• #Leonardo sbarca in #Somalia, la sua fondazione promuove l’italiano e addestra l’esercito

    Leonardo punta a rafforzare la propria presenza in Corno d’Africa e affida l’affaire all’ex ministro dell’Interno Marco Minniti (Pd), alla guida della Fondazione Med-Or costituita dall’holding del complesso militare-industriale italiano per promuovere progetti di “cooperazione” e scambi culturali-accademici con i Paesi del cosiddetto Mediterraneo allargato (Med) e del Medio ed Estremo Oriente (Or).

    Il 21 dicembre 2021 è stato firmato a Roma un Memorandum of Understanding tra la Fondazione Med-Or e la Repubblica Federale di Somalia per la “promozione della lingua italiana in Somalia e il sostegno all’alta formazione, attraverso l’erogazione di borse di studio e corsi di formazione professionale”.

    A sottoscrivere l’accordo Marco Minniti e il Ministro degli Affari Esteri somalo Abdisaid Muse Ali, ma all’evento erano presenti pure il Ministro degli Esteri e della Cooperazione Internazionale Luigi Di Maio, il Ministro della Pubblica Istruzione somalo Abdullahi Abukar Haji e l’intero stato maggiore di Leonardo S.p.A., il presidente Luciano Carta (generale ritirato della Guardia di finanza), l’amministratore delegato Alessandro Profumo, il direttore generale Valerio Cioffi e Letizia Colucci, direttrice generale della Fondazione Med-Or.

    “La Somalia è un Paese strategico nei complessi equilibri dell’Africa Orientale ed è un partner fondamentale per noi nel Corno d’Africa”, ha dichiarato l’ex ministro Minniti. “L’interesse e l’impegno di Med-Or verso l’ex colonia italiana sono in linea con quanto fatto nel corso degli ultimi anni. Consolideremo la cooperazione in numerosi campi e le relazioni comuni, insieme alle istituzioni somale”.

    Il Memorandum firmato con la Repubblica di Somalia segue altri due progetti promossi e finanziati in Africa dalla Fondazione di Leonardo: il primo con la Mohammed VI Polytechnic University di Rabat (finanziamento di alcune borse di studio presso la LUISS “Guido Carli” di Roma, destinate a studenti provenienti dal Marocco); il secondo con la consegna alla Repubblica del Niger di una cinquantina di concentratori di ossigeno per alcune strutture sanitarie impegnate nell’assistenza a malati di Covid-19.

    La presenza a Roma alla firma dell’accordo di “cooperazione” dei massimi vertici di Leonardo S.p.A., conferma l’intenzione del gruppo di penetrare nel redditizio mercato dei sistemi d’arma del martoriato Corno d’Africa. Risale a tre anni fa l’ultima importante commessa nella regione, la fornitura al governo federale somalo di sistemi ATC – Air Traffic Control. Nello specifico, la controllata Selex ES Technologies Limited (SETL) con sede in Kenya, ha installato nel 2018 a Mogadiscio un Centro Nazionale ACC (Air Control Centre) per l’integrazione degli strumenti operativi di controllo aereo e tre torri radar in altrettanti aeroporti del Paese per un totale di 16 postazioni operatore, oltre a un sistema radio VHF e una rete satellitare.

    Una trattativa per la fornitura di un sofisticato sistema radar è in corso tra Leonardo e le autorità militari di Gibuti, la piccola enclave tra Eritrea, Etiopia e Somaliland, strategica per il controllo dello Stretto Bab El Mandeb che separa il Mar Rosso dal Golfo di Aden, principale rotta commerciale e petrolifera tra l’Asia e l’Europa.

    Il 30 gennaio 2020 i manager del gruppo italiano hanno accompagnato una delegazione della Repubblica di Gibuti (presenti tra gli altri il ministro della Difesa Hassan Omar Mohamed e l’ambasciatore a Parigi Ayeid Mousseid Yahya) in visita alla 4ª Brigata Telecomunicazioni e Sistemi per la Difesa Aerea e l’Assistenza al Volo dell’Aeronautica Militare di Borgo Piave, l’ente responsabile della realizzazione, installazione e manutenzione dei sistemi radar, di telecomunicazioni e radio assistenze al volo e alla navigazione aerea.

    “Gli ospiti sono stati accolti dal Comandante della 4ª Brigata, generale Vincenzo Falzarano”, riporta la nota dell’ufficio stampa dell’Aeronautica italiana. “La visita ha interessato il Sistema FADR (Fixed Air Defence Radar, modello RAT–31DL, prodotto da Leonardo, nda) che costituisce la struttura portante del sistema di Difesa Aerea. Il FADR è un radar di sorveglianza a lungo raggio (oltre 470 chilometri) e l’Aeronautica Militare, grazie alla sinergia con il mondo industriale nazionale, lo ha utilizzato per il rinnovamento tecnologico di dodici radar fissi a copertura dell’intero spazio aereo nazionale”.

