• Migranti, cinquemila euro per la libertà. È la cifra che verrà chiesta per non finire nei Cpr a chi arriva da Paesi sicuri

    Firmato il decreto delegato per la gestione delle procedure accelerate di frontiera. Chi può pagare non verrà trattenuto in attesa dell’esito della richiesta di asilo.

    Cinquemila euro per non finire in un Cpr. Adesso il governo Meloni si è inventata una sorta di cauzione da pagare per evitare il trattenimento previsto dal decreto Cutro per i migranti che arrivano da Paesi cosiddetti sicuri e dovrebbero essere rinchiusi in speciali centri per il rimpatrio nei luoghi d frontiera in attesa del rapido esame della richiesta di asilo.

    https://www.repubblica.it/cronaca/2023/09/22/news/migranti_cinquemila_euro_liberta_cpr_paesi_sicuri-415419543

    #procédure_accélérée #frontières #Italie #détention_administrative #rétention #CPR #décret #5000_EUR #chantage #caution #decreto_Cutro #décret_Cutro #5000_euros

    • I richiedenti asilo paghino 5mila euro per evitare il Centro per il rimpatrio

      Decreto legge pubblicato in Gazzetta Ufficiale, garanzia finanziaria per chi arriva

      Una garanzia finanziaria di quasi 5mila euro dovrà essere versata dal richiedente asilo che non vuole essere trattenuto in un Centro fino all’esito dell’esame del suo ricorso contro il rigetto della domanda.

      La prevede un decreto del ministero dell’Interno pubblicato oggi in Gazzetta Ufficiale che fissa a 4.938 euro l’importo che deve garantire al migrante, per il periodo massimo di trattenimento (4 settimane), «la disponibilità di un alloggio adeguato sul territorio nazionale; della somma occorrente al rimpatrio e di mezzi di sussistenza minimi».

      La disposizione si applica a chi è nelle condizioni di essere trattenuto durante lo svolgimento della procedura alla frontiera e proviene da un Paese sicuro. Allo straniero, si legge, «è dato immediato avviso della facoltà, alternativa al trattenimento, di prestazione della garanzia finanziaria».

      La normativa, già in vigore, prevede il trattenimento durante lo svolgimento della procedura in frontiera, «al solo scopo di accertare il diritto ad entrare nel territorio dello Stato», per i richiedenti asilo in una serie di casi. Il decreto - firmato, oltre che dal ministro Matteo Piantedosi, anche dai titolari di Giustizia (Carlo Nordio) ed Economia (Giancarlo Giorgetti) - richiama inoltre la direttiva del ministro dell’Interno dell’1 marzo 2000, in cui si dispone che «lo straniero, ai fini dell’ingresso sul territorio nazionale, indichi l’esistenza di idoneo alloggio nel territorio nazionale, la disponibilità della somma occorrente per il rimpatrio, nonchè comprovi la disponibilità dei mezzi di sussistenza minimi necessari, a persona».

      La misura della garanzia finanziaria si applica al richiedente asilo direttamente, alla frontiera o nelle zone di transito, che è stato fermato per avere eluso o tentato di eludere i controlli e a chi proviene da un Paese sicuro «fino alla decisione dell’istanza di sospensione».

      La garanzia deve essere versata «in unica soluzione mediante fideiussione bancaria o polizza fideiussoria assicurativa ed è individuale e non può essere versata da terzi». Dovrà inoltre essere prestata «entro il termine in cui sono effettuate le operazioni di rilevamento fotodattiloscopico e segnaletico». Nel caso in cui lo straniero «si allontani indebitamente - prosegue il testo - il prefetto del luogo ove è stata prestata la garanzia finanziaria procede all’escussione della stessa»

      https://www.ansa.it/sito/notizie/politica/2023/09/22/un-richiedente-asilo-paghi-5mila-euro-per-evitare-il-centro-per-il-rimpatrio_25
      #garantie_financière #garantie #pays_sûr

    • Cinquemila euro, il prezzo della libertà per i migranti

      Aprirà a #Pozzallo, in provincia di Ragusa, la prima struttura di detenzione dei richiedenti asilo. Come funzioneranno questi nuovi centri e la cauzione di cinquemila euro per uscirne

      “Nei mesi scorsi abbiamo chiesto di aumentare i posti per la prima accoglienza, così hanno costruito un nuovo hotspot a Pozzallo che può ospitare trecento migranti. Solo ora abbiamo capito che una parte di questo centro diventerà una struttura di reclusione per il rimpatrio accelerato di persone che arrivano da paesi considerati sicuri, in base a quanto previsto dal decreto Cutro”, spiega Roberto Ammatuna, sindaco di Pozzallo.

      Nella cittadina in provincia di Ragusa sarà aperto il primo centro di trattenimento per richiedenti asilo in Italia: ottantaquattro posti riservati a chi proviene da paesi definiti sicuri come la Tunisia. Realizzata in quaranta giorni, la struttura è formata da diversi container e si trova in un’area recintata con inferriate e filo spinato. Avrebbe dovuto aprire il 24 settembre, invece probabilmente sarà pronta il 27 settembre. “Al momento ci sono un centinaio di persone nell’hotspot, ma ancora nessuno nel centro di trattenimento per l’espulsione”, chiarisce Ammatuna.

      “All’inizio ho avuto dei dubbi su questo tipo di strutture”, spiega il sindaco, “specie perché l’hotspot a ridosso dell’area portuale ha 220 posti, ma oggi le persone ospitate sono più di quattrocento. Per me il governo dovrebbe investire sull’accoglienza. Ma ora non possiamo fare altro che collaborare e stare con gli occhi aperti per capire cosa succederà nel nuovo centro di Pozzallo”. Secondo Ammatuna, negli anni le strutture di detenzione hanno creato solo problemi, violando i diritti umani. “Io sono un sindaco di frontiera”, dice Ammatuna. “Vedremo che succede, ma staremo attenti al rispetto della dignità delle persone”.

      Trattenimento all’arrivo

      Il progetto pilota di Pozzallo è stato confermato dal ministro dell’interno Matteo Piantedosi, che il 24 settembre ha detto: “La prima struttura di trattenimento di richiedenti asilo provenienti da paesi sicuri, come la Tunisia” servirà a “fare in modo che si possano realizzare velocemente, entro un mese, procedure di accertamento per l’esistenza dei presupposti dello status di rifugiato”.

      Ed è a questa struttura – non ai Centri di permanenza per il rimpatrio (Cpr) – che si applicherà il decreto pubblicato sulla Gazzetta ufficiale il 21 settembre. Tra le altre cose, il testo prevede che un richiedente asilo possa evitare di essere recluso se è disposto a versare una fideiussione di circa cinquemila euro.

      “La garanzia non riguarda le persone nei Cpr, cioè i cittadini espulsi per irregolarità acclarata nella loro condizione di soggiorno o per pericolosità accertata”, ha chiarito Piantedosi.

      Quella di Pozzallo, ha proseguito il ministro, è “una scommessa” che prevede la possibilità di trattenere le persone, “l’alternativa è la garanzia anche di carattere economico per sottrarsi al trattenimento, se la cosa funzionerà e la porteremo avanti in maniera più estesa risolverà una situazione annosa”.

      Secondo Gianfranco Schiavone, esperto di accoglienza e presidente del Consorzio italiano di solidarietà (Ics) di Trieste, “al momento c’è una grande confusione, gli annunci del governo sono lontani dalla realtà”.

      “La prima cosa da verificare è che questo trattenimento dei richiedenti asilo che provengono da paesi cosiddetti sicuri sia in linea con quanto previsto dalla legge e che sia autorizzato da un giudice”, spiega Schiavone. Il timore è invece che sia privo di base giuridica, “come ha dimostrato per anni la situazione nell’hotspot di Lampedusa”. Per questo l’Italia è già stata condannata dalla Corte di giustizia dell’Unione europea, ricorda l’esperto.

      “Non basta il fatto di provenire da un paese considerato sicuro per essere trattenuti”, spiega Schiavone. A dirlo è anche la normativa europea, in particolare la direttiva 33 e la direttiva 32: la detenzione “non può essere automatica e generalizzata”. “Il semplice fatto di arrivare da paesi considerati sicuri non è un motivo sufficiente per giustificare la privazione della libertà”, sottolinea l’esperto.

      La cauzione

      Il decreto del 21 settembre introduce una cauzione di 4.938 euro per i richiedenti asilo che provengono da paesi terzi considerati sicuri, e che quindi hanno un’alta probabilità che le loro domande di asilo siano rigettate. Devono versarla se vogliono evitare di essere reclusi all’arrivo, come previsto dal decreto immigrazione del 19 settembre e dal decreto Cutro, approvato dal governo di Giorgia Meloni in seguito al naufragioavvenuto al largo delle coste di Steccato di Cutro, in Calabria, lo scorso febbraio, e convertito in legge a maggio.

      Uno dei punti principali del decreto Cutro era la creazione di centri di detenzione in cui fare un esame “accelerato” delle domande d’asilo, la cosiddetta “procedura di frontiera”. Secondo il testo, se un richiedente asilo arriva da un paese considerato sicuro dal governo sarà trasferito dall’hotspot in un centro di detenzione, in attesa che la sua domanda d’asilo sia esaminata. La procedura “accelerata” dovrebbe portare a una risposta entro 28 giorni. Al momento i paesi considerati sicuri sono quindici, tra cui la Tunisia, la Costa d’Avorio e la Nigeria.

      Fare una fideiussione bancaria di quasi cinquemila euro permetterebbe ai migranti di evitare la detenzione. La cifra è stata calcolata stimando le spese di alloggio per un mese, quelle quotidiane e quelle per il volo di rimpatrio, secondo quanto riportato nel decreto. Ma la misura è stata accusata di essere contraria alla costituzione e alle leggi nazionali e internazionali sul diritto d’asilo.

      Secondo il giurista Fulvio Vassallo Paleologo, si tratta di “una norma manifesto, odiosa, ma inapplicabile, dietro la quale si nascondono procedure accelerate che cancellano il diritto d’asilo e rendono le garanzie della difesa applicabili solo sulla carta, anche a causa dell’uso generalizzato delle videoconferenze, e delle difficoltà per i difensori di ottenere tempestivamente la documentazione relativa al richiedente asilo da assistere in sede di convalida o per un ricorso contro la decisione di rigetto della domanda”.

      Con quest’ultimo atto il governo sembra voler fare concorrenza ai trafficanti

      Secondo Caterina Bove, avvocata ed esperta d’immigrazione dell’Associazione studi giuridici sull’immigrazione (Asgi), prevedere questa fideiussione è contrario ai principi della costituzione italiana sulla libertà personale: “La fideiussione richiesta è talmente alta che difficilmente un richiedente asilo potrà versarla. L’assenza di risorse finanziarie non può comportare il trattenimento, l’accoglienza dev’essere garantita a tutti, non solo a chi può permettersi di pagare. Questo è quello che dicono le direttive europee”.

      Bove dice che la Corte di giustizia dell’Unione europea si è espressa su questo: “In una sentenza del 14 maggio 2020 ha già escluso che un richiedente asilo possa essere trattenuto perché non ha le garanzie finanziarie richieste”.

      “Sfido a trovare una persona che arrivi dalla Libia, dalla Tunisia o dalla rotta balcanica, capace di attivare una fideiussione di quel valore in Italia o in qualsiasi altro paese nel tempo previsto dal decreto”, ha commentato Filippo Miraglia, responsabile immigrazione dell’Arci.

      “Con quest’ultimo atto”, conclude Miraglia, “il governo sembra voler fare concorrenza ai trafficanti, e non per proporre vie legali per venire in Italia, cosa che sarebbe auspicabile, ma chiedendo soldi per liberare i migranti dai centri di detenzione, proprio come fanno le milizie in Libia e non solo”.

      Cpr e rimpatri

      Il decreto approvato dal governo il 19 settembre prevede anche l’estensione della durata massima dei tempi di trattenimento degli stranieri nei centri di permanenza per il rimpatrio (Cpr).

      In Italia questi centri sono stati istituiti nel 1998 e nel corso degli anni sono stati gradualmente chiusi a causa di problemi strutturali e per le numerose denunce di violazione dei diritti umani e di trattamenti inumani. Ma dal 2o17 sono stati riaperti e c’è il progetto di espanderli. Il governo Meloni ha promesso di costruirne uno in ogni regione, suscitando polemiche e sconcerto negli amministratori locali, che conoscono i costi e i problemi sanitari e di ordine pubblico legati a queste strutture.

      Andrea Oleandri, direttore di Cild, che ha curato un rapporto sui Cpr definendoli Buchi neri, spiega che i centri sono stati gradualmente chiusi perché sono inefficienti e molto costosi: “L’ultimo bando di gara del ministero dell’interno ci dice che dieci centri per il rimpatrio costano allo stato più di cinquanta milioni di euro. Al momento ne sono attivi nove, perché nel frattempo il Cpr di Torino è stato chiuso. Noi l’abbiamo definito un affare, perché la gestione di questi centri è privata. E la detenzione amministrativa spesso è nelle mani di grandi multinazionali, che tagliano le spese a discapito dei servizi.L’anno scorso sono passate nei centri circa cinquemila persone e solo tremila sono state rimpatriate”.

      Nei Cpr finiscono le persone che sono trovate sul territorio italiano senza avere il permesso di soggiorno in regola. Nelle strutture si dovrebbe procedere alla loro identificazione ed eventuale espulsione. “Sono persone che non hanno commesso reati”, spiega Oleandri. La durata massima del trattenimento è stata più volte modificata, ma gli esperti sostengono che non abbia alcuna influenza sul tasso di rimpatri.

      Come spiega Oleandri: “La questione non è nei tempi, quanto nell’inutilità dei Cpr”. Secondo il rapporto di Cild, solo una persona su due fra quelle trattenute è rimpatriata, perché gli accordi di rimpatrio con i paesi di origine sono pochi, una situazione che prescinde dalla durata del trattenimento.

      “Nel 2014 il tempo massimo che si poteva stare in un Cpr era di diciotto mesi, ma il tasso di rimpatrio delle persone che ci finivano era del 50 per cento, come quando la durata era di novanta giorni. I migranti sono rimpatriati subito, se ci sono degli accordi. Altrimenti non si possono rimpatriare, quindi rimangono nel centro fino allo scadere dei tempi e poi sono rilasciati”, spiega Oleandri. “Trattenere persone che non sono rimpatriabili è inutile e anche illegittimo”, continua.

      “Sembra che il governo abbia ritirato fuori i Cpr in un momento di difficoltà per far vedere che sta facendo qualcosa sul tema dell’immigrazione, che tuttavia è molto più complesso e non c’entra molto con i centri d’espulsione”, conclude Oleandri.

      https://www.internazionale.it/essenziale/notizie/annalisa-camilli/2023/09/26/centri-reclusione-migranti-cinquemila-euro

    • Turning the Exception into the Rule

      Citation:

      Finally, the law specifies that asylum seekers are to be detained unless they submit a passport (or equivalent document) or provide a financial guarantee of € 4,938.00. This amount was allegedly calculated with reference to the cost of suitable accommodation, repatriation, and minimum means of subsistence. The sum can be provided through a bank guarantee or an insurance policy, but solely by the asylum seekers themselves, not by third parties.
      (...)

