• Un genre littéraire, la catastrophe - Chronique 2
    https://lundi.am/Un-genre-litteraire-la-catastrophe

    Quadruppani à propos de Péage Sud de Sébastien Navarro :

    Pour mieux comprendre la catastrophe en cours aux USA depuis le 6 janvier 2021, on peut s’aider d’un extrait de Péage Sud , de Sébastien Navarro, déjà apparu dans la chronique précédente. Ici, nous retrouvons le narrateur le 23 décembre 2018 en train de boire son jus matinal au Café des Sports. Lisant dans le journal que Macron est en crise existentielle à cause des Gilets Jaunes, le narrateur pouffe et un buveur de Ricard au look hard-rocker lui demande ce qui le fait rire.

    « — C’est Macron, je réponds. Il ne va pas fort et ça me fait marrer.
    -- Peut crever.
    -- On n’en est pas là, même si ça en prend le chemin. Ecoutez ça. C’est un député de la majorité qui balance : « Il ne sort plus sans se maquiller tellement il est marqué. Il se maquille même les mains. »
    Mon acolyte de bar avale une gorgée de Ricard. Son cerveau a besoin de temps pour traiter et analyser l’information. Il ferme son œil valide, la paupière de l’autre s’abaissant à mi-parcours. Puis il croise ses gros doigts noueux devant sa bouche et dit :
    -- J’hésite entre la pute et le spectre.
    -- La pute a droit à notre respect, j’objecte.
    -- T’as raison. C’est un spectre. Un truc sans consistance qu’on nous fout devant les yeux pour nous endormir.
    -- Une marionnette, quoi.
    -- Non, un spectre. Une marionnette, c’est encore du solide. Tu peux la guillotiner ou faire fondre le plastique. Tu peux rien contre les spectres. C’est comme l’autre avec son hologramme.
    -- Mélenchon ?
    -- Ouais. On est dirigés par des spectres. Des halos de lumière sans consistance. Des faisceaux.
    -- Faisceaux/fascistes, c’est la même racine, j’analyse.
    -- On s’en fout, des fascistes.
    L’œil désaxé vire globuleux, la pupille se coince dans un arcane supérieur avant de redescendre. Il poursuite :
    -- Ils sont morts, les fascistes. On a changé d’époque. Aujourd’hui, c’est les faisceaux. Juste eux. La matrice. La lumière.
    -- Et comment on en vient à bout des faisceaux et des spectres ?
    -- Faut couper le jus.
    -- Et tu sais toi comment couper le jus ?
    -- Tu crois que je serais là à picoler si je le savais ? J’en sais rien et personne sait. »

    La direction indiquée par l’ivrogne matutinal de Navarro semble bien plus prometteuse que les reconstructions à posteriori sur le complot trumpiste qui visait une proclamation de la loi martiale : comme on l’a déjà dit, en coupant le jus de Trump, les seigneurs des Gafam ont montré où étaient la matrice et la lumière animant les spectres qui nous gouvernent. Et les morts-vivants fascistes qu’ils sauront, le moment venu, déchaîner contre nous.

    cf. https://seenthis.net/messages/886310

    #Sébastien_Navarro #Chien_rouge #CQFD #Gilets_jaunes

  • Les élevages de visons en Chine à l’origine du Covid-19 ? Les indices s’accumulent | Yann Faure et Yves Sciamma
    https://reporterre.net/Les-elevages-de-visons-en-Chine-a-l-origine-du-Covid-19-Les-indices-s-ac

    Et si la pandémie était née dans des élevages intensifs d’animaux à fourrure en Chine ? Le « chainon manquant » entre la chauve-souris et l’humain pourrait bien être le vison — le chien viverrin est également suspecté. Ceci expliquerait la volonté tenace de la Chine — premier producteur mondial de fourrure — de verrouiller l’information scientifique. Source : Reporterre

  • La via della vergogna Sulla rotta balcanica delle migrazioni

    Il viaggio disperato lungo la rotta dei Balcani, tra violenze e torture inaudite da parte della polizia Centinaia di profughi con diritto alla protezione respinti dall’Italia

    È la schiena curva e livida dei respinti a dire le sprangate. Sono le gambe sanguinanti a raccontare la disperata corsa giù dal valico. A piedi nudi, con le caviglie spezzate dalle bastonate e i cani dell’esercito croato che azzannano gli ultimi della fila. È l’umiliato silenzio di alcuni ragazzi visitati dai medici volontari nel campo bosniaco di #Bihac per le cure e il referto: stuprati e seviziati dalla polizia con dei rami raccolti nella boscaglia. I meno sfortunati se la sono cavata con il marchio di una spranga incandescente, a perenne memoria dell’ingresso indesiderato nell’Unione Europea.

    Gli orrori avvengono alla luce del sole. Affinché gli altri, i recidivi degli attraversamenti e quelli che dalle retrovie attendono notizie, battano in ritirata. Velika Kladuša e il valico della paura. Di qua è Croazia, Europa. Di la è Bosnia, fuori dalla cortina Ue. Di qua si proclamano i diritti, ma si usa il bastone. Oramai tra i profughi della rotta balcanica lo sanno tutti che con gli agenti sloveni e gli sbirri croati non si scherza.

    «Siamo stati consegnati dalla polizia slovena alla polizia croata. Siamo stati picchiati, bastonati, ci hanno tolto le scarpe, preso i soldi e i telefoni. Poi ci hanno spinto fino al confine con la Bosnia, a piedi scalzi. Tanti piangevano per il dolore e per essere stati respinti». Sono le parole di chi aveva finalmente visto i cartelli stradali in italiano, ma è stato rimandato indietro, lungo una filiera del respingimento come non se ne vedeva dalla guerra nella ex Jugoslavia. Certi metodi non sembrano poi cambiati di molto.

    Tre Paesi e tre trattamenti. I militari italiani non alzano le mani, ma sono al corrente di cosa accadrà una volta rimandati indietro i migranti intercettati a Trieste come a Gorizia. Più si torna al punto di partenza, e peggio andranno le cose. Le testimonianze consegnate ad Avvenire dai profughi, dalle organizzazioni umanitarie, dai gruppi di avvocati lungo tutta la rotta balcanica, sembrano arrivare da un’altra epoca.

    Le foto non mentono. Un uomo si è visto quasi strappare il tendine del ginocchio destro da uno dei mastini delle guardie di confine croate. Quasi tutti hanno il torso attraversato da ematomi, cicatrici, escoriazioni. C’è chi adesso è immobile nella tendopoli di Bihac con la gamba ingessata, chi con il volto completamente bendato, ragazzini con le braccia bloccate dai tutori in attesa che le ossa tornino al loro posto. I segni degli scarponi schiacciati contro la faccia, le costole incrinate, i calci sui genitali. Un ragazzo pachistano mostra una profonda e larga ferita sul naso, il cuoio capelluto malridotto, mentre un infermiere volontario gli pratica le quotidiane medicazioni. Un afghano appena maggiorenne ha l’orecchio destro interamente ricucito con i punti a zigzag. Centinaia raccontano di essere stati allontanati dal suolo italiano.

    Una pratica, quella dei respingimenti a ritroso dal confine triestino fino agli accampamenti nel fango della Bosnia, non più episodica. «Solo nei primi otto mesi del 2020 sono state riammesse alla frontiera italo-slovena oltre 900 persone, con una eccezionale impennata nel trimestre estivo, periodo nel quale il fenomeno era già noto al mondo politico che è però rimasto del tutto inerte », lamenta Gianfranco Schiavone, triestino e vicepresidente di Asgi, l’associazione di giuristi specializzati nei diritti umani. «Tra le cittadinanze degli stranieri riammessi in Slovenia il primo posto va agli afghani (811 persone), seguiti da pachistani, iracheni, iraniani, siriani e altre nazionalità, la maggior parte delle quali – precisa Schiavone – relative a Paesi da cui provengono persone con diritto alla protezione ». A ridosso del territorio italiano arriva in realtà solo chi riesce a sfuggire alla caccia all’uomo fino ai tornanti che precedono la prima bandiera tricolore. Per lasciarsi alle spalle quei trecento chilometri da Bihac a Trieste possono volerci due settimane.

    Secondo il Danish Refugee Council, che nei Paesi coinvolti ha inviato numerosi osservatori incaricati di raccogliere testimonianze dirette, nel 2019 sono tornate nel solo campo di bosniaco di Bihac 14.444 persone, 1.646 solo nel giugno di quest’anno.

    I dati a uso interno del Viminale e visionati da Avvenire confermano l’incremento delle “restituzioni” direttamente alla polizia slovena. Nel secondo semestre del 2019 le riammissioni attive verso Zagabria sono state 107: 39 da Gorizia e 78 da Trieste. Il resto, circa 800 casi, si concentra tutto nel 2020. Il “Border violence monitoring”, una rete che riunisce lungo tutta la dorsale balcanica una dozzina di organizzazioni, tra cui medici legali e avvocati, ha documentato con criteri legali (testimonianze, foto, referti medici) 904 casi di violazione dei diritti umani. Lungo i sentieri sul Carso, tra i cespugli nei fitti boschi in cima ai dirupi, si trovano i tesserini identificativi rilasciati con i timbri dell’Alto commissariato Onu per i rifugiati o dall’Agenzia Onu per le migrazioni. I migranti li abbandonano lì. Testimoniano di come a decine avessero ottenuto la registrazione nei campi allestiti a ridosso del confine balcanico dell’Unione Europea.

    Quel documento, che un tempo sarebbe stato considerato un prezioso salvacondotto per invocare poi la protezione internazionale, oggi può essere una condanna. Perché averlo addosso conferma di provenire dalla Bosnia e dunque facilita la “riconsegna” alla polizia slovena. Anche per questo lo chiamano “game”.

    Un “gioco” puoi vincere una domanda d’asilo in Italia o in un’altro Paese dell’Ue, o un’altra tornata nell’inferno dei respingimenti. «Quando eravamo nascosti in mezzo ai boschi, la polizia slovena – racconta un altro dei respinti – era anche accompagnata dai cani. Qualcuno si era accucciato nel bosco e non era stato inizialmente visto, ma quattro o cinque cani li hanno scovati e quando hanno provato a scappare sono stati rincorsi dai cani e catturati».

    https://www.avvenire.it/attualita/pagine/lorrore-alle-porte-delleuropa

    #photographie #témoignage #images #violence #violences #Balkans #route_des_Balkans #asile #migrations #réfugiés #frontières #torture #Croatie #game #the_game #viols #Velika_Kladuša #Velika_Kladusa #Bosnie #Slovénie #refoulements_en_chaîne #push-backs #refoulements #réadmission #chiens

    • Violenza sui migranti, in un video le prove dalla Croazia

      Impugnano una spranga da cui pende una corda. Stanno per spaccare ginocchia, frustare sulla schiena, lanciare sassi mirando alla testa dei profughi. Sono soldati croati...

      https://www.youtube.com/watch?v=tacXXCD8UL8&feature=emb_logo

      Non è per il freddo delle gelate balcaniche che gli uomini appostati nella radura indossano un passamontagna. Il branco è lì per un’imboscata. Impugnano una spranga da cui pende una corda. Stanno per spaccare ginocchia, frustare sulla schiena, lanciare sassi mirando alla testa dei profughi. Sono soldati croati. E stavolta Zagabria non potrà più dire che non ci sono prove.