    Come nel caso del Niger, la Fondazione Med-Or di Leonardo S.p.A. sembra voler privilegiare le regioni del continente africano dove operano stabilmente le forze armate italiane. In Corno d’Africa l’Italia è presente nell’ambito di due missioni internazionali, EUTM Somalia (European Union Training Mission to contribute to the training of Somali security forces) e MIADIT.

    L’operazione EUTM ha preso il via nell’aprile 2010 dopo la decisione dell’Unione Europea di “contribuire al rafforzamento del Governo Federale di Transizione della Somalia attraverso l’addestramento delle Forze di sicurezza somale”. Inizialmente il personale militare UE era schierato in Uganda e operava in stretta collaborazione con le forze armate ugandesi.

    Furono costituititi un quartier generale a Kampala, una base addestrativa a Bihanga (250 km a ovest della capitale) e un ufficio di collegamento a Nairobi (Kenya). Quando le condizioni di sicurezza in Somalia sembrarono migliori, EUTM inaugurò un centro di formazione presso l’aeroporto internazionale di Mogadiscio (aprile 2013) e, dall’inizio del 2014, sia il quartier generale sia i centri addestrativi furono trasferiti in territorio somalo.

    “Focus iniziale della Missione EUTM è stato l’addestramento delle reclute somale e la formazione di istruttori delle Somali National Security Forces, capaci di gestire in proprio l’addestramento di sottufficiali e della truppa”, spiega il Ministero della Difesa italiano. “Con il crescente impegno della Comunità Internazionale e dell’UE nel processo di stabilizzazione del Corno d’Africa, è stato previsto un ulteriore sviluppo della missione. Dall’aprile 2015, con il 4° mandato, essa si è concentrata sempre più sulla componente legata alla consulenza operativa, logistica e amministrativa del Ministero della Difesa e dello Stato Maggiore somalo”. Dal 15 febbraio 2014 il Comando di EUTM è assegnato all’Italia e il contingente nazionale impiegato è di 148 militari e 20 mezzi terrestri.

    Dal 2013 le forze armate italiane sono impegnate pure nella Missione Bilaterale di Addestramento delle Forze di Polizia somale e gibutiane – MIADIT. “La missione è volta a favorire la stabilità e la sicurezza della Somalia e dell’intera regione del Corno d’Africa, accrescendo le capacità nel settore della sicurezza e del controllo del territorio da parte delle forze di polizia somale”, spiega ancora il Ministero della Difesa. “L’obiettivo a lungo termine è quello di rigenerare la polizia federale somala mettendola innanzitutto in grado di operare nel complesso scenario e successivamente, con i corsi training of trainers, portarla gradualmente all’autosufficienza formativa”.

    Il contingente nazionale impiegato è di 53 militari e 4 mezzi dell’Arma dei Carabinieri. I moduli addestrativi sono diretti a 150-200 agenti somali e gibutini alla volta e hanno una durata di 12 settimane.

    Le attività spaziano dall’addestramento individuale al combattimento, agli interventi nei centri abitati, alle tecniche di controllo del territorio e gestione della folla, alla ricerca e neutralizzazione di armi ed esplosivi. Sempre secondo la Difesa, gli istruttori dei Carabinieri hanno già addestrato oltre 2.600 unità appartenenti alla Polizia Somala, alla Polizia Nazionale e alla Gendarmeria Gibutiana, contribuendo inoltre alla ristrutturazione dell’Accademia di Polizia di Mogadiscio.

    https://www.africa-express.info/2021/12/24/leonardo-sbarca-in-somalia-la-sua-fondazione-promuove-litaliano-e-a

    #Italie #néo-colonialisme
    #Minniti #Marco_Minniti #Fondazione_Med-Or #complexe_militaro-industriel #Mediterraneo_allargato #Memorandum_of_Understanding #accord #langue #langue_italienne #formation_professionnelle #bourses_d'étude #Abdisaid_Muse_Ali #Luigi_Di_Maio #Abdullahi_Abukar_Haji #Luciano_Carta #Alessandro_Profumo #Valerio_Cioffi #Letizia_Colucci #Corne_d'Afrique #coopération #aide_au_développement #ATC #Air_Traffic_Control #Selex_ES_Technologies_Limited (#SETL) #ACC (#Air_Control_Centre) #radar #système_radar #Bab-el-Mandeb #Vincenzo_Falzarano #Sistema_FADR (#Fixed_Air_Defence_Radar) #RAT–31DL #défense_aérienne #Aeronautica_Militare #armée #EUTM_Somalia #European_Union_Training_Mission_to_contribute_to_the_training_of_Somali_security_forces #MIADIT #Bihanga #Nairobi #Somali_National_Security_Forces #Missione_Bilaterale_di_Addestramento_delle_Forze_di_Polizia_somale_e_gibutiane (#MIADIT) #training_of_trainers #formation #Carabinieri #police

