• A TikTok Twist on ‘PizzaGate’ - The New York Times
    https://www.nytimes.com/2020/06/29/technology/pizzagate-tiktok.html

    One of social media’s early conspiracy theories is back, but remade in creatively horrible ways.

    “PizzaGate,” a baseless notion that a Washington pizza parlor was the center of a child sex abuse ring, leading to a shooting in 2016, is catching on again with younger people on TikTok and other online hangouts, my colleagues Cecilia Kang and Sheera Frenkel wrote.

    I talked to Sheera about how young people have tweaked this conspiracy and how internet sites help spread false ideas. (And, yes, our names are pronounced the same but spelled differently.)

    Shira: How has this false conspiracy changed in four years?

    Sheera: Younger people on TikTok have made PizzaGate more relatable for them. So a conspiracy that centered on Hillary Clinton and other politicians a few years ago now instead ropes in celebrities like Justin Bieber. Everyone is at home, bored and online more than usual. When I talked to teens who were spreading these conspiracy videos, many of them said it seemed like fun.

    If it’s for “fun,” is this version of the PizzaGate conspiracy harmless?

    It’s not. We’ve seen over and over that some people can get so far into conspiracies that they take them seriously and commit real-world harm. And for people who are survivors of sexual abuse, it can be painful to see people talking about it all over social media.

    Have the internet companies gotten better at stopping false conspiracies like this?

    They have, but people who want to spread conspiracies are figuring out workarounds. Facebook banned the PizzaGate hashtag, for example, but the hashtag is not banned on Instagram, even though it’s owned by Facebook. People also migrated to private groups where Facebook has less visibility into what’s going on.

    Tech companies’ automated recommendation systems also can suck people further into false ideas. I recently tried to join Facebook QAnon conspiracy groups, and Facebook immediately recommended I join PizzaGate groups, too. On TikTok, what you see is largely decided by computer recommendations. So I watched one video about PizzaGate, and the next videos I saw in the app were all about PizzaGate.

    TikTok is a relatively new place where conspiracies can spread. What is it doing to address this?

    TikTok is not proactively going out and looking for videos with potentially false and dangerous ideas and removing them. There were more than 80 million views of TikTok videos with PizzaGate-related hashtags.

    The New York Times reached out to TikTok about the videos, pointing out their spike. After we sent our email, TikTok removed many of the videos and seemed to limit their spread. Facebook and Twitter often do this, too — they frequently remove content only after journalists reach out and point it out.

    Do you worry that writing about baseless conspiracies gives them more oxygen?

    We worry about that all the time, and spend as much time debating whether to write about false conspiracies and misinformation as we do writing about them.

    We watch for ones that reach a critical mass; we don’t want to be the place where people first find out about conspiracies. When a major news organization writes about a conspiracy — even to debunk it — people who want to believe it will twist it to appear to validate their views.

    But to ignore them completely could also be dangerous.

    #Pizzagate #complotisme #fake_news #TikTok

  • Que disent les sciences humaines et sociales de la place de l’irrationnel dans les sociétés contemporaines ? #irrationnel #sciences #fakenews #complotisme #altersciences

    https://sms.hypotheses.org/25099

    L’irrationnel peut être défini succinctement comme un mode de pensée qui se situe en dehors du domaine de la raison ou qui s’y oppose. Ce mode de pensée connaît depuis plusieurs années un essor important. En effet, il ne se passe pas un jour sans découvrir une remise en cause d’un vaccin, sans lire un article, voir un documentaire ou entendre une émission de radio dénonçant les supposés ravages de la rationalité scientifique.

    Certains essayistes en font même leur fonds de commerce vantant les mérites des médecines douces et de la méditation transcendantale, prétendant avoir découvert les causes de l’autisme, ou trouvant des raisons d’être dans la mise au jour de complots secrets internationaux. Dès lors, il était tentant de convoquer les sciences humaines et sociales pour étudier ces phénomènes dans les registres politiques, religieux, scientifiques et culturels et pour mettre au jour leurs mécanismes (...)

  • Il complottismo è nato per scherzo, ma è ora di iniziare a capirlo - Wired

    Nato negli anni ’60 come poco più che una burla con l’operazione Mindfuck, il complottismo moderno è diventato mainstream. E al di là delle sue derive, l’immaginario del complotto spesso cerca di raccontare realtà che ci sfuggono (ed è bene che lo faccia)

    La nascita del complottismo, così come lo conosciamo oggi, si può far risalire alla fine degli anni ‘60 in America, e più precisamente a un’operazione di controcultura denominata operazione Mindfuck. Al tempo, gli Stati Uniti erano pervasi da movimenti hippie e situazionisti, che provavano a cambiare il mondo cercando di ribaltare l’ordine costituito e la narrazione dominante.

    A gettare le basi, più o meno inconsapevolmente, di quel fenomeno che solo qualche decennio dopo avrebbe fatto credere a 12 milioni di persone che il mondo è dominato da rettili umanoidi furono Greg Hill e Kerry Thornley. Ispirandosi al culto della dea greca del caos, Eris, fondarono il discordianesimo: una religione costruita sull’idea che l’ordine era solo un’illusione, una proiezione della mente umana, e che alla base di tutto ci fosse il caos.

    Se la religione organizzata era l’oppio dei popoli, pensavano Hill e Thornley, allora la loro religione disorganizzata sarebbe stata la marijuana della frangia lunatica. Decisero di raccogliere il loro pensiero in un libro, Principia Discordia, pubblicato nel ‘63.

    L’operazione Mindfuck nacque dal discordianesimo, e il suo obiettivo era quello di portare le persone a un tale stato di disorientamento e confusione da far crollare le loro rigide credenze, giungendo così a una sorta di illuminazione. Nella pratica però non funzionò proprio così, vista anche la tendenza di molti discordiani a scivolare nella schizofrenia paranoide. Almeno all’inizio, comunque, il discordianesimo voleva essere uno scherzo. Ma più lo scherzo andava avanti, più assumeva i contorni di una religione, e diventava difficile comportarsi come se fosse un semplice scherzo.

    Durante gli anni ‘70 il concetto di caos non venne solo abbracciato nei posti più disparati, ma venne teorizzato matematicamente dai dipartimenti di fisica e matematica delle università (vedi ad esempio il concetto di effetto farfalla). Le teorie del complotto create da Hill e Thorney attecchirono molto più di quanto i suoi creatori avrebbero mai immaginato. In particolare, presero piede tra alcuni redattori della rivista Playboy, che iniziarono a dedicare ampio spazio alle teorie di Hill, Thorney e dei discordiani in genere. Fra interviste, conigliette e paginoni centrali la rivista iniziò a ospitare lettere anonime che parlavano dell’omicidio di Kennedy. C’era chi sosteneva che fosse stata la Cia, altri la mafia, alcuni se la prendevano con Fidel Castro, e altri ancora le forze anti castriste. I due redattori dell’epoca, Robert Shea e Robert Anton Wilson, già sedotti dalle teorie discordiane e in contatto con Hill e Thorney, ci presero talmente gusto che alcuni anni più tardi scrissero Illuminatus!, una trilogia di romanzi sull’eterno conflitto tra Discordiani e Illuminati, una setta massonica creata con l’obiettivo di impadronirsi del mondo. I libri vennero pubblicati nel ‘75 e da allora sono sempre stati in ristampa.

    Fra i Principia Discordia e la trilogia degli illuminati passa la personificazione del conflitto. Se nel primo libro Hill e Thorney si erano limitati a teorizzare, sotto forma di religione, il caos alla base del quale pensavano si reggesse il mondo, nella trilogia Shea e Wilson fanno un passo ulteriore: gli illuminati diventano i paladini del caos, una forza oscura che vuole conquistare il mondo. La differenza sostanziale che passa fra i Principia Discordia e la trilogia Illuminatus è proprio questa. Nel libro di Hill e Thorney non ci sono buoni e cattivi, ma semplice paradosso e contraddizione. Mentre nella trilogia, sotto forma del conflitto fra discordiani e illuminati, ecco che il paradosso e la contraddizione prendono forma in un noi contro di loro.

    Il ragionamento dietro al complotto è sempre lo stesso, a ritroso. Date determinate premesse, si cerca qualsiasi evidenza o congettura che possa convalidare la tesi. È un circolo vizioso impossibile da spezzare, in cui una serie di coincidenze legate fra loro da eventi insignificanti vengono reinterpretate come prove a favore. I discordiani la definirono sincronicità, riprendendo il concetto già teorizzato da Jung all’inizio del secolo. Erano coincidenze significative, che non potevano essere spiegata dal semplice nesso di causa ed effetto. In altre parole, pensiero magico.

    Esiste una teoria del complotto per tutto. Pensiamo al più assurdo: in un sondaggio del 2013, il 4 per cento delle persone intervistate (un dato che, se esteso a tutta la popolazione degli Stati Uniti, equivale a 12 milioni di abitanti) ha dichiarato di pensare che “rettili mutaforma controllano il nostro mondo, assumendo sembianze umane e accaparrandosi il potere politico per manipolare le nostre società”. Un ulteriore 7 per cento ha dichiarato semplicemente di non averne ancora la certezza assoluta.

    Lo racconta lo psicologo Rob Brotherton nel suo libro intitolato: Menti sospettose, perché siamo tutti complottisti. Ma se la teoria dei rettiliani non permette di avere il polso della situazione, non bisogna fare l’errore di credere all’idea che le teorie del complotto siano una questione di nicchia, che interessa solamente una piccola frangia paranoica dell’umanità, fatta di “uomini di mezza età, depressi ed emarginati, outsider tutt’altro che stupidi con una stravagante mania per le ricerche”. E non è nemmeno una questione di poveri e ricchi, o di ignoranti e laureati. L’argomento principale di Brotherton è che tutti noi possediamo una mentalità cospirazionista in qualche misura, perché è radicata nelle nostre teste e dipende da come funziona il nostro cervello.

    Nel libro vengono raccontati diversi esempi ed esperimenti che descrivono in dettaglio le varie stranezze e scorciatoie psicologiche attuate dal nostro cervello. Uno di questi metteva di fronte a una classe di studenti queste due figure.
    Ovviamente, quasi tutti gli studenti individuavano la barca a vela nascosta nella prima figura, ma spesso riferivano di scorgere delle immagini anche là dove, in realtà, non vi erano altro che puntini e linee disposti a caso, come nell’immagine a destra. Per quanto possa essere affascinante, non esiste alcun legame fra i punti, oltre a quelli che raffigurano la barca. Il legame è mentale: uniamo i punti che preferiamo, per raccontarci la storia che ci suona più familiare. Perché il nostro cervello funziona così, si chiama euristica.

    Alcune teorie del complotto sono assurde se non grottesche, è vero: però si tratta del nostro modo di ragionare, e in questo senso la storia ci ha insegnato che spesso non solo è sano mettere in discussione quello che sappiamo del mondo, ma è anche un modo per svelare la complessità del reale. Perché se c’è una cosa che ci ha insegnato il complottismo, nelle sue forme migliori – penso a William Burroughs o Alan Moore – è che al di là delle caricature che vanno dai Savi di Sion al piano Kalergi, l’immaginario del complotto ha anche cercato di raccontare una realtà che, per un motivo o per un altro, spesso ci sfugge. E in questo senso il complotto non è più la narrazione più facile per spiegare il reale, quanto piuttosto quella più complicata. A farla semplice, è semmai il debunker che spiega che le cose stanno così come ti sono state raccontate e punto.

    Se esiste un paese in cui il complotto si è fatto storia, quello è il nostro. E in questo senso, il paradigma di verità fondato sulla distinzione fra debunker/complottisti, risponde a una logica pericolosa, perché mette in moto un meccanismo per cui tutto ciò che non fa parte della versione ufficiale e veritiera è paranoico dissenso senza alcun fondamento. E se ci trovassimo quindi nella posizione di criticare, a priori, l’euristica del pensiero critico come processo cognitivo spontaneo, sminuendolo a roba da rettiliani o altre fesserie? Quello che non si accetta di un certo modo di ragionare – oltre al fatto che si ritiene pericoloso – è che le teorie complottiste con il passare degli anni sono diventate espressione di un sentimento comune e complesso che crea identità.

