• Gli affari dei “campioni italiani” con il regime di #al-Sisi in Egitto

    #Eni, #Snam, #Intesa_Sanpaolo e #Sace hanno stretto in questi anni rapporti proficui con il governo del Cairo, responsabile di gravi violazioni dei diritti umani. Nemmeno l’omicidio di Giulio Regeni ha segnato un punto di svolta nella fossile “campagna d’Egitto”. Il dettagliato report di ReCommon (https://www.recommon.org) in occasione della Cop27 sul clima.

    Perché Eni ha continuato ad aumentare i propri investimenti in Egitto persino dopo che sono emersi possibili legami tra l’assassinio del ricercatore italiano Giulio Regeni e il regime di Abdel Fattah al-Sisi? Qual è stata la destinazione finale degli ingenti finanziamenti che Intesa Sanpaolo ha concesso al ministero della Difesa e al ministero delle Finanze egiziani? Perché l’assicuratore pubblico Sace non ha avuto alcuna remora nel garantire la raffineria di Assiut, nonostante altri attori finanziari fossero preoccupati per le implicazioni reputazionali derivanti proprio dal “caso Regeni”? E perché Snam non pubblica ancora l’elenco completo degli azionisti dell’East mediterranean gas company?

    Sono solo alcune delle domande che ReCommon ha rivolto alle principali aziende e società italiane che hanno stretto in questi anni rapporti proficui con il governo egiziano, accusato di gravi e ripetute violazioni dei diritti umani (su tutte la detenzione di circa 60mila dissidenti politici) e che si rifiuta di collaborare con gli inquirenti italiani nelle indagini sul rapimento, la tortura e l’omicidio di Giulio Regeni. Gli interrogativi, insieme a un’attenta analisi degli interessi economici delle singole realtà, è contenuta nel dossier “La campagna d’Egitto – Gli affari dei ‘campioni’ italiani con il regime di al-Sisi” pubblicato il 7 novembre 2022, all’indomani dell’apertura della 27esima Conferenza della Nazioni Unite sul clima (Cop27) che si svolge a Sharm el-Sheikh. Un documento preciso e dettagliato da cui emerge, ancora una volta, come il business prevalga sui diritti umani e sui processi democratici.

    L’Egitto è un punto di investimento centrale per Eni, che lì possiede circa il 20% delle proprie riserve di gas con una produzione annuale di 15 miliardi di metri cubi (pari al 30% del totale dell’azienda e al 60% di quella egiziana) per un utile di 5,2 miliardi di euro in cinque anni, che costituisce circa un terzo degli utili complessivi della divisione “Esplorazione e produzione”.

    Uno snodo chiave negli interessi dell’azienda in Egitto è stata la scoperta ad agosto 2015 del giacimento sottomarino “Zohr” che, secondo le esplorazioni di Eni, conterebbe circa 850 miliardi di metri cubi di gas: si tratterebbe quindi di una delle maggiori riserve a livello mondiale e la più grande nel Mediterraneo. Con l’omicidio Regeni, rinvenuto il 2 febbraio 2016, le relazioni diplomatiche tra i due Paesi si sono però complicate. “Abbiamo detto chiaramente che noi siamo per i diritti umani, per questo pretendiamo chiarezza assoluta. La vogliamo come italiani e come Eni”, aveva dichiarato Claudio Descalzi, amministratore delegato dell’azienda, a Il Messaggero il 6 marzo 2016. Ma solo pochi giorni prima, il 21 febbraio, la sua società aveva ottenuto l’assegnazione proprio dell’appalto per il giacimento “Zohr”.

    Secondo ReCommon al centro dei legami tra Eni e il regime di al-Sisi vi sarebbero i debiti accumulati dalle aziende energetiche egiziane nei confronti delle compagnie fossili straniere che nel 2013, anno della presa del potere da parte del generale, avevano raggiunto quota sei miliardi di euro. In particolare Eni era tra le aziende più esposte, con un ammontare di crediti scaduti pari a un miliardo di euro. Nel 2015 l’azienda italiana è riuscita però ad accordarsi con l’Egitto garantendo cinque miliardi di euro in investimenti in cambio di condizioni contrattuali favorevoli che comprendono anche un raddoppio del prezzo del gas che il Paese acquista dall’azienda. “Di lì a poco la società realizzerà la maxi scoperta di ‘Zohr’ e nel giro di qualche anno i debiti contratti dallo Stato egiziano risulteranno azzerati. Non c’è ombra di dubbio che, dal punto di vista degli affari, Eni abbia vinto la sua scommessa, accettando però di legarsi al regime egiziano con un nodo così stretto da non allentarsi neppure di fronte all’uccisione di un cittadino italiano”, ricorda ReCommon. Inoltre grazie ai progetti realizzati da Eni, il regime di al-Sisi è riuscito a conquistarsi un ruolo di primo piano nello scacchiere energetico regionale ed europeo

    Anche Snam, il più grande operatore d’Europa per quanto riguarda il trasporto del gas e che gestisce una rete di 41mila chilometri e una capacità di stoccaggio di 20 miliardi di metri cubi, partecipata dallo Stato italiano, vanta numerosi affari nel Paese nordafricano. L’azienda ha acquistato a dicembre 2021 il 25% della East mediterranean gas company (Emg), proprietaria del gasdotto Arish-Ashkelon che collega Israele ed Egitto, anche noto come “Gasdotto della pace”. Secondo ReCommon tra gli azionisti di Emg vi sarebbero Emed, una società “partecipata dalla israeliana Delek Drilling e dal gruppo statunitense Chevron” e che controlla il 39% di Emg. Secondo le inchieste di ReCommon e della testata investigativa egiziana Mada Masr, Emed avrebbe legami con i vertici dei servizi segreti egiziani.

    “Tutti questi investimenti infrastrutturali vengono attuati grazie agli istituti di credito e alle istituzioni finanziarie. In prima fila c’è Bank of Alexandria, la sussidiaria locale del primo gruppo bancario italiano, Intesa Sanpaolo”, ricorda ReCommon. L’istituto è la quinta banca d’Egitto e conta 1,5 milioni di clienti su 179 filiali. Nel 2006 il governo di Hosni Mubarak aveva venduto per 1,6 miliardi di dollari l’80% delle azioni della banca a Intesa Sanpaolo. Bank of Alexandria, partecipata anche dal governo egiziano, afferma di essere il canale privilegiato degli investimenti italiani nel Paese nordafricano, tra cui il settore oil&gas e quello degli armamenti.

    A garanzia degli investimenti vi è poi Sace, l’assicuratore pubblico italiano controllato dal ministero dell’Economia, che tra il 2016 e il 2021 ha emesso garanzie a progetti oil&gas per un totale di 13,7 miliardi di euro, ponendosi così al terzo posto per il supporto finanziario all’industria fossile dopo le controparti canadesi e statunitensi. In Egitto, Sace ha emesso garanzie per 3,9 miliardi di euro. Tra le infrastrutture supportate dall’istituto vi sono due raffinerie: la Middle East oil refinery (Midor) e l’Assiut oil refinery (Aor), entrambe in capo all’Egyptian general petroleum corporation (Egpc), l’azienda petrolifera di Stato.

