui se trouve au-dessus de la flottaison excepté la coque lisse et offrant de la prise au vent. Dans la marine de commerce, désigne aussi les planches , nattes, etc... que l’on place sur le vaigrage du fond pour garantir les marchandises contre l’humidité.

    #Fatiguer :
    Un bâtiment fatigue lorsque, par l’effet du vent, de la mer, ses liaisons sont fortement ébranlées.

    #Faubert :
    Sorte de balai fait de nombreux fils de caret et dont on fait usage à bord pour sécher un pont après la pluie ou le lavage.

    #Faux-bras :
    Cordage installé le long du bord, pour faciliter l’accostage des embarcations.

    #Femelots :
    Pentures à deux branches embrassant l’étambot ou le gouvernail et représentant des logements pour recevoir les aiguillots.

    #Ferler :
    – Une voile carrée : relever par plis sur la vergue une voile carguée et la fixer au moyen de rabans dits de ferlage qui entourent la voile et la vergue.
    – Un pavillon : le plier et le rouler en le maintenant ensuite avec sa drisse.

    #Filer :
    – Une amarre : laisser aller une amarre dont un des bouts est attaché à un point fixe.
    – La chaîne : augmenter la touée d’une chaîne en la laissant aller de la quantité voulue en dehors du bord.
    – Par le bout, une chaîne ou grelin : laisser aller du navire dans l’eau.

    #Filière :
    Cordage tendu horizontalement et servant de garde-corps ou à suspendre différents objets. - de mauvais temps : cordage qu’on tend d’un bout à l’autre du bâtiment et auquel les hommes se retiennent pendant les forts mouvements de roulis et de tangage.

    #Flux :
    Marée montante.

    #Forain :
    Ouvert : Rade foraine : rade sans abri, exposée au mauvais temps du large (mouillage d’attente).

    Forme :
    – Bassin de radoub, ou cale sèche : bassin de radoub.
    – Formes d’un navire : ses lignes.

    #Fraîchir :
    Se dit du vent qui augmente d’intensité.

    #Frais :
    Désigne la forme du vent : joli frais, bon frais, grand frais.

    #Franc-bord :
    Distance entre le niveau de l’eau à l’extérieur du navire et la partie supérieure du pont principal à la demi-longueur du navire.

    #Fret :
    Somme convenue pour le transport de marchandises par navire. Les marchandises composant le chargement du navire.

    #Fuir :
    Devant le temps ou devant la mer : gouverner de manière à recevoir le vent ou la mer par l’arrière.

    #Fune :
    Grelin qui traîne le chalut. Prolongement de la filière des tentes d’un navire (mettre les tentes en fune).

    G
    #Galhauban :
    Cordage en chanvre ou en acier servant à assujettir par le travers et vers l’arrière les mâts supérieurs.

    #Gambier :
    Changer la position d’une voile à antenne ou au tiers d’un côté à l’autre du navire en faisant passer la vergue de l’autre côté du mât. Synonyme : muder, trélucher.

    #Galipot :
    Sorte de mastic avec lequel on recouvre les pièces métalliques en cas de repos prolongé ou d’exposition à l’arrosage par l’eau de mer. Pâte formée en parties égales de céruse et de suif fondu, étalée à chaud, au pinceau, sur les surfaces à protéger. On l’enlève par grattage et lavage à l’huile. Galipoter (vieux).

    #Gite :
    Synonyme de bande : Giter.

    #Glène :
    De cordage : portion de cordage ployée en rond sur elle-même, c’est à dire lové.

    #Grain :
    Vent violent qui s’élève soudainement généralement de peu de durée. Les grains sont parfois accompagnés de pluie, de grêle ou de neige.

    #Gréement :
    L’ensemble des cordages, manoeuvres de toutes sortes et autres objets servant à l’établissement, à la tenue ou au jeu de la mâture, des vergues et des voiles d’un navire.

    #Guindeau :
    Appareil servant à virer les chaînes, à mouiller et à relever les ancres à bord d’un navire. Son axe de rotation est horizontal.

    H
    #Habitacle :
    Sorte de cuvette ou de caisse cylindrique en bois ou en cuivre recouverte à la partie supérieure d’une glace et qui contient le compas de route et les lampes qui l’éclairent.

    #Hale-bas :
    Petit cordage frappé au point de drisse des voiles enverguées sur des drailles et qui sert à les amener.

    #Haler :
    Remorquer un navire dans un canal ou le long d’un quai au moyen d’un cordage tiré au rivage. Tirer un cordage ou un objet quelconque au moyen d’un cordage sur lequel on fait un effort.

    #Hanche :
    Partie de la muraille d’un navire qui avoisine l’arrière. On relève un objet par la hanche quand il est à 45° par l’arrière du travers.

    #Haut-fond :
    Sommet sous-marin recouvert d’eau peu profonde et dangereux pour la navigation.

    #Hauturière :
    Navigation au large ; contrôlée par l’observation des astres. Long cours.

    I
    #Itague :
    Cordage passant par une poulie simple et sur lequel on agit à l’aide d’un palan pour augmenter la puissance. Chaîne retenant un coffre et maillée au point de jonction des chaînes des ancres de corps-mort.

    J
    #Jambettes :
    Montants, bouts d’allonges qui dépassent le plat-bord d’un bâtiment et sur lesquels on tourne des manoeuvres ou on prend un retour. Pièces de bois ou de fer légèrement inclinées et retenant les pavois.

    #Jarretière :
    Sangle qui sert à saisir une drôme dans une embarcation.

    #Jauge :
    Volume des capacités intérieures des navires exprimé en tonneaux de 2m3.83 ou 100 pieds cubes anglais.

    #Jauge brute :
    Volume de tous les espaces fermés du navire sans exception aucune.

    #Jauge nette :
    Volume des espaces utilisables commercialement.

    #Jaumière :
    Ouverture pratiquée dans la voûte d’un navire pour le passage et le jeu de la partie supérieure de la mèche du gouvernail.

    #Joue :
    Creux des formes de la coque à l’avant d’un navire. Synonyme : épaule. Face extérieure de la caisse d’une poulie.

    #Joute :
    Compétition d’embarcations à l’aviron.

    #Jusant :
    Marée descendante.

    L
    #Laisse :
    – De marée : partie du rivage alternativement couverte et découverte par la mer dans les mouvements de la marée.

    #Laize :
    Chacune des bandes de toile dont se compose une voile.

    #Lamanage :
    Pilotage restreint aux ports, baies, rade et rivières de peu d’importance. Dans la coutume d’Oléron, le pilote s’appelait loman, c’est à dire homme du lof (côté du vent) ; on en a fait laman, puis lamaneur.

    #Larder :
    Voir paillet.

    #Latte :
    – De hauban : patte métallique fixée sur le bordage pour servir de cadène de hauban.

    #Lège :
    Bâtiment lège : bâtiment vide.

    #Lest :
    Matières pesantes arrimées dans les fonds du navire pour en assurer la stabilité.

    #Libre pratique :
    Permission donnée par les autorités sanitaires d’un port à un navire de communiquer librement avec la terre.

    #Loch :
    Appareil servant à mesurer la vitesse du navire.

    #Lumières :
    Petits canaux ou conduits pratiqués sur la face antérieure des varangues et destinés à conduire les eaux de cale au pied des pompes. Synonyme : anguillers

    M
    #Mahonne :
    Chaland de port à formes très arrondies utilisé en Méditerranée.

    #Maille :
    Intervalle entre deux couples voisins d’un navire ou entre deux varangues. Ouverture laissée entre les fils des filets de pêche.

    #Main_courante :
    Barre en métal, ou pièces de bois mince, placées de chaque côté des échelles de dunette, de roof-passerelle, de gaillard, etc... pour servir de rampe.

    #Maistrance :
    (Marine Nationale) - L’ensemble des officiers mariniers de la Marine de guerre française et plus particulièrement ceux de carrière qui constituent le cadre de maistrance proprement dit.

    #Maître_bau :
    Bau situé dans la plus grande largeur du navire.

    #Maître_couple :
    Couple situé de même.

    #Maître_de_quart :
    (Marine nationale) - Gradé du service manoeuvre qui, à bord des bâtiments militaires, seconde l’officier de quart dans le service des embarcations et rend les honneurs du sifflet à l’arrivée et au départ des officiers.

    #Maniable :
    Modéré (vent) ; assez beau (temps).

    #Manifeste :
    Liste complète et détaillée par marque et numéros des colis de marchandises formant la cargaison d’un navire. Cette liste est remise à la Douane du port de destination.

    #Marie-Salope :
    Chaland à saletés.

    #Marnage :
    Synonyme : d’amplitude pour la marée.

    #Maroquin :
    Cordage tendu entre deux mâts pour servir à supporter une ou plusieurs poulies dans lesquelles passent des manoeuvres ou des drisses.

    #Mascaret :
    Phénomène qui se produit dans le cours inférieur d’un fleuve consistant en plusieurs lames creuses et courtes formées par la remontée du flot contre le courant du propre fleuve.

    #Mât_de_charge :
    Espar incliné tenu par des balancines portant des apparaux servant à déplacer des poids.

    #Mâter :
    Mettre un mât en place. Mâter une pièce, une barrique, les avirons : les dresser et le tenir dans une position verticale.

    #Mégaphone :
    Tronc de cône creux et léger servant à augmenter la portée de la voix.

    #Membrure :
    Pièce de bois ou de fer soutenant le bordé et les vaigres sur laquelle viennent se fixer les barrots (Synonyme : couple).

    #Midship :
    Aspirant ou enseigne de vaisseau, en général le plus jeune parmi les officiers. Désigne également des chaussures ouvertes utilisées à bord des bâtiments de la Marine en pays chaud.

    #Mole :
    Construction en maçonnerie, destinée à protéger l’entrée d’un port et s’élevant au-dessus du niveau des plus fortes marées.

    #Mollir :
    Diminuer de violence (vent / mer).

    #Mou :
    Un cordage a du mou quand il n’est pas assez tendu. Donner du mou : choquer une manoeuvre. Un navire est mou quand il a tendance à abattre.

    #Moucheter_un_croc :
    Amarrer un bout entre pointe et dos pour empêcher le décrochage.

    #Mouiller :
    Jeter l’ancre et filer la touée de la chaîne convenable.

    #Mousson :
    Vents périodiques, soufflant avec de légères variations pendant une moitié de l’année dans une direction et pendant l’autre moitié de l’année dans la direction opposée. (Mers de Chine et Océan Indien).

    #Musoir :
    Pointe extrême d’une jetée ou d’un môle ; se dit aussi de l’extrémité d’un quai à l’entrée d’un bassin ou d’un sas.

    N
    #Nable :
    Trou percé dans le fond d’une embarcation servant à la vider lorsque cette embarcation n’est pas à flot. S’obture au moyen d’un bouchon de nable.

    #Nage :
    Mouvement imprimé par l’armement aux avirons d’une embarcation.
    – Chef de nage : Nageurs assis sur le banc arrière dont les mouvements sont suivis par tous les autres.
    – Nage à couple : Quand il y a 2 (canot) ou 4 (chaloupe) nageurs sur chaque banc.
    – Nage en pointe : 1 nageur par banc (baleinière).

    #Natte :
    Nom donné aux paillets et aux sangles qu’on place en divers endroits de la mâture et du gréement qu’on veut garantir du frottement.

    #Nid de pie :
    Installation placée assez haut sur le mât avant de certains navires et dans laquelle se tient l’homme de vigie. A bord des navires polaires, on dit plutôt #nid_de_corbeau.

    O
    #Obéir :
    Un navire obéit bien à la barre quand il en sent rapidement l’action.

    #Obstructions :
    Défenses fixes, d’un port pour en interdire l’accès à un ennemi de surface, sous-marin ou aérien.

    #Oeil :
    Boucle formée à l’extrémité d’un filin.

    #Oeil de la tempête :
    Éclaircie dans le ciel au centre des ouragans.

    #Oeuvres_mortes :
    Partie émergée de la coque.

    #Oeuvres_vives :
    Partie immergée de la coque.

    #Opercule :
    Tape de hublot.

    #Oreilles_d_âne :
    Cuillers en tôle permettant d’augmenter le débit d’air entrant par les hublots.

    P
    #Paille de bitte :
    Tige de fer traversant la tête d’une bitte pour empêcher la chaîne ou l’aussière de décapeler.

    #Paillet :
    Réunion de fils de bitord, torons de cordage, etc... tressés ensemble et formant une sorte de natte. On les emploie pour garnir les manoeuvres dormantes afin empêcher le frottement.

    #Palanquée :
    Colis, ensemble de marchandises groupées dans une élingue ou un filet pour être embarquées ou débarquées en un seul mouvement de grue.

    #Palanquer :
    Agir sur un objet quelconque avec un ou plusieurs palans.

    #Panne (mettre en) :
    Manoeuvre qui a pour objet d’arrêter la marche du navire par le brasseyage de la voilure.

    #Pantoire :
    Fort bout de cordage terminé par un oeil muni d’une cosse.

    #Pantoire_de_tangon :
    Retient le tangon dans le plan vertical.

    #Paravane (un) :
    Deux brins de dragage fixés au brion terminés par des flotteurs divergents. Installation destinée à la protection contre les mines à orin.