      Finally, the Catania Tribunal argued that the financial guarantee to avoid detention is contrary to EU law. The Tribunal observed that the guarantee is not used as an alternative measure to detention, but rather as an ‚administrative requirement‘ that, if not complied with, leads to detention. According to the judge, this renders it incompatible with Articles 8 and 9 of the Reception Directive 2013/33 which “preclude[s] an applicant for international protection being placed in detention on the sole ground that he or she is unable to provide for his or her needs.”(at 256).

      As rightly noted by Savino, EU law does not prohibit the use of financial guarantees; to the contrary, Article 8(4) mentions it as a legitimate alternative to detention. However, both scholars and the European Asylum Agency maintain that the guarantee shall be proportionate to the means of the applicant in order to avoid discriminatory effects. The EUAA Guidelines on asylum seeker detention further specify that:

      “the amount should be tailored to individual circumstances, and therefore be reasonable given the particular situation of asylum seekers, and not so high as to lead to discrimination against persons with limited funds. Any failure to be able to do so resulting in detention (or its continuation), would suggest that the system is arbitrary.”

      It is doubtful whether the financial guarantee in its current legal design can be considered an “effective” alternative to detention (Art.8(4)). Its high amount (€4,938.00) and procedural requirements make it practically impossible for asylum applicants to rely upon it. In particular, they are required to deposit the sum upon arrival, through a bank guarantee or an insurance policy, which are concretely impossible for them to obtain. Moreover, the financial guarantee is the only alternative to detention provided by the new Italian law, while migrants detained under other circumstances can rely upon more alternative measures.

      Taken together, it means that the measure is designed in a discriminatory way and is neither effective nor proportionate.

      https://seenthis.net/messages/1018938#message1023987

  • À #Montagnac, le maire balance sa source à #Cristaline

    Pour 30 000 euros, la marque est en passe de mettre la main sur une gigantesque masse d’eau près de #Béziers. Dans une zone frappée de plein fouet par les #sécheresses.

    Au début du printemps, au sortir d’une sécheresse hivernale inédite (lire l’épisode 1, « Eau, rage et désespoir » : https://lesjours.fr/obsessions/eau-guerres/ep1-macron-bassines), certains habitants d’#Occitanie ont appelé à l’aide leurs divinités pour faire venir la pluie. Ç’a été le cas à #Perpignan, mais aussi dans l’#Hérault, dans le village de #Corneilhan, près de Béziers. Le 30 mars, un cortège mené par un curé avait transporté une statue de Marie en plein cagnard pendant deux kilomètres et demi. Le #cortège, racontait alors France Bleu, s’était arrêté pour prier dans les vignes. Un viticulteur avait expliqué : « L’eau, on en manque. Donc, je demande au bon #Dieu de nous l’envoyer. Les politiques ne sont pas encore capables de faire tomber la pluie. Donc à part lui, je ne vois pas ! »

    Tout cela en vain, puisque la pluie ne s’est que peu montrée, en dehors de quelques averses en juin. Puis certaines communes alentour ont affronté l’angoisse du robinet à sec, le #lac_du_Salagou a connu son plus bas niveau depuis vingt ans, tandis que mi-août, un arrêté préfectoral plaçait pour la première fois les communes limitrophes de l’#étang_de_Thau en état de « #crise », seuil maximal de #restriction des usages face à la #sécheresse. En clair, l’#eau est rare dans le coin. Mais elle n’est pas forcément chère.

    L’association #Veille_Eau_Grain estime qu’il y a de quoi fournir de l’#eau_potable à 20 000 habitants pendant quinze ans

    C’est ce qu’on découvert les 4 000 habitants de Montagnac, à une trentaine de kilomètres au nord-est de #Corneilhan. Fin 2022 ils ont appris, un peu par hasard vous le verrez, que leur mairie avait décidé de vendre pour à peine 30 000 euros une parcelle dotée d’un #forage qui plonge à 1 500 mètres sous terre, jusqu’à une masse d’eau gigantesque. À l’abandon aujourd’hui, le #puits pourrait, moyennant de gros travaux, donner accès à cette #nappe_d’eau_souterraine de qualité et dont les volumes suscitent bien des convoitises. L’association Veille Eau Grain, née contre la vente de ce forage, a depuis réuni des informations permettant d’estimer qu’il y a là de quoi fournir de l’eau potable à 20 000 habitants pendant quinze ans !

    La générosité municipale est d’autant plus étonnante que le futur acquéreur n’est pas sans le sou : il s’agit de la #Compagnie_générale_d’eaux_de_source, une filiale du géant #Sources_Alma, connu pour ses bouteilles #Saint-Yorre, #Vichy_Célestins et surtout Cristaline. Cette dernière eau, née en 1992 et numéro 1 en #France aujourd’hui, est une simple marque et s’abreuve à 21 sources différentes dans l’Hexagone – et même en Allemagne et au Luxembourg. À Montagnac et en particulier dans le secteur où est situé le forage, elle est plébiscitée. Voisin, viticulteur et fondateur de l’association Veille Eau Grain, #Christophe_Savary_de_Beauregard s’en explique : « La zone qu’on habite est quasiment désertique, nous n’avons pas l’eau potable. L’eau, on l’achète, et celle qu’on choisit, c’est la Cristaline parce que c’est la moins chère. » Cruel.

    Comment expliquer une telle vente ? Cristaline et Alma ont été pointés du doigt pour leurs méthodes commerciales et pour leur capacité à obtenir les faveurs des autorités locales, le tout, selon leurs détracteurs, grâce à du #chantage à l’#emploi. Les généreuses #dérogations_préfectorales accordées à Cristaline pour des #prélèvements d’eau dans les #Pays-de-la-Loire ont aussi été dénoncées en 2018 par les représentants locaux du Mouvement national de lutte pour l’environnement. Rien de tout ça ici, semble-t-il, puisque c’est la mairie de Montagnac elle-même qui a démarché #Alma. C’est en tout cas ce que l’équipe de communication du géant de la bouteille nous a affirmé par écrit.

    Des #viticulteurs ont raconté avoir été démarchés par des intermédiaires pour autoriser le passage de tuyaux et de canalisations menant jusqu’à une future usine. C’est là qu’on a découvert que le conseil municipal avait voté la vente du forage.
    Christophe Savary de Beauregard, fondateur de l’association Veille Eau Grain

    Après plusieurs sollicitations en juillet et en septembre, #Yann_Llopis, le maire de Montagnac, nous a fait savoir qu’il refusait de répondre à la presse – lui qui ne rechigne pourtant pas à parler de lui et de sa « préoccupation » pour l’environnement sur le site de la ville. On ne saura donc pas s’il a vendu à vil #prix l’eau de sa commune dans l’espoir de #retombées_fiscales et de créations d’emplois. Ce silence n’étonnera pas les riverains, qui disent n’avoir à aucun moment été informés par l’édile et son équipe des tractations avec le groupe Alma. Christophe Savary de Beauregard raconte avoir découvert par hasard la décision du #conseil_municipal actant la vente de la parcelle et du forage : « Fin 2022, des viticulteurs nous ont raconté qu’ils avaient été démarchés par des intermédiaires, afin d’autoriser le passage sur le terrain de tuyaux et de canalisations venant du forage et menant jusqu’à une future usine. On s’est renseignés, et c’est là qu’on a découvert qu’en septembre le conseil municipal avait délibéré et voté pour la vente du terrain et du forage au groupe Alma. »

    Habitant de Montagnac, le conseiller régional socialiste René Moreno confirme et dénonce ce manque de transparence, avant de dresser une chronologie de ce forage qu’il connaît bien. Creusé en 1980 par deux entrepreneurs locaux, il est devenu propriété de l’État à la mort de ces derniers, en 2018. La parcelle et son forage ont alors été mis en vente sous le contrôle d’une instance locale, le comité technique de la #Safer (Société d’aménagement foncier et d’établissement rural), dont l’élu est membre. « À l’époque, il y avait plusieurs projets de reprise, dont celui de la mairie de Montagnac qui avait pour ambition de le destiner à un élevage privé d’esturgeons, se souvient René Moreno. Ce genre d’élevage est consommateur d’eau mais dans de faibles quantités. J’ai insisté pour que la mairie obtienne le forage. » Il obtiendra gain de cause.

    Après l’achat de la parcelle par la mairie (pour la somme de 30 000 euros, déjà), les porteurs du projet d’élevage d’esturgeons ont malheureusement baissé les bras. La mairie s’est alors retrouvée le bec dans l’eau, selon le service de communication du groupe Alma. Celui-ci indique par mail que si celle-ci ne vend pas le forage aujourd’hui, elle devra assumer les coûts de son obturation (qu’il estime à 300 000 euros) ou de sa remise en service (on dépasserait alors les 500 000 euros). René Moreno assure de son côté que ces sommes, si elles étaient avérées, pourraient être déboursées en partie par l’État ou d’autres collectivités, afin de préserver la précieuse ressource souterraine ou la destiner aux populations locales en cas de crise.

    Le projet actuel est on ne peut plus à l’opposé : construire une gigantesque #usine privée d’#embouteillage d’#eau_minérale pour une grande marque, occasionnant quelques joyeusetés comme l’artificialisation de plusieurs milliers de mètres carrés ou le passage quotidien de plusieurs dizaines de camions pour le transport des packs. Une perspective qui inquiète les riverains, tout autant que la réputation sulfureuse du groupe. Une enquête de Médiacités publiée en décembre 2022 a, par exemple, révélé que 13 de ses 34 usines françaises avaient été épinglées par les services de l’État depuis 2010 : non-conformités, contaminations, pollution de ruisseau et mêmes fraudes…

    Derrière Cristaline, deux hommes à la réputation sulfureuse : le milliardaire #Pierre_Castel et #Pierre_Papillaud, le visage des pubs télé Rozana

    Quant aux créateurs de Cristaline, ils se signalent autant par leurs succès que par leurs casseroles. Le milliardaire Pierre Castel, l’un des dix Français les plus riches, a été condamné pour avoir abrité son immense fortune – faite dans la bière en Afrique et dans le vin partout dans le monde (les cavistes Nicolas, la marque Baron de Lestac…) – dans des #paradis_fiscaux. Il apparaît dans les listings des « Pandora Papers ». Son groupe est en prime visé par une enquête du parquet antiterroriste pour « complicité de crimes contre l’humanité » et « complicité de crimes de guerre » parce qu’il aurait financé en Centrafrique une milice coupables d’exactions en masse. Pierre Castel a vendu ses parts à son compère Pierre Papillaud en 2008. Celui-ci, dont vous avez vu la tête dans les pubs télé pour la marque d’eau gazeuse #Rozana, a été accusé par d’anciens salariés de méthodes managériales violentes et de harcèlement moral, et condamné pour une campagne de dénigrement de l’eau du robinet. Il apparaît, lui, dans les listings des « Panama Papers ». Il est décédé en 2017.

    C’est face à ce groupe que se dressent la vingtaine de membres de l’association Veille Eau Grain. Ceux-ci ont entamé une procédure devant le tribunal administratif pour faire annuler la délibération du conseil municipal de Montagnac concernant la vente du forage, arguant que cette décision a été prise sans informer la population et à partir d’un corpus de documents trop limité pour juger de sa pertinence. Ce n’est que le début du combat. L’exploitation du forage est soumise à une étude d’impact environnementale, qui, selon le groupe Alma, a démarré en juillet et durera dix-huit mois.

    https://lesjours.fr/obsessions/eau-guerres/ep7-montagnac-cristaline

    #accès_à_l'eau #impact_environnemental

    voir aussi :
    https://seenthis.net/messages/1016901

  • Les ouvriers sans-papiers sur les chantiers, la face sombre des JO de Paris Raphaël Grand - RTS

    Dans moins d’un an, Paris accueillera les Jeux olympiques et paralympiques d’été. La France promet des joutes exemplaires. Mais des ouvriers sans-papiers ont été identifiés sur les chantiers, embarrassant les autorités. Mise au Point a mené l’enquête.

    « Les yeux du monde vont être rivés sur Paris. On veut montrer qu’on peut faire du plus grand événement du monde un événement responsable et en lien avec son époque. » Pierre Rabadan, adjoint à la Mairie de Paris en charge des Jeux olympiques et paralympiques, a rappelé dimanche dans Mise au Point la volonté d’exemplarité affichée par les autorités françaises.

    « Tout le monde le sait, mais personne n’en parle, parce que ça les arrange. Tu travailles, tu fais ce qu’ils te demandent de faire. Sinon tu prends tes affaires et ils mettent quelqu’un d’autre à ta place », témoigne ainsi Cempara* devant les caméras de la RTS.

    Une question taboue
    Livrer les ouvrages à temps pour les Jeux olympiques est une véritable course contre la montre. « C’est le plus grand chantier monosite d’Europe. C’est absolument hors normes quand on regarde la vitesse d’exécution », témoigne Antoine du Souich, directeur de la stratégie et de l’innovation pour la SOLIDEO, la Société de livraison des ouvrages olympiques. Conséquence, pour livrer ce projet dans les temps, il faut beaucoup de main d’œuvre.

    Dans une antenne locale de la CGT à Bobigny, l’un des plus grands syndicats de France, où s’organisent plusieurs fois par mois des permanences pour travailleurs sans-papiers, la RTS a rencontré plusieurs ouvriers employés sur les chantiers des JO. Mais la situation des uns et des autres reste taboue.

    « Personne ne demande à son collègue s’il a un papier ou non. On ne parle jamais de ça sur les chantiers. Entre nous, on dit que c’est un code. Ils m’ont recruté comme manœuvre, mais on fait tout sur le chantier : nettoyage, rangement, marteau-piqueur, maçonnerie, tout… Tu as plein de choses à faire », témoigne Cempara*.
    Ils profitent de nous, vraiment, ça fait mal. Nous aussi on travaille sans-papiers, on est comme au Qatar
    Gaye*, travailleur sans-papiers sur les chantiers de jeux Olympiques de Paris

    Et pour être embauché sur les chantiers, Cempara a utilisé un alias, en louant une identité légale. « C’est un business. C’est un faux nom que j’ai fourni pour avoir le badge sans lequel tu ne peux pas rentrer sur le chantier. Je pointe comme tout le monde, il n’y a pas de différence si tu as ce badge », explique-t-il.

    Ces ouvriers parfois sans contrat, engagés sous de fausses identités, sont difficiles à détecter. « Quand on a su que Paris avait été désigné pour accueillir les Jeux olympiques, on s’est dit que ça allait nous faire du travail », explique Jean-Albert Guidou, secrétaire général de la CGT à Bobigny.

    Dénoncé, puis renvoyé
    Du travail, Gaye en a trouvé dans un premier temps sur les chantiers. Il maniait le marteau piqueur et coulait le béton. Un moyen de gagner un peu d’argent, qu’il envoyait à sa famille restée au Mali. « Quand je travaillais huit heures, je gagnais 80 euros. Mais je travaillais aussi 10, 12 heures, toujours pour 80 euros. Il n’y a pas d’heures supplémentaires et quand tu expliques ça au patron, il te répond : ’si tu veux travailler, tu travailles, sinon tu peux t’en aller et on va appeler une autre personne’. Il sait qu’il y a plein de sans-papiers… Ils profitent de nous, ça fait mal. Nous aussi on travaille sans papiers, on est comme au Qatar », compare-t-il.

