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#communautés_locales

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  • @cdb_77
    CDB_77 @cdb_77 1/01/2021
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    @simplicissimus
    @touti
    @7h36
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    Il racconto dell’omicidio di #Agitu_Ideo_Gudeta evidenzia il razzismo democratico dei media italiani

    L’imprenditrice #Agitu Ideo Gudeta è stata uccisa il 29 dicembre nella sua casa a #Frassilongo, in provincia di Trento. Da subito si è ipotizzato si trattasse dell’ennesimo femminicidio (72 donne dall’inizio del 2020), anche in ragione del fatto che in passato la donna era stata costretta a querelare un uomo per #stalking. In quell’occasione Gudeta aveva chiesto di considerare l’aggravante razziale, dato che l’uomo, un vicino di casa, la chiamava ripetutamente “negra”, ma il giudice aveva respinto la richiesta del suo avvocato. Il giorno successivo all’omicidio, il suo dipendente #Adams_Suleimani, – un uomo ghanese di 32 anni – ha confessato il crimine, aggravato dal fatto che l’ha violentata mentre era agonizzante. Il movente sarebbe un mancato pagamento.

    Gudeta era nata ad Addis Abeba, in Etiopia, 42 anni fa. Non era più una “ragazza”, come hanno scritto alcune testate. La sua prima permanenza in Italia risale a quando aveva 18 anni, per studiare nella facoltà di Sociologia di Trento. Era poi tornata in Etiopia, ma nel 2010 l’instabilità del Paese l’ha costretta a tornare in Italia. Nello Stato africano si è interrotto solo pochi giorni fa il conflitto tra il Fronte di Liberazione del Tigré e il governo centrale etiope – i tigrini sono una minoranza nel Paese, ma hanno governato per oltre trent’anni senza far cessare gli scontri tra etnie – cha ha causato violazioni dei diritti umani, massacri di centinaia di civili e una grave crisi umanitaria.

    https://thevision.com/wp-content/uploads/2020/12/rthtyhty-1200x753.jpg

    Proprio le minacce dei miliziani del Fronte di Liberazione avevano spinto Agitu Ideo Gudeta a tornare in Italia. La donna aveva infatti denunciato le politiche di #land_grabbing, ossia l’accaparramento delle terre da parte di aziende o governi di altri Paesi senza il consenso delle comunità che le abitano o che le utilizzano per mantenersi. Per questo motivo il governo italiano le ha riconosciuto lo status di rifugiata. In Trentino, dove si era trasferita in pianta stabile, ha portato avanti il suo impegno per il rispetto della natura, avviando un allevamento di ovini di razza pezzata mochena, una specie autoctona a rischio estinzione, e recuperando alcuni ettari di terreni in stato di abbandono.

    Il caseificio che aveva aperto rivelava già dal nome – La capra felice – il suo credo ambientalista e il suo antispecismo, ricevendo riconoscimenti da Slow Food e da Legambiente per l’impegno promosso con la sua azienda e il suo negozio. Agitu Ideo Gudeta era un nome noto nel movimento antirazzista italiano, ma oggi viene usata – persino dai Verdi – per presentare il Trentino come terra di accoglienza, in un tentativo di nascondere la xenofobia di cui era oggetto. Le origini della donna e del suo assassino stupratore sono sottolineate da tutti e precedono la narrazione della violenza, mettendola in secondo piano, salvo evidenziarla in relazione alla provenienza dell’omicida, che per una volta non è un italiano, né un compagno o un parente.

    Alla “ragazza” è stata affibbiata in tutta fretta una narrazione comune a quella che caratterizza altre donne mediaticamente esposte, come le attiviste Greta Thunberg e Carola Rackete, la cooperante Aisha Romano o la giornalista Giovanna Botteri, basata su giudizi e attacchi basati perlopiù su fattori estetici. Razzismo, sessismo e classismo si mescolano in questa storia in cui la violenza – quella del vicino di casa, quella del suo assassino, quella del governo etiope – rischiano di rimanere sullo sfondo, in favore del Grande gioco dell’integrazione. A guidarlo è come sempre un trionfalismo tipico dei white saviour (secondo una definizione dello storico Teju Cole del 2012), come se esistesse un colonialismo rispettabile: insomma, in nome della tolleranza, noi italiani doc abbiamo concesso alla donna un riparo da un Paese povero, di una povertà che riteniamo irrimediabile. Usiamo ormai d’abitudine degli automatismi e un lessico che Giuseppe Faso ha definito razzismo democratico, in cui si oppongono acriticamente migranti meritevoli a migranti immeritevoli, un dualismo che sa vedere solo “risorse” o “minacce all’identità nazionale”.

    Così il protagonismo di Agitu Ideo Gudeta viene improvvisamente premiato, trasformando lei in una migrante-eroina e il suo aguzzino nel solito stupratore non bianco, funzionale solo al “Prima gli italiani”. Ma parlare di Agitu Ideo Gudeta in termini di “integrazione” è un insulto alla sua memoria. Considerarla un simbolo in questo senso conferma che per molti una rifugiata sarà rifugiata per sempre e che una “migrante” non è altro che una migrante. La nostra stampa l’ha fatto, suggerendo di dividere gli immigrati in buoni e cattivi, decorosi e indecorosi, e trattando i lettori come se fossero tutti incapaci di accogliere riflessioni più approfondite.

    Parallelamente però, un governo che come i precedenti accantona la proposta di legge sulla cittadinanza favorisce un racconto privo di sfumature, che rifiuta in nome di una supposta complessità non affrontabile nello sviscerare questo tema. Forse se avessimo una legge sulla cittadinanza al passo con i tempi, e non una serie di norme che escludono gli italiani di seconda generazione e i migranti, potremmo far finalmente progredire il ragionamento sulla cosiddetta convivenza e sulla coesione sociale ed esprimerci con termini più adeguati. Soprattutto chi è stato in piazza a gridare “Black Lives Matter”, “I can’t breathe” e “Say Their Names” oggi dovrebbe pretendere che la notizia di questo femminicidio venga data diversamente: in Trentino una donna di nome Agitu Ideo Gudeta è stata uccisa e violentata. Era diventata un’imprenditrice di successo nel settore caseario dopo essersi opposta alle politiche di land grabbing in Etiopia. Era un’attivista e un’ambientalista molto conosciuta. Mancherà alla sua comunità.

    ▻https://thevision.com/attualita/agitu-gudeta-razzismo

    #féminicide #racisme #Italie #meurtre #femmes #intersectionnalité #viol #réfugiés #accaparement_des_terres #Trentin #éleveuse #élevage #Pezzata_Mòchena #chèvrerie #chèvres #La_capra_felice #xénophobie
    #white_saviour #racisme_démocratique
    –-

    Le site web de la #fromagerie de Agitu Ideo Gudet :

    http://www.lacaprafelice.com/wp-content/uploads/2015/06/la-capra-felice-formaggio-logo.png https://i.imgur.com/hkfmVi8.png

    ▻http://www.lacaprafelice.com

    –------------------

    NB :
    Grâce à une amie qui connaissait Agitu je viens de connaître une autre facette de cette histoire. Un drame dans le drame, dont je ne peux/veux pas parler ici.

    CDB_77 @cdb_77
    • @cdb_77
      CDB_77 @cdb_77 1/01/2021

      Murdered Agitu Ideo Gudeta, an example of environmental preservation and female entrepreneurship in Italy.

      Agitu was found dead in her home in #Val_dei_Mocheni, Trentino, Italy. The entrepreneur and shepherdess from Ethiopia would turn 43 on January 1st.
      An employee of her company confessed the murder followed by rape.

      One of the main news in the Italian media, the murder of Agitu brought much indignation. Especially among women. In Italy, a woman is murdered every three days, according to a report from Eures.

      “When will this massacre of women end? When? Today, feminicide has extinguished the smile of a dear and sweet sister. Rest in peace Agitu. We will miss you a lot”, twitted the Italian writer with SomaIi origin Igiaba Sciego.

      https://migrantwomenpress.com/wp-content/uploads/2020/12/AGITU.jpg

      Agitu, originally from Addis Ababa, was born into a tribe of nomadic shepherds. She went to Rome to study Sociology when she was 18 years old and returned to Ethiopia. However, she left her country again in 2010, fleeing threats for her commitment by denouncing “land grabbing” by multinationals.

      In Italy, in Valle dei Mocheni, Trentino, she began to preserve a goat species in extinction, the #Mochena goat.

      https://migrantwomenpress.com/wp-content/uploads/2020/12/Alessandro-Bianchi-768x498.jpeg

      An example of female entrepreneurship, she set up the company “La capra felice” (The happy goat) producing cheeses and cosmetic products with goat’s milk.

      She has become an example of organic and sustainable production.

      Agitu’s work has been recognized throughout Italy, her story published in many medias, she attended different events and has been rewarded for her commitment to preserving goats and her production of organic products. One of the awards was the Slow Cheese Resistenza Casearia award, in 2015.

      It was not the first time that Agitu had her life under threat in the hands of men. She publicly denounced her neighbour for stalking, racially motivated threats and aggression. For months she was threatened by a man and one of the reasons was that she offered work and apprenticeship for refugees from African origins. “This neighbour does not like the colour of our skin and does what it can to create confusion,” she said at an interview.

      On December 29, her life was taken by a man who worked for her, shepherding her goats. According to him, for financial reasons. The man confessed to the crime and also revolted that he had committed rape after the attack. The man beat her in her head with a hammer. He was arrested.

      Agitu was found lifeless after friends called the police because they thought it was strange that she didn’t come to a meeting and didn’t answer the phone.

      The murder is a tragic end for a woman who brought so many good things into the world.

      Until when will we lose our sisters to violence?

      Rest in peace Agitu. We will never forget your legacy.

      ▻https://migrantwomenpress.com/agitu-ideo-gudeta-murdered/amp/?__twitter_impression=true

      #montagne

      CDB_77 @cdb_77
    • @cdb_77
      CDB_77 @cdb_77 1/01/2021

      Grâce à une amie qui connaissait Agitu je viens de connaître une autre facette de cette histoire. Un drame dans le drame, dont je ne peux/veux pas parler ici.

      CDB_77 @cdb_77
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      CDB_77 @cdb_77 2/01/2021

      Le féminicide d’Agitu Ideo Gudeta choque l’Italie

      Ce 29 décembre, Agitu Ideo Gudeta, une réfugiée éthiopienne de 42 ans, a été retrouvée morte à son domicile, dans le nord de l’Italie, annonce La Repubblica. Elle était connue dans tout le pays grâce à son activité, couronnée de succès, d’éleveuse de chèvres et avait été à de nombreuses reprises médiatisée.

      Une célèbre bergère

      Selon le quotidien local Il Dolomiti, Agitu Gudeta était devenue « la bergère la plus célèbre des vallées du Trentin ». Et son histoire n’était pas banale. En 2010, elle avait dû fuir l’Éthiopie à cause de son activité de militante environnementaliste. Elle subissait des menaces de poursuites judiciaires et des menaces de mort car elle s’opposait à l’accaparement des terres par certaines multinationales.

      A 30 ans, toute seule dans un nouveau pays et dans la région réputée inhospitalière du Trentin, elle avait commencé une autre vie, avec ses 180 chèvres et sa propre entreprise prospère de fromages bio baptisée « La Capra Felice », la chèvre heureuse. Elle avait choisi de protéger une espèce rare, la chèvre Mochena, qui survit dans cette vallée isolée.
      Insultes et menaces racistes

      Avec sa réussite, c’est à d’autres menaces qu’elle avait dû faire face : des menaces et insultes racistes de la part de ses voisins. Elle avait été agressée physiquement également. Elle avait porté plainte contre l’un d’eux qui avait été condamné en janvier à 9 mois sous liberté conditionnelle.

      ▻https://www.youtube.com/watch?v=CF0nQXrEJ30&feature=emb_logo

      ▻https://www.rtbf.be/info/dossier/les-grenades/detail_le-feminicide-d-agitu-ideo-gudeta-choque-l-italie?id=10664383

      CDB_77 @cdb_77
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      CDB_77 @cdb_77 2/01/2021

      Trentino, uccisa in casa Agitu Gudeta, la rifugiata etiope simbolo dell’integrazione

      Scappata dal suo Paese, aveva fondato l’azienda agricola «La capra felice» nella Valle dei Mocheni dove allevava animali a rischio di estinzione.

      L’hanno trovata senza vita all’interno della sua casa di Frassilongo (Trentino), colpita con violenza alla testa. Un omicidio, hanno confermato i carabinieri che nel tardo pomeriggio sono giunti sul posto, chiamati dai vicini e stanno lavorando per ricostruire l’accaduto.