    #Paré :
    Prêt, libre, clair, hors de danger.

    #Parer :
    – Un cap : le doubler ; - un abordage : l’éviter.
    – Une manoeuvre : la préparer.
    – Manoeuvres : commandement pour tout remettre en ordre.
    Faire parer un cordage : le dégager s’il est engagé ou empêcher de la faire.

    #Passerelle :
    Petit cordage servant de transfilage ou à passer une manoeuvre plus grosse dans les poulies ou un conduit.
    Aussière ou chaîne passée d’avance sous la coque d’un bâtiment afin de permettre une mise en place rapide d’un paillet makaroff.

    #Pataras :
    Hauban supplémentaire destiné à soulager temporairement à un hauban soumis à un effort considérable - très employé sur les yachts de course, ce hauban mobile appelle largement sur l’arrière.

    #Patente de santé :
    Certificat délivré à un navire par les autorités du port pour attester l’état sanitaire de ce port.

    #Pavois :
    Partie de coque au-dessus du pont formant garde corps.

    #Grand_pavois :
    Pavillon de signaux frappés le long des étais et de l’entremise dans un ordre déterminé.

    #Petit_pavois :
    Pavillons nationaux en tête de chacun des mâts. Au-dessus du pavois : Syn. « de montré » pour un signal par pavillon de 1 signe.

    P#eneau (faire) :
    Tenir l’ancre prête à mouiller par grands fonds après avoir filé une certaine quantité de chaîne pour atténuer la violence du choc sur le fond.

    #Perdant :
    Synonyme : jusant.

    #Perthuis :
    Détroit entre les îles, des terres ou des dangers.
    Ouverture d’accès dans une cale sèche.

    #Phare :
    Construction en forme de tour portant un feu à son sommet.
    Mât avec ses vergues, voiles et gréement. Ex. : phare de misaine, phare de l’avant, phare de l’arrière, phare d’artimon, phare carré.

    #Phoscar :
    Sorte de boîte à fumée et à feu jetée d’un bâtiment afin de matérialiser un point sur la mer.

    #Pic (a pic) :
    Position verticale de la chaîne de l’ancre au moment où celle-ci est sur le point d’être arrachée au fond. A long pic : laisser la chaîne de l’ancre un peu plus longue que pour être à pic.

    #Pied :
    Jeter un pied d’ancre : mouiller avec un peu de touée pour un court laps de temps.
    Mesure de longueur égale à 0,305mètre.

    #Pied_de_biche :
    Pièce de fonte, dans un guindeau.

    #Pied_de_pilote :
    Quantité dont on augmente le tirant d’eau pour être sur de ne pas talonner.

    #Pigoulière :
    Embarcation à moteur assurant à heures fixes à TOULON le service de transport du personnel entre différents points de l’Arsenal.

    #Piloter :
    Assurer la conduite d’un navire dans un port ou dans les parages difficiles de la côte.

    #Piquer_l_heure :
    Sonner l’heure au moyen d’une cloche.

    #Plat-bord :
    – Dans un bâtiment en bois : ensemble des planches horizontales qui recouvrent les têtes des allonges de sommet.
    – Dans un navire en fer : ceinture en bois entourant les ponts.

    #Plein :
    Synonyme : pleine mer.
    – Plus près bon plein : allure de 1 quart plus arrivée que le plus près.
    – Mettre au plein : échouer un bateau à la côte.

    #Poste (amarre de) :
    Aussière ou grelin de forte grosseur fournie par les ports pour donner plus de sécurité et plus de souplesse à l’amarrage des navires et éviter l’usure de leurs propres aussières d’amarrage.

    #Pot_au_noir :
    Zone des calmes équatoriaux caractérisés par des pluies torrentielles.

    #Poulaine :
    Partie extrême avant d’un navire : lieu d’aisance de l’équipage.

    #Poupée_de_guindeau :
    Bloc rond en fonte sur lequel on garnit les amarres que l’on veut virer au guindeau.

    #Prélart :
    Laize de toile à voile souple, cousues ensemble puis goudronnées, destinées à couvrir les panneaux d’une écoutille et empêcher l’accès de l’eau dans les entreponts ou la cale.

    #Puisard :
    Espace compris entre deux varangues et formant une caisse étanche dans laquelle viennent se rassembler les eaux de cale.

    #Pilot_chart :
    Cartes périodiques publiées par l’Office Météo des Etats-Unis fournissant des renseignements sur la direction et la force des vents et des courants probables et la position des icebergs.

    Q
    #Quart :
    32ème partie du tour d’horizon, vaut 11 degrés 15 minutes.
    Synonyme. : de rhumb de compas.

    #Queue _de_rat :
    – Cordage terminé en pointe.
    – D’un grain : rafale violente et subite à la fin d’un grain.
    – Aviron de queue : aviron servant de gouvernail.

    #Quille_de_roulis :
    Plan mince, en tôle, fixé normalement et extérieurement à la coque, dans la région du bouchain, sur une partie de la longueur du navire, et destiné à entraîner l’eau lors des mouvements de roulis pour les amortir plus rapidement.

    R
    #Raban :
    Tresse ou sangle de 8 à 9 mètres de long formée d’un nombre impair de brins de bitord.
    – De hamac : bout de quarantenier servant à suspendre le hamac.
    – De ferlage : cordon ou tresse servant à serrer une voile sur une vergue, un gui, etc...

    #Rabanter :
    Fixer ou saisir un objet à son poste avec les rabans destinés à cet usage.
    – Une voile : la relever pli par pli sur la vergue et l’entourer, ainsi que la vergue, avec les rabans.

    #Radier :
    Maçonnerie sur laquelle on établit les portes d’un bassin et d’une forme.

    #Radoub :
    Passage au bassin d’un navire pour entretien ou réparation de sa coque.

    #Rafale :
    Augmentation soudaine et de peu de durée du vent.

    #Rafiau ou #Rafiot :
    Petite embarcation, mauvais navire.

    #Rafraîchir :
    Un câble, une amarre, c’est en filer ou en embraquer une certaine longueur de manière à ce que le portage ne soit jamais à la même place.

    #Raguer :
    Un cordage rague lorsqu’il s’use, se détériore en frottant sur un objet dur ou présentant des aspérités. Se dit aussi d’un bâtiment frottant contre un quai.

    #Rail :
    Pièce en cuivre vissée sur un mât à pible ou un gui sur laquelle sont enfilés les coulisseaux.

    #Rambarde :
    Garde-corps.
    Synonyme : de main courante.

    #Ras :
    Radeau servant aux réparations à faire à un bâtiment près de sa flottaison.
    Petits appontements flottants.

    #Ratier :
    Argot de bord - Matelot sans spécialité chargé de l’entretien de la coque.

    #Rattrapant :
    Yacht rattrapant. Terme de régate : lorsque deux yachts font la même route ou à peu près, celui qui est en route libre derrière l’autre commence à être considéré comme « yacht rattrapant l’autre » aussitôt qu’il s’en approche assez près pour qu’il y ait « risque de collision » et continue à être tel jusqu’à ce qu’il redevienne en roue libre devant ou derrière, ou s’en soit écarté par le travers jusqu’à écarter le risque de collision.

    #Raz :
    Courant violent dû au flot ou au jusant dans un passage resserré.

    #Reflux :
    Mouvement rétrograde de l’eau après la marée haute.
    Synonyme : jusant, ébe.

    #Refuser :
    Le vent refuse lorsque sa direction vient plus de l’avant. Contraire : adonner.

    #Relâcher :
    Un navire relâche quand par suite du mauvais temps, avaries subies, etc... il est forcé d’interrompre sa mission et d’entrer dans un port qui n’est pas son port de destination.

    #Renard :
    Plateau sur lequel sont pointés les noms des officiers qui descendent à terre.

    #Rencontrer :
    La barre ou simplement rencontrer : mettre la barre du côté opposé à celui où elle était auparavant pour arrêter le mouvement d’abatée du navire.

    #Rendre :
    Un cordage rend lorsqu’il s’allonge. Une manoeuvre est rendue lorsqu’on l’a amenée à son poste en halant dessus. Rendre le mou d’un cordage : tenir le cordage à retour d’un bout tandis qu’on hale de l’autre bout. Rendre le quart : remettre le quart à son successeur.

    #Renflouer :
    Remettre à flot un navire échoué.

    #Renverse :
    Du courant : le changement cap pour cap de sa direction.

    #Ressac :
    Retour violent des lames sur elles-mêmes lorsqu’elles vont se briser sur une côte, un haut-fond.

    #Retenue :
    Cordage en chanvre, en acier ou chaîne servant à soutenir un bout-dehors, un bossoir.

    #Rider :
    Une manoeuvre dormante : c’est la raidir fortement à l’aide de ridoirs ou de caps de mouton.

    #Riper :
    Faire glisser avec frottement.

    #Risée :
    Petite brise subite et passagère.

    #Rocambeau :
    Cercle en fer garni d’un croc, servant notamment à hisser la vergue d’une voile au tiers et à amurer le point d’amure du foc le long de son bout-dehors.

    #Rôle :
    Rôle de combat, rôle d’équipage, etc...

    #Rondier :
    Gradé ou matelot chargé d’une ronde.

    #Roof :
    Superstructure établie sur un pont supérieur et ne s’étendant pas d’un côté à l’autre du navire.

    #Roulis :
    Balancement qui prend le navire dans le sens transversal.

    #Routier :
    Carte marine à petite échelle comprenant

    S
    #Sabaye :
    Cordage avec lequel on hâle à terre un canot mouillé près de la côte.

    ##Sabord :
    Ouverture rectangulaire pratiquée dans la muraille d’un navire.

    Saborder :
    Faire des brèches dans les oeuvres vives d’un navire pour le couler.

    #Safran :
    Surface du gouvernail sur laquelle s’exerce la pression de l’eau pour orienter le navire.

    #Savate :
    Pièce de bois sur laquelle repose un navire au moment de son lancement.

    #Saisine :
    Cordage servant à fixer et à maintenir à leur place certains objets.

    #Sangle :
    Tissu en bitord qui sert à garantir du frottement certaines parties du navire ou du gréement ou à maintenir au roulis des objets suspendus.

    #Sas :
    Partie d’un canal muni d’écluses, destinée à établir une jonction entre deux bassins de niveaux différents. Compartiment en séparant deux autres dont les ouvertures ne peuvent s’ouvrir que l’une après l’autre.

    #Saute_de_vent :
    Changement subit dans la direction du vent.

    #Sauve-Garde :
    Cordages fourrés ou chaînes servant à empêcher le gouvernail d’être emporté s’il vient à être démonté. Ils sont fixés d’un bout sur le gouvernail, de l’autre sur les flancs du bâtiment.

    #Sec (à) :
    Un bâtiment court à sec, est à sec de toile lorsqu’il navigue sans se servir de ses voiles, mais poussé par le vent.

    #Semonce :
    Ordre donné par un navire armé à un autre navire de montrer ses couleurs et au besoin d’arrêter pour être visité.

    #Coup (coup de) :
    Coup de canon appuyant cet ordre.

    #Servir :
    Faire servir : manoeuvre d’un navire à voiles pour quitter la panne et reprendre la route.

    #Seuil :
    Élévation du fond de la mer s’étendant sur une longue distance.

    #Sillage :
    Trace qu’un navire laisse derrière lui à la surface de la mer.

    #Slip :
    Plan incliné destiné à mettre à l’eau ou à haler à terre de petits bâtiments ou des hydravions au moyen d’un chariot sur rails.

    #Soufflage :
    Doublage en planches minces sur le bordé intérieur ou extérieur.

    #Souille :
    Enfoncement que forme dans la vase ou le sable mou un bâtiment échoué.

    #Sous-venté :
    Un voilier est sous-venté quand il passe sous le vent d’un autre bâtiment, d’une terre qui le prive de vent.

    #Spardeck :
    Pont léger au-dessus du pont principal.

    #Suceuse :
    Drague travaillant par succion du fond.

    #Superstructures :
    Ensemble des constructions légères situées au-dessus du pont supérieur.

    #Surbau :
    Tôle verticale de faible hauteur encadrant un panneau, un roof ou un compartiment quelconque.

    #Syndic :
    Fonctionnaire de l’Inscription Maritime remplaçant les Administrateurs dans les sous-quartiers.

    #Syzygie (marée des) :
    Marées correspondant à la nouvelle ou à la pleine lune. Synonyme : marée de vive-eau.

    T
    #Table_à_roulis :
    Table percée de trous.
    Par gros temps, on y met des chevilles appelées violons ou cabillots qui permettent de fixer les objets qui s’y trouvent.

    #Tableau :
    Partie de la poupe située au-dessus de la voûte.
    Dans un canot ou une chaloupe, partie arrière de l’embarcation.

    #Talon_de_quille :
    Extrémité postérieure de la quille sur laquelle repose l’étambot.

    #Talonner :
    Toucher le fond de la mer avec le talon de la quille.

    #Tangon :
    Poutre mobile établie horizontalement à l’extérieur d’un navire, à la hauteur du pont supérieur et perpendiculairement à la coque, sur laquelle on amarre les embarcations quand le navire est à l’ancre.
    – De spinnaker ou de foc : espars servant à déborder le point d’écoute du spinnaker ou du foc au vent arrière.