    C’est ce que j’appelle de la ’chair à chantier’. Ils ne sont pas déclarés, n’ont pas de cotisations sociales, pas de congés payés... Il y a du travail : tu bosses. Il n’y a plus de travail, tu restes chez toi et tu n’es pas payé
    Jean-Albert Guidou, secrétaire général de la CGT à Bobigny

    Gaye a fini par perdre son travail sur les chantiers des JO après une dénonciation par l’inspection du travail. Son patron l’a renvoyé, il est aujourd’hui sans-papiers et sans emploi. « Il n’est pas trafiquant, il n’est pas dans un réseau. Il n’est qu’un ouvrier qui travaillait depuis des années sur les chantiers, en train de se fatiguer la vie », le défend Jean-Albert Guidou.

    « C’est ce que j’appelle de la ’chair à chantier’. Ils ne sont pas déclarés, n’ont pas de cotisations sociales, pas de congés payés... Il y a du travail : tu bosses. Il n’y a plus de travail, tu restes chez toi et tu n’es pas payé. La personne est interchangeable. Si elle a un accident, on prend la voiture, on la dépose deux kilomètres plus loin et on lui dit de se débrouiller toute seule, sans dire que c’est un accident de travail, ni pour qui elle travaille », raconte le secrétaire général de la CGT à Bobigny.

    Des boîtes aux lettres vides
    Il est difficile de savoir pour qui ces personnes travaillent. Mais la SOLIDEO confirme la présence de travailleurs sans-papiers au cœur des sites olympiques sur des chantiers où se côtoient jusqu’à 3500 ouvriers. « On a été surpris de voir du travail illégal sur nos chantiers, même si on sait que c’est une pratique qui a cours. Il y a plus de 2000 entreprises mobilisées sur les ouvrages olympiques, mais l’immense majorité ne triche pas. On a sanctionné les quatre ou cinq entreprises pour lesquelles on a constaté des manquements au droit et on a amplifié les contrôles », explique Antoine du Souich.

    Selon Solideo, la société qui chapeaute les chantiers olympiques, seules 4 à 5 entreprises sur 2000 ont été épinglées pour travail illégal. [RTS]

    Contrôler et punir les tricheurs, la tâche est complexe. Car derrière les grands noms de la construction se cachent une myriade de petites entreprise sous-traitantes qui proposent de la main d’œuvre bon marché. Mise au Point a cherché en vain à rencontrer ces patrons qui emploient des travailleurs sans-papiers. Mais les adresses des entreprises épinglées par l’inspection du travail mènent en banlieue, devant des locaux vides et de simples boîtes aux lettres. Il est donc impossible d’atteindre ces entreprises fantômes, ni de savoir combien ils sont encore à travailler sans-papiers sur les chantiers.

    Mais des lueurs d’espoir existent : Cempara et Gaye sont par exemple désormais en procédure de régularisation. Et ils ont assigné en justice plusieurs géants de la construction, pour ne plus rester dans l’ombre de la flamme olympique.

    #travail #ps #anne_hidalgo #hidalgo #ouvriers #chantiers #sans-papiers #immobilier #béton #Paris #saccageparis #ville_de_paris #jo #jeux_olympiques #JO2024 #paris2024 #clandestinité #migrants

    Source : https://www.rts.ch/info/monde/14303366-les-ouvriers-sanspapiers-sur-les-chantiers-la-face-sombre-des-jo-de-par

  • « Replacer les disparus parmi les vivants » - Les mots sont importants (lmsi.net)

    Un bel entretien avec l’amie Irène Bonnaud

    https://lmsi.net/Replacer-les-disparus-parmi-les-vivants

    Du 9 au 30 septembre, le Théâtre du soleil accueille, pour le spectacle C’était un samedi, le KET, un très important lieu de création artistique et de résistance politique fondé et animé par Dimitris Alexakis et Fotini Banou à Athènes. C’est au KET qu’a été monté ce spectacle consacré à l’histoire et à la déportation de la communauté romaniote de Ioannina, l’une des plus anciennes communautés juives d’Europe : « Conçue et mise en scène par la traductrice et metteure en scène Irène Bonnaud, la partition interprétée par l’artiste grecque exhume avec délicatesse la tragédie d’hier pour replacer les disparus parmi les vivants », écrit Anaïs Heluin. « Et tout cela au travers d’un simple monologue », écrit quant à lui George Sarigiannis : « la sensationnelle Fotini Banou, parmi onze petites sculptures expressives de Clio Makris, suscite des frissons d’émotion », tout au long d’un spectacle « ponctué de chants qu’elle interprète d’une voix cristalline, a cappella — romaniotes, séfarades, chants de l’Épire, rébétiko — et qui décuplent l’émotion ». « Ce "petit" spectacle », conclut George Sarigiannis, est un événement. Il faut absolument le voir ! J’espère qu’il sera repris et qu’il voyagera. » En guise d’introduction à ce spectacle que nous avions vu lors d’une précédente tournée l’an dernier, et que nous recommandons vivement nous aussi, nous reproduisons un entretien donné par la metteuse en scène Irène Bonnaud.

    #théâtre

    • C’était un samedi, entretien

      Les archéologues peuvent attester d’une présence juive en Grèce dès le troisième siècle avant l’ère chrétienne. On a trouvé des restes de synagogue sur l’île de Delos. Il y avait sûrement des communautés importantes dès l’époque hellénistique. Mais la légende locale à #Ioannina veut que ce soit Titus qui ait embarqué des Juifs de Palestine pour les vendre comme esclaves : le bateau aurait fait naufrage sur les côtes d’Epire et ces captifs juifs auraient fondé la ville. La plupart des historiens pensent qu’en vérité, ce sont des communautés installés plus au Sud de l’Epire, à Nikopolis par exemple, vers Preveza, ou Arta, qui se sont réfugiées à Ioannina pendant les guerres qui agitaient le Haut-Empire byzantin.

      C’est pour ça que la communauté de Ioannina est appelée « #romaniote », romaine : ça veut dire qu’elle était sujette de l’Empire romain d’Orient, qu’elle était byzantine, de langue grecque.

      Peut-être parce que Ioannina est une ville difficile d’accès, entourée par les hautes montagnes de l’Epire, peut-être par conservatisme provincial, son particularisme est resté fort alors que la plupart des communautés juives en Grèce avaient depuis longtemps adopté les rites séfarades. Avec l’arrivée dans les Balkans des Juifs chassés d’Espagne, puis du Portugal à partir du quinzième siècle, les petites communautés juives de Grèce se sont mises à parler judéo-espagnol, mais à quelques endroits, les rites romaniotes, et une #langue_judéo- grecque, du grec écrit en caractères hébreux, se sont maintenus : à Ioannina, à Chania en Crète, en Eubée, dans d’autres villes d’Epire comme Arta ou Preveza.

      [...] Les historiens estiment que 85% de la communauté juive grecque a été déportée et tuée. Bien sûr, c’est un petit pays, mais on parle d’une proportion de disparus aussi terrible qu’en Pologne ou en Lituanie.

      #histoire #extermination #chant #juifs

    • si vous êtes ou passez dans le coin de Paris, c’est « à ne pas manquer »

      Entourée de figurines en terre cuite réalisées par l’artiste d’origine grecque Clio Makris, Fotini Banou commence par chanter. Elle chantera souvent dans C’était un samedi, des morceaux de la communauté romaniote aux sonorités byzantines et d’autres en judéo-espagnol. À la manière d’une conteuse, elle porte aussi dans la première partie de la pièce une nouvelle de Dimitris Hadzis (1913-1981), un « communiste mélancolique » qu’Irène Bonnaud considère comme le plus grand écrivain grec. Le texte, qui décrit l’amitié de deux hommes de Ioannina, où vivaient les Romaniotes, prend vie au contact des sculptures. Il laisse bientôt place à des témoignages recueillis par Irène Bonnaud, parmi des rescapés rencontrés en Grèce, aux États-Unis et en Israël. En ramenant parmi nous une tragédie passée, C’était un samedi fait puissamment écho à la situation de la Grèce d’aujourd’hui.


      https://www.journal-laterrasse.fr/cetait-un-samedi-mis-en-scene-par-irene-bonnaud-nous-parle-des-ro

      #Dimitris_Hadzis #Marcel_Nadjary, #romaniotes #Auschwitz-Birkenau

    • C’était un samedi - Ressusciter la mémoire romaniote, un entretien filmé avec Irène Bonnaud

      "il ont quand même réussi à détruire un crématoire à Birkenau"
      https://akadem.org/magazine/magazine-culturel-2022-2023/ressusciter-la-memoire-romaniote/46863.php
      #audio #vidéo

      edit 30.9/2023 « Depuis Yom Kipour, le site Akadem fait face à une attaque massive.
      Cette agression d’une violence sans précédent a été lancée durant ce jour solennel ; une parfaite maîtrise du calendrier juif qui ne laisse aucun doute sur les motivations de ses auteurs.
      Toutes nos équipes sont actuellement mobilisées afin de rétablir au plus vite notre plateforme et l’ensemble de ses contenus.
      Akadem ne se laisse pas intimider : cette attaque immonde renforce notre détermination à mener à bien notre mission éditoriale. »

      l’entretien avec Irène Bonaud
      https://www.youtube.com/watch?v=XQMsO1Inw2Q

    • « C’était un samedi », plongée dans le massacre des juifs grecs durant la Shoah
      https://www.lemonde.fr/culture/article/2023/09/12/c-etait-un-samedi-plongee-dans-le-massacre-des-juifs-grecs-durant-la-shoah_6

      Irène Bonnaud met en scène, au Théâtre du Soleil, à Paris, l’occupation de la Grèce par les nazis, la déportation de la communauté juive et ses actions de résistance.Par Joëlle Gayot

      On ne perd jamais son temps au théâtre lorsqu’on y apprend des faits qu’on ne connaissait pas ou mal. C’était un samedi, que met en scène Irène Bonnaud au Théâtre du Soleil, à Paris, ravive un pan majeur de l’histoire du XXe siècle : l’extermination des juifs grecs par les nazis. Quatre-vingt-cinq pour cent de la communauté ont péri dans les camps. Ce sont pourtant ces déportés du Sonderkommando (unité de prisonniers forcés à participer au processus d’extermination) d’Auschwitz-Birkenau (Pologne) qui, le 7 octobre 1944, se révoltaient et détruisaient un four crématoire avec des outils de fortune.

      Ce que Primo Levi (1919-1987), détenu au même moment à Auschwitz III, commentait en ces termes : « Quelques centaines d’hommes, esclaves sans défense et sans force comme nous, ont trouvé en eux-mêmes l’énergie nécessaire pour agir. » Et c’est à l’un d’entre eux, Alberto Errera (1913-1944), que l’on doit l’existence de quatre photographies prises clandestinement à l’intérieur du camp. Ces gestes de résistance et de courage viennent conclure la représentation, comme le rappel d’une révolte possible même lorsqu’elle est suicidaire. Comme s’il s’agissait, pour Irène Bonnaud, de tordre le cou au tragique.

      Son spectacle est conçu en deux temps. D’abord un prologue avec le récit de l’écrivain grec Dimitris Hatzis (1913-1981), qui raconte la vie d’avant la Shoah, à Ioannina, dans la région de l’Epire (Grèce). Un quotidien bien ordonné, où juifs et chrétiens cohabitent mais où, déjà, l’inquiétude gagne. La nouvelle s’achève par la rupture entre Joseph Eliyia, un jeune poète communiste [qui organise, à Ionannina ! un hommage à Rosa Luxembourg !], et Sabethaï Kabilis, son « mentor ». Ce responsable autoproclamé du quartier juif chasse son élève plutôt que de le voir propager des mots qui menaceraient l’équilibre des siens.

      Témoignages conservés

      Disposées sur la scène, les marionnettes, conçues par l’artiste Clio Makris, ne bougent pas. Mais le sol, sous elles, s’affole littéralement. On distingue les images en noir et blanc d’une guerre qui se prépare : vision de soldats allemands défilant au pas cadencé, visage d’Adolf Hitler (1889-1945) haranguant les foules. Fotini Banou, l’actrice grecque qui porte le spectacle (surtitré), fait alors silence. Une autre séquence de jeu l’attend. Elle est écrite par Irène Bonnaud, partie en chasse des témoignages conservés des derniers survivants de la Shoah.

      Alors commence une sarabande infernale où les événements s’enchaînent avec une précision d’horloger : l’arrivée de l’armée allemande dans la ville d’Ioannina ; l’occupation de Thessalonique (Grèce) ; le début des humiliations (qui avaient souvent lieu le jour du shabbat, d’où le titre C’était un samedi) ; la résistance des jeunes, celle des communistes, l’aveuglement des notables, qui tentent de négocier avec les nazis, les réquisitions des maisons, la déportation et l’extermination.

      Ponctuée de chansons interprétées par Fotini Banou, la représentation se lance à pleine vitesse dans l’énoncé du pire. Elle le fait brutalement, en s’arc-boutant sur des dates, des chiffres et des noms. Il ne s’en dégage aucune émotion. Juste l’urgence de faire entendre les faits, pour que le drame ne tombe pas dans l’oubli. C’est cette nécessité et sa mise en œuvre rageuse que l’on retient avant tout de ce spectacle mémoriel où le théâtre pèche souvent par maladresse, quand le propos a, pour sa part, le tranchant d’une lame affûtée.

  • Shaliyte, shaliyte, skazheny kati !

    « Shaliyte, shaliyte, skazheny kati ! » – est un chant révolutionnaire d’Ukraine composé par le critique littéraire Oleksandr Kolessa en 1889.

    Il est apparu lors des soulèvements étudiants, dans les années où la Galicie était sous domination austro-hongroise. La chanson a été immédiatement reprise par les étudiants de l’université de Lviv car elle était écrite en ukrainien et incarnait la ferveur révolutionnaire et la soif d’un monde juste.

    Les paroles de la chanson ont été chantées par le « Varangian Choir » du compositeur de Lviv A. Vakhnyanyn, alors très populaire, sur la pièce historique « Yaropolk » de K. Ustianovych.

    https://entreleslignesentrelesmots.wordpress.com/2023/08/13/shaliyte-shaliyte-skazheny-kati

    #histoire #chant #ukraine

  • « Après la lecture de cet ouvrage sur les chants inuits, on ne pourra qu’admirer l’incroyable sens de l’à-propos du prince Charles et de Camilla »
    https://www.lemonde.fr/series-d-ete/article/2023/08/04/apres-la-lecture-de-cet-ouvrage-sur-les-chants-inuits-on-ne-pourra-qu-admire


    « La Musique qui vient du froid », de Jean-Jacques Nattiez (Presses universitaires de Montréal, 2022).
    LEA GIRARDOT

    « La bibliothèque insolite de Mara Goyet » (5/23). Surprise par le rire, en 2017, du futur couple royal britannique face au chant de deux femmes inuites, l’autrice s’intéresse à cette pratique traditionnelle et à ses modalités dans «  La Musique qui vient du froid  ».

    Depuis toute petite, j’apprécie le prince Charles, aujourd’hui Charles III. Rien de ce qui le concerne ne m’échappe. Evidemment, je connais les fragilités qui m’ont menée à ce choix quand Diana aurait été un parti raisonnable : il était le mal-aimé, le ridicule, l’éternel dauphin, etc. J’ai voulu compenser.

