• #Ussita. Deviazioni inedite raccontate dagli abitanti

    Ussita, nel parco nazionale dei monti sibillini, è mobile come il territorio che racconta: dal movimento della terra scossa dal terremoto a una comunità in movimento, che guida il viaggiatore alla scoperta di se stessa attraverso una narrazione “sismica”, in cui testi e immagini parlano al contempo di vecchio, nuovo e immaginario.

    La guida di Ussita, ideata da Sineglossa e composta dalle narrazioni degli abitanti, è impreziosita dalle incursioni degli artisti che hanno incontrato il paese, i paesaggi, i materiali d’archivio: gli scrittori Wu Ming 2 e Alessandro Chiappanuvoli, i fotografi Mauro Pennacchietti e Antonio di Cecco, l’illustratore Giacomo Giovanetti e la giornalista Sara Sartori.

    Attraverso percorsi tematici, arricchiti dai podcast del canale Loquis dedicato, chi viaggia da nonturista potrà fare esperienza diretta e intima del posto, entrando in contatto con gli abitanti e i loro luoghi dell’anima

    https://www.ediciclo.it/it/libri/dettaglio/ussita-ne
    #Apennins #montagne #tourisme #non-tourisme #guide #alternative #communauté #monti_sibillini (https://fr.wikipedia.org/wiki/Monts_Sibyllins) #parc_national #monts_Sibyllins #Italie #Ombrie #Marches #territoire #tremblement_de_terre #imaginaire

    • Ussita - Un dialogo sulla ricostruzione

      L’audio che stai per ascoltare nasce da un periodo di residenza di Sara Sartori a Ussita (MC), nel #Parco_Nazionale_dei_Monti_Sibillini, nella primavera-estate del 2023. In questa storia prodotta in anteprima per Loquis, un abitante e un proprietario di una seconda casa di Ussita dialogano sul futuro del paese e raccontano, a 7 anni di distanza dal sisma, l’immobilismo della burocrazia, l’attesa della ricostruzione e l’abusivismo edilizio. Contributo audio di Sara Sartori, prodotto da Sineglossa e C.A.S.A. Cosa Accade Se Abitiamo, all’interno del progetto EIT Community New European Bauhaus Frontignano podcast, sostenuto dall’European Institute of Innovation and Technology (EIT), un organismo dell’Unione Europea. “Funded by the European Union. Views and opinions expressed are however those of the author(s) only and do not necessarily reflect those of the European Union. Neither the European Union nor the granting authority can be held responsible for them.”

      https://www.loquis.com/it/loquis/3030311/Ussita+Un+dialogo+sulla+ricostruzione
      #podcast #reconstruction #audio

    • Una guida per conoscere da dentro i Sibillini sconvolti dai terremoti del 2016

      La comunità di Ussita, nell’Appennino marchigiano, ha immaginato una serie di itinerari per scoprire il territorio ai piedi del Monte Bove. Un modello di turismo responsabile e a basso impatto, che diventa anche spazio di incontro e condivisione, facilitato dall’associazione C.A.S.A. (Cosa Accade Se Abitiamo)

      Prima dei terremoti dell’agosto e dell’ottobre 2016 a Frontignano di Ussita, sui Monti Sibillini in provincia di Macerata, non viveva nessuno. Quassù, a 1.350 metri sul livello del mare, c’erano seconde case, residence ed hotel: era (solo) una stazione sciistica, edificata a partire dalla fine degli anni Cinquanta su quelli che fino ad allora erano stati pascoli e campi coltivati a grano.

      Oggi a Frontignano c’è una piccola comunità di sette residenti: se “Cosa Accade Se Abitiamo” fosse una domanda, e non il nome dell’associazione (l’acronimo è C.A.S.A.) che tra le abitazioni in località Pian dell’Arco ha aperto un “porto di montagna“, residenza artistica e spazio culturale, la risposta sarebbe: saremmo capaci di costruire comunità, anche affrontando le condizioni più avverse.

      È possibile capirlo camminando per mezza giornata, guidati da Chiara e Marta di C.A.S.A., seguendo uno degli itinerari descritti nella guida “Ussita. Deviazioni inedite raccontate dagli abitanti”, uscita per Ediciclo editore nella collana Nonturismo, curata da Sineglossa e Riverrun. È sufficiente ascoltare i “testimoni” del passato, del presente e del futuro di Frontignano: osservando camminare nel bosco una bambina di nome Viola, che a 11 anni si è trasferita quassù con mamma Federica e papà Marco, direttore dell’ufficio postale giù ad Ussita; ascoltando i ricordi di Peppe, che è nato più di sessant’anni fa a San Placido, un borgo sotto Frontignano, e quassù veniva da piccolo a portar l’acqua ai mietitori, a togliere i sassi dai campi di grano perché le falci non si rompessero.

      Non ci sono bar né alimentari, a Frontignano, ma non è colpa del terremoto: all’ombra del massiccio del Monte Bove, nella “nostra Innsbruck a due passi da Macerata” (così un articolo del 1987, firmato da Maurizio Costanzo per Il Messaggero) una “comunità” non c’era mai stata. Oggi, invece, di fronte ai ruderi del residence Ambassador (all’inizio degli anni Ottanta “fu inaugurato con un evento chiamato Cristallo di Neve, al quale parteciparano molti personaggi noti […]. Un residence da moquette rossa e corridoi lunghi”, si legge nella guida) una comunità c’è, è capace di far arrivare persone da tutta Italia per partecipare a una camminata e chiede che l’ecomostro non venga ricostruito dov’era e com’era perché oggi, dopo un terremoto distruttivo e a fronte dei ritardi della ricostruzione, quel modello di insediamento, un alveare con 100 appartamenti, non dovrebbe più appartenere a questa montagna.

      La comunità è, infine, quel soggetto che può aiutare chi arriva in un luogo, turista o viaggiatore, a scalfire il proprio pregiudizio. È successo anche a chi scrive: seguendo il navigatore verso la sede di C.A.S.A., in un piazzale all’imbocco di uno dei sentieri verso il Monte Bove, la presenza di un baracchino che prometteva “fritti e specialità abruzzesi” aveva fatto storcere il naso. Nei giorni precedenti, in giro per i Sibillini terremotati, con quasi tutti i rifugi ancora chiusi e inagibili, era frequente la presenza di ristori volanti, con improbabili cartocci di olive ascolane offerti ai 1.550 metri sul livello del mare di Forca di Presta, valico stradale dell’Appennino umbro-marchigiano, ai piedi del monte Vettore. Davanti a quel baracchino, però, l’itinerario della “deviazione inedita” prevede un sosta, per incontrarne i gestori, Gianfranco e Franca. Hanno un’ottantina d’anni e ne hanno dedicati oltre cinquanta, insieme, a Frontignano. Raccontano la loro storia: cominciarono gestendo un rifugio del CAI, quello che aveva ospitato il pranzo del loro matrimonio, e quello alle nostre spalle è il loro hotel “Felycita”, l’ingresso sbarrato.