    Nel suo discorso di ringraziamento all’Anti-Defamation League lo scorso novembre, l’attore Sacha Baron Cohen lo ha detto chiaro e tondo. Secondo lui, è finita l’era della ragione, il consenso scientifico è delegittimato, e alcuni demagoghi stanno facendo appello ai nostri peggiori istinti, per alimentare teorie del complotto che ormai sono diventate il mainstream. Per come la butta giù l’attore inglese, si tratta di una narrazione attraente: le grandi compagnie tech stanno distruggendo le democrazie. Ma forse è una spiegazione troppo semplice. Certo, quello delle teorie cospirazioniste è un mercato come tutti gli altri, con domanda e offerta. E la mano che lo muove è il denaro.

    Prima di andare oltre però, occorre una precisazione. Il concetto di propaganda è cambiato nel tempo. Propaganda significava storicamente indurre le persone a credere alle cose: ora significa indurle a mettere in discussione ciò in cui credono. Era propaganda il modo in cui l’amministrazione di Woodrow Wilson convinse gli americani a sostenere il coinvolgimento degli Stati Uniti nella Prima guerra mondiale. La propaganda raccontava la stessa storia attraverso così tanti canali mediatici contemporaneamente che sembrava esserci solo una storia: la necessità di prendere parte al conflitto, per il bene del pianeta. Oggi, tuttavia, l’obiettivo principale della propaganda governativa sembra essere quello di minare la nostra fiducia in tutto.

    In questo senso quindi è vero che le piattaforme dei social network hanno contribuito a decentralizzare quello che era il potere dei mezzi di comunicazione mainstream. E di conseguenza che abbiano alimentato i canali di comunicazioni non tradizionali, come quelli pseudoscientifici. Tuttavia ridurre il problema a questo implica non considerare come alla base della proliferazione di notizie false sui social non ci sia un problema di offerta, ma di domanda. L’idea che i social abbiano creato le condizioni del nostro rancore, della nostra paranoia e del nostro odio contro i poteri forti difficilmente regge. La radicalizzazione algoritmica, ovvero la teoria secondo cui siamo tutti imprigionati in una bolla informativa, in cui le notizie che non ci piacciono o con cui non siamo d’accordo vengono automaticamente filtrate rendendoci incapaci di cambiare idea, è d’altronde già stata messa in discussione.

    Facebook, Twitter e gli altri social hanno capito prima di altri che per attirare l’attenzione delle persone bisognava sfruttare il potere della comunità per creare identità. La polarizzazione che hanno generato è stata una dei motivi per cui in molti dicono che il sistema è truccato. Tuttavia, come scrive Richard Fletcher, Senior Research Fellow presso il Reuters Institute for the Study of Journalism dell’università di Oxford, “concentrarsi sulle filter bubble può farci fraintendere i meccanismi in gioco, e potrebbe anche distrarci da problemi un po’ più pressanti”.

    Preoccuparsi del fatto che una determinata affermazione sia vera o meno manca l’obiettivo: persuadere l’altra squadra a cambiare richieste, per convincerla che starebbe meglio con delle aspirazioni diverse. È un progetto politico. Ed è giusto quindi che venga trattato come tale; anche perché innalzare le big tech a capro espiatorio significa ridurre il tutto all’ennesimo complotto.

    https://www.wired.it/attualita/media/2020/06/01/complottismo-storia-operazione-mindfuck

    #complot #fakenews #wired

  • Antisémitisme. De David Icke à Alice Walker, épidémie conspirationniste, Samuel Blumenfeld
    https://www.lemonde.fr/m-le-mag/article/2020/05/29/de-david-icke-a-alice-walker-epidemie-conspirationniste_6041199_4500055.html

    La célèbre auteure de « La Couleur pourpre » a relayé une vidéo du Britannique reliant la pandémie due au Covid-19 aux juifs, alors que Facebook et YouTube ont décidé de supprimer les comptes de celui-ci.
    David Icke est un ancien joueur de football, un ex-journaliste sportif à la BBC, autrefois affilié au Green Party, le Parti vert britannique. Cet homme a connu plusieurs vies, mais c’est sa plus récente incarnation qui lui vaut le plus ­d’attention. Il est, à 68 ans, l’une des vedettes de la sphère conspirationniste en Europe, un homme qui a cumulé jusqu’à 800 000 abonnés à sa page Facebook, et dont les différents ouvrages, publiés à compte d’auteur, attirent un public aussi nombreux que fidèle. On trouve ainsi parmi ces lecteurs laudateurs la romancière Alice Walker, auteur de La Couleur pourpre, l’un des romans les plus populaires de l’histoire de l’édition aux États-Unis, récompensé, en 1983, du prix Pulitzer et de l’American Book Award, avant de se trouver adapté au cinéma par Steven Spielberg en 1985.

    Comme tous les théoriciens du complot, David Icke est persuadé qu’une société secrète contrôle les intérêts de la planète. Et, comme beaucoup de théoriciens du complot, David Icke avance que cette société secrète est juive. Récemment, ce dernier affirmait que « le coronavirus avait été créé par la dynastie bancaire juive des Rothschild » et que l’État d’Israël mettait à profit la pandémie « pour tester sa technologie ». Des propos qui ont valu la mise à l’écart de cette figure de la complosphère anglophone. Ainsi, dans sa lettre hebdomadaire du 11 mai, le site Conspiracy Watch, l’Observatoire du conspirationnisme en France, annonçait que les propos outranciers de David Icke sur un supposé complot présidant à la propagation du Covid-19 avaient conduit à la suppression de ses comptes sur Facebook et YouTube, en attendant qu’Instagram et Twitter suivent cet exemple.

    « Dans les ouvrages d’Icke, expliquait Alice Walker dans le “New York Times” en 2018, c’est toute notre existence sur cette planète que nous devons reconsidérer. Comme si le rêve d’une personne curieuse se concrétisait. »

    Cette affaire n’est cependant pas soldée. Début mai, la romancière Alice Walker, ancienne militante des droits civiques, proche de Martin Luther King, a relayé sur son site officiel une des vidéos du Britannique. Celle qui se décrit comme une « féministe noire » dépeignait dans La Couleur pourpre la double oppression à laquelle est soumise la femme noire aux États-Unis, ­victime de la société blanche, puis des hommes noirs. C’est donc au nom d’une autre oppression, celle du supposé complot juif, que la célèbre écrivaine accompagnait la vidéo où David Icke résout le mystère de l’origine de cette pandémie de ces mots : « Rendez-vous compte, nous parvenons enfin à prendre la mesure de l’invisible ! »

    Positions antisionistes virulentes

    Reconnaissons à Alice Walker le mérite de ne pas avancer masquée. Interrogée en décembre 2018 par le New York Times, qui lui demandait quels ouvrages se trouvaient sur sa table de nuit, la romancière citait quatre livres, dont l’essai de David Icke, And the Truth Shall Set You Free, que l’on pourrait traduire par La Vérité te délivrera : « Dans les ouvrages d’Icke, explique Alice Walker, c’est toute notre existence sur cette planète que nous devons reconsidérer. Comme si le rêve d’une personne curieuse se concrétisait. » Le « rêve » d’Alice Walker s’avère un cauchemar. Le livre d’Icke recycle de vieilles antiennes. Avec l’idée force que Les Protocoles des Sages de Sion, un faux publié au début du XXe siècle dans la Russie tsariste, présenté comme un plan de conquête du monde ­établi par les juifs et les francs-maçons, constitue une grille de lecture toujours pertinente.

    La romancière est allée jusqu’à exiger que “La Couleur pourpre” ne soit en aucun cas traduit en hébreu.

    Entre autres délires, l’essayiste affirme que le Ku Klux Klan serait contrôlé par des organisations juives, les organisations d’extrême droite en Grande-Bretagne financées par les services secrets israéliens, alors que les actes antisémites, augmentant de manière exponentielle en Occident depuis le début des années 2000, seraient orchestrées par les juifs eux-mêmes. David Icke se révèle tout aussi fantaisiste sur d’autres dossiers : il est tout à la fois climato­sceptique, vaccinosceptique et hostile aux thèses officielles sur les attentats du 11 septembre 2001.

    Alice Walker n’a jamais fait mystère de ses positions antisionistes virulentes, et de son soutien actif à Boycott, désinvestissement et sanctions (BDS), une organisation appelant aux boycotts économique, académique et culturel de l’État d’Israël. La romancière est allée jusqu’à exiger que La Couleur pourpre ne soit en aucun cas traduit en hébreu. Attaquée pour antisémitisme, Alice Walker s’est défendue dans un post publié en novembre 2017 à l’aide d’un long poème intitulé C’est notre (terrifiant) devoir d’étudier le Talmuda. Les juifs, responsables des malheurs du monde, sont décrits comme les assassins du Christ. Depuis, le covid-19 est apparu. Un nouveau fléau dont les juifs s’avèrent, aux yeux d’Alice Walker, les propagateurs. Au point où l’on peut se demander comment une romancière aussi respectée a pu échapper aussi longtemps à l’opprobre.

    Cette source est douteuse (impliquée dans la défense d’Israël, et plus généralement protagoniste active de la disqualification et de la #démoralisation de diverses modalités de critique ou de contestation, ...), mais elle comporte des éléments factuels probants et je n’ai pas pris le temps de chercher des docs qui soient internes à l’anti-sionisme et/ou à l’anti-racisme étasunien, dont j’espère qu’ils existent.

    #complotisme #Alice_Walker #antisémitisme #littérature #lifestinks #tristesse

    • Alice Walker s’est défendue dans un post publié en novembre 2017 à l’aide d’un long poème intitulé C’est notre (terrifiant) devoir d’étudier le Talmuda. Les juifs, responsables des malheurs du monde, sont décrits comme les assassins du Christ. Depuis, le covid-19 est apparu. Un nouveau fléau dont les juifs s’avèrent, aux yeux d’Alice Walker, les propagateurs.

      Savez-vous si il existe dans l’aire #BDS un débat politique à propos de ce type de position ? de la manière dont la campagne BDS est utilisée comme abri par tel ou telle pour véhiculer des thèses antisémites ? des moyens d’y mettre fin ?

      #glissements_successifs #racisme #silence

  • Twitter #Bots Are Spreading #Coronavirus Conspiracy Theories -
    Nearly Half of Coronavirus Conspiracy Theories on Twitter Are Coming From Bots- Rolling Stone
    https://www.rollingstone.com/culture/culture-news/coronavirus-conspiracy-theories-twitter-bots-1004328

    As part of the study, researchers analyzed nearly 200 million tweets since January referring to the coronavirus. It looked for specific markers that typically identify bots, such as whether they tweet multiple times in a short period, or copy-paste text from other tweets. The team found more than 100 false narratives and conspiracy theories related to COVID-19 that were perpetuated by bots, such as the idea that 5G wireless towers are spreading the virus, or that the virus was created in a lab in Wuhan, China.

    [...]

    What is surprising is the degree to which bots are flooding the platforms: As Carley told MIT Technology Review, typically bots comprise about 10% to 20% of the disinformation campaign activity. The COVID-19 pandemic appears to pose a unique opportunity for bad actors to spread false information.

    #complotisme

  • Près de la moitié des Canadiens dupés par des théories du complot sur la COVID-19 | Le Devoir
    https://www.ledevoir.com/societe/579354/pres-de-la-moitie-des-canadiens-dupes-par-des-theories-du-complot-sur-la-c

    Près de la moitié des Canadiens souscrivent à des théories du complot ou des croyances trompeuses entourant le coronavirus, notamment sur des remèdes miracles qui n’en sont pas, le rôle de la technologie 5G ou la conception du virus dans un laboratoire chinois à des fins malveillantes, selon une nouvelle étude.

    Un sondage mené auprès de 2000 Canadiens par l’école de journalisme de l’Université Carleton à Ottawa révèle que 46 % d’entre eux croient en au moins une des quatre théories principales qui circulent en ligne concernant le virus.

    Sa crainte, dit-elle, c’est que les gens ne prennent pas la menace de la COVID-19 au sérieux et fassent fi des recommandations de la santé publique, notamment sur la distanciation physique, ouvrant la porte à une résurgence de l’épidémie.

    Un quart (26 %) des répondants, selon le sondage, croit en la véracité de la principale fausse nouvelle, soit que le coronavirus a été conçu comme une arme biologique dans un laboratoire en Chine et disséminé dans la population.

    11 % ne croient pas que la maladie soit grave et pensent qu’elle a été propagée pour dissimuler les effets nocifs présumés sur la santé de la nouvelle technologie 5G.

    Près du quart (23 %) croit, à l’instar du président américain Donald Trump, que des médicaments comme l’hydroxychloroquine sont efficaces dans le traitement de la maladie, ce qui n’a pas été prouvé scientifiquement.