    Per realizzare Midor, Sace ha garantito i prestiti di Bnp Paribas, Crédit agricole e Cassa depositi e prestiti (Cdp) per un ammontare di 1,2 miliardi di euro. Mentre per quanto riguarda la raffineria di Assiut, Sace ha agito in modo simile garantendo a febbraio 2022 un supporto finanziario pari a 1,32 miliardi di euro: l’impianto è la più grande raffineria dell’Egitto meridionale e si tratta di un’infrastruttura strategica per al-Sisi che ha presenziato personalmente l’inaugurazione dei lavori il 22 dicembre 2021. Tuttavia secondo le ricostruzioni dei quotidiani StartMag e Milano Finanza (citate nel report di ReCommon) vi sarebbero state delle resistenze all’interno di Cdp in merito al finanziamento della raffineria dovute alla “scarsa sostenibilità ambientale e a imprecisate ‘considerazioni geopolitiche’”.

    La stima di 3,9 miliardi di euro relativa alle garanzie di Sace comprende però solo il supporto alle operazioni classificate di categoria A e B cioè “quei progetti che possono avere ripercussioni ambientali e sociali che vanno da gravi a irreversibili: raffinerie, oleodotti, gasdotti, centrali termoelettriche, petrolchimici, dighe e altre mega-infrastrutture”. Sace, infatti, non è obbligata a riportare le altre categorie di investimento tra cui possono ricadere armamenti come ad esempio l’acquisto di due fregate militari italiane da parte dell’Egitto da Fincantieri nel 2020 per un totale di 1,2 miliardi di euro. L’esposizione storica di Sace al regime del Generale al-Sisi è quindi molto superiore ai 3,9 miliardi di euro dichiarati.

    https://altreconomia.it/gli-affari-dei-campioni-italiani-con-il-regime-di-al-sisi-in-egitto

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  • Inchiesta su BF, il vero “sovrano” dell’agricoltura industriale italiana

    La holding quotata in Borsa ha ormai inglobato i segmenti chiave del comparto -dalle sementi ai consorzi agrari- e tramite #Bonifiche_Ferraresi è anche la prima azienda agricola del Paese. Chi la controlla, come si muove e perché ci riguarda.

    C’è un acronimo che ben riassume i processi di trasformazione in corso nella filiera agroindustriale italiana: è BF, cioè il nome della holding quotata alla Borsa di Milano che con le sue controllate ha inglobato ormai i segmenti chiave del comparto. Dalla selezione, lavorazione e vendita delle sementi (con la Società italiana sementi Spa) alla proprietà dei terreni attraverso la più grande azienda agricola italiana per superficie utilizzata (Bonifiche Ferraresi, cui si affianca la BF agricola Spa), dalla progettazione di contratti di filiera (ad esempio con la Filiera bovini Italia Srl, in partnership con Coldiretti) alla realizzazione di impianti per la macinazione di cereali (Milling hub Spa, tra le altre), dalla trasformazione dei prodotti (BF agro-industriale Srl) alla loro commercializzazione nei canali della Grande distribuzione organizzata anche tramite un marchio di proprietà (come la pasta, le passate o i legumi de “Le Stagioni d’Italia”). Del conglomerato fa parte anche Consorzi agrari d’Italia Spa, che si occupa della commercializzazione, produzione ed erogazione di servizi e prodotti a favore degli operatori agricoli attraverso la rete dei consorzi agrari.

    Non si tratta di un comparto rilevante solo per addetti ai lavori o appassionati dell’azienda con sede a Jolanda di Savoia (FE). L’agricoltura, così come la filiera alimentare, è infatti tra le principali cause della perdita di biodiversità e dei cambiamenti climatici, come ricorda la coalizione #CambiamoAgricoltura lanciata da organizzazioni ambientaliste e dell’agricoltura biologica e biodinamica per una riforma della fallimentare Politica agricola comune (Pac) in vista del ciclo di programmazione 2023-2027. Terra e cibo rappresentano uno snodo decisivo per una non rinviabile svolta agroecologica finalizzata a proteggere la natura, a invertire il degrado degli ecosistemi e le perdite di sostanze dei suoli, a rendere “sana, equa e sostenibile” la produzione del cibo, come tratteggiato dall’Unione europea attraverso la strategia “Farm to fork” e quella sulla biodiversità per il 2030. È in questo delicato terreno che si muove BF. Non lo fa da comparsa ma da “primario operatore nazionale attivo, a livello integrato, nel settore agroindustriale”, per usare la fredda etichetta dell’Autorità garante della concorrenza e del mercato (Agcm).

    A metà ottobre 2022 gli “azionisti rilevanti” di BF erano quattro. Il primo, con il 20,13% delle quote, è la Arum Spa, che fa capo a Federico Vecchioni, amministratore delegato di BF e della sua controllata Bonifiche Ferraresi, che in passato è stato anche presidente della Confederazione generale dell’agricoltura italiana (Confagricoltura). Poi c’è la Dompé holdings Srl (al 20,04%), “contenitore” di partecipazioni finanziarie che fa capo a Sergio Dompé, imprenditore al vertice del gruppo multinazionale biofarmaceutico Dompé. Il terzo azionista è Fondazione Cariplo, che detiene il 19,29% di BF, seguita da Cdp equity Spa (in passato Fondo strategico italiano), investitore pubblico di lungo periodo che acquisisce quote in imprese di “rilevante interesse nazionale” per conto di Cassa depositi e prestiti (controllata per circa l’83% dal ministero dell’Economia e per quasi il 16% da diverse fondazioni bancarie).

    Nell’estate 2022 il campo d’azione di BF si è ulteriormente allargato. A metà luglio ha infatti perfezionato l’acquisizione del 100% della Bia Spa, azienda specializzata nella “produzione e commercializzazione di couscous da filiera italiana”, per 20,5 milioni di euro. “L’operazione si inserisce nel più ampio progetto di sviluppo di un polo cerealicolo attraverso l’integrazione delle società Ghigi 1870 Spa, Milling Hub Spa e Pasta Fabianelli Spa, già parti del Gruppo BF, e Bia, con lo scopo di creare sinergie e garantire, insieme a BF, il presidio sull’intera filiera del frumento italiano”, come ha dichiarato l’amministratore delegato Vecchioni. Lo scopo di “presidiare l’intera filiera” torna spesso nella comunicazione del colosso, che con i 7.750 ettari coltivati da Bonifiche Ferraresi tra le province di Ferrara, Arezzo, Oristano e Grosseto è anche il “primo proprietario terriero in Italia” (riso, mais, grano duro e tenero, orzo, barbabietole da zucchero, erba medica, soia, orticole, piante officinali e frutta).