      Felicita è il nome della figlia, che con il genero Antonio oggi li aiuta a gestire il baracchino, in attesa di poter riaprire una struttura ricettiva. In pochi metri quadri preparano i piatti della tradizione, come le lenticchie in umido. Alla fine della passeggiata, così, è qui che si torna a bere una birra, seduti ai tavoli di plastica. Brindando a una comunità nata sulle macerie di un terremoto e capace di aiutare chi lo desidera ad aprire gli occhi su ciò che accade in Centro Italia.

      https://altreconomia.it/cosa-accade-se-abitiamo-frontignano-di-ussita

    • lo spirito del luogo

      #GENIUS_LOCI

      elementi storici, tradizionali, folkloristici, ma anche naturalistici, che hanno contribuito a creare l’identità del luogo

      EMERGENZE

      ciò che è in superficie, che sta venendo a galla (in positivo e in negativo)

      VISIONI

      proiezioni più o meno utopiche di quello che sarà il territorio raccontato da qua a cinquant’anni


      https://nonturismo.org/ussita
      #visions

  • US cuts off intelligence sharing with Ukraine
    https://www.ft.com/content/c58fccea-00c4-4fad-bc0a-0185b7415579

    Fresh blow to Kyiv as Trump administration shifts on conflict

    The US has cut off intelligence sharing with Kyiv in a move that could seriously hamper the Ukrainian military’s ability to target Russian forces.

    The step follows the decision on Monday by Donald Trump’s administration to suspend military aid deliveries to Ukraine and comes after a dramatic breakdown in relations between the US president and Ukraine’s leader Volodymyr Zelenskyy.

    US intelligence co-operation has been essential for Ukraine’s ability to identify and strike Russian military targets.

    Four officials familiar with the decision confirmed Washington had frozen intelligence channels with Kyiv. John Ratcliffe, director of the CIA, later told Fox Business: “Trump had a real question about whether President Zelenskyy was committed to the peace process, and he said let’s pause.”

    But he added there was hope of the support being restored. “I want to give a chance to think about that, and you saw the response that President Zelenskyy put out,” Ratcliffe added. “So I think on the military front and the intelligence front, the pause that allowed that to happen, I think will go away.”

    While the US has also formally blocked its allies from sharing US intelligence with Ukraine, two officials said recipients with assets inside the country were likely to continue passing on relevant intelligence to Kyiv. But that would not apply to time-sensitive and high-value intelligence, such as that needed for Ukraine to conduct precision strikes on moveable Russian targets.

    “If they don’t reverse it soon, it will become really difficult for the Ukrainians because it takes away their battlefield advantage,” said a senior western official.

    The US decision to ban its allies from passing intelligence to Ukraine was first reported by the Daily Mail.

    • alors que certains dans la #communauté_du_renseignement appellent au renforcement des coopérations (et à la standardisation)

      Improving U.S. Intelligence Sharing With Allies and Partners | Lawfare
      https://www.lawfaremedia.org/article/improving-u.s.-intelligence-sharing-with-allies-and-partners

      The Trump administration’s recent decision to cut off intelligence sharing with Ukraine will get less attention than its halting of military aid, but it will also be consequential. If anything, the United States should be increasing intelligence cooperation not only with Ukraine, but also with other key partners.

      Intelligence sharing is a cornerstone of U.S. efforts to ensure its own security and that of key allies and partners. Effective sharing enhances strategic coordination, enables timely responses to threats, and strengthens trust between nations. Despite its importance, intelligence sharing does not live up to its potential. As Sean Corbett and James Danoy—former senior British and U.S. intelligence officials, respectively—have written, “With few exceptions, and despite the best of intentions, intelligence sharing is uneven, remains the exception rather than the norm, and the prospect of simultaneity at the point of need is remote.” Drawing on a larger research project that drew heavily on interviews with U.S. and allied officials and experts, this piece critically examines the current state of U.S. intelligence sharing, identifies key challenges, and proposes solutions to improve the effectiveness of these partnerships.
      […]
      Trust is the bedrock of intelligence collaboration. Henry Kissinger once remarked that “there is no such thing as friendly intelligence agencies. There are only the intelligence agencies of friendly powers.” Beyond spying, concerns over leaks, misuse, or politicization of shared intelligence can also erode trust. The Snowden disclosures in 2013, for example, strained relations between the U.S. and some of its closest allies, highlighting vulnerabilities in intelligence handling. Another problem is the global nature of U.S. interests: European officials worry that the United States will focus too much on Asia, and Asian partners worry the United States will focus too much on Europe.

      Intelligence sharing is increasingly dependent on secure and interoperable technical systems. However, technological disparities among allies, coupled with differing cybersecurity standards, create significant interoperability challenges. As one Five Eyes official told me, “Just because we have an intelligence sharing agreement doesn’t mean we have intelligence sharing systems.” The absence of standardized data-sharing protocols and encrypted communication systems further exacerbates inefficiencies in real-time intelligence dissemination.

      Differences in intelligence cultures and bureaucratic structures across nations complicate collaboration. While the U.S. intelligence community operates under a relatively centralized framework, despite the bureaucratic weakness of the director of national intelligence, other countries have even more balkanized systems, and many services are politicized. Divergent priorities and intelligence methodologies can hinder seamless integration and coordination. Sir Stephen Lander, the former director general of the U.K. Security Service, remarked in 2004 that some countries “collect haystacks and store them, while others collect hay and store needles, while others again only ever collect needles and not very many of them. The risk of sharing haystacks with needle keepers is that they would not be able to use the material effectively or would be swamped.”

    • c’est, bien sûr, l’inverse qui est en train de se produire…
      • les É.-U. envisageraient de virer le Canada de l’alliance #Five_Eyes
      • et, inversement, les Alliés, effarés de ce que font les É.-U, prennent leurs distances

      US Allies Unsure What Secret Intelligence They Can Share With Trump
      https://foreignpolicy.com/2025/02/27/trump-cia-allies-intelligence-sharing-five-eyes-trust

      As social media mogul Elon Musk takes an axe to the federal government structures that keep the United States functioning, the international relationships that keep Americans secure and prosperous are also suffering rapid unscheduled disassembly. Picking meaningless fights with North American neighbors, seeking to “partner” with Russia, and cutting European allies loose are just the most immediate signs that the fabric of Washington’s foreign relations is unraveling, U.S.-British ties included.

      Beneath the surface, other signs of dissolution may be less visible, but they are just as invidious for U.S. power and security. The latest indication of what may be happening out of the public eye came with this week’s report—which was swiftly denied—that senior White House advisor Peter Navarro is pushing for Canada to be kicked out of the Five Eyes intelligence-sharing partnership.

      Intelligence-sharing arrangements like Five Eyes are part of the web of cooperation among Washington and its friends that has long underpinned U.S. and Western security. The Five Eyes arrangement with fellow English-speaking countries Australia, Britain, Canada, and New Zealand is only the best-known of these; the United States also has bilateral and multilateral arrangements that are far less prominent. Along with NATO and other security alliances, these partnerships have formed the foundation of cooperative security management to preserve the international order and protect the U.S. homeland. But just as with NATO, their value may be called into question by the early actions of the Trump administration.

      Starting well before Trump’s inauguration on Jan. 20, Washington’s intelligence-sharing partners probably began to assess the need to become more reserved about what they can risk sharing with U.S. partners—and what to hold back. Partners will have observed with horror when, during his first term, Trump challenged his own intelligence services, posted a classified photo of an Iranian missile launch site, and eagerly shared secret intelligence with Russian officials. Fears of sharing sensitive information with Washington will have deepened radically following U.S.-Russia talks in Riyadh, when it became clear that the United States now places a higher value on partnering with the Kremlin than the concerns of its European allies.