    #Tangage :
    Mouvement que prend le navire dans le sens longitudinal.

    #Tanker :
    Navire pétrolier.

    #Tape :
    Panneau en tôle ou pièce de bois obturant une ouverture.

    #Taud :
    Abri de grosse toile qu’on établit en forme de toit au-dessus des ponts pour garantir l’équipage contre la pluie. Etui placé sur les voiles serrées pour les garantir de la pluie.

    #Teck :
    Bois des Indes presque imputrescibles aussi fort et plus léger que le chêne ; très employé dans la construction navale.

    #Tenir :
    Navire tenant la mer : se comportant bien dans le mauvais temps.

    #Tenir le large :
    Rester loin de la terre.

    #Tenue :
    Qualité du fond d’un mouillage. Les fonds de bonne tenue sont ceux dans lesquels les pattes des ancres pénètrent facilement et ne peuvent cependant en être arrachées qu’avec difficulté.
    La tenue d’un mât est son assujettissement par les étais et les haubans.

    #Teugue :
    Partie couverte du pont supérieur avant, constituant un gaillard d’avant où les hommes de l’équipage peuvent s’abriter.

    #Tiens-bon ! :
    Commandement à des hommes qui agissent sur un cordage, un cabestan, etc... de suspendre leurs efforts tout en restant dans la position où ils sont (voir « Tenir bon »).

    #Tiers (voile au) :
    Synonyme : de bourcet
    Voiles des canots et chaloupes.

    #Tillac :
    Pont supérieur ou parfois plancher d’embarcation.

    #Tins :
    Pièces de bois carrées placées à des distances régulières sur le fond d’une cale-sèche et destinées à soutenir la quille des navires.

    #Tire-veilles :
    Nom donné à un bout de filin terminé par une pomme à la rambarde au bas de l’échelle de coupée d’un navire et auquel on se tient pour monter à bord ou pour en descendre.
    Bout amarré sur l’entremise des bossoirs d’embarcation et auxquels se tient l’armement d’une embarcation quand on la met à l’eau ou quand on la hisse.

    #Tomber :
    – Sous le vent : s’éloigner de l’origine du vent.
    – Sur un navire, une roche : être entraîné par le vent, le courant ou toute autre cause vers un navire, un rocher, etc...
    – Le vent tombe, la mer tombe : le vent diminue d’intensité, les vagues de force.

    #Tonnage :
    Capacité cubique d’un navire ou de l’un de ses compartiments exprimée en tonneaux. Le tonneau est égal à cent pieds cubes anglais ou à 2,83 mètres cubes (c’est le tonneau de jauge) ; Le tonnage exprime toujours un volume.

    #Tonne :
    Grosse bouée en bois, en fer ou en toile.

    #Top :
    Prendre un top : comparer une pendule réglée avec son chronomètre, ou relever un signal horaire au compteur.

    #Tosser :
    Un navire tosse lorsque, amarré le long d’un quai, sa coque frappe continuellement contre le quai par l’effet de la houle.
    A la mer, le navire tosse quand l’AV retombe brutalement dans le creux des vagues.

    #Touage :
    Remorquage, plus particulièrement en langage de batellerie.

    #Toucher :
    Être en contact avec le fond. Toucher terre : faire escale.

    #Touée :
    Longueur de la remorque avec laquelle on hale un navire pour le déplacer.
    Longueur de la chaîne filée en mouillant une ancre. Par extension : longueur d’une certaine importance d’un câble filé ou d’un chemin à parcourir.

    #Touline :
    Petite remorque et plus généralement lance-amarre.

    #Tourner :
    Une manoeuvre : lui faire faire un nombre de tours suffisant autour d’un point fixe pour l’empêcher de filer ou de lâcher.

    #Traîne :
    Tout objet que l’on file à l’arrière d’un navire à l’aide d’un bout de filin.
    A la traîne : un objet est à la traîne lorsqu’il n’est pas placé à la place qui lui est assignée.

    #Transfiler :
    – Deux morceaux de toile : les rapprocher bord à bord au moyen d’un bout de ligne passant alternativement des oeillets pratiqués dans l’un dans ceux pratiqués dans l’autre.
    – Une voile : la fixer à sa vergue, gui ou corne au moyen d’un filin nommé transfilage et passant d’un oeillet à l’autre en embrassant la vergue, le gui, la corne.

    #Traversier :
    Amarre appelant d’une direction perpendiculaire à l’axe longitudinal.
    Un vent traversier est un vent bon pour aller d’un port à un autre et pour un revenir.

    #Trou_d_homme :
    Ouverture elliptique d’un double fond ou d’un ballast.

    #Tunnel :
    Conduit en tôlerie de dimensions suffisantes pour permettre le passage d’un homme et à l’intérieur duquel se trouve une ligne d’arbres entre la chambre des machines et la cloison de presse-étoupe AR.

    V
    #Va_et_vient :
    Cordage en double servant à établir une communication entre deux navires ou entre un navire et la côte, notamment pour opérer le sauvetage des naufragés.

    #Vadrouille :
    Bouts de cordage défaits, serrés sur un manche et servant au nettoyage. Faubert emmanché.

    #Vague_satellite :
    Soulèvement de la mer produit par le mouvement du navire en marche.

    #Varangue :
    La varangue est la pièce à deux branches formant la partie inférieure d’un couple et placées à cheval sur la quille. La varangue est prolongée par des allonges. Tôle placée verticalement et transversalement d’un bouchain à l’autre pour consolider le petit fond du navire.

    #Vase :
    Terre grasse, noirâtre, gluante. La vase peut être molle, dure mêlée ; elle présente généralement une bonne tenue.

    #Veille (ancre de) :
    Ancre prête à être mouillée.

    #Veiller :
    Faire attention, surveiller. Veiller l’écoute : se tenir prêt à la larguer, à la filer. Veiller au grain : l’observer, le suivre.

    #Vélique :
    Point vélique = centre de voilure de toutes les voiles.

    #Ventre :
    La partie centrale d’un bâtiment surtout lorsque ses couples sont très arrondis.

    #Verine :
    Bout de filin terminé par un croc ou une griffe et dont on fait usage en simple ou en double pour manier les chaînes des ancres.

    #Videlle :
    Reprise faite à un accroc dans une toile.

    #Virer :
    Exercer un effort sur un cordage ou sur une chaîne par enroulement sur un treuil, guindeau ou cabestan.
    – Virer à pic : virer suffisamment le câble ou la chaîne pour amener l’étrave du navire à la verticale de l’ancre.
    – Virer à long pic : virer en laissant la chaîne un peu plus longue que la profondeur de l’eau.

    #Virer_de_l_avant :
    faire avancer un navire en embraquant ses amarres de l’avant au cabestan ou au guindeau.
    – Virer sur la chaîne : rentrer une partie de la chaîne en se servant du cabestan ou du guindeau.
    – Virer de bord : changer les amures des voiles.

    #Vit_de_nulet ou #Vi_de_mulet :
    Tige de métal articulée fixée à une vergue, à un gui, à un mât de charge pour le relier au mât qui porte une douille. Employé en particulier pour les mâts de charge.

    #Vitesse :
    L’unité marine de vitesse est le noeud qui représente un mille marin (1852 mètres) à l’heure. Ne jamais dire un noeud à l’heure.

    #Vive-eau :
    Grande marée.

    #Voie_d_eau :
    Fissure ou ouverture accidentelle dans des oeuvres vives.

    W
    #Wharf :
    Littéralement quai, plus spécialement pour désigner un appontement qui s’avance dans la mer au-delà de la barre sur la côte occidentale d’Afrique.

    Y
    #Youyou :
    Très petite embarcation de service à l’aviron et à la voile.

  • The #Cartagena_Declaration at 35 and Refugee Protection in Latin America

    On November 22nd 2019 the Cartagena Declaration on Refugees (Cartagena Declaration) turns 35. It is a paramount document on refugees’ protection in Latin America, setting both normative standards and the regional tone for policies and actions in this area, thus, being a cornerstone of Refugee Law in the region. This is especially relevant as the Latin America is facing contrasting scenarios in terms of migration governance: an increasing politicization of migration and refugees’ management and anti-immigrant sentiments, as well as disrespect for human rights and refugee law, coexisting with a regional tradition of granting asylum and the ascertaining of a human-rights based (Grandi, 2017) and avant-gard protection for refugees (Freier and Acosta 2015; Jubilut and Lopes 2018).

    Assessing the role of the Cartagena Declaration and its relevance on its 35th anniversary is also important in light of current regional forced displacements, as Latin America is witnessing massive flows of refugees and other migrants, as (i) in the case of Venezuela with 4,5 million displaced persons (mainly since 2016) and a prediction of reaching 6,5 million next year, also (ii) soaring numbers of refugees and asylum-seekers from the North of Central America (estimated at over 350,000 in the end of 2018), (iii) new displacements from Nicaragua due to a crisis that began in April 2018, (iv) the endurance of Haitian migration, and (v) the continued displacement of Colombians even after the peace agreements, to add to an estimated of 7 million displaced persons during the conflict. This increasing mobility in the region might be joined by new displacements resulting from the social and political strives in Chile and Bolivia.

    In this context, it is relevant to present the Cartagena Declaration to a larger audience, celebrate its 35th anniversary, and assess whether the framework of protection created by it since 1984 can be a relevant tool in dealing with these competing scenarios in refugee protection in Latin America, as a way to appraise its lasting and current impacts.

    The Cartagena Declaration and Its Regime

    Panorama

    The Cartagena Declaration was created in an academic colloquium (Colloquium on the International Protection of Refugees in Central America, Mexico, and Panama) held in Colombia in 1984, in light of the refugee situation in Central America[1], and adopted a regional approach to refugee protection.

    The Cartagena Declaration set the basis for the evolution of a specific Latin-American framework of refugees’ protection, developing from the region’s long-established tradition of asylum (Fischel De Andrade, 2014, Acnur n/d). It dialogues, however, with larger frameworks (Jubilut and Lopes, 2018), such as the international refugee regime (a relation expressed both in the Document’s explicit mentions to the 1951 Refugee Convention and its 1967 Protocol[2] and in its support by the United Nations High Commissioner from the beginning[3], Human Rights and other regional schemes such as the Organization of American States (OAS) – which embraced the Declaration[4] and encompasses the United States, Mexico, and the Caribbean States alongside Latin America countries. Due to its normative developments, has been listed together with the 1969 OUA Convention Governing the Specific Aspects of Refugee Problems in Africa as examples of successful developments in regional refugee protection.

    The Cartagena Declaration, initially adopted by 10 States as a soft law instrument, is divided into 3 content parts: the first one with a preamble aspect contextualizing the document and expressing its fundaments and principles; the second one linking the document to the Contadora Process for Peace and reproducing its normative result[5], and the third part with the substantive contributions of the Document, presented as conclusions.

    There are 17 conclusions in the Cartagena Declaration encompassing suggestions specifically tailored to the Central America refugee situation, provisions on the betterment of refugee protection in the States of the region, and contributions to refugee protection at large in Latin America. In the latter, two aspects should be highlighted.

    The first is the already mentioned dialogue between refugee protection and human rights. This is a prevalent topic in the Cartagena Declaration, and should be praised both as a pioneering effort in States’ practice in this area (in the early 1980s) and as a guideline aiming at guaranteeing integral protection for refugees, i.e. not only the rights they are entitled to due to their migratory status but also all their human rights (Jubilut, Apolinário, 2008). Furthermore, this connection opens up the possibility of refugee protection also benefiting from other institutional arrangements linked to human rights (such as the InterAmerican System of Human Rights from the OAS), and, therefore, being enlarged.

    The second aspect regarding refugee protection at large in Latin America is the creation of a regional definition of refugees that goes beyond the international criteria set up by the 1951 Refugee Convention and its 1967 Protocol. This stems from the 3rd Conclusion of the Cartagena Declaration, that reads:

    the definition or concept of a refugee to be recommended for use in the region is one which, in addition to containing the elements of the 1951 Convention and the 1967 Protocol, includes among refugees persons who have fled their country because their lives, safety or freedom have been threatened by generalized violence, foreign aggression, internal conflicts, massive violation of human rights or other circumstances which have seriously disturbed public order. (highlights added)

    These criteria look into the objective situation of the country of origin of the refugee as the main cause for refugee status, not requiring the existence of individual persecution (Jubilut and Carneiro, 2011; 67, Reed-Hurtado, 2013) and closely links refugee status to International Human Rights and International Humanitarian Law (Ibid; Burson and Cantor 2016).

    Among the several criteria spelled out in the 3rd Conclusion, the one mentioning massive violation of human rights (or gross and generalized violation of human rights as more commonly used in the region[6]) is not only the more encompassing one[7], but also is perceived as the main conceptual contribution of the Cartagena Declaration. This is so due to the fact that albeit not applied in its entire possible width it allows for recognizing refugee status “when internationally recognized rights are subject to widespread or large scale violations—situations of ‘gross and systematic denial of civil, political, economic and social, and cultural rights” (Reed-Hurtado, 2013: 14), encompassing, for instance, situations such as dictatorships, internal strives, humanitarian crisis, and war. In this sense, and from a normative standpoint, it is a relevant increase in protection in the region.