    Questo potere (o “presidio”) si riproduce anche nel segmento dei semi. Come detto, BF ha in mano quasi il 42% della Società italiana sementi (Sis): controlla cioè, dal 2017, l’azienda leader nel settore del frumento e che tratta qualcosa come 600 varietà, 116 delle quali attraverso “diritti di esclusiva”. È Sis ad avere in mano l’esclusiva per la moltiplicazione e la vendita di una nota varietà denominata grano “Cappelli”. Quella stessa varietà di cui l’azienda controllata da BF, come ha denunciato più volte la Rete Semi Rurali, che si occupa di promuovere una gestione davvero dinamica della biodiversità agricola, ne avrebbe “limitato la vendita del seme solo a quegli agricoltori disposti a restituire il raccolto e ha diffuso la voce che chi non compra il loro seme certificato non può più usare il nome ‘Cappelli’ nell’etichetta del prodotto”.

    La rete di vendita su cui si appoggia Sis è prevalentemente quella dei consorzi agrari, un altro ganglio decisivo che porta, nuovamente, a BF. La società guidata da Vecchioni è infatti il primo azionista (con il 35,89%) della Consorzi agrari d’Italia (Cai Spa), veicolo che dal 2019 vorrebbe raccogliere parte di quel che resta dei 72 iniziali consorzi del nostro Paese (oggi poco più di 20), nati oltre un secolo fa sotto forma di cooperative di agricoltori. Gli altri azionisti della Cai sono il Consorzio agrario dell’Emilia-Romagna (4.300 soci), il Consorzio dell’Adriatico (oltre 3mila), il Consorzio del Tirreno (circa mille) e quello del Centro-Sud (284 soci). L’ultimo che si è aggregato in ordine di tempo è stato il Consorzio agrario del Nord-Est, attivo in Lombardia e Veneto e che nel 2021 ha realizzato un fatturato di circa 474 milioni di euro. A fine luglio 2022 il Consorzio del Nord-Est è entrato ufficialmente in Cai con il 23,58% delle quote, ricevendo il benestare dell’Antitrust che in agosto non ha ravvisato “significativi effetti verticali di restrizione della concorrenza sui mercati interessati” e ha dunque dato luce verde. BF ha festeggiato anche perché “le dimensioni raggiunte da Cai con l’ingresso di Consorzio Nord-Est conferiscono al Gruppo capacità competitiva e apportano una ancor più significativa presenza territoriale”.

    Maggiore “presenza territoriale” significa del resto “maggiori ricavi”, come dimostra il fatturato consolidato di BF che include i cosiddetti “apporti” della Cai. Al 30 giugno 2022 i ricavi dalle vendite ammontano a oltre 433,2 milioni di euro contro i 32,5 del primo semestre 2021. L’esplosione (più 1.200% in un anno) è dovuta in larga parte alla vendita all’ingrosso di carburanti per autotrazione e agricoltura (135 milioni) svolta dalla Eurocap Petroli, seguita dalla vendita di concimi antiparassitari (91,2 milioni), dalla vendita di cereali da granella (65,9), di sementi (39,1), o introiti da colture foraggere e mangimi (27,3). Tradotto: l’apporto della Consorzi agrari d’Italia “pesa” sul fatturato di BF per il 91%. È il suo core business.

    A rinforzare la rete del Gruppo BF c’è anche l’alleanza con Coldiretti, la più importante associazione di rappresentanza dell’agricoltura italiana nata nel 1944 che dichiara 1,6 milioni di soci ed è presieduta da Ettore Prandini (da leggere a proposito il saggio “La Coldiretti e la storia d’Italia” di Emanuele Bernardi per Donzelli editore). Questa partnership ha anche risvolti societari. È il caso della Filiera bovini Italia Srl, nata per “sviluppare progetti e contratti di filiera che assicurino una giusta ed equa remunerazione agli allevatori negli anni”. I soci sono due: BF, al 51%, e la Filiera agricola italiana Spa, al 49%. Quest’ultima è una “struttura economica di Coldiretti” -come tra le altre la Germina Campus o la Fondazione Campagna Amica- che detiene quote anche della Società italiana sementi (4,96%).

    Ma Coldiretti non è l’unico alleato di BF. A fine 2021 la capogruppo ha infatti annunciato un accordo strategico “di ampio respiro” con Eni -che è entrata nel capitale di BF- “per lo sviluppo di prodotti agricoli sostenibili per la produzione di biocarburanti”. Eni si è impegnata dal 2030 a non usare più olio di palma nelle sue raffinerie di Gela e Marghera e punterebbe a sostituirlo con “sementi di piante oleaginose da utilizzare come feedstock”. BF dovrebbe occuparsi quindi della ricerca presso i terreni che ha in Sardegna (chiamati nel patto “Laboratori a cielo aperto”), lasciando poi a Eni la “valutazione della possibilità di produrre economicamente le stesse sementi” in alcuni Paesi in cui la multinazionale fossile è presente: Ghana, Congo, Costa d’Avorio e Kenya.

    E poi c’è l’accordo con Intesa Sanpaolo: nel 2021 la banca ha investito in BF circa 20 milioni di euro, garantendosi il 3,32% del capitale, andando a sostenere un “operatore di mercato focalizzato sulla filiera agroalimentare, settore fondamentale per l’economia italiana e il made in Italy”. È la logica del “campione nazionale” che sovrasta qualsiasi altra riflessione, anche critica, sugli impatti di un modello agricolo intensivo e industriale opposto a una gestione dinamica, biologica e collettiva della diversità agricola. Tanto che qualsiasi richiamo alla biodiversità, alla tutela degli impollinatori, alla riduzione dei pesticidi chimici o dei fertilizzanti è vissuto come un attacco al “made in Italy” o alla sovranità alimentare.

    Ne è l’emblema il discorso che Giorgia Meloni ha tenuto al “Villaggio Coldiretti” di Milano a inizio ottobre 2022, in occasione della sua prima uscita pubblica post voto. Dopo aver garantito di non voler “disturbare chi vuole fare e chi vuole creare ricchezza”, la presidente di Fratelli d’Italia, tra applausi e bandiere gialle, si è scagliata contro “l’approccio ideologico spesso assurdo” dell’Unione europea che “non aiuta la sostenibilità e la produttività”. Perché “noi vogliamo difendere l’ambiente ma con l’uomo dentro”, ha detto, salutando con favore la “pausa di riflessione” presa allora dal Consiglio europeo sul “tema dei fitofarmaci”. Come se l’Italia fosse solo la culla, leggera e priva di impatti, di un’eccellenza “minacciata” da fuori e non invece il Paese che vede oltre il 10% dei suoli già classificato come “molto vulnerabile” alla degradazione (fonte Ispra), che ha perso circa 400mila aziende agricole tra 2010 e 2020 (-30%) mentre la superficie si è ridotta del 2,5% (fonte Istat) e che al 30 giugno 2022 ha già importato in valore più prodotti agroalimentari di quanti ne abbia esportati (29,8 miliardi di euro contro 29,4, fonte Ismea): il pesce e l’olio extravergine di oliva dalla Spagna, i bovini vivi e il frumento tenero dalla Francia, i formaggi dalla Germania o i semi di soia dal Brasile.
    Uno strano concetto di “sovranità”.

    https://altreconomia.it/inchiesta-su-bf-il-vero-sovrano-dellagricoltura-industriale-italiana

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  • Data et nouvelles technologies, la face cachée du contrôle des mobilités

    Dans un rapport de juillet 2020, l’#Agence_européenne_pour_la_gestion_opérationnelle_des_systèmes_d’information_à_grande_échelle (#EU-Lisa) présente l’#intelligence_artificielle (#IA) comme l’une des « #technologies prioritaires » à développer. Le rapport souligne les avantages de l’IA en matière migratoire et aux frontières, grâce, entre autres, à la technologie de #reconnaissance_faciale.

