• #Search-and-rescue in the Central Mediterranean Route does not induce migration : Predictive modeling to answer causal queries in migration research

    State- and private-led search-and-rescue are hypothesized to foster irregular migration (and thereby migrant fatalities) by altering the decision calculus associated with the journey. We here investigate this ‘pull factor’ claim by focusing on the Central Mediterranean route, the most frequented and deadly irregular migration route towards Europe during the past decade. Based on three intervention periods—(1) state-led Mare Nostrum, (2) private-led search-and-rescue, and (3) coordinated pushbacks by the Libyan Coast Guard—which correspond to substantial changes in laws, policies, and practices of search-and-rescue in the Mediterranean, we are able to test the ‘pull factor’ claim by employing an innovative machine learning method in combination with causal inference. We employ a Bayesian structural time-series model to estimate the effects of these three intervention periods on the migration flow as measured by crossing attempts (i.e., time-series aggregate counts of arrivals, pushbacks, and deaths), adjusting for various known drivers of irregular migration. We combine multiple sources of traditional and non-traditional data to build a synthetic, predicted counterfactual flow. Results show that our predictive modeling approach accurately captures the behavior of the target time-series during the various pre-intervention periods of interest. A comparison of the observed and predicted counterfactual time-series in the post-intervention periods suggest that pushback policies did affect the migration flow, but that the search-and-rescue periods did not yield a discernible difference between the observed and the predicted counterfactual number of crossing attempts. Hence we do not find support for search-and-rescue as a driver of irregular migration. In general, this modeling approach lends itself to forecasting migration flows with the goal of answering causal queries in migration research.

    https://www.nature.com/articles/s41598-023-38119-4

    #appel_d'air #migrations #réfugiés #frontières #sauvetage #pull-factor #facteur_pull #chiffres #statistiques #rhétorique #afflux #invasion #sauvetage_en_mer #démonstration #déconstruction #fact-checking

    –—

    ajouté à la métaliste qui réunit des fils de discussion pour démanteler la rhétorique de l’#appel_d'air en lien avec les #sauvetages en #Méditerranée :
    https://seenthis.net/messages/1012135

    • Sur les #données et le #code qui ont servi à l’étude :

      We document the various data sources used in Table S1 in Supplementary Materials. Though most data sources
      are publicly available—with the exception of the Sabre data on air traffic, we are unable to upload our data set
      to a repository due to data-usage requirements and proprietary restrictions. The data that support the findings
      of this study are available from various sources documented in Table S1 in Supplementary Materials but restrictions
      apply to the availability of these data, which were used under license for the current study, and so are not
      publicly available. Data are however available from the authors upon reasonable request and with permission of
      the various third party owners of the data. The code to construct the data set and perform the various statistical
      analyses is available at https://github.com/xlejx-rodsxn/sar_migration

      https://www.nature.com/articles/s41598-023-38119-4.pdf

    • Migranti, il pull factor non esiste. La prova del nove in uno studio scientifico

      Attraverso l’uso di tecniche statistiche avanzatissime e del machine learning quattro ricercatori hanno incrociato migliaia di dati relativi al decennio 2011-2020 dimostrando che le attività di ricerca e soccorso, istituzionali o delle Ong, non fanno aumentare le partenze dai paesi nordafricani. Come sostenuto per anni dalle destre e non solo.

      Le attività di ricerca e soccorso nel Mediterraneo centrale non costituiscono un fattore di attrazione per i migranti, cioè non li spingono a partire. Lo dimostra uno studio pubblicato sulla rivista Scientific Reports, dello stesso gruppo editoriale di Nature sebbene non si tratti della più nota e importante collega. Per la prima volta allo scopo di verificare l’esistenza di questo presunto pull factor sono state utilizzate tecniche statistiche particolarmente avanzate e sistemi di machine learning capaci di far interagire molte banche dati.

      I ricercatori Alejandra Rodríguez Sánchez, Julian Wucherpfennig, Ramona Rischke e Stefano Maria Iacus hanno raccolto informazioni sul decennio 2011-2020 provenienti da diversi ambiti – tassi di cambio, prezzi internazionali delle merci, livelli di disoccupazione, conflitti, condizioni climatiche – e le hanno usate per identificare i fattori che meglio prevedono le variazioni numeriche delle partenze da Tunisia e Libia. La loro attenzione si è concentrata su tre fasi che riflettono cambiamenti sostanziali di natura politica, legale e operativa del fenomeno analizzato: la vasta operazione di salvataggio messa in campo dall’Italia tra il 18 ottobre 2013 e il 31 ottobre dell’anno seguente, cioè Mare Nostrum; l’arrivo delle navi umanitarie delle Ong, a partire dal 26 agosto 2014; l’istituzione della zona Sar (search and rescue) libica e la collaborazione tra Tripoli e Unione Europea, dal 2017, in funzione anti-migranti.