    • … y compris Israël…

      heureusement, pour le porte-parole du White House National Security Council, le président Trump possède une #vision_claire (lucide) de la menace
      et, tout aussi évidemment, les Alliés concernés nient officiellement toute inquiétude quant à la collaboration avec les É.-U.

      As Trump pivots to Russia, allies weigh sharing less intel with U.S.
      https://www.nbcnews.com/politics/national-security/trump-pivots-russia-allies-weigh-sharing-less-intel-us-rcna194420

      Some U.S. allies are considering scaling back the intelligence they share with Washington in response to the Trump administration’s conciliatory approach to Russia, five sources with direct knowledge of the discussions told NBC News.

      The allies are weighing the move because of concerns about safeguarding foreign assets whose identities could inadvertently be revealed, said the sources, who included two foreign officials.

      Every intelligence agency treats its commitments to foreign agents as sacrosanct, pledging to keep agents safe and shield their identities. Anything that jeopardized that obligation would violate that trust, former officials said, and that could lead some spy services to hold back on some information sharing with Washington.

      The allies, including Israel, Saudi Arabia and members of the so-called Five Eyes spy alliance of English-speaking democracies, are examining how to possibly revise current protocols for sharing intelligence to take the Trump administration’s warming relations with Russia into account, the sources said.

      “Those discussions are already happening,” said a source with direct knowledge of the discussions.

      One Western official said the Trump administration has shaken how longtime allies view the United States and whether it can be relied upon. 

      “There are serious discussions going on about what information can be shared with the United States. The Five Eyes have always worked on the premise that we don’t spy on each other,” the Western official said. “I don’t think that’s reliable anymore.”

      The official added, “That’s right now where we are, and I don’t see any way that changes.”

      No decision or action has been taken, however, the sources said.

      The review is part of a wider examination of the spectrum of relations with Washington among many U.S. allies, including diplomacy, trade and military cooperation, as well as intelligence matters, the sources said. 

      Historic implications
      Though the extent of a U.S. policy change toward Russia remains unclear, allies are weighing the possible implications of what could be a historic shift, a Western official said.

      Asked about allies’ possibly limiting what they share with the United States, a spokesman for the White House National Security Council said President Donald Trump is “clear-eyed” about America’s adversaries.

      “The U.S. has unrivaled intelligence capabilities which is exactly why intelligence sharing initiatives such as the Five Eyes exist,” spokesman Brian Hughes said in an email.

      “President Trump is clear-eyed on all threats our adversaries pose to our national security and he will work with any ally or partner who understands the dangerous world inherited after the disastrous Biden years,” he added. “On Biden’s watch, we had the war in Ukraine, the surrender in Afghanistan, and the slaughter of the innocents on October 7th.”

    • France to continue sharing military intelligence with Ukraine after US freeze | Euronews
      https://www.euronews.com/2025/03/06/france-to-continue-sharing-military-intelligence-with-ukraine-after-us-fre

      *Washington on Wednesday confirmed it had temporarily paused the flow of intelligence to Kyiv on Wednesday, just days after suspending military aid.

      France will keep providing Ukraine with military intelligence after US officials said they had paused intelligence sharing between Washington and Kyiv.

      French Defence Minister Sebastien Lecornu told France Inter on Thursday that the country would continue its intelligence sharing with Ukraine.

      “Our intelligence is sovereign,” Lecornu said. “We have intelligence that we allow Ukraine to benefit from.”

  • De migrant clandestin à aide-soignant aux îles Canaries : Abdoul Kane, le bienfaiteur de Diogo
    https://www.dakaractu.com/De-migrant-clandestin-a-aide-soignant-aux-iles-Canaries-Abdoul-Kane-le-bi

    De migrant clandestin à aide-soignant aux îles Canaries : Abdoul Kane, le bienfaiteur de Diogo
    L’histoire d’Abdoul Kane est un exemple vivant de la manière dont l’immigration peut être une force positive, tant pour les pays d’accueil que pour les communautés d’origine. Parti de rien, le parcours de ce fils de Diogo est plus qu’inspirant pour la génération actuelle. Ayant quitté le Sénégal à l’âge de 24 ans, Abdoul Kane s’est lancé dans l’aventure en embarquant sur une pirogue le 2 septembre 2006, lors de la grande crise migratoire. Un voyage périlleux qui l’a mené jusqu’aux îles Canaries, où il est devenu aide-soignant et activiste. Son expérience illustre parfaitement le combat quotidien de nombreux migrants pour s’intégrer, travailler et aider ceux qui sont dans le besoin.
    Près de deux décennies après son débarquement à Maspalomas, Kane travaille comme aide-soignant à l’hôpital universitaire des Canaries (HUC) et a deux enfants nés dans l’archipel. « J’ai eu la chance d’arriver vivant et que les jours à bord de la pirogue n’aient pas été trop durs. Le temps et les vagues étaient avec nous », se souvient-il dans les colonnes du journal La Provincia. Les premiers jours d’Abdoul Kane dans les rues de Grande Canarie ne furent pas des plus faciles. « J’ai commencé à travailler dans la vente ambulante de disques. C’était très dur. Je devais courir et me cacher de la police tout le temps. J’ai passé un très mauvais moment. Je savais que ce n’était pas pour moi et j’ai décidé d’arrêter », raconte-t-il.
    Kane souligne que derrière ces jeunes qui vendent dans les rues, il n’y a pas de mafias, comme beaucoup le pensent. Ils achètent simplement la marchandise et la revendent un peu plus cher pour en tirer un petit bénéfice. Il se souvient même qu’aux nouveaux arrivants, on offrait quelques disques pour qu’ils puissent démarrer.
    Contrairement à certains qui tournent le dos à leurs origines, Abdoul Kane n’a pas oublié son Diogo natal, ni les souffrances qui l’ont poussé à ce sacrifice en 2006. Une crèche construite par son association garantit chaque jour le petit-déjeuner de 170 enfants âgés de 3 à 6 ans. En effet, son association, Aquí estamos migrando (Nous sommes ici en train de migrer), est une initiative née spontanément à Tenerife, guidée par le bouche-à-oreille entre amis et voisins, dans le but d’aider les migrants. Grâce à cette association, le travail de Kane a permis la construction d’une école maternelle à Diogo, une ville côtière située à environ 150 kilomètres de Dakar, qui compte environ 15 000 habitants. Cette crèche assure chaque jour le petit-déjeuner de 170 enfants âgés de trois à six ans, qui, de nombreux matins, prennent des forces grâce à un bol de lait avec du gofio. « L’idée est née lors d’une de mes visites à ma famille, car je voyais mes petits neveux dans la rue sans rien faire. J’ai pensé que je devais organiser des événements caritatifs pour collecter suffisamment d’argent et créer une petite école pour les enfants du village », explique Kane, qui a également obtenu des fonds pour construire une salle de classe dans son ancien collège, augmentant ainsi la capacité de l’établissement scolaire.
    Outre les projets qu’elle développe à Diogo, l’association offre aux nouveaux arrivants aux Canaries un accompagnement, des conseils juridiques, une formation et un soutien pour les démarches administratives telles que l’inscription au registre municipal, l’obtention de la carte de santé, la scolarisation ou la demande d’asile. « Nous collectons des vêtements ou des téléphones portables usagés pour les donner aux jeunes qui en ont besoin, et nous leur offrons également à manger. Nous organisons des visites dans des endroits comme le camp de Las Raíces, pour les écouter et passer du temps avec eux », explique Kane.
    Cette année, ils ont lancé le projet Bokku Xol, une expression wolof qui signifie « un seul cœur ». Cette initiative, en collaboration avec le Cabildo de Tenerife, lutte contre le racisme par le biais d’ateliers et de conférences dans les centres éducatifs et sanitaires. Aquí estamos migrando donne également des cours d’espagnol pour étrangers tous les week-ends à El Fraile (Arona), un quartier marqué par sa grande diversité culturelle. « Nous n’avons pas que des élèves africains, il y a aussi des étudiants italiens, brésiliens ou ukrainiens. Nous ouvrons nos portes à tous », précise-t-il dans les colonnes de La Provincia, repris par Dakaractu.