    Legacy and Impacts

    The creation of a regional concept of refugee, and the inclusion of the possibility of refugee status due to gross and generalized violation of human rights in it, are the first two impacts of the Cartagena Declaration that need to be emphasized. They not only amplify protection in the region but also establish a Latin-American grammar in refugee protection, combining the international criteria for refugee status determination with a tailored regional definition. The latter also reinforces the dialogue between Refugee Law and Human Rights, present from the start in the regional regime as it is incorporated in the region’s refugee definition from 1984. The Cartagena Declaration concept of refugee and its peculiarities can be said to be a first pillar in the creation of a regional refugee regime in Latin America.

    If one accepts regimes as the existence of rules, principles, and decision-making procedures (Krasner,1982) this perception is corroborated by the fact that the Cartagena Declaration set up a revision process, with meetings every 10 years to evaluate the region’s needs and developments in refugee protection and to adopt follow-up documents and plans of actions.

    The first of these meetings was held in 1994, and resulted in the San Jose Declaration, which has as its main specific contribution the fact that, regionalizing the international momentum of the topic[8] and perceiving the region’s needs in the issue, strongly dealt with the protection of Internally Displaced Persons as a relevant Latin-America theme in refugee protection[9]. The second follow-up meeting took place in 2004 and resulted in the adoption of the Mexico Declaration and Plan of Action,[10] which embraced a responsibility-sharing optic instead of the more traditional burden-sharing approach to refugee protection, and was divided in two main components: one focusing on protection and the other on durable solutions (Jubilut and Carneiro 2011). In the latter, three regional initiatives were adopted within the solidarity[11] logic that guides all the document: 1) borders of solidarity, focusing on protection at frontiers as well as on actions for local host populations on border towns; 2) cities of solidarities, with a focus on integration in urban settings, the main scenario in Latin America; and 3) resettlement in solidarity, creating new resettlement schemes in the region, for both intra and extra regional refugees and having as its main selection criterion the need for protection (Vera Espinoza 2018a, 2018b; Jubilut and Zamur 2018). The most recent of the meetings happened in 2014 and led to the adoption of the Brazil Declaration and Plan of Action, which reinforces the initiatives previously adopted and the existence of a regional regime of refugee protection in Latin America (Jubilut and Madureira 2014), and continues the Cartagena Declaration legacy.

    If the regional refuge definition is the first pillar of the Cartagena Declaration regime of refugee protection, the revisional process and its products are the second. They are also good thermometers of regional adherence to the regime, pointing out a continuous increase in commitments, as one can see that while the Cartagena Declaration was initially adopted by 10 countries and is currently incorporated nationally by 16, the San Jose Declaration was signed by 17 States, the Mexico Declaration and Plan of Action by 20, and the Brazil Declaration and Plan of Action by 31 countries. Furthermore, they showcase an evolution from only declarations to declarations and plans of actions which represents concerns about both normative propositions and actual implementation and policies.

    The third pillar of the regional refugee regime can be said to be the aforementioned connection with human rights, which has led the region to be praised internationally (Grandi, 2017). This is relevant as it also sheds light into a fourth pillar and key aspect of refugee protection in Latin America, as it is the coexistence of different systems and regimes (Jubilut and Lopes, 2018: 132). In relation to the former, one can point out (i) the dual nature of asylum in the region, implemented by political asylum and refugee status, (ii) the dialogues among Refugee Law and International Human Rights and International Humanitarian Law, and (iii) the coexistence of the regional definition with the international refugee definition (Ibid).

    Regarding the coexistence of regimes of refugee protection in Latin America[12], it is relevant to first recall the previously mentioned relationship between the regime created by the Cartagena Declaration with the InterAmerican Human Rights System, which, through the InterAmerican Court of Human Rights and the InterAmerican Commission on Human Rights, can be said to also have created a regional protection regime for refugees and other migrants within its human rights framework.

    A second regime coexistence would take place in relation to the Cartagena Declaration regime and national regimes of refugee protection. Given that, as mentioned, 16 countries have already incorporated the Cartagena Declaration into their national laws, it could be argued that this regime co-existence has not only expanded protection but also transformed, at least in the national level, a commitment transforming a soft law instrument into hard law at least nationally.

    If, on the one hand, one can thus see the Cartagena Declaration Regime as having four main pillars – regional definition, revision processes, connection to human rights and the dialogue with other regimes and systems -, on the other, it is also possible to identify three elements that complement this regime, in what is called the “spirit of Cartagena”, understood in relation to: 1) a human rights approach to refugee protection, which is simultaneously a pillar of the Cartagena Declaration regime and a characteristic of the “spirit of Cartagena”, 2) an expanded humanitarian space and 3) a constant effort to assess the region’s needs and challenges in refugee protection.

    The “spirit of Cartagena” can be said to be in place in the debates and adoption of the Cartagena Declaration but also in the development of the regime derived from it, and even influencing other actions regarding the protection of refugees and other migrants (such as humanitarian visas and other alternative pathways for legal stays for instance (Jubilut 2017)) in Latin America. That is to say, the ‘spirit of Cartagena’ and the Cartagena Declaration regime’s pillars can be considered to be lasting impacts and legacies of the Cartagena Declaration in the protection of refugees in Latin America.

    Current Challenges in Refugee Protection in Latin America

    However, and even though the regional setting showcases the existence of comprehensive regimes of refugee protection, and a regional optic of ascertaining human rights and the implementation of asylum; recent events have – as noted above – created a scenario of contrasting and competing logics, i.e. one the one hand, the Cartagena Declaration and its regime, alongside other structures of protection in the region, and, on the other, the adoption of policies, rhetorics and actions against refugees and other migrants’ protection.

    This can start to be explained by the fact that Latin America remains a region that, at the same time, produces and receives refugees (UNHCR, 2019: 68 and 74), and recently has been experiencing a combination of these realities: with a record number of intra-regional refuges, originating mainly from Venezuela and the North of Central America, but also encompassing forced migration from other places (Jubilut and Jarochinski 2018; Jubilut 2016).

    The increase in numbers has occurred alongside the rise of populist governments, as well as right-wing local and/or national governments, which either did not impress great significance on refugee protection or adopted a “hard line” in migration governance. The combination of these factors has led to human rights violations, restrictive migratory laws, and violations of Refugee Law (both in its international and regional standards).

    Examples of that have been the preferred avenue by States to not apply the regional definition to intra-regional refugees but rather create complementary protection pathways (Jubilut and Fernandes 2018), which could be seen as an implementation of the “spirit of Cartagena” if they were being applied only to migrants other than refugees, and not as a way to diminish protection. Moreover, and in a opposite policy, some countries have not created any strategy to deal with the increased flows, leaving all migrants to apply for refugee status, thus overburdening existing systems and regimes. Furthermore, specific situations have amplified the vulnerability of some migrants, such as in the cases of statelessness persons’ protection (from Haiti in the Dominican Republic), undocumented children migration (from the North of Central America and Venezuela) and migration of indigenous persons (from Venezuela).

    One can see then that competing and contrasting logics are in play in Latin America, at the time of the 35th anniversary of the Cartagena Declaration. It is relevant to point out this scenario so that setbacks are not allowed, and the regime created by the document is not jeopardized. Moreover, recalling the Cartagena Declaration and the regime it has created, as well as how it is a framework of protection that dialogues with others in the region, helps to highlight that there is a grammar of protection in Latin America, with strong normative structures, and if refugees and other migrants are not being adequately protected it is more a result of lack of political will and of political choices than a lack of regimes and traditions of humanitarian action, granting of asylum and refugee protection.

    Conclusion

    As argued here, the 1984 Cartagena Declaration and its legacy for the protection of refugees in Latin America, which spams from the document itself to the creation of a regional regime as well as impregnates the region with the “spirit of Cartagena”, is more relevant than ever. The lasting impacts of the Document as well as the longevity of a regional commitment to refugee protection should be celebrated, especially in the occasion of its 35th anniversary. However, practical challenges remain, particularly in light of new forced displacement flows in the region that bring to light contrasting scenarios for refugee protection in Latin America.

    On the one hand, the most positive characteristics of the region that create Latin America’s grammar of refugee protection, are: the long-lasting tradition of asylum; a human rights approach (that can lead to integral protection); the spirit of Cartagena; and the coexistence of the Cartagena Declaration Regime, the InterAmerican Human Rights system for the protection of refugees and other (forced) migrants, and national regimes that have adopted expanded refugee status definition as well as humanitarian policies and complementary protection alternatives. On the other, however, anti-migrants rhetorics from around the world also reverberate in Latin America, alongside discriminatory and xenophobic behavior, as well as, the adoption of practices and rules that go against international commitments, so as to escape the reach of International Refugee Law (as with non-refoulement and adequate Refugee Status Determination procedures) or International Human Rights standards (in the protection of children and against torture and detention, for instance).

    It seems, thus, that even though the instruments (normative and otherwise) are in place, the main challenges arise from the lack of political will to implement them. That is why highlighting the relevance of the Cartagena Declaration by celebrating its 35th anniversary, can be an important reminder to the region of its commitments to refugee protection, asylum and human rights.

    https://www.e-ir.info/2019/11/22/the-cartagena-declaration-at-35-and-refugee-protection-in-latin-america
    #Amérique_latine #asile #migrations #réfugiés #Déclaration_de_Carthagène

  • JDK10, 11 et 12, quelques nouveautés
    http://namok.be/blog/?post/2019/04/06/JDK10-11-12

    Depuis JDK9, Oracle change le cycle de sorties des différentes versions de #java. Alors qu’avant, une nouvelle version de Java sortait tous les 2, 3 ans, c’est maintenant tous les 6 mois qu’une nouvelle version sera disponible.

    Parmi ces version, certaines sont étiquetées long term support (LTS) et sont supportées par Oracle plusieurs années tandis que, pour les autres, le support ne durera que 6 mois. Les «  prochaines  » versions LTS de Java sont la 8 et la 11.

    Ce billet recense quelques nouveautés des versions 10, 11 et 12 de Java et ne sera pas exhaustif. Je ne m’intéresse qu’à quelques fonctionnalités visibles pour les développeurs et les développeuses. Mes sources principales sont les pages Oracle recensant les JDK Enhanced Proposal (JEP).

    JDK10

    Cette version du JDK voit passer plusieurs (...)

    #Cartable_au_dos #enseignement #esi #geek

  • Attivarsi ovunque contro le frontiere assassine

    Guido Viale, presidente dell’#Osservatorio_solidarietà della #Carta_di_Milano, ha aperto i lavori della conferenza Solidarietà attraverso i confini, il 25 marzo a Fa’ la cosa giusta, illustrando semplicemente che la viva voce dei tanti protagonisti presenti avrebbe dato il senso dell’iniziativa oggi ancora più importante dopo il sequestro della nave di Proactivia Openarms operato in dispregio delle leggi italiane e internazionali come atto intimidatorio contro chi nel pieno rispetto delle leggi e dei Diritti umani è impegnato per salvare vite umane che i governi della Fortezza Europa, Italia in testa, vorrebbero si concludessero senza clamore in fondo al mare nostrum. Dopo una sintetica illustrazione di Daniela Padoan delle attività dell’Osservatorio solidarietà e una poesia di Ahmed, letta da Denise Rogers, una ragazza argentina che ha dato voce ai tanti migranti morti, si sono susseguite le testimonianze da Ventimiglia, Bolzano, Lesbo, Atene, Como formando un quadro tragico della situazione ma dimostrando anche che c’è un’Europa della solidarietà e dei diritti che lotta contro leggi e governi custodi implacabili di frontiere assassine.

    https://ecoinformazioni.wordpress.com/2018/03/25/attivarsi-ovunque-contro-le-frntiere-assassine

    #solidarité #mer #terre #Méditerranée #Alpes #frontière_sud-alpine #criminalisation_de_la_solidarité #délit_de_solidarité #sauvetage

    J’aimerais ici reprendre les propos de Charles Heller, qui ont été publié dans une interview dans Libé :

    Ceux qui ont imposé le contrôle des frontières de l’espace européen utilisent le terme de #integrated_border_management, la « #gestion_intégrée_des_frontières » : il ne suffit pas de contrôler la limite de la frontière territoriale, il faut contrôler avant, sur et après la frontière. La violence du contrôle s’exerce sur toute la trajectoire des migrants. De la même manière, les pratiques de solidarité, plus ou moins politisées, s’exercent sur l’ensemble de leur trajectoire. On pourrait imaginer une « #solidarité_intégrée », qui n’est pas chapeautée par une organisation mais qui de fait opère, petit bout par petit bout, sur les trajectoires.

    https://www.pacte-grenoble.fr/sites/pacte/files/files/liberation_20171215_15-12-2017-extrait.pdf
    cc @isskein

    • Crimes of solidarity. Migration and containment through rescue

      ‘Solidarity is not a crime.’ This is a slogan that has circulated widely across Europe in response to legal prosecutions and municipal decrees, which, especially in Italy and France, have been intended to act against citizens who provide logistical and humanitarian support to transiting migrants. Such criminalisation of individual acts of solidarity and coordinated platforms of refugee support is undertaken both in the name of national and European laws, in opposition to the facilitation of irregular entries, and through arbitrary police measures. In Calais on the French coast, for example, locals have been prohibited from allowing migrants to take showers in their homes or to recharge their mobile phones, while in the Roya Valley at the Italian-French border, many locals have been placed on trial, including the now famous ploughman Cedric Herrou. Responding to accusations that he has been one of the main facilitators along the French-Italian underground migrant route, Herrou has replied that ‘it is the State that is acting illegally, not me’, referring to the French State’s own human rights violations. 1