  • #Sangue_giusto. #Francesca_Melandri

    Roma, agosto 2010. In un vecchio palazzo senza ascensore, Ilaria sale con fatica i sei piani che la separano dal suo appartamento. Vorrebbe solo chiudersi in casa, dimenticare il traffico e l’afa, ma ad attenderla in cima trova una sorpresa: un ragazzo con la pelle nera e le gambe lunghe, che le mostra un passaporto. «Mi chiamo Shimeta Ietmgeta Attilaprofeti» le dice, «e tu sei mia zia.» All’inizio Ilaria pensa che sia uno scherzo. Di Attila Profeti lei ne conosce solo uno: è il soprannome di suo padre Attilio, un uomo che di segreti ne ha avuti sempre tanti, e che ora è troppo vecchio per rivelarli. Shimeta dice di essere il nipote di Attilio e della donna con cui è stato durante l’occupazione italiana in Etiopia. E se fosse la verità? È così che Ilaria comincia a dubitare: quante cose, di suo padre, deve ancora scoprire? Le risposte che cerca sono nel passato di tutti noi: di un’Italia che rimuove i ricordi per non affrontarli, che sopravvive sempre senza turbarsi mai, un Paese alla deriva diventato, suo malgrado, il centro dell’Europa delle grandi migrazioni.Con Sangue giusto Francesca Melandri si conferma un’autrice di rara forza e sensibilità. Il suo sguardo, attento e profondissimo, attraversa il Novecento e le sue contraddizioni per raccontare il cuore della nostra identità.

    https://rizzoli.rizzolilibri.it/libri/sangue-giusto
    #livre #littérature #Italie_coloniale #migrations #colonialisme #corne_d'Afrique #colonisation #histoire #fascisme #roman

    –—

    ajouté à la métaliste sur le colonialisme italien :
    https://seenthis.net/messages/871953
    Et plus précisément ici :
    https://seenthis.net/messages/871953#message900659

    • Le livre Sangue giusto a été traduit en français avec le titre

      Tous, sauf moi

      2010, Rome. Ilaria, la quarantaine, trouve sur le seuil de sa porte un jeune Éthiopien qui dit être à la recherche de son grand-père, Attilio Profeti. Or c’est le père d’Ilaria. À quatre-vingt-quinze ans, le patriarche de la famille Profeti est un homme à qui la chance a toujours souri : deux mariages, quatre enfants, une réussite sociale éclatante. Troublée par sa rencontre avec ce migrant qui déclare être son neveu, Ilaria commence à creuser dans le passé de son père.
      À travers l’enquête d’Ilaria qui découvre un à un les secrets sur la jeunesse de son père, Francesca Melandri met en lumière tout un pan occulté de l’histoire italienne : la conquête et la colonisation de l’Éthiopie par les chemises noires de Mussolini, de 1936 à 1941 – la violence, les massacres, le sort tragique des populations et, parfois, les liens qu’elles tissent avec certains colons italiens, comme le fut Attilio Profeti.
      Dans ce roman historique où l’intime se mêle au collectif, Francesca Melandri apporte un éclairage nouveau sur l’Italie actuelle et celle des années Berlusconi, dans ses rapports complexes avec la période fasciste. Naviguant habilement d’une époque à l’autre, l’auteur nous fait partager l’épopée d’une famille sur trois générations et révèle de façon bouleversante les traces laissées par la colonisation dans nos sociétés contemporaines.

      http://www.gallimard.fr/Catalogue/GALLIMARD/Du-monde-entier/Tous-sauf-moi
      #Tous_sauf_moi

    • « Tous, sauf moi », le roman qui met l’Italie face à son héritage colonial

      Francesca Melandri dynamite la #mémoire sélective entretenue sur le passé impérial de l’Italie en Afrique. Son dernier livre pulvérise les couches de silence accumulées depuis l’ère fasciste et combat le révisionnisme historique des années Berlusconi.

      Le roman s’ouvre en 2012 à Rome, sur le décès d’un vieillard de 97 ans. « Tous, sauf moi » était le mantra d’Attilio Profeti, obsédé par l’idée d’être le dernier de sa génération à quitter ce bas monde. Depuis bien longtemps, les enfants issus de sa double vie avaient découvert leur existence mutuelle. Mais cela ne faisait que deux ans que sa fille Illaria avait vu débarquer sur son palier un certain Shimeta Ietmgeta Attilaprofeti. Venu d’Éthiopie, celui-ci s’était présenté comme son neveu, c’est-à-dire le petit-fils dudit vieillard, à la mémoire déjà trop effilochée pour confirmer quoi que ce soit.

      Ce point de départ fournit le prétexte à une investigation filiale qui tient le lecteur en haleine pendant plus de 500 pages facilement dévorées, en lui faisant remonter le temps jusqu’à cent ans en arrière. Dans cet ouvrage publié en 2019, à (re)découvrir dans les librairies déconfinées, l’écrivaine Francesca Melandri enchevêtre plusieurs récits de vie qui éclairent de manière sensible l’histoire récente de l’Italie. Sa prose alterne subtilement entre l’empathie pour ses personnages, un humour féroce, des descriptions cliniques et quelques rebondissements surprises.