    Et 17 % pensent que se rincer le nez avec une solution saline fournira une protection contre l’infection.

    Le sondage a été mené du 5 au 8 mai et a une marge d’erreur de 2,19 %.

    Les chercheurs soulignent que les gens passant beaucoup de temps sur les réseaux sociaux sont plus susceptibles de croire aux théories du complot.

    Environ 57 % des répondants croient également pouvoir détecter la désinformation. Cette trop grande confiance explique pourquoi ces gens « se laissent duper », estime Mme Everts.

    Réponse populaire à la propagande et au mensonge d’État, ainsi qu’à la capacité des élites de tirer un bon gros profit (économique ou politique : les lois d’exception) de la crise.
    #pas_dupe #rumeurs #complotisme #réseaux_sociaux

    • Près du quart (23 %) croit, à l’instar du président américain Donald Trump, que des médicaments comme l’hydroxychloroquine sont efficaces dans le traitement de la maladie, ce qui n’a pas été prouvé scientifiquement.

      Krkrkrkr…

      En même temps c’est n’importe quoi de, une fois de plus, mélanger sous l’intitulé « théorie du complot » des thèses soutenues très ouvertement par des gouvernements (HCQ, Chine), et des rumeurs plus « populaires » (5G, rinçage du nez). Parce que pour le coup, ce sondage permet en même temps de conclure que les gens croient les médias et qu’ils ne croient pas les médias, qu’ils suivent les politiques et qu’ils s’en défient, qu’ils écoutent les scientifiques ou qu’ils s’en moquent.

    • On n’oublie pas non plus Macron qui va visiter Raoult comme si c’était la Vierge à Lourdes.

      Oui, ces rumeurs sont une pauvre manière de gober certains trucs tout en n’étant « pas dupes » d’autres. Dans un contexte globalement populiste et qui ne respire pas l’intelligence (je parle des élites politiques crasseuses), c’est une réponse pas très étonnante. Les plus dupes sont ceux (très majoritairement des hommes) qui se débattent avec le constat qu’ils ne valent rien (vu la baisse régulière des caractères démocraties du régime libéral représentatif et avec un président qui dit qu’on peut n’être rien) pour essayer de se revaloriser en ne gobant que la moitié du message.

  • How covid-19 conspiracy theorists are exploiting YouTube culture | MIT Technology Review
    https://www.technologyreview.com/2020/05/07/1001252/youtube-covid-conspiracy-theories/?truid=a497ecb44646822921c70e7e051f7f1a

    Covid-19 conspiracy theorists are still getting millions of views on YouTube, even as the platform cracks down on health misinformation.

    The answer was obvious to Kennedy, one of many anti-vaccination leaders trying to make themselves as visible as possible during the covid-19 pandemic. “I’d love to talk to your audience,” he replied.

    Kennedy told Bet-David that he believes his own social-media accounts have been unfairly censored; making an appearance on someone else’s popular platform is the next best thing. Bet-David framed the interview as an “exclusive,” enticingly titled “Robert Kennedy Jr. Destroys Big Pharma, Fauci & Pro-Vaccine Movement.” In two days, the video passed half a million views.

    As of Wednesday, advertisements through YouTube’s ad service were playing before the videos, and Bet-David’s merchandise was for sale in a panel below the video’s description. Two other interviews, in which anti-vaccine figures aired several debunked claims about coronavirus and vaccines (largely unchallenged by Bet-David), were also showing ads. Bet-David said in an interview that YouTube had limited ads on all three videos, meaning they can generate revenue, but not as much as they would if they were fully monetized.

    We asked YouTube for comment on all three videos on Tuesday afternoon. By Thursday morning, one of the three (an interview with anti-vaccine conspiracy theorist Judy Mikovits) had been deleted for violating YouTube’s medical misinformation policies. Before it was deleted, the video had more than 1 million views.

    YouTube said that the other two videos were borderline, meaning that YouTube decided they didn’t violate rules, but would no longer be recommended or show up prominently in search results.

    I asked Bet-David whether he felt any responsibility over airing these views on his channel—particularly potentially harmful claims by his guests, urging viewers to ignore public health recommendations.

    “I do not,” he said. “I am responsible for what comes out of my mouth. I’m not responsible for what comes out of your mouth”

    For him, that lack of responsibility extends to misinformation that could be harmful to his audience. He is just giving people what they are asking for. That, in turn, drives attention, which allows him to make money from ads, merchandise, speaking gigs, and workshops. “It’s up to the audience to make the decision for themselves,” he says. Besides, he thinks he’s done interviewing anti-vaccine activists for now. He’s trying to book some “big name” interviews of what he termed “pro-vaccine” experts.

    #YouTube #Complotisme #Vaccins #Médias_sociaux #Fake_news

  • Fauci: No scientific evidence the #coronavirus was made in a Chinese lab
    https://www.nationalgeographic.com/science/2020/05/anthony-fauci-no-scientific-evidence-the-coronavirus-was-made-in

    One topic in the news lately has been the origins of SAR-CoV-2. Do you believe or is there evidence that the virus was made in the lab in China or accidentally released from a lab in China?

    If you look at the evolution of the virus in bats, and what’s out there now is very, very strongly leaning toward this [virus] could not have been artificially or deliberately manipulated—the way the mutations have naturally evolved. A number of very qualified evolutionary biologists have said that everything about the stepwise evolution over time strongly indicates that it evolved in nature and then jumped species.

    Sure, but what if scientists found the virus outside the lab, brought it back, and then it escaped?

    But that means it was in the wild to begin with. That’s why I don’t get what they’re talking about [and] why I don’t spend a lot of time going in on this circular argument.

    #complotisme

  • « Je ne suis pas complotiste, mais… » : à propos de l’affaire Raoult – Allodoxia
    http://allodoxia.odilefillod.fr/2020/04/26/je-ne-suis-pas-complotiste-mais-a-propos-de-laffaire-raoult

    Ce très long article est passionnant, pas seulement pour son sujet principal (la chloroquine et Raoult), mais pour tout ce qu’il présente comme étant la déontologie scientifique, les règles présidant aux publications scientifiques, le type de "preuves" que l’on peut espérer d’expérimentations, la durée de la création d’un consensus scientifique... Bref, une véritable leçon de chose sur le fonctionnement de la science et la capacité des charlatans (Raoult est loin, très loin d’être le seul) à manipuler le modèle scientifique pour faire avaliser des idées ou des carrières.
    Merci à @rastapopoulos de l’avoir repéré.

    Selon les normes de communication scientifique en vigueur, ce dernier point doit être rapporté comme une absence de différence entre les groupes, mais dans l’article publié dans Paris Match il est devenu la conclusion que l’hydroxychloroquine a « un effet puissant pour empêcher que l’infection passe d’une forme bénigne à une forme sévère » (idée reprise en gras et gros en intertitre), suivie de l’affirmation qu’« agir tôt avec ce produit est un moyen de réduire l’hécatombe et de désencombrer les unités de soins intensifs », mythe savant désormais répandu.

    Le fait de rapporter autre chose que ce qui était prévu (appelé outcome switching) est une modalité classique de ce qu’on appelle le p-hacking. Le p-hacking consiste, lorsqu’on n’a pas trouvé le résultat positif confirmant l’hypothèse testée (i.e l’effet attendu statistiquement significatif à la valeur p inférieure à un seuil conventionnel), à triturer les données disponibles en faisant des analyses post hoc (i.e. non prévues au lancement de l’étude, décidées après coup au vu des observations recueillies) jusqu’à finalement avoir de quoi étayer ce qu’on cherchait à prouver, ou tout simplement jusqu’à trouver quelque-chose qui sera susceptible d’intéresser une revue scientifique (elles ont un biais de publication en défaveur des résultats négatifs, c’est-à-dire soutenant l’hypothèse nulle, qui est ici l’absence de différence entre les deux groupes).

    Ce type de pratiques malheureusement assez courantes mine la qualité de la littérature en sciences biomédicales. Cela augmente en effet beaucoup le risque que les résultats rapportés ne soient que le fruit du hasard, c’est-à-dire dans le cas présent qu’ils ne soient pas représentatifs d’une efficacité réelle du traitement. Ce risque est ici en outre accru par le fait que deux des critères de jugement utilisés sont subjectifs et que l’insu est douteux. C’est principalement pour les raisons que je viens d’exposer qu’à juste titre, l’équipe de l’Université de Lyon qui suit l’actualité des essais enregistrés et publiés sur le Covid-19 a considéré que cette étude ne faisait que suggérer un apport possible de l’hydroxychloroquine et l’a classée à haut risque de biais.

    Des analyses post hoc ont été faites pour tenter de voir si un effet de l’hydroxychloroquine était néanmoins observable dans certains sous-groupes de patients : âge inférieur à 45 ans ou non, IMC inférieur à 24 ou non, présence ou non de comorbidités, symptômes apparus depuis moins de 7 jours ou non, niveau normal ou non de CRP (une protéine synthétisée par le foie en cas d’inflammation) à l’inclusion, nombre de lymphocytes normal ou non à l’inclusion, et administration ou non d’autres agents antiviraux. Aucune différence statistiquement significative n’a été trouvée entre patients traités et témoins dans chacun de ces 14 sous-groupes.

    Les auteurs ont fait tout ce qu’ils pouvaient pour arriver à trouver quand même quelque-chose : l’article rapporte les résultats de l’analyse de trois autres critères de jugement (non pré-enregistrés). Pour le premier, à savoir la disparition des symptômes cliniques, ni leur taux de disparition dans les 28 jours, ni leur délai médian de disparition n’a montré de différence statistiquement significative. Seule une différence de rapidité de leur disparition pendant la deuxième semaine a été observée, tout juste statistiquement significative (et entièrement attribuable au sous-groupe des 14 + 14 patients n’ayant pas reçu d’autre agent antiviral). Aucun effet statistique significatif de l’hydroxychloroquine n’a été trouvé dans les 13 autres sous-groupes. Pour les deux autres critères, à savoir la modification du niveau de CRP et celle du nombre de lymphocytes, un retour un peu plus rapide à la normale a été observé dans le groupe traité, mais à l’issue des 28 jours d’observation le taux de retour à la normale ne différait pas de manière statistiquement significative entre les deux groupes, seule l’ampleur de la réduction de la CRP différant, ici encore de justesse (p = 0.045). C’est vraiment très maigre, sans compter qu’une correction pour comparaisons multiples aurait dû être faite qui rendrait probablement ce(s) résultat(s) statistiquement non significatif(s).

    La lecture du paragraphe concernant l’analyse de la sécurité du traitement réserve une surprise : on y découvre que six patients considérés comme appartenant au groupe traité n’ont en réalité pas reçu d’hydroxychloroquine (et ont donc été considérés comme non traités, mais seulement pour cette analyse de sécurité), et qu’un patient considéré comme témoin a en fait reçu par erreur 14 jours d’hydroxychloroquine (considéré ici seulement comme traité). Tout le reste de l’article est donc en fait une analyse en intention de traiter. Quoi qu’il en soit, une différence nettement significative a été observée sur ce plan : 30 % des patients traités à l’hydroxychloroquine ont eu des effets indésirables contre 9 % des non traités. Par ailleurs, aucun des patients non traités n’a vu son état s’altérer sérieusement, alors que deux traités ont eu des « effets indésirables graves dus à la progression de la maladie et à l’infection des voies respiratoires supérieures ».

    Bien que mettant en avant le petit résultat positif concernant la CRP, les auteurs reconnaissent que cet essai n’est pas encourageant, et en particulier n’indique pas d’effet antiviral de l’hydroxychloroquine contrairement aux attentes. Discutant longuement leurs résultats, ils signalent que l’étude de l’IHU Méditerranée publiée en mars doit être interprétée avec précaution du fait de la petite taille de son échantillon et de l’absence de randomisation. « Contrastant avec ses excellents résultats », écrivent-ils, « nos résultats n’apportent pas de soutien à l’utilisation de l’hydroxychloroquine pour lutter contre la réplication du virus ».

    En fait, il apparaît qu’Ella Roche et Laurent Mucchielli, qui a publié son texte sans tiquer sur ses erreurs factuelles grossières, ont écrit sur « la polémique Raoult » sans avoir examiné par eux-mêmes ce qui était à son principe : ni les déclarations délirantes de Didier Raoult du 25 février entre autres, ni les fondements supposés de celles-ci, ni l’étude sur la base de laquelle Didier Raoult a prétendu que son traitement, dont Laurent Mucchielli a réclamé à hauts cris la libéralisation, était efficace. Or l’examen de ces faits permet de comprendre ce qui a motivé les nombreuses prises de paroles très critiques, et pourquoi celles-ci ne relevaient ni de « querelles d’experts », ni d’une vaine « polémique ».