      «Abbiamo comparato il fenomeno delle partenze prima e dopo l’inizio delle attività di ricerca e soccorso, il nostro modello predittivo dice che sarebbe andata allo stesso modo anche se le seconde non fossero intervenute», spiega Rodríguez Sánchez. Il modello è di tipo contro-fattuale: mostra cosa sarebbe successo modificando un certo fattore. In questo caso le operazioni Sar, che dunque non fanno aumentare le traversate.

      La forza del metodo statistico usato è di permettere di investigare non soltanto il terreno della correlazione tra due fenomeni, ma anche quello della presunta causalità di uno rispetto all’altro. La conclusione è che le navi di soccorso non sono il motivo delle traversate, o anche solo del loro aumento, ma esattamente l’opposto: costituiscono una risposta a esse. Sono altri i fattori che spingono le persone a migrare e rischiare la vita nel Mediterraneo, sono estremamente variegati e complessi, riguardano la povertà, la disoccupazione, le persecuzioni politiche, gli effetti del cambiamento climatico.

      Lo studio ha poi rilevato un altro elemento: la cooperazione Libia-Ue ha effettivamente ridotto le traversate, che dal 2017 sono state meno di quelle che si sarebbero dovute verificare secondo il modello predittivo. I ricercatori però avvertono che questo ha avuto un altissimo costo umano e che, in ogni caso, le politiche di esternalizzazione «non incidono sui fattori strutturali che influenzano un certo flusso e potrebbero forzare i potenziali migranti a seguire rotte ancora più pericolose». Se anche producono dei risultati in termini di deterrenza, insomma, ciò avviene esclusivamente a stretto giro, spostando il problema solo un po’ più in là.

      «Questa importante ricerca mostra a livello strutturale che le politiche di salvataggio, anche le più grandi e organizzate, non sembrano far aumentare le traversate. Noi stiamo indagando l’effetto puntuale: cioè se la presenza di singole navi Ong davanti alle coste libiche incida sulle persone che partono», commenta Matteo Villa, ricercatore dell’Istituto per gli studi di politica internazionale (Ispi). Villa nel 2019 ha pubblicato il primo studio scientifico che smentiva la tesi delle navi Ong come fattore di attrazione. Tra qualche mese uscirà un aggiornamento con una base dati molto più ampia. «Conferma quanto avevamo osservato quattro anni fa – anticipa Villa al manifesto – L’unica correlazione che abbiamo trovato riguarda i mesi più freddi: tra dicembre, gennaio e febbraio ci sono più partenze se le Ong sono in missione. Ma parliamo di numeri irrilevanti: lo scorso anno 300 persone sulle 50mila arrivate dalla Libia».

      La tesi del pull factor è nata nel 2014 quando l’allora direttore di Frontex, l’agenzia europea per il controllo delle frontiere esterne, Gil Arias-Fernández iniziò a sostenere pubblicamente che le navi di Mare Nostrum stavano facendo aumentare i flussi dal Nord Africa. In una Risk Analysis della stessa agenzia relativa al 2016 l’accusa è stata spostata sulle Ong, intervenute nel frattempo a colmare il vuoto lasciato dalla chiusura dell’operazione italiana. Da allora questa teoria è stata un cavallo di battaglia delle destre ed è tornata in voga dopo l’insediamento del governo Meloni. Lo scorso autunno il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi e quello degli Esteri Antonio Tajani, tra gli altri, hanno più volte citato un misterioso rapporto di Frontex che avrebbe ribadito lo stesso assunto per il 2021.

      Di quel rapporto non si è mai saputo nulla, ma ora abbiamo uno studio scientifico che smentisce il pull factor per l’ennesima volta. Intanto questa retorica ha influenzato le scelte dell’attuale esecutivo e anni di politiche migratorie basate sulla criminalizzazione delle Ong e sul disimpegno istituzionale dalla ricerca e dal soccorso davanti alle coste libiche. C’è da sperare che nuove ricercje facciano luce su quante vittime hanno causato simili norme e prassi, slegate da qualsiasi rapporto con la realtà e basate soltanto sulla propaganda.

      https://ilmanifesto.it/il-pull-factor-non-esiste-la-prova-del-nove-in-uno-studio-scientifico

      #propagande

    • Sea rescue operations do not promote migration, study finds

      Rescue operations do not incentivise migrants try to cross the Mediterranean, a recent study has found. Instead conflicts, economic hardship, natural and climate disasters, and the weather are reportedly key drivers of migration.

