Un chevrier qui fait des émules | Les pieds sur terre - Inès Léraud
▻https://www.radiofrance.fr/franceculture/podcasts/les-pieds-sur-terre/un-chevrier-qui-fait-des-emules-9647200
En 2019, Jean-Yves Ruelloux, chevrier en centre-Bretagne, racontait la façon dont il menait son troupeau en #lactation_longue, méthode permettant de ne pas faire naître de chevreaux, de se passer de l’abattoir et de vivre avec ses bêtes jusqu’à leur belle mort. Son témoignage en a inspiré plus d’un.
]]>A Bagnolet, la bergerie qui ne voulait pas transhumer | L’Humanité
▻https://www.humanite.fr/bagnolet-la-bergerie-qui-ne-voulait-pas-transhumer-711859
Rien n’y fait : entre refus de se laisser apprivoiser et crainte de donner du ressort à la gentrification qui pèse sur la ville, les protagonistes s’accrochent à leur carré de ferme. « En dix ans notre sens critique sur la rénovation urbaine s’est aiguisé », reprend Gilles Amar. « Les projets de jardins partagés tels que les voient les villes visent tous le même modèle, productif, propret, squatté par quelques-uns », poursuit le jardinier. « Nous n’avons pas voulu de cela, mais d’un bordel constructif. Ici, c’est le jardin des habitants. Ici, c’est la branche jardinage du hip-hop. »
Surtout, les plans de la nouvelle école, un bâtiment tout en verre et béton prévu sur trois étages, ne siéent ni au berger, ni aux parents d’élèves. « Rien n’est à la dimension d’une école maternelle », assure Sabrina, leur représentante. « L’infrastructure va coûter cher à entretenir et l’encadrement va manquer pour couvrir une telle surface. »
Épaulée d’une architecte, Sors de Terre avance aujourd’hui un projet alternatif. Moins lourd et tout en bois, il serait plus ouvert sur la rue et jouerait avec l’existant plutôt que contre lui.
]]>Tous chasseurs cueilleurs !
▻https://www.franceinter.fr/emissions/comme-un-bruit-qui-court/comme-un-bruit-qui-court-08-juin-2019
Quand la civilisation menace l’#environnement... retour à la chasse et la cueillette. Entretien avec James C. Scott autour de son livre "#HomoDomesticus, une histoire profonde des premiers Etats".
On a tous en tête des souvenirs d’école sur les débuts de l’Histoire avec un grand H. Quelque part entre le Tigre et l’Euphrate il y a 10 000 ans, des chasseurs-cueilleurs se sont peu à peu sédentarisés en domestiquant les plantes et les animaux, inventant dans la foulée l’#agriculture, l’écriture et les premiers Etats. C’était l’aube de la #civilisation et le début de la marche forcée vers le #progrès.
Cette histoire, #JamesScott, anthropologue anarchiste et professeur de sciences politiques, l’a enseignée pendant des années à ses élèves de l’Université de Yale. Mais les découvertes archéologiques dans l’actuel Irak des dernières années l’ont amené à réviser complètement ce « storytelling » du commencement des sociétés humaines, et par là même remettre en question notre rapport au monde dans son dernier livre : Homo Domesticus, une histoire profonde des premiers Etats (Ed. La Découverte).
Alors même que climat et biodiversité sont aujourd’hui plus que jamais menacés par les activités humaines, James C. Scott propose de réévaluer l’intérêt des sociétés d’avant l’Etat et l’agriculture. Car ces chasseurs-cueilleurs semi-nomades ont longtemps résisté face aux civilisations agraires, basées sur les céréales et qui, en domestiquant le monde, se sont domestiqués eux-mêmes, en appauvrissant leur connaissance du monde.
Un reportage de Giv Anquetil.
Les liens
James C. Scott : « Le monde des chasseurs-cueilleurs était un monde enchanté » (Le grand entretien) par Jean-Christophe Cavallin, Diakritik
Plutôt couler en beauté que flotter sans grâce, Réflexions sur l’effondrement, Corinne Morel Darleux, Editions Libertalia
"Amador Rojas invite Karime Amaya" Chapiteau du Cirque Romanès - Paris 16, Paris. Prochaine séance le vendredi 14 juin à 20h.
Homo Domesticus, une histoire profonde des premiers Etats, James C. Scott (Editions La Découverte)
Eloge des chasseurs-cueilleurs, revue Books (mai 2019).