      È finito così - forse con un colpo di martello - il sogno di Agitu Ideo Gudeta, pastora etiope che avrebbe compiuto 43 anni il giorno di Capodanno e che si era data l’obiettivo di salvare dall’estinzione (e anche dagli attacchi dell’orso) la capra mochena, una specie che sopravvive in una valle isolata della Provincia di Trento dove la donna aveva trovato casa.

      Ma il suo problema - aveva denunciato un paio di anni fa - più che gli orsi erano i vicini: «Mi insultano, mi chiamano brutta negra, dicono che me ne devo andare e che questo non è il mio posto» aveva denunciato ai carabinieri, raccontando anche pubblicamente la sua storia. Le indagini perà si concentrerebbero su un giovane africano dipendente dell’azienda ’La Capra Felice’. A quanto pare, l’uomo - che non è quello che l’aveva minacciata ed aggredita - avrebbe avuto dissidi con Agitu per motivi economici. A dare l’allarme ai carabinieri sono stati alcuni vicini a loro volta chiamati da un uomo con il quale la vittima aveva un appuntamento al quale non si era presentata.

      Sul caso delle minacce arrivò la solidarietà del presidente della giunta provinciale, all’epoca Ugo Rossi: «Il fatto che Agitu, da rifugiata, abbia avviato la sua attività agricola sul nostro territorio dimostra che il Trentino crede nell’accoglienza e nella solidarietà». Una storia di minacce e danneggiamenti, finita in tribunale con la condanna a 9 mesi per lesioni di un uomo del posto che aveva sempre liquidato la faccenda come una lite fra vicini: «Il razzismo non c’entra». La donna quindi aveva ripreso a girare i mercati del Trentino per vendere i prodotti realizzati con il latte delle sue cinquanta capre, con il furgone che sulla fiancata riportava il nome dell’azienda agricola: «La capra felice».

      Agitu Gudeta era fuggita in Italia nel 2010 e aveva ottenuto lo status di rifugiata e dopo qualche anno era riuscita ad avviare la sua azienda agricola a Frassilongo scommettendo sulle capre mochene. Nel 2017 aveva partecipato all’incontro «Donne anche noi», raccontando la sua storia di migrante arrivata in Italia. Originaria della capitale Addis Abeba, era stata costretta a lasciate l’Etiopia perché a causa del suo impegno contro l’accapparramento delle terre da parte di alcune multinazionali era stata oggetto di minacce di morte.

      ▻https://www.repubblica.it/cronaca/2020/12/29/news/trentino_trovata_morta_agitu_gudeta_donna_42enne_simbolo_di_integrazione_

      CDB_77 @cdb_77
    • @cdb_77
      CDB_77 @cdb_77 2/01/2021

      Tributes paid to Ethiopian refugee farmer who championed integration in Italy

      Agitu Ideo Gudeta, who was killed on Wednesday, used abandoned land to start a goat farming project employing migrants and refugeesTributes have been paid to a 42-year-old Ethiopian refugee and farmer who became a symbol of integration in Italy, her adopted home.

      Agitu Ideo Gudeta was attacked and killed, allegedly by a former employee, on her farm in Trentino on Wednesday.

      Gudeta had left Addis Ababa in 2010 after angering the authorities by taking part in protests against “land grabbing”. Once in Italy, she tenaciously followed and realised her ambition to move to the mountains and start her own farm. Taking advantage of permits that give farmers access to abandoned public land in depopulated areas, she reclaimed 11 hectares (27 acres) around an old barn in the Mòcheni valley, where she founded her La Capra Felice (The Happy Goat) enterprise.

      Gudeta started with a herd of 15 goats, quickly rising to 180 in a few years, producing organic milk and cheese using environmentally friendly methods and hiring migrants and refugees.

      “I created my space and made myself known, there was no resistance to me,” she told Reuters news agency that year.

      “Agitu brought to Italy the dream she was unable to realise in Ethiopia, in part because of land grabbing,” Gabriella Ghermandi, singer, performer, novelist and friend of Gudeta, told the Guardian. “Her farm was successful because she applied what she had learned from her grandparents in the countryside.

      “In Italy, many people have described her enterprise as a model of integration. But Agitu’s dream was to create an environmentally sustainable farm that was more than just a business; for her it also symbolised struggle against class divisions and the conviction that living in harmony with nature was possible. And above all she carried out her work with love. She had given a name to each one of her goats.”

      In a climate where hostility toward migrants was increasing, led by far-right political leaders, her success story was reported by numerous media outlets as an example of how integration can benefit communities.

      “The most rewarding satisfaction is when people tell me how much they love my cheeses because they’re good and taste different,” she said in an interview with Internazionale in 2017. “It compensates for all the hard work and the prejudices I’ve had to overcome as a woman and an immigrant.”

      Two years ago she received death threats and was the target of racist attacks, which she reported to police, recounting them on her social media posts.

      But police said a man who has confessed to the rape and murder of the farmer was an ex-employee who, they said, allegedly acted for “economic reasons”.

      The UN refugee agency said it was “pained” by Gudeta’s death, and that her entrepreneurial spirit “demonstrated how refugees can contribute to the societies that host them”.

      “Despite her tragic end, the UNHCR hopes that Agitu Ideo Gudeta will be remembered and celebrated as a model of success and integration and inspire refugees that struggle to rebuild their lives,” the agency said.

      “We spoke on the phone last week’’, said Ghermandi. “We spent two hours speaking about Ethiopia. We had plans to get together in the spring. Agitu considered Italy her home. She used to say that she had suffered too much in Ethiopia. Now Agitu is gone, but her work mustn’t die. We will soon begin a fundraising campaign to follow her plan for expanding the business so that her dream will live on.”

      Gudeta would have turned 43 on New Year’s Day.

      ▻https://www.theguardian.com/global-development/2021/jan/01/tributes-paid-to-ethiopian-refugee-farmer-who-championed-integration-in

      CDB_77 @cdb_77
    • @rastapopoulos
      RastaPopoulos @rastapopoulos CC BY-NC 3/01/2021

      En français elle a sa page WP : ▻https://fr.wikipedia.org/wiki/Agitu_Gudeta

      RastaPopoulos @rastapopoulos CC BY-NC
    • @cdb_77
      CDB_77 @cdb_77 8/01/2021

      Le parcours d’une réfugiée Ethiopienne en Italie | Femmage
      ►https://www.youtube.com/watch?v=xcBxOi2mL_Q

      CDB_77 @cdb_77
    • @cdb_77
      CDB_77 @cdb_77 8/01/2021

      #Agitu_Gudeta, réfugiée éthiopienne devenue bergère, l’assassinat qui émeut l’Italie
      ▻https://seenthis.net/messages/894534

      CDB_77 @cdb_77
    • @cdb_77
      CDB_77 @cdb_77 21/06/2021

      Dalla ricerca di eroi alla costruzione di progetti comunitari. Perché è importante cambiare narrazione

      Del bisogno di eroi

      La storia del passato, così come la cronaca quotidiana, pullula di storie di eroi che troneggiano nell’immaginario collettivo. Quello di eroi ed eroine è un bisogno antico, che riflette la necessità di costruire cognitivamente il mondo reale per mezzo di narrative che ci permettano di affidare ruoli e connotati chiari a singoli individui e gruppi sociali, soddisfacendo il nostro bisogno di certezze che affonda le radici tanto nella mitologia classica quanto nel pensiero cristiano e che sostengono la costruzione della nostra moralità culturale e senso dell’etica.

      Si tratta però di un bisogno che è ancora largamente presente nelle società contemporanee, a dispetto dei progressi indotti dal processo di formazione del diritto moderno, che ha portato a distinguere in maniera netta tra ciò che è lecito e ciò che lecito non è. Questo processo non è infatti riuscito, se non in astratto attraverso artifici teorici, a superare la dimensione individualistica (Pisani, 2019). Di qui il perdurare del bisogno di eroi, che continua a essere percepito come rilevante perché offre un’efficace e facile via di fuga. Consente, talvolta inconsapevolmente, di banalizzare situazioni e fenomeni complessi, interpretarli in maniera funzionale alla nostra retorica e giustificare l’inazione.

      Se l’obiettivo è però innescare profondi cambiamenti sociali all’insegna di una maggiore giustizia sociale e lotta alle profonde disuguaglianze del nostro tempo, allora non è di singoli eroi che si dovrebbe andare alla ricerca, ma di una diversa narrazione che faccia assegnamento sull’impegno autentico delle comunità. Comunità locali che sono sempre più chiamate a svolgere un ruolo rilevante nella costruzione sia di sistemi di welfare di prossimità, sia di nuovi modelli di produzione a larga partecipazione, in risposta a una pluralità di bisogni e sfide incompiute che spaziano dall’inclusione di persone vulnerabili fino alla gestione di beni comuni come la salute, il territorio, l’energia.[1]

      Quest’articolo prende le mosse da una convinzione di fondo. Nonostante il ruolo importante che svolgono nel generare benessere sociale, le comunità locali stentano ad essere riconosciute come protagoniste di un processo di cambiamento.

      Responsabile della loro scarsa visibilità e incisività non è solo l’insufficiente riconoscimento politico, ma anche una narrazione incoerente di cui si fanno sovente portatrici anche le organizzazioni di terzo settore che gli interessi delle comunità promuovono. Una narrazione spesso incentrata sul culto di singole personalità che, mettendo in ombra l’ancoraggio comunitario, rischia di incrinare l’impatto generativo del terzo settore.

      Dopo una riflessione sul perché bisognerebbe diffidare delle narrazioni idealizzate e sugli effetti del pathos degli eroi, l’articolo si sofferma su un caso specifico, quello di Agitu Ideo Gudeta, assassinata sul finire del 2020 da un suo collaboratore. Quindi, prendendo le mosse da questa drammatica vicenda, gli autori si soffermano sulle ragioni che farebbero propendere per la sostituzione degli eroi con progetti collettivi, sollecitando le organizzazioni di terzo settore, in primis, a cambiare narrazione.
      Pathos degli eroi

      Gli esempi di persone, professionisti e politici che sono stati idealizzati in virtù di reali o presunti talenti o gesta sono molteplici e coinvolgono frange della società civile – sia conservatrici e reazionarie, sia progressiste – così come il mondo della politica. Eroi che, spesso in virtù di altrettante semplificazioni, da figure mitologiche sono stati di punto in bianco trasformati in demoni o in capri espiatori, lasciando volutamente in ombra la complessità dei contesti, le relazioni, le fragilità, le emozioni e i comportamenti, spesso controversi, che accompagnano ogni essere umano, sia nei momenti di gloria, sia in quelli più bui.

      Nell’ambiente conservatore spicca la parabola di Vincenzo Muccioli, santificato negli anni ’80 come salvatore di migliaia di giovani spezzati dall’eroina, e poi demonizzato dai mezzi di informazione, prescindendo da un’analisi approfondita della sua controversa iniziativa. Tra gli esempi di persone e professionisti che sono stati santificati e poi travolti da un’onda di retorica colpevolista vi sono gli infermieri e i medici, celebrati come supereroi allo scoppio della pandemia Covid-19, passati nel secondo lockdown ad essere additati come appestati e untori, quando non complici di una messa in scena.[2]
      Emblematico è anche il caso dei volontari, portati puntualmente alla ribalta della cronaca come angeli durante catastrofi e crisi naturali, per poi svanire nel nulla in tempi non emergenziali, a dispetto del loro prezioso contributo quotidiano per migliorare la qualità della vita delle persone più vulnerabili.[3]
      Con riferimento all’ambiente più militante e progressista si distingue Mimmo Lucano, ex sindaco di Riace, passato dall’essere innalzato a mito dell’accoglienza dalla stampa e dal sistema SPRAR, in virtù dell’esperienza pionieristica sperimentata dal suo Comune, a essere abbandonato e attaccato da una parte dei media. Il cambio di atteggiamento nei confronti di Lucano coincide con la controversa vicenda giudiziaria che lo vede coinvolto per favoreggiamento dell’immigrazione e per la gestione di progetti di accoglienza, dopo che il suo Comune è stato per anni pressato dal Viminale e dalla Prefettura affinché ospitasse un gran numero di richiedenti asilo, rifiutati da altri progetti di accoglienza (Procacci, 2021). Nel mondo della politica istituzionale primeggia l’attuale santificazione di Mario Draghi, acclamato come unico possibile salvatore di un Paese al collasso dopo essere stato considerato un simbolo dei poteri finanziari forti negli anni della crisi economica globale (Dominjanni, 2021).
      Perché diffidare degli eroi?

