• Il ricatto europeo targato #Frontex sui rimpatri “volontari” dei migranti

    In sei anni il numero di persone straniere a cui l’Agenzia ha dato supporto per “ritornare” è aumentato del 2.181%. Con un #budget superiore al miliardo di euro, le “divise blu” sono le vere protagoniste della politica europea sulle frontiere.

    “Giro per strada e mi vergogno. Tutti sanno che non ce l’ho fatta e che non sono riuscito a restituire neanche i soldi necessari per pagare il mio viaggio per l’Europa”. Nuha sospira mentre descrive una quotidianità difficile a Sukuta, città del Gambia che dista una ventina di chilometri dalla capitale Banjul. “Non ho un lavoro stabile e anche se sono passati tanti anni spesso ripenso al giorno in cui sono stato rimpatriato -racconta-. Non avevo commesso nessun reato: solo una volta non ho pagato il biglietto dell’autobus ma sono tornato nel mio Paese con le manette ai polsi”.

    Era il novembre 2019 e dopo cinque anni vissuti tra Italia e Germania, Nuha è stato rimpatriato su un volo gestito da Frontex. Come lui, negli ultimi dieci anni, altri 1.158 cittadini gambiani sono tornati nel loro Paese con l’assistenza dell’Agenzia europea della guardia di frontiera e costiera, che nel 2025 ha superato per la prima volta dalla sua istituzione il miliardo di euro di budget.

    “Soffrono molto”, sottolinea Bakary Camara, direttore sanitario dell’ospedale psichiatrico Tanka Tanka che si trova proprio a Sukuta, nella città in cui vive Nuha. “Spesso vengono ricoverati qui per problemi di salute mentale e dipendenza da sostanze stupefacenti sviluppate in Europa. Non è facile ricominciare da capo”.

    Guardare dal Gambia l’ossessione europea per i rimpatri dei cittadini irregolari è particolarmente significativo. Da quando nel 2017 è finita la dittatura dell’ex presidente Yahya Jammeh, molti giovani hanno deciso di lasciare uno dei più piccoli Paesi del continente africano che conta 2,5 milioni di abitanti in poco più di 11mila chilometri quadrati.

    L’aumento dell’emigrazione ha avuto un effetto decisivo sull’economia di uno Stato che nel 2022 era al 174esimo posto su 191, secondo l’indice di sviluppo umano delle Nazioni Unite. I 513 milioni di dollari inviati nel 2023 dagli emigrati ai propri familiari dall’estero (le cosiddette rimesse) hanno coperto il 21,9% del Prodotto interno lordo del Paese. Una fetta fondamentale dell’economia.

    Anche per questo il presidente Adama Barrow è stato duramente contestato quando nel 2018 ha siglato un accordo con l’Unione europea in materia di rimpatri. “Quando una persona è deportata non si perdono solo i soldi che questa inviava alla famiglia -spiega Yahya Sonko, attivista gambiano che dal 2015 vive in Germania- ma anche lo sviluppo di realtà imprenditoriali in loco. Dall’Europa io garantisco lavoro a 15 persone nella mia città di origine”.

    Le proteste hanno costretto Barrow a un passo indietro e all’inizio di un braccio di ferro con le istituzioni europee che più volte, l’ultima a luglio 2024, hanno minacciato una stretta sul rilascio dei visti come punizione per la mancata cooperazione sui rimpatri. “Un ricatto inaccettabile e uno spreco di soldi per gli europei -osserva Sonko-. Rimandare indietro una persona costa tantissimo e non è detto che questa, una volta rientrata, non riparta. Una politica dannosa e inutile”. Una strategia che numericamente ha fallito.

    Prendiamo come esempio il terzo trimestre del 2024: in Europa su un totale di 112.055 persone che hanno ricevuto un cosiddetto “ordine di espulsione”, quelle poi effettivamente rimpatriate sono state 28.630. Uno ogni cinque. “Una percentuale troppo bassa”, ha sottolineato la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen nel presentare, a inizio marzo, il nuovo sistema comune di rimpatrio europeo che prevede procedure più snelle e che ha un protagonista indiscusso: Frontex.

    “Ricordo bene gli agenti che ci hanno accompagnato sull’aereo”, riprende Nuha. Sono quelli di Frontex, l’Agenzia guidata oggi dall’olandese Hans Leijtens che quest’anno celebra vent’anni di attività e si è vista destinare dalla Commissione europea la stratosferica cifra di 1,1 miliardi di euro, un budget che non ha eguali in istituzioni simili. Ad esempio, supera di ben 42 volte quello dell’Agenzia europea sulla cybersicurezza e dieci volte quello dell’Agenzia europea per l’ambiente.

    Di questa cifra monstre solo 2,5 milioni di euro vengono destinati alle attività relative ai diritti umani mentre ben 133 milioni ai rimpatri, con un aumento del 42% rispetto al 2024. “Nel nuovo Regolamento proposto dalla Commissione -spiega Silvia Carta, advocacy officer della Piattaforma per la cooperazione internazionale sui migranti senza documenti (Picum)- emerge chiaramente la centralità dell’Agenzia e si prevede un ulteriore aumento delle disponibilità di spesa per i rimpatri”. L’attività di Frontex in questo settore non è una novità.

    Fin dalla sua nascita, infatti, ha collaborato con gli Stati membri supportandoli con la copertura dei costi degli aerei e delle attività pre-partenza ma è con il nuovo regolamento del 2019 che si è ritagliata un ruolo sempre più importante. Grazie a maggiori possibilità di operare anche in Paesi terzi dell’Ue, attraverso agenti dislocati sul territorio, è diventata protagonista della delicata attività di cooperazione con le autorità locali.

    I problemi principali dei bassi numeri di rimpatri dall’Europa, infatti, oltre ai costi stratosferici (almeno quattromila euro a persona, solo per il noleggio dell’aereo, per l’espulsione di un cittadino dall’Italia alla “vicinissima” Tunisia) sono proprio gli accordi con gli Stati di origine: spesso, come si è visto nel caso del Gambia, questi sono restii ad accettarli.

    Così, per ovviare a questo problema, l’Agenzia con sede a Varsavia e le istituzioni europee puntano sempre di più sui cosiddetti rimpatri volontari che hanno almeno due vantaggi: non richiedono il coinvolgimento dei Paesi di origine perché la persona collabora e il viaggio costa meno perché avviene su un volo di linea. E infatti, oggi, più della metà delle persone che lasciano l’Europa lo fanno “volontariamente” e Frontex è sempre più protagonista.