    J’ai néanmoins été surprise par quelques fautes de goût de sa part, notamment ce fou rire au Canada, en 2017, lancé par Camilla, à l’écoute de deux femmes inuites exécutant un chant sans doute exotique à leurs oreilles. Comment quelqu’un qui se fait repasser ses lacets, se promène dans le Commonwealth comme dans un jardin depuis sa naissance et demande que l’on applique le dentifrice sur sa brosse à dents peut-il s’abaisser à un tel manque de tact, à un tel impair ? A une telle beauferie, en somme. Quand on est un prince anglais, on ne rigole pas devant une musique parce qu’elle ne ressemble pas à du Purcell, on bouffe des sauterelles en silence et l’on revêt quantité de coiffes avec le sourire. C’est son travail et son devoir.

    Evidemment, une forme de complaisance nous conduirait à voir dans ce fou rire un soupçon d’humanité. Mais je m’y refuse. J’ai d’ailleurs bien fait car, en lisant La Musique qui vient du froid. Arts, chants et danses des Inuits (Presses universitaires de Montréal, 2022), de Jean-Jacques Nattiez, j’ai pu en apprendre davantage sur ces chants que l’on décrit comme « haletés ». On les retrouve principalement au Canada, ils sont « caractérisés par l’alternance de l’expiration et de l’inspiration ». Ce qui peut les rendre un peu obscènes, du moins si l’on vit dans l’univers lubrique de Camilla et Charles. Ils sont par ailleurs « essentiellement réservés aux femmes ».

    Joutes vocales
    Ces chants permettent aux partenaires de démontrer leur capacité d’endurance au moyen de jeux narratifs que l’on fait durer, combine, juxtapose, enchaîne et répète. Parfois s’ajoutent des sons voisés (ou non) et des intonations diverses qui s’organisent autour d’un pattern rythmique constant.

    Ces joutes vocales doivent divertir mais aussi offrir la possibilité de surmonter les conflits : elles ne doivent pas entrer en opposition avec celles de l’adversaire. On parle à ce titre de chant ordalique. La gagnante sera celle qui utilisera les motifs les plus difficiles et les plus beaux. Quant à la perdante, elle se retrouvera souvent ridiculisée au cours de l’échange. L’humour n’est donc pas étranger à ces jeux de gorge, qui se terminent souvent par des éclats de rire. Dans un esprit similaire, au Groenland, on utilise des « bâtons de taquinerie ».

    reste 20% derrière le #paywall

  • [La Dkassette] Juillet 2023
    https://www.radiopanik.org/emissions/la-dkassette/juillet-2023

    Pour cette Dkassette estivale nous partirons à la rencontre de la Dkipe #chantier, qui a fait d’un ancien entrepôt le lieu qu’est devenu le #dk et en assure aujourd’hui l’entretien, la maintenance et l’embellissement.

    Camille, fidèle au poste, nous fera quant à elle part du #dkagenda des activités et événements à venir au 70b, rue de danemark à Saint-Gilles !

    Bonne écoute à tou.te.s !

    #travaux #actrices_et_acteurs_des_temps_présents #aadtp #acteurices #travaux,chantier,actrices_et_acteurs_des_temps_présents,dk,aadtp,dkagenda,acteurices
    https://www.radiopanik.org/media/sounds/la-dkassette/juillet-2023_16182__1.mp3

  • Comment la FNSEA a eu la peau des Soulèvements de la Terre
    https://reporterre.net/Comment-la-FNSEA-a-eu-la-peau-des-Soulevements-de-la-Terre

    On croyait l’opération enlisée et repoussée aux calendes grecques, mais le lobby agro-industriel a encore une fois eu gain de cause face aux écologistes. À la suite de la pression insistante de la FNSEA — la Fédération nationale des exploitants agricoles, syndicat dominant —, le gouvernement a accéléré brutalement la procédure de dissolution des Soulèvements de la Terre. C’est chose faite depuis le mercredi 21 juin. En conseil des ministres, l’exécutif a présenté son décret de dissolution.

    Tout s’est joué en quelques jours la semaine dernière, alors que l’opération était gelée depuis deux mois, du fait de nombreuses difficultés juridiques. Mais après l’action des Soulèvements de la Terre à Saint-Colomban (Loire-Atlantique) le 11 juin et la dégradation de serres de maraîchers industriels, tout a changé. Le syndicat majoritaire est passé à l’offensive et a arraché à ses opposants une première victoire. Il a activé ses réseaux au plus haut sommet de l’État et mené une campagne de dénigrement massive dans les médias dominants. Quitte à dramatiser à l’excès la situation.

    .../...

    « La FNSEA ment, manipule, violente et insulte »

    Depuis les années 1960, la FNSEA multiplie les destructions de biens publics, le saccage de préfectures et les agressions d’élus. « La FNSEA s’estime propriétaire de l’agriculture. Il a toujours existé un pacte de cogestion entre elle et le ministère de l’Agriculture, souligne le journaliste Gilles Luneau, spécialiste des questions agroalimentaires. Pour devenir ministre, il faut être adoubé par la FNSEA. »

    Le gouvernement aurait une nouvelle fois plié devant ses exigences. « Ce qui se passe est très grave, poursuit Gilles Luneau, on assiste à un véritable emballement. La fièvre monte. La FNSEA ment, manipule, violente et insulte. »

    #FNSEA #lobbying #chantage
    (je vous laisse rajouter d’autres hashtags : là, j’ai pas trop les mots)

  • #Lyon-Turin : retour sur l’opposition française au projet de nouvelle ligne ferroviaire

    En Savoie, des militants écologistes des Soulèvements de la Terre se sont introduits le 29 mai 2023 sur l’un des chantiers de la nouvelle ligne ferroviaire Lyon-Turin. Une banderole « La montagne se soulève » a été déployée pour appeler au week-end de mobilisation franco-italienne contre ce projet, organisé les 17 et 18 juin 2023 en Maurienne.

    Imaginé dans les années 1980, le projet de nouvelle ligne ferroviaire Lyon-Turin a connu depuis de nombreux atermoiements, notamment en ce qui concerne le tracé entre l’agglomération lyonnaise et Saint-Jean-de-Maurienne. Dix ans après la déclaration d’utilité publique (DUP) de 2013, les décisions concernant les 140 km de nouvelles voies d’accès français au tunnel transfrontalier de 57,5 km n’ont toujours pas été prises : ni programmation, ni financement, ni acquisition foncière.

    Les premiers travaux préparatoires du tunnel ont pourtant débuté dès 2002 et sa mise en service est prévue pour 2032. Ce dernier est pris en charge par un consortium d’entreprises franco-italiennes nommé Tunnel Euralpin Lyon Turin (TELT), un promoteur public appartenant à 50 % à l’État français et à 50 % aux chemins de fer italiens. D’une longueur totale de 271 km, le coût de cette nouvelle ligne ferroviaire Lyon-Turin est désormais estimé à 26 milliards d’euros au lieu des 8,6 initialement prévus.
    Projet clivant et avenir incertain

    Pour ses promoteurs, elle est présentée comme une infrastructure de transport utile à la transition écologique. Selon eux, elle permettrait à terme de désengorger les vallées alpines du trafic des poids lourds en favorisant le report modal de la route vers le rail. À l’inverse, ce projet est exposé par ses opposants comme pharaonique, inutile et destructeur de l’environnement. Ils argumentent que la ligne ferroviaire existante entre Lyon et Turin et actuellement sous-utilisée permettrait, une fois rénovée, de réduire le transport de fret par camion.

    Ils défendent la nécessité de privilégier l’existant et ne pas attendre des années pour le report modal des marchandises vers le rail. Les défenseurs du nouveau projet jugent quant à eux la ligne existante comme obsolète et inadaptée. En toile de fond de ce débat, les prévisions de trafic autour des flux de marchandises transitant par la Savoie : sous-estimés pour les uns, sur-estimés pour les autres.

    Le 24 février dernier, le rapport du Comité d’orientation des infrastructures (COI) a rebattu les cartes. Il propose en effet de repousser la construction de nouvelles voies d’accès au tunnel transfrontalier à 2045 et donner la première place à la modernisation de la ligne existante.

    Le scénario choisi par la Première ministre prévoit alors le calendrier suivant : études pour de nouveaux accès au tunnel au quinquennat 2028-2032, début de réalisation à partir de 2038, et une livraison au plus tôt vers 2045… soit, en cas de respect du calendrier annoncé par TELT, 13 ans après la mise en service du tunnel. Se profile donc la perspective d’un nouveau tunnel sans nouvelles voies d’accès : un scénario qui ne satisfait ni les défenseurs ni les opposants au projet.

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    Le 12 juin, nouveau rebondissement. Le ministre des Transports annonce 3 milliards d’euros de crédits pour les voies d’accès du tunnel transfrontalier dès les projets de loi de finances 2023 et 2024. Le gouvernement valide également le financement de l’avant-projet détaillé qui doit fixer le tracé, soit environ 150 millions d’euros.
    L’affirmation d’une opposition française

    C’est dans ce contexte que va se dérouler la mobilisation des Soulèvements de la Terre, les 17 et 18 juin 2023. Elle a pour objectif de donner un écho national aux revendications portées par les opposants : l’arrêt immédiat du chantier du tunnel transfrontalier et l’abandon du projet de nouvelle ligne ferroviaire Lyon-Turin.

    Outre les collectifs d’habitants, cette opposition coalise désormais des syndicats agricoles (Confédération paysanne) et ferroviaires (Sud Rail), des associations locales (Vivre et agir en Maurienne, Grésivaudan nord environnement) et écologistes (Attac, Extinction Rébellion, Les Amis de la Terre, Alternatiba, Cipra), des organisations politiques (La France Insoumise – LFI, Europe Ecologie Les Verts – EELV, Nouveau parti anticaptialiste – NPA) et le collectif No TAV Savoie.

    Cela n’a pas toujours été le cas : le projet est longtemps apparu consensuel en France, malgré une forte opposition en Italie depuis le début des années 1990 via le mouvement No TAV.

    2012 marque une étape importante dans l’opposition française alors disparate et peu médiatisée. Une enquête publique organisée cette année-là dans le cadre de la procédure de DUP permet une résurgence des oppositions, leurs affirmations et leur coalition au sein d’un nouvel agencement organisationnel. Ce dernier gagne rapidement en efficacité, occupe le champ médiatique et se connecte avec d’autres contestations en France en rejoignant le réseau des Grands projets inutiles et imposés (GP2I), dans le sillage de Notre-Dame-des-Landes.
    Basculement des ex-promoteurs du projet

    Cette publicisation nouvelle participe à une reproblématisation et politisation autour de la nouvelle ligne ferroviaire Lyon-Turin. Des défenseurs du projet basculent alors dans le camp des opposants, provoquant un élargissement de la mobilisation.

    EELV, pendant 20 ans favorable au projet, est un exemple saillant de cette évolution. Alors qu’il le jugeait incontournable et sans alternative, quand bien même la contestation gagnait en intensité en Italie, la « Convention des écologistes sur les traversées alpines » en 2012 signe son changement de positionnement.

    Ce nouveau positionnement peut se résumer ainsi : la réduction du transport routier ne dépend pas de la création de nouvelles infrastructures ferroviaires mais de la transition vers un modèle de développement moins générateur de flux de marchandises, la rénovation et l’amélioration des infrastructures ferroviaires existantes étant prioritaires pour gérer les flux restants.

    Une position aujourd’hui défendue par les maires de Grenoble et de Lyon, mais aussi par des députés européens et nationaux EEV et LFI. Pour autant, la mobilisation française reste jusqu’à aujourd’hui éloignée des répertoires d’action employés dans la vallée de Suse.
    Effacement de la montagne

    Ce projet de nouvelle ligne ferroviaire Lyon-Turin révèle aussi et avant tout une lecture ancienne du territoire européen à travers les enjeux de mobilité. Au même titre que les percements des tunnels ferroviaires, routiers puis autoroutiers depuis la fin du XIXe siècle à travers les Alpes, il contribue à une forme d’aplanissement de la montagne pour en rendre les passages plus aisés et ainsi permettre des flux massifs et rapides.

    Cette norme de circulation des humains et des marchandises est révélatrice d’une vision du monde particulière. L’historienne Anne-Marie Granet-Abisset la résume ainsi :

    « Elle correspond aux modèles édictés par les aménageurs (politiques et techniques) qui travaillent dans les capitales européennes, désirant imposer leur vision aux territoires qu’ils gèrent, en dépit des sommes considérables mobilisées pour ce faire. Toute opposition ne peut être entendue, présentée alors comme de la désinformation ou de la mauvaise foi . »

    Ces enjeux informationnels et communicationnels demeurent omniprésents dans le débat public entre promoteurs et opposants au projet. Ils donnent lieu à de nombreuses passes d’armes, chacun s’accusant mutuellement de désinformation ; sans oublier les journalistes et leur travail d’enquête.
    Ressource en eau

    Depuis l’été 2022, c’est la question de la ressource en eau et des impacts du chantier du tunnel transfrontalier sur celle-ci qui cristallise les tensions. Elle sera d’ailleurs au cœur de la mobilisation des 17 et 18 juin 2023 en Maurienne, permettant ainsi une articulation avec les autres mobilisations impulsées ces derniers mois par les Soulèvements de la Terre. Une controverse sur le tarissement des sources qui existe depuis vingt ans en Maurienne.

    Plus largement, le débat sur l’utilité et la pertinence de la nouvelle ligne ferroviaire Lyon-Turin révèle le paradoxe auquel sont soumises les hautes vallées alpines. Dans un contexte d’injonction à la transition écologique, ce paradoxe fait figure d’une contrainte double et opposée comme le résume l’historienne Anne-Marie Granet-Abisset :

    « Des territoires qui doivent être traversés aisément et rapidement en fonction des critères de l’économie des transports, un lobby puissant à l’échelle européenne ; des territoires qui puissent apparaître comme préservés, inscrits dans une autre conception du temps, celle de la lenteur des cols et des refuges, en même temps qu’ils doivent être facilement accessibles à partir des métropoles . »

    https://theconversation.com/lyon-turin-retour-sur-lopposition-francaise-au-projet-de-nouvelle-l
    #no-tav #no_tav #val_de_Suse #Italie #France #Alpes #transports #transports_ferroviaires #résistance #Soulèvements_de_la_Terre #ligne_ferroviaire #mobilisation #Maurienne #Tunnel_Euralpin_Lyon_Turin (#TELT) #coût #infrastructure_de_transport #poids_lourds #Savoie #Comité_d’orientation_des_infrastructures (#COI) #chantier #Grands_projets_inutiles_et_imposés (#GP2I) #vallée_de_suse #mobilité #eau #transition_écologique

  • Ce best-seller japonais qui défend le « communisme décroissant »
    https://www.mediapart.fr/journal/economie-et-social/020323/ce-best-seller-japonais-qui-defend-le-communisme-decroissant

    Dans « Marx in the Anthropocene », version anglophone élargie d’un ouvrage qui s’est vendu à un demi-million d’exemplaires au Japon, Kohei Saito propose une relecture stimulante de l’évolution de la pensée de #Marx pour défendre un dépassement décroissant du capitalisme.