HOMO DOMESTICUS - JAMES C. SCOTT Une Histoire profonde des premiers États [Fiche de lecture], Lundi matin
Bibliographie de l’association Deep Green Resistance
Programmation musicale
"Mesopotamia"- B52’s
"Cholera" - El Rego et ses commandos
Il racconto dell’omicidio di #Agitu_Ideo_Gudeta evidenzia il razzismo democratico dei media italiani
L’imprenditrice #Agitu Ideo Gudeta è stata uccisa il 29 dicembre nella sua casa a #Frassilongo, in provincia di Trento. Da subito si è ipotizzato si trattasse dell’ennesimo femminicidio (72 donne dall’inizio del 2020), anche in ragione del fatto che in passato la donna era stata costretta a querelare un uomo per #stalking. In quell’occasione Gudeta aveva chiesto di considerare l’aggravante razziale, dato che l’uomo, un vicino di casa, la chiamava ripetutamente “negra”, ma il giudice aveva respinto la richiesta del suo avvocato. Il giorno successivo all’omicidio, il suo dipendente #Adams_Suleimani, – un uomo ghanese di 32 anni – ha confessato il crimine, aggravato dal fatto che l’ha violentata mentre era agonizzante. Il movente sarebbe un mancato pagamento.
Gudeta era nata ad Addis Abeba, in Etiopia, 42 anni fa. Non era più una “ragazza”, come hanno scritto alcune testate. La sua prima permanenza in Italia risale a quando aveva 18 anni, per studiare nella facoltà di Sociologia di Trento. Era poi tornata in Etiopia, ma nel 2010 l’instabilità del Paese l’ha costretta a tornare in Italia. Nello Stato africano si è interrotto solo pochi giorni fa il conflitto tra il Fronte di Liberazione del Tigré e il governo centrale etiope – i tigrini sono una minoranza nel Paese, ma hanno governato per oltre trent’anni senza far cessare gli scontri tra etnie – cha ha causato violazioni dei diritti umani, massacri di centinaia di civili e una grave crisi umanitaria.
Proprio le minacce dei miliziani del Fronte di Liberazione avevano spinto Agitu Ideo Gudeta a tornare in Italia. La donna aveva infatti denunciato le politiche di #land_grabbing, ossia l’accaparramento delle terre da parte di aziende o governi di altri Paesi senza il consenso delle comunità che le abitano o che le utilizzano per mantenersi. Per questo motivo il governo italiano le ha riconosciuto lo status di rifugiata. In Trentino, dove si era trasferita in pianta stabile, ha portato avanti il suo impegno per il rispetto della natura, avviando un allevamento di ovini di razza pezzata mochena, una specie autoctona a rischio estinzione, e recuperando alcuni ettari di terreni in stato di abbandono.
Il caseificio che aveva aperto rivelava già dal nome – La capra felice – il suo credo ambientalista e il suo antispecismo, ricevendo riconoscimenti da Slow Food e da Legambiente per l’impegno promosso con la sua azienda e il suo negozio. Agitu Ideo Gudeta era un nome noto nel movimento antirazzista italiano, ma oggi viene usata – persino dai Verdi – per presentare il Trentino come terra di accoglienza, in un tentativo di nascondere la xenofobia di cui era oggetto. Le origini della donna e del suo assassino stupratore sono sottolineate da tutti e precedono la narrazione della violenza, mettendola in secondo piano, salvo evidenziarla in relazione alla provenienza dell’omicida, che per una volta non è un italiano, né un compagno o un parente.
Alla “ragazza” è stata affibbiata in tutta fretta una narrazione comune a quella che caratterizza altre donne mediaticamente esposte, come le attiviste Greta Thunberg e Carola Rackete, la cooperante Aisha Romano o la giornalista Giovanna Botteri, basata su giudizi e attacchi basati perlopiù su fattori estetici. Razzismo, sessismo e classismo si mescolano in questa storia in cui la violenza – quella del vicino di casa, quella del suo assassino, quella del governo etiope – rischiano di rimanere sullo sfondo, in favore del Grande gioco dell’integrazione. A guidarlo è come sempre un trionfalismo tipico dei white saviour (secondo una definizione dello storico Teju Cole del 2012), come se esistesse un colonialismo rispettabile: insomma, in nome della tolleranza, noi italiani doc abbiamo concesso alla donna un riparo da un Paese povero, di una povertà che riteniamo irrimediabile. Usiamo ormai d’abitudine degli automatismi e un lessico che Giuseppe Faso ha definito razzismo democratico, in cui si oppongono acriticamente migranti meritevoli a migranti immeritevoli, un dualismo che sa vedere solo “risorse” o “minacce all’identità nazionale”.