      Ora c’è un video che conferma le accuse di questi anni. Nei giorni scorsi, dopo la ricostruzione di Avvenire e la pubblicazione di immagini e testimonianze di alcune tra le migliaia di persone seviziate dai gendarmi, era intervenuta la commissaria agli Affari Interni dell’Ue, Ylva Johansson. «Abbiamo sentito di respingimenti dagli Stati membri e non è accettabile». Nessun accenno, però, alla violenza. Il governo di Zagabria, infatti, ha sempre respinto le accuse dei profughi respinti a catena da Italia, Slovenia e Croazia. «Nonostante i report lo Stato croato ha negato, mettendo in dubbio la credibilità dei migranti, degli attivisti e dei giornalisti – ricordano i legali del “Border violence monitoring” – citando la mancanza di prove fotografiche». Ora quelle prove ci sono.

      I fotogrammi e i video raccolti sul campo non lasciano spazio a dubbi. La frusta schiocca i primi colpi. Un uomo viene atterrato dopo che l’aggressore lo ha quasi azzoppato. Neanche il tempo di stramazzare tra i rovi che viene centrato in pieno volto. Poco distante, in un fossato che segna il confine con la Bosnia Erzegovina, altri due uomini a volto coperto, entrambi con divise blu scure, afferrano dei grossi sassi e li scagliano contro alcuni ragazzi che corrono per riguadagnare il confine bosniaco, a meno di 30 metri, dove gli aggressori croati sanno di non potere addentrarsi.

      https://www.youtube.com/watch?v=rtEDbuDbqzU&feature=youtu.be

      Le sequenze sono raccapriccianti. Le urla spezzano il fiato. I militari infieriscono ripetutamente su persone inermi. A tutti sono state tolte le scarpe, i telefoni, il denaro, gli zainetti con gli unici ricordi delle propRie origini. Un uomo piange. Il volto gonfio, una gamba dolorante, alcune ferite alla testa, il labbro superiore sanguinante. Nella sua lingua biascica la più universale delle invocazioni: «Mamma mia».

      Le immagini,che risalgono alla fine di marzo, sono state analizzate per mesi da legali e periti di vari Paesi per conto del “Border violence monitoring”, il network di organizzazioni di volontariato attivo in tutti i Balcani. Nel video integrale (sintetizzato da Avvenire in una versione di 4 minuti in questo articolo) si possono vedere i filmati con le ricostruzioni forensi. Oltre alle identità dei feriti è stato possibile riconoscere anche i corpi di appartenenza dei picchiatori: guardie di confine, nuclei speciali della polizia e militari dell’esercito.

      Le forze di sicurezza, come sempre, avevano pensato a impedire che le testimonianze potessero trovare riscontri fotografici. Questa volta, però, un ragazzo afghano è riuscito a beffarli. Poco prima del respingimento altri agenti in un posto di polizia avevano rubato denaro, telefoni ed effetti personali. Con le scarpe e i vestiti avevano fatto un falò. Nella concitazione, da uno degli zainetti è scivolato un telefono. Il ragazzo ha fatto in tempo a nasconderlo nelle mutande. Per consegnarci le immagini della vergogna all’interno dell’Unone europea.

      Dopo una corsa disperata, inseguito dalle sprangate e dalle scudisciate, una volta superato il fossato ha riacceso il cellulare danneggiato durante l’aggressione. C’era ancora abbastanza batteria. Si sente anche la sua voce mentre non riesce a tener ferme le mani: «Mi fa male una gamba, ho troppo dolore». Un altro accanto a lui comprende l’importanza di quegli istanti: «Ti tengo io, devi continuare a riprendere».

      Pochi giorni prima The Guardian aveva pubblicato un inchiesta di Lorenzo Tondo: la polizia croata veniva accusata di segnare i migranti islamici con una croce sulla testa, ma ancora una volta Zagabria aveva negato.

      Le riammissioni a catena, con cui dal confine italo–sloveno «si deportano illegalmente i rifugiati fino in Bosnia, hanno l’effetto di esporre le persone a condizioni inumane e a un rischio di morte: vanno pertanto immediatamente fermate», chiede il Consorzio italiano di solidarietà (Ics). Anche in Bosnia vengono denunciati episodi di violenza ed uso eccessivo della forza da parte della polizia.

      L’11 dicembre, sei giorni dopo la pubblicazione della prima puntata dell’inchiesta di Avvenire (LEGGI QUI), è intervenuta la Commissaria ai diritti umani del Consiglio d’Europa, il consesso che ha dato vita alla Corte europea dei diritti dell’Uomo. In una lettera la bosniaca Dunja Mijatovic parla delle «segnalazioni di gruppi di vigilantes locali che attaccano i migranti e distruggono i loro beni personali», esprimendo preoccupazione «per le segnalazioni di attacchi e minacce contro i difensori dei diritti umani che aiutano i migranti, tra cui una campagna diffamatoria e minacce di morte».

      E non sarà certo la prima neve a fermare le traversate.

      Ieri la polizia serba ha bloccato 300 persone in due distinte operazioni: 170 sono stati trovati nella zona di Kikinda, lungo un sentiero sul confine con la Romania; altri 140 sono stati vicino al valico di Horgos, alla frontiera con l’Ungheria. Sperano così di aggirare la sbirraglia.

      Nicola Bay, direttore in Bosnia del “Danish refugee council” spiega di avere identificato con la sua organizzazione «14.500 casi di respingimenti dalla Croazia alla Bosnia dall’inizio del 2020. Nel solo mese di ottobre, i casi sono stati 1.934, tra cui 189 episodi in cui migranti sono stati soggetti a brutale violenza, e in due episodi anche violenza sessuale, da parte di uomini in uniformi nere, con i volti mascherati». Perciò «non è accettabile che i respingimenti violenti siano utilizzati, di fatto, come strumento per il controllo dei confini dagli stati europei. È giunto il momento di esigere, da parte della Commissione Europea e degli stati membri della Ue, inclusa l’Italia, il pieno rispetto delle più basilari norme del diritto comunitario e internazionale».

      E non è escluso che grazie a queste immagini si apra finalmente una inchiesta giudiziaria per individuare i responsabili, i loro superiori e fermare i crimini contro gli esseri umani commessi nell’Unione Europea.

      https://www.avvenire.it/attualita/pagine/torture-su-migranti-al-confine-tra-croazia-e-bosnia-vide-scavo

    • L’inchiesta. Abusi sui migranti della rotta balcanica, scende in campo l’Ue

      Dopo le denunce su violenze e respingimenti, l’Agenzia Ue per i diritti umani: monitorare i comportamenti della polizia. Zagabria: violenze presunte. A Trieste con i volontari che curano le ferite

      https://www.youtube.com/watch?v=uBfEBYHMXXE&feature=emb_logo

      La lavanda dei piedi comincia all’ora del vespro. È il quotidiano rito dei volontari che ogni sera, nel piccolo parco tra la stazione e il vecchio porto, dai loro zaini da studente estraggono garze, cerotti, unguenti. Passano da lì gli impavidi del game, i superstiti della roulette russa dei respingimenti a catena, e a bastonate, verso la Bosnia. Cacciati fuori dai confini Ue.

      Dopo le nuove denunce di queste settimane, qualcosa tra Bruxelles e Zagabria si muove. L’agenzia Ue per i diritti fondamentali è pronta a monitorare i comportamenti delle polizie lungo i confini. Ma manca una data per l’avvio del piano di prevenzione degli abusi.

      Pochi giorni fa a Bruxelles hanno chiuso un rapporto che racconta di vicende sfuggite alle principali cronache internazionali. Sono ancora in corso le indagini per episodi ch si ripetono da anni senza che mai si arrivi a individuare delle responsabilità. Nel novembre 2017 «una bambina afghana di sei anni, Madina Hosseini, è stata uccisa da un treno in transito al confine tra Croazia e Serbia» si legge nel dossier, che precisa: «Secondo il rapporto del difensore civico croato, Madina e la sua famiglia erano arrivate in Croazia e avevano chiesto asilo, quando è stato detto loro di tornare in Serbia». Una violazione delle norme sul diritto d’asilo finita in dramma. La famiglia è stata trasferita «in un veicolo della polizia vicino alla ferrovia e istruita a seguire i binari fino alla Serbia. Poco dopo, la bambina di sei anni è stata uccisa da un treno». D allora non molto è cambiato in meglio.

      Da Kabul a Trieste sono 4mila chilometri. Da qui il villaggio di casa è lontano, la guerra anche. C’è chi l’ultimo tratto lo ha percorso cinque volte. Perché acciuffato dagli agenti sloveni, infine riportato in Bosnia dopo una lezione della polizia croata. E c’è chi a Trieste invece c’era quasi arrivato, ma è stato colto dalla polizia italiana sulla fascia di confine, e poco dopo «riammesso» in Slovenia, come prevede un vecchio accordo tra Roma e Lubiana siglato quando implodeva la ex Jugoslavia.

      Scarpe sfondate, vestiti rotti, le caviglie gonfie e gli occhi troppo stanchi di chi l’ultima volta che s’è accucciato su un materasso era in un qualche posto di polizia. Per Gianfranco Schiavone, vicepresidente dell’Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione (Asgi), è più che «anomalo che la riammissione possa avvenire senza l’emanazione di un provvedimento amministrativo». Anche perché «è indiscutibile che l’azione posta in essere dalla pubblica sicurezza attraverso l’accompagnamento forzato in Slovenia produce effetti rilevantissimi – aggiunge – sulla situazione giuridica dei soggetti interessati».

      Ricacciati indietro senza neanche poter presentare la domanda di protezione, molti passano per le mani delle guardie croate. Anche qui, però, il compatto muro di omertà tra uomini in divisa comincia a incrinarsi. La diffusione di immagini e filmati che documentano la presenza di gendarmi tra i picchiatori di migranti sta convincendo diversi agenti a denunciare anche i loro superiori. Gli ordini, infatti, arrivano dall’alto. Il merito è dell’Ufficio per la protezione dei diritti umani di Zagabria, dotato di poteri investigativi che stanno aprendo la strada a indagini della magistratura, garantendo l’anonimato ai poliziotti che collaborano con le indagini. Il ministero dell’Interno di Zagabria respinge le accuse arrivate nelle ultime settimane da testate come Der Spiegel, The Guardian e Avvenire, riguardo le violenze commesse dalle autorità lungo i confini. Foto e filmati mostrano uomini in divisa armati di spranghe e fruste. «Non si può confermare con certezza che siano membri regolari della polizia croata», si legge in una nota. «La polizia croata protegge il confine dalla migrazione illegale, lo protegge dalle azioni illegali e dai pericoli – aggiunge – che possono portare con sé persone senza documenti e senza identità, e lo fa per fornire pace e sicurezza al popolo croato». Tuttavia «non tolleriamo alcuna violenza nella protezione delle frontiere né (la violenza) è parte integrante delle nostre azioni». Riguardo al filmato e alla ricostruzione di Border Violence Monitoring «concludiamo che non abbiamo registrato azioni in base alla data e al luogo dichiarati nell’annuncio». Quali indagini siano state condotte non è però dato saperlo. «Controlleremo accuratamente i presunti eventi».