    L’intelligence artificielle est de plus en plus privilégiée par les acteurs publics, les institutions de l’UE et les acteurs privés, mais aussi par le #HCR et l’#OIM. Les agences de l’UE, comme #Frontex ou EU-Lisa, ont été particulièrement actives dans l’expérimentation des nouvelles technologies, brouillant parfois la distinction entre essais et mise en oeuvre. En plus des outils traditionnels de #surveillance, une panoplie de technologies est désormais déployée aux frontières de l’Europe et au-delà, qu’il s’agisse de l’ajout de nouvelles #bases_de_données, de technologies financières innovantes, ou plus simplement de la récupération par les #GAFAM des données laissées volontairement ou pas par les migrant·e·s et réfugié∙e∙s durant le parcours migratoire.

    La pandémie #Covid-19 est arrivée à point nommé pour dynamiser les orientations déjà prises, en permettant de tester ou de généraliser des technologies utilisées pour le contrôle des mobilités sans que l’ensemble des droits des exilé·e·s ne soit pris en considération. L’OIM, par exemple, a mis à disposition des Etats sa #Matrice_de_suivi_des_déplacements (#DTM) durant cette période afin de contrôler les « flux migratoires ». De nouvelles technologies au service de vieilles obsessions…

    http://migreurop.org/article3021.html

    Pour télécharger la note :
    migreurop.org/IMG/pdf/note_12_fr.pdf

    #migrations #réfugiés #asile #frontières #mobilité #mobilités #données #technologie #nouvelles_technologies #coronavirus #covid #IOM
    #migreurop

    ping @etraces

    voir aussi :
    Migreurop | Data : la face cachée du contrôle des mobilités
    https://seenthis.net/messages/900232

    • European funds for African IDs: migration regulation tool or privacy risk?

      The first person you meet after you land at Blaise Diagne Airport in Dakar is a border guard with a digital scanner.

      The official will scan your travel document and photograph and take a digital print of your index fingers.

      It’s the most visible sign of the new state-of-the-art digital biometrics system that is being deployed in the airport with the help of EU funding.

      The aim is to combat the increasingly sophisticated fake passports sold by traffickers to refugees.

      But it also helps Senegal’s government learn more about its own citizens.

      And it’s not just here: countries across West Africa are adopting travel documentation that has long been familiar to Europeans.

      Passports, ID cards and visas are all becoming biometric, and a national enrolment scheme is underway.

      In Europe too, there are proposals to create a biometric database of over 400 million foreign nationals, including fingerprints and photographs of their faces.

      The new systems are part of efforts to battle illegal migration from West Africa to the EU.

      ‘Fool-proof’ EU passport online

      Many are still plying the dangerous route across the Sahara and the Mediterranean to reach Europe, but a growing number are turning to the criminal gangs selling forged passports to avoid the treacherous journey over desert and sea.

      There’s a burgeoning market in travel documents advertised as ‘fake but real”.

      Prices vary according to the paperwork: an EU Schengen transit visa costs €5,000, while a longer-stay visa can be twice as high.

      Some forgers have even mastered the ability to incorporate holograms and hack the biometric chips.

      “Morphing” is an image processing technique that merges two people’s photographs into a single new face that appears to contain entirely new biometric data.

      Frontex, the EU’s border guard agency, says 7,000 people were caught trying to enter the Schengen area in 2019 carrying such documents — but it admits the true figure could be much higher.

      Sending migrants back

      Last year, the largest number of travellers with fake documents arrived via Turkish and Moroccan international airports.

      Many were caught in Italy, having arrived via Casablanca from sub-Saharan countries like Ghana, Mali, Nigeria and Senegal.

      A Frontex team responsible for deporting migrants without the correct paperwork was deployed this year at Rome’s Fiumicino Airport.

      It’s the first sign of a new European Commission regulation expanding the agency’s role, which includes access to biometric data held by member states, according to Jane Kilpatrick, a researcher at the civil liberties think-tank Statewatch.

      “The agency’s growing role in the collection of data, it links overtly to the agency’s role in deporting individuals from the EU,” she said.

      Over 490,000 return decisions were issued by member states last year, but only a third were actually sent back to a country outside the EU.

      There are multiple reasons why: some countries, for example, refuse to accept responsibility for people whose identity documents were lost, destroyed or stolen.

      Legally binding readmission agreements are now in place between the EU and 18 other countries to make that process easier.
      There are no records

      But a bigger problem is the fact that many African countries know very little about their own citizens.

      The World Bank estimates the continent is home to roughly half of the estimated one billion people on the planet who are unable to prove their identities.

      An absence of digitisation means that dusty registers are piling up in storage rooms.

      The same goes for many borders: unlike the scene at Dakar’s airport, many are still without internet access, servers, scanners and cameras.

      That, the Commission says, is why EU aid funds are being used to develop biometric identity systems in West African countries.

      The EU Trust Fund for Africa has allotted €60 million to support governments in Senegal and Côte d’Ivoire in modernising their registry systems and creating a national biometric identity database.

      Much of the funding comes through Civipol, a consulting firm attached to France’s interior ministry and part-owned by Milipol, one of the most important arms trade fairs in the world.

      It describes the objective of the programme in Côte d’Ivoire as identifying “people genuinely of Ivorian nationality and organising their return more easily”.
      Data security concerns

      European sources told Euronews that the EU-funded projects in West Africa were not designed to identify potential migrants or deport existing ones.

      A Commission spokesperson insisted no European entity — neither Frontex, nor member states, nor their partners — had access to the databases set up by West African countries.

      But the systems they are funding are intimately connected to anti-migration initiatives.

      One is the Migrant Information and Data Analysis System (MIDAS), a migration database that can send automatic queries to Interpol watchlists to detect travel documents and people possibly linked to organised crime, including human trafficking.

      Connections like these, and the role of French arms giants like Thales in the growing biometric market, has led data protection experts to become worried about possible abuses of privacy.
      World’s newest biometric market

      As Africa becomes the coveted market for biometric identification providers, the watchdog Privacy International has warned it risks becoming a mere testing ground for technologies later deployed elsewhere.

      So far 24 countries on the continent out of 53 have adopted laws and regulations to protect personal data.