    Rien que dans ses grandes lignes, la méthodologie de cette étude fait que ses résultats sont qualifiables d’anecdotiques : avec un échantillon de patients traités de petite taille et non représentatif de la population cible, avec une absence de randomisation, de placebo et de double-insu et une incomparabilité des groupes traités et témoin telle que ce dernier ne sert en fait à rien (l’abstract de l’article lui-même parle d’ailleurs de « single arm protocol »), et enfin avec un critère de jugement de l’efficacité limité à l’absence du virus dans un prélèvement nasopharyngé à J6 (soit en moyenne dix jours et demi après l’apparition des symptômes chez les patients traités avec hydroxychloroquine + azithromycine), difficile a priori d’en tirer des conclusions sachant qu’une clairance virale spontanée est observée dans ce délai et ce lieu de prélèvement chez de nombreuses personnes, d’autant que les patients sont ici particulièrement jeunes (plus que prévu[17]).

    D’autres détails font qu’il est compréhensible que l’article de l’IHU Méditerranée ait été éreinté : de la chercheuse (de la CGT-campus 06) interviewée par La Marseillaise (journal local et de gauche) qui a trouvé ce travail indigne d’un étudiant de Master, « extravagant à ce niveau », à la directrice adjointe de l’Institut Pierre Louis d’Epidémiologie et de Santé Publique à qui le conseil scientifique du gouvernement a demandé d’analyser cet article, qui a conclu le 25 mars que cette étude « conduite, décrite et analysée de façon non rigoureuse » n’apportait « juste aucune information du tout sur un éventuel effet de l’hydroxychloroquine », en passant par d’innombrables spécialistes qui en France et à l’étranger l’ont commentée sévèrement[18], toutes les personnes compétentes qui se sont penchées dessus ont trouvé que c’était ce qu’on peut appeler une « petite étude pourrie », pour le dire crument comme je l’ai fait le 22 mars.

    Fait rarissime, même la société savante qui possède la revue dans laquelle l’article a été publiée s’est fendue le 3 avril d’un communiqué dans lequel elle a déclaré estimer qu’il n’avait pas le niveau attendu. Il a certes été soumis à relecture par des pairs avant publication, mais il est difficile à croire qu’il aurait été publié en l’état si trois de ses co-signataires, employés de Didier Raoult, n’étaient pas pour l’un le rédacteur en chef de la revue (Jean-Marc Rolain) et pour les autres des membres de son comité éditorial (Philippe Colson et Jean-Christophe Lagier).

    Il n’est pas scandaleux en soi ni extraordinaire que l’équipe dirigée par Didier Raoult ait produit une étude très mal fichue et ait réussi à la publier dans une revue scientifique : c’est juste désolant, et cela arrive malheureusement tous les jours en sciences biomédicales. C’est autre chose qui a fait sortir de leurs gonds un certain nombre de personnes dont je fais partie.

    Inconduite scientifique et autres mauvaises pratiques de recherche

    Tout d’abord, l’examen des vidéos et autres publications de l’IHU Méditerranée met en évidence le fait que l’équipe dirigée par Didier Raoult s’est livrée à des pratiques dont plusieurs relèvent de l’inconduite scientifique. Certaines sont qualifiables de « fraude scientifique » selon les termes du Vade-mecum intégrité scientifique du Haut Conseil de l’évaluation de la recherche et de l’enseignement supérieur, qui inclut sous cette rubrique l’exclusion sélective de données et l’interprétation frauduleuse de données. D’autres relèvent des « pratiques douteuses de recherche », incluant selon ce vade-mecum notamment « l’embellissement » des données, la segmentation de publications (« salami slicing »), la sélection biaisée de citations et la rétention de données vis à vis de la communauté scientifique. D’autres encore relèvent des « pratiques de recherche inappropriées », en l’occurrence la violation des protocoles liés à l’expérimentation humaine.

    Leur action antivirale est en effet souvent constatée in vitro, mais les études pré-cliniques ou essais cliniques se sont toujours traduits par des échecs : que ce soit pour le sida, la dengue, ebola, le chincungunya, la grippe ou un précédent SRAS causé par un coronavirus, on n’a jamais obtenu de résultats permettant d’inclure l’une ou l’autre de ces molécules dans les protocoles de traitement de ces infections virales (sans doute parce qu’il est impossible d’obtenir in vivo la dose efficace sans intoxiquer gravement les gens). C’est à cela que faisait référence le directeur général de l’AP-HP le 1er mars sur Europe 1 lorsqu’il disait que ça n’avait jamais marché in vivo, propos qu’Ella Roche a jugé « surréaliste ». Elle semble avoir cru sur parole un certain anthropologue de la santé suisse dont Laurent Mucchielli a recommandé la lecture – qui a visiblement joué un grand rôle dans la propagation de la théorie du complot pro-(hydroxy)chloroquine dans les couches plutôt éduquées de la population mais ignorantes des sciences biomédicales –, qui a affirmé que la chloroquine avait « démontré une puissante efficacité thérapeutique contre la plupart des coronavirus, dont le redouté SRAS de sinistre mémoire »[20].

    L’article comporte une phrase destinée à se débarrasser des questions gênantes concernant ce grossier outcome switching : « Le suivi clinique et l’apparition des effets secondaires seront décrits dans un autre article à la fin de l’essai ». Compte tenu du fait que les résultats de l’essai en cours ne justifiaient objectivement pas de publier précipitamment les données parcellaires rapportées dans cet article, cela relèverait pour moi de la pratique scientifique douteuse appelée salami slicing : on publie plusieurs articles sur la base d’une seule étude en tenant compte de données différentes dans chacun, ce qui permet de gonfler artificiellement le rendement de l’équipe évalué en nombre de publications et sert également à l’occasion de technique d’embellissement des données.

    Quoi qu’il en soit, force est de constater que 40 jours après avoir soumis cet article pour publication, l’équipe de Didier Raoult a eu le temps d’en publier plusieurs autres, mais toujours pas ce suivi des vingt patients sur lesquels est basée sa conclusion que l’hydroxychloroquine fait mieux que la prise en charge standard. A ce stade, c’est qualifiable de rétention de données vis à vis de la communauté scientifique.

    Communication trompeuse scandaleuse

    Alors que les auteurs de l’étude chinoise sur l’hydroxychloroquine publiée le 6 mars ont à juste titre qualifié leurs résultats (pourtant plus robustes) de préliminaires, et sont comme il se doit restés discrets, Didier Raoult a considéré qu’il avait trouvé le traitement et l’a fait savoir à un public le plus large possible. Le titre et la conclusion de l’article étaient déjà osés, mais l’absence de modération avec laquelle Didier Raoult a assuré la diffusion de cette conclusion au grand public, après avoir déjà franchi la ligne rouge le 25 février au sujet de la chloroquine comme on l’a vu plus haut, est carrément scandaleuse.

    Il n’a reculé devant aucune manipulation pour emberlificoter le public : jamais de mention que les résultats miraculeux de la bithérapie ne concernaient que six patients ; exagération des résultats, comme par exemple dans une interview publiée le 17 mars dans Les Echos où il prétend qu’associée à l’azithromycine, l’hydroxychloroquine a « totalement guéri les sujets dans la semaine » (alors qu’il ne s’agit que de clairance virale à J6 et non de guérison, qu’un des sujets est redevenu positif à J8 et qu’on savait déjà que le virus pouvait disparaître du prélèvement nasopharyngé mais rester présent ailleurs) ; discrédit jeté en bloc sur les personnes soulignant les défauts de l’essai, la fragilité de ses conclusions ou les dangers du traitement recommandé[21] ; instrumentalisation d’informations concernant la chloroquine ou l’hydroxychloroquine présentées de manière ambiguë (comme dans ses tweets du 25 mars et du 2 avril laissant croire à tort que l’une ou l’autre de ces molécules, présentées comme équivalentes, était devenue le traitement de référence en Chine[22], Corée du Sud, Italie, Belgique, etc) ; décomptes trompeurs affichés sur une page ad hoc du site de l’IHU laissant croire au succès incomparable de son traitement (alors qu’il est administré principalement à des personnes peu affectées par le virus) ; mensonges éhontés au besoin…

    Après avoir déclaré le 17 mars dans Les Echos : « Il y a une urgence sanitaire et on sait guérir la maladie avec un médicament qu’on connaît parfaitement. Il faut savoir où on place les priorités. », voici par exemple ce qu’il a osé expliquer doctement dans une vidéo le 7 avril, en réponse à une question sur la « polémique » engendrée par sa proposition de traitement (ici habilement jamais décrit), se fichant du monde en faisant mine de ne pas comprendre ce qui lui était reproché :

    « On connaît la sensibilité du virus à un certain nombre de produits quand on les teste. Dans ces produits il y a […] des molécules anciennes qu’on connait très bien, qui ont été prescrites des milliards de fois. Si vous voulez, les gens qui sont les sachants, c’est-à-dire en pratique les Chinois, puis les Coréens, qui ont eu la première vague, ont traité ça en utilisant ce produit que tout le monde connaît très bien, et ils disent, écoutez, ça marche. Comme preuve, ils contrôlent entièrement la maladie : depuis que moi j’ai dit ‘fin de partie’, effectivement c’est la fin de partie en Chine. C’est fini. Ils ont arrêté la maladie avec des mesures qui sont : détection, un peu de contention dans les zones à risque, et pas l’ensemble de la Chine, et puis traitement. » (souligné par moi)

    Avec des propos de ce genre, il n’est pas étonnant que des millions de Français ayant pris au sérieux les balivernes du prétendu grand scientifique en soient arrivés à penser qu’il était scandaleux, et inexplicable autrement que par un complot, que le gouvernement français empêche l’administration de ce traitement à l’efficacité prouvée et déjà adopté par de nombreux pays.

    L’équipe de Didier Raoult a pourtant administré ce traitement à plus de trois mille personnes à ce jour, selon le compteur déjà cité, et ce en dehors de tout essai clinique (hormis pour les 26 patients dont l’observation a donné lieu à la publication du 20 mars), dont au minimum 1008 ne présentant que des symptômes légers, voire aucun symptôme (95 % des patients inclus dans une étude prépubliée en avril). Outre que nombre de ces patients ont été traités après le 26 mars, on peut se demander s’il n’y a pas là encore une violation du Code de la santé publique, en l’occurrence de ses articles disposant que les médecins doivent limiter leurs prescriptions à ce qui est nécessaire et s’interdire de faire courir aux patients un risque injustifié (articles R.4127-8 et R.4127-40).

    Signalons aussi que le fait d’avoir mené des recherches biomédicales sur les personnes en ne respectant pas les conditions prévues par la loi et en n’assurant pas de l’objectivité de leurs conclusions est également visé par un article du Code de la santé publique (R.4127-15).

    Bref.

    Quelles suites ?

    Au vu de tout cela, j’ose espérer que les personnes qui m’ont accusée comme d’autres d’être dans la haine ou l’acharnement injustifié contre Didier Raoult comprendront pourquoi je me suis permis d’écrire « ce con » en parlant de lui. Et ce n’est qu’une partie de l’histoire, qui s’est notamment prolongée sous la forme de ce qui ressemble fort à un essai clinique sauvage, ce qu’une enquête de l’ANSM devrait à mon sens établir – en effet, la ligne de défense de Didier Raoult ne tient pas ne serait-ce que parce que comme on l’a vu, il disait encore le 17 mars qu’il avait l’intention de demander une autorisation pour tester la combinaison hydroxychloroquine/azithromycine.

    Car si le coup de poker de ce mandarin autoritaire et bouffi de confiance en soi[24] s’avérait être gagnant – ce que rien n’indique à ce jour –, se serait à mes yeux désastreux : les millions d’adeptes de la théorie du complot y verront la confirmation de celle-ci, toutes les personnes ayant critiqué Didier Raoult ou ses études seront discréditées, ce sera un encouragement à retourner à la bonne vieille eminence-based medicine d’antan et pire encore, au développement d’un véritable populisme médical, pour reprendre les mots de deux médecins indignés par les agissements de Didier Raoult et ayant été confrontés à leurs effets délétères concrets au sein des équipes en charge des patients Covid-19, et de manière plus générale la défiance vis-à-vis des institutions montera encore d’un cran, avec des conséquences qui pourraient à terme largement dépasser celles de cette maladie.

