• Come la morsa monopolistica di #Amazon danneggia i venditori indipendenti europei

    Il colosso dell’ecommerce esercita un potere enorme anche sui piccoli rivenditori, giocando al tempo stesso da intermediario, fornitore di servizi e concorrente. Dalle sole commissioni fatte pagare nel 2022 agli attori indipendenti europei ha ricavato 23,5 miliardi di euro. Un report di Somo ne fotografa la posizione dominante oggi

    Amazon soffoca i venditori indipendenti europei costringendoli ad acquistare i suoi servizi a tariffe sempre più elevate e imponendo loro condizioni abusive. È la morsa del colosso ben descritta nel report “Amazon’s European chokehold” (https://www.somo.nl/amazons-european-chokehold/#printing-Amazon%26%238217%3Bs%20European%20chokehold) pubblicato a giugno da Somo, il Centro di ricerca olandese sulle multinazionali. “Amazon ha conquistato l’Europa. Dopo un’espansione durata 20 anni, intensificata durante la pandemia da Covid-19, il gigante statunitense è ora di gran lunga l’azienda di ecommerce dominante in Germania, Regno Unito, Francia, Italia e Spagna -si legge nel rapporto–. In questi Paesi l’azienda è il principale approdo per gli acquirenti online. E questo l’ha resa quasi indispensabile per i venditori indipendenti che desiderano distribuire i propri prodotti in Rete”.

    I ricercatori di Somo hanno analizzato la complessa struttura di Amazon in Europa, tracciando l’andamento dei prezzi dei prodotti venduti sulla piattaforma ed esaminando la “giurisprudenza” delle autorità europee chiamati a regolare la concorrenza. Dal lavoro di analisi è emerso che Amazon nel 2022 ha incassato 23,5 miliardi di euro solo in commissioni di servizio, cifra triplicata rispetto al 2017 (7,6 miliardi di euro). Le commissioni includono l’inserimento negli elenchi della piattaforma, i costi di consegna e di assistenza.

    “Amazon sostiene che questo aumento sia dovuto al maggior volume di vendite. L’azienda, però, si rifiuta di fornire dati concreti ma ha affermato che nei due anni precedenti al 2021 il numero di prodotti venduti da negozi indipendenti sarebbe aumentato del 65% -continuano i ricercatori-. Tuttavia si tratta di una percentuale nettamente inferiore all’incremento dei ricavi che Amazon ha ottenuto dalle inserzioni e dalla logistica dei venditori. L’aumento degli acquisti non spiega quindi l’intero valore dei ricavi che è dovuto anche a un’impennata delle tariffe”.

    La situazione evolve ulteriormente se si considerano i ricavi pubblicitari. Nel 2021 le entrate dalle inserzioni da venditori indipendenti europei sono state pari a 2,75 miliardi di euro. Dal 2017 i guadagni da inserzioni della piattaforma in Europa sono aumentati di 17 volte. Per un totale, indipendenti e non, di 24,95 miliardi di euro nel corso del 2021. Di conseguenza il “Marketplace” della piattaforma è talmente grande che se dovesse essere scorporato dall’azienda madre diventerebbe immediatamente la terza azienda tecnologica per profitti in Europa.

    “Servizi come la consegna e la pubblicità sono teoricamente opzionali. Tuttavia Amazon ha usato il suo potere per renderli quasi indispensabili, sostenendo la loro importanza per il raggiungimento di visibilità e vendite -è il risultato della ricerca di Somo-. Negli ultimi anni la piattaforma ha mantenuto alte le tariffe (nel caso delle inserzioni) o le ha aumentate (ad esempio, per la consegna e il magazzino). L’analisi dei prezzi di consegna e stoccaggio dal 2017 al 2023 in Germania, Regno Unito, Francia, Italia e Spagna mostra che Amazon ha aumentato continuamente i costi di questi servizi”. Entrando nel dettaglio, tra il 2017 e il 2023 le tariffe sono aumentate da un minimo del 50% in Spagna e Germania fino al 98% in Italia e al 115% in Francia.

    L’aumento delle tariffe per i servizi di consegna e stoccaggio e dei costi pubblicitari ha fatto sì che crescesse anche la quota di Amazon sul venduto dei “clienti”. Secondo una ricerca di Marketplace Pulse, azienda specializzata in analisi dell’ecommerce, il gigante statunitense tratterrebbe in media il 50% sul venduto. Una quota che è aumentata del 10% negli ultimi cinque anni. “Queste tariffe stanno schiacciando i venditori che, tolte le spese di inserzione, consegna e pubblicità, hanno margini molto ristretti per pagare la merce venduta, i dipendenti e tutti gli altri costi generali. Qualcosa inevitabilmente deve cedere: o i venditori cessano l’attività a causa della diminuzione dei margini oppure aumentano i prezzi, contribuendo potenzialmente a creare tendenze inflazionistiche in tutto il mercato”, è l’allarme di Somo.

    Le autorità regolatorie della concorrenza e del mercato di Europa e Regno Unito stanno indagando sull’azienda per verificare un possibile abuso di posizione dominante. Secondo Somo le indagini effettuate in Italia e nell’Unione europea avrebbero dimostrato come Amazon abbia usato i dati ottenuti dai venditori per competere con gli stessi, costringendoli di conseguenza ad acquistare i servizi offerti dalla piattaforma per rimanere competitivi. A prezzi, come detto, sempre più elevati.

    Secondo Somo l’origine del potere monopolistico di Amazon sarebbe di natura strutturale e difficile da comprendere senza analizzare il suo modello di business. Nata come piattaforma per la vendita di libri online, ha in seguito ampliato la varietà di prodotti che distribuiva e aperto anche a venditori terzi.

    Il passo successivo è stato quello di fornire ai rivenditori attivi sulla piattaforma dei servizi aggiuntivi, che comprendono appunto logistica e pubblicità. Allo stesso tempo ha iniziato a vendere i propri prodotti. In questo processo Amazon ha assunto tre ruoli diversi e in potenziale conflitto di interessi. Agisce infatti come intermediario sul mercato, stabilendone regole e determinandone i prezzi, come venditore, in concorrenza con coloro che utilizzano la piattaforma per distribuire i propri prodotti, e come fornitore di servizi per la vendita online.

    “Nonostante l’accresciuto controllo da parte delle autorità garanti della concorrenza in tutta l’Ue, non è stato ancora affrontato il conflitto di interessi che è alla base del potere monopolistico e della ricchezza di Amazon -conclude Somo-. Le autorità per la concorrenza e i responsabili politici europei devono regolamentare rigorosamente l’azienda come un servizio di pubblica utilità, oppure suddividere le sue diverse attività per evitare conflitti di interesse tra il suo ruolo di intermediario della piattaforma, venditore e fornitore di servizi”.
    Da segnalare infine che Somo ha aperto una specie di “canale” di comunicazione con i rivenditori su Amazon per raccogliere segnalazioni, istanze, richieste di aiuto. “Vorremmo conoscere la vostra esperienza di utilizzo della piattaforma e raccogliere ulteriori dati sul trattamento riservato da Amazon ai venditori. Contattateci in modo privato e sicuro tramite Publeaks o via mail criptata all’indirizzo margaridarsilva@protonmail.com“. Un modo per uscire dalla morsa.

    https://altreconomia.it/come-la-morsa-monopolistica-di-amazon-danneggia-i-venditori-indipendent
    #économie #monopole #multinationales #commerce_en_ligne #Marketplace #publicité

    • Amazon’s European chokehold

      Independent sellers and the economy under Amazon’s monopoly power

      This research reveals the immense market power of Amazon in Europe and the revenue it derives from it. In most of Europe’s biggest economies, Amazon is the main route for independent businesses to access online shoppers. Amazon’s dominance allows the company to get away with extractive and exploitative treatment of sellers on its platform.

      By analysing Amazon’s corporate structure in Europe, its financial reports, and the findings of competition investigations, SOMO found that:

      – In 2022, Amazon raked in €23.5 billion in listing and logistics fees from independent sellers in Europe. This was more than triple the €7.6 billion in 2017.
      – To this, Amazon added an estimated €2.75 billion in advertising revenue from independent sellers in 2021. Since 2017, Amazon’s overall European advertising revenue has grown 17-fold.
      - Altogether, in 2021 Amazon’s revenue from European sellers amounted to €24.95 billion. Amazon’s European marketplace is so large, if it were spun off into a separate company, the new firm would immediately become Europe’s third-biggest tech company by revenue.
      - In this period, Amazon has also continuously increased the price of logistics services. The increases varied, but they could be as high as more than double in some categories.

      Dominant platform

      “For the past 20 years, Amazon has been expanding its monopolistic hold over online shopping in Europe. It is now so dominant that independent retailers who wish to sell online cannot avoid it. Sellers are locked into the platform and are essentially a captive clientele, making them a profitable source of monopoly rent”, says Margarida Silva, researcher at SOMO.

      Amazon argues that the increase in fee revenue results from more sales. However, the numbers the company provides show a slower rise in sales than the increase in the fees that Amazon charged from sellers. Higher sales are only part of the story. In this period, prices for services such as logistics (Fulfillment by Amazon) have been constantly raised, and advertising was made essential to achieve visibility and sales.
      Under investigation

      Competition authorities across Europe, including in Italy, the EU and the UK, have started probing the company for abuses of its dominance. The EU and Italian investigations show the company used sellers’ data to compete against them and pushed them into buying logistics services. A similar investigation is ongoing in the UK.

      In Germany, Amazon has long been the focus of the Bundeskartellamt. Already in 2013, the agency forced the company to remove price parity clauses from its contracts with sellers. It is again investigating whether the company is reproducing the price parity policy via its automated tools.
      Monopoly power

      Despite increased scrutiny from competition authorities across the EU, the conflict of interests that lies at the root of Amazon’s monopoly power and wealth has not been addressed.

      European competition authorities and policy-makers must either strictly regulate Amazon as a public utility or break up its different businesses to prevent conflicts of interest between its role as a platform intermediary, seller, and service provider.

      “To achieve a fair digital transition, European regulators need to break up the excessive market power wielded by corporations like Amazon. Europe needs to sharpen its antitrust tools, revive structural solutions and put them to work”, says Margarida Silva.

      https://www.somo.nl/amazons-european-chokehold/#printing-Amazon%26%238217%3Bs%20European%20chokehold

      #rapport

  • À Carnac, 39 menhirs détruits pour installer un magasin Mr. Bricolage
    https://www.bfmtv.com/societe/a-carnac-39-menhirs-detruits-pour-installer-un-magasin-mr-bricolage_AN-202306

    Le maire de Carnac, défenseur du classement de mégalithe au patrimoine de l’Unesco, assure qu’il ne savait pas qu’un site classé se trouvait sur ce terrain lorsqu’il a délivré le permis de construire.
    Des vestiges millénaires sens dessus dessous. 39 menhirs ont été détruits dans le cadre de travaux pour installer un magasin de bricolage de l’enseigne Mr. Bricolage à Carnac, dans le Morbihan. Ces alignements de pierres datant de la période néolithique (entre 6000 et 2200 avant notre ère) étaient pourtant signalés comme un site archéologique mais le maire dit ne pas en avoir eu connaissance, révèle Ouest-France.

    Le site concerné consiste en deux alignements de pierres sous forme de murets de moins de deux mètres de haut. Le signalement est venu de Christian Obeltz, un chercheur en archéologie basé à Carnac et spécialiste du néolitique, qui a publié une note de blog critiquant des « aménagements brutaux » jouxtant les alignements de menhirs et « dénaturant ce site mondialement connu ». Il estime que la destruction de ces alignements est « illégale ».

    « Toute destruction d’un site archéologique est passible d’une lourde amende », assure-t-il à Ouest-France.

    chaque jour, plusieurs fois par jour, des infos cauchemardesques.

    #site_archéologique #menhirs #commerce #permis_de_construire

    • centrée sur un menhir d’allure anthropomorphe, la photo était belle, mais

      « Il y avait quelques pierres dont d’ailleurs les archéologues n’étaient pas certains qu’il s’agissait de menhirs », précise Olivier Lepick [maire de Carnac].

      Selon la municipalité qui a délivré le permis de construire, cette zone ne faisait pas l’objet d’une protection archéologique. « C’est donc une tempête dans un verre d’eau », s’insurge le maire qui parle d’un mauvais procès. « C’est toujours dommage, évidemment de détruire des sites archéologiques. Mais, je peux vous dire en tant que président de Paysages de mégalithes (l’association qui porte le dossier d’inscription au patrimoine mondial de l’Unesco de l’ensemble des mégalithes du Morbihan), que je suis particulièrement attentif à leur protection. » [lorsqu’ils présentent un intérêt touristique manifeste, ndc]

      https://www.francebleu.fr/infos/culture-loisirs/carnac-des-menhirs-au-coeur-d-une-polemique-8093607

      Vanter « La France éternelle, ce peuple de bâtisseurs. » (E.M., Mont Saint Michel 5/6/2023), c’est s’affirmer conservateur en même temps que célébrer des sites bankables.

      CAPACITE GLOBALE D’HEBERGEMENT DE LA POPULATION NON PERMANENTE 50443
      67 Restaurants, 1 Casino, 1 Thalassothérapie, 36 sites d’activités de loisirs

      https://www.ot-carnac.fr/content/uploads/2020/04/chiffres-cle-carnac-2019.pdf

      pour 4 244 habitants en 2023

      Sur les RS, toute l’extrême droite dit, indignée, son amour du patrimoine. La palme : « En déplacement en Bretagne, j’ai voulu aller à Carnac là où des menhirs vieux de 7500 ans sont en train d’être massacrés. Ce que cette époque détruit, nous le reconstruirons. » (E. Z.)

      #tourisme

    • qui veut d’une résidence secondaire sans magasin de bricolage à proximité ? entre les problèmes de « zones humides » (non mais ho ! ici c’est mer, hein), les vestiges, la durée des fouilles préventives, comment voulez vous loger du monde et fournir des services !

      En 2019 on recensait 8 681 logements à Carnac. Carnac étant un lieu de villégiature très prisé, une forte proportion des logements étaient des #résidences_secondaires puisqu’on en dénombrait 6 202 (71,4 %) contre 2 276 résidences principales (26,2 %)

      https://fr.wikipedia.org/wiki/Carnac

      #bétonisation #artificialisation_des_sols

    • #corruption #destruction_culturelle #mémoires #capitalisme

      Pour faire un parking, en Bretagne j’avais vu aussi à LocTudy, Finistère Sud, la destruction complète d’un cimetière entourant, comme souvent, une église. C’est l’époque où les petits bateaux partaient aussi à la casse.
      #violences_politiques

      Et le cynisme de récupération, l’entreprise s’appelle SAS Au marché des Druides

      Je ne suis pas archéologue, je ne connais pas les menhirs ; des murets, il y en existe partout.

      Hé bien justement, foutez la paix aux murets !

    • Pour être complet sur son positionnement, il a rallié Horizons d’Édouard Philippe, envisage certainement d’autres fonctions politiques, sachant que la circonscription législative concernée comprend La-Trinité-sur-Mer pour laquelle, l’année dernière, avait plané un peu de suspense : la petite-fille, ralliée zemmourienne, irait-elle marcher sur les traces du grand-père, 40 ans après.

      Quand Jean-Marie Le Pen se présentait à une élection législative à Auray, en 1983 - Auray – actualités et informations locales en direct | Le Télégramme
      https://www.letelegramme.fr/morbihan/auray-56400/quand-jean-marie-le-pen-se-presentait-a-une-election-legislative-a-aura

      Des rumeurs font état d’une possible candidature de Marion Maréchal dans la circonscription d’Auray en juin prochain : elle ne serait pas la première de la famille Le Pen, puisque son grand-père Jean-Marie s’y était présenté en décembre 1983.

      Circonstance propice au renforcement d’une posture de barrage contre l’extrême-droite (cf. événement récent ayant mis Carnac en avant dans la presse nationale).

      Lors de ses vœux le maire, à Carnac, le 21 janvier 2023 ; …
      https://media.ouest-france.fr/v1/pictures/MjAyMzAxODliOWFmMjU0YTVhMTRiZTFjM2ZiYzIyZDE3MDkzZjg
      Ouest-France

      … évoquait :

      Le futur déménagement du Mr.Bricolage permettra de créer un poumon vert en prolongement du parc de l’office de tourisme. Un accord est trouvé avec M. Doriel, propriétaire des murs, annonce le maire.

      Carnac. De nombreux projets dans une commune qui « se porte bien »
      https://www.ouest-france.fr/bretagne/carnac-56340/carnac-de-nombreux-projets-dans-une-commune-qui-se-porte-bien-cc0f358e-

    • le communiqué de la DRAC

      qui avait donc prescrit une fouille archéologique préventive sur 2000 m2 en juillet 2015 ; fouille qui n’a pas eu lieu, le PC ayant été refusé pour d’autres raisons

      Fouille préventive qui n’a pas été jugée utile ou nécessaire pour ce nouveau PC.

      Ajoutons que le maire est président de l’association Paysages de mégalithes porteuse du projet d’inscription au Patrimoine mondial de l’Unesco. Délicat de plaider, oups !

      Selon [la mairie], chaque dossier est « étudié extrêmement minutieusement ». « Malheureusement, il a échappé aux documents d’urbanisme sur lesquels le service instructeur a fondé son analyse, se défend la commune.

      et encore plus minable, oh ben, c’est pas le premier, ça sera pas le dernier !