    Dal 2019 l’Agenzia può aiutare i Paesi Ue anche sui rimpatri volontari assistiti e i dati dimostrano che la sua attività da quell’anno è esplosa. Si passa dalla collaborazione con nove Stati membri per 155 persone rimpatriate alle 35.637 (+2.181%) del 2024 da 26 Stati Ue diversi. Inoltre cresce tantissimo anche il numero dei Paesi di destinazione coinvolti nell’attività delle “divise blu” che oggi sono 117 contro i 41 di sei anni fa. In totale quindi Frontex supporta i rimpatri nel 74% degli Stati del mondo extra-Ue: se si guarda al continente africano mancano all’appello solo eSwatini e Malawi.

    “La strategia di Bruxelles su questa tipologia di rimpatri è ambigua. Il nuovo Regolamento prevede una stretta sui rientri volontari ma lascia la possibilità alle autorità nazionali di implementare forme di premialità per persone che ‘cooperano’ con la propria deportazione, accettando di partecipare a programmi di rimpatrio assistito -riprende Carta di Picum-. Una forma di ricatto che deriva dalla riduzione degli anni del divieto di reingresso sul territorio europeo e dal supporto economico”.

    Per Frontex questi aiuti avvengono nell’ambito del “Reintegration program” che garantisce un “supporto a breve termine” (615 euro per i rimpatri volontari, 205 per quelli forzati) e uno a “lungo termine” che prevede forme indirette di aiuto per un anno (dalla copertura dell’assistenza sanitaria alla possibilità di supporto nell’aprire un’attività) per un importo di duemila o mille euro, a seconda di rientro volontario o forzato per il richiedente principale, più mille per ogni familiare.

    Questa dote è gestita da sei Ong che sono state selezionate tramite bando pubblico per operare in 38 diversi Paesi del mondo: Caritas international Belgium, Women empowerment, literacy and development organization (Weldo), Irara, European technology and training centre (Ettc), Life makers foundation Egypt, Micado migration. Se nel 2022 i cittadini rimpatriati supportati all’interno di questo progetto erano 867, nel 2024 sono cresciuti del 1.362% (12.676): le principali nazionalità delle persone sono Turchia (2.750), Iraq (2.469), Georgia (1.472), Gambia (1.162), Nigeria (816), Pakistan (794) e Bangladesh (620).

    “Spesso queste forme di aiuto non sono efficaci per chi ritorna nel proprio Paese perché è molto problematico l’utilizzo dei fondi -chiarisce Rossella Marino, professoressa all’Università di Gent in Belgio che ha svolto un dottorato proprio sul tema dei progetti di reintegrazione in Gambia-. Sono estremamente utili però alle istituzioni europee perché descrivono attraverso una narrazione positiva e accettabile, ovvero aiutare le persone che rientrano, quello che è un approccio neocoloniale e che mira in definitiva al controllo della mobilità”. Marino sottolinea, infatti, come la “macchina” dei rimpatri coinvolga tantissimi attori sul campo. “Tutte attività che consolidano la presenza delle istituzioni europee su quel territorio ma soprattutto che aiutano a evitare la ripartenza di chi è rientrato. Questo processo avviene anche attraverso la digitalizzazione di tutte le informazioni”.

    Proprio con questo scopo è stata sviluppata la piattaforma digitale Reintegration assistance tool (Riat), finanziata dalla Commissione europea e implementata dal Centro internazionale per lo sviluppo delle politiche migratorie (Impcd), attraverso cui avviene un monitoraggio costante dei casi che accedono al programma di Frontex e viene migliorata la cooperazione degli Stati.

    C’è poi un enorme tema di responsabilità rispetto al ruolo di Frontex nei rimpatri. Tutto ruota attorno alla questione se le divise blu siano o meno responsabili di quello che avviene prima del rimpatrio. Che cosa succede ad esempio se il decreto di espulsione alla base del rimpatrio della persona è illegittimo? Chi ne risponde? Oppure se, nel caso della partenza volontaria, la persona non si trovava in una condizione adeguata per decidere liberamente? Questo aspetto è decisivo. “Frontex si fa forte del fatto che la responsabilità di tutto ciò che succede prima del rimpatrio ricade unicamente sullo Stato membro. Ma non è così -spiega Laura Salzano, docente di diritto dell’Ue dell’Università Ramon Llull di Barcellona che da anni si occupa di queste tematiche-. L’Agenzia deve valutare caso per caso se quella espulsione sia legittima o meno: glielo impone il suo stesso Regolamento all’articolo 80. O si cambiano le regole di ingaggio, oppure è così”.

    Tutto questo riguarda da vicino anche l’Italia. Il nostro Paese è il fanalino di coda in Europa, insieme alla Romania, per il numero di rimpatri volontari. In dieci anni (2015-2024), secondo i dati forniti dal ministero dell’Interno ad Altreconomia, sono state 4.059 le persone rimpatriate con questo programma per un totale di 35,5 milioni di euro investiti dal Viminale. Nel 2024 tutti i 290 casi di rimpatrio assistito, che riguardavano per il 42% persone in posizione di irregolarità, sono stati gestiti dall’Organizzazione internazionale per le migrazioni (Oim).

    Negli ultimi mesi, però, nei Centri di permanenza per il rimpatrio (Cpr) italiani crescono le testimonianze di chi racconta una forte pressione da parte degli operatori per accedere a quelle che vengono definite “partenze volontarie”. Un funzionario di Oim che preferisce mantenere l’anonimato ci conferma che l’organizzazione per cui lavora non attiva rimpatri volontari dal Cpr.

    A intervenire è Frontex con il suo “Reintegration program”, che ora sembra una priorità anche per l’Italia: tutto è gestito dalla questura che segue caso per caso segnalando a Varsavia coloro che accettano di lasciare subito il Paese. La longa manus dell’Agenzia è arrivata così anche nei centri di detenzione italiani. E chi lo sa, forse presto sbarcherà anche in Albania.

    “A sei anni di distanza -conclude Nuha- una delle cose che mi fa più male è non aver potuto abbracciare mia moglie e mia figlia prima di partire: mi hanno fatto uscire dal retro della stazione di polizia, lei ha provato a seguire la macchina ma l’hanno seminata. Piangeva, urlava e con lei anche la bambina. Questa è l’ultima immagine che ho dell’Europa”.

    https://altreconomia.it/il-ricatto-europeo-targato-frontex-sui-rimpatri-volontari-dei-migranti
    #retours_volontaires #renvois #expulsions #migrations #réfugiés #sans-papiers #Europe #EU #UE #politiques_migratoires #chiffres #statistiques #santé_mentale #toxicodépendance #Gambie #réfugiés_gambiens #visas #chantage #coût #coûts #réintégration #Reintegration_program #Caritas_international_Belgium #Women_empowerment_literacy_and_development_organization (#Weldo) #Irara #European_technology_and_training_centre (#Ettc) #Life_makers_foundation_Egypt #Micado_migration #Reintegration_assistance_tool (#Riat) #International_Centre_for_Migration_Policy_Development (#ICMPD)

  • #Sextape à #Saint-Étienne : le parquet requiert un #procès pour « chantage » contre le maire #Gaël_Perdriau
    https://www.mediapart.fr/journal/france/260325/sextape-saint-etienne-le-parquet-requiert-un-proces-pour-chantage-contre-l

    L’affaire porte sur des soupçons de #chantage exercé contre l’ancien premier adjoint Gilles Artigues, un rival potentiel du maire, filmé dans une chambre d’un hôtel parisien en janvier 2015, en train de se faire masser par un escort-boy. Une affaire révélée par Mediapart.