    (...) « Ce qui doit être dépassé dans une société post-capitaliste, ce n’est pas la rareté en tant que telle, mais les conditions objectives de la rareté sociale spécifique à l’accumulation du capital », insiste Saito.
    Puisque cette rareté sociale est liée à la privatisation de la production, son abolition passe par la mise en place d’une production coopérative où les ressources naturelles sont contrôlées « en commun » dans l’intérêt de la société présente et des générations futures. « Contre la logique de marchandisation du capital (“commodification”), le communisme recherche la “communification” (“commonification”) de la richesse », explique Kohei Saito.
    « Quand Marx dit que les hommes peuvent organiser leur interaction avec l’environnement de manière consciente, il signifie qu’ils peuvent consciemment réfléchir sur leurs besoins sociaux et les limiter si nécessaire », ajoute l’universitaire japonais.
    Marx avait développé la notion de coordination sous le capitalisme. En isolant les travailleurs de leurs produits, le capitalisme a renforcé la nécessité de la coordination. Mais cette coordination se fait par l’intermédiaire de la loi de la valeur centrée sur le travail abstrait. Elle est insaisissable par les travailleurs.
    Kohei Saito estime que le communisme décroissant remplace cette coordination inconsciente par une coordination consciente, par une « planification et une régulation qui empêche la croissance infinie et réduit la production des branches qui portent une consommation extravagante ».
    https://justpaste.it/78ich

    #écologie #rareté #capitalisme #chantier #communisme

  • Il y a 180 ans — 1843-1844, adhésion de Marx au communisme

    Avec les #Jeunes-Hégéliens, il avait cru que l’Allemagne pourrait connaître une révolution semblable à ce qu’avait été la #Révolution_française de #1789. A Paris, il voit les choses autrement, en constatant que la haute #bourgeoisie au pouvoir sous #Louis-Philippe n’a plus rien de révolutionnaire, et que l’impulsion libératrice vient désormais d’une nouvelle classe, celle des travailleurs salariés que les socialistes et les communistes appellent le #prolétariat.

    Au cours de l’année 1844, l’#Allemagne est ébranlée ou, pour le moins, secouée par le soulèvement des tisserands silésiens qui, en proie au chômage et menacés de famine, organisent de grandes grèves et s’en prennent aux patrons, à leurs biens et à leurs livres de comptes jusqu’à ce que les troupes prussiennes viennent les écraser. #Heine écrit alors son #Chant_des_tisserands à l’inspiration duquel son ami Marx a peut-être eu une part.

    Dans le Vorwärts (En avant), revue d’émigrés allemands de Paris, Marx déclare : « Qu’on se rappelle d’abord le Chant des tisserands, cet audacieux mot d’ordre de combat où de prime abord le prolétariat crie d’une manière saisissante, brutale, violente, son opposition à la société fondée sur la #propriété_privée. La révolte silésienne commence précisément au point où s’achèvent les mouvements ouvriers français et anglais, c’est-à-dire la prise de #conscience_de_classe du prolétariat. D’où le caractère supérieur de l’action menée par ces #tisserands. Non seulement, ils détruisent les machines, ces rivales des ouvriers, mais aussi les #livres_des_comptes, ces titres de propriété, et tandis que tous les autres mouvements se dirigeaient tout d’abord et exclusivement contre l’#industriel, l’ennemi visible, ce mouvement s’est dirigé en même temps contre le #banquier, l’ennemi invisible. Enfin, aucune révolte ouvrière anglaise n’avait été menée avec un tel courage, une telle maturité d’esprit et une telle persévérance. »

    Ainsi, #Marx dépasse son ancienne position de démocrate radical pour adhérer à la cause du communisme. Ce dépassement s’effectue à partir de l’idée que la bourgeoisie a cessé d’être une force révolutionnaire et qu’elle est désormais incapable d’accomplir en Allemagne les tâches démocratiques qu’elle a autrefois remplies en Angleterre et, encore plus, en France. La nouvelle force révolutionnaire, capable de libérer la société des différentes formes de l’oppression, réside maintenant dans le prolétariat, à condition que celui-ci prenne conscience de ses #intérêts_de_classe et agisse de façon organisée, comme l’ont montré les tisserands silésiens.

    Il reste que Marx n’est pas satisfait par les doctrines socialistes des #saint-simoniens et des #fouriéristes qui sont plutôt des rêves d’organisation sociale que des instruments théoriques au service du prolétariat dans sa lutte contre la bourgeoisie. Il porte un jugement plus favorable à l’égard des partisans du communisme, comme le Français Cabet et l’Allemand Weitling, mais il leur reproche de réduire le #communisme à un idéal d’égalité et de #justice_sociale et de ne pas l’intégrer au devenir historique des sociétés.

    Dans ses #Manuscrits_économico-philosophiques de #1844 auxquels Marx n’a pas donné une forme achevée et qui ne devaient être publiés qu’en 1932, on peut lire une définition du communisme, « en tant que dépassement positif de la propriété privée, donc de l’auto-aliénation humaine »...

    « Ce communisme est un #naturalisme achevé, et comme tel un humanisme ; en tant qu’#humanisme achevé il est un naturalisme ; il est la vraie solution du conflit de l’homme avec la nature, de l’homme avec l’homme, la vraie solution de la lutte entre l’existence et l’essence, entre l’objectivation et l’affirmation de soi, entre la liberté et la nécessité, entre l’individu et l’espèce. »

    L’adhésion de Marx au communisme est ici exprimée en termes philosophiques. Mais, à travers leur lyrisme, il est à la recherche d’une connaissance objective qui permettrait au #socialisme et au communisme de passer de leur stade utopique au stade scientifique.

    [source : Marx, de Pierre Fougeyrollas, épuisé et non-réédité]

    #karl_marx #révolution_sociale #révolution_prolétarienne

    • À ce moment-là (1842-1843), le prolétariat anglais s’organise dans un puissant mouvement syndical et politique que l’on nomme le #chartisme, en raison de sa charte qui revendique simultanément la journée de travail de dix heures et le suffrage universel.

      #Engels rapporte de son séjour britannique son premier livre, La situation des classes laborieuses en Angleterre, dans lequel il écrit : « Seule est vraiment respectable cette partie de la nation anglaise inconnue du continent, les ouvriers, les parias de l’Angleterre, les - pauvres, malgré toute leur grossièreté et leur absence de morale. C’est d’eux quil faut attendre le salut de l’Angleterre. »

      Ainsi la connaissance des révolutions politiques de la France et celle de la révolution industrielle de l’Angleterre ont respectivement conduit Marx et Engels à des conclusions convergentes relativement au rôle historique révolutionnaire que le prolétariat commençait alors à assumer. C’est ce qui leur est sûrement apparu durant leurs entretiens parisiens de 1844.

      [source : idem]

  • #Caserio

    https://www.youtube.com/watch?v=G7AGr5S_8fA

    Lavoratori a voi diretto è il canto
    di questa mia canzon che sa di pianto
    e che ricorda un baldo giovin forte
    che per amor di voi sfidò la morte

    A te Caserio ardea nella pupilla
    de le vendette umane la scintilla
    ed alla plebe che lavora e geme
    donasti ogni tuo affetto ogni tua speme

    Eri nello splendore della vita
    e non vedesti che notte infinita
    la notte del dolore e della fame
    che incombe sull’immenso uman carname

    E ti levasti tu in atto di dolore
    di ignoti strazi altiero vendicatore
    e t’avventasti tu sì buono e mite
    a scuoter l’alme schiave ed avvilite

    Tremarono i potenti all’atto fiero
    e nuove insidie tesero al pensiero
    ma il popolo a cui l’anima donasti
    non ti comprese eppur tu non piegasti

    E i tuoi vent’anni una feral mattina
    gettasti al mondo da la ghigliottina
    al mondo vil la tua grand’alma pia
    alto gridando viva l’Anarchia (2v.)

    Ma il dì s’appressa, o bel ghigliottinato,
    che il tuo nome verrà purificato,
    quando sacre saranno le vite umane
    e diritto d’ognun la scienza e il pane.

    Dormi, Caserio, entro la fredda terra
    donde ruggire udrai la final guerra,
    la gran battaglia contro gli oppressori
    la pugna tra sfruttati e sfruttatori.

    Voi che la vita e l’avvenir fatale
    offriste su l’altar dell’ideale
    o falangi di morti sul lavoro,
    vittime de l’altrui ozio e dell’oro,

    martiri ignoti o schiera benedetta,
    già spunta il giorno della gran vendetta,
    de la giustizia già si leva ilsole;
    il popolo tiranni più non vuole.

    –—

    Ce chant est pour vous, travailleurs,
    une chanson au goût de larmes
    qui nous rappelle un jeune hardi et fort
    qui par amour de vous défia la mort.

    Et dans tes yeux, Caserio, brillait l’étincelle
    des vengeances humaines et rebelles
    et au peuple qui travaille dans la souffrance
    tu as donné ton amour, tes espérances.

    Tu étais dans la fleur de ta jeunesse
    mais n’as vu que la lutte et la détresse,
    la nuit de la faim, de la peine, de la haine
    qui planent sur l’immense masse humaine.

    Tu t’es levé avec ton acte de douleur,
    pour être de ces tourments le fier vengeur
    et tu as frappé, toi, qui étais si bon et cher
    pour réveiller des âmes prisonnières.

    Pour ton geste si fier les puissants tremblent
    et des nouveaux pièges aux idées ils tendent,
    le peuple pour qui ta vie tu l’as donnée
    n’a pas compris, mais tu n’as pas cédé.

    Et tes vingt ans, à une aube de tourment
    sur la guillotine tu les as jetés au vent,
    et à ce monde vil ton âme infinie
    a crié à voix haute : Vive l’Anarchie !

    Mais le jour viendra, ô beau garçon guillotiné,
    où ton nom sera lavé,
    quand les vies humaines seront sacrées
    et que chacun a droit au pain et à l’éducation.

    Dors, Caserio dans la terre froide,
    d’où tu entendra le rugissement de la dernière guerre,
    la grande bataille contre les oppresseurs,
    la lutte entre les exploités et les exploiteurs

    vous, qui avez offert la vie et le futur fatal
    sur l’autel de l’idéal,
    o phalanges des morts au travail,
    victimes de l’oisiveté des autres et de l’or,

    martyrs inconnus, ô foule bénie,
    le jour de la grande vengeance a déjà sonné
    le soleil de la justice se lève déjà :
    le peuple ne veut plus de tyrans

    Plus d’info sur cette chanson sur le site de Terracanto :
    https://www.terracanto.org/canto-a-caserio

    #chant #chanson #anarchisme #chant_populaire #Italie #Sante_Caserio

  • La guerre des chiffres ça saoule. Au doigt mouillé il y avait, à Paris, vraiment beaucoup de monde : une partie du cortège était encore au point de départ quand l’autre arrivait au point d’arrivée, signe qu’il s’agissait d’une manif de grande ampleur. Pour mettre tout le monde d’accord il faut continuer. Grève générale !


    Brassard du jour.

  • Lunar Year | Lisa Kori
    https://lisakori.bandcamp.com/track/lunar-year

    I’ve been asking why I can’t hear Chinese influences in American roots music... What songs did the Chinese sing when they were building the railroad? How come those didn’t seep into the larger culture? With that in mind, I’ve been working on a project that imagines American popular music as if East Asian influences were a natural part already. “Lunar Year” is the first release in this vein.

    #musique #chant #beau

  • La #France assume de délivrer des #OQTF à des personnes non expulsables

    L’attaque qui a fait six blessés, dont un grièvement, mercredi 11 janvier, à la gare du Nord à Paris, aurait été perpétrée par une personne étrangère en situation irrégulière, qui pourrait être de nationalité libyenne ou algérienne, selon les derniers éléments communiqués par le parquet de Paris. Des sources policières n’ont pas tardé à préciser que l’auteur des faits faisait l’objet d’une obligation de quitter le territoire français (OQTF), signée l’été dernier par une préfecture en vue d’un renvoi vers la Libye, comme le confirme le ministère de l’intérieur auprès de Mediapart.

    L’affaire vient une nouvelle fois démontrer les obsessions du ministère de l’intérieur en matière de chiffres concernant les expulsions. Si l’on ignore encore le profil et les motivations de l’individu interpellé – deux proches de son entourage ont été entendus jeudi –, il s’avère que l’OQTF dont il faisait l’objet n’avait pas été exécutée, puisque l’instabilité que connaît la Libye et le manque de relations diplomatiques avec ce pays ne permettent pas de renvoyer qui que ce soit là-bas.

    Sans surprise, l’extrême droite n’a pas tardé à s’exprimer : « Le nombre de clandestins sous le coup d’une OQTF impliqués dans des actes criminels se multiplie. La future loi sur l’immigration devra apporter une réponse ferme et déterminée à cette menace exponentielle. Nous y veillerons », a tweeté Marine Le Pen en réaction à un article de BFMTV, indiquant que l’individu était connu des services de police pour des faits de droit commun, « principalement des atteintes aux biens ».

    « L’assaillant de la gare du Nord qui a blessé six personnes faisait l’objet d’une OQTF et aurait crié “Allah Akbar” au moment des faits. Quand ces OQTF seront-elles enfin exécutées ? », a réagi de son côté Éric Ciotti, sans prendre la moindre précaution quant aux propos prononcés, qui pour l’heure ne sont pas avérés.

    Le parquet de Paris, qui a ouvert une enquête pour « tentative d’assassinat » et confié les investigations à la police judiciaire, confirme ses antécédents mais se montre prudent. « L’identification précise du mis en cause est en cours, ce dernier étant enregistré sous plusieurs identités dans le fichier automatisé des empreintes digitales alimenté par ses déclarations au cours de précédentes procédures dont il a fait l’objet », indique un communiqué de la procureure de Paris. « Il pourrait s’agir d’un homme né en Libye ou en Algérie et d’une vingtaine d’années, dont l’âge exact n’est pas confirmé. »

    Un profil ni régularisable ni expulsable.

    Le ministère de l’intérieur

    Une question subsiste : pourquoi délivrer une OQTF à un ressortissant supposé être libyen, lorsque l’on sait qu’on ne peut expulser vers la Libye ?

    Interrogé à ce sujet, le ministère de l’intérieur s’explique, tout en soulignant que l’enquête est toujours en cours : « L’individu est a priori libyen. La Libye étant un pays instable et en guerre, il n’y a pas d’éloignement vers ce pays. L’OQTF est la conséquence d’une situation administrative irrégulière. En l’absence de droit au séjour, elle est appliquée par les services. En l’espèce, il s’agit d’un profil ni régularisable ni expulsable. »

    L’objectif est de prendre une OQTF malgré tout, poursuit le ministère, afin que l’individu « puisse être expulsé dès que la Libye sera stabilisée ».

    Depuis plusieurs années, outre la Libye, la France n’expulse plus vers un certain nombre de pays comme la Syrie, l’Afghanistan ou plus récemment l’Iran, considérant que la situation de ces pays, ravagés par les guerres, les conflits, l’instabilité ou la répression, ne permettent pas de garantir la sécurité des personnes éloignées. Parce qu’il est trop compliqué, aussi, d’obtenir les laissez-passer consulaires nécessaires au renvoi d’un ressortissant de ces pays lorsque les relations diplomatiques sont rompues.

    Il n’existerait pas de liste « officielle » des pays vers lesquels on ne renvoie pas, bien que des associations d’aide aux étrangers plaident pour que ce soit le cas et pour qu’une position claire soit adoptée par les autorités. « On ne peut pas prononcer des OQTF à des ressortissants tout en sachant qu’on ne peut pas les expulser, en arguant qu’on ne peut pas négocier avec les talibans ou Bachar al-Assad, c’est absurde », commente un représentant associatif.