      Mais, reprend la ville, « des sites détruits car ils n’ont pas été repérés, il y en a des listes, et il y en aura encore ».

      citations extraites de l’article de Libération

      Carnac : ce que l’on sait de la destruction de menhirs pour construire un Mr Bricolage – Libération
      https://www.liberation.fr/economie/carnac-ce-que-lon-sait-sur-la-destruction-de-menhirs-pour-construire-un-m

    • Menhirs détruits à Carnac : les raisons d’un emballement médiatique et politique
      https://www.ouest-france.fr/culture/patrimoine/menhirs-detruits-a-carnac-les-raisons-dun-emballement-54eae768-0602-11e


      Une partie des monolithes du site de Montauban, à Carnac, avant sa destruction.
      CHRISTIAN OBELTZ

      En moins de 24 heures, la destruction d’un site regroupant des menhirs et petits monolithes à Carnac (Morbihan) a reçu un écho médiatique et politique hors du commun. Une affaire chargée de symboles, qui ont fini par évacuer totalement sa complexité.

      L’occasion politique était trop belle. Il l’a saisie. Mercredi, profitant d’une séance de dédicaces calée à Pluneret, dans le Morbihan, Éric Zemmour a fait un saut jusqu’à Carnac, pour s’y montrer dans une courte vidéo sur le site où des menhirs et des monolithes ont été détruits par des travaux de construction. « Ici, un élu n’a pas hésité à sacrifier cette trace d’un passé fort lointain pour tout détruire et pour mettre à la place un magasin de bricolage. C’est un peu à l’image de l’époque : on détruit le passé et on bricole par-dessus ».

      L’exercice, lapidaire et sans nuance, dit aussi quelque chose de l’époque. Cette affaire – qui pose de vraies questions par ailleurs – convoquait trop de totems et de grands symboles pour ne pas devenir une polémique nationale à peu de frais.

      Une histoire qui coche toutes les cases
      Histoire, patrimoine, mais aussi environnement, artificialisation des sols, consommation et matérialisme, l’histoire cochait toutes les cases. À gauche, les réactions politiques ont aussi été nombreuses. Comme la députée écologiste Sandrine Rousseau sur le réseau social Twitter : « Détruire des menhirs multimillénaires pour un magasin, quelle meilleure illustration de notre folie ? ». Même argumentaire pour le journaliste Hugo Clément.

      Peu importe si le débat – qui ne pourra jamais être totalement tranché, et c’est le principal problème – reste entier sur la valeur archéologique de ce site et de ces petits menhirs et monolithes. Peu importe que la bourde – car ç’en est une et elle fait tache dans la perspective d’un classement de ces mégalithes au patrimoine mondial de l’Unesco – ne soit pas intentionnelle et qu’aucun protagoniste de ce dossier n’ait évidemment souhaité ce scénario.

      Pour ne rien arranger, plusieurs médias et comptes très suivis sur les réseaux sociaux ont diffusé des photos et vidéos des alignements de menhirs tels que le grand public les imagine ou les connaît. Un choix qui a alimenté un peu plus la machine à fantasmes et à surréaction. Selon la plateforme de veille Tagaday, 328 articles, sons et reportages ont évoqué le sujet depuis le 6 juin, date de publication du sujet dans Ouest-France.

      Le résultat : une déferlante d’approximations, de haine, et de commentaires orduriers sur les réseaux sociaux. Olivier Lepick, maire (Horizons) de Carnac – que nous n’avons pas réussi à joindre – a fini par saluer ironiquement sur Facebook « tous ceux qui ont sali, jugé, exécuté, accusé » et « ceux qui ont agressé mon épouse et mes enfants sur les réseaux sociaux », au moment de s’appuyer sur un communiqué de la Drac qui minimise les dégâts. L’extrême droite, elle, a décidé de pas lâcher l’affaire. Reconquête appelle à une manifestation à Carnac ce vendredi.

    • Menhirs de Carnac : « On n’a pas détruit la Joconde » [Vidéo] - Carnac – actualités et informations locales en direct | Le Télégramme
      https://www.letelegramme.fr/morbihan/carnac-56340/menhirs-de-carnac-on-na-pas-detruit-la-joconde-video-6365174.php

      Ce genre d’affaires arrive 10 fois par an.

      Au minimum, sa légitimité et sa crédibilité à la tête de Paysages de mégalithes ne devrait pas s’en relever. Mais il est vrai qu’aujourd’hui, il n’y a plus grand chose qui perturbe nos élites. Et de taper sur les gens qui sont assis devant leur clavier

    • Menhirs détruits à Carnac. Reconquête en petit comité devant la mairie
      https://www.ouest-france.fr/culture/patrimoine/menhirs-detruits-a-carnac-reconquete-en-petit-comite-devant-la-mairie-d


      Ce vendredi 9 juin 2023, 22 adhérents du parti Reconquête étaient rassemblés devant la mairie de Carnac (Morbihan). Deux d’entre eux ont été reçus mais sont « mécontents » du manque de réponses à leurs questions.
      OUEST-FRANCE

      Ce vendredi 9 juin 2023, le parti d’Eric Zemmour, Reconquête appelait à un rassemblement devant la mairie de Carnac (Morbihan), au sujet du dossier sensible de la destruction d’un site de menhirs. 22 adhérents étaient présents.

      Depuis mercredi 7 juin 2023, la destruction d’un site de menhirs à Carnac (Morbihan), où est aménagé un magasin de bricolage, reçoit un gigantesque écho médiatique. Les réactions politiques s’enchaînent, qu’il s’agisse des Républicains ou du Rassemblement national qui demandent notamment une enquête sur les responsabilités de chacun. Le Parti breton fait de même, signifiant que « l’État doit transférer les compétences patrimoniales à la région. »

      Ce vendredi 9 juin, à l’appel de l’instance départementale, vingt-deux adhérents de Reconquête (sur 1 622 à jour de cotisation dans le Morbihan), se sont rassemblées devant la mairie carnacoise.

      « Nous repartons bredouilles »
      Le responsable régional, Franck Chevrel du parti d’Eric Zemmour, laissant aux journalistes « l’appréciation » de l’ampleur du mouvement, décidé du jour au lendemain, après que leur leader publie une vidéo sur place, sur le site de Montauban, fustigeant de façon lapidaire l’action municipale.

      Souhaitant des réponses, deux personnes de Reconquête ont été reçues en mairie par la cheffe de cabinet et l’adjoint Loïc Houdoy, où a été rappelé le process d’instruction des permis de construire. « Nous repartons bredouilles, estime, mécontent, Franck Chevrel. S’il est reconnu que quelque chose dysfonctionne, personne n’est capable de nous expliquer à qui revient la responsabilité des faits. Comment faire pour que cela ne se reproduise pas ? Pas de réponse non plus. »

      rappel (cf. plus haut) : Reconquête a tout intérêt à déligitimer un probable adversaire d’une prochaine élection.

    • Menhirs détruits : le maire de Carnac affirme avoir reçu des menaces et être sous protection policière
      https://www.francetvinfo.fr/france/bretagne/morbihan/menhirs-detruits-a-carnac-le-maire-de-la-ville-affirme-etre-sous-la-pro

      La gendarmerie effectue des rondes régulières aux abords de son domicile, comme pour le maire de Saint-Brevin-les-Pins après l’incendie à son domicile, explique Olivier Lepick à l’agence de presse.

      Je conçois que ce soit difficile à vivre, mais il y a des comparaisons qu’il pourrait éviter. Yannick Morez n’a pas bénéficié d’une protection policière malgré les alertes qu’il a transmises.

    • À Carnac, la destruction des menhirs et « un tsunami de haine » invités du conseil - Actualité de la Bretagne en direct - L’information de votre région en continu | Le Télégramme
      https://www.letelegramme.fr/bretagne/a-carnac-la-destruction-des-menhirs-et-un-tsunami-de-haine-invites-du-c


      Olivier Lepick, maire de Carnac, a fait allusion à la polémique concernant la destruction des menhirs. Il déplore le déferlement de haine dont sa famille est victime depuis plusieurs jours.
      Le Télégramme / Mooréa Lahalle

      Olivier Lepick, le maire de Carnac, a rapidement coupé court à la « polémique » autour de la destruction des menhirs, lors du conseil municipal de ce vendredi 9 juin, devant une question de l’opposition. « Monsieur Pierre Léon Luneau (élu de l’opposition), je ne répondrai pas à votre question sur le sujet, car le délai des 48 heures n’a pas été respecté et je précise que je ne répondrai à aucune autre question sur le sujet ».

      " La haine s’exprime massivement "
      Le maire a poursuivi : " Mon épouse dort dans une maison surveillée par la gendarmerie. On va attendre le prochain conseil avant d’avoir un débat. Mais pas aujourd’hui, car la situation est compliquée ". Olivier Lepick a évoqué un " tsunami de haine " adressé à son épouse et à ses filles. " On peut débattre de tout, a-t-il poursuivi, on peut faire des erreurs, ce qui n’est pas le cas de nos servies dans cette affaire, ce sera attesté plus tard. Mais tant que la poussière n’est pas retombée et que la haine s’exprime massivement, même si ce n’est pas moi qu’elle dérange… Quand on a des patrouilles de gendarmerie, des gens qui vous menacent de mettre le feu chez vous, qu’on vous dit qu’on a trouvé votre adresse… On en parlera donc la prochaine fois, même si l’idéal eût été d’en parler ce soir. "

      " La situation n’est pas simple "
      Et de conclure, à l’adresse de l’élu d’opposition Pierre-Léon Juneau : " La situation n’est pas simple. Vous n’avez peut-être ni femme ni enfant, mais pour mon épouse, qui reçoit des insultes et des menaces, ce n’est pas évident. On en parlera quand la situation sera plus simple. "

      Reconquête 56 à Carnac
      Le même jour, le parti d’Éric Zemmour, Reconquête, avait donné rendez-vous à Carnac pour demander en mairie des explications sur la destruction des menhirs du chemin de Montauban. Une démarche menée par le représentant breton de Reconquête, Franck Chevrel, entouré de 22 personnes ayant répondu à son appel. Deux représentants du rassemblement ont été reçus en mairie par la cheffe de cabinet du maire et un adjoint. Un rendez-vous duquel ils estimaient être repartis " bredouille ".

      deux remarques :
      • le délai de 48h (pour l’inscription à l’ordre du jour) ne s’applique pas vraiment pour les #questions_diverses qui ont un statut un peu particulier, voire pas vraiment de statut et qui ne doivent porter que sur des questions " mineures ".
      Régime juridique des questions diverses
      https://www.senat.fr/questions/base/2015/qSEQ150114439.html
      (08/01/2015)
      • les conseils municipaux du 9 juin étaient particuliers car ils étaient convoqués à la demande du préfet pour l’élection des délégués aux élections sénatoriales. La préfecture recommande vivement qu’il n’y ait pas d’autres points à l’ordre du jour.

    • Menhirs détruits : « Je ne vais pas me laisser intimider par les tribunaux digitaux de la haine », affirme le maire de Carnac après avoir reçu des menaces de mort
      https://www.francetvinfo.fr/culture/patrimoine/archeologie/menhirs-detruits-je-ne-vais-pas-me-laisser-intimider-par-les-tribunaux-

      […]
      Qu’est-ce qui s’est passé réellement ? 
      On est dans une zone commerciale et artisanale, à trois kilomètres des alignements, ce ne sont pas 39 menhirs mais quatre pierres qui pouvaient éventuellement être des menhirs, qui ont été effectivement, et c’est très malheureux, détruites.

    • Je ne sais pas si les parcelles concernées par le PC de 2022 sont les mêmes que celles de 2015, mais si c’est le cas, le maire prend un gros risque en affirmant des contrevérités manifestes.
      EDIT : au vu des éléments du cadastre, il semblerait qu’il ait raison

      p. 26 du rapport de diagnostic de l’INRAP de 2015
      https://www.sitesetmonuments.org/IMG/pdf/rapport_inrap_2015_diagnostic_chemin_de_montauban.pdf

      EDIT : de fait, en consultant le PLU de la ville et en comparant avec le schéma, la zone construite est localisée dans les parcelles AI 9, 10, 11 et 157. Les trois premières sont celles du coin Nord-Est du périmètre soumis à diagnostic, la 157 est celle située immédiatement à l’Est, non diagnostiquée (mais évoquée dans le billet qui a mis le feu aux poudres).
      La tranchée n° 8 située dans la parcelle a effectivement été infructueuse.


      (extrait du billet de Ch. Obeltz)

    • À Erdeven, la rencontre autour des mégalithes est annulée | Le Télégramme
      https://www.letelegramme.fr/morbihan/erdeven-56410/a-erdeven-la-rencontre-autour-des-megalithes-est-annulee-6372453.php
      https://media.letelegramme.fr/api/v1/images/view/6489b91168d06648e5306687/web_golden_xxl/6489b91168d06648e5306687.1

      Ce jeudi 15 juin avait été annoncée une rencontre autour du patrimoine mégalithique d’Erdeven dans le cadre de la candidature des sites mégalithiques de l’arc Sud Morbihan au patrimoine mondial de l’Unesco. Mais compte tenu du contexte suite aux événements de Carnac, Paysage de Mégalithes préfère annuler cette réunion publique qui était organisée en partenariat avec la mairie. Aucune date de report éventuel n’est indiquée à ce jour.

      La première, sans doute pas la dernière…

      (full disclosure : jeudi prochain, je dois participer à une autre réunion de Paysages de mégalithes, à Carnac. ¡veremos !…)

    • Menhirs de Carnac détruits. Le Parquet de Lorient ouvre une enquête suite à la plainte d’une association
      https://france3-regions.francetvinfo.fr/bretagne/morbihan/vannes/menhirs-de-carnac-detruits-le-parquet-de-lorient-ouvre-

      Le procureur de Lorient a ouvert une enquête contre X suite à la plainte déposée par l’association Koun Breizh qui dénonce la « destruction volontaire de patrimoine archéologique ». Elle a été confiée à la brigade de recherches de la gendarmerie de Lorient.

      L’affaire de la destruction de menhirs à Carnac sur le chantier de construction d’un magasin de bricolage, n’a pas fini de faire parler d’elle.

      Selon l’AFP, le parquet de Lorient vient, en effet, d’ouvrir une enquête contre X, après la plainte déposée par l’association Koun Breizh. Celle-ci dénonce « une destruction volontaire de patrimoine archéologique ».

      "Violation de la prescription de fouille du site mégalithique"
      L’association Sites & Monuments, qui défend le patrimoine, s’est associée à l’association Koun Breizh pour demander "la création d’une mission d’inspection relative à la violation de la prescription de fouille du site mégalithique du « chemin de Montauban » à Carnac".

      Ces deux structures expliquent, dans un communiqué de presse commun, que le préfet du Morbihan et la mairie de Carnac, ont délivré un permis de construire en dépit d’un arrêté du préfet de Région, datant du 31 juillet 2015, qui " prescrivait une fouille préventive avant tout aménagement de la parcelle en raison de la présence de monolithes dressés « qui pourraient tout à fait correspondre aux vestiges d’un ouvrage mégalithique de type alignement » ".

      Les associations précisent qu’elles condamnent fermement les menaces dont le maire de Carnac a été victime mais « estiment que toute la lumière doit être faite pour identifier les failles qui ont conduit à la destruction des monolithes et établir les responsabilités de chacun. »

    • Manifestation à Carnac samedi 17 juin contre la destruction des menhirs | Le Télégramme
      https://www.letelegramme.fr/morbihan/auray-56400/manifestation-a-carnac-samedi-17-juin-contre-la-destruction-des-menhirs

      Le parti indépendantiste breton Douar ha frankiz appelle à un rassemblement devant la mairie de Carnac à 14 heures, samedi 17 juin, pour protester contre la destruction de menhirs, objet de polémique depuis une semaine.

      La polémique autour de l’affaire des menhirs de Carnac ne désenfle pas. Le parti indépendantiste breton Douar ha frankiz (« Terre et liberté » en français), appelle à se rassembler samedi 17 juin à 14 heures devant la mairie de Carnac « pour exprimer notre colère face au saccage de notre patrimoine par les autorités qui sont censées le protéger, et pour dire : plus jamais ça ! ».

      Le parti « libertaire et écologiste », qui dénonce les ravages de « la bétonisation et [du] profit à tout prix », appelle à manifester alors que la mairie de Carnac est sous le feu de la critique depuis une semaine pour avoir autorisé la construction d’un magasin de bricolage sur un site archéologique qui hébergeait des menhirs. L’affaire, montée en épingle par différentes personnalités politiques, a provoqué l’ire des réseaux sociaux jusqu’à la profération de menaces à l’encontre du maire de la ville, Olivier Lepick.

    • Menhirs détruits à Carnac : le dessous des cartes d’un vrai scandale
      https://www.lefigaro.fr/vox/culture/menhirs-detruits-a-carnac-le-dessous-des-cartes-d-un-vrai-scandale-20230616

      FIGAROVOX/TRIBUNE - Julien Lacaze, président de Sites & Monuments, une association engagée pour la protection de l’environnement, revient en détail sur l’affaire des menhirs détruits à Carnac (Morbihan). Si nombre d’élus et de médias prétendent que le dossier, sur le fond, ne vaudrait rien, les faits montrent l’inverse, explique-t-il.

