• Che fine ha fatto la Torino-Lione

    I lavori per la linea ferroviaria nota come TAV iniziarono nel 2001, ma poi ripartirono quasi da zero nel 2017: ancora oggi la galleria è per la maggior parte da scavare.

    Per accedere al cantiere della nuova tratta ferroviaria Torino-Lione a Chiomonte, in Val di Susa, bisogna percorrere una piccola strada, via dell’Avanà: circa un chilometro prima la via diventa chiusa al traffico e un’auto della polizia staziona lì, 365 giorni all’anno, da quasi dodici anni. Arrivati al cantiere vero e proprio ci sono alte reti metalliche con in cima bobine di filo spinato che circondano tutta l’area. All’ingresso ci sono mezzi militari e alcuni soldati sono incaricati di aprire il portone, dopo aver verificato le autorizzazioni, registrato chi si è presentato all’ingresso e segnato l’orario di entrata. Dentro, in una giornata normale, nel centinaio di metri di strada che separa l’ingresso dallo spiazzo centrale si incontra ancora almeno un altro mezzo delle forze dell’ordine. Nelle giornate “non normali”, quelle in cui sono previste manifestazioni, i mezzi di polizia ed esercito aumentano. I cantieri sono militarizzati, difesi e blindati perché dall’inizio degli anni Duemila sono stati contestati e ciclicamente attaccati.

    Il cantiere TAV (Treno ad Alta Velocità) sul lato italiano nel 2018 è stato spostato da Susa a Chiomonte, all’interno di una valle stretta, proprio perché si può difendere meglio militarmente. Qui dovranno partire i lavori di scavo del cosiddetto tunnel di base, la doppia galleria dove secondo i progetti passeranno i treni fra Torino e Lione. Dovranno partire perché nonostante di TAV si parli da oltre vent’anni, con la prima simbolica picconata data nel 2001 (sul lato francese), al momento i lavori sono nella fase preparatoria, quella delle gallerie di servizio, delle rampe delle autostrade per raggiungere i cantieri, dei sondaggi geognostici (cioè gli studi del suolo in profondità).

    I 23 anni passati senza perforazioni definitive si spiegano con almeno tre ragioni: il progetto è enorme, complesso e molto costoso, e ha avuto bisogno di lunghi studi preparatori; inoltre è cambiato più volte, principalmente per la diffusa, costante e attiva opposizione manifestata dalla popolazione in Val di Susa, con il noto e discusso Movimento No TAV; infine pur essendo sostenuto da tutti i governi italiani e francesi che si sono succeduti, ha subìto ripensamenti, rallentamenti e rinvii.

    La società incaricata si chiama TELT (Tunnel Euralpin Lyon-Turin) ed è binazionale, per metà dello Stato francese e per metà delle Ferrovie dello Stato Italiane. Ha un mandato di 99 anni per progettare, costruire e poi gestire la sezione transfrontaliera (quella in prossimità del confine) della nuova ferrovia.

    Manuela Rocca, ingegnera e vicedirettrice generale di TELT, dice: «Nel 2006 un progetto definitivo approvato è stato rivisitato completamente: siamo ripartiti da capo, dal perché si vuole fare quest’opera e da undici alternative di tracciato. Nel 2010 è stata scelta un’altra configurazione, dall’altra parte del fiume Dora». Da lì ripartì tutto, il progetto venne approvato definitivamente nel 2017 e i lavori preparatori sono iniziati negli anni successivi.

    Com’è adesso
    Il progetto attuale prevede un tracciato di 65 chilometri, di cui 57,5 di galleria, a una quota fra i 474 metri di Susa e i 569 di Saint-Jean-de-Maurienne (l’attuale ferrovia sale fino a 1.258 metri): 12,5 chilometri di tunnel sono in Italia, 45 in Francia, ma bisogna scavarne il doppio perché è prevista una “doppia canna”, ossia una doppia galleria per i due sensi di marcia. A questi va aggiunta una cinquantina di chilometri di gallerie di servizio, di collegamento e per i sondaggi geognostici, oltre ai pozzi di ventilazione e raffreddamento (nella profondità della montagna le temperature aumentano, fino a 40-45 gradi).

    Negli scorsi mesi sono stati aggiornati i costi e i tempi previsti di chiusura dei lavori: si è passati da 8,6 miliardi a 11,1 miliardi di euro, e dal 2032 al 2033. L’opera è fra le più costose fra quelle parzialmente finanziate dall’Unione Europea attraverso il fondo Connecting Europe Facility e, considerando anche le tratte di accesso in Francia e Italia (da creare o ammodernare), supera per prospettive di spesa il ponte sullo Stretto di Messina.