      Le ragioni che portano a diffidare degli eroi sono molteplici. I riflettori accesi esclusivamente sulla dimensione dell’eccellenza[4]
      distolgono l’attenzione da tutto ciò che condiziona le azioni dell’eroe, come i contesti istituzionali e ambientali, incluso il bagaglio di risorse, non solo economiche ma anche sociali e culturali, su cui il singolo fa assegnamento. A influenzare i percorsi che portano alle presunte gesta eccezionali di chi viene incoronato come eroe, ci sono comunità e organizzazioni, più o meno coese, composte da una pluralità di individui che si relazionano tra di loro per contribuire, in base al ruolo ricoperto, al raggiungimento di obiettivi condivisi. Anche le scelte dell’imprenditore più autoritario e accentratore, sono condizionate dalle persone e dall’ambiente con cui è interconnesso. Il potenziale innovativo non è quindi un dono che gli dei fanno a pochi eletti (Barbera, 2021), ma un processo complesso che per essere compreso appieno presuppone un’analisi articolata, che ricomprende una pluralità di elementi economici, sociali e relazionali. Elementi che le analisi fondate sugli eroi nella maggior parte dei casi ignorano, riconducendo sovente il successo dell’iniziativa idealizzata esclusivamente a un’intuizione del singolo.

      A fomentare una narrazione personalistica ha contribuito lo storytelling che ha fatto dell’innovazione il mantra dominante (Barbera, 2021). Responsabile è principalmente la retorica di stampo neoliberista, incentrata sul mito dell’imprenditore individuale, che ha assoggettato la maggior parte dei campi del sapere, arrivando a giustificare le disuguaglianze poiché conseguenti a un processo liberamente accettato dove ognuno ha pari opportunità di accesso al mercato e alla proprietà (Piketty, 2020). Di qui la riconversione del cittadino in homo oeconomicus, orientato non più allo scambio come nel liberismo classico, bensì alla valorizzazione di sé stesso in quanto capitale umano (Dominjianni, 2017). Una parte della letteratura sul management del terzo settore ha introiettato questa logica, proiettandola nella figura eroica dell’imprenditore sociale (Waldron et al., 2016; Miller et al., 2012; Dacin et al., 2011; Short et al., 2009; Zahra et al., 2009; Bornstein, 2007; Martin, Osberg, 2007; Austin et al., 2006).[5]
      Sottolineando il connubio tra tratti etici e competenze creative e leadership, che permetterebbero all’imprenditore sociale di assumersi i rischi necessari a raggiungere obiettivi sociali straordinari, questa letteratura ha trascurato i processi organizzativi e decisionali che sono alla base del funzionamento delle diverse organizzazioni (Petrella, Battesti, 2014).

      Il culto degli eroi ha così contribuito ad allontanare l’attenzione da alcune caratteristiche precipue di associazioni e cooperative, tra cui in primis l’adozione di modelli di governo inclusivi ad ampia partecipazione, che dovrebbero favorire il coinvolgimento di una pluralità di portatori di interesse nei processi decisionali, in rappresentanza dei diversi gruppi sociali che abitano un territorio (Sacchetti, 2018; Borzaga e Galera, 2016; Borzaga e Sacchetti, 2015; Defourny e Borzaga, 2001).[6]
      Ciò si verifica, ad esempio, quando una organizzazione di terzo settore costituita su basi democratiche, è identificata con il nome di un singolo eroe: un fondatore, un religioso che – anche quando non ricopra effettivamente cariche formali apicali – si riconosce come ispirazione e figura carismatica. Sono casi in cui talvolta il percorso di sviluppo dell’ente passa in secondo piano rispetto a quello di un singolo individuo il cui nome è di per sé evocativo dell’intera organizzazione.
      Gli effetti delle narrazioni eroicizzate

      L’immediata spendibilità comunicativa delle narrazioni fondate su figure eroiche spiega perché esse siano largamente preferite da una parte rilevante della politica, da molti osservatori e dalla quasi totalità degli operatori dell’informazione rispetto a studi analitici volti a comprendere i fenomeni sociali e a rendere conto ai cittadini e agli attori esterni delle scelte di policy compiute. Di qui l’incapacità di comprendere le problematiche che affliggono la società contemporanea e la proiezione artificiale in una figura erta a simbolo, non senza implicazioni negative.
      Allontanano dall’individuazione di possibili soluzioni

      Oltre a offuscare il contesto di appartenenza, la retorica dell’azione straordinaria allontana l’attenzione da quello che dovrebbe essere il corretto funzionamento di qualsiasi sistema, a livello macro, così come a livello micro. Nelle narrazioni incentrate sugli eroi non c’è spazio né per analisi valutative comparate, né tantomeno per riflessioni su come dovrebbe funzionare, ad esempio, un’organizzazione.

      Scoraggiando la correttezza analitica su temi di rilevanza pubblica e disincentivando qualsiasi tipo di studio volto a misurare l’efficacia di singole iniziative di welfare o il loro impatto sull’occupazione e il benessere della collettività, le narrazioni eroicizzate impediscono di indagare la realtà in maniera approfondita. Di conseguenza, non consentono di comprendere le implicazioni, non solo economiche ma anche in termini di efficacia, che sono connesse alle diverse soluzioni di policy.

      La tendenza ad analizzare la realtà in maniera superficiale, spesso in nome di un’imperante “politica del fare”, ci allontana quindi dall’individuazione di possibili soluzioni ai problemi che affliggono le società contemporanee. I riflettori accesi su una singola esperienza nel campo delle dipendenze hanno per molto tempo impedito un confronto serio sull’efficacia degli interventi di riabilitazione sperimentati dalle diverse realtà di accoglienza, non solo in termini di disintossicazione, ma anche di reinserimento nel tessuto sociale delle persone accolte. L’esaltazione della figura di Vincenzo Muccioli ha contribuito a trascurare negli anni ‘80 le oltre 300 iniziative di accoglienza di tossicodipendenti che in quegli stessi anni stavano sperimentando percorsi di riabilitazione alternativi basati sull’ascolto individuale, la responsabilità e la condivisione comunitaria. Realtà che, basandosi su uno scambio tra contributi volontari e competenze professionali (sociologici, psicologi, educatori, psichiatri, ecc.), prendevano le mosse a partire dall’esperienza di organizzazioni già radicate come il Gruppo Abele, San Benedetto al Porto e la Comunità di Capodarco, così come nuove esperienze, tra cui il Ceis, Exodus, Saman, Villa Maraini a Roma e la comunità Betania a Parma (De Facci, 2021). Tra le tante comunità di accoglienza e recupero nate tra gli anni ’70 e ’80, particolarmente interessante è quella trentina di Camparta, che è stata recentemente raccontata da alcuni dei suoi protagonisti. Promossa su iniziativa di uno psicoterapeuta d’impronta basagliana e animata da ideali libertari e comunitari, Camparta ha sperimentato un metodo di riabilitazione olistico, fondato su un percorso di ricerca interiore, confronto e rifondazione culturale a tutto campo (I ragazzi di Camparta, 2021).

      La narrazione fortemente polarizzata tra posizioni idealizzate pro e anti migranti continua a impedire un’analisi rigorosa e sistematica del fenomeno migratorio che possa fornire utili indicazioni di policy su come andrebbe gestita l’accoglienza di richiedenti asilo e rifugiati entro una visione di sviluppo locale piuttosto che secondo una logica emergenziale. L’idealizzazione di Mimmo Lucano ha distolto l’attenzione dalle tante altre esperienze di accoglienza di cui l’Italia è ricca. Iniziative che, prendendo in alcuni casi ispirazione dall’iniziativa pionieristica di Riace, hanno saputo innescare processi di sviluppo a livello locale grazie ad una proficua collaborazione tra enti di terzo settore e enti locali (Galera, Borzaga, 2019; Lucano, 2020).

      Coprendo le nefandezze e le carenze di un sistema sanitario al collasso, la celebrazione di medici e infermieri come angeli durante il primo lockdown ha ritardato una riflessione quanto mai necessaria su come dovrebbe essere riformato il sistema sanitario per renderlo maggiormente in grado di gestire le attuali sfide socio-sanitarie, così come quelle all’orizzonte per effetto dell’allevamento industriale intensivo, del massiccio impiego di antibiotici in allevamento e dei cambiamenti climatici (Galera, 2020; Tamino, 2020).

      A livello organizzativo, le narrazioni incentrate sull’azione straordinaria degli eroi imprenditori incoraggiano sistematicamente sia l’adozione di strumenti di management, sia l’adesione a culture organizzative che, svilendo la componente della partecipazione, indeboliscono la capacità del terzo settore di incidere a livello locale; e influenza, in modo negativo, pure le politiche, laddove, ad esempio nelle scelte di finanziamento, venga privilegiata l’idea “innovativa”[7]
      rispetto alla capacità di costruire legami di comunità e di rafforzare soggetti collettivi e inclusivi.

      A livello di sistema, l’impatto generativo del terzo settore è nondimeno minato dall’incapacità – insita in ogni idealizzazione – di discernere tra elementi non trasferibili, perché legati a particolari condizioni congiunturali e di contesto favorevoli, ed elementi “esportabili”. Tra questi, ad esempio, modelli di servizio, strumenti di lavoro, strategie di collaborazione o forme dell’abitare che, essendo stati sperimentati con esiti positivi, potrebbero essere modellizzati e replicati su più ampia scala, qualora liberati dal giogo dell’eroe.
      Forniscono l’alibi per rifugiarsi nell’inazione

      Tra i gruppi idealizzati rientrano i volontari e gli operatori impegnati in prima linea nelle situazioni emergenziali generate da catastrofi naturali. Nel caso dei volontari, la tendenza predominante è mitizzarne il coinvolgimento durante le emergenze e ignorarne sistematicamente il contributo nella vita quotidiana a sostegno delle persone più vulnerabili o del territorio che abitiamo per contenerne la fragilità.

      Tra gli esempi di mobilitazioni di volontari idealizzate vi sono quelle avvenute in occasione di nubifragi e terremoti. Tra queste l’alluvione che nel 1966 cosparse Firenze di acqua e fango, causando gravissimi danni sia alle persone sia al patrimonio artistico (Silei, 2013). Ulteriori esempi di mobilitazioni comunitarie sono rappresentati dal terremoto del 2012 in Emilia e dall’alluvione di Genova nel 2014. Catastrofi naturali che hanno attivato una catena di solidarietà in grado di compensare, almeno in parte, l’assenza di un’organizzazione centralizzata capace di gestire opportunamente le emergenze.

      L’uso di espressioni improprie come “angeli” e “eroi” mette tuttavia in ombra la normalità dell’azione di milioni di cittadini che nelle associazioni o individualmente nei loro posti di lavoro, in strada o su internet, chiedono l’attenzione delle istituzioni, anche prima delle emergenze, denunciano gli abusi e si battono per i propri diritti (Campagna #nonsonoangeli, 2014).[8]
      La mitizzazione dei volontari nei momenti di crisi non solo svilisce il loro prezioso contributo nella quotidianità. Appigliandosi al pretesto che l’impegno sia appannaggio di pochi eletti, l’idealizzazione offre ai così detti “cittadini ordinari” l’alibi per rifugiarsi nell’inazione.
      Scoraggiano la costruzione di un sistema valoriale alternativo

      Il pathos suscitato dagli eroi offre nondimeno la scorciatoia per non impegnarsi nella costruzione di un sistema valoriale coerente con i principi e i valori dichiarati. Il sistema di riferimenti valoriali riprodotto dall’eroe permette, infatti, di aggregare consenso in maniera immediata, senza alcuna fatica. Diversamente, un percorso di produzione valoriale sociale in grado di innescare cambiamenti consapevoli richiederebbe sia un impegno rilevante in termini di ascolto, confronti e negoziazioni volti a tracciare un itinerario di azione condiviso, sia tempi considerevoli.

      Di qui l’effimera illusione che l’eroe, consentendo di conseguire approvazione e sostegno nel breve termine, possa aiutarci a sostenere il nostro sistema valoriale in maniera più efficace. Le storie di eroi ci mostrano, invece, come i sistemi basati sull’idealizzazione siano nel medio e lungo periodo destinati a produrre l’effetto contrario. Creando una frattura netta tra gli eroi e i non eroi, influenzano in senso antisociale i comportamenti collettivi e individuali (Bonetti, 2020). E così facendo, ci allontanano da quello che dovrebbe essere il modello di società più rispondente al sistema valoriale che vorremmo promuovere.
      Incoraggiano la polarizzazione tra “buoni” e “cattivi”

      Di conseguenza, oltre a non contribuire a risolvere spinosi problemi sociali, le narrazioni idealizzate favoriscono una polarizzazione tra “buoni” e “cattivi” in cui le posizioni contrapposte si alimentano a vicenda, compromettendo il dialogo e la gestione dei conflitti.

      La tendenza a polarizzare è una prassi diffusa nel settore dell’informazione, incline a esaltare o distruggere personaggi simbolo (Sgaggio, 2011), così come tra opinionisti, osservatori, ricercatori, esperti e tra le organizzazioni della società civile.