      Irregular migrant departures from the coasts of North Africa to Europe are not encouraged by search and rescue missions in the Central Mediterranean, a recent study has found. Instead, factors such as conflicts, economic hardship, natural disasters, and weather conditions drive migration.
      Rescue operations are not a ’pull factor’

      The study was published in Scientific Reports by an international research group led by Alejanda Rodríguez Sánchez from the University of Potsdam (Germany). The scientists looked at the number of attempts to cross the Central Mediterranean between 2011 and 2020.

      Through various simulations, the researchers tried to identify factors that can best predict changes in the number of sea crossings. The factors that they looked at included the number of search and rescue missions — both by state authorities and NGOs, as well as the currency exchange rates, the cost of international raw materials, unemployment rates, conflicts, violence, the rates of flight travel between Africa, the Middle East and Europe and meteorological conditions.
      Libya: Pushbacks reduced migration, increased human rights violations

      The study also looked at the increased activities of the Libyan coast guard since 2017, intercepting migrant boats and returning migrants to Libya. Researchers found that this had caused a reduction in the number of departure attempts and might have discouraged migration.

      The authors pointed out that, however, this has coincided with the reports of a worsening of human rights for migrants in Libya — particularly in the detention centers where migrants are being held after being stopped at sea.

      The researchers looked at migration on an “aggregate-level” and did not look at “micro-motives of migrants and smugglers”, they pointed out in the study. They recommended that future studies should do an in-depth analysis of the impact of search and rescue missions at sea on the decisions of individual migrants and human traffickers.

      https://www.infomigrants.net/en/post/50875/sea-rescue-operations-do-not-promote-migration-study-finds

  • Face aux ravages de la mondialisation capitaliste, l’impasse du souverainisme. Deux textes :

    La « #démondialisation » et le protectionnisme, entre #démagogie cocardière et ineptie économique | #archiveLO (10  janvier 2012)

    https://mensuel.lutte-ouvriere.org/documents/archives/la-revue-lutte-de-classe/serie-actuelle-1993/article/la-demondialisation-et-le

    – La #mondialisation, un phénomène ancien et irréversible
    #Protectionnisme et surenchère patriotarde
    – Le #mouvement_ouvrier contre le protectionnisme

    Face aux ravages de la mondialisation capitaliste, l’impasse du souverainisme | #archiveLO (2 juin 2016)

    https://www.lutte-ouvriere.org/publications/brochures/face-aux-ravages-de-la-mondialisation-capitaliste-limpasse-du-souver

    – La mondialisation consubstantielle au capitalisme
    – Une mondialisation précoce
    – Une #exploitation mondialisée
    – La formation du #prolétariat international
    – Des États nationaux au service de la bourgeoisie
    – L’impérialisme, un stade « suprême » en décomposition…
    – D’une #guerre mondiale à l’autre
    – L’intervention des États au service de la bourgeoisie
    – La dérégulation financière, conséquence de la crise
    – Les multinationales et le #libre-échange généralisé
    – Les États, instruments privilégiés de leurs firmes
    – Le #Tafta et autres accords de libre échange
    – Les #délocalisations… et leurs limites
    – La mondialisation de l’exploitation
    – Une socialisation toujours plus grande de la production
    – L’impasse des idées souverainistes et protectionnistes
    – L’#Union_européenne, bouc-émissaire de tous les souverainistes
    – Renouer avec les perspectives communistes et l’#internationalisme_prolétarien

    #marxisme #nationalisme #obscurantisme #souverainisme #PCF #stalinisme #LFI #Mélenchon #internationalisme #communisme

    • Vous dites n’importe quoi, et avec un aplomb malfaisant qui sidère.

      LO est une organisation ouvrière. Sur ses 9000 membres militants, un petit pourcentage de travailleurs de l’éducation nationale et une énorme majorité de travailleurs d’industrie, d’administration, des hôpitaux, des transports publics, etc.

      Amusez-vous (si vous pouvez dédier un moment à l’honnêteté intellectuelle) à éplucher nos listes électorales aux législatives, aux régionales et aux municipales.

      Tout ceci, naturellement, n’ayant aucun rapport avec l’objet du post d’origine…

    • Je ne dis pas n’importe quoi.

      Lors de ta prochaine réunion en comité restreint étant donné votre audience, tu pourras te vanter de m’avoir mis en cause.

      Pour ton information, je suis l’immonde nationiste qui :
      – A interviewé la caissière d’auchan Tourcoing qui avait fait une fausse couche sur son lieu de travail, suite aux ordres de son management.
      – A diffusé cet interview à toute la presse, ce qui lui a pris la journée de la veille de noël, ainsi que sa soirée de cette journée.
      Ce fait divers a ainsi pu avoir une audience nationale pour ne pas dire plus.
      Tout cela en étant salarié chez les mulliez avec le risque de valser à la porte, mais ce que ces milliardaires avaient fait dépassait l’acceptable.
      Ca leur a couté des millions d’euros en contre publicité.