    Secondo Manuela Rocca di TELT la data del 2033 è da ritenere credibile perché «tiene già in considerazione difficoltà geologiche e tecniche molto variegate che possono essere incontrate». La Commissione tecnica Torino-Lione dell’Unione Montana Valle Susa, componente tecnica del Movimento No TAV, che si avvale di studi di professori di ingegneria come Alberto Poggio, ritiene invece «la conclusione dei lavori in nove anni impossibile, per ragioni tecniche e di finanziamento». Il Movimento continua da trent’anni la sua mobilitazione, con proteste, petizioni e ricorrenti piccole operazioni di contrasto attivo dei cantieri.

    I lavori
    Oggi sono aperti 10 cantieri e sono stati scavati 38,2 chilometri di gallerie, di cui poco più di 14 del tunnel di base, questi ultimi tutti in Francia: circa 10 fra il 2016 e il 2019 fra Saint-Martin-de-la-Porte e La Praz con una “talpa”, altri 3 all’imbocco del tunnel francese con metodo “tradizionale” (i lavori sono in corso). La talpa è una fresa, una macchina che può superare anche il centinaio di metri di lunghezza, di forma cilindrica, con dei denti in testa: scava un buco cilindrico nella roccia, rimuove attraverso dei nastri trasportatori il materiale di scavo dalla testa all’uscita del tunnel e monta di pari passo nel foro ottenuto i “conci”, i rivestimenti in cemento che daranno la forma definitiva al tunnel.

    Il metodo tradizionale prevede invece di inserire esplosivi nella roccia o di usare un cosiddetto martellone, di raccogliere i detriti, e di avanzare ancora, con altro esplosivo: poi servirà consolidare il tutto con getti di calcestruzzo. I lavori con metodo tradizionale sono in corso all’imbocco del tunnel in Francia, a Saint-Jean-de-Maurienne, dove il cantiere è meno “militarizzato” perché la contestazione è molto minore, se non assente. Oggi le due canne del tunnel di base sono fori ampi e lunghi poco più di un chilometro, che verranno rifiniti in seguito: al fondo c’è la roccia, in cui vengono inserite cariche esplosive in decine di piccoli fori. Mentre si allestisce l’esplosione in una delle canne, nell’altra si rimuovono i detriti e piano piano si avanza anche con i lavori di illuminazione e di ventilazione del cantiere.

    Il lavoro con la talpa è molto più rapido, anche se possibile solo per determinate conformazioni della roccia. Serviranno sette talpe per scavare sette degli otto tratti in cui stato diviso il tunnel (uno è quello già scavato): TELT ne ha ordinate cinque per la Francia, altre due dovranno essere ordinate per l’Italia. Sono fabbricate e testate in Germania, poi vengono smontate e trasportate a pezzi, con trasporti eccezionali e tempi lunghi. In Italia dovranno arrivare a Chiomonte: lo spostamento del cantiere iniziale per i motivi di sicurezza, dopo anni di contestazioni nei primi siti, implica l’inversione del senso di scavo: si parte da dove arriverà il tunnel francese e si va verso Susa. Chiomonte però non ha strade di accesso sufficienti per far arrivare le talpe e per permettere ai camion di portare via il materiale di scavo: al momento si sta lavorando a costruire uno svincolo all’autostrada che passa oltre 30 metri sopra al cantiere.

    Il cantiere di Chiomonte è solo uno dei tanti che interessano buona parte della bassa e media valle: a Salbertrand verranno raccolti i materiali di scavo (in parte riutilizzati, in parte smaltiti) e prodotti i conci; a San Didero, vicino a Borgone, verrà trasferito l’autoporto di Susa, dove invece dovrebbe sorgere la stazione internazionale. Nella piana di Susa ci saranno 2,6 chilometri di ferrovia all’aperto e altri due chilometri di galleria fino alle porte di Bussoleno, dove finisce la tratta internazionale e dove finiscono anche i progetti approvati in via definitiva. Nella piana di Susa cominceranno a ottobre gli espropri dei terreni, un altro momento di possibile tensione. Il progetto originario prevedeva una tratta molto più lunga all’aperto e un diverso imbocco del tunnel, sull’altra sponda: fu ripensato dopo l’anno di maggiore conflittualità con il movimento No TAV, il 2005.