      A letter by Privacy International, seen by Euronews, says EU must “ensure they are protecting rights before proceeding with allocating resources and technologies which, in absence of proper oversight, will likely result in fundamental rights abuses.”

      It has published internal documents tracking the development of Senegal’s system that suggest no privacy or data protection impact assessments have been carried out.

      Civipol, the French partner, denies this: it told Euronews that the Senegalese Personal Data Commission took part in the programme and Senegalese law was respected at every stage.

      Yet members of Senegal’s independent Commission of Personal Data (CDP), which is responsible for ensuring personal data is processed correctly, admit implementation and enforcement remained a challenge — even though they are proud of their country’s pioneering role in data governance in Africa.

      For the Senegalese cyber activist Cheick Fall, the charge is more serious: “Senegal has sinned by entrusting the processing of these data to foreign companies.”

      https://www.euronews.com/2021/07/30/european-funds-for-african-ids-migration-regulation-tool-or-privacy-risk

      #biométrie #aéroport #Afrique #étrangers #base_de_données_biométrique #empreintes_digitales #passeports #visas #hologramme #Morphing #image #photographie #Frontex #EU_Trust_Fund_for_Africa #Trust_Fund #Civipol #Milipol #armes #commerce_d'armes #Côte_d’Ivoire #Afrique_de_l'Ouest #Migrant_Information_and_Data_Analysis_System (#MIDAS) #Interpol #Thales #Sénégal #Senegalese_Personal_Data_Commission #Commission_of_Personal_Data (#CDP)

    • EU Watchdog Finds Commission Failed to Protect Human Rights From its Surveillance Aid to African Countries

      The European #Ombudsman has found that the European Commission failed to take necessary measures to ensure the protection of human rights in the transfers of technology with potential surveillance capacity supported by its multi-billion #Emergency_Trust_Fund_for_Africa

      The decision by the EU’s oversight body follows a year-long inquiry prompted by complaints outlining how EU bodies and agencies are cooperating with governments around the world to increase their surveillance powers filed by Privacy International, Access Now, the Border Violence Monitoring Network, Homo Digitalis, International Federation for Human Rights (FIDH), and Sea-Watch.

      The complainants welcome the decision by the European Ombudsman and call on the Commission to urgently review its support for surveillance in non-EU countries and to immediately implement the Ombudsman’s recommendations in their entirety. 

      The inquiry, which investigated the support of projects across Africa aimed at bolstering surveillance and tracking powers and involved extensive evidence-gathering from the Commission and complainants, found that “the Commission was not able to demonstrate that the measures in place ensured a coherent and structured approach to assessing the human rights impacts”.

      It recommends that the Commission now require that an “assessment of the potential human rights impact of projects be presented together with corresponding mitigation measures.” The lack of such protections, which the Ombudsman called a “serious shortcoming”, poses a clear risk that these surveillance transfer might cause serious violations of or interferences with other fundamental rights. 

       

      Ioannis Kouvakas, Senior Legal Officer at Privacy International, commenting on the decision:

      “This landmark decision in response to our complaint marks a turning point for the European Union’s external policy and sets a precedent that will hopefully protect the rights of communities in some of the most vulnerable situations for the years to come.”

      An FIDH Spokesperson said:

      “Indeed, this decision warns once again the European Commission about its failure to comply with its human rights obligations. The decision makes clear that the EU has to better develop its processes to effectively put the protection of human rights at core of the design and the implementation of its policies and external activities. All human rights and all activities are at stake.”

      Marwa Fatafta from Access Now said:

      “We welcome the Ombudsman’s decision which scrutinises the EU’s failure to protect and respect the human rights of people living off its shores. The EU’s ongoing surveillance transfers to authoritarian regimes in Africa and elsewhere cannot continue business as usual. We hope this decision will help hold the EU accountable to its values overseas, and protect the rights and freedoms of vulnerable communities from intrusive tracking and government surveillance.”

      Homo Digitalis said:

      “The shortcomings that the Ombudsman has identified prove that the Commission is not able to demonstrate that the measures in place ensure a coherent and structured approach to assessing the human rights impacts of #EUTFA projects. This is an important first step, but we need specific accountability mechanisms in place to address violations of rights and freedoms in EUTFA projects. This cannot be ensured via just some revised templates.”

      https://privacyinternational.org/press-release/4992/eu-watchdog-finds-commission-failed-protect-human-rights-its-s
      #EUTF_for_Africa

  • Hécatombe

    Soixante-dix-sept anciens dirigeants de la société Odebrecht, au cœur de l’opération dite « Lava Jato » (« lavage haute pression ») au Brésil, ont signé des accords de collaboration avec la justice. Leurs témoignages identifient 229 dirigeants politiques impliqués dans l’affaire, dont l’actuel président Michel Temer.

    Inquiet, le monde politique a surnommé la procédure « la délation de la fin du monde » pour illustrer le fait qu’elle pourrait mettre un terme aux prétentions électorales de certains suspects. Parmi les personnes citées (...), les anciens présidents José Sarney (Parti du mouvement démocratique brésilien, PMDB), Luiz Inácio Lula da Silva (Parti des travailleurs, PT), Dilma Rousseff (PT) et l’actuel président Michel Temer (PMDB). Parmi les gouverneurs, ou ex-gouverneurs, on trouve José Serra et Geraldo Alckmin, de l’État de São Paulo, ainsi qu’Aécio Neves, de l’État du Minas Gerais, tous trois du Parti de la social-démocratie brésilienne [et tous trois candidats à la nomination de leur parti pour la prochaine présidentielle].

    http://zh.clicrbs.com.br/rs/noticias/noticia/2017/01/executivos-da-odebrecht-delataram-229-politicos-9374797.html

    in. #cdp http://www.monde-diplomatique.fr/2017/02/A/57091 #st

    http://zinc.mondediplo.net/messages/49668 via Le Monde diplomatique

  • L’Amérique d’abord

    Dans un article de la New York Review of Books, Mark Danner rappelle un texte publié par M. Donald Trump en 1987, sous la forme d’une publicité pleine page parue dans trois grands quotidiens américains. Le candidat républicain y développait certains de ses thèmes actuels.

    Pendant des décennies, [écrivait M. Trump] le Japon et d’autres nations ont profité des États-Unis. Cette histoire continue puisque nous défendons le golfe Persique, une région d’une importance marginale pour l’approvisionnement en pétrole des États-Unis, mais dont le Japon et plusieurs pays sont totalement dépendants. Pourquoi ces États ne versent-ils pas de l’argent aux États-Unis en compensation des vies humaines et des milliards de dollars que nous perdons pour défendre leurs intérêts ? (…) Le monde rit des politiciens américains parce que nous protégeons des navires que nous ne possédons pas, et que nous transportons du pétrole dont nous n’avons pas besoin.

    http://www.nybooks.com/articles/2016/05/26/the-magic-of-donald-trump

    #cdp #st

    http://zinc.mondediplo.net/messages/33627 via Le Monde diplomatique

  • Pékin veut tourner la page

    Sous le titre « La société rejette fermement la Révolution culturelle » , un éditorial du Global Times repris par Le Quotidien du peuple, deux journaux officiels chinois, rappelle que le Parti communiste a tranché cette question et n’entend pas ouvrir de débat.