      C’est pas tous les jours que des blogueurs attitrés sur seenthis, puisque tes publications ont le rare privilège d’être en page d’accueil, peuvent se vanter de truc pareils.
      Tu comprendras donc que tu ne m’impressionnes aucunement.

      Au fait, pour ce qui est de la mondialisation, les idées que tu prônes ressemblent étrangement à celles de Monsieur Gérard Mulliez mon ancien patron et de sa famille, une des plus riche de France grâce à la mondialisation.

      Point à aborder aussi lors de ta prochaine réunion en comité restreint.

      Un peu de lecture afin d’élargir ton horizon : https://www.solidaire.org

      Eux, c’est des vrais !

      Le malfaisant, c’est toi @recriweb .
      J’avais oublié de préciser. Ceci n’est pas une insulte, mais une réponse

    • « Les idées que tu prônes ressemblent étrangement à celles de Monsieur Gérard Mulliez. » Oui, car comme chacun sait, Gérard Mulliez est communiste révolutionnaire (marxiste, léniniste et trotskiste) et a dédié sa vie à la révolution mondiale qui abattra le capitalisme…

      Quant au PTB, nourri au maoïsme et au stalinisme, c’est aujourd’hui un « vrai » parti de gouvernement. Je comprends mieux vos aspirations nationalistes…

      Merci pour votre réponse, qui est très éloquente.

  • Je vous donne ici le message que
    métroet+ (@metroet_, bloqué depuis) s’obstine à supprimer plutôt qu’à le discuter. Ce message répond à une vidéo des débiles du Parti de la #démondialisation (#gauche_nationaliste, #gauche_réactionnaire) :

    Le souverainisme, cette plaie encore putrescente...

    Ce qui consternant, c’est cette gauche qui ne voit plus que la mondialisation de l’économie n’est pas une menace, mais au contraire la base économique qui rend possible la socialisation de la production et, du coup, la satisfaction des besoins de toute l’humanité.

    Ce qui est affligeant, c’est cette gauche qui ne voit pas que le problème ce n’est pas la mondialisation, mais le capitalisme qui la pourrit et la transforme en cauchemar pour l’humanité entière..

    Quant à dénoncer le néolibéralisme et non le capitalisme, cela sous-entend qu’il y aurait un bon capitalisme possible, un capitalisme « raisonnable ». Et surtout, cela évite de poser le problème de l’organisation économique qu’il faudrait mettre à la place du capitalisme. 

    Tous ceux, dirigeants syndicaux, responsables du PCF ou de la FI, altermondialistes et souverainistes de diverses obédiences, qui présentent le protectionnisme comme un rempart contre le chômage, qui opposent la « démondialisation » ou le souverainisme à la mondialisation capitaliste, qui s’arc-boutent derrière des frontières et des États au nom de la « souveraineté nationale », entraînent les travailleurs dans une impasse réactionnaire. Ils portent une responsabilité directe dans la perte de repères politiques des classes populaires, dans le grave recul de la conscience de classe. Non seulement ils empêchent ceux qu’ils influencent - militants ouvriers ou jeunes révoltés qui s’éveillent à la politique - de comprendre les mécanismes réels de la société, mais ils distillent dans leurs têtes le poison du nationalisme, le poison de la division entre les travailleurs en leur désignant des boucs émissaires.

    #protectionnisme #souverainisme #nationalisme #obscurantisme

    • Le mondialisme néolibéral, c’est pas l’internationalisme prolétarien pour les intélllos de papier.

      La mondialisation, elle est là pour faire plus de fric pour les plus riches.
      Le prix de l’électricité en France est international. T’as vu ta facture ?

    • Le néolibéralisme, c’est l’idéologie avec laquelle la classe possédante emballe sa loi du capital. Ce n’est pas une idéologie qui décide, mais des rapports sociaux. Prendre un discours pour la cause, c’est marcher sur la tête.

      Partant, le problème, ce n’est pas "le mondialisme néolibéral" (une expression qu’on retrouve aussi à l’extrême droite), mais la mondialisation capitaliste.

      Partant, il ne s’agit pas de jeter le bébé avec l’eau du bain, mais se débarrasser du capitalisme et de transformer la mondialisation des échanges et de la production de telle sorte qu’elle soit bénéfique à l’humanité entière.

      Partant, il ne s’agit pas de promouvoir un repli protectionniste, ni de proposer une « bonne politique » nationale à la bourgeoisie, mais de permettre au prolétariat, à l’échelle nationale puis à l’échelle internationale, de s’unir et de s’organiser politiquement pour contester le pouvoir à la bourgeoisie et prendre le contrôle de la société.

      Lorsqu’il en sera ainsi, il ne s’agira plus pour personne de "faire du fric pour les plus riches", ni de se ruiner d’aucune façon en électricité.