      Mentre dal Carso i primi refoli della sera si scontrano con quelli che soffiano dal mare, i volontari appostati nei dintorni della statua della principessa Sissi si preparano a un’altra serata con dolori da alleviare e lamenti da ascoltare. Lorena Fornasier, 67 anni, psicoterapeuta, e suo marito Gian Andrea Franchi, 83 anni, professore di filosofia in pensione, passano spesso di qua. Raccolgono quelli messi peggio. Lo fanno da anni, senza clamore, e si devono a loro le prime denunce sui maltrattamenti subiti dove finiscono i Balcani e comincia la Mitteleuropa.

      «Bisogna portare in tribunale dei casi individuali con l’intento di definire un precedente che sia valido per tutti, per attivare dei cambiamenti normativi che permettano un maggiore rispetto dei diritti fondamentali», osserva Giulia Spagna, direttrice per l’Italia del Danish refugee council, le cui squadre continuano a raccogliere prove di abusi lungo tutta la dorsale balcanica. «Da una parte – aggiunge – si devono offrire soluzioni concrete alle persone che hanno subito soprusi, attraverso supporto legale, oltre che medico e psicologico. Dall’altra usare questi episodi per influenzare le politiche europee e nazionali».

      https://www.avvenire.it/attualita/pagine/a-trieste-tra-chi-cura-le-ferite-reportage-migranti

  • Communiqué suite à la condamnation d’un membre de Désarmons-les ! | Désarmons-les !
    https://desarmons.net/2020/12/04/communique-suite-a-la-condamnation-dun-membre-de-desarmons-les

    Ce jeudi 3 décembre au tribunal de Montpellier, ian, membre de Désarmons-les, se faisait juger sur la base d’un faux en écriture publique réalisé par un agent des Compagnies départementales d’intervention, Jean-Charles Notolan. Ce dernier, après avoir maltraité une observatrice de la LDH au cours de la manifestation du 28 septembre 2019 [1], en lui assénant des coups répétés de bouclier (affaire faisant l’objet d’une plainte IGPN de la part de ladite observatrice), s’était plaint de violences imaginaires de la part de ian, mais aussi d’outrage (il faut bien arrondir sa paie), avant que ses collègues n’ajoutent un délit de groupement en vue de commettre des violences, prétextant la présence dans sa sacoche d’un résidu de grenade lacrymogène percutée [2]
    Le déroulé des faits avait été publié ici : https://desarmons.net/2019/10/01/ianb-membre-de-desarmons-les-revient-sur-son-arrestation-a-montpellier-le
    Une affaire somme toute banale qui ne laissait pas présager un coup de massue comme celui qui est tombé sur la tête de ian en fin d’audience : 8 mois de prison ferme et 600 euros au titre des dommages et intérêts !
    L’audience s’est avérée être une farce, dans laquelle le procureur Lionel Sabater Bono, la juge Gisèle Bresdin et l’avocat du policier Panis Guilhem se sont livrés à des simagrées digne d’un tartuffe. Dans leurs certitudes bourgeoises, le policier est couvert d’un blanc-seing qui l’absout par avance de tout mensonge et de toute violence sous prétexte qu’il a prêté serment (la réalité des abus et violences dénoncée à corps et à cris par l’ensemble de la société leur est indifférente) : malgré les évidences criantes, leur prisme d’analyse totalement binaire et manichéen les amène à considérer toute personne critique envers l’action des forces de l’ordre comme un parasite à écraser sous sa botte, à réduire au silence. Et c’est ainsi que ian a été traité tout au long de l’audience, avec un violent mépris, sans retenue.

    #manifestation #police #répression #justice #prison

  • Ce feu qui nous rassemble
    http://acontretemps.org/spip.php?article815
    à propos de Péage Sud de Sébastien Navarro aux Éditions du Chien rouge, Marseille.

    Si ce Péage Sud surpasse bien des ouvrages, même dignes d’intérêt, parus à ce jour sur le mouvement des Gilets jaunes, c’est qu’il nous restitue, de l’intérieur et en fil direct, ce qui fit – et continue de faire – sa singularité dans l’histoire de la « canaille », comme disait Thiers des communards. Cette singularité, c’est l’idée que quiconque veut le rejoindre ou le quitter « s’y agrège et se désagrège sans que des protocoles aient besoin d’être déployés ». La tribu ne sélectionne pas ; elle n’exclut pas non plus. Ce qu’elle construit, c’est un « agir » spontané, une « énergie politique sans leader », une « puissance » désidentifiée, une force insaisissable capable de muter au gré des convergences qui pourraient naître de la fraternité des combats. C’est ainsi que les Gilets jaunes ont trouvé naturellement leur place dans le mouvement contre l’ignoble projet macronien de contre-réforme des retraites et qu’ils sont encore là, au bout de cette sinistre année 2020 où tout nous fut volé de nos patientes impatiences. Ils savent que la police tient l’État dans sa pogne, qu’elle a fait corps séparé et que c’est précisément pour cela que Darmanin leur lâche tout. Et pourtant ils attendent toujours le grand soulèvement, plus convaincus que jamais que leur cause est juste et leurs pratiques méritoires. C’est aussi en cela qu’ils font exception. Ils se refusent, en fait, à n’être réduits qu’au souvenir d’eux-mêmes aux heures du grand feu qui les/nous rassembla. Ils n’en ont pas fini avec Macron et son monde de merde.

    Voir :
    https://seenthis.net/messages/885331
    https://seenthis.net/messages/886310

    #Sébastien_Navarro #livre #CQFD #Chien_Rouge #Gilets_jaunes

  • On vient de faire imprimer le prochain bouquin des Éditions du Chien rouge.
    Il s’agit du deuxième livre de Sébastien Navarro que les lecteurs/lectrices de CQFD connaissent bien.
    C’est un roman sur son expérience en jaune et qui porte le doux nom de Péage Sud.

    https://www.hobo-diffusion.com/catalogue/2293/peage-sud

    C’est l’histoire d’un gars qui a lu plein de bouquins sur la révolution et qui a failli passer à côté de celle en train de germer sur le rond-point de son village.
    L’histoire d’une rencontre entre un intello maladroit et une foule sortie de son mouroir périphérique pour hurler à la face du monde sa soif de dignité et de justice sociale. Une histoire de manifs organiques, de pétroleuses magnifiques et de rires-aux-larmes lacrymogènes.

    Vous le trouverez dans tous les bons drives indépendants à partir du 13 novembre !

    #Sébastien_Navarro #livre #CQFD #Chien_Rouge

    • Pour en savoir plus sur son premier bouquin, Panchot , c’est pas ici :
      https://cqfd-journal.org/Panchot-la-somme-des-mensonges-sur

      Le 1er août 1944, 600 soldats allemands et miliciens français s’engagent sur la route de Valmanya, dans les Pyrénées catalanes. Leur objectif ? Mater le maquis du Canigou, qui a pris ses quartiers un peu plus haut, dans l’ancienne colonie minière de la Pinouse. Grâce aux guérilleros républicains espagnols qui harcèlent le convoi nazi, d’autres résistants ont le temps d’organiser la fuite des 150 villageois. Quatre vieillards décident de rester : ils seront sauvagement exécutés. Enceinte, une jeune femme demeure également au village : elle sera violée devant ses enfants. Méthodiquement, le bourg est pillé, puis incendié. Du côté de la Pinouse, les Francs-tireurs et partisans résistent un temps, avant de décrocher. Leur chef, Julien Panchot, est blessé : capturé par l’ennemi, il est sauvagement assassiné.

      Voilà pour la version consensuelle de l’histoire. Il y en a d’autres… C’est ce qui a intrigué le camarade Sébastien Navarro, vieux compagnon de route de CQFD , qui signe avec Panchot son premier bouquin, aux éditions Alter Ego.

  • Le covid-19 a-t-il une odeur ? À l’aéroport d’Helsinki des chiens sont utilisés pour dépister les porteurs du virus. Ils pourraient le détecter cinq jours avant l’apparition des symptômes.

    Síntomas de covid-19 : el mecanismo por el que los perros pueden detectarlos 5 días antes de que empiecen
    https://www.elnacional.com/bbc-news-mundo/sintomas-de-covid-19-el-mecanismo-por-el-que-los-perros-pueden-detectarl


    A los pasajeros que llegan a Finlandia se les pide que se froten con un papel para que el perro lo olfatee. (EPA)

    En Argentina, Brasil, Chile, Colombia y México, entre otros países, están entrenando perros para que puedan detectar la enfermedad en pacientes asintomáticos

    ¿El covid-19 tiene olor?

    Esa es una respuesta que solo nos podría dar con exactitud un perro.

    La capacidad olfativa de una de nuestras mascotas preferidas se ha convertido en otra herramienta para combatir la pandemia del covid-19, que ya ha causado más de 20 millones de contagios y un millón de muertes en todo el mundo.

    En países como Finlandia, Líbano, Argentina, Chile, Alemania, EE.UU., Colombia y México, las autoridades están entrenando canes para que puedan detectar si las personas están contagiadas con el nuevo coronavirus.

    Desde hace algunas semanas, por ejemplo, perros especialmente entrenados para identificar mediante el olfato el covid-19 comenzaron a rastrear pasajeros como parte de un programa piloto en el aeropuerto de Helsinki-Vantaa de Finlandia.

    De acuerdo con la profesora Anna Hielm-Bjorkman, de la Universidad de Helsinki, los perros pueden detectar el virus en humanos cinco días antes de que se desarrollen síntomas.

    Son muy buenos [para detectar el coronavirus]. Nos acercamos al 100% de efectividad”, explica.

  • Réfugiés : les Balkans jouent les « #chiens_de-garde » de l’UE

    La #Serbie a commencé durant l’été à construire une barrière de barbelés sur sa frontière avec la #Macédoine_du_Nord. Officiellement pour empêcher la propagation de la Covid-19... #Jasmin_Rexhepi, qui préside l’ONG Legis, dénonce la dérive sécuritaire des autocrates balkaniques. Entretien.

    D. Kožul (D.K.) : Que pensez-vous des raisons qui ont poussé la Serbie à construire une barrière à sa frontière avec la Macédoine du Nord ? Officiellement, il s’agit de lutter contre la propagation de l’épidémie de coronavirus. Or, on sait que le nombre de malades est minime chez les réfugiés...

    Jasmin Rexhepi (J.R.) : C’est une mauvaise excuse trouvée par un communicant. On construit des barbelés aux frontières des pays des Balkans depuis 2015. Ils sont posés par des gouvernements ultra-conservateurs, pour des raisons populistes. Les réfugiés ne sont pas une réelle menace sécuritaire pour nos pays en transition, ils ne sont pas plus porteurs du virus que ne le sont nos citoyens, et les barbelés n’ont jamais été efficaces contre les migrations.

    “Faute de pouvoir améliorer la vie de leurs citoyens, les populistes conservateurs se réfugient dans une prétendue défense de la nation contre des ennemis imaginaires.”

    D.K. : Peut-on parler d’une « orbanisation » des pays des Balkans occidentaux ? Quelle est la position à ce sujet des autorités de Macédoine du Nord ?

    J.R. : Tous les pays des Balkans aimeraient rejoindre l’Union européenne (UE), cela ne les empêche pas d’élever des barbelés sur leurs frontières mutuelles, ce qui est contraire aux principes européens de solidarité et d’unité. Quand les dirigeants populistes conservateurs ne peuvent offrir de progrès et d’avancées à leurs citoyens, ils se réfugient dans une prétendue défense de l’État, de la nation et de la religion contre des ennemis imaginaires. Dans le cas présent, ce sont les réfugiés, les basanés et les musulmans qui sont visés, mais il y a eu d’autres boucs émissaires par le passé.