    Des discussions ont émergé sur Internet. Cette décennie de chaos intérieur a été une grande catastrophe, il est normal que les gens en parlent à l’occasion de son 50e anniversaire. (…) Nous pouvons dire que le retour d’une telle révolution n’est ni possible ni souhaitable. Il n’y a aucune place pour cela dans la Chine d’aujourd’hui.

    http://www.globaltimes.cn/content/983375.shtml

    #cdp #st

    http://zinc.mondediplo.net/messages/33628 via Le Monde diplomatique

  • Corbynophobie

    La British Broadcasting Corporation (BBC) a-t-elle cédé à des pressions politiques qui l’incitaient à présenter le Parti travailliste et son dirigeant Jeremy Corbyn sous un jour défavorable ? C’est ce qu’affirme un ancien président de son autorité de tutelle.

    Sir Michael Lyons, qui a dirigé le BBC Trust de 2007 à 2011 et qui a conseillé le Labour, a affirmé qu’il y avait eu « des attaques tout à fait extraordinaires contre le dirigeant élu du Parti travailliste ». Interrogé dans l’émission de la BBC « The world at one », il a poursuivi : « Je peux comprendre l’inquiétude des gens qui se demandent si certaines des voix éditoriales les plus éminentes de la BBC n’ont pas perdu leur impartialité à ce sujet. (...) Le processus de révision de la charte de la BBC a été un théâtre de marionnettes. Si nul n’a vu le ministre de la culture et de la communication en manipuler les fils, tout laisse à penser qu’il s’agit de gens très proches de lui. (...) La BBC est-elle assez solide pour résister à ce défi à son intégrité et son impartialité ? »

    http://www.theguardian.com/media/2016/may/12/bbc-bias-labour-sir-michael-lyons

    #cdp #st

    http://zinc.mondediplo.net/messages/33629 via Le Monde diplomatique

  • Chasse à l’homme

    Dans une revue scientifique britannique (Futures, avril-mai 2016), un spécialiste du tourisme imagine à quoi pourraient ressembler les loisirs à l’avenir. The Daily Mirror résume ici son argumentation.

    La chasse à l’humain pourrait devenir un marché juteux, centré sur les super-riches, d’ici cent ans ; et en 2200, cette activité pourrait même être retransmise à la télévision (...). Cette prédiction cauchemardesque nous vient de Daniel Wright, un professeur de tourisme à l’université du Lancashire central. Il anticipe un monde surpeuplé, ravagé par les désastres économiques et écologiques, et traversé par un fossé sans précédent entre les riches et les pauvres.

    http://www.mirror.co.uk/news/weird-news/hunting-humans-set-become-big-8244649

    #cdp #st

    http://zinc.mondediplo.net/messages/33630 via Le Monde diplomatique

  • Le sucre fait maigrir

    Le sucre a mauvaise réputation. De nombreuses études sérieuses l’accusent de favoriser le diabète, l’obésité, les maladies cardio-vasculaires. Depuis quinze ans, les Américains en consomment de moins en moins. Pour redorer son image, les industriels du bonbon financent donc leurs propres recherches.

    En partie financée par l’Association nationale des confiseurs, une équipe de professeurs de l’université de Louisiane et du collège de médecine de Baylor au Texas — auxquels était associé un ancien dirigeant de Kellogg’s devenu consultant — a conclu que les enfants qui mangent régulièrement des bonbons avaient tendance à être moins gros que les enfants qui n’en mangent pas. Une journaliste de l’agence Associated Press a pu consulter les courriels envoyés par l’un des professeurs à ses collègues. Il qualifie leur recherche de « maigre et clairement bidonnée ». Même si leur texte affirme que « les financeurs n’ont joué aucun rôle dans la construction, l’analyse et l’écriture de ce manuscrit », l’un des courriels révèle que « l’Association nationale des confiseurs a fait un certain nombre de suggestions ». « Tu verras, j’ai pris en compte la plupart de leurs commentaires, mais pas tous », indique le chercheur.

    http://www.motherjones.com/environment/2016/06/big-sugar-has-sweet-tooth-friendly-science

    #cdp #st

    http://zinc.mondediplo.net/messages/33632 via Le Monde diplomatique

  • Mort aux pauvres !

    Dans la très conservatrice National Review, Kevin Williamson déplore le succès de M. Donald Trump auprès des Blancs pauvres et livre sa vision des populations déshéritées des Etats-Unis.

    [Le responsable,] ce n’est pas Pékin, ni Washington — quels que soient leurs torts. Ce ne sont pas non plus les immigrés mexicains, même si le niveau d’immigration est excessif et problématique. Ce n’est rien de tout cela. Rien ne leur est arrivé ; ils n’ont essuyé aucun désastre horrible, ni la guerre, ni la famine, ni la peste, ni une occupation étrangère. Même les transformations économiques des dernières décennies n’apportent qu’une très faible explication aux dysfonctionnements, à la négligence et à l’incompréhensible méchanceté de l’Amérique blanche pauvre. (...) La vérité est que ces communautés détraquées et déclinantes méritent de mourir. Economiquement, ce sont des actifs négatifs. Moralement, elles sont indéfendables.

    http://www.nationalreview.com/article/432876/donald-trump-white-working-class-dysfunction-real-opportunity-needed #st #cdp

    http://zinc.mondediplo.net/messages/25476 via Le Monde diplomatique

  • Déclin

    The Nation relate longuement, exemples à l’appui, la chute sociale des journalistes d’âge mûr, licenciés parce qu’ils coûtent trop cher et que leur type d’enquête ne correspond plus à ce que recherchent les propriétaires de médias.

    Hilary Abramson a écrit le premier grand portrait de Rush Limbaugh, quand il n’était qu’un présentateur de radio locale. (...) A 70 ans, Abramson est désormais pigiste. Un magazine lui a demandé une enquête. Lorsque le contrat lui est parvenu, après plusieurs mois de travail, il précisait qu’elle « assumerait tous les risques » [liés à ses révélations]. Le rédacteur en chef lui a expliqué qu’il s’agissait d’une nouvelle politique de la publication, imaginée par ses avocats. « J’enquêtais sur un sujet très controversé, qui pouvait susciter la colère d’une organisation aux poches très profondes. J’ai dû abandonner. J’avais travaillé pour rien. »

    http://www.thenation.com/article/these-journalists-dedicated-their-lives-to-telling-other-peoples-stories #st #cdp

    http://zinc.mondediplo.net/messages/25477 via Le Monde diplomatique

  • Pacte

    Depuis le coup d’Etat militaire en Thaïlande en mai 2014, le régime s’enfonce dans une logique autoritaire, analyse Asialyst, qui interroge deux spécialistes, dont l’universitaire Pavin Chachavalpongpun. Risquant d’être accusé de « lèse-majesté », celui-ci est contraint à l’exil (6 avril 2016).