      Quella della polarizzazione e categorizzazione è tuttavia una tendenza a cui siamo tutti soggetti, spesso inconsapevolmente. Siamo attratti maggiormente da notizie e informazioni che siano in grado di confermare le nostre interpretazioni del mondo, mentre siamo respinti magneticamente da tutto ciò che mette in discussione le nostre certezze o alimenta dubbi. Elaborare messaggi che si allineano con le nostre ideologie richiede, non a caso, uno sforzo cognitivo considerevolmente minore rispetto alla messa in discussione delle nostre sicurezze (Michetti, 2021).

      L’inclinazione a semplificare e categorizzare è in una certa misura una reazione incontrollata, indotta dall’esigenza di difenderci dal bombardamento di informazioni a cui siamo sottoposti sistematicamente. Una reazione che rischia di essere esasperata dallo stato emotivo di vulnerabilità a livello individuale e collettivo in cui ci troviamo a causa della pandemia. L’essere più fragili ci rende, infatti, più facilmente preda di abbagli e simboli in cui proiettare paure, ambizioni e desideri di cambiamento in positivo.
      Esasperano le fragilità delle persone idealizzate

      In mancanza della consapevolezza di essere oggetto di idealizzazione, la mitizzazione può avere conseguenze deleterie anche sulla persona idealizzata. Come alcune storie di eroi ci mostrano, l’idealizzazione può portare a una progressiva esasperazione di fragilità latenti e, nei casi estremi, a una dissociazione cognitiva. Di qui lo sviluppo – nelle persone borderline – di disturbi narcisistici e megalomani, che possono accelerare la caduta del mito, sempre al varco quando vi è un processo di santificazione in atto.[9]

      A prescindere dall’evoluzione dell’idealizzazione, delle competenze, talenti o accuse di cui può essersi macchiato il presunto eroe, si tratta di un percorso a termine, nella maggior parte dei casi destinato a lasciare spazio alla solitudine non appena la stagione della gloria si esaurisce, talvolta accompagnata dalla dissacrazione della figura dell’eroe.
      Il caso della pastora Agitu Ideo Gudeta e della “Capra Felice”

      La recente idealizzazione della pastora etiope Agitu Ideo Gudeta, titolare dell’azienda agricola “La Capra Felice”, esaltata a seguito della sua uccisione, confermano il bisogno compulsivo di eroi che affligge una rilevante fetta di società, in questo caso quella più militante e attenta alla giustizia sociale, ai valori della solidarietà e dell’antirazzismo. La sua storia è molto conosciuta.

      Agitu Ideo Gudeta nasce nel 1978 in Etiopia. Emigra in Italia per motivi di studio ma, appena laureata, torna nella sua terra d’origine per combattere contro il land-grabbing. Dopo aver ricevuto pesanti minacce per il suo impegno contro le multinazionali, rientra come rifugiata in Italia e avvia in Trentino un allevamento di ovini di razza pezzata mòchena, una specie autoctona a rischio di estinzione, e un caseificio, La Capra Felice, i cui prodotti biologici e gli intenti ambientalisti la portano ad ottenere riconoscimenti anche da Slow Food e da Legambiente. Per la sua attività Agitu Ideo Gudeta recupera un pascolo di oltre 10 ettari in stato di abbandono e occupa nel corso degli anni numerosi giovani richiedenti asilo e rifugiati.

      Quello di Agitu Ideo Gudeta è un racconto ineccepibile di cui tanti attivisti si sono innamorati, estrapolando pezzi della sua storia che calzavano a pennello con la loro retorica. Il suo percorso ha trovato terreno fertile nelle narrazioni sull’inclusione, nelle analisi di buone pratiche di imprenditoria migrante e femminista, nelle storie di rivitalizzazione di aree interne, negli esempi di recupero di specie animali autoctone a rischio di estinzione, e nella lotta contro il land-grabbing.

      La maggior parte delle analisi, in particolare quelle realizzate dopo la sua uccisione, si è tuttavia limitata ad una descrizione superficiale che ha sottovalutato le caratteristiche di un contesto contraddistinto da una molteplicità di sfide e criticità legate in primo luogo al settore di attività, la pastorizia, notoriamente a rischio di sfruttamento per le caratteristiche intrinseche a tutte le attività agricole. Si tratta di attività esposte a una molteplicità di fattori di incertezza; a quelli produttivi e di mercato si aggiungono rischi climatici, ambientali e istituzionali legati al cambio di normative e regolamenti, che condizionano fortemente le entrate economiche, specie delle aziende agricole di piccole dimensioni.

      Tra le caratteristiche di contesto rientra anche il tipo di territorio: la Valle Dei Mòcheni, un’area alpina periferica dove esistono ancora regole antiche che governano i rapporti tra i membri della comunità. Infine, un ulteriore elemento di complessità è legato alla tipologia di lavoratori impiegati dalla Capra Felice: richiedenti asilo e rifugiati, ovvero persone fragili che mostrano, in generale, un’alta vulnerabilità spesso dovuta a disturbi post-traumatici da stress (Barbieri, 2020).[10]
      Queste sfide e criticità si sono intrecciate con le difficoltà legate a un processo di sviluppo imprenditoriale che la Capra Felice ha intrapreso in un momento di grave instabilità e recessione economica.

      A dispetto delle drammatiche circostanze in cui i fatti si sono svolti, la retorica che potremmo chiamare della beatificazione seguita all’uccisione di Agitu Ideo Gudeta non ha lasciato alcuno spazio alla riflessione critica. Non solo le istituzioni pubbliche e gli operatori dell’informazione, ma anche molti politici e organizzazioni di terzo settore si sono rifugiati nella facile consacrazione dell’eroina, piuttosto che interrogarsi sulle fragilità dell’ambiente in cui Agitu Ideo Gudeta operava, sulle difficoltà incontrate da lei e dai suoi collaboratori, e persino sulle concause che potrebbero aver portato alla sua uccisione.

      Mentre si sono sprecate le parole per “eroicizzarla”, nessuno si è interrogato sulla qualità del lavoro, sul tipo di relazione lavorativa che la Capra Felice instaurava con i giovani richiedenti asilo e sull’esito dei loro percorsi di integrazione.

      Chi erano e che ruolo avevano i collaboratori della Capra Felice? Quanti richiedenti asilo hanno lavorato nel corso degli anni e in che misura e da chi erano seguiti nei loro percorsi di inclusione? Qual era il turn over dei lavoratori stranieri? Che rapporto avevano i collaboratori della Capra Felice con il territorio e la comunità locale? Dove vivono e lavorano ora gli ex lavoratori? Nel caso di lavoratori particolarmente fragili, qual era il ruolo dei servizi sociali e sanitari? Il percorso di sviluppo imprenditoriale della Capra Felice è stato seguito da qualche incubatore di impresa e, in caso negativo, perché no?

      Queste sono solo alcune delle domande su cui si sarebbe dovuto a nostro avviso interrogare qualsiasi osservatore non superficiale, interessato a comprendere e a sostenere i percorsi di accoglienza e inclusione sociale e lavorativa delle persone fragili.
      Progetti collettivi al posto di eroi e eroine

      La storia tragica di Agitu Ideo Gudeta sembra essere anche la storia di una società debole e fallimentare nel suo complesso, non solo di un’onda retorica che ha attraversato i mezzi di informazione e i social network per creare al suo centro l’eroina.

      Il fatto che la sua morte abbia generato un bisogno di santificazione e una gogna mediatica nei confronti dell’accusato, invece che sollecitare cordoglio e un esame di coscienza collettiva, smaschera un vuoto su cui forse varrebbe la pena riflettere.

      Un vuoto che può essere riempito solo con azioni concrete e durevoli, che siano il frutto di progetti collettivi a livello comunitario. A questo scopo, servono iniziative di autentica condivisione che aiutino a governare la complessità, a riconoscere le situazioni di fragilità e a prevenire e gestire i conflitti che inevitabilmente abitano i contesti sociali (Sclavi, 2003). A supporto di queste iniziative, c’è bisogno di una nuova narrazione, autentica e costruttiva, che sia innanzi tutto capace di apprendere dagli errori e dai fallimenti affinché le falle del nostro tessuto sociale non permettano più il perpetrarsi di simili tragedie. Quindi, una narrazione che non rifugge il fallimento e non lo percepisce come un pericolo da mascherare a qualsiasi costo, ma come un’opportunità di crescita e di cambiamento.

      Rispetto a quella che nutre gli eroi, è un tipo di narrazione di senso, incline ad alimentare una responsabilità collettiva e una nuova consapevolezza sociale, che può favorire un ribaltamento valoriale in senso solidale. È però una narrazione molto più faticosa da sviluppare. Presuppone, infatti, un’azione collettiva impegnativa in termini di relazioni, negoziazioni e confronti, che deve giocoforza poggiare sulla creazione di spazi di aggregazione e di collaborazione. Questa nuova narrazione non può che nascere da un rinnovato impegno civico di ciascuno di noi, in quanto cittadini responsabili che, praticando la solidarietà, prefigurano un cambiamento e un futuro possibile dove la cittadinanza attiva non è l’eccezione ma la costante.[11]

      Di qui la necessità di sostituire l’emulazione verbale e la ben sedimentata narrativa dell’eroe, normativamente accettata da un uso millenario, con un nuovo ordine normativo significante della realtà.
      Come sostenere la creazione di comunità accoglienti e inclusive

      La crisi della democrazia rappresentativa, la sfiducia nei partiti e l’allontanamento dalla politica hanno da tempo acceso i riflettori sulla società civile, organizzata e non, in quanto spazio di discussione e confronto, finalizzato non solo ad elaborare efficaci strategie in risposta a bisogni sempre più complessi, ma anche a prevenire e gestire le fragilità umane e i conflitti tra gruppi sociali contrapposti.

      Di fronte alla crisi epocale dei modelli politici e produttivi tradizionali, sono sempre più numerosi i dibattiti su come, in quale misura e attraverso quali strumenti, le comunità locali possano intervenire concretamente sulle profonde disuguaglianze economiche, sociali, territoriali che affliggono il nostro Paese, ribaltando i paradigmi dominanti e innescando cambiamenti profondi a vantaggio dei più deboli e della collettività.

      La storia, quella più lontana e quella più recente, ci mostra come spesso la forza della comunità risieda nel bagaglio di valori, tradizioni e relazioni fiduciarie, che sono radicati nel tessuto sociale e vissuto collettivo. Ed è questo bagaglio relazionale e valoriale che ha permesso in moltissimi casi alle comunità di sopravvivere e rigenerarsi nel corso della storia, spesso a seguito di eventi traumatici come calamità naturali, crisi economiche e sanitarie. Ma la storia ci riporta anche molti esempi di comunità in cui la valorizzazione delle identità locali ha originato fenomeni di chiusura particolaristica. Comunità esclusiviste che si sono e in molti casi continuano a identificare l’altro con il male (Bonomi, 2018; Langer, 1994).

      La comunità locali sono, quindi, lontane dall’essere sempre e comunque virtuose.

      Cosa fa pertanto la differenza tra una comunità e l’altra? Per diventare accoglienti e inclusive, le comunità devono potersi esprimere attraverso quelle organizzazioni della società civile che sono proiettate verso il bene comune e si avvalgono del coinvolgimento di una pluralità di portatori di interesse, in rappresentanza dei diversi pezzi di società che abitano un territorio. Sono quindi le organizzazioni di terzo settore maggiormente radicate sul territorio che andrebbero sostenute dalle politiche pubbliche all’interno di una cornice collaborativa in cui, anziché gestire prestazioni per conto dell’ente pubblico (Borzaga, 2019), il terzo settore dovrebbe configurarsi come un attivatore di risposte sociali innovative, che fanno leva sulla prossimità ai territori e alle persone, incluse quelle vulnerabili e disinformate, normalmente ai margini delle dinamiche di cambiamento (Manzini, 2018).

      Se è vero, come da più parti sottolineato, che la politica è in gran parte responsabile dello scarso riconoscimento della società civile organizzata, l’insufficiente apprezzamento del suo valore aggiunto è ascrivibile anche ad alcune prassi, culture e comportamenti organizzativi messi in atto dalle stesse organizzazioni di terzo settore. Tra questi, una retorica – quella degli eroi – incoerente con la loro natura, che ha generato atteggiamenti autoreferenziali e ha alimentato uno scollamento di molte organizzazioni di terzo settore dalle loro comunità di appartenenza. Una delle sfide che il terzo settore dovrebbe far propria è, quindi, a nostro avviso l’archiviazione, una volta per tutte, della retorica dell’eroe e dell’eroina e la sua sostituzione con una narrazione autentica e costruttiva che sia in grado di alimentare un’attiva partecipazione della cittadinanza alla gestione del bene comune.