    La Hongrie a ouvert la danse, mais elle n’est pas la seule, il y a eu aussi l’Autriche, la Bulgarie et la Macédoine du Nord en 2016, quand Gruevski était au pouvoir, et maintenant, malheureusement, c’est au tour de la Serbie. La xénophobie des dirigeants de ces États se voit clairement dans leurs discours. La barrière en question n’inquiète toutefois pas outre mesure les dirigeants macédoniens, car ils savent que rien de tout cela n’empêche réellement les migrations, et que ce ne sont pas des barbelés qui vont maintenir les réfugiés de notre côté de la frontière. Surtout pas maintenant qu’ils ont été habitués aux déportations de masse.

    D.K. : Certains disent que cette barrière pourrait couvrir la totalité de la frontière serbo-macédonienne, soit presque 150 km. Cela peut-il freiner les migrations ?

    J.R. : Tout d’abord, il est physiquement impossible d’installer une telle barrière dans les montagnes. À quoi bon couper tant d’arbres, détruire la nature ? Cette barrière ne s’étendra que dans les plaines, comme dans beaucoup d’autres pays. Là où, de toute façon, il n’y a déjà pas grand monde qui passe. La majorité des voies migratoires empruntent des routes de montagnes, qu’il est physiquement difficile de contrôler. C’est d’ailleurs pour cela que beaucoup de migrants entrent en Macédoine du Nord, parce qu’ils peuvent passer par les montagnes. Quant aux autres, ils coupent tout simplement les barbelés.

    “Ceinte de barbelés, l’Europe du XXIe siècle mène une politique hypocrite.”

    D.K. : Les pays des Balkans acceptent-ils de jouer le rôle de chien de garde de l’UE ? Il n’y a aucun pourtant aucune demande officielle de Bruxelles pour la construction de barrières physiques...

    J.R. : L’UE n’a jamais demandé officiellement la construction de barbelés. Ce sont certains de ses États membres ayant pris la responsabilité de « défendre » l’Europe qui ont imposé cette pratique, et offert des barbelés aux pays d’Europe du Sud-Est. C’est ainsi que la route des Balkans a été bloquée en mars 2016, sur la décision de l’Autriche, parce que l’Allemagne commençait soi-disant à refouler les réfugiés, et pas du fait d’une décision officielle des institutions européennes. De même, l’accord entre l’UE et la Turquie, survenu à la même période, a d’abord été signé par un pays de l’UE, qui a ensuite convaincu les autres de faire de même. Ceci étant, les barbelés facilitent le travail des patrouilles de Frontex, l’agence de l’Union européenne chargée du contrôle et de la gestion des frontières extérieures de l’espace Schengen. La position de l’UE n’est donc pas unifiée, d’où l’impression que cette Europe du XXIe siècle, ceinte de barbelés, mène une politique hypocrite et refuse d’assumer ses responsabilités.

    https://www.courrierdesbalkans.fr/refugies-balkans-chiens-de-garde-UE
    #réfugiés #asile #migrations #Balkans #route_des_Balkans #externalisation #murs #barrière_frontalière #frontières

    –—

    sur le mur entre Serbie et Macédoine :
    https://seenthis.net/messages/872957

  • Le premier #chien testé positif au #coronavirus aux États-Unis est mort | Le HuffPost
    https://www.huffingtonpost.fr/entry/chien-positif-coronavirus-mort_fr_5f23baf0c5b656e9b099d32f

    La famille a dit à National Geographic avoir soupçonné qu’il avait la maladie mais qu’il avait été difficile de le confirmer. “Sans l’ombre d’un doute, je pensais que (Buddy) était positif”, a dit Robert Mahoney. Mais non seulement plusieurs vétérinaires dans sa région étaient fermés en raison de la pandémie, certains étaient aussi sceptiques sur la possibilité qu’un animal attrape le Covid-19.

    Une clinique a finalement pu confirmer que Buddy était bien infecté, et que l’autre animal de la famille, un chiot de 10 mois n’ayant jamais été malade, présentait des anticorps au virus.

  • Violences policières : le Parisien Dimanche entre déni et calinothérapie - Acrimed | Action Critique Médias - Pauline Perrenot
    https://www.acrimed.org/Violences-policieres-le-Parisien-Dimanche-entre

    Si le ministère de l’Intérieur éditait une feuille de chou, elle aurait l’apparence du Parisien Dimanche en ce 21 juin. Il faut dire que la propagande commence dès la Une

    #chien_de_garde #acrimed

  • Au nom du pluralisme, taisez-vous ! - Acrimed | Action Critique Médias
    https://www.acrimed.org/Au-nom-du-pluralisme-taisez-vous

    Aujourd’hui, en pleine crise sanitaire, certains retournent (une nouvelle fois) leur veste : c’est l’État tant honni qui est appelé à la rescousse. Mais alors que le système de santé est à bout de souffle du fait des politiques libérales et des coupes budgétaires, alors que des vies sont en jeu, que penser des sommations à la « baisse des dépenses de santé » d’Éric Le Boucher ? Que penser des prophéties de Nicolas Bouzou en 2014, selon lesquelles « dans 10 ans, nous aurons deux fois trop de lits d’hôpitaux » ? Que penser des cris d’orfraie d’Agnès Verdier-Molinié contre « le taux d’absentéisme très élevé qu’il y a dans nos hôpitaux publics » ? Que penser enfin, en pleine crise du Covid-19, des railleries d’Yves Calvi contre « la pleurniche permanente hospitalière » (12 mars 2020) ?

    https://www.acrimed.org/Covid-19-les-editocrates-serrent-les-rangs
    #acrimed #éditocrates #union_sacrée #chiens_de_garde

  • Hier soir, il n’y avait que 5 « raisons valables », mais c’était évident que la liste allait s’allonger, car on voit déjà des oublis :
    https://www.gouvernement.fr/info-coronavirus

    - Se déplacer de son domicile à son lieu de travail dès lors que le télétravail n’est pas possible ;
    – Faire ses achats de première nécessité dans les commerces de proximité autorisés ;
    – Se rendre auprès d’un professionnel de santé ;
    – Se déplacer pour la garde de ses enfants ou pour aider les personnes vulnérables à la stricte condition de respecter les gestes barrières ;
    – Faire de l’exercice physique uniquement à titre individuel, autour du domicile et sans aucun rassemblement.

    Déjà, il manquait « rentrer chez soi » après toutes ces activités autorisées, et ce n’est pas rien car s’il y a des contrôles, la moitié des fois on sera en train de rentrer chez soi, après le travail, après le médecin, après avoir déposé les courses chez mémé, en rentrant de voyage... Mais il y a aussi les cas où il y a plusieurs « chez soi », les enfants de parents séparés par exemple, les couples qui ne vivent pas ensemble et qui ont deux foyers...

    Il manquait aussi « promener son chien ». En Italie, les gens se prêtent leurs chiens pour pouvoir sortir !

    La nouvelle liste, ce matin, avec le fameux formulaire d’autodéclaration :
    https://www.interieur.gouv.fr/Actualites/L-actu-du-Ministere/Attestation-de-deplacement-derogatoire

    En format pdf :
    https://www.interieur.gouv.fr/content/download/121663/976885/file/Attestation_de_deplacement_derogatoire.pdf

    - déplacements entre le domicile et le lieu d’exercice de l’activité professionnelle, lorsqu’ils sont indispensables à l’exercice d’activités ne pouvant être organisées sous forme de télétravail (sur justificatif permanent) ou déplacements professionnels ne pouvant être différés ;
    – déplacements pour effectuer des achats de première nécessité dans des établissements autorisés (liste sur gouvernement.fr) ;
    – déplacements pour motif de santé ;
    – déplacements pour motif familial impérieux, pour l’assistance aux personnes vulnérables ou la garde d’enfants ;
    – déplacements brefs, à proximité du domicile, liés à l’activité physique individuelle des personnes, à l’exclusion de toute pratique sportive collective, et aux besoins des animaux de compagnie.

    Ils ont rajouté la promenade du chien, mais dans une phrase incompréhensible...

    Je crois aussi que la phrase incompréhensible sur la garde d’enfant recouvre l’idée d’enfants gardés par des parents séparés, mais « motif impérieux » c’est vague...

    Ah, et comment je fais si je n’ai plus d’encre pour imprimer ce fameux formulaire ?!

    Voir aussi :

    100 000 policiers et gendarmes mobilisés, amendes... Castaner détaille les mesures de confinement
    L.G., Le Parisien, le 16 mars 2020
    https://seenthis.net/messages/831274

    "En guerre" contre le coronavirus mais en faisant son footing ? Le confinement de Macron surprend
    Huffington Post, le 17 mars 2020
    https://seenthis.net/messages/831322

    #coronavirus #fascistovirus #contrôle_social #confinement #enfants #parents #couples #chiens #flics

    • Quels sont les établissements autorisés à recevoir du public ?
      https://www.gouvernement.fr/info-coronavirus

      Tous les établissements indispensables à la vie de la Nation, notamment les marchés alimentaires clos ou ouverts et commerces alimentaires (y compris les Drive alimentaires), les pharmacies, les stations-services, les banques, les bureaux de tabac et distribution de la presse.

      Compte tenu de leur contribution à la vie de la Nation, les services publics restent également ouverts, y compris ceux assurant les services de transport.

      Tous les services de livraison de repas à domicile restent disponibles, et les établissements de la catégorie “restaurants et débits de boissons” sont autorisés à maintenir leurs activités de ventes à emporter et de livraison.

      Les hôtels sont assimilés à des domiciles privés et restent donc ouverts, et leurs “room service” restent disponibles. Cependant, les restaurants et bars d’hôtels ne peuvent pas accueillir de public.

      Les animaleries restent également ouvertes.

      Par dérogation, restent également ouverts :
      Entretien et réparation de véhicules automobiles, de véhicules, engins et matériels agricoles
      Commerce d’équipements automobiles
      Commerce et réparation de motocycles et cycles
      Fourniture nécessaire aux exploitations agricoles
      Commerce de détail de produits surgelés
      Commerce d’alimentation générale
      Supérettes
      Supermarchés
      Magasins multi-commerces
      Hypermarchés
      Commerce de détail de fruits et légumes en magasin spécialisé
      Commerce de détail de viandes et de produits à base de viande en magasin spécialisé
      Commerce de détail de poissons, crustacés et mollusques en magasin spécialisé
      Commerce de détail de pain, pâtisserie et confiserie en magasin spécialisé
      Commerce de détail de boissons en magasin spécialisé
      Autres commerces de détail alimentaires en magasin spécialisé
      Les distributions alimentaires assurées par des associations caritatives
      Commerce de détail de carburants en magasin spécialisé
      Commerce de détail d’équipements de l’information et de la communication en magasin spécialisé
      Commerce de détail d’ordinateurs, d’unités périphériques et de logiciels en magasin spécialisé
      Commerce de détail de matériels de télécommunication en magasin spécialisé
      Commerce de détail de matériaux de construction, quincaillerie, peintures et verres en magasin spécialisé
      Commerce de détail de journaux et papeterie en magasin spécialisé
      Commerce de détail de produits pharmaceutiques en magasin spécialisé
      Commerce de détail d’articles médicaux et orthopédiques en magasin spécialisé
      Commerce de détail d’aliments et fournitures pour les animaux de compagnie
      Commerce de détail alimentaire sur éventaires et marchés
      Vente par automates et autres commerces de détail hors magasin, éventaires ou marchés n.c.a.
      Hôtels et hébergement similaire
      Hébergement touristique et autre hébergement de courte durée lorsqu’il constitue pour les personnes qui y vivent un domicile régulier
      Terrains de camping et parcs pour caravanes ou véhicules de loisirs lorsqu’ils constituent pour les personnes qui y vivent un domicile régulier
      Location et location-bail d’autres machines, équipements et biens
      Location et location-bail de machines et équipements agricoles
      Location et location-bail de machines et équipements pour la construction
      Activités des agences de placement de main-d’oeuvre
      Activités des agences de travail temporaire
      Réparation d’ordinateurs et de biens personnels et domestiques
      Réparation d’ordinateurs et d’équipements de communication
      Réparation d’ordinateurs et d’équipements périphériques
      Réparation d’équipements de communication
      Blanchisserie-teinturerie
      Blanchisserie-teinturerie de gros
      Blanchisserie-teinturerie de détail
      Services funéraires
      Activités financières et d’assurance

      Ah, OK, donc en fait tout est autorisé...