      ‘Crimes of solidarity’, to use the expression employed by activists and human rights organisations, are defined and prosecuted according to the 2002 EU Directive which prevents and penalises ‘the facilitation of unauthorised entry, transit and residence’ of migrants. In both Italy and France there are national laws that criminalise the facilitation and the support of ‘irregular’ migration; what in France activists call ‘délit de solidarité’. Notably, citizens who help migrants to cross national borders are prosecuted in Italy under the same law that punishes smugglers who take money from migrants. In France, the ‘humanitarian clause’, which exempts from sanctions citizens who support migrants whose life, dignity and physical integrity is at risk, is often disregarded. Nonetheless, the expression ‘crimes of solidarity’ should not lead us to overstate the legal dimension of what is at stake in this. Indeed, the ‘crime’ that is posited here goes well beyond the legal boundaries of European law, as well as national ones, and acquires an ethical and political dimension. In particular, the criminalisation of individuals and groups who are facilitating the crossing of migrants, without making a profit from doing so, opens up the critical question of exactly ‘who is a smuggler?’ today. Significantly, the very definition of ‘smuggling’ in European and international documents is a fairly slippery one, as the boundaries between supporting migrants for one’s own financial benefit or for ‘humanitarian’ reasons are consistently blurred. 2

      In a 1979 interview, Michel Foucault stressed the potential strategic role that might be played by ‘rights’ to ‘mark out for a government its limit’. 3 In this way, Foucault gestured towards an extralegal conceptualisation and use of rights as actual limits to be set against governments. In the case of crimes of solidarity, we are confronted less, however, with the mobilisation of rights as limits to states’ action than with what Foucault calls ‘infra-legal illegalisms’; 4 namely, with practices of an active refusal of states’ arbitrary measures that are taken in the name of migration containment, regardless of whether or not the latter are legally grounded or in violation of the law.

      NGOs and independent organisations that undertake search and rescue activities to save migrants in the Mediterranean have also been under attack, accused of collaborating with smuggling networks, of constituting a pull-factor for migrants, and of ferrying them to Europe. Three years after the end of the military-humanitarian operation Mare Nostrum, which was deployed by the Italian Navy to save migrant lives at sea, the Mediterranean has become the site of a sort of naval battle in which the obligation to rescue migrants in distress is no longer the priority. The fight against smugglers and traffickers has taken central stage, and the figure of the shipwrecked refugee has consequently vanished little by little. Today, the war on smugglers is presented as the primary goal and, at the same time, as a strategy to protect migrants from ‘traffickers’. The criminalisation of NGOs, like Doctors without Borders, Save the Children and SOS Mediterranee, and of independent actors, including Sea-Eye, Sea-Watch, Jugend-Rettet and Arms Pro-Activa, who conduct search and rescue operations, started with the simultaneous implementation of the Libyan mobile sea-barrier, which charges the Libyan Coast Guard with responsibility for intercepting migrant vessels and bringing them back to Libya. As a consequence of this agreement, being rescued means being captured and contained.

      Following the signing of a new bilateral agreement between Libya and Italy in March 2017, in July, the Italian government put pressure on one of the three Libyan governments (the one led by Fayez al-Serraj) demanding better cooperation in intercepting and returning migrants who head to Europe by sea. In order to accelerate this process, Italy sent two Navy ships into Libyan national waters, with the purpose of ‘strengthening Libyan sovereignty by helping the country to keep control of its national waters’. 5

      Far from being a smooth negotiation, however, the Libyan government led by General Khalifa Haftar threatened to shoot in the direction of the Italian ships if they were to violate Libya’s sovereignty by entering their national territory. 6

      Overall, the ‘migration deal’ has been made by the EU and Italy in the context of different asymmetric relationships: on the one hand, with a ‘rogue state’ such as Libya, characterised by a fragmented sovereignty, and on the other, with non-state actors, and more precisely with the same smugglers that Europe has supposedly declared war on. Indeed, as various journalistic investigations have proved, Italy has paid Libyan militias and smuggling networks to block migrants’ departures temporarily in exchange for fewer controls on other smuggling channels, specifically those involving drugs and weapons. In this way, smugglers have been incorporated into a politics of migration containment. Governing migration through and with smugglers has become fully part of the EU’s political agenda. As such, a critical appraisal of the criminalisation of migrant smuggling requires undoing the existing narrative of a war on smugglers, as well as challenging those analyses that simply posit smugglers as the straightforward enemies of society.

      The naval battle in the Mediterranean has not been an exclusive affair of Italy and Libya. On the contrary, it is within this type of geopolitical context that the escalating criminalisation of sea rescue is more broadly taking place. 7 On July 31, at the request of the European Commission, the Italian Home Office released a ‘Code of Conduct’ that NGOs have been asked to sign if they want to continue search and rescue activities. Given that the code of conduct imposes on NGOs the obligation to have armed judicial police on board, 8 some organisations, including Doctors without Borders, Sea Watch and Jugend Rettet, have refused to sign, arguing that through the enforcement of the Code of Conduct, and under pressure from the European Commission, Italy has turned towards a militarisation of humanitarianism and of independent actors. As a consequence of the refusal to sign, their ships have been prevented from docking in Italian ports and the rescuers of the Jugend Rettet are currently on trial, accused of collaborating with Libyan smugglers. On August 11, Libya traced new virtual restrictive sea borders for NGOs, declaring that search and rescue ships will not be allowed to get closer than one hundred miles from the Libyan coast. The humanitarian scene of rescue has been shrunk.

      In such a political context, two interrelated aspects emerging from the multiplication of attacks against refugee support activities and against search and rescue operations are worth considering. The first concerns a need to unpack what is now meant by the very expression ‘crime of solidarity’ within the framework of this shift towards the priority of fighting smugglers over saving migrants. This requires an engagement with the biopolitical predicaments that sustain a debate centered on the question of to what extent, and up to which point, rescuing migrants at sea is deemed legitimate. The second, related point concerns the modes of containment through rescue that are currently at work in the Mediterranean. One consequence of this is that the reframing of the debate around migrant deaths at sea has lowered the level of critique of a contemporary politics of migration more generally: the fight against smugglers has become the unquestioned and unyielding point of agreement, supported across more or less the entire European political arena.

      The criminalisation of NGOs, accused of ferrying migrants to Europe, should be read in partial continuity with the attack against other forms of support given to migrants in many European countries. The use of the term ‘solidarity’ is helpful in this context insofar as it helps to highlight both actions undertaken by citizens in support of refugees and, more importantly, the transversal alliances between migrants and non-migrants. In fact, acting in solidarity entails supporting migrant struggles – for example, as struggles for movement or struggles to stay in a certain place – more than it does acting in order to save or bring help to them. 9 As Chandra Mohanty argues, practices of solidarity are predicated upon the recognition of ‘common differences’, 10 and in this sense they entail a certain shared political space and the awareness of being governed by the same mechanisms of precaritisation and exploitation. 11 In other words, solidarity does not at all imply a simple politics of identity, but requires building transversal alliances and networks in support of certain struggles. The reduction of migrants to bodies to be fished out of the water, simultaneous with the vanishing of the figure of the refugee, preemptively denies the possibility of establishing a common ground in struggling for freedom of movement and equal access to mobility.

      Despite the many continuities and similarities between the criminalisation of refugee support activities on the mainland and at sea, if we shift the attention to the Mediterranean Sea, what is specifically at stake here is a biopolitics of rescuing or ‘letting drown’. Under attack in the Mediterranean scene of rescue and drowning are what could be termed crimes of humanitarianism; or, that is, crimes of rescue. Humanitarianism as such, precisely in its acts of taking migrants out of the sea through independent search and rescue operations that exercise an active refusal of the geographical restrictions imposed by nation states, has become an uncomfortable and unbearable mode of intervention in the Mediterranean.
      Geographies of ungrievability

      The criminalisation of alliances and initiatives in support of migrants’ transit should not lead us to imagine a stark opposition between ‘good humanitarians’, on the one side, and bad military actors or national authorities, on the other. On the contrary, it is important to keep in mind the many entanglements between military and humanitarian measures, as well as the role played by military actors, such as the Navy, in performing tasks like rescuing migrants at sea that could fall under the category of what Cuttitta terms ‘military-humanitarianism’. 12 Moreover, the Code of Conduct enforced by the Italian government actually strengthens the divide between ‘good’ NGOs and ‘treacherous’ humanitarian actors. Thus, far from building a cohesive front, the obligation to sign the Code of Conduct produced a split among those NGOs involved in search and rescue operations.

      In the meantime, the figure of the refugee at sea has arguably faded away: sea rescue operations are in fact currently deployed with the twofold task of not letting migrants drown and of fighting smugglers, which de facto entails undermining the only effective channels of sea passage for migrants across the Mediterranean. From a military-humanitarian approach that, under Mare Nostrum, considered refugees at sea as shipwrecked lives, the unconditionality of rescue is now subjected to the aim of dismantling the migrants’ logistics of crossing. At the same time, the migrant drowning at sea is ultimately not seen any longer as a refugee, i.e. as a subject of rights who is seeking protection, but as a life to be rescued in the technical sense of being fished out of the sea. In other words, the migrant at sea is the subject who eventually needs to be rescued, but not thereby placed into safety by granting them protection and refuge in Europe. What happens ‘after landing’ is something not considered within the framework of a biopolitics of rescuing and of letting drown. 13 Indeed, the latter is not only about saving (or not saving) migrants at sea, but also, in a more proactive way, about aiming at human targets. In manhunting, Gregoire Chamayou explains, ‘the combat zone tends to be reduced to the body of the enemy’. 14 Yet who is the human target of migrant hunts in the Mediterranean? It is not only the migrant in distress at sea, who in fact is rescued and captured at the same time; rather, migrants and smugglers are both considered the ‘prey’ of contemporary military-humanitarianism.

      Public debate in Europe about the criminalisation of NGOs and sea rescue is characterised by a polarisation between those who posit the non-negotiable obligation to rescue migrants and those who want to limit rescue operations in the name of regaining control over migrant arrivals, stemming the flows and keeping them in Libya. What remains outside the order of this discourse is the shrinking and disappearing figure of the refugee, who is superseded by the figure of the migrant to be taken out of the sea.

      Relatedly, the exclusive focus on the Mediterranean Sea itself contributes to strengthening geographies of ungrievability. By this I mean those produced hierarchies of migrant deaths that are essentially dependent on their more or less consistent geographic distance from Europe’s spotlight and, at the same time, on the assumption of shipwrecked migrants as the most embodied refugee subjectivities. More precisely, the recent multiplication of bilateral agreements between EU member states and African countries has moved back deadly frontiers from the Mediterranean Sea to the Libyan and Niger desert. As a consequence, migrants who do not die at sea but who manage to arrive in Libya are kept in Libyan prisons.
      Containment through rescue

      On 12 August 2017, Doctors without Borders decided to stop search and rescue operations in the Mediterranean after Libya enforced its sea-barrier by forbidding NGOs to go closer than about one hundred miles from the Libyan coast, and threatening to shoot at those ships that sought to violate the ban. In the space of two days, even Save the Children and the independent German organisation Sea-Eye declared that they would also suspend search and rescue activities. The NGOs’ Mediterranean exit has been presented by humanitarian actors as a refusal to be coopted into the EU-Libyan enforcement of a sea barrier against migrants. Yet, in truth, both the Italian government and the EU have been rather obviously pleased by the humanitarians’ withdrawal from the Mediterranean scene of drown and rescue.

      Should we therefore understand the ongoing criminalisation of NGOs as the attempt to fully block migrant flows? Does it indicate a return from the staging of a ‘good scene of rescue’ back to an overt militarisation of the Mediterranean? The problem is that such an analytical angle risks, first, corroborating the misleading opposition between military intervention and humanitarianism in the field of migration governmentality. Second, it re-instantiates the image of a Fortress Europe, while disregarding the huge ‘migration industry’ that is flourishing both in Libya, with the smuggling-and-detention market, and on the Northern shore of the Mediterranean. 15 With the empty space left by the NGOs at sea, the biopolitics of rescuing or letting drown has been reshaped by new modes of containment through rescue: migrants who manage to leave the Libyan coast are ‘rescued’ – that is, intercepted and blocked – by the Libyan Coast Guard and taken back to Libya. Yet containment should not be confused with detention nor with a total blockage of migrants’ movements and departures. Rather, by ‘containment’ I refer to the substantial disruptions and decelerations of migrant movements, as well as to the effects of more or less temporary spatial confinement. Modes of containment through rescue were already in place, to some extent, when migrants used to be ‘ferried’ to Italy in a smoother way, by the Navy or by NGOs. Indeed, from the moment of rescue onward, migrants were transferred and channelled into the Hotspot System, where many were denied international protection and, thus, rendered ‘illegal’ and constructed as deportable subjects. 16 The distinction between intercepting vessels sailing to Europe and saving migrants in distress has become blurred: with the enforcement of the Libyan sea barrier, rescue and capture can hardly be separated any longer. In this sense, visibility can be a trap: if images taken by drones or radars are sent to Italian authorities before migrants enter international waters, the Italian Coast Guard has to inform Libyan authorities who are in charge of rescuing migrants and thus taking them back to Libya.