    https://www.ilpost.it/2024/10/03/torino-lione-tav-lavori
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  • Ecco perché il #Tav diventa un bancomat Ue per i costruttori

    L’eterna telenovela del Tav Torino-Lione ha la sua immancabile puntata estiva. Arrivano nuovi finanziamenti dall’Europa, quelli che dovrebbero coprire il 55% dei costi dell’opera. Bruxelles comunica l’assegnazione di 700 milioni di euro del #Cef, #Connecting_Europe_Facility, il programma per finanziare i grandi progetti infrastrutturali. Da #Telt, la società italo-francese che sta lavorando per realizzare la Torino-Lione, arriva intanto la notizia che i costi sono saliti da 8,6 a 11,1 miliardi e che la consegna è posticipata al 2033. L’arrivo dei 700 milioni – sottolinea Telt – è segno dell’impegno dell’Europa per il Tav: sono il 10% del budget europeo disponibile e rendono quest’opera, per importo erogato, il terzo progetto finanziato dall’Unione. Per gli ingegneri della commissione tecnica sul Tav dell’Unione montana Valle di Susa, invece, quei 700 milioni sono briciole: neppure il 3% del budget europeo 2021-2027 per le infrastrutture di trasporto, che ammonta a quasi 26 miliardi di euro. Nel 2014 la Torino-Lione portò a casa 814 milioni, cioè il 7% del budget 2014-2020 (che era di 11,7 miliardi). Oggi, malgrado i soldi disponibili fossero più del doppio (quasi 26 miliardi, appunto), il contributo diminuisce sia in cifra assoluta sia in percentuale. Non solo. Questi fondi europei arrivano dopo 10 anni dall’ultima assegnazione, avvenuta con il bando Cef 2014. E sono l’ultima erogazione possibile per il settenato 2028-2034. Insomma – secondo i tecnici del movimento No-Tav – l’Europa nei fatti non dimostra molta passione per la grande opera che piace tanto a Matteo Salvini e a molti anche a sinistra. La lentezza con cui arrivano i finanziamenti europei dipende anche dai ritardi nei lavori: per chiedere soldi nuovi, bisogna prima finire di spendere quelli già assegnati; e in questi anni Telt non ha brillato per capacità di spesa. Lo ha segnalato anche la Corte dei conti europea nel 2020: con i fondi erogati nel 2014, si dovevano completare entro 5 anni, cioè nel 2019, gli studi e i lavori finanziati. Telt ha chiesto ben tre proroghe, terminando quei lavori in 10 anni, ovvero nel doppio del tempo previsto. Sono stati chiusi in fretta e furia nel febbraio 2024, per poter partecipare in extremis all’ultimo bando di finanziamento del settenato europeo, dopo aver perso i due bandi precedenti. Così sono arrivati i 700 milioni appena annunciati. Dal 2001 ad oggi, sono già stati spesi quasi 2 miliardi in opere preparatorie, senza che le cinque talpe comprate per scavare il tunnel ferroviario tra Italia e Francia siano entrate in funzione: sono ancora parcheggiate nello stabilimento in Germania dove sono state assemblate. Per scavare la galleria serviranno almeno altri 11 miliardi, di cui il 45% dovrà essere pagato da Italia (almeno 2,5 miliardi) e Francia (altri 2,5) e il 55% dall’Europa (almeno 6). Arriveranno? E quando? L’entrata in servizio della linea, prevista ora per il 2033, sembra un miraggio: imporrebbe una capacità di spesa entro quella data di 11 miliardi. Ma a questo ritmo di spesa e di finanziamenti – circa 750 milioni europei ogni sette anni – per finire il tunnel ci vorranno altri sette settenati, ossia una cinquantina d’anni. Al di là degli annunci e delle previsioni, sembra che i soldi servano a finanziare nel tempo la lobby del Tav, amministratori e costruttori, senza alcuna garanzia di riuscire a realizzare davvero l’opera. Del resto, la linea ferroviaria già esistente è più che sufficiente a trasportare le merci che viaggiano tra Italia e Francia. E ormai il progetto si è ridotto al solo tunnel, abbandonando l’idea di nuove linee d’accesso in Italia (Val di Susa) e soprattutto in Francia (Modane-Dijon, saltando Lione). Il Tav non è più un progetto infrastrutturale: è ormai solo una bandiera per la politica e un bancomat per i costruttori.

    https://www.ilfattoquotidiano.it/in-edicola/articoli/2024/08/02/ecco-perche-il-tav-diventa-un-bancomat-ue-per-i-costruttori/7645124

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