    Les élites vont conclure une sorte de pacte avec [le futur roi] et les militaires : leur silence en échange de la promesse de conserver leurs privilèges. (...) Les militaires veulent contrôler la vie politique, sur le long terme aussi. (...) Il leur faut donc endiguer le processus démocratique.

    https://asialyst.com/fr/2016/04/08/la-thailande-dans-l-impasse-autoritaire #st #cdp

    http://zinc.mondediplo.net/messages/25478 via Le Monde diplomatique

  • Rencontre

    La rencontre à Alger de M. Manuel Valls avec un Abdelaziz Bouteflika très diminué a été mal vécue par la presse algérienne, comme le relate le directeur éditorial du Huffington Post Algérie.

    « Voir tout cela avec détachement. Se dire qu’on parle d’un autre pays... » C’est la méthode, froide, suggérée par un ami devant les commentaires cruels de certains médias français au sujet de l’état de santé du président Abdelaziz Bouteflika. Les images de sa rencontre avec le premier ministre français, Manuels Valls, ont été l’occasion pour des médias français d’avoir leur « vengeance » après le refus de visa infligé au journal Le Monde pour sa « une » erronée associant directement le président algérien aux « Panama papers ». Le problème est qu’il est difficile de voir tout cela avec détachement, de se dire que l’on parle d’un autre pays que l’Algérie. C’est notre pays, et ces commentaires jubilatoires, cruels, indécents parfois, nous heurtent et nous mettent dans un état de perturbation extrême. (...) La compassion pour un homme amoindri se double aussi d’une colère à l’égard de ceux qui détiennent les leviers du régime et qui lui infligent « cela », et qui nous l’infligent, à nous aussi. L’Algérie est — on le ressent, au-delà de la colère et de la sidération, au-delà du dégoût que nous inspirent certains cocoricos vengeurs faciles de certains médias français — dans une épouvantable situation de fin de régime.

    http://www.huffpostmaghreb.com/said-djaafer/bouteflika-sante-4eme-mandat_b_9667450.html #st #cdp

    http://zinc.mondediplo.net/messages/25479 via Le Monde diplomatique

  • Laissez-passer

    Un article de la London Review of Books compare les formulaires de demande de visa de plusieurs Etats.

    Le Pakistan requiert que l’on fournisse un « signe distinctif », son groupe sanguin, sa confession et son dossier militaire. La Birmanie opte pour l’autoportrait : chacun doit donner la couleur de ses cheveux, celle de ses yeux, sa taille et sa couleur de peau. La République démocratique du Congo [RDC] exige qu’on prouve sa « bonne moralité » et qu’on démontre que son hôte en RDC est bien une « personne physique ou morale ». Le Japon est particulièrement soucieux de savoir si le candidat consomme de la marijuana, de l’opium ou d’autres stupéfiants. La Papouasie-Nouvelle-Guinée, qui met des visas spéciaux à la disposition des propriétaires de yacht, des comédiens et des groupes de gospel, demande un « certificat de bonne santé », une radiographie des poumons, un test de dépistage du VIH [virus de l’immunodéficience humaine] et un certificat de moralité « émis par les autorités de police locales ». La Chine souhaite savoir si vous souffrez de « déséquilibre psychologique sévère » ou de tuberculose pulmonaire (...). La quasi-totalité des pays se montrent curieux d’éventuels antécédents dans le domaine de la prostitution ou du commerce du sexe, mais pas la Thaïlande. (...) La perle demeure le formulaire pour l’obtention d’un visa américain. Il s’intéresse à la stérilisation forcée, à la prostitution, aux maladies contagieuses, à la polygamie, aux « turpitudes morales », à l’espionnage, (...) à la torture (une pratique dégradante dont chacun sait que les Etats-Unis la condamnent), au terrorisme physique ou rhétorique. Et, oui, la question relative à une adhésion au Parti communiste y figure toujours.

    http://www.lrb.co.uk/v38/n05/frances-stonorsaunders/where-on-earth-are-you #cdp #st

    http://zinc.mondediplo.net/messages/22410 via Le Monde diplomatique

  • Recyclage

    Le site d’information El Diario s’est intéressé à ce que devenaient les ministres espagnols après avoir quitté leurs fonctions.

    Depuis 1977 [date des premières élections générales après la dictature du général Francisco Franco], 40~% des ministres ont rejoint des conseils d’administration et des directions d’entreprises privées (...). Le phénomène s’observe pour chaque gouvernement depuis la législature constituante. Pour 49%, les ministres des exécutifs conduits par l’Union du centre démocratique (UCD), présidés par Adolfo Suárez (1977-1981) et Leopoldo Calvo-Sotelo (1981-1982), sont passés au secteur privé. Le même pourcentage, 49~%, des ministres choisis par Felipe González (1982-1996) ont été recrutés par de grandes entreprises. C’est aussi le cas de plus de la moitié (51~%) des ministres de José María Aznar (1996-2004). Les titulaires de portefeuilles ministériels du gouvernement de José Luis Rodríguez Zapatero (2004-2011) ne sont en revanche que 23~% à avoir rejoint de grandes entreprises espagnoles ou internationales. Mais il faut prendre en compte le fait qu’ils ont eu moins de temps que les autres pour opérer leur passage au secteur privé.

    http://www.eldiario.es/economia/ministros-democracia-pasado-sector-privado_0_494501429.html #cdp #st

    http://zinc.mondediplo.net/messages/22411 via Le Monde diplomatique

  • Protection mafieuse

    Et si la Mafia constituait le meilleur rempart contre le terrorisme en Italie ?, s’interroge le site américain The Daily Beast.

    Un Ghanéen, membre repenti de EYE, la mafia nigériane de Castel Volturno, (...) raconte qu’un combattant de l’Organisation de l’Etat islamique (#OEI) qu’il avait rencontré lors d’un séjour en Libye l’a contacté pour un voyage de reconnaissance en Italie. Le terroriste lui a demandé d’organiser des visites à Milan et à Rome afin de prendre des photographies de lieux pouvant servir de cibles. Les malfrats du groupe EYE étaient ravis de fournir des plans et un appareil photographique. Mais, juste avant l’arrivée de l’homme de l’OEI, la Camorra a mis un terme à ce projet. (...) Et la protection ainsi assurée par la Mafia ne se limite pas à l’Italie. « Le monde est devenu dangereux, explique Giovanni Gambino, fils d’un baron sicilien du crime, mais les gens qui vivent dans des quartiers de New York où la population sicilienne est nombreuse peuvent se sentir en sécurité. Nous nous assurons que nos amis et nos familles sont protégés contre les extrémistes et les terroristes, en particulier contre la brutale et psychopathe Organisation de l’Etat islamique. La Mafia a mauvaise réputation, mais c’est largement injustifié. Comme toute chose dans la vie, il y a en son sein du bon et du mauvais. L’émergence du terrorisme mondialisé lui donne une chance de montrer ses bons côtés. »

    http://www.thedailybeast.com/articles/2015/12/11/is-the-mafia-saving-italy-from-isis-or-just-profiting-from-them.html

    #mafia #terrorisme #Italie #st #cdp

    http://zinc.mondediplo.net/messages/15083 via Le Monde diplomatique

  • Pensionnats

    Créée en 2008 pour enquêter sur les « pensionnats autochtones » qui ont existé pendant cent trente ans au #Canada et dont le dernier a fermé en 1996, la Commission de vérité et réconciliation vient de rendre son rapport final.