    • Nouveau #formulaire de #déclaration aujourd’hui :
      https://www.interieur.gouv.fr/Actualites/L-actu-du-Ministere/Attestation-de-deplacement-derogatoire-et-justificatif-de-deplacement

      On va en imprimer combien ? Et l’écologie ?!

      Principale différence (vu qu’on n’a le droit qu’à une heure de sortie...) :

      Date et heure de début de sortie à mentionner obligatoirement

      Il est aussi précisé qu’on peut se déplacer pour retirer des espèces. C’est pratique ça. On peut toujours dire qu’on est sortis retirer des espèces (ne pas oublier la carte de retrait).

  • Parmi les indignations avec un gros point aveugle : "En guerre" contre le coronavirus mais en faisant son footing ? Le confinement de Macron surprend
    https://www.huffingtonpost.fr/entry/en-guerre-contre-le-coronavirus-mais-en-faisant-son-footing-le-confin

    Et s’il a laissé le soin à son ministre de l’Intérieur de donner le détail de cette mesure, le président de la République a quand même donné quelques exemples, affirmant notamment que “les trajets nécessaires pour faire un peu d’activité physique” étaient autorisés. 

    À côté de la déclaration de guerre sanitaire du président, cette précision, que beaucoup ont interprétée comme une invitation à aller “faire un footing”, a semblé presque insignifiante et a suscité moult remarques ironiques sur les réseaux sociaux.

    Alors je veux bien qu’on s’indigne de l’idée de laisser les gens « faire un peu d’activité physique », mais pourquoi alors pas une seule ligne sur le fait qu’on peut aussi « sortir son chien » ?

  • La proximité affichée avec un chat ou un chien est au centre de la vie sociale de nombreuses personnes. Notamment grâce aux réseaux sociaux qui diffusent largement ces images
    #chats #chiens #proximité #VieSociale #RéseauxSociaux

    https://sms.hypotheses.org/20965

    Quelles relations entretenons-nous avec les animaux, notamment les animaux de compagnie ? Sont-ils au cœur de notre vie sociale ? Pensez à votre téléphone : s’il est encore une fois inondé de photos d’animaux mignons, c’est la faute à cette amie, celle qui poste tout le temps des photos de son chat, et qui en parle comme si c’était son bébé.

    La proximité affichée avec un chat ou un chien occupe en réalité une place grandissante dans notre quotidien, notamment grâce aux réseaux sociaux qui véhiculent largement ces images. Malgré cela, il n’existe en France que très peu de travaux sur le sujet, alors même que le lien entre un adulte et son animal revêt des formes très variées. Émilie Morand et François de Singly, ont donc décidé d’étudier cette relation entre un adulte et un animal domestique (...)

  • A Toulouse, la justice condamne sévèrement Odile Maurin, égérie locale des gilets jaunes
    https://www.mediapart.fr/journal/france/071219/toulouse-la-justice-condamne-severement-odile-maurin-egerie-locale-des-gil
    Odile Maurin, la militante toulousaine, figure des « gilets jaunes » et présidente de Handisocial, a été condamnée vendredi soir à deux mois de prison avec sursis et à un an d’interdiction de manifester pour des faits de « violences » contre des policiers. Au terme d’un procès où la fracture est apparue béante entre le peuple en colère et les institutions policières et judiciaires.

    –-

    De quels faits « graves et simples » est accusée Odile Maurin ? Les « outrages » et « provocations à la violence » via des images diffusées sur les réseaux sociaux, frappés de prescription juridique, sont écartés d’emblée par le tribunal. Reste une « entrave à l’arrivée de secours destinés à combattre un sinistre dangereux pour les personnes » et cette « violence avec usage ou menace d’une arme sans incapacité ».

    En matière d’« entrave », le brigadier Laville ne sait plus trop si Odile Maurin a « bloqué » le camion équipé d’un canon à eau de la police avant ou pendant que celui-ci « éteignait un incendie ». En l’occurrence, un feu de barricade qui n’a pas laissé un souvenir trop dramatique aux Toulousains. En fait de « véhicule de secours », ce camion à eau de la police est un outil répressif, de sortie tous les samedis sur les boulevards. Son évocation répétée aux cours des débats inspirera à Pascal Nakache cette tirade : « Un camion de police, monsieur le président, n’est pas un camion de pompier. Les enfants, eux, ne confondent pas... Ils savent ce qu’est un camion de pompier et un camion de police, et s’ils vous ont commandé le rouge des pompiers, ils ne veulent pas le véhicule blanc ou bleu de la police... »

    Les blessures aux « deux genoux » censées avoir été infligées au premier policier avec le fauteuil roulant paraissent très improbables, lorsque Odile Maurin donne à voir à la barre la configuration dudit fauteuil. Elle démontre ainsi qu’il ne pourrait atteindre qu’un « nain » dans cette partie du corps – « Vous pourriez dire personne de petite taille », la tance le président, énervé.

    La police lui a causé 5 fracture à la jambe et pour cela elle est condamné à du sursis, un an d’interdiction de manifesté et 1000€ de dommages.

    Comme en ont attesté son avocat et tous les témoins cités à la barre, dont le député Sébastien Nadot (exclu de LREM), Odile Maurin est une militante aguerrie au verbe toujours direct, souvent haut et parfois virulent. Mais aussi une « non-violente » de 55 ans qui, depuis le début du mouvement des gilets jaunes, tous les samedis ou presque, casquée, équipée d’une caméra et d’un masque à gaz, rappelle aux forces de l’ordre qu’elles enfreignent la loi, en ne portant pas leur matricule RIO ou en ne délivrant pas les sommations d’usage…

    « Effectivement, je les embête, je ne serais pas poursuivie si je ne dérangeais pas. On veut m’intimider », assurait-elle vendredi en début d’après-midi devant le tribunal, ou une bonne centaine de personnes s’étaient rassemblées en soutien. « Les infractions ne sont pas caractérisées, on est sur des acrobaties juridiques, ça confine au ridicule », lâchait Pascal Nakache, par ailleurs président d’honneur de la LDH locale.

    Dans une plaidoirie vibrante et combative, il restitue l’épaisseur politique de ce procès : « Depuis un an, tous les samedis, la peur traîne dans les rues de Toulouse, monsieur le président. Que se passe-t-il en France ? 20 000 gardes à vue d’un côté, et de l’autre des enquêtes de l’IGPN qui n’aboutissent pas, comme celle qui conclut que la mort de Steve Maia Caniço à Nantes n’a rien à voir avec la charge de police qui a précédé ! Notre pays est épinglé par des organisations internationales ! Je suis un défenseur des droits de l’homme et mes amis se font tirer dessus quasiment à toutes les manifestations... »

    __
    Sinon le titre me pique les yeux pour son #sexisme :

    égérie , nom féminin

    Sens 1
    Littérature
    Conseillère, inspiratrice, notamment pour un homme politique ou pour un artiste, un écrivain. Il peut s’agir de son métier ou, plus généralement, d’une fonction plus officieuse.
    Sens 2
    Commerce
    Personne qui représente une marque ou un produit. Il s’agit généralement d’une célébrité dont l’image est associée à un produit lors d’une campagne de publicité par exemple.
    Sens 3
    Guide. Personne qui représente un groupe, un mouvement, une opinion.

    https://www.linternaute.fr/dictionnaire/fr/definition/egerie


    Privilège des femmes on te traite de conseillère, muse, présentoir publicitaire quand elles militent.

    #égérie #injustice #femme #handiphobie #en_marche

  • Je ne regarde pas souvent 20 mins mais là j’y suis passé ce matin et je suis hallucinée de l’indigence de ce que j’y trouve :

    « Gilets jaunes » à Toulouse : Un fauteuil roulant peut-il être considéré comme une arme ?


    (1)JUSTICE Odile Maurin, égérie du mouvement des « gilets jaunes », sera jugée ce vendredi devant le tribunal correctionnel de Toulouse, notamment pour avoir bousculé deux policiers avec son fauteuil roulant

    Elle est une des vedettes du mouvement des « gilets jaunes » à Toulouse. Dans les rangs des forces de l’ordre elle est donc connue comme le « loup blanc ». Odile Maurin, 55 ans et clouée sur un fauteuil roulant, a déjà dans sa lutte intrépide en faveur de l’accessibilité pour les personnes handicapées bloqué un TGV, un convoi d’Airbus A380 et enfariné un député. Ce vendredi, un autre combat l’attend à la barre du tribunal correctionnel de Toulouse.

    Les faits remontent au 30 mars 2019, un samedi de manif comme tant d’autres dans la Ville rose. « Ce jour-là, je me suis fait agresser par la police à coups de grenades lacrymogènes et de canon à eau alors qu’on était parfaitement pacifistes », raconte la présidente de l’association Handi-social . Elle reconnaît s’être « plantée » devant le camion lanceur d’eau mais « pour résister et empêcher de nouvelles violences contre des manifestants pacifiques ». Première infraction : « obstacle à un véhicule de secours », le parquet considérant que le canon est aussi là pour éteindre des incendies.

    Odile Maurin devra aussi répondre de « violence avec arme contre deux policiers », l’arme étant en l’occurrence son fauteuil roulant électrique. Car la situation s’est envenimée. Le fauteuil de l’activiste est entré en collision avec un fourgon de la police. « J’ai eu cinq fractures au pied, rappelle la militante. Oui, un policier s’est retrouvé à terre dans le mouvement mais c’est un autre fonctionnaire qui a pris en main le joystick [boîtier de commande] de mon fauteuil ». Elle ne se souvient pas d’avoir percuté un autre policer.

    Le fauteuil roulant d’Odile Maurin est « une arme par destination » au sens de l’article 132-75 du Code pénal​ qui vise « tout objet susceptible de présenter un danger pour les personnes […] dès lors qu’il est utilisé pour tuer, blesser ou menacer ». « Là, il s’agit d’un fauteuil électrique, très lourd, qui peut causer des blessures », remarque Laurent Boguet, qui défend dans cette affaire la policière qui dirigeait le dispositif. La militante tout-terrain comparaît aussi pour avoir abondamment invectivé cette dernière et pour avoir porté « atteinte à [son] intégrité physique » en diffusant sa photo sur les réseaux sociaux, où l’activiste compte de très nombreux abonnés.