    La justice n’est pas tjs bien rapide, et bizarrement, ces lenteurs concernent souvent les mêmes.

    Novembre 2022 :
    https://seenthis.net/messages/980593
    https://seenthis.net/messages/981662

    Avril 2023 :
    https://seenthis.net/messages/998148

    Et donc, mars 2025, le parquet décide d’un procès. Alors que tout est connu et reconnu depuis fin 2022.

    D’une certaine façon, si on compare aux affaires Sarkozy, c’est presque rapide...

    • Vite fait, parce que ça pue tellement que ça asphyxie l’esprit, perdriau est resté depuis Président de Saint-Étienne Métropole et maire.
      Les trucs villes accolées à Métropole ça a été fait pour ce genre d’égos #visqueux.

  • Une #histoire de la polyphonie

    Dans ce premier épisode, Emmanuel Pesnot nous parle de trois rencontres fondamentales qui l’ont amené à se passionner pour le #chant et la polyphonie, remettant en cause la place centrale de la musique classique occidentale dans l’évolution des pratiques chorales.

    https://modal-media.com/une-histoire-de-la-polyphonie-episode-1
    #podcast #audio #polyphonie #musique #Terracanto #Emmanuel_Pesnot #chorale #choeur #musique_populaire

    ping @reka

  • https://www.lemonde.fr/m-le-mag/article/2025/01/19/pierre-ferracci-president-du-paris-fc-et-homme-d-affaires-tout-terrain_65048

    #Pierre_Ferracci, président du Paris FC et homme d’#affaires tout-terrain
    Par #Yann_Bouchez

    PORTRAIT Le président du modeste #club_de_football sera-t-il le premier dirigeant à pouvoir rivaliser avec le #PSG dans la capitale ? L’accord conclu à l’automne avec la #famille_Arnault lui donne trois ans pour y travailler. Un joli coup pour cet homme de #réseaux qui s’apprêterait, à 72 ans, à passer les rênes du #groupe_Alpha, le #cabinet_de_conseil spécialisé dans les #relations_sociales qu’il a fondé.

    Présider un club de #Ligue_2, l’antichambre de l’#élite du football professionnel, n’est pas toujours une sinécure. Ce samedi 7 décembre au soir, il pleut à verse sur #Ajaccio. Dans les tribunes du stade Michel-Moretti, un millier de courageux, guère plus, est venu assister au match opposant l’#AC_Ajaccio au #Paris_FC (PFC). Entre deux chants corses couvrant le bruit de la pluie, des supporteurs locaux lancent, de temps à autre, des noms d’oiseaux visant les « Français » de l’équipe parisienne.

    A 72 ans, Pierre Ferracci en a vu d’autres. Veste grise sur jeans foncé, cheveux clairsemés, le patron du Paris Football Club, lui-même né à Ajaccio, suit la rencontre en tribunes. Il s’est assis entre son fils François, directeur sportif du PFC, et un ex-dirigeant de l’AC Ajaccio. Le voilà presque comme un spectateur lambda ; ce soir-là, il a ignoré la loge dévolue aux dirigeants du club visiteur, trop excentrée.

    Le plateau de coppa, lonzu et fromages corses est resté intact, tout comme la bouteille de champagne. Malgré tout, Pierre Ferracci, s’est régalé. Au coup de sifflet final, scellant une victoire des Parisiens sur deux buts gaguesques, il s’invite sur la pelouse. Sous la pluie battante, il serre des mains, tout sourire. A ses joueurs comme aux adversaires.

    Changement de dimension

    Pierre Ferracci est un patron de club heureux. Les récentes défaites n’y changeront rien. D’ailleurs, le PFC, actuel troisième du classement, peut toujours viser la montée en Ligue 1 en fin de saison. « Je suis heureux parce que j’ai l’impression d’avoir mis le club sur de bons rails », avançait-il, satisfait, avant le match face à Ajaccio. « De bons rails », l’expression frise la coquetterie. Car le septuagénaire, fondateur et dirigeant du groupe Alpha, spécialiste et leader du conseil en ressources humaines, vient sans doute de réussir l’un des plus beaux deals de sa carrière. Le plus retentissant, à coup sûr.

    L’information a d’abord fuité dans le quotidien sportif L’Equipe, le 9 octobre. Une semaine plus tard, confirmation officielle : le Paris FC, modeste club de Ligue 2, jusque-là aux mains de Pierre Ferracci, accompagné d’un pack d’actionnaires, est en passe d’être racheté par la famille Arnault. Promesse, avec ces milliardaires, d’un changement de dimension. Et si émergeait enfin un « deuxième club de la capitale » capable, qui sait, de rivaliser un jour avec le richissime Paris Saint-Germain, sous pavillon qatari ?

    Le 20 novembre, foin de bling-bling, c’est dans la cantine du centre de formation du PFC, à Orly (Val-de-Marne) que Pierre Ferracci et Antoine Arnault, patron de deux fleurons du groupe de luxe LVMH, le maroquinier Berluti et le spécialiste du cachemire de très grand luxe, commentent l’union. Face à eux, des dizaines de caméras et une centaine de journalistes. L’affluence, pour une conférence de presse du PFC, est inédite. L’aîné de la fratrie Arnault, 47 ans, fan de foot et… du PSG, prend des accents philanthropiques : « L’idée est de rendre à la société, à Paris, à notre pays, ce qui nous a été donné. » Une manière adroite, peut-être aussi, de faire oublier les dribbles du patriarche avec le fisc.