    Plus de trois~mille #enfants et #adolescents indiens sont morts dans les pensionnats autochtones, et beaucoup ont été enterrés dans des tombes anonymes. Ceux qui avaient le pouvoir d’empêcher ces décès n’ont rien fait. (...) Le rapport décrit l’effet domino engendré par l’absence de lois encadrant ces écoles, majoritairement dirigées par des Eglises et financées par l’Etat canadien. Comme il n’existait aucune règle en la matière, les pensionnaires étaient souvent sous-alimentés. Cela augmentait leur vulnérabilité face aux maladies infectieuses, dont la propagation était également favorisée par la surpopulation.

    http://www.thestar.com/news/canada/2015/12/15/truth-and-reconciliation-commissions-report-details-deaths-of-3201-children

    #cdp #st

    http://zinc.mondediplo.net/messages/15084 via Le Monde diplomatique

  • Homard à l’américaine

    Mets raffinés et coûteux, huîtres et homards n’ont pas toujours bénéficié de cette réputation, comme le rappelle Tim Hayward dans le Financial Times.

    La capacité des huîtres et des homards à survivre hors de l’eau signifiait que l’on pouvait les acheminer loin à l’intérieur des terres et y distribuer ainsi des #protéines d’une fraîcheur revigorante, bien avant que la réfrigération rende cela possible pour d’autres types de produits marins. C’est pourquoi ils étaient souvent considérés comme une #nourriture de pauvres, notamment dans les villes industrielles. Au XIXe siècle, dans plusieurs Etats côtiers américains, les directeurs de prison avaient l’interdiction de les mettre au menu des détenus tous les jours de la semaine. Pareil traitement eût été considéré comme cruel.

    http://www.ft.com/cms/s/0/b3e6f2fa-8eb6-11e5-8be4-3506bf20cc2b.html

    #cdp #st

    http://zinc.mondediplo.net/messages/15085 via Le Monde diplomatique

  • Divorcées japonaises

    D’après le quotidien Asahi Shimbun, le gouvernement japonais s’apprête à réviser une disposition qui pénalise depuis plus d’un siècle les femmes divorcées.

    La Cour suprême a déclaré inconstitutionnelle la clause qui exige des #femmes qu’elles attendent six mois avant de se remarier après un divorce. (...) Cette règle fut instaurée pendant l’ère Meiji (1868-1912) afin de prévenir les querelles de paternité en cas de naissance peu après un divorce.

    http://ajw.asahi.com/article/views/editorial/AJ201511070022

    #Japon #cdp #st

    http://zinc.mondediplo.net/messages/15086 via Le Monde diplomatique

    • C’est plus vraiment un scoop. Ca a rempli tous les journaux pendant un moment, ça et l’histoire d’autoriser les femmes à garder leur nom de jeune fille (chose à laquelle le premier ministre s’était opposé à coups d’arguments réacs totalement surréalistes... enfin japonais quoi). Finalement ces six mois ont été raccourcis à trois mois je crois.

    • Tu veux dire que les japonaises devront attendre trois mois pour se remarier ? C’est une mesure politique pour couper la poire en deux, moitié de sexisme ancien / moitié de sexisme nouveau, ça n’est jamais que totalement sexiste et lâche.

      #japon #sexisme

    • En fait, la réduction du délai est motivée non par l’idée de rendre leur corps aux femmes mais par la possibilité technologique de prouver la paternité. #berk #machisme

      However, as medical science has progressed greatly since those bygone days, there is now a reliable scientific means to determine parentage. The rule that requires only women to wait for as long as half a year before they can marry again after they get a divorce clearly contravenes the principle of equality of the sexes.

      #ventre_des_femmes

  • Officiel : Merkel à la recherche de psychologues | Merkel, acte III
    http://allemagne.blog.lemonde.fr/2014/08/28/officiel-merkel-a-la-recherche-de-psychologues

    C’est le quotidien Bild qui, en début de semaine, a levé le lièvre. La rigueur budgétaire à l’honneur en Allemagne n’empêche pas la chancellerie de continuer à recruter. Et pas n’importe qui : des experts comportementalistes.

    Le département politique de la chancellerie a en effet passé une petite annonce pour recruter trois spécialistes, en psychologie, en anthropologie et en #économie_comportementale. L’idée est de créer au sein du département politique un groupe-projet baptisé « gouverner efficacement ». "De nouvelles approches politiques seront pensées et testées dans un groupe interdisciplinaire", précise l’annonce.

    Renseignement pris, Angela Merkel s’inspire à son tour du best-seller américain #Nudge, publié en 2008 par l’économiste Richard Thaler et le juriste Cass Sunstein et paru en français avec le sous-titre « la méthode douce pour inspirer la bonne décision ».

    #cdp

    http://www.laviedesidees.fr/Nudge-ou-le-paternalisme.html
    http://www.touteconomie.org/jeco/137_505.pdf

    Pire que l’autre, la nouvelle science économique
    http://www.monde-diplomatique.fr/2013/07/RAIM/49330

  • Chilean #Football club sparks Israeli outrage with pro-Palestinian uniform
    http://english.al-akhbar.com/content/chilean-football-club-sparks-israeli-outrage-pro-palestinian-unif

    A Chilean football club has sparked debate over its new jerseys, in which the number “1” is replaced by an outline of pre-1948 #Palestine, angering #Israel which demanded the uniform’s removal, local media reported. Club Deportivo Palestino, a first division football club created in 1920 by Palestinian immigrants, revealed on Saturday its 2014 uniform, on which the geographical outline of Palestine can be seen. read more

    #CDPalestino #Chile #Top_News

  • Il hésite pas le responsable de l’#innovation chez BMW

    Car Factories Turn Robots And Humans Into Co-Workers : The Two-Way : NPR
    http://www.npr.org/blogs/thetwo-way/2013/09/17/223490915/car-factories-turn-robots-and-humans-into-co-workers


    BMW says the plan isn’t to replace people on the assembly line, but instead to help them work at an older age.

    “Our workers are getting older,” BMW’s head of innovation, Stefan Bartscher, tells Technology Review. "The retirement age in Germany just rose from 65 to 67, and I’m pretty sure when I retire it’ll be 72 or something. We actually need something to compensate and keep our workforce healthy, and keep them in labor for a long time. We want to get the robots to support the humans."

    #travail #robotisation #retraites #cdp