      En revanche, le protectionnisme n’a jamais empêché la classe possédante de son propre pays d’exploiter la classe ouvrière ni de lui faire les poches sans vergogne. Au contraire.

    • Sinon c’est pas juste les natios vs les « mondialistes anticapitalistes » (hum)… quand bien même on comprend que certaines matières ne se trouveraient que dans d’autres pays (métaux ou autre), et qu’il faille une coopération internationale entre divers échelles et divers acteurs, on peut préférer la mise en avant prioritaire de faire le max de choses dans un cercle proche et dans une orga conseilliste réellement démocratique (tout ce qui peut être fait proche devrait l’être, puis un peu plus loin, puis un peu plus loin, etc, toujours négocié politiquement par des décisions démocratiques des gens qui vivent dans chaque territoire), plutôt que la mise en avant d’un vague et abstrait « mondialisme ».

      Cf Terre et Liberté d’Aurélien Berlan, et surtout tous les derniers livres de Jérôme Baschet qui décrit ça de manière fort détaillée et sans aucun manichéisme (les zapatistes étant comme on le sait extrêmement internationalistes dès le départ, tout en étant prioritairement localistes dans l’organisation de la production de la vie quotidienne).

    • Bien entendu. Débarrassée de la loi du capital, l’organisation de la production et des échanges entre les mains des producteurs eux-mêmes pourra être orientée rationnellement. C’est de cela dont il s’agit. Je n’ai guère idée aujourd’hui de la manière dont ils procéderont au bénéfice de l’humanité, de l’environnement et des ressources, mais je suis certain qu’ils auront enfin les moyens de le faire.

  • G. Amiel de Menard - L’état d’exception permanent, le NéoLibéralisme a le gout du sang pardem
    Les processus démocratiques, même formels, sont désormais en trop pour les classes dominantes occidentales.

    https://www.youtube.com/watch?v=Z2zMrz22L4s

    L’Etat d’exception a instrumentalisé le terrorisme, la Covid, la guerre et maintenant la crise écologique.
    Il ne s’agit pas de faire face à ces problèmes, mais de trouver des justifications pour lever l’état de droit.

    Comprendre pourquoi est l’objet de cette réflexion.

    #démondialisation #néolibéralisme #capitalisme #violence #démocratie #économie #france #finance #travail #politique #inégalités #libéralisme #crise_financière #crise_économique #crise #pardem #terrorisme #Covid #guerre #co2

  • An #Interactive Guide to #Flexbox in #CSS
    https://www.joshwcomeau.com/css/interactive-guide-to-flexbox

    In this blog post, I want to refine your mental model for Flexbox. We’ll build an intuition for how the Flexbox algorithm works, by learning about each of these properties. Whether you’re a CSS beginner, or you’ve been using Flexbox for years, I bet you’ll learn quite a bit!

    Article très détaillé avec plein de petites démos sympas.

  • The Matrix is Unreal – fxguide
    https://www.fxguide.com/fxfeatured/the-matrix-is-unreal

    In 1999 Kim Libreri was the bullet time supervisor on the original 1999 Matrix film. Today he is the CTO of Epic Games, and he and the team have just returned to the Matrix. In a remarkable tie-in between the technical advances shown in UE5 and the new The Matrix Awakens, a new tech demo An Unreal Engine 5 Experience has been launched. The cutting-edge showcase can be downloaded for free on PlayStation5andXbox Series X/S. This boundary-pushing technical demo is an original concept piece within the world of WarnerBros’ The Matrix Awakens.

    #jeu_vidéo #jeux_vidéo #cinéma #matrix #matrix_awakens #technologie #lana_wachowski #keanu_reeves #carrie-anne_moss #unreal_engine #unreal_engine_5 #démo #démonstration #sony_playStation_5 #microsoft_xbox_eries_x #microsoft_xbox_eries_s #epic_games #uncanny_valley #3lateral

  • Le théorème de Gödel | Voyages au pays des maths | ARTE - YouTube
    https://www.youtube.com/watch?v=Brj1LC42vLM

    Dans cet épisode, on se penche sur le rapport entre maths et vérité. Les maths sont censées être le domaine de la certitude : soit c’est démontrable, soit c’est faux. Eh bien ce n’est pas si simple. Car le théorème de Gödel a prouvé qu’il existe des propositions « indécidables », qu’on ne peut ni prouver ni réfuter. Premier résultat limitant de l’histoire des mathématiques...