    #Covid-19#migrant#migration#senegal#canaries#sante#integration#communauté

  • Paragraphes 31 et 32 d’un très long fil d’un membre de l’ICG concernant les moyens de réduire l’effet #délétère sur les populations des sanctions de la #communauté_internationale imposées aux “états voyous”

    Graeme Smith sur X :
    https://x.com/smithkabul/status/1866097048782590081

    I’ve been sending copies of the UN independent assessment of Afghanistan to colleagues who work on Syria, because it reads like a checklist of the many ways the new regime in Damascus might struggle to restore functional relations with the world

    Sadly, the so-called international system is not built for this. Sanctions are crude instruments. States tend to fall into “with us” or “against us” categories, with few options in between.

  • Codes de conduite, florilège

    Code de conduite | Duchess France
    https://www.duchess-france.fr/coc

    Toute personne qui nuit au bon fonctionnement de la communauté s’expose à des sanctions allant du rappel à l’ordre jusqu’à l’exclusion du Slack et des évènements de la communauté. Les sanctions sont à la discrétion de la Core Team Duchess.

    –---

    Code de conduite - Paris Web
    https://www.paris-web.fr/code-de-conduite

    Nous ne tolèrerons aucune forme d’attaque personnelle quelle qu’elle soit. Les personnes participant à l’événement qui violeraient ces principes pourront être sanctionnées et expulsées à la discrétion de l’équipe d’organisation.

    –---

    Ce fil propose de recenser les #codes_de_conduite dans les communautés.

    #sexisme #logiciel #communauté #gestion_des_agressions #modération #exclusion #judiciarisation_improvisée

  • Grâce à vous Framasoft peut décoller en 2025… et outiller celles et ceux qui changent le monde !
    https://framablog.org/2024/12/30/grace-a-vous-framasoft-peut-decoller-en-2025-et-outiller-celles-et-ceux-q

    Il ne reste plus que quelques heures pour faire un don à Framasoft, renforcer notre budget 2025, et bénéficier d’une réduction sur les impôts de 2024… Ce modèle solidaire de la contribution et du soutien permet à notre #Association d’exister… … Lire la suite­­

    #Dans_notre_archipel #20_ans #archipélisation #Commun #Communaute #Défense #Éducation #Internet #Libertés

  • Sur le thème : La Tempête et le Jour d’Après Postface. Première Partie : L’hypothèse (ou était-ce l’hypoténuse ?) « Enlace Zapatista
    https://enlacezapatista.ezln.org.mx/2024/11/27/sur-le-theme-la-tempete-et-le-jour-dapres-postface-premiere

    El Capitan M se questionne sur l’utilité sociale des artistes et des scientifiques dans un monde en basculement…

    Et les sciences, peuvent-elles démontrer que la terre est ronde sans internet, ni photos aériennes, et cetera ? Expliquer les mouvements des planètes ? La physique et la chimie sans laboratoires ni tutoriels ? Les Mathématiques au-delà des poires et des pommes ? (Bien sûr, vu la hausse des prix, même sans poires ni pommes).

    Car il serait possible, c’est un suppositoire, que dans une situation de catastrophe, il y ait quelqu’un qui affirme que la terre est plate et carrée, que le changement climatique et le réchauffement global n’existent pas, et qu’ils ne sont qu’invention d’environnementalistes corrompus et moches (corrompus, passe encore, mais « moches », c’est impardonnable, quand même – surtout avec l’infinité de produits cosmétiques et d’applications digitales pouvant y remédier, quand même –), que tout va bien, qu’il ne se passe rien, que ce sont des faits isolés, que c’était comme ça avant mais que maintenant tout a changé, que nous ne sommes pas égaux, que tout le monde est heureux, heureux, heureux. Oups ! L’idée, c’était de ne pas parler de politique, thème qui tend à mettre mal à l’aise scientifiques et artistes (ou qui, dans certains cas, les amène à dire des bêtises).

    […]

    Mais… dans quelle mesure ou jusqu’où les technologies de la modernité contrôlent-elles déjà, ou pas, la création artistique et les recherches scientifiques ?

    Non, il ne s’agit pas de rediriger, avec l’explosion d’un dispositif nucléaire, un astéroïde pour qu’il percute et détruise le Télescope Hubble ; ou d’incendier et de saccager les centres de recherche scientifique (de ça, s’en chargent déjà le crime organisé devenu gouvernement et celles et ceux qui passent de la science à la politique). Et, au cas où, je suis sûr que toute la communauté scientifique s’unirait si quelqu’un essayait d’en finir avec la structure de la recherche ; de menacer ses membres ; d’engager des poursuites pénales à leur encontre ; ou de coller la recherche scientifique à un projet politique de parti. C’est pas comme ça que ça se passe ? (Ah ! Mon sarcasme n’est pas subtil ?)

    Je fais référence, par contre, à une situation extrême, dans laquelle ces ressources seraient impossibles à obtenir, ou dans laquelle il y aurait de nombreuses difficultés pour y accéder. Qu’adviendra-t-il des sciences et des arts, mais aussi des personnes qui s’y consacrent ?

    Sur le thème : La Tempête et le Jour d’Après Postface. Deuxième Partie. Changement avec continuité ? Encore la même chose ?
    https://enlacezapatista.ezln.org.mx/2024/11/21/sur-le-theme-la-tempete-et-le-jour-dapres-postface-deuxieme

    L’assemblée communautaire suit son cours des présentations. Arrive votre tour de répondre à la question clé : alors, et toi ? Oui, il y a plusieurs possibilités. Vous êtes une personne relativement intelligente et vous croyez en vous-même et en votre capacité à convaincre (pour cela, vous avez lu nombre de manuels sur comment gagner des abonnés, et vous avez même suivi le cours « 1000 étapes pour être populaire à l’ère numérique »), ainsi, par exemple, vous pouvez essayer de convaincre le reste des personnes présentes dans cette assemblée hypothétique que la meilleure chose à faire, c’est de créer une société dans laquelle les artistes et les scientifiques auraient une place à part.