    Un carnet d’adresses bien fourni

    Pierre Ferracci savoure le moment. Avec gourmandise, il évoque les coulisses de l’opération, en se gardant de tout dévoiler. La décision prise « avec [ses] deux fils, à l’été 2023 », de « s’associer à des forces économiques plus puissantes que les [leurs] » pour viser la Ligue 1. La satisfaction d’avoir trouvé, ensuite, par le biais de la banque Rothschild, un investisseur français « alors qu’aujourd’hui les deux tiers des clubs de L1 et de L2 sont contrôlés par des capitaux étrangers ». « Un enjeu de souveraineté nationale », ose-t-il, tout en reconnaissant que ces dernières années, il avait réuni au capital du Paris FC, « à titre minoritaire » certes, des actionnaires venus de Bahreïn, des Etats-Unis, d’Arménie et du Sri Lanka.

    Du montant du rachat, il ne dit rien ou presque. Il conservera 30 % des parts jusqu’en 2027, date prévue de son départ de la présidence du club. Agache Sport, la holding des Arnault, possédera alors 85 % du PFC, contre 15 % pour Red Bull – sous réserve que BRI Sports Holding, l’actionnaire anglo-sri-lankais, le seul qui résiste, accepte de vendre ses parts (7 %).

    Jongler avec les sujets économiques, politiques et sportifs, voilà la marque de fabrique de cet homme de réseaux. Autoproclamé « de gauche » et « homme de compromis », ce patron tout-terrain évolue au carrefour de plusieurs mondes. L’entrepreneur, aujourd’hui à la tête d’un groupe fort d’un millier de collaborateurs et d’un chiffre d’affaires annuel supérieur à 140 millions d’euros, côtoie depuis des décennies le gratin des grands patrons, des syndicalistes, comme des dirigeants sportifs. Il déteste l’expression « homme d’affaires », trop « péjorative » à ses yeux.

    Ses différentes activités lui ont permis de se constituer l’un des carnets d’adresses les plus fournis du Tout-Paris. Depuis vingt ans, il loue, au travers de sa société Alpha, une loge VIP au Stade de France – compter environ 200 000 euros à l’année. Il y invite les huiles du monde patronal et syndical. « Le foot, résume-t-il, c’est le sport le plus populaire de la planète. Il fédère beaucoup de personnes, d’états d’esprit différents. J’aime ça. »

    « Il était très militant »

    Le sport, pourtant, a d’abord occupé une place annexe dans sa vie. Car, avant tout, il y eut les affaires. Certes, dans les années 1960, gamin à Ajaccio, Pierre Ferracci allait voir les matchs du Gazélec, le club de foot des gaziers et électriciens corses. S’il en est resté un « supporteur historique », cela relevait en partie, à l’époque, du tropisme héréditaire.

    Albert Ferracci, son père, instituteur et ancien résistant, fut une figure éminente en Corse du Parti communiste. Sa mère, Rose, également enseignante et syndicaliste, partageait les mêmes engagements. Le soutien au Gazélec s’est imposé comme une évidence. Mais, niveau loisirs, le petit Pierre préfère encore, durant ses vacances d’été, les parties de chasse sous-marine du côté de Suartone, un village dans le sud de l’île, près de Bonifacio, où habite la famille du côté paternel.

    Doué à l’école, Pierre Ferracci monte à la capitale et mène des études d’économie et d’expertise comptable à l’université Paris-Dauphine. L’un de ses profs s’appelle Jacques Attali – on y reviendra. Déjà, l’étudiant porte plusieurs casquettes. Il adhère aux Jeunesses communistes – il prendra vite ses distances avec le #PCF – et à l’#UNEF, syndicat étudiant marqué à gauche. « Il était très militant mais pas gauchiste du tout », se remémore Paul-Antoine Luciani, un ami de la famille, figure #communiste et ancien adjoint à la #mairie d’Ajaccio.

    Rapports cordiaux avec Vincent #Bolloré

    Le jeune homme tisse des liens avec la #CGT. La figure de son père, très respecté chez les communistes, est un atout qu’il n’est pas besoin d’inscrire sur son CV. Précieux pour lancer sa carrière. Au début des années 1980, il rejoint un petit cabinet d’expertise-comptable, Maréchal. Très vite, il grimpe les échelons, en prend la tête. Les #lois_Auroux, en 1982 et en 1983, favorisent les négociations salariales et élargissent le rôle des comités d’entreprise (CE). #Pierre_Ferracci flaire le bon filon.

    Son groupe, #Alpha, qui voit le jour en 1983, d’abord avec le cabinet #Secafi, s’impose assez vite sur cette niche très rentable ; la CGT deviendra un de ses principaux clients, avec le syndicat des cadres #CFE-CGC plus récemment. Le cabinet de conseil travaille aujourd’hui pour environ 2 000 comités sociaux et économiques (#CSE). Le groupe s’est diversifié : il s’occupe aussi du reclassement des salariés, après un plan de licenciement. Un conflit d’intérêts, s’offusquent des concurrents du secteur qui reprochent à Alpha de jouer sur les deux tableaux, #syndical et #patronal. « La plupart du temps, on modifie à la marge les plans de licenciement. Donc l’accompagnement des salariés licenciés, c’est la suite logique », répond Pierre Ferracci.

    Grâce à son activité, il est l’un des #patrons les mieux informés de l’état de santé des grandes entreprises françaises. L’expert du #dialogue_social cultive une proximité avec un nombre incalculable de patrons. Il y a eu les #Corses, comme Jean-Cyril Spinetta, PDG d’Air France (1997-2008), ou Jean-Marie Colombani, directeur du Monde (1994-2007). Et puis des figures du #CAC_40 et capitaines d’industrie, parmi lesquels le spécialiste du textile Maurice Bidermann (mort en 2020), l’ancien sidérurgiste et ex-ministre Francis Mer ou encore Vincent Bolloré.

    Pierre Ferracci connaît le milliardaire conservateur breton « depuis longtemps ». « Dans les années 1990, j’ai même réussi à lui faire rencontrer, lors d’un repas, Louis Viannet, le secrétaire général de la CGT. » Et d’ajouter, facétieux : « C’était à l’époque où Vincent Bolloré avait une image un peu plus sociale qu’aujourd’hui. » Il a conservé des rapports cordiaux avec l’industriel : « Mais on parle plus de football et de #Canal que du #JDD et de #CNews, si c’est ça que vous voulez savoir. »

    Donateur du candidat d’En marche !

    Pierre Ferracci n’a cessé de tisser son réseau, tous azimuts. Son étiquette d’expert des questions sociales est un précieux sésame. En 2007, au début de la présidence Sarkozy, il accepte d’être membre de la commission #Attali sur la libération de la croissance. Beaucoup, à la CGT, tiquent. Peu lui importe. Le Corse aime le rappeler aux journalistes : c’est Emmanuel Macron, alors banquier chez #Rothschild et rapporteur général adjoint de la commission, qui a glissé son nom. « Manu », comme il l’appelle en privé, le tutoyant, est depuis vingt ans l’un des amis de son fils aîné, #Marc_ferracci, économiste devenu ministre sous les gouvernements Barnier puis Bayrou.