      DOI: 10.7425/IS.2021.02.10

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      Note

      La nozione di bene comune fa riferimento all’insieme delle risorse necessarie allo sviluppo della persona ed all’esercizio dei suoi diritti fondamentali. Presuppone condizioni di eguaglianza nell’accesso o utilizzo degli stessi. Sul concetto di beni comuni si rimanda ai lavori di E. Olstrom [tra cui: Olstrom E. (1990), Governing the Commons: The Evolution of Institutions for Collective Action, Cambridge University Press, Cambridge UK]. Nel sistema italiano una definizione di riferimento è quella formulata dalla Commissione Rodotà nel 2008: “Cose che esprimono utilità funzionali all’esercizio dei diritti fondamentali nonché al libero sviluppo della persona”.
      ▻https://nti.apet118.it/home
      “Quanto vale il volontariato in Italia? Istat, CSVnet e FVP lanciano la prima sperimentazione del Manuale ILO sul lavoro volontario”: ▻https://www.csvnet.it/csv/storia/144-notizie/1226-quanto-vale-il-volontariato-in-italia-istat-csvnet-e-fvp-lanciano-i-dati
      Di qui l’elogio di chi ce la fa e “merita” (Piketty, 2020). Per un’analisi critica del “merito” si rimanda a Sandel (2020).
      Con riferimento alle critiche si veda John McClusky (2018).
      Modelli di governance che sono supportati da vincoli normativi o statutari – come il vincolo alla non distribuibilità degli utili (non-profit distribution constraint) e l’asset lock – pensati per garantire la sopravvivenza nel tempo dell’inclusività e dell’interesse generale perseguito.
      Approccio che vede l’intervento sociale in analogia all’innovazione tecnologica, dove una mente geniale, chiusa nel suo garage, inventa qualcosa che rivoluziona la vita di tutti.
      La campagna #nonsonoangeli prese avvio all’indomani dell’ultima alluvione di Genova dall’esigenza di ridefinire il ruolo del volontariato e della percezione di questi per i media, promuovendo da un lato una comunicazione meno stereotipata dell’impegno dei cittadini, in caso di emergenza e non, per il bene comune, e dall’altro una conoscenza del volontariato e della solidarietà così come queste si manifestano. ▻https://nonsonoangeli.wordpress.com/2016/06/08/roma-8-giugno-2016-on-sono-angeli-il-volontariato-tra-stere
      Si veda a questo proposito: ▻https://socialimpactaward.net/breaking-the-myth-of-hero-entrepreneurship - ▻http://tacklingheropreneurship.com
      Si veda anche: ▻https://mediciperidirittiumani.org/studio-salute-mentale-rifugiati - ▻https://archivio.medicisenzafrontiere
      ▻https://www.cesvot.it/comunicazione/dossier/hanno-detto-di-nonsonoangeli

      ▻https://www.rivistaimpresasociale.it/rivista/articolo/dalla-ricerca-di-eroi-alla-costruzione-di-progetti-comunitari

      #héros #narration #imaginaire_collectif #récit #moralité_culturelle #éthique #justice_sociale #contre-récit #communautés_locales #pathos #individualisation #Lucano #Mimmo_Lucano #Domenico_Lucano #excellence #storytelling #innovation #néo-libéralisation #libéralisme #management #leadership #figure_charismatique #charisme #Riace #idéalisation #polarisation #simplification #catégorisation #fragilisation #solitude #Capra_Felice #responsabilité_collective #société_civile

      CDB_77 @cdb_77
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  • @cdb_77
    CDB_77 @cdb_77 13/12/2019
    @reka

    Cartographie participative

    Sens 1 : Support iconographique au #débat_public et à la participation des communautés locales.

    Sens 2 : Processus mis en œuvre pour impliquer les #communautés_locales dans la conception cartographique.

    ▻https://www.dicopart.fr/fr/dico/cartographie-participative
    #définition #ressources_pédagogiques #cartographie #participation #Irène_Hirt #Stéphane_Roche

    ping @reka

    CDB_77 @cdb_77
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  • @observatoiremultinat
    ObservatoireMultinationales @observatoiremultinat CC BY-ND 23/05/2017
    2
    @reka
    @cy_altern
    2

    Sur les côtes du Texas, les banques françaises se mouillent une nouvelle fois du côté de Trump contre la justice climatique
    ▻http://multinationales.org/Sur-les-cotes-du-Texas-les-banques-francaises-se-mouillent-une-nouv

    BNP Paribas, #Société_générale et les autres grandes banques françaises se retrouvent à nouveau sur la sellette pour leur soutien aux projets de développement des énergies sales aux #États-Unis. Après le Dakota Access Pipeline, c’est un ensemble de trois terminaux géants d’exportation de #gaz_de_schiste, à l’extrême sud du Texas, qui est en ligne de mire, pour ses conséquences à la fois sur le climat et sur les #communautés_locales, dans une région pauvre peuplée à 90% de latinos. « Pourquoi les banques (...)

    Actualités

    / États-Unis, #Énergie, #BNP_Paribas, #Crédit_agricole, Société générale, #Énergies_fossiles, #énergie, #impact_social, #impact_sur_l'environnement, communautés locales, #changement_climatique, #gaz_à_effet_de_serre, gaz de (...)

    « ▻http://www.amisdelaterre.org/Gaz-de-schiste-un-nouveau-rapport-accuse-BNP-Paribas-d-exporter-le-ch »
    « ►https://multinationales.org/Standing-Rock-le-soutien-sans-failles-des-banques-francaises-a-l-ol »
    « ▻https://www.theguardian.com/us-news/2017/may/10/dakota-access-pipeline-first-oil-leak »
    « ▻https://www.theguardian.com/us-news/2017/may/02/keystone-xl-pipeline-route-water-native-american-reserves »
    « ▻https://www.ran.org/shorting_the_climate »
    « ▻https://www.facebook.com/events/408053036260445 »

    • #BNP Paribas
    ObservatoireMultinationales @observatoiremultinat CC BY-ND
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  • @observatoiremultinat
    ObservatoireMultinationales @observatoiremultinat CC BY-ND 18/05/2017
    4
    @odilon
    @monolecte
    @reka
    @jcfichet
    4

    Ces ultimes terres agricoles qui résistent encore à la bétonisation du « grand Paris »
    ▻http://multinationales.org/Ces-ultimes-terres-agricoles-qui-resistent-encore-a-la-betonisation

    Ils cultivent du blé, du colza, du thym, vivent au rythme des saisons, se plient aux caprices de la nature. Mais leur horizon, c’est les avions, l’autoroute et Leroy-Merlin. Au nord-est de Paris, 700 hectares ont miraculeusement échappé à un demi-siècle de bétonisation. Dernier projet en date : EuropaCity. Ce gigantesque centre commercial et de loisirs signera-t-il la fin du grenier à blé parisien ? Le Collectif pour le Triangle de Gonesse refuse de s’y résoudre et organise le 21 mai un grand (...)

    #Enquêtes

    / #France, #Auchan, #impact_social, #impact_sur_l'environnement, #infrastructures, #communautés_locales, (...)

    #agriculture

    ObservatoireMultinationales @observatoiremultinat CC BY-ND
    • @cdb_77
      CDB_77 @cdb_77 18/05/2017

      #terres #agriculture #grand_Paris #paris #France #béton #bétonisation #EuropaCity #centre_commercial #Triangle_De_Gonesse #résistance

      CDB_77 @cdb_77
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  • @observatoiremultinat
    ObservatoireMultinationales @observatoiremultinat CC BY-ND 10/05/2017
    2
    @reka
    @odilon
    2

    Multinationales pétrolières et pollution au #Nigeria : un nouveau front juridique s’ouvre en #Italie
    ▻http://multinationales.org/Multinationales-petrolieres-et-pollution-au-Nigeria-un-nouveau-fron

    La communauté Ikebiri, du Nigeria, vient de déposer plainte contre la multinationale pétrolière italienne #Eni devant un tribunal de Milan. C’est la première fois qu’une telle procédure est lancée en Italie. La fin de l’impunité juridique des multinationales à l’égard de leurs agissements à l’étranger est plus que jamais à l’ordre du jour en Europe. Le 4 mai, les avocats de la communauté nigériane Ikebiri ont déposé plainte contre Eni, la firme pétrolière italienne, devant un tribunal milanais. Les plaignants (...)

    Actualités

    / Italie, Nigeria, Eni, #impact_social, #impact_sur_l'environnement, #communautés_locales, responsabilité juridique des (...)

    #responsabilité_juridique_des_entreprises
    « ▻http://www.foeeurope.org/sites/default/files/extractive_industries/2017/foee-eni-ikebiri-case-briefing-040517.pdf »

    • #Nigeria
    ObservatoireMultinationales @observatoiremultinat CC BY-ND
    • @cdb_77
      CDB_77 @cdb_77 10/05/2017
      @daphne @marty @albertocampiphoto

      cc @daphne @marty @albertocampiphoto
      #Ikebiri #pétrole #pollution

      CDB_77 @cdb_77
    • @cdb_77
      CDB_77 @cdb_77 11/01/2018

      Eni trascinata a processo a Milano per disastro ambientale in Nigeria

      Per la prima volta in Italia una tribù indigena porta a processo una multinazionale. L’azienda dovrà rispondere a Milano di uno sversamento di petrolio avvenuto nel 2010 in Nigeria. La comunità locale chiede un risarcimento di 2 milioni di euro

      https://www.osservatoriodiritti.it/wp-content/uploads/2018/01/Eni-Nigeria-Avvocati-Milano-750x430.jpg

      ▻https://www.osservatoriodiritti.it/2018/01/10/eni-nigeria-disastro-ambientale-processo
      #procès #désastre_environnemental #justice

      CDB_77 @cdb_77
    • @cdb_77
      CDB_77 @cdb_77 26/02/2018

      Une nouvelle enquête de Federico Franchini :

      https://i.imgur.com/AhsOzpY.jpg

      CDB_77 @cdb_77
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  • @observatoiremultinat
    ObservatoireMultinationales @observatoiremultinat CC BY-ND 25/04/2017
    1
    @reka
    1

    Portland : une ville américaine contre les multinationales
    ▻http://multinationales.org/Portland-une-ville-americaine-contre-les-multinationales

    Considérée comme la capitale de l’Amérique « bobo », la ville de Portland, sur la côte Ouest, a multiplié les initiatives politiques ciblant les multinationales. Après avoir imposé une surtaxe sur les firmes trop inégalitaires sur le plan salarial, la municipalité vient de décider de se désinvestir totalement de toutes les grandes entreprises. On savait que certaines collectivités locales, sous l’aiguillon de campagnes citoyennes, pouvaient être amenées à prendre position contre des entreprises, à cesser (...)

    Actualités

    / #États-Unis, #Démocratie_économique, #salaires, #dirigeants_d'entreprises, #communautés_locales, investissement socialement responsable (ISR), #éthique, #droits_humains, #campagne_citoyenne, #solidarité_internationale, (...)

    #investissement_socialement_responsable_ISR_ #énergie
    « ▻http://www.truth-out.org/news/item/40179-under-activist-pressure-portland-agrees-to-end-all-corporate-invest »
    « ▻http://www.yesmagazine.org/new-economy/ceos-now-make-300-times-more-than-their-workers-this-city-is-putting-a- »
    « ▻http://inequality.org/campaigns »

    ObservatoireMultinationales @observatoiremultinat CC BY-ND
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  • @observatoiremultinat
    ObservatoireMultinationales @observatoiremultinat CC BY-ND 15/03/2017
    1
    @odilon
    1

    Éboulement meurtrier en #Éthiopie : le « modèle français » de gestion des déchets en question
    ▻http://multinationales.org/Eboulement-meurtrier-en-Ethiopie-le-role-du-modele-francais-de-gest

    Un éboulement dans une décharge d’Addis Abeba, la capitale éthiopienne, a fait au moins 65 morts, pour la plupart des femmes et des enfants gagnant leur vie à fouiller les déchets. L’Agence française de développement était pourtant présente sur place depuis 2007, et y a accordé de généraux financements à des firmes tricolores, dont #Vinci. Pour les ONG, c’est illustration de l’impasse du modèle de gestion des déchets promu par la coopération française à l’international, qui bénéficie davantage aux grandes (...)

    Actualités

    / #Environnement_et_déchets, Éthiopie, Vinci, Agence française de développement (AFD), #communautés_locales, #impact_social, #impact_sur_l'environnement, aides publiques et (...)