    #effondrement #zapatisme #communauté #art #science #artistes #scientifiques

  • Karim Bitar fait (très) fièrement appel à la #communauté_internationale pour armer l’armée libanaise afin de garantir la “souveraineté” du Liban.

    On rêve…

    Wadih AL-ASMAR | وديع الأسمر sur X :
    https://x.com/walasmar/status/1852698632987787540

    I am afraid this call is missing the essential :

    No direct ask for:
    Accountability for the crimes of war committed by Israel
    Arms embargo on Israel
    Etc…
    Reading it from an european perspective I get the feeling that some bad Lebanese’s attacked Israel and they should be stopped

  • #Discrimination ou obligation légale ? À presque 80 ans, ce couple de gens du voyage doit quitter un terrain occupé depuis plus de 20 ans

    https://france3-regions.francetvinfo.fr/bourgogne-franche-comte/jura/dole/discrimination-ou-obligation-legale-a-presque-80-ans-ce

    Un couple de septuagénaires membres de la communauté des gens_du_voyage occupent un terrain à #Ranchot (#Jura) depuis plus de 20 ans. Problème : la mairie leur a demandé de quitter les lieux d’ici à mars 2025. Une #expulsion dénoncée par des associations et une députée parisienne.

    929 m2 qui font parler. À Ranchot, dans le Jura, une petite #parcelle de terre est actuellement au centre des conversations. Ainsi que ceux qui l’habitent : Arlette et Jean-Claude Meyer, 76 et 75 ans, membres de la #communauté_des_gens_du_voyage. Car le couple pourrait bientôt être forcé de quitter les lieux, après plus de vingt ans d’occupation.

  • Un appel à ceux qui rendent possible le génocide, (alias la #communauté_internationale) pour stopper le génocide.

    We, Israelis, are calling for global pressure on Israel to force an immediate ceasefire | Open letter | The Guardian
    https://www.theguardian.com/commentisfree/2024/oct/24/israel-immediate-ceasefire-open-letter

    More than 2,000 Israelis have signed this letter, published in 11 languages, asking the international community to use ‘every possible sanction’ to ‘save us from ourselves’

  • B’Tselem בצלם بتسيلم sur X :
    https://x.com/btselem/status/1845827799333871706

    Israeli NGOs warn international community it will be complicit if Israel forcibly transfers the population of Northern Gaza

    Human rights NGOs based in Israel today called on the international community to take action now to prevent Israel from forcibly transferring hundreds of thousands of Palestinians who have remained in the Northern Gaza Strip outside of the area, including by denying entry of essential humanitarian aid and fuel. The Israeli ceasefire coalition, the groups Gisha, B’Tselem, PHR-I and Yesh Din, said that there are alarming signs that the Israeli military is beginning to quietly implement the Generals’ Plan, also referred to as the #Eiland Plan, which calls for complete forcible transfer of the civilians of the northern Gaza Strip through tightening the siege on the area and starving the population.

    The NGOs reiterated the warning that states have an obligation to prevent the crimes of starvation and forcible transfer, and that if the continuation of the “wait and see” approach will enable Israel to liquidate northern Gaza, they will be complicit. All states and relevant international institutions should act now and use all tools at their disposal - legal, diplomatic and economic - to prevent this.

    « #communauté_internationale »

  • Les Algériens en #France. Une histoire de générations

    À l’automne 1983, la « #Marche_des_beurs » traverse la France. Les récits entrecroisés des origines et des trajectoires de trois de ses participants retracent l’histoire de l’immigration algérienne. Les Algériens, privés de #droits en situation coloniale, sont près de cent mille, dans l’entre-deux-guerres, à travailler en métropole. Dans les #baraquements du bassin minier du nord de la France, dans les usines de Vénissieux ou dans les #cafés-hôtels des #banlieues de la région parisienne ou de Marseille, une intense vie sociale, culturelle et politique se développe – sous la #surveillance étroite des autorités et le regard méfiant et souvent hostile des citoyens français. Engagés dans le combat ouvrier, ces hommes le sont aussi dans la #lutte pour l’#indépendance de leur pays, vers lequel ils projettent leur avenir.
    Quand éclate la #guerre_d'Algérie et que les #violences_policières s’abattent sur les militants, des #règlements_de_comptes sanglants entre les différents #mouvements_nationalistes déchirent la communauté, alors que débute parallèlement l’#immigration_familiale et que l’#exil, progressivement, s’enracine. Encore élevés dans l’idée du retour au pays, les enfants de l’immigration algérienne clament bientôt leur #appartenance à la France en témoignant à la fois des #souffrances de leurs parents et de l’#injustice faite à leur propre génération. En renouant les fils de l’histoire et de la #mémoire, les combats d’hier résonnent avec ceux d’aujourd’hui...

    https://www.editionsladecouverte.fr/les_algeriens_en_france-9782348079665
    #algériens #Algérie #immigrés_algériens #étrangers #immigration #histoire #communauté_algérienne
    #BD #bande-dessinée #livre

  • Les clairières libertaires, une #vie_communautaire d’anarchiste en 1900

    Fonder une communauté de vie et de travail hors du salariat pour montrer qu’une autre vie est possible : sans domination, reposant sur l’entraide et les rapports harmonieux entre femmes et hommes.

    Dans les années 1890, la voie avait été ouverte, entre autres, par le milieu libre de Stockel en Belgique ou la colonie Cecilia au Brésil. Au XXe siècle naissant, l’expérience est poursuivie en France. L’histoire discrète de ces essais libertaires serait sans doute restée muette si quelques historiens de l’anarchisme et du mouvement ouvrier n’avaient buté dessus et redonné un nom aux visages glanés sur les rares photos qui nous sont parvenues : Fortuné Henry, Sophia Zaïkowska, Georges Butaud…

    L’anarchisme individualiste émerge à la fin du XIXe siècle, mais il devient un courant visible dans les premières années du XXe siècle. Le principe de l’anarchisme individualiste, c’est que la révolution doit commencer déjà par soi-même, c’est-à-dire que l’on ne doit pas attendre d’un grand soir hypothétique que tout change, si les individus n’ont pas déjà changé eux-mêmes. Anne Steiner

    Ces vies particulières à la belle époque seront voilées par la Première Guerre mondiale et par la révolution russe de 1917, qui, par ricochet, rebattra souvent les cartes de ces milieux anarchistes.

    « lls ont comme credo que tout est politique, que le plus minuscule de nos gestes est politique. » Anne Steiner

    Leurs traces nous conduisent à Vaux dans la nature champêtre et à Aiglemont dans la forêt des Ardennes, où deux colonies voient parallèlement le jour en 1903.

    https://www.radiofrance.fr/franceculture/podcasts/lsd-la-serie-documentaire/les-clairieres-libertaires-une-vie-communautaire-d-anarchiste-en-1900-82

    #anarchisme #histoire #communauté_de_vie #communauté_de_travail #travail #salariat #domination #rapports_de_genre #égalité_hommes_femmes #Stockel #Belgique #colonie_Cecilia #Brésil #libertaires #communautés_libertaires #anarchisme_individualiste #politique #tout_est_politique #Vaux #Aiglemont #France
    #audio #podcast

    via @reka

  • Guerre Israël-Hamas : ces entreprises françaises montrées du doigt pour leurs activités liées à la colonisation israélienne
    https://www.lemonde.fr/economie/article/2024/08/09/guerre-israel-hamas-ces-entreprises-francaises-montrees-du-doigt-pour-leurs-

    L’avis rendu, le 19 juillet, par la Cour internationale de justice (#CIJ) estimant que la colonisation israélienne de territoires palestiniens est « illégale » depuis 1967 ne sera pas sans conséquences pour les entreprises françaises, dont une partie des activités sont liées à cette présence, selon plusieurs juristes interrogés.