    J’espère bien qu’au contraire, cette histoire servira de leçon, et pas qu’à Didier Raoult.

    Odile Fillod

    #Publications_scientifiques #Chloroquine #Didier_Raoult #Complotisme #Déontologie_scientifique

  • #France : #Castaner redoute une montée du #communautarisme

    Le ministre de l’Intérieur Christophe Castaner a déclaré jeudi qu’il redoutait une montée du communautarisme en France à la faveur de l’épidémie de #coronavirus et des mesures de #confinement, susceptibles selon lui de provoquer un #repli_communautaire.

    “Je crains le risque de communautarisme et que le communautarisme puisse se développer”, a-t-il déclaré lors d’une audition en visioconférence devant la mission parlementaire portant sur l’impact, la gestion et les conséquences de l’épidémie de coronavirus.

    “L’organisation du renforcement communautaire dans une période où une société doute est quelque chose à laquelle tous les pays ont pu faire face”, a-t-il ajouté. “C’est un sujet qui peut provoquer du repli sur soi et peut provoquer du repli communautaire, c’est un sujet de #préoccupation que nous suivons et que nous analysons pour nous préparer à la sortie du confinement, le moment venu”.

    Christophe Castaner a également évoqué, sans donner plus de précisions, des “réseaux d’ultra droite et d’ultra gauche”, très actifs “sur les réseaux sociaux” et appelant “à préparer un certain nombre d’actes qu’ils voudraient commettre à la sortie de la période de confinement”.

    https://fr.reuters.com/article/idFRKCN21R1EB


    https://cache.media.eduscol.education.fr/file/Reprise_deconfinement_Mai2020/69/5/Fiche-Replis-communautaires_1280695.pdf
    –-> attention à ne pas critiquer devant vos enfants les « mesures gouvernementales », car ielles peuvent après en parler à l’école et... tac :

    certaines questions et réactions d’élèves peuvent être abruptes et empreintes d’#hostilité et de #défiance : remise en question radicale de notre société et des valeurs républicaines, méfiance envers les discours scientifiques, fronde contre les mesures gouvernementales, etc.

    #risque #repli_communautariste #communautarisme #déconfinement #ultra_droite #ultra_gauche #extrême_droite #extrême_gauche #mesures_gouvernementales #fake-news #école #valeurs_républicaines #idéaux_républicains #France #radicalisation #complotisme #idées_radicales #mots #vocabulaire #terminologie #communauté #universalisme #intégration #cohésion_sociale #lien_social #identité #lien_positif #vigilance #peur #religion #vengeance #apocalypse #antagonismes #confusion #autorité_scientifique #science #signalement #indivisibilité_de_la_République #unicité_du_peuple_français #égalité_hommes_femmes #laïcité #esprit_critique #complotisme #socialisation_positive
    #géographie_culturelle

    ping @cede @karine4

    via @isskein

  • Nous avons découvert l’incroyable secret des théories du complot - Marseille Infos Autonomes
    https://mars-infos.org/nous-avons-decouvert-l-incroyable-5038

    Dans toutes les périodes de crises, nous voyons fleurir de nombreuses théories du complot, y compris dans les cercles militants. Comment sont-elles construites et en quoi sont-elles foncièrement nocives ? — <a href="https://my.framasoft.org/u/rouge-glace/?25ReSg&quot ; title="Permalink">Permalink</a>

    #analyse #complotisme #complots #corona #coronavirus #histoire #luttes #mouvements #partage_collegues

  • Societal exit from lockdown/ Déconfinement sociétal /Maatschappelijke exit-strategie

    Apport d’expertises académiques / Inbreng van academische expertise / Contribution of academic expertise

    Preprint Version 1.1April 17, 2020

    https://07323a85-0336-4ddc-87e4-29e3b506f20c.filesusr.com/ugd/860626_731e3350ec1b4fcca4e9a3faedeca133.pdf

    cf. Coronavirus - Une centaine de chercheurs émettent dix recommandations pour le déconfinement
    https://www.lalibre.be/dernieres-depeches/belga/coronavirus-une-centaine-de-chercheurs-emettent-dix-recommandations-pour-le-

    #covid-19 #lockdown #belgique

  • Une corona et deux morts subites

    Louis

    http://en-finir-avec-ce-monde.over-blog.com/2020/04/une-corona-et-deux-morts-subites.html

    https://lavoiedujaguar.net/Une-corona-et-deux-morts-subites

    Alors que la grippe de Hongkong est passée totalement inaperçue, ce qui se passe aujourd’hui, un demi-siècle plus tard, avec le Covid-19 interroge d’autant plus : jamais encore la moitié de la population mondiale n’a été confinée, et jamais encore la production mondiale n’avait été mise quasiment à l’arrêt, le tout en quelques semaines, prenant presque absolument tout le monde de court. Relevons tout de suite que les très rares pays qui étaient préparés à une nouvelle pandémie — Corée, Hongkong, Taïwan… — avaient déjà été malmenés gravement par deux autres pandémies en moins de vingt ans (SRAS de 2003 et MERS de 2015), et qu’ils n’ont évité le présent confinement appliqué ailleurs qu’au prix d’un dépistage médical massif, directement associé à un dépistage néopolicier tout aussi massif à coup de Big Data. (Plus généralement, pourrait-on voir une corrélation au fait que les pays les plus rétifs au confinement sont également ceux qui sont aussi parmi les moins rétifs au néolibéralisme ? — je pose en tout cas la question.)

    Ce qui interroge, c’est donc ce qui pourrait expliquer cette différence de traitement entre ce qui se passe aujourd’hui et la façon dont les pandémies étaient traitées il y a encore quelques décennies. (...)

    #pandémies #Covid-19 #BigData #stratégies #anticipation #échec #crise #État #irresponsabilité #complotisme #résilience

  • Infodémie : pandémie covid-19 et complotisme. Démontage des théories du complot autour du Covid19 par une chercheur en immunologie.

    La pandémie de Covid-19 qui ébranle nos systèmes de santé, nos économies et bouleverse nos habitudes est également à l’origine de ce que le Dr. Sylvie Briand, Directrice du Département Pandémies et épidémies de l’Organisation mondiale de la santé, a qualifié judicieusement d’infodémie, la circulation virale de rumeurs et de fausses informations.

    On peut retrouver sur le site Conspiracy Watch un florilège des théories les plus populaires à propos du Covid-19.

    https://theconversation.com/rien-ne-prouve-que-le-coronavirus-a-ete-cree-en-laboratoire-les-des

    #codiv-19 #coronavirus #complotisme #infodémie

  • Coronavirus et hydroxychloroquine : le couple Buzyn-Lévy cible de publications mensongères
    https://www.lemonde.fr/les-decodeurs/article/2020/03/27/coronavirus-et-hydroxychloroquine-le-couple-buzyn-levy-cible-de-publications

    Des messages accusent l’ancienne ministre de la santé et l’ex-directeur de l’Inserm d’avoir saboté le travail de Didier Raoult et empêché le recours à ce médicament pour lutter contre l’épidémie.

    Et là, on les voit pas les gros sabots antisémites ?

    • et en encadré, cette mise au point du Monde

      Non, « Le Monde » n’a pas qualifié de « fake news » les recherches du professeur Raoult sur la chloroquine
      Le 16 février, le professeur Didier Raoult diffusait une vidéo sur_ YouTube_ et sur le site de l’institut qui l’emploie (l’IHU Méditerranée Infection) dans laquelle il expliquait l’état de ses recherches et l’espoir qu’il mettait dans un traitement à base de chloroquine contre le coronavirus.

      Cette vidéo était intitulée « Coronavirus : fin de partie ». Nous avons qualifié ce titre de « trompeur » et l’avons signalé comme tel à Facebook, avec qui nous avons noué un partenariat de lutte contre les fausses informations. A aucun moment nous n’avons parlé de « fake news » comme le prétend M. Raoult aujourd’hui.

      L’article que nous avons écrit relatait les recherches de M. Raoult (qui estimait alors « que le coronavirus était l’infection la plus facile à traite  »), tout en enjoignant à nos lecteurs d’avoir « une lecture prudente de cette annonce ». Cette évaluation n’a pas abouti à une quelconque censure de la vidéo de M. Raoult, mais à une simple mise en garde à l’attention des utilisateurs de Facebook avant qu’ils décident de la visionner.

      Le professeur Raoult s’est ému du fait que nous ayons signalé sa vidéo – et en l’occurrence son titre – par la voix du chargé de communication de l’IHU Méditerranée Infection. Ce dernier a cependant convenu que le titre d’origine pouvait poser problème, et l’a remplacé par un autre, plus mesuré. Cette rectification nous a amenés à retirer notre avertissement sur la vidéo.

      Plus largement, Didier Raoult a relativisé à plusieurs reprises aux mois de janvier et février 2020 la portée de l’épidémie en cours : « Ce virus n’est pas si méchant », déclarait-il notamment au JDD début février.

  • Chloroquine : qui a tort, qui a raison ?
    https://blogs.lexpress.fr/le-boulot-recto-verso/2020/03/23/chloroquine-qui-a-tort-qui-a-raison

    Bref, cette « étude » ne présente aucun élément suffisant, en soi, pour affirmer avec certitude que la chloroquine permet de guérir du Covid 19. Il est donc impératif de mener des recherches supplémentaires, ne serait-ce que pour s’assurer de la bonne posologie, la bonne indication, le bon moment de l’administrer.

    Au-delà de la polémique sur ces expérimentations, je voudrais ici m’intéresser à la personnalité du Dr Raoult. Premier constat : ce médecin qui se présente comme « une star mondiale » (sic) peut se tromper. En 2013, il affirmait que le réchauffement climatique n’existait pas. Le 17 février 2020, que le Covid 19 provoquait moins de morts que les accidents de trottinette. Plus récemment encore, samedi dernier, que « là, on en est à 500 morts. On va voir si on arrive à en tuer 10 000 (re sic), mais ça m’étonnerait. »

    Deuxième constat : bien que chercheur, le Dr Raoult s’affranchit parfois de toute rigueur scientifique. Le gouvernement annonce que la chloroquine va être incluse dans un essai européen de grande ampleur ? Il répond à la télévision en mêlant le vrai (il faut aller le plus vite possible), le vraisemblable (cette molécule est potentiellement intéressante) et le faux (il n’existe aucune alternative à la chloroquine, c’est ça ou rien).

    Le Dr Raoult va plus loin, jusqu’à tordre la réalité quand ça l’arrange. Ainsi, il prétend qu’il faudra attendre deux mois pour avoir les résultats de l’essai européen et quatre mois de plus pour que la molécule soit autorisée. C’est ignorer volontairement que cet essai sera « adaptatif ». En clair, d’ici 15 jours, si les premiers résultats préliminaires montrent une efficacité supérieure et incontestable de la chloroquine sur les autres traitements observés, celle-ci sera immédiatement proposée à tous les patients qui en auront besoin.

    […]

    Troisième constat : le Dr Raoult se pose en sachant – ce qu’il est – mais surtout comme celui qui sait quand les autres ne savent pas. Tous les autres, y compris les autres médecins, y compris les autres chercheurs (« Ce n’est pas moi qui suis bizarre, ce sont les gens qui sont ignorants »). C’est David contre Goliath, Raoult contre Lévy (ancien directeur de l’Inserm), Marseille contre Paris, le « petit » virologue de province contre les pontes nationaux. C’est moi contre le reste du monde.

    […]

    Résultat : de nombreux Français se sont fait faire dès aujourd’hui des ordonnances de chloroquine. Les pharmacies sont dévalisées, les patients qui en ont besoin au long cours (lupus ou autres) n’en trouvent plus. Nul doute que certains se lanceront dans une automédication inutile, voire dangereuse. D’autres iront sur Internet acheter de la vraie/fausse chloroquine. Le Dr Raoult pourra toujours affirmer qu’il ne l’a pas encouragé, il sera objectivement responsable pour partie de ces effets délétères.