    #Agence_française_de_développement_AFD_ #aides_publiques_et_subventions
    "▻https://www.zerowastefrance.org/fr/articles/344-eboulement-meurtrier-dans-la-decharge-d-addis-abeba"

    ObservatoireMultinationales @observatoiremultinat CC BY-ND
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  • @observatoiremultinat
    ObservatoireMultinationales @observatoiremultinat CC BY-ND 10/03/2017

    Après le départ de #Monsanto, les paysans burkinabè veulent reconquérir leur autonomie semencière
    ▻http://multinationales.org/Apres-le-depart-de-Monsanto-les-paysans-burkinabe-veulent-reconquer

    Si Monsanto a décidé de quitter le #Burkina_Faso, les sociétés cotonnières maintiennent leur main-mise sur les semences de coton. Des milliers de producteurs de coton burkinabè entrent aujourd’hui en résistance pour reconquérir leur autonomie. Troisième et dernier volet de notre enquête. Épisode 3, suite de notre série sur la filière du coton OGM au Burkina Faso (voir l’épisode précédent : De la Françafrique à la corruption : les dessous de la filière coton au Burkina Faso). Les paysans burkinabè ne parlent (...)

    #Enquêtes

    / Burkina Faso, Monsanto, #Advens, #agriculture, #propriété_intellectuelle, #chaîne_d'approvisionnement, communautés (...)

    #communautés_locales
    « ▻http://www.bastamag.net/Apres-le-coton-Monsanto-cherche-a »
    « ►http://journalismfund.eu »
    « ►http://www.mo.be/longread/burkina-faso-monsanto-is-vertrokken-maar-mijn-problemen-blijven »

    • #Monsanto
    ObservatoireMultinationales @observatoiremultinat CC BY-ND
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  • @observatoiremultinat
    ObservatoireMultinationales @observatoiremultinat CC BY-ND 6/03/2017

    Comment le coton #OGM de #Monsanto s’est transformé en fléau pour les paysans du #Burkina_Faso
    ▻http://multinationales.org/Comment-le-coton-OGM-de-Monsanto-s-est-transforme-en-fleau-pour-les

    Au Burkina Faso, les jours de Monsanto sont comptés. La multinationale se retire du pays. L’introduction de son coton OGM en 2009 ne s’y est pas vraiment passée comme prévu : présentée comme une solution miracle aux attaques de ravageurs, la nouvelle variété a surtout fini par ravager la qualité et la réputation du coton burkinabè. Mais le géant agro-chimique n’est pas seul en cause : à l’heure d’établir les responsabilités, les autorités locales sont en première ligne. Enquête en trois parties sur la (...)

    #Enquêtes

    / Monsanto, #agriculture, Burkina Faso, OGM, #nouvelles_technologies, #influence, communautés (...)

    #communautés_locales
    « ►http://www.jeuneafrique.com/mag/361768/economie/burkina-faso-monsanto-plie-bagage »
    « ►http://journalismfund.eu »
    « ►http://www.mo.be/longread/burkina-faso-monsanto-is-vertrokken-maar-mijn-problemen-blijven »

    • #Monsanto
    ObservatoireMultinationales @observatoiremultinat CC BY-ND
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  • @observatoiremultinat
    ObservatoireMultinationales @observatoiremultinat CC BY-ND 23/02/2017

    Standing Rock : le soutien sans failles des banques françaises à l’oléoduc imposé aux Sioux par l’administration Trump
    ►http://multinationales.org/Standing-Rock-le-soutien-sans-failles-des-banques-francaises-a-l-ol

    Les forces de l’ordre ont procédé à l’évacuation du camp des Sioux et de leurs alliés qui s’opposaient encore à la construction de l’oléoduc Dakota Access. Bloqué par l’administration Obama, relancé par Donald Trump à son arrivée, cet oléoduc bénéficie du soutien financier de plusieurs grandes banques françaises. Celles-ci ont même débloqué des fonds supplémentaires à l’arrivée du nouveau locataire de la Maison blanche. Dans la journée du mercredi 22 février, le principal campement des opposants à l’oléoduc Dakota (...)

    Actualités

    / #Énergie, #États-Unis, #BNP_Paribas, #Société_générale, #BPCE, #Natixis, #Crédit_agricole, #Finances_et_banques, #communautés_locales, #impact_social, #impact_sur_l'environnement, #énergie, #solidarité_internationale, Énergies (...)

    #Énergies_fossiles
    « ▻https://www.theguardian.com/us-news/2017/feb/22/dakota-access-pipeline-standing-rock-evacuation-police »
    « ▻http://www.banktrack.org/show/page/defund_dapl »
    « ▻http://www.amisdelaterre.org/Trump-Dakota-Access-Pipeline-et-les-banques-francaises.html »

    ObservatoireMultinationales @observatoiremultinat CC BY-ND
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  • @observatoiremultinat
    ObservatoireMultinationales @observatoiremultinat CC BY-ND 19/12/2016
    1
    @reka
    1

    Jirau : Engie inaugure son très contesté barrage amazonien
    ▻http://multinationales.org/Jirau-Engie-inaugure-son-tres-conteste-barrage-amazonien

    Engie a annoncé la mise en service définitive du grand barrage de Jirau, au Sud-ouest de l’Amazonie brésilienne à proximité de la Bolivie. La construction de cet ouvrage démesuré aura été marquée par des problèmes et des controverses sans fin, avec lesquels la firme française n’en a sans doute pas fini. Sur place, les opposants au barrage dénoncent les violences et les menaces dont ils continuent à faire l’objet. Dans le même temps, Engie - tout comme #Total - affiche son intérêt à racheter des actifs de (...)

    Actualités

    / A la une, #Énergie, #Brésil, Engie (ex GDF Suez), Total, #Grands_barrages, #impact_sur_l'environnement, #Greenwashing, #privatisation, #impact_social, #communautés_locales, #droits_humains, droits des (...)

    #Engie_ex_GDF_Suez_ #droits_des_travailleurs
    « ▻http://www.cnbc.com/2016/12/16/reuters-america-interview-engie-may-enter-brazil-gas-industry-expand-in-servic »
    « ▻http://www.mabnacional.org.br/noticia/ludma-e-ndia-militantes-do-mab-rond-nia-s-homenageadas-no-rio-janeir »
    « ▻http://reporterbrasil.org.br/2015/04/a-vida-dentro-de-uma-mega-obra »
    « ▻https://www.jornalcana.com.br/petrobras-negocia-areas-no-pre-sal-com-grupo-frances-total »

    ObservatoireMultinationales @observatoiremultinat CC BY-ND
    • @reka
      Reka @reka CC BY-NC-SA 19/12/2016

      #eau #barrages

      Reka @reka CC BY-NC-SA
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  • @observatoiremultinat
    ObservatoireMultinationales @observatoiremultinat CC BY-ND 14/11/2016
    4
    @reka
    @gastlag
    @odilon
    @marielle
    4

    Les grandes banques françaises derrière le projet d’oléoduc combattu par les Sioux
    ▻http://multinationales.org/Les-grandes-banques-francaises-derriere-le-projet-d-oleoduc-combatt

    Depuis plusieurs mois, les Sioux de la réserve de Standing Rock, dans le Dakota du Sud, s’opposent à un projet d’oléoduc qui menace des sites culturels ancestraux et leurs sources d’eau. Cette infrastructure, qui vise à faciliter l’exploitation du pétrole de schiste de la région, a bénéficié du financement de plusieurs grandes banques internationales, dont #BNP_Paribas, #Crédit_agricole, #Société_générale et #Natixis. Celles-ci se trouvent aujourd’hui ciblées par les militants écologistes. Depuis plusieurs (...)

    Actualités

    / #États-Unis, #Finances_et_banques, #Industries_extractives, BNP Paribas, Société générale, #BPCE, Natixis, Crédit agricole, #Énergies_fossiles, #changement_climatique, #responsabilité_sociale_des_entreprises, investissement socialement responsable (ISR), #impact_social, impact sur (...)

    #investissement_socialement_responsable_ISR_ #impact_sur_l'environnement #eau #communautés_locales #solidarité_internationale
    « ►https://multinationales.org/Que-ferait-Sitting-Bull-Les-Sioux-de-Standing-Rock-menent-le-combat »
    « ►http://www.foodandwaterwatch.org/news/who's-banking-dakota-access-pipeline »
    « ▻http://www.banktrack.org/show/article/an_open_letter_to_the_equator_principles_association »
    « ▻http://www.commondreams.org/news/2016/11/09/defying-obama-request-dakota-access-co-mobilizes-drill-beneath-river »
    « ▻http://www.banktrack.org/show/dodgydeal/dakota_access_pipeline »

    ObservatoireMultinationales @observatoiremultinat CC BY-ND
    • @reka
      Reka @reka CC BY-NC-SA 14/11/2016

      Aussi la DNB, une grande banque norvégienne.

      Reka @reka CC BY-NC-SA
    • @cdb_77
      CDB_77 @cdb_77 14/11/2016

      #pipeline #oléoduc #North_Dakota #Standing_Rock #peuples_autochtones

      CDB_77 @cdb_77
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  • @ze_dach
    ze_dach @ze_dach CC BY-NC-SA 23/09/2016

    Nawaat – Kerkennah : en première ligne du changement climatique et de la résistance à l’industrie fossile
    ▻https://nawaat.org/portail/2016/06/16/kerkennah-en-premiere-ligne-du-changement-climatique-et-de-la-resistance-a-l

    http://nawaat.org/portail/wp-content/uploads/2016/06/chrafi-kerkennah.jpg

    La Petrofac n’a pas repris ses activités hier, mercredi 15 juin, comme l’avait annoncé mardi dernier, le ministre de l’Energie et des mines. Ahmed Souissi, le représentant de l’Union des chômeurs diplômés à Kerkennah a expliqué que la reprise est tributaire de la satisfaction des revendications des habitants. Les médias dominants ont largement relayé la réunion ministérielle de samedi dernier au siège du gouvernorat de Sfax, la présentant comme une solution aux problèmes de Kerkennah. Mais selon Ahmed Souissi, les habitants ont boycotté cette réunion. Alors que les autorités focalisent sur la création d’une entreprise de services pour embaucher les chômeurs, les habitants de Kerkennah, exigent la création d’un fonds de développement, la lutte contre la corruption, le départ du directeur de Petrofac et plus de redevabilité des entreprises pétrolières. Au-delà des soubresauts de l’actualité, comment le choc entre néolibéralisme et changement climatique pourrait se révéler calamiteux pour l’archipel et ses habitants ? Enquête

    http://nawaat.org/portail/wp-content/uploads/2016/06/kerkennah-pollution.jpg

    Fuite pétrolière sur la plage de Sidi Fraj dans les îles Kerkennah – Crédits photo : soseau.net

    La souveraineté des ressources naturelles : une lutte cruciale pour la justice environnementale et climatique

    Obtenir la souveraineté des ressources naturelles et s’émanciper des logiques de marché sont des étapes indispensables pour l’adaptation au changement climatique et l’atténuation de ses effets. D’autant plus lorsque l’objectif de la justice climatique consiste à atténuer le fardeau du réchauffement qui pèse sur des populations déjà marginalisées et vulnérables. Reprendre le contrôle démocratique sur ces ressources est un autre pas vital de la marche vers une transition juste, pour rompre avec les énergies fossiles et passer aux énergies renouvelables. Des décisions aussi cruciales sur la nature, la structure et le sens même de nos systèmes énergétiques peuvent-elles être prises sans consulter les populations ?
    Pourtant, ce contrôle ne peut avoir lieu tant que les multinationales pétrolières et gazières gardent la mainmise sur la majorité de nos ressources. L’exemple de British Gaz (BG) est révélateur. Il s’agit du plus grand producteur de gaz dans le pays, responsable d’environ 60% de la production nationale à travers ses activités à Miskar et Hasdrubal. BG Tunisia contrôle 100% des intérêts dans le champ gazier de Miskar (le plus productif), qui se situe à 125 kilomètres des côtes dans le golfe de Gabès. Le gaz est ensuite traité à la centrale Hannibal, avant d’être vendu à la Société tunisienne de l’électricité et du gaz (STEG), le fournisseur national, au prix du marché international selon les termes d’un contrat à long-terme. Le gaz tunisien est vendu aux Tunisiens comme s’il était une marchandise importée !
    Un autre exemple édifiant est celui de la COTUSAL, l’entreprise française de sel qui exploite les marais salants tunisiens depuis l’époque coloniale (début du XXe siècle). La COTUSAL a échappé à la nationalisation après l’indépendance en 1956, et profita d’une position de monopole pendant près d’un siècle, jusqu’en 1994 quand son premier concurrent fit son entrée sur le marché. L’exploitation des marais salants continue en vertu d’un accord datant de 1949, qui offre à l’Etat tunisien un revenu minimal. L’entreprise produit environ un million de tonnes de sel, en exporte les trois quarts, générant un chiffre d’affaire de 32 millions de dinars en 2014 (environ 14 million euros). Cela n’a pourtant pas empêché l’entreprise de ne pas payer ses redevances fiscales, s’élevant à 5,7 million de dinars (2,5 million euros), accumulées sur une période de cinq ans (2007-2012).
    Compagnie Générale des Salines de Tunisie : Opacity, Evasion, Exploitation
    25/02/2015

    Pour paraphraser l’écrivain latino-américain Eduardo Galeano, il semble que « l’élite au pouvoir n’ait aucun intérêt à déterminer si le patriotisme pourrait être plus profitable que la trahison, et si la mendicité est vraiment la seule option au niveau de la politique internationale ». La souveraineté est hypothéquée par l’élite tunisienne au pouvoir qui a accepté (et continue de le faire) le pillage constant des ressources naturelles, générant notre pauvreté en nourrissant la richesse des autres.