      This entails a spatial rerouting of military-humanitarianism, in which migrants are paradoxically rescued to Libya. Rather than vanishing from the Mediterranean scene, the politics of rescue, conceived in terms of not letting people die, has been reshaped as a technique of capture. At the same time, the geographic orientation of humanitarianism has been inverted: migrants are ‘saved’ and dropped in Libya. Despite the fact that various journalistic investigations and UN reports have shown that after being intercepted, rescued and taken back to Libya, migrants are kept in detention in abysmal conditions and are blackmailed by smugglers, 17 the public discussion remains substantially polarised around the questions of deaths at sea. Should migrants be saved unconditionally? Or, should rescue be secondary to measures against smugglers and balanced against the risk of ‘migrant invasion’? A hierarchy of the spaces of death and confinement is in part determined by the criterion of geographical proximity, which contributes to the sidelining of mechanisms of exploitation and of a politics of letting die that takes place beyond the geopolitical borders of Europe. The biopolitical hold over migrants becomes apparent at sea: practices of solidarity are transformed into a relationship between rescuers and drowned. 18

      The criminalisation of refugee support activities cannot be separated from the increasing criminalisation of refugees as such: not only those who are labelled and declared illegal as ‘economic migrants’, but also those people who are accorded the status of refugees. Both are targets of restrictive and racialised measures of control. The migrant at sea is presented as part of a continuum of ‘tricky subjectivities’ 19 – which include the smuggler, the potential terrorist and the refugee – and as both a ‘risky subject’ and a ‘subject at risk’ at the same time. 20 In this regard, it is noticeable that the criminalisation of refugees as such has been achieved precisely through the major role played by the figure of the smuggler. In the EU’s declared fight against smuggling networks, migrants at sea are seen not only as shipwrecked lives to be rescued but also as potential fake refugees, as concealed terrorists or as traffickers. At the same time, the fight against smugglers has been used to enact a further shift in the criminalisation of refugees, which goes beyond the alleged dangerousness of migrants. Indeed, in the name of the war against the ‘illegal’ smuggling economy, as a shared priority of both left- and right-wing political parties in Europe, the strategy of letting migrants drown comes, in the end, to be justified. As Doctors without Borders have pointed out, ‘by declaring Libya a safe country, European governments are ultimately pushing forward the humanitarianisation of what appears at the threshold of the inhuman.’ 21

      The migrant at sea, who is the subject of humanitarianism par excellence, is no longer an individual to be saved at all costs, but rather the object of thorny calculations about the tolerated number of migrant arrivals and the migrant-money exchange with Libya. Who is (in) danger(ous)? The legal prosecutions and the political condemnation of ‘crimes of rescue’ and of ‘crimes of solidarity’ bring to the fore the undesirability of refugees as refugees. This does not depend so much on a logic of social dangerousness as such, but, rather, on the practices of spatial disobedience that they enact, against the restrictions imposed by the European Union. Thus, it is precisely the irreducibility of migrants to lives to be rescued that makes the refugee the main figure of a continuum of tricky subjectivities in a time of economic crisis. Yet, a critical engagement with the biopolitics of rescuing and drowning cannot stick to a North-South gaze on Mediterranean migrations. In order not to fall into a Eurocentric (or EU-centric) perspective on asylum, analyses of crimes of solidarity should also be articulated through an inquiry into the Libyan economy of migration and the modes of commodification of migrant bodies, considering what Brett Neilson calls ‘migration as a currency’; 22 that is, as an entity of exchange and as a source of value extraction.

      Crimes of solidarity put in place critical infrastructures to support migrants’ acts of spatial disobedience. These infra-legal crimes shed light on the inadequacy of human rights claims and of the legal framework in a time of hyper-visible and escalating border violence. Crimes of solidarity consist of individual and collective active refusals of states’ interventions, which are specifically carried out at the very edges of the law. In this way, crimes of solidarity manage to undo the biopolitics of rescuing and letting drown by acting beyond the existing scripts of ‘crisis’ and ‘security’. Rather than being ‘rescued’ from the sea or ‘saved’ from smugglers, migrants are supported in their unbearable practices of freedom, unsettling the contemporary hierarchies of lives and populations.
      Notes

      See the interview with Herrou in l’Humanité, accessed 30 September 2017, https://www.humanite.fr/cedric-herrou-cest-letat-qui-est-dans-lillegalite-pas-moi-629732. ^

      Economic profit is an essential dimension of ‘smuggling’, as it is defined by the United Nations Conventions against Transnational Organised Crime (2000). However, it is not in the 2002 EU Council Directive defining the facilitation of unauthorised entry, transit and residence. ^

      Michel Foucault, ‘There can’t be societies without uprisings’, trans. Farès Sassine, in Foucault and the Making of Subjects, ed. Laura Cremonesi, Orazio Irrera, Daniele Lorenzini and Martina Tazzioli (London: Rowman & Littlefield, 2016), 40. ^

      See Michel Foucault, The Punitive Society: Lectures at the Collège de France, 1972-1973, trans. Graham Burchell (Houndmills and New York: Palgrave, 2015). ^

      See ‘Il governo vara la missione navale, prima nave italiana in Libia’, La Stampa, 18 July 2017, http://www.ilsecoloxix.it/p/italia/2017/07/28/ASBvqlaI-parlamento_missione_italiana.shtml. ^

      See, for example, the report in Al Arabiya, 3 August 2017, http://english.alarabiya.net/en/News/middle-east/2017/08/03/Haftar-instructs-bombing-Italian-warships-requested-by-Fayez-al-S ^

      See Liz Fekete, ‘Europe: crimes of solidarity’, Race & Class 50:4 (2009), 83 – 97; and Eric Fassin, ‘Le procès politique de la solidarité (3/4): les ONG en Méditerranée’ (2017), Mediapart, accessed 30 September 2017, https://blogs.mediapart.fr/eric-fassin/blog/170817/le-proces-politique-de-la-solidarite-34-les-ong-en-mediterranee ^

      The Code of Conduct can be found at: http://www.interno.gov.it/sites/default/files/allegati/codice_condotta_ong.pdf; see also the transcript by Euronews, 3 August 2017, http://www.euronews.com/2017/08/03/text-of-italys-code-of-conduct-for-ngos-involved-in-migrant-rescue ^

      Sandro Mezzadra and Mario Neumann, ‘Al di la dell’opposizione tra interesse e identità. Per una politica di classe all’altezza dei tempi’ (2017), Euronomade, accessed September 30 2017, http://www.euronomade.info/?p=9402 ^

      Chandra Mohanty, “‘Under western eyes’’ revisited: feminist solidarity through anticapitalist struggles’, in Signs: Journal of Women in Culture and Society 28:2 (2003), 499-–535. ^

      As Foucault puts it, ‘In the end, we are all governed, and in this sense we all act in solidarity’. Michel Foucault, ‘Face aux gouvernement, les droits de l’homme’, in Dits et Ecrits II (Paris: Gallimard, 2000), 1526. ^

      P. Cuttitta, ‘From the Cap Anamur to Mare Nostrum: Humanitarianism and migration controls at the EU’s Maritime borders’, in The Common European Asylum System and Human Rights: Enhancing Protection in Times of Emergency, ed. Claudio Matera and Amanda Taylor (The Hague: Asser Institute, 2014), 21–-38. See also Martina Tazzioli, ‘The desultory politics of mobility and the humanitarian-military border in the Mediterranean: Mare Nostrum beyond the sea’, REMHU: Revista Interdisciplinar da Mobilidade Humana 23:44 (2015), 61-–82. ^

      See Lucia Ciabarri and Barbara Pinelli, eds, Dopo l’Approdo: Un racconto per immagini e parole sui richiedenti asilo in Italia (Firenze: Editpress, 2016). ^

      Gregoire Chamayou, ‘The Manhunt Doctrine’, Radical Philosophy 169 (2011), 3. ^

      As a matter of fact, the vessels of the EU naval operation EU Navfor Med and the vessels of the Frontex operation ‘Triton’ were increased in number a few days after the pull-out of the NGOs. ^

      Nicholas De Genova, ‘Spectacles of migrant “illegality”: the scene of exclusion, the obscene of inclusion’, Ethnic and Racial Studies 36:7 (2013), 1180-–1198. ^

      See, for instance, the UN Report on Libya (2017), accessed 30 September 2017,http://reliefweb.int/sites/reliefweb.int/files/resources/N1711623.pdf. ^

      Tugba Basaran, ‘The saved and the drowned: Governing indifference in the name of security’, Security Dialogue 46:3 (2015), 205 – 220. ^

      Glenda Garelli and Martina Tazzioli, ‘The Biopolitical Warfare on Migrants: EU Naval Force and NATO Operations of migration government in the Mediterranean’, in Critical Military Studies, forthcoming 2017. ^

      Claudia Aradau, ‘The perverse politics of four-letter words: risk and pity in the securitisation of human trafficking’, Millennium 33:2 (2004), 251-–277. ^

      Interview with Doctors without Borders, Rome, 21 August 2017. ^

      Brett Neilson, ‘The Currency of Migration’, in South Atlantic Quarterly, forthcoming 2018.

      https://www.radicalphilosophy.com/commentary/crimes-of-solidarity

      signalé par @isskein sur FB

  • Nouveau certificat chez Gandi, confiance et #git
    http://namok.be/blog/?post/2017/06/26/certificat-gandi-confiance-git

    Pour le serveur gitlab de l’école, je viens de renouveler les certificats chez Gandi. Si l’on se connecte via son navigateur, on a un beau certificat un peu plus récent :

    TLS_ECDHE_RSA_WITH_AES_256_GCM_SHA384, 256 bits

    Par contre, lorsque j’essaie un git clone | pull | push rien ne va plus car l’autorité n’est pas reconnue par ma machine. Il faut que j’aille chercher le certificat sur le serveur ou bien chez Gandi et que je l’ajoute à ma liste de certificats.

    Pour prendre le certificat sur le serveur, je fais donc :

    echo -n | openssl s_client -showcerts -connect git.esi-bru.be:443

    … et je mets les deux chaines entre -----BEGIN CERTIFICATE---- et -----END CERTIFICATE----- dans un fichier MyGandi.crt

    Si je préfère aller chercher le certificat chez Gandi directement, il se trouve à cette page et (...)

    #Cartable_au_dos #debian #esi #geek

  • Barbecue #irc 0#A
    http://namok.be/blog/?post/2017/04/18/barbecue-irc-10

    Message à l’intention des quelques initiés :

    Le barbecue IRC aura bien lieu. Le *dixième barbecue IRT aura bien lieu.

    Comme d’habitude les infos sont disponibles où vous savez. Bien que les inscriptions ne se prennent que là-bas, ce serait chouette que l’on soit nombreux pour fêter les 10 ans.

    Crédit phto par Evaldas Daugintis chez Unsplash.

    #Cartable_au_dos #bbq #geek #inutile #secret

  • La mort des proclamations
    http://namok.be/blog/?post/2016/09/19/la-mort-des-proclamations

    Un dernier bisou sur le pas de la porte et je m’en vais. Maman m’a bien expliqué comment ça allait se passer. C’était il y a quinze ans maintenant et j’entame cette année quasi les mêmes études qu’elle jadis. Elle a fait une licence en math option algorithmique et programmation tandis que je fais un master en informatique. C’est kif kif. Mon grand-père aurait quant-à lui parlé d’A1.

    -- Ils vont d’abord proclamer les étudiants de première année avant ceux de deuxième et ainsi de suite, me dit elle. Ceux qui ne sont pas cités sont ceux qui ont raté leur année et qui doivent la recommencer. — Et si j’ai presque réussi ? Je ne suis pas sûr pour l’examen de Système. — Ne t’inquiète pas. Si tu as un neuf ou un huit, tu passeras en délibé !

    Je croise les doigts et ma mère aussi. Il faut que je passe en deuxième. (...)

    #Cartable_au_dos #fiction #paysage

  • #Portugal. “#Cartas_da_Guerra”, la #guerre coloniale revisitée au #cinéma

    C’est l’événement de la rentrée au Portugal. Inspiré de la correspondance de guerre de l’écrivain #António_Lobo_Antunes, Cartas da Guerra revient sur un sujet tabou : la #guerre_coloniale portugaise. Porté par une éblouissante photographie en noir et blanc, le film d’Ivo Ferreira séduit public et critique.


    http://www.courrierinternational.com/revue-de-presse/portugal-cartas-da-guerra-la-guerre-coloniale-revisitee-au-ci
    #film #colonialisme
    cc @albertocampiphoto

  • Réquisition du délégué
    http://namok.be/blog/?post/2016/05/13/requisition-delegue

    Ce texte, un peu politique, est de mon collègue Yves, délégué syndical, écrit en ces jours ou les militaires suppléent les gardiens de prisons et où le peuple s’inquiète que ceux-ci ne doivent un jour conduire les bus ou les trains.

    Bonjour camarades !

    Hélas je dois vous annoncer une mauvaise nouvelle : j’ai été mis à la disposition du gouvernement Michel comme délégué syndical cgsp de la haute école.