    Trois groupes français figurent dans une base de données créée par les Nations unies, en 2020, qui répertorie les entreprises qui avaient, « directement et indirectement, permis la construction et la croissance des colonies de peuplement, les avaient facilitées et en avaient profité ». Cette liste est établie par le Haut Conseil des droits de l’homme, à la suite d’une résolution votée, en 2016, par le Conseil des droits de l’homme des Nations unies. Elle ne concerne que certains secteurs et recensait, lors de sa dernière mise à jour, en juin 2023, 97 entreprises, en majorité israéliennes.

    On y trouve #Altice International, propriétaire de l’opérateur téléphonique #SFR, le numéro deux mondial de la construction ferroviaire #Alstom ou encore #Egis, spécialisé dans l’ingénierie de la construction et l’exploitation d’infrastructures, dont la Caisse des dépôts est actionnaire à hauteur de 34 %.

    « Quand la CIJ dit le droit, on peut considérer que c’est le droit, donc c’est un avis important, dont les tribunaux français vont forcément s’emparer s’il y a des recours contre les entreprises en question », avance Alain Pellet, professeur émérite à l’université Paris-Nanterre et ancien président de la Commission du droit international des Nations unies.

    Devoir de vigilance

    Même si les entreprises ne sont pas soumises au droit international, elles peuvent faire l’objet de recours devant les tribunaux, sur la base du devoir de vigilance. Ce principe, qui existe en droit français depuis 2017, s’applique aussi par une directive européenne mise en place en juillet, dont le non-respect peut entraîner une amende. Il oblige la plupart des grandes entreprises à s’assurer que leurs activités n’enfreignent pas les droits humains et respectent la protection de l’environnement partout dans le monde, et auprès de leurs clients ou de leurs fournisseurs.

    « La CIJ invite les Etats à adapter leurs législations pour empêcher la colonisation ou le maintien de la puissante occupante dans ces territoires, ajoute Me Philippe Valent, avocat pénaliste au barreau de Paris. Ce qui signifie, pour l’Europe, d’imposer des règles de conformité aux entreprises et de décider d’un paquet de sanctions. Mais c’est peu probable à ce stade. »

    #paywall

  • Francesca Albanese, UN Special Rapporteur oPt sur X
    https://x.com/FranceskAlbs/status/1822184214860534271

    #Gaza: In the largest and most shameful concentration camp of the 21st century, Israel is genociding the Palestinians one neighborhood at the time, one hospital at the time, one school at the time, one refugee camp at the time, one ’safe zone’ at the time. With US and European weapons. And amid the indifference of all “civilised nations”.

    May the Palestinians forgive us for our collective inability to protect them, honoring the most basic meaning of intl law.

    #communauté_internationale #civilisés #complicité #génocide

  • Revealed: America’s secret special forces flights to Israel from UK base on Cyprus
    https://www.declassifieduk.org/revealed-americas-secret-special-forces-flights-to-israel-from-uk-ba

    Unmarked planes are being used by US forces to fly from Cyprus to Israel, including as recently as June 26

    The aircraft are believed to be used by highly secretive 427th Special Operations Squadron and the CIA

    Declassified also finds 26 huge US military transport planes have landed at UK base on Cyprus, believed to be carrying weapons for Israel

    Revelations could further implicate British ministers in war crimes

    #génocidaires #complicité #Chypre #états-unis #genocide_joe « #communauté_internationale »

  • Récapitulatif de la soirée du 11 juillet 2024 23:39 BST | Middle East Eye
    https://www.middleeasteye.net/live-blog/live-blog-update/evening-recap-160

    Voici les principaux événements de la journée :
    Les forces israéliennes ont tué au moins 50 Palestiniens et en ont blessé 54 autres au cours des dernières 24 heures, selon le ministère palestinien de la santé. Cela porte à 38 345 le nombre de morts palestiniens depuis le 7 octobre, à plus de 88 295 le nombre de blessés et à environ 10 000 le nombre de disparus, probablement morts ou ensevelis sous les décombres.
    Le Premier ministre espagnol Pedro Sanchez a exhorté mercredi l’Occident à rejeter la politique de « deux poids, deux mesures » concernant la guerre à Gaza, et s’est joint aux dirigeants de l’OTAN pour soutenir l’Ukraine.
    Les forces israéliennes se sont retirées du quartier Shujaiya de la ville de Gaza mercredi, laissant derrière elles une traînée de mort et de destruction.
    Selon David Ignatius, éditorialiste au Washington Post, Israël et le Hamas sont prêts à ce qu’aucun des deux ne gouverne la bande de Gaza après la fin de la guerre. Des sources du Hamas ont démenti les affirmations d’Ignatius, affirmant qu’aucun accord n’avait été conclu sur la gouvernance de la bande de Gaza après la guerre.
    L’Unrwa a fait état de « conditions tout à fait épouvantables » résultant du siège dans une école transformée en refuge pour personnes déplacées dans la bande de Gaza.
    Selon le quotidien israélien Haaretz, le chef du Mossad, David Barnea, a approuvé une demande essentielle du Premier ministre Benjamin Netanyahu dans les négociations en cours sur le cessez-le-feu à Gaza.
    Les ministres des affaires étrangères du G7 ont dénoncé la décision d’Israël d’étendre les colonies illégales en Cisjordanie occupée, qualifiant cette décision de « contre-productive pour la cause de la paix ».
    Le Premier ministre israélien Benjamin Netanyahu a exigé qu’Israël maintienne son contrôle sur les territoires palestiniens clés situés le long de la frontière entre Gaza et l’Égypte.

    #Bilan

  • Are Israel and Hezbollah on the verge of a full-blown war ? | Inside Story - YouTube
    https://www.youtube.com/watch?v=5017EsGx72E&pp=ygUaamF6ZWVyYSBlbmdsaXNoIGZ1bGwtYmxvd24%3D

    L’expert pro-israélien totalement incohérent, affirme à la fois que la « #doctrine_dahiya » étendue à Beyrouth intra-muros permettra de venir à bout du Hezbollah et qu’Israel comptera sur l’intervention de la « #communauté_internationale » pour arrêter très rapidement la guerre (après qu’il ait « ramené le Liban à l’âge de pierre ») parce qu’il n’a pas les moyens de mener une longue guerre.

    Nicholas Noe lui répond que son analyse relève de la “fantasy”.

    • En fait les dires de l’expert en question sont ceux du terroriste Giora #Eiland, mais revisités de manière optimiste…

      Ynetnews Opinion -
      https://seenthis.net/messages/633905

      A long war will cause intolerable damage to Israel’s military and civilian infrastructures.
       