    Selon des sources associatives, au moins 44 personnes se déclarant de nationalité libyenne ont ainsi été enfermées en rétention en 2022, contre 119 en 2021 et 110 en 2020. Aucun ressortissant libyen n’a été expulsé vers la Libye au cours des dernières années, assure le ministère de l’intérieur.

    De plus en plus d’Afghans font aussi l’objet d’une OQTF et sont placés en centre de rétention administrative (CRA), ces lieux de privation de liberté où sont enfermés les sans-papiers en attente de leur éloignement (90 jours au maximum avant d’être libérés). Début 2022, l’association La Cimade craignait des expulsions « par ricochet » (voir ici ou là), c’est-à-dire des renvois de ressortissants afghans vers des pays n’ayant pas suspendu les expulsions vers l’Afghanistan (c’était le cas, par exemple, de la Bulgarie).

    Des ressortissants syriens, comme a pu le documenter Mediapart, se voient eux aussi délivrer des OQTF et sont placés en CRA pendant des jours alors même qu’ils ne sont pas expulsables. Marlène Schiappa le réaffirmait d’ailleurs sur France Inter fin novembre dernier : la France « ne renvoie pas quelqu’un vers la Syrie ».

    Cela n’a pas empêché non plus la préfecture de l’Aude de prononcer une OQTF contre une ressortissante iranienne, qui avait pourtant fui la répression qui sévit dans son pays face au mouvement de révolte des femmes, lui enjoignant de quitter le territoire français et de « rejoindre le pays dont elle possède la nationalité ».
    Une stratégie contradictoire avec les objectifs du gouvernement

    Ces OQTF précarisent les étrangers et étrangères qu’elles visent, les contraignant à vivre dans l’ombre et dans la crainte du moindre contrôle, y compris lorsqu’ils et elles se rendent sur leur lieu de travail.

    Ces personnes sont aussi conscientes que l’OQTF est bien souvent associée à la notion de délinquance, alors même que beaucoup n’ont rien à se reprocher. Un système « contre-productif » aux yeux de l’avocat Stéphane Maugendre, spécialiste en droit des étrangers et en droit pénal, qui « surprécarise les personnes parfaitement insérées en France », mises en difficulté dans chaque petit acte du quotidien et aujourd’hui stigmatisées par les discours répétés de Gérald Darmanin visant à faire un trait d’union entre OQTF et délinquants dits étrangers.

    En guise d’exemple, l’avocat cite le cas récent de deux de ses clients, victimes du caractère aujourd’hui systématique de la délivrance des OQTF : l’un était déjà en cours de recours au tribunal administratif, l’autre avait déposé une demande d’admission exceptionnelle au séjour en préfecture et travaille dans un métier en tension – il pourrait donc être concerné par la future mesure voulue par Gérald Darmanin dans le projet de loi immigration à venir, censé permettre de régulariser plusieurs milliers de sans-papiers qui répondent à certains critères (lire notre analyse).

    Dans une course aux chiffres, les autorités continuent de délivrer toujours plus d’OQTF, et tant pis si, dans le lot, un certain nombre de personnes ne peuvent être éloignées du territoire. Une stratégie contradictoire avec les objectifs que se sont fixés le chef de l’État et son gouvernement concernant le taux d’exécution de ces OQTF, qu’ils aimeraient voir augmenter. En 2019, Emmanuel Macron promettait même, dans une interview à Valeurs actuelles, d’exécuter 100 % des OQTF – un objectif intenable.

    Plus récemment, son ministre de l’intérieur, Gérald Darmanin, donnait aux préfets pour instruction de « prendre des OQTF à l’égard de tout étranger en situation irrégulière, à l’issue d’une interpellation ou d’un refus de titre de séjour », et se réjouissait « d’améliorer le résultat » concernant le nombre d’OQTF exécutées en 2022, en hausse de 22 % à la date de novembre dernier.

    « En 2021, la France est le pays d’Europe qui a le plus expulsé », s’est aussi vantée, sur France Inter, l’ex-secrétaire d’État chargée de la citoyenneté, Marlène Schiappa. Mais cette surenchère sur la délivrance d’OQTF pourrait avoir enfermé le gouvernement dans une spirale infernale. Soumises à des injonctions contradictoires, les préfectures sont poussées à délivrer des obligations de quitter le territoire sans même étudier les cas particuliers – ces mêmes cas qui ne peuvent, de fait, pas contribuer à améliorer le taux d’exécution des OQTF puisqu’il s’agit de personnes non expulsables.

    Pour Me Stéphane Maugendre, le ministère de l’intérieur et les préfectures sont « tombés dans une sorte de piège » : « Ils ont multiplié les OQTF, de manière systématique, pour pouvoir dire que des mesures d’éloignement sont prises. Sauf que plus il y a d’OQTF délivrées, moins leur taux d’exécution a de chance d’augmenter, parce que derrière, il y a des contingences matérielles et il faut des moyens colossaux pour y arriver. »

    Une analyse qui se retrouve dans les chiffres, notamment entre 2016 et 2019, période durant laquelle le nombre d’OQTF prononcées bondit de 50,4 % pour atteindre 122 839 OQTF par an, tandis que leur taux d’exécution chute de près de 10 points, passant de 14,3 % à 4,8 %. Si les chiffres enregistrent une forte baisse en 2020 et en 2021, c’est lié à la crise sanitaire du Covid-19, qui n’a pas permis d’éloigner les personnes en situation irrégulière.

    Certains États, notamment du Maghreb, rechignent aussi à délivrer les laissez-passer consulaires nécessaires, entraînant alors un véritable bras de fer entre les autorités de ces pays et Paris. La France a choisi d’instaurer un « chantage » aux visas pour les obtenir, et, un an plus tard, la stratégie semble avoir payé pour l’Algérie, qui reprend plus facilement ses ressortissants aujourd’hui – la sœur de la meurtrière présumée de la petite Lola a d’ailleurs été expulsée vers l’Algérie mi-décembre, a-t-on appris via l’AFP. Le 19 décembre, un retour à la normale a depuis été annoncé par Gerald Darmanin pour l’octroi des visas aux Algérien·nes.

    Également président honoraire du Groupe d’information et de soutien aux immigré·s (Gisti), Stéphane Maugendre estime que les OQTF sont devenues la « nouvelle tendance », notamment depuis le meurtre de Lola, dont la meurtrière présumée était une ressortissante algérienne sous OQTF. « On qualifie désormais les personnes au regard de leur situation administrative, on parle automatiquement de l’OQTF dont ils font l’objet, qui, faut-il le rappeler, n’est pas une mesure d’expulsion mais une décision prise par la préfecture demandant à la personne de quitter le territoire français. »

    Une politique qui ne fait qu’alimenter le discours de l’extrême droite, qui scrute désormais les moindres faits divers impliquant une personne étrangère sous OQTF et en fait la recension sur les réseaux sociaux, surtout pour réclamer l’arrêt pur et simple de l’immigration en France. « Derrière la politique du gouvernement, l’extrême droite, dont le Rassemblement national, vient dire que le taux d’exécution des OQTF est trop bas, complète Me Maugendre. Gérald Darmanin est obligé de surenchérir et d’annoncer une loi qui permettra de réduire les délais et le nombre de recours. L’État crée une crise de toutes pièces et justifie ensuite sa loi pour la résoudre. »

    https://www.mediapart.fr/journal/france/130123/la-france-assume-de-delivrer-des-oqtf-des-personnes-non-expulsables

    #politique_du_chiffre #expulsions #asile #migrations #réfugiés #sans-papiers #obsession #profil_ni_régularisable_ni_expulsable #réfugiés_libyens #réfugiés_afghans #détention_administrative #rétention #chiffres #statistiques #réfugiés_syriens #expulsabilité #précarisation #criminalité #régularisation #exécution #laissez-passer_consulaires #taux_d'exécution #chantage #visas #extrême_droite

    ping @karine4

  • #No_voy_solo_no
    https://www.youtube.com/watch?v=HXkOeBoL86w

    Cuando la zorra viene llena de arena x2
    Es señal que ha andado el zorro con ella x2

    Rondadora, rondadora de mi corazon
    No voy sola, no voy sola, que voy con mi amor

    Cuando la zorra viene llena de polvo x2
    Es señal que ha andado con ella el lobo x2

    Rondadora, rondadora de mi corazon
    No voy sola, no voy sola, que voy con mi amor

    Los primeros amores no sé que tienen x2
    Se meten en el alma y salir no pueden x2

    Rondadora, rondadora de mi corazon
    No voy sola, no voy sola, que voy con mi amor

    El bailar quiere gracia y el cantar brío x2
    El tocar el pandero mucho sentido x2

    Rondadora, rondadora de mi corazon
    No voy sola, no voy sola, que voy con mi amor

    #amour #musique #musique_populaire #péninsule_ibérique #folk #chants_populaires #Peñaparda #Ajechao #pandero_cuadrado #Espagne #coetus

  • “Jeanne Dielman”, l’histoire du chef-d’œuvre de Chantal Akerman - Les Inrocks
    https://www.lesinrocks.com/cinema/jeanne-dielman-23-rue-du-commerce-1080-bruxelles-27305-17-04-2007

    À l’occasion du sacre de “Jeanne Dielman” comme meilleur film de tous les temps par l’influent palmarès du magazine britannique “Sight and Sound”, “Les Inrockuptibles” vous propose de redécouvrir l’histoire du chef-d’œuvre de Chantal Akerman.

     “Une nuit, j’étais dans mon lit en train de somnoler et tout à coup, j’ai vu le film.” C’est ainsi que Chantal Akerman raconte la genèse de Jeanne Dielman, 23, quai du commerce, 1080 Bruxelles. Un flash foudroyant surgi à la bordure du somme, une forme qui se décante sur fond de relâchement de la conscience, une pure vision qui transperce la nuit : c’est tout cela Jeanne Dielman, un film proprement inimaginable, une œuvre tellement immense qu’elle excède tout autour d’elle (à commencer par l’œuvre à venir de son auteur, alors âgée de 25 ans, un peu comme La Maman et la Putain excède et se tient à côté du reste de la filmographie de Jean Eustache).

    Lorsqu’on demande à Chantal Akerman ce qu’elle a vu cette nuit-là, elle reste laconique : “Juste une serviette éponge posée sur un lit, des billets déposés dans une soupière… Mais ça a suffi pour que le film m’apparaisse.” Cette serviette et cette soupière contiennent la vie de Jeanne Dielman, une veuve entre deux âges, qui vit à Bruxelles, avec son fils de 17 ans. Le film décrit une cinquantaine d’heures du quotidien de cette femme, dont la vie s’organise comme un ballet mécanique de gestes domestiques. Jeanne Dielman fait la cuisine, met la table, sert son fils, dîne, débarrasse la table, fait la vaisselle, range la cuisine. Jeanne Dielman défait son lit, s’endort, refait son lit, se lave méthodiquement dans sa baignoire, s’habille, cire les chaussures de son fils. Et cela ad libitum, rien moins que trois heures vingt. 
    “Elle tue le phallus”

    Il suffisait de filmer ses actions dans une durée proche du temps réel pour enregistrer quelque chose de jamais vu : une construction sociale (la femme au foyer) qui ne tolère aucune extériorité, une aliénation consentie qui, si on en dérègle les procédures, aboutit à une catastrophe. La vie de Jeanne Dielman, c’est donc l’ordinaire de beaucoup de femmes : tour à tour cuisinière, servante, femme de ménage. Mais aussi pute. Car entre la vaisselle et la cuisine, Jeanne Dielman reçoit des hommes à domicile et couche avec eux pour de l’argent, tâche qu’elle effectue avec le même soin robotique, la même précision désincarnée que toutes ses activités ménagères. Le film est fait de boucles, déroule le même imparable enchaînement de rituels répétitifs, jusqu’à ce que le plus inattendu advienne (elle jouit) et que vole en éclats le circuit fermé de ces petites cérémonies (armée d’un ciseau, elle tue).

    Pourquoi Jeanne Dielman tue l’homme qui la fait jouir, demande-t-on trente ans plus tard à Chantal Akerman ? “Elle tue le phallus. Pas forcément le phallus d’ailleurs. Ça aurait pu se produire aussi avec une femme. Mais elle tue le plaisir. Elle jouit une première fois. Elle pense que ça ne se reproduira pas. Et elle jouit une seconde fois. Cette jouissance défait l’ordre de son monde. Jusque-là, le plaisir tenait dans la reconduction quotidienne des mêmes rituels. Si on touche à ça, si quelque chose surgit en dehors de la ritualisation de son existence, alors elle devient folle.”

    Lorsque Jeanne Dielman est présenté à la Quinzaine des réalisateurs à Cannes, en 1975, il crée évidemment la polémique. Une partie de la critique salue le film comme un chef-d’œuvre, tandis que les plus conservateurs des journalistes ricanent. “À la première projection, les sièges claquaient sans discontinuer parce que les gens partaient. Mais la moitié de la salle qui est restée jusqu’au bout a adoré le film. Il y avait beaucoup de programmateurs de festivals et le film a fait le tour du monde.”

    French Theory

    Très vite, le film fait le tour du monde. Les militantes féministes en font leur emblème. Il est montré dans toutes les universités américaines, comme une pièce majeure de la “French Theory” au même titre que les ouvrages de Deleuze, Foucault ou Derrida. La part la plus avancée de la cinéphilie mondiale le salue comme la plus belle déflagration de modernité enregistrée depuis la Nouvelle Vague. Comment une œuvre d’une telle maturité, d’une telle perfection conceptuelle alliée à la plus grande maîtrise technique, peut-elle être engendrée par une si jeune fille – qui selon ses propres termes n’avait pas encore “vécu grand-chose” ?

    #Cinéma #Jeanne_Dielman #Chantal_Ackerman

  • « Lautréamont : de Maldoror aux poésies ». #Colloque à la #BNF https://www.bnf.fr/fr/agenda/lautreamont-de-maldoror-aux-poesies

    Le comte de #Lautréamont est entré dans l’histoire littéraire grâce à la célébrité progressivement conquise de ses #Chants_de_Maldoror. L’audace de son œuvre fait de lui une figure de l’avant-garde. Cette journée d’étude fait état des dernières découvertes mises au jour autour de sa vie et de son œuvre.

    #littérature

    À l’occasion du colloque sur Lautréamont le 24 novembre 2022 à la BnF, retour sur l’origine de l’expression « poètes maudits » : https://gallica.bnf.fr/blog/22112022/les-poetes-maudits #poète_maudit

  • #Adieu_Paure_Carnavas
    https://www.youtube.com/watch?v=LIYIIX9no98

    Adieu paure, adieu paure
    Adieu paure Carnavas !
    Tu te’n vas et ièu m’entorni,
    Adieu paure Carnavas !