    Comme de toute façon l’Armée interviendra lors de la prochaine grève dans l’enseignement, le gouvernement Michel a estimé qu’il valait mieux prendre les devants en neutralisant les fauteurs de troubles anticipativement.

    Étant donné le désarroi que vous imaginez des étudiants abandonnés par les futurs professeurs déserteurs, j’ai donc reçu instruction du colonel SteenSpring d’établir une liste de grévistes (...)

    #Cartable_au_dos #buzz #enseignement

  • L’autorité et l’empathie des profs (cools)
    http://namok.be/blog/?post/2016/04/22/autorite-empathie-profs-cools

    — C’est un prof cool !

    Tout ceux qui font le même métier que moi ont toujours rêvé entendre cette phrase dite de l’un de ses élèves au détour d’un couloir ou rapportée par un collègue. Ça n’arrive malheureusement (quasi) jamais et nous devons nous faire notre opinion sur base de notre seul ressenti. Notre ressenti qui est très lié à notre confiance en soi.

    Il est plus facile d’être cool dans sa classe si l’on dégage une certaine autorité.

    Autorité.

    Le mot est lâché et c’est celui qui revient le plus souvent lorsque l’on parle d’ambiance dans la classe. D’accord. Mais quelle autorité ?

    Sûrement pas l’autorité basée sur le pouvoir. Cette autorité là, je l’exècre. Je fais ce que tu me demandes parce que tu as le pouvoir de m’y contraindre. Par la force, la menace, la sanction, parce que tu évalues…. Cette (...)

    #Cartable_au_dos #alternatives #bienveillance #cnv #enseignement

  • Le banc (pour se faire) des amis
    http://namok.be/blog/?post/2016/02/26/banc-des-amis

    Le « banc de l’amité » (buddy bench) est un endroit (un banc si si) où un écolier peut aller s’assoir dès qu’il se sent seul à la plaine de jeu et qu’il ne trouve rien à faire, personne avec qui jouer. Un autre écolier viendra et lui demandera s’il veut jouer ou parler.

    Si deux personnes se trouvent sur le banc, elles devraient se demander l’une l’autre pour jouer ou pour parler.

    L’initiative vient d’une école allemande (pdf) et fait des émules en angleterre et aux états-unis.

    C’est sans doute une idée qui n’est pas tout à fait neuve.

    Bien sûr il ne suffit pas de récupérer un banc et de le déposer dans un coin de la cour. Il faut que ce soit le projet d’une classe ou d’un groupe d’élèves soutenu par des enseignants et des surveillants. Ce projet doit être renouvelé, maintenu chaque année.

    Le banc (...)

    #Cartable_au_dos #alternatives #cnv #enseignement #famille

  • Représentation d’un JavaBean graphique avec Swing ou JavaFX
    http://namok.be/blog/?post/2015/11/09/javabean-graphique-swing-javafx

    Depuis JDK8, la librairie Swing est devenue obsolète et est remplacée par JavaFX. Il existe moult tutoriels présentant JavaFX. Cet article ne sera pas le moult plus unième.

    En très bref, là où Swing s’organise avec un JFrame contenant des JPanel — auxquels on associe un layout manager — eux-mêmes contenant divers composants/ graphiques tels que des JButton, JTextField, JLabel… tous dans le package javax.swing., JavaFX se compare à un théâtre.

    Le Stage, c’est le théâtre où se joue la pièce. La pièce se joue sur la Scene. La scène est affublée d’un layout — BorderPane par exemple — qui est à la fois l’ancien panel et son layout manager. C’est ce layout qui contient les divers composants graphiques tels que des Button, TextField, Label… tous dans les (sous)-packages javafx..

    C’est beaucoup plus romantique — (...)

    #Cartable_au_dos #esi #geek #java

  • What is “Champeta Urbana”? An #interview with #Kevin_Flórez
    http://africasacountry.com/2015/07/what-is-champeta-urbana-an-interview-with-kevin-florez

    Kevin Flórez is one of the main stars of an up-and-coming Colombian genre dubbed as “champeta urbana.” #Champeta, without the “urbana,” is on of the most traditional rhythm of his native.....

    #LATIN_AMERICA_IS_A_COUNTRY #Cartagena #Champeta_Urbana #Colombia #hip_hop #Music #New_York

  • The key figures in #Colombia’s Picó sound system culture
    http://africasacountry.com/the-key-musical-figures-on-colombias-caribbean-coast

    The sound system, or Picó culture of the #Caribbean coast of Colombia is very close to my heart. Not only is there a strong relationship between it and the popular #MUSIC of 1970’s and 80’s West and Central Africa, but the propensity towards innovation via digital production (something that I’m near obsessed with as a DJ) is […]

    #Atlantic #Barranquilla #Cartagena #Champeta #dancehall #documentary #Passa_Passa

  • Le maçon était malade
    http://namok.be/blog/?post/2014/10/24/macon-malade

    J’ai récemment demandé à mon maçon (oui oui, c’est le mien) de me construire une nouvelle maison.

    -- Peux-tu me construire une nouvelle maison, comme celle que j’imagine juste là maintenant ? — Oui bien sûr, je suis un très bon maçon, je m’y met tout de suite.

    Tout démarre sur des chapeaux de roues, les fondations sont rapidement et consciencieusement terminées et les murs se montent. Les briques s’empilent à une cadence digne du plus rapide des drakkars. Je pense déjà a peindre l’intérieur et je m’imagine au coin du poêle avec un bon bouquin.

    Mon maçon, Albert, tombe malade. Il sera absent deux semaines.

    À son retour, au lieu de reprendre là ou il en était, il commence à placer la brique de façade bien que le mur arrière ne soit pas construit. Étrange, c’est bien grand pour une baie vitrée ! Sans parler de (...)

    #Cartable_au_dos #care #enseignement #esi

  • L’apprentissage du « code informatique » sera proposé à l’école primaire dès septembre
    http://www.lemonde.fr/societe/article/2014/07/13/l-apprentissage-du-code-informatique-sera-propose-au-primaire-en-septembre_4

    « Nous lançons par ailleurs, avec Arnaud Montebourg, un grand programme en faveur de la filière industrielle française du numérique éducatif », ajoute Benoît Hamon, précisant que 70 % des élèves du primaire et de collège et 100 % des enseignants« seront équipés » à l’horizon 2020 en ordinateurs et tablettes dotés de ressources pédagogiques numériques.

    Hmmm ... pourquoi ai-je cet étrange pressentiment que tout cela sera bien encadré de licences et de matériels privateurs ? Et que les éditeurs traditionnels d’ouvrages scolaires se frottent déjà les mains ...

    • Ouais... où vont-ils trouver des gens qualifiés d’ici la rentrée pour enseigner. Parce qu’au primaire, beaucoup d’instits sont déjà des utilisateurs relatifs en informatique, je ne vois pas par quel miracle ils vont pouvoir enseigner le code à la rentrée... en plus quel code et pour quoi ? Java (très utile, mais pas donné !), C++, php ? Ils vont apprendre à compiler, direct ?

    • Les ordis dans les écoles seraient massivement basés sur GNU/Linux ou un système BSD quelconque, les élèves (et les profs, bien sur) auraient à leur disposition un joli panel de langage de programmation... il serait alors facile de produire n’importe quel type de code et d’aborder « le code » par l’entrée des artistes, si je puis m’exprimer ainsi ... :D

      Mais, s’il faut être pragmatique, et se poser la question « avec quoi commencer ? » il faut d’abord se poser la question de ce qui est disponible sur les ordis : Word+Excel, « enregistrer sous », choisir HTML et ça produit du code, non ? :p

    • @Tibounise ah ! produire du code versus formules de calcul

      À mon sens, la bidouille généralisée qu’on peut constater quant à l’emploi du tableur découle directement de la représentation mentale que l’on s’en fait. En gros, un tableur, c’est ça …


      … pour les informaticiens, ça ressemble plutôt à ça

      Quand on parle de « code informatique » et de « programme », le paradigme ultra dominant est celui de la programmation impérative.

      Si je prends l’une des définitions de la #programmation
      Programme informatique — Wikipédia
      http://fr.wikipedia.org/wiki/Programme_informatique#Langage_de_programmation

      Un langage de programmation est un vocabulaire et un ensemble de règles d’écriture utilisées pour instruire un ordinateur d’effectuer certaines tâches.

      et que je la transforme un peu pour dire que le programme transforme des données (en entrée) en résultats (à la sortie), je ne vois pas en quoi ceci ne s’applique pas au tableur.

      Avec cette dernière approche, on voit bien que l’utilisation du tableur n’est pas seulement la connaissance des formules, mais doit inclure aussi l’analyse et l’organisation des traitements.

      Et y a du boulot…
      (d’ailleurs, essentiellement, c’est le boulot que je fais ;-)

    • We don’t need everyone to code—we need everyone to think. And unfortunately, it is very easy to code without thinking.

      http://www.slate.com/articles/technology/future_tense/2013/08/everybody_does_not_need_to_learn_to_code.html
      via
      Bien entendu, on peut sauter sur sa chaise comme un cabri en disant le code ! le code ! le code !…
      http://www.culture-numerique.fr/?p=634

      Mon avis est que la mission de l’école, qui doit changer et s’adapter, est de prendre en charge, en tant que nouvelle compétence fondamentale, de manière essentielle et prioritaire, la capacité à pouvoir produire de l’information à destination d’un auditoire potentiellement universel : publier. C’est, de plus, une manière pour elle de défendre et promouvoir les libertés fondamentales, dont celles de donner son opinion et de s’exprimer sont bien mises à mal, ces temps-ci.

    • info mentionnée ici également : http://seenthis.net/messages/275535

      87% des Français ont plébiscité cet enseignement. Ah bon ?

      Selon le syndicat Syntec Numérique, 35 000 emplois à forte valeur ajoutée doivent être créés en France dans le numérique d’ici fin 2014. De quoi donner envie aux jeunes de se former au code.

      Admettons. Mais est-ce bien l’objet de l’école primaire. Assujettir l’école aux besoins de l’entreprise, ce n’est pas plutôt de ça qu’il s’agit ?

      Pour faire court, les deux articles (le Monde & francetvnfo) sont, pour moi, un tissu de conneries et d’approximations. Je reste ouvert à la discussion si quelqu’un veut me faire changer d’avis.

    • L’argument du MEDEF ne vaut que ce qu’il vaut, on peut en convenir. De toute façon, c’est un syndicat et comme l’a déploré Eric Ciotti (UMP) à propos des magistrats qui « expriment sous couvert de liberté syndicale des positions politiques souvent tranchées », on peut en penser autant des patrons de l’industrie informatique...

      Toutefois, l’idée n’est pas à rejeter totalement si l’on se refaire au fait que :

      La priorité donnée à l’école primaire (...) répond à la nécessité d’assurer pour tous les élèves, à l’issue de l’école élémentaire, la maîtrise des instruments fondamentaux de la connaissance.

      http://eduscol.education.fr/cid46787/ecole-primaire.html

      Selon qu’on veut voir la bouteille à moitié pleine ou à moitié vide, apprendre à coder (qui n’est que la phase -presque- finale d’un processus plus complet) c’est aussi préparer les élèves à une certaine autonomie vis-à-vis d’un problème à résoudre face aux instruments/outils auxquels ils seront confronter plus tard... ou bien assujettir une génération aux besoins futurs des entreprises. Ce n’est donc qu’une question de point de vue.

    • L’article évoque la proposition d’apprendre le code, mais ce ne sera organisé que pour du #périscolaire facultatif.
      Par contre, cette #tête_de_gondole est une #manipulation qui permet de vendre la filière industrielle française du numérique éducatif : soit le fameux #cartable_électronique tant décrié dont même les cadres de Google ne veulent pas pour leurs enfants et puis avec, évidemment tous les logiciels bidons qu’on ne sait pas faire. On a à peine dépassé le livre d’enseignement chiant, genre Lagarde et Michard, qu’on va expérimenter la production de ressources pédagogiques numériques ! mais avec qui ? Adibou de chez Vivendi ? cette gloire française ?
      Coller les mômes devant des écrans pour apprendre le français ? mmm, c’est surtout pour faire marcher l’industrie et pouvoir filtrer informatiquement les retours de « compétences ».

      « Nous lançons par ailleurs, avec Arnaud Montebourg, un grand programme en faveur de la filière industrielle française du numérique éducatif », ajoute Benoît Hamon, précisant que 70 % des élèves du primaire et de collège et 100 % des enseignants seront équipés à l’horizon 2020 en ordinateurs et tablettes dotés de ressources pédagogiques numériques.