      On suit ainsi le long parcours d’Attilio Profeti, fils d’un cheminot étranger aux idées fascistes, dont l’enfance sera néanmoins tout entière marquée par le régime de Mussolini. Engagé en Éthiopie, dont la conquête en 1936 fit beaucoup pour l’adhésion populaire au nouveau régime, il y laissera une femme et une progéniture qu’il ne reconnaîtra jamais, au contraire de certains compagnons « ensablés », émigrés ou anciens soldats jamais repartis du pays. Beau et chanceux, il trouvera après la guerre un protecteur auprès de qui bénéficier des nombreux avantages d’une démocratie chrétienne hégémonique et corrompue.

      Avec sa fille Illaria, une femme indépendante ayant grandi pendant la dégénérescence du système de partis de la Première République, voilà le lecteur plongé dans les années Berlusconi, cauchemardesques pour quiconque ayant conservé des idéaux de gauche, ou tout simplement une haute idée de l’action publique. Son enquête l’incitant à s’accommoder avec les principes moraux qu’elle s’était fixés, Illaria voit s’échapper son fantasme de rester imperméable au climat d’abaissement et de compromission encouragé par le magnat transalpin des médias.

      Motivée par une oppression politique bien plus directe et brutale, l’odyssée du jeune Éthiopien jusqu’à Rome fait écho aux tragédies migratoires vécues ces dernières années entre la Corne de l’Afrique et les côtes européennes, en passant par le Soudan et la Libye. « Qu’est-ce qu’une frontière au milieu du désert ?, lit-on au commencement de son parcours éprouvant. Une ligne invisible au-delà de laquelle il y a ceux qui te frappent, ceux qui te donnent à boire, ceux qui volent ton argent et ceux qui font un peu tout ça à la fois. Ou bien encore, là où il n’y a plus personne parce que le chauffeur a perdu la piste et alors on meurt. »

      La grande réussite de Melandri est de ne pas dérouler ces récits en silos, mais de les faire résonner les uns avec les autres. Elle nous fait ainsi découvrir, ou mieux entendre, les échos du passé impérialiste italien dans la vie politique contemporaine, par exemple lors de la réception de Kadhafi par Berlusconi en 2010. En reliant par la fiction des destins individuels, la romancière réunit dans le même geste des fragments d’histoire nationale artificiellement séparés – et surtout excessivement négligés – dans la mémoire collective.

      C’est en effet l’impensé colonial de son pays (lire l’article de Ricardo Antoniucci) que Melandri met au jour, dans une sorte de forage impitoyable de la psyché nationale. Elle le fait sans ménagement, n’épargnant pas au lecteur les récits atroces – sans être gratuits – des violences sexuelles et crimes de guerre commis par l’armée italienne. Sur la base d’une documentation solide, et avec les armes d’un art populaire, elle entreprend de défaire les couches de silence qui ont enveloppé cette histoire qui n’a rien eu d’anecdotique.

      Par honte, peur de la justice ou déni psychologique, les « revenants » d’Abyssinie avaient été avares de témoignages : « Tous se taisaient. Chacun de ces petits ruisseaux de silence confluait avec le grand fleuve des omissions officielles, qui, à son tour, alimentait la grande mer de la propagande sur l’Afrique orientale. »

      Une fois le fascisme vaincu, la reconstruction mémorielle du pays a débouché sur le mythe d’un pays victime d’un phénomène politique aberrant : « Tout ce qui, à tort ou à raison, était associé au fascisme était considéré comme un corps étranger, une parenthèse, une déviation du vrai cours de l’histoire de la patrie, celui qui reliait l’héroïsme du Risorgimento à celui de la Résistance. L’Italie était un ancien alcoolique qui, comme tout nouvel adepte de la sobriété, ne voulait pas être confondu avec le comportement qu’il avait eu lors de sa dernière cuite. »

      Tout en rappelant que l’entreprise coloniale a été lancée plus de vingt ans avant l’avènement du régime mussolinien, Melandri insiste sur la centralité de l’impérialisme dans le fascisme italien. Elle s’inscrit dans le sillage de réflexions similaires menées dans le champ académique, comme chez Marie-Anne Matard-Bonucci. Dans un ouvrage important, Totalitarisme fasciste, celle-ci insiste sur le fait que le culte de la violence se situait bien au cœur du mouvement puis du régime politique de Mussolini (voir notre entretien vidéo).

      « Pour le pouvoir fasciste, écrit l’historienne, la terreur [dans les colonies] n’était pas une dérive, mais une façon de faire de la politique. » Un chapitre entier de son ouvrage est d’ailleurs consacré à la propagande viriliste déployée en arrière-fond des conquêtes coloniales, dans lequel elle explique comment le « spectre du métissage », signe d’une radicalisation raciste du régime, a finalement débouché sur une réglementation stricte de la sexualité en terrain colonial.