      Julien Lacaze est président de Sites & Monuments, association nationale reconnue d’utilité publique agréée pour la protection de l’environnement

      Menhirs passés au broyeur pour établir un magasin de bricolage, gradins disgracieux aménagés au ras des célèbres Alignements, cortège de 500 potelets en plastique disposés le long du site, projet d’antenne-relais gigantesque… La course au classement Patrimoine mondial de l’Unesco - dont le dossier de candidature définitif doit être remis fin septembre 2023 au ministère de la Culture - enivre les élus locaux, anticipant des retombées économiques sans souci de cohérence avec les servitudes qu’implique cette reconnaissance internationale pour les monuments préhistoriques les plus anciens d’Europe (7000 ans).

      Parmi cette série d’aménagements disgracieux - soulignés dans un article mis en ligne par notre association le 2 juin-, la construction d’un Mr Bricolage, occasionnant la destruction de menhirs, suscita un emballement médiatique dont il existe peu…

      #paywall :-(

    • le même, sur le site de l’association :

      Carnac : minimiser ou réagir - Sites & Monuments
      https://www.sitesetmonuments.org/carnac-minimiser-ou-reagir


      Carnac, site du « Chemin de Montauban », mégalithe B7 de la file 2 (probablement déplacé) - Aujourd’hui détruit.


      Carnac, site du « Chemin de Montauban », mégalithe B2 de la file 1 (probablement en place) - Aujourd’hui détruit.

      Menhirs passés au broyeur pour établir un magasin de bricolage, gradins disgracieux aménagés au ras des célèbres Alignements, cortège de 500 potelets en plastique disposés le long du site, projet d’antenne-relais gigantesque… La course au classement Patrimoine mondial de l’Unesco - dont le dossier de candidature définitif doit être remis fin septembre 2023 au ministère de la Culture - enivre les élus locaux.

      Parmi cette série d’aménagements disgracieux - soulignés dans un article mis en ligne par notre association le 2 juin -, la construction d’une grande surface de bricolage, occasionnant la destruction de menhirs, suscita un emballement médiatique dont il existe peu de précédents en archéologie. La politique s’empara ensuite du dossier, d’Éric Zemmour à Sandrine Rousseau. Cet excès de médiatisation en suscita un plus grave, celui de l’absence de condamnation des destructions par le ministère de la Culture, aubaine pour les aménageurs et pour certains élus placés sur la sellette.


      Carnac, site du "Chemin de Montauban", file n°2 de mégalithes probablement déplacés (aujourd’hui détruite).

      Le maire de Carnac, président de l’association « Paysages de Mégalithes », portant le dossier de candidature UNESCO, a ainsi délivré en août 2022 un permis de construire pour l’installation d’un magasin « Mr Bricolage ». Le site concerné, situé aux abords d’une zone artisanale, n’en demeurait pas moins préservé, avec une source et une zone dense de taillis. Il figurait depuis 2017, pour sa richesse archéologique, sur la liste des sites proposés au classement au Patrimoine Mondial communiquée au ministère de la Culture. Il y a été maintenu jusqu’à aujourd’hui, malgré la réduction ultérieure du nombre des sites proposés.

      Cet alignement inédit de petits menhirs du « Chemin de Montauban » (culminant tout de même à un mètre pour les plus grands), implanté sur une parcelle dénommée « Men Guen Bihan » (les petites pierres banches), appartenait sans doute aux plus anciens monuments de la commune de Carnac. En effet, les mégalithes tout proches de la « ZAC de Montauban », associés à des structures de combustion, ont été datés en 2010 par le Carbone 14 entre 5480 - 5320 avant J.-C., leur conférant le statut de plus anciens menhirs de l’ouest de la France ! Les monolithes détruits appartenaient ainsi probablement au Mésolithique, époque des chasseurs-cueilleurs, les mégalithes dressés étant ordinairement apparus au Néolithique, époque des agriculteurs-éleveurs. D’où l’enjeu archéologique particulier dans cette zone.

      Un grand hangar de sept mètres de haut prend la place des menhirs passés au broyeur par l’aménageur, sous l’œil médusé d’archéologues de passage. Le site détruit n’est pourtant qu’à un kilomètre des Alignements de Carnac (Kermario) et du célèbre tumulus Saint-Michel où un matériel archéologique superbe (haches polies en jade alpin et colliers en variscite andalouse) a été découvert !

      En réponse aux approximations de certains médias, illustrant les mégalithes détruits par des photos de menhirs de plusieurs mètres de haut, les « fake news » de l’administration et des élus se sont multipliées. Ainsi, les critiques proviendraient du « blog » d’un « archéologue amateur » (en réalité site d’une association reconnue d’utilité public consultant les meilleurs spécialistes) ; le permis serait conforme au Plan local d’Urbanisme (ce que personne ne conteste) ; il ne s’agirait pas de mégalithes, mais de simples murets ; seuls quatre monolithes pourraient prétendre au statut de menhir, etc…

      Nos informations provenaient pourtant d’un rapport officiel de l’Institut national de recherches archéologiques préventives (INRAP), établi à la demande de la Direction régionale des affaires culturelles (DRAC dépendant du préfet de Région), au terme d’une procédure régie par le code du patrimoine. Mais encore fallait-il se donner la peine de lire les cinquante pages de ce rapport - mis en ligne sur notre site internet le 7 juin - commandité après la délivrance d’un premier permis (en définitive retiré).

      Ainsi, un diagnostic archéologique a été prescrit le 22 décembre 2014 par arrêté du préfet de Région en raison de la localisation du chantier, « non seulement au sein d’un contexte archéologique dense […], mais à proximité et dans le prolongement du site de la ZAC de Montauban » dont nous avons dit l’intérêt. Un diagnostic archéologique n’est pas une fouille, mais consiste à en évaluer la nécessité. Ainsi, seulement 6% du terrain a été sommairement exploré en l’espace de trois jours par les archéologues. Le rapport de diagnostic qui en résulte - seule étude dont nous disposons aujourd’hui sur le site détruit - concluait à la nécessité de poursuivre l’exploration par une fouille en bonne et due forme.

      Le rapport fait ainsi état de l’identification de deux files sécantes de mégalithes, précisant qu’ils n’existent pas à l’état natif sur le site et ont dont nécessairement été transportés. La première file était composée de 24 blocs, dont 12 encore dressés. L’INRAP indique que, « sur au moins quatre d’entre eux, les sommets présentent des stigmates d’érosion liée à la météorisation » (traces orientées caractéristiques laissés sur les menhirs du Néolithique par sept millénaires d’intempéries), avant de conclure, « qu’à moins d’un hasard qui aurait conduit les bâtisseurs du muret à intégrer et repositionner dans le même sens d’anciens mégalithes, tout porte à croire que les blocs de la file 1 correspondent bien à un alignement en place, qui a, dans un second temps servi d’ancrage à une limite de parcelle » (comme cela a souvent été observé dans la région). En revanche, la seconde file de 14 blocs a, « de toute évidence, été déplacée ». Les archéologues précisent qu’« une étude fine des surfaces des blocs permettrait sans doute de reconnaitre leur position primaires si toutefois ils correspondent bien à d’anciennes stèles d’un monument mégalithique démantelé » et recommandent de « ne pas négliger » ces monolithes, « apparemment en position secondaire », qui, « même déplacés, sont porteurs d’information ».

      Et le rapport de conclure que « c’est donc un minimum de trente-huit monolithes qui sont identifiés sur le site, mais il en existe sans doute d’autres dans la partie non débroussaillée de la file principale et dans les parcelles situées à l’est de la file 2 ». Bref, « seule une fouille permettrait de certifier l’origine néolithique de cet ensemble, qui pourrait, au final, s’inscrire en bonne place dans la cartographie des monuments mégalithiques locaux ». Les archéologues entendaient également réfléchir aux liens éventuels des vestiges avec la source présente sur le site, contexte ayant permis, en d’autres lieux, la découverte de haches en jade.

      L’INRAP anticipait même la conservation des mégalithes découverts : « À l’issue d’une éventuelle opération archéologique, se poserait la question du devenir des stèles dans le cadre du projet d’aménagement. Intégration du monument dans le projet, déplacement du "site" pour une restitution aux abords du projet, dépôts des stèles dans un autre lieu... »

      A la suite de ce rapport, le préfet de Région prescrivit des fouilles par un arrêté du 31 juillet 2015, ce qui n’a lieu que dans 20% des cas de diagnostics.

      C’est pourquoi l’appréciation finale du communiqué de la DRAC du 7 juin 2023 est pour le moins contestable : « Du fait du caractère encore incertain et dans tous les cas non majeur des vestiges tels que révélés par le diagnostic, l’atteinte à un site ayant une valeur archéologique n’est pas établie ». En outre, pas un mot pour condamner la violation de son arrêté de prescription de fouilles, destruction illicite d’un site archéologique pourtant punissable de sept ans d’emprisonnement et 100 000 euros d’amende. Quelle aubaine pour les actionnaires de la « SCI des menhirs » et de la « SAS bricodolmen » (cela ne s’invente pas), bénéficiaires du permis de construire ! Mais quelle tristesse pour les défenseurs du patrimoine, accusés d’être des désinformateurs, et pour l’archéologie, ainsi bafouée !

      La directrice régionale des affaires culturelles de Bretagne, interviewée par Ouest France le 9 juin, après avoir affirmé « qu’on parle de quatre blocs de pierre dans une zone qui est en train de devenir une zone commerciale », travestissant ainsi le diagnostic qui lui avait été remis, nous apprit cependant que « l’arrêté de prescription de fouille a été envoyé en 2015 au propriétaire du terrain et à la mairie », avant de poursuivre : « Huit ans plus tard, on constate que les fouilles n’ont pas été faites par le propriétaire [qui devait les financer], malgré la prescription. » La directrice ajoute même : « On peut considérer qu’il s’agit d’une faute ou d’un oubli, ce n’est pas à nous de nous prononcer sur ce terrain-là ».

      Mais pourquoi la DRAC n’a-t-elle pas fait exécuter son arrêté de fouille ? Car notre terrain - pourtant situé « dans un secteur sensible, au sein d’un environnement archéologique dense » (arrêté de la DRAC prescrivant le diagnostic de décembre 2014) - n’a pas été inclus dans la Zone de présomption de prescription archéologique (ZPPA) arrêtée par cette même direction régionale le 16 avril 2015 ! Le second permis de construire ne lui a donc pas été transmis automatiquement...
      Cependant, comment le maire, le préfet du Morbihan et le propriétaire - qui avaient tous reçu notification en 2015 de l’arrêté de prescription de fouilles d’un site inscrit sur la Carte archéologique nationale - ont-ils pu, le premier délivrer, le second contrôler la légalité et le troisième exécuter le permis d’août 2022 sans en avertir à la DRAC, comme le prévoit pourtant le code du patrimoine, l’arrêté du 16 avril 2015 et le permis lui-même ?

      On s’étonne aussi de l’absence totale de réaction de l’association « Paysages de Mégalithes », qui porte le dossier de classement à l’UNESCO incluant le site détruit, et dont le maire de Carnac est président.

      Bref, les acteurs de ce dossier semblent bien négligeants, d’où leur intérêt commun à minimiser l’importance du site détruit.

      Désormais, que faire, puisque les destructions sont consommées ? Le ministère de la Culture a, tout d’abord, le devoir de comprendre, en diligentant une mission d’inspection, mais aussi de défendre ses prescriptions de fouille en saisissant le Procureur de la République. Il n’est pas admissible d’entendre l’Etat justifier les destructions intervenues au motif que son diagnostic - pourtant positif - n’aurait pas mis en évidence un « site majeur » ! Après de telles déclarations, tournant le dos au code du patrimoine, comment faire respecter nos sites archéologiques ?

      Nos administrations s’honoreraient en outre à remédier aux aménagements particulièrement disgracieux, mais heureusement réversibles, pointés dans notre article du 2 juin :

      • Supprimer les 506 potelets routiers installés sans consultation de l’Architecte des Bâtiments de France sur la RD 196, le long des Alignements du Menec. Ces improbables files en plastique blanc sont un pied de nez aux menhirs qui les jouxtent ;
      • Reprendre la conception des 650 m2 de gradins horizontaux mis en place en 2022 par le Centre des Monuments Nationaux (CMN) au Menec, qui luttent avec la verticalité des menhirs et dont l’effet est prégnant dans le paysage ;
      • Renoncer au projet d’implantation à Kerogile d’une antenne-relais de 52 m de haut aux abords de dix sites mégalithiques de la zone UNESCO, dont trois classés Monument historique ;
      • Renoncer à l’extension d’un supermarché à 550 m du Menec ou à un parking jouxtant son cromlech (cercle de menhirs).

      Car le futur classement au titre du Patrimoine Mondial n’est pas un simple label, il nous oblige !

      Julien Lacaze, président de Sites & Monuments - SPPEF
      Christian Obeltz, correspondant du Laboratoire de Recherche Archéologie et Architecture de l’Université de Nantes ; membre du programme collectif de recherche « Corpus des signes gravés néolithiques »

    • Bal tragique à Carnac - 39 menhirs sous le tapis ! - la CGT Culture
      https://www.cgt-culture.fr/bal-tragique-a-carnac-39-menhirs-sous-le-tapis-21587

      A Carnac, l’aménagement d’un magasin de l’enseigne Monsieur Bricolage a détruit un site mis au jour par l’Institut National de Recherches Archéologiques Préventives (Inrap) dans le cadre d’une opération de diagnostic archéologique. Ce site méritait pourtant de figurer « en bonne place dans la cartographie des monuments mégalithiques locaux ».

  • « Pays-Bas, un empire logistique au coeur de l’Europe » : https://cairn.info/revue-du-crieur-2023-1-page-60.htm
    Excellent papier du dernier numéro de la Revue du Crieur qui montre comment le hub logistique néerlandais a construit des espaces dérogatoires aux droits pour exploiter des milliers de migrants provenant de toute l’Europe. Ces zones franches optimisent la déréglementation et l’exploitation, générant une zone de non-droit, où, des horaires de travail aux logements, toute l’existence des petites mains de la logistique mondiale dépend d’une poignée d’employeurs et de logiciels. L’article évoque notamment Isabel, le logiciel de l’entreprise bol.com qui assure la mise à disposition de la main d’oeuvre, en intégrant statut d’emploi, productivité, gérant plannings et menaces... optimisant les RH à « l’affaiblissement de la capacité de négociation du flexworker ». Une technique qui n’est pas sans rappeler Orion, le logiciel qui optimise les primes pour les faire disparaitre... https://www.monde-diplomatique.fr/2022/12/DERKAOUI/65381

    Les boucles de rétroaction de l’injustice sont déjà en place. Demain, attendez-vous à ce qui est testé et mis en place à l’encontre des migrants qui font tourner nos usines logistiques s’élargisse à tous les autres travailleurs. #travail #RH #migrants

  • « Il n’y a pas de lien réel entre les juifs et les lettres de change, mais les deux ont été l’objet des fantasmes de conspiration »
    https://www.lemonde.fr/le-monde-des-religions/article/2023/04/30/il-n-y-a-pas-de-lien-reel-entre-les-juifs-et-les-lettres-de-change-mais-les-

    La déportation dans les camps nazis, commémorée ce dimanche, constitue le paroxysme d’un antisémitisme occidental nourri par des siècles de préjugés. C’est à l’un des plus tenaces que s’attaque l’historienne Francesca Trivellato : celui associant les juifs à l’invention de la lettre de change, à la base du capitalisme.

    (...) Développée par l’avocat du droit maritime Etienne Cleirac (1583-1657), cette légende a véhiculé de nombreux préjugés antijuifs, dans le but de légitimer la pratique du commerce par les marchands chrétiens. https://justpaste.it/9yru8

    #antisémitisme #commerce #capitalisme #finance #argent #histoire

  • La Compil’ de la Semaine
    https://www.les-crises.fr/la-compil-de-la-semaine-90

    Chaque semaine, nous vous proposons notre Compil’ de la Semaine : une sélection de dessins de presse à la fois drôles et incisifs, ainsi que des vidéos d’analyse participant à l’indispensable travail d’auto-défense intellectuelle. Bonne lecture et bon visionnage à toutes et à tous ! Dessins de Presse Vidéos Le Media – Enzo Traverso : […]

    #Miscellanées #Compil_de_la_Semaine #Miscellanées,_Compil_de_la_Semaine

  • Inflation, comparatif prix au détails et prix de la matière première en France, sur un an Le web grande conso - Olivier Dauvers

    Mars 2022 à Mars 2023 Prix au détails :
    Sirops + 17 %
    Huiles + 22 %
    Biscuits + 15 %
    Arabicas + 14 %

    Avril 2022 à Avril 2023 Prix de la matière première :
    Sucre + 28 %
    Huile(Tournesol) - 55 %
    Blé -40%
    Café Arabica -16 %

    La petite musique de la renégociation se fait de plus en plus entendre. Bruno Le Maire et Olivia Grégoire ont ainsi écrit aux industriels il y a quelques jours pour les y préparer. Les distributeurs, eux, attendent juin de pied ferme puisqu’avec l’assentiment du gouvernement ils vont pouvoir repartir à la bataille.
    Problème : les premiers concernés (les industriels) ont eux-aussi le sentiment d’être soutenus par le politique, en l’occurrence les députés qui ont voté comme un seul homme la loi de leur collègue Descrozaille. Soutenus dans leur volonté de reconstituer leurs marges.