    Disponible jusqu’au 12/11/2026

  • Diablesse anarcho-vénère, par BLAK . #Nantes, 16 juillet 2021.
    https://www.flickr.com/photos/valkphotos/51317373689

    Flickr

    ValK. a posté une photo :

    [ écrits & chuchotements ] : vu.fr/valk-graff . ¤ autres photos : vu.fr/valkphotos ¿ infos audios : frama.link/karacole ☆ oripeaux : frama.link/kolavalk ○ réseaux : twitter.com/valkphotos ♤ me soutenir : liberapay.com/ValK . :camera : #photo #photography #foto #LesPetitesPhotos #art #urbanart #streetart #streetartnantes #streetartfrance #diablesse #diaoul #shedevil #demonia #feminisme #feminism #feminismo #anarchisme #anarchism #anarquismo :red_circle : #rouge #ruz #red #rojo :black_circle : #noir #du #black #negro #violet #glasruz #purple #morado

  • #Loi_de_Brandolini

    La loi de #Brandolini, ou #principe_d'asymétrie_des_idioties (#bullshit_asymmetry_principle en anglais, langue dans laquelle cette expression est plus connue)1, est un adage ou aphorisme énonçant que « la quantité d’énergie nécessaire pour réfuter des idioties est supérieure d’un ordre de grandeur à celle nécessaire pour les produire ». Ce principe critique la technique de #propagande (en) consistant en la diffusion de masse d’#infox qui exploite la #crédulité d’un certain public en faisant appel à son système de pensée rapide, instinctif et émotionnel.

    Pour le dire simplement : s’il est facile de créer une #fausse_information, sur le fond et la forme, en quelques minutes, il faudra probablement plusieurs heures pour démonter chaque point et montrer ainsi la #fausseté de l’ensemble.

    https://fr.wikipedia.org/wiki/Loi_de_Brandolini
    #idioties #fake-news #fake_news #émotions #démonstration #contre-démonstration #Alberto_Brandolini #Brandolini

  • Moines, démons et merveilles
    https://laviedesidees.fr/Schmitt-Le-cloitre-des-ombres.html

    À propos de : Jean-Claude Schmitt, Le cloître des ombres, Gallimard. Entre littérature visionnaire, dialogue pastoral et vie hagiographique, un document inédit du XIIIe siècle nous fait pénétrer dans un monastère infesté de démons interférant dans l’ordinaire des moines…

    #Histoire #religion #sociologie #Moyen_Âge #démonologie
    https://laviedesidees.fr/IMG/pdf/20210609_pasek-2.pdf
    https://laviedesidees.fr/IMG/docx/20210609_pasek-2.docx

  • La crise sanitaire n’a pas eu lieu 2/2
    https://www.pardem.org/la-crise-sanitaire-na-pas-eu-lieu-22

    https://www.youtube.com/watch?v=KNV19wz3GXg

    Tout est sujet à caution dans le récit officiel et médiatique de la crise « sanitaire ». Les choix du gouvernement d’interdire aux médecins de ville de prescrire et donc de traiter les malades, de tout miser sur de nouvelles molécules plutôt que de chercher un remède parmi les molécules connues, de confiner pour ne pas « saturer » les hôpitaux publics dont les gouvernements successifs ont réduit les capacités d’accueil et de soin depuis des décennies, de favoriser et de pré-acheter des vaccins vis-à-vis desquels la communauté scientifique est très divisée mais qui rapportent gros aux grands groupes pharmaceutiques démontrent le mépris du pouvoir envers le service public et la santé publique.
    Les interdits imposés (confinement, couvre-feu, fermetures administratives, attestations de déplacement, application de traçage « TousAntiCovid ») montrent que le souci du gouvernement Macron et de l’Union européenne n’est pas la santé publique mais bien de museler la population, favoriser l’accroissement des profits des multinationales, la paupérisation des services publics pour mieux les décrédibiliser et les privatiser.

    #covid-19 #coronavirus #santé #santé_publique #france #confinement #bigdata #sante abandon de #soins #hôpital #demondialisation #Sécurité_Sociale #destruction #protection #Démocratie

    • Les différents facteurs démographiques pesant sur la « surmortalité » imputée à la Covid.

      Alors évidemment c’est complexe et nécessite de l’attention mais c’est cependant éclairant. Car ne l’oublions pas le gouvernement fait dire aux chiffres ce qui l’arrange tandis que les éléments de l’Insee et ceux d’autres pays de l’Union européenne ne mettent pas en avant les mêmes causes. Cette vidéo ne conteste pas la réalité du virus mais le discours pseudo scientifique délivré pour conforter les décisions politiques de Macron et les conséquences qu’elles engendrent pour chacun, pour la nation et pour les libertés publiques.

      https://www.youtube.com/watch?v=_ijmxx0Rd-E

      #conseil_scientifique

  • Vage Hoffnung auf den Bundesrat
    https://www.taxi-times.com/vage-hoffnung-auf-den-bundesrat