      Or, c’est précisément dans cette torsion idéologique que s’inscrit la biographie inventée d’Attilio Profeti : adolescent contemplant des cartes postales de corps animalisés et « exotisés », soldat parmi ceux confrontés à leur disponibilité au cours d’une conquête militaire les ayant transformés en proies faciles, amoureux préférant délaisser l’objet de sa fascination plutôt que d’hypothéquer son avenir au sein d’un régime ne tolérant pas l’altération du pur sang italien.

      À plusieurs reprises, dans les pages les plus contemporaines, la romancière étrille le révisionnisme historique encouragé par Berlusconi et ses alliés de droite dès leur arrivée au pouvoir. Comme l’a montré un autre historien, Olivier Forlin, les années 1990 ont de fait été le moment d’une « relativisation de l’héritage fasciste » et d’une mise en équivalence douteuse entre partisans et fascistes pendant la guerre civile de 1943-45, présentée comme un moment regrettable de division nationale.

      De façon plus générale, c’est la dégénérescence morale incarnée par Berlusconi dont témoignent les personnages du roman. Parmi eux, l’amant d’Illaria, Piero Casati, est décrit comme un élu « entré en politique avec une idée d’efficacité conservatrice [...] ; où les excès des hommes d’État de la Première République seraient corrigés par un peu de marché sain, par l’allègement de la lourdeur du fonctionnement de l’administration », mais qui se retrouve plongé dans « un climat de Bas-Empire, de foire d’empoigne, avec des rats dans la soute qui rongent les dernières croûtes avant que le bateau ne s’écrase sur les rochers ».

      Les adversaires de centre-gauche de Berlusconi ne sont pour autant pas épargnés dans le roman. À plusieurs occasions, Melandri souligne leur responsabilité partagée dans l’absence de travail mémoriel satisfaisant, et dans la mise en œuvre de lois désastreuses pour la dignité et l’intégrité physique des migrants ayant tenté leur chance depuis l’autre côté de la Méditerranée.

      Épique et subtil autant qu’éprouvant, Tous, sauf moi s’inscrit dans un mouvement de pluralisation de la mémoire italienne, que d’autres romanciers et chercheurs ont lancé à la lumière d’une histoire impériale réévaluée. L’originalité de Melandri est de montrer en quoi le legs colonial pèse encore dans l’inconscient, les représentations et les affects contemporains. Il est heureux que les lectrices et lecteurs français y aient aujourd’hui accès, deux ans après sa parution en Italie.

      https://www.mediapart.fr/journal/culture-idees/010620/tous-sauf-moi-le-roman-qui-met-l-italie-face-son-heritage-colonial
      #impensé_colonial

    • “I wanted to become an Abyssinian”: Rewriting Indro Montanelli’s memories of colonial Africa in Francesca Melandri’s Sangue giusto (2017)

      This article focuses on journalist Indro Montanelli’s memories of Destà/Fatìma or Fatuma, the 12-year-old child he bought as his “wife” while he was a volunteer in the 1935 Italo-Ethiopian war, and on a colonial narrative echoing his story in the 2017 novel Sangue giusto by Francesca Melandri. It considers the roles of race, gender, sexuality, and national memory in the texts, moving from the debate around the monument dedicated to the prominent journalist in the city of Milan to the analysis of the power dynamics in the novel. John Akomfrah’s notion of memory as “a deconstructive gesture against white mythologies” and Aimé Césaire’s and Michel Foucault’s idea of memory as counter-cartography are used to analyse both Montanelli’s recollections of Destà and the relationship between Attilio Profeti, the main character of Melandri’s novel, and Ababa, the girl he turned into his servant and lover during the fascist occupation of Ethiopia.

      https://www.tandfonline.com/doi/full/10.1080/17449855.2022.2158359

  • Le «#navi_bianche», quando i profughi dall’Africa erano italiani

    «Donne smunte, lacerate accaldate, affrante dalle fatiche, scosse dalle emozioni… Bimbi sparuti che le lunghe privazioni e l’ardore del clima hanno immiserito e stremato fino al limite». Si presentavano così i coloni dell’ormai “ex Impero” agli occhi di #Zeno_Garroni, regio commissario della missione speciale che avrebbe rimpatriato 28mila tra donne, anziani, bambini e ragazzi sotto 15 anni dall’Etiopia, dall’Eritrea e dalla Somalia, paesi di quell’Africa orientale italiana facilmente conquistata all’inizio del 1941 dalle truppe britanniche. Un’ondata di profughi “bianchi” che ricevette un’accoglienza diversa da quella destinata oggi ai naufraghi ma che, come loro, si lasciavano alle spalle la esperienza drammatica della prigionia nei campi alleati.