    Etudiants à Sciences Po, Marc Ferracci et Emmanuel Macron ont préparé l’#ENA ensemble. Les révisions s’organisaient parfois dans le chic appartement que loue aujourd’hui encore Pierre Ferracci près du jardin du Luxembourg, à Paris. En 2017, l’homme d’affaires sera d’ailleurs l’un des donateurs du candidat d’En marche !, ce qui ne l’a pas empêché, par la suite, de critiquer publiquement l’actuel chef de l’Etat, avec qui il conserve des relations « respectueuses et amicales ». Insaisissable Pierre Ferracci. Sous la présidence #Hollande, en 2014, il est nommé à la tête du Conseil national éducation économie, une structure visant à favoriser le dialogue entre le système éducatif et les entreprises. Il a également été membre du Conseil d’orientation pour l’emploi.

    « Pierre, c’est un pont entre plusieurs mondes, courtois, bon vivant », résume le consultant en stratégie sociale Antoine Foucher, qui a appris à le connaître lorsqu’il travaillait au Medef, vers 2012-2013. « Je ne suis jamais pour la politique de la chaise vide, justifie Pierre Ferracci. Là où il y a moyen de faire passer ses idées, j’y vais. » Son mantra : que les choix économiques n’écrasent pas les questions sociales. Ses détracteurs dénoncent des compromissions, lui vante les « compromis équilibrés ».

    Débuts catastrophiques au Paris FC

    C’est le football qui va lui permettre d’étoffer encore ses réseaux. Au début des années 2000, le conseil général de Seine-Saint-Denis et la ville de Saint-Ouen demandent à son groupe un audit du Red Star, avant de le sonder pour qu’il reprenne les rênes du club. L’affaire n’est pas conclue, mais elle lui donne des idées. En 2007, Guy Cotret, dirigeant du Crédit foncier, fait entrer Pierre Ferracci dans l’actionnariat du Paris FC, alors en National, le troisième échelon français.

    Le Corse sympathise avec des dirigeants et des personnalités du ballon rond, comme le mythique entraîneur Arsène Wenger ou le journaliste Didier Roustan. « Le football lui a permis d’élargir son carnet d’adresses avec des personnalités qui ne sont pas forcément celles qu’il rencontrait habituellement à travers son activité », résume Guy Cotret. Qui, en 2012, se fait évincer par Pierre Ferracci de la tête du club. « Il avait mis au pot plus que moi, 1 million d’euros environ, se remémore le président déchu et fâché à l’époque. Il voulait garder la main. C’est un chef d’entreprise, il y a une part d’autoritarisme qui n’est pas anormale. Mais l’affaire s’est conclue en bonne intelligence. »

    Les débuts de la présidence Ferracci au Paris FC sont catastrophiques. Le club est relégué. Les entraîneurs valsent les uns après les autres. La venue comme conseiller de son ami le journaliste Charles Villeneuve, ex-président du PSG rencontré par l’intermédiaire d’#Alain_Minc, est un échec. Le projet, avec Jean-Marc Guillou, un ancien joueur de l’équipe de France qui a entraîné par la suite la Côte d’Ivoire, de faire venir des jeunes joueurs africains, ne prend pas non plus. « Ça m’a vacciné d’entrée, ça c’est sûr », observe Pierre Ferracci avec le recul. Depuis plus de dix ans, il ne jure plus que par la formation locale et la richesse du bassin parisien. « Il croit à ce projet et a une vision claire de ce qu’il veut faire », salue Jean-François Martins, ancien adjoint aux sports à la mairie de Paris.

    Accord critiqué avec le #Bahreïn

    En douze ans de présidence, Pierre Ferracci a professionnalisé le PFC. Sans parvenir à lui faire goûter à la Ligue 1. Un centre d’entraînement et de formation a été inauguré à Orly en 2019. Le budget du club, l’un des plus gros de Ligue 2, se situe désormais autour de 30 millions d’euros. Pierre Dréossi, figure connue de la Ligue 1 et manageur général du PFC de 2015 à 2020, loue un patron de club qui a su « trouver des partenaires financiers ».

    En 2015, ce fut d’abord Vinci comme sponsor – un groupe que le cabinet Secafi connaissait bien. Puis le Bahreïn en 2020, à l’époque pour 25 millions d’euros et 20 % du capital du club – et 2 millions d’euros annuels pour être sponsor maillot. L’accord a suscité son lot de critiques, d’autant que le prince Nasser Ben Hamed Al Khalifa, à la tête du fonds bahreïni, est accusé par plusieurs ONG d’actes de torture. « Vous avez au Bahreïn une synagogue, une église catholique, une église orthodoxe et beaucoup plus de liberté pour les femmes qu’au Qatar, donc je n’avais pas de problème avec le Bahreïn », balaie cet athée revendiqué – « je suis très croyant : je crois que Dieu n’existe pas » –, qui apprécie peu de recevoir des leçons.

    Pierre Ferracci reconnaît d’ailleurs sans mal avoir essayé, « dans les années 2014-2015 », de recruter le géant russe #Gazprom comme sponsor : « En octobre 2015, j’ai même eu un rapide échange avec #François_Hollande, #Vladimir_Poutine et #Alexandre_Orlov [ambassadeur de la Russie à Paris] à ce sujet. » Aucun accord n’a été trouvé, mais la rencontre lui a rappelé l’époque où Alpha avait des bureaux à Saint-Pétersbourg et à Moscou.

    Ces dernières années, avant le rachat par #les_Arnault, il a réussi, grâce à son seul entregent, quelques « coups ». Comme faire de Raï, l’ex-star brésilienne du PSG, pas vraiment désireuse de travailler avec les Qataris, un ambassadeur du PFC. Ou de rendre gratuite la billetterie du stade Charléty, l’enceinte du Paris FC, aux tribunes souvent aux trois quarts vides – cela a un peu changé ces derniers mois. Fin novembre 2024, il a nommé son ami #Michel_Denisot au conseil d’administration du PFC. L’homme de télé, ex-président du PSG, est aussi un ancien de Canal+. Le dirigeant du PFC milite d’ailleurs pour qu’un jour la #chaîne_cryptée et le football français renouent leur longue alliance, interrompue ces dernières années. En vain pour l’instant.

    L’affaire de ses villas

    Au cours des dernières semaines, la BBC, le New York Times ou le Washington Post l’ont sollicité pour des interviews. Flatteur, même pour cet habitué de la presse. S’il est intarissable sur les mille et une nuances du monde syndical, les petites ou grandes histoires du football européen, il l’est beaucoup moins, en revanche, sur ce qu’il considère relever de son intimité. De son goût pour les bolides, il n’a jamais rien dit. Rien non plus sur ses revenus – un peu plus de 750 000 euros déclarés auprès du fisc pour l’année 2018, selon nos informations.