Così il protagonismo di Agitu Ideo Gudeta viene improvvisamente premiato, trasformando lei in una migrante-eroina e il suo aguzzino nel solito stupratore non bianco, funzionale solo al “Prima gli italiani”. Ma parlare di Agitu Ideo Gudeta in termini di “integrazione” è un insulto alla sua memoria. Considerarla un simbolo in questo senso conferma che per molti una rifugiata sarà rifugiata per sempre e che una “migrante” non è altro che una migrante. La nostra stampa l’ha fatto, suggerendo di dividere gli immigrati in buoni e cattivi, decorosi e indecorosi, e trattando i lettori come se fossero tutti incapaci di accogliere riflessioni più approfondite.
Parallelamente però, un governo che come i precedenti accantona la proposta di legge sulla cittadinanza favorisce un racconto privo di sfumature, che rifiuta in nome di una supposta complessità non affrontabile nello sviscerare questo tema. Forse se avessimo una legge sulla cittadinanza al passo con i tempi, e non una serie di norme che escludono gli italiani di seconda generazione e i migranti, potremmo far finalmente progredire il ragionamento sulla cosiddetta convivenza e sulla coesione sociale ed esprimerci con termini più adeguati. Soprattutto chi è stato in piazza a gridare “Black Lives Matter”, “I can’t breathe” e “Say Their Names” oggi dovrebbe pretendere che la notizia di questo femminicidio venga data diversamente: in Trentino una donna di nome Agitu Ideo Gudeta è stata uccisa e violentata. Era diventata un’imprenditrice di successo nel settore caseario dopo essersi opposta alle politiche di land grabbing in Etiopia. Era un’attivista e un’ambientalista molto conosciuta. Mancherà alla sua comunità.
▻https://thevision.com/attualita/agitu-gudeta-razzismo
#féminicide #racisme #Italie #meurtre #femmes #intersectionnalité #viol #réfugiés #accaparement_des_terres #Trentin #éleveuse #élevage #Pezzata_Mòchena #chèvrerie #chèvres #La_capra_felice #xénophobie
#white_saviour #racisme_démocratique
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Le site web de la #fromagerie de Agitu Ideo Gudet :
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NB :
Grâce à une amie qui connaissait Agitu je viens de connaître une autre facette de cette histoire. Un drame dans le drame, dont je ne peux/veux pas parler ici.
Après un mois de #confinement, on en est rendu à regarder des vidéos de #chèvres qui crient comme des humains, et c’est très rigolo :
▻https://www.youtube.com/watch?v=jqjLdeC0tec
La glorieuse armée israélienne se livre une nouvelle fois à son activité préférée : le vol de moutons libanais après avoir tenté sans succès d’enlever le berger. Mais cette fois, je crois qu’ils ont essayé de battre un record…
Israeli army snatches hundreds of goats from south Lebanon
▻http://www.dailystar.com.lb/News/Lebanon-News/2016/Jul-06/360837-israeli-army-snatches-hundreds-of-goats-from-south-lebanon.ashx
Israeli forces Wednesday snatched more than 400 goats from a south Lebanon border village after failing to kidnap the shepherd, state media said.
]]>Flüchtlinge sollen «Geissenpeter» werden
Asylsuchende in Graubünden sollen zu Ziegenhirten ausgebildet werden. In einem Pilotprojekt wollen kirchliche Kreise und das Kloster in #Cazis Flüchtlingen die moderne Ziegenhaltung in der Schweiz zeigen. Einsätze auf Ziegenalpen sind eine Option.
▻http://www.blick.ch/news/schweiz/graubuenden/pilot-projekt-in-graubuenden-fluechtlinge-sollen-geissenpeter-werden-id3444519
#réfugiés #travail #asile #migrations #alpage #montagne #chèvres #berger #projet-pilote #élevage
Goats Better Than Chemicals For Curbing Invasive Marsh Grass | Duke Environment
▻https://nicholas.duke.edu/news/goats-better-chemicals-curbing-invasive-marsh-grass
DURHAM, N.C. — Herbivores, not herbicides, may be the most effective way to combat the spread of one of the most invasive plants now threatening East Coast salt marshes, a new Duke University-led study finds.
Phragmites australis, or the common reed, is a rapid colonizer that has overrun many coastal wetlands from New England to the Southeast. A non-native perennial, it can form dense stands of grass up to 10 feet high that block valuable shoreline views of the water, kill off native grasses, and alter marsh function.
Land managers traditionally have used chemical herbicides to slow phragmites’ spread but with only limited and temporary success.
Now, field experiments by researchers at Duke and six other U.S. and European universities have identified a more sustainable, low-cost alternative: goats.
]]>Une #carte de toutes les #chèvres aux #USA
►http://www.washingtonpost.com/blogs/wonkblog/wp/2015/01/12/map-literally-every-goat-in-the-united-states