    #Tunisie #Kerkennah #Petrofac #Industries_extractives #Énergies_fossiles, #communautés_locales #changement_climatique #impact_sur_l'environnement #impact_social #pollution #colonialisme_énergétique #souveraineté #souveraineté_nationale #souveraineté_des_ressources

    en rapport avec ▻https://seenthis.net/messages/500864

    ze_dach @ze_dach CC BY-NC-SA
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  • @observatoiremultinat
    ObservatoireMultinationales @observatoiremultinat CC BY-ND 9/09/2016
    2
    @reka
    @fonkisifou
    2

    « Que ferait Sitting Bull ? » Les Sioux de Standing Rock mènent le combat contre un nouveau projet d’oléoduc géant
    ►http://multinationales.org/Que-ferait-Sitting-Bull-Les-Sioux-de-Standing-Rock-menent-le-combat

    Depuis plusieurs semaines, les Sioux de la réserve de Standing Rock, dans le Dakota du Nord, organisent la résistance contre un projet d’oléoduc géant, le Dakota Access Pipeline, qui menace leurs terres et leurs sources d’eau. L’affaire est en train de prendre une envergure nationale aux #États-Unis. Les grandes banques françaises - #BNP_Paribas, #Crédit_agricole, #Natixis, #Société_générale - sont toutes impliquées dans le financement de l’oléoduc. La mobilisation des Sioux (Lakota) de la réserve de Standing (...)

    #Contre-pouvoirs

    / A la une, #Énergie, #Finances_et_banques, États-Unis, BNP Paribas, Crédit agricole, #BPCE, Natixis, Société générale, #Énergies_fossiles, #énergie, #changement_climatique, #eau, #communautés_locales, #mouvement_social, (...)

    #Enbridge
    "►http://www.foodandwaterwatch.org/news/who%27s-banking-dakota-access-pipeline"
    "▻http://www.yesmagazine.org/planet/an-oil-pipeline-and-a-river-what-would-sitting-bull-do-20160829"
    "▻http://www.nytimes.com/2016/08/25/opinion/taking-a-stand-at-standing-rock.html"
    "▻https://www.flickr.com/photos/40969298@N05

    Flickr
    "

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    ObservatoireMultinationales @observatoiremultinat CC BY-ND 1/09/2016
    1
    @odilon
    1

    Tapajós : coup d’arrêt à un nouveau projet de mégabarrage en Amazonie
    ▻http://multinationales.org/Tapajos-coup-d-arret-a-un-nouveau-projet-de-megabarrage-en-Amazonie

    À l’occasion des Jeux olympiques, les autorités brésiliennes ont annoncé l’annulation de la licence du barrage Säo Luiz do Tapajós, dans une région encore préservée de l’Amazonie. Ce projet était fortement contesté par les populations indigènes locales, notamment la puissante tribu des Munduruku, ainsi que par les militants écologistes. Comme l’a déjà rapporté l’Observatoire des multinationales, les deux énergéticiens français #EDF et Engie sont impliqués dans les projets hydroélectriques du bassin du Tapajós. (...)

    Actualités

    / #Brésil, EDF, Engie (ex GDF Suez), #Grands_barrages, #énergie, #impact_sur_l'environnement, #impact_social, communautés (...)

    #Engie_ex_GDF_Suez_ #communautés_locales
    « ▻https://www.theguardian.com/global-development/2016/jun/15/brazil-giant-hydropower-dams-risk-destroying-amazon-greenpeace-tapajos- »
    « ▻http://forets.greenpeace.fr/a-qui-va-beneficier-le-barrage-sur-le-fleuve-tapajos »
    « ▻https://www.flickr.com/photos/sara_y_tzunki/435638435

    Flickr
     »

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    ObservatoireMultinationales @observatoiremultinat CC BY-ND 4/07/2016
    2
    @odilon
    @colporteur
    2

    À Bure, habitants et paysans refusent que leur territoire devienne une « grande poubelle #nucléaire »
    ▻http://multinationales.org/A-Bure-habitants-et-paysans-refusent-que-leur-territoire-devienne-u

    Voilà deux semaines que des habitants de la Meuse, appuyés par des paysans locaux et des militants anti-nucléaires, occupent le bois communal de Mandres-en-Barrois, près de Bure. En ligne de mire : Cigeo, un projet d’enfouissement de déchets radiotoxiques qui resteront dangereux pendant des milliers d’années. Estimé à 25 milliards d’euros, le projet est porté par l’Agence nationale de gestion des déchets radioactifs (Andra). Sur ce territoire désertifié sur le plan économique, l’argent distribué par les (...)

    #Enquêtes

    / #France, #EDF, #Areva, #Énergie, #Énergie_nucléaire, Commissariat à l’énergie atomique (CEA), #Andra, nucléaire, #communautés_locales, #impact_sur_l'environnement, #impact_social, (...)

    #Commissariat_à_l'énergie_atomique_CEA_ #influence
    "►http://burestop.free.fr/spip"
    "▻https://www.senat.fr/leg/ppl15-595.html"
    "►http://vmc.camp/2016/06/27/bure-premiere-semaine-doccupation"
    "▻https://www.bastamag.net/A-Bure-habitants-paysans-et-militants-refusent-que-leur-territoire-devienn"
    "▻http://vmc.camp/2016/06/21/le-26-juin-toutes-et-tous-a-la-fete-de-la-liberation-du-bois-de-mandres"
    "

    https://multinationales.org/IMG/png/capture_d_e_cran_2016-06-27_a_08.15.48.png
    "
    "►https://multinationales.org/IMG/pdf/ddt-meuse-defrichement.pdf"
    ►http://multinationales.org/IMG/pdf/ddt-meuse-defrichement.pdf

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    ObservatoireMultinationales @observatoiremultinat CC BY-ND 27/06/2016
    1
    @odilon
    1

    « Compensation biodiversité » : comment les multinationales, en prétendant réparer leurs dégâts, en occasionnent d’autres
    ▻http://multinationales.org/Compensation-biodiversite-comment-les-multinationales-en-pretendant

    Pour les multinationales soucieuses de racheter leur image, la mode est à la « compensation ». Le principe est simple : une entreprise pourra désormais réparer les dégâts environnementaux causés par ses activités en payant pour les contrebalancer ailleurs, par exemple en plantant des arbres pour compenser ses émissions de gaz à effet de serre ou en protégeant des aires naturelles pour se dédouaner d’avoir rayé de la carte des habitats entiers et les espèces animales ou végétales qui y vivaient. Mais cette (...)

    Actualités

    / #Rio_Tinto, #Madagascar, biodiversité, #responsabilité_sociale_des_entreprises, #Greenwashing, #Industries_extractives, #Industries_extractives, #industries_extractives, #communautés_locales, #World_Rainforest_Movement, (...)

    #biodiversité #Re:Common
    "▻http://wrm.org.uy/fr/files/2016/04/La_compensation_de_la_biodiversite_de_Rio_Tinto_web.pdf"

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    ObservatoireMultinationales @observatoiremultinat CC BY-ND 17/06/2016
    1
    @simplicissimus
    1

    Au large de la #Tunisie, l’archipel des Kerkennah souffre des effets du #changement_climatique, de l’industrie pétrolière et de la répression
    ▻http://multinationales.org/Au-large-de-la-Tunisie-l-archipel-des-Kerkennah-souffre-des-effets-

    L’archipel des Kerkennah, au large de la ville de Sfax en Tunisie, se trouve confronté à la fois au réchauffement climatique, qui menace d’engloutir une partie de leur territoire, et aux impacts de l’extraction pétrolière et gazière. Depuis le début de l’année, pêcheurs et diplômés chômeurs sont en révolte ouverte contre les multinationales présentes dans l’archipel. Leur lutte témoigne à cette manière des promesses non tenues de la révolution tunisienne et de l’influence continue des intérêts économiques (...)

    #Enquêtes

    / Tunisie, #Industries_extractives, #Petrofac, #Énergies_fossiles, #communautés_locales, changement climatique, #impact_sur_l'environnement, #impact_social, (...)

    #énergie
    « ▻http://www.petrofac.com/en-gb/media/news/investment-in-tunisian-interest »
    « ▻http://nawaat.org/portail/2014/03/11/les-ressources-naturelles-en-tunisie-entre-la-necessite-de-la-transparence-e »
    « ▻http://tunisia-tn.com/thyna-petroleum-services-explains-kerkennah-oil-spill »
    « ▻http://www.middleeasteye.net/news/tunisian-island-plunged-conflict-between-protesters-police-357053187 »
    « ►https://nawaat.org/portail/2013/04/22/lunion-des-diplomes-chomeurs-tient-son-premier-congres-national »
    « ▻http://www.telegraph.co.uk/business/2016/04/07/petrofac-calls-in-auditors-to-tackle-bribery-allegations »
    « ▻https://nawaat.org/portail/2016/04/19/reportage-a-kerkennah-les-raisons-de-la-colere »
    « ▻http://www.environnement.gov.tn/fileadmin/medias/pdfs/dgeqv/vulnerabilite_adaptation.pdf »
    « ▻https://hal.archives-ouvertes.fr/hal-01108680 »
    « ▻https://unfccc.int/files/national_reports/non-annex_i_natcom/meetings/application/pdf/20050419tunisia.pdf »
    « ▻http://nawaat.org/portail/2014/03/25/poissons-morts-et-operations-de-fracturation-hydraulique-en-cours-au-large-d »
    « ▻https://www.opendemocracy.net/arab-awakening/hamza-hamouchene/kerkennah-on-frontline-of-resistance-to-fossil-fuel-industry-in-tuni »
    « ▻http://www.bg-group.com/327/where-we-work/tunisia/operations »

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    ObservatoireMultinationales @observatoiremultinat CC BY-ND 6/06/2016
    1
    @zec_plus
    1

    Des riverains de plantations d’huile de palme bloquent l’AG du groupe Bolloré
    ▻http://multinationales.org/Des-riverains-de-plantations-d-huile-de-palme-bloquent-l-AG-du-grou

    Le blocage est décidément à l’ordre du jour en #France. C’est au tour du siège du groupe Bolloré, à Puteaux (Hauts-de-Seine), de subir cette méthode de protestation. Le 3 juin au matin, pendant près de trois heures, une centaine de manifestants sont venus pacifiquement bloquer différentes entrées du siège de l’un des plus puissants groupes français. Ces personnes ont tenté d’interpeller les actionnaires du groupe Bolloré qui se rendaient à leur assemblée générale. Représentant des organisations de la (...)

    Actualités

    / France, Bolloré, #Socfin, #communautés_locales, #Accaparement_des_terres, #accaparement, #solidarité_internationale, impact (...)

    #Bolloré #impact_social
    « ▻http://lexpansion.lexpress.fr/actualites/1/actualite-economique/manifestation-devant-la-tour-bollore-contre-l-accaparement-de-te »
    « ►http://www.oureyeislife.com »

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    ObservatoireMultinationales @observatoiremultinat CC BY-ND 3/06/2016
    4
    @reka
    @sbinfo
    @reflets
    @tastybud
    4

    Bienvenue dans EuropaCity, future cathédrale de la consommation à quelques kilomètres de Paris
    ▻http://multinationales.org/Bienvenue-dans-EuropaCity-future-cathedrale-de-la-consommation-a-qu

    Le dernier grenier à blé de Paris va t-il être englouti par un énième temple de la consommation ? A Gonesse dans le Val-d’Oise, le géant de la distribution #Auchan envisage d’ouvrir en 2024 un méga-centre de 80 hectares mêlant commerces, loisirs et « offre culturelle ». Si le projet aboutit, les dernières terres agricoles de la Plaine de #France feront place à des pistes de ski et de luge... Mais dans le débat public, qui se déroule jusqu’au 30 juin, ce n’est pas l’autonomie alimentaire ou la (...)

    #Enquêtes

    / #Tourisme_et_loisirs, #Grande_distribution, France, Auchan, #emploi, #communautés_locales, #influence, #utilité_sociale, #agriculture, #impact_social, #impact_sur_l'environnement, (...)