    L’affaire de ses deux villas et de sa piscine près de #Suartone, en Corse, qui lui ont valu une longue bataille judiciaire et 1 #million_d’euros d’amende pour un permis de construire non respecté, l’agace encore. S’il a pu conserver les #villas, il n’a pas digéré les nombreux articles écrits. « Une conséquence de ma relation avec Emmanuel Macron », estime-t-il à propos de cette #attention_médiatique. Mais, même sur ces polémiques, le verbe s’emporte rarement. « Il est assez insondable, Pierre, observe Jean-François Martins, l’ex-adjoint parisien, c’est assez déroutant. Il n’est pas surexpressif, même s’il dit ce qu’il pense. »

    Le ton affable et le goût revendiqué pour le dialogue social de Pierre Ferracci ne convainquent pas tout le monde. Plusieurs ex-salariés du groupe Alpha décrivent, sous couvert d’anonymat, un patron « autocrate » et « un management de la tension ». Simple aigreur de collaborateurs licenciés ? Pas sûr : l’inspection du travail s’est émue, à plusieurs reprises, au mitan des années 2010, du manque de dialogue chez Secafi-Alpha lors de plans de réorganisation, avec des #syndicats_internes informés « au compte-goutte ».

    En 2015, un fichier des ressources humaines listant des dizaines de salariés avec des remarques désobligeantes et parfois personnelles fuite. #Scandale dans le groupe. « Il y a eu des sanctions, ces pratiques n’existent plus », assure Pierre Ferracci. Et d’ajouter : « Le groupe Alpha n’est ni une entreprise parfaite ni, compte tenu du modèle social qu’elle a mis en place, un groupe qui doit être l’objet de toutes les critiques, tant s’en faut. »

    Des mystères demeurent
    Au sein du Paris FC, depuis ses débuts compliqués, tout le monde reconnaît l’implication de Pierre Ferracci. Il assiste à la plupart des matchs. Mais quelques mystères demeurent. Combien d’argent a-t-il mis dans le club depuis près de quinze ans ? « Beaucoup, beaucoup », sourit-il. Mais encore ? « Ça, je ne le dirai jamais. » Malgré nos relances, il ne précise pas, non plus, à quel prix le club a été racheté – « ça n’a pas grande importance ». D’une formule, il reconnaît tout de même : « C’est une très belle #valorisation. » Et ajoute qu’il est « ravi que tous les actionnaires qui [l]’ont suivi depuis le départ n’ont pas perdu d’argent mais en ont gagné » avec la reprise par les Arnault. Lui compris, évidemment.

    Au sujet des nouveaux propriétaires, Pierre Ferracci l’assure : il ne connaissait pas personnellement la #famille_Arnault avant le printemps, au début des négociations. Avec son groupe Alpha, il avait pourtant eu à gérer, dans les années 2000, deux dossiers sensibles liés à LVMH. D’abord, la fermeture contestée de la Samaritaine, où son cabinet Secafi avait été très critiqué par des salariés l’accusant d’avoir joué le jeu de la direction. Ensuite, le rachat (d)#Les_Echos par #Bernard_Arnault.

    Antoine Arnault confirme n’avoir, avant le printemps 2024, que « croisé » le président du PFC « dans différentes réceptions ou événements liés à nos vies professionnelles ». Mais, depuis le printemps, ils ont appris à se connaître et à s’apprécier. Le patron de Berluti salue des #négociations menées « avec une grande intelligence et une grande patience ». « Après, nuance le nouveau propriétaire du Paris FC, c’est quelqu’un qui a aussi ses idées et qui n’en démord pas, et va négocier de manière extrêmement déterminée. Ce n’est pas un enfant de chœur, Pierre Ferracci. » C’est dit comme un compliment.

    Le casse-tête du stade

    Ces dernières semaines, Antoine Arnault, habitué aux tribunes VIP du Parc des Princes, a assisté à des matchs de son nouveau club. Même si l’enceinte du Paris FC n’a pas de loges, il a pu y côtoyer du beau monde. « Pierre Ferracci est quelqu’un qui a une très grande intelligence des gens et qui arrive à se les mettre dans la poche, jauge-t-il. Quand je vais à Charléty et que je croise aussi bien Philippe Martinez que Pascal Obispo… Il réussit à réunir des gens d’univers très différents et à les faire dialoguer. Dieu merci, avec Martinez, ce n’est pour l’instant que pour parler foot ! »

    Cette année, Pierre Ferracci a promis de passer la main à la présidence du groupe Alpha. D’ici à l’automne, il souhaite créer un fonds de dotation pour soutenir des actions liées à « l’éducation des tout-petits », un sujet cher à ce fils d’instits. Sa casquette de président du Paris FC, pour trois ans encore, devrait bien l’occuper.

    Les #chantiers ne manquent pas. Il y a cette montée en Ligue 1, dont il rêve depuis des années. L’agrandissement du centre d’entraînement, à #Orly, qui paraît sous-dimensionné au vu des ambitions des nouveaux propriétaires. Et puis, surtout, le casse-tête du stade. #Charléty, avec sa piste d’athlétisme et ses tribunes ouvertes aux quatre vents, n’est pas l’écrin rêvé. Il faudrait le réaménager, si la Ville de Paris l’accepte. Afin de pouvoir accueillir les célébrités qui devraient se presser en tribunes, pour voir jouer le club alliant désormais le savoir-faire du président Ferracci à l’argent des Arnault.

    #Yann_Bouchez

  • Jamei jo non veirèi
    https://www.youtube.com/watch?v=YsBUOlLmK7M

    Jamei jo non veirèi, tan gentilha bruneta
    Com la qui’n rencontrèi l’aute dia soleta
    Era que n’ei tan bèra, que jo que’n volerí
    Per aquera bergèra, si èra besonh, morir !
    Sons uelhs tan clarejants, semblan duas estellas
    O meilèu dus diamants, au miei de cent candelas!
    Era que n’ei tan bèra, que jo que’n volerí
    Per aquera bergèra, si èra besonh, morir!
    Quan la caló quitar, hélas quina tristessa!
    Quan la ví se’n tornar, jo cadói en feblessa
    Era que n’ei tan bèra, que jo que’n volerí
    Per aquera bergèra, si èra besonh, morir!