    Factuellement, il y a pourtant du grain à moudre. Quiconque suit les prix en rayons en a l’intuition : les prix des stars de la grande conso ont “inflaté” davantage que leur marché. Prenez ces 4 catégories : sirops, huiles, biscuits et café arabicas. A chaque fois, l’écart d’inflation entre les “grandes” marques et la moyenne (toutes marques) est élevée. Difficile de l’expliquer autrement que par la tentation (naturelle et légitime, il faut l’admettre) de reconstituer ses marges à l’occasion des nouveaux tarifs.

    Seconde raison qui milite pour une renégociation à la baisse : l’évolution des matières premières. Certes, le lien n’est pas toujours direct ou proportionnel entre matières premières et PVC en rayon. Il est même parfois partiel (le sucre pour des sirops qui intègrent aussi des fruits ou l’huile de tournesol pour une huile multi-variétés, etc.). Il n’empêche : les matières premières donnent une tendance de la direction du vent : inflation ou déflation 😉 Le blé, par exemple. Bien plus bas aujourd’hui qu’il y a un an, au plus fort de la spéculation, suite au déclenchement de la guerre en Ukraine. Logiquement, le prix des biscuits (utilisation de céréales directes) ou du couple volaille/porc (céréales indirectes) devrait l’intégrer. C’est précisément le rôle des “renégos” à venir. Et tant pis si… ça pique !

    Source : https://www.olivierdauvers.fr/2023/04/17/renegociations-oui-il-y-a-du-grain-a-moudre

    #inflation #prix #tarif #super_marché #magasins #courses #bénéfices #commerce #actionnaires #dividendes #marges

  • Face aux ordures qui nous exploitent et nous gouvernent, vive la révolte des poubelles !
    Texte de l’Assemblée Générale de Rennes 2 à lire et diffuser sur votre point de blocage favori
    https://www.instagram.com/ag.rennes2

    l’entassement des #poubelles dans la rue nourrit aussi la contestation dans la rue

    (...) à Paris le chiffre d’affaire des hôtels a chuté de 50%


    .....

    .....

    .....

    #Rennes montre la voie

    #grève #blocage #éboueurs #réquisitions #économie #centre_ville #bourgification #retraites #travail #commerce #autoréductions #zone_autonome #Rennes

  • Surge in arms imports to Europe, while US dominance of the global arms trade increases

    Imports of major arms by European states increased by 47 per cent between 2013–17 and 2018–22, while the global level of international arms transfers decreased by 5.1 per cent. Arms imports fell overall in Africa (–40 per cent), the Americas (–21 per cent), Asia and Oceania (–7.5 per cent) and the Middle East (–8.8 per cent)—but imports to East Asia and certain states in other areas of high geopolitical tension rose sharply. The United States’ share of global arms exports increased from 33 to 40 per cent while Russia’s fell from 22 to 16 per cent, according to new data on global arms transfers published today by the Stockholm International Peace Research Institute (SIPRI).


    https://www.sipri.org/media/press-release/2023/surge-arms-imports-europe-while-us-dominance-global-arms-trade-increases

    #armes #commerce_d'armes #armement #rapport #SIPRI #2022 #statistiques #chiffres

    • S’impenna l’import di armi in Europa. Gli Stati Uniti dominano il commercio globale

      Nel quinquennio 2018-2022 le importazioni di armi in Europa sono cresciute del 47%, mentre a livello globale è stata registrata una diminuzione del 5,1%. Gli Stati Uniti si confermano il primo esportatore nel mondo, assorbendo il 40% del mercato, la Russia, con il 16%, è staccata. I nuovi dati del Sipri e il ruolo della guerra in Ucraina

      La guerra russa in Ucraina ha spinto il trasferimento internazionale di armamenti e rilanciato la corsa europea al riarmo: nel 2022 Kiev è diventata il terzo maggiore importatore e il quattordicesimo nel quinquennio 2018-2022. È quanto emerge dal report “Trends in international arms transfers, 2022” pubblicato a marzo dall’Istituto indipendente di ricerche sulla pace di Stoccolma (Sipri) e che evidenzia come, a fronte di un calo globale del trasferimento di armamenti (-5,1% rispetto al quinquennio 2013-2017), l’Europa registri invece un aumento del 47%. Con punte del 65% nei Paesi membri della Nato. Oltre all’Ucraina, nel continente i principali acquirenti sono il Regno Unito (che a livello globale si attesta al tredicesimo posto) e la Norvegia. Quasi il 60% di sistemi d’arma acquistati in Europa sono stati esportati dagli Stati Uniti, al secondo posto si piazza la Russia, con il 5,8% (l’export di Mosca, tuttavia, è limitato alla Bielorussia). “Anche se i trasferimenti di armi sono diminuiti a livello globale, quelli verso l’Europa sono aumentati notevolmente a causa delle tensioni tra la Russia e la maggior parte degli altri Stati europei -ha spiegato Pieter D. Wezeman, ricercatore senior del Programma trasferimenti di armi del Sipri-. Dopo l’invasione dell’Ucraina, i Paesi europei vogliono dunque importare più armi e più velocemente. Ma la competizione strategica continua anche altrove: le vendite di armamenti verso l’Asia orientale sono aumentate e quelle verso il Medio Oriente restano a un livello elevato”.

      Secondo le analisi del Sipri a livello globale le spese militari sono in crescita dal 2013 e nel 2021 (ultimo anno per cui ci sono dati disponibili) e hanno superato la soglia record dei duemila miliardi di dollari (2.113) un valore quasi raddoppiato rispetto a quello raggiunto a fine anni Novanta. In parallelo, però, i trasferimenti di armi sono calati del 5,1% a livello mondiale. A diminuire il proprio import nel periodo 2018-2022 rispetto ai cinque anni precedenti sono stati soprattutto i Paesi dell’Africa (-40%), delle Americhe (-21%), dell’Asia e dell’Oceania (-7,5%) e in Medio Oriente (-8,8%). Mentre a livello locale la vendita di armi è aumentata verso i Paesi coinvolti in scontri e tensioni geopolitiche, come in Ucraina, in Corea del Sud o Giappone.

      Nel periodo 2018-2022 gli Stati Uniti hanno aumentato il proprio peso sul mercato globale passando dal 33% al 40%. Mentre la quota di mercato del secondo grande produttore, la Russia, è passata dal 22% al 16%: negli ultimi cinque anni il Paese ha registrato un calo delle vendite di sistemi d’arma, principalmente a causa del conflitto in Ucraina, e il suo divario verso la Francia (il terzo esportatore globale) si è ridotto. Gli Stati Uniti hanno aumentato i propri trasferimenti del 14% negli ultimi cinque anni rispetto al quinquennio precedente. La Russia, invece, ha diminuito il proprio export del 31%, passando dal 22% al 16% del mercato: dieci dei suoi otto maggiori partner, in particolare l’India, hanno ridotto gli acquisti dal Pese, in controtendenza solo Cina ed Egitto. “È probabile che l’invasione dell’Ucraina limiti ulteriormente le esportazioni militari di Mosca. Questo perché darà la priorità al rifornimento delle proprie forze armate e la domanda da parte di altri Stati rimarrà bassa a causa delle sanzioni commerciali e delle crescenti pressioni da parte degli Stati Uniti e dei suoi alleati per non finanziare i russi”, ha aggiunto Wezeman.

      In parallelo la Francia ha aumentato le proprie esportazioni militari del 44%, dirette soprattutto verso Asia, Oceania e Medio Oriente. L’India, in particolare, ha ricevuto il 30% delle armi vendute da Parigi. “Questa tendenza sembra destinata a continuare, dato che alla fine del 2022 la Francia aveva un numero di ordini in sospeso per l’esportazione di armamenti di gran lunga superiore a quello della Russia”, sottolinea ancora il Sipri.

      Gran parte della corsa al riarmo è stata causata dalla guerra in Ucraina. Ad esempio, tra il 2018 e il 2021 il principale ordine di armamenti da parte della Polonia comprendeva 32 aerei militari e quattro sistemi difensivi terra-aria dagli Stati Uniti. Ma nel 2022 Varsavia ha annunciato l’acquisto di 394 tank, 96 elicotteri da combattimento e 12 sistemi difensivi dagli Usa oltre a mille carri armati e 48 aerei dalla Corea del Sud. La Germania, invece, ha acquistato a fine 2022 35 bombardieri progettati per il trasporto di testate nucleari tattiche e che sostituiranno i precedenti modelli (ne abbiamo scritto a dicembre).

      L’Italia è al 28esimo posto a livello globale per le importazioni di sistemi d’arma, che acquista quasi esclusivamente dagli Stati Uniti (92%) e ha diminuito i trasferimenti del 41%. In nostro Paese, però, è uno dei principali produttori, al sesto posto (con una quota di mercato del 3,8%) e un incremento del 45% rispetto alla media del periodo 2012-2017: Qatar (24% delle vendite), Egitto (23%) e Turchia (12%) sono le prime tre destinazioni delle armi prodotte in Italia. E secondo le analisi del Sipri, le vendite italiane continueranno a crescere: a fine 2022, infatti, Roma aveva ordini in sospeso per 115 aerei ed elicotteri da combattimento, nove navi da guerra e 1.703 veicoli corazzati.

      “A causa delle preoccupazioni sul fatto che la fornitura di aerei da combattimento e missili a lungo raggio avrebbe potuto aggravare ulteriormente la guerra in Ucraina, gli Stati della Nato hanno rifiutato le richieste del Paese nel 2022. Allo stesso tempo, però, hanno fornito tali equipaggiamenti ad altri Stati coinvolti in situazioni di conflitto, in particolare in Medio Oriente e nell’Asia meridionale”, segnala poi il Sipri.

      A livello globale i maggiori importatori restano Asia e Oceania, che hanno ricevuto il 41% dei trasferimenti di armamenti, in queste due regioni infatti si trovano sei dei dieci maggiori acquirenti a livello globale: Australia, Cina, Corea del Sud, Pakistan, India e Giappone. Nell’area le importazioni sono state spinte verso l’alto dalle tensioni tra Corea del Nord e del Sud oltre che dal confronto tra Cina e Giappone. Tra il quinquennio 2013-2017 e il 2018-2022 Seoul ha aumentato del 61% i propri acquisti di sistemi d’arma e mentre nello stesso periodo Tokyo ha registrato un impressionante +171%. Infine l’Australia le ha aumentate del 23%. Anche le tensioni geopolitiche tra India e Pakistan hanno fatto crescere gli acquisti militari di entrambi i Paesi. L’India, nonostante un calo del 10%, rimane il maggior importatore a livello globale mentre il Pakistan risulta all’ottavo posto ricevendo per la maggior parte materiale di fabbricazione cinese.

      In Medio Oriente vi sono tre dei maggiori importatori di materiale bellico, Egitto, Qatar (i due più importanti partner dell’Italia) e l’Arabia Saudita, il secondo acquirente globale dopo l’India. L’Arabia Saudita, sempre tra 2018 e 2022, ha ricevuto 91 aerei da guerra e più di 20mila bombe guidate dagli Stati Uniti. Il Qatar ha quadruplicato le sue importazioni negli ultimi cinque anni, in particolare da Stati Uniti e Italia. Il Paese ha comprato 36 cacciabombardieri dalla Francia e altrettanti dagli Stati Uniti, oltre a tre fregate dall’Italia.

      https://altreconomia.it/simpenna-limport-di-armi-in-europa-gli-stati-uniti-dominano-il-commerci

  • La « mondialisation » de l’économie
    https://www.lutte-ouvriere.org/documents/archives/cercle-leon-trotsky/article/la-mondialisation-de-l-economie
    #conférenceLO du 14 mars 1997

    Sommaire :

    De la guerre à la crise (1945-1975)
    – La remise en route de l’économie...
    – ...sous l’égide des États-Unis
    – Le mythe des « Trente glorieuses »
    – Les origines du marché commun
    – La crise monétaire, une des formes de la crise du système capitaliste

    Crise économique internationale et « mondialisation »
    – Le commerce international est-il plus « mondialisé » ?
    – Les entraves au développement du commerce international
    – Le cas des impérialismes européens
    – Les problèmes monétaires de l’#Union européenne
    – L’Union européenne : une construction fragile basée sur des rapports de force
    – Le #commerce_international : réglementé et inégal

    L’hypertrophie des marchés financiers
    – L’endettement des États à l’origine de la croissance des marchés financiers
    – Qu’est-ce que le #PIB ?
    – Les États déréglementent les marchés financiers
    – La #spéculation sur les emprunts d’État
    – La spéculation sur les actions
    – La spéculation sur les « produits dérivés »
    – La spéculation monétaire
    – Les profits spéculatifs détournent les capitaux de la production
    – Un marché monétaire international mais instable

    Concurrence étrangère, délocalisations : ne pas se tromper d’ennemi
    – Les #délocalisations sont-elles responsables du chômage ?
    – Bas salaires et investissements
    – Les capitaux se concentrent dans les pays riches
    – La croissance des #multinationales
    – Les #capitaux ne développent pas la planète, ils la pillent

    La « mondialisation » de la misère
    – Les inégalités s’accroissent
    – La #pauvreté se répand même dans les pays riches
    #Capitalisme et mondialisation
    – La base internationale du développement capitaliste
    – Le capitalisme a transformé le monde

    L’impérialisme, « stade suprême du #capitalisme » depuis un siècle
    – La dictature du capitalisme financier
    – Le monde entier partagé
    – L’#impérialisme n’a pas supprimé les contradictions du système, bien au contraire
    – Une première guerre mondiale pour le repartage du monde
    – Les bases objectives de la corruption du #mouvement_ouvrier...
    – ... et le pourrissement de toute la société

    L’impérialisme, un danger mortel pour l’humanité
    – La #crise_de_1929
    – Le #fascisme et la #guerre
    – La responsabilité des dirigeants socialistes et staliniens
    – L’humanité a payé cher le maintien du capitalisme au XXe siècle...
    – ... et paiera plus cher encore au XXIe siècle s’il se perpétue

    Nationalisme contre #mondialisation : un piège mortel pour les travailleurs
    – Le « #social-chauvinisme » du #PCF

    La mondialisation au service de l’humanité, c’est la société communiste
    – Mettre fin au capitalisme...
    – ... en mettant l’économie au service de tous
    – Seul le prolétariat en est capable

    #stalinisme #social-démocratie #réformisme #communisme_révolutionnaire

  • 1,1 % d’augmentation des prix, pour la semaine du 6 au 13 Mars ! Le xeb grande conso - Olivier Dauvers
    – 3,3 % sur 4 semaines

    Comme toujours, les faits sont têtus.
    Voilà donc les Français face au mur de l’inflation (ou “Mars rouge”, rayez la mention qui vous chagrine le plus mais, en réalité, c’est pareil !).
    Selon le baromètre hebdo A3 Distrib / Éditions Dauvers, la semaine dernière s’est en effet soldée par une nouvelle accélération du rythme d’inflation : + 1,1 %.

    J’voudrais pas dramatiser mais ça fait quand même un rythme annuel de plus de 50 %. _


    Si c’est pas un “mur”, j’n’y connais rien en maçonnerie !
    Et si on élargit la focale, * sur les 5 dernières semaines, l’inflation atteint 4 %.
    Jamais la conso n’avait été confrontée à un tel soubresaut.
    Que ceux qui voient l’inflation depuis leur fiche de paie (plus confortable que la moyenne) ne l’oublient pas…
    Quand la boite de raviolis Panzani ou le sirop de grenadine Teisseire sont 10 % plus chers aujourd’hui qu’au 1er janvier, le pain de mie Harrys ou le Leerdammer 9 % (et tellement d’autres d’exemples), la “France des centimes” (telle que la présente le sociologue Jean Viard) est, elle, dans le… rouge.

    Source : https://www.olivierdauvers.fr/2023/03/13/mur-dinflation-ou-mars-rouge-on-y-est

    #inflation #prix #tarif #super_marché #magasins #courses #bénéfices #commerce #actionnaires #dividendes #marges

  • Mars rouge (ou printemps noir) : on y est ! Le web grande conso

    Peu importe la sémantique… Que vous préfériez mars rouge ou printemps noir n’y changera rien. Les faits sont là et, comme toujours, têtus. Voilà les Français face au mur d’inflation annoncé depuis des mois. Voilà 4 semaines que notre panier de 150 majeurs (les produits que les Français voient le plus) s’envole littéralement. 0,7 % d’inflation hebdo ou plus encore sur la dernière semaine (+ 0,8 %). Un rythme jamais connu avant (n’en déplaise à ceux qui expliquent “lissage des hausses”, “moyennisation”, etc.). Et quand bien même (et par magie) l’inflation s’arrêterait là, voilà déjà plus de 4 % dans la besace en 2 mois. Qui s’ajoute donc à l’inflation 2022 pour atteindre le niveau incroyable de 19,8 %. Autant le dire : si les 20 % n’étaient pas dépassés d’ici à la semaine prochaine, ça serait une (très) heureuse surprise. Mais pour avoir feuilleté quelques cadenciers pendant le week-end (chacun se détend comme il peut), j’ai peur d’être déçu.