    • Le Pr. Raoult et la Chloroquine : les failles
      https://blogs.mediapart.fr/olivierbelli/blog/220320/le-pr-raoult-et-la-chloroquine-les-failles

      On remarque d’abord que la charge virale de tous les patients du groupe Chloroquine est mesurée au jour 0 contre seulement 6 du groupe contrôle, les autres sont justes marqués comme « positifs » et deux ne sont même pas testés. On remarque également que quatre patients du groupe Chloroquine ont des tests négatifs au jour un (pas de virus détecté), parmi ceux-ci deux resterons négatifs tout au long de l’étude et les deux autres présenterons brièvement des charges virales positives mais extrêmement faibles (une valeur supérieure à 35 étant considérée comme négative) avant de redevenir négatifs les jours suivants. À ce stade il est raisonnable de se demander si ces patients étaient réellement infectés au cours de l’étude.

      Au cours des jours suivants, la grande majorités des patients du groupe contrôle sont simplement marqués comme « positifs » ou « non-testés » et leur charge virale n’est plus mesurée. Pourquoi cela est-il important ? Parce que les patients ne sont pas au même stade de l’infection au début de l’étude, certains sont en train de guérir naturellement et d’autre attendent encore le pic infectieux. Sans ces mesures de charge virale, il est impossible de savoir si la « guérison » est due au traitement ou simplement au système immunitaire des patients.

      Dernier élément et pas des moindres, six patients du groupe Chloroquine ont dû être exclus de l’étude avant la fin et ne sont donc pas pris en compte dans les résultats malgré que leur cas suggère clairement un échec du traitement : trois ont été transférés en soin intensif, un a quitté l’hôpital car il était testé négatif, un a arrêté le traitement à cause de nausée et le dernier est décédé.

      On a donc une étude qui tire des conclusions sur un nombre très faible de patients, la plupart n’étant même pas testés correctement, et un professeur qui propage ensuite des graphiques sensationnalistes sur sa « découverte » ne prenant en fait en compte que 4 patients du groupe contrôle et laissant arbitrairement les autres de côté...

      D’autres problèmes peuvent être relevés comme l’absence de randomisation et le fait qu’aucune information n’est disponible sur l’état de santé des patients à la fin de l’étude mais à ce stade cela ne change pas grand chose.

      Pourquoi c’est grave ?

      Outre les théories du complot nourries par les déclarations du Pr. Raoult, sa campagne de communication creuse encore le gouffre qui sépare la communauté scientifique des citoyens. Comment expliquer qu’il faut écouter les experts en période de crise pour ensuite constater qu’un professeur de renom propage des informations mensongères ?

      […]

      En conclusion, il est possible que l’hydroxychloroquine soit une piste thérapeutique viable pour le traitement du Covid19, celles-ci ayant par ailleurs montré un effet in vitro. Les preuves dont nous disposons actuellement sont cependant trop faibles pour rediriger nos ressources dans cette direction. Dans ce contexte, les propos du Pr. Raoult sont au mieux malhonnêtes et au pire totalement irresponsables. Il en est de même pour son rejet des mesures de confinement sous prétexte que celles-ci n’auraient pas fait leurs preuves en Italie et en Espagne, tout en ignorant sciemment que ces mêmes mesures ont permis à la Chine, premier pays touché, de contrôler la propagation du virus.

    • Gaetan Burgio (Group leader, Australian National University ANU, Australia. Geneticist working on infections & #CRISPR. Opinions and views...)
      https://twitter.com/GaetanBurgio/status/1241214816062078977

      From the last couple of days the hype over the Chloroquine (CQ) and Hydroxychloroquine (HCQ) treatment for #COVID19 has bothered me a lot. So I have decided to dig into the available & published data. What is the evidence right now for treating #COVID19 patients with CQ or HCQ?

      Let’s start with the in-vitro evidence. 2 papers (link below). In short CQ and HCQ reduces #SARSCoV2 viral load in Vero2 cells. Results shows a EC50 around 1 to 100 µM depending on the regimen and initial viral load

      https://nature.com/articles/s41421-020-0156-0 and https://academic.oup.com/cid/advance-article/doi/10.1093/cid/ciaa237/5801998

      I short it shows that CQ and HCQ works against #SARSCoV2 in-vitro & seems to be working better in curative. Toxicity results are OK. Not surprising as CQ was previously showed as potent inhibitor of SARS-CoV & affect terminal glycosylation of ACE2

      In fact CQ was demonstrated in inhibiting the viral load of a lot of viruses, flaviviruses or retroviruses as it modulates the Ph of the cells (endosomes). for example a old review on it here https://ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/14592603

      So now let’s go into the human clinical trial data for #COVID19 as those were recently a lot publicized. Are these results promising enough to counsel everyone to take CQ or HCQ as prophylactic or curative against #COVID19 ?

      Currently according to http://ClinicalTrial.gov, 6 trials using CQ or HCQ are underway for the treatment of prophylaxis of #COVID19 https://clinicaltrials.gov/ct2/results?cond=covid19&term=chloroquine&cntry=&state=&city=&dist=&Sear

      But the one that interests me is the French open-labeled non randomized clinical trial on HCQ + Azithromycin against #COVID19 infection, largely publicized. Details are here https://mediterranee-infection.com/wp-content/uploads/2020/03/Hydroxychloroquine_final_DOI_IJAA.pdf

      This is a small clinical trial (n=42 in total). Inclusion criteria in short moderate #COVID19 infection (positive viral load). Exclusion criteria, allergy, long QT syndrome.... In total 42 enrolled, 6 drop out including 3 in ICU. Total 20 HCQ vs 16 controls.

      Clinical presentation seemed similar between HCQ & control but sample size is so low, difficult to conclude really. Seriously underpowered. Outcome from the study is based on viral load only and not on clinical outcome and I can see a major flaw here as clinical outcome critical.

      So 16 patient received no treatment, 14 patients received HCQ only (200 mg/ day) and 6 patients received HCQ (200 mg/day) + Azithromycin to prevent surinfection (on clinical judgement). The treatment was for 10 days and outcome on viral load (nasopharyngeal swabs)

      The results showed a reduction of the viral load from HCQ and HCQ + Azithromycin treated patients compared to controls. Looks spectacular but wait .... No error base on these graphs. So I looked at the suppl data

      Looking at supplementary Table 1, most of the controls had viral load qualitatively detected or the PCR was not done !!!! . Only 4 out of 16 controls had a proper measure of the viral load !!!! This is insane !

      In short, all this hype on the clinical trial is based on a open label, non randomized and underpowered clinical trial on HCQ treatment against #COVID19 with viral load as an outcome that was not properly measured in 2/3 of the control cohort !!!

      So to answer the question: What is the evidence of justifying using HCQ or CQ as a prophylactic or curative treatment against #COVID19. The simple or short answer is NONE. To ascertain it, we need a proper and powered randomized clinical trial

      While I understand we are in a #COVID19 pandemic, there is no reason or whatsoever to throw away all the evidence based medicine and not doing rigorous science or a randomized clinical trial !

    • #10 Elisabeth M Bik commented 2 days ago (Science consultant, PhD. Blunt and snarky. Microbiome, research integrity & misconduct. Ex-Stanford. MicrobiomeDigest/Bik’s Picks. Dutch/USA. She/her. )
      https://twitter.com/MicrobiomDigest/status/1241429544847863808

      Elle poste des commentaires sur pubpeer :
      https://pubpeer.com/publications/3B1F9EAD4982C64445A60F5E83CCFE

      The paper was submitted on March 16, and accepted on March 17. This creates some new concerns.

      – With an ethical approval on March 6, a 14-day patient follow up as stated in the paper, and a submission date of March 16, the timeline becomes seemingly impossible. Could the authors please clarify?
      – Was the paper indeed peer reviewed within 24h? That seems incredibly fast.
      One of the authors on this paper is also the Editor in Chief of the journal in which the paper was accepted, i.e. the International Journal of Antimicrobial Agents. This might be perceived as a huge conflict of interest, in particular in combination with the peer review process of less than 24h.

      I do understand that in the case of a viral pandemic, there is a great need for new results, and that the peer review process might be a bit less polished than in “normal” science papers. However, the preprint was already publicly available for all, so it does not appear to make sense that this peer review was done in such a rushed manner.

    • Coronavirus : l’OMS réitère son appel au dépistage massif et met en garde sur les traitements - Le Parisien
      http://www.leparisien.fr/societe/coronavirus-la-pandemie-s-accelere-alerte-l-oms-23-03-2020-8286246.php

      Le numéro 1 de l’organisation a néanmoins condamné l’administration de médicaments aux patients infectés par le nouveau coronavirus avant que la communauté scientifique se soit accordée sur leur efficacité, mettant en garde contre les « faux espoirs » qu’ils pourraient susciter. Une référence indirecte à la Chloroquine, un traitement testé en France par le docteur Raoult. « Des études réduites et non randomisées, réalisées à partir d’observations, ne nous apporteront pas les réponses dont nous avons besoin », a-t-il averti.

    • Covid19 & chloroquine : à propos d’une étude très fragile, et d’un dangereux emballement médiatique et politique – curiologie
      http://curiologie.fr/2020/03/chloroquine

      Nous arrivons au cœur du problème. Le 18 mars, le Pr Raoult présente en avant-première les résultats d’un essai clinique, résultats qu’il présente comme la preuve qu’une combinaison d’azithromycine et d’hydroxychloroquine permet de faire disparaître le virus du corps de 75% de patients en six jours. Ces résultats sont accueillis avec un enthousiasme déroutant par de nombreux titres de presse.

      Pourquoi déroutants ? Parce qu’au vu des quelques données présentées, l’annonce semble extrêmement spéculative. Menée sur très peu de patients (entraînant une variabilité statistique énorme [10]), avec apparemment peu de précautions méthodologiques, cette étude semblait très fragile. Raison pour laquelle, avec de nombreux confrères, nous avons enjoint à beaucoup de prudence (sinon de méfiance) face à l’emballement.

      Las : une fois le détail de l’étude publiée, nos craintes s’avèrent totalement fondées. Sur la plateforme collaborative de PubPeer, sur laquelle les chercheurs du monde entier peuvent commenter les études scientifiques, l’effarement est général face à des travaux d’une hallucinante faiblesse (« un design expérimental exceptionnellement pauvre »…). Notez que la démarche est constructive, les auteurs de l’étude étant presque toujours invités à préciser leur méthode a posteriori [11].

      Avant d’aller plus loin, balayons l’argument de « l’urgence » : il faudrait excuser à l’équipe de Raoult d’avoir bâclé les choses parce que le temps n’est pas aux précautions méthodologiques. Pourtant, dans le même temps, de nombreuses équipes de recherches en quête d’un traitement efficace contre ce coronavirus parviennent à réaliser des travaux rigoureux (par exemple sur le Lopinavir-Ritonavir). Respecter les précautions minimales permettant d’éviter d’être le jouet d’artefacts grossiers n’est pas un luxe : c’est un peu la base du job… Les règles du jeu scientifique ne sont pas là pour enquiquiner les chercheurs, mais pour les aider à ne pas se leurrer (et à leurrer les autres).

      Revenons à l’étude et aux nombreuses critiques qu’elle soulève. Citons-en cinq, particulièrement marquantes :

      – Dans tous les groupes (ceux non-traités, ceux traités par chloroquine seule et ceux traités par chloroquine+azythromicine), on trouve des patients testés positif au virus un jour, puis négatif un autre jour, puis de nouveau positif le jour suivant. Autrement dit : les tests employés pour évaluer l’efficacité du traitement (mesure de la charge virale [11b]) ne sont pas fiables d’un jour à l’autre.

      – Alors que l’essai impliquait le traitement effectif de 26 patients (chloroquine seule ou en combinaison avec l’azithromycine). Pourtant, le suivi n’a été mené que sur 20 d’entre eux. En effet, 3 ont été transférés vers une unité de soins intensifs, 2 ont arrêté le traitement ou ont quitté l’hôpital avant la fin du suivi, et 1 (dans le groupe chloroquine+azithromycine)… est décédé au troisième jour de l’essai. Les auteurs notent qu’il était sans charge virale détectable « au jour 2 » (ce qui n’est très probablement pas imputable au traitement…). Les résultats sur les groupes traités sont particulièrement positifs car six résultats très décevants (euphémisme) sont exclus des analyses.

      – Les groupes traités par chloroquine sont comparés à un groupe suivi dans un autre établissement, sans aucune garantie que les protocoles permettant d’évaluer la charge virale soient les mêmes, ou menés avec la même rigueur.

      – Alors que l’essai avait pour objectif secondaire de renseigner sur l’efficacité du traitement en termes de fièvre, de normalisation du rythme respiratoire, sur la durée moyenne d’hospitalisation et sur la mortalité… l’étude publiée n’en fait pas cas.