    • @rastapopoulos : complètement d’accord. Le temps est compté aux enseignants du primaire. Et il y a mieux à faire que d’apprendre à dialoguer avec des machines, en l’occurence, comprendre le monde (fragile) qui nous entoure. De plus, lesquels d’entre eux ont les compétences pour enseigner cette nouvelle discipline aux enfants.
      Je passe en mode « ancien combattant » et vous raconte le plan « Informatique Pour Tous » initié par le ministère en 1985 pour que les enfants apprennent à maîtriser une technologie en plein essor, toujours la même rengaine. On était censé faire apprendre aux enfants les rudiments de langage de programmation tel que le BASIC (pour développer des algorithmes de calcul ou créer des animations graphiques pixels par pixels sur un écran) ou encore le LOGO (pour piloter un mobile sur une surface plane, en l’occurrence la fameuse « tortue-LOGO ». Résultat, rien, malgré le fort investissement de certains collègues (dont moi), on s’est retrouvé avec du matoss obsolète dès sa mise en fonction. Ensuite, on a surfé sur une nouvelle vague, celle du PC dès la fin des années 90 avec des outils de bureautique ou autres, des logiciels d’entraînement à toutes sortes de disciplines (calcul, orthographe, etc ... ) le tout sous la bénédiction de la firme de Redmond, puis dans les années 2000, le développement de l’Internet avec des connexions en bas débits ne servant somme toute qu’aux directrices et directeurs d’école pour lire le courrier de leurs inspecteurs. Le passage à l’ADSL (surtout avec des coucous sous W98) n’a pas été évident. En 2007-2008, je suis maître- animateur TICE dans une circonscription d’inspection et je reçois l’injonction de mon chef de ne rien faire dans le sens de l’informatique en tant que discipline d’enseignement (peut-être un peu de traitement de texte, de traitement d’images, en parlant de textes, il aurait fallu en même temps apprendre aux gamins la dactylographie car je ne sais pas si vous avez déjà vu un enfant de 7 ans se servir d’un clavier, ouch !). Et là on veut que les mômes aprennent à « coder » (quoi, pour quoi faire, comment, et surtout quand ?)
      Le ministère n’en est pas à sa première volte-face. Je ne vois rien à dire de plus qu’il ne s’agit là que d’un nouvel effet d’annonce destiné surtout à fédérer un public bien circonspect après tous les soubresauts de cette année 2013-2014 ...

    • Jean-no :
      "Je réagis sur :

      Il y a mieux à faire que d’apprendre à dialoguer avec des machines, en l’occurence, comprendre le monde (fragile) qui nous entoure

      ...qui me semble un peu court : les machines font partie du monde qui nous entoure ! Je ne sais pas si la programmation informatique est la solution à la compréhension des machines, mais savoir qu’il existe une programmation est capital pour comprendre énormément d’aspects de notre vie actuelle (fût-elle « virtuelle », ou réputée telle) et de notre vie à venir."

      Bien sûr ! Les nouvelles connaissances doivent être diffusées, même mal et même pour de mauvaises raisons...

    • @jean_no, ohlala, effectivement, la photo que tu as choisie parle d’elle même !

      @RastaPopoulos, où est ton lien sur ce livre pour apprendre l’informatique sans ordinateur ? L’achat de livres scolaires au lycée, par la famille, tourne autour de 200 euros en occasion, dépense que l’on peut amortir en revendant les livres d’une année sur l’autre, ce qui fait moins de 100 euros/an.
      Où va-t-on aller trouver l’argent pour des enseignants en informatique ? Et pour le matériel ? les grosses firmes se feront un plaisir de pouvoir verrouiller les habitudes des utilisateurs le plus tôt possible.
      A la fac de St Denis, (ancienne Vincennes) en 2006, les étudiants en hypermédia travaillaient avec des licences Windows, et les professeurs étaient fortement réticents au libre qui ne leur rapportait aucune subvention…
      Cette année, P. était en terminale et devait utiliser une tablette que le lycée lui a donné, mais d’après ses dires, elle avait surtout un smartphone géant.

    • Points sur les i.
      Toute connaissance est propagée.
      Entre la machine à vapeur et les « codes » informatiques, il y a de la nouveauté
      Et puis merde !

    • On se calme ... C’est évident que toutes ces machines sont devenues incontournables. maintenant, apprendre à programmer, à coder, certes, pourquoi pas mais pas à l’école primaire où il y a déjà beaucoup d’apprentissages et de compétences à développer. J’ai l’impression que le ministère est atteint du syndrome de la fuite en avant et que l’on n’a aucun retour sur les nouveaux dispositifs mis en place. On e rajoute comme sur un mille feuille (c’est d’actualité) et ça devient de plus en plus lourd à digérer et pour les élèves et pour les enseignants. Et puisqu’il faut revenir sur les expériences passées, la programmation de la « tortue-logo », et bien, ce n’était pas si idiot que ça (au primaire).
      http://www.yann.com/fr/apprendre-la-programmation-aux-enfants-avec-le-langage-logo-17/09/2010.html

      Maintenant pour devenir développeur, c’est au niveau du lycée qu’il faut investir. Pour moi, même au collège, si on veut traiter le sujet correctement, c’est trop ambitieux.

    • J’arrive sur le tard. J’ai été assistant d’éducation en école élémentaire et figurez vous que j’étais chargé d’enseigner l’informatique (car les autres profs galéraient) et la bibliothèque.

      Ça m’énervait au plus haut point car je trouvais plus logique que d’autres enseignements soit prioritaire, entre autre, je disais des cours de secourisme ça pourrait pas faire de mal et serait plus utile que l’informatique pour des gamins qui ont déjà du mal a écrire leur nom. Car oui, c’est ça, aussi !
      On me demandais de leur apprendre le traitement de texte (entre autre, programme du B2i), alors je leur apprend ponctuation et tout le toutim, sauf que ils ont un peu de mal forcément... et encore, je parle pas des jeunes du voyage qui savent encore moins lire bien souvent de part une scolarité éclaté...

      Quand je faisais pas ça, on me faisait rentrer les évaluations des élèves... un truc bien chiant. Quoi qu’il en soit leur apprendre la programmation, c’est clair : ça n’a pas de sens... Mais comme on peu le voir ce ne sont pas les enseignants qui choisissent le programme et ils n’ont pas leur mot a dire.

      Sinon, perso, quand je faisais mes cours, personne me disais ce qu’il fallait faire vis a vis des logiciels privés etc... En fait c’est l’habitude qui relaie microsoft et autre. Moi j’avais installé Ubuntu sur les machines en dualboot pour que les autres profs puissent continuer leur cours a eux, pendant que je montrait autre chose.

      Cependant dans le B2i il y a bien, censément, un peu de morale a faire sur les histoires de propriété privé, mais il n’y a pas de contre-indication sur les questions du libre. Le problème majeur est la reproduction (comme disais Bourdieu).

    • « Finalement, tout le monde trouve un intérêt à cette demi-teinte, à cette absence de décision qui se confirme chaque jour à propos du numérique en éducation ». Bruno Devauchelle fait un bilan de l’année scolaire. « Ce qui manque, essentiellement, c’est une vision plus globale, non pas du numérique mais d’une société qui évolue dans un cadre numérique... On va continuer d’installer des matériels, développer des environnements logiciels, parler de pédagogie sans jamais en faire, mais surtout ne pas toucher à l’école et à tout ce qui la rend de plus en plus imperméable au numérique. »

      http://www.cafepedagogique.net/lexpresso/Pages/2014/07/11072014Article635406678391997776.aspx

  • Quels sont les 4 premiers mots du développeur ?
    http://namok.be/blog/?post/2014/06/05/quels-sont-les-4-premiers-mots-du-developpeur

    Quels sont les premiers mots que doit apprendre un développeur ?

    Les premiers mots ne sont pas des mots mais simplement ces quatre caractères qui vont le suivre toute sa vie : la parenthèse (, l’accolade , le crochet [ et le chevron .

    J’imagine que vous vous attendiez a des choses beaucoup plus compliquées. Et bien non ! Pour bien débuter en programmation, il faut connaitre son clavier …

    Vous pouvez reprendre une activité normale …

    #Cartable_au_dos #geek #inutile

  • The Shifting, Sonic Geography of #Cartagena, #Colombia
    http://africasacountry.com/the-shifting-sonic-geography-of-cartagena-colombia

    It had been three years since I’d visited Cartagena, and I was shocked by all the changes. They must have been bubbling under the surface the last time I came, because they seemed so drastic. On my first visit to Colombia’s Atlantic coast, I was on a mission to hear of #Afro-Colombian sounds produced and consumed […]

    #MUSIC #Atlantico #Big_Mancilla #Caribbean #Caribe_Funk #Champeta #culture #Cumbia #dancehall #development #DJ_Buxxi #Flaco_Flow #Kevin_Flores #Melanina #neo-liberalism #Palenque #Salsa #San_Andres #Systema_Solar #tourism #Vallenato

  • Des tablettes dès la maternelle pour préparer les élèves à l’économie numérique

    http://tours.mediaslibres.org/des-tablettes-des-la-maternelle.html

    Depuis maintenant un an, la mairie de Tours a mis en place des tablettes numériques dans plusieurs écoles au nom de l’expérimentation. (...) Les petits cobayes, âgés de 3 à 6 ans, ont la grande joie de pouvoir être placés devant un écran dès leur plus jeune âge, même à l’école ! (...) En grande section, il s’agit de travailler « sur la compréhension du langage oral, de l’explicite à l’implicite. Les élèves ont découvert sur les tablettes des histoires racontées oralement. » Quelle avancée pédagogique phénoménale ! Le lien social du récit se résume à un lien ... avec une tablette. De plus, vu le « retard » de la France en matière de vente de livres numériques pour les industriels, briser le lien entre le livre et la lecture dès le plus jeune âge semble une bonne stratégie commerciale. (...) De la même manière, alors que les enfants sont amenés à être dépendants des outils informatiques dès le plus jeune âge, les défenseurs de la pédagogie numérique défendent « une grande autonomie par cet outil ». Il est plus facile de mettre une tablette dans les mains d’un enfant, comme on le pose devant la télé à la maison, que de l’amener à travailler sa concentration, son autonomie et le libre choix à travers, par exemple, des outils pédagogiques inspirés des travaux de Maria Montessori ou Célestin Freinet.

    #école #numérique

  • #git en deux mots
    http://namok.be/blog/?post/2014/01/31/5slides-git

    Dans la série « souvent il est nécessaire de présenter un outil, un concept, le résultat d’une recherche, … brièvement », aujourd’hui, je fais quelques slides pour présenter git.

    Comme il était difficile pour moi de faire ça en une seule fois, il y aura deux fois 5 slides ;-)

    git fait partie de la liste des vcs, les logiciels permettant la gestion des différentes versions d’un « texte ». Les plus connus sont ; git et svn.

    Ces deux séries de slides se basent sur gitmagic de B Lynn.

    git in 5 slides

    Slide 2 Qu’est-ce que git ? Quelle est son utilité et pourquoi, c’est bien de l’utiliser ?

    Gestion de ses versions et git est décentralisé. À l’inverse de svn, chaque dépôt contient l’archive complète du projet.

    Slide 3 Utilisation basique de git. Cette utilisation simple permet de :

    créer un dépôt ; d’y ajouter (...)

    #Cartable_au_dos #5slides #divers #esi #geek
    http://namok.be/public/documents/5slides/in5slides-git.pdf
    http://namok.be/public/documents/5slides/in5slides-git-advanced.pdf

  • A B C D E F
    http://namok.be/blog/?post/2014/01/20/abcdef

    Jadis j’étais prof de math.

    Justifier une cote (ou simplement trouver la cote la plus juste) était facile. Un exercice étant soit faux soit correct, il suffit de sommer !

    C’est mathématique. C’est juste. Ce n’est donc pas humain.

    Un 9/20 ne devient jamais un 10/20 puisque maitre addition a parlé.

    À l’école primaire, c’est pareil, les résultats représentent la somme de petits exercices mis bout à bout. Il est donc naturel d’obtenir un 20/20 dès lors que tous les exercices sont corrects.

    Évaluer la présentation orale d’un concept est beaucoup moins aisé.

    S’il est clair que l’on s’attend à voir apparaitre plusieurs « points » (au sens item) dans l’exposé, l’évaluateur s’intéresse également à la manière dont ils sont développés et au degré de compréhension qu’il perçoit.

    L’évaluation n’est plus une somme (...)

    #Cartable_au_dos #divers #esi

  • Le paysage de l’enseignement supérieur, deuxième
    http://namok.be/blog/?post/2013/11/13/decret-paysage-2

    Cet article fait suite à ma première réaction au décret paysage et (en partie) à la réussite à 10/20.

    Comme attendu, les réactions fleurissent à ce sujet et certains étudiants ont même décidé de lancer une pétition !

    -- C’est un nivellement par le bas ! Le diplôme ne vaut plus rien ! scandent les détracteurs

    -- Mon fils se contente d’un 10/20. Depuis lors, je le dépose à mi-chemin de l’école[1] et je ne repasse que la moité de ses t-shirts. enchérit Charlotte

    Je ne pense vraiment pas qu’il faille s’inquiéter (...)

    #Cartable_au_dos #buzz #divers #esi #politique

  • nmap en deux mots
    http://namok.be/blog/?post/2013/11/13/5slides-nmap

    Souvent il est nécessaire (dans le cadre professionnel ou scolaire) de présenter un outil, un concept, le résultat d’une recherche, … brièvement, « en deux mots ».

    Si la présentation doit se faire devant plusieurs personnes, il n’est pas ridicule de se munir de 3,4 slides contenant l’essentiel (to the point) de ce que l’on veut dire.

    Ces slides ne contiennent que les idées que l’on veut présenter et sont un support à la présentation orale. Personnellement, j’aime les agrémenter de l’une ou l’autre (...)

    #Cartable_au_dos #5slides #debian #esi #geek #security