• Comment l’Europe sous-traite à l’Afrique le contrôle des migrations (2/4) : « Nous avons besoin d’aide, pas d’outils sécuritaires »
    https://www.lemonde.fr/afrique/article/2023/09/07/comment-l-europe-sous-traite-a-l-afrique-le-controle-des-migrations-2-4-nous

    Comment l’Europe sous-traite à l’Afrique le contrôle des migrations (2/4) : « Nous avons besoin d’aide, pas d’outils sécuritaires »
    Au Sénégal, la création et l’équipement de postes-frontières constituent des éléments clés du partenariat avec l’Union européenne. Une stratégie pas toujours efficace, tandis que les services destinés aux migrants manquent cruellement de financements.
    Par Andrei Popoviciu

    #Covid-19#migration#migrant#UE#senegal#afrique#OIM#retour#politiquemigratoire#droit#controlemigration#identite#operationnalisationgouvernance#sante

  • Comment l’Europe sous-traite à l’Afrique le contrôle des migrations (2/4) : « Nous avons besoin d’aide, pas d’outils sécuritaires »
    https://www.lemonde.fr/afrique/article/2023/09/07/comment-l-europe-sous-traite-a-l-afrique-le-controle-des-migrations-2-4-nous

    Comment l’Europe sous-traite à l’Afrique le contrôle des migrations (2/4) : « Nous avons besoin d’aide, pas d’outils sécuritaires »
    Au Sénégal, la création et l’équipement de postes-frontières constituent des éléments clés du partenariat avec l’Union européenne. Une stratégie pas toujours efficace, tandis que les services destinés aux migrants manquent cruellement de financements.
    Par Andrei Popoviciu

    #Covid-19#migrant#migration#UE#senegal#externalisation#frontiere#controlemigration#identite#droit#politiquemigratoire#afrique#postcovid

  • Comment l’Europe sous-traite à l’Afrique le contrôle des migrations (1/4) : « Frontex menace la dignité humaine et l’identité africaine »
    https://www.lemonde.fr/afrique/article/2023/09/06/comment-l-europe-sous-traite-a-l-afrique-le-controle-des-migrations-1-4-fron

    Comment l’Europe sous-traite à l’Afrique le contrôle des migrations (1/4) : « Frontex menace la dignité humaine et l’identité africaine »
    Pour freiner l’immigration, l’Union européenne étend ses pouvoirs aux pays d’origine des migrants à travers des partenariats avec des pays africains, parfois au mépris des droits humains. Exemple au Sénégal, où le journaliste Andrei Popoviciu a enquêté.

    #Covid-19#migrant#migration#UE#senegal#frontiere#gouvernance#droit#afrique#controlemigration#identite#politiquemigratoire#externalisation#postcovid

  • PODCAST- FRONTIERA SOLIDALE #MEDU

    Medici per i Diritti Umani presenta Frontiera solidale: un podcast di tre puntate per raccontare, attraverso le voci dei testimoni diretti, il fenomeno epocale delle migrazioni, assumendo come osservatorio una frontiera nel cuore dell’Europa, quella tra l’Italia e la Francia, nell’Alta Val di Susa.

    https://mediciperidirittiumani.org/podcast-frontiera-solidale-medu
    #podcast #audio #Alpes #frontière_sud-alpine #montagne #Italie #migrations #asile #réfugiés #frontières #Val_de_Suse

  • Bosnia seeks Austrian support for Frontex status agreement

    Bosnia and Herzegovina is hoping to get Austria’s help in signing a status agreement with the border agency Frontex, as Bosnian Interior Minister Nenad Nesic met with Austrian counterpart Gerhard Karner during a working meeting in Vienna on Tuesday.

    Karner praised the good police cooperation between the two countries. “This year alone we were able to arrest 300 traffickers,” he stated, also highlighting the fact that deportations from Bosnia have also been taking place since last year with Austria’s support, APA reported.

    The main topic of the meeting between Karner and Nesic was irregular migration on the Balkan route, the fight against organised crime and smuggling, and the situation in Bosnia and Herzegovina in this regard.

    Bosnia and Herzegovina is now seeking to sign a status agreement with the EU border management agency Frontex, following a cooperation agreement with Europol. Nesic also expects Austria’s help to sign an agreement by the end of the year.

    “Bosnia and Herzegovina wants to be part of the collective European security,” Nesic said. At the same time, he pointed out that the EU must respect Bosnia’s “specific situation” and constitution. He also hopes for help from Karner, “who knows our state structure, not only now but also in the past.”

    “Bosnia and Herzegovina is a reliable partner in the fight against the international smuggling mafia. The Frontex agreement will further strengthen border protection in the region,” Karner stressed.

    Frontex has concluded status agreements with all Western Balkan countries (with the exception of Kosovo, which is not recognised by all EU countries) and Moldova since 2019, which allow Frontex operations on the respective national territory by mutual agreement.

    https://www.euractiv.com/section/politics/news/bosnia-seeks-austrian-support-for-frontex-status-agreement

    #Bosnie #Bosnie-Herzégovine #Frontex #asile #migrations #Balkans #réfugiés #frontières #contrôles_frontaliers #accord

  • Se il contrasto ai flussi via mare diventa un mercato dalle “ottime prospettive”

    A dieci anni dalla strage di Lampedusa del 3 ottobre 2013, il Mediterraneo è la rotta più fatale del Pianeta con oltre 30mila morti tra 2014 e metà 2023 (le stime ufficiali sono fortemente al ribasso). I Paesi però non investono su ricerca e soccorso ma sul “contrasto ai flussi”. Un giro d’affari d’oro. Il caso di #Cantiere_Navale_Vittoria.

    Le prospettive economiche del contrasto al “fenomeno della immigrazione illegale” per mare nei prossimi anni sono “ottime”, scrive nel suo ultimo bilancio Cantiere Navale Vittoria, azienda del settore della nautica civile, militare e paramilitare con sede ad Adria (Rovigo), partner strategico del ministero dell’Interno, della Guardia costiera, della Marina militare nonché fornitore, come riporta, dei “principali ministeri e marine del bacino del Mediterraneo”.

    Un mercato dalle “notevoli opportunità” che potrebbe portare a una “pipeline commerciale” superiore a 1,5 miliardi di euro solo per le nuove costruzioni previste nei prossimi anni, sommando commesse nazionali (della Marina, soprattutto) ed estere, tipo Tunisia, Grecia, Oman, Israele, Qatar, Malta, Libia, Romania, Croazia, Algeria.

    Là fuori, intanto, la stagione è terribile, segnata ancora una volta da mancati od ostacolati soccorsi e migliaia di morti nel Mediterraneo: 2.652 solo quelli registrati ufficialmente tra gennaio e metà agosto 2023 dalle Nazioni Unite, che schizzano a oltre 31mila se si fa il conto dal 2014 e si allarga lo sguardo alle diverse direttrici (dalla Libia, dalla Tunisia, dalla Turchia, dal Libano, dall’Egitto, dalla Siria, dai Paesi dell’Africa occidentale, etc.). Una strage -e le cifre dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni sono solo la punta dell’iceberg– che fa in pezzi il “mai più” promesso dai governi dell’Unione europea dieci anni fa, poche ore dopo il naufragio di Lampedusa del 3 ottobre 2013, divenuto poi per legge la Giornata nazionale in memoria delle vittime dell’immigrazione.

    Scorrere l’ultima relazione sulla gestione del cantiere di Adria adiacente al Canal Bianco, un ramo del Po, fa capire meglio dove vanno le politiche (e gli affari). “L’evoluzione del mercato di riferimento in cui opera la società -scrivono infatti gli amministratori- vede la decisa tendenza da parte di tutte le maggiori marine sovrane del Sud Europa nel volersi dotare di nuove unità destinate al pattugliamento d’altura e sotto costa oltre che a mezzi veloci necessari per contrastare efficacemente il fenomeno della immigrazione illegale”.

    Ecco perché la “linea di business” chiamata “#Fast_patrol_vessel” -cioè le navi da pattugliamento veloci- pesa sui ricavi del 2022 (circa 100 milioni di euro) per quasi il 50%. Un esempio sono i quattro pattugliatori da 38 metri consegnati nel biennio 2021-2022 alla guardia costiera greca, con altri due che potrebbero essere opzionati nel corso del 2023. La stessa guardia costiera che è finita di nuovo sotto accusa per la strage di Pylos del giugno scorso avendo, secondo i testimoni, imprudentemente trainato il peschereccio partito dalla Libia con a bordo oltre 700 persone e provocato così il suo inabissamento.

    La “linea” della ricerca e soccorso non arriva al 20% del fatturato, tallonata da quella del “#refitting”, ovvero la riparazione e rinnovo di assetti già esistenti. “La necessità di provvedere efficacemente al controllo costiero dei mari richiede anche l’ammodernamento delle unità già possedute -si legge ancora nel bilancio- e questo genera aperture molto interessanti nel mercato del refitting che Cantiere Navale Vittoria ha venduto ai propri clienti in anni precedenti”.

    Tipo le cosiddette guardie costiere libiche, che poi con quelle imbarcazioni, cedute con risorse pubbliche italiane ed europee, intercettano e riportano indietro i naufraghi verso il “cimitero più grande” che è il Nord Africa, per usare le parole di papa Francesco, in alcuni casi anche sparando contro le navi delle Ong. O la Guardia nazionale tunisina, per la quale l’azienda sta sistemando sei pattugliatori da 35 metri costruiti nel 2014. Ci sono poi veri e propri prototipi, come la serie di “#intercettori_fluviali_in_alluminio” lunghi dieci metri scarsi studiati per le “dure” condizioni affrontate dalla polizia romena o i due “#innovativi_intercettori” da 20 metri in grado di superare i 70 nodi (130 chilometri all’ora) commissionati dalla polizia reale omanita. Anche se la consegna più importante nell’ultimo anno è stata l’ammiraglia per le “forze armate maltesi”: 75 metri, un ponte di volo e 51,4 milioni di euro di valore. L’ipocrisia è in mezzo al mare.

    https://altreconomia.it/se-il-contrasto-ai-flussi-via-mare-diventa-un-mercato-dalle-ottime-pros

    Les fast patrol vessels (#FPV) :

    The patrol boat is excellent for navies and maritime police today strength: more than 43 knots of maximum sustainable speed, with negligible speed loss up to Beaufort 3, combined with high-level accommodations to maximize crew comfort even on extended missions. Built in a series of four sister ships for the Cyprus Navy and the Maritime Police, the high speed allows rapid deployment even at great distances from the base, while the excellent hull design and motion control capabilities minimize the loss of speed in the open sea.


    https://www.vittoria.biz/en/categoria-nave/defence-and-security-en//#section169

    #migrations #asile #réfugiés #business #complexe_militaro-industriel #contrôles_frontaliers #technologie #navires #frontières #Italie

  • Travailler en étant malade, un phénomène plus préoccupant que les prétendus arrêts maladie de confort | Mediapart
    https://www.mediapart.fr/journal/economie-et-social/160823/travailler-en-etant-malade-un-phenomene-plus-preoccupant-que-les-pretendus

    Cet été, Bercy a lancé la chasse aux arrêts maladie dits « de complaisance ». Selon Alain Vilbrod, sociologue breton spécialisé dans la santé, ce phénomène est infiniment plus négligeable que celui du présentéisme, qui consiste pour des salariés souffrants à aller au travail malgré leur condition.
    [...]
    Dans un communiqué de presse, Agnès Giannotti, médecin généraliste et présidente de MG France, plus grand syndicat de généralistes détaille les nombreuses raisons qui peuvent expliquer l’augmentation du nombre d’arrêts maladie : « La part des pathologies psychiques a augmenté considérablement… Les troubles musculo-squelettiques liés aux emplois physiques rendent le maintien dans l’emploi souvent difficile à partir de 55 ans… Sans parler de ces patients en attente pendant de longs mois d’un traitement chirurgical ou de rééducation faute de place ou de rendez-vous. Il ne s’agit en aucun cas d’arrêts de complaisance ni d’absentéisme. »
    [...]
    Du côté de Bercy, on martèle ce chiffre : les arrêts maladie seraient en hausse de 30 % depuis dix ans. Que dit ce chiffre du monde du travail ?

    Ce chiffre dit quelque chose de la prise d’âge des salariés, puisqu’en France on travaille de plus en plus tard. Il dit aussi la précarité du travail dans nombre de secteurs, qui va en s’accroissant. Il est aussi dû au fait que les employeurs ont de plus en plus recours à des contrats courts. Il dit, enfin, d’importantes dégradations des conditions de travail.
    [...]
    Les conditions de travail sont au cœur même des questions d’absence au travail – puisque je n’aime pas le terme d’absentéisme que je trouve jugeant – mais aussi de présentéisme, qui est le fait pour des salariés malades de venir quand même au travail et qui est beaucoup plus représentatif et important que les prétendus « arrêts maladie de complaisance ».

    Et en France, les conditions de travail sont dégradées dans un grand nombre de secteurs. Moi, je peux parler de ce que je connais le mieux, le secteur du sanitaire et social où les conditions de travail se sont détériorées ces dernières années, autant dans les Ehpad et les hôpitaux que dans les cliniques, au point que ces établissements peinent à recruter de nouveaux salariés.
    [...]
    La Dares, le service de statistiques du ministère du travail, a, par exemple, donné ce chiffre sur le présentéisme : sur onze jours d’arrêts maladie, en moyenne, trois sont travaillés. Les études de la caisse de retraite complémentaire Mederic (devenu Malakoff Humanis) se penchent aussi sur la question régulièrement et ne constatent pas autre chose : selon elles, un quart des arrêts maladie ne sont pas respectés.

    https://jpst.it/3loAH

    #santé_au_travail #souffrance_au_travail #présentéisme #contrôle_social #obligation_du_travail #troubles_musculo-squelettiques #troubles_psycho-sociaux

    • Journées d’Action à Dakar : #72h_Push_Back_Frontex

      L’organisation de la société civile sénégalaise Boza Fii a organisé une action de 72 heures dans la banlieue de Dakar au début du mois. Par cette action, ses membres dénoncent la présence de Frontex dans le pays et, plus largement, le régime mondial de mobilité asymétrique. Ici, nous publions le discours prononcé lors de la conférence de presse qui a ouvert les journées d’action. Vous pouvez le regarder en ligne ici.