    Alla missione umanitaria si arrivò dopo una lunga trattativa tra il governo britannico e quello italiano. Furono allestite quattro navi (“Saturnia”, “Vulcania”, “Caio Duilio” e “Giulio Cesare”), dipinte di bianco con grandi croci rosse, alle quali fu imposto il periplo dell’Africa, dal momento che non fu permesso loro di passare attraverso il canale di Suez. Il viaggio, così, diventava molto lungo: circa cinquanta giorni. E pericoloso: la prima spedizione salpò nell’aprile del 1942 da Genova e Trieste, la terza e ultima attraccò a Taranto nell’agosto del 1943. Tutto in piena guerra, quella che si combatteva anche lungo le rotte e i porti del Mediterraneo.

    «Costretti ad abbandonare case e averi, concentrati dai britannici in campi provvisori e da lì inviati a Berbera direttamente per l’imbarco - scrive lo storico Emanuele Ertola che alla vicenda delle “navi bianche” ha dedicato un saggio - affaticati e storditi dopo un lungo viaggio attraverso l’Etiopia in treno e camionetta, i rimpatrianti dovevano quindi sopportare la lunga attesa per salire a bordo». Qui venivano subito assistiti dal personale sanitario (c’erano medici e infermieri) ma affrontavano da subito il problema del sovraffollamento. Durante l’imbarco e il viaggio - soprattutto della prima spedizione - molti bambini, già provati e sofferenti per vita nei campi di concentramento britannici e sfiancati dalle condizioni climatiche, morirono. «Ricordo benissimo, giorno per giorno, la vita a bordo, che è durata circa un mese e mezzo - racconta una testimone, Maria Gabriella Ripa di Meana, citata nel libro di Massimo Zamorani Dalle navi bianche alla linea gotica (Mursia), inviato del Giornale di Indro Montanelli che era uno dei tanti bambini italiani d’Africa -. Ricordo i bambini più piccoli che morivano per infezione diarroica; ricordo l’epidemia di tosse convulsa che imperversava tra i bambini più grandi. Ricordo la madre disperata che aveva assistito alla fine del suo piccolo; ricordo che le donne in stato di gravidanza erano terrorizzate e ricordo che non c’erano più letti disponibili nell’infermeria strapiena».

    Ma oltre che umanitaria, nelle intenzioni del governo fascista, quella delle “navi bianche” doveva essere anche una missione politica. Aveva lo scopo di preparare i profughi che avevano vissuto nelle colonie al reinserimento nella vita della madrepatria e a “rieducarli” ai principi «della gerarchia e dei valori sociali » soprattutto dopo il periodo di prigionia nei campi britannici. Tra i “ragazzi d’Africa” c’era anche il futuro fumettista Hugo Pratt, all’epoca del rientro appena quindicenne. Come altri suoi coetanei si arruolò volontario appena compiuti diciotto anni, convinto che quella della fedeltà al regime fosse l’unica scelta possibile. Tra i bambini sopravvissuti c’era anche Luciano Violante (è nato a Dire Daua nel 1941) che, magistrato e politico ex comunista, molti anni dopo nel suo discorso di insediamento da presidente della Camera invitò a riflettere sui «vinti di ieri» per capire «senza revisionismi falsificanti» anche chi si schierò «dalla parte di Salò».

    https://www.ilsole24ore.com/art/le-navi-bianche-quando-profughi-dall-africa-erano-italiani-AE3GxU5E
    #réfugiés #réfugiés_italiens #décolonisation #Afrique #Corne_d'Afrique #Ethiopie #Erythrée #Somalie #navires #Saturnia #Vulcania #Caio_Duilio #Giulio_Cesare #Berbera #colonialisme #camps_de_concentration #réinsertion #rééducation #Hugo_Pratt

    • The World Refugees Made. Decolonization and the Foundation of Postwar Italy

      In The World Refugees Made, #Pamela_Ballinger explores Italy’s remaking in light of the loss of a wide range of territorial possessions—colonies, protectorates, and provinces—in Africa and the Balkans, the repatriation of Italian nationals from those territories, and the integration of these “national refugees” into a country devastated by war and overwhelmed by foreign displaced persons from Eastern Europe. Post-World War II Italy served as an important laboratory, in which categories differentiating foreign refugees (who had crossed national boundaries) from national refugees (those who presumably did not) were debated, refined, and consolidated. Such distinctions resonated far beyond that particular historical moment, informing legal frameworks that remain in place today. Offering an alternative genealogy of the postwar international refugee regime, Ballinger focuses on the consequences of one of its key omissions: the ineligibility from international refugee status of those migrants who became classified as national refugees.

      The presence of displaced persons also posed the complex question of who belonged, culturally and legally, in an Italy that was territorially and politically reconfigured by decolonization. The process of demarcating types of refugees thus represented a critical moment for Italy, one that endorsed an ethnic conception of identity that citizenship laws made explicit. Such an understanding of identity remains salient, as Italians still invoke language and race as bases of belonging in the face of mass immigration and ongoing refugee emergencies. Ballinger’s analysis of the postwar international refugee regime and Italian decolonization illuminates the study of human rights history, humanitarianism, postwar reconstruction, fascism and its aftermaths, and modern Italian history.

      https://www.cornellpress.cornell.edu/book/9781501747588/the-world-refugees-made/#bookTabs=1
      #livre #rapatriement #nationalisme #identité #citoyenneté

      –---

      Et un autre mot...