      – Une partie des patients non traités n’ont pas bénéficié d’une mesure de charge virale de façon quotidienne, les données publiées étant « extrapolées » sur la base de données des jours suivants. Dès lors que les calculs sont réalisés à partir de données réellement effectuées, on ne retrouve plus les effets décrits par l’équipe marseillaise, pour la plupart des jours.

      À cela s’ajoute de lourdes critiques qui renvoient à la notion d’inconduite scientifique. Autrement dit, des « aménagements » avec les règles du jeu scientifique supposées assurer un minimum la fiabilité et l’exploitabilité des travaux publiés [12]… aménagements qui, là encore, ne sauraient être justifiés par l’urgence. Le fait qu’aucune de ces anomalies n’ait apparemment ému les journalistes qui ont donné de l’écho à cet essai clinique est inquiétant.

      […]

      « Et si ça marche ? »

      Plusieurs personnes ont opposé un argument pragmatique à l’analyse résumée dans le présent billet : certes, l’essai clinique de Raoult est bâclé, et a été outrageusement médiatisé, MAIS c’est précisément cette médiatisation qui a incité les autorités à prendre en compte l’hypothèse hydroxychloroquine, et à l’inclure dans le grand essai clinique annoncé le 22 mars 2020 (où la molécule sera testée aux côtés d’autres, jugées jusqu’à présent plus prometteuses). ET SI cette molécule se révélait efficace, la stratégie de casino du Pr Raoult et de ses confrères aura été payante !

      De notre point de vue, cette façon de penser justifie tous les abus et légitime toutes les manipulations médiatiques. Elle renvoie à une vision fantasmée de la recherche scientifique, dans laquelle les intuitions individuelles sont toujours plus fortes que l’intelligence collective… alors que les exemples en ce sens relèvent de l’exception, et non de la règle.

    • Drosten kritisiert Chloroquin-Studie | APOTHEKE ADHOC
      https://m.apotheke-adhoc.de/nc/nachrichten/detail/coronavirus/drosten-kritisiert-chloroquin-studie-aepfel-mit-birnen-vergleichen

      Drosten zweifelt jedoch an der angeblich nachgewiesenen Wirksamkeit von Chloroquin, wie er im Podcast mit dem Norddeutschen Rundfunk (NDR) erklärt: Es sei schon länger bekannt, dass das Malariamittel auch gegen das 2003 kursierende Coronavirus in der Zellkultur wirksam ist. Man wisse jedoch nicht, ob es am Menschen genauso wirke, da alles „viel viel komplizierter“ sei. „So ein Medikament muss ja da hinkommen, wo das Virus ist – in die Lunge", erklärt er. Mit dem Schlucken einer Tablette sei es daher nicht getan: „Die infizierte Zelle im Körper des Menschen hat einen anderen Stoffwechsel als eine Zelle in einer Zellkulturschale – das ist gar nicht miteinander zu vergleichen."

      Studie wirft Zweifel auf

      Die Studie wird ebenfalls von ihm kritisiert: Grundsätzlich sei es schwierig, eine Studie durchzuführen, da die Mehrheit der Patienten auch ohne medikamentöse Behandlung wieder gesund werde. Außerdem seien einige Parameter der Studie fragwürdig. Für eine aussagekräftige Studie seien zwei möglichst homogene Gruppen notwendig, die miteinander verglichen werden – eine, die behandelt wird, und eine, die nicht behandelt wird. In der Studie sei dies jedoch nicht der Fall gewesen: Während die behandelten Patienten ein Durchschnittsalter von 51 Jahren hatten, waren die Patienten der unbehandelten Kontrollgruppe nur 37 Jahre im Schnitt.

      Äpfel werden mit Birnen verglichen

      Zudem seien in der behandelten Gruppe zwei Personen mit asymptomatischen Krankheitsbildern gewesen, in der unbehandelten aber vier. „Das führt dazu, dass wir in dieser Studie Äpfel mit Birnen vergleichen", findet der Virologe. Wesentlicher Störfaktor sei zudem die Zeitskala, da ein gemeinsamer Startpunkt fehle: Der Beginn der Studie bei den Patienten entspricht dem Tag des Einschlusses in die Studie, nicht aber dem Tag der Infizierung oder des Ausbruchs der Krankheit. Die Konzentration der Viren wurde bei den Teilnehmern im Hals gemessen, nicht aber am Ort des Geschehens – der Lunge. „Das ist die größte Fehlannahme der gesamten Studie." Die Besserung der Erkrankung unter der Einnahme von Chloroquin sei also nicht nachvollziehbar und belegbar. Drosten vermutet, dass es zu ähnlichen Ergebnissen gekommen wäre, wenn statt Chloroquin eine Kopfschmerztablette verabreicht worden wäre. „Ich möchte nicht sagen, Chloroquin wirkt nicht. Aber so, wie diese Studie gemacht wurde, sind wir kein Stück schlauer.“

    • Et un assez bon résumé par quelqu’un qui se décrit comme un « influenceur important sur internet » (70 followers) : Ernest
      https://twitter.com/Louis_Ernes/status/1242032586244972544

      Les vaccins : testés pendant de décennies. Des maladies éradiquées.

      Les français : c’est dangereux il y a de l’amiante dedans selon mon cousin.

      La chloroquine pour le covid : pas sûr que ça fonctionne. En attente d’autres essais.

      Les français : se l’injectent par voie rectale

    • « Crier victoire trop vite, face au coronavirus, est irresponsable » - Propos recueillis par Caroline HAYEK - L’Orient-Le Jour
      https://www.lorientlejour.com/article/1211746/-crier-victoire-trop-vite-est-irresponsable-.html

      William Dab, professeur émérite d’épidémiologie au Conservatoire national des arts et métiers (CNAM) et ancien directeur général de la Santé en France entre 2003 et 2005, répond aux questions de « L’OLJ ».

      […]

      La chloroquine est une bonne idée. Je pense qu’il faut respecter la démarche habituelle de tests de médicaments, qui est de faire un essai thérapeutique dans lequel il y a un tirage au sort de gens qui reçoivent le médicament et d’autres qui reçoivent soit un traitement de référence, soit un placebo. C’est d’autant plus important dans le cas de la chloroquine parce que, entre la dose habituellement utilisée et la dose mortelle, l’écart n’est pas très grand. Si la dose habituelle est multipliée par trois, elle est mortelle dans 100 % des cas. On a déjà vécu ça en France ; à l’époque du chikungunya lorsqu’on faisait des tests in vitro, la chloroquine était très efficace. Ensuite, on a fait un essai thérapeutique et cela a montré qu’in vivo, chez l’homme, il n’y avait pas cette efficacité, donc la chloroquine a été abandonnée comme traitement de cette maladie. Et tous ceux qui disaient qu’il fallait mettre tout le monde sous chloroquine pour soigner le chikungunya étaient dans l’erreur.

      L’autre élément qui doit être évalué, c’est dans quelle mesure ce médicament sera capable de sélectionner des souches résistantes. On sait que les traitements antiviraux peuvent rapidement sélectionner des souches résistantes, auquel cas le médicament fonctionnerait quelques semaines, mais pas plus.

      Il est tout à fait possible qu’on ait une véritable piste thérapeutique et il faut la tester, notamment parce que dans la situation dans laquelle nous sommes, il ne faut rien négliger. Mais crier victoire trop vite est pour moi irresponsable. Surtout qu’il ne faut pas donner de faux espoirs aux gens parce que cela va relâcher les mesures de confinement et le respect des distances physiques. Les gens vont se dire que le médicament est trouvé et que ce n’est pas la peine de s’en faire. C’est d’ailleurs le discours du président américain. C’est possible que nous l’ayons, et nous aurons la réponse très rapidement puisque les essais en bonne et due forme sont en cours au niveau français comme au niveau européen. En attendant, il faut être très prudent.

    • Je pense qu’il faut respecter la démarche habituelle de tests de médicaments, qui est de faire un essai thérapeutique dans lequel il y a un tirage au sort de gens qui reçoivent le médicament et d’autres qui reçoivent soit un traitement de référence, soit un placebo.

      Je comprends bien mais donner un placebo dans cette situation, c’est pas très éthique vu le besoin de soin des personnes infectées.

      #épidémiologie_de_comptoir et #complotisme

    • Attention, l’éthique des tests cliniques commande que le bras test soit « le meilleur traitement disponible ». Ici, on n’a aucun traitement chimique, donc c’est le meilleur standard de soins non-chimiques + placebo. Mais comme le dit la cousine de mon voisin qui travaille dans le médical, on va avoir 5 bras dans ces études (puisqu’on teste 4 traitements), donc sur le plan biostatistique ça va être le bordel.

    • Celui-là est énorme : des images de résultats scientifiques falsifiées avec Photoshop…

      Chloroquine genius Didier Raoult to save the world from COVID-19 – For Better Science
      https://forbetterscience.com/2020/03/26/chloroquine-genius-didier-raoult-to-save-the-world-from-covid-19

      Well, Elisabeth Bik found some very bad data fakery in a 15 year old Raoult-co-authored paper:

      Florence Fenollar , Stéphane Sire , Nathalie Wilhelm , Didier Raoult Bartonella vinsonii subsp. arupensis as an agent of blood culture-negative endocarditis in a human Journal of Clinical Microbiology (2005)
      doi: 10.1128/jcm.43.2.945-947.2005

      The gels are most obviously fake, falsified in Photoshop. In at least one instance, a gel band was erased digitally. Here a younger Raoult-coauthored paper from URMITE Marseille, and it is not much better:

      Miguel A. De La Cruz , Weidong Zhao , Carine Farenc , Grégory Gimenez , Didier Raoult , Christian Cambillau , Jean-Pierre Gorvel , Stéphane Méress A toxin-antitoxin module of Salmonella promotes virulence in mice PLoS Pathogens (2013) doi: 10.1371/journal.ppat.1003827

      A gel lane was copied three times, while arrows indicate additional image manipulations in that gel figure. The last author Stéphane Méresse seems not to deny that the image was fabricated:

      “This image should never have been published and we apologize for this mistake. Below two similar experiences leading to the same conclusion.”
      Caught on fake data? Replace it with something else, conclusions not affected. As easy as removing patients from analysis or guessing PCR results. The research culture at URMITE produced also this beauty, again with Raoult as coauthor:

      Aurélien Fotso Fotso , Oleg Mediannikov , Didier Raoult , Claude Nappez , Michel Drancourt , Michel Azza Monoclonal Antibodies for the Diagnosis of Borrelia crocidurae American Journal of Tropical Medicine and Hygiene (2016) doi: 10.4269/ajtmh.15-0436
      That is truly a beautiful fake. Fractal bacteria, as someone commented on Twitter. Bik found also this, a 19 year old microscopy collage co-authored by Raoult:

      S Meconi , C Capo , M Remacle-Bonnet , G Pommier , D Raoult , J L Meg Activation of protein tyrosine kinases by Coxiella burnetii: role in actin cytoskeleton reorganization and bacterial phagocytosis Infection and Immunity (2001) doi: 10.1128/iai.69.4.2520-2526.2001

      The arrows indicate that the cells were digitally pasted in. To catch Raoult on having published fabricated data is not really a surprise, as it turned out.

      Au point que Raoult et des co-auteurs ont été bannis en 2006 du journal de l’American Society for Microbiologie (ASM) :

      Indeed, problems in a paper about a mouse model for typhus got his lab in hot water in 2006. A reviewer for Infection and Immunity, a journal published by the American Society for Microbiology (ASM), discovered that four figures in a revised manuscript were identical to figures in the original manuscript, even though they were supposed to describe a different experiment.

      In letters to ASM, made available by Raoult, second author Christian Capo and last author Jean-Louis Mège, a group leader, accepted “full responsibility” for the problem, which they said involved only two figures. Capo, in his letter, wrote that he had made an innocent mistake; Mège wrote that Capo had subsequently failed to show the revised manuscript to other authors, who were on vacation, before resubmitting it. But after consulting its ethics panel, ASM banned all five authors, including Raoult, from publishing in its journals for a year. “We are not entirely comfortable with the explanation provided,” ASM officials wrote to Mège. “Misrepresentation of data … is an affront to the ethical conduct of scientific inquiry.”

      Capo and Mège accepted the decision, but Raoult wrote ASM that he wasn’t at fault and that the “collective punishment” was “very unfair.” He appealed the ban, also on behalf of two other co-authors, but lost. Furious, he resigned from the editorial board of two other ASM journals, canceled his membership in the American Academy of Microbiology, ASM’s honorific leadership group, and banned his lab from submitting to ASM journals, in which he had published more than 230 studies. His name has been on only two ASM journal papers since, both published in 2010. To clear his name, Raoult sent his ASM correspondence to French colleagues in 2007, along with a letter defending himself. “If I had been in the United States, I would have sued,” he wrote.”