    C’est du délire, prétendre que le canon à eau est un véhicule de secours c’est très biaisé mais pour « l’atteinte à intégrité physique » de la policière par diffusion de son image, j’ai du mal à comprendre comment ce chef d’inculpation peut avoir été retenu. Il me semble (je vais aller vérifié) que la loi autorise à prendre les photos des agents de polices dans l’exercice de leurs profession alors comment le droit peut il avoir été tordu à ce point ?

    #égérie #sexisme #validisme #violences_policières #répression #désinformation #chiens_de_garde

    edit

    Notez toutefois des exceptions, conformes aux règles de droit :

    – le respect de la vie PRIVÉE des fonctionnaires de police, mais uniquement dans les lieux qui peuvent être qualifiés de « privés » au sens de l’article L226-1 du Code Pénal (voir à ce sujet les longs développements dans l’ouvrage)

    – les dispositions en matière de préservation des traces et indices dans le cadre des enquêtes

    – la protection des victimes

    – ainsi que la protection prévue pour les policiers appartenant à certains services d’intervention, de lutte anti-terroriste et de contre-espionnage LIMITATIVEMENT énumérés dans l’arrêté du 27 juin 2008 (voir, à nouveau, le livre « Droit à l’image », en pages 120 et suivantes)

    https://blog.droit-et-photographie.com/retour-sur-le-droit-a-limage-des-policiers

  • France Inter s’inquiète pour les milliardaires
    https://www.les-crises.fr/france-inter-sinquiete-pour-les-milliardaires-par-la-bas-si-jy-suis

    Une fantastique illustration du phénomène de “chien de garde” médiatique – en plus face à un simple social démocrate bon teint… Source : Là-bas si j’y suis, 09-09-2019 « Finalement, vous voulez éradiquer les riches, d’une certaine manière ? » C’est d’une même voix terrifiée que Léa Salamé et Nicolas Demorand recevaient ce matin le révolutionnaire rouge Thomas Piketty qui publie un dangereux brulot « Capital et Idéologie ». Cet économiste gauchiste aura pu vérifier en direct l’une des thèses de son livre : le capitalisme ne cesse de s’inventer des récits justificateurs et de rétrécir la pensée qui le critique. Oui, en septembre 2019 sur France Inter, un gentil keynésien modéré comme Thomas Piketty peut être soupçonné de vouloir « éradiquer », « spolier », ou « confisquer » l’argent honorablement gagné par les plus (...)

  • The child-free couples who treat their pets like children
    Jessica Klein, BBC, le 2 septembre 2019
    https://www.bbc.com/worklife/article/20190826-the-child-free-couples-who-treat-their-pets-like-children

    One of the most striking examples was a [child-free] man that I interviewed who had just recently quit his job because he learned from his vet that his dog was dying, and he wanted to be with the dog for the remaining weeks of his life,” she says. He got to care for his dog “as you imagine somebody might for a child, or an ailing parent

    #childfree #no_kids #nullipare #animaux #chiens #chats

  • Border Violence Monitoring Network - Report July 2019

    The Border Violence Monitoring Network just published a common report summarizing current developments in pushbacks and police violence in the Western Balkans, mainly in Bosnia-Herzegovina, Montenegro and along the Serbian borders with Croatia and Hungary.

    Due tu a new cooperation with the Thessaloniki-based organisation Mobile Info Team, we were also able to touch on the Status quo of pushbacks from and to Greece.

    This report analyzes, among other things:

    – BiH politicians’ rhetoric on Croatian push-backs
    – Whistleblowers increasing pressure on Croatian authorities
    – Frontex presence in Hungarian push-backs to Serbia
    – The use of k9 units in the apprehension of transit groups in Slovenia
    – The spatial dispersion of push-backs in the Una-Sana Canton

    Competing narratives around the legality of pushbacks have emerged, muddying the waters. This has become especially clear as Croatian president Grabar-Kitarovic admitted that pushbacks were carried out legally, which is contradictory to begin with, and that “of course […] a little violence is used.” Croatia’s tactic of de facto condoning illegal pushbacks is similar to Hungary’s strategy to legalize these operations domestically, even though they violate international and EU law. On the other side of the debate, a whistleblower from the Croatian police described a culture of secrecy and institutional hurdles, which prevent legal and organizational challenges to the practice. The role of the EU in this debate remains critical. However, despite paying lip service to the EU’s value, Brussels’ continues to shoulder the bill for a substantial part of the frontier states’ border operations.

    https://www.borderviolence.eu/wp-content/uploads/July-2019-Final-Report.pdf

    #frontières #violence #push-back #refoulement #route_des_Balkans #Frontex #Subotica #Bosnie-Herzégovine #Croatie #Italie #Serbie #Hongrie #rapport

    • Croatia Is Abusing Migrants While the EU Turns a Blind Eye

      The evidence of Croatian police violence toward migrants is overwhelming, but Brussels continues to praise and fund Zagreb for patrolling the European Union’s longest external land border.

      BIHAC, Bosnia and Herzegovina—Cocooned in a mud-spattered blanket, thousands of euros in debt, and with a body battered and bruised, Faisal Abas has reached the end of the line, geographically and spiritually. A year after leaving Pakistan to seek greener pastures in Europe, his dreams have died in a rain-sodden landfill site in northern Bosnia. His latest violent expulsion from Croatia was the final straw.

      “We were just a few kilometers over the border when we were caught on the mountainside. They wore black uniforms and balaclavas and beat us one by one with steel sticks,” he recalled. “I dropped to the ground and they kicked me in the belly. Now, I can’t walk.”

      Faisal rolled up his trousers to reveal several purple bruises snaking up his shins and thighs. He has begun seeking information on how to repatriate himself. “If I die here, then who will help my family back home?” he said.

      The tented wasteland outside the Bosnian city of Bihac has become a dumping ground for single male migrants that the struggling authorities have no room to accommodate and don’t want hanging around the city. Bhangra music blasts out of a tinny speaker, putrid smoke billows from fires lit inside moldy tents, and men traipse in flip-flops into the surrounding woods to defecate, cut off from any running water or sanitation.

      A former landfill, ringed by land mines from the Yugoslav wars, the hamlet of Vucjak has become the latest squalid purgatory for Europe’s largely forgotten migrant crisis as thousands escaping war and poverty use it as a base camp to cross over the Croatian border—a process wryly nicknamed “the game.”

      The game’s unsuccessful players have dark stories to tell. A young Pakistani named Ajaz recently expelled from Croatia sips soup from a plastic bowl and picks at his split eyebrow. “They told us to undress and we were without shoes, socks, or jackets. They took our money, mobiles and bags with everything inside it, made a fire and burnt them all in front of us. Then they hit me in the eye with a steel stick,” he said. “They beat everyone, they didn’t see us as humans.”

      Mohammad, sitting beside his compatriot, pipes up: “Last week we were with two Arabic girls when the Croatian police caught us. The girls shouted to them ‘sorry, we won’t come back,’ but they didn’t listen, they beat them on their back and chest with sticks.”

      Down the hill in Bihac, in a drafty former refrigerator factory turned refugee facility, a metal container serves as a quarantine area for the infectious and infirm. Mohammad Bilal, a scrawny 16-year-old, lies on a lower bunk with his entire leg draped in flimsy bandage. Three weeks ago, at the cusp of winning the game and crossing into Italy, he was seized in Slovenia and then handed back to Croatia. That’s when the violence began.

      “They drove us in a van to the Bosnian border and took us out one at a time,” he said, describing the Croatian police. “There were eight police, and one by one they beat us, punching, kicking, hitting with steel sticks. They broke my leg.”

      A nearby Bosnian camp guard grimaced and wondered out loud: “Imagine how hard you have to hit someone to break a bone.”

      Among the fluctuating migrant population of 7,000 thought to be in the area, vivid descriptions of violent episodes are being retold every day. The allegations have been mounting over the last two years, since Bosnia became a new branch in the treacherous Balkan migratory route into Europe. Denunciations of Croatian border policy have come from Amnesty International, the Council of Europe, Human Rights Watch, and a United Nations special rapporteur. Officials in Serbia have even alleged “physical and psychological torture” by Croatia’s police forces.

      In November 2018, the Guardian published a video shot by a migrant in which haunting screams can be heard before a group of migrants emerge from the darkness wild-eyed and bloodied. A month later, activists secretly filmed Croatian police marching lines of migrants back into Bosnian territory.

      Croatian President Kolinda Grabar-Kitarovic even appeared to let the cat out of the bag in an interview with the Swiss broadcaster Schweizer Radio und Fernsehen, during which she remarked that “a little bit of force is needed when doing pushbacks.” Despite the videos showing injured migrants, explicit video evidence of Croatian officials carrying out actual beatings has never been seen, and migrants report that one of the first commands by border guards is to surrender mobile phones, which are then either taken or destroyed before a thorough search is performed.

      The abuse appears to be rampant. Both the violence and humiliation—migrants are often forced to undress and walk back across the border to Bosnia half-naked for several hours in freezing temperatures—seem to be used as a deterrent to stop them from returning. And yet the European Union is arguably not only facilitating but rewarding brute force by a member state in the name of protecting its longest land border.

      In December 2018, the European Commission announced that it was awarding 6.8 million euros to Croatia to “strengthen border surveillance and law enforcement capacity,” including a “monitoring mechanism” to ensure that border measures are “proportionate and are in full compliance with fundamental rights and EU asylum laws.”

      According to European Commission sources, a sum of 300,000 euros was earmarked for the mechanism, but they could not assess its outcome until Croatia files a report due in early 2020. Details of oversight remain vague. A spokesperson for the United Nations refugee agency in Croatia told Foreign Policy that the agency has no involvement. The Croatian Law Center, another major nongovernmental organization, also confirmed it has no role in the mechanism. It appears to be little more than a fig leaf.

      https://foreignpolicy.com/2019/12/06/croatia-is-abusing-migrants-while-the-eu-turns-a-blind-eye
      #Slovénie

    • AYS Special 2019/2020: A Year of Violence — Monitoring Pushbacks on the Balkan Route

      In 2019, The Border Violence Monitoring Network (BVMN) shared the voices of thousands of people pushed back from borders on the Balkan Route. Each tells their own tale of illegal, and regularly violent, police actions. Each represents a person denied their fundamental rights, eyewitnesses to EU led reborderization. This article shares just some of the more startling trends which define border management on the eve of 2020, such as the denial of asylum rights, systemic firearms use, water immersion, and dog attacks.

      With a shared database of 648 reports, BVMN is a collaborative project of organisations with the common goal of challenging the illegal pushback regime and holding relevant institutions to account.

      “Pushback” describes the unlegislated expulsion of groups or individuals from one national territory to another, and lies outside the legal framework of “deportations”. On a daily basis, people-on-the-move are subject to these unlawful removals; a violent process championed by EU member states along the Balkan Route. In 2019, BVMN continued to shine a spotlight on these actions, perpetrated in the main part by states such as Croatia, Hungary, and Greece. Supporting actors also included Slovenia and Italy, and non-member states with the aid of Frontex which has seen its remit and funding widened heading into 2020.