      The only way to ensure that the next war is short requires us to fight the state of Lebanon, not just Hezbollah. Israel can destroy Lebanon’s infrastructures and army within several days. Since there is no one in the world—neither the Lebanese nor Hezbollah, Syria or Iran, and of course Saudi Arabia, France, Russia and the United States—who wants to see Lebanon destroyed, it will lead to massive international pressure to reach a ceasefire within a week or less, and that’s just what Israel needs.

      Et, au cas où il aurait surestimé le degré de compassion des grandes puisssances, le terroriste préconise de leur faire comprendre dès maintenant qu’il faudra stopper Israël au bout d’une semaine maximum, au lieu de leur promettre comme maintenant que l’état sioniste est capable de battre le Hezbollah...

      Reaching such a decision in real time, when the conflict erupts, is insufficient. Israel should already start conveying this message, for two reasons: First of all, we will achieve deterrence and possibly prevent the next war since, as mentioned, no one in the world wants to see Lebanon destroyed. Second, if a war does break out in the end, it’s important that the Western states—at least the US—understand in advance that Israel chose this strategy having no other choice. Unfortunately, Israel is conveying the opposite messages.

      About a week ago, at the end of the major military exercise in northern Israel, the defense minister and army chiefs conveyed the message that Israel is capable of defeating Hezbollah. That’s a mistake. Even if Israel wins, but the war lasts about five weeks like in 2006, we will all pay a huge price which we will have trouble living with.

  • Des Gazaouis racontent l’assaut israélien de l’hôpital Al-Shifa : « Si on sortait, on était tués »
    https://www.lemonde.fr/international/article/2024/04/22/des-gazaouis-racontent-l-assaut-israelien-de-l-hopital-al-shifa-si-on-sortai

    Le plus grand hôpital de la bande de #Gaza a été entièrement détruit par une attaque israélienne et par les combats autour du centre hospitalier. Trois semaines plus tard, les Palestiniens continuent d’exhumer des corps.

    #génocide #impunité #complicité #communauté_internationale

    • Tous les jours depuis trois semaines, Maha Souilem, une infirmière de 38 ans, se mêle aux habitants et aux secouristes qui fouillent les talus de sable dans la cour de l’hôpital Al-Shifa, au cœur de la ville de #Gaza, et dans les ruines alentour. La silhouette déchirée du bâtiment principal, troué par les explosions et carbonisé, se détache dans le ciel printanier bleu azur. Maha cherche son mari.
      Après quatorze jours de siège, l’armée israélienne s’est retirée de la zone le 1er avril, laissant derrière elle un paysage de dévastation et l’odeur âcre des corps en décomposition. Les Palestiniens n’en finissent pas d’exhumer des cadavres : la défense civile a indiqué au média américain NPR en avoir trouvé 381 dans et autour d’Al-Shifa. Environ 160 corps seraient encore sous les décombres des immeubles du quartier, selon les secouristes.

      Un lieu de mort
      Un millier d’immeubles auraient été incendiés ou endommagés aux alentours, selon le Hamas, une évaluation reprise par le Bureau de la coordination des affaires humanitaires de l’ONU (OCHA). L’assaut de l’hôpital est la plus importante opération de l’armée israélienne menée dans l’enclave, depuis le début de la guerre déclenchée après l’attaque du Hamas contre Israël, le 7 octobre 2023. Al-Shifa, qui signifie « la guérison » en arabe, est devenu un lieu de mort. Le plus grand hôpital de la bande de Gaza est aujourd’hui entièrement détruit. A distance et sur place avec l’aide d’un collaborateur, Le Monde a recueilli des témoignages de Palestiniens qui ont vécu l’assaut. La presse internationale est toujours interdite d’accès dans l’enclave par les autorités israéliennes.
      Dans la cour, deux fosses communes ont été découvertes – trente cadavres en tout, certains dans un état de décomposition avancée. Douze seulement ont été identifiées ; des proches ont reconnu ici une chaussure, là un lambeau de vêtement. La semaine dernière, l’un des collègues de Maha, qui pensait que son fils avait été arrêté, l’a finalement retrouvé parmi les corps. « J’en ai été sidérée », dit l’infirmière. Depuis que leur maison avait été bombardée, elle vivait avec son époux, ambulancier, et leurs deux filles de 2 et 6 ans, dans l’hôpital Al-Shifa. Le couple s’oubliait dans le travail. « Vingt-quatre heures sur vingt-quatre, au service de notre peuple. »

      Le 18 mars, l’attaque israélienne les a surpris, au milieu de la nuit. L’hôpital s’est mis à résonner de « coups de feu et explosions d’une intensité inouïe ». « Ils ont fait exploser la salle à côté de nous », raconte Maha. Un haut-parleur a annoncé le siège de l’établissement. « Tout le monde doit se rendre. Personne ne sort, les portails sont fermés », a répété une voix sans visage. Patients, médecins, déplacés, se cognaient dans la cohue. Ceux qui s’approchaient des fenêtres se faisaient tirer dessus.
      Quand les militaires israéliens sont enfin apparus, ils ont d’abord évacué les femmes déplacées, puis le personnel de santé. Il ne faut pas s’inquiéter, leur ont-ils assuré. Sur la cinquantaine de soignants qui étaient avec elle, 35 ont été arrêtés. « C’est à ce moment-là que mon mari a disparu. Ils l’ont embarqué, l’ont déshabillé, dit Maha, la voix tremblante. Je ne sais rien de lui, s’il a été détenu, exécuté, s’il est enterré… Je ne sais pas où il est. » Parmi les quinze membres du personnel restés avec elle, les soldats « en ont fait sortir quatre ». « Ils les ont laissés s’éloigner, et on a entendu des coups de feu », se souvient-elle.

      Arrêté et violemment battu
      Ses collègues ont retrouvé la trace deux d’entre eux à l’hôpital Al-Ahli. Pour les deux autres, personne ne sait. Le directeur du centre d’urgence sanitaire d’Al-Shifa, Moatassem Saleh, a indiqué au Monde avoir perdu la trace de quarante-deux soignants. Au moins quatre membres du personnel de l’hôpital ont été tués, parmi eux, le chirurgien plastique Ahmed Al-Maqdameh. La mère de ce dernier, Yousra, médecin, a également été retrouvée morte.

      Taha Marzouq, qui travaillait dans le département de radiologie au moment de l’assaut, a plusieurs fois pensé qu’il allait y mourir. « Le 18 mars est le pire jour de ma vie. C’était la première fois que je voyais des chars, des Jeep, des soldats israéliens », se souvient-il. Le soignant, âgé de 33 ans, est arrêté, détenu deux jours, en sous-vêtements, les yeux bandés. Il dit avoir été violemment battu par les soldats israéliens et les avoir vus frapper des patients. Il goûte un semblant de joie quand les militaires lui retirent ses entraves ; il va quitter l’hôpital – l’enfer. « Là, explique-t-il, je suis sorti. J’ai alors vu des cadavres qui gisaient sur le sol. Parmi eux, il y avait le corps de mon collègue, le docteur Mohammed Al-Nounou. J’étais dévasté. »
      L’armée israélienne avait déjà mené une large attaque contre l’hôpital Al-Shifa, en novembre 2023. Depuis, l’établissement n’était plus que partiellement opérationnel. Les militaires accusent le Hamas d’y avoir installé une base militaire – ce que nie le mouvement islamiste. L’armée a diffusé, début avril des images d’un tunnel, de « grandes quantités » d’armes saisies, ainsi que d’importantes sommes en liquide ou des documents retraçant des réunions du mouvement islamiste palestinien au sein d’Al-Shifa, autour de questions de gestion et de paie de militants.