    Adieu ta bèla joinessa
    Vai ti sias pron divertit
    As acabat tei richessas
    Ara deves te’n repentir
    S’es verai qu’as fach ripalhas
    Qu’as dansat dins de palais
    Vai ! Resta nu sus la palha
    E plen de fen coma un ai

    Adieu tu que ti chalavas
    Que ti sias vist’ adorar
    Adieu lei sous qu’escampavas
    Ara la roda a virat
    Ti fau cambiar de regime
    Et se vos pas lo subir
    Per ti punir de tei crimes
    Marrias ! anam ti chabir

    Adieu vielh paire dei vicis
    Lo carema es arribat
    Es lo jorn de la justicia
    Adieu tu cu vas crebar
    Tot lo pople ti saluda
    Eu se’n torna et tu te’n vas
    Ta darriera oro es venguda
    Adieu paure Carnavas !

    –---

    Adieu pauvre, adieu pauvre
    Adieu pauvre Carnaval !
    Tu t’en vas, et je m’en retourne
    Adieu pauvre Carnaval !

    Adieu ta belle jeunesse
    Tu t’es assez amusé
    Tu as épuisé tes richesses
    Maintenant tu dois te repentir
    S’il est vrai que tu as fait ripailles
    Que tu as dansé dans des palais
    Va ! Reste nu sur la paille
    Plein de foin comme un âne

    Adieu toi qui t’es régalé
    Qui t’es vu adoré
    Adieu l’argent que tu as gaspillé
    Maintenant la roue a tourné
    Il te faut changer de régime
    Et si tu ne veux pas le subir
    Pour te punir de tes crimes
    Vaurien ! nous allons te liquider

    Adieu vieux père des vices
    Le carême est arrivé
    C’est le jour de la justice
    Adieu toi qui va crever
    Tout le peuple te salue
    Il s’en retourne et tu t’en vas
    Ta dernière heure est venue
    Adieu pauvre Carnaval !

    #occitant #chant_populaire #chanson #carnaval #musique #pauvreté #justice #justice

  • Et soudain, il ne se passa rien | Mediapart | 04.10.22

    – Désolé, cher président, je ne serai pas là mercredi pour le conseil des ministres : je comparaîs devant la Cour de justice de la République.

    – Dans ce cas, pas de problème, cher Éric. Vous connaissez mon attachement à la présomption d’innocence. N’hésitez pas à prendre quelques jours pour préparer au mieux votre défense.

    Si c’est à Ibiza, sait-on jamais : peut-être que les médias s’empareront de l’affaire.

    Michaël Hajdenberg / Mediapart


    ...

    dans un autre article :

    « Ça va finir comme d’habitude, prophétise un député au sujet de l’avenir d’Éric Dupond-Moretti. La pression va monter, ils vont faire bloc dans un premier temps puis ils seront obligés de céder. C’est intenable. Contrairement à Kohler, qui est le double de Macron, ça ne coûte pas cher de le larguer. »

    • 2020 : Affaire Kohler : l’ardoise de #MSC s’élève à 2,6 milliards d’euros pour l’Etat
      https://www.mediapart.fr/journal/france/260620/affaire-kohler-l-ardoise-de-msc-s-eleve-26-milliards-d-euros-pour-l-etat

      C’est aussi cela la traduction du conflit d’intérêts d’#Alexis_Kohler. Gravement touché par la crise du Covid-19, l’armateur a obtenu la suspension de tous ses remboursements de crédits pendant un an. L’État se retrouve surexposé au risque du croisiériste. Une conséquence des facilités qui ont été consenties à MSC, lequel a obtenu pendant des années « un accès à la liquidité publique » sans contrainte.

      En mars, la Sfil, la banque publique qui assure le refinancement des crédits exports en France, a reçu une mauvaise nouvelle. Durement frappé par la crise du Covid-19, le groupe MSC, qui figure parmi ses principaux clients, lui a demandé, selon nos informations, de pouvoir suspendre le remboursement de toutes ses échéances pour cette année, puis d’étaler les arriérés sur cinq ans. Montant des sommes en jeu : 2,6 milliards d’euros. Et ce n’est qu’une partie de l’addition. Car il faut ajouter les garanties, les assurances consenties par les différentes entités publiques pour des montants inconnus.

      « L’information concernant une exposition individuelle comme celle sur MSC n’est pas publique. Nous vous confirmons néanmoins que l’ensemble des engagements de la Sfil sur MSC est effectivement de l’ordre de 2,6 milliards d’euros. Ceci n’est pas notre première exposition sur le secteur de la croisière puisque nos engagements avec le concurrent de MSC, l’armateur américain RCCL [Royal Caribbean – ndlr], sont supérieurs », nous a confirmé la direction de la Sfil.

      Celle-ci précise que la décision d’accepter la suspension de échéances et l’étalement sur cinq ans, consentis aussi bien à MSC qu’à son concurrent Royal Caribbean, s’inscrit dans le cadre de la gestion de la crise provoquée par la pandémie. « L’ensemble des pays européens disposant de chantiers navals actifs dans la croisière, dont la France mais aussi l’Italie et la Finlande, s’est rallié à l’initiative du gouvernement allemand, portée notamment par la banque publique KfW, de proposer à un certain nombre d’acteurs des secteurs les plus touchés, à savoir l’aéronautique et les transports maritimes, un étalement sur cinq ans des échéances de principal tombant au cours des 12 prochains mois », nous indique-t-elle.

      Cette mauvaise nouvelle n’est malheureusement pas une surprise. Avec le covid-19, le secteur des croisières fait face à la plus grande crise de son histoire. Et MSC, troisième groupe mondial de croisières, n’y échappe pas. Comme tous ses concurrents, l’armateur italo-suisse, qui exploite des paquebots gigantesques, a vu son activité s’effondrer en quelques semaines. Au fil du développement de la crise sanitaire, les croisières ont viré au cauchemar.

      Ces monstres marins qui accueillent entre 5 000 et 6 000 personnes, déjà décriés pour leur absence de sécurité – personne ne sait comment évacuer autant de personnes en cas d’avarie –, extrêmement polluants et sources d’énormes nuisances dans les villes où ils font escale, sont devenus des bombes sanitaires pendant la crise du coronavirus. Paquebots contaminés, croisiéristes confinés dans leur cabine, interdiction de faire escale… : le secteur est totalement sinistré. Et peut-être pour longtemps.

      Tous les groupes de croisières font eau de toutes parts. MSC comme les autres. Mais à la différence d’autres, lui a réussi à faire porter une partie de ses risques par un tiers : l’État français.
      Comment l’État français se retrouve-t-il exposé dans un des secteurs les plus risqués et les plus critiqués ? C’est toute l’histoire d’une capture organisée par un groupe familial privé, qui a su, usant de chantage, détourner à son profit les légitimes préoccupations industrielles, sociales et d’#emploi du monde politique pour ses chantiers navals.

      Mais une capture à si grande échelle n’aurait pas été possible sans une connaissance de l’appareil d’État et des appuis en son sein. Car c’est aussi cela la traduction du conflit d’intérêts d’Alexis Kohler. Il ne s’agit pas seulement d’une question de principe et de légalité. Les années durant lesquelles Alexis Kohler a accepté de dissimuler ses liens familiaux avec la famille Aponte, principal actionnaire de MSC, les arrangements entre petits comités, les interventions et les surveillances doivent se lire dans la ligne d’une stratégie précise.
      Une stratégie que MSC expose sans fard. En avril 2013, le groupe dévoile ses exigences par l’intermédiaire d’un mail du directeur financier de STX France, Jean-Philippe Neau : « Avoir accès à la liquidité publique sur la durée la plus long possible. » Bref, que l’État subventionne et finance sans restriction l’armateur italo-suisse – qui, au passage, ne paie quasiment pas d’#impôts en France –, en se cachant derrière le prétexte du carnet de commandes des chantiers de Saint-Nazaire.

      Jean-Philippe Neau, qui deviendra par la suite directeur financier de MSC au départ d’Alexis Kohler pour l’Élysée – sans que cela ne semble non plus soulever quelque problème que ce soit –, précisera dans le même mail que MSC « demande une réflexion de la France sur le leasing opérationnel, MSC n’étant pas attaché à être propriétaire de ses bateaux ». En d’autres termes, que l’État devienne propriétaire des bateaux en lieu et place du groupe italo-suisse et assume tous les risques.

      Officiellement, l’État français n’est pas encore #armateur de #paquebots_de_croisières, mais c’est tout comme. Car à l’exception des pertes d’exploitation, la garantie de l’État porte sur tout – le principal, les intérêts, les primes d’assurance et les dommages et intérêts éventuels – jusqu’à l’amortissement final de tous les prêts liés à l’acquisition de chaque navire. Les financements et les garanties pour assurer les commandes de MSC ont été conclus sur des durées longues, très longues. Plus de dix-sept ans en moyenne. Bien au-delà de la norme des financements habituels. L’État se retrouve donc engagé au long cours.

      Les pouvoirs publics auraient pu éviter de se retrouver dans un tel cul-de-sac. La concurrence entre les #chantiers_navals dans le monde est certes féroce. Les conditions de financement des bateaux – payés à crédit au moins à hauteur de 80 % – figurent parmi les éléments décisifs dans le choix d’un chantier par rapport à un autre. À cela s’ajoute un facteur typiquement européen : au nom de la « concurrence libre et non faussée », l’Europe interdit de subventionner les fabricants d’équipements mais pas les clients.

      Pourtant, malgré toutes ces contraintes, l’État actionnaire aurait peut-être pu impulser une nouvelle approche industrielle – développement de nouvelles activités, adossement à un groupe afin de pouvoir passer les gigantesques creux conjoncturels du maritime –, pour éviter de se retrouver coincé dans un chantage sans fin aux commandes et au financement. C’est d’ailleurs ce que recommandait une note d’un conseiller ministériel en 2010 : « Nous sommes bien d’accord. STX France doit absolument se diversifier », écrivait-il, en jugeant que miser toute l’activité de Saint-Nazaire sur les immenses paquebots était dangereux.

      Le chantage des commandes

      Mais les chantiers navals de Saint-Nazaire n’ont jamais pu s’extraire du piège qui leur était tendu par ses clients croisiéristes, à commencer par MSC. Et cela avec la complicité du directeur des chantiers Laurent Castaing et de l’État. Rabais incessants, équipements gratuits supplémentaires, financements sur mesure… MSC a tiré sur toutes les cordes, en faisant miroiter à chaque fois de nouvelles commandes pour obtenir des conditions toujours plus exorbitantes, obligeant Saint-Nazaire à travailler à perte. En un mot, l’État français lui a financé sa flotte.

      Et ce sans que l’administrateur représentant l’État chez STX, Alexis Kohler, ne s’en inquiète. Au contraire. Dès son deuxième conseil aux chantiers navals en avril 2009, où il s’agit d’approuver une commande passée par MSC, ce dernier prend la parole et fixe la stratégie : « Tous les efforts devront être déployés pour obtenir de nouvelles commandes de MSC », déclare-t-il .

      Tous les efforts vont être effectivement déployés. Dès l’année suivante, alors que le secteur maritime est durement atteint par la crise financière – les banques refusant le moindre crédit au secteur –, les chantiers de Saint-Nazaire enregistrent plusieurs annulations de commandes. Bien que très mal en point, MSC s’avance comme sauveur. Il est prêt à passer commande d’un nouveau bateau pour aider STX. Mais il n’a pas d’argent. Alors STX va devenir le banquier de MSC et lui avancer les 60 millions d’euros d’acomptes qu’il doit légalement verser. Un crédit qui ne sera jamais remboursé (voir notre article).

      En 2011, nouvelle catastrophe à Saint-Nazaire : un client libyen annule une commande après l’éclatement de la guerre en Libye. MSC se précipite en sauveur. Pour « rendre service », il est prêt à se substituer au client libyen et à reprendre la commande. Naturellement avec quelques aménagements. Les acomptes qu’a versés le client libyen, qui normalement reviennent au chantier naval, lui seront décomptés du prix final. Et tous les aménagements et équipements supplémentaires pour équiper le paquebot selon les normes de MSC seront gratuits.

      En 2013, MSC fait miroiter une nouvelle commande de deux paquebots gigantesques. Ce contrat Vista de 1,2 milliard d’euros doit se traduire par des millions d’heures de travail à Saint-Nazaire et sauver le plan de charge des chantiers de Saint-Nazaire, fait miroiter le directeur de STX, Laurent Castaing.

      L’ennui est que MSC est prêt à commander mais pas à payer. Aux côtés des 80 % financés à crédit avec l’aide et la garantie de l’État, l’armateur doit normalement assurer les 20 % restants au nom d’une prise de risque partagée. De retour d’une visite au siège de MSC à Genève, en octobre 2013, Laurent Castaing écrit au cabinet du ministre des finances Pierre Moscovici : « MSC a indiqué ne pouvoir apporter que 10 % pour les deux navires (130 millions d’euros). Il faut donc trouver les 10 % manquants. »

      L’alerte de la direction du budget

      Qu’à cela ne tienne, l’État y pourvoira. Les dossiers STX et MSC représentent des dizaines, voire des centaines d’heures de travail – on a même l’impression que, pour certains, c’est un temps plein – aux cabinets du ministre des finances et du redressement productif, à l’Agence des participations de l’État et au Trésor. Car c’est Bercy qui, à chaque fois, démarche les banques, négocie les contrats, apporte sa caution et sa signature, qui imagine les montages financiers pour le compte de MSC. Et cela dure pendant des mois. Alexis Kohler est informé de tout.
      Car le groupe italo-suisse souhaite bénéficier de tout, de l’accès au système bancaire grâce à l’appui de l’État, des crédits à taux imbattables avec la signature de l’État, de la prise en charge des risques par des structures publiques ou parapubliques, mais aussi de tous les montages « d’optimisation fiscale ». Et s’il rencontre un soupçon de résistance, l’armateur italo-suisse ne manque pas alors de faire savoir qu’un autre chantier naval lui a fait des propositions bien plus intéressantes qu’il est prêt à examiner.

      Bercy se retrouve ainsi à négocier avec les banques la création de special purpose vehicule (SPV), des entités ad hoc logées au Panama ou dans quelque autre #paradis_fiscal, qui servent à porter le financement de chaque bateau, MSC n’en étant que l’exploitant jusqu’au remboursement final.

      Au cabinet du ministre des finances, certains conseillers finissent par se demander si cette situation est bien normale, si c’est vraiment la fonction d’un cabinet ministériel d’aider un groupe étranger à échapper à la fiscalité française. Finalement, le feu vert est donné. « Les autorités fiscales pourraient accepter un tel schéma si cela respecte la politique fiscale et si la marge de STX reste acceptable », tranche le cabinet du ministre.
      Toutes les notes engageantes sur les financements publics signées par Bercy s’achèvent ainsi : préserver les intérêts de STX France. Dans les faits, les chantiers navals de Saint-Nazaire survivent à peine. Ils perdent des millions chaque année. Tous les efforts de productivité pour abaisser les coûts, les accords de performance tant vantés par Emmanuel Macron, les plans d’ajustement sont captés par ces deux grands clients – MSC et Royal Caribbean –, sans bénéfice aucun pour les chantiers de Saint-Nazaire. Car toutes les commandes sont prises à perte.