      Volunteers and activists worked across the route in 2019 to listen to the voice of people facing these violations, taking interviews in the field and amplifying their calls for justice. Just some of the regular abuses that constitute pushbacks are listed below.
      Guns and Firearm Abuse

      The highest volume of BVMN reported pushbacks were from Croatia, a state which has been acting as a fulcrum of the EU’s external border policy in the West Balkans. It’s approximately 1300 kilometer long border with the non-member states of Bosnia-Herzegovina, Serbia and Montenegro have been a flashpoint for extremely violent pushbacks. Even in the challenging winter conditions, people make daily attempts to cross through the mountainous landscape of Croatia and are pushed back from the territory by a web of police actors who deny them the proper procedure and use crude physical abuse as a deterrent.

      Of major concern is the huge rise in gun use by Croatian officials against transit populations. In the first ten months of 2019 BVMN recorded 770 people who were pushed back by police officers who used guns to shoot or threaten. In November, shots were fired directly at transit groups, resulting in the near fatal wounding of one man, and causing a puncture wound in the shoulder of another. AYS reported on the shooting of two minors in 2017, showing this isn’t the first time guns were turned on unarmed transit people in Croatia.
      Dog Attacks and K9 Units

      The use of canine units in the apprehension and expulsion of transit groups is also a telling marker of the extreme violence that characterises pushbacks. Since the summer of 2019, a spike in the level of brutal dog attacks, and the presence of K9 units during pushbacks has been noted by BVMN. In a recent case, one man was mauled by a Croatian police dog for ten minutes under the direct guidance of the animals police handlers who laughed and shouted, “good, good”, as it almost severed a major blood vessel in the victim’s leg.

      Fortunately, the man survived, but with permanent injuries that he nurses still today in Bosnia-Herzegovina where he was illegally pushed back, in spite of his request for asylum and urgent physical condition. Sadly this is not an unfamiliar story. Across the route canine units remain a severe threat within pushbacks, as seen in cases recorded from North Macedonia to Greece where a man was severely bitten, or in chain a pushback from Slovenia where 12 unmuzzled police dogs traumatised a large transit group. Dogs as weapons are a timely reminder of the weighting of border policy towards violent aggression, and away from due legal access to asylum and regulated procedure.
      Gatekeeping Asylum Access

      K9 units and guns are ultra-violent policing methods that contribute directly to the blocking of asylum access. In the first eleven months of 2019, over 60% of Croatian pushbacks to Bosnia-Herzegovina saw groups make a verbal request for asylum. Yet in these cases, group members were pushed back from the territory without having their case heard, in direct contravention of European asylum law.

      Croatian authorities, along with a host of other states, have effectively mobilised pushbacks to remove people from their territories irrespective of claims for international protection. A host of actors, such as police officers and translators have warped the conditions for claiming asylum, regularly coercing people to sign removal documents, doctoring the ages of minors, or avoid any processing at all by delivering them to the green border immediately where they are pushed back with violence. Slovenia are also participants in this chain of asylum violation, seen most brutally in a case from July when pepper spray was used to target specifically the people who spoke out asking for asylum.
      Wet Borders: River Pushbacks

      Most pushbacks occur at remote areas of the green border, especially at night, where violence can be applied with effective impunity. A particular feature of police violence on the border is the weaponisation of rivers to abuse groups. Monitoring work from September revealed 50% of direct pushbacks from Croatia involved respondents being forced into rivers or immersed in water. This is accompanied regularly by the stripping of people (often to their underwear) and burning of their possessions. Then, police officer push them into the rivers that mark the boundary with Bosnia-Herzegovina (often the Glina and Korana), putting people at a high risk of drowning and hypothermia.

      A recent case from November combined the use of firearms with this dangerous use of wet borders. A group of Algerians were pushed into a river by Croatian officers who were returning them to Bosnia-Herzegovina.

      The respondent recalled how: “They pushed me into the river and said, ‘Good luck.’”, while the officers fired guns into the air.

      Meanwhile in the Evros region of Greece, the river border is used regularly to pushback people-on-the-move into Turkey. As in Croatia, the incidents often occur at night, and are carried out by officials wearing ski masks/balaclavas. Taken by force, transit groups report being loaded violently onto small boats and ferried across to the Turkish side. This regular and informal system of removal stands out as a common violation across Greece and the Balkan area, and raises major concerns about the associated risks of water immersion given the high levels of drowning which occur in the regions rivers.
      2019 at the EU’s Doorstep

      Border management on the Balkan Route has systematised a level of unacceptable, illegal and near fatal violence.

      The trends noted in 2019 are an astonishing reminder that such boundaries are no longer governed by the rule of law, but characterised almost entirely by the informal use of pushback violations.

      Gun use stands out as the most extreme marker of violence within pushbacks. But the shooting of weapons sits within a whole arsenal of policing methods that also include blunt physical assault, unlawful detention, abuse during transportation, taser misuse and stripping. Though Croatia emerged as a primary actor within BVMN’s dataset, common practive between EU member states were also clear, as across the region: Hungary, Slovenia and Greece continued to target people-on-the-move with a shared set of illegal and violent methods. The new interventions of Frontex outside of EU territory also look to compliment this reborderisation effort, as non-member states in the Western Balkans become integrated into the pushback regime.

      The Border Violence Monitoring Network will continue to elevate the brave voices of those willing to expose these violent institutions. Their stories are a testament to the dire situation at Europe’s borders on the eve of 2020, and accountability will continue to be sought.

      https://medium.com/are-you-syrious/ays-special-2019-2020-a-year-of-violence-monitoring-pushbacks-on-the-balkan-
      #2019 #chiens #armes #armes_à_feu

  • Chiens et renards dans les structures funéraires de l’âge du bronze moyen-ancien au nord-est de la péninsule ibérique : contrôle humain du régime alimentaire des canidés sur les sites de Can Roqueta (Barcelone) et de Minferri (Lleida)

    En clair : la domestication des chiens et des renards à l’âge du bronze (on le savait déjà mais cela confirme le fait une fois de plus). Il est aussi question du rôle de ces espèces pour déterminer la richesse des individus et de leur statut social.

    Dans le nord-est de la péninsule ibérique, entre le troisième et le deuxième millénaire avant notre ère, une pratique funéraire répandue consistait à enterrer des humains avec des animaux. Les scientifiques ont découvert que les renards et les chiens étaient domestiqués, leur régime alimentaire étant similaire à celui de leurs propriétaires.

    La découverte de quatre renards et d’un grand nombre de chiens sur les sites de Can Roqueta (Barcelone) et de Minferri (Lleida) figure parmi les nombreux exemples de tombes dans différentes parties de la péninsule nord-est.(...)

    Le plus frappant à propos de ces sites est la manière d’enterrer les morts dans de grands silos, avec leurs chiens et quelques renards. "Nous avons découvert que, dans certains cas, les chiens recevaient un type de nourriture spécial. Nous pensons que cela est lié à leur fonction de chien de travail. En outre, l’un des renards montre des signes d’avoir déjà été un animal domestique à cette époque" a déclaré Aurora Grandal -d’Anglade, co-auteur d’une étude sur la relation entre les humains et les chiens dans leur régime alimentaire publiée dans la revue Archaeological and Anthropological Sciences.

    En étudiant les isotopes stables du carbone et de l’azote dans le collagène osseux, ainsi que des études archéologiques, archéobiologiques et anthropologiques, les chercheurs ont pu comparer le régime alimentaire des animaux enterrés au régime de leurs propriétaires. Un total de 37 chiens, 19 ongulés domestiques et 64 humains ont été analysés. Les résultats indiquent que le régime des chiens était semblable à celui des humains.

    L’étude isotopique des renards de Minferri montre une alimentation variée : dans certains cas, elle ressemble à celle des chiens de ce site et, dans un autre, elle ressemble davantage à celle d’un animal sauvage ou qui a eu peu de contact avec l’homme.

    "Le cas du renard de Can Roqueta est très spécial, car il s’agit d’un vieil animal, avec une jambe cassée. La fracture est toujours en cours de guérison et montre des signes d’immobilisation (guéris) par l’homme. L’alimentation de cette animal est très inhabituel, car il ressemble plus à un chiot. Nous l’interprétons comme un animal domestique ayant vécu longtemps avec les humains ", explique Grandal.

    Les grands chiens utilisés pour le transport de charges

    L’étude indique que, dans certains cas particuliers à Can Roqueta, il existait une préparation alimentaire riche en céréales pour chiens de grande taille probablement utilisée pour porter des charges et pour au moins un des renards.

    "Ces spécimens montrent également des signes de troubles de la colonne vertébrale liés au transport d’objets lourds. Les humains étaient probablement à la recherche d’un régime alimentaire riche en glucides car ils développaient un travail plus actif, nécessitant une dépense calorique immédiate. Les chiens étaient essentiellement nourris avec des céréales, mais cela avait déjà été recommandé par l’agronome hispano-romain du premier siècle, Lucius Junius Moderatus Columella, dans son ouvrage De re rustica ", déclare Silvia Albizuri Canadell (co-auteur du travail et archéozoologue de l’université. de Barcelone).

    D’autres animaux, tels que les vaches, les moutons ou les chèvres, sont connus pour leur régime herbivore. Leur fonction était probablement de fournir du lait, de la viande ou de la laine plutôt que de servir de force de travail. "Le cheval n’était pas encore très répandu dans ces sociétés, aucune trace n’a été trouvée avant bien longtemps"(...).

    En général, les humains et les chiens présentent des signaux isotopiques un peu plus élevés que les ongulés, ce qui indique une certaine consommation (pas très élevée) de protéines animales, "pas nécessairement beaucoup de viande ; elles pourraient par exemple provenir de lait", explique Grandal. Les objets archéologiques comprenaient des tamis servant « d’appareils pour la fabrication du fromage ».

    (...) Leur régime alimentaire pourrait provenir principalement des restes de ce que les humains mangeaient, la plupart du temps semblables à ceux des femmes et des enfants. "C’est pourquoi nous pensions qu’ils étaient davantage liés à ces environnements domestiques", explique le chercheur. Il existe de nombreux parallèles ethnographiques qui indiquent cette relation entre [l’alimentation] des femmes et les chiens.

    Alimentation et traitement des renards et des chiens

    Le rôle fondamental des chiens à l’âge du bronze, lorsque l’élevage et l’agriculture constituaient la base de l’économie, était celui de la surveillance et de la direction des troupeaux. Ils étaient également responsables de la surveillance des établissements humains, compte tenu du risque posé par la présence fréquente d’animaux dangereux tels que les loups ou les ours.

    "Les caractéristiques des chiens comprennent leur grande intelligence, leur facilité d’entraînement et, sans aucun doute, leur comportement défensif. (...) Cet animal a été utilisé jusqu’au XIXe siècle en Amérique du Nord, au Canada et en Europe pour le transport léger. (...) Il a également servi de bête de somme sur la péninsule à l’âge du bronze. Certains spécimens archéologiques d’Amérique du Nord font état de troubles osseux dus au tirage de travois. (...)

    "Ce sont les spécimens de Can Roqueta à l’étude qui ont déclenché l’alarme concernant l’utilisation de cet animal pour des charges légères depuis l’Antiquité, et ils constituent un cas exceptionnel en Europe", déclare Albizuri Canadell.

    Des pathologies similaires ont également été récemment identifiées dans les vertèbres de chiens paléolithiques sibériens, ce qui laisse à penser que l’une des premières tâches depuis leur première domestication était le tirage de traîneaux et de travois, en plus de la chasse.