      "Vous surveillez les frontières, nous vous surveillons

      Nous BOZA FII, nous nous engageons dans le domaine de la fuite et de la migration. Nous soutenons les migrants de retour volontaire, les migrants qui ont été expulsés vers leur pays d’origine et confrontés à un manque total d’assistance. Ainsi que les amis et familles de ceux qui sont disparus en mer méditerranée et aux frontières, dans leur douloureuse quête de réponses. Mais aussi promouvoir le droit à l’identité et à la dignité pour toutes les victimes de nos frontières, et le droit de leurs familles à savoir. Nous voulons œuvrer au meilleur respect des droits de ces personnes, non seulement fragilisées par les drames de la migration mais aussi souvent stigmatisées dans leur propre communauté. Nous souhaitons également encourager la production de connaissances et promouvoir l’objectivité du débat sur les migrations et les échanges internationaux afin d’affronter ensemble les réalités mondiales.

      Nous nous engageons pour lutter contre les politiques frontalières et pour la liberté de circulation de tout un chacun.

      Depuis la création de l’association en septembre 2020 nous avons beaucoup fait des recherches sur le déploiement de frontex au Sénégal. C’est en juin 2022 que nous avons senti l’intérêt de créer des synergies de lutte contre frontex au Sénégal et notre 1ère action 72h PUSH BACK FRONTEX était en fin septembre 2022. L’idée était d’abord de sensibiliser la population sénégalaise du danger de l’agence meurtrière des contrôles des frontières de l’UE (FRONTEX). C’est vrai qu’au Sénégal personne ne parle de Frontex et ne connaissent peut-être pas cette agence que nous considérons criminelle. Nous avons senti cette ignorance de la population dans les politiques migratoires du Sénégal et nous voyons important de faire savoir à notre gouvernement que nous ne sommes pas d’accord pour le déploiement de frontex au Sénégal et de leur faire savoir que nous connaissons ce que frontex fait dans la Méditerranée, dans la mer Egée et dans les frontières.

      Depuis quelques années, des plans de restrictions du droit à la libre circulation sont en phase de briser le tissu socio-économique des communautés à travers une intelligence dénommée " Frontex " savamment déployée en Afrique à travers une certaine cellule dite " des gestions de risques liés à la migration irrégulière " et une présence d’officiers de liaison. La mission de l’équipe conjointe d’investigation composée des éléments de la police espagnole " Guardia Civil ", française et de la gendarmerie nationale sénégalais. Un tels dispositif déployé en Afrique de l’Oouest et particulièrement au Sénégal depuis 2017 avec tout ce qu’il compte comme moyens de dissuasion, de contrôle voire de répression entretenu par un budget faramineux et d’une armée propre composée de milliers d’hommes étrangers à celle du Sénégal dans un tout proche avenir, ne constituent ‘il pas en lui-même la source de tous les risques imaginables ?

      Le programme des journées d’action

      Le renforcement du contrôle aux frontières (mer, terrestre, aérienne) au Sénégal et entre les états de la CEDEAO à travers le système MIDAS (Migration Information and Data Système) spécialisé dans le partage des informations sur la surveillance territoriale à travers des données biométriques initié par l’organisation internationale pour les migrants (OIM) ne saurait etre sans conséquences sur la liberté de circulation, que beaucoup de pays ne font pas partis et le déploiement des garde-côtes nourrissent les débats dans le cercle de la société civile active dans la question du droit à la mobilité des personnes. Cette logique n’a pas laissé indifférent le gouvernement du Sénégal en le poussant à restructurer des ministères et mettre en place des institutions de défense et de promotion des humains tels que le ministère de la justice, la commission nationale des droits des hommes qui bafouent chaque jours les droits des citoyens sénégalais.

      Projection de films à Keur Massa

      Si nous avons inscrit dans notre agenda la question de la libre circulation dans l’espace CEDEAO, ce n’est nullement un fait de hasard. BOZA FII interpelle les consciences de tous les mouvements et les forces vives qui militent pour un monde juste et respectueux des valeurs humains telles que contenues dans les instruments de protection et de la valorisation de l’êtres humains (Loi n°1981/47 du 2 juillet 1981 au Sénégal, la charte africaine des droits de l’homme, les textes de la CEDEAO, le droit à la libre circulation article 12.1, le principe respect de l’égalité dans la procédure d’expulsion article 12.4, l’interdiction de l’expulsion collective non-nationaux article 12.5, de l’Union africaine, de la déclaration universelle des droits de l’homme, et bien d’autres). En dépit de l’existence de tout cet arsenal juridique et institutionnel, au mois de juillet le Sénégal refoule illégalement des ressortissants guinéens. Ce pendant les activités de Frontex au Sénégal impactent depuis des années par un certain nombre de constats qui mettent à rude épreuve la liberté de circulation des personnes à l’intérieure du Sénégal, de ses frontières de manières générale. Les départs au Sénégal vers le nord via le Sahara et par la mer sont une parfaite illustration et les événements du 24 juin 2022 dans les enclaves de Melilla constituent une alerte sans précédent, celle du 14 juin 2023 dans les eaux du Grèce et récemment les naufrages répétitifs du mois de juillet au Sénégal.

      A partir de 2022 pèse la menace d’un accord entre l’Union européenne et la République du Sénégal qui permettrait à l’agence européenne de surveillance des frontières, Frontex, de s’implanter définitivement dans le pays. Il s’agit d’une avancée importante dans le processus d’externalisation des frontières par la Forteresse Europe, qui concernerait pour la première fois un pays non frontalier. Le premier pas dans cette direction a été fait en février 2022 quand, lors d’une visite à Dakar, YIVA JOHANSON Commissaire européenne chargée des Affaires intérieures, a proposé le déploiement au Sénégal de Frontex pour contrôler le « trafic d’êtres humains » par les embarcations qui partent vers les Canaries. Dans sa déclaration elle affirme qu’avec l’accord du gouvernement sénégalais, l’agence pourrait envoyer des équipements de surveillance des frontières telles que des drones, des navires, et même du personnel frontex pour lutter contre les départs du Sahel.

      Liste des morts aux frontières

      Mais d’après une investigation que nous avons faite frontex a déjà commencé à opérer et exercer sur les côtés Sénégalaises.

      Nous avons questionné quelques personnes qui travaillent dans la marine ainsi que la police Sénégalaise et ils nous ont confirmé qu’il y a des opérations conjointes de Frontex ici.

      Malheureusement rien n’est écrit dans les médias locaux et même dans les plates-formes de communication du gouvernement.

      Frontex est présent au Sénégal (comme en Mauritanie) depuis presque vingt ans. Le 20 juin 2006 Frontex a communique à Madrid le début de l’opération Héra, qui a démarré en juillet de la même année. Sous la coordination de la Guardia Civil et de la Policia Nacional espagnoles, Héra a permis à Frontex de commencer à patrouiller et opérer dans les zones maritimes sénégalaises (comme du Cap-Vert et de la Mauritanie). Initialement, l’opération Héra I, qui avait un budget de 370.000 euros, visait simplement à identifier les départs au Sénégal en 2006 Barça ou Barzahk* et la nationalité des personnes arrivant en Espagne pour en faciliter les expulsions par des vols collectifs. C’est avec Héra II que la police frontalière a tôt amplifié son pouvoir : L’opération s’est dotée pour la première fois de 3 bateaux, un hélicoptère et deux avions, pour un budget bien plus significatif de 3.2 millions d’euros. C’est par cette manière qu’après sa création en 2004, Frontex s’est configuré et consolidé comme acteur qui, même en dehors de l’Europe, identifie, bloque, emprisonne et déporte les personnes qui cherchent à rejoindre l’Europe par la route atlantique. A l’époque, la France et l’Espagne avaient permis l’insertion de Frontex sur le sol sénégalais en s’offrant de l’héberger au niveau logistique dans les structures militaires françaises à Dakar.

      En 2017, Frontex a lancé le projet AFIC (Communauté du renseignement Afrique-Frontex) en 8 pays africains : Cote d’Ivoire, Gambie, Ghana, Mauritanie, Niger, Nigeria, Sénégal et Togo. Maintenant ce réseau compte la participation de 29 pays africains. Sous prétexte de « collecter et d’analyser des données sur la criminalité transfrontalière et soutenir les autorités impliquées dans la gestion des frontières. En 2019 au port de Dakar, dans le siège du Commissariat spécial de police du port de Dakar, frontex et le gouvernement du Sénégal ont inaugurés la cellule d’analyse des risques qui est censée collecter des données stratégiques pour la gestion de la sécurité des frontières. On sait très bien que les risques dont on parle ne sont pas les morts en mer, mais plutôt le fait que des citoyens africains puissent rejoindre le territoire européen.

      En plus, dès 2020, réside stablement auprès de l’Office de l’Union Européenne à Dakar une liaison officiée de Frontex. Et l’état du Sénégal continue de médiatiser le blocage de départs collectifs en pirogue grâce au dispositif Frontex.

      C’est d’ailleurs sur ces présupposées qu’ils ont mis en place un programme spécifique, qui s’est conclu à Décembre 2022

      Pour revenir à l’actualité, donc, le 7 juin 2022 la Commission européenne a rédigé une « Fiche action sur le Sénégal : renforcement de la coopération avec l’agence Frontex », qui préparait les directives pour négocier l’accord que le Consul d’Europe a soumis à l’Etat du Sénégal pour validation. Ces directives prévoient que les officiers de Frontex seront autorisés à porter des armes et à les utiliser. En outre, on voudrait garantir aux membres du corps de Frontex une immunité totale vis-à-vis de la juridiction pénale et civile de la République du Sénégal. C’est la police coloniale qui revient claire et nette en Afrique. Permettez-nous de vous rappeler certains points essentiels de l’accord avec frontex. Le déploiement de frontex au Sénégal est donc un risque et non une solution pour le pays. En fait, cette installation pourrait également empiéter sur la souveraineté d’un pays et entraînera encore plus de violations des droits des senegalais.

      Le déploiement de Frontex sur la façade maritime pourrait entraver ces libertés professionnelles aux pécheurs sénégalais et du CEDEAO acquises depuis 1979 sous prétexte de lutter contre le trafic de migrants. On peut également dire l’installation de Frontex sur la route du Sahara à partir du Sénégal et de la Mauritanie afin de compléter le contrôle sur les zones territoriales d’Afrique du Nord. Cela semble être une suite logique du cadre opérationnel de la stratégie d’externalisation des frontières de l’Union européenne. Ces mécanismes d’intervention de la part de l’Union européenne ne sont pas nouveaux. La lutte contre la pêche illégale a déjà été utilisée comme prétexte. Les accords entre le Sénégal et l’union Européenne ont substantiellement modifié le modèle de pêche artisanale et ont diminué les captures et les revenus des pêcheurs artisanaux qui représentent 17% de la population active sénégalaise. Ce sont les bateaux de l’Union européenne et de la Chine qui semblent profiter aujourd’hui des ressources de cette côte. Cela pousse de nombreux pêcheurs sénégalais à se rendre en Mauritanie et en Guinée Bissau dans des situations qui entrainent souvent des conflits entre communautés. Il faut se demander comment Frontex, dans ce contexte, pourrait- il intervenir face à ces différents acteurs. Il y a un fort risque de push back contre les pêcheurs artisanaux au motif qu’ils transportent des migrants. On court également le risque que Frontex devienne une sorte de « bras armé » pour les bateaux de pêche de l’Union européenne.

      Commémor’action (prières)

      Depuis 2021, la Guardia Civil espagnole a déployé des navires et des hélicoptères sur les côtes du Sénégal et de la Mauritanie, dans le cadre de l’opération « Hera » mise en place dès 2006 (l’année de la « crise des pirogues ») grâce à des accords de coopération militaire avec les deux pays africains, et en coordination avec Frontex.

      Ainsi nous comptons faire cet événement chaque année au Sénégal jusqu’à l’abolition définitive de Frontex.

      Nous ferons jaillir la lumière, au grand jour que la politique migratoire de Frontex en Afrique et particulièrement au senegal n’est que la face cachée de l’iceberg.

      Cette campagne a pour but de faire comprendre aux populations que l’agence européenne des soi-disant garde-côtes (Frontex) se déploie au Sénégal et de dénoncer comment l’UE collabore avec nos régimes complices tuant les personnes dans la méditerranée et dans les pays de transits."

      *Barça ou Barzahk (Barçelone ou la Mort) était le slogan des migrant*es lors de la « crise des pirogues » de 2006
      https://migration-control.info/fr/blog/journee-daction-a-72h-push-back-frontex

      #commémoraction #commémoration #mémoire #morts_aux_frontières #Dakar

    • OPEN PRESS DEPLOIEMENT DE FONTEX AU SENEGAL

      Boza fii était à sa deuxième édition du Push Back Frontex. Un évènement qui s’est déroulé du 10 au 12 aout à la commune de Dalifort Foirail (Dakar) sous le thème de : Laisser les personnes mourir ou les tuer ne doit pas être un moyen de #dissuasion.
      Au cours de ces 72h, un programme bien défini a été mis en place par l’association Boza fii, dans le cadre de sa lutte contre le déploiement Frontex au Sénégal et les formes d’externalisation des frontières de l’UE. Ce programme a débuté le jeudi 10 aout par une conférence de presse à laquelle la presse nationale et internationale ainsi que beaucoup d’organisation œuvrant pour le respect des droits de l’homme ont été conviés. Lors de cette conférence de presse plusieurs sujets sur la migration ont été abordés, notamment l’agence européenne de gardes-frontières et de gardes côtes FRONTEX. L’ordre du jour était de discuter des questions concernant Frontex et son déploiement au Sénégal et d’apporter des éclaircissements depuis son implantation dans le pays jusqu’à nos jours.

      https://www.youtube.com/watch?v=gwL9FgjDxiM


      #Boza_fii

    • #Commission_LIBE, janvier 2024 :

      Victoire ! Adoption en Commission LIBE du rapport qui récuse le déploiement de Frontex au Sénégal.
      Le Sénégal ne veut pas de cet accord, mais l’UE veut le contraindre pour mener à bien son abject projet d’Europe forteresse. Une nouvelle atteinte grave aux droits des exilé•es.

      https://nitter.cz/DamienCAREME/status/1752763595144757520

  • #High-Altitude_Pseudo-Satellites : A technological assessment report

    Do high-altitude pseudo-satellites, also known as #HAPS, have the potential to enhance law-enforcement operations, border surveillance and communication? Frontex has just released a technological assessment report that tackles these questions.

    Frontex’s research into HAPS

    Frontex is currently leading a research study on HAPS, flying devices mirroring closely the capacity and operability of satellites. While this technology is still in the early stages of development, it represents significant potential uses in the context of surveillance, internal security, and border control.

    As part of the research, the agency has been working on a technological assessment of the platforms. Throughout nine months, the study aimed to explore whether HAPS can potentially be used in law enforcement operations to further enhance existing surveillance, communications, and navigation capabilities.

    What are HAPS?


    HAPS are advanced unmanned flying aircraft systems that operate in the stratosphere at an altitude typically between 18-22 km (59,000-72,000 ft). Given the high altitude, HAPS must withstand harsh stratospheric conditions, such as temperatures falling down to minus 90°C, high solar, UV and cosmic radiation and low atmospheric pressure. While this environment poses an enormous challenge for aircraft engineers, the potential applications and use cases are highly promising not only for commercial operators and service providers, but also for institutional stakeholders, such as security agencies, that would be able to leverage the new technology and its associated applications and services.

    Main findings of the report

    The report looks at the technological readiness, assessing the technology of HAPS as such, but also its potential use to help tackle challenges faced by Frontex and other members of the EU Innovation Hub for Internal Security.

    The authors of the report looked at particular case studies to see how HAPS can be used in such activities as earth observation, telecommunication and navigation, search and rescue missions, remote sensing and operations and provision of ad-hoc telecom and satellite navigation (GNSS).

    The study includes the following elements:

    – an overview of balloons and airships (LTA – lighter-than-air) and with fixed-wing aircraft (HTA - heavier-than-air);
    - an analysis of individual HAPS technologies, including a comparison of the platforms, payload analysis, technological challenges, infrastructure demands, and regulatory barriers.

    Innovation hub platform

    The project is carried out under the EU Innovation Hub for Internal Security, a cross-sectorial EU platform which ensures collaboration between internal security innovation actors, formed by the EU Justice and Home Affairs agencies, European Commission (Directorate-General for Migration and Home Affairs and Directorate-General for Joint Research Centre), the Council General Secretariat and the EU Counter Terrorism Coordinator.

    https://frontex.europa.eu/innovation/eu-research/news-and-events/high-altitude-pseudo-satellites-a-technological-assessment-report-ypR

    Pour télécharger le rapport (#assessment) :
    https://frontex.europa.eu/assets/EUresearchprojects/2023/FX_HAPS_WP2_-_Technological_Assessment_Consolidated.pdf

    #Frontex #frontières #surveillance #technologie #contrôles_frontaliers #Frontex #satellites #stratosphère #EU_Innovation_Hub_for_Internal_Security #lighter-than-air (#LTA) #heavier-than-air (#HTA)

  • [Grossièreté] Allocations familiales : la somme faramineuse détournée en Seine-et-Marne en 2022 - Capital.fr
    https://www.capital.fr/economie-politique/allocations-familiales-la-somme-faramineuse-detournee-en-seine-et-marne-en-2

    Alors que la Caisse d’allocations familiales (CAF) a versé plus de 1,6 milliard d’euros l’année passée, 922 dossiers de fraude ont été montés dans le département, menant sur de nombreuses procédures.

    Le Gouvernement veut lutter de plus en plus contre les fraudes à la Caisse nationale d’allocations familiales (#Cnaf). Car leur nombre ne cesse d’augmenter. En 2022, plus de 351 millions d’euros ont été détournés, contre 309 millions d’euros en 2021. C’est une hausse de 13,5 % en un an. Mais si l’on remonte aux chiffres dix ans en arrière, la hausse est vertigineuse : + 67,6 %. Des départements sont particulièrement concernés, comme la Seine-et-Marne. Et les chiffres ont de quoi donner le tournis dans le département, révèle Le Parisien, car rien qu’en 2022, ce sont plus de 6,5 millions d’euros qui ont été détournés, et 922 dossiers de fraude montés.

    En tout, l’année dernière, la #CAF de Seine-et-Marne a distribué 1,67 milliard d’euros, pour un total de 268.375 allocataires. Les prestations versées concernent le revenu de solidarité active (#RSA), les allocations familiales, la prime d’activité, l’allocation aux adultes handicapés, l’allocation de solidarité aux personnes âgées et l’aide personnalisée au logement. Selon nos confrères, grâce à 24 agents spécialisés dans les fraudes, près de 6.700 pénalités ont été prononcées. Leur montant équivaut à près de 534.000 €. Il y a eu également, selon Le Parisien, 89 dépôts de plainte, 135 avertissements et 693 lettres de mises en garde adressées à des familles.

    À LIRE AUSSI
    APL, RSA, allocations familiales… allez-vous perdre ces aides avec le plan anti-fraude ? [sic]

    Qu’est-ce qui leur était reproché ? Principalement, ce sont des bénéficiaires du RSA qui n’avaient pas déclaré leur activité, ou encore des personnes qui n’indiquent pas percevoir des loyers. D’autres allocataires cachent la présence d’un conjoint à domicile. Pour mener à bien leurs contrôles, les agents récupèrent des données de Pôle emploi ou des services des impôts, ainsi que des documents demandés par la Caisse d’allocations familiales du département [ils récupèrent ce qu’ils ont ? très fort]_. Ils se rendent enfin chez les prétendus bénéficiaires pour vérifier l’exactitude de leur déclaration. Selon Le Parisien, en 2022, plus de 2.200 visites ont été menées.

    Le montant des fraudes augmente encore, puisqu’il était supérieur à 5,4 millions d’euros en 2021. Il existe aussi des fraudes en bande organisée qui sont souvent bien plus préjudiciables pour le département, plus de 100.000 € en général. Fin mai, le ministre des Comptes publics de l’époque, Gabriel Attal, avait présenté son plan contre la fraude sociale. Le but étant de lutter efficacement contre les fraudes de retraités à l’étranger, la fusion des cartes Vitale et d’identité, ou encore l’obligation de vivre neuf mois par an en France. [que je cause pas céfran mais que je suis payé pour défendre mon gouvernement]

    #guerre_aux_pauvres #haro_sur_les_fraudeurs #fraude #vie_maritale #visites_domicilaires #contrôles_CAF

  • EU Commission gifts Egypt patrol boats to become a gatekeeper for migration, following Tunisian model

    The EU Commission wants to conclude a migration defense agreement with Egypt and is upgrading the country’s land and sea borders. However, hardly any refugee boats leave from Egyptian shores for Europe.

    The government in Cairo is to receive two new ships for its coast guard. A corresponding tender worth €23 million was published by the EU Commission in May. This was confirmed by Neighborhood Commissioner Olivér Várhelyi in a response to a question from MEP Özlem Demirel. Accordingly, the funds come from the NDICI fund, which is intended to provide financial support for the EU’s Neighborhood Policy. As a purpose, the Commission states border management and search and rescue operations. Egypt will also receive thermal imaging cameras, satellite tracking systems and other surveillance equipment.

    With the donations, the Commission wants to build Egypt into a new partner in migration defense. In 2021, the government had sent a “list” of border protection equipment to Brussels for this purpose. EU Migration Commissioner Ylva Johansson then traveled to the Egyptian capital to negotiate them, followed by a visit by Commission President Ursula von der Leyen in 2022.

    Before the end of this year, the Commission intends to conclude an “Operational Partnership to Combat People Smuggling” with Egypt. Tunisia recently became the first African country to sign such a deal with the EU. However, this “partnership” violates EU treaties. This is because the Commission should actually have obtained the approval of the 27 member states before concluding the contract with Tunisia.

    Egypt is also upgrading its land borders with EU funds. To this end, the Commission has promised the country a further €87 million – a significant increase on plans from last year, which still envisaged €57 million. For the “protection of refugees, asylum seekers and migrants,” the government in Cairo will receive an extra €23 million.

    In addition, 20 million will be used to take in people who have fled Sudan because of the civil war. Two months ago, however, the Egyptian government drastically tightened conditions for displaced Sudanese, who must now apply for a visa to cross the border. Since then, thousands have been stranded at the border in dire humanitarian conditions, writes the organization Human Rights Watch.

    The Egyptian government continues to oppose the stationing of Frontex in Egypt. As early as 2007, the EU states had commissioned their border agency to negotiate a working agreement with Cairo, but this has not yet come to pass. However, Frontex coordinates “Joint Return Operations” of rejected asylum seekers to Egypt.

    With about 108 million inhabitants, Egypt is one of the EU’s neighbors with the largest population. A third of them are under 24 years old. Many of them seek a better future in Europe and cross the Mediterranean Sea by boat to do so. According to the Commission, the number of these irregular entries into the EU increased sixfold in 2021 compared to the previous year.

    Most border crossings by Egyptian nationals take place in Italy. However, these depart mainly from Libya, the Commission confirms: not even one percent of the crossings started from Egyptian shores, according to the figures. This also applies to refugees from other countries after they have passed through Egypt as a transit country.

    However, the refugee route via Libya is also becoming increasingly closed: In recent years, Egypt has significantly strengthened its military border surveillance to the neighboring country. Refugees are therefore increasingly reliant on aid workers, who are also facing more persecution. The “Law No. 82 on Combating Illegal Migration and Smuggling of Migrants,” enacted in 2016 and strengthened in 2022, allows authorities to take tougher action against any kind of aid to escape.

    Refugees are also criminalized in this way, confirms human rights lawyer Muhammad Al Kashef, who is active in the Alarmphone project and the Abolish Frontex campaign: “Thousands of people have been arrested under Law No. 82 for trying to enter or leave the country irregularly.” Egypt’s poor human rights record is compounded by its new partnership with the EU, Al Kashef told “nd.”

    Not all migration from Egypt is unwanted in Europe. EU states want to benefit from skilled workers from Egypt and facilitate their entry. Egypt is therefore one of the priority countries to be won over for a so-called “Talent Partnership”. The Commission began negotiations on this in June.

    https://digit.site36.net/2023/08/08/eu-commission-gifts-egypt-patrol-boats-to-become-a-gatekeeper-for-migr

    #externalisation #asile #réfugiés #contrôles_frontaliers #frontières #Egypte #accord #gardes-côtes #aide_financière #militarisation_des_frontières #surveillance #matériel #Operational_Partnership_to_Combat_People_Smuggling #partenariat

    #modèle_tunisien

  • Conference on innovative technologies for strengthening the Schengen area

    On 28 March 2023, the European Commission (DG HOME), Frontex and Europol will jointly hold a conference on innovative technologies for strengthening the Schengen area.


    The conference will provide a platform for dialogue between policy decision-makers, senior technology project managers, and strategic industry leaders, essential actors who contribute to making the Schengen area more secure and resilient. The conference will include discussions on the current situation and needs in Member States, selected innovative technology solutions that could strengthen Schengen as well as selected technology use cases relevant for police cooperation within Schengen.

    The conference target participants are ‘chief technology officers’ and lead managers from each Member State’s law enforcement and border guard authorities responsible for border management, security of border regions and internal security related activities, senior policy-makers and EU agencies. With regards to the presentation of innovative technological solutions, a dedicated call for industry participation will be published soon.

    https://www.europol.europa.eu/publications-events/events/conference-innovative-technologies-for-strengthening-schengen-area

    Le rapport est téléchargeable ici:
    Report from the conference on innovative technologies for strengthening the Schengen area

    In March 2023, the European Commission (DG HOME), Frontex and Europol jointly hosted a conference on innovative technologies for strengthening the Schengen area. The event brought together policy makers, senior technology project managers, and strategic industry leaders, essential actors who contribute to making the Schengen area more secure and resilient. The conference included discussions on the current situation and needs in Member States, selected innovative technology solutions that could strengthen Schengen as well as selected technology use cases relevant for police cooperation within Schengen.

    https://frontex.europa.eu/innovation/announcements/report-from-the-conference-on-innovative-technologies-for-strengtheni
    Lien pour télécharger le pdf:
    https://frontex.europa.eu/assets/EUresearchprojects/2023/Conference_on_innovative_technologies_for_Schengen_-_Report.pdf

    #technologie #frontières #Frontex #Europol #conférence #Schengen #UE #EU #commission_européenne #droits #droits_fondamentaux #biométrie #complexe_militaro-industriel #frontières_intérieures #contrôles_frontaliers #interopérabilité #acceptabilité #libre-circulation #Advanced_Passenger_Information (#API) #One-stop-shop_solutions #données #EU_Innovation_Hub_for_Internal_Security #Personal_Identification_system (#PerIS) #migrations #asile #réfugiés #vidéosurveillance #ePolicist_system #IDEMIA #Grant_Detection #OptoPrecision #Airbus_Defense_and_Space #Airbus #border_management #PNR #eu-LISA #European_Innovation_Hub_for_Internal_Security

  • RSA : Elle vit grâce aux aides de la CAF… sur une île paradisiaque !
    https://www.lesecransdeparis.fr/rsa-elle-vit-grace-aux-aides-de-la-caf-sur-une-ile-paradisiaque

    Cette femme a pu profiter d’un train de vie confortable grâce aux fonds versés par la CAF. Cependant, ses fausses déclarations ont finalement été découvertes, mettant fin à sa fraude. Par conséquent, elle devra rembourser les sommes indûment perçues. De plus, les risques de poursuites pénales sont attendus.

    Les failles du système de contrôle des allocations

    Les #fraudes aux aides sociales représentent une perte de plus de deux milliards d’euros pour l’État français chaque année. Malgré les efforts des autorités pour identifier et sanctionner les fraudeurs, certains parviennent toujours à échapper au système de contrôle. Ce qui nous incite à poser des questions sur l’efficacité réelle du système actuellement déployé par la #CAF. Il faut aussi noter que ce cas n’est pas isolé.

    Par ailleurs, les fraudes aux aides sociales peuvent avoir des conséquences néfastes pour les personnes réellement dans le besoin. Cela peut engendrer un climat de suspicion envers les bénéficiaires d’aides. Ce qui n’est décidément pas en faveur des personnes qui dépendent réellement de ces aides sociales. Les #contrôles peuvent par conséquent [wtf !] s’alourdir rendant les procédures longues et difficiles. L’efficacité des politiques publiques en matière d’aides sociales se trouvent aussi critiquées. Ce qui n’avantage toujours pas les bénéficiaires du #RSA ou des aides de la CAF.

    #cépourvotrebien #assistanat #media #pauvres #guerre_aux_pauvres

  • #Michael_Zemmour (économiste) : « Il y a un tel #contrôle sur les allocataires qu’on leur rend la vie impossible »

    Michael Zemmour, économiste et maître de conférences en économie à l’Université Paris 1, était l’invité de BFMTV pour réagir aux chiffres des fraudes fiscale et sociale. La lutte face à ces fraudes a été fixée comme un objectif pour “les 100 jours” annoncés par Emmanuel Macron lors de son allocution. Invité sur BFMTV ce mardi matin, Bruno Le Maire a par ailleurs durci le ton sur la fraude sociale et les personnes qui envoient des aides sociales vers leur pays d’origine.

    https://www.dailymotion.com/video/x8k7mon


    #fraude_fiscale #fact-checking #vidéo #fraude_sociale #fraude_fiscale

    • Lumière sur : Michael Zemmour

      Michael Zemmour, le guerrier de la réforme des retraites qui a débarqué sur la scène avec un esprit aussi affûté qu’une épée de samouraï ! Ce maître de conférences à l’université Paris-I Panthéon-Sorbonne et chercheur à Liepp (Sciences-Po) a laissé sa marque en se battant pour des politiques sociales bien financées. Et il a réussi à le faire en moins de temps qu’il n’en faut pour dire "retraite" !

      Ce passionné d’économie a écrit des bouquins tellement percutants que même les planches de bois ont peur de lui ! Son chef-d’œuvre intitulé « En France, le travail coûte trop cher » est une source d’inspiration pour peut-être chercher à comprendre les mécanismes des enjeux économiques et sociaux du pays.

      Avec une détermination à faire pâlir un militant enragé, Michael Zemmour s’est jeté dans l’arène du débat sur la réforme des retraites, tel un gladiateur du savoir. Ses analyses ont électrisé le public, attirant l’attention des gens qui cherchent désespérément des solutions concrètes. C’est simple, il est aussi incontournable dans les médias que la météo en été !

      Sa capacité à parler de choses compliquées avec autant de clarté que le rire d’un enfant fait de lui un héros du peuple, capable de briser les barrières entre le jargon économique et le langage compréhensible par tous. Michael Zemmour est le Messi des politiques sociales !

      Son moment de gloire a été lorsqu’il a enflammé le micro de France Inter lors d’une entrevue enflammée avec Léa Salamé. Telle une tornade de vérité, il a démoli l’argument bancaire du ministre de l’Économie Bruno Le Maire sur la pension minimale de 1200 euros pour tous les retraités. Michael a sorti sa boule de cristal et a révélé que le nombre de retraités en dessous de ce seuil serait encore plus long qu’un discours de politicien en campagne !

      Cette révélation fracassante a secoué la sphère publique et a ouvert les yeux sur les véritables enjeux des retraites. Et ce n’était que le début ! Grâce à ses analyses éclairées, il a réussi à ébranler les fondations de la réforme proposée, telle une danse endiablée sur les idées fausses du gouvernement.

      Aujourd’hui, Michael Zemmour continue son combat avec le sourire, comme un super-héros engagé, prêt à sauver la France des méandres de l’ignorance économique. Alors, préparez-vous, car avec lui, le futur des politiques sociales s’annonce plus brillant qu’un feu d’artifice du 14 juillet !

      Ps : Vous savez quelle est la différence entre Eric Zemmour et Michael Zemmour ? C’est simple, Eric est tellement obscur que même dans une pièce plongée dans le noir complet, vous ne le verrez toujours pas. Tandis que Michael est tellement brillant qu’il pourrait éclairer une salle entière rien qu’en récitant des chiffres économiques ! Mais bon, chacun son style : l’un préfère se cacher dans l’ombre des controverses, tandis que l’autre brille de mille feux dans le débat public !

      https://twitter.com/RomainMerciere/status/1688109097554436096

  • North Africa a ’testing ground’ for EU surveillance technology

    The EU is outsourcing controversial surveillance technologies to countries in North Africa and the Sahel region with no human rights impact assessments, reports say.

    Controversial surveillance technologies are being outsourced by the European Union to countries in North Africa and the Sahel region with no transparency or regulation, according to two new reports.

    Funding, equipment and training is funnelled to third countries via aid packages, where autocratic governments use the equipment and techniques to surveil the local population.

    Beyond the borders of Europe, the movements of asylum seekers are being policed and eventually used to assess their asylum applications.

    Antonella Napolitano, author of a report for human rights group EuroMed Rights, told Middle East Eye that the implementation of these projects is opaque and lacks proper consideration for the rights of civilians and the protection of their data.

    “There aren’t enough safeguards in those countries. There aren’t data protection laws,” Napolitano said. “I think the paradox here is that border externalisation means furthering instability [in these countries].”

    The complex web of funding projects and the diversity of actors who implement them make the trails of money difficult to track.

    “This enables states to carry out operations with much less transparency, accountability or regulation than would be required of the EU or any EU government,” Napolitano told MEE.

    The deployment of experimental technologies on the border is also largely unregulated.

    While the EU has identified AI regulation as a priority, its Artificial Intelligence Act does not contain any stringent provision for the use of the technologies for border control.

    “It’s creating a two-tiered system,” Napolitano told MEE. “People on the move outside the EU don’t have the same rights by design.”
    Asylum claims

    The surveillance of migrants on the move outside of Europe is also brought to bear back inside Europe.

    A Privacy International report published in May found that five companies were operating GPS tagging of asylum seekers for Britain’s Home Office.

    “It’s been massively expanded in the past couple of years,” Lucie Audibert, legal officer at Privacy International, told MEE.

    Other, less tangible forms of surveillance are also deployed to monitor asylum seekers. “We know, for example, that the Home Office uses social media a lot… to assess the veracity of people’s claims in their immigration applications,” Audibert told MEE.

    According to the reports, surveillance equipment and training is supplied by the EU to third countries under the guise of development aid packages.

    These include the EU Emergency Trust Fund for Africa (EUTF for Africa) and now the Neighbourhood, Development and International Cooperation Instrument.

    The reports cite multiple instances of how these funding instruments served to bolster law enforcement agencies in Algeria, Egypt, Libya and Tunisia, furnishing them with equipment and training that they then used against the local population.

    The EUTF for Africa allocated 15 million euros ($16.5m USD) in funding to these countries to train up a group of “cyber specialists” in online surveillance and data extraction from smart devices.

    A Privacy International investigation into the role of CEPOL, the EU law enforcement training agency, revealed that it had supplied internet surveillance training to members of Algeria’s police force.

    The investigation highlights a potential connection between these tactics, which contravened the EU’s own policies on disinformation, and the wave of online disinformation and censorship driven by pro-regime fake accounts in the aftermath of the 2019 Hirak protests in Algeria.
    A dangerous trend

    For journalist Matthias Monroy, the major development in border surveillance came after the so-called migration crisis of 2015, which fuelled the development of the border surveillance industrial complex.

    Prior to that, Europe’s border agency, Frontex, was wholly dependent on member states to source equipment. But after 2015, the agency could acquire its own.

    “The first thing they did: they published tenders for aircraft, first manned and then unmanned. And both tenders are in the hands of private operators,” Monroy told MEE.

    Frontex’s drones are now manned by the British company Airbus. “The Airbus crew detected the Crotone boat,” Monroy told MEE, referring to a shipwreck off the coast of Crotone, Italy, in February.

    “But everybody said Frontex spotted the boat. No, it was Airbus. It’s very difficult to trace the responsibility, so if this surveillance is given to private operators, who is responsible?”

    Almost 100 people died in the wreck.

    Since 2015, with the expansion of the border surveillance industrial complex, its digitisation and control has been concentrated increasingly in the hands of private actors.

    “I would see this as a trend and I would say it is very dangerous,” Monroy said.

    https://www.middleeasteye.net/news/eu-north-africa-surveillance-technology-testing-ground

    #surveillance #technologie #test #Afrique_du_Nord #Sahel #asile #migrations #réfugiés #frontières #intelligence_artificielle #IA #EU_Emergency_Trust_Fund_for_Africa (#EUTF_for_Africa) #développement #Emergency_Trust_Fund #Algérie #Egypte #Tunisie #Libye #complexe_militaro-industriel #contrôles_frontaliers #Frontex #Airbus #drones #privatisation

    ping @_kg_

    • The (human) cost of Artificial Intelligence and Surveillance technology in migration

      The ethical cost of Artificial Intelligence tools has triggered heated debates in the last few months. From chatbots to image generation software, advocates and detractors have been debating the technological pros and societal cons of the new technology.

      In two new reports, Europe’s Techno-Borders and Artificial Intelligence: The New Frontier of the EU’s Border Externalisation Strategy, EuroMed Rights, Statewatch and independent researcher Antonella Napolitano have investigated the human and financial costs of AI in migration. The reports show how the deployment of AI to manage migration flows actively contribute to the instability of the Middle East and North African region as well as discriminatory border procedures, threatening the right to asylum, the right to leave one’s country, the principle of non-refoulement as well as the rights to privacy and liberty.

      European borders and neighbouring countries have been the stage of decades-long efforts to militarise and securitise the control of migration. Huge sums of public money have been invested to deploy security and defence tools and equipment to curb arrivals towards the EU territory, both via externalisation policies in countries in the Middle East and North Africa and at the EU’s borders themselves. In this strategy of “muscling-up” the borders, technology has played a crucial role.

      EuroMed Rights’ new reports highlight how over the decades, surveillance technology has become a central asset in the EU’s migration policies with serious impacts on fundamental rights and privacy. In Artificial Intelligence: The New Frontier of the EU’s Border Externalisation Strategy we analyse how surveillance technology has been a crucial part of the European policy of externalisation of migration control. When surveillance technologies are deployed with the purpose of anti-smuggling, trafficking or counterterrorism in countries where democracies are fragile or there are authoritarian governments, they can easily end up being used for the repression of civic space and freedom of expression. What is being sold as tools to curb migrant flows, could actually be used to reinforce the security apparatus of repressive governments and fuel instability in the region.

      At the same time, Europe’s Techno-Borders highlights how this security obsession has been applied to the EU’s borders for decades, equipping them with ever-more advanced technologies. This architecture for border surveillance has been continuously expanding in an attempt to detect, deter and repel refugees and migrants. For those who manage to enter, they are biometrically registered and screened against large-scale databases, raising serious concerns on privacy violations, data protection breaches and questions of proportionality.

      Decades of “muscling-up” the EU’s borders keep showing the same thing: military, security, defence tools or technology do not stop migration, they only make it more dangerous and lethal. Nonetheless, the security and surveillance apparatus is only expected to increase: more and more money is being invested to research and develop new tech tools to curb migration, including through Artificial Intelligence.

      In a context that is resistant to public scrutiny and accountability, and where the private military and security sector has a vested interest in expanding the surveillance architecture, it is crucial to keep monitoring and denouncing the use of these technologies, in the struggle for a humane migration policy that puts the right of people on the move at the centre!

      Read our reports here:

      - Artificial Intelligence: the new frontier of the EU’s border externalisation strategy: https://euromedrights.org/wp-content/uploads/2023/07/Euromed_AI-Migration-Report_EN-1.pdf
      - Europe’s Techno-Borders: https://euromedrights.org/wp-content/uploads/2023/07/EuroMed-Rights_Statewatch_Europe-techno-borders_EN-1.pdf

      https://euromedrights.org/publication/the-human-cost-of-artificial-intelligence-and-surveillance-technology
      #rapport #EuroMed_rights

  • « Le contrôle d’identité au faciès est un problème systémique, structurel, institutionnel »

    Dans un entretien au « Monde », l’avocat Slim Ben Achour estime que les contrôles d’identité constituent la « porte d’entrée » des violences policières. Alors qu’il a obtenu plusieurs décisions sur le sujet, en particulier devant la Cour de cassation, il explique pourquoi le droit, et singulièrement la procédure civile, est la clé du succès.

    Près de 14 millions de contrôles d’identité ont lieu chaque année, a indiqué l’Assemblée nationale, le 29 juin 2016, et un jeune Noir ou Arabe a vingt fois plus de risques d’être contrôlé par la police, selon une étude du Défenseur des droits datant de 2017. Les émeutes urbaines sont toutes nées après un contrôle d’identité, et la loi laisse une très grande latitude aux policiers. L’avocat Slim Ben Achour a fait condamner l’Etat à plusieurs reprises pour « faute lourde » et explique au Monde comment il lutte contre ces « contrôles au faciès ».

    Comment en êtes-vous arrivé à batailler contre les contrôles d’identité ?

    En 2005, quand des gamins se révoltaient après la mort de Zyed et Bouna, électrocutés alors qu’ils cherchaient à échapper à un contrôle de police, je me suis dit que j’allais y consacrer une partie de mon temps. C’était un peu un choc pour moi, j’avais fait des études aux Etats-Unis et j’avais touché du doigt l’énorme faiblesse de la compréhension des textes de non-discrimination en France.

    Or, les protocoles utilisés aux Etats-Unis contre les discriminations faites aux Afro-Américains ont été utilisés à Paris par le CNRS : deux sociologues, bons connaisseurs de la police, Fabien Jobard et René Lévy, ont publié une enquête, en 2009, qui portait sur 37 833 personnes. Et il s’est avéré que gare du Nord, par exemple, les Noirs ont 5,6 fois plus de risques d’être contrôlés que les Blancs ; les Maghrébins 5,5 fois. Pour la première fois, le contrôle au faciès était objectivé scientifiquement.

    Des associations de quartier et l’Open Society Justice Initiative sont alors venus me voir, moi qui fais surtout du droit du travail, et, avec Félix de Belloy, un remarquable pénaliste, nous avons monté les premiers dossiers, après un tour de France des quartiers où s’étaient multipliés les contrôles. Le contrôle d’identité est souvent l’interaction qui engendre la violence, les contrôles d’identité ne sont pas perçus comme des violences policières, mais c’en est au moins la porte d’entrée. C’est un rituel d’humiliation, de soumission.

    Pourquoi avoir choisi des procédures civiles ?

    Le pénal est très compliqué, il faut des preuves absolues, difficiles à réunir. A supposer que vous gagniez contre des policiers – ce qui semble impossible en l’état de notre procédure –, le ministre de l’intérieur, quelle que soit sa couleur, dit : « Merci, vous avez identifié les pommes pourries », mais le système n’est en rien remis en cause. Nous sommes donc partis sur des procédures civiles, seules susceptibles d’engager la responsabilité de l’Etat.

    La suite est réservée aux abonnés.

    https://www.lemonde.fr/societe/article/2023/08/01/police-le-controle-d-identite-au-facies-est-un-probleme-systemique-structure

    • Le pénal est très compliqué, il faut des preuves absolues, difficiles à réunir. A supposer que vous gagniez contre des policiers – ce qui semble impossible en l’état de notre procédure –, le ministre de l’intérieur, quelle que soit sa couleur, dit : « Merci, vous avez identifié les pommes pourries », mais le système n’est en rien remis en cause. Nous sommes donc partis sur des procédures civiles, seules susceptibles d’engager la responsabilité de l’Etat. Nous sommes donc partis sur des procédures civiles, seules susceptibles d’engager la responsabilité de l’Etat. (...)

      Que dit la loi ?

      La loi du 27 mai 2008 dit deux choses. Elle admet un « aménagement de la charge de la preuve » : il s’agit d’établir une présomption, pas une preuve, de discrimination. C’est le but des attestations de témoin. On joint au dossier les statistiques de sociologues, il y en a eu vraiment beaucoup : outre l’étude de Jobard et Lévy, l’Agence des droits fondamentaux de l’Union européenne en a produit une en 2010, Human Rights Watch en 2012, l’institut de sondage OpinionWay en 2014, et surtout le Défenseur des droits en 2017.

      C’est ensuite à l’Etat d’apporter la preuve qu’il ne s’agit pas de discrimination, qu’il y a une raison réelle à ces contrôles. Or, l’Etat ne cherche même pas à se justifier, les trois quarts du temps, la hiérarchie ne sait même pas qui sont les policiers ayant fait le contrôle. (...)

      Il s’agit d’imposer une réforme dont les policiers ne veulent pas, c’est-à-dire des #récépissés après chaque contrôle, une traçabilité de ces contrôles sous la surveillance d’une autorité indépendante, une réforme de l’#IGPN, la formation des policiers…

      https://justpaste.it/4qhck

      edit idem pour diverses violences policières, il peut y avoir avantage à saisir le TA car le pénal de donne rien (cf. diverses victoires partielles, indemnisation et non pas condamnation de flics suite à des éborgnements par LBD) poke @ant1

      #police #État
      #contrôles_d'identité :
      – Jobard : https://seenthis.net/messages/1008999#message1009082
      – Blanchard : https://justpaste.it/cj369

      #violences_policières #violences_d'État #racisme #présomption_de_discrimination #droit_civil #droit_pénal #défense_militante

  • Le gouvernement à l’offensive contre les arrêts de travail « de complaisance »
    https://www.lemonde.fr/societe/article/2023/08/01/le-gouvernement-a-l-offensive-contre-les-arrets-de-travail-de-complaisance_6

    Le gouvernement à l’offensive contre les arrêts de travail « de complaisance »

    La volonté de l’exécutif de réguler la recrudescence des dépenses liées aux arrêts maladie est soutenue par des organisations patronales et contestée par les syndicats.

    Par Bertrand Bissuel et Thibaud Métais
    Publié aujourd’hui à 05h35

    Voilà un thème rêvé pour communiquer à la fois sur le sérieux budgétaire et la lutte contre les fraudes. Alors que les dépenses liées aux arrêts de travail s’envolent à un rythme de plus en plus soutenu, le gouvernement cherche à contrer cette évolution, qui pèse sur les comptes de la Caisse nationale de l’assurance-maladie (CNAM). A plusieurs reprises, depuis la fin du mois de mai, les ministres représentant Bercy ont exprimé leur volonté d’agir, à travers des mesures qui, depuis, ont commencé à être mises en œuvre, tandis que d’autres sont envisagées dans le projet de loi de financement de la Sécurité sociale de 2024, dont l’examen au Parlement est prévu à l’automne.

    https://jpst.it/3k07I

    • Puisque travail partout et grève nulle part, il est peut-être temps de s’inspirer de la mobilisation des chtars qui démontre les avantages de la grève dissimulée, de la grève travestie. Syndiqués ou pas, salariés garantis ou pas, pratiquons et incitons à l’arrêt de travail. C’est bon pour la planète. Et, c’est collectivement, par delà les premiers concernés, que la maladie redonne la santé aux travailleurs. On en peut pas seulement compter sur les effets du covid long, ce truc psy pour lequel la GB interdit le don de sang ! Une multiplication significative des arrêts de travail, les plus longs possibles, permettrait à bien des discriminés à l’embauche, à bien des chômeurs et précaires, d’accéder à du salaire, de la prime d’activité, et ensuite d’accéder à une alloc dont plus de la moitié des chômeurs sont privés. Les avantages sont nombreux, pesez-y ! Souvenons-nous par exemple qu’être au travail diminue drastiquement le risque pour arabe ou un noir de se faire lyncher par la police.

      Pour travailler moins, réduire le temps de travail, le partager, du côté des syndicats ou de feu le Mouvement ouvrier, il n’y a plus guère de ressources. Une des options, faute de rente ou d’emploi fictif, c’est d’aller voir chez l’ennemi.

      Un extrait d’une brochure « Maman travaille » réalisée sous l’égide de Schiappa avec des suggestions utiles pour obtenir un arrêt de travail

      Les mères nous montrent le chemin. Dans le répertoire du difficile à contrôler : le mal de dos, la dépression. Pour entrer dans la peau du personnage, on trouve sans mal autour de soi et sur internet des premier.e.s concerné.e.s qui décrivent leur symptômes et les éventuels effets bénéfiques et secondaires de médicaments susceptibles d’être prescrits (c’est un théâtre à accessoires).

      #CNAM #arrêts_de_travail #grève_travestie #Saint-Lundi_everyday #MaladieÉgaleVie #travail #sabotage

    • Le tôlier fait déjà ça. Il préfère voir les gens en arrêt maladie à la maison plutôt que combatifs ou peu productifs au boulot. Et puis de toutes façons il trouvera toujours un remplaçant moins cher. Et chacun bouffe sa merde. La personne en arrêt long, de son côté, tombe à mi-traitement au bout de trois mois et celles que j’ai connues dans cette situation-là n’étaient pas vraiment en meilleur état psychologique, physique et financier qu’en bossant.
      Maintenant, moi je ne porte aucun jugement moral. Si les conditions, comme dirait l’autre, sont réunies pour créer un mouvement de masse solidaire et imposer de cette façon le moyen d’échapper au salariat, je n’y vois aucun inconvénient. Mais j’ai de sérieux doutes sur la chose.

      Et puis, en retraite, je ne suis pas le mieux placé pour avancer ce genre de proposition.

    • de masse, je ne crois pas. les conditions sont rarement réunies pour que, comme dans le cas de l’esprit de corps policier, une minorité significative se fasse arrêter suite à une décision collective. mais dans certains secteurs (éducation au premier chef, mais ça marche pas on voit plutôt des démissions...), ce serait une possibilité. par ailleurs, ayant pratiqué, il existe des mutuelles qui complètent le salaire en cas d’ALD avec baisse de traitement. il est aussi possible de faire de ces moments des périodes bien plus actives que l’emploi. et lorsqu’il n’y a pas de possibilité de lutte dans l’emploi, de lutter ailleurs.

      le souci c’est que la réduction du temps de travail est bien là, organisée par le capital. et que rependre pied sur ce terrain suppose non seulement des revendications générales (celle d’une garantie de revenu, c’est à dire dune réduction du temps de travail qui soit payée, revendication d’ailleurs passée à la trappe depuis les défaites des mouvements de précaires, 25 ans maintenant, si on excepte le rebond de le la lutte des intermittents et précaires en 2003, depuis, on les préserves à part afin d’éviter toute généralisation...) mais aussi des pratiques qui mettent en oeuvre des formes de rotation quant à ce « bien rare » qu’est l’emploi-salaire. par exemple d’inciter les précaires à ne pas s’employer plus que ce qui est nécessaire à une ouverture de droit (laisser de l’emploi aux autres), et les « garantis » à chômer.

      nb au chômage, on n’échappe pas au salariat, on y est dans une situation particulière qui a une portée générale : précarité de l’emploi, contrôle par delà l’entreprise

    • L’Assurance Maladie dévoile un plan pour réduire les dépenses de santé de 1,3 milliard d’euros, 4 juillet 2023
      https://www.caducee.net/actualite-medicale/16163/l-assurance-maladie-devoile-un-plan-pour-reduire-les-depenses-de-sante-de-1

      Les arrêts maladie et leurs prescripteurs dans le viseur

      Avec 16 milliards d’euros en valeur, les arrêts maladie ont bondi de 8 % en 2023 et représentent pour la CNAM un vivier d’économie important. Le nombre d’arrêts maladie a augmenté de manière significative au cours des dernières années, passant de 6,4 millions en 2012 à près de 9 millions en 2022. Cette augmentation peut être attribuée à plusieurs facteurs, notamment l’augmentation des salaires, l’inflation et le #vieillissement de la population. L’assurance maladie pointe également une augmentation de leur durée ainsi qu’une augmentation du taux de recours aux indemnités journalières.

      Pour réduire les dépenses liées aux arrêts maladie, le gouvernement envisage d’impliquer davantage les employeurs, d’ajouter un jour de carence et de renforcer les contrôles au niveau des prescripteurs.

      De son côté la CNAM a lancé une vaste campagne de #contrôles des arrêts de travails auprès des #médecins_généralistes les mettant ainsi à l’index et leur imposant une pression comptable sur des prescriptions qui sont dans leur large majorité complètement justifiées.

      « Une campagne à visée comptable fondée sur l’intimidation des professionnels de santé »

      La Dr Agnès GIANNOTTI, présidente de MG France s’est ému de cette situation dans une lettre ouverte à la population soulignant le désinvestissement progressif de la CNAM et de l’état dans la santé des Français.

      Pour elle l’augmentation des arrêts maladie s’explique d’abord par le mauvais état de santé de la population.

      La proportion de pathologies psychiques a connu une augmentation notable, reconnue par l’UNCAM dans sa lettre de cadrage de la convention médicale, soulignant l’augmentation des consultations pour #souffrance_psychique en médecine générale. Les #troubles_musculo-squelettiques, souvent liés à des emplois physiques, rendent le maintien en poste de plus en plus difficile à partir de 55 ans, tandis que parallèlement, le nombre de trimestres nécessaires pour bénéficier d’une retraite décente a augmenté. Sans oublier ces patients qui attendent pendant de longs mois un traitement chirurgical ou de rééducation, faute de disponibilité ou de rendez-vous. Il ne s’agit en aucun cas d’arrêts de travail de complaisance ou d’absentéisme. [quant aux #covid_long, n’en parlons surtout pas, soit on se fait arrêter sous couvert dun des symptômes, soit c’est au cas par cas que mon peut, ou pas, obtenir l’ALD correstpndante]

      En outre, l’expansion des plateformes de #téléconsultation, soutenues par l’État comme en témoigne leur accessibilité directe via Mon espace santé, et la volonté déclarée d’éliminer le plafond de 20 % de téléconsultations par médecin ont conduit à une hausse inquiétante des arrêts maladie [ce qui serait chouette si cela se conjuguait avec une baisse des prescriptions inutiles ou nuisibles]. En l’absence de possibilité d’interdire le remboursement de ces arrêts de travail prescrits via ces plateformes — une mesure qui pénaliserait les utilisateurs plutôt que de réguler l’utilisation des dispositifs conventionnels par ces structures — l’Assurance Maladie a déplacé ces contrôles vers les médecins généralistes, menaçant 30 % d’entre eux.

      « Que l’on ne s’y méprenne pas, si seuls 2 % des médecins seront in fine sanctionnés, contrôler 30 % des médecins aura évidemment un effet sur les comportements de prescription d’IJ. Excepté les 2 % de comportements jugés déviants, les 28 % des professionnels contrôlés auront une tendance, consciemment ou non, à prescrire moins d’arrêts de travail, y compris lorsqu’ils sont indiqués. Voici le principal objectif de cette vague de contrôle : une campagne à visée comptable fondée sur l’intimidation des professionnels de santé. »

      de plus, les critères d’évaluation des toubibs font grosso modo litière de tout contexte social, n’arrivent pas en tenir compte : un cabinet dont les clients sont pour beaucoup des prolo.tes, pour les TMS et autres soucis liés à la dureté du taf, aux conditions de travail, c’est pas la même et on les contrôle depuis des moyennes, en leur demandant de s’y conformer sou peine sanctions.

      #destructivité_capitaliste #management

    • Les FDO n’ont pas droit de grève c’est la raison pour laquelle ces agents du service public ont recours aux arrêts de travail, avec la complaisance des autorités, comme on l’a vu (puis tout est rentré dans l’ordre).

      Ceci dit, vu l’absence généralisée d’un utilisation offensive du droit de grève dans ce pays, il est probable qu’on en arrive un jour à la suppression effective du droit de grève dans le code du travail (ça se met déjà en place petit à petit, avec les services minimum et les réquisitions) et alors on en viendra peut-être à imiter les flics pour se faire entendre, parce qu’on n’aura, comme eux, pas d’autre choix. Est-il nécessaire de préciser qu’il n’est souhaitable d’en arriver là ?

      Puisque tu l’évoques, quand je bossais, on s’était battu pour que l’employeur prenne en charge la prévoyance (qui permet de couvrir un peu au-delà des 3 mois), au moins la couverture de base (85 % du salaire sans les primes, ce qui n’est vraiment pas terrible pour un SMIC). On avait obtenu cette couverture mais il fallait que ce soit les salariés qui fasse la démarche de s’inscrire auprès de la mutuelle. On avait informé les collègues et on avait demandé et obtenu que l’employeur distribue avec la paie une information sur la procédure d’inscription. C’est désespérant mais dis-toi bien que plus de la moitié des agents ne s’étaient pas inscrits et, comme par hasard, beaucoup des personnes qui nous ont contacté qui en auraient eu besoin n’étaient pas couverts et il n’était pas toujours possible de souscrire après coup (délais).

      C’est là qu’on se prend en plein dans la gueule le décalage entre le projet (ce qu’on s’imagine) et le réel.

      Bref, c’est là où souvent j’ai vu des personnes, pourtant avec un revenu modeste, mais garanti, qui peuvent décrocher socialement très vite parce qu’elles ne peuvent plus travailler (physiquement) et qu’elles ne pourront plus travailler car aucun reclassement n’est accessible.

      Sinon, sur le fond, encore une fois : je n’ai pas de religion. Si de nouvelles modalités de luttes sociales qui permettent d’inverser le rapport de force, à défaut de vraiment de foutre en l’air ce système, émergent, telles que ce que tu évoques (qui me font un peu penser à ce qui se disait dans l’autonomie italienne des années 70), alors je n’y vois que du positif. Mais bon, je ne suis pas vraiment optimiste.

      Je n’ai pas voulu dire qu’au chômage on échappe au salariat. J’ai aussi été chômeur ;-)
      De même, j’ai compris très tôt que personne n’échappe à l’emprise du capitalisme, que l’on soit ou non salarié.

      Je voulais juste signifier que l’objectif, en tout cas pour ce qui me concerne, reste toujours d’anéantir l’économie capitaliste pour construire une société sans classes et sans salariat ; et que si les pratiques de résistance sociale que tu évoques se mettent effectivement en place, cela signifiera alors probablement qu’on sera arrivé à un niveau de conscience individuelle et collective correspondant au moins à une remise en cause du salariat, si ce n’est de la « catégorie » travail.

      Autant dire que je pense qu’on en est très loin mais j’espère me tromper : )

    • [Les médecins contestent la « surprescription »] Arrêts maladie : le gouvernement tente de freiner les dépenses, les médecins contestent la méthode https://www.lemonde.fr/societe/article/2023/08/01/arrets-maladie-le-gouvernement-tente-de-freiner-les-depenses-les-medecins-co

      Les généralistes jugés trop prompts à délivrer des arrêts font l’objet d’une procédure de l’Assurance-maladie

      Ya-t-il de plus en plus d’arrêts maladie prescrits ? Bon nombre de médecins répondent par l’affirmative. Mais y en a-t-il « trop » ? La question leur semble mal posée, quand bien même elle renvoie au constat chiffré avancé, récemment encore, par l’Assurance-maladie : les dépenses d’indemnités journalières, hors Covid-19, ont bondi de 8,2 % en 2022 pour atteindre 13,5 milliards d’euros (hors maternité) ; une hausse « au-dessus de la dynamique » d’avant la pandémie, a averti l’instance dans son rapport « Charges et produits » divulgué à la fin du mois de juin et qui, comme tous les ans, fixe certaines des tendances qui se retrouveront dans le projet de loi de financement de la Sécurité sociale, débattu à l’automne.

      Cette année, peu de suspense : tailler dans les dépenses de santé, notamment en luttant contre l’augmentation des arrêts maladie, figure parmi les leviers d’économies identifiés pour redresser les comptes publics. Un moyen, parmi d’autres, qui, selon les autorités, permettrait de réduire de 250 millions d’euros, en 2024, le déficit de l’Assurance-maladie.

      Sauf que l’équation ne convainc pas les médecins libéraux, priés de lutter contre la « surprescription » des arrêts maladie : « Se contenter d’un tableau chiffré, c’est passer à côté de l’enjeu véritable », fait valoir Agnès Giannotti, présidente de MG France, premier syndicat de généralistes, en rappelant que trois ans de crise sanitaire ont eu un impact sur la santé des Français. « En demandant aux collègues supposés “trop” prescripteurs d’en faire “moins”, on veut casser le thermomètre, dit-elle, mais ça ne fera pas disparaître le mal.Si les statistiques s’emballent, c’est qu’il y a des raisons ! »

      « Pas de baguette magique »
      Un discours qui résonne sur le terrain. « Les autorités invoquent des chiffres, des dépenses, le budget, alors que l’on parle, nous, de patients, de souffrance, de soins… On frise le dialogue de sourds », souligne le docteur D., récemment installé dans la métropole lyonnaise – il a requis l’anonymat, comme tous les médecins ayant accepté de témoigner.

      Ce jeune généraliste est, depuis peu, concerné par une procédure dite de « mise sous objectif » : sa caisse primaire l’a contacté, en juin, pour lui notifier un objectif de diminution de ses prescriptions d’arrêt maladie, dont le nombre a été jugé supérieur à celui de médecins exerçant dans des conditions comparables. Un « correctif » à concrétiser sur six mois sauf à s’exposer à une amende. Une « douche froide », dit-il.

      A la mi-juillet, il est allé s’en expliquer auprès des médecins-conseils de sa caisse. Un rendez-vous « sur un ton bienveillant », concède-t-il, mais dont il est sorti « avec plus de questions que de réponses ». « J’ai défendu ma position : oui, mes chiffres sont élevés, mais je travaille dans un bassin de population précaire avec beaucoup d’actifs – et peu de retraités – usés par des métiers difficiles. Beaucoup souffrent de troubles musculo-squelettiques, d’arthrose, de tendinites, quand ce ne sont pas des troubles anxieux, des dépressions… » Les « arrêter », affirme-t-il, ce n’est pas seulement leur permettre de « souffler » : la décision « rejoint » la problématique de l’accès aux soins. « Pour pouvoir passer une IRM, ici, les délais sont très longs. Même chose pour obtenir un rendez-vous chez un psy. En attendant, je leur propose quoi, à mes patients ? D’aller travailler pliés en deux ? Je veux bien réfléchir à ma pratique, conclut-il, mais je n’ai pas de baguette magique. »

      Ils sont un millier de médecins, soit 1,5 % environ, à être concernés par cette procédure de contrôle déclenchée par l’Assurance-maladie. S’y ajoute une frange se situant dans la tranche de prescription immédiatement supérieure : à eux, les caisses promettent des « entretiens confraternels » avec des médecins-conseils. Troisième public : des généralistes et des psychiatres qui délivrent des arrêts en lien avec la santé mentale. Eux auront droit à des échanges ou à une visite de délégués de l’Assurance-maladie.

      Les syndicats ont fait leurs calculs : 1 000 médecins « sous objectif », 5 000 contactés pour un entretien d’alerte, 15 000 auxquels seront proposés des rendez-vous à la rentrée… Cela représente, selon eux, près d’un tiers de la profession. L’Assurance-maladie défend un plan d’action « gradué » visant une « minorité de dérives » : « Nous sommes d’abord dans l’accompagnement et la pédagogie. Mais ça n’exclut évidemment pas le contrôle, voire la sanction, si c’est justifié », soutient son directeur général, Thomas Fatôme.

      Sans calmer l’émotion des intéressés, relayée dans les rangs syndicaux où l’on dénonce « harcèlement » et « délit statistique ». « Il peut y avoir des abus, sans doute, mais l’immense majorité des collègues font bien le boulot, s’énerve le docteur Jérôme Marty, de l’Union française pour une médecine libre. Ce n’est pas comme ça que l’on remplira les tiroirs-caisses de l’Etat. » L’ordre des médecins s’est ému du discours ambiant, regrettant qu’il « jette la suspicion sur le comportement des médecins ».

      D’une même voix, les syndicats ont appelé les professionnels concernés à rejeter la procédure. De fait, en cas de refus ou d’échec, la « mise sous objectif » peut aboutir à une « mise sous accord préalable » des prescriptions, un dispositif coûteux en temps et en agents pour les caisses. Une façon de « jouer la montre ». Certains généralistes, après entretien, disent avoir vu la procédure non confirmée ou abandonnée. D’autres espèrent un retour pour le début d’août. « En attendant, témoigne la docteure R., généraliste dans le Sud, j’ai averti certains de mes patients, notamment ceux en arrêt long : s’ils veulent un renouvellement, en septembre,qu’ils se tournent vers la médecine du travail ! »

      Ce plan d’action de l’Assurance-maladie ne part pas de rien, rappelle le docteur Marcel Garrigou-Grandchamp, qui, en tant que responsable de la cellule juridique de la Fédération des médecins de France, apporte une assistance aux praticiens qui le saisissent. « Nous sommes aujourd’hui saturés de demandes, rapporte-t-il. Il y a eu une précédente grosse campagne en 2015 ; nous n’avions pas hésité, à l’époque, à saisir les tribunaux administratifs. Le sujet revient en réalité tous les ans, mais c’est une action d’une ampleur inédite qui vient d’être lancée et, après l’échec de la convention médicale et des négociations tarifaires, c’est la goutte d’eau… »

      « Je suis dans le rouge »
      Une enquête diffusée, le 24 juillet, par l’Union régionale des professionnels de santé (URPS) des médecins libéraux d’Ile-de-France à partir de 973 témoignages permet de verser d’autres chiffres aux débats : la moitié des répondants disent avoir constaté une augmentation des prescriptions d’arrêt, le premier motif correspondant à des troubles anxio-dépressifs. Ils déclarent aussi recevoir très peu de demandes injustifiées ; mais ils sont près d’un tiers (31 %) à avoir déjà subi des menaces ou des pressions de patients sur ce motif. « C’est un sujet systémique, note la docteure Valérie Briole, présidente de l’organisation. Dans une situation globale de pénurie de médecins et de demande de soins croissante, une pression supplémentaire exercée sur les collègues en exercice n’est pas logique. »

      La docteure F., vingt ans de métier en Ile-de-France, en sait quelque chose. Elle aussi a reçu, il y a quelques semaines, un « coup de fil » puis un courrier l’informant de sa possible mise sous objectif. Elle aussi est allée à sa caisse s’en expliquer. Et en reste « très marquée ». « D’un point de vue statistique, je suis dans le rouge… Mais je n’ai pas le sentiment d’avoir dérivé ou d’être complaisante. Croyez-moi : pour les patients, ce n’est pas évident de se retrouver en arrêt, la plupart y perdent financièrement ». Des « demandes abusives », elle en a « quelques-unes » en tête, une seule de récente, pour près de 2 000 patients dont elle est la médecin référente, « et je refuse catégoriquement, tient-elle à souligner. Faire des économies sur ce dossier, vu l’état de santé des patients, vu aussi l’état des médecins, je ne crois pas que ce soit possible », conclut-elle, pessimiste.

      Sauf, peut-être, à contrôler davantage les arrêts prescrits en téléconsultation, une possibilité offerte du temps du Covid-19 et qui s’est beaucoup développée. Le Conseil constitutionnel avait retoqué, en 2022, une mesure en ce sens inscrite dans le budget de la « Sécu ». On peut s’attendre à ce que le débat rebondisse, à la rentrée, à l’Assemblée nationale.

      Dans l’enquête de l’URPS, d’autres pistes sont avancées par les praticiens : concernant les arrêts de moins de quatre jours, plus de sept répondants sur dix seraient favorables à la suppression de l’obligation de prescription. Et neuf sur dix, pour les arrêts de longue durée, accueilleraient favorablement une « alternative », comme un télétravail aménagé.

    • Le terme « de niveau de conscience », tel que je l’ai utilisé, est plutôt un clin d’œil parodique en référence aux mantras gauchistes (quand les conditions subjectives, etc.).
      Pour moi, le « niveau de conscience » pris dans ce sens étroit - idéologique - serait plutôt une figure repoussoir qu’autre chose. Désolé du contresens !
      Pour autant, je ne suis pas du tout cynique et mon propos n’était pas totalement ironique : « niveau de conscience », une fois débarrassé de ses pré-supposés idéologiques, c’est ce qui permet d’interpréter subjectivement, de façon individuelle ou collective, les rapports sociaux (et donc politiques) et les pratiques ordinaires : en bref, le collectif. C’est ce qui me reste pour évaluer où j’en suis avec les gens que je côtoie pour organiser|participer à des actions directes de lutte. C’est en fait, la seule chose qui me semble déterminante aujourd’hui dans une perspective révolutionnaire.
      Pour en revenir à notre sujet : je ne peux donc pas tout simplement imaginer des actions concrètes et collectives organisées autour des pratiques que tu évoques parce que je ne suis plus du tout raccordé à cette réalité (au sens matérialiste) et que j’ai du mal à voir concrètement ce qui pourrait s’organiser, en dehors des pratiques individuelles de survie (que j’ai moi-même pratiquées dans un autre temps et auxquelles j’ai assisté pour d’autres personnes).
      Même si ces pratiques existent, nous sommes collectivement vraiment très très loin du niveau d’engagement ou de confrontation requis pour que ça puisse avoir un effet significatif à l’échelle de la société. Il faudrait probablement que quelque chose de qualitatif et quantitatif - appelons-ça conscience - soit profondément modifié à partir des pratiques sociales pour qu’elles puissent engendrer un rapport de force politique.

      Donc la conscience c’est fondamentalement construit sur des pratiques sociales et non l’inverse, là dessus je suis totalement OK !

    • Ceci dit, ton article du Monde confirme qu’il y aura probablement un clash autour de la question de la santé au travail - arbre des arrêts maladie cachant la forêt de la souffrance au travail - qui peut déboucher sur de nouvelles situations et pratiques sociales ...

      J’ai malheureusement les pires inquiétudes sur les capacités actuelles d’auto-organisation combatives dans le monde du travail ; quant aux syndicats... ce n’est même pas la peine d’en parler.

  • « 4,88 milliards de personnes dans le monde sont actives sur les réseaux sociaux » ; « 60,6% de la population mondiale surfent sur les réseaux sociaux » ; « En France, 80,5% de la population est active sur les réseaux sociaux »...

    https://www.24matins.fr/488-milliards-de-personnes-dans-le-monde-sont-actives-sur-les-reseaux-socia

    Et, tiens, bizarrement, la société n’en continue pas moins de s’enfoncer dans la barbarie...

    Et si la solution était ailleurs ? :)

    #réseaux_sociaux #diversion #contrôle_social

  • Mort de #Nahel  : IL EST URGENT DE MENER UNE VÉRITABLE #RÉFORME DU #MAINTIEN_DE_L’ORDRE

    Nahel est mort. Il a été tué à bout portant par un policier. Il avait 17 ans. Nous publions une analyse du contexte dans lequel sa mort s’inscrit. Nous appelons à la justice, mais aussi à une révision des règles d’utilisation des armes à feu par la police et à la fin du racisme systémique dans l’application des lois.

    Mardi 27 juin 2023, à 8h 15. Un policier tue par balle Nahel, un mineur de 17 ans, lors d’un contrôle routier à Nanterre, en banlieue parisienne. Dans la voiture se trouvent deux autres garçons âgés de 17 et 14 ans. Deux jours plus tard, le policier auteur du tir mortel est mis en examen pour «  homicide volontaire par une personne dépositaire de l’autorité publique  ». Maintenu en détention provisoire, il fait actuellement l’objet d’une enquête officielle de l’Inspection générale de la police (IGPN).

    D’après la vidéo rendue publique et que nous avons analysée, le tir semble constituer un recours illégal à la force meurtrière.

    Depuis ce nouveau drame, des mobilisations nationales sont organisées partout en France. La colère de la population doit être entendue.

    Il est urgent de mener une véritable réforme du maintien de l’ordre et de reconnaître enfin le racisme systémique dans l’application de la loi.
    Ce que nous dénonçons  :

    les règles actuelles du maintien de l’ordre en France ne sont pas conformes aux normes internationales  ;

    l’incapacité de longue date à mettre fin au profilage racial  ;

    l’incapacité à garantir la responsabilité des agents qui font un usage excessif de la force.
    Ce que nous demandons :

    une réforme complète des règles régissant l’utilisation des armes à feu et de la force meurtrière par les responsables de l’application des lois  ;

    la fin du dangereux déni des autorités concernant les effets du racisme systémique dans le maintien de l’ordre  ;

    la création d’un organisme indépendant chargé d’enquêter sur les plaintes déposées contre des agents des forces de l’ordre.

    Combien de Nahel n’ont pas été filmés  ?

    Combien de policiers n’ont pas été jugés  ?

    Combien de familles de victimes attendent encore justice  ?

    Les autorités françaises ne peuvent plus délibérément refuser d’admettre la réalité et laisser couver ces injustices.Il est urgent que le gouvernement agisse. Pour ne pas condamner la France à voir les mêmes drames se reproduire.

    Contrôles routiers   : un problème de longue date

    Les tirs mortels, lors de contrôles routiers par la police, sont un problème de longue date. Il s’est aggravé ces dernières années.

    Le tir mortel d’un policier sur Nahel - le plus récent d’une longue série d’homicides illégaux commis par la police lors de contrôles routiers - souligne l’urgence d’une refonte totale des règles françaises régissant l’utilisation des armes à feu par les responsables de l’application des lois, qui sont dangereusement imprécises et permissives.

    Nils Muižnieks, directeur régional Europe d’Amnesty International

    En 2017, un article ajouté au Code de la sécurité intérieure a élargi les motifs d’utilisation des armes à feu. Si le recours à la force doit répondre à une «  absolue nécessité  » et à «  une stricte proportionnalité  », l’usage des armes à feu et de la force meurtrière n’est plus strictement limité aux seuls cas de «  menace imminente de mort  » ou «  de blessure grave  ». Il est autorisé dès lors qu’il existe un risque "présumé" ou "anticipé" de blesser d’autres personnes.

    Cette formulation, trop vague, laisse une trop grande part d’arbitraire et de liberté d’appréciation aux policiers et est contraire au droit international relatif aux droits humains. L’homicide de Nahel est un exemple tragique des failles de ce cadre juridique. La vidéo montre clairement que l’avancée du véhicule ne constituait pas une menace pour les policiers.

    Le jour de la mort de Nahel, la député Caroline Abadie, vice-présidente de la Commission des lois de l’Assemblée nationale, a déclaré dans une interview  : «  C’est quand même la police qui détient le droit de faire usage de la force. […] On est dans un état de droit, il faut […] rappeler les fondamentaux, quand il y a un barrage de police, on s’arrête, point barre […] Il faut aussi rappeler ces principes basiques17.  » Ce raisonnement, largement répandu, est erroné.

    Selon le droit international, le simple fait qu’une personne refuse d’obtempérer ou tente de s’enfuir, sans mettre en danger la vie de quiconque, n’est pas une raison suffisante pour utiliser une arme à feu. Un refus d’obtempérer à un ordre d’arrêter une voiture ne constitue pas en soi un motif légitime de recours à la force.  L’usage d’une arme à feu dans une telle situation ne peut être justifié que par des considérations autres que le simple fait qu’un véhicule a forcé un poste de contrôle  : il doit y avoir une menace imminente de mort ou de blessure grave pour des tiers.

    👉 Ce que nous dénonçons.

    Le cadre juridique français sur les règles d’utilisation des armes à feu n’est pas conforme au droit international relatif aux droits humains ni aux normes internationales en la matière. 
    👉 Ce que nous demandons.

    Les responsables de l’application des lois ne doivent être autorisés à utiliser leurs armes à feu qu’en dernier recours, en situation de légitime défense ou pour défendre des tiers contre une menace imminente de mort ou de blessure grave. 

    Le poids du racisme systémique

    Si les autorités doivent revoir la politique générale de la police en matière d’utilisation des armes à feu, elles doivent aussi prendre des mesures significatives pour lutter contre le racisme systémique dans le maintien de l’ordre.

    En France, l’utilisation illégale des armes à feu dans le contexte de contrôles routiers semble en effet être associée à un préjugé raciste, puisque beaucoup des victimes d’homicides illégaux survenus dans ce contexte sont des personnes racisées. Selon l’agence de presse Reuters, la majorité des personnes tuées par la police dans un véhicule étaient racisées. Nahel était lui-même français d’origine algérienne. 

    En 2021, avec une coalition d’organisations (la Maison communautaire pour un développement solidaire, Pazapas, le Réseau Égalité, Antidiscrimination, Justice interdisciplinaire, Human Rights Watch et Open Society Justice Initiative) nous avons engagé une action de groupe contre l’État français pour son inaction depuis des années. Nous avons saisi la plus haute juridiction administrative française, reprochant aux autorités de ne pas avoir pris les mesures nécessaires pour empêcher et sanctionner les contrôles d’identité au faciès menés par la police, malgré des preuves accablantes faisant état de discrimination systémique. 

    Les pratiques de contrôle au faciès ne naissent pas de rien.

    Le profilage racial est à la fois une cause et une conséquence du racisme systémique. De telles pratiques n’existent pas dans un contexte vierge et leur prévalence en France peut être considérée comme un reflet de la persistance d’un racisme sociétal systémique.

    TendayiAchiume,Ex-rapporteuse spéciale sur les formes contemporaines de racisme, de discrimination raciale, de xénophobie et de l’intolérance
    👉 Ce que nous dénonçons.

    L’incapacité de longue date à mettre fin au profilage racial.
    👉 Ce que nous demandons.

    La fin du dangereux déni des autorités concernant les effets du racisme systémique dans le maintien de l’ordre.

    Le grand déni des autorités

    «  Nous sommes préoccupés par le meurtre d’un jeune homme de 17 ans d’ascendance nord-africaine par la police en France mardi dernier. Nous notons qu’une enquête a été ouverte concernant des allégations d’homicide volontaire. Le moment est venu pour le pays de s’attaquer sérieusement aux problèmes profonds liés au racisme et à la discrimination dans le contexte du maintien de l’ordre. Nous tenons également à insister sur l’importance du respect du droit de réunion pacifique. Nous demandons aux autorités de veiller à ce que le recours à la force par la police afin de lutter contre les éléments violents durant les manifestations respecte toujours les principes de légalité, de nécessité, de proportionnalité, de non-discrimination, de précaution et de responsabilité. Toute allégation de recours disproportionné à la force doit rapidement faire l’objet d’une enquête.  » 

    Cette brève déclaration d’une porte-parole du Haut-Commissariat des Nations Unies aux droits de l’homme (HCDH) a immédiatement suscité de vives réactions.

    Le ministère français des Affaires étrangères a déclaré en retour  : «  Toute accusation de racisme ou de discrimination systémiques par les forces de l’ordre en France est totalement infondée. […] L’usage de la force par la police et la gendarmerie nationales est régi par les principes d’absolue nécessité et de proportionnalité, strictement encadré et contrôlé  ».

    Laurent Nuñez, préfet de police de Paris, a répondu sur BFMTV : «  Non, certainement pas, il n’y a pas de racisme dans la police.  »

    Le ministre de l’Économie, Bruno Le Maire, lors d’une interview au journal britannique The Telegraph : «  Je leur répète avec vigueur qu’il est inacceptable de dire que la police française est raciste, c’est totalement inacceptable  ». Selon ce même article, le ministre a écarté les accusations concernant le tir mortel, le qualifiant d’«  incident isolé  » dans un maintien de l’ordre qui «  respecte l’état de droit et fait son travail dans des conditions difficiles  ». 

    Six jours après la mort de Nahel, la présidente du Parlement français, Yaël Braun-Pivet, a même affirmé haut et fort  : «  La police exerce sa mission de façon merveilleuse  !  ».

    Ces déclarations de haut·es responsables du gouvernement français sont symptomatiques d’un refus de reconnaître l’existence d’un recours excessif à la force dans le cadre du maintien de l’ordre et d’un racisme systémique dans l’application des lois.

    Les affres de l’impunité

    Le déni des autorités renforce le sentiment d’impunité des forces de l’ordre et alimente une violence pourtant maintes fois dénoncée.

    En 2005, dans notre rapport sur les graves violations commises par des responsables de l’application des lois en France
    En 2009 , dans notre rapport «  France : des policiers au-dessus des lois  »
    En 2018, quand la France a été épinglée dans l’affaire Naguib Toubache
    👉 Ce que nous dénonçons.

    Ces dernières années, plusieurs de nos recherches montrent que, dans les affaires où des responsables de l’application des lois sont mis en cause, l’enquête – lorsqu’enquête il y a – n’est pas conforme aux critères de rapidité, d’indépendance, d’impartialité et d’efficacité établis par les normes internationales relatives aux droits humains.
    👉 Ce que nous demandons.

    La reconnaissance du caractère systémique du racisme dans le maintien de l’ordre et la création d’un organisme indépendant disposant de ressources suffisantes pour enquêter sur toutes les allégations de graves violations des droits humains imputées à des agents de la force publique.