      Post-World War II Italy served as an important laboratory, in which categories differentiating #foreign_refugees (who had crossed national boundaries) from #national_refugees (those who presumably did not) were debated, refined, and consolidated.

      #terminologie #vocabulaire #mots
      –-> ajouté à la métaliste: https://seenthis.net/messages/414225
      ping @sinehebdo

    • Dalle navi bianche alla Linea Gotica

      Tra il 1941 e il 1943 quattro transatlantici della Marina mercantile italiana – Saturnia, Vulcania, Giulio Cesare e Caio Duilio – furono appositamente trasformati nelle cosiddette Navi Bianche per riportare in patria dall’Africa Orientale Italiana 30.000 civili prelevati dalle loro case dopo l’occupazione del 1941 e rinchiusi nei campi di concentramento britannici: donne, anziani, invalidi e tantissimi bambini.

      Tra questi c’era anche #Massimo_Zamorani, che racconta il viaggio epico vissuto in prima persona, a quindici anni, attraverso mari invasi dai sommergibili in guerra. Dopo mesi nei campi di prigionia trascorsi in proibitive condizioni climatiche, igieniche, alimentari e sanitarie, i rimpatriandi si trovarono ad affrontare un percorso lunghissimo e difficile di circumnavigazione dell’Africa, poiché il governo britannico non aveva concesso il passaggio dal Canale di Suez.

      Come altri giovani rimpatriati – fra questi anche l’allora sconosciuto Hugo Pratt, futuro creatore di Corto Maltese – appena compiuti gli anni minimi Zamorani si arruolò volontario nell’esercito della Repubblica Sociale e combatté sulla Linea Gotica dove, dato disperso in combattimento, finì ancora una volta prigioniero in Algeria e poi a Taranto.

      Un episodio poco noto della Seconda guerra mondiale nella straordinaria testimonianza di un piccolo sopravvissuto che tornerà da grande in Africa orientale, come inviato speciale.

      https://www.mursia.com/products/14128?_pos=1&_sid=96d96b040&_ss=r

    • Navi bianche. Missione di pace in tempo di guerra

      Erano le unità ospedaliere della nostra flotta. Navigavano protette dalle convenzioni internazionali, ma alcune ugualmente colarono a picco per siluramento, mine, mitragliatrici. Il racconto di questa grandiosa impresa poco conosciuta nei suoi moventi e nella sua esecuzione ma pervasa da un alto senso di umanità, densa di drammaticità e contessuta di episodi molto interessanti, anche dal punto di vista storico, si presenta molto complesso. Le missioni furono tre: dal marzo al giugno 1942; dal settembre 1942 al gennaio 1943; dal maggio all’agosto del 1943; compiute con 4 grandi piroscafi: Vulcania, Saturnia, Duilio e Giulio Cesare.

      https://www.anobii.com/books/Navi_bianche/01966660c104330368

  • La battaglia legale per il super grano #Teff, simbolo dell’Etiopia e ideale nelle diete

    Apprezzato per l’alto contenuto di ferro, magnesio e calcio è indicato nelle diete prive di glutine, come quelle rivolte ai celiaci. Come è finita la contesa sui diritti di sfruttamento.

    Un supergrano così ricercato da voler essere brevettato. Ci aveva pensato un imprenditore olandese ma nei mesi scorsi la corte dell’Aia ha sancito la nullità delle autorizzazioni ottenute fino ad allora nei Paesi Bassi. Si tratta del Teff, un cereale privo di glutine simbolo dell’Etiopia, con dimensioni molto ridotte ma notevoli qualità. Per questo tale Jans Roosjen, un agronomo che collaborava con l’Istituto etiope di conservazione della biodiversità per la ricerca e lo sviluppo, ha tentato di brevettare le sementi del Teff. E in realtà c’e anche riuscito.

    La vicenda riguarda l’antica questione dei diritti di proprietà intellettuale sulle sementi. In Etiopia c’era già stato un caso simile e aveva riguardato la catena di Starbucks e tre varietà di caffè, tra le più pregiate. Alla fine, anche dopo una campagna di denunce di Oxfam, l’azienda si impegnò ad aiutare il paese «a commercializzare e promuovere la distribuzione delle tre pregiate varietà di chicchi».

    Il Teff è un cereale versatile, apprezzato per l’alto contenuto di ferro, magnesio, rame e calcio. Dalla lavorazione si ottiene l’injera che è il piatto tipico dell’Etiopia, una sorta di pancake fermentato che si usa come base per ogni pietanza. Nel corno d’Africa si coltiva da almeno duemila anni. È ad elevato contenuto di fibre e basso indice glicemico, per questo consigliato a bimbi, anziani e molto ricercato dagli sportivi. Ma soprattutto perché indicato nelle diete prive di glutine, come quelle rivolte ai celiaci.