    #chants_populaires #chanson #occitan #musique_populaire #Cocanha #Béarn #bergers

  • #O_Maria_Bela_Maria
    https://www.youtube.com/watch?v=whIiJU1Cht0

    O Maria, bèla Maria pièrmi mi
    Cume mai völi ch’a fasa cun dui marì cun dui mari

    O Maria, bèla Maria fèlu murì
    Cume mai völi ch’a fasa fèlu murì fèlu murì

    Ëndè ’nti l’ort dël voster padar a j è ’n serpentin
    o pijèlu (e) ciapisèlu fè dël bun vin fè dël bun vin

    A j anirà ca vost marì d’an campagna cun tanta sèi
    O Maria, bèla Maria j o tanta sèi j o tanta sèi

    Ëndè di la ’nti la credensa a j é l’amulin bèli pin ed vin

    O Maria, bèla Maria acsì turbulà
    Al é ’l vin de l’autra sèira ch’j uma vansà ch’j uma vansà

    Fantulin dint üna cüna al à bèn parlà
    O padre, del mio padre bivilu nèn ch’a mürirèi

    O madre, ’d la mia madre bivilu vui
    Come mai völi ch’a fasa mi j o nèn sèi mi j o nèn sèi

    Cun la punta della mia spadina lu bivirèi
    Al à cumincià bèivni ’na gusa cambia culur
    al à buini ün’altra gusa m’arcumand a vui m’arcumand a vui

    ITALIANO

    O Maria, bella Maria scegli/prendi me
    Come mai vuoi che faccia con due mariti, con due mariti

    O Maria, bella Maria fatelo morire
    Come mai vuoi che faccia a farlo morire, a farlo morire

    Andate nell’orto di vostro padre, c’è un serpentino
    Prendetelo, calpestatelo e fate del buon vino, fate del buon vino

    Verrà a casa vostro marito dalla campagna con tante sete
    O Maria, bella Maria ho tanta sete, ho tanta sete

    Andate di là nella credenza c’é l’amulin pieno di vino

    O Maria, bella Maria così turbulà (rovinato-guasto)
    E’ il vino dell’altra sera che abbiamo avanzato, che abbiamo avanzato

    Fanciullino dentro alla culla al à bèn parlà
    O padre, del mio padre non bevetelo che morirete

    O madre, ’d la mia madre bevetelo voi
    Come mai vuoi che faccia, io non ho sete, io non ho sete

    Con la punta della mia spadina lo berrete
    Inizia a berne una goccia cambia colore
    Ne beve un’altra goccia mi raccomando a voi, mi raccomando a voi

    #Italie #chanson #chants_populaires #musique_populaire #Lombard

  • Rébétiko : la musique des marginaux et des fumeurs de haschisch.

    « La pauvreté endémique et la répression menée par une police corrompue poussent dans l’illégalité une frange importante du sous-prolétariat. Ainsi se développe une micro société partageant un mode de vie alternatif. Les jeunes hors-la-loi, appelés mangkès ou rébétès (d’où dérive le terme rébétiko), arborent des costumes clinquants et s’expriment dans un argot hermétique à quiconque ne fréquente pas le milieu. Tous se retrouvent dans les tékés, des sortes de tavernes dans lesquelles il consomment du haschisch. Les paroles du titre Nei hasiklidhes ("Jeunes fumeurs de haschisch") d’Andonios Dalgas célèbrent la vie dissolue de ces jeunes malandrins. "Derviche tu fumes comme un sapeur / tu as ton flingue dans la fouille / dans tous les jeux c’est toi le meilleur / tu es une sacrée fripouille". »

    https://lhistgeobox.blogspot.com/2024/12/rebetiko-la-musique-des-marginaux-et.html

  • En Iran, la chanteuse underground Parastoo Ahmadi arrêtée après un concert sans voile et sans public
    https://www.lemonde.fr/international/article/2024/12/14/en-iran-le-concert-sans-voile-et-sans-public-de-la-chanteuse-underground-par

    La vidéo de la prestation de la jeune femme, diffusée en direct sur YouTube, d’un endroit tenu secret, a été visionnée 1 million de fois. Un geste de défi à l’encontre du pouvoir. L’ouverture de poursuites judiciaires a abouti à l’arrestation de l’artiste, samedi.

    Son concert s’est déroulé dans un caravansérail, situé dans un endroit tenu secret, en Iran. La chanteuse de 27 ans, accompagnée de quatre musiciens, arbore ses longs cheveux lâchés sur ses épaules. Maquillée avec soin, elle porte une robe noire qui dévoile ses épaules et ses bras. Autour de son cou, un collier en forme de carte de l’Iran.

    Pendant vingt-sept minutes, Paratsoo Ahmadi enchaîne des morceaux folkloriques, un chant révolutionnaire et quelques compositions de son propre groupe en persan avec une grande maîtrise. Aucun détail, de la lumière à la mise en scène, en passant par le son et la vidéographie, n’a été laissé au hasard. La jeune femme chante avec une aisance déroutante, comme si ce concert était un fait banal. En Iran, le chant solo des femmes est pourtant interdit, bien que certaines osent se produire sur scène lors d’événements underground.

    https://justpaste.it/b609j

    کنسرت کاروانسرا با صدای پرستو احمدی | Karvansara Concert, Parastoo Ahmadi
    https://www.youtube.com/watch?v=oYcaDHEnhbU

    I am grateful to all those who have supported me in these difficult and special circumstances.

    #Iran #Femme_vie_liberté #femmes #chant #courage

  • Sauvegarde de la forêt du plateau du Rouvergue à Chantemerle contre un projet photovoltaïque
    https://ricochets.cc/Sauvegarde-foret-plateau-du-Rouvergue-Chantemerle-les-Grignan-contre-proje

    L’association pour la sauvegarde du Rouvergue lance l’alerte. L’installation d’un parc photovoltaïque en pleine forêt provençale pourrait s’accélérer du fait du classement du site en Zone d’Accélération de la Production d’Energies Renouvelables (APR) par la mairie de #Chantemerle-lès-Grignan. Que cette accélération se fasse en pleine zone naturelle ne semble pas gêner l’Etat ni la mairie. Voir bulletin municipal de janvier 2024 : https://www.mairie-chantemerlelesgrignan.fr/bulletin/36, où (...) #Les_Articles

    / #Ecologie, Chantemerle-lès-Grignan

    https://www.mairie-chantemerlelesgrignan.fr/bulletin/37
    https://www.auvergne-rhone-alpes.developpement-durable.gouv.fr/IMG/pdf/191011_apara_parcphotovolataique_chantermerle-les-grignan_26_delibere.pdf