    #durabilité
    « ▻http://nonaeuropacity.com/non-classe/grand-paris-quand-jean-francois-carenco-fait-un-deni-de-democratie »
    « ►http://nonaeuropacity.com »
    « ▻http://nonaeuropacity.com/wp-content/uploads/2016/05/MAG-CPTG_VERSION_DEF.pdf »
    « ▻http://corporate.disneylandparis.fr/notre-societe/la-magie-en-chiffres/index.xhtml »
    « ▻https://europacity.debatpublic.fr »
    « ▻http://www.leparisien.fr/aulnay-sous-bois-93600/europacity-une-etude-remet-en-cause-la-creation-des-11-500-emplois-promis »
    « ▻http://uy8h.mjt.lu/nl2/uy8h/9jr.html?a=1xoEQTa74U&b=a238e3fe&c=uy8h&d=d49eacb8&e=00c50cfe&email=sophiec »
    « ▻http://www.europacity.com/Public/Files/pdf/europacity_dossier_du_maitre_d_ouvrage.pdf »
    « ▻http://www.immochan.fr/fr/actualite-groupe-auchan/immochan-et-wanda-sassocient-pour-developper-europacity-la-future »
    « ▻http://www.aulnaylibre.com/2016/03/les-8-maires-de-paris-terres-d-envol-denoncent-le-soutien-du-gouverneme »

    ObservatoireMultinationales @observatoiremultinat CC BY-ND
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  • @observatoiremultinat
    ObservatoireMultinationales @observatoiremultinat CC BY-ND 30/05/2016
    1
    @odilon
    1

    Rapport — Comment les géants des mines et du pétrole menacent les ressources en #eau
    ▻http://multinationales.org/Rapport-Comment-les-geants-des-mines-et-du-petrole-menacent-les-res

    De l’Australie aux Andes, en passant par la France, les projets miniers, pétroliers ou gaziers représentent une menace majeure pour les ressources en eau. Un nouveau rapport de l’Observatoire des multinationales met en lumière l’ampleur de ces risques, l’inadéquation des réponses apportées par les entreprises ou les autorités, et la multiplication des résistances. Dans les pays andins, des paysans et des indigènes se battent contre des projets miniers géants au sommet de leurs montagnes. En Australie, (...)

    #Enquêtes

    / #Industries_extractives, A la une, #Industries_extractives, #industries_extractives, eau, #communautés_locales, #impact_social, #impact_sur_l'environnement, #normes_et_régulations, #responsabilité_juridique_des_entreprises, #responsabilité_sociale_des_entreprises, droits (...)

    #droits_humains
    « ►https://multinationales.org/IMG/pdf/rap_obs.pdf »
    ►http://multinationales.org/IMG/pdf/rap_obs.pdf

    ObservatoireMultinationales @observatoiremultinat CC BY-ND
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    ObservatoireMultinationales @observatoiremultinat CC BY-ND 12/05/2016
    1
    @zec_plus
    1

    Ce « charbon de sang » colombien qui alimente les centrales d’EDF
    ▻http://multinationales.org/Ce-charbon-de-sang-colombien-qui-alimente-les-centrales-d-EDF

    Une grande partie du charbon qui alimente les centrales électriques d’Europe provient de #Colombie, où son extraction a été associée à des milliers d’assassinats, des déplacements forcés de population et à un climat de terreur vis-à-vis des riverains et des syndicalistes. Principaux bénéficiaires de ce « charbon de sang » ? Les multinationales minières qui opèrent dans le pays, mais aussi les géants énergétiques européens, comme #EDF, qui achètent et négocient ce combustible, aux dépens des #droits_humains et du (...)

    Actualités

    / A la une, Colombie, #France, EDF, #Énergies_fossiles, droits humains, #droits_des_travailleurs, #chaîne_d'approvisionnement, #impact_social, #impact_sur_l'environnement, #changement_climatique, #communautés_locales, (...)

    #éthique
    "▻http://www.paxforpeace.nl/stay-informed/in-depth/stop-blood-coal"
    "▻http://www.bloomberg.com/news/articles/2016-01-21/colombia-steps-up-coal-expansion-push-as-global-glut-sinks-price"
    "▻http://www.paxforpeace.nl/stay-informed/news/efforts-against-blood-coal-still-lacking-results"
    "▻http://www.paxforpeace.nl/stay-informed/news/pax-calls-for-import-stop-on-blood-coal"
    "▻http://www.amisdelaterre.org/EDF-et-le-charbon-de-sang.html"
    "▻http://coalaction.org.uk/ditchcoal.pdf"

    ObservatoireMultinationales @observatoiremultinat CC BY-ND
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  • @observatoiremultinat
    ObservatoireMultinationales @observatoiremultinat CC BY-ND 9/05/2016

    En #Inde, l’exploitation minière accable les tribus
    ▻http://multinationales.org/En-Inde-l-exploitation-miniere-accable-les-tribus

    Cet article a été publié initialement par #Equal_Times. Reproduit avec permission De l’or à profusion et du charbon pour tous. C’est, en quelques mots, ce que promet Raman Singh, le ministre en chef de l’État du Chhattisgarh – centre de l’Inde – à ses habitants, et surtout, aux compagnies minières et aux investisseurs attirés par cette région luxuriante, débordant de forêts, de cours d’eaux et de collines richissimes en minerais : fer, bauxite, calcaire, étain, dolomite, or... Majoritairement rural et (...)

    #Enquêtes

    / Inde, #Vedanta_Resources, #Industries_extractives, Equal Times, #Industries_extractives, #industries_extractives, #communautés_locales, #droits_humains, impact (...)

    #impact_social
    « ▻http://www.equaltimes.org/au-centre-de-l-inde-l-exploitation?lang=fr »
    « ▻http://www.business-standard.com/article/economy-policy/we-are-proud-to-be-seen-as-a-start-up-state-raman-singh-115121500 »
    « ▻http://www.business-standard.com/article/companies/vedanta-bags-india-s-first-gold-mine-auction-116022700790_1.html »
    « ▻http://www.thehindu.com/business/budget/union-budget-201516-proposes-steps-to-monetise-gold-contain-imports/article6945325.ece »
    « ▻http://www.cseindia.org/node/389 »
    « ▻http://www.survivalfrance.org/actu/11162 »
    « ▻http://scroll.in/article/802590/in-chhattisgarh-mining-interests-and-tribal-rights-on-a-collision-course »
    « ▻http://thewire.in/2016/02/17/chhattisgarh-govt-cancels-tribal-rights-over-forests-to-facilitiate-coal-min »
    « ▻http://blog.mondediplo.net/2008-08-17-Au-nom-de-l-antiterrorisme-en-Inde »
    « ▻http://www.lemonde.fr/asie-pacifique/article/2013/05/27/l-inde-face-a-l-insurrection-armee-des-maoistes_3418284_3216.html »
    « ▻http://nandinisundar.blogspot.be/2015/12/theatre-of-absurd-chhattisgarh-style.html »
    « ▻https://cpj.org/2016/02/press-freedom-crisis-in-indias-chhattisgarh-deepen.php »
    « ▻https://sonisori.wordpress.com »
    « ▻http://economictimes.indiatimes.com/opinion/interviews/make-in-india-we-want-to-attract-sunrise-industries-says-chhattisgarh-cm-raman-singh/articleshow/51032433.cms »

    ObservatoireMultinationales @observatoiremultinat CC BY-ND
    • @reka
      Reka @reka CC BY-NC-SA 9/05/2016

      #peuples_premiers #peuples_autochtones

      Reka @reka CC BY-NC-SA
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  • @observatoiremultinat
    ObservatoireMultinationales @observatoiremultinat CC BY-ND 25/04/2016
    3
    @biggrizzly
    @odilon
    @02myseenthis01
    3

    L’exploitation industrielle du sable, une nouvelle menace pour le littoral français ?
    ▻http://multinationales.org/L-exploitation-industrielle-du-sable-une-nouvelle-menace-pour-le-li

    Le sable est la seconde ressource naturelle la plus consommée après l’eau : l’humanité en avale 15 milliards de tonnes chaque année. On s’en sert pour le béton, les terres agricoles ou les puces électroniques. On en consomme tellement que, dans certaines régions du monde, les plages reculent, voire disparaissent. En #France, les demandes de permis pour aspirer du sable au large des côtes se multiplient. Dans la baie de Lannion, en Bretagne, un projet d’extraction est vivement contesté et fait peser un (...)

    #Enquêtes

    / #BTP, France, #Lafarge, #Bouygues, #Vinci, #Italcementi, Compagnie armoricaine de navigation (CAN), #épuisement_des_ressources, #industries_extractives, #Industries_extractives, #Industries_extractives, #impact_sur_l'environnement, biodiversité, #communautés_locales, matières (...)

    #Compagnie_armoricaine_de_navigation_CAN_ #biodiversité #matières_premières #chaîne_d'approvisionnement
    « ▻http://www.legifrance.gouv.fr/eli/decret/2015/9/14/EINL1511827D/jo »
    « ▻http://www.roullier.com/fr/nos-savoir-faire/savoir-faire-maritime »
    « ▻http://www.unpg.fr »
    « ▻http://wwz.ifremer.fr/drogm/Activites/Ressources-minerales-non-energetiques/Granulats-marins/Presentation-generale »
    « ▻http://www.sepanso.org/gironde/IMG/pdf/-8.pdf »
    « ▻http://future.arte.tv/fr/nos-plages-court-de-sable »
    « ▻http://www.pnrecybeton.fr »
    ▻http://www.cerib.com
    « ▻http://www.bastamag.net/Construisez-votre-maison-en-terre »
    « ▻http://www.bastamag.net/Le-peuplier-une-ressource-d-avenir »
    « ►http://www.bastamag.net/Grace-a-la-paille-la-France-pourrait-isoler-500-000-logements-par-an »
    « ▻https://www.flickr.com/photos/napafloma-pictures

    Flickr
     »
    « ▻https://www.flickr.com/photos/arnaudregnier
    Flickr
     »
    « ▻https://www.flickr.com/photos/16447874@N02
    Flickr
     »
    ►http://www.fnab.org
    « ▻http://www.lafarge.com/sites/default/files/atoms/files/03232015-press_publication-2014_annual_report-fr.pdf »

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    ObservatoireMultinationales @observatoiremultinat CC BY-ND 14/04/2016
    6
    @odilon
    @maieul
    @fadixu
    @kassem
    @02myseenthis01
    @solitudemaisdishuits
    6

    Biopiraterie : l’édulcorant « naturel » de Pepsi et Coca a un goût amer pour les Guaranis
    ▻http://multinationales.org/Biopiraterie-l-edulcorant-naturel-de-Pepsi-et-Coca-a-un-gout-amer-p

    La stévia, nouvel édulcorant miracle de l’industrie #Agroalimentaire ? Cette plante sud-américaine est utilisée notamment par #Coca-Cola et Pepsi dans leurs nouveaux sodas « naturels ». « Tellement bon, presque trop bon pour être vrai », dit leur slogan publicitaire. De fait, ces entreprises n’utilisent en réalité qu’un dérivé industriel de la stévia, et ignorent superbement les droits des indigènes Guarani, qui la cultivent depuis des siècles. Connaissez-vous la stévia ? Cette petite plante d’Amérique du sud (...)

    Actualités

    / La Déclaration de Berne (DB), #France_Libertés, Agroalimentaire, Coca-Cola, #PepsiCo, #Cargill, #Agriculture_et_alimentation, #Greenwashing, #marketing, biodiversité, #communautés_locales, #alimentation, matières (...)

    #La_Déclaration_de_Berne_DB_ #biodiversité #matières_premières
    "▻https://pepsinext.ca/fr"
    "▻http://www.economie.gouv.fr/dgccrf/Securite/Produits-alimentaires/Stevia-rebaudiana-produits-base-de-stevia"
    "▻https://www.ladb.ch/fileadmin/files/documents/Biodiversitaet/DB_Stevia_FR_2-16.pdf"
    ▻https://www.ladb.ch
    "►http://www.cirad.fr"
    ►http://www.france-libertes.org

    • #Pepsi
    • #Pepsico
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    • @odilon
      odilon @odilon CC BY-NC-ND 14/04/2016

      Parmi les industries mises en cause : Cargill, un géant états-unien spécialisé dans la fourniture d’ingrédients alimentaires et dans le négoce de matières premières, DSM, un géant néerlandais de la chimie, Pepsi Co ou encore Coca-Cola. « Ces entreprises contrôlent le marché au moyen de #brevets et parviennent à vendre les glycosides de stéviol comme l’édulcorant naturel du futur ». Parallèlement, l’utilisation traditionnelle des feuilles de stévia comme édulcorant est, elle, interdite dans la plupart des pays industrialisés.

      #biopiraterie

      odilon @odilon CC BY-NC-ND
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