    Son rôle en tant qu’animal de transport dans les premières migrations et dans les mouvements humains à travers l’Europe glaciaire aurait pu être fondamental et beaucoup plus important qu’on ne le croyait jusqu’à récemment.

    La raison des offrandes d’animaux

    Des découvertes exceptionnelles, telles que celles des tombes n° 88 et 40 du site de Minferri (Lleida), montrent qu’à l’âge du bronze, il existait déjà des traitements funéraires bien différenciés dans les communautés humaines.

    "Dans les deux structures mentionnées ci-dessus, les restes de trois individus ont été retrouvés avec des offrandes d’animaux. Dans la tombe n ° 88, il y avait le corps d’un vieil homme avec les restes d’une vache entière et les pattes de sept chèvres au maximum, une jeune femme avec l’offrande d’une chèvre entière, deux renards et une corne de bovin a également été retrouvée ", déclare Ariadna Nieto Espinet, archéologue à l’Université de Lleida et co-auteur de l’étude.

    Dans la structure n°405 a découvert le corps d’un individu, éventuellement d’une femme, accompagné des corps entiers de deux bovins et de deux chiens. "Nous ne savons toujours pas pourquoi seules quelques personnes auraient eu le droit ou le privilège d’être enterrées avec ce type d’offrande, contrairement à ce qui se passe avec la grande majorité des enterrements".

    À Can Roqueta, des différences nettes ont également été observées dans les dépôts d’animaux domestiques dans les tombes d’adultes, hommes et femmes, qui se retrouvent même dans les tombes d’enfants. On peut en déduire l’existence d’un héritage de statut social dès la naissance.

    "Il est tentant de penser que, si nous comprenons les animaux domestiques comme une partie très importante de l’économie agro-pastorale de l’âge du bronze et des biens de certaines personnes dans la vie, ceux-ci pourraient être un indicateur de la richesse des personne décédée ou de son clan ou de sa famille ", affirme Nieto Espinet.

    "Il semble que des espèces telles que les bovins et les chiens, deux des animaux les plus récurrents dans les offrandes funéraires, soient celles qui auraient pu jouer un rôle fondamental dans l’économie et le travail, ainsi que dans le monde symbolique, devenant des éléments d’ostentation, de prestige et de prospérité. protection ", conclut-elle.

    Dogs and foxes in Early-Middle Bronze Age funerary structures in the northeast of the Iberian Peninsula : human control of canid diet at the sites of Can Roqueta (Barcelona) and Minferri (Lleida) | SpringerLink
    https://link.springer.com/article/10.1007/s12520-019-00781-z


    #Préhistoire #Age_du_Bronze #domestication #chiens #renards 5000BP

    Aurora Grandal-d’Anglade, Silvia Albizuri, Ariadna Nieto, Tona Majó, Bibiana Agustí, Natalia Alonso, Ferran Antolín, Joan B. López, Andreu Moya, Alba Rodríguez, Antoni Palomo. Dogs and foxes in Early-Middle Bronze Age funerary structures in the northeast of the Iberian Peninsula : human control of canid diet at the sites of Can Roqueta (Barcelona) and Minferri (Lleida). Archaeological and Anthropological Sciences, 2019 ; DOI : 10.1007/s12520-019-00781-z

  • L’enterrement des chiens était un rituel funéraire courant chez les populations néolithiques du nord-est de la péninsule ibérique il y a 6 000 ans.

    "Les communautés néolithiques de la péninsule ibérique du nord-est ont coïncidé avec la culture des fosses funéraires (4200 à 3600 ans avant notre ère) et ont commencé une activité cérémoniale liée au sacrifice et à l’enterrement des chiens. Le nombre élevé de cas recensés en Catalogne suggère que c’était une pratique générale et prouve la relation étroite qui existe entre l’homme et ces animaux qui, outre le fait qu’ils sont enterrés à côté d’eux, ont été nourris au même régime alimentaire que l’homme" .

    Telle est la conclusion d’une étude menée par l’Université Autonome de Barcelone (UAB) et l’Université de Barcelone (UB), qui fournit de nouvelles données pour décrire et comprendre la présence de chiens dans les espaces sacrés et funéraires du néolithique moyen ibérique (...).

    L’étude analyse les restes de vingt-six chiens trouvés dans des structures funéraires de quatre sites et nécropoles de la région de Barcelone et a effectué une analyse isotopique pour dix-huit d’entre eux, afin de déterminer si la relation avec leurs propriétaires incluait d’autres aspects, tels que le contrôle de leur régime alimentaire.

    Les chiens étaient âgés de 1 à 6 ans, prédominants entre 12 et 18 ans et avaient une taille homogène, entre 40 et 50 centimètres de haut. Ceux-ci étaient principalement enterrés dans des tombes circulaires, ensemble ou à proximité des humains, bien que certaines aient été retrouvées séparément dans des tombes voisines et une à l’entrée de la chambre mortuaire. Les squelettes étaient semi-complets en connexion anatomique - un seul a été trouvé complet, près d’un enfant - sans fractures ni marques dues à une manipulation par éviscération, ni aucun signe de prédateur.

    "Choisir de jeunes animaux âgés de moins d’un an suggère que le sacrifice avait une intention. Bien que nous puissions penser que c’était pour la consommation humaine, leur enfouissement près des humains suggère qu’il y avait une intention et un lien direct avec la mort et la rituel funéraire ", dit Silvia Albizuri, chercheuse du séminaire sur la recherche et les études préhistoriques (SERP) de l’UB et première auteure de l’article. "Cette hypothèse est en outre cohérente avec le fait qu’ils se trouvent dans une zone d’influence culturelle qui donne une valeur symbolique au chien au cours de cette période, comme le sud de la France ou le nord de l’Italie."

    Un régime riche en céréales et légumes, contrôlé par l’homme

    L’étude isotopique des vestiges et sa comparaison avec le régime alimentaire des humains et des autres animaux herbivores sur le site montrent que le régime alimentaire de la plupart de ces animaux était similaire au régime alimentaire des humains, avec une forte présence de céréales, telles que le maïs et les légumes. Chez deux chiots et deux chiens adultes, la nutrition était principalement végétarienne et seuls quelques cas avaient un régime alimentaire riche en protéines animales.

    "Ces données montrent une coexistence étroite entre les chiens et les humains, et probablement une préparation spécifique de leur nutrition, ce qui est clair dans le cas d’un régime à base de légumes. Ils le feraient probablement pour obtenir un meilleur contrôle de leurs tâches en matière de sécurité. et pour économiser le temps qu’ils devraient consacrer à la recherche de nourriture. Cette gestion expliquerait l’homogénéité de la taille des animaux », explique Eulàlia Subirà, chercheuse au sein du groupe de recherche sur l’anthropologie biologique (GREAB) de l’UAB.

    Animaux peu étudiés

    La présence de chiens dans les structures de stockage préhistoriques n’est pas courante, ce qui en fait un groupe peu étudié parmi les animaux domestiques. Leur présence dans les tombes est encore plus faible. C’est pourquoi la présence de ces squelettes en connexion anatomique comme ceux de cette étude est considérée comme exceptionnelle.

    Il y a eu des cas plus anciens de sépultures isolées dans la péninsule ibérique, mais ce n’est que plus tard que cela a été documenté comme une pratique générale liée au rituel funéraire. Ce rituel s’est étendu et a duré cent ans, jusqu’à l’âge de fer.

    En ce qui concerne l’alimentation, il n’y a que peu d’études, avec quelques cas de régimes mixtes en France, en Anatolie et en Chine. "Récemment, nous avons vu des chiens posséder dix gènes ayant une fonction essentielle dans la digestion de l’amidon et des graisses, ce qui rendrait l’assimilation des glucides plus efficace que son ancêtre, le loup. Notre étude permet de conclure que, pendant le néolithique, plusieurs légumes ont été introduits leur nutrition ", note Eulàlia Subirà.

    L’étude permet de renforcer l’idée que les chiens jouent un rôle important dans l’économie des populations néolithiques en s’occupant des troupeaux et des zones de peuplement. Les chercheurs concluent que c’est peut-être la relation vitale qui les a transformés en compagnon de la mort ou en symboles dans les rituels funéraires.

    Dog burial was a common funerary ritual in Neolithic populations of the north-eastern Iberian Peninsula 6,000 years ago - Universitat de Barcelona
    https://www.ub.edu/web/ub/en/menu_eines/noticies/2019/02/026.html

    Albizuri, S.; Nadal, J.; Martín, P.; Gibaja, J. F.; Martín Cólliga, A.; Esteve, X.; Oms, X.; Martí, M.; Pou, R.; López-Onaindia, D., i Subirà, M. E. “Dogs in funerary contexts during the Middle Neolithic in the northeastern Iberian Peninsula (5th–early 4th millennium BCE)”. Journal of Archaeological Science: Reports, April 2019.

    #Préhistoire #Néolithique #Espagne #Europe #domestication #chien #6000BP

  • « C l’hebdo » (France 5) : censure et concert de chiens de garde contre Monique Pinçon-Charlot - Acrimed | Action Critique Médias
    https://www.acrimed.org/C-l-hebdo-France-5-censure-et-concert-de-chiens?var_mode=calcul

    C’est une émission cas d’école. Une émission qui est en actes la chronique du mépris que racontent justement les Pinçon-Charlot dans leur dernier livre. Une émission qui démontre – encore une fois – la difficulté d’exposer des idées radicales sur un plateau de télévision, gardé par des journalistes récidivistes dans leur hostilité aux travaux et idées des deux sociologues. Une émission de « débat » sur le service public, dont les dispositifs privilégient l’expression des éternels mêmes éditorialistes – une nouvelle fois – aux dépens des invités hétérodoxes.

    Mais de quels journalistes parle-t-on, au fait ? Nicolas Domenach et Maurice Szafran tout d’abord, respectivement chroniqueur et éditorialiste politiques à Challenges, ayant tous deux par le passé occupé des postes de direction à Marianne, et auteurs d’un énième livre relatant un énième papotage avec le Président de la République. Précisons dès maintenant que ces derniers ont été épinglés pour leur régulière connivence avec le pouvoir politique, et que Maurice Szafran a été tout particulièrement visé par la société des journalistes de son propre hebdomadaire, qui déplorait lors de la campagne présidentielle de 2017 « [s]es interventions multiples et déplacées auprès de la direction et de l’équipe web, suite à la parution d’un article critique à l’égard de Macron […]. Interventions relayant le coup de téléphone d’un communicant de Macron. »

    Ça commence donc bien. Mais c’est sans compter la présence des trois autres chroniqueurs permanents de l’émission : Jean-Michel Aphatie, que l’on ne présente plus, Émilie Tran Nguyen, présentatrice du 12/13 sur France 3, et Éva Roque, chroniqueuse dans le 5/7 d’Europe 1. Le tout animé par Ali Baddou, qui loin d’être un régulateur facilitant la parole de l’invitée, jouera le même rôle que ses confrères et consœurs.

    C’est donc face à un tel plateau que Monique Pinçon-Charlot fut conviée non pas à « présenter » son dernier livre – comme l’affirme le descriptif de l’émission –, mais à se défendre de l’avoir co-écrit en tant que sociologue, tout en étant sommée de répondre aux différents réquisitoires des journalistes.

    #éditocratie #chiens_de_garde #violence_des_riches