    #inflation #prix #tarif #super_marché #magasins #courses #bénéfices #commerce #actionnaires #dividendes #marges

  • L’économie ukrainienne en temps de #guerre
    https://laviedesidees.fr/L-economie-ukrainienne-en-temps-de-guerre.html

    Avant la guerre, l’économie ukrainienne était portée par ses exportations céréalières, minéraux de fer et sidérurgiques. Ces trois activités ont été brutalement réduites par un conflit durant lequel le secteur informatique s’est imposé comme nouvelle branche de développement. Une fois son indépendance acquise le 24 août 1991, l’Ukraine a progressivement renoué avec les structures et les formes économiques qui étaient les siennes au début du XXe siècle, selon un modèle économique libéral orienté vers (...) #Essais

    / #Économie, #International, #Ukraine, #agriculture, #commerce, guerre

    https://laviedesidees.fr/IMG/docx/202302_economie_ukraine.docx
    https://laviedesidees.fr/IMG/docx/20230221_economie_ukraine_revu_savchuk.docx
    https://laviedesidees.fr/IMG/pdf/20230221_economie_ukraine_revu_savchuk.pdf

  • #Inflation : Avant “Mars rouge”, voici déjà “Février orange”…
    https://www.olivierdauvers.fr/2023/02/13/avant-mars-rouge-voici-deja-fevrier-orange

    Nouveau point hebdomadaire du baromètre inflation A3 Distrib / Éditions Dauvers. Et nouvelle stupéfaction. La semaine dernière, les prix des 150 marques majeures de notre scope (celles sur lesquelles se posent tellement d’yeux qu’elles fondent la perception de l’inflation) ont encore augmenté de… 0,7 %. Dit comme ça, ça impressionne peu. Mais le rythme actuel est juste inouïe… Depuis le début de l’année, c’est-à-dire en 6 semaines, l’inflation alimentaire sur ces majeurs dépasse donc déjà 2 %. Et, ce, alors que le mois de mars est encore devant. Bref, avant “Mars rouge” (que j’ai pronostiqué il y a déjà plus d’un mois, c’était sur le plateau de BFM), voici en attendant… “Février orange”. Ça doit s’appeler les préliminaires. Et, pour le coup, c’est pas drôle.

    #inflation #prix #tarif #super_marché #magasins #courses #bénéfices #commerce #actionnaires #dividendes

  • Pricing : Casino ose… le tarif (majoré) du dimanche ! Olivier Dauvers - Le web grande conso
    https://www.olivierdauvers.fr/2023/02/08/pricing-casino-ose-le-tarif-majore-du-dimanche

    Il y a bientôt quatre ans, Jean-Charles Naouri évoquait pour la première fois son intérêt pour le “pricing dynamique”. En clair ne pas proposer le même prix tous les jours ou à tous les moments de la journée. C’est désormais le cas avec un pricing spécifique pour le dimanche dans les hypers de Casino. Ce qu’a révélé VIGIE GRANDE CONSO il y a quelques jours…


    En 2019, en marge de la présentation des résultats financiers de l’exercice 2018, Jean-Charles Naouri, patron et propriétaire de Casino, évoquait le “pricing dynamique” ou “yield management” des prix (revoir ici). En clair – et selon ses termes – que “les prix puissent varier en fonction des jours et des heures”. Après une expérimentation qui aurait eu lieu chez Franprix (jamais démontrée, d’où le conditionnel), c’est désormais à grande échelle dans le réseau Géant / Casino Hyper Frais. Et, cette fois-ci, c’est avéré (si mon p’tit doigt est bien informé, c’est pas d’hier…)

    Pour en avoir le cœur net (car j’avoue ne pas y avoir cru à l’origine comme quelques “patrons” que je sondais sur le principe même du pricing dynamique), pour en avoir le cœur net, donc, j’ai relevé les prix de centaines de produits le samedi après-midi et le dimanche matin. Pour l’exercice, seuls certains produits étaient de facto éligibles : avec une étiquette électronique (ce qui est le cas de la grande majorité du PGC / Frais LS) et hors promotion prospectus (le prix étant alors annoncé, donc figé).

    Sur ces produits “éligibles”, environ la moitié étaient majorés le dimanche.  Avec, dans les 5 hypers visités, un niveau moyen d’augmentation très homogène, environ 15 % . Particularité : tant les marques nationales que les MDD sont concernées par la majoration. Avec des cas réellement stupéfiants au point de s’interroger sur le réel pilotage de l’exercice…  Impossible en effet de ne pas être surpris devant les 36 % d’inflation dominicale de Danette pistache (voir infographie), sur un prix déjà en limite haute du marché (2,10 € vs PVC moyen France : 1,75 €) même en retranchant les 10 % de remise via l’abonnement Casino Max. 

    Autre surprise : l’absence de cohérence évidente dans le choix des produits majorés. Difficile d’expliquer par exemple que la bouteille de Ricard de 50 cl soit majorée, celle de 70 cl non. Autres cas : sur les pâtes MDD. Certaines références sont inflatées, d’autres non. Et pas nécessairement les mêmes d’un hyper à l’autre.

    Interrogé, Casino confirme l’adoption de ce pricing dynamique. Avec, en l’espèce, deux justifications. D’abord, le service rendu, en l’occurrence l’ouverture le dimanche, notamment après-midi où l’enseigne est, de fait, la seule à exploiter autant de magasins en mode autonome. Reste que l’argument n’est pas valable pour le dimanche matin où, désormais, trois hypers sur quatre sont ouverts ! Seconde explication : les coûts plus élevés, notamment le lundi matin pour remettre les magasins “au carré”. 

    Au-delà, il est certain que le prix d’acceptation peut évoluer en fonction des circonstances et des alternatives qui existent ou non. Exemple peut-être caricatural mais facile à comprendre : une boîte de préservatifs. Sa valeur (perçue) peut varier en fonction de la disponibilité plus au moins facile du produit. Mais ces produits sont-ils vraiment nombreux ? 

    La vraie question est probablement ailleurs : le principe même du pricing dynamique est-il socialement acceptable ? Si le yield management n’émeut plus guère dans l’aérien ou les lignes TGV, pas certain que sur le sujet – bien plus sensible – de l’accès à l’alimentation, la majoration des prix lorsque les concurrents sont fermés (puisque c’est le premier argument de Casino) soit compris autrement que par l’envie de… “profiter”. Économiquement, ça peut se défendre. Commercialement, c’est déjà délicat (dans la confiance qui se tisse avec le client puisque rien n’est évidemment dit en magasins). Socialement, il y a carrément un sacré doute. Les prochaines semaines le diront. Mais, là encore, le mérite de Casino sera de mener la R&D pour le compte de tous ! Comme avec les premiers magasins autonomes il y a trois ans. Et, de fait, sur ce sujet, Casino a ouvert la voie, désormais suivie par Carrefour. De là à ce que Casino soit aussi suivi sur ça hein…

    #inflation #prix #tarif #super_marché #magasins #courses #bénéfices #travail le dimanche #commerce

    • ENFIN !

      Quand je vois des retraité.e.s faire les courses le dimanche au casino de Marcq en Baroeul (chez les grandes bourgeoises et les grands bourgeois) j’ai une sacrée envie de leur faire décharger les camions, remplir les rayons et tenir la caisse.

    • J’ai du mal à me positionner. Faire travailler le dimanche dans des secteurs où on pourrait éviter, je trouve ca vraiment capitaliste. Et pour réduire la demande le dimanche, quoi de mieux qu’une augmentation de prix. Comme ca, les personnes conscientes du mal qu’elles feraient en réclamant des services des autres le dimanche sont épargnées et celles non conscientes payent le prix fort. C’est OK.
      Mais évidemment, on peut aussi faire le rapprochement entre le prix et les charges patronales doublées le dimanche (enfin, là, je suis pas sur, proximité, donc déplacement du WE sur 2 autres jours de la semaine sans contrepartie... mais je me trompe peut etre en droit). Donc c’est un patron, qui mécontent de payer des charges, les fait payer à ses clients. En vrai, c’est OK aussi.
      Et dernier point. Qui est la victime ? Des bobo qui étaient bien trop pris le samedi par leurs loisirs, ou des pauvres contraints de bosser le samedi au point de ne pas pouvoir faire leurs courses ?

    • La cible, c’est faire de l’argent car bousiller la vie des employés, si ça coute c’est pas bien.
      Les pauvres contraints de bosser le samedi  ? ? ? ? ? Est tu actionnaire de Casino ?

      L’ouverture des supermarchés le dimanche n’apporte aucun chiffre d’affaire supplémentaire, les achats sont « lissés » sur 7 jours au lieu de 6.
      Les clients ne peuvent dépenser plus.
      C’est du délire de manager.

    • Les enseignes Casino s’engagent à ne plus majorer les prix le dimanche afp
      https://www.lefigaro.fr/conso/les-enseignes-casino-s-engagent-a-ne-plus-majorer-les-prix-le-dimanche-2023

      Avec des hausses pouvant aller jusqu’à 36%, l’enseigne pratiquait le « pricing dynamique ».

      Les enseignes Casino, notamment les hypermarchés Casino Hyper Frais (ex Géant), ont assuré vendredi avoir renoncé au « pricing dynamique le dimanche », en d’autres termes à une majoration des prix en rayons, révélée par l’expert en consommation Olivier Dauvers. « Les enseignes Casino, fortes de toutes leurs initiatives en faveur du pouvoir d’achat, ont pris la décision de ne plus appliquer fin janvier le pricing dynamique le dimanche » , a indiqué la communication de l’enseigne dans une déclaration écrite.

      En milieu de semaine, Olivier Dauvers avait publié sur son blog « Le Web Grande Conso » des relevés de prix dans cinq hypermarchés sous enseigne Casino, desquels ils ressortaient qu’environ la moitié des prix relevés étaient « majorés le dimanche » par rapport au samedi après-midi. Il prenait l’exemple de quatre crèmes Danette pistache passant de 2 euros 10 le samedi après-midi à 2 euros 85 le dimanche matin, soit une hausse de prix de 36%. Au global, il a recensé une « augmentation très homogène, environ 15% ».

      « Les enseignes Casino ont instauré depuis décembre 2018 un service, inédit alors, d’ouverture dominicale sur toute la journée » , a rappelé vendredi la communication de ces enseignes. « À l’époque, ce service qui apporte un confort supplémentaire au consommateur s’était vu accompagné d’une expérimentation visant à appliquer une variation tarifaire mineure sur les produits et ce, exclusivement les dimanches ».

      La révélation de cette tarification dynamique, qui rappelle par exemple le prix des billets d’avion ou de TGV, a fait l’objet de nombreux commentaires, dans un contexte de forte inflation où les consommateurs sont très sensibles au prix des produits qu’ils achètent.

      Sur Twitter, le rédacteur en chef du magazine spécialisé LSA Yves Puget a rappelé que la pratique était « légale », qu’il s’agissait d’une « pratique de base dans l’e-commerce », se demandant si nous allions « vers la fin du prix unique », avec une variation en fonction des jours ou des formats de magasins. De son côté, le blog spécialisé dans l’actualité des produits de grande consommation Marketing PGC a estimé que Casino, groupe propriétaire de nombreuses enseignes (Monoprix, Franprix, Naturalia ou le e-commerçant CDiscount) avait « brisé un tabou » , ce dont le ° « secteur de la distribution peut (se) féliciter » , mais tout en rendant « le sujet explosif auprès du grand public ». _

  • Nucléaire : la France importe-t-elle de l’uranium de Russie, comme l’affirme Cécile Duflot ?
    https://www.francetvinfo.fr/societe/nucleaire/vrai-ou-fake-nucleaire-la-france-importe-t-elle-de-l-uranium-de-russie-

    Si les importations d’uranium naturel sont modestes, de l’uranium enrichi est bien importé de Russie. En 2021, environ 110 tonnes d’uranium enrichi(1) ont été acquises auprès de Moscou. Et d’après Greenpeace, une livraison de 52 fûts d’uranium enrichi en provenance de Saint-Pétersbourg a été déchargée au port de Dunkerque le 25 août . Pour les 9 premiers mois de l’année 2022, selon le Canard Enchaîné*, près de 290 tonnes d’uranium enrichi ont été importées soit un volume équivalent au tiers de la consommation annuelle des centrales françaises qui s’élève à environ 1000 tonnes.

    Sollicité par franceinfo au sujet des importations d’uranium en provenance de Russie, EDF affirme que le groupe, en 2022 « n’a acheté aucun uranium naturel extrait de mines russes et que l’enrichissement de l’uranium naturel non russe réalisé en Russie représente une partie très minoritaire de ses activités d’enrichissement. » L’entreprise précise en outre ne pas avoir augmenté sa part d’enrichissement de son uranium naturel réalisé en Russie en 2022 par rapport à 2021, conformément « aux minima contractuels avec ses partenaires russes ».

    EDF soutient néanmoins suivre « avec attention la situation en Ukraine ».et déclare que le groupe « pourra prendre des décisions sur son périmètre d’activité en fonction de l’évolution du conflit ».

    Par ailleurs, une interdépendance existe entre la filière de recyclage du combustible nucléaire française et la filière russe d’enrichissement d’uranium. La France importe en effet de Russie de « l’uranium de retraitement enrichi » (URE), un minerai issu du recyclage du combustible usé des centrales françaises, confirme Valérie Faudon, déléguée générale de la Société française d’énergie nucléaire (Sfen).

    Afin d’être recyclable, un combustible déjà utilisé doit être réenrichi, grâce à des centrifugeuses qui vont augmenter sa proportion d’uranium 235, un type d’atome plus efficace dans la fission nucléaire. Pour des « raisons de coûts », EDF a sous-traité cette phase de réenrichissement à Tenex, une filiale du groupe russe Rosatom, explique Anna Creti.

    #uranium #commerce #nucléaire

  • Déjà, le coup du scanner biométrique de l’US army sur eBay (cadeau de Noël recyclé ?), là j’avoue que même dans une série à deux balles j’aurais du mal à y croire mais en plus le truc n’est même pas nettoyé.

    https://www.zdnet.fr/actualites/des-scans-militaires-sur-ebay-et-des-donnees-biometriques-dans-la-nature-39951

    Technologie : Un dispositif de scan biométrique de l’armée américaine vendu pour 68 dollars à un chercheur allemand sur eBay révèle des informations surprenantes.

    Un scanner biométrique de l’armée américaine mis en vente sur eBay s’est retrouvé entre les mains d’un chercheur en sécurité allemand.

    Le New York Times rapporte que Matthias Marx, membre du Chas Computer Club, s’est procuré ce dispositif de capture biométrique portatif pour la modique somme de 68 dollars sur le site de vente en ligne. Quelle ne fut pas sa surprise quand le chercheur allemand en sécurité a découvert qu’il contenait les empreintes digitales et les scans de l’iris de 2 632 personnes originaires d’Afghanistan et d’Irak, parmi lesquels des terroristes et des criminels recherchés.

    Des empreintes digitales, des scans d’iris, des noms et des photos non chiffrés ont été retrouvés sur la carte mémoire de l’appareil. L’appareil militaire, construit par le Pentagone, a été utilisé à des fins d’identification. Il aurait été utilisé pour la dernière fois en 2012 en Afghanistan, peut-on lire dans les colonnes du New York Times.

    Failles de sécurité

    Cette machine, le Secure Electronic Enrollment Kit (ou Seek II), possède un lecteur d’empreinte de pouce ainsi qu’un écran et un clavier miniatures.

    Au moment de sa découverte, le chercheur allemand a tenté de réaliser un scan sur lui-même. Une fois ses données biométriques récoltées, un message est apparu lui demandant de se connecter à un serveur du commandement des opérations spéciales américaines afin de télécharger les nouvelles données.

    Un porte-parole du ministère de la Défense américain a indiqué au New York Times que « le ministère demande que tous les appareils dont on pense qu’ils contiennent des informations personnelles identifiables soient renvoyés pour une analyse plus approfondie ». Le chercheur n’a quant à lui pas dévoilé publiquement les informations récupérées sur l’appareil pour ne pas mettre en danger les personnes concernées.

    L’association de hackers Chaos Computer Club, dont fait partie Matthias Marx, s’est procuré au total six dispositifs de capture biométrique sur eBay, dans le but de repérer d’éventuelles failles de sécurité.

    #données_biométriques #technologies_militaires #commerce_en_ligne

  • Décision au Luxembourg : Amazon responsable pour la contrefaçon AFP
    https://www.lessentiel.lu/fr/story/amazon-responsable-pour-la-contrefacon-217680305284

    La Cour de justice de l’Union européenne (CJUE), saisie d’un litige opposant le chausseur français Louboutin et la plateforme Amazon, a ouvert la voie jeudi à une responsabilité d’Amazon dans la publicité et la vente de produits contrefaits.

    Elle estime qu’Amazon pourrait être considéré comme faisant lui-même l’annonce pour de faux produits Louboutin vendus sur son site par un vendeur tiers car l’utilisateur de la plateforme a l’impression que c’est Amazon qui commercialise le produit.


    « Amazon fait elle-même usage du signe enregistré par Louboutin lorsque l’utilisateur de son site a l’impression que c’est elle qui commercialise, en son nom et pour son compte, des escarpins de la marque », selon un communiqué de presse de la CJUE. Louboutin, connu pour ses escarpins à semelles rouges, avait introduit deux recours au Luxembourg et en Belgique contre Amazon concernant la vente de produits de contrefaçons sur le site.

    Aux juridictions nationales de trancher
    La CJUE ne tranche pas le litige. Il appartient à la juridiction nationale de résoudre l’affaire conformément à la décision de la Cour. Cette décision lie, de la même manière, les autres juridictions nationales qui seraient saisies d’un problème similaire.