    14. März 2021, von Jürgen Hartmann - Zum komplexen und schwierigen Nachweis eines Verstoßes gegen die Rückkehrpflicht macht Streese folgende Angaben: „Die Feststellung, ob ein Verstoß gegen die Rückkehrpflicht vorliegt, ist während einer Verkehrskontrolle nur möglich, wenn die Fahrerin/der Fahrer den Verstoß vor Ort zugibt. […] Die Aufzeichnung von Beförderungsaufträgen wird seit Januar 2019 als Auflage zur Genehmigung mit … detaillierten Angaben gefordert. Für Unternehmen, die ihre … Genehmigung bis Dezember 2018 erhalten haben, besteht noch keine Pflicht, die Beförderungsaufträge in diesem Umfang zu erfassen.“

    Einen interessanten Punkt sprach Schopf mit der Frage an, welche konkreten Ressourcen am Betriebssitz des Mietwagenunternehmens vorzuhalten seien, ab welcher Betriebsgröße Pausen- und Hygieneräume zur Verfügung gestellt werden müssen und wie der Nachweis darüber erbracht wird. Pausenräume/-bereiche verlangt die Arbeitsstättenverordnung ab elf Beschäftigten „oder wenn die Sicherheit und der Schutz der Gesundheit es erfordern.“, stellt dazu die zustände Behörde „LABO“ klar. Sie fordere aber bei Personenbeförderern ab zwei Fahrzeugen „geeignete Aufenthaltsmöglichkeiten für angestellte Fahrerinnen/Fahrer“, was vom Unternehmer zu belegen sei und „in der Regel durch eine Besichtigung des Betriebssitzes überprüft“ werde. Dabei seien Beanstandungen „eher die Ausnahme“. Über Toiletten hinausgehende Waschräume o. ä. sind „dann zur Verfügung zu stellen, wenn die Art der Tätigkeit oder gesundheitliche Gründe dies erfordern“, was bei Fahrern wohl nicht der Fall ist.

    Kfz-Stellplätze, die sich „in unmittelbarer Nähe“ zum Betriebssitz befinden müssen, dürfen laut LABO auch bis zu ca. zehn Gehminuten entfernt liegen – deren Überprüfung „ggf. durch eine Ortsbesichtigung oder – besonders derzeit unter den Bedingungen der Pandemie – durch Auswertung elektronischer Karten und Luftbilder“ erfolge. ar

    Hinweis der Redaktion: Bei der Einschätzung, mit welchen Vorgaben bei der Beantragung einer Mietwagengenehmigung die finanzielle Leistungsfähigkeit sowie die persönliche Zuverlässigkeit nachgewiesen werden. vertritt die Berlner Senatsverwaltung eine komplett andere rechtsauffassung als die Hamburger Behörde. Taxi Times hat darüber in einem gesonderten Beitrag berichtet.

    Özmen und seine Facebook-Freunde hatten bereits vor rund drei Wochen eine Taxidemo organsiert, als in den Parteibüros noch heftig um wichtige Änderungen gerungen wurde. Damals fand die Demo auch bei den Berliner Gewerbevertretungen breite Unterstützung, die diesmal allerdings ausgeblieben war – nicht zuletzt deshalb, weil in der letzten Fassung der Novelle noch etliche Punkte nachgebessert worden waren, beispielsweise die Verpflichtung für eine kleine Fachkunde auch für Mietwagen- und Poolingfahrer oder die Möglichkeit für Kommunen ab 100.000 Einwohnern, auch bei Mietwagen zusätzliche Regulatorien einzuführen.

    Mit diesen Kompromissen zeigen sich die Taxiverbände größtenteils zufrieden, andere Punkte werden dagegen nach wie vor kritisiert, beispielsweise vom Stuttgarter Taxiverband e.V. und vom Taxiverband Baden-Württemberg e.V. Beide begrüßen zwar in weiten Teilen die Novelle des PBefG und bedanken sich bei der Wirtschaftsministerin Dr. Nicole Hoffmeister-Kraut (CDU), beim Verkehrsminister Winfried Hermann (Bündnis90/dieGrünen), beim Stuttgarter OB Dr.Frank Nopper (CDU) und beim Fraktionsvorsitzenden der SPD Stuttgart, Martin Körner für deren Unterstützung. Jetzt sehe man allerdings auch die Zeit gekommen, um die Medien und die Bevölkerung um Unterstützung zu bitten.

    Es könne nicht dem Gemeinwohl dienen, „wenn Global Player über die Zukunft des Taxigewerbes bestimmen und den Preis des Verbrauchers je nach Uhrzeit verfügen“ mahnen die beiden Verbandsvorstände Ioannis Georgiadis und N. Altun an. Sie äußern daher die Hoffnung an den Bundesrat, „Mut zum fairen Ausgleich“ zu beweisen und fordern ganz konkret, dass die Möglichkeit eines zweiten Betriebssitzes für Mietwagen wieder abgeschafft wird, eine Vorausbuchungsfrist für Mietwagen eingeführt wird, soziale Standards für alle Beschäftigten definiert und ein Mindesttarif basierend auf dem Taxipreis festgelegt wird.