      En juillet 2016, une note portant sur une nouvelle commande de deux paquebots par MSC pour livraison 2019-2020 confirme les avertissements de l’Agence des participations de l’État, qui avait mis son veto à une commande en 2014. « L’allongement de la série devrait permettre à STX France d’équilibrer les pertes réalisées sur les deux premiers navires », écrit-elle. Saint-Nazaire a donc bien perdu encore de l’argent sur les commandes de MSC. La note poursuit : « Après la livraison des navires, l’exposition de l’État au risque MSC devrait atteindre 3,2 milliards d’euros, compte tenu des autres crédits Coface, et demeure acceptable, compte tenu de la mise en place d’un schéma de sûreté, notamment d’une hypothèque de 1er rang. »

      Une analyse que ne partage pas du tout la direction du Trésor. Dans une note en date du 15 juillet 2016, celle-ci avertit que l’exposition de l’État dans le secteur des croisières est déjà de 7,3 milliards d’euros. Elle demande que des négociations soient engagées avec les deux croisiéristes – MSC et Royal Caribbean –, afin de rehausser les taux de garantie de l’État dont ils bénéficient, pour mieux assurer le risque.
      Mais c’est la direction du budget, qui n’est jamais associée aux discussions sur les contrats de paquebots, qui se montre la plus alarmiste et la plus visionnaire. Dans une note de juillet 2016 toujours, dont Alexis Kohler est destinataire, celle-ci sonne l’alarme sur les risques pris par l’État sur STX et MSC. Elle insiste sur le fait que l’État négociant directement avec les banques et apportant sa garantie, aucune analyse de risque précise des groupes emprunteurs, comme les banques en font sur tous les dossiers de financement, n’est réalisée, donc que le risque MSC n’est pas évalué comme il se doit. Elle ajoute que les hypothèques prises sur les bateaux, présentées comme des garanties sûres, pourraient se révéler très illusoires, la valeur des bateaux pouvant être réduite à rien, en cas de crise.

      Dans les poches des épargnants français

      La fronde larvée de certains services de l’Etat contre les facilités exorbitantes accordées à STX et MSC est comme un avertissement. Mais entretemps, le cabinet du ministre des finances a trouvé une solution : faire dériver les risques et les engagements, trop visibles et contrôlés, pris par les finances publiques vers la #Caisse_des_dépôts. Vers l’épargne des Français, donc.

      Il y a longtemps que le ministère des finances lorgne sur les richesses accumulées de la Caisse des dépôts qui lui échappent. Mais là, c’est l’occasion rêvée. Le cabinet du ministre des finances a repéré la structure idéale pour faire disparaître le risque maritime des comptes publics : la Société de financement local (#Sfil). Une structure si discrète que tout le monde a oublié son existence.
      À l’origine, cette structure de défaisance a été créée pour gérer la suite de la faillite de Dexia, notamment les encours des prêts toxiques consentis aux collectivités locales. Cette entité présente de nombreux avantages : elle est hors bilan, donc ses engagements n’entrent pas dans les calculs de Maastricht ; elle bénéficie de la signature de la Caisse des dépôts, aussi bonne que celle de l’État ; elle se refinance aux conditions de l’État et est éligible auprès de la Banque centrale européenne. Autant dire que ses conditions de financement sont imbattables.

      Enfin, sa structure byzantine, où les responsables jonglent avec plusieurs entités (Caffil et Sfil), permet d’éviter un contrôle vigilant. Les parlementaires, qui normalement ont la responsabilité du contrôle de la Caisse des dépôts depuis la loi de 1816, sont de fait quasiment exclus. Et c’est bien ce que cherche le ministère des finances : contourner cette loi qui les empêche de disposer comme ils l’entendent de l’épargne des Français

      Le cabinet du ministre des finances Pierre Moscovici a été extrêmement sollicité dans la recherche de ce sur mesure, Alexis Kohler en tête, selon nos informations. Pierre Moscovici décide en 2014 d’une nouvelle mission pour la Sfil : celle de faire du crédit export et de l’assurance export pour les très grands contrats.
      Malgré les protestations de la Caisse des dépôts (#CDC) et de la Banque postale, qui sont actionnaires minoritaires de la Sfil aux côtés de l’État, la transformation est imposée. Pour renforcer les fonds propres de la Sfil afin de financer ce nouveau métier, la CDC et la Banque postale sont priées d’apporter 12,5 milliards d’euros, dont plus de 11 milliards pour la seule CDC. Mais l’État a désormais l’outil qui lui permet d’offrir un financement imbattable aux paquebots de MSC

      Il faudra quelque temps cependant pour obtenir le feu vert de la Commission européenne. Début 2017, tout est en place. Et les premières annonces de refinancement des crédits exports de la Sfil seront pour Royal Caribbean et MSC. « Sans un dispositif public, il n’aurait pas été possible de faire entrer en vigueur ces contrats si importants », avait assuré Jean-Philippe Neau, toujours directeur financier de STX France à l’époque, auprès du directeur de la Sfil, Philippe Mills, lors de la signature des premiers contrats de 2016-2017. C’est dire que tout le monde est sur la même longueur d’onde.

      Une surexposition aux risques maritimes

      Selon nos informations, la Sfil est surexposée dans son activité de crédit à l’exportation aux risques des deux #croisiéristes, bien au-delà des ratios prudentiels requis. Une situation que la direction de la Sfil conteste : « La Sfil applique rigoureusement toutes ses obligations en matière prudentielle et bancaire. Elle est supervisée depuis sa création par l’Acpr [l’autorité de contrôle prudentiel et de résolution – ndlr] et, depuis novembre 2014, par la Banque centrale européenne, dont les revues concluent à un faible niveau de risque de nos activités (le plus faible même sur les 128 grandes banques européennes). »

      Elle nous indique également qu’elle a une parfaite connaissance de la situation financière de MSC et des risques potentiels : « MSC a fourni à la Sfil l’ensemble des informations et documents nécessaires pour accorder un crédit bancaire, notamment en termes d’actionnariat, de bénéficiaires finaux et d’éléments financiers. »
      Pourtant, il semble que l’armateur italo-suisse ait toujours le droit à un traitement un peu privilégié par rapport à son concurrent, comme nous l’avons déjà raconté. Le 19 juin 2018, à l’occasion de nouvelles négociations pour la commande de deux paquebots supplémentaires par MSC, un mail est ainsi adressé à l’ensemble des responsables de la Sfil pour faire état des demandes de l’armateur, qui se dit pressé de conclure. « MSC et STX ont insisté et demandent à la Sfil de considérer une baisse de notre prix de l’ordre de 5 points de base et de leur apporter les premiers éléments de réponse sur ce point le 25 juin. Nous comprenons qu’il s’agit d’une demande de baisse à caractère commercial car dans les faits, avec des prix à 60 points de base en deuxième phase, MSC aurait déjà un prix inférieur de 10 points de base à sa transaction précédente. Mais MSC, soutenu par STX, précise que l’ensemble des parties prenantes (Fininter et les banques commerciales) ont déjà consenti un effort significatif et qu’ils attendent également un geste de la Sfil », écrit un des négociateurs.
      « Et si on faisait un effort, on aurait quelle marge ? », lui demande dans les minutes qui suivent le président de la Sfil. Certaines parties prenantes feront valoir que les conditions de marché ne justifient pas un tel cadeau. Mais MSC réussit toujours à obtenir ce qu’il veut. Selon nos informations, les conditions de refinancement accordées au groupe italo-suisse par rapport à celles signées à quelques mois de distance par Royal Caribbean montrent que le spread de crédit, c’est-à dire la rémunération qu’exige la Sfil en tant que prêteur par rapport au taux conventionnel de l’Euribor, est de 20 à 25 % inférieure pour MSC. Sur des années, cet avantage se chiffre en dizaines de millions.

      Interrogée, la direction de la Sfil conteste faire la moindre faveur à MSC : « Nous précisions pour commencer que le taux d’intérêt payé par un emprunteur comme MSC est négocié avec l’ensemble des banques prêteuses initiales. Sfil intervient en refinancement des banques initiales qui souhaitent faire appel à Sfil (ce qui n’est pas le cas de toutes les banques prêteuses et, pour celles qui font appel à Sfil, pas pour la totalité de leur part dans le crédit).

      En tous les cas, votre affirmation est erronée. La Sfil applique une tarification vis-à-vis des banques qui est fonction des caractéristiques de l’opération (taille, durée, risque) et des conditions de marché en vigueur à la date de négociation du crédit. La méthodologie de cette tarification est la même pour l’ensemble des opérations de crédit export. »

      En guerre contre Fincantieri

      Dans un tel contexte, où MSC semble disposer sans restriction des garanties de l’État, la nervosité de l’armateur italo-suisse au sujet de la recomposition actionnariale des chantiers navals se comprend mieux. Tout changement majeur pourrait le priver de « l’accès à la liquidité publique ».

      Dès que la faillite de l’actionnaire principal de Saint-Nazaire, le sud-coréen STX, se confirme en 2013, MSC est sur le pont. Il fait savoir qu’il est prêt à prendre une participation dans les chantiers navals aux côtés de l’État. À Bercy, on planche aussi beaucoup pour trouver une solution. L’agence de participations de l’État plaide alors pour une recapitalisation urgente de Saint-Nazaire et pour une recomposition du tour de table. Mais rien ne se concrétise. Comme le dit Alexis Kohler, « le statu quo ne pose pas de problème ».

      Quand les chantiers navals publics italiens, Fincantieri, se portent candidats pour reprendre la participation du sud-coréen, l’APE plaide en faveur de cette solution. Ce rachat permettrait, selon elle, d’adosser industriellement Saint-Nazaire et de le soustraire du chantage exercé par ses clients. Même Julien Denormandie, officiellement chargé du dossier STX au cabinet du ministre, semble favorable à cette solution. Il se prend une volée de bois de vert par mail en retour de la part d’Alexis Kohler, qui lui rappelle qu’il y a une lettre d’intention de commandes signée avec MSC.

      Le directeur de STX France, Laurent Castaing, se dit lui aussi publiquement hostile à une reprise par Fincantieri. L’entrée de ses clients croisiéristes dans le capital de son entreprise lui semble être la meilleure solution, non pas pour obtenir de meilleures conditions pour leur commandes, « ce qui est fait » souligne-t-il, mais pour s’assurer des capacités de construction à l’avenir.
      Le 2 septembre 2015, Emmanuel Macron, alors ministre de l’économie, rencontre Gianluigi Aponte, le fondateur de MSC, et négocie directement avec lui. Il donne son accord à la proposition de l’armateur d’entrer au capital de STX France en faisant une proposition de racheter la participation de STX au liquidateur sud-coréen. En complément, le groupe italo-suisse est disposé à lever les options prises sur la commande de deux nouveaux paquebots.

      Mais l’accord s’enlise. La justice sud-coréenne traîne à trancher la liquidation de STX. MSC et Royal Caribbean se révèlent dans l’incapacité de monter un tour de table avec le constructeur naval néerlandais Damen, comme ils l’avaient promis, et de mobiliser 76 millions d’euros pour racheter la participation de STX dans les chantiers navals de Saint-Nazaire. Plusieurs services de l’État sont radicalement opposés à cette solution et défendent soit la nationalisation de Saint-Nazaire, soit le rachat par Fincantieri.

      En avril 2016, alors que les rumeurs de départ d’Emmanuel Macron du ministère s’amplifient, Laurent Castaing, le directeur de STX France, écrit une lettre pressante au directeur de l’APE, Martin Vial, et à Alexis Kohler. « Le statut quo n’est pas souhaitable, écrit-il. Sans assurance que nos chantiers ne peuvent tomber entre des mains considérées comme hostiles par nos clients [MSC et Royal Caribbean – ndlr], ils auront du mal à aller plus loin dans leur volonté de commandes. […] L’intérêt des armateurs pour les chantiers navals n’est jamais un intérêt prédateur. […] Pour conclure : je recommande une alliance avec MSC afin de débloquer le dossier actionnarial bloqué depuis trop longtemps. »
      Malgré ses efforts et les tentatives du cabinet d’Emmanuel Macron pour débloquer la situation, le dossier n’avance pas. Après son départ, Christophe Sirugue, secrétaire d’État à l’industrie, reprend le dossier et finit par se ranger à l’avis des services de l’État. Le 12 avril 2017, quelques jours avant l’élection présidentielle, un accord est signé entre l’État et Fincantieri autorisant ce dernier à reprendre la participation de STX France.
      C’est pour contrer cet accord que le gouvernement décide d’aller contre tous ses principes de libéralisation. Le 27 juillet, le ministre des finances, #Bruno_Le_Maire, annonce la #nationalisation surprise des chantiers de Saint-Nazaire, l’État décidant à faire jouer son droit de préemption sur la participation détenue par le sud-coréen STX. La décision crée une crise diplomatique avec le gouvernement italien.

      Mais certains intérêts semblent plus importants à préserver que d’autres. Et puis, le gouvernement l’assure : il ne s’agit que d’une nationalisation « temporaire » en vue de rééquilibrer les pouvoirs à Saint-Nazaire
      Mais cette nationalisation qui devait être provisoire s’éternise. Si les pouvoirs publics ont réussi à associer Naval Group (DCNS) et des industriels locaux au tour de table, les deux croisiéristes clients de Saint-Nazaire, eux, manquent toujours à l’appel. Finalement, en 2018, Bercy se résout à signer un accord final avec Fincantieri. Au même moment, Alexis Kohler négocie dans son bureau de l’Élysée un rapprochement entre Fincantieri et Naval Group. Un projet contre lequel nombre de spécialistes sont vent debout, dénonçant « un nouveau bradage industriel français » et la désintégration de l’industrie navale militaire.

      D’après l’accord signé, les chantiers publics italiens entreront comme actionnaire minoritaire mais l’État acceptera de lui prêter 1 % pour lui assurer la direction opérationnelle. Surtout, Laurent Castaing, directeur de Saint-Nazaire, reste en fonction. C’est bien là l’essentiel ! L’État ne saurait se passer d’un dirigeant qui a su si bien défendre les intérêts de ses clients.
      Le rachat de Saint-Nazaire par Fincantieri a été soumis à direction de la concurrence de la Commission européenne. Celle-ci devait rendre son avis en avril. Mais avec la crise du covid-19, tout est suspendu. Et il n’est pas sûr que les chantiers navals italiens aient aujourd’hui envie de reprendre les chantiers français, alors que le secteur des croisières est sinistré.

      Dans l’intervalle, le jeu avec MSC a pu continuer. En janvier, l’Élysée a annoncé des projets d’investissements à hauteur de 4 milliards d’euros pour prouver l’attractivité de la France. Et parmi eux, un grand contrat signé par MSC avec les Chantiers de l’Atlantique. À elle seule, la commande de deux nouveaux paquebots passée par l’armateur italo-suisse aux chantiers navals de Saint-Nazaire représentait la moitié des sommes annoncées. La construction à Saint-Nazaire des deux nouveaux paquebots de 6 700 passagers va générer « 14 millions d’heures de travail, correspondant à 2 400 emplois pendant trois ans et demi », et deux milliards d’euros d’engagements, s’était alors réjoui l’Élysée.
      Aujourd’hui, la sombre prédiction de la direction du budget de 2016 est en train de se réaliser. L’État se retrouve avec des engagements financiers immenses à l’égard du transport maritime, des garanties qui risquent de n’avoir aucune valeur et un chantier naval stratégiquement important mais sans vision industrielle, faute de l’avoir contraint à abandonner le court-termisme. Et dans cette affaire, il risque de ne pas y avoir d’ardoise magique. Ce sont bien les contribuables et les épargnants français qui vont devoir payer l’addition.

      #renard_libre #épargne #fiscalité #niche_fiscale