    • verse
      Le-re-le-le-le-le-re-le
      El fandanguillo manchego
      Lo bailaba una serrana
      A la una y a las dos
      Y a las tres de la mañana
      El fandanguillo manchego
      verse
      Le-re-le-le-le-le-re-le
      Si me quieres, dímelo
      Y si no, di que me vaya
      No me tengas al sereno
      Que no soy cántaro de agua
      Si me quieres, dímelo
      chorus
      Tío, tío, tío, toque usted el fandango
      Sobrinito mío, ya lo estoy tocando
      Tío, tío, tío, tóquelo usted bien
      Sobrinito mío, yo lo tocaré
      verse
      Le-re-le-le-le-le-re-le
      Para pasar por tu calle
      No necesito navaja
      Que ese novio que tú tienes
      Me lo meto entre la faja
      Para pasar por tu calle
      verse
      Le-re-le-le-le-le-re-le
      Amor con amor se paga
      Y cariño con cariño
      Y una mala partidilla
      Se paga con el olvido
      Amor con amor se paga
      chorus
      Tío, tío, tío, toque usted el fandango
      Sobrinito mío, ya lo estoy tocando
      Tío, tío, tío, tóquelo usted bien
      Sobrinito mío, yo lo tocaré
      outro
      Le-re-le-le-le-le-re-le
      Allá va la despedida
      Y con esta ya van cinco
      Más bonita que el sol eres
      Ni te pongo ni te quito
      Allá va la despedida
      Writer(s): Dominio Publico, Carlos Miguel Garcia Rodriguez, Daniel Toboso Berruga, Francisco Belmonte Martinez, Antonio Martinez Mendieta

    • hi hi hi...
      les paroles que tu as mis ici @sombre ne sont pas les mêmes de celle chantée par le groupe Zagala ;-)

      Et dans la version de notre chorale, les paroles sont différentes. Elles sont comme celles de l’enregistrement, sauf pour le deuxième couplet, qui est différent, car nous on chante :

      Chiquillo no te enamores
      de moza que esté sirviendo
      que tiene un quita quita
      quita que me voy corriendo
      chiquillo no te enamores

  • Paris et Rabat planchent sur une « #feuille_de_route » pour accélérer les #expulsions de Marocains hors de France

    En visite d’État au Maroc, le président français et son ministre de l’Intérieur Bruno Retailleau ont évoqué le sujet sensible de l’immigration irrégulière et des rapatriements forcés des Marocains vers leur pays d’origine. Les deux pays, qui affichent leur amitié retrouvée, travaillent actuellement à une feuille de route pour fluidifier les procédures et accélérer les expulsions.

    C’est un sujet de tension récurrent entre Paris et Rabat : les expulsions des étrangers marocains en situation irrégulière. Depuis des années, la France regrette que le Maroc ne reprenne qu’au compte-goutte ses ressortissants sans autorisation de séjour en France.

    En déplacement dans le royaume chérifien cette semaine, Emmanuel Macron avait proposé à son ministre de l’Intérieur, Bruno Retailleau, de l’accompagner. Tout un symbole. Partisan d’une ligne dure sur l’immigration, Bruno Retailleau était attendu sur cet épineux sujet des expulsions vers le Maroc - notamment depuis le meurtre de Philippine, une étudiante française assassinée par un Marocain sans-papiers en septembre dernier.

    Le président français et son ministre souhaitent concrètement que davantage de laissez-passer consulaires soient délivrés, un document incontournable (en l’absence de passeport) qui permet à la France d’expulser les migrants entrés illégalement sur son sol vers leur pays d’origine. Bruno Retailleau s’est entretenu à ce sujet avec son homologue, Abdelouafi Laftit, mardi 29 octobre. Selon le locataire de la place Beauvau, une feuille de route est à l’étude. « Nous avons eu avec mon homologue et ami désormais, des échanges très denses », a-t-il encore déclaré sans trop de précisions.

    Mais derrière le discours policé, aucun chiffre n’a été annoncé sur le quota de délivrance de laissez-passer consulaires. Au terme de cette visite, Paris et Rabat ont préféré afficher leur amitié retrouvée, parlant d’une « coopération naturelle et fluide » entre les deux pays. Le sujet de l’immigration illégale a été évoqué avec des termes encore flous : Paris et Rabat ont déclaré vouloir « améliorer » le « cadre » et les « procédures » de rapatriement forcé des ressortissants marocains afin de « raccourcir les délais » et de « mieux faire en termes de nombre de personnes réadmises », a résumé le ministre de l’Intérieur français en conférence de presse. Tout faire pour augmenter les expulsions, en somme.

    Pour suivre ce dossier, il y aura « des points d’étapes réguliers », a encore assuré Bruno Retailleau en évoquant aussi la question de la surveillance des frontières terrestres et maritimes entre le Maroc et l’Union européenne pour lutter contre les traversées clandestines. « Je pourrai venir au Maroc autant de fois que nécessaires », a-t-il assuré à son homologue marocain.
    La crise des visas entre le Maroc et la France

    « Le Maroc est prêt à rapatrier tout migrant irrégulier dont il est attesté qu’il est Marocain et est parti du territoire marocain », avait déclaré le ministre marocain Nasser Bourita au début du mois d’octobre.

    Avant sa visite, Bruno Retailleau avait estimé que le Maroc était un « pays sûr », c’est-à-dire un pays où les Marocains de retour chez eux ne risqueraient rien, ni violence ni sévices de la part des autorités.

    Ces dernières années, la France avait montré son exaspération face au Maroc - et à l’ensemble des pays du Maghreb - concernant leur politique migratoire. Pour forcer les trois États à reprendre leurs ressortissants, Paris avait donc décidé en 2021 de baisser de 50% le nombre de visas délivrés aux Marocains et aux Algériens, et de 33% aux Tunisiens. Une politique autrement appelée : #chantage_aux_visas. Cette décision avait provoqué de vives tensions entre le Paris et Rabat.

    « C’est une décision drastique, c’est une décision inédite, mais c’est une décision rendue nécessaire par le fait que ces pays n’acceptent pas de reprendre des ressortissants que nous ne souhaitons pas et ne pouvons pas garder en France », avait à l’époque affirmé Gabriel Attal, porte-parole du gouvernement.

    Un peu plus d’an plus tard, en novembre 2023, l’ambassadeur de France au Maroc, Christophe Lecourtier, avait annoncé la levée de ces restrictions par Paris, un geste qui avait mis fin à la « #crise_des_visas ».

    https://www.infomigrants.net/fr/post/60875/paris-et-rabat-planchent-sur-une-feuille-de-route-pour-accelerer-les-e
    #Maroc #France #externalisation #migrations #réfugiés #expulsions #renvois #accord #extradition #identification #rapatriements_forcés #migrants_marocains #accélération #fluidification #Bruno_Retailleau #quota #réadmission #visas #pays_sûr

    ping @karine4