    « Sur les sites Amazon paraissent régulièrement des annonces de vendeurs tiers relatives à des chaussures à semelles rouges. M. Christian Louboutin, un créateur français d’escarpins pour femme à talons hauts, dont la semelle extérieure de couleur rouge a fait la renommée, affirme qu’il n’a pas donné son consentement à la mise en circulation de ces produits », explique la CJUE.

    Louboutin soutient qu’Amazon a fait illégalement usage du signe de la semelle rouge « pour des produits identiques » aux siens et « insiste notamment sur le fait que les annonces litigieuses font intégralement partie de la communication commerciale d’Amazon ».

    L’impression que c’est Amazon qui commercialise
    La Cour estime dans son arrêt « qu’un tel exploitant peut effectivement être considéré comme faisant lui-même usage du signe identique à une marque de l’Union européenne, figurant dans l’annonce d’un vendeur tiers sur sa place de marché en ligne, lorsque l’utilisateur normalement informé et raisonnablement attentif de son site a l’impression que c’est cet exploitant qui commercialise, en son nom et pour son propre compte, les produits contrefaisants en cause ».

    Amazon affiche de façon uniforme ses propres annonces et celles de ses vendeurs tiers et appose un logo Amazon sur l’ensemble des annonces. La plateforme offre par ailleurs des « services supplémentaires à ces vendeurs tiers dans le cadre de la commercialisation de leurs produits, consistant notamment dans le stockage et l’expédition de leurs produits », souligne la Cour.

    Autant de circonstances qui peuvent rendre difficile la distinction entre Amazon et vendeurs tiers, estime la Cour, et « donner à l’utilisateur normalement informé et raisonnablement attentif l’impression que c’est Amazon qui commercialise, en son nom et pour son propre compte, les produits Louboutin offerts à la vente par des vendeurs tiers ».

    #amazon #commerce #économie #bénéfices #gigeconomy #esclavage

  • Deutschland : Wenn Medikamente fehlen
    https://www.heise.de/tp/features/Deutschland-Wenn-Medikamente-fehlen-7392310.html?seite=all

    Tiens, tiens, le seul pays grand producteur de médicaments au monde qui a eu des problèmes de production sérieux pendant la crise covid c’est l’Italie.

    Lieferkettenprobleme können auch hausgemacht sein. Über Märkte, Verfügbarkeit und Preise. Das sagt der Leiter einer Klinikapotheke.

    Derzeit sind rund 300 Medikamente beim Bundesinstitut für Arzneimittel (BfArM) als nicht lieferbar gemeldet. Tatsächlich fehlen aber noch viel mehr Wirkstoffe in der Versorgung. Telepolis hat beim Leiter der einer Klinikapotheke in Freiburg, Prof. Dr. Martin J. Hug, nachgefragt, wie Versorgung, Preise und Globalisierung zusammenhängen.

    Welche Länder haben auch während Corona alle Medikamente und Grundstoffe geliefert?

    Martin J. Hug: Die Pandemie, die damit verbundenen Schließungen von Fabrikanlagen und die Unterbrechung des internationalen Warenverkehrs haben sämtliche Wirtschaftsbranchen beeinträchtigt. Deshalb war natürlich auch der Arzneimittelsektor betroffen. Allerdings muss man anerkennen, dass nicht alle Länder gleichzeitig ihre Produktion oder Lieferung eingestellt hatten.

    Der Lockdown in China hat zwar in den ersten Monaten des Jahres 2020 zu überhöhten Panikkäufen vonseiten der Pharmaunternehmen und deren Kunden (Apotheken) geführt - es war aber die ungewöhnlich hohe Nachfrage, die das Problem der ersten Lieferabrisse eigentlich herbeigeführt hat. China war rasch wieder lieferfähig, wohingegen Indien einen Ausfuhrstopp für 26 Wirkstoffe verhängt hatte. Aber auch davon war in Deutschland glücklicherweise wenig zu spüren.

    Anders war die Situation, als in Italien sprichwörtlich die Lichter ausgingen. Italien ist nach China und Indien der drittgrößte Produzent von Antibiotika, weswegen die Zeit von April bis September 2020, als Italien besonders unter der Pandemie zu leiden hatte, deutlich spürbare Folgen für eine ganze Reihe von Medikamenten hatte.

    Konkret fällt mir gerade nur ein einziges Ursprungsland für Arzneimittel ein, das nicht durch Lieferengpässe aufgefallen ist. Das war Korea. Von dort beziehen wir einige relativ hochpreisige Medikamente, die in geringen Stückzahlen eingesetzt werden.

    Wie viele Fertigungsstätten pro Medikament wären sinnvoll, und wo sollten diese angesiedelt sein?

    Martin J. Hug: Auf diese Frage gibt es leider keine einfache Antwort. Je mehr, desto besser könnte man sagen, aber Arzneimittelherstellung beruht eben auch auf verschiedenen Verflechtungen, Rohstoffmarkt, Logistik, Absatzmärkte etc.

    Einer Untersuchung des Bundesinstituts für Arzneimittel (BfArM) kann man entnehmen, dass es für viele Präparate nur einen oder maximal drei Hersteller gibt. Diese Monopolisierung ist die Konsequenz eines immer mehr unter Druck geratenen Marktes.

    Dieser drängt die Hersteller gerade im Bereich niedriger Margen dazu, sich von unrentablen Produkten zu trennen. Ob eine Verlagerung von Herstellungsstätten nach Europa zwingend zu einer Verbesserung führt, kann man nicht mit Sicherheit sagen. Einer der für uns aktuell schmerzhaftesten Lieferengpässe besteht bei einem ausschließlich in Deutschland hergestellten Arzneimittel.

    Die Herstellungsanlagen müssen erneuert werden und es gibt derzeit noch keine alternativen Produktionsstandorte. Das gerade nicht verfügbare Präparat Penicillin V, ein uraltes Antibiotikum, wird nahezu ausschließlich in einer Fabrik in Österreich hergestellt.

    Für Medikamente gilt jetzt ein Preismoratorium bis 2026. Was passiert, wenn sich die Produktion nicht mehr lohnt?

    Martin J. Hug: Das Preismoratorium für verschreibungspflichtige Arzneimittel existiert bereits seit August 2010. Allerdings ist den Anbietern erlaubt, jeweils zum 1.Juli eines Jahres den Preis um die jährliche Veränderungsrate anzupassen.

    Damit wären im kommenden Jahr theoretisch Preisanstiege von zehn Prozent und mehr denkbar. Wenn sich die Produktion aufgrund der Regulierungsmaßnahmen nicht mehr lohnt, wird ein Pharmaunternehmen die Ware in dem jeweiligen Land nicht mehr in den Verkehr bringen.

    Gibt es eine staatliche Preisregulierung für Medikamente, vor allem für Nachahmerprodukte oder Generika?

    Martin J. Hug: Im Sozialgesetzbuch finden sich einige Werkzeuge zur Preisregulierung. Diese beschränken sich nicht auf Generika - sind dort aber am deutlichsten spürbar. Konkret handelt es sich um folgende Maßnahmen:

    – der von sieben auf zwölf Prozent angehobene Herstellerrabatt

    – mit den Pharmaunternehmen verhandelte Rabattverträge gemäß § 130a SGB V. Die fast 100 gesetzlichen Krankenkassen sind hier sehr erfolgreich und haben fast 30.000 solcher Verträge abgeschlossen.

    – Festbetragsgrenzen. Hier handelt es sich um Maximalpreise von Medikamenten mit gleichem Wirkstoff oder gleichem Wirkmechanismus und Anwendungsgebiet, die von den gesetzlichen Krankenkassen erstattet werden.

    Liegt der Preis eines Arzneimittels über diesem Festbetrag, hat der Patient die Wahl, die Differenz aufzuzahlen oder, wenn eine Austauschbarkeit möglich ist, sich ein Medikament aushändigen zu lassen, dessen Preis auf Niveau des Festbetrags liegt.
    Vor- und Nachteile der Rabattverträge

    Könnten Hersteller zu einer für sie unrentablen Produktion verpflichtet werden?

    Martin J. Hug: Die Antwort ist einfach: nein. Es gelten hier klare Prinzipien der Marktwirtschaft. Sie können ja auch einen Hersteller von Luxusautos nicht dazu verpflichten, seine Fahrzeuge zum halben Preis abzugeben.

    Allerdings können die Krankenkassen bei der Ausschreibung von Rabattverträgen Konventionalstrafen verhängen, wenn ein Unternehmen die vereinbarten Mengen nicht liefern kann.

    Lassen sich Medikamente, die in Deutschland nicht verfügbar sind, auf deutsche Rezepte auch im EU-Ausland beschaffen oder muss man auf Re-Importe warten?

    Martin J. Hug: Wenn das BfArM einen Versorgungsmangel nach § 79 Absatz 5 AMG festgestellt hat, dann ist ein Import aus dem Ausland zulässig und eine Erstattungsfähigkeit durch die gesetzlichen Krankenkassen gegeben. Um einen entsprechenden Versorgungsmangel festzustellen, bedarf es aber Zeit und große Not.

    Die meisten Lieferengpässe, mit denen wir uns herumärgern müssen, schlagen gar nicht beim BfArM auf. Wir Krankenhäuser können hier eher zum Werkzeug des Imports greifen, weil die Arzneimittelkosten in der Regel nicht über ein Rezept, sondern über die Fallpauschale abgerechnet werden. In der öffentlichen Apotheke ist jedoch bei Importarzneimitteln kein Erstattungsanspruch durch die GKV gegeben.

    Welche Vorteile und Risiken haben Rabattverträge, deren Konditionen geheim sind?

    Martin J. Hug: Die Vorteile liegen bei den Kostenträgern – hier ist nicht unerhebliches Einsparpotential. Die Risiken liegen auf der Hand: durch die Rabattverträge werden die Margen für die Arzneimittelhersteller geringer. Dadurch wird bei Präparaten, die ohnehin nur eine geringe Marge besitzen, schnell die Luft dünn.

    Jetzt können Sie fragen: Warum macht die Industrie das mit, warum schließen die überhaupt derartige Verträge ab? Hier kann man sagen, dass es für manche Firmen opportun sein kann, ein defizitäres Produkt über Rabattverträge temporär in den Markt zu drücken. Denn bei global agierenden Unternehmen ist Marktanteil ein wesentliches Merkmal des „Shareholder value“.

    So kann man den Wert eines Unternehmens fiktiv für kurze Zeit anheben, bis die nächste Kapitalgesellschaft zugreift. Derartige Mechanismen sind in der Arzneimittelbranche nicht anders als in jedem anderen Geschäft.

    Hauptnachteil der Rabattverträge ist aber die von beiden Seiten (Kassen und Pharmaunternehmen) gewünschte Intransparenz. Dadurch werden die wahren Preise verschleiert und der Öffentlichkeit ein falsches Bild von den Arzneimittelpreisen vermittelt.

    #crise #médicaments #commerce #mondialisation #covid-19 #Chine #Corée #Inde #Italie

  • Durch Gefangenenaustausch : US-Basketballerin Brittney Griner kommt aus russischem Straflager frei
    https://www.tagesspiegel.de/politik/durch-gefangenenaustausch-mit-russland-us-basketballerin-griner-frei-89


    Victor Bout, le marchand d’armes surnommé Lord of War vient d’être libéré dans la cadre d’un échange de prisonniers.

    Die in Russland zu neun Jahren Haft verurteilte US-Basketballerin Brittney Griner ist in einem Gefangenenaustausch freigelassen worden. Sie wurde gegen den in den USA inhaftierten russischen Waffenhändler Viktor But ausgetauscht, wie das russische Außenministerium in Moskau am Donnerstag mitteilte.

    US-Präsident Joe Biden bestätigt die Freilassung aus russischer Haft. Er habe mit ihr gesprochen. „Sie ist sicher. Sie ist im Flugzeug. Sie ist auf dem Weg nach Hause“, teilt Biden auf Twitter mit.

    Der Freilassung sind nach Angaben Bidens „akribische, intensive Verhandlungen“ vorausgegangen. Griner sei jetzt froh, auf dem Weg nach Hause zu sein, sagt er. Sie sei in Russland einem Schauverfahren ausgesetzt gewesen. Biden kündigt an, sich weiterhin für die Freilassung von US-Bürgern in russischer Gefangenschaft einzusetzen, wie dem ehemaligen Soldaten Paul Whelan. „Wir geben nicht auf.“

    Griner war in Russland wegen Drogenbesitzes verurteilt worden. Unlängst war die zweimalige Olympiasiegerin in eine Strafkolonie rund 500 Kilometer südöstlich von Moskau verlegt worden. Bei ihrem Prozess sagte Griner, die in der US-Nebensaison Basketball für ein russisches Team spielte, dass sie Cannabis zur Linderung von Sportverletzungen verwendet habe. Sie habe aber nicht gegen das Gesetz verstoßen wollen.

    Die Athletin hatte nach Feststellung der Justiz bei einer Gepäckkontrolle am Moskauer Flughafen Scheremetjewo sogenannte Vape-Kartuschen und Haschisch-Öl bei sich. Es soll sich um 0,5 Gramm gehandelt haben. Dies wurde als illegaler Drogenbesitz und versuchter Schmuggel gewertet. Das Gericht sah keine mildernden Umstände. Griner hatte sich schuldig bekannt. Washington hatte Moskau von Anfang an ein politisch motiviertes Verfahren vorgeworfen - vor allem wegen des hohen Strafmaßes.

    Bout war 2012 von einem Gericht in Manhattan zu 25 Jahren Gefängnis verurteilt worden. Der heute 55-Jährige wurde 2008 in Bangkok in Zusammenhang mit mehreren Vergehen beim Waffenhandel festgenommen. Er wurde von Thailand an die USA ausgeliefert und dort 2012 verurteilt. Seither bemüht sich Russland um seine Freilassung.

    Fast zwei Jahrzehnte lang galt Bout als einer der berüchtigsten Waffenhändler der Welt. Er verkaufte Rüstungsgüter an sogenannte Schurkenstaaten, Rebellengruppen und regionale Kriegsherren in Afrika, Asien und Südamerika. Weil er ein Meister darin war, Sanktionen zu umgehen, wurde er „Händler des Todes“ und „Sanktionenknacker“ genannt.

    Der Austausch der beiden fand den russischen Angaben zufolge auf einem Flughafen in Abu Dhabi statt. Die Verhandlungen hatten seit Monaten angedauert. Russland und die USA hatten bereits in der Vergangenheit ungeachtet der Spannungen im Zuge des russischen Angriffskriegs in der Ukraine Gefangene ausgetauscht.

    #USA #Russie #commerce #Victor_Bout

  • Crescono le vendite di armi delle prime 100 aziende del mondo. Nonostante la crisi

    Nel 2021 le prime 100 multinazionali del settore -soprattutto statunitensi- hanno registrato un giro di affari pari a 592 miliardi di dollari, più 1,9% rispetto al 2020. L’Italia è tra i Paesi che cresce di più per via del forte incremento dei fatturati di Leonardo. I dati dall’istituto di ricerca indipendente Sipri

    La vendita di armamenti e sistemi d’arma da parte delle prime 100 aziende al mondo ha raggiunto nel 2021 quota 592 miliardi di dollari, in crescita dell’1,9% rispetto all’anno precedente e confermando un trend iniziato nel 2015. L’Italia, per via del boom dei ricavi di Leonardo, è tra le aree che segnano la crescita relativa più forte: più 15%, al primo posto con la Francia. Tutto questo nonostante gli effetti della pandemia da Covid-19 abbiano rallentato le commissioni e messo in crisi i fornitori, rendendo ad esempio i componenti più costosi e difficili da reperire. Lo mostrano i dati diffusi il 5 dicembre 2022 dal Sipri, l’Istituto indipendente di ricerca sulla pace di Stoccolma che si occupa di conflitti, armamenti, controllo delle armi e disarmo.

    “Avremmo potuto aspettarci una crescita ancora maggiore delle vendite di armi nel 2021 senza i persistenti problemi della catena di approvvigionamento -ha spiegato Lucie Béraud-Sudreau, direttrice del Programma di spesa militare e produzione di armi del Sipri-. Sia le grandi aziende produttrici di armi sia quelle più piccole hanno dichiarato che le loro vendite sono state influenzate durante l’anno da questi fattori. Alcuni produttori, come #Airbus e #General_dynamics, hanno anche segnalato carenze di manodopera”. Le catene di approvvigionamento hanno sofferto a causa della loro estensione e complessità: l’italiana Leonardo ha segnalato nei suoi rapporti una rete di fornitori pari a oltre 11mila aziende. A questo scenario si sono aggiunte le conseguenze dell’invasione russa dell’Ucraina che ha portato ulteriori difficoltà anche per l’importanza che riveste Mosca nel commercio di componenti d’arma. “Sebbene i rapporti indichino che le aziende russe stanno aumentando la produzione a causa della guerra, queste hanno avuto difficoltà ad accedere ai semiconduttori. Inoltre hanno subito l’impatto delle sanzioni. Ad esempio #Almaz-Antey (non inclusa nella Top 100 per il 2021 per mancanza di dati, ndr) ha dichiarato di non essere riuscita a ricevere i pagamenti per alcune delle sue forniture di armi”, riportano gli esperti del Sipri.