    Zudem greift man die Idee der Linken auf, eine bundesweite ÖPNV-App in öffentlicher Hand als ein Tool der Verkehrswende zu entwickeln. Dort solle dann auch das Taxi als Teil des ÖPNV integriert sein.

    #Taxi #Berlin #Demonstration #PBefG #Personenbeförderungsgesetz

  • Klare Worte an Scheuer und die CDU
    https://www.taxi-times.com/klare-worte-an-scheuer-und-die-cdu

    19. Februar 2021, Jürgen Hartmann - Bei der heutigen Berliner Taxidemo wurde zum Abschluss und unter Beachtung der Corona-Regeln eine kurze Kundgebung abgehalten. Vor der Geschäftsstelle der Bundes-CDU gaben sich die Redner kämpferisch und richteten klare Worte an die CDU und an den CSU-Verkehrsminister Andreas Scheuer.

    Über 1.000 Taxis hatten sich am Mittag vor dem Brandenburger Tor versammelt und sind anschließend in einem Korso laut hupend durch Berlin gefahren, vorbei am Bundestag und am Parteisitz der SPD bis zur Geschäftsstelle der Bundes-CDU, dem Konrad-Adenauer-Haus.

    Bei einer anschließenden Spontan-Kundgebung richteten dann sowohl der Veranstalter Erkan Özmen als auch einige seiner Kollegen das Wort an die dort versammelten Taxifahrer*Innen. Auch die beiden Gewerbevertreter Michael Oppermann und Carsten Reichert griffen zum Mikro.

    Sie alle formulierten noch einmal die Forderungen des Taxigewerbes für eine faire Novelle des Personenbeförderungsgesetzes (PBefG), beispielsweise eine Vorbestellfrist für Mietwagen (soll für Kommunen optional möglich werden), eine Beibehaltung der Rückkehrpflicht für Mietwagen ohne Aufweichung durch Ersatz-Standorte sowie eine Abschaffung des Wettbewerbsnachteils des Taxigewerbes gegenüber dem Mietwagengewerbe bei der Prüfung für den Personenbeförderungsschein.

    Für diese Ziele wollen alle Kollegen kämpfen, das wurde während der Reden deutlich. „Sollen wir es stillschweigend hinnehmen, dass wir unsere Arbeitsplätze verlieren? Ich nicht! Ich will meinen Arbeitsplatz behalten“, sagte beispielsweise Murat K. Erkan Özmen, der sich bei allen Anwesenden herzlich für deren Teilnehme an der Demo bedankte, stellte klar: „Taxi wird nie zu Ende gehen, wir geben den Kampf nicht auf.“ Für die Bundeskanzlerin hatte Özmen dann auch noch einen Tipp parat: „Frau Merkel, sie sollten dem Herrn Scheuer die Ohren langziehen und den Popo versohlen, damit er kapiert, dass nicht Uber, sondern wir in Deutschland Steuern zahlen.“

    „Wir Taxifahrer sind für Rechtsstaatlichkeit“, ergänzte der Taxiunternehmer Timuçin Campınar. „Wir sind keine Großkonzerne, wir ernähren unsere Frauen und Kinder. Dafür erwarten wir, dass wir geschützt werden und nicht der rote Teppich den Großkonzernen ausgerollt wird.“

    Campinars Kollege Michael Fischer würde am liebsten dem Beispiel der Bauern folgen und jeden Tag auf der Straße stehen. „Ende März wird endgültig im Bundesrat über das Schicksal des Taxigewerbes entschieden. Wir müssen jetzt Druck machen. Lasst uns nicht aufgeben, wir haben gute Argumente“, machte er allen Mut.

    Jene Argumente müssen jetzt vor allen mit der CDU ausgetauscht werden, weshalb man sich auch vor deren Parteisitz versammelt hatte. Vor der Haustüre blicken ließ sich allerdings keiner aus den Reihen der Partei, was Carsten Reichert von der Berliner Taxi-Innung dann auch sehr ärgerte: „Über 1.000 Taxen stehen hier und nicht ein Vertreter der CDU kommt raus. Schämt euch.“

    Für Michael Oppermann, Geschäftsführer des Bundesverbands Taxi (BVTM), war der Ort trotzdem richtig gewählt, denn die PBefG-Novelle werde derzeit vor allem von der CDU (Union) getrieben. „Wir haben Rückmeldungen von allen anderen Parteien, die deutlich stärker auf unsere Position eingehen“, berichtete Oppermann vom Ergebnis zahlreicher politischer Gespräche, die er und seine Verbandