• Rotta balcanica, Piantedosi lancia le brigate antimigranti

    A margine del trilaterale a Trieste il 2 novembre scorso, il ministro snocciola i numeri dei respingimenti dopo la sospensione di Schengen. E annuncia: quando i controlli alle frontiere finiranno, il governo vuole istituire “brigate miste” (di polizia). Dove? Con chi? E con quale mandato?

    Nell’edizione del 20 ottobre dell’Unità avevo esaminato la misura di ripristino dei controlli alle frontiere interne deciso dall’Italia al confine italo-sloveno mettendo in rilievo come tale decisione fosse in contrasto con quanto disposto dal Codice Schengen. Su questo il Codice prevede la possibilità di un temporaneo ripristino dei controlli alle frontiere interne solo come extrema ratio in caso di minaccia all’ordine pubblico e che “la migrazione e l’attraversamento delle frontiere esterne di un gran numero di cittadini di paesi terzi non dovrebbero in sé essere considerate una minaccia per l’ordine pubblico o la sicurezza interna” (Codice Schengen, considerando 26). Ben presto le dichiarazioni del Governo italiano hanno reso evidente come dietro questo ripristino, inutile e quanto mai problematico per la vita sociale ed economica del Friuli Venezia Giulia, ci sia una sola finalità ovvero quella di ostacolare l’ingresso nell’Unione Europea, ad iniziare dal confine esterno tra la Croazia e la Bosnia, a coloro che sono in cerca di protezione e che, per il diritto dell’Unione, hanno invece diritto, alle frontiere e nel territorio degli Stati dell’Unione, di chiedere asilo (Direttiva 2013/32/UE art. 3) e gli Stati hanno il dovere assoluto di non respingerli.

    Le affermazioni rese dal ministro Piantedosi nella conferenza stampa tenutasi a Trieste il 2 novembre 2023, a conclusione dell’incontro trilaterale con gli omologhi sloveno e croato, sono state tanto esplicite quanto sconcertanti. Il ministro ha reso noto che nei primi dieci giorni di vigenza dei controlli alla frontiera sono stati effettuati 220 respingimenti. Non sono state fornite ulteriori informazioni, né il ministro, come ha fatto invece in passato, ha rivendicato la possibilità che vengano respinti o riammessi informalmente anche coloro che al confine italiano chiedono asilo. Sulla radicale illegittimità delle riammissioni informali attuate dall’Italia verso la Slovenia nei confronti di richiedenti asilo si era già espresso con estrema chiarezza il Tribunale ordinario di Roma con due distinte ordinanze, nel gennaio 2021 e nel maggio 2023. Non sappiamo se i dati forniti da Piantedosi riguardino cittadini stranieri che sono stati illegittimamente respinti dopo che è stato loro impedito di chiedere asilo in Italia e se, come impone la normativa a tutti coloro che sono fermati venga “assicurata l’informazione sulla procedura di protezione internazionale” (T.U. Immigrazione art. 10.3).

    Infine non sappiamo se nei confronti degli stranieri respinti sia stato emesso un provvedimento amministrativo scritto e motivato in fatto e in diritto, notificato al soggetto interessato e impugnabile innanzi all’autorità giudiziaria, o se di tali provvedimenti non c’è traccia. Neppure sappiamo se tali respingimenti sono stati realmente tali o se si è trattato di operazioni di impedimento all’ingresso in Italia attuati in territorio sloveno con la collaborazione della polizia italiana. Sono questioni dirimenti sulle quali il ministro dovrà fornire al più presto le necessarie informazioni. Lo stesso Piantedosi ha altresì annunciato che, non appena i controlli alle frontiere cesseranno (al momento sono prorogati fino al 20 novembre), è intenzione del Governo prevedere l’istituzione di “brigate miste” (di polizia) da “rendere stabili nel tempo”. Il termine utilizzato – brigate – è già piuttosto militaresco, ma, soprattutto, tali brigate miste come sarebbero composte, con quale mandato e con quali garanzie opererebbero al di fuori del territorio italiano? Anche sul confine sloveno-croato e su quello croato-bosniaco?

    Un’espressione in particolare, tra quelle usate da Piantedosi, risulta inquietante: il ministro ha affermato che le operazioni di respingimento finora attuate vanno considerate solo come i “primi segnali di una filiera della deterrenza da proseguire con i colleghi”. Il termine deterrenza è sempre associato a una funzione intimidatrice (nel diritto penale ci si è sempre interrogati se la minaccia della sanzione funga o meno da deterrenza). Nel linguaggio politico la deterrenza è rivolta verso un nemico ovvero verso colui che rappresenta un grave pericolo e nei cui confronti, all’occorrenza, si può usare violenza. A chi è diretta la funzione di deterrenza cui si riferisce Piantedosi? Agli stranieri che sono in fuga dai loro paesi affinché non lo facciano? A chi intende chiedere asilo affinché comprenda con metodi convincenti che ciò è inutile? Le parole usate dal ministro sono gravi perché le normative internazionali ed europee e il diritto interno dispongono che l’operato della polizia di frontiera non sia finalizzato ad attuare alcuna deterrenza bensì sia esclusivamente rivolto all’esecuzione di legittimi compiti di controllo dell’attraversamento dei confini; le guardie di frontiera sono tenute infatti ad operare nello stretto ambito delle funzioni attribuite loro dalla legge, e nei confronti di chi viene controllato “devono essere garantiti i diritti fondamentali sanciti nella Convenzione europea sui diritti dell’uomo e nella Carta sui diritti fondamentali dell’Unione europea. I controlli di frontiera devono rispettare pienamente i divieti di infliggere trattamenti inumani o degradanti e di agire in maniera discriminatoria” (Manuale per le guardie di frontiera a cura della Commissione Europea 6.11.2006 punto 1.2).

    Inoltre “a tutti i cittadini di paese terzo che lo desiderano deve essere data la possibilità di chiedere asilo/protezione internazionale alla frontiera (anche nelle zone di transito aeroportuali e portuali). A tal fine, le autorità di frontiera devono informare i richiedenti, in una lingua che possa essere da loro sufficientemente compresa, delle procedure da seguire” (Manuale punto 10.2). La rotta balcanica e i confini tra i diversi Stati, da sempre, ma in particolare dal 2018, sono segnati da inenarrabili violenze, illegalità e soprusi condotti dalle polizie dei diversi Stati coinvolti (a volte si tratta di uomini in divisa, altre volte mascherati, ma comunque operanti sempre all’interno di un preciso mandato). I rapporti su queste violenze sono scioccanti e sono così numerosi da riempire un’intera biblioteca; si tratta di violenze ed illegalità avvenute sia ai confini interni dell’Unione Europea che ai confini esterni della stessa. Una situazione che rappresenta, insieme alle violenze attuate sul confine polacco-bielorusso, una delle pagine più oscure dell’Europa. Uno dei luoghi caratterizzati da maggiori violenze è il confine della Croazia con la Bosnia dove i respingimenti arbitrari, uniti ad efferate violenze non sono mai cessati. Secondo il rapporto Trattati come animali – Respingimenti di persone in cerca di protezione dalla Croazia in Bosnia Erzegovina, edito nel maggio 2023 a cura di Human Rights Watch (H.C.R.) una delle più autorevoli organizzazioni di tutela dei diritti umani a livello internazionale, i respingimenti illegittimi e le violenze, anche efferate, da parte della polizia croata, solo nel 2022, hanno riguardato quasi 30.000 persone, e sono proseguiti nel 2023.

    Il Rapporto evidenzia che “Le forze di polizia conducono spesso i respingimenti in modo violento, rendendosi responsabili di lesioni fisiche e umiliazioni deliberate”. Inoltre “secondo la maggior parte delle testimonianze raccolte da HRW, i poliziotti croati indossano le uniformi, guidano mezzi della polizia e si identificano come agenti per non lasciare alcun dubbio sull’ufficialità del loro ruolo”. Si tratta dunque di una pratica di esplicita deterrenza condotta verso persone inermi che stanno esclusivamente tentando di esercitare il loro diritto a chiedere asilo. “Molti bambini hanno dovuto assistere mentre i loro padri, fratelli maggiori o parenti venivano picchiati, o manganellati o presi a spintoni”, prosegue il Rapporto. La Slovenia non sfugge alla censura operata dalla citata organizzazione internazionale giacché il Rapporto osserva come “in base all’accordo di riammissione tra Slovenia e Croazia, la polizia slovena invia sommariamente i migranti irregolari che sono entrati nel paese passando dalla Croazia, indipendentemente dal fatto che abbiano chiesto asilo in Slovenia. A loro volta le autorità croate generalmente si affrettano a trasferirli in Bosnia o Serbia”.

    Al drammatico Rapporto di H.R.W. si aggiungono i dati diffusi dal Centro per la Pace di Zagabria che da anni svolge un attento lavoro di monitoraggio della situazione del rispetto della legalità in Croazia, secondo cui nel solo mese di luglio 2023 sono stati respinti illegalmente dalla Croazia alla Bosnia 673 persone, tra cui 43 bambini. 369 di essi erano afgani, con tutta evidenza rifugiati. Il 95% delle persone respinte ha subito trattamenti inumani e degradanti tassativamente proibiti dall’art. 3 della CEDU (Convenzione Europea dei diritti dell’Uomo) mentre l’81% ha subito il furto dei propri averi e la distruzione delle proprie cose. E’ in questi cupi contesti che il ministro Piantedosi vorrebbe organizzare le “brigate”? Vuole forse trascinare la polizia italiana in inaccettabili contesti di violenza di cui essere spettatore inerme oppure complice? Confida nella collaborazione della piccola Slovenia, paese cuscinetto, nel realizzare una più respingimenti a catena? Un monitoraggio su quanto rischia di accadere al nostro tormentato confine orientale, da parte di enti di tutela ed organizzazioni internazionali, nonché da parte del Parlamento, è divenuto indispensabile ed urgente.

    https://www.unita.it/2023/11/07/rotta-balcanica-piantedosi-lancia-le-brigate-antimigranti
    #Balkans #route_des_Balkans #asile #migrations #réfugiés #Piantedosi #brigades_mixtes #contrôles_frontaliers #refoulements #push-backs #Slovénie #frontière_sud-alpine #contrôles_systématiques_aux_frontières #chiffres #statistiques #patrouilles_mixtes #dissuasion

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    ajouté au fil de discussion sur la réintroduction des contrôles systématiques à la frontière entre Italie et Slovénie :
    https://seenthis.net/messages/1021994

    et à la métaliste sur les patrouilles mixtes :
    https://seenthis.net/messages/910352

  • EU to step up support for human rights abuses in North Africa

    In a letter (https://www.statewatch.org/media/4088/eu-com-migration-letter-eur-council-10-23.pdf) to the European Council trumpeting the EU’s efforts to control migration, European Commission president Ursula von der Leyen highlighted the provision of vessels and support to coast guards in Libya and Tunisia, where refugee and migrant rights are routinely violated.

    The letter (pdf) states:

    “…we need to build up the capacity of our partners to conduct effective border surveillance and search and rescue operations. We are providing support to many key partners with equipment and training to help prevent unauthorised border crossings. All five vessels promised to Libya have been delivered and we see the impact of increased patrols. Under the Memorandum of Understanding with Tunisia, we have delivered spare parts for Tunisian coast guards that are keeping 6 boats operational, and others will be repaired by the end of the year. More is expected to be delivered to countries in North Africa in the coming months.”

    What it does not mention is that vessels delivered to the so-called Libyan coast guard are used to conduct “pullbacks” of refugees to brutal detention conditions and human rights violations.

    Meanwhile in Tunisia, the coast guard has been conducting pullbacks of people who have subsequently been dumped in remote regions near the Tunisian-Algerian border.

    According to testimony provided to Human Rights Watch (HRW)¸ a group of people who were intercepted at sea and brought back to shore were then detained by the National Guard, who:

    “…loaded the group onto buses and drove them for 6 hours to somewhere near the city of Le Kef, about 40 kilometers from the Algerian border. There, officers divided them into groups of about 10, loaded them onto pickup trucks, and drove toward a mountainous area. The four interviewees, who were on the same truck, said that another truck with armed agents escorted their truck.

    The officers dropped their group in the mountains near the Tunisia-Algeria border, they said. The Guinean boy [interviewed by HRW) said that one officer had threatened, “If you return again [to Tunisia], we will kill you.” One of the Senegalese children [interviewed by HRW] said an officer had pointed his gun at the group.”

    Von der Leyen does not mention the fact that the Tunisian authorities refused an initial disbursement of €67 million offered by the Commission as part of its more than €1 billion package for Tunisia, which the country’s president has called “small” and said it “lacks respect.” (https://apnews.com/article/tunisia-europe-migration-851cf35271d2c52aea067287066ef247) The EU’s ambassador to Tunisia has said that the refusal “speaks to Tunisia’s impatience and desire to speed up implementation” of the deal.

    [voir: https://seenthis.net/messages/1020596]

    The letter also emphasises the need to “establish a strategic and mutually beneficial partnership with Egypt,” as well as providing more support to Türkiye, Jordan and Lebanon. The letter hints at the reason why – Israel’s bombing of the Gaza strip and a potential exodus of refugees – but does not mention the issue directly, merely saying that “the pressures on partners in our immediate vicinity risk being exacerbated”.

    It appears that the consequences rather than the causes of any movements of Palestinian refugees are the main concern. Conclusions on the Middle East agreed by the European Council last night demand “rapid, safe and unhindered humanitarian access and aid to reach those in need” in Gaza, but do not call for a ceasefire. The European Council instead “strongly emphasises Israel’s right to defend itself in line with international law and international humanitarian law.”

    More surveillance, new law

    Other plans mentioned in the letter include “increased aerial surveillance” for “combatting human smuggling and trafficking” by Operation IRINI, the EU’s military mission in the Mediterranean, and increased support for strengthening controls at points of departure in North African states as well as “points of entry by migrants at land borders.”

    The Commission also wants increased action against migrant smuggling, with a proposal to revise the 2002 Facilitation Directive “to ensure that criminal offences are harmonised, assets are frozen, and coordination strengthened,” so that “those who engage in illegal acts exploiting migrants pay a heavy price.”

    It appears the proposal will come at the same time as a migrant smuggling conference organised by the Commission on 28 November “to create a Global Alliance with a Call to Action, launching a process of regular international exchange on this constantly evolving crime.”

    Deportation cooperation

    Plans are in the works for more coordinated action on deportations, with the Commission proposing to:

    “…work in teams with Member States on targeted return actions, with a lead Member State or Agency for each action. We will develop a roadmap that could focus on (1) ensuring that return decisions are issued at the same time as a negative asylum decisions (2) systematically ensuring the mutual recognition of return decisions and follow-up enforcement action; (3) carrying out joint identification actions including through a liaison officers’ network in countries of origin; (4) supporting policy dialogue on readmission with third countries and facilitating the issuance of travel documents, as well as acceptance of the EU laissez passer; and (5) organising assisted voluntary return and joint return operations with the support of Frontex.”

    Cooperation on legal migration, meanwhile, will be done by member states “on a voluntary basis,” with the letter noting that any offers made should be conditional on increased cooperation with EU deportation efforts: “local investment and opportunities for legal migration must go hand in hand with strengthened cooperation on readmission.”

    More funds

    For all this to happen, the letter calls on the European Council to make sure that “migration priorities - both on the internal and external dimension - are reflected in the mid-term review of the Multiannual Financial Framework,” the EU’s 2021-27 budget.

    Mid-term revision of the budget was discussed at the European Council meeting yesterday, though the conclusions on that point merely state that there was an “in-depth exchange of views,” with the European Council calling on the Council of the EU “to take work forward, with a view to reaching an overall agreement by the end of the year.”

    https://www.statewatch.org/news/2023/october/eu-to-step-up-support-for-human-rights-abuses-in-north-africa

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    • *Crise migratoire : le bilan mitigé des accords passés par l’Union européenne pour limiter les entrées sur son sol*

      Réunis en conseil jeudi et vendredi, les Vingt-Sept devaient faire le point sur la sécurisation des frontières extérieures de l’UE. Mardi, la présidente de la Commission, Ursula von der Leyen, a proposé de conclure de nouveaux partenariats « sur mesure » avec le #Sénégal, la #Mauritanie et l’Egypte.

      Malgré la guerre entre Israël et le Hamas, qui s’est imposée à leur ordre du jour, le sujet de la migration demeure au menu des Vingt-Sept, qui se réunissent en Conseil européen jeudi 26 et vendredi 27 octobre à Bruxelles. Les chefs d’Etat et de gouvernement doivent faire un point sur la dimension externe de cette migration et la sécurisation des frontières extérieures de l’Union européenne (UE). Depuis janvier, le nombre d’arrivées irrégulières, selon l’agence Frontex, a atteint 270 000, en progression de 17 % par rapport à 2022. Sur certaines routes, la croissance est bien plus importante, notamment entre la Tunisie et l’Italie, avec une augmentation de 83 % des arrivées sur les neuf premiers mois de 2023.

      Si le #pacte_asile_et_migration, un ensemble de réglementations censé améliorer la gestion intra européenne de la migration, est en passe d’être adopté, le contrôle des frontières externes de l’Europe est au cœur des discussions politiques. A moins de huit mois des élections européennes, « les questions de migration seront décisives », prévient Manfred Weber, le patron du groupe conservateur PPE au Parlement européen.

      Nouveaux « #partenariats sur mesure »

      Mardi, dans une lettre aux dirigeants européens, Ursula von der Leyen, la présidente de la Commission, a rappelé sa volonté de « combattre la migration irrégulière à la racine et travailler mieux avec des #pays_partenaires », c’est-à-dire ceux où les migrants s’embarquent ou prennent la route pour l’UE, en établissant avec ces pays des « #partenariats_stratégiques_mutuellement_bénéficiaires ». Elle propose de conclure avec le Sénégal, la Mauritanie et l’Egypte de nouveaux « #partenariats_sur_mesure » sur le modèle de celui qui a été passé avec la Tunisie. Sans oublier la Jordanie et le Liban, fortement déstabilisés par le conflit en cours entre Israël et Gaza.

      L’UE souhaite que ces pays bloquent l’arrivée de migrants vers ses côtes et réadmettent leurs citoyens en situation irrégulière sur le Vieux Continent contre des investissements pour renforcer leurs infrastructures et développer leur économie. « L’idée n’est pas nécessairement mauvaise, glisse un diplomate européen, mais il faut voir comment c’est mené et négocié. Le partenariat avec la Tunisie a été bâclé et cela a été fiasco. »

      Depuis vingt ans, l’Europe n’a eu de cesse d’intégrer cette dimension migratoire dans ses accords avec les pays tiers et cette préoccupation s’est accentuée en 2015 avec l’arrivée massive de réfugiés syriens. Les moyens consacrés à cet aspect migratoire ont augmenté de façon exponentielle. Au moins 8 milliards d’euros sont programmés pour la période 2021-2027, soit environ 10 % des fonds de la coopération, pour des politiques de sécurisation et d’équipements des gardes-côtes. Ces moyens manquent au développement des pays aidés, critique l’ONG Oxfam. Et la Commission a demandé une rallonge de 15 milliards d’euros aux Vingt-Sept.

      Mettre l’accent sur les retours

      Tant de moyens, pour quels résultats ? Il est impossible de chiffrer le nombre d’entrées évitées par les accords passés, exception faite de l’arrangement avec la Turquie. Après la signature le 18 mars 2016, par les Vingt-Sept et la Commission, de la déclaration UE-Turquie, les arrivées de Syriens ont chuté de 98 % dès 2017, mais cela n’a pas fonctionné pour les retours, la Turquie ayant refusé de réadmettre la majorité des Syriens refoulés d’Europe. Cet engagement a coûté 6 milliards d’euros, financés à la fois par les Etats et l’UE.

      « Pour les autres accords, le bilan est modeste, indique Florian Trauner, spécialiste des migrations à la Vrije Universiteit Brussel (Belgique). Nous avons étudié l’ensemble des accords passés par l’UE avec les pays tiers sur la période 2008-2018 pour mesurer leurs effets sur les retours et réadmissions. Si les pays des Balkans, plus proches de l’Europe, ont joué le jeu, avec les pays africains, cela ne fonctionne pas. »

      Depuis le début de l’année, la Commission assure malgré tout mettre l’accent sur les retours. Selon Ylva Johansson, la commissaire chargée de la politique migratoire, sur près de 300 000 obligations de quitter le territoire européen, environ 65 000 ont été exécutées, en progression de 22 % en 2023. Ces chiffres modestes « sont liés à des questions de procédures internes en Europe, mais également à nos relations avec les Etats tiers. Nous avons fait beaucoup de pédagogie avec ces Etats en mettant en balance l’accès aux visas européens et cela commence à porter ses fruits. »

      « Généralement, explique Florian Trauner, les Etats tiers acceptent les premiers temps les retours, puis la pression de l’opinion publique locale se retourne contre eux et les taux de réadmissions baissent. Les accords qui conditionnent l’aide au développement à des réadmissions créent davantage de problèmes qu’ils n’en résolvent. La diplomatie des petits pas, plus discrète, est bien plus efficace. »

      L’alternative, juge le chercheur, serait une meilleure gestion par les Européens des migrations, en ménageant des voies légales identifiées pour le travail, par exemple. Dans ce cas, affirme-t-il, les pays concernés accepteraient de reprendre plus simplement leurs citoyens. « Mais en Europe, on ne veut pas entendre cela », observe M. Trauner.
      Statut juridique obscur

      Le développement de ces accords donnant-donnant pose un autre problème à l’UE : leur statut juridique. « Quel que soit leur nom – partenariat, déclaration…–, ce ne sont pas des accords internationaux en bonne et due forme, négociés de manière transparente avec consultation de la société civile, sous le contrôle du Parlement européen puis des tribunaux, rappelle Eleonora Frasca, juriste à l’Université catholique de Louvain (Belgique). Ce sont des objets juridiques plus obscurs. »

      En outre, les arrangements avec la Turquie ou la Libye ont conduit des migrants à des situations dramatiques. Qu’il s’agisse des camps aux conditions déplorables des îles grecques où étaient parqués des milliers de Syriens refoulés d’Europe mais non repris en Turquie, ou des refoulements en mer, souvent avec des moyens européens, au large de la Grèce et de la Libye, ou enfin du sort des migrants renvoyés en Libye où de multiples abus et de crimes ont été documentés.

      Concernant la Tunisie, « l’Union européenne a signé l’accord sans inclure de clause de respect de l’Etat de droit ou des droits de l’homme au moment même où cette dernière chassait des migrants subsahariens vers les frontières libyenne et algérienne, relève Sara Prestianni, de l’ONG EuroMed Droit. Du coup, aucune condamnation n’a été formulée par l’UE contre ces abus. » L’Europe a été réduite au silence.

      Sous la pression d’Ursula von der Leyen, de Giorgia Melloni, la présidente du conseil italien, et de Mark Rutte, le premier ministre néerlandais, ce partenariat global doté d’un milliard d’euros « a été négocié au forceps et sans consultation », juge une source européenne. La conséquence a été une condamnation en Europe et une incompréhension de la part des Tunisiens, qui ont décidé de renvoyer 60 millions d’euros versés en septembre, estimant que c’était loin du milliard annoncé. « Aujourd’hui, le dialogue avec la Tunisie est exécrable, déplore un diplomate. La méthode n’a pas été la bonne », déplore la même source.
      Exposition à un chantage aux migrants

      « L’Union européenne a déjà été confrontée à ce risque réputationnel et semble disposée à l’accepter dans une certaine mesure, nuance Helena Hahn, de l’European Policy Center. Il est important qu’elle s’engage avec les pays tiers sur cette question des migrations. Toutefois, elle doit veiller à ce que ses objectifs ne l’emportent pas sur ses intérêts dans d’autres domaines, tels que la politique commerciale ou le développement. »

      Dernier risque pour l’UE : en multipliant ces accords avec des régimes autoritaires, elle s’expose à un chantage aux migrants. Depuis 2020, elle en a déjà été l’objet de la part de la Turquie et du Maroc, de loin le premier bénéficiaire d’aides financières au titre du contrôle des migrations. « Ce n’est pas juste le beau temps qui a exposé Lampedusa à l’arrivée de 12 000 migrants en quelques jours en juin, juge Mme Prestianni. Les autorités tunisiennes étaient derrière. La solution est de rester fermes sur nos valeurs. Et dans notre négociation avec la Tunisie, nous ne l’avons pas été. »

      https://www.lemonde.fr/international/article/2023/10/26/crise-migratoire-le-bilan-mitige-des-accords-passes-par-l-union-europeenne-p

    • EU planning new anti-migration deals with Egypt and Tunisia, unrepentant in support for Libya

      The European Commission wants to agree “new anti-smuggling operational partnerships” with Tunisia and Egypt before the end of the year, despite longstanding reports of abuse against migrants and refugees in Egypt and recent racist violence endorsed by the Tunisian state. Material and financial support is already being stepped up to the two North African countries, along with support for Libya.

      The plan for new “partnerships” is referred to in a newly-revealed annex (pdf) of a letter from European Commission president, Ursula von der Leyen, that was sent to the European Council prior to its meeting in October and published by Statewatch.

      In April, the Commission announced “willingness” from the EU and Tunisia “to establish a stronger operational partnership on anti-smuggling,” which would cover stronger border controls, more police and judicial cooperation, increased cooperation with EU agencies, and anti-migration advertising campaigns.

      The annex includes little further detail on the issue, but says that the agreements with Tunisia and Egypt should build on the anti-smuggling partnerships “in place with Morocco, Niger and the Western Balkans, with the support of Europol and Eurojust,” and that they should include “joint operational teams with prosecutors and law enforcement authorities of Member States and partners.”

      Abuse and impunity

      Last year, Human Rights Watch investigations found that “Egyptian authorities have failed to protect vulnerable refugees and asylum seekers from pervasive sexual violence, including by failing to investigate rape and sexual assault,” and that the police had subjected Sudanese refugee activists to “forced physical labor [sic] and beatings.” Eritrean asylum-seekers have also been detained and deported by the Egyptian authorities.

      The EU’s own report on human rights in Egypt in 2022 (pdf) says the authorities continue to impose “constraints” on “freedom of expression, peaceful assembly and media freedom,” while “concerns remained about broad application of the Terrorism Law against peaceful critics and individuals, and extensive and indiscriminate use of pre-trial detention.”

      Amr Magdi, Human Rights Watch’s Senior Researcher on the Middle East and North Africa, has said more bluntly that “there can be no light at the end of the tunnel without addressing rampant security force abuses and lawlessness.” The Cairo Institute for Human Rights said in August that the country’s “security apparatus continues to surveil and repress Egyptians with impunity. There is little to no access to participatory democracy.”

      The situation in Tunisia for migrants and refugees has worsened substantially since the beginning of the year, when president Kais Said declared a crackdown against sub-Saharan Africans in speeches that appeared to draw heavily from the far-right great replacement theory.

      It is unclear whether the EU will attempt to address this violence, abuse and discrimination as it seeks to strengthen the powers of the countries’ security authorities. The annex to von der Leyen’s letter indicates that cooperation with Tunisia is already underway, even if an anti-smuggling deal has not been finalised:

      “Three mentorship pairs on migrant smuggling TU [Tunisia] with Member States (AT, ES, IT [Austria, Spain and Italy]) to start cooperation in the framework of Euromed Police, in the last quarter of 2023 (implemented by CEPOL [the European Police College] with Europol)”

      Anti-smuggling conference

      The annex to von der Leyen’s letter indicates that the Egyptian foreign minister, Sameh Shoukry, “confirmed interest in a comprehensive partnership on migration, including anti-smuggling and promoting legal pathways,” at a meeting with European Commissioner for Migration and Home Affairs, Ylva Johansson, at the UN General Assembly.

      This month the fourth EU-Egypt High Level Dialogue on Migration and the second Senior Officials Meeting on Security and Law Enforcement would be used to discuss the partnership, the annex notes – “including on the involvement of CEPOL, Europol and Frontex” – but it is unclear when exactly the Commission plans to sign the new agreements. An “International Conference on strengthening international cooperation on countering migrant smuggling” that will take place in Brussels on 28 November would provide an opportune moment to do so.

      The conference will be used to announce a proposal “to reinforce the EU legal framework on migrant smuggling, including elements related to: sanctions, governance, information flows and the role of JHA agencies,” said a Council document published by Statewatch in October.

      Other sources indicate that the proposal will include amendments to the EU’s Facilitation Directive and the Europol Regulation, with measures to boost the role of the European Migrant Smuggling Centre hosted at Europol; step up the exchange of information between member states, EU agencies and third countries; and step up Europol’s support to operations.

      Additional support

      The proposed “partnerships” with Egypt and Tunisia come on top of ongoing support provided by the EU to control migration.

      In July the EU signed a memorandum of understanding with Tunisia covering “macro-economic stability, economy and trade, green energy, people-to-people contacts and migration and mobility.”

      Despite the Tunisian government returning €67 million provided by the EU, the number of refugee boat departures from Tunisia has decreased significantly, following an increase in patrols at sea and the increased destruction of intercepted vessels.

      Violent coercion is also playing a role, as noted by Matthias Monroy:

      “State repression, especially in the port city of Sfax, has also contributed to the decline in numbers, where the authorities have expelled thousands of people from sub-Saharan countries from the centre and driven them by bus to the Libyan and Algerian borders. There, officials force them to cross the border. These measures have also led to more refugees in Tunisia seeking EU-funded IOM programmes for “voluntary return” to their countries of origin.”

      The annex to von der Leyen’s letter notes that the EU has provided “fuel to support anti-smuggling operations,” and that Tunisian officials were shown around Frontex’s headquarters in mid-September for a “familiarisation visit”.

      Egypt, meanwhile, is expected to receive the first of three new patrol boats from the EU in December, €87 million as part of the second phase of a border management project will be disbursed “in the coming months,” and Frontex will pursue a working arrangement with the Egyptian authorities, who visited the agency’s HQ in Warsaw in October.

      Ongoing support to Libya

      Meanwhile, the EU’s support for migration control by actors in Libya continues, despite a UN investigation earlier this year accusing that support of contributing to crimes against humanity in the country.

      The annex to von der Leyen’s letter notes with approval that five search and rescue vessels have been provided to the Libyan Coast Guard this year, and that by 21 September, “more than 10,900 individuals reported as rescued or intercepted by the Libyan authorities in more than 100 operations… Of those disembarked, the largest groups were from Bangladesh, Egypt and Syria”.

      The letter does not clarify what distinguishes “rescue” and “interception” in this context. The organisation Forensic Oceanography has previously described them as “conflicting imperatives” in an analysis of a disaster at sea in which some survivors were taken to Libya, and some to EU territory.

      In a letter (pdf) sent last week to the chairs of three European Parliament committees, three Commissioners – Margaritas Schinas, Ylva Johansson and Oliver Várhelyi – said the Commission remained “convinced that halting EU assistance in the country or disengagement would not improve the situation of those most in need.”

      While evidence that EU support provided to Libya has facilitated the commission of crimes against humanity is not enough to put that policy to a halt, it remains to be seen whether the Egyptian authorities’ violent repression, or state racism in Tunisia, will be deemed worthy of mention in public by Commission officials.

      The annex to von der Leyen’s letter also details EU action in a host of other areas, including the “pilot projects” launched in Bulgaria and Romania to step up border surveillance and speed up asylum proceedings and returns, support for the Moroccan authorities, and cooperation with Western Balkans states, amongst other things.

      https://www.statewatch.org/news/2023/november/eu-planning-new-anti-migration-deals-with-egypt-and-tunisia-unrepentant-

      en italien:
      Statewatch. Mentre continua il sostegno alla Libia, l’UE sta pianificando nuovi accordi anti-migrazione con Egitto e Tunisia
      https://www.meltingpot.org/2023/11/statewatch-mentre-continua-il-sostegno-alla-libia-lue-sta-pianificando-n

    • Accord migratoire avec l’Égypte. Des #navires français en eaux troubles

      Les entreprises françaises #Civipol, #Défense_Conseil_International et #Couach vont fournir à la marine du Caire trois navires de recherche et sauvetage dont elles formeront également les équipages, révèle Orient XXI dans une enquête exclusive. Cette livraison, dans le cadre d’un accord migratoire avec l’Égypte, risque de rendre l’Union européenne complice d’exactions perpétrées par les gardes-côtes égyptiens et libyens.

      La France est chaque année un peu plus en première ligne de l’externalisation des frontières de l’Europe. Selon nos informations, Civipol, l’opérateur de coopération internationale du ministère de l’intérieur, ainsi que son sous-traitant Défense Conseil International (DCI), prestataire attitré du ministère des armées pour la formation des militaires étrangers, ont sélectionné le chantier naval girondin Couach pour fournir trois navires de recherche et sauvetage (SAR) aux gardes-côtes égyptiens, dont la formation sera assurée par DCI sur des financements européens de 23 millions d’euros comprenant des outils civils de surveillance des frontières.

      Toujours selon nos sources, d’autres appels d’offres de Civipol et DCI destinés à la surveillance migratoire en Égypte devraient suivre, notamment pour la fourniture de caméras thermiques et de systèmes de positionnement satellite.

      Ces contrats sont directement liés à l’accord migratoire passé en octobre 2022 entre l’Union européenne (UE) et l’Égypte : en échange d’une assistance matérielle de 110 millions d’euros au total, Le Caire est chargé de bloquer, sur son territoire ainsi que dans ses eaux territoriales, le passage des migrants et réfugiés en partance pour l’Europe. Ce projet a pour architecte le commissaire européen à l’élargissement et à la politique de voisinage, Olivér Várhelyi. Diplomate affilié au parti Fidesz de l’illibéral premier ministre hongrois Viktor Orbán, il s’est récemment fait remarquer en annonçant unilatéralement la suspension de l’aide européenne à la Palestine au lendemain du 7 octobre — avant d’être recadré.

      La mise en œuvre de ce pacte a été conjointement confiée à Civipol et à l’Organisation internationale pour les migrations (OIM) de l’ONU, comme déjà indiqué par le média Africa Intelligence. Depuis, la présidente de la Commission européenne Ursula von der Leyen a déjà plaidé pour un nouvel accord migratoire avec le régime du maréchal Sissi. Selon l’UE, il s’agirait d’aider les gardes-côtes égyptiens à venir en aide aux migrants naufragés, via une approche « basée sur les droits, orientée vers la protection et sensible au genre ».
      Circulez, il n’y a rien à voir

      Des éléments de langage qui ne convainquent guère l’ONG Refugees Platform in Egypt (REP), qui a alerté sur cet accord il y a un an. « Depuis 2016, le gouvernement égyptien a durci la répression des migrants et des personnes qui leur viennent en aide, dénonce-t-elle auprès d’Orient XXI. De plus en plus d’Égyptiens émigrent en Europe parce que la jeunesse n’a aucun avenir ici. Ce phénomène va justement être accentué par le soutien de l’UE au gouvernement égyptien. L’immigration est instrumentalisée par les dictatures de la région comme un levier pour obtenir un appui politique et financier de l’Europe. »

      En Égypte, des migrants sont arrêtés et brutalisés après avoir manifesté. Des femmes réfugiées sont agressées sexuellement dans l’impunité. Des demandeurs d’asile sont expulsés vers des pays dangereux comme l’Érythrée ou empêchés d’entrer sur le territoire égyptien. Par ailleurs, les gardes-côtes égyptiens collaborent avec leurs homologues libyens qui, également soutenus par l’UE, rejettent des migrants en mer ou les arrêtent pour les placer en détention dans des conditions inhumaines, et entretiennent des liens avec des milices qui jouent aussi le rôle de passeurs.

      Autant d’informations peu compatibles avec la promesse européenne d’un contrôle des frontières « basé sur les droits, orienté vers la protection et sensible au genre ». Sachant que l’agence européenne de gardes-frontières et de gardes-côtes Frontex s’est elle-même rendue coupable de refoulements illégaux de migrants (pushbacks) et a été accusée de tolérer de mauvais traitements sur ces derniers.

      Contactés à ce sujet, les ministères français de l’intérieur, des affaires étrangères et des armées, l’OIM, Civipol, DCI et Couach n’ont pas répondu à nos questions. Dans le cadre de cette enquête, Orient XXI a aussi effectué le 1er juin une demande de droit à l’information auprès de la Direction générale du voisinage et des négociations d’élargissement (DG NEAR) de la Commission européenne, afin d’accéder aux différents documents liés à l’accord migratoire passé entre l’UE et l’Égypte. Celle-ci a identifié douze documents susceptibles de nous intéresser, mais a décidé de nous refuser l’accès à onze d’entre eux, le douzième ne comprenant aucune information intéressante. La DG NEAR a invoqué une série de motifs allant du cohérent (caractère confidentiel des informations touchant à la politique de sécurité et la politique étrangère de l’UE) au plus surprenant (protection des données personnelles — alors qu’il aurait suffi de masquer lesdites données —, et même secret des affaires). Un premier recours interne a été déposé le 18 juillet, mais en l’absence de réponse de la DG NEAR dans les délais impartis, Orient XXI a saisi fin septembre la Médiatrice européenne, qui a demandé à la Commission de nous répondre avant le 13 octobre. Sans succès.

      Dans un courrier parvenu le 15 novembre, un porte-parole de la DG NEAR indique :

      "L’Égypte reste un partenaire fiable et prévisible pour l’Europe, et la migration constitue un domaine clé de coopération. Le projet ne cible pas seulement le matériel, mais également la formation pour améliorer les connaissances et les compétences [des gardes-côtes et gardes-frontières égyptiens] en matière de gestion humanitaire des frontières (…) Le plein respect des droits de l’homme sera un élément essentiel et intégré de cette action [grâce] à un contrôle rigoureux et régulier de l’utilisation des équipements."

      Paris-Le Caire, une relation particulière

      Cette livraison de navires s’inscrit dans une longue histoire de coopération sécuritaire entre la France et la dictature militaire égyptienne, arrivée au pouvoir après le coup d’État du 3 juillet 2013 et au lendemain du massacre de centaines de partisans du président renversé Mohamed Morsi. Paris a depuis multiplié les ventes d’armes et de logiciels d’espionnage à destination du régime du maréchal Sissi, caractérisé par la mainmise des militaires sur la vie politique et économique du pays et d’effroyables atteintes aux droits humains.

      La mise sous surveillance, la perquisition par la Direction générale de la sécurité intérieure (DGSI) et le placement en garde à vue de la journaliste indépendante Ariane Lavrilleux fin septembre étaient notamment liés à ses révélations dans le média Disclose sur Sirli, une opération secrète associant les renseignements militaires français et égyptien, dont la finalité antiterroriste a été détournée par Le Caire vers la répression intérieure. Une enquête pour « compromission du secret de la défense nationale » avait ensuite été ouverte en raison de la publication de documents (faiblement) classifiés par Disclose.

      La mise en œuvre de l’accord migratoire UE-Égypte a donc été indirectement confiée à la France via Civipol. Société dirigée par le préfet Yann Jounot, codétenue par l’État français et des acteurs privés de la sécurité — l’électronicien de défense Thales, le spécialiste de l’identité numérique Idemia, Airbus Defence & Space —, Civipol met en œuvre des projets de coopération internationale visant à renforcer les capacités d’États étrangers en matière de sécurité, notamment en Afrique. Ceux-ci peuvent être portés par la France, notamment via la Direction de la coopération internationale de sécurité (DCIS) du ministère de l’intérieur. Mais l’entreprise travaille aussi pour l’UE.

      Civipol a appelé en renfort DCI, société pilotée par un ancien chef adjoint de cabinet de Nicolas Sarkozy passé dans le privé, le gendarme Samuel Fringant. DCI était jusqu’à récemment contrôlée par l’État, aux côtés de l’ancien office d’armement Eurotradia soupçonné de corruption et du vendeur de matériel militaire français reconditionné Sofema. Mais l’entreprise devrait prochainement passer aux mains du groupe français d’intelligence économique ADIT de Philippe Caduc, dont l’actionnaire principal est le fonds Sagard de la famille canadienne Desmarais, au capital duquel figure désormais le fonds souverain émirati.

      DCI assure principalement la formation des armées étrangères à l’utilisation des équipements militaires vendus par la France, surtout au Proche-Orient et notamment en Égypte. Mais à l’image de Civipol, l’entreprise collabore de plus en plus avec l’UE, notamment via la mal nommée « Facilité européenne pour la paix » (FEP).
      Pacte (migratoire) avec le diable

      Plus largement, ce partenariat avec l’Égypte s’inscrit dans une tendance généralisée d’externalisation du contrôle des frontières de l’Europe, qui voit l’UE passer des accords avec les pays situés le long des routes migratoires afin que ceux-ci bloquent les départs de migrants et réfugiés, et que ces derniers déposent leurs demandes d’asile depuis l’Afrique, avant d’arriver sur le territoire européen. Après la Libye, pionnière en la matière, l’UE a notamment signé des partenariats avec l’Égypte, la Tunisie — dont le président Kaïs Saïed a récemment encouragé des émeutes racistes —, le Maroc, et en tout 26 pays africains, selon une enquête du journaliste Andrei Popoviciu pour le magazine américain In These Times.

      Via ces accords, l’UE n’hésite pas à apporter une assistance financière, humaine et matérielle à des acteurs peu soucieux du respect des droits fondamentaux, de la bonne gestion financière et parfois eux-mêmes impliqués dans le trafic d’êtres humains. L’UE peine par ailleurs à tracer l’utilisation de ces centaines de millions d’euros et à évaluer l’efficacité de ces politiques, qui se sont déjà retournées contre elles sous la forme de chantage migratoire, par exemple en Turquie.

      D’autres approches existent pourtant. Mais face à des opinions publiques de plus en plus hostiles à l’immigration, sur fond de banalisation des idées d’extrême droite en politique et dans les médias, les 27 pays membres et les institutions européennes apparaissent enfermés dans une spirale répressive.

      https://orientxxi.info/magazine/accord-migratoire-avec-l-egypte-des-navires-francais-en-eaux-troubles,68

  • Database delays: new timetable for interoperable EU policing and migration systems by 2027

    EU interior ministers have agreed another revised timeline for the plan to make all justice and home affairs databases “interoperable”, with the aim now to have the systems up and running by 2027. Mandatory biometric border checks may now be introduced progressively, in the hope of limiting delays at border crossing points.

    The new timetable, agreed at the Justice and Home Affairs Council last week, follows on from previous delays. A revision to the timeline adopted in November 2021 included a plan for the Entry/Exit System (EES), a biometric border-crossing registration database, to be functional by September 2022. Further changes saw the deadline extended to May this year. A Belgian proposal to “decouple” the EES and the European Travel Information and Authorisation System (ETIAS) does not appear to have been taken on board.

    Under the new plan, the EES is supposed to come into use at some point in the second half of 2024 - though a note from the Spanish Presidency (pdf) suggests that even then, the “capturing and storing of biometrics... could be activated progressively.” This is because of the extra waiting times that the introduction of mandatory biometric capture, storage and verification at all EU border crossing points is likely to introduce.

    As previously reported by Statewatch, the Austrian government expects “process times to double compared to the current situation,” the Croatian government is clear that “the waiting time for border checks will certainly be significantly longer,” and the German government has said “control times for passengers will increase significantly by the introduction of EES.”

    To mitigate this, the Spanish Presidency’s note says that “derogation measures will be available for activation at individual border crossing points to prevent long waiting times. The date that will be retained for the entry into operation will be outside periods of major events and high travel times.”

    The introduction of the EES in the second half of 2024 is supposed to be followed by the ETIAS in the first half of 2025, the European Criminal Records Information System for Third Country Nationals (ECRIS-TCN) in mid-2026, finalisation of “the technical implementation of the IO [interoperability] architecture” in late 2026, followed by work to “upgrade and evolve the IO architecture” from 2027 onward.

    The timetable published by eu-Lisa also foresees the eventual integration of the expanded #Eurodac database, depending on the adoption of the law, which is currently under discussion in the Council and the Parliament.

    https://www.statewatch.org/news/2023/october/database-delays-new-timetable-for-interoperable-eu-policing-and-migratio
    #EU #UE #Union_européenne #biométrie #contrôles_frontaliers #asile #migrations #réfugiés #interopérabilité #frontières #Entry/Exit_System (#EES) #European_Travel_Information_and_Authorisation_System (#ETIAS) #European_Criminal_Records_Information_System_for_Third_Country_Nationals (#ECRIS-TCN) #agenda

  • Cet automne c’est une suite d’annonces du rétablissement des #contrôles_systématiques_aux_frontières dans les pays de l’#Union_européenne (#UE / #EU)... tentative de #métaliste

    La liste complète des demandes de réintroduction des contrôles systématiques à la commission européenne :
    https://home-affairs.ec.europa.eu/policies/schengen-borders-and-visa/schengen-area/temporary-reintroduction-border-control_en

    #Schengen #asile #migrations #réfugiés #frontières #contrôles_frontaliers #2023 #automne_2023

  • #France : Nouvelle prolongation des contrôles aux frontières internes françaises du 1/11/2023 au 30/04/2024.
    Motifs : nouvelles menaces terroristes et situation aux frontières extérieures

    https://home-affairs.ec.europa.eu/policies/schengen-borders-and-visa/schengen-area/temporary-reintroduction-border-control_en

    #contrôles_systématiques_aux_frontières #France #frontières_intérieures #frontières #asile #migrations #réfugiés #frontière_sud-alpine #prolongation #2023 #2024 #terrorisme #liste #chronologie #frontières_extérieures #contrôles_frontaliers

    –—

    ajouté à cette métaliste sur l’annonce du rétablissement des contrôles frontaliers de la part de plusieurs pays européens :
    https://seenthis.net/messages/1021987

    • 17.10.2024 : Face à l’immigration illégale, l’Allemagne réinstaure des contrôles à la frontière suisse

      Le ministère allemand de l’Intérieur a notifié lundi auprès de la Commission européenne « des contrôles temporaires aux frontières avec la Pologne, la République tchèque et la Suisse »

      Le gouvernement allemand a annoncé le renforcement de sa surveillance aux frontières au sud et à l’est. Depuis lundi, des contrôles stationnaires aux passages douaniers avec la Pologne, la République tchèque et la Suisse ont été instaurés, indique le ministère allemand de l’Intérieur. Cette mesure exceptionnelle, qui nécessite l’aval de Bruxelles, est destinée à durer 10 jours, et peut être prolongée pour deux mois, précise le ministère.

      Des contrôles de ce type ont été mis en place à la frontière autrichienne depuis 2015, au moment de l’afflux sans précédent d’immigrants vers l’Allemagne, une décision dont la prolongation de six mois à compter du 12 novembre a également été annoncée ce lundi. « La police fédérale peut utiliser les mêmes moyens aux frontières avec la Pologne, la République tchèque et la Suisse que ceux déjà en place avec l’Autriche », précise le ministère. Les voyageurs transfrontaliers ne devraient cependant pas être confrontés à des contrôles systématiques : « un paquet de contrôles fixes et mobiles » sera mis en œuvre « de façon flexible et selon la situation », a déclaré la ministre allemande Nancy Faeser, citée dans le communiqué.

      Une importante hausse des arrivées en Allemagne

      L’Allemagne est confrontée à une forte hausse de l’immigration illégale. De janvier à début octobre, la police a comptabilisé environ 98 000 arrivées illégales dans le pays, dépassant déjà le nombre total des arrivées pour l’année 2022 qui était d’environ 92 000. Pour justifier les mesures décidées, l’Allemagne s’appuie sur un article de la réglementation de Schengen qui permet d’introduire pour une période limitée des contrôles intérieurs aux frontières en cas « de menace sérieuse à l’ordre public ou à la sécurité intérieure ».

      Nancy Faeser s’était pourtant jusqu’ici montrée réticente à l’idée d’instaurer des contrôles fixes, en raison notamment de leur impact sur les travailleurs frontaliers ainsi que sur les échanges commerciaux avec les pays voisins : ces mesures ralentissent en effet considérablement le trafic et créent des embouteillages. Mais la hausse des arrivées illégales provoque un vif débat en Allemagne, dont les capacités d’accueil s’épuisent. Les communes et les régions, qui ont aussi absorbé l’arrivée d’un million de réfugiés ukrainiens depuis février 2022, se disent à la limite de leur capacité d’accueil, alors que la situation profite à l’extrême-droite, qui a obtenu des résultats records dans deux scrutins régionaux il y a une semaine.

      « Le nombre de personnes qui viennent actuellement chez nous est trop élevé », avait récemment martelé le chancelier Olaf Scholz, en présentant des mesures pour accélérer les expulsions de personnes déboutées de l’asile. La décision était donc attendue, et « la ministre de l’Intérieur […] a apparemment attendu les élections législatives polonaises avant de rendre publique sa décision », note le Tages-Anzeiger.
      Poursuite de la collaboration avec les douaniers suisses

      Nancy Fraeser « a assuré à [Elisabeth] Baume-Schneider que le trafic frontalier serait entravé aussi peu que possible », indique le Département fédéral de justice et police (DFJP) à Keystone-ATS. La conseillère fédérale et la ministre allemande ont par ailleurs convenu lundi de renforcer la « collaboration fructueuse » entre les deux pays dans le cadre du plan d’action mis en place en 2022 qui prévoit des patrouilles en commun et un meilleur échange d’informations pour enrayer les migrations secondaires, ajoute le DFJP. Au parlement, l’annonce allemande semble être accueillie avec compréhension : « ce n’est pas un secret que de nombreux migrants utilisent la Suisse comme pays de transit, tous ceux qui prennent le train de Milan à Zurich le voient », a réagi dans la Neue Zürcher Zeitung le président de la Commission de politique extérieure du Conseil national, Hans-Peter Portmann (PLR/ZH).

      Un porte-parole du gouvernement allemand a par ailleurs confirmé au quotidien zurichois que les contrôles avaient commencé à être mis en place ce lundi, et qu’ils « seront renforcés dans les jours à venir en fonction de l’évaluation de la situation par la police fédérale » allemande. « Les contrôles fixes aux frontières présentent l’avantage […] que les personnes peuvent être refoulées par la police fédérale dès qu’elles tentent de franchir la frontière », poursuit la NZZ. « Elles sont alors considérées comme n’étant pas entrées sur le territoire » et nécessitent un investissement bureaucratique « incomparablement plus faible » que dans le cas d’un processus d’expulsion du territoire, argumente le journal.

      « Les spécialistes, les politiciens et les policiers sont loin d’être d’accord » sur l’efficacité des contrôles, tempère le Tages-Anzeiger qui rappelle qu’il y a quelques semaines encore, Nancy Faeser qualifiait les contrôles fixes de « fausses solutions ». Reste, conclut le Tagi, qu’il est « pour l’instant impossible d’estimer » les effets concrets des nouvelles mesures à la frontière suisse, notamment sur le trafic important des pendulaires avec le Bade-Wurtemberg.

      https://www.letemps.ch/suisse/face-a-l-immigration-illegale-l-allemagne-reinstaure-des-controles-a-la-fron

  • The State of #Chihuahua Is Building a 20-Story Tower in #Ciudad_Juarez to Surveil 13 Cities–and Texas Will Also Be Watching

    Chihuahua state officials and a notorious Mexican security contractor broke ground last summer on the #Torre_Centinela (Sentinel Tower), an ominous, 20-story high-rise in downtown Ciudad Juarez that will serve as the central node of a new AI-enhanced surveillance regime. With tentacles reaching into 13 Mexican cities and a data pipeline that will channel intelligence all the way to Austin, Texas, the monstrous project will be unlike anything seen before along the U.S.-Mexico border.

    And that’s saying a lot, considering the last 30-plus years of surging technology on the U.S side of the border.

    The Torre Centinela will stand in a former parking lot next to the city’s famous bullring, a mere half-mile south of where migrants and asylum seekers have camped and protested at the Paso del Norte International Bridge leading to El Paso. But its reach goes much further: the Torre Centinela is just one piece of the Plataforma Centinela (Sentinel Platform), an aggressive new technology strategy developed by Chihuahua’s Secretaria de Seguridad Pública Estatal (Secretary of State Public Security or SSPE) in collaboration with the company Seguritech.

    With its sprawling infrastructure, the Plataforma Centinela will create an atmosphere of surveillance and data-streams blanketing the entire region. The plan calls for nearly every cutting-edge technology system marketed at law enforcement: 10,000 surveillance cameras, face recognition, automated license plate recognition, real-time crime analytics, a fleet of mobile surveillance vehicles, drone teams and counter-drone teams, and more.

    If the project comes together as advertised in the Avengers-style trailer that SSPE released to influence public opinion, law enforcement personnel on site will be surrounded by wall-to-wall monitors (140 meters of screens per floor), while 2,000 officers in the field will be able to access live intelligence through handheld tablets.

    https://www.youtube.com/watch?v=NKPuur6s4qg

    Texas law enforcement will also have “eyes on this side of the border” via the Plataforma Centinela, Chihuahua Governor Maru Campos publicly stated last year. Texas Governor Greg Abbott signed a memorandum of understanding confirming the partnership.

    Plataforma Centinela will transform public life and threaten human rights in the borderlands in ways that aren’t easy to assess. Regional newspapers and local advocates–especially Norte Digital and Frente Político Ciudadano para la Defensa de los Derechos Humanos (FPCDDH)—have raised significant concerns about the project, pointing to a low likelihood of success and high potential for waste and abuse.

    “It is a myopic approach to security; the full emphasis is placed on situational prevention, while the social causes of crime and violence are not addressed,” FPCDDH member and analyst Victor M. Quintana tells EFF, noting that the Plataforma Centinela’s budget is significantly higher than what the state devotes to social services. “There are no strategies for the prevention of addiction, neither for rebuilding the fabric of society nor attending to dropouts from school or young people at risk, which are social causes of insecurity.”

    Instead of providing access to unfiltered information about the project, the State of Chihuahua has launched a public relations blitz. In addition to press conferences and the highly-produced cinematic trailer, SSPE recently hosted a “Pabellón Centinel” (Sentinel Pavillion), a family-friendly carnival where the public was invited to check out a camera wall and drones, while children played with paintball guns, drove a toy ATV patrol vehicle around a model city, and colored in illustrations of a data center operator.

    Behind that smoke screen, state officials are doing almost everything they can to control the narrative around the project and avoid public scrutiny.

    According to news reports, the SSPE and the Secretaría de Hacienda (Finance Secretary) have simultaneously deemed most information about the project as classified and left dozens of public records requests unanswered. The Chihuahua State Congress also rejected a proposal to formally declassify the documents and stymied other oversight measures, including a proposed audit. Meanwhile, EFF has submitted public records requests to several Texas agencies and all have claimed they have no records related to the Plataforma Centinela.

    This is all the more troubling considering the relationship between the state and Seguritech, a company whose business practices in 22 other jurisdictions have been called into question by public officials.

    What we can be sure of is that the Plataforma Centinela project may serve as proof of concept of the kind of panopticon surveillance governments can get away with in both North America and Latin America.
    What Is the Plataforma Centinela?

    High-tech surveillance centers are not a new phenomenon on the Mexican side of the border. These facilities tend to use “C” distinctions to explain their functions and purposes. EFF has mapped out dozens of these in the six Mexican border states.

    https://www.eff.org/files/2023/09/14/c-centers_map.png
    https://www.google.com/maps/d/viewer?mid=1W73dMXnuXvPl5cSRGfi1x-BQAEivJH4&ll=25.210543464111723%2C-105.379

    They include:

    - C4 (Centro de Comunicación, Cómputo, Control y Comando) (Center for Communications, Calculation, Control, and Command),
    - C5 (Centro de Coordinación Integral, de Control, Comando, Comunicación y Cómputo del Estado) (Center for Integral Coordination for Control, Command, Communications, and State Calculation),
    - C5i (Centro de Control, Comando, Comunicación, Cómputo, Coordinación e Inteligencia) (Center for Control, Command, Communication, Calculation, Coordination and Intelligence).

    Typically, these centers focus as a cross between a 911 call center and a real-time crime center, with operators handling emergency calls, analyzing crime data, and controlling a network of surveillance cameras via a wall bank of monitors. In some cases, the Cs may be presented in different order or stand for slightly different words. For example, some C5s might alternately stand for “Centros de Comando, Control, Comunicación, Cómputo y Calidad” (Centers for Command, Control, Communication, Computation and Quality). These facilities also exist in other parts of Mexico. The number of Cs often indicate scale and responsibilities, but more often than not, it seems to be a political or marketing designation.

    The Plataforma Centinela however, goes far beyond the scope of previous projects and in fact will be known as the first C7 (Centro de Comando, Cómputo, Control, Coordinación, Contacto Ciudadano, Calidad, Comunicaciones e Inteligencia Artificial) (Center for Command, Calculation, Control, Coordination, Citizen Contact, Quality, Communications and Artificial Intelligence). The Torre Centinela in Ciudad Juarez will serve as the nerve center, with more than a dozen sub-centers throughout the state.

    According to statistics that Gov. Campos disclosed as part of negotiations with Texas and news reports, the Plataforma Centinela will include:

    - 1,791 automated license plate readers. These are cameras that photograph vehicles and their license plates, then upload that data along with the time and location where the vehicles were seen to a massive searchable database. Law enforcement can also create lists of license plates to track specific vehicles and receive alerts when those vehicles are seen.
    - 4,800 fixed cameras. These are your run-of-the-mill cameras, positioned to permanently surveil a particular location from one angle.
    - 3,065 pan-tilt-zoom (PTZ) cameras. These are more sophisticated cameras. While they are affixed to a specific location, such as a street light or a telephone pole, these cameras can be controlled remotely. An operator can swivel the camera around 360-degrees and zoom in on subjects.
    - 2,000 tablets. Officers in the field will be issued handheld devices for accessing data directly from the Plataforma Centinela.
    - 102 security arches. This is a common form of surveillance in Mexico, but not the United States. These are structures built over highways and roads to capture data on passing vehicles and their passengers.
    - 74 drones (Unmanned Aerial Vehicles/UAVs). While the Chihuahua government has not disclosed what surveillance payload will be attached to these drones, it is common for law enforcement drones to deploy video, infrared, and thermal imaging technology.
    - 40 mobile video surveillance trailers. While details on these systems are scant, it is likely these are camera towers that can be towed to and parked at targeted locations.
    - 15 anti-drone systems. These systems are designed to intercept and disable drones operated by criminal organizations.
    - Face recognition. The project calls for the application of “biometric filters” to be applied to camera feeds “to assist in the capture of cartel leaders,” and the collection of migrant biometrics. Such a system would require scanning the faces of the general public.
    - Artificial intelligence. So far, the administration has thrown around the term AI without fully explaining how it will be used. However, typically law enforcement agencies have used this technology to “predict” where crime might occur, identify individuals mostly likely to be connected to crime, and to surface potential connections between suspects that would not have been obvious to a human observer. However, all these technologies have a propensity for making errors or exacerbating existing bias.

    As of May, 60% of the Plataforma Centinela camera network had been installed, with an expected completion date of December, according to Norte Digital. However, the cameras were already being used in criminal investigations.

    All combined, this technology amounts to an unprecedented expansion of the surveillance state in Latin America, as SSPE brags in its promotional material. The threat to privacy may also be unprecedented: creating cities where people can no longer move freely in their communities without being watched, scanned, and tagged.

    But that’s assuming the system functions as advertised—and based on the main contractor’s history, that’s anything but guaranteed.
    Who Is Seguritech?

    The Plataforma Centinela project is being built by the megacorporation Seguritech, which has signed deals with more than a dozen government entities throughout Mexico. As of 2018, the company received no-bid contracts in at least 10 Mexican states and cities, which means it was able to sidestep the accountability process that requires companies to compete for projects.

    And when it comes to the Plataforma Centinela, the company isn’t simply a contractor: It will actually have ownership over the project, the Torre Centinela, and all its related assets, including cameras and drones, until August 2027.

    That’s what SSPE Secretary Gilberto Loya Chávez told the news organization Norte Digital, but the terms of the agreement between Seguritech and Chihuahua’s administration are not public. The SSPE’s Transparency Committee decided to classify the information “concerning the procedures for the acquisition of supplies, goods, and technology necessary for the development, implementation, and operation of the Platforma Centinela” for five years.

    In spite of the opacity shrouding the project, journalists have surfaced some information about the investment plan. According to statements from government officials, the Plataforma Centinela will cost 4.2 billion pesos, with Chihuahua’s administration paying regular installments to the company every three months (Chihuahua’s governor had previously said that these would be yearly payments in the amount of 700 million to 1 billion pesos per year). According to news reports, when the payments are completed in 2027, the ownership of the platform’s assets and infrastructure are expected to pass from Seguritech to the state of Chihuahua.

    The Plataforma Centinela project marks a new pinnacle in Seguritech’s trajectory as a Mexican security contractor. Founded in 1995 as a small business selling neighborhood alarms, SeguriTech Privada S.A de C.V. became a highly profitable brand, and currently operates in five areas: security, defense, telecommunications, aeronautics, and construction. According to Zeta Tijuana, Seguritech also secures contracts through its affiliated companies, including Comunicación Segura (focused on telecommunications and security) and Picorp S.A. de C.V. (focused on architecture and construction, including prisons and detention centers). Zeta also identified another SecuriTech company, Tres10 de C.V., as the contractor named in various C5i projects.

    Thorough reporting by Mexican outlets such as Proceso, Zeta Tijuana, Norte Digital, and Zona Free paint an unsettling picture of Seguritech’s activities over the years.

    Former President Felipe Calderón’s war on drug trafficking, initiated during his 2006-2012 term, marked an important turning point for surveillance in Mexico. As Proceso reported, Seguritech began to secure major government contracts beginning in 2007, receiving its first billion-peso deal in 2011 with Sinaloa’s state government. In 2013, avoiding the bidding process, the company secured a 6-billion peso contract assigned by Eruviel Ávila, then governor of the state of México (or Edomex, not to be confused with the country of Mexico). During Enrique Peña Nieto’s years as Edomex’s governor, and especially later, as Mexico’s president, Seguritech secured its status among Mexico’s top technology contractors.

    According to Zeta Tijuana, during the six years that Peña Nieto served as president (2012-2018), the company monopolized contracts for the country’s main surveillance and intelligence projects, specifically the C5i centers. As Zeta Tijuana writes:

    “More than 10 C5i units were opened or began construction during Peña Nieto’s six-year term. Federal entities committed budgets in the millions, amid opacity, violating parliamentary processes and administrative requirements. The purchase of obsolete technological equipment was authorized at an overpriced rate, hiding information under the pretext of protecting national security.”

    Zeta Tijuana further cites records from the Mexican Institute of Industrial Property showing that Seguritech registered the term “C5i” as its own brand, an apparent attempt to make it more difficult for other surveillance contractors to provide services under that name to the government.

    Despite promises from government officials that these huge investments in surveillance would improve public safety, the country’s number of violent deaths increased during Peña Nieto’s term in office.

    “What is most shocking is how ineffective Seguritech’s system is,” says Quintana, the spokesperson for FPCDDH. By his analysis, Quintana says, “In five out of six states where Seguritech entered into contracts and provided security services, the annual crime rate shot up in proportions ranging from 11% to 85%.”

    Seguritech has also been criticized for inflated prices, technical failures, and deploying obsolete equipment. According to Norte Digital, only 17% of surveillance cameras were working by the end of the company’s contract with Sinaloa’s state government. Proceso notes the rise of complaints about the malfunctioning of cameras in Cuauhtémoc Delegation (a borough of Mexico City) in 2016. Zeta Tijuana reported on the disproportionate amount the company charged for installing 200 obsolete 2-megapixel cameras in 2018.

    Seguritech’s track record led to formal complaints and judicial cases against the company. The company has responded to this negative attention by hiring services to take down and censor critical stories about its activities published online, according to investigative reports published as part of the Global Investigative Journalism Network’s Forbidden Stories project.

    Yet, none of this information dissuaded Chihuahua’s governor, Maru Campos, from closing a new no-bid contract with Seguritech to develop the Plataforma Centinela project.
    A Cross-Border Collaboration

    The Plataforma Centinela project presents a troubling escalation in cross-border partnerships between states, one that cuts out each nation’s respective federal governments. In April 2022, the states of Texas and Chihuahua signed a memorandum of understanding to collaborate on reducing “cartels’ human trafficking and smuggling of deadly fentanyl and other drugs” and to “stop the flow of migrants from over 100 countries who illegally enter Texas through Chihuahua.”

    https://www.eff.org/files/2023/09/14/a_new_border_model.png

    While much of the agreement centers around cargo at the points of entry, the document also specifically calls out the various technologies that make up the Plataforma Centinela. In attachments to the agreement, Gov. Campos promises Chihuahua is “willing to share that information with Texas State authorities and commercial partners directly.”

    During a press conference announcing the MOU, Gov. Abbot declared, “Governor Campos has provided me with the best border security plan that I have seen from any governor from Mexico.” He held up a three-page outline and a slide, which were also provided to the public, but also referenced the existence of “a much more extensive detailed memo that explains in nuance” all the aspects of the program.

    Abbott went on to read out a summary of Plataforma Centinela, adding, “This is a demonstration of commitment from a strong governor who is working collaboratively with the state of Texas.”

    Then Campos, in response to a reporter’s question, added: “We are talking about sharing information and intelligence among states, which means the state of Texas will have eyes on this side of the border.” She added that the data collected through the Plataforma Centinela will be analyzed by both the states of Chihuahua and Texas.

    Abbott provided an example of one way the collaboration will work: “We will identify hotspots where there will be an increase in the number of migrants showing up because it’s a location chosen by cartels to try to put people across the border at that particular location. The Chihuahua officials will work in collaboration with the Texas Department of Public Safety, where DPS has identified that hotspot and the Chihuahua side will work from a law enforcement side to disrupt that hotspot.”

    In order to learn more about the scope of the project, EFF sent public records requests to several Texas agencies, including the Governor’s Office, the Texas Department of Public Safety, the Texas Attorney General’s Office, the El Paso County Sheriff, and the El Paso Police Department. Not one of the agencies produced records related to the Plataforma Centinela project.

    Meanwhile, Texas is further beefing up its efforts to use technology at the border, including by enacting new laws that formally allow the Texas National Guard and State Guard to deploy drones at the border and authorize the governor to enter compacts with other states to share intelligence and resource to build “a comprehensive technological surveillance system” on state land to deter illegal activity at the border. In addition to the MOU with Chihuahua, Abbott also signed similar agreements with the states of Nuevo León and Coahuila in 2022.
    Two Sides, One Border

    The Plataforma Centinela has enormous potential to violate the rights of one of the largest cross-border populations along the U.S.-Mexico border. But while law enforcement officials are eager to collaborate and traffic data back and forth, advocacy efforts around surveillance too often are confined to their respective sides.

    The Spanish-language press in Mexico has devoted significant resources to investigating the Plataforma Centinela and raising the alarm over its lack of transparency and accountability, as well as its potential for corruption. Yet, the project has received virtually no attention or scrutiny in the United States.

    Fighting back against surveillance of cross-border communities requires cross-border efforts. EFF supports the efforts of advocacy groups in Ciudad Juarez and other regions of Chihuahua to expose the mistakes the Chihuahua government is making with the Plataforma Centinela and call out its mammoth surveillance approach for failing to address the root social issues. We also salute the efforts by local journalists to hold the government accountable. However, U.S-based journalists, activists, and policymakers—many of whom have done an excellent job surfacing criticism of Customs and Border Protection’s so-called virtual wall—must also turn their attention to the massive surveillance that is building up on the Mexican side.

    In reality, there really is no Mexican surveillance and U.S. surveillance. It’s one massive surveillance monster that, ironically, in the name of border enforcement, recognizes no borders itself.

    https://www.eff.org/deeplinks/2023/09/state-chihuahua-building-20-story-tower-ciudad-juarez-surveil-13-cities-and-sta
    #surveillance #tour #surveillance_de_masse #cartographie #visualisation #intelligence_artificielle #AI #IA #frontières #contrôles_frontaliers #technologie #Plataforma_Centinela #données #reconnaissance_faciale #caméras_de_surveillance #drones #Seguritech #complexe_militaro-industriel #Mexique

  • A #Menton, les arrivées de migrants augmentent, les #refoulements aussi

    De tous les points de passage entre la France et l’Italie, celui du pont Saint-Louis est sans doute le plus pittoresque. Imaginez une route suspendue à flanc de rocher entre Menton, ville des Alpes-Maritimes, et Grimaldi, la première localité transalpine : d’un côté la montagne, abrupte et creusée de grottes ; de l’autre, un paysage de cultures en terrasses dévalant jusqu’à la côte. Tout en bas, la Méditerranée luit d’un éclat mauve, en ce petit matin d’automne que le soleil n’éclaire pas encore.

    Un endroit sublime, donc, et pourtant parfaitement désespérant. Car ce bout de route, encadré par les postes de police des deux pays, accueille chaque jour un ballet tragique de migrants qui passent et repassent, long cortège de malheureux expulsés hors de l’Hexagone. Remis à la police italienne, ils tenteront leur chance une fois, dix fois, vingt fois, jusqu’à pouvoir franchir cette frontière sur laquelle la France a rétabli des contrôles depuis 2015. « A la fin, la plupart d’entre eux finissent par y arriver » , observe Loïc Le Dall, membre de l’antenne locale de l’Association nationale d’assistance aux frontières pour les étrangers (Anafé). Y compris en empruntant les chemins les plus dangereux, comme le toit des trains ou ce sentier vertigineux que l’on appelle ici le « pas de la mort ». Mais dans l’intervalle, ils sont pris dans une étrange partie de ping-pong politico-policier, un casse-tête juridique et humanitaire.

    A quoi pense-t-elle, cette femme arrêtée le long du parapet, entre les deux postes-frontières ? Le visage appuyé contre le grillage, elle regarde la mer et au-delà, les lumières de Menton. Près d’elle, deux très jeunes enfants grelottent dans leurs vêtements de coton. Plus loin, son mari monte la pente en tirant une petite valise. Ils sont kurdes, fuyant la Turquie pour des raisons politiques, disent-ils.

    Grosses boîtes cubiques

    Dans leur groupe, formé au hasard des contacts avec un passeur, il y a une autre famille avec enfants et un adolescent accompagné de sa mère. Poyraz a 17 ans, des écouteurs autour du cou et il tient à préciser quelque chose en esquissant un signe de croix à toute vitesse, le dos tourné pour que ses compagnons ne le voient pas : « Nous sommes orthodoxes,confie-t-il. C’est très difficile pour nous, en Turquie. »

    A trois pas de là, deux Nigérians regardent en direction d’un panneau bleu planté sur le bas-côté : « Menton, perle de la France, est heureuse de vous accueillir. » Les bras ballants, ils ont l’air désemparés, perdus. Eux n’ont rien, ni valise, ni téléphone, ni écouteurs et pas l’ombre d’un sac, fût-il en papier – même dans la misère, il y a des hiérarchies. Surtout, comme beaucoup de migrants, ils disposent de très peu de mots pour expliquer leur situation. Le plus âgé réussit à formuler une question, en rassemblant quelques bribes d’anglais : « Pourquoi ne nous laissent-ils pas entrer ? »

    « Ils », ce sont les forces de l’ordre françaises qui viennent de les renvoyer vers l’Italie, après les avoir enfermés depuis la veille dans des « espaces de mise à l’abri » – en fait des préfabriqués agglutinés entre la route et la falaise, au droit des bâtiments de police. Les Français retiennent dans ces grosses boîtes cubiques ceux qu’ils n’ont pas eu le temps d’exfiltrer avant la nuit, les locaux de leurs homologues italiens, à 50 mètres de là, étant fermés entre 19 heures et 7 heures. Ces lieux sont « climatisés et pourvus de sanitaires, de la nourriture y est distribuée » , explique Emmanuelle Joubert, directrice départementale de la police aux frontières (PAF). Kadiatou, une Guinéenne de 22 ans rencontrée à Vintimille, y a déjà passé la nuit avec son fils Mohamed, 1 an et demi. « C’était très sale, nuance-t-elle, nous étions serrés les uns contre les autres et dormions par terre. »

    Le 29 septembre, plusieurs baraquements ont été ajoutés à ceux qui s’y trouvaient déjà, en prévision d’une recrudescence d’arrivées : sur les 10 000 migrants débarqués dans l’île italienne de Lampedusa, entre le 11 et le 13 septembre, certains devraient atteindre la frontière française ces jours-ci. Entre le 1er janvier et le 21 septembre, la PAF a procédé à 31 844 interpellations, dont 5 259 pour la seule période du 25 août au 21 septembre. D’après la préfecture, ce chiffre, déjà en hausse par rapport à 2022, devrait augmenter avec les afflux attendus en provenance de Lampedusa. Parmi les refoulés, beaucoup sont mineurs et un grand nombre vient d’Afrique subsaharienne.

    Mine résignée

    Au pont Saint-Louis, aucune demande d’asile n’est jamais enregistrée. Et même si la présence d’un membre de l’Office français de protection des réfugiés et apatrides (Opfra) serait nécessaire, « il n’en vient jamais ici », assure un policier en faction.

    Pour faire face à cet afflux, il a fallu consolider les dispositifs, notamment depuis le mois de juillet, avec des drones, un avion de la brigade aéronautique de Marseille et des effectifs renforcés. Le 18 septembre, le ministre de l’intérieur, Gérald Darmanin, a annoncé l’envoi de 132 personnes (policiers, gendarmes, militaires des sections « Sentinelle ») afin d’étoffer les « troupes » déjà présentes dans le département. Celles-ci comptent également dans leurs rangs des réservistes de la police qui se relaient pour assurer des contrôles à Menton-Garavan, la première gare en territoire français.

    Ces réservistes vont par petits groupes, équipés de gilets pare-balles. Tous les trains en provenance de Vintimille, ville italienne située à 9 kilomètres, sont inspectés. Et de presque tous, les forces de l’ordre font descendre des sans-papiers, repérables à leurs mains vides, à leurs vêtements informes, à leur mine résignée. De là, ils sont conduits au pont Saint-Louis, où la PAF leur remet un refus d’entrée. Sur ces deux pages remplies par la police figurent notamment le nom, la nationalité et une date de naissance.

    Parfois, ces indications sont fantaisistes (on les reconnaît parce qu’elles indiquent systématiquement comme date un 1er janvier) : la minorité revendiquée par les passagers, qui n’ont jamais de papiers d’identité sur eux et ne sont pas toujours capables de donner une date de naissance précise, n’a pas été considérée comme réelle par les policiers. Ceux-ci choisissent alors une année de naissance estimative, qui « déminorise » les interpellés. Interrogée à ce propos par Le Monde, Mme Joubert (PAF) répond qu’il s’agit « d’un processus technique interne, le plus précis possible au regard des éléments en notre possession ». Ces procédures, dit-elle, « ont été établies afin de ne pas faire échec aux droits » .

    Yacht show de Monaco

    Au chapitre « Vos droits », justement, le document propose deux options. Par la première, le requérant demande à bénéficier d’un délai de vingt-quatre heures. Par la seconde, il affirme : « Je veux repartir le plus rapidement possible. »Or, selon l’Anafé, la case correspondant à cette deuxième option est déjà précochée au moment où les expulsés reçoivent le papier. La décision est exécutoire immédiatement. Le 21 septembre, un arrêt de la Cour de justice de l’Union européenne a jugé illégale cette pratique de refoulement instantané aux frontières. Sans rien changer sur le terrain jusqu’ici.

    Il arrive aussi, en contravention totale avec le droit français, que des mineurs se voient infliger une obligation de quitter le territoire. Celles que montrent, par exemple, Saad, né au Darfour (Soudan) en juillet 2006 (la date figure sur le document établi par la police), et son copain guinéen, 17 ans également. Tous deux sont assis sur un banc, du côté français, la tête entre les mains, incapables de déchiffrer la sommation qui leur donne quarante-huit heures pour contester devant le tribunal administratif. « Une erreur », plaide la PAF. « Nous avons vu cela plusieurs fois », rétorque l’Anafé.

    En cas de doute sur l’âge, un fonctionnaire de l’Aide sociale à l’enfance, structure dépendant du département, doit donner son avis. Ceux qui sont reconnus comme mineurs non accompagnés (les enfants se déplaçant avec des adultes ne bénéficient d’aucune protection particulière) doivent être placés dans des foyers provisoires d’urgence, mais les lits manquent. Le 15 septembre, un hôtel Ibis Budget du centre de Menton a donc été réquisitionné, quoique encore jamais utilisé. Cette décision préfectorale a provoqué la colère d’Yves Juhel, maire (divers droite) de la ville, où les touristes se pressent encore à cette saison. L’édile s’est exprimé sur France 3, le 21 septembre, soit quatre jours avant l’inauguration du Monaco Yacht Show, grand raout dont les participants remplissent les chambres des environs. « Cela ne(…) se fera pas ! Sinon, je serai le premier à être devant l’hôtel pour éviter une telle occupation. (…) Vous n’allez pas faire sortir des gens qui ont payé leur chambre pour en mettre d’autres en situation irrégulière, non ? »

    Dans un courrier adressé à Emmanuel Macron, le 20 septembre, Charles-Ange Ginésy, président Les Républicains du département, réclamait, lui, une prise en charge, par l’Etat, de l’accueil et de l’orientation des mineurs non accompagnés, normalement assumée par sa collectivité. Celle-ci, écrit-il, « ne peut être la victime collatérale d’une frontière passoire qui embolise les personnels en charge de l’enfance » .

    Distribution de repas sur un terrain vague

    En attendant, les personnes refoulées de France s’entassent à Vintimille, avec les primo-arrivants. Ils sont des dizaines sous l’autopont longeant le fleuve Roya, leurs vêtements suspendus aux grillages. « Pour nous laver, il y a la rivière et pour dormir, c’est par terre », racontent, l’air crâne, trois garçons soudanais, arrivés à Lampedusa par la Libye, puis la Tunisie. Ils se disent mineurs mais n’ont pas voulu le déclarer à leur arrivée en Sicile, afin de ne pas être enfermés dans des foyers spécialisés.

    Chaque soir, tout près de là, des associations humanitaires et la paroisse San Rocco de Vallecrosia distribuent, à tour de rôle, des repas sur un terrain vague, dans ce quartier de Roverino où une majorité d’habitants a voté pour la Ligue (extrême droite) aux dernières élections municipales. Mardi 3 octobre, ils étaient 200 à faire la queue, soit moitié moins que les 430 du mardi précédent. Cette baisse correspond-elle à un ralentissement des arrivées du sud du pays ? Ou bien au fait que plus de gens sont parvenus à passer entre les mailles du filet ? Nul ne le sait.

    « Nous sommes habitués à ces cycles, sans pouvoir les analyser » , constate Alessandra Zunino, « référente » chez Caritas. L’organisation catholique distribue des repas le matin et à midi, mais surtout, elle accueille des femmes et des enfants dans une annexe, le long de la voie ferrée. « Nous nous substituons aux services qui manquent, explique Maurizio Marmo, l’un des responsables locaux. A Vintimille, depuis trois ans, plus aucune structure institutionnelle ne fonctionne pour les migrants. Maintenant, tout de même, nous recevons un appui du ministère de l’intérieur pour les vingt places d’hébergement réservées aux femmes et aux enfants. »

    Dans le bâtiment principal, une maison crème aux volets bruns, on se contente de « tendre la main à ceux qui en ont besoin » , poursuit Alessandra Zunino. Quant aux parcours individuels, ils demeurent le plus souvent mystérieux. Même pour le docteur Pedro Casarin, qui soigne des blessures, des bronchites et annonce au moins une grossesse par semaine, sous une tente de Médecins sans frontières. Les gens vont et viennent, restent une heure ou un jour, puis ils repartent aussi soudainement qu’ils étaient arrivés, pour ne jamais revenir. Ils ont bravé le désert, les bandits, les violeurs, la Méditerranée : ce n’est pas une frontière de plus qui va les arrêter.

    https://www.lemonde.fr/societe/article/2023/10/07/a-menton-les-arrivees-de-migrants-augmentent-les-refoulements-aussi_6193012_

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  • Des #pratiques_policières et préfectorales illégales et alarmantes en guise de réponse à la demande de places d’hébergement d’urgence.

    Briançon, le 2 octobre 2023 - La semaine dernière, la préfecture des Hautes-Alpes a annoncé l’arrivée, dès le jeudi 21 septembre, de 84 effectifs supplémentaires dédiés au renforcement des contrôles à la frontière franco-italienne. Depuis, des #interpellations se multiplient autour de la frontière, jusque dans la ville de #Briançon, et même au-delà, où la police traque les personnes exilées pour les chasser de l’espace public. Or, si la préfecture se targue de respecter la loi, il n’en est rien et ces pratiques policières et préfectorales sont illégales et dangereuses.

    Les pratiques en matière de contrôles des personnes exilées dans la ville de Briançon ont changé depuis jeudi dernier : chaque jour, plus d’une dizaine de personnes ont été retenues au poste de police, parfois une nuit entière, suite à des contrôles d’identité dans la ville même, fait plutôt rare jusqu’ici. Les exilé.e.s sont poursuivi.e.s au-delà même de Briançon, dans le train, les bus, et jusqu’à Paris, où vendredi matin (29 septembre) une armada de policiers les attendaient à la descente du train de nuit à la gare d’Austerlitz. La présence policière est également renforcée à Marseille, Gap ou Grenoble.

    Ces contrôles ciblent les personnes racisées, et sont suivies par des retenues au commissariat pouvant aller jusqu’à 24 heures, qui se soldent par des mesures d’éloignement : des OQTF (obligation de quitter le territoire français) sans délai, parfois suivies par des placements en CRA (centre de rétention) dans des villes éloignées, comme Toulouse.

    Dans la ville frontalière de Briançon, ces vagues d’interpellations dissuadent les personnes exilées de circuler, elles ne sont donc en sécurité que dans le seul lieu d’accueil actuellement ouvert, un bâtiment occupé en autogestion. La société publique locale Eau Service de la Haute Durance, dont le président n’est autre que le maire de Briançon, M. MURGIA, a coupé l’approvisionnement en eau courante de ce bâtiment le 17 août 2023. Aggravant la précarité des personnes accueillies, cette décision a de fortes répercussions pour la santé et le respect des droits fondamentaux des personnes. (Le lieu accueillant l’association Refuges solidaires a fermé fin août, ne pouvant assurer seul l’hébergement d’urgence à Briançon.)

    Des ordres ont été donné par le préfet pour augmenter la présence policière dans la ville de Briançon. L’augmentation des contrôles d’identité viserait à prévenir la recrudescence des « incivilités » liées au contexte de pression migratoire. Les forces de l’ordre répètent que les contrôles qu’ils opèrent dans la ville de Briançon sont des contrôles dits « Schengen »[1], possibles dans une bande de 20 km après la frontière, visant à rechercher et prévenir la criminalité transfrontalière.

    Or, le fait de franchir une frontière irrégulièrement, ou de se maintenir sur le territoire français irrégulièrement ne sont pas des infractions permettant de justifier un contrôle d’identité. En aucun cas, la police ne peut déduire que la personne est étrangère à cause d’un critère inhérent à la personne contrôlée (couleur de peau, d’yeux, de cheveux, vêtements, etc..). Ces contrôles sont restreints dans le temps : pas plus de douze heures consécutives. Or, ils sont permanents dans la zone frontalière briançonnaise. Dans les faits, ce sont bien des contrôles au faciès qui sont menés, car ce sont bien les personnes racisées qui sont la cible de ces contrôles, qui ne semblent justifiés par aucun motif précis. A moins que le simple fait de dormir dans la rue soit considéré cyniquement comme une infraction par l’État, ou une « incivilité » alors même que celui-ci se place dans l’illégalité en n’ouvrant pas de places d’hébergement d’urgence dans le département ? Ces contrôles au faciès font plutôt penser à une réelle volonté du préfet de supprimer la présence des personnes exilées de l’espace public.

    Par ailleurs, la CJUE (Cour de justice de l’Union européenne) a bien rappelé dans sa décision[2] du 21 septembre que la France met en place des pratiques illégales en termes de contrôles et d’enfermement aux frontières intérieures, et qu’elle est tenue de se conformer aux textes européens, ce qu’elle ne fait pas.

    Ces pratiques répondent à la même logique que celle dénoncée par nos associations depuis maintenant plusieurs années à la frontière : une volonté politique d’empêcher à tout prix les personnes exilées de circuler, en faisant fi des textes de loi qui encadrent à la fois les contrôles d’identité et les procédures de non-admissions sur le territoire. Aussi, la réponse de l’Etat est une fois de plus de faire croire qu’il est possible « d’étanchéifier » la frontière, en déployant pour cela des moyens dispendieux.

    Or, Médecins du Monde et Tous migrants ont mené une enquête sur une semaine à la fin du mois d’août, et les résultats de nos observations confirment ce que nous documentons depuis plusieurs années : ce dispositif de contrôle de la frontière met en danger les personnes. Il n’empêche absolument pas les personnes exilées d’entrer en France, mais accroît par contre leur vulnérabilité en rendant le passage plus difficile, plus dangereux.

    Les récits des personnes qui traversent la frontière sont édifiants : contrôles par surprise, courses-poursuites par les forces de l’ordre, qui provoquent des chutes, avec des fractures, des entorses ou encore des pertes de connaissance. Marchant en moyenne 10 heures depuis l’Italie pour atteindre Briançon, les personnes font état de leur extrême fatigue, de déshydratation, et du risque de se perdre en montagne. Certain.es ont passé plus de 48 heures en montagne, parfois sans boire ni manger. Cette énième traversée de frontières avec des tentatives de passage souvent multiples s’ajoute à un parcours migratoire extrêmement éprouvant et crée de plus des reviviscences traumatiques susceptibles ensuite de se traduire par des altérations de la santé mentale. Les récits recueillis ces dernières semaines et les observations de Médecins du Monde lors des permanences médicales confirment ces pratiques.

    La plupart des personnes qui traversent la frontière sont originaires des pays d’Afrique sub-saharienne, et plus récemment du Soudan, et relèvent du droit d’asile ou de la protection subsidiaire. Les refouler en Italie de manière systématique et collective ignore le droit d’asile européen. De même, prendre à leur encontre des mesures d’éloignement (OQTF) vers leurs pays d’origine, où elles risquent la mort ou la torture, est contraire au principe de non-refoulement (article 33 de la Convention de 1951 relative au statut des réfugiés).

    [1] Encadrés par le Code de procédure pénale, article 78-2 alinéa 5
    [2] Contrôle des frontières : le gouvernement contraint de sortir de l’illégalité - Alerte presse inter-associative- 21 septembre 2023. http://www.anafe.org/spip.php?article694

    communiqué de presse Tous Migrants (co-signée avec Médecins du Monde), reçu le 3 octobre 2023 via la newsletter de Tous Migrants

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    • Ritorno a #Oulx, sulla frontiera alpina. Aumentano i transiti, i respingimenti sono sistematici

      Sono già diecimila i passaggi monitorati quest’anno allo snodo Nord-occidentale, in forte aumento rispetto al 2022 quando furono in tutto 12mila. La stretta sorveglianza del confine da parte francese e il mancato accesso ai diritti sul territorio italiano, se non per iniziative volontarie, colpiscono duramente i migranti. Il reportage

      Per le strade di Briançon, primo Comune francese subito dopo il confine con l’Italia alla frontiera Nord-occidentale, non c’è quasi nessuno. È una notte fonda dei primi d’ottobre quando all’improvviso sbuca un gruppo di ragazzi che si dirige con passo svelto verso la stazione: cercano un luogo dove potersi riposare. Intorno è tutto chiuso e avrebbero bisogno almeno di bere un sorso d’acqua, ma la gioia di essere riusciti ad arrivare in Francia compensa la necessità di dormire e di mangiare.

      “Ce l’abbiamo fatta”, dice sorridendo uno di loro. Sono in cinque, tutti provenienti dal Niger e tra loro c’è anche un minorenne. “Abbiamo camminato per otto ore -racconta- ci siamo fermati solo per nasconderci dalla polizia in mezzo agli alberi. Oppure ci siamo sdraiati per terra quando sentivamo un rumore dal cielo”.

      A far paura in questi giorni non sono solo i gendarmi appostati con i binocoli ma anche i droni che il governo francese sta usando per bloccare quanti più transitanti possibile. Dotati di visori termici, sono in grado di stanare i ragazzi anche di notte ed è per questo che i “cacciati” tendono a salire sempre più in cima, oltre i duemila metri. In questo modo il loro tragitto, di per sé già complicato, diventa ancora più pericoloso, soprattutto con la neve e il ghiaccio. Il gruppo arrivato a Briançon saluta e si nasconde nel buio per trovare un posto dove riposare qualche ora. C’è da aspettare l’alba, quando con un treno o con un autobus si tenterà di proseguire il viaggio verso una delle principali città francesi.

      “C’è mio fratello che mi aspetta”, racconta un sedicenne mentre riempie la bottiglietta alla fontanella del centro di Claviere (TO), l’ultimo Comune italiano prima del confine. È pomeriggio e il sole è decisamente caldo per essere ottobre, ma lui indossa una giacca a vento e una sciarpa pronta a far da cappello se in nottata la temperatura dovesse scendere. Aspetta insieme a un gruppo di giovani che si faccia buio per salire in montagna. “Non ho paura della montagna. Ho paura di essere preso dalla polizia e di essere rimandato indietro -continua-. Ma tanto ci riprovo”. Un secondo ragazzo racconta di essere già stato respinto due volte: “Ma prima o poi ce la faccio. Sono stato picchiato tante volte lungo il viaggio, torturato e minacciato. Il buio e la montagna non potranno mai essere peggio”. Del freddo sì, qualcuno ha paura.

      La maggior parte delle persone che si apprestano ad attraversare le Alpi non ha idea di quanto le temperature possano scendere in montagna. In questi giorni di caldo decisamente anomalo, poi, non credono a chi li avverte che potrebbero soffrire il freddo e battere i denti. E così al rifugio “Fraternità Massi” di Oulx i volontari devono convincerli a prendere la felpa e a indossare i calzettoni prima di infilare gli scarponi da montagna.

      Questo luogo è diventato negli anni un punto di riferimento fondamentale per i migranti che vogliono lasciare l’Italia e raggiungere la Francia. Ma negli ultimi mesi il flusso di persone che ogni giorno arrivano è cresciuto fino a raggiungere livelli insostenibili. “All’anno scorso ne arrivavano tra le cinquanta e le cento al giorno. Ma i momenti di sovraffollamento erano poco frequenti -spiega una delle volontarie-. Arrivavano soprattutto dalla rotta balcanica: erano siriani, afghani, palestinesi, bengalesi. C’era anche qualche persona nordafricana. Oggi, invece, arrivano quasi esclusivamente migranti provenienti dai Paesi dell’Africa sub-sahariana sbarcati nelle scorse settimane a Lampedusa o in altre località del Sud”.

      In questi giorni al rifugio i volontari sono sotto pressione: arrivano fino a 250 persone a notte ma i posti a disposizione sono solo 80. “È chiaro che dover aiutare così tante persone ha messo a dura prova l’organizzazione -spiega don Luigi Chiampo, parroco di Bussoleno (TO) che gestisce la struttura-. Significa farli dormire per terra, faticare per offrire a tutti un piatto di pasta o per vestirli in maniera adeguata ad affrontare la montagna”. Il rifugio è un luogo sicuro, dove le persone in transito sanno di poter trovare le cure di cui hanno bisogno dal momento che è sempre presente il presidio di due associazioni che offrono assistenza medico-sanitaria: Rainbow for Africa e Medici per i diritti umani (Medu). Ma soprattutto sanno che possono cambiare le scarpe, spesso lacere e inadeguate. “La maggior parte di chi arriva qui lo fa con le infradito ai piedi -racconta Sofia, una delle volontarie- indossando magliette e pantaloncini. Non possono andare in montagna così”.

      Al mattino gli ospiti del rifugio si mettono in fila al guardaroba, una stanza al pian terreno dell’edificio dove si può trovare tutto il necessario per questa nuova tappa del viaggio: scarpe, pantaloni, maglie, giacconi, guanti, calzettoni, cappellini e zaini per uomini, donne e bambini. Tutto viene catalogato per taglia e tipologia.

      “Shoes, chaussures, scarpe. Non vanno bene quelle”, spiegano i volontari. Le persone si lasciano consigliare ma alcune, soprattutto i più giovani, sgranano gli occhi di fronte a felpe colorate e giacche morbide.

      E così, imbacuccati e attrezzati, aspettano l’autobus per Claviere. “Ho 18 anni -dice uno di loro- ma sono partito quando ne avevo 16. Sono due anni che cerco di salvarmi la vita e ora sono nelle mani di Dio”. La maggior parte dei migranti che in questi giorni stanno tentando di attraversare le Alpi è sbarcata nelle scorse settimane a Lampedusa e in poco tempo ha raggiunto il confine: “Non vogliamo rimanere in Italia, abbiamo tutti famiglia o amici che ci aspettano in Francia o in Belgio -spiega Hassan a nome dei suoi compagni di viaggio-. Abbiamo una casa e forse anche un lavoro ad aspettarci”.

      Tra i migranti al rifugio di Oulx ci sono anche molte donne con bambini piccoli. Per loro la traversata in montagna è ancora più difficile, ma non c’è alternativa. Ismael sta imparando a camminare proprio in questi giorni, aggrappandosi alle gambe delle sedie e appoggiandosi alle mani di tanti sconosciuti che gli sorridono. “Non ha paura di niente”, ammette la madre. Insieme a un piccolo gruppo, anche lei tenterà di raggiungere Briançon.

      Intanto è ora di lasciare il rifugio per andare alla stazione e salire sull’autobus. Biglietto alla mano le persone prendono posto e salutano i volontari, sperando davvero di non rivederli più. Se dovessero ripresentarsi a sera tarda o la mattina seguente vorrà dire che la polizia francese li avrà presi e respinti.

      A riportare i migranti al rifugio è un mezzo della Croce Rossa che fa la spola, anche più volte al giorno, tra Monginevro e Oulx. Seguiamo l’autobus per ritornare a Claviere: mentre un gruppo s’inerpica su per la montagna, un furgoncino torna giù con a bordo cinque persone bloccate la sera precedente. È un meccanismo perverso a regolare questo passaggio a Nord-Ovest, l’ennesimo che i migranti subiscono durante il loro viaggio. Mentre sulle montagne va in scena la caccia all’uomo e i bambini sono rimpallati come biglie, i governi europei giocano al braccio di ferro, senza pensare a canali legali che possano garantire sicurezza e rispetto dei diritti umani.

      https://www.youtube.com/watch?v=z_MO67A_-nQ&embeds_referring_euri=https%3A%2F%2Faltreconomia.it%2F&

      https://altreconomia.it/ritorno-sulla-frontiera-alpina-a-oulx-aumentano-i-transiti-i-respingime

    • La denuncia di MEDU: «Respinti anche se minorenni»

      È quel che sta accadendo al confine italo-francese

      Siamo al confine alpino tra Italia e Francia. Più precisamente a Oulx in Alta Val di Susa, al #Rifugio_Fraternità_Massi. Un edificio di solidarietà, assistenza e cura gestito in maniera coordinata da un pool di professionisti e volontari, in cui ognuno opera con compiti specifici assegnati in base all’esperienza, alle competenze alle finalità dell’organizzazione di appartenenza. Un “luogo sicuro” dove poter riposare per una notte, trovare abiti puliti, un pasto dignitoso e ricevere assistenza medica prima di riprendere il proprio viaggio verso la Francia.

      Qui MEDU (Medici per i diritti umani) da inizio del 2022 fornisce assistenza medica alle migliaia di persone migranti diretti in Francia presso l’ambulatorio allestito dall’associazione Rainbow for Africa (R4A) al Rifugio. L’associazione garantisce la presenza di un medico, di una coordinatrice e di un mediatore linguistico – culturale. In particolare, il medico si occupa sia di fornire assistenza sanitaria ai pazienti che di coordinare le attività sanitarie svolte dalle organizzazioni e dai medici volontari presenti presso il rifugio.

      Nell’ultimo web report pubblicato nel mese di maggio del 2023 le autrici descrivono Oulx come una delle ultime tappe di un lungo viaggio, che può durare dai 2 ai 6 anni e che può costare dai 2 agli 8 mila euro. «Un viaggio che collega l’Afghanistan, la Siria, l’Iran e molti paesi africani con i paesi del nord Europa e dell’Europa centrale, attraverso valichi alpini che superano i 1.800 metri di quota».

      Sono numerosi i minori non accompagnati che ogni giorno raggiungono il Rifugio Fraternità Massi.

      «Negli ultimi mesi, in concomitanza con l’aumento degli arrivi via mare», spiega l’organizzazione umanitaria, «il numero delle presenze è aumentato in modo significativo: a fronte di una capienza di 70 posti, si registrano anche 230 presenze in una sola notte presso il rifugio, tra cui donne e minori».

      Sono tantissime le testimonianze, raccolte da MEDU, di minori non accompagnati che sono stati respinti al controllo di frontiera perché al momento dell’ingresso in Italia sono stati registrati – per loro stessa dichiarazione o per errore – come maggiorenni. Nonostante il loro tentativo di dichiarare la vera età al confine, vengono comunque respinti in Italia, invece di accedere alla procedura di asilo in Francia.

      «Non riconoscere la minore età al confine vuol dire esporre i minori ai rischi derivanti dall’attraversamento della frontiera a piedi, di notte, lungo sentieri di montagna impervi e pericolosi, soprattutto nei mesi invernali. A questi, si aggiunge il rischio di consegnarli alle reti dell’illegalità e dello sfruttamento» denuncia MEDU.

      «Stiamo continuando a garantire ascolto e cure alle persone accolte presso il rifugio e a portare all’attenzione dell’opinione pubblica le loro storie» – conclude l’organizzazione – «che raccontano nella maggior parte dei casi di violazioni e abusi subìti lungo le rotte migratorie».

      https://www.meltingpot.org/2023/10/la-denuncia-di-medu-respinti-anche-se-minorenni
      #mineurs #MNA #val_de_suse

  • Walls and fences at EU borders

    The number of border walls and fences worldwide has increased dramatically in recent decades. This also holds for the EU/Schengen area, which is currently surrounded or criss-crossed by 19 border or separation fences stretching for more than 2 000 kilometres (km). Between 2014 and 2022, the aggregate length of border fences at the EU’s external borders and within the EU/Schengen area grew from 315 km to 2 048 km. Two main official reasons are put forward for building border fences: to prevent irregular migration and combat terrorism. The construction of fences at EU borders raises important questions as to their compatibility with EU law, in particular the Schengen Borders Code, fundamental rights obligations, and EU funding rules on borders and migration. While border fences are not explicitly forbidden under EU law, their construction and use must be in accordance with fundamental rights (such as the right to seek international protection) and the rights and procedural safeguards provided by EU migration law. Amid renewed pressure and tensions at the EU’s external borders, in 2021, several Member States asked the European Commission to allow them the use of EU funds to construct border fences, which they regarded as an effective border protection measure against irregular migration. According to Regulation (EU) 2021/1148, EU funding can support ’infrastructure, buildings, systems, and services’ required to implement border checks and border surveillance. The Commission has so far resisted demands to interpret this provision as allowing for the construction or maintenance of border fences. The European Parliament has condemned the practice of ’pushbacks’ at the EU borders consistently, expressing deep concern ’about reports of severe human rights violations and deplorable detention conditions in transit zones or detention centres in border areas’. Moreover, Parliament stressed that the protection of EU external borders must be carried out in compliance with relevant international and EU law, including the EU Charter of Fundamental Rights.

    https://www.europarl.europa.eu/thinktank/en/document/EPRS_BRI(2022)733692
    #murs #barrières_frontalières #frontières #EU #UE #Union_européenne #migrations #asile #réfugiés #chiffres #statistiques #rapport #droits_humains #droits_fondamentaux #contrôles_frontaliers

  • La chute du Heron blanc, ou la fuite en avant de l’agence #Frontex

    Sale temps pour Frontex, l’agence européenne de gardes-frontières : après le scandale des pushbacks dans les eaux grecques, qui a fait tomber son ex-directeur, l’un de ses drones longue portée de type Heron 1, au coût faramineux, s’est crashé fin août en mer ionienne. Un accident qui met en lumière la dérive militariste de l’Union européenne pour barricader ses frontières méridionales.

    Jeudi 24 août 2023, un grand oiseau blanc a fait un plongeon fatal dans la mer ionienne, à 70 miles nautiques au large de la Crète. On l’appelait « Heron 1 », et il était encore très jeune puisqu’il n’avait au compteur que 3 000 heures de vol. Son employeur ? Frontex, l’agence européenne de gardes-frontières et de gardes-côtes chargée depuis 2004 de réguler les frontières européennes, avec un budget sans cesse en hausse.

    Le Heron 1 est désigné dans la terminologie barbare du secteur de l’armement comme un drone MALE (Medium Altitude Long Endurance) de quatrième génération, c’est-à-dire un engin automatisé de grande taille capable de voler sur de longues distances. Frontex disposait jusqu’au crash de seulement deux drones Heron 1. Le premier a été commandé en octobre 2020, quand l’agence a signé un contrat de 50 millions d’euros par an avec Airbus pour faire voler cet appareil en « leasing » – Airbus passant ensuite des sous-contrats, notamment avec le constructeur israélien IAISystem
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    – pour un total de 2 400 heures de vol, et avec des dépassements qui ont fait monter la facture annuelle. En clair, le coût de fonctionnement de ce drôle d’oiseau est abyssal. Frontex rechigne d’ailleurs à entrer dans les détails, arguant de « données commerciales sensibles », ainsi que l’explique Matthias Monroy, journaliste allemand spécialisé dans l’aéronautique : « Ils ne veulent pas donner les éléments montrant que ces drones valent plus cher que des aéroplanes classiques, alors que cela semble évident. »
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    La nouvelle de la chute de l’onéreux volatile n’a pas suscité beaucoup de réactions publiques – il n’en est quasiment pas fait mention dans les médias autres que grecs, hormis sur des sites spécialisés. On en trouve cependant une trace sur le portail numérique du Parlement européen, en date du 29 août 2023. Ce jour-là, Özlem Demirel, députée allemande du parti de gauche Die Linke, pose la question « E-002469/2023 » (une interpellation enregistrée sous le titre : « Crash of a second long-range drone operated on Frontex’s behalf »), dans laquelle elle interroge la fiabilité de ces drones. Elle y rappelle que, déjà en 2020, un coûteux drone longue distance opéré par Frontex s’était crashé en mer – un modèle Hermes 900 cette fois-ci, tout aussi onéreux, bijou de l’israélien Elbit Systems. Et la députée de demander : « Qui est responsable ? »

    Une question complexe. « En charge des investigations, les autorités grecques détermineront qui sera jugé responsable, explique Matthias Monroy. S’il y a eu une défaillance technique, alors IAI System devra sans doute payer. Mais si c’est un problème de communication satellite, comme certains l’ont avancé, ou si c’est une erreur de pilotage, alors ce sera à Airbus, ou plutôt à son assureur, de payer la note. »
    VOL AU-DESSUS D’UN NID D’EMBROUILLES

    Le Heron 1 a la taille d’un grand avion de tourisme – presque un mini-jet. D’une envergure de 17 mètres, censé pouvoir voler en autonomie pendant 24 heures (contre 36 pour le Hermes 900), il est équipé de nombreuses caméras, de dispositifs de vision nocturne, de radars et, semble-t-il, de technologies capables de localiser des téléphones satellites
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    . Détail important : n’étant pas automatisé, il est manœuvré par un pilote d’Airbus à distance. S’il est aussi utilisé sur des théâtres de guerre, notamment par les armées allemande et israélienne, où il s’est également montré bien peu fiable
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    , sa mission dans le cadre de Frontex relève de la pure surveillance : il s’agit de fournir des informations sur les embarcations de personnes exilées en partance pour l’Europe.

    Frontex disposait de deux drones Heron 1 jusqu’au crash. Airbus était notamment chargé d’assurer le transfert des données recueillies vers le quartier général de Frontex, à Varsovie (Pologne). L’engin qui a fait un fatal plouf se concentrait sur la zone SAR(Search and Rescue
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    ) grecque et avait pour port d’attache la Crète. C’est dans cette même zone SAR que Frontex a supervisé plus ou moins directement de nombreux pushbacks (des refoulements maritimes), une pratique illégale pourtant maintes fois documentée, ce qui a provoqué un scandale qui a fini par contraindre le Français Fabrice Leggeri à démissionner de la tête de l’agence fin avril 2022. Il n’est pas interdit de penser que ce Heron 1 a joué en la matière un rôle crucial, fournissant des informations aux gardes-côtes grecs qui, ensuite, refoulaient les embarcations chargées d’exilés.

    Quant à son jumeau, le Heron positionné à Malte, son rôle est encore plus problématique. Il est pourtant similaire à celui qui s’est crashé. « C’est exactement le même type de drone », explique Tamino Bohm, « tactical coordinator » (coordinateur tactique) sur les avions de Sea-Watch, une ONG allemande de secours en mer opérant depuis l’île italienne de Lampedusa. Si ce Heron-là, numéro d’immatriculation AS2132, diffère de son jumeau, c’est au niveau du territoire qu’il couvre : lui survole les zones SAR libyennes, offrant les informations recueillies à ceux que la communauté du secours en mer s’accorde à désigner comme les « soi-disant gardes-côtes libyens »
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    – en réalité, des éléments des diverses milices prospérant sur le sol libyen qui se comportent en pirates des mers. Financés en partie par l’Union européenne, ils sont avant tout chargés d’empêcher les embarcations de continuer leur route et de ramener leurs passagers en Libye, où les attendent bien souvent des prisons plus ou moins clandestines, aux conditions de détention infernales
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    .

    C’est ainsi qu’au large de Lampedusa se joue une sorte de guerre aérienne informelle. Les drones et les avions de Frontex croisent régulièrement ceux d’ONG telles que Sea-Watch, dans un ballet surréaliste : les premiers cherchant à renseigner les Libyens pour qu’ils arraisonnent les personnes exilées repérées au large ; les seconds s’acharnant avec leurs maigres moyens à documenter et à dénoncer naufrages et refoulements en Libye. Et Tamino d’asséner avec malice : « J’aurais préféré que le drone crashé soit celui opérant depuis Malte. Mais c’est déjà mieux que rien. »
    BUDGET GONFLÉ, MANDAT ÉLARGI

    Tant que l’enquête sur le crash n’aura pas abouti, le vol de drones Heron 1 est suspendu sur le territoire terrestre et maritime relevant des autorités grecques, assure Matthias Monroy (qui ajoute que cette interdiction s’applique également aux deux drones du même modèle que possède l’armée grecque). Le crash de l’un de ses deux Heron 1 est donc une mauvaise nouvelle pour Frontex et les adeptes de la forteresse Europe, déjà bien éprouvés par les arrivées massives à Lampedusa à la mi-septembre et l’hospitalité affichée sur place par les habitants. À l’image de ces murs frontaliers bâtis aux frontières de l’Europe et dans l’espace Schengen – un rapport du Parlement européen, publié en octobre 2022 « Walls and fences at EU borders » (https://www.europarl.europa.eu/thinktank/en/document/EPRS_BRI(2022)733692), précise que l’on en est à 2 035 kilomètres de barrières frontalières, contre 315 en 2014 –, matérialisation d’un coûteux repli identitaire clamant une submersion fantasmée, il est évident que la démesure sécuritaire ne freine en rien les volontés de rejoindre l’Europe.

    Ce ne sont pourtant pas les moyens qui manquent. Lors de sa première année d’opérations, en 2005, Frontex disposait d’un budget de 6 millions d’euros. Depuis, celui-ci n’a cessé d’enfler, pour atteindre la somme de 845,4 millions d’euros en 2023, et un effectif de plus de 2 100 personnels – avec un budget prévisionnel 2021-2027 de 11 milliards d’euros et un objectif de 10 000 gardes d’ici à 2027 (dont 7 000 détachés par les États membres).

    Depuis 2019, Frontex dispose d’un mandat élargi qui autorise l’acquisition et la possession d’avions, de drones et d’armes à feu. L’agence s’est aussi géographiquement démultipliée au fil de temps. Ses effectifs peuvent aussi bien patrouiller dans les eaux de Lampedusa que participer à des missions de surveillance de la frontière serbo-hongroise, alors que son rôle initial était simplement d’assister les pays européens dans la gestion de leurs frontières. L’agence européenne joue aussi un rôle dans la démesure technologique qui se développe aux frontières. Rien que dans les airs, l’agence se veut novatrice : elle a déjà investi plusieurs millions d’euros dans un projet de #zeppelin automatisé relié à un câble de 1 000 mètres, ainsi que dans le développement de drones « #quadcopter » pesant une dizaine de kilos. Enfin, Frontex participe aussi à la collecte généralisée de #données migratoires dans le but d’anticiper les refoulements. Elle soutient même des projets visant à gérer les flux humains par #algorithmes.

    Traversée comme les armées par une culture du secret, l’agence s’est fait une spécialité des zones grises et des partenariats opaques, tout en prenant une place toujours plus importante dans la hausse de la létalité des frontières. « Frontex est devenue l’agent de la #militarisation_des_frontières européennes depuis sa création, résume un rapport de la Fondation Jean-Jaurès sorti en juillet 2023. Fondant son fonctionnement sur l’#analyse_des_risques, Frontex a contribué à la perception des frontières européennes comme d’une forteresse assiégée, liant le trafic de drogue et d’êtres humains à des mouvements migratoires plus larges. »

    « VOUS SURVEILLEZ LES FRONTIÈRES, NOUS VOUS SURVEILLONS »

    Dans sa volonté d’expansion tous azimuts, l’agence se tourne désormais vers l’Afrique, où elle œuvre de manière plus ou moins informelle à la mise en place de politiques d’#externalisation des frontières européennes. Elle pèse notamment de tout son poids pour s’implanter durablement au #Sénégal et en #Mauritanie. « Grâce à l’argent des contribuables européens, le Sénégal a construit depuis 2018 au moins neuf postes-frontières et quatre antennes régionales de la Direction nationale de lutte contre le trafic de migrants. Ces sites sont équipés d’un luxe de #technologies de #surveillance_intrusive : outre la petite mallette noire [contenant un outil d’extraction des données], ce sont des #logiciels d’#identification_biométrique des #empreintes_digitales et de #reconnaissance_faciale, des drones, des #serveurs_numériques, des lunettes de vision nocturne et bien d’autres choses encore », révèle une enquête du journal étatsunien In These Times. Très impopulaire sur le continent, ce type de #néocolonialisme obsidional se déploie de manière informelle. Mais il porte bien la marque de Frontex, agence agrippée à l’obsession de multiplier les murs physiques et virtuels.

    Au Sénégal, pour beaucoup, ça ne passe pas. En août 2022, l’association #Boza_Fii a organisé plusieurs journées de débat intitulées « #Pushback_Frontex », avec pour slogan : « Vous surveillez les frontières, nous vous surveillons ». Une manifestation reconduite en août 2023 avec la mobilisation « 72h Push Back Frontex ». Objectif : contrer les négociations en cours entre l’Union européenne et le Sénégal, tout en appelant « à la dissolution définitive de l’agence européenne de gardes-frontières ». Sur RFI, son porte-parole #Saliou_Diouf expliquait récemment son point de vue : « Nous, on lutte pour la #liberté_de_circulation de tout un chacun. […] Depuis longtemps, il y a beaucoup d’argent qui rentre et est-ce que ça a arrêté les départs ? »

    Cette politique « argent contre muraille » est déployée dans d’autres États africains, comme le #Niger ou le #Soudan. Frontex n’y est pas directement impliquée, mais l’Europe verse des centaines de millions d’euros à 26 pays africains pour que des politiques locales visant à bloquer les migrations soient mises en place.

    « Nous avons besoin d’aide humanitaire, pas d’outils sécuritaires », assure Mbaye Diop, travailleur humanitaire dans un camp de la Croix-Rouge situé à la frontière entre le Sénégal et la Mauritanie, dans l’enquête de In These Times. Un constat qui vaut de l’autre côté de la Méditerranée : dans un tweet publié après le crash du Heron 1, l’ONG Sea-Watch observait qu’avec les 50 millions alloués à Airbus et à ses sous-traitants pour planter son Heron dans les flots, « on pourrait faire voler pendant 25 ans nos avions de secours Seabird 1 et Seabird 2 ».

    https://afriquexxi.info/La-chute-du-Heron-blanc-ou-la-fuite-en-avant-de-l-agence-Frontex

    #drones #Heron_1 #frontières #surveillances_des_frontières #contrôles_frontaliers #migrations #asile #réfugiés #drone_MALE (#Medium_Altitude_Long_Endurance) #crash #Airbus #complexe_militaro-industriel #IAI_System #coût #prix #budget #chute #fiabilité #Hermes_900 #Elbit_Systems #données #push-backs #refoulements #AS2132 #Libye #guerre_aérienne_informelle #biométrie

  • Frontex boosts support to Italy
    2023-09-20

    Frontex, the European Border and Coast Guard Agency, will expand its support for Italy following the recent spike in the number of arrivals of irregular migrants on the island of Lampedusa.

    Frontex has already agreed to double the number of flight hours of its aircraft that monitor the Central Mediterranean Sea and offered additional satellite images of the main departure areas of migrants from Tunisia. These measures will allow the Italian authorities to be better monitor the seas and will support any potential search and rescue operations.

    The agency also offered additional support in the registration and identification of migrants by contributing mobile migration teams, comprising about 30 experts, to the port cities of Reggio Calabria and Messina, where many of the migrants were transported to.

    “We are actively collaborating with Italian authorities and stand ready to bolster our support. This is not just an Italian challenge but a collective one for Europe. Together, we embrace the shared responsibility of safeguarding the EU’s external borders,” said Frontex Executive Director Hans Leijtens.

    Frontex already has nearly 40 officers and staff members on Lampedusa to help Italian authorities with the identification and registration of people arriving on the island, as well as one patrol vessel stationed there. In addition, the agency has two aircraft based on Lampedusa and one drone in Malta, assisting with aerial surveillance and providing early warning.

    Frontex is currently looking into sending additional officers to Lampedusa and increasing the number of patrolling hours of the vessels deployed in the area and support efforts to combat the criminal groups involved in people smuggling.

    The agency is also ready to step up its support with return activities. Apart from sending additional return experts and providing training, Frontex may organise identification missions to non-EU countries based on the needs of the Italian authorities to facilitate return procedures.

    Frontex is present in Italy through joint operation Themis, which in total consists of 283 officers and staff, five vessels, seven aircraft, 18 mobile offices and 4 vehicles for migration management.

    https://frontex.europa.eu/media-centre/news/news-release/frontex-boosts-support-to-italy-IHEK3y
    #Frontex #Italie #asile #migrations #réfugiés #frontières #contrôles_frontaliers #Méditerranée #mer_Méditerranée #avions #enregistrement #Reggio_Calabria #identification #Messina #soutien #aide #mobile_migration_teams #Lampedusa #Themis #opération_Themis #militarisation_des_frontières

  • Slovenci objavili gdje je na granici najgore stanje. “Koristimo konjicu, helikoptere”

    SLOVENIJA uvodi pojačane kontrole granice s Hrvatskom. Slovenska policija, odmah nakon graničnih prijelaza, postavlja punktove na kojima može zaustavljati vozila.

    Portal 24ur navodi da se radi o sljedećim mjestima: kod željezničkog nadvožnjaka u mjestu Rigonce u blizini prijelaza Harmica, na punktu Trnovec kod Metlike, Obrežje kod Kalina, ali i na granici prema Italiji - u mjestima Rakitovec, Podgorje i Sočerga na području PU Koper. Iza graničnog prijelaza Obrežje, najvećeg cestovnog prijelaza Hrvatske i Slovenije, policija je organizirala motrenje.

    Kako pišu slovenski mediji, nakon ulaska Hrvatske u Schengen početkom godine, broj migranata koji zapadnobalkanskom rutom ilegalno dolaze u Sloveniju, pa tako i preko Bosne i Hercegovine, znatno je porastao. Slovenska policija je od početka godine do kraja kolovoza obradila 36.137 ilegalnih prelazaka državne granice između Slovenije i Hrvatske. U istom razdoblju prošle godine obrađen je 13.601 neovlašteni ulazak.

    Policija primjećuje da je i prije ulaska Hrvatske u šengenski prostor došlo do preusmjeravanja migracijskih tokova s ​​područja Bele krajine na područje Posavja. Jedan od razloga je i to što sve više migranata u Hrvatskoj iskazuje namjeru traženja azila, pa ih se dovozi u azilantske centre na zagrebačkom području, koje je geografski vrlo blizu Posavja, rekao je Bojan Tomc, načelnik Odjela za državnu granicu i strance, pojasnili su prije nekoliko dana iz Policijske uprave (PU) Novo mesto.

    I dok slovenska vlada Roberta Goloba inzistira na koalicijskoj obvezi oko uklanjanja ograde na granici, iz pograničnih općina kažu da šengenski sustav u Hrvatskoj očito ne funkcionira. Od mještana se čuju pozivi da se pojača policijski nadzor i da se prestane s uklanjanjem ograde na granici.
    Slovenci objavili gdje je najgore stanje

    Kako pišu slovenski mediji, trenutno je najgore na području zapadno od Samobora (Bregana-Obrežje) i posebno Zaprešića. S hrvatske strane granice zapadno od Zaprešića nalazi se Šenkovec, a sa slovenske mjesto Rigonce za koje Slovenci kažu da je najpogođenije migracijama.

    Cijelo to područje od Obrežja do Rigonce spada u slovensku regiju Posavje, gdje su najviše pogođena naselja Rigonce, Dobova (nalazi se u nastavku na Rigonce) i Obrežje. Prema riječima ravnatelja PU Novo mesto Igora Juršiča, policija je u Rigoncama, gdje je najkritičnije - trenutno bilježe od 120 do 200 migranata dnevno - pojačala kontrolu i ophodnjama i tehničkim sredstvima. Između ostalog, migrante nastoje presresti što bliže granici kako ne bi ulazili u naselja i izazivali nelagodu kod mještana. Svakodnevno koriste konjicu, vodiče službenih pasa i helikopter. Surađuju s hrvatskom policijom s kojom imaju redovite sastanke, a u mješovitim patrolama zajednički nadziru područje s obje strane granice.

    Ove godine na području PU Novo mesto obrađeno je 32.500 stranaca koji su ilegalno prešli državnu granicu. U istom razdoblju prošle godine takvih je prelazaka bilo oko 5000. Samo u Rigoncama ove je godine granicu ilegalno prešlo 25 tisuća stranaca. Također je uhićeno 177 stranaca, krijumčara, koji su počinili kazneno djelo nedopuštenog prelaska državne granice. Lani je u istom razdoblju uhićen 31.
    “Mještani su vrlo tolerantni”

    Kako javlja STA, zamjenik glavnog ravnatelja policije Robert Ferenc objasnio je na hitnoj sjednici Odbora za unutarnje poslove, državnu upravu i lokalnu samoupravu da se nakon ulaska Hrvatske u šengenski prostor migracije više odvijaju kroz tzv. zelenu granicu nego raznim cestovnim i željezničkim pravcima.

    Zbog toga je policija pojačala prisutnost i počela provoditi mješovite ophodnje sa svim policijama država s kojima Slovenija graniči. Glavni ravnatelj policije Senad Jušić pozvao je hrvatskog kolegu da pojača mješovite ophodnje na području Policijske postaje Brežice.

    Načelnik Općine Brežice Ivan Molan rekao je da je ministar unutarnjih poslova Boštjan Poklukar tijekom posjeta Rigoncama obećao da će ovaj dio ograde biti posljednji koji će biti uklonjen.

    Mještane Rigonca, koji osjećaju izrazito pojačan pritisak ilegalnih prelazaka granice, opisao je kao vrlo tolerantne prema izbjeglicama te, prema njegovim riječima, zbog toga nije bilo sukoba između te dvije skupine. Prema riječima Anje Bah Žibert (SDS), u rujnu je granicu prešlo 6200 migranata u naselju s oko 180 stanovnika.

    https://www.index.hr/vijesti/clanak/slovenci-objavili-na-kojem-granicnom-prijelazu-s-hrvatskom-ulazi-najvise-migranata/2498944.aspx

    Google translation:
    Slovenians announced where the worst situation is on the border. “We use cavalry, helicopters”

    SLOVENIA introduces increased border controls with Croatia. Immediately after the border crossings, the Slovenian police set up checkpoints where they can stop vehicles.

    The 24ur portal states that the following places are involved: near the railway overpass in the town of Rigonce near the Harmica crossing, at the Trnovec point near Metlika, Obrežje near Kalin, but also on the border with Italy - in the towns of Rakitovec, Podgorje and Sočerga in the area of ​​PU Koper. Behind the Obrežje border crossing, the largest road crossing between Croatia and Slovenia, the police organized surveillance.

    According to the Slovenian media, after Croatia’s entry into Schengen at the beginning of the year, the number of migrants who illegally come to Slovenia via the Western Balkans route, including via Bosnia and Herzegovina, has increased significantly. From the beginning of the year to the end of August, the Slovenian police processed 36,137 illegal border crossings between Slovenia and Croatia. In the same period last year, 13,601 unauthorized entries were processed.

    The police note that even before Croatia’s entry into the Schengen area, there was a redirection of migration flows from the area of ​​Bela Krajina to the area of ​​Posavija. One of the reasons is that more and more migrants in Croatia express their intention to seek asylum, so they are brought to asylum centers in the Zagreb area, which is geographically very close to Posavije, said Bojan Tomc, head of the Department for State Borders and Foreigners, explained a few days ago from the Police Administration (PU) Novo mesto.

    And while the Slovenian government of Robert Golob insists on a coalition commitment to remove the fence on the border, the border municipalities say that the Schengen system in Croatia is clearly not working. There are calls from the locals to increase police surveillance and to stop removing the border fence.
    Slovenians announced where the worst situation is

    According to the Slovenian media, it is currently worst in the area west of Samobor (Bregan-Obrežje) and especially Zaprešić. On the Croatian side of the border, west of Zaprešić, is Šenkovec, and on the Slovenian side is Rigonce, which Slovenians say is the most affected by migration.

    The entire area from Obrežje to Rigonce belongs to the Slovenian region of Posavje, where the settlements of Rigonce, Dobova (it is located below Rigonce) and Obrežje are the most affected. According to the director of PU Novo mesto Igor Juršič, the police in Rigonci, where it is most critical - currently recording 120 to 200 migrants per day - has strengthened control with patrols and technical means. Among other things, they try to intercept migrants as close to the border as possible so that they do not enter settlements and cause discomfort among the locals. They use cavalry, service dog handlers and a helicopter on a daily basis. They cooperate with the Croatian police, with whom they have regular meetings, and jointly monitor the area on both sides of the border in mixed patrols.

    This year, 32,500 foreigners who illegally crossed the state border were processed in the territory of the Novo mesto PU. In the same period last year, there were about 5,000 such crossings. Only in Rigonci this year, 25,000 foreigners crossed the border illegally. Also, 177 foreigners, smugglers, who committed the crime of illegally crossing the state border were arrested. Last year, 31 were arrested in the same period.
    “The locals are very tolerant”

    As reported by STA, Deputy Director General of Police Robert Ferenc explained at the emergency meeting of the Committee for Internal Affairs, State Administration and Local Self-Government that after Croatia’s entry into the Schengen area, migration is taking place more through the so-called the green border but by various road and rail routes.

    Because of this, the police increased their presence and began conducting joint patrols with all the police of the countries with which Slovenia borders. Chief Police Director Senad Jušić called on his Croatian colleague to step up mixed patrols in the area of ​​the Brežice Police Station.

    The head of the municipality of Brežice, Ivan Molan, said that the Minister of the Interior, Boštjan Poklukar, promised during his visit to Rigonci that this part of the fence would be the last to be removed.

    He described the locals of Rigonc, who feel the extremely increased pressure of illegal border crossings, as very tolerant towards refugees and, according to him, because of this, there were no conflicts between the two groups. According to Anja Bah Žibert (SDS), in September, 6,200 migrants crossed the border in a settlement with about 180 inhabitants.

    #migrations #asile #réfugiés #frontières #contrôles_frontaliers #Slovénie #Croatie #militarisation_des_frontières #Rigonice #Harmica
    #Trnovec #Metlika #Obrežje #Kalin #Rakitovec #Podgorje #Sočerga
    #Italie #Schengen #Posavja #Zaprešić #Šenkovec

    via @erim

  • Poland to conduct migrant searches at Slovakian border

    PM Mateusz Morawiecki says measures will combat illegal migration from Slovakia, which has arrested 27,000 migrants so far this year. Poland says it doesn’t want to be accused of having porous borders.

    Prime Minister Mateusz Morawiecki on Monday announced that Poland would begin conducting vehicle searches at its border with Slovakia.

    “I instructed the interior minister to introduce controls there... on minibuses, vans, cars, buses where there is suspicion that there are illegal immigrants,” he said.

    Morawiecki, who made the remarks at a campaign event, said the move was designed to halt traffic on a new, unauthorized migrant route to Germany.

    “We don’t want anyone alleging that our border is porous,” said Morawiecki.
    Warsaw dealing with unpleasant migration scandal during election campaign

    The announcement comes on the heels of German Chancellor Olaf Scholz calling for Polish clarification on reports that Warsaw’s embassies in Africa and Asia were selling temporary EU work visas for thousands of dollars each.

    A top diplomat has been fired and the Polish embassy in Nairobi, Kenya, is under investigation as a result of the scandal. Yet, despite the belief that the scheme was run from within his department, Foreign Minister Zbigniew Rau has refused to step down.

    Scholz, who has faced criticism at home for not doing enough to curb migrant arrivals, told the German news agency DPA this weekend that Warsaw would have to be transparent, “I don’t want people to just be waved through from Poland and us to have a discussion about asylum policy afterward.”

    Polish Foreign Minister Rau called on Scholz, “to respect Poland’s sovereignty and refrain from statements that damage our mutual relations.”

    Rau has now accused Scholz of meddling in Poland’s internal affairs just weeks before the ruling ultra-conservative Law and Justice (PiS) party hopes to win a third term in power in elections set for October 15 — PiS has made illegal migration a central issue in its nationalist campaign.

    Scholz spokesman Steffen Hebestreit on Monday said, “I can’t see any interference in any election campaign,” adding that it was “perfectly normal” for the chancellor to be commenting on a situation “in which Germany is massively affected.”
    Schengen suspended as countries struggle to control border amid migrant influx

    Last week, German Interior Minister Nancy Faeser acknowledged Berlin was in talks with Poland and the Czech Republic about introducing temporary border checks to stop the influx of migrants into Germany.

    At the time, Faeser said the border presence would come in addition to random police checks already being carried out.

    Germany, Poland, Slovakia and the Czech Republic are all members of Europe’s visa-free Schengen Area, which means that, in theory, there are no border checks when crossing between them.

    In practice, several states carry out some form of checks at certain borders within Schengen.

    Still, many countries have struggled to control the large number of people coming to the EU from Asia, the Middle East and Africa. Slovakia in particular has seen a large increase in arrivals. Authorities there say they have detained more than 27,000 people so far this year — nine times more than during the same period last year.

    https://www.infomigrants.net/en/post/52101/poland-to-conduct-migrant-searches-at-slovakian-border

    #Pologne #Slovaquie #République_slovaque #frontières #migrations #réfugiés #contrôles_frontaliers #militarisation_des_frontières #Allemagne #contrôles_systématiques_aux_frontières #République_Tchèque

  • Human rights violations: German Federal Police equips Coast Guard in Tunisia

    The German Ministry of the Interior gives indications that border troops from Tunisia are using German equipment for their crimes in the Mediterranean. Organisations report stolen engines and drowned refugees. These troops received dozens of engines, inflatable boats and training from Germany.

    More than 130,000 people are reported to have crossed the Mediterranean to Italy in small boats this year to seek refuge in Europe. Most departures are now no longer from Libya, but from Tunisia. There, the refugees, most of whom come from sub-Saharan countries, are driven into the desert by the state and persecuted by the population in pogroms.

    Human rights organisations regularly report that the Tunisian coast guard steals the engines of migrant boats on the high seas, thus exposing the occupants to drowning. The Federal Ministry of the Interior, in its answer to a parliamentary question, gives indications that maritime equipment from Germany is used for these crimes.

    In the last two years, the Federal Police has donated 12 inflatable boats and 27 boat motors to the Tunisian border troops, according to the answer of the German Ministry of the Interior. In addition, the Federal Police has sent trainers to train the authorities in the use of “fast control boats”. This measure was repeated this year as a “further qualification”. In addition, there was a “basic and advanced training course” on repairing Yamaha engines.

    Already in 2019, the German government supported the coast guard in Tunisia by providing them with equipment for a boat workshop. In addition, 14 training and advanced training measures were carried out for the National Guard, the border police and the coast guard. These trainings were also aimed at learning how to use “control boats”.

    Tunisia has also received dozens of rigid-hull inflatable boats as well as patrol vessels from the USA since 2012. Several larger ships for the coast guard also come from Italy, and these donations are financed from EU funds. Germany could also be indirectly involved in these measures: according to the answer from the Ministry of the Interior, the German Federal Police has supplied Tunisia with six special tool kits for engines of 35-metre-class ships.

    By supporting the Tunisian coast guard, the German Federal Police is “actively aiding and abetting the wanton drowning of people”, comments Clara Bünger, the refugee policy spokesperson of the Left Party in the Bundestag, who is responsible for the enquiry. “The equipment and training for the coast guard serve to prevent people from fleeing in violation of international law,” Felix Weiss from the organisation Sea-Watch, which rescues refugees in the Mediterranean, also says in response to a question from “nd”. The German government is thus partly responsible for the atrocities committed by the Tunisian counterpart, which recently claimed dozens of lives in the desert.

    Tunisia also receives support from Germany in the desert region where the state crimes took place. The Ministry of Defence has financed an enhancement initiative” along the border with Libya, using surveillance technology worth millions of euros from the arms companies Airbus and later Hensoldt. This technology includes, among other things, radar systems and high-value sensors. The project was led by the US military.

    During the same period, the Federal Police began its support in Tunisia and opened a “Project Office” in the capital in 2015. A year later, a “security agreement” was concluded, after which Germany donated dozens of all-terrain vehicles, binoculars, thermal imaging equipment and other material to Tunisian authorities as part of a “Border Police Project”. The Federal Police also installed body scanners at the airport in Tunis and trained the officers there in their operation. In addition, training was provided on “information gathering from the population”.

    Other measures taken by the Federal Police include the construction and expansion of three police stations and barracks with control rooms. The funds for this project, which was carried out with France, the Netherlands, Italy and Switzerland, came from EU development aid.

    According to the answer now available from the Ministry of the Interior, 449 Federal Police officers have been deployed in Tunisia over the past eight years. A total of 3395 members of the Tunisian National Guard and the border police have been trained, including in Germany.

    The German government said it had “condemned the reported disappearance of refugees into the desert in the summer and demanded that these practices be stopped and clarified”. Most recently, the Minister of State of the Federal Foreign Office, Katja Keul, urged the observance of “general principles of the rule of law” during a visit to Tunis in August.

    The office of the Green MP did not answer a question from “nd” on whether these repeated requests were successful from her point of view. The Foreign Office subsequently wrote: “Due to Tunisia’s geographical location on the southern edge of the Mediterranean, it follows that we must try to cooperate with Tunisia.”

    After concluding a “Migration Pact”, the EU wants to provide the government in Tunis with a further €255 million from two financial pots for migration control. Despite known human rights abuses by the beneficiary authorities, the first €67 million of this will now be disbursed, the EU Commission announced on Friday. The package, announced in June, includes new vessels and thermal imaging cameras and other “operational tools”, as well as necessary training.

    In a project already launched in 2017, the EU is also funding the development of a modern surveillance system along the Tunisian coast. By connecting to EU systems, the Tunisian border police and navy will exchange information with other EU Member States and Frontex.

    https://digit.site36.net/2023/09/27/human-rights-violations-german-federal-police-equips-coast-guard-in-tu

    #Tunisie #migrations #réfugiés #militarisation_des_frontières #gardes-frontière #Allemagne #externalisation #frontières #contrôles_frontaliers #accord #technologie #complexe_militaro-industriel #équipement #équipement_maritime #formation #Italie #techonologie #radar #Airbus #Hensoldt #accord #Border_Police_Project #Trust_Fund #migration_pact #bateaux #caméras_thermiques

  • #Alpes-Maritimes : à #Menton, près de 3 000 migrants interpellés en deux semaines

    Ce total porte à 32 000 le nombre d’#interpellations depuis le début de l’année le long de la #frontière dans le département, un chiffre en hausse de 20 % par rapport à l’an dernier sur la même période, a précisé vendredi la directrice départementale de la police aux frontières.

    Les renforts des forces de l’ordre ont permis d’interpeller près de 3 000 migrants depuis le 8 septembre à Menton, dans les Alpes-Maritimes, avant l’afflux possible de migrants débarqués en masse à Lampedusa, a annoncé, vendredi 22 septembre, Emmanuelle Joubert, directrice départementale de la police aux frontières.

    Ce total porte à 32 000 le nombre d’interpellations depuis le début de 2023 le long de la frontière dans ce département, un chiffre en hausse de 20 % par rapport à 2022 sur la même période alors que les arrivées en Italie ont plus que doublé par rapport à 2022, a expliqué Mme Joubert lors d’un point de presse.

    Parmi les migrants interpellés, 24 000 ont fait l’objet d’une procédure de non-admission et ont été remis aux autorités italiennes, soit 10 % de plus qu’en 2022. Mais beaucoup ont été comptabilisés plusieurs fois après avoir multiplié les tentatives. Les autres étaient des mineurs non accompagnés, qui ne peuvent être refoulés et dont le nombre a bondi de 50 %, pour atteindre 5 000 arrivées, et des majeurs interceptés au-delà de la bande de 20 kilomètres permettant les réadmissions en Italie.

    Rétablissement des contrôles aux frontières

    Les procédures ont été mises en place en 2015 avec le rétablissement des contrôles aux frontières à la suite des attentats : tous les trains passant par Menton sont contrôlés, des policiers filtrent les postes-frontières et patrouillent dans les montagnes de l’arrière-pays. Seuls les contrôles sur l’autoroute restent beaucoup plus aléatoires.

    Depuis le 1er juin, une force frontière (border force) est déployée, avec des renforts de personnel, l’appui des militaires de l’opération « Sentinelle » et de drones à caméras thermiques. Dans un arrêt rendu jeudi, la Cour de justice de l’Union européenne (CJUE) a estimé que la France ne pouvait pas procéder à des refoulements systématiques de cette manière. « Nous avons été informés. L’Etat réalise une analyse, nous aurons les instructions plus tard », a expliqué Mme Joubert.

    En attendant, les contrôles se sont intensifiés après l’arrivée de plus de 12 000 migrants en quelques jours la semaine dernière sur les côtes italiennes, pour la plupart sur la petite île de Lampedusa. Mais « il s’écoule souvent un délai de plusieurs semaines entre leur arrivée en Italie et le passage de la frontière », a expliqué Mme Joubert. Ainsi, les personnes interpellées jeudi étaient arrivées à la fin d’août ou au début de septembre en Italie. Seuls deux avaient débarqué la semaine dernière à Lampedusa.

    Lors d’un déplacement à Menton, le 12 septembre, le ministre de l’intérieur, Gérald Darmanin, avait annoncé des renforts dans la lutte contre l’immigration irrégulière à la frontière italienne, où la France constate « une augmentation de 100 % des flux », avait-il dit.

    https://www.lemonde.fr/societe/article/2023/09/22/alpes-maritimes-a-menton-pres-de-3-000-migrants-interpelles-en-deux-semaines

    #chiffres #statistiques #2023 #frontières #asile #migrations #réfugiés #frontière_sud-alpine #militarisation_des_frontières #non-admission #procédure_de_non-admission #réadmissions #push-backs #refoulements #contrôles_systématiques #Vintimille #contrôles_frontaliers #border_force #force_frontière #opération_Sentinelle #Sentinelle #anticipation (par rapport aux arrivées probables en lien avec le nombre important de personnes débarquées à Lampedusa...)

    Lien avec #Lampedusa...
    https://seenthis.net/messages/1017235

    • Militari, elicotteri, droni e cani contro i migranti: la Francia blinda il confine con l’Italia

      Parigi proroga ancora ancora una volta il ripristino dei controlli alle frontiere aboliti da Schengen. «Non accoglieremo migranti da Lampedusa»

      Il ministro dell’Interno Gérald Darmanin aveva chiarito già lunedì scorso, prima dell’incontro con il suo omologo italiano Matteo Piantedosi, che “la Francia non accoglierà migranti da Lampedusa”. 120 uomini a supporto della Géndarmerie, militari, droni, elicotteri e cani a controllare il confine. Parigi proroga ancora ancora una volta il ripristino dei controlli alle frontiere aboliti dal trattato di Schengen salvo casi particolari. È la tensione che sale per la pressione migratoria che nelle ultime settimane preme dall’Italia e allarma l’Europa. A Lampedusa intanto continuano gli arrivi. 13 in un’ora, 402 le persone sbarcate, oltre 1.800 gli ospiti dell’hotspot di Contrada Imbriacola. Attenzione alta anche sul lato est, a Trieste, sulla rotta balcanica.

      Il totale di migranti sbarcati in Italia nel 2023 ieri è salito a 131mila. A Ventimiglia ieri c’erano circa 400 migranti. Blindato il valico di Ponte San Ludovico per impedire il passaggio da Ventimiglia. I controlli sono molto fitti tra Garavano e Mentone. Parigi smentisce l’impegno sul campo contro i clandestini anche del “Vigipirate”, il reparto speciale collegato al piano di sicurezza anti-terrorismo strutturato nel 1978 dal Presidente Giscard d’Estaing. Proprio vicino alla frontiera si sta lavorando a una nuova struttura di identificazione che servirà a trattenere nelle ore serali i migranti irregolari individuati dalla parte francese del confine e che verranno riportati in Italia la mattina dopo.

      La pressione migratoria è percepita come una “minaccia” a Parigi. I migranti si inerpicano di notte su sentieri anche pericolosi, a strapiombo, per attraversare il confine. “Sono dispiegati 120 militari della Border Force che assicurano, notte e giorno, azioni di sorveglianza della frontiera – spiega la prefettura del dipartimento francese delle Alpes-Maritimes – con missione di dissuasione, raccolta di informazioni sul terreno e individuazione di stranieri in situazione irregolare nella striscia di confine”. Gli agenti del Vigipirate sono chiamati “chasseurs des Alpes”, i cacciatori delle Alpi.

      I migranti intanto “hanno ben compreso che sono aumentati i controlli – ha dichiarato all’Ansa Jacopo Colomba di We World – ma loro hanno vissuto frontiere molto più traumatiche di questa. Hanno capito che c’è più polizia ma non vivono questa cosa come un trauma eccessivo. Dalle prime testimonianze che ci hanno fornito comprendono che ci vorrà più di un tentativo per passare e il turn over sarà più lento ma alla fine passeranno“. Qualora dovesse aumentare il flusso di persone aumenterebbero anche i prezzi dei passeurs.

      https://www.unita.it/2023/09/20/militari-elicotteri-droni-e-cani-contro-i-migranti-la-francia-blinda-il-confin

  • EU judges slam France’s migrant pushbacks

    Ruling examines decision to shut French border to non-EU nationals.

    The EU’s top court ruled against France’s policy of turning away migrants at its borders.

    The European Court of Justice announced on Thursday (https://curia.europa.eu/jcms/upload/docs/application/pdf/2023-09/cp230145en.pdf) that those actions breached the EU’s rules on migrant returns.

    The ruling comes as France closed its border to Italy amid a recent surge in migrant arrivals to the Italian island of Lampedusa.

    France’s center-right Home Affairs Minister Gerard Darmanin had on Monday vowed that “France will not take in a single migrant from Lampedusa” after meeting his Italian counterpart Matteo Piantedosi in Rome (https://www.ansa.it/sito/notizie/mondo/2023/09/18/darmanin-la-francia-non-accogliera-migranti-da-lampedusa_2f53eae6-e8f7-4b82-9d7).

    But EU rules compel member countries to initiate a formal procedure when expelling an irregular migrant, and give that person sufficient time to leave the country.

    So-called pushbacks of migrants, or forcing a migrant directly back across a border, may only be carried out as a last resort, the judges in Luxembourg ruled.

    They also noted that non-EU citizens who lack permission to stay may not be turned away at internal EU borders.

    Commenting on the ruling, the European Commission’s Home Affairs spokesperson Anitta Hipper told a daily media briefing that “reintroducing [internal EU] border controls must remain an exceptional measure.” (https://audiovisual.ec.europa.eu/en/video/I-246319)

    She added that the EU executive is in consultations with countries that have sealed their borders.

    This ruling comes as the European Parliament’s home affairs committee on Wednesday backed legislation that allows EU countries to enact border controls only when faced with emergencies such as health or terrorism threats, and only for a limited time period.

    https://www.politico.eu/article/eu-judges-slam-france-migrant-pushback

    #migrations #asile #réfugiés #frontière_sud-alpine #Italie #France #frontières #push-backs #refoulements #fermeture_des_frontières #Alpes #justice #C-143/22 #Cour_de_justice_de_l'Union_européenne (#CJUE) #frontières_intérieures

    • JUDGMENT OF THE COURT (Fourth Chamber)

      (Reference for a preliminary ruling – Area of freedom, security and justice – Border control, asylum and immigration – Regulation (EU) 2016/399 – Article 32 – Temporary reintroduction of border control by a Member State at its internal borders – Article 14 – Refusal of entry – Equation of internal borders with external borders – Directive 2008/115/EC – Scope – Article 2(2)(a))

      In Case C‑143/22,

      REQUEST for a preliminary ruling under Article 267 TFEU from the Conseil d’État (Council of State, France), made by decision of 24 February 2022, received at the Court on 1 March 2022, in the proceedings

      Association Avocats pour la défense des droits des étrangers (ADDE),

      Association nationale d’assistance aux frontières pour les étrangers (ANAFE),

      Association de recherche, de communication et d’action pour l’accès aux traitements (ARCAT),

      Comité inter-mouvements auprès des évacués (Cimade),

      Fédération des associations de solidarité avec tou.te.s les immigré.e.s (FASTI),

      Groupe d’information et de soutien des immigré.e.s (GISTI),

      Ligue des droits de l’homme (LDH),

      Le paria,

      Syndicat des avocats de France (SAF),

      SOS – Hépatites Fédération

      v

      Ministre de l’Intérieur,

      intervening party :

      Défenseur des droits,

      THE COURT (Fourth Chamber),

      composed of C. Lycourgos (Rapporteur), President of the Chamber, L.S. Rossi, J.-C. Bonichot, S. Rodin and O. Spineanu-Matei, Judges,

      Advocate General : A. Rantos,

      Registrar : M. Krausenböck, Administrator,

      having regard to the written procedure and further to the hearing on 19 January 2023,

      after considering the observations submitted on behalf of :

      – Association Avocats pour la défense des droits des étrangers (ADDE), Association nationale d’assistance aux frontières pour les étrangers (ANAFE), Association de recherche, de communication et d’action pour l’accès aux traitements (ARCAT), Comité inter-mouvements auprès des évacués (Cimade), Fédération des associations de solidarité avec tou.te.s les immigré.e.s (FASTI), Groupe d’information et de soutien des immigré.e.s (GISTI), Ligue des droits de l’homme (LDH), Le paria, Syndicat des avocats de France (SAF) and SOS – Hépatites Fédération, by P. Spinosi, lawyer,

      – the Défenseur des droits, by C. Hédon, Défenseure des droits, M. Cauvin and A. Guitton, acting as advisers, and by I. Zribi, lawyer,

      – the French Government, by A.-L. Desjonquères and J. Illouz, acting as Agents,

      – the Polish Government, by B. Majczyna, E. Borawska-Kędzierska and A. Siwek-Ślusarek, acting as Agents,

      – the European Commission, by A. Azéma, A. Katsimerou, T. Lilamand and J. Tomkin, acting as Agents,

      after hearing the Opinion of the Advocate General at the sitting on 30 March 2023,

      gives the following

      Judgment

      1 This request for a preliminary ruling concerns the interpretation of Article 14 of Regulation (EU) 2016/399 of the European Parliament and of the Council of 9 March 2016 on a Union Code on the rules governing the movement of persons across borders (Schengen Borders Code) (OJ 2016 L 77, p. 1, ‘the Schengen Borders Code’), and of Directive 2008/115/EC of the European Parliament and of the Council of 16 December 2008 on common standards and procedures in Member States for returning illegally staying third-country nationals (OJ 2008 L 348, p. 98).

      2 The request has been made in proceedings between Association Avocats pour la défense des droits des étrangers (ADDE), Association nationale d’assistance aux frontières pour les étrangers (ANAFE), Association de recherche, de communication et d’action pour l’accès aux traitements (ARCAT), Comité inter-mouvements auprès des évacués (Cimade), Fédération des associations de solidarité avec tou.te.s les immigré.e.s (FASTI), Groupe d’information et de soutien des immigré.e.s (GISTI), Ligue des droits de l’homme (LDH), Le Paria, Syndicat des avocats de France (SAF), SOS – Hépatites Fédération, and Ministre de l’Intérieur (Minister of the Interior, France) regarding the legality of the ordonnance no 2020-1733 du 16 décembre 2020 portant partie législative du code de l’entrée et du séjour des étrangers et du droit d’asile (Order No 2020-1733 of 16 December 2020, laying down the legislative part of the Code on Entry and Residence of Foreigners and the Right of Asylum) (JORF of 30 December 2020, Text No 41).

      Legal context

      European Union law

      The Schengen Borders Code

      3 Pursuant to Article 2 of the Schengen Borders Code :

      ‘For the purposes of this Regulation the following definitions apply :

      1. “internal borders” means :

      (a) the common land borders, including river and lake borders, of the Member States ;

      (b) the airports of the Member States for internal flights ;

      (c) sea, river and lake ports of the Member States for regular internal ferry connections ;

      2. “external borders” means : the Member States’ land borders, including river and lake borders, sea borders and their airports, river ports, sea ports and lake ports, provided that they are not internal borders ;

      …’

      4 Title II of that code, which concerns ‘External Borders’, includes Articles 5 to 21.

      5 Article 14 of the code, entitled ‘Refusal of entry’, states :

      ‘1. A third-country national who does not fulfil all the entry conditions laid down in Article 6(1) and does not belong to the categories of persons referred to in Article 6(5) shall be refused entry to the territories of the Member States. This shall be without prejudice to the application of special provisions concerning the right of asylum and to international protection or the issue of long-stay visas.

      2. Entry may only be refused by a substantiated decision stating the precise reasons for the refusal. The decision shall be taken by an authority empowered by national law. It shall take effect immediately.

      The substantiated decision stating the precise reasons for the refusal shall be given by means of a standard form, as set out in Annex V, Part B, filled in by the authority empowered by national law to refuse entry. The completed standard form shall be handed to the third-country national concerned, who shall acknowledge receipt of the decision to refuse entry by means of that form.

      Data on third-country nationals whose entry for a short stay has been refused shall be registered in the EES in accordance with Article 6a(2) of this Regulation and Article 18 of Regulation (EU) 2017/2226 [of the European Parliament and of the Council of 30 November 2017 establishing an Entry/Exit System (EES) to register entry and exit data and refusal of entry data of third-country nationals crossing the external borders of the Member States and determining the conditions for access to the EES for law enforcement purposes, and amending the Convention implementing the Schengen Agreement and Regulations (EC) No 767/2008 and (EU) No 1077/2011 (OJ 2017 L 327, p. 20)].

      3. Persons refused entry shall have the right to appeal. Appeals shall be conducted in accordance with national law. A written indication of contact points able to provide information on representatives competent to act on behalf of the third-country national in accordance with national law shall also be given to the third-country national.

      Lodging such an appeal shall not have suspensive effect on a decision to refuse entry.

      Without prejudice to any compensation granted in accordance with national law, the third-country national concerned shall, where the appeal concludes that the decision to refuse entry was ill-founded, be entitled to the correction of the data entered in the EES or of the cancelled entry stamp, or both, and any other cancellations or additions which have been made, by the Member State which refused entry.

      4. The border guards shall ensure that a third-country national refused entry does not enter the territory of the Member State concerned.

      5. Member States shall collect statistics on the number of persons refused entry, the grounds for refusal, the nationality of the persons who were refused entry and the type of border (land, air or sea) at which they were refused entry and submit them yearly to the Commission (Eurostat) in accordance with Regulation (EC) No 862/2007 of the European Parliament and of the Council [of 11 July 2007 on Community statistics on migration and international protection and repealing Council Regulation (EEC) No 311/76 on the compilation of statistics on foreign workers (OJ 2007 L 199, p. 23)].

      6. Detailed rules governing refusal of entry are given in Part A of Annex V.’

      6 Title III of the Schengen Borders Code, which concerns ‘Internal Borders’, includes Articles 22 to 35.

      7 Article 25 of that code, entitled ‘General framework for the temporary reintroduction of border control at internal borders’, provides :

      ‘Where, in the area without internal border control, there is a serious threat to public policy or internal security in a Member State, that Member State may exceptionally reintroduce border control at all or specific parts of its internal borders for a limited period of up to 30 days or for the foreseeable duration of the serious threat if its duration exceeds 30 days. The scope and duration of the temporary reintroduction of border control at internal borders shall not exceed what is strictly necessary to respond to the serious threat.’

      8 Article 32 of the Schengen Borders Code, entitled ‘Provisions to be applied where border control is reintroduced at internal borders’, provides :

      ‘Where border control at internal borders is reintroduced, the relevant provisions of Title II shall apply mutatis mutandis.’

      9 Annex V, Part A, of the Schengen Borders Code provides :

      ‘1. When refusing entry, the competent border guard shall :

      (a) fill in the standard form for refusing entry, as shown in Part B. The third-country national concerned shall sign the form and shall be given a copy of the signed form. Where the third-country national refuses to sign, the border guard shall indicate this refusal in the form under the section “comments” ;

      (b) for third-country nationals whose entry for a short stay has been refused, register in the EES the data on refusal of entry in accordance with Article 6a(2) of this Regulation and Article 18 of Regulation (EU) 2017/2226 ;

      (c) annul or revoke the visas, as appropriate, in accordance with the conditions laid down in Article 34 of Regulation (EC) No 810/2009 [of the European Parliament and of the Council of 13 July 2009 establishing a Community Code on Visas (Visa Code) (OJ 2009 L 243, p. 1)] ;

      (d) for third-country nationals whose refusals of entry are not to be registered into the EES, affix an entry stamp on the passport, cancelled by a cross in indelible black ink, and write opposite it on the right-hand side, also in indelible ink, the letter(s) corresponding to the reason(s) for refusing entry, the list of which is given on the standard form for refusing entry as shown in Part B of this Annex. In addition, for these categories of persons, the border guard shall record every refusal of entry in a register or on a list stating the identity and nationality of the third-country national concerned, the references of the document authorising the third-country national to cross the border and the reason for, and date of, refusal of entry.

      The practical arrangements for stamping are set out in Annex IV.

      2. If a third-country national who has been refused entry is brought to the border by a carrier, the authority responsible locally shall :

      (a) order the carrier to take charge of the third-country national and transport him or her without delay to the third country from which he or she was brought, to the third country which issued the document authorising him or her to cross the border, or to any other third country where he or she is guaranteed admittance, or to find means of onward transportation in accordance with Article 26 of the Schengen Convention and Council Directive 2001/51/EC [of 28 June 2001 supplementing the provisions of Article 26 of the Convention implementing the Schengen Agreement of 14 June 1985 (OJ 2001 L 187, p. 45)] ;

      (b) pending onward transportation, take appropriate measures, in compliance with national law and having regard to local circumstances, to prevent third-country nationals who have been refused entry from entering illegally.

      …’

      10 Pursuant to Article 44 of that code, entitled ‘Repeal’ :

      ‘Regulation (EC) No 562/2006 [of the European Parliament and of the Council of 15 March 2006 establishing a Community Code on the rules governing the movement of persons across borders (Schengen Borders Code) (OJ 2006 L 105, p. 1)] is repealed.

      References to the repealed Regulation shall be construed as references to this Regulation and shall be read in accordance with the correlation table in Annex X.’

      11 In accordance with that correlation table, Article 14 of the Schengen Borders Code corresponds to Article 13 of Regulation No 562/2006.

      Directive 2008/115

      12 Article 2(1) and (2) of Directive 2008/115 states :

      ‘1. This Directive applies to third-country nationals staying illegally on the territory of a Member State.

      2. Member States may decide not to apply this Directive to third-country nationals who :

      (a) are subject to a refusal of entry in accordance with Article 13 of [Regulation No 562/2006], or who are apprehended or intercepted by the competent authorities in connection with the irregular crossing by land, sea or air of the external border of a Member State and who have not subsequently obtained an authorisation or a right to stay in that Member State ;

      (b) are subject to return as a criminal law sanction or as a consequence of a criminal law sanction, according to national law, or who are the subject of extradition procedures.’

      13 Article 3 of that directive provides :

      ‘For the purpose of this Directive the following definitions shall apply :

      2. “illegal stay” means the presence on the territory of a Member State, of a third-country national who does not fulfil, or no longer fulfils the conditions of entry as set out in Article 5 of [Regulation No 562/2006] or other conditions for entry, stay or residence in that Member State ;

      3. “return” means the process of a third-country national going back – whether in voluntary compliance with an obligation to return, or enforced – to :

      – his or her country of origin, or

      – a country of transit in accordance with Community or bilateral readmission agreements or other arrangements, or

      – another third country, to which the third-country national concerned voluntarily decides to return and in which he or she will be accepted ;

      …’

      14 Article 4(4) of the directive provides :

      ‘With regard to third-country nationals excluded from the scope of this Directive in accordance with Article 2(2)(a), Member States shall :

      (a) ensure that their treatment and level of protection are no less favourable than as set out in Article 8(4) and (5) (limitations on use of coercive measures), Article 9(2)(a) (postponement of removal), Article 14(1)(b) and (d) (emergency health care and taking into account needs of vulnerable persons), and Articles 16 and 17 (detention conditions) and

      (b) respect the principle of non-refoulement.’

      15 Article 5 of Directive 2008/115 provides :

      ‘When implementing this Directive, Member States shall take due account of :

      (a) the best interests of the child ;

      (b) family life ;

      (c) the state of health of the third-country national concerned,

      and respect the principle of non-refoulement.’

      16 Article 6 of that directive provides :

      ‘1. Member States shall issue a return decision to any third-country national staying illegally on their territory, without prejudice to the exceptions referred to in paragraphs 2 to 5.

      2. Third-country nationals staying illegally on the territory of a Member State and holding a valid residence permit or other authorisation offering a right to stay issued by another Member State shall be required to go to the territory of that other Member State immediately. In the event of non-compliance by the third-country national concerned with this requirement, or where the third-country national’s immediate departure is required for reasons of public policy or national security, paragraph 1 shall apply.

      3. Member States may refrain from issuing a return decision to a third-country national staying illegally on their territory if the third-country national concerned is taken back by another Member State under bilateral agreements or arrangements existing on the date of entry into force of this Directive. In such a case the Member State which has taken back the third-country national concerned shall apply paragraph 1.

      …’

      17 The first subparagraph of Article 7(1) of that directive provides :

      ‘A return decision shall provide for an appropriate period for voluntary departure of between seven and thirty days, without prejudice to the exceptions referred to in paragraphs 2 and 4. Member States may provide in their national legislation that such a period shall be granted only following an application by the third-country national concerned. In such a case, Member States shall inform the third-country nationals concerned of the possibility of submitting such an application.’

      18 Article 15(1) of that directive provides :

      ‘Unless other sufficient but less coercive measures can be applied effectively in a specific case, Member States may only keep in detention a third-country national who is the subject of return procedures in order to prepare the return and/or carry out the removal process, in particular when :

      (a) there is a risk of absconding or

      (b) the third-country national concerned avoids or hampers the preparation of return or the removal process.

      Any detention shall be for as short a period as possible and only maintained as long as removal arrangements are in progress and executed with due diligence.’

      French law

      19 Article L. 213-3-1 of the Code de l’entrée et du séjour des étrangers et du droit d’asile (Code on the Entry and Residence of Foreigners and the Right of Asylum), in the version resulting from the loi no 2018-778, du 10 septembre 2018, pour une immigration maîtrisée, un droit d’asile effectif et une intégration réussie (Law No 2018-778 of 10 September 2018 for controlled immigration, an effective right of asylum and successful integration) (JORF of 11 September 2018, Text No 1) (‘the former Ceseda’), stated :

      ‘In the event of the temporary reintroduction of border control at internal borders provided for in Chapter II of Title III of the [Schengen Borders Code], the decisions referred to in Article L. 213-2 may be taken in respect of foreign nationals who have arrived directly from the territory of a State party to the Schengen Convention signed on 19 June 1990, who have entered the territory of Metropolitan France crossing an internal land border without being authorised to do so and were checked in an area between the border and a line drawn 10 kilometres behind it. The procedures for these checks are defined by decree in the Conseil d’État [(Council of State, France)].’

      20 Order No 2020-1733 recast the legislative part of the Code on the Entry and Residence of Foreigners and the Right of Asylum. Article L. 332-2 of that code, as amended (‘the amended Ceseda’) provides :

      ‘The decision refusing entry, which shall be in writing and substantiated, shall be taken by an officer belonging to a category prescribed by regulations.

      The notification of the decision refusing entry shall state that the foreign national has the right to inform, or cause to be informed, the person he or she has indicated that he or she intended to visit, his or her consulate or the adviser of his or her choice. It shall state that the foreign national has the right to refuse to be repatriated before one clear day has passed, under the conditions laid down in Article L. 333-2.

      The decision and the notification of rights which accompanies it shall be provided to him in a language he or she understands.

      Particular attention shall be paid to vulnerable persons, especially minors whether accompanied by an adult or not.’

      21 Article L. 332-3 of the amended Ceseda provides :

      ‘The procedure laid down in Article L. 332-2 is applicable to the decision to refuse entry taken against the foreign national pursuant to Article 6 of the [Schengen Borders Code]. It shall also apply to checks carried out at an internal border in the event of the temporary reintroduction of checks at internal borders under the conditions laid down in Chapter II of Title III of the [Schengen Borders Code].’

      The dispute in the main proceedings and the question referred for a preliminary ruling

      22 The associations referred to in paragraph 2 of the present judgment are challenging the validity of Order No 2020-1733 before the Conseil d’État (Council of State), in an action for annulment of that order, on the grounds, inter alia, that Article L. 332-3 of the amended Ceseda resulting from it infringes Directive 2008/115 in that it allows decisions to refuse entry at internal borders where checks have been reintroduced.

      23 The referring court observes that the Court held, in its judgment of 19 March 2019, Arib and Others (C‑444/17, EU:C:2019:220), that Article 2(2)(a) of Directive 2008/115, read in conjunction with Article 32 of the Schengen Borders Code, does not apply to the situation of an illegally staying third-country national who was apprehended in the immediate vicinity of an internal border of a Member State, even where that Member State has reintroduced border control at that border, pursuant to Article 25 of that code, on account of a serious threat to public policy or to internal security in that Member State.

      24 The Conseil d’État (Council of State) points out that, in its Decision No 428175 of 27 November 2020, it held that the provisions of Article L. 213-3-1 of the former Ceseda, which provided that in the event of the temporary reintroduction of border control at internal borders, a foreign national arriving directly from the territory of a State party to the Convention implementing the Schengen Agreement of 14 June 1985 between the Governments of the States of the Benelux Economic Union, the Federal Republic of Germany and the French Republic on the gradual abolition of checks at their common borders, signed in Schengen on 19 June 1990 and which entered into force on 26 March 1995 (OJ 2000 L 239, p. 19, ‘the Schengen Convention’), could be refused entry under the terms of Article L. 213-2 of the former Ceseda if he or entered the territory of Metropolitan France crossing an internal land border without being authorised to do so and was checked in an area between the border and a line drawn 10 kilometres inside that border, were contrary to Directive 2008/115.

      25 Admittedly, according to the Conseil d’État (Council of State), Article L. 332-3 of the amended Ceseda does not repeat the provisions of Article L. 213-3-1 of the former Ceseda. However, Article L. 332-3 of the amended Ceseda again provides only for the adoption of a refusal of entry while carrying out border checks at internal borders in the event of the temporary reintroduction of border control at internal borders under the conditions laid down in Chapter II of Title III of the Schengen Borders Code.

      26 That court therefore considers it necessary to determine whether, in such a case, a third-country national arriving directly from the territory of a State party to the Schengen Convention who presents themselves at an authorised stationary or mobile border crossing point, without being in possession of documents justifying an authorisation to enter or right to stay in France, may be refused entry on the basis of Article 14 of the Schengen Borders Code, without Directive 2008/115 being applicable.

      27 In those circumstances, the Conseil d’État (Council of State) decided to stay the proceedings and to refer the following question to the Court of Justice for a preliminary ruling :

      ‘In the event of the temporary reintroduction of border controls at internal borders, under the conditions laid down in Chapter II of Title III of [the Schengen Borders Code], can foreign nationals arriving directly from the territory of a State party to the Schengen Convention … be refused entry, when entry checks are carried out at that border, on the basis of Article 14 of that [code], without [Directive 2008/115] being applicable ?’

      Consideration of the question referred

      28 By its question referred for a preliminary ruling, the national court asks, in essence, whether the Schengen Borders Code and Directive 2008/115 must be interpreted as meaning that, where a Member State has reintroduced checks at its internal borders, it may adopt, in respect of a third-country national who presents himself or herself at an authorised border crossing point where such checks are carried out, a decision refusing entry, within the meaning of Article 14 of that code, without being subject to compliance with that directive.

      29 Article 25 of the Schengen Borders Code allows, exceptionally and under certain conditions, a Member State to reintroduce temporarily border control at all or specific parts of its internal borders where there is a serious threat to public policy or internal security in that Member State. Under Article 32 of the code, where border control at internal borders is reintroduced, the relevant provisions of the Title II of the code relating to external borders shall apply mutatis mutandis.

      30 That is the case with Article 14 of the Schengen Borders Code, which provides that a third-country national who does not fulfil all the entry conditions laid down in Article 6(1) and does not belong to the categories of persons referred to in Article 6(5) shall be refused entry to the territories of the Member States.

      31 However, it is important to remember that a third-country national who, after entering the territory of a Member State illegally is present on that territory without fulfilling the conditions for entry, stay or residence is, therefore, staying illegally, within the meaning of Directive 2008/115. Under Article 2(1) of that directive, and without prejudice to Article 2(2) of the directive, that third-country national falls within the scope of the directive, without his or her presence in the territory of the Member State concerned being subject to a condition as to minimum duration or intention to remain in that territory. He or she must therefore, in principle, be subject to the common standards and procedures laid down by the directive for the purpose of his or her removal, as long as his or her stay has not, as the case may be, been regularised (see, to that effect, judgment of 19 March 2019, Arib and Others, C‑444/17, EU:C:2019:220, paragraphs 37 and 39 and the case-law cited).

      32 This also applies where the third-country national has been apprehended at a border crossing point, provided that the border crossing point is on the territory of that Member State. In that respect, it should be noted that a person may have entered the territory of a Member State even before crossing a border crossing point (see, by analogy, judgment of 5 February 2020, Staatssecretaris van Justitie en Veiligheid (Signing-on of seamen in the port of Rotterdam), C‑341/18, EU:C:2020:76, paragraph 45).

      33 It should also be specified, by way of example, that when checks are carried out on board a train between the time when the train leaves the last station located on the territory of a Member State sharing an internal border with a Member State that has reintroduced checks at its internal borders, and the moment when that train enters the first station situated on the territory of the latter Member State, the check on board that same train must, unless otherwise agreed between those two Member States, be regarded as a check carried out at a border crossing point situated on the territory of the Member State which has reintroduced such checks. A third-country national who has been checked on board this train will necessarily remain on the territory of the latter Member State following the check, within the meaning of Article 2(1) of Directive 2008/115.

      34 However, it should also be noted that Article 2(2) of Directive 2008/115 allows Member States to exclude, exceptionally and under certain conditions, third-country nationals who are staying illegally on their territory from the scope of that directive.

      35 Thus, on the one hand, Article 2(2)(a) of Directive 2008/115 allows Member States not to apply that directive, subject to the provisions of Article 4(4) thereof, in two specific situations, namely that of third-country nationals who are the subject to a refusal of entry at an external border of a Member State, in accordance with Article 14 of the Schengen Borders Code, or that of third-country nationals who are apprehended or intercepted in connection with the irregular crossing of such an external border and who have not subsequently obtained authorisation or a right to reside in that Member State.

      36 However, it is clear from the Court’s case-law that those two situations relate exclusively to the crossing of an external border of a Member State, as defined in Article 2 of the Schengen Borders Code, and do not therefore concern the crossing of a border common to Member States forming part of the Schengen area, even where checks have been reintroduced at that border, pursuant to Article 25 of that code, on account of a serious threat to public policy or the internal security of that Member State (see, to that effect, judgment of 19 March 2019, Arib and Others, C‑444/17, EU:C:2019:220, paragraphs 45 and 67).

      37 It follows, as the Advocate General pointed out in point 35 of his Opinion, that Article 2(2)(a) of Directive 2008/115 does not authorise a Member State which has reintroduced checks at its internal borders to derogate from the common standards and procedures laid down by that directive in order to remove a third-country national who has been intercepted, without a valid residence permit, at one of the border crossing points situated in the territory of that Member State where such checks are carried out.

      38 On the other hand, although Article 2(2)(b) of Directive 2008/115 authorises Member States not to apply that directive to third-country nationals who are subject to a criminal penalty providing for or resulting in their return, in accordance with national law, or who are subject to extradition proceedings, it must be noted that such a case is not the one referred to by the provision at issue in the main proceedings.

      39 It follows from the foregoing, first, that a Member State which has reintroduced checks at its internal borders may apply, mutatis mutandis, Article 14 of the Schengen Borders Code and paragraph 1 of Part A of Annex V to that code in respect of a third-country national who is intercepted, without a legal residence permit, at an authorised border crossing point where such checks are carried out.

      40 On the other hand, where the border crossing point is located on the territory of the Member State concerned, the latter must ensure that the consequences of such application, mutatis mutandis, of the provisions referred to in the previous point do not result in disregard of the common standards and procedures laid down in Directive 2008/115. The fact that this obligation on the Member State concerned is likely to render ineffective to a large extent any decision to refuse entry to a third-country national arriving at one of its internal borders is not such as to alter that finding.

      41 With regard to the relevant provisions of that directive, it should be recalled, in particular, that it follows from Article 6(1) of Directive 2008/115 that any third-country national staying illegally on the territory of a Member State must, without prejudice to the exceptions provided for in paragraphs 2 to 5 of that article and in strict compliance with the requirements laid down in Article 5 of that directive, be the subject of a return decision, which must identify, among the third countries referred to in Article 3(3) of that directive, the country to which he or she must return (judgment of 22 November 2022, Staatssecretaris van Justitie en Veiligheid (Removal – Medicinal cannabis), C‑69/21, EU:C:2022:913, paragraph 53).

      42 In addition, a third-country national who is the subject of such a return decision must still, in principle, be given, under Article 7 of Directive 2008/115, a certain period of time in which to leave the territory of the Member State concerned voluntarily. Forced removal is to take place only as a last resort, in accordance with Article 8 of that directive, and subject to Article 9 thereof, which requires Member States to postpone removal in the cases it sets out (judgment of 17 December 2020, Commission v Hungary (Reception of applicants for international protection), C‑808/18, EU:C:2020:1029, paragraph 252).

      43 Furthermore, it follows from Article 15 of Directive 2008/115 that the detention of an illegally staying third-country national may only be imposed in certain specific cases. However, as the Advocate General pointed out, in essence, in point 46 of his Opinion, that article does not preclude a national from being detained, pending his or her removal, where he or she represents a genuine, present and sufficiently serious threat to public policy or domestic security, provided that such detention complies with the conditions set out in Articles 15 to 18 of that directive (see, to that effect, judgment of 2 July 2020, Stadt Frankfurt am Main, C‑18/19, EU:C:2020:511, paragraphs 41 to 48).

      44 Furthermore, Directive 2008/115 does not rule out the possibility for Member States to impose a prison sentence for offences other than those relating solely to illegal entry, including in situations where the return procedure established by that directive has not yet been completed. Consequently, that directive also does not preclude the arrest or placing in police custody of an illegally staying third-country national where such measures are adopted on the ground that that national is suspected of having committed an offence other than simply entering the national territory illegally, and in particular an offence likely to threaten public policy or the internal security of the Member State concerned (judgment of 19 March 2019, Arib and Others, C‑444/17, EU:C:2019:220, paragraph 66).

      45 It follows that, contrary to what the French Government maintains, the application, in a case such as that referred to in the reference for a preliminary ruling, of the common standards and procedures laid down by Directive 2008/115 is not such as to make it impossible to maintain public order and safeguard internal security within the meaning of Article 72 TFEU.

      46 In light of all the foregoing considerations, the answer to the question referred for a preliminary ruling is that the Schengen Borders Code and Directive 2008/115 must be interpreted as meaning that, where a Member State has reintroduced controls at its internal borders, it may adopt, in respect of a third-country national who presents himself or herself at an authorised border crossing point situated on its territory and where such controls are carried out, a decision refusing entry, by virtue of an application mutatis mutandis of Article 14 of that code, provided that the common standards and procedures laid down by that directive are applied to that national with a view to his or her removal.

      Costs

      47 Since these proceedings are, for the parties to the main proceedings, a step in the action pending before the national court, the decision on costs is a matter for that court. Costs incurred in submitting observations to the Court, other than the costs of those parties, are not recoverable.

      On those grounds, the Court (Fourth Chamber) hereby rules :

      Regulation (EU) 2016/399 of the European Parliament and of the Council of 9 March 2016 on a Union Code on the rules governing the movement of persons across borders (Schengen Borders Code) and Directive 2008/115/EC of the European Parliament and of the Council of 16 December 2008 on common standards and procedures in Member States for returning illegally staying third-country nationals,

      must be interpreted as meaning that, where a Member State has reintroduced controls at its internal borders, it may adopt, in respect of a third-country national who presents himself or herself at an authorised border crossing point situated on its territory and where such controls are carried out, a decision refusing entry, by virtue of an application mutatis mutandis of Article 14 of that regulation, provided that the common standards and procedures laid down in that directive are applied to that national with a view to his or her removal.

      https://eur-lex.europa.eu/legal-content/EN/TXT/HTML/?uri=CELEX:62022CJ0143

    • Contrôle des frontières : le gouvernement contraint de sortir de l’illégalité

      Communiqué commun signé par la LDH

      Après 8 ans de pratiques illégales du gouvernement français en matière de contrôle et d’enfermement des personnes en migration aux frontières intérieures, la Cour de justice de l’Union européenne (CJUE) confirme, dans un arrêt du 21 septembre, qu’elles sont contraires au droit.

      La CJUE rappelle à la France qu’elle doit se conformer au droit de l’Union européenne, et il appartient au gouvernement français de prendre des mesures immédiates sans attendre que le Conseil d’État en tire toutes les conséquences.

      Associations signataires : Avocats pour la Défense des Droits des Etrangers (ADDE), Alliance-DEDF, Amnesty International France, Anafé (association nationale d’assistance aux frontières pour les personnes étrangères), Bizi migrant.es, Emmaüs Roya, Federation Etorkinekin Diakité, Gisti, La Cimade, LDH (Ligue des droits de l’Homme), Médecins du Monde, Roya citoyenne, Syndicat des avocats de France (Saf), Syndicat de la magistrature (SM), Tous Migrants, Tous Migrants 73, Utopia 56 (antenne Toulouse)

      Paris, le 21 septembre 2023

      https://www.ldh-france.org/controle-des-frontieres-le-gouvernement-contraint-de-sortir-de-lillegali

    • Corte di giustizia UE: vietato il respingimento sistematico alle frontiere interne

      La sentenza della Corte nella causa #C-143/22 promossa da diverse associazioni francesi

      Il 21 settembre 2023 una sentenza della Corte di giustizia dell’Unione europea (CGUE) ha dichiarato che, anche se un Paese UE ha introdotto controlli alle sue frontiere, non ha il diritto di effettuare respingimenti sistematici. Deve rispettare la direttiva europea «rimpatri» che prevede che a un cittadino extraeuropeo possa “essere concesso un certo periodo di tempo per lasciare volontariamente il territorio“.

      Tutto era partito dal ricorso di varie associazioni francesi 1 che hanno contestato dinanzi al Consiglio di Stato francese la legittimità di un’ordinanza che ha modificato il codice sull’ingresso e sul soggiorno degli stranieri e sul diritto d’asilo (Ceseda).

      Esse hanno sostenuto che, consentendo alle autorità francesi di rifiutare l’ingresso di cittadini di paesi terzi alle frontiere con altri Stati membri (ossia le «frontiere interne»), alle quali sia stato temporaneamente ripristinato un controllo di frontiera in forza del codice frontiere Schengen in ragione di una minaccia grave per l’ordine pubblico o la sicurezza interna della Francia, il Ceseda contravverrebbe alla direttiva «rimpatri». Secondo tale direttiva, qualsiasi cittadino di un paese terzo il cui soggiorno è irregolare deve, di norma, essere oggetto di una decisione di rimpatrio. Tuttavia, l’interessato deve, in linea di principio, beneficiare di un certo termine per lasciare volontariamente il territorio. L’allontanamento forzato avviene solo in ultima istanza.

      Il Consiglio di Stato ha quindi interrogato la CGUE sulla questione dichiarando che «in una situazione del genere, un provvedimento di respingimento può essere adottato sulla base del codice frontiere #Schengen ma che, ai fini dell’allontanamento dell’interessato, devono comunque essere rispettate le norme e le procedure comuni previste dalla direttiva “rimpatri” (https://openmigration.org/glossary-term/direttiva-rimpatri), il che può condurre a privare di una larga parte della sua utilità l’adozione di un siffatto provvedimento di respingimento».

      «La sentenza della CGUE impone la giurisprudenza a tutti gli Stati membri dell’Unione europea, ma in particolare è rivolta alla Francia, che dal 2015 ha reintrodotto i controlli alle frontiere interne.»

      Negli ultimi otto anni, tutti i treni che passano per #Menton sono stati controllati, gli agenti di polizia hanno controllato i passaggi di frontiera e pattugliato i valichi alpini. Dal 1° giugno è ulteriormente stata dispiegata un militarizzazione delle frontiere con personale aggiuntivo, il supporto dell’esercito, droni con termocamere.

      La Francia è stata accusata di respingere le persone migranti che cercano di entrare nel Paese, anche quelli che chiedono asilo e perfino i minorenni. Diversi rapporti di organizzazioni e collettivi hanno messo in luce queste pratiche violente e illegali, soprattutto nella zona di Ventimiglia. Secondo le testimonianze raccolte, si tratta di respingimenti “sistematici”.

      «In poche parole, questa decisione dice che la Francia sta perseguendo una politica illegale di chiusura delle frontiere», riassume Flor Tercero, dell’Association pour le Droit des Etrangers (ADDE) intervistato da Infomigrants. Questa decisione «è chiaramente una vittoria» e «significa che il governo non può ignorare il diritto dell’Unione europea».

      https://www.meltingpot.org/2023/09/corte-di-giustizia-ue-vietato-il-respingimento-sistematico-alle-frontier

      #frontières_intérieures #directive_retour #illégalité

    • European Court of Justice rules systematic pushbacks are illegal

      European countries do not have the right to refuse entry to irregular migrants even if they have border controls in place, the ECJ has ruled. Activists say the decision means that France has been violating EU law by pushing back migrants coming from Italy.

      When a member state decides to reintroduce checks at its internal borders, can it systematically refuse entry to all irregular foreign nationals? No, the Court of Justice of the EU (CJEU) ruled earlier this month. It must comply with the “Return Directive,” a law which says that a non-European national can “be granted a certain period of time to voluntarily leave the territory.”

      “A decision to refuse entry may be decided but, when seeking the removal of the person concerned, the common standards and procedures provided for by the Return Directive must still be respected,” the Luxembourg court stated.

      It also said that “excluding from the scope of this directive foreign nationals who are staying irregularly in the territory” can only be done “exceptionally.”

      The ruling on September 21 is at odds with the policy pursued by France, which re-established controls at its internal EU borders in 2015. For the past eight years, all trains passing through the French coastal city of Menton have been checked, and police have monitored border posts and patrolled the Alps.

      Activist groups say France has been taking advantage of the temporary border controls in order to turn back migrants who try to enter the territory — even those who come to ask for asylum. In an August report, Doctors Without Borders (MSF) teams in Ventimiglia documented practices of pushbacks at the border between Italy and France. “Systematic” pushbacks target unaccompanied minors, even sometimes separating families, according to the report.
      ’An illegal policy’

      “In a nutshell, this decision means that France is pursuing an illegal policy of closing borders,” Flor Tercero, of the Association for Foreigners’ Rights (ADDE), told InfoMigrants. ADDE is one of the associations involved in bringing the lawsuit to court.

      “Pushing back means, in a way, refusing these people the possibility of coming to France to apply for asylum or to cross France to go elsewhere in the EU. France for eight years has decided to carry out border checks. And as it re-established checks, it considered itself entitled to be able to push back migrants coming from Italy, in particular,” he added.

      “After eight years of illegal practices by the French government controlling and detaining migrants at internal borders, the CJEU confirms (...) that [these practices] are contrary to the law,” a joint press release of twenty organizations added.

      https://twitter.com/anafeasso/status/1704893792266969108

      For Flor Tercero, this decision is a clear victory. “This means that the government cannot forego European law,” he said.
      France ’will not welcome migrants’ from Lampedusa

      The court decision came at a time when attention was focused on the French-Italian border. Following the recent arrival of a very large number of people on the Italian island of Lampedusa, the French interior minister, Gérald Darmanin, announced that 200 additional police officers would be sent to the border between the two countries, in the expectation that the migrants would eventually make their way from Italy to France.

      France “will not welcome migrants” from the Italian island, the minister stated.

      Meanwhile the departmental director of the border police, Emmanuelle Joubert, announced that more than 3,000 migrants had been arrested in Menton within a fortnight. This brings to 32,000 the number of arrests since the start of the year along the Franco-Italian border. Of those, 24,000 were rejected and handed over to the Italian authorities

      Joubert said she had been informed about the judgment by the CJEU. “The State is carrying out an analysis, we will have instructions later,” she said, adding that migrants who had recently arrived in Lampedusa should not arrive at the French border for “several weeks.”

      https://www.infomigrants.net/en/post/52117/european-court-of-justice-rules-systematic-pushbacks-are-illegal

  • Comment l’Europe sous-traite à l’#Afrique le contrôle des #migrations (1/4) : « #Frontex menace la #dignité_humaine et l’#identité_africaine »

    Pour freiner l’immigration, l’Union européenne étend ses pouvoirs aux pays d’origine des migrants à travers des partenariats avec des pays africains, parfois au mépris des droits humains. Exemple au Sénégal, où le journaliste Andrei Popoviciu a enquêté.

    Cette enquête en quatre épisodes, publiée initialement en anglais dans le magazine américain In These Times (https://inthesetimes.com/article/europe-militarize-africa-senegal-borders-anti-migration-surveillance), a été soutenue par une bourse du Leonard C. Goodman Center for Investigative Reporting.

    Par une brûlante journée de février, Cornelia Ernst et sa délégation arrivent au poste-frontière de Rosso. Autour, le marché d’artisanat bouillonne de vie, une épaisse fumée s’élève depuis les camions qui attendent pour passer en Mauritanie, des pirogues hautes en couleur dansent sur le fleuve Sénégal. Mais l’attention se focalise sur une fine mallette noire posée sur une table, face au chef du poste-frontière. Celui-ci l’ouvre fièrement, dévoilant des dizaines de câbles méticuleusement rangés à côté d’une tablette tactile. La délégation en a le souffle coupé.

    Le « Universal Forensics Extraction Device » (UFED) est un outil d’extraction de données capable de récupérer les historiques d’appels, photos, positions GPS et messages WhatsApp de n’importe quel téléphone portable. Fabriqué par la société israélienne Cellebrite, dont il a fait la réputation, l’UFED est commercialisé auprès des services de police du monde entier, notamment du FBI, pour lutter contre le terrorisme et le trafic de drogues. Néanmoins, ces dernières années, le Nigeria et le Bahreïn s’en sont servis pour voler les données de dissidents politiques, de militants des droits humains et de journalistes, suscitant un tollé.

    Toujours est-il qu’aujourd’hui, une de ces machines se trouve au poste-frontière entre Rosso-Sénégal et Rosso-Mauritanie, deux villes du même nom construites de part et d’autre du fleuve qui sépare les deux pays. Rosso est une étape clé sur la route migratoire qui mène jusqu’en Afrique du Nord. Ici, cependant, cette technologie ne sert pas à arrêter les trafiquants de drogue ou les terroristes, mais à suivre les Ouest-Africains qui veulent migrer vers l’Europe. Et cet UFED n’est qu’un outil parmi d’autres du troublant arsenal de technologies de pointe déployé pour contrôler les déplacements dans la région – un arsenal qui est arrivé là, Cornelia Ernst le sait, grâce aux technocrates de l’Union européenne (UE) avec qui elle travaille.

    Cette eurodéputée allemande se trouve ici, avec son homologue néerlandaise Tineke Strik et une équipe d’assistants, pour mener une mission d’enquête en Afrique de l’Ouest. Respectivement membres du Groupe de la gauche (GUE/NGL) et du Groupe des Verts (Verts/ALE) au Parlement européen, les deux femmes font partie d’une petite minorité de députés à s’inquiéter des conséquences de la politique migratoire européenne sur les valeurs fondamentales de l’UE – à savoir les droits humains –, tant à l’intérieur qu’à l’extérieur de l’Europe.

    Le poste-frontière de Rosso fait partie intégrante de la politique migratoire européenne. Il accueille en effet une nouvelle antenne de la Division nationale de lutte contre le trafic de migrants (DNLT), fruit d’un « partenariat opérationnel conjoint » entre le Sénégal et l’UE visant à former et équiper la police des frontières sénégalaise et à dissuader les migrants de gagner l’Europe avant même qu’ils ne s’en approchent. Grâce à l’argent des contribuables européens, le Sénégal a construit depuis 2018 au moins neuf postes-frontières et quatre antennes régionales de la DNLT. Ces sites sont équipés d’un luxe de technologies de surveillance intrusive : outre la petite mallette noire, ce sont des logiciels d’identification biométrique des empreintes digitales et de reconnaissance faciale, des drones, des serveurs numériques, des lunettes de vision nocturne et bien d’autres choses encore…

    Dans un communiqué, un porte-parole de la Commission européenne affirme pourtant que les antennes régionales de la DNLT ont été créées par le Sénégal et que l’UE se borne à financer les équipements et les formations.

    « Frontex militarise la Méditerranée »

    Cornelia Ernst redoute que ces outils ne portent atteinte aux droits fondamentaux des personnes en déplacement. Les responsables sénégalais, note-t-elle, semblent « très enthousiasmés par les équipements qu’ils reçoivent et par leur utilité pour suivre les personnes ». Cornelia Ernst et Tineke Strik s’inquiètent également de la nouvelle politique, controversée, que mène la Commission européenne depuis l’été 2022 : l’Europe a entamé des négociations avec le Sénégal et la Mauritanie pour qu’ils l’autorisent à envoyer du personnel de l’Agence européenne de garde-frontières et de garde-côtes, Frontex, patrouiller aux frontières terrestres et maritimes des deux pays. Objectif avoué : freiner l’immigration africaine.

    Avec un budget de 754 millions d’euros, Frontex est l’agence la mieux dotée financièrement de toute l’UE. Ces cinq dernières années, un certain nombre d’enquêtes – de l’UE, des Nations unies, de journalistes et d’organisations à but non lucratif – ont montré que Frontex a violé les droits et la sécurité des migrants qui traversent la Méditerranée, notamment en aidant les garde-côtes libyens, financés par l’UE, à renvoyer des centaines de milliers de migrants en Libye, un pays dans lequel certains sont détenus, torturés ou exploités comme esclaves sexuels. En 2022, le directeur de l’agence, Fabrice Leggeri, a même été contraint de démissionner à la suite d’une cascade de scandales. Il lui a notamment été reproché d’avoir dissimulé des « pushbacks » : des refoulements illégaux de migrants avant même qu’ils ne puissent déposer une demande d’asile.

    Cela fait longtemps que Frontex est présente de façon informelle au Sénégal, en Mauritanie et dans six autres pays d’Afrique de l’Ouest, contribuant au transfert de données migratoires de ces pays vers l’UE. Mais jamais auparavant l’agence n’avait déployé de gardes permanents à l’extérieur de l’UE. Or à présent, Bruxelles compte bien étendre les activités de Frontex au-delà de son territoire, sur le sol de pays africains souverains, anciennes colonies européennes qui plus est, et ce en l’absence de tout mécanisme de surveillance. Pour couronner le tout, initialement, l’UE avait même envisagé d’accorder l’immunité au personnel de Frontex posté en Afrique de l’Ouest.

    D’évidence, les programmes européens ne sont pas sans poser problème. La veille de leur arrivée à Rosso, Cornelia Ernst et Tineke Strik séjournent à Dakar, où plusieurs groupes de la société civile les mettent en garde. « Frontex menace la dignité humaine et l’identité africaine », martèle Fatou Faye, de la Fondation Rosa Luxemburg, une ONG allemande. « Frontex militarise la Méditerranée », renchérit Saliou Diouf, fondateur de l’association de défense des migrants Boza Fii. Si Frontex poste ses gardes aux frontières africaines, ajoute-t-il, « c’est la fin ».

    Ces programmes s’inscrivent dans une vaste stratégie d’« externalisation des frontières », selon le jargon européen en vigueur. L’idée ? Sous-traiter de plus en plus le contrôle des frontières européennes en créant des partenariats avec des gouvernements africains – autrement dit, étendre les pouvoirs de l’UE aux pays d’origine des migrants. Concrètement, cette stratégie aux multiples facettes consiste à distribuer des équipements de surveillance de pointe, à former les forces de police et à mettre en place des programmes de développement qui prétendent s’attaquer à la racine des migrations.

    Des cobayes pour l’Europe

    En 2016, l’UE a désigné le Sénégal, qui est à la fois un pays d’origine et de transit des migrants, comme l’un de ses cinq principaux pays partenaires pour gérer les migrations africaines. Mais au total, ce sont pas moins de 26 pays africains qui reçoivent de l’argent des contribuables européens pour endiguer les vagues de migration, dans le cadre de 400 projets distincts. Entre 2015 et 2021, l’UE a investi 5 milliards d’euros dans ces projets, 80 % des fonds étant puisés dans les budgets d’aide humanitaire et au développement. Selon des données de la Fondation Heinrich Böll, rien qu’au Sénégal, l’Europe a investi au moins 200 milliards de francs CFA (environ 305 millions d’euros) depuis 2005.

    Ces investissements présentent des risques considérables. Il s’avère que la Commission européenne omet parfois de procéder à des études d’évaluation d’impact sur les droits humains avant de distribuer ses fonds. Or, comme le souligne Tineke Strik, les pays qu’elle finance manquent souvent de garde-fous pour protéger la démocratie et garantir que les technologies et les stratégies de maintien de l’ordre ne seront pas utilisées à mauvais escient. En réalité, avec ces mesures, l’UE mène de dangereuses expériences technico-politiques : elle équipe des gouvernements autoritaires d’outils répressifs qui peuvent être utilisés contre les migrants, mais contre bien d’autres personnes aussi.

    « Si la police dispose de ces technologies pour tracer les migrants, rien ne garantit qu’elle ne s’en servira pas contre d’autres individus, comme des membres de la société civile et des acteurs politiques », explique Ousmane Diallo, chercheur au bureau d’Afrique de l’Ouest d’Amnesty International.

    En 2022, j’ai voulu mesurer l’impact au Sénégal des investissements réalisés par l’UE dans le cadre de sa politique migratoire. Je me suis rendu dans plusieurs villes frontalières, j’ai discuté avec des dizaines de personnes et j’ai consulté des centaines de documents publics ou qui avaient fuité. Cette enquête a mis au jour un complexe réseau d’initiatives qui ne s’attaquent guère aux problèmes qui poussent les gens à émigrer. En revanche, elles portent un rude coup aux droits fondamentaux, à la souveraineté nationale du Sénégal et d’autres pays d’Afrique, ainsi qu’aux économies locales de ces pays, qui sont devenus des cobayes pour l’Europe.

    Des politiques « copiées-collées »

    Depuis la « crise migratoire » de 2015, l’UE déploie une énergie frénétique pour lutter contre l’immigration. A l’époque, plus d’un million de demandeurs d’asile originaires du Moyen-Orient et d’Afrique – fuyant les conflits, la violence et la pauvreté – ont débarqué sur les côtes européennes. Cette « crise migratoire » a provoqué une droitisation de l’Europe. Les leaders populistes surfant sur la peur des populations et présentant l’immigration comme une menace sécuritaire et identitaire, les partis nationalistes et xénophobes en ont fait leurs choux gras.

    Reste que le pic d’immigration en provenance d’Afrique de l’Ouest s’est produit bien avant 2015 : en 2006, plus de 31 700 migrants sont arrivés par bateau aux îles Canaries, un territoire espagnol situé à une centaine de kilomètres du Maroc. Cette vague a pris au dépourvu le gouvernement espagnol, qui s’est lancé dans une opération conjointe avec Frontex, baptisée « Hera », pour patrouiller le long des côtes africaines et intercepter les bateaux en direction de l’Europe.

    Cette opération « Hera », que l’ONG britannique de défense des libertés Statewatch qualifie d’« opaque », marque le premier déploiement de Frontex à l’extérieur du territoire européen. C’est aussi le premier signe d’externalisation des frontières européennes en Afrique depuis la fin du colonialisme au XXe siècle. En 2018, Frontex a quitté le Sénégal, mais la Guardia Civil espagnole y est restée jusqu’à ce jour : pour lutter contre l’immigration illégale, elle patrouille le long des côtes et effectue même des contrôles de passeports dans les aéroports.

    En 2015, en pleine « crise », les fonctionnaires de Bruxelles ont musclé leur stratégie : ils ont décidé de dédier des fonds à la lutte contre l’immigration à la source. Ils ont alors créé le Fonds fiduciaire d’urgence de l’UE pour l’Afrique (EUTF). Officiellement, il s’agit de favoriser la stabilité et de remédier aux causes des migrations et des déplacements irréguliers des populations en Afrique.

    Malgré son nom prometteur, c’est la faute de l’EUTF si la mallette noire se trouve à présent au poste-frontière de Rosso – sans oublier les drones et les lunettes de vision nocturne. Outre ce matériel, le fonds d’urgence sert à envoyer des fonctionnaires et des consultants européens en Afrique, pour convaincre les gouvernements de mettre en place de nouvelles politiques migratoires – des politiques qui, comme me le confie un consultant anonyme de l’EUTF, sont souvent « copiées-collées d’un pays à l’autre », sans considération aucune des particularités nationales de chaque pays. « L’UE force le Sénégal à adopter des politiques qui n’ont rien à voir avec nous », explique la chercheuse sénégalaise Fatou Faye à Cornelia Ernst et Tineke Strik.

    Une mobilité régionale stigmatisée

    Les aides européennes constituent un puissant levier, note Leonie Jegen, chercheuse à l’université d’Amsterdam et spécialiste de l’influence de l’UE sur la politique migratoire sénégalaise. Ces aides, souligne-t-elle, ont poussé le Sénégal à réformer ses institutions et son cadre législatif en suivant des principes européens et en reproduisant des « catégories politiques eurocentrées » qui stigmatisent, voire criminalisent la mobilité régionale. Et ces réformes sont sous-tendues par l’idée que « le progrès et la modernité » sont des choses « apportées de l’extérieur » – idée qui n’est pas sans faire écho au passé colonial.

    Il y a des siècles, pour se partager l’Afrique et mieux piller ses ressources, les empires européens ont dessiné ces mêmes frontières que l’UE est aujourd’hui en train de fortifier. L’Allemagne a alors jeté son dévolu sur de grandes parties de l’Afrique de l’Ouest et de l’Afrique de l’Est ; les Pays-Bas ont mis la main sur l’Afrique du Sud ; les Britanniques ont décroché une grande bande de terre s’étendant du nord au sud de la partie orientale du continent ; la France a raflé des territoires allant du Maroc au Congo-Brazzaville, notamment l’actuel Sénégal, qui n’est indépendant que depuis soixante-trois ans.

    L’externalisation actuelle des frontières européennes n’est pas un cas totalement unique. Les trois derniers gouvernements américains ont abreuvé le Mexique de millions de dollars pour empêcher les réfugiés d’Amérique centrale et d’Amérique du Sud d’atteindre la frontière américaine, et l’administration Biden a annoncé l’ouverture en Amérique latine de centres régionaux où il sera possible de déposer une demande d’asile, étendant ainsi de facto le contrôle de ses frontières à des milliers de kilomètres au-delà de son territoire.

    Cela dit, au chapitre externalisation des frontières, la politique européenne en Afrique est de loin la plus ambitieuse et la mieux financée au monde.

    https://www.lemonde.fr/afrique/article/2023/09/06/comment-l-europe-sous-traite-a-l-afrique-le-controle-des-migrations-1-4-fron

    #réfugiés #asile #contrôles_frontaliers #frontières #Sénégal #Rosso #fleuve_Sénégal #Mauritanie #Universal_Forensics_Extraction_Device (#UFED) #données #technologie #Cellebrite #complexe_militaro-industriel #Division_nationale_de_lutte_contre_le_trafic_de_migrants (#DNLT) #politique_migratoire_européenne #UE #EU #Union_européenne #partenariat_opérationnel_conjoint #dissuasion #postes-frontières #surveillance #technologie_de_surveillance #biométrie #identification_biométrie #reconnaissance_faciale #empreintes_digitales #drones #droits_fondamentaux #militarisation_des_frontières #Boza_Fii #externalisation #expériences_technico-politiques #Hera #opération_Hera #mobilité_régionale

    • Comment l’Europe sous-traite à l’Afrique le contrôle des migrations (2/4) : « Nous avons besoin d’aide, pas d’outils sécuritaires »

      Au Sénégal, la création et l’équipement de postes-frontières constituent des éléments clés du partenariat avec l’Union européenne. Une stratégie pas toujours efficace, tandis que les services destinés aux migrants manquent cruellement de financements.

      Par une étouffante journée de mars, j’arrive au poste de contrôle poussiéreux du village sénégalais de #Moussala, à la frontière avec le #Mali. Des dizaines de camions et de motos attendent, en ligne, de traverser ce point de transit majeur. Après avoir demandé pendant des mois, en vain, la permission au gouvernement d’accéder au poste-frontière, j’espère que le chef du poste m’expliquera dans quelle mesure les financements européens influencent leurs opérations. Refusant d’entrer dans les détails, il me confirme que son équipe a récemment reçu de l’Union européenne (UE) des formations et des équipements dont elle se sert régulièrement. Pour preuve, un petit diplôme et un trophée, tous deux estampillés du drapeau européen, trônent sur son bureau.

      La création et l’équipement de postes-frontières comme celui de Moussala constituent des éléments clés du partenariat entre l’UE et l’#Organisation_internationale_pour_les_migrations (#OIM). Outre les technologies de surveillance fournies aux antennes de la Division nationale de lutte contre le trafic de migrants (DNLT, fruit d’un partenariat entre le Sénégal et l’UE), chaque poste-frontière est équipé de systèmes d’analyse des données migratoires et de systèmes biométriques de reconnaissance faciale et des empreintes digitales.

      Officiellement, l’objectif est de créer ce que les fonctionnaires européens appellent un système africain d’#IBM, à savoir « #Integrated_Border_Management » (en français, « gestion intégrée des frontières »). Dans un communiqué de 2017, le coordinateur du projet de l’OIM au Sénégal déclarait : « La gestion intégrée des frontières est plus qu’un simple concept, c’est une culture. » Il avait semble-t-il en tête un changement idéologique de toute l’Afrique, qui ne manquerait pas selon lui d’embrasser la vision européenne des migrations.

      Technologies de surveillance

      Concrètement, ce système IBM consiste à fusionner les #bases_de_données sénégalaises (qui contiennent des données biométriques sensibles) avec les données d’agences de police internationales (comme #Interpol et #Europol). Le but : permettre aux gouvernements de savoir qui franchit quelle frontière et quand. Un tel système, avertissent les experts, peut vite faciliter les expulsions illégales et autres abus.

      Le risque est tout sauf hypothétique. En 2022, un ancien agent des services espagnols de renseignement déclarait au journal El Confidencial que les autorités de plusieurs pays d’Afrique « utilisent les technologies fournies par l’Espagne pour persécuter et réprimer des groupes d’opposition, des militants et des citoyens critiques envers le pouvoir ». Et d’ajouter que le gouvernement espagnol en avait parfaitement conscience.

      D’après un porte-parole de la Commission européenne, « tous les projets qui touchent à la sécurité et sont financés par l’UE comportent un volet de formation et de renforcement des capacités en matière de droits humains ». Selon cette même personne, l’UE effectue des études d’impact sur les droits humains avant et pendant la mise en œuvre de ces projets. Mais lorsque, il y a quelques mois, l’eurodéputée néerlandaise Tineke Strik a demandé à voir ces études d’impact, trois différents services de la Commission lui ont envoyé des réponses officielles disant qu’ils ne les avaient pas. En outre, selon un de ces services, « il n’existe pas d’obligation réglementaire d’en faire ».

      Au Sénégal, les libertés civiles sont de plus en plus menacées et ces technologies de surveillance risquent d’autant plus d’être utilisées à mauvais escient. Rappelons qu’en 2021, les forces de sécurité sénégalaises ont tué quatorze personnes qui manifestaient contre le gouvernement ; au cours des deux dernières années, plusieurs figures de l’opposition et journalistes sénégalais ont été emprisonnés pour avoir critiqué le gouvernement, abordé des questions politiques sensibles ou avoir « diffusé des fausses nouvelles ». En juin, après qu’Ousmane Sonko, principal opposant au président Macky Sall, a été condamné à deux ans d’emprisonnement pour « corruption de la jeunesse », de vives protestations ont fait 23 morts.

      « Si je n’étais pas policier, je partirais aussi »

      Alors que j’allais renoncer à discuter avec la police locale, à Tambacounda, autre grand point de transit non loin des frontières avec le Mali et la Guinée, un policier de l’immigration en civil a accepté de me parler sous couvert d’anonymat. C’est de la région de #Tambacounda, qui compte parmi les plus pauvres du Sénégal, que proviennent la plupart des candidats à l’immigration. Là-bas, tout le monde, y compris le policier, connaît au moins une personne qui a tenté de mettre les voiles pour l’Europe.

      « Si je n’étais pas policier, je partirais aussi », me confie-t-il par l’entremise d’un interprète, après s’être éloigné à la hâte du poste-frontière. Les investissements de l’UE « n’ont rien changé du tout », poursuit-il, notant qu’il voit régulièrement des personnes en provenance de Guinée passer par le Sénégal et entrer au Mali dans le but de gagner l’Europe.

      Depuis son indépendance en 1960, le Sénégal est salué comme un modèle de démocratie et de stabilité, tandis que nombre de ses voisins sont en proie aux dissensions politiques et aux coups d’Etat. Quoi qu’il en soit, plus d’un tiers de la population vit sous le seuil de pauvreté et l’absence de perspectives pousse la population à migrer, notamment vers la France et l’Espagne. Aujourd’hui, les envois de fonds de la diaspora représentent près de 10 % du PIB sénégalais. A noter par ailleurs que, le Sénégal étant le pays le plus à l’ouest de l’Afrique, de nombreux Ouest-Africains s’y retrouvent lorsqu’ils fuient les problèmes économiques et les violences des ramifications régionales d’Al-Qaida et de l’Etat islamique (EI), qui ont jusqu’à présent contraint près de 4 millions de personnes à partir de chez elles.

      « L’UE ne peut pas résoudre les problèmes en construisant des murs et en distribuant de l’argent, me dit le policier. Elle pourra financer tout ce qu’elle veut, ce n’est pas comme ça qu’elle mettra fin à l’immigration. » Les sommes qu’elle dépense pour renforcer la police et les frontières, dit-il, ne servent guère plus qu’à acheter des voitures climatisées aux policiers des villes frontalières.

      Pendant ce temps, les services destinés aux personnes expulsées – comme les centres de protection et d’accueil – manquent cruellement de financements. Au poste-frontière de Rosso, des centaines de personnes sont expulsées chaque semaine de Mauritanie. Mbaye Diop travaille avec une poignée de bénévoles du centre que la Croix-Rouge a installé du côté sénégalais pour accueillir ces personnes expulsées : des hommes, des femmes et des enfants qui présentent parfois des blessures aux poignets, causées par des menottes, et ailleurs sur le corps, laissées par les coups de la police mauritanienne. Mais Mbaye Diop n’a pas de ressources pour les aider. L’approche n’est pas du tout la bonne, souffle-t-il : « Nous avons besoin d’aide humanitaire, pas d’outils sécuritaires. »

      La méthode de la carotte

      Pour freiner l’immigration, l’UE teste également la méthode de la carotte : elle propose des subventions aux entreprises locales et des formations professionnelles à ceux qui restent ou rentrent chez eux. La route qui mène à Tambacounda est ponctuée de dizaines et de dizaines de panneaux publicitaires vantant les projets européens.

      Dans la réalité, les offres ne sont pas aussi belles que l’annonce l’UE. Binta Ly, 40 ans, en sait quelque chose. A Tambacounda, elle tient une petite boutique de jus de fruits locaux et d’articles de toilette. Elle a fait une année de droit à l’université, mais le coût de la vie à Dakar l’a contrainte à abandonner ses études et à partir chercher du travail au Maroc. Après avoir vécu sept ans à Casablanca et Marrakech, elle est rentrée au Sénégal, où elle a récemment inauguré son magasin.

      En 2022, Binta Ly a déposé une demande de subvention au Bureau d’accueil, d’orientation et de suivi (BAOS) qui avait ouvert la même année à Tambacounda, au sein de l’antenne locale de l’Agence régionale de développement (ARD). Financés par l’UE, les BAOS proposent des subventions aux petites entreprises sénégalaises dans le but de dissuader la population d’émigrer. Binta Ly ambitionnait d’ouvrir un service d’impression, de copie et de plastification dans sa boutique, idéalement située à côté d’une école primaire. Elle a obtenu une subvention de 500 000 francs CFA (762 euros) – soit un quart du budget qu’elle avait demandé –, mais peu importe, elle était très enthousiaste. Sauf qu’un an plus tard, elle n’avait toujours pas touché un seul franc.

      Dans l’ensemble du Sénégal, les BAOS ont obtenu une enveloppe totale de 1 milliard de francs CFA (1,5 million d’euros) de l’UE pour financer ces subventions. Mais l’antenne de Tambacounda n’a perçu que 60 millions de francs CFA (91 470 euros), explique Abdoul Aziz Tandia, directeur du bureau local de l’ARD. A peine de quoi financer 84 entreprises dans une région de plus d’un demi-million d’habitants. Selon un porte-parole de la Commission européenne, la distribution des subventions a effectivement commencé en avril. Le fait est que Binta Ly a reçu une imprimante et une plastifieuse, mais pas d’ordinateur pour aller avec. « Je suis contente d’avoir ces aides, dit-elle. Le problème, c’est qu’elles mettent très longtemps à venir et que ces retards chamboulent tout mon business plan. »

      Retour « volontaire »

      Abdoul Aziz Tandia admet que les BAOS ne répondent pas à la demande. C’est en partie la faute de la bureaucratie, poursuit-il : Dakar doit approuver l’ensemble des projets et les intermédiaires sont des ONG et des agences étrangères, ce qui signifie que les autorités locales et les bénéficiaires n’exercent aucun contrôle sur ces fonds, alors qu’ils sont les mieux placés pour savoir comment les utiliser. Par ailleurs, reconnaît-il, de nombreuses régions du pays n’ayant accès ni à l’eau propre, ni à l’électricité ni aux soins médicaux, ces microsubventions ne suffisent pas à empêcher les populations d’émigrer. « Sur le moyen et le long termes, ces investissements n’ont pas de sens », juge Abdoul Aziz Tandia.

      Autre exemple : aujourd’hui âgé de 30 ans, Omar Diaw a passé au moins cinq années de sa vie à tenter de rejoindre l’Europe. Traversant les impitoyables déserts du Mali et du Niger, il est parvenu jusqu’en Algérie. Là, à son arrivée, il s’est aussitôt fait expulser vers le Niger, où il n’existe aucun service d’accueil. Il est alors resté coincé des semaines entières dans le désert. Finalement, l’Organisation internationale pour les migrations (OIM) l’a renvoyé en avion au Sénégal, qualifiant son retour de « volontaire ».

      Lorsqu’il est rentré chez lui, à Tambacounda, l’OIM l’a inscrit à une formation de marketing numérique qui devait durer plusieurs semaines et s’accompagner d’une allocation de 30 000 francs CFA (46 euros). Mais il n’a jamais touché l’allocation et la formation qu’il a suivie est quasiment inutile dans sa situation : à Tambacounda, la demande en marketing numérique n’est pas au rendez-vous. Résultat : il a recommencé à mettre de l’argent de côté pour tenter de nouveau de gagner l’Europe.

      https://www.lemonde.fr/afrique/article/2023/09/07/comment-l-europe-sous-traite-a-l-afrique-le-controle-des-migrations-2-4-nous
      #OIM #retour_volontaire

    • Comment l’Europe sous-traite à l’Afrique le contrôle des migrations (3/4) : « Il est presque impossible de comprendre à quoi sert l’argent »

      A coups de centaines de millions d’euros, l’UE finance des projets dans des pays africains pour réduire les migrations. Mais leur impact est difficile à mesurer et leurs effets pervers rarement pris en considération.

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      Au chapitre migrations, rares sont les projets de l’Union européenne (UE) qui semblent adaptés aux réalités africaines. Mais il n’est pas sans risques de le dire tout haut. C’est ce que Boubacar Sèye, chercheur dans le domaine, a appris à ses dépens.

      Né au Sénégal, il vit aujourd’hui en Espagne. Ce migrant a quitté la Côte d’Ivoire, où il travaillait comme professeur de mathématiques, quand les violences ont ravagé le pays au lendemain de l’élection présidentielle de 2000. Après de brefs séjours en France et en Italie, Boubacar Sèye s’est établi en Espagne, où il a fini par obtenir la citoyenneté et fondé une famille avec son épouse espagnole. Choqué par le bilan de la vague de migration aux Canaries en 2006, il a créé l’ONG Horizons sans frontières pour aider les migrants africains en Espagne. Aujourd’hui, il mène des recherches et défend les droits des personnes en déplacement, notamment celles en provenance d’Afrique et plus particulièrement du Sénégal.

      En 2019, Boubacar Sèye s’est procuré un document détaillant comment les fonds des politiques migratoires de l’UE sont dépensés au Sénégal. Il a été sidéré par le montant vertigineux des sommes investies pour juguler l’immigration, alors que des milliers de candidats à l’asile se noient chaque année sur certaines des routes migratoires les plus meurtrières au monde. Lors d’entretiens publiés dans la presse et d’événements publics, il a ouvertement demandé aux autorités sénégalaises d’être plus transparentes sur ce qu’elles avaient fait des centaines de millions d’euros de l’Europe, qualifiant ces projets de véritable échec.

      Puis, au début de l’année 2021, il a été arrêté à l’aéroport de Dakar pour « diffusion de fausses informations ». Il a ensuite passé deux semaines en prison. Sa santé se dégradant rapidement sous l’effet du stress, il a fait une crise cardiaque. « Ce séjour en prison était inhumain, humiliant, et il m’a causé des problèmes de santé qui durent jusqu’à aujourd’hui, s’indigne le chercheur. J’ai juste posé une question : “Où est passé l’argent ?” »

      Ses intuitions n’étaient pas mauvaises. Les financements de la politique anti-immigration de l’UE sont notoirement opaques et difficiles à tracer. Les demandes déposées dans le cadre de la liberté d’information mettent des mois, voire des années à être traitées, alors que la délégation de l’UE au Sénégal, la Commission européenne et les autorités sénégalaises ignorent ou déclinent les demandes d’interviews.

      La Division nationale de lutte contre le trafic de migrants (DNLT, fruit d’un partenariat entre le Sénégal et l’UE), la police des frontières, le ministère de l’intérieur et le ministère des affaires étrangères – lesquels ont tous bénéficié des fonds migratoires européens – n’ont pas répondu aux demandes répétées d’entretien pour réaliser cette enquête.
      « Nos rapports doivent être positifs »

      Les rapports d’évaluation de l’UE ne donnent pas de vision complète de l’impact des programmes. A dessein ? Plusieurs consultants qui ont travaillé sur des rapports d’évaluation d’impact non publiés de projets du #Fonds_fiduciaire_d’urgence_de_l’UE_pour_l’Afrique (#EUTF), et qui s’expriment anonymement en raison de leur obligation de confidentialité, tirent la sonnette d’alarme : les effets pervers de plusieurs projets du fonds sont peu pris en considération.

      Au #Niger, par exemple, l’UE a contribué à élaborer une loi qui criminalise presque tous les déplacements, rendant de fait illégale la mobilité dans la région. Alors que le nombre de migrants irréguliers qui empruntent certaines routes migratoires a reculé, les politiques européennes rendent les routes plus dangereuses, augmentent les prix qu’exigent les trafiquants et criminalisent les chauffeurs de bus et les sociétés de transport locales. Conséquence : de nombreuses personnes ont perdu leur travail du jour au lendemain.

      La difficulté à évaluer l’impact de ces projets tient notamment à des problèmes de méthode et à un manque de ressources, mais aussi au simple fait que l’UE ne semble guère s’intéresser à la question. Un consultant d’une société de contrôle et d’évaluation financée par l’UE confie : « Quel est l’impact de ces projets ? Leurs effets pervers ? Nous n’avons pas les moyens de répondre à ces questions. Nous évaluons les projets uniquement à partir des informations fournies par des organisations chargées de leur mise en œuvre. Notre cabinet de conseil ne réalise pas d’évaluation véritablement indépendante. »

      Selon un document interne que j’ai pu me procurer, « rares sont les projets qui nous ont fourni les données nécessaires pour évaluer les progrès accomplis en direction des objectifs généraux de l’EUTF (promouvoir la stabilité et limiter les déplacements forcés et les migrations illégales) ». Selon un autre consultant, seuls les rapports positifs semblent les bienvenus : « Il est implicite que nos rapports doivent être positifs si nous voulons à l’avenir obtenir d’autres projets. »

      En 2018, la Cour des comptes européenne, institution indépendante, a émis des critiques sur l’EUTF : ses procédures de sélection de projets manquent de cohérence et de clarté. De même, une étude commanditée par le Parlement européen qualifie ses procédures d’« opaques ». « Le contrôle du Parlement est malheureusement très limité, ce qui constitue un problème majeur pour contraindre la Commission à rendre des comptes, regrette l’eurodéputée allemande Cornelia Ernst. Même pour une personne très au fait des politiques de l’UE, il est presque impossible de comprendre où va l’argent et à quoi il sert. »

      Le #fonds_d’urgence pour l’Afrique a notamment financé la création d’unités de police des frontières d’élite dans six pays d’Afrique de l’Ouest, et ce dans le but de lutter contre les groupes de djihadistes et les trafics en tous genres. Or ce projet, qui aurait permis de détourner au moins 12 millions d’euros, fait actuellement l’objet d’une enquête pour fraude.
      Aucune étude d’impact sur les droits humains

      En 2020, deux projets de modernisation des #registres_civils du Sénégal et de la Côte d’Ivoire ont suscité de vives inquiétudes des populations. Selon certaines sources, ces projets financés par l’EUTF auraient en effet eu pour objectif de créer des bases de #données_biométriques nationales. Les défenseurs des libertés redoutaient qu’on collecte et stocke les empreintes digitales et images faciales des citoyens des deux pays.

      Quand Ilia Siatitsa, de l’ONG britannique Privacy International, a demandé à la Commission européenne de lui fournir des documents sur ces projets, elle a découvert que celle-ci n’avait réalisé aucune étude d’impact sur les droits humains. En Europe, aucun pays ne possède de base de données comprenant autant d’informations biométriques.

      D’après un porte-parole de la Commission, jamais le fonds d’urgence n’a financé de registre biométrique, et ces deux projets consistent exclusivement à numériser des documents et prévenir les fraudes. Or la dimension biométrique des registres apparaît clairement dans les documents de l’EUTF qu’Ilia Siatitsa s’est procurés : il y est écrit noir sur blanc que le but est de créer « une base de données d’identification biométrique pour la population, connectée à un système d’état civil fiable ».

      Ilia Siatitsa en a déduit que le véritable objectif des deux projets était vraisemblablement de faciliter l’expulsion des migrants africains d’Europe. D’ailleurs, certains documents indiquent explicitement que la base de données ivoirienne doit servir à identifier et expulser les Ivoiriens qui résident illégalement sur le sol européen. L’un d’eux explique même que l’objectif du projet est de « faciliter l’identification des personnes qui sont véritablement de nationalité ivoirienne et l’organisation de leur retour ».

      Quand Cheikh Fall, militant sénégalais pour le droit à la vie privée, a appris l’existence de cette base de données, il s’est tourné vers la Commission de protection des données personnelles (CDP), qui, légalement, aurait dû donner son aval à un tel projet. Mais l’institution sénégalaise n’a été informée de l’existence du projet qu’après que le gouvernement l’a approuvé.

      En novembre 2021, Ilia Siatitsa a déposé une plainte auprès du médiateur de l’UE. En décembre 2022, après une enquête indépendante, le médiateur a rendu ses conclusions : la Commission n’a pas pris en considération l’impact sur la vie privée des populations africaines de ce projet et d’autres projets que finance l’UE dans le cadre de sa politique migratoire.

      Selon plusieurs sources avec lesquelles j’ai discuté, ainsi que la présentation interne du comité de direction du projet – que j’ai pu me procurer –, il apparaît que depuis, le projet a perdu sa composante biométrique. Cela dit, selon Ilia Siatitsa, cette affaire illustre bien le fait que l’UE effectue en Afrique des expériences sur des technologies interdites chez elle.

      https://www.lemonde.fr/afrique/article/2023/09/08/comment-l-europe-sous-traite-a-l-afrique-le-controle-des-migrations-3-4-il-e

  • Bosnia seeks Austrian support for Frontex status agreement

    Bosnia and Herzegovina is hoping to get Austria’s help in signing a status agreement with the border agency Frontex, as Bosnian Interior Minister Nenad Nesic met with Austrian counterpart Gerhard Karner during a working meeting in Vienna on Tuesday.

    Karner praised the good police cooperation between the two countries. “This year alone we were able to arrest 300 traffickers,” he stated, also highlighting the fact that deportations from Bosnia have also been taking place since last year with Austria’s support, APA reported.

    The main topic of the meeting between Karner and Nesic was irregular migration on the Balkan route, the fight against organised crime and smuggling, and the situation in Bosnia and Herzegovina in this regard.

    Bosnia and Herzegovina is now seeking to sign a status agreement with the EU border management agency Frontex, following a cooperation agreement with Europol. Nesic also expects Austria’s help to sign an agreement by the end of the year.

    “Bosnia and Herzegovina wants to be part of the collective European security,” Nesic said. At the same time, he pointed out that the EU must respect Bosnia’s “specific situation” and constitution. He also hopes for help from Karner, “who knows our state structure, not only now but also in the past.”

    “Bosnia and Herzegovina is a reliable partner in the fight against the international smuggling mafia. The Frontex agreement will further strengthen border protection in the region,” Karner stressed.

    Frontex has concluded status agreements with all Western Balkan countries (with the exception of Kosovo, which is not recognised by all EU countries) and Moldova since 2019, which allow Frontex operations on the respective national territory by mutual agreement.

    https://www.euractiv.com/section/politics/news/bosnia-seeks-austrian-support-for-frontex-status-agreement

    #Bosnie #Bosnie-Herzégovine #Frontex #asile #migrations #Balkans #réfugiés #frontières #contrôles_frontaliers #accord

  • Se il contrasto ai flussi via mare diventa un mercato dalle “ottime prospettive”

    A dieci anni dalla strage di Lampedusa del 3 ottobre 2013, il Mediterraneo è la rotta più fatale del Pianeta con oltre 30mila morti tra 2014 e metà 2023 (le stime ufficiali sono fortemente al ribasso). I Paesi però non investono su ricerca e soccorso ma sul “contrasto ai flussi”. Un giro d’affari d’oro. Il caso di #Cantiere_Navale_Vittoria.

    Le prospettive economiche del contrasto al “fenomeno della immigrazione illegale” per mare nei prossimi anni sono “ottime”, scrive nel suo ultimo bilancio Cantiere Navale Vittoria, azienda del settore della nautica civile, militare e paramilitare con sede ad Adria (Rovigo), partner strategico del ministero dell’Interno, della Guardia costiera, della Marina militare nonché fornitore, come riporta, dei “principali ministeri e marine del bacino del Mediterraneo”.

    Un mercato dalle “notevoli opportunità” che potrebbe portare a una “pipeline commerciale” superiore a 1,5 miliardi di euro solo per le nuove costruzioni previste nei prossimi anni, sommando commesse nazionali (della Marina, soprattutto) ed estere, tipo Tunisia, Grecia, Oman, Israele, Qatar, Malta, Libia, Romania, Croazia, Algeria.

    Là fuori, intanto, la stagione è terribile, segnata ancora una volta da mancati od ostacolati soccorsi e migliaia di morti nel Mediterraneo: 2.652 solo quelli registrati ufficialmente tra gennaio e metà agosto 2023 dalle Nazioni Unite, che schizzano a oltre 31mila se si fa il conto dal 2014 e si allarga lo sguardo alle diverse direttrici (dalla Libia, dalla Tunisia, dalla Turchia, dal Libano, dall’Egitto, dalla Siria, dai Paesi dell’Africa occidentale, etc.). Una strage -e le cifre dell’Organizzazione internazionale per le migrazioni sono solo la punta dell’iceberg– che fa in pezzi il “mai più” promesso dai governi dell’Unione europea dieci anni fa, poche ore dopo il naufragio di Lampedusa del 3 ottobre 2013, divenuto poi per legge la Giornata nazionale in memoria delle vittime dell’immigrazione.

    Scorrere l’ultima relazione sulla gestione del cantiere di Adria adiacente al Canal Bianco, un ramo del Po, fa capire meglio dove vanno le politiche (e gli affari). “L’evoluzione del mercato di riferimento in cui opera la società -scrivono infatti gli amministratori- vede la decisa tendenza da parte di tutte le maggiori marine sovrane del Sud Europa nel volersi dotare di nuove unità destinate al pattugliamento d’altura e sotto costa oltre che a mezzi veloci necessari per contrastare efficacemente il fenomeno della immigrazione illegale”.

    Ecco perché la “linea di business” chiamata “#Fast_patrol_vessel” -cioè le navi da pattugliamento veloci- pesa sui ricavi del 2022 (circa 100 milioni di euro) per quasi il 50%. Un esempio sono i quattro pattugliatori da 38 metri consegnati nel biennio 2021-2022 alla guardia costiera greca, con altri due che potrebbero essere opzionati nel corso del 2023. La stessa guardia costiera che è finita di nuovo sotto accusa per la strage di Pylos del giugno scorso avendo, secondo i testimoni, imprudentemente trainato il peschereccio partito dalla Libia con a bordo oltre 700 persone e provocato così il suo inabissamento.

    La “linea” della ricerca e soccorso non arriva al 20% del fatturato, tallonata da quella del “#refitting”, ovvero la riparazione e rinnovo di assetti già esistenti. “La necessità di provvedere efficacemente al controllo costiero dei mari richiede anche l’ammodernamento delle unità già possedute -si legge ancora nel bilancio- e questo genera aperture molto interessanti nel mercato del refitting che Cantiere Navale Vittoria ha venduto ai propri clienti in anni precedenti”.

    Tipo le cosiddette guardie costiere libiche, che poi con quelle imbarcazioni, cedute con risorse pubbliche italiane ed europee, intercettano e riportano indietro i naufraghi verso il “cimitero più grande” che è il Nord Africa, per usare le parole di papa Francesco, in alcuni casi anche sparando contro le navi delle Ong. O la Guardia nazionale tunisina, per la quale l’azienda sta sistemando sei pattugliatori da 35 metri costruiti nel 2014. Ci sono poi veri e propri prototipi, come la serie di “#intercettori_fluviali_in_alluminio” lunghi dieci metri scarsi studiati per le “dure” condizioni affrontate dalla polizia romena o i due “#innovativi_intercettori” da 20 metri in grado di superare i 70 nodi (130 chilometri all’ora) commissionati dalla polizia reale omanita. Anche se la consegna più importante nell’ultimo anno è stata l’ammiraglia per le “forze armate maltesi”: 75 metri, un ponte di volo e 51,4 milioni di euro di valore. L’ipocrisia è in mezzo al mare.

    https://altreconomia.it/se-il-contrasto-ai-flussi-via-mare-diventa-un-mercato-dalle-ottime-pros

    Les fast patrol vessels (#FPV) :

    The patrol boat is excellent for navies and maritime police today strength: more than 43 knots of maximum sustainable speed, with negligible speed loss up to Beaufort 3, combined with high-level accommodations to maximize crew comfort even on extended missions. Built in a series of four sister ships for the Cyprus Navy and the Maritime Police, the high speed allows rapid deployment even at great distances from the base, while the excellent hull design and motion control capabilities minimize the loss of speed in the open sea.


    https://www.vittoria.biz/en/categoria-nave/defence-and-security-en//#section169

    #migrations #asile #réfugiés #business #complexe_militaro-industriel #contrôles_frontaliers #technologie #navires #frontières #Italie

    • Journées d’Action à Dakar : #72h_Push_Back_Frontex

      L’organisation de la société civile sénégalaise Boza Fii a organisé une action de 72 heures dans la banlieue de Dakar au début du mois. Par cette action, ses membres dénoncent la présence de Frontex dans le pays et, plus largement, le régime mondial de mobilité asymétrique. Ici, nous publions le discours prononcé lors de la conférence de presse qui a ouvert les journées d’action. Vous pouvez le regarder en ligne ici.

      "Vous surveillez les frontières, nous vous surveillons

      Nous BOZA FII, nous nous engageons dans le domaine de la fuite et de la migration. Nous soutenons les migrants de retour volontaire, les migrants qui ont été expulsés vers leur pays d’origine et confrontés à un manque total d’assistance. Ainsi que les amis et familles de ceux qui sont disparus en mer méditerranée et aux frontières, dans leur douloureuse quête de réponses. Mais aussi promouvoir le droit à l’identité et à la dignité pour toutes les victimes de nos frontières, et le droit de leurs familles à savoir. Nous voulons œuvrer au meilleur respect des droits de ces personnes, non seulement fragilisées par les drames de la migration mais aussi souvent stigmatisées dans leur propre communauté. Nous souhaitons également encourager la production de connaissances et promouvoir l’objectivité du débat sur les migrations et les échanges internationaux afin d’affronter ensemble les réalités mondiales.

      Nous nous engageons pour lutter contre les politiques frontalières et pour la liberté de circulation de tout un chacun.

      Depuis la création de l’association en septembre 2020 nous avons beaucoup fait des recherches sur le déploiement de frontex au Sénégal. C’est en juin 2022 que nous avons senti l’intérêt de créer des synergies de lutte contre frontex au Sénégal et notre 1ère action 72h PUSH BACK FRONTEX était en fin septembre 2022. L’idée était d’abord de sensibiliser la population sénégalaise du danger de l’agence meurtrière des contrôles des frontières de l’UE (FRONTEX). C’est vrai qu’au Sénégal personne ne parle de Frontex et ne connaissent peut-être pas cette agence que nous considérons criminelle. Nous avons senti cette ignorance de la population dans les politiques migratoires du Sénégal et nous voyons important de faire savoir à notre gouvernement que nous ne sommes pas d’accord pour le déploiement de frontex au Sénégal et de leur faire savoir que nous connaissons ce que frontex fait dans la Méditerranée, dans la mer Egée et dans les frontières.

      Depuis quelques années, des plans de restrictions du droit à la libre circulation sont en phase de briser le tissu socio-économique des communautés à travers une intelligence dénommée " Frontex " savamment déployée en Afrique à travers une certaine cellule dite " des gestions de risques liés à la migration irrégulière " et une présence d’officiers de liaison. La mission de l’équipe conjointe d’investigation composée des éléments de la police espagnole " Guardia Civil ", française et de la gendarmerie nationale sénégalais. Un tels dispositif déployé en Afrique de l’Oouest et particulièrement au Sénégal depuis 2017 avec tout ce qu’il compte comme moyens de dissuasion, de contrôle voire de répression entretenu par un budget faramineux et d’une armée propre composée de milliers d’hommes étrangers à celle du Sénégal dans un tout proche avenir, ne constituent ‘il pas en lui-même la source de tous les risques imaginables ?

      Le programme des journées d’action

      Le renforcement du contrôle aux frontières (mer, terrestre, aérienne) au Sénégal et entre les états de la CEDEAO à travers le système MIDAS (Migration Information and Data Système) spécialisé dans le partage des informations sur la surveillance territoriale à travers des données biométriques initié par l’organisation internationale pour les migrants (OIM) ne saurait etre sans conséquences sur la liberté de circulation, que beaucoup de pays ne font pas partis et le déploiement des garde-côtes nourrissent les débats dans le cercle de la société civile active dans la question du droit à la mobilité des personnes. Cette logique n’a pas laissé indifférent le gouvernement du Sénégal en le poussant à restructurer des ministères et mettre en place des institutions de défense et de promotion des humains tels que le ministère de la justice, la commission nationale des droits des hommes qui bafouent chaque jours les droits des citoyens sénégalais.

      Projection de films à Keur Massa

      Si nous avons inscrit dans notre agenda la question de la libre circulation dans l’espace CEDEAO, ce n’est nullement un fait de hasard. BOZA FII interpelle les consciences de tous les mouvements et les forces vives qui militent pour un monde juste et respectueux des valeurs humains telles que contenues dans les instruments de protection et de la valorisation de l’êtres humains (Loi n°1981/47 du 2 juillet 1981 au Sénégal, la charte africaine des droits de l’homme, les textes de la CEDEAO, le droit à la libre circulation article 12.1, le principe respect de l’égalité dans la procédure d’expulsion article 12.4, l’interdiction de l’expulsion collective non-nationaux article 12.5, de l’Union africaine, de la déclaration universelle des droits de l’homme, et bien d’autres). En dépit de l’existence de tout cet arsenal juridique et institutionnel, au mois de juillet le Sénégal refoule illégalement des ressortissants guinéens. Ce pendant les activités de Frontex au Sénégal impactent depuis des années par un certain nombre de constats qui mettent à rude épreuve la liberté de circulation des personnes à l’intérieure du Sénégal, de ses frontières de manières générale. Les départs au Sénégal vers le nord via le Sahara et par la mer sont une parfaite illustration et les événements du 24 juin 2022 dans les enclaves de Melilla constituent une alerte sans précédent, celle du 14 juin 2023 dans les eaux du Grèce et récemment les naufrages répétitifs du mois de juillet au Sénégal.

      A partir de 2022 pèse la menace d’un accord entre l’Union européenne et la République du Sénégal qui permettrait à l’agence européenne de surveillance des frontières, Frontex, de s’implanter définitivement dans le pays. Il s’agit d’une avancée importante dans le processus d’externalisation des frontières par la Forteresse Europe, qui concernerait pour la première fois un pays non frontalier. Le premier pas dans cette direction a été fait en février 2022 quand, lors d’une visite à Dakar, YIVA JOHANSON Commissaire européenne chargée des Affaires intérieures, a proposé le déploiement au Sénégal de Frontex pour contrôler le « trafic d’êtres humains » par les embarcations qui partent vers les Canaries. Dans sa déclaration elle affirme qu’avec l’accord du gouvernement sénégalais, l’agence pourrait envoyer des équipements de surveillance des frontières telles que des drones, des navires, et même du personnel frontex pour lutter contre les départs du Sahel.

      Liste des morts aux frontières

      Mais d’après une investigation que nous avons faite frontex a déjà commencé à opérer et exercer sur les côtés Sénégalaises.

      Nous avons questionné quelques personnes qui travaillent dans la marine ainsi que la police Sénégalaise et ils nous ont confirmé qu’il y a des opérations conjointes de Frontex ici.

      Malheureusement rien n’est écrit dans les médias locaux et même dans les plates-formes de communication du gouvernement.

      Frontex est présent au Sénégal (comme en Mauritanie) depuis presque vingt ans. Le 20 juin 2006 Frontex a communique à Madrid le début de l’opération Héra, qui a démarré en juillet de la même année. Sous la coordination de la Guardia Civil et de la Policia Nacional espagnoles, Héra a permis à Frontex de commencer à patrouiller et opérer dans les zones maritimes sénégalaises (comme du Cap-Vert et de la Mauritanie). Initialement, l’opération Héra I, qui avait un budget de 370.000 euros, visait simplement à identifier les départs au Sénégal en 2006 Barça ou Barzahk* et la nationalité des personnes arrivant en Espagne pour en faciliter les expulsions par des vols collectifs. C’est avec Héra II que la police frontalière a tôt amplifié son pouvoir : L’opération s’est dotée pour la première fois de 3 bateaux, un hélicoptère et deux avions, pour un budget bien plus significatif de 3.2 millions d’euros. C’est par cette manière qu’après sa création en 2004, Frontex s’est configuré et consolidé comme acteur qui, même en dehors de l’Europe, identifie, bloque, emprisonne et déporte les personnes qui cherchent à rejoindre l’Europe par la route atlantique. A l’époque, la France et l’Espagne avaient permis l’insertion de Frontex sur le sol sénégalais en s’offrant de l’héberger au niveau logistique dans les structures militaires françaises à Dakar.

      En 2017, Frontex a lancé le projet AFIC (Communauté du renseignement Afrique-Frontex) en 8 pays africains : Cote d’Ivoire, Gambie, Ghana, Mauritanie, Niger, Nigeria, Sénégal et Togo. Maintenant ce réseau compte la participation de 29 pays africains. Sous prétexte de « collecter et d’analyser des données sur la criminalité transfrontalière et soutenir les autorités impliquées dans la gestion des frontières. En 2019 au port de Dakar, dans le siège du Commissariat spécial de police du port de Dakar, frontex et le gouvernement du Sénégal ont inaugurés la cellule d’analyse des risques qui est censée collecter des données stratégiques pour la gestion de la sécurité des frontières. On sait très bien que les risques dont on parle ne sont pas les morts en mer, mais plutôt le fait que des citoyens africains puissent rejoindre le territoire européen.

      En plus, dès 2020, réside stablement auprès de l’Office de l’Union Européenne à Dakar une liaison officiée de Frontex. Et l’état du Sénégal continue de médiatiser le blocage de départs collectifs en pirogue grâce au dispositif Frontex.

      C’est d’ailleurs sur ces présupposées qu’ils ont mis en place un programme spécifique, qui s’est conclu à Décembre 2022

      Pour revenir à l’actualité, donc, le 7 juin 2022 la Commission européenne a rédigé une « Fiche action sur le Sénégal : renforcement de la coopération avec l’agence Frontex », qui préparait les directives pour négocier l’accord que le Consul d’Europe a soumis à l’Etat du Sénégal pour validation. Ces directives prévoient que les officiers de Frontex seront autorisés à porter des armes et à les utiliser. En outre, on voudrait garantir aux membres du corps de Frontex une immunité totale vis-à-vis de la juridiction pénale et civile de la République du Sénégal. C’est la police coloniale qui revient claire et nette en Afrique. Permettez-nous de vous rappeler certains points essentiels de l’accord avec frontex. Le déploiement de frontex au Sénégal est donc un risque et non une solution pour le pays. En fait, cette installation pourrait également empiéter sur la souveraineté d’un pays et entraînera encore plus de violations des droits des senegalais.

      Le déploiement de Frontex sur la façade maritime pourrait entraver ces libertés professionnelles aux pécheurs sénégalais et du CEDEAO acquises depuis 1979 sous prétexte de lutter contre le trafic de migrants. On peut également dire l’installation de Frontex sur la route du Sahara à partir du Sénégal et de la Mauritanie afin de compléter le contrôle sur les zones territoriales d’Afrique du Nord. Cela semble être une suite logique du cadre opérationnel de la stratégie d’externalisation des frontières de l’Union européenne. Ces mécanismes d’intervention de la part de l’Union européenne ne sont pas nouveaux. La lutte contre la pêche illégale a déjà été utilisée comme prétexte. Les accords entre le Sénégal et l’union Européenne ont substantiellement modifié le modèle de pêche artisanale et ont diminué les captures et les revenus des pêcheurs artisanaux qui représentent 17% de la population active sénégalaise. Ce sont les bateaux de l’Union européenne et de la Chine qui semblent profiter aujourd’hui des ressources de cette côte. Cela pousse de nombreux pêcheurs sénégalais à se rendre en Mauritanie et en Guinée Bissau dans des situations qui entrainent souvent des conflits entre communautés. Il faut se demander comment Frontex, dans ce contexte, pourrait- il intervenir face à ces différents acteurs. Il y a un fort risque de push back contre les pêcheurs artisanaux au motif qu’ils transportent des migrants. On court également le risque que Frontex devienne une sorte de « bras armé » pour les bateaux de pêche de l’Union européenne.

      Commémor’action (prières)

      Depuis 2021, la Guardia Civil espagnole a déployé des navires et des hélicoptères sur les côtes du Sénégal et de la Mauritanie, dans le cadre de l’opération « Hera » mise en place dès 2006 (l’année de la « crise des pirogues ») grâce à des accords de coopération militaire avec les deux pays africains, et en coordination avec Frontex.

      Ainsi nous comptons faire cet événement chaque année au Sénégal jusqu’à l’abolition définitive de Frontex.

      Nous ferons jaillir la lumière, au grand jour que la politique migratoire de Frontex en Afrique et particulièrement au senegal n’est que la face cachée de l’iceberg.

      Cette campagne a pour but de faire comprendre aux populations que l’agence européenne des soi-disant garde-côtes (Frontex) se déploie au Sénégal et de dénoncer comment l’UE collabore avec nos régimes complices tuant les personnes dans la méditerranée et dans les pays de transits."

      *Barça ou Barzahk (Barçelone ou la Mort) était le slogan des migrant*es lors de la « crise des pirogues » de 2006
      https://migration-control.info/fr/blog/journee-daction-a-72h-push-back-frontex

      #commémoraction #commémoration #mémoire #morts_aux_frontières #Dakar

    • OPEN PRESS DEPLOIEMENT DE FONTEX AU SENEGAL

      Boza fii était à sa deuxième édition du Push Back Frontex. Un évènement qui s’est déroulé du 10 au 12 aout à la commune de Dalifort Foirail (Dakar) sous le thème de : Laisser les personnes mourir ou les tuer ne doit pas être un moyen de #dissuasion.
      Au cours de ces 72h, un programme bien défini a été mis en place par l’association Boza fii, dans le cadre de sa lutte contre le déploiement Frontex au Sénégal et les formes d’externalisation des frontières de l’UE. Ce programme a débuté le jeudi 10 aout par une conférence de presse à laquelle la presse nationale et internationale ainsi que beaucoup d’organisation œuvrant pour le respect des droits de l’homme ont été conviés. Lors de cette conférence de presse plusieurs sujets sur la migration ont été abordés, notamment l’agence européenne de gardes-frontières et de gardes côtes FRONTEX. L’ordre du jour était de discuter des questions concernant Frontex et son déploiement au Sénégal et d’apporter des éclaircissements depuis son implantation dans le pays jusqu’à nos jours.

      https://www.youtube.com/watch?v=gwL9FgjDxiM


      #Boza_fii

    • #Commission_LIBE, janvier 2024 :

      Victoire ! Adoption en Commission LIBE du rapport qui récuse le déploiement de Frontex au Sénégal.
      Le Sénégal ne veut pas de cet accord, mais l’UE veut le contraindre pour mener à bien son abject projet d’Europe forteresse. Une nouvelle atteinte grave aux droits des exilé•es.

      https://nitter.cz/DamienCAREME/status/1752763595144757520

  • #High-Altitude_Pseudo-Satellites : A technological assessment report

    Do high-altitude pseudo-satellites, also known as #HAPS, have the potential to enhance law-enforcement operations, border surveillance and communication? Frontex has just released a technological assessment report that tackles these questions.

    Frontex’s research into HAPS

    Frontex is currently leading a research study on HAPS, flying devices mirroring closely the capacity and operability of satellites. While this technology is still in the early stages of development, it represents significant potential uses in the context of surveillance, internal security, and border control.

    As part of the research, the agency has been working on a technological assessment of the platforms. Throughout nine months, the study aimed to explore whether HAPS can potentially be used in law enforcement operations to further enhance existing surveillance, communications, and navigation capabilities.

    What are HAPS?


    HAPS are advanced unmanned flying aircraft systems that operate in the stratosphere at an altitude typically between 18-22 km (59,000-72,000 ft). Given the high altitude, HAPS must withstand harsh stratospheric conditions, such as temperatures falling down to minus 90°C, high solar, UV and cosmic radiation and low atmospheric pressure. While this environment poses an enormous challenge for aircraft engineers, the potential applications and use cases are highly promising not only for commercial operators and service providers, but also for institutional stakeholders, such as security agencies, that would be able to leverage the new technology and its associated applications and services.

    Main findings of the report

    The report looks at the technological readiness, assessing the technology of HAPS as such, but also its potential use to help tackle challenges faced by Frontex and other members of the EU Innovation Hub for Internal Security.

    The authors of the report looked at particular case studies to see how HAPS can be used in such activities as earth observation, telecommunication and navigation, search and rescue missions, remote sensing and operations and provision of ad-hoc telecom and satellite navigation (GNSS).

    The study includes the following elements:

    – an overview of balloons and airships (LTA – lighter-than-air) and with fixed-wing aircraft (HTA - heavier-than-air);
    - an analysis of individual HAPS technologies, including a comparison of the platforms, payload analysis, technological challenges, infrastructure demands, and regulatory barriers.

    Innovation hub platform

    The project is carried out under the EU Innovation Hub for Internal Security, a cross-sectorial EU platform which ensures collaboration between internal security innovation actors, formed by the EU Justice and Home Affairs agencies, European Commission (Directorate-General for Migration and Home Affairs and Directorate-General for Joint Research Centre), the Council General Secretariat and the EU Counter Terrorism Coordinator.

    https://frontex.europa.eu/innovation/eu-research/news-and-events/high-altitude-pseudo-satellites-a-technological-assessment-report-ypR

    Pour télécharger le rapport (#assessment) :
    https://frontex.europa.eu/assets/EUresearchprojects/2023/FX_HAPS_WP2_-_Technological_Assessment_Consolidated.pdf

    #Frontex #frontières #surveillance #technologie #contrôles_frontaliers #Frontex #satellites #stratosphère #EU_Innovation_Hub_for_Internal_Security #lighter-than-air (#LTA) #heavier-than-air (#HTA)

  • EU Commission gifts Egypt patrol boats to become a gatekeeper for migration, following Tunisian model

    The EU Commission wants to conclude a migration defense agreement with Egypt and is upgrading the country’s land and sea borders. However, hardly any refugee boats leave from Egyptian shores for Europe.

    The government in Cairo is to receive two new ships for its coast guard. A corresponding tender worth €23 million was published by the EU Commission in May. This was confirmed by Neighborhood Commissioner Olivér Várhelyi in a response to a question from MEP Özlem Demirel. Accordingly, the funds come from the NDICI fund, which is intended to provide financial support for the EU’s Neighborhood Policy. As a purpose, the Commission states border management and search and rescue operations. Egypt will also receive thermal imaging cameras, satellite tracking systems and other surveillance equipment.

    With the donations, the Commission wants to build Egypt into a new partner in migration defense. In 2021, the government had sent a “list” of border protection equipment to Brussels for this purpose. EU Migration Commissioner Ylva Johansson then traveled to the Egyptian capital to negotiate them, followed by a visit by Commission President Ursula von der Leyen in 2022.

    Before the end of this year, the Commission intends to conclude an “Operational Partnership to Combat People Smuggling” with Egypt. Tunisia recently became the first African country to sign such a deal with the EU. However, this “partnership” violates EU treaties. This is because the Commission should actually have obtained the approval of the 27 member states before concluding the contract with Tunisia.

    Egypt is also upgrading its land borders with EU funds. To this end, the Commission has promised the country a further €87 million – a significant increase on plans from last year, which still envisaged €57 million. For the “protection of refugees, asylum seekers and migrants,” the government in Cairo will receive an extra €23 million.

    In addition, 20 million will be used to take in people who have fled Sudan because of the civil war. Two months ago, however, the Egyptian government drastically tightened conditions for displaced Sudanese, who must now apply for a visa to cross the border. Since then, thousands have been stranded at the border in dire humanitarian conditions, writes the organization Human Rights Watch.

    The Egyptian government continues to oppose the stationing of Frontex in Egypt. As early as 2007, the EU states had commissioned their border agency to negotiate a working agreement with Cairo, but this has not yet come to pass. However, Frontex coordinates “Joint Return Operations” of rejected asylum seekers to Egypt.

    With about 108 million inhabitants, Egypt is one of the EU’s neighbors with the largest population. A third of them are under 24 years old. Many of them seek a better future in Europe and cross the Mediterranean Sea by boat to do so. According to the Commission, the number of these irregular entries into the EU increased sixfold in 2021 compared to the previous year.

    Most border crossings by Egyptian nationals take place in Italy. However, these depart mainly from Libya, the Commission confirms: not even one percent of the crossings started from Egyptian shores, according to the figures. This also applies to refugees from other countries after they have passed through Egypt as a transit country.

    However, the refugee route via Libya is also becoming increasingly closed: In recent years, Egypt has significantly strengthened its military border surveillance to the neighboring country. Refugees are therefore increasingly reliant on aid workers, who are also facing more persecution. The “Law No. 82 on Combating Illegal Migration and Smuggling of Migrants,” enacted in 2016 and strengthened in 2022, allows authorities to take tougher action against any kind of aid to escape.

    Refugees are also criminalized in this way, confirms human rights lawyer Muhammad Al Kashef, who is active in the Alarmphone project and the Abolish Frontex campaign: “Thousands of people have been arrested under Law No. 82 for trying to enter or leave the country irregularly.” Egypt’s poor human rights record is compounded by its new partnership with the EU, Al Kashef told “nd.”

    Not all migration from Egypt is unwanted in Europe. EU states want to benefit from skilled workers from Egypt and facilitate their entry. Egypt is therefore one of the priority countries to be won over for a so-called “Talent Partnership”. The Commission began negotiations on this in June.

    https://digit.site36.net/2023/08/08/eu-commission-gifts-egypt-patrol-boats-to-become-a-gatekeeper-for-migr

    #externalisation #asile #réfugiés #contrôles_frontaliers #frontières #Egypte #accord #gardes-côtes #aide_financière #militarisation_des_frontières #surveillance #matériel #Operational_Partnership_to_Combat_People_Smuggling #partenariat

    #modèle_tunisien

  • Conference on innovative technologies for strengthening the Schengen area

    On 28 March 2023, the European Commission (DG HOME), Frontex and Europol will jointly hold a conference on innovative technologies for strengthening the Schengen area.


    The conference will provide a platform for dialogue between policy decision-makers, senior technology project managers, and strategic industry leaders, essential actors who contribute to making the Schengen area more secure and resilient. The conference will include discussions on the current situation and needs in Member States, selected innovative technology solutions that could strengthen Schengen as well as selected technology use cases relevant for police cooperation within Schengen.

    The conference target participants are ‘chief technology officers’ and lead managers from each Member State’s law enforcement and border guard authorities responsible for border management, security of border regions and internal security related activities, senior policy-makers and EU agencies. With regards to the presentation of innovative technological solutions, a dedicated call for industry participation will be published soon.

    https://www.europol.europa.eu/publications-events/events/conference-innovative-technologies-for-strengthening-schengen-area

    Le rapport est téléchargeable ici:
    Report from the conference on innovative technologies for strengthening the Schengen area

    In March 2023, the European Commission (DG HOME), Frontex and Europol jointly hosted a conference on innovative technologies for strengthening the Schengen area. The event brought together policy makers, senior technology project managers, and strategic industry leaders, essential actors who contribute to making the Schengen area more secure and resilient. The conference included discussions on the current situation and needs in Member States, selected innovative technology solutions that could strengthen Schengen as well as selected technology use cases relevant for police cooperation within Schengen.

    https://frontex.europa.eu/innovation/announcements/report-from-the-conference-on-innovative-technologies-for-strengtheni
    Lien pour télécharger le pdf:
    https://frontex.europa.eu/assets/EUresearchprojects/2023/Conference_on_innovative_technologies_for_Schengen_-_Report.pdf

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