    Veniamo ora alle 100 multinazionali oggetto dello studio. Gli Stati Uniti sono il Paese più rappresentato: sono 40 le aziende Usa tra le prime 100 e le prime cinque per valore assoluto: #Lockheed_Martin, #Raytheon_technologies, #Boeing, #Northrop_grumman e #General_dynamics. Nonostante abbiano affrontato una diminuzione delle vendite di armamenti, perdendo lo 0,9% rispetto al 2020, le principali aziende statunitensi hanno venduto materiale bellico per un totale di 300 miliardi di dollari, pari al 51% della spesa esaminata. Un calo che ha riguardato quattro dei maggiori cinque produttori con l’esclusione di Raytheon Technologies che ha aumentato le vendite del 9,1%. Una particolarità del “mercato” statunitense riguarda le recenti acquisizioni e fusioni tra i produttori del settore. Una delle operazioni più significative è stata l’acquisto da parte di Peraton di Perspecta, azienda specializzata in informatica governativa, per 7,1 miliardi di dollari. “Probabilmente nei prossimi anni potremo aspettarci un’azione più incisiva da parte del governo statunitense per limitare le fusioni e le acquisizioni nell’industria degli armamenti -ha dichiarato Nan Tian, ricercatore senior del Sipri-. Il dipartimento della Difesa degli Stati Uniti ha infatti espresso la preoccupazione che la riduzione della concorrenza nel settore possa avere effetti a catena sui costi di approvvigionamento e sull’innovazione”. Un timore piuttosto paradossale considerando come funziona il mercato delle armi, con gli Stati a fare da principali committenti.

    Secondo i dati del 2021 sono 27 le aziende in classifica con sede in Europa e le loro vendite complessive hanno registrato un incremento del 4,2%, raggiungendo i 123 miliardi di dollari. Le velocità di crescita cambiano a secondo del settore. “La maggior parte delle aziende europee specializzate nel settore aerospaziale militare ha registrato perdite per il 2021, imputate alle interruzioni della catena di approvvigionamento -ha fatto notare Lorenzo Scarazzato, ricercatore del Programma di spesa militare e produzione di armi del Sipri-. Al contrario i costruttori navali europei sembrano essere stati meno colpiti a e sono stati in grado di aumentare le loro vendite nel 2021″. Tra questi c’è #Fincantieri, che occupa la 46esima posizione e che ha registrato un incremento del 5,9% dei ricavi rispetto all’anno precedente. Crescita che condivide con l’altro gruppo italiano, Leonardo, che ha segnato un aumento fortissimo del 18% e che occupa la 12esima posizione con 13,9 miliardi di dollari di fatturato. Una delle poche aziende del settore aereo che hanno segnato una crescita è la francese Dassault aviation group che ha riportato una crescita del 59% grazie alla commissione di 25 aerei modello “Rafale”.

    Il mercato asiatico, infine, comprende 21 aziende tra le prime cento e ha raggiunto i 136 miliardi di dollari nel corso del 2021 con una crescita del 5,8% rispetto all’anno precedente. La tendenza è stata guidata dai produttori cinesi che da soli contano per 109 miliardi di dollari e hanno aumentato le loro vendite del 6,3%. “A partire dalla metà dello scorso decennio si è verificata un’ondata di consolidamento nell’industria degli armamenti cinese -ha sottolineato Xiao Liang, anch’egli ricercatore del Programma del Sipri-. Nel 2021 la #CSSC cinese è diventata il più grande costruttore di navi militari al mondo, con vendite per 11,1 miliardi di dollari, dopo una fusione tra due società già esistenti”.

    https://altreconomia.it/crescono-le-vendite-di-armi-delle-prime-100-aziende-del-mondo-nonostant
    #armes #armement #commerce_d'armes #statistiques #chiffres #monde #multinationales #business #vente_d'armes

  • Private Kunstsammlungen – Eigennutz oder Gemeinnutz
    https://opinioiuris.de/aufsatz/3464

    Von Adolf Maier am Mo, 11.10.2021

    Basis der Erörterung ist das rechtliche Sacheigentum an Kunstwerken und die damit verbundenen schrankenlosen Herrschafts- und Verfügungsbefugnisse. Die Lektüre des Buches „The Code Of Capital: How The Law Creates Wealth And Inequality”, 2020, von Katharina Pistor, haben mir die rechtlichen Aneignungs- und Entstehungsmechanismen von Vermögen verdeutlicht. Die hier behandelte Kapitalisierung von Kunstwerken ist ein geeignetes Beispiel dafür. Die Unterschiede zwischen einer privatnützigen und gemeinnützigen Kunststiftung werden herausgearbeitet. Erstaunlich ist, dass trotz dieses die Vermögensungleichheit verstärkenden Kapitalisierungsprozesses private Kunstsammlungen steuerlich begünstigt werden. Die Interessen der Allgemeinheit werden nur im Rahmen der steuerrechtlichen Gemeinnützigkeit effektiv gewahrt, wenn eine private Kunstsammlung gemeinnützig rechtlich organisiert wird. Ansonsten steht die Wahrung der Kunstinteressen der Allgemeinheit vollkommen im Belieben des privaten Eigentümers von Kunstwerken.
    Inhaltsverzeichnis [ausblenden]

    1. Einleitung
    2. Wirtschaftlicher Hintergrund – private Kunstmarktteilnehmer
    3. Private Kunstmuseen
    4. Steuerlicher Hintergrund
    5. Rechtliche Gestaltungsfreiheit – Privatautonomie
    6. Verfolgung eigennütziger oder gemeinnütziger Zwecke
    7. Fazit

    1. Einleitung

    Bekannte Kunstwerke erzielen auf internationalen Kunstauktionen Rekordpreise. Erwerber sind überwiegend private Kunstsammler. Den Wettkampf zwischen Bernard Arnault und Francois Pinault, dem auch das Auktionshaus Christie’s gehört, kennt jeder Kunstinteressierte. Einfache Bürger bzw. die Kunstinteressen der Allgemeinheit wahrnehmende Institutionen – staatliche und gemeinnützige Kunstmuseen – können nicht mithalten, ihre Anschaffungsbudgets sind zu niedrig.

    Diese Entwicklung ist Begleiterscheinung der globalen Vermögenskonzentration und bedeutet einen Rückschritt zu feudalen Zuständen voriger Jahrhunderte, als Fürstenhäuser das Kulturleben beherrschten und Kunstschätze anhäuften. Auswüchse des privaten Kunsterwerbs sind inzwischen sogar Gegenstand finanzregulatorischer Maßnahmen wie die Prüfungspflicht von Kunsttransaktionen seitens registrierter Kunstvermittler nach der EU Fifth Anti-Money Laundering Directive v. 10.01.20201.1 Der zunehmende Einfluss von Privatleuten auf das Kunstgeschehen wird mittlerweile generell kritisch gesehen.2 So hat sich Wolfgang Ulrich3 aus kunstgeschichtlicher Sicht mit dem zeitgemäßen Art Business befasst. Die von ihm gesehene „Trophäenjagd nach Kunst“ ist eine charakteristische Verhaltensweise heutiger Kunstsammler. Hans-Lothar Merten4 hat „die Ökonomisierung der Kunst“ und „Kommerzialisierung der Museen“ beleuchtet. Seiner Ansicht nach geht es „nicht mehr um Kunst, ihre Sammlung, Bewahrung, Erforschung und Vermittlung, sondern um Investition und Rendite“; Privatsammler üben dabei auch „Definitionsmacht über Anerkennung und Durchsetzung von Kunst“ aus.5

    Da andererseits private Kunstsammlungen die Kunstszene bereichern, Kunst der Öffentlichkeit zugänglich machen, Künstler durch Erwerb deren Kunstwerke fördern und sogar „vom enormen Nutzen privaten Kunstbesitzes“6 die Rede ist, sind die wirtschaftlichen, steuerlichen und rechtlichen Aspekte privater Kunstsammlungen näher zu betrachten.

    2. Wirtschaftlicher Hintergrund – private Kunstmarktteilnehmer

    Eine detaillierte Analyse des internationalen Kunstmarkts mit einem weltweiten Umsatz von ca. $ 50 Mrd. im Jahr 2020 sowie eine Klassifikation der privaten Erwerber von Kunstgegenständen enthält der Global Art Market Report 2021 von Clare McAndrew7 basierend auf einer Umfrage von 2.569 HNW collectors/Kunstsammler (HNW/high net wealth individuals mit mehr als $ 1 Mio. Vermögen inklusive UHNW/ultrahigh net wealth individuals mit mehr als $ 50 Mio. Vermögen).

    Von den befragten HNW Kunstsammler haben 61 % mehr als 10 % ihres Vermögens in Kunstwerke investiert, im Jahr 2020 haben trotz der Covid-19 Pandemie 25 % der befragten HNW Kunstsammler mehr als $ 1 Mio. für Kunst ausgegeben. Die Mehrheit der Sammler besitzt weniger als 50 Kunstwerke, durchschnittlich 31; die UHNW Sammler besitzen durchschnittlich 59 Kunstwerke. Davon entfiel ungefähr je die Hälfte auf lebende und verstorbene Künstler.

    Daraus folgt, dass nur ein Teil der Kunstinvestments lebenden Künstlern zugutekommt und damit deren Kunstschaffen fördert. Wie in der Studie8 selbst ausgeführt, erfolgen die privaten Kunsterwerbe zu Zwecken der Vermögenserhaltung. Ferner bleiben viele Kunstwerke einem exklusiven Kreis privat vorbehalten und sind der Allgemeinheit nicht zugänglich, wie beispielsweise das 2017 teuerste je versteigerte Gemälde „Salvator Mundi“ von Leonarda da Vinci ($ 450 Mio.), das seither nie mehr aufgetaucht ist. Private Sammler treten zudem schon bei Ankäufen von Kunstwerken in Wettbewerb zu staatlichen und gemeinnützigen Sammlungen.

    Ökonomisch betrachtet ist der Erwerb von Kunst dem Konsum bzw. der privaten „Schatzbildung“ zuzuordnen. Das dafür aufgewendete, oft aus Unternehmensgewinnen stammende Geldkapital fließt jedenfalls nicht in den Produktionsprozess. Die Kunstwerke fungieren nicht als produktives Kapital, sondern als „aufgeschatztes, virtuelles Geldkapital“, das der aktiven Zirkulation entzogen ist.9 Wegen Ihres Sach- und Spekulationswerts sind sie als private Kapitalanlagen interessant; so gibt es inzwischen weltweit operierende Kunstfonds wie die britische „The Fine Art Group“.10

    3. Private Kunstmuseen

    In den letzten 30 Jahren haben in Deutschland einem internationalen Trend folgend etliche private Sammler (Privatleute, Unternehmen, Stiftungen) Kunstmuseen eingerichtet, in denen Kunstwerke – mit Beständen von 200 bis 18.000 – öffentlich gezeigt werden.11 Trotz der Verwendung von Bezeichnungen wie “Foundation, Stiftung, Kunsthalle, Museum“ erfüllen die meisten mangels Gemeinnützigkeit nicht die Voraussetzungen für ein Museum wie von ICOM/International Council of Museums definiert.12 Während einige bekannte Museen13 in der Rechtsform einer gemeinnützigen Stiftung bürgerlichen Rechts betrieben werden, gehen viele private Sammler diesen zu einer völligen Steuerfreiheit führenden Weg nicht und übertragen ihre Kunstwerke nicht einem gemeinnützig verfassten/organisierten Rechtsträger. Offensichtlich stehen auch bei Kunstmuseen private Interessen wie die Vermögenserhaltung im Vordergrund. Das Sammeln von Kunstwerken ist mit der Aneignung von Vermögensgegenständen für private Zwecke verbunden. Da der Betrieb eines Kunstmuseums hohe Kosten mit sich bringt, wird ein Kunstsammler die ihm dafür zweckmäßig erscheinende, auch steuerlich günstigste Gestaltungsform auswählen. Bevor auf die rechtlichen Gestaltungsvoraussetzungen eingegangen wird, die für private Kunstsammlungen maßgeblich sind, werden nachfolgend die steuerlichen Rahmenbedingungen und etwaigen steuerlichen Vorteile für privaten Kunstbesitz dargestellt.

    4. Steuerlicher Hintergrund

    Eine Vermögenssteuer wird in Deutschland – wie in UK, USA – generell nicht erhoben, selbst nicht auf sehr hohe, Kunstbesitz umfassende Privatvermögen, obwohl dadurch weder direkt noch indirekt das für die Wirtschaftsleistung relevante Produktivvermögen berührt würde. Steuerlich erfasst werden daher selbst kulturell bedeutsame Kunstwerke nicht.14

    Veräußerungsgewinne von im Privatvermögen gehaltenen Kunstwerken, die seit ihrer Anschaffung im Wert gestiegen sind, unterliegen bereits nach einem Jahr Haltefrist nicht mehr der Einkommenssteuer (§ 23 Abs. 1 Nr. 2 EStG – private Veräußerungsgeschäfte). Dies ermöglicht kurzfristig steuerfreie Spekulationsgewinne mit Kunstwerken zu realisieren.

    Erbschaftssteuerlich greifen für Kunstwerke die kleine oder große Kulturgutbefreiung. Danach sind Kunstwerke zu sechzig Prozent (60 %) von der Erbschaftssteuer befreit, wenn ihre Erhaltung „wegen ihrer Bedeutung für Kunst, Geschichte oder Wissenschaft im öffentlichen Interesse liegt, ihre jährlichen Kosten die erzielten Einnahmen übersteigen und die Gegenstände der Volksbildung nutzbar gemacht sind oder werden“.15 Dies wird im Falle privater, öffentlich zugänglicher Kunstmuseen gegeben sein. Im Falle einzelner Kunstwerke kommen Leihverträge mit öffentlichen Museen in Betracht, um das genannte Bedeutungskriterium zu erfüllen. In vollem Umfang sind Kunstwerke erbschaftssteuerbefreit, wenn sie den geltenden Bestimmungen der Denkmalspflege unterstellt sind und sich seit mindestens zwanzig Jahren im Besitz der Familie befinden. Die Haltefrist für die steuerbefreiten Kunstsammlungen ist 10 Jahre.

    Nach § 10g EStG können Erhaltungsaufwendungen für Kulturgüter, die weder zur Einkunftserzielung noch zu eigenen Wohnzwecken genutzt werden, als Sonderausgaben geltend gemacht werden. Dies betrifft Kunstsammlungen, deren Erhaltung im öffentlichen Interesse liegt und mindestens seit 20 Jahren im Besitz einer Familie sind.

    Die Steuerprivilegien für private Kunstsammler werden schon lange kritisiert,16 der Gesetzgeber ist bislang zurückhaltend. Die steuerliche Behandlung einzelner Privatsammlungen ist für Außenstehende intransparent. Die Rationalität der genannten Steuerbegünstigungen17 ist schwer ersichtlich, zumal sie auch für (zulässige) steueroptimierte Gestaltungen eingesetzt werden können. Steuersubjekte werden wegen der Innehabung von Vermögensgegenständen begünstigt, die für die Allgemeinheit bedeutsam sind. Die Fragwürdigkeit der steuerlichen Privilegierung privater Sammlungen und deren Förderung im Interesse der Allgemeinheit hängt mit der Anerkennung von Privateigentum an Kunstwerken und rechtlichen Gestaltungsfreiheit der Kunstsammler zusammen.

    5. Rechtliche Gestaltungsfreiheit – Privatautonomie

    Kunstwerke können wie andere körperliche Vermögensgegenstände erworben werden und als Sachen (§ 90 BGB) in das Eigentum von natürlichen oder juristischen Personen gelangen. Sie können im Privat- oder Betriebsvermögen gehalten werden mit den entsprechenden steuerlichen Folgen. Unternehmen gehörende Kunstsammlungen (corporate collections) sind meist rein kommerziell ausgerichtet, sie werden für Public Relations, Werbe- und Marketingaktivitäten eingesetzt; sie dienen daher betrieblichen und eigenwirtschaftlichen Interessen.

    Private Kunstsammlungen unterliegen dem Privatrecht. Zivilrechtlich sind sie als Sachgesamtheit anzusehen, wenn die einzelnen Kunstwerke unter einer einheitlichen Bezeichnung zusammengefasst sind; als solche können sie Gegenstand von schuldrechtlichen Verpflichtungen sein.18 Allerdings genießen nur die einzelnen Kunstgegenstände eigentumsrechtlich den Schutz der Rechtsordnung. Der private Eigentümer kann über einzelne Kunstgegenstände seiner Sammlung frei verfügen und sie unbeschränkt nutzen (§903 BGB „…nach Belieben verfahren und andere von jeder Einwirkung ausschließen“). Sie unterliegen keiner Sozialbindung und keiner gesetzlichen Beschränkung. Lediglich das Kulturgutschutzgesetz, das national wertvolle, in einem Verzeichnis eingetragene Kulturgüter erfasst, enthält eine Begrenzung im Hinblick auf deren Abwanderung und Veräußerung ins Ausland. Das betrifft allerdings nur ein paar wenige Kunstwerke privater Sammlungen. Abgesehen davon sind die Herrschafts- und Dispositionsbefugnisse privater Kunstsammler schrankenlos.