    L’homicide de Nahel ne saurait être séparé de ce contexte. Il est impossible de ne pas y voir le manque d’action concrète de l’État français pour garantir l’obligation de rendre des comptes et mettre en œuvre une réforme systémique garantissant la non-répétition des pratiques abusives récurrentes. Il est urgent de mener une véritable réforme du maintien de l’ordre et de reconnaître enfin le racisme systémique dans l’application des lois.

    https://www.amnesty.fr/actualites/mort-de-nahel-reformer-utilisation-des-armes-a-feu-et-mettre-fin-au-racisme-

    #Amnesty #racisme_systémique #armes_à_feu #armes #police #normes_internationales #responsabilité #contrôles_routiers #refus_d'obtempérer #déni #impunité

    ping @karine4

  • Les violences contre les migrants en Tunisie divisent la diaspora tunisienne
    https://www.lemonde.fr/afrique/article/2023/07/13/les-violences-contre-les-migrants-en-tunisie-divisent-la-diaspora-tunisienne

    Les violences contre les migrants en Tunisie divisent la diaspora tunisienne
    Par Emma Larbi
    Publié le 13 juillet 2023 à 19h00
    « Quand j’arriverai en Tunisie pour les vacances, je sourirai aux migrants, ce n’est pas grand-chose, mais qu’ils ressentent qu’on n’est pas tous les mêmes », promet Mayssa Ben Abdallah, une étudiante en commerce de 22 ans qui appréhende son prochain voyage dans le pays de son père.
    Depuis la mort, le 3 juillet, d’un Tunisien, lors d’affrontements à Sfax entre habitants et migrants subsahariens, la Tunisie est en proie à des violences racistes, encouragées par les déclarations du président Kaïs Saïed. En février, le chef de l’Etat dénonçait les « hordes de migrants » dont la présence serait le fruit d’un complot « pour changer la composition du paysage démographique en Tunisie ». Depuis, plusieurs centaines de personnes originaires d’Afrique subsaharienne, dont des femmes et des enfants, ont été expulsées de Sfax et conduites aux frontières libyenne et algérienne.
    En France, la diaspora tunisienne, qui comptait 328 200 personnes en 2022 selon l’Institut national de la statistique et des études économiques (Insee), est divisée. Certains condamnent les violences à l’encontre des migrants, d’autres leur présence sur le sol tunisien et soutiennent la politique gouvernementale, voire justifient les brutalités sur les étrangers.Sur le marché de Belleville, à Paris, l’absence d’empathie envers les migrants est criante. « Y en a plus que marre ! », martèle un homme en rangeant ses marchandises. L’homme d’une trentaine d’années, qui n’a pas souhaité donner son nom, estime que le nombre de migrants a augmenté en Tunisie, les viols, les crimes, et même les actes de cruauté sur les animaux ont explosé. « Avant, on leur tendait la main, maintenant, ils violent les femmes et ils tuent », renchérit un passant anonyme. Des dénonciations sans précisions ni éléments de preuves mais qui éclairent sur l’état des relations. « Qu’on les renvoie dans le désert ! », conclut ce dernier.
    Pour l’étudiante Mayssa Ben Abdallah, le rejet des migrants serait une question d’âge : « C’est vrai qu’une partie de la génération plus âgée tient le même discours que tiennent les Français d’extrême droite. » Mohamed Bhar, ex-coordinateur de la Fédération des Tunisiens pour une citoyenneté des deux rives, dans le 19e arrondissement de Paris, condamne sans réserve les violences racistes observées de l’autre côté de la Méditerranée. Le 6 juin, comme chaque été, il est parti à Ksour Essef, à 200 km au sud de Tunis. Quelques jours après son arrivée, dans un supermarché, « quelqu’un s’est mis à lancer que les Subsahariens nous colonisent », témoigne-t-il.
    « J’ai très peur des vacances que je vais passer en Tunisie, des discussions qui vont sans doute nous diviser », anticipe la psychiatre et écrivaine franco-tunisienne Fatma Bouvet de la Maisonneuve. « En France, l’extrême droite s’exprime comme on aurait jamais imaginé il y a quinze ans, ajoute Wafa Dahman, journaliste et enseignante à Lyon. En Tunisie, il se passe exactement la même chose. » Après les violences qui ont suivi la mort de Nahel, tué par un policier le 27 juin, une partie de la classe politique française a fait le lien entre immigration et émeutes. Pour certains immigrés tunisiens, leur pays d’origine répète ce schéma de stigmatisation. « Alors que les Tunisiens peuvent subir cette situation en France, nous, Tunisiens, exerçons la même chose sur nos frères Africains ? », s’indigne Fatma Bouvet de la Maissonneuve. Parmi les personnes interrogées, les difficultés économiques actuelles de la Tunisie sont mises en avant comme première piste d’explication à la dérive raciste. « Avec la pauvreté, certains ne trouvent pas un bout de pain sec pendant trois jours », assure Ali Choubani, 80 ans, installé devant un lait fraise sur la terrasse d’un café de Belleville.
    « Il y a des files d’attente pour acheter du pain et il manque des produits de base comme la semoule ou le café, poursuit Mohammed Bhar. Certains rejettent les migrants à cause de ça, mais ce n’est qu’une justification, une partie de la population est simplement tombée dans le rejet de l’autre. » Pourtant, au sein de la société civile, certains se sont mobilisés. Des vidéos, filmées notamment à Sfax, montrent des habitants distribuer eau et nourriture aux migrants.
    Par-delà la politique et les difficultés du quotidien, l’étudiante en commerce rappelle que la Méditerranée ne fait pas de préférence : « Les Tunisiens vivent la même chose vers l’Europe, ils galèrent et se noient. » Si de janvier à mai 2023, 3 432 Tunisiens, dont 864 mineurs, ont atteint les côtes italiennes, selon le Forum tunisien pour les droits économiques et sociaux, chaque année, des dizaines de jeunes harraga (littéralement des brûleurs de frontières) meurent en mer. Ces violences sont advenues dans un contexte de négociation de « partenariat global » entre la Tunisie et l’Union européenne, qui souhaite que Tunis renforce ses contrôles migratoires.
    L’épisode d’attaques racistes sur les migrants semble passé, mais « personne n’en sortira indemne », s’inquiète Fatma Bouvet de la Maisonneuve. « Ici, j’ai vu des Français pleurer pour les jeunes de banlieue. Nous, on pleure pour ce qu’on fait aux Noirs dans notre pays », raconte la psychiatre, « que deviendra la femme qui a accouché dans le désert ? Son enfant ? Les gamins, assoiffés, qu’on a laissés traîner dans la chaleur ? Tous auront des séquelles, que l’on ne verra pas. »

    #Covid-19#migrant#migration#tunisie#afriquesubsaharienne#migrationirreguliere#racisme#discrimination#violence#UE#controlemigratoire#harraga#italie#frontiere#economie#postcovid

  • Contrôle parlementaire des exportations d’armes : des progrès sont encore nécessaires
    https://www.obsarm.info/spip.php?article564

    Le 10 juillet, lors de l’examen de la loi de programmation militaire, la Commission mixte paritaire a créé une commission ad hoc dédiée à l’évaluation de la politique d’exportation d’armes composée de six membres, dont les présidents des Commissions de la défense des deux chambres. Le texte global doit être approuvé aujourd’hui par l’Assemblée nationale et demain par le Sénat. Il s’agit d’un progrès par rapport à la version élaborée par les sénateurs (cf. notre analyse). Le dispositif choisi constitue (...) #Armements

    / #Contrôle_des_exportations, Transferts / exportations, #La_une

    #Transferts_/_exportations
    https://www.obsarm.info/IMG/pdf/cp12072023_-_contro_le_parlementaire_exportation_armes.pdf

  • Grenoble instaure une ZFE à temps partiel pour les particuliers latribune.fr
    Les prolos, dehors, du lundi au vendredi, de 7h à 19h

    C’est un arrêté qui ne passe pas inaperçu alors que, depuis plusieurs semaines, les tensions se cristallisent autour des ZFE, ces zones à faibles émissions où les véhicules les plus polluants sont progressivement interdits. La métropole grenobloise vient d’instaurer sa ZFE pour les particuliers. Cela ne concerne pour l’instant que les véhicules Crit’Air 5, avec une période de « pédagogie » de six mois pendant laquelle aucune verbalisation ne sera appliquée. Au 1er janvier 2024, l’interdiction s’étendra aux véhicules Crit’Air 4, puis au 1er janvier 2025 aux Crit’Air 3.

    Mais la métropole a aménagé les restrictions de circulation. Elles ne seront pas permanentes. Elles s’appliqueront uniquement du lundi au vendredi, de 7h à 19h. Cette ZFE ne concerne par ailleurs que 13 des 49 communes de la métropole grenobloise. Certains axes seront également exemptés : voies desservant les parking-relais et les gares, voies rapides, voies d’accès à certains centres hospitaliers, et voies d’accès aux massifs montagneux.


    « Nous voulions permettre plus de flexibilité et accompagner les changements de comportement », a souligné Cécile Cénatiempo, conseillère déléguée à la qualité de l’Air de la métropole grenobloise, lors d’une conférence de presse.

    La métropole avait déjà mis en place, il y a trois ans, une ZFE pour les utilitaires et poids lourds, cette fois à temps complet.

    Nombreuses dérogations
    D’autres dérogations seront appliquées, notamment en faveur des « petits rouleurs » (moins de 5.000 km par an), des travailleurs en horaires décalés, des véhicules d’intérêt général... Un passe journalier, utilisable 12 fois dans une année, sera aussi disponible pour tous. Des « évolutions » et des « ajustements » pourront se faire sur ces éléments pendant la mise en œuvre de la ZFE, a indiqué Cécile Cénatiempo, mentionnant une « clause de revoyure » d’ici à 2026.

    Une manière pour la métropole grenobloise de répondre aux critiques de part et d’autre du spectre politique. La majorité écologiste de la ville de Grenoble avait réclamé des mesures « plus ambitieuses » tandis que les opposants, élus ou citoyens, ont dénoncé une mesure « inefficace écologiquement et injuste socialement ».

    Il est vrai que le sujet divise et pourrait se transformer en bombe sociale au niveau national. Dans ce contexte, un rapport formulant « 25 propositions pour allier transition écologique et justice sociale » a été remis ce lundi au ministre de la Transition écologique, Christophe Béchu. Un rapport co-écrit par Jean-Luc Moudenc, président divers droite de Toulouse Métropole, et Anne-Marie Jean, élue écologiste de la Métropole de Strasbourg. Il vise une application « plus juste » et « plus cohérente » des zones à faibles émissions (ZFE). Le document propose notamment des mesures supplémentaires pour aider les plus modestes à changer de véhicule. Le gouvernement a annoncé préparer des mesures « d’acceptabilité sociale » pour l’automne.

    Assouplissement des restrictions décidé par le gouvernement
    Cet arrêté de l’agglomération grenobloise intervient alors même que le gouvernement annonce dispenser justement Grenoble, mais aussi Toulouse et Reims, de renforcer davantage les restrictions de circulation liées aux Zone à faibles émissions (ZFE). Selon des chiffres publiés ce lundi par le ministère de la Transition écologique, la qualité de l’air s’est améliorée l’an dernier dans ces trois agglomérations.

    Elles basculent cette année « en zone de vigilance », selon une nouvelle classification présentée aujourd’hui par le gouvernement. Ce qui veut dire qu’elles peuvent ainsi « décider de suspendre les prochaines étapes de leur calendrier de restrictions ». Reims avait pris les devants en mars avec un moratoire sur les Crit’air 3, qui donne un répit jusqu’en 2029 aux véhicules équipés de cette vignette.

    « Tordre le cou à des rumeurs et aux fake news »
    Avec cette nouvelle classification, le gouvernement entend « préciser les règles applicables » et « tordre le cou à des rumeurs, des +fake news+ », a souligné le ministre de la Transition écologique Christophe Béchu lors d’une conférence de presse. Selon lui, le RN comme LR, qui ont proposé de supprimer les ZFE, et les Insoumis, qui ont proposé un moratoire, surestiment l’effet de ces zones sur les automobilistes.

    Cinq métropoles dépassent encore « de manière régulière » les seuils réglementaires de qualité de l’air : Paris, Lyon, Aix-Marseille, Rouen et Strasbourg. Ces dernières sont désormais classées comme « territoires ZFE » et doivent ainsi continuer à appliquer progressivement les restrictions fixées par la loi : interdiction des Crit’Air 4 au 1er janvier 2024 (voitures diesel de plus de 18 ans), puis des Crit’Air 3 en 2025 (voitures diesel de plus de 14 ans et voitures essence de plus de 19 ans).

    #exclusion #racisme #air #ségrégation #privilèges #racisme #inégalités #Grenoble #eelv #bourgeoisie #Éric_Piolle #voiture #zfe #guerre_aux_pauvres #fichage #surveillance #contrôle

    Source : https://www.latribune.fr/entreprises-finance/services/transport-logistique/grenoble-instaure-une-zfe-a-temps-partiel-pour-les-particuliers-969185.htm

  • Agression d’une journaliste par un CRS à Marseille : une enquête ouverte
    https://www.lemonde.fr/societe/article/2023/07/11/agression-d-une-journaliste-par-un-crs-a-marseille-une-enquete-ouverte_61814

    Une enquête pour « violences par personne dépositaire de l’autorité publique » a été ouverte après l’agression d’une journaliste à Marseille le 27 juin, selon le parquet de la ville contacté par l’Agence France-Presse. Le parquet a « saisi l’inspection générale de la police nationale [#IGPN] », a-t-il précisé, confirmant l’information initiale du quotidien La Provence.
    Une journaliste travaillant pour le site d’information Made in Marseille a été victime d’une « agression physique (…) de la part d’un CRS » en marge de la visite du président de la République dans la cité phocéenne, « alors qu’elle souhaitait simplement rentrer chez elle et prendre un vélo en libre-service (…) devant le MuCEM », avait expliqué la rédaction de Made in Marseille dans un communiqué.

    « Ce contrôle injustifié a dégénéré lorsque l’agent a trouvé sa carte de presse lors d’un contrôle d’identité, puis l’a étranglée alors qu’elle tentait de téléphoner à notre rédactrice en chef pour nous alerter sur la situation », poursuit le communiqué, qui évoque également des « insultes misogynes » et des « propos dégradants tenus par l’agent » à l’égard de la journaliste. Celle-ci a déposé plainte dès le lendemain et fait un signalement à l’IGPN, selon la même source.
    Le président de la République avait effectué une visite de trois jours dans la deuxième ville de France pour y lancer l’acte II de son plan « Marseille en grand » ouvert en septembre 2021.
    Il y a une semaine, le parquet de #Marseille avait annoncé l’ouverture d’une autre enquête pour violences en réunion par personne dépositaire de l’autorité publique après qu’un jeune homme a été blessé dans la nuit du 1er au 2 juillet.

    deux affaires à Marseille ! l’IGPN est débordée de travail.
    #police #contrôles_d'identité aux conditions très exceptionnellement rendues publiques