    • Didier Raoult : «charlatan», «qu’il ferme sa gueule»... Le ton monte
      https://www.linternaute.com/actualite/societe/2490141-didier-raoult-charlatan-qu-il-ferme-sa-gueule-le-ton-monte

      https://www.youtube.com/watch?v=Bm-GJ4PF9ts

      Dans le même temps, Hervé Seitz, Biologiste moléculaire du CNRS à l’institut de génétique humaine de Montpellier, a qualifié de « charlatanisme » les travaux de l’infectiologue au style déroutant. Le spécialiste des ARN s’est insurgé, dans une vidéo, contre le manque de rigueur de Didier Raoult. Hervé Seitz a assuré que les études réalisées à l’IHU de Marseille relevaient de la "fraude scientifique". Malgré ces attaques, le biologiste n’a pas exclu un intérêt de l’hydroxychloroquine, mais a souligné le manque de preuves.

    • Signalé par @fil: More on Chloroquine/Azithromycin. And On Dr. Raoult. | In the Pipeline
      https://blogs.sciencemag.org/pipeline/archives/2020/03/29/more-on-cloroquine-azithromycin-and-on-dr-raoult

      Dr. Didier Raoult of Marseilles and his co-workers have published another preprint on clinical results with the chloroquine/azithromycin combination that their earlier work has made famous. And I still don’t know what to think of it.

      This is going to be a long post on the whole issue, so if you don’t feel like reading the whole thing, here’s the summary: these new results are still not from randomized patients and still do not have any sort of control group for comparison. The sample is larger, but it’s still not possible to judge what’s going on. And on further reading, I have doubts about Dr. Raoult’s general approach to science and doubts about Dr. Raoult himself. Despite this second publication, I am actually less hopeful than I was before. Now the details.

    • Hydroxychloroquine and azithromycin versus COVID-19: Grift, conspiracy theories, and another bad study by Didier Raoult – Science-Based Medicine
      https://sciencebasedmedicine.org/hydroxychloroquine-and-azithromycin-versus-covid-19

      Basically, this is a nothingburger of a paper. It studied patients with low severity or even asymptomatic COVID-19 disease, the vast majority of whom would likely have cleared the virus just as fast without the medications. Again, this is such a useless paper, even as an observational paper, that it tells us, in essence, nothing new.

      […]

      I fear that, when all is said and done, the COVID-19 pandemic will be the single greatest opportunity for grifters and snake oil salesmen I’ve seen in my lifetime. Until a vaccine and/or effective treatment is developed, the grift will continue.

      In the meantime, we wait the results of clinical trials and for science to do what it always does, as I find myself living in one of the hottest COVID-19 hotspots in the US.

  • Dr. Krutika Kuppalli sur Twitter : “Ppl ask, why not try #Hydroxychlorquine and #Azithromycin for #SARSCov2 #COVID19. Here is some important info to know about the study https://t.co/KhIIHiMsYo 1. 20 HCQ pts (200 mg TID) & 16 controls with SARSCoV2 2. Pts w/ URTI, LRTI, or asx 3. 6 HCQ pts received Azithro x 5 d” / Twitter
    https://twitter.com/KrutikaKuppalli/status/1241457057976315904

    (Carte de visite impressionnante:
    ID/Global Health Physician, Emerging Infections, Ebola/VHF, HIV/AIDS, Biosecurity, Pandemic Preparedness, Policy, & now COVID19. ELBI)

    • Une copine me racontait hier le nombre de mecs avec des super profils (polytechnicien ou centralien, chercheur dans une vraie université, institution prestigieuse) qui venaient la tanner quand elle était assistante parlementaire pour accéder à sa députée pour la sensibiliser aux dangers de ci, à la solution miraculeuse de ça. La plupart étaient zinzins, les autres l’étaient devenus sous l’effet des refus. Les lanceurs d’alerte devaient être les plus malades de ne pas être entendus. Sur le lot de ceux qui l’ont contactée pendant son mandat, un par jour, il y en a eu un qui alertait contre le risque réel des plombages dentaires et un autre qui demandaient à juste titre l’ouverture d’une commission d’enquête sur Srebrenica. Deux sur des dizaines. Ma pote était juriste de l’environnement, pas épidémiologiste ou économiste, et elle avait un mal fou à évaluer la pertinence des propos des bonshommes (surtout des gars, l’eusses-tu cru ?), d’autant qu’ils étaient bardés de diplômes prestigieux. Elle n’a pas de regret d’avoir laissé passer deux mecs sensés sur des dizaines d’huluberlus, elle n’avait pas les moyens de les filtrer. Tout ça pour dire que le prestige de la carte de visite ne suffit pas, loin de là !
      #complotisme #confiance #prestige

  • Agamben, le coronavirus et l’état d’exception
    https://mars-infos.org/agamben-le-coronavirus-et-l-etat-d-4856

    Giorgio Agamben a publié son point de vue sur le coronavirus dans un manifeste le 26 février. Le titre de l’article est, bien entendu, « L’état d’exception causé par une urgence non fondée ». Qu’aurait-pu écrire d’autre le philosophe romain se demanderont certains ? Mais c’est bien là le problème. La prévisibilité des déclarations du philosophe et l’absence apparente d’arguments contestés dans sa contribution ont été accueillies avec surprise par beaucoup. Pourtant, tout le monde n’a pas été surpris : la fatigue de certains paradigmes et le manque de vitalité du panorama politico-théorique font de telles déclarations le miroir d’une condition plus générale. Lorsque, face à la réalité multiforme et changeante du monde, les formules interprétatives se répètent à l’identique, on peut avoir le sentiment que la critique a ouvert au moins partiellement la voie au dogmatisme, au sens kantien de dériver des concepts à partir de concepts sans l’irruption d’une externalité pour les animer. Cet « externalité » devrait tester les limites et les relations entre les catégories, afin que ces dernières n’apparaissent pas suspicieusement intactes, inrayables.

    Une réponse à Agamben dont le texte a été traduit par Acta.zone : https://acta.zone/giorgio-agamben-coronavirus-etat-dexception

    #Coronavirus #EtatException #Agamben

    • Le texte de Giorgio Agamben a été largement commenté et interprété par « Lundi Matin » dans cet article :

      https://lundi.am/Le-coronavirus-et-l-etat-d-exception-en-chacun

      Le problème majeur, à partir de là, c’est que le réseau de pouvoir fait la guerre, de manière plus ou moins discrète et larvée (« nos fameuses qualités perceptives ! »), non pas à d’autres États ou Empires (définition classique de la guerre) mais à sa propre population. Or quand il n’y a pas d’ennemi il s’agit d’en créer un, loi première de toute géopolitique. C’est pourquoi lorsque Giorgio Agamben dit que l’état d’exception est devenu le paradigme normal de gouvernement, il nous invite bien entendu à penser l’incessant renouvellement de la figure de l’ennemi, ainsi que les nouvelles lois terroristes et la militarisation de nos villes et polices qui l’accompagnent. Du LBD au data mining en passant par les drones ou la 5G, ne vous inquiétez pas on s’approche de Gattaca « pour notre bien ». Comme le dit justement le philosophe italien : « il semblerait que, le terrorisme étant épuisé comme cause de mesures d’exception, l’invention d’une épidémie puisse offrir le prétexte idéal pour les étendre au-delà de toutes limites. » Et quand on lit la liste des restrictions prévues par décret concernant les municipalités « touchées » par la grippe (voir l’article d’Agamben), on devine qu’il sera demain impossible pour les professeurs de philosophie et les citoyens militants de dessiner quelque chose comme une cité à leurs auditeurs et auditrices.

      article « seené » ici-même :

      https://seenthis.net/messages/828640

    • Giorgio [#Agamben] assure que les gouvernements s’emparent de prétextes pour instaurer tous les états d’exception possibles. Il ne remarque pas que l’exception devient en effet la règle dans un monde où les interconnexions techniques de toutes sortes (déplacements, transferts de toutes sortes, imprégnations ou diffusions de substances, etc.) atteignent une intensité jusqu’ici inconnue et qui croît avec la population. La multiplication de celle-ci comporte aussi dans les pays riches l’allongement de la vie et la croissance du nombre de personnes âgées et en général de personnes à risque.

      Il ne faut pas se tromper de cible : une civilisation entière est en cause, cela ne fait pas de doute. Il y a une sorte d’exception virale – biologique, informatique, culturelle – qui nous pandémise. Les gouvernements n’en sont que de tristes exécutants et s’en prendre à eux ressemble plus à une manœuvre de diversion qu’à une réflexion politique.

      J’ai rappelé que Giorgio est un vieil ami. Je regrette de faire appel à un souvenir personnel, mais je ne quitte pas, au fond, un registre de réflexion générale. Il y a presque trente ans les médecins ont jugé qu’il fallait me transplanter un cœur. Giorgio fut un des très rares à me conseiller de ne pas les écouter. Si j’avais suivi son avis je serais sans doute mort assez vite. On peut se tromper. Giorgio n’en est pas moins un esprit d’une finesse et d’une amabilité que l’on peut dire – et sans la moindre ironie – exceptionnelles.

      Jean-Luc Nancy, « Eccezione virale », Antinomie, 27-2-2020

      #Davide_Grasso pour Agamben, le coronavirus et l’état d’exception

  • Notes sur Russiagate-II (le retour)
    https://www.dedefensa.org/article/notes-surrussiagate-iile-retour

    Notes sur Russiagate-II (le retour)

    23 février 2020 – Qui ne se rappelle de Russiagate, qui assura une exceptionnelle animation de la campagne présidentielle USA-2016, à peu près à partir de la fin du printemps 2016 ? Dès le 22 mai 2016, nous le baptisions “simulacre extrême”. Au reste, il ne nous a jamais tout à fait quitté, malgré l’énorme casserole qu’essuya le procureur spécial Mueller, enquêteur diligenté par le Congrès pour nous présenter le pot-aux-rose et qui ne parvint qu’à balbutier un simulacre crevé, puant et sans rien du tout, sorte d’outre vide défilant au fil de l’eau. Cela se passait en juillet 2019, ce qui impliquait que Mueller avait pédalé dans la semoule pendant près de trois ans, à coup de $millions du contribuable.

    Mais les vieux simulacres, comme les vieux soldats (image fameuse de (...)

  • Fiasco démocrate dans l’organisation des caucus de l’Iowa
    http://www.lefigaro.fr/flash-actu/les-resultats-des-caucus-democrates-de-l-iowa-retardes-20200204

    [L]es explications embrouillées [...] n’ont pour l’instant réussi qu’à semer la confusion, et à nourrir les théories complotistes sur internet. [...]

    Les seules estimations semblaient donner une avance à Bernie #Sanders, le favori des sondages, et indiquer de mauvais résultats à Joe Biden, l’ancien vice-président d’Obama.

    #complot #complotisme #etats-unis #MSM

  • Mécaniques du complotisme, saison 3 : le grand remplacement, un virus français
    https://www.franceculture.fr/emissions/mecaniques-du-complotisme

    11 septembre, vaccins, premiers pas sur la lune, sionisme, grand remplacement, chemtrails… Les enquêtes d’opinion le montrent : sur un nombre grandissant de sujets, les Français sont friands de complotisme. Hier cantonnées aux marges, les théories les plus improbables ont gagné en audience et en respectabilité. De l’internaute anonyme au chef d’Etat populiste, des librairies spécialisées aux plateformes de streaming, des cafés du commerce aux plateaux télé, on les retrouve désormais dans toutes les strates de la société. Par quelle mécanique une théorie complotiste née dans l’imagination de quelques uns parvient-elle à devenir un phénomène culturel majeur ? Pour comprendre cette progression, appréhender leur attrait et, peut-être, atteindre leurs relayeurs crédules, il faut en revenir à leurs origines et identifier leurs concepteurs.

    #audio #grand_remplacement #complotisme

    J’ai écouté cette série, c’est pas mal pour un petit format mais pas génial non plus. L’intervenant principal a un vocabulaire un peu chelou. Je soutiens quand même, vu la faible part de la création à la radio : des 14’ avec recherche, archives et montagne, qui ne se contentent pas de faire venir des gens pour causer, c’est toujours ça de pris.