    Per questo l’agronomo olandese Jans Roosjen da anni tenta di accaparrarsene il brevetto, per sdoganarlo e inserirlo tra gli ingredienti del mercato internazionale di alimenti privi di glutine. Dopo i primi avvicinamenti negli anni duemila e alcune parziali concessioni a un’azienda poi fallita, nel 2007 ottenne un brevetto con la società «Ancientgrain» ().

    L’accordo stipulato con l’European Patent Office prevedeva lo stoccaggio e la lavorazione della farina di teff e dei suoi derivati in vari paesi, tra cui l’Italia. L’episodio scatenò parecchia indignazione in Etiopia che rimase esclusa dall’export del teff, non solo a causa della sua instabilità economica.

    Poi nel 2014 emerse un conflitto giudiziario. Un’altra azienda olandese, la Bakels Senior, aveva iniziato a vendere dei prodotti ottenuti dalla lavorazione del teff. Così la “Ancientgrain” denuncio la concorrente segnalando una presunta infrazione per «violazione di brevetto». La causa è stata molto controversa ma a novembre 2018 la Corte ha emesso la sentenza, pubblicata pochi mesi fa. Secondo la distrettuale dell’Aia «non vi era alcuna violazione di brevetti» e nel provvedimento ha precisato che i brevetti depositati dalla «Ancientgrain» "mancavano di inventiva" e quindi non è possibile applicarlo nei Paesi Bassi.

    Il provvedimento ha riconosciuto il ruolo degli agricoltori etiopi come “custodi della biodiversità sviluppata in Etiopia” e la notizia nel Corno d’Africa è stata accolta con entusiasmo. Anche perchè la Bakels Senior ha fatto sapere che «presenterà ricorso anche negli altri paesi in cui si detengono dei brevetti sulla farina di teff», compreso in Italia (oltre a Regno Unito, Germania, Belgio e Austria).

    In Etiopia negli ultimi anni è cresciuto il prezzo dell’injera e a fronte di una notevole domanda, la produzione è rimasta stabile. “La ’coltura’ del teff ha dei limiti biologici e agronomici e per questo non se ne riesce a produrre di più. Inoltre non vi sono ulteriori grandi superfici da seminare a teff", dice Tiberio Chiari responsabile ad Addis Abeba dell’Aics (Agenzia per la cooperazione e lo sviluppo) ed esperto agronomo. Anche per questo – con degli accordi sostenibili - il supergrano potrebbe finire nella grande distribuzione e nel supermarket vicino casa, sugli scaffali, tra crackers e confezioni di pasta tradizionali

    https://www.agi.it/cronaca/teff_super_grano_diete_glutine-5545679/news/2019-05-26
    #gluten #alimentation #Corne_d'Afrique #brevet #industrie_agro-alimentaire #Jans_Roosjen #brevet #propriété_intellectuelle #Ethiopie #Bakels_Senior #privatisation #Pays-Bas #Ancientgrain #semences #injera #prix

  • Roma. Le notti in strada dei profughi (in regola) sgomberati. «Dove andremo?» (VIDEO)

    L’operazione di sgombero compiuta senza predisporre ricoveri alternativi. Molti bambini e diversi anziani invalidi. Sono tutte persone accolte in Italia come rifugiati e con i documenti


    https://www.avvenire.it/attualita/pagine/roma-le-notti-in-strada-dei-profughi-le-ong-a-comune-e-governo-serve-soluzi
    #logement #hébergement #asile #migrations #réfugiés #SDF #sans-abri #Rome #vidéo #clochardisation #expulsion

    Lien vers la vidéo:
    https://www.youtube.com/watch?v=3_uudBfC8Zo

  • L’UNHCR METTE IN GUARDIA SULLE PERICOLOSE TRAVERSATE VIA MARE NEL CORNO D’AFRICA

    Nel 2015 92.000 persone hanno raggiunto lo Yemen via mare mentre sono già 36 le persone annegate nel 2016.

    Gli ultimi dati relativi agli arrivi via mare nello Yemen mostrano che, nonostante il conflitto in corso, circa 92.446 persone sono arrivate via mare nel 2015, uno dei totali più alti dell’ultimo decennio. Due terzi di queste persone sono arrivate ​​da marzo 2015, quando è iniziato il conflitto. Nel 2015, sono stati 95 i morti registrati, il secondo anno per numero di vittime fino ad oggi, mentre 36 persone sono annegate quest’anno in un incidente avvenuto l’8 gennaio. In considerazione di questo, l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati (UNHCR) ha nuovamente messo in guardia chi sta pensando di intraprendere questa traversata, evidenziandone i pericoli.

    http://www.unhcr.it/news/lunhcr-mette-in-guardia-sulle-pericolose-traversate-via-mare-nel-corno-dafrica
    #réfugiés #asile #migrations #Yémen #Corne_d'Afrique #Mer_Rouge