    Eine rechtliche Bindung tritt ein, wenn ein Sammler seine Kunstwerke in das Stiftungsvermögen einer Stiftung bürgerlichen Rechts (§§ 80 ff. BGB) einbringt. Sie gehen damit in das Eigentum der Stiftung, einer selbständigen juristischen Person. Die Verwaltung und Verfügungen über die Kunstwerke richtet sich nach dem Stiftungsstatut; Stiftungszweck sowie die Verfassung/Organisation einer rechtsfähigen Stiftung kann der Stifter selbst im Stiftungsgeschäft festlegen; der Zweck, wie Bewahrung und Erhalt der Kunstwerke, kann dabei sowohl gemeinnützig als auch privatnützig ausgerichtet sein. Bei privatnützigen Familienstiftungen etwa, steht die Versorgung von Familienmitgliedern in Form von Stiftungsleistungen im Vordergrund; ihnen können als Destinatäre beispielsweise Verwaltungs- und Mitwirkungsrechte hinsichtlich der Kunstwerke der Stiftung eingeräumt werden. Selbst Erlöse aus Verkäufen von Kunstgegenständen kann ihnen in Form von Stiftungsleistungen zufließen. Der Stifter kann sogar Regelungen für Änderungen des Stiftungszwecks und für Satzungsänderungen vorsehen.19 Dies ermöglicht beispielsweise satzungsmäßig festgelegte künstlerische und museale Standards einer Kunstsammlung zu ändern oder gar aufzuheben. Die inhaltliche Ausgestaltung der Stiftungsverfassung bestimmt daher die Zielrichtung des gewidmeten Stiftungsvermögens, ob dies mehr im Interesse der Allgemeinheit, des Stifters oder eines kleinen Kreises von Destinatären verwaltet wird. Selbst der in einer Stiftungsverfassung bindend festgelegte öffentliche – bisweilen eintrittskostenfreie – Zugang zu einem Kunstmuseum ist per se „nicht-mäzenatisch“, da dies auch die Möglichkeit der Erbschaftssteuerbefreiung eröffnet.

    6. Verfolgung eigennütziger oder gemeinnütziger Zwecke

    Die zivilrechtlichen Bestimmungen legen mithin unabdingbare Voraussetzungen für eine der Allgemeinheit dienende Kunstsammlung noch nicht fest. Dies bestimmt sich vielmehr nach der steuerlichen Gemeinnützigkeit. Um den steuerrechtlichen Status20 der Gemeinnützigkeit zu erlangen und zu behalten, unterliegen die Träger (Körperschaften, Personenvereinigungen) der Kunstsammlungen strikten Gemeinwohl-Bindungen. Sie müssen satzungsmäßig einen gesetzlich festgelegten gemeinnützigen Zweck verfolgen, selbstlos agieren, und das gebundene Vermögen und die Mittel der Körperschaft nur für gemeinnützige Zwecke verwenden.

    Da Kunstsammlungen Kulturwerte erhalten, fördern sie „Kunst und Kultur“, und verfolgen damit einen gesetzlich anerkannten gemeinnützigen Zweck (§ 52 Abs. 2 Nr. 5 AO). Jedoch muss zusätzlich noch das gesetzliche, vom BFH21 näher definierte Kriterium der Selbstlosigkeit (§ 55 AO) gegeben sein, um als gemeinnützig anerkannt zu werden. Danach „handelt eine Körperschaft selbstlos, wenn sie weder selbst noch zugunsten ihrer Mitglieder eigennützige oder eigenwirtschaftliche Zwecke verfolgt“. Die Bewahrung von Kunst und Kultur reicht nicht aus, da sie sich mit dem „eigennützigen Interesse der Stifter an der Anschaffung und dem Sammeln der Kunstwerke“ decken kann.22 Vielmehr muss die Allgemeinheit einen Nutzen an den Kunstwerken haben; dies ist nur gewährleistet, wenn sie während bestimmter Öffnungszeiten jedermann zugänglich sind. Darüber hinaus verneinte der BFH23 die Selbstlosigkeit der klagenden Kunststiftung, da „das Stiftungsvermögen für die nächsten zwei Generationen ausschließlich in Familienhand bleiben solle“; laut der Stiftungsverfassung sollten ausscheidende Vorstandsmitglieder durch Kinder und Enkelkinder des Stifters ersetzt werden. Eine organschaftlich vermittelte, generationsübergreifende Verfügungsgewalt der Stifterfamilie über das Stiftungsvermögen widerspricht demnach der Selbstlosigkeit.24 Die statutarische Absicherung privater oder familiärer Interessen steht nicht im Einklang mit dem Gemeinwohl, der Widmung einer Kunstsammlung für einen gemeinnützigen Zweck. Die Gemeinnützigkeit ist konsequenterweise mit einem „Entprivatisierungseffekt“25 verbunden. Das gemeinnützig gebunden Vermögen kann auch nicht mehr „reprivatisiert“ werden (§§ 61 Abs.1, 55 Abs.1 Nr.4 AO). Kunstwerke im Vermögen einer gemeinnützigen Körperschaft unterliegen auf Dauer einer gemeinnützigen Zweckverwendung.

    Gemeinnützigkeitsschädlich sind nicht nur jedwede Verfügungen über Kunstgegenstände des Stiftungsvermögens zu Gunsten des Stifters bzw. von Destinatären,26 sondern auch ihnen satzungsmäßig eingeräumte Verfügungs- und Entscheidungsbefugnisse sowie Organmitgliedschaften, die einem bestimmten Personenkreis die organschaftliche Herrschaft über die Stiftung sichern. Da der Stiftungsvorstand für die Stiftung handelt, sie rechtlich vertritt und ihre Geschäfte führt, soll er nicht mehrheitlich von Familienmitgliedern des Stifters besetzt sein. Das gleiche gilt für ein nach der Stiftungssatzung gebildetes, mit bestimmten Befugnissen ausgestattetes Stiftungskuratorium. Die Stiftungssphäre soll von privaten oder familiären Interessen unbeeinflusst sein; eigennützige Motive und Interessen sind nicht selbstlos. Die Interessen und der Nutzen für die Allgemeinheit sind maßgebend für die Gemeinnützigkeit. Die Eigentums- und Besitzrechte an den Kunstgegenständen soll die Stiftung zweckfördernd und unabhängig von persönlichen Machtinteressen ausüben. Die Stifterfreiheit, die Stiftung „familiär“ zu organisieren, wird daher gemeinnützigkeitsrechtlich begrenzt. Darin unterscheidet sich eine gemeinnützige von einer privatnützigen Kunststiftung. Demzufolge sind auch der Stifterfamilie eingeräumte Ernennungsrechte von Organmitgliedern, die der Stifterfamilie mittelbar die Leitung der Stiftung bzw. Einfluss auf deren Entscheidungen verschafft, nicht gemeinnützigkeitskonform. Eine einfache satzungsmäßig bestimmte, nicht zu einer Mehrheit führende Mitgliedschaft von Familienmitgliedern bzw. deren Vertreter in Stiftungsorganen steht m. E. dagegen im Einklang mit der Gemeinnützigkeit. Die primäre Verfolgung privater Interessen einer Familie oder eines bestimmten Personenkreises wird in dieser Konstellation institutionell nicht abgesichert.

    7. Fazit

    Private Kunstsammlungen können rechtlich eigennützig oder gemeinnützig verfasst werden. Eine gemeinnützig organisierte Kunstsammlung erfordert eine Organisationsverfassung, die ausschließlich auf die Förderung der Kunst und auf die Allgemeinheit ausgerichtet ist und institutionell frei von privaten Interessen ist. Letztendlich liegt es allein am einzelnen Kunstsammler, ob er seine Kunstsammlung den steuerrechtlichen Bindungen der Gemeinnützigkeit unterstellt.

    Davon zu trennen ist die kultur- und gesellschaftspolitische Frage, ob das Eigentum an Kunstwerken inhaltlich zu begrenzen ist, und unter welchen Bedingungen ein demokratischer Staat den Betrieb von Kunstmuseen und die Vermittlung von Kunst Privatpersonen überlassen kann. Die steuerrechtliche Gemeinnützigkeit regelt an sich nur die Steuerfreiheit gemeinnützig organisierter Eigentümer von Kunstwerken nicht jedoch deren genuine kulturelle Bedeutung für die Allgemeinheit, die unabhängig vom steuerlichen Status des Eigentümers ist. Kultur ist Allgemeingut und jeder Bürger/jede Bürgerin hat ein Recht auf Teilhabe am kulturellen Leben.

    1.
    Financial Times (FT) 20-3-2021, p. 12 (…crackdown on dark arts of money laundering).
    2.
    FT 26-5-2021, p.14 Pinault moves into his art palace, “increasing influence over French arts”.
    3.
    Wolfgang Ulrich, Siegerkunst: neuer Adel, teure Lust, 2016.
    4.
    Hans-Lothar Merten, Schöner Schein: Hinter den Kulissen der Kunstbranche, 2017, S. 103, 162.
    5.
    Ibid., S. 162.
    6.
    So Christian von Faber-Castell, Gastkommentar in NZZ v. 26.10.2015 (…kein Luxus, sondern identitätsstiftend). Ähnlich Andrew J.Hall in NZZ v. 28.7.2021, S. 7 „Die Halbwertszeit von Kunst…“.
    7.
    Chap. 6; https://theartmarket.foleon.com/artbasel/2021/the-global-art-market
    8.
    Ibid., key finding : „ …wealth preservation and growth for many UHNW individuals, who are key collectors in the art market.”
    9.
    Zur „Schatzbildung“ siehe Karl Marx, Das Kapital (Der Zirkulationsprozess des Kapitals), Zweites Buch, 21. Kapitel ‚Akkumulation und erweiterte Reproduktion‘. Georges Bataille, Der Begriff der Verausgabung, 1933, hat an die Charakterisierung der unproduktiven Konsumtion anknüpfend eine „Theorie der Verschwendung“ entwickelt.
    10.
    Siehe auch FAZ v. 15.7.2021, Bank bietet Anteile an Picasso Gemälde „Filette au baret“ zum Kauf an.
    11.
    https://www.zeit.de/zeit-magazin/2015/18/private-kunstsammlungen-oeffentlich. Deutschlandkarte mit ca. 60 Museen in Deutschland.
    12.
    ICOM Statutes 2007: „Ein Museum ist eine gemeinnützige auf Dauer angelegte, der Öffentlichkeit zugängliche Einrichtung im Dienste der Gesellschaft.“
    13.
    Z. B. Buchheim Museum in Bernried, 1998 gegründet; Kunsthalle Emden (Stiftung von Henri und Eske Nannen 1986); Sprengel Museum Hannover, das auf eine Stiftung von Bernhard Sprengel zurückgeht
    14.
    Dies zeigte sich bei der Sammlung von Cornelius Gurlitt, die er völlig legal, steuerfrei im Verborgenen hielt.
    15.
    § 13 Abs. 1 Nr. 2 Erbschaftsteuer- u. Schenkungssteuergesetz; siehe ausführlich FAZ v. 21.2.2021, S. 30 „Kunst zu vererben ist eine Kunst“.
    16.
    FAZ v. 29.9.2018, S. 15 „Die Kunst der Steueroptimierung“; FAZ v. 6.6.2020 „Private Kunst in Museen“.
    17.
    Arne Hammerich, Kunstförderung durch das Steuerrecht, 2019, hat -affirmativ-den fördernden Charakter von Steuernormen mit Kunstbezug untersucht.
    18.
    Palandt/Heinrichs, BGB Kommentar, 79. Aufl., 2020, Überblick vor § 90 Rdnr. 5.
    19.
    Palandt/Heinrichs, § 81 Rz. 7; § 85 Rz. 3.
    20.
    Geregelt in §§ 51–68 Abgabenordnung/AO.
    21.
    BFH, Urteil vom 23. Februar 2017, V R 51/15.
    22.
    Ibid., Rz. 31.
    23.
    Ibid., Rz. 38/39.
    24.
    Zustimmend Gersch in Klein, Kommentar zu AO, 15. Aufl. 2020, § 55 Rdnr. 2: Kunststiftung ist „eigennützig, wenn der Kunstbesitz nicht dem Gemeinwohl zur Verfügung steht, sondern in erster Linie dem Stifter“.
    25.
    Karsten Schmidt, Gesellschaftsrecht, 4. Aufl. 2002, § 7 II,1, b, bb.
    26.
    Hof in Münchener Vertragshandbuch, Bd. 1, Gesellschaftsrecht, 6. Aufl. 2005, Abschnitt VIII. 1 Rdnr. 16:“ Begünstigung eines näher bestimmten Personenkreises ist steuerschädlich“.

    Literaturverzeichnis
    Zitierte Literatur: 

    Georges Bataille, Der Begriff der Verausgabung, 1933
    Klein, Kommentar zu AO, 15. Aufl. 2020
    Karl Marx, Das Kapital (Der Zirkulationsprozess des Kapitals), Zweites Buch, 21. Kapitel
    Clare McAndrew, Chapter 1, The Global Art Market in 2020
    Hans-Lothar Merten, Schöner Schein: Hinter den Kulissen der Kunstbranche, 2017
    Münchener Vertragshandbuch, Bd. 1, Gesellschaftsrecht, 6. Aufl. 2005
    Palandt, BGB Kommentar, 79. Aufl., 2020
    Katharina Pistor, The Code Of Capital: How The Law Creates Wealth And Inequality
    Karsten Schmidt, Gesellschaftsrecht, 4. Aufl. 2002
    Wolfgang Ulrich, Siegerkunst: neuer Adel, teure Lust, 2016

    Rechtsprechung: 

    BFH, Urteil vom 23. Februar 2017, V R 51/15.

    Onlinequellen: 

    EU Fifth Anti-Money Laundering Directive v. 10.01.20201

    #art #droit #commerce #mécènes #impôts #nantis

  • La France continue à exporter des milliers de tonnes de pesticides ultratoxiques, malgré l’interdiction de cette pratique
    https://www.lemonde.fr/planete/article/2022/11/30/la-france-continue-a-exporter-des-milliers-de-tonnes-de-pesticides-ultratoxi

    C’est une pratique qualifiée d’« odieuse » par les Nations unies, mais que la France et les pays européens ont décidément du mal à arrêter : l’#exportation de #pesticides dont l’usage est #interdit dans l’Union européenne (UE) en raison de leur dangerosité pour la santé ou pour l’environnement.

    Pionnière, la France est devenue, le 1er janvier 2022, le premier pays à prohiber ce #commerce controversé depuis son territoire. Pourtant, près d’un an après l’entrée en vigueur de la loi, elle continue à exporter massivement des pesticides interdits. Entre janvier et septembre, plus de 7 400 tonnes de substances #ultratoxiques ont été acheminées principalement vers le Brésil mais également en Ukraine, en Russie, au Mexique, en Inde ou en Algérie.

    #paywall

  • La Suisse sur sa montagne de charbon : un rapport de Public Eye
    https://www.publiceye.ch/fr/thematiques/negoce-de-matieres-premieres/la-suisse-sur-sa-montagne-de-charbon

    Dans l’imaginaire collectif occidental, le charbon reste associé aux travers de la Révolution industrielle, à un prolétariat en haillons couvant la révolte. Dénué du glamour et des intrigues géopolitiques de son cousin le pétrole, le charbon est encore perçu comme une énergie du siècle passé. Détrompez-vous. Ce petit « concentré de soleil », enfoui par des millions d’années, n’aura en réalité jamais été autant extrait, transporté et consommé qu’en 2022, dépassant la limite historique des huit milliards de tonnes. À lui seul, le charbon est responsable de près de la moitié de l’augmentation des émissions de dioxyde de carbone (CO₂).

    Et la Suisse – avec ses groupes miniers, ses négociants et ses banques – tient un rôle central dans le commerce mondial du charbon.

  • La storia infinita

    Legionari romani sulle Alpi? Battaglie navali sui nostri laghi? Raduni di streghe sul Ceneri? Ogni pietra, ogni dipinto, ogni spigolo di strada sussurra storie nascoste. La Svizzera italiana e l’intera Confederazione sono disseminate di numerose tracce, curiose e talvolta nascoste, che ci parlano del nostro affascinante passato. Le donne e gli uomini che hanno abitato il nostro territorio prima di noi, attraverso i millenni, hanno lasciato molte testimonianze. E ognuna è una storia che merita di essere raccontata e che evoca non solo ciò che ci siamo lasciati alle spalle, ma anche e soprattutto spiega il nostro presente.

    Nella prima stagione de «La storia infinita» intraprenderemo quattro avvincenti viaggi di scoperta nel tempo. Ci tufferemo nella Svizzera romana e scopriremo la straordinaria globalizzazione di duemila anni fa, quando facevamo parte di un impero che andava dalla Scozia ai deserti dell’Iraq. Parleremo di guerra: oggi è drammaticamente tornata in Europa, ma per tutto il Medioevo insanguinava anche la Svizzera italiana, campo di battaglia sul quale le potenze dell’epoca si sono contese il controllo sulle infinite ricchezze che transitavano dai passi alpini. Cercheremo poi di capire che cosa sia stata l’epoca dei baliaggi, quei tre secoli in cui l’attuale Canton Ticino è stato suddito della «feroce democrazia» svizzera. E infine racconteremo come le vie di comunicazione hanno forgiato la Svizzera italiana, dai primi intrepidi colonizzatori preistorici fino alla costruzione della rete stradale moderna nell’Ottocento: strade che hanno diffuso geni, idee e ricchezze, ma anche pandemie e violenze.

    https://www.rsi.ch/play/tv/programma/la-storia-infinita?id=15525805

    #histoire #Tessin #Suisse #guerres #pandémie #peste #Alpes #Empire_romain #commerce #migrations #bailliages_communs #bagliaggi #transports #série #vidéo #RSI #Jonas_Marti

    –> où je découvre notamment cet impostant mémorial du maréchal #Souvorov:
    https://seenthis.net/messages/978234