      Du 18 mars au 1er avril, les forces israéliennes et les combattants palestiniens se sont affrontés, dans et autour de l’hôpital. Les militaires revendiquent avoir tué 200 hommes armés gazaouis, dont des cadres du Hamas et du Jihad islamique, et en avoir arrêté 500 autres. Aux questions précises du Monde concernant les morts de civils, les forces israéliennes ont renvoyé au communiqué publié après leur retrait, le 1er avril. Il y est affirmé que le combat a été « engagé en évitant de blesser le personnel médical et les patients ». L’armée assure avoir mené une « opération précise ». Aucun des soignants ayant témoigné n’a été pris dans des échanges de tirs entre Palestiniens et Israéliens. Les soldats ont en outre montré des images de ravitaillement de l’hôpital et des équipes préparant des lits pour les malades ; les soignants affirment pourtant avoir eu faim et ne pas avoir reçu les médicaments nécessaires. L’ONU n’a pas été autorisée à apporter de l’aide.

      L’Organisation mondiale de la santé (OMS) a recensé 21 patients morts faute de soins, lors de l’opération militaire. Le 5 avril, après six tentatives infructueuses, l’ONU a pu faire parvenir une mission dans l’hôpital ; l’équipe a « vu au moins cinq corps partiellement recouverts sur le sol, exposés à la chaleur. La sauvegarde de la dignité, même dans la mort, est un acte d’humanité indispensable », rapportait un communiqué de l’OMS. Un employé de l’OCHA raconte avoir dû, avec ses collègues, ramasser des « corps sur le bord de la route ». 

      Des corps déchiquetés
      En étudiant une partie des dépouilles mortelles retrouvées, le ministère de la santé a identifié une large part de patients, certains corps arborant encore des bandages ou des cathéters, rapporte M. Saleh. « Des traces de blessure par balle étaient visibles sur certains cadavres, uniquement vêtus de leurs sous-vêtements », poursuit-il, suggérant de possibles exécutions sommaires. D’autres corps, enfin, ont été retrouvés déchiquetés, plusieurs morceaux éparpillés – certains probablement en partie dévorés par les chiens ou profanés par les lames des bulldozers qui ont labouré la cour d’Al-Shifa.
      Trois semaines après l’attaque, Amira Al-Safadi se réveille souvent avec l’impression d’être « encore là-bas ». « J’entends les voix des soldats, le bruit des chars, des missiles, des explosions », raconte-t-elle. Cette femme, médecin volontaire de 26 ans, se souvient avoir eu faim et surtout très soif. Ils étaient assiégés. Vers la fin du siège, dit-elle : « Seize patients sont morts. Pendant quatre jours, on a dû dormir avec les corps : l’armée ne nous a pas laissés les sortir ni les enterrer. »
      Le quotidien est gouverné par l’incertitude et la peur : l’hôpital est plongé dans le noir, les soldats changent les instructions, il faut transporter les patients d’un département à l’autre et, à chaque déplacement, se faire fouiller. « Tous ceux qui bougeaient ou avançaient [sans en avoir reçu l’ordre] se faisaient tirer dessus », se rappelle la docteure Al-Safadi. Elle accuse les soldats de s’être servis de certains soignants « comme de boucliers humains ». « Ils demandaient aux infirmiers de rentrer dans certains endroits et de fouiller, tandis qu’ils restaient derrière eux », poursuit-elle.

      Autour de l’hôpital, les habitants racontent les mêmes scènes de siège, d’une rare brutalité. La plupart étaient déjà des déplacés : leur maison avait été bombardée, et ils s’étaient installés non loin d’Al-Shifa, se croyant protégés. La femme de Mohammed Abou Sidou, enseignant de 31 ans, venait d’accoucher, elle avait dû subir une opération. Leur fils avait 5 jours quand l’armée a attaqué. La jeune mère s’est mise à saigner abondamment. Le bâtiment où ils vivaient a été partiellement détruit par des tirs d’artillerie – eux n’ont été que légèrement blessés par des éclats de verre. Tout autour, la plupart des immeubles ont été détruits ou incendiés. Les maisons se sont effondrées sur leurs occupants. Les équipes de la défense civile n’ont pas assez d’équipements pour retrouver les corps prisonniers des gravats.

      « J’entendais les cris »
      « J’ai vu que la maison de mon voisin était en flammes, et je n’ai pas pu ouvrir la fenêtre ni intervenir, raconte M. Sidou, qui demeure hanté par ces images. Les gens blessés mouraient dans la rue, et je ne pouvais pas descendre, ne serait-ce que sur le seuil de la maison. J’entendais les cris des femmes, des enfants, des voisins. Si on sortait, on était tués à notre tour, même ceux qui se tenaient juste à leur fenêtre. »
      Saadia Abou Elnada se souvient surtout du bruit des explosions et des tirs incessants, si proches. Elle habite dans la rue principale, en face de l’hôpital Al-Shifa. Avec son mari, ses enfants et ses petits-enfants, ils se sont retrouvés à dix, terrés dans une pièce. « On mettait des couvertures et des cartons aux fenêtres, de peur que, voyant de la lumière, [les soldats] se mettent à tirer, raconte la mère de famille au visage émacié et anxieux. Ils tiraient au hasard. On étouffait avec l’odeur des explosions et des incendies tout autour. » La famille survit en faisait bouillir de l’eau salée et en mangeant du zaatar, un mélange d’épices. Cela fait longtemps qu’il n’y a plus de pain. Depuis l’assaut, les enfants mouillent leur lit la nuit. « Ils crient, pleurent, ont peur d’aller aux toilettes, se désole-t-elle. On est tous extrêmement abattus. »

      Elle s’interrompt soudain, se corrige : « On dit les “environs d’Al-Shifa”, mais il n’y a plus d’Al-Shifa ni de quartier autour. » En dévastant ce district, en plein cœur de la ville de Gaza, l’armée israélienne a réduit à néant cette institution opérant depuis 1946 : un hôpital de 750 lits, où naissaient plus de 2 000 enfants chaque mois, avant le 7 octobre. Al-Shifa était le cœur du système de santé gazaoui, qui, visé par des attaques israéliennes, s’est effondré depuis des mois. Des générations de médecins s’étaient formées dans cet hôpital universitaire. Sa destruction oblitère encore un peu plus le futur de Gaza.

      Clothilde Mraffko (Jérusalem, envoyée spéciale)

      #Israël

    • La prise de l’hôpital Al-Shifa, ultime refuge de Gaza [16 novembre 2023]
      https://www.lemonde.fr/international/article/2023/11/16/la-prise-de-l-hopital-al-shifa-ultime-refuge-de-gaza_6200461_3210.html

      L’armée israélienne a pénétré mercredi dans l’hôpital où s’étaient abrités de nombreux civils, sans pour l’instant fournir la preuve que l’établissement avait un usage militaire.

      https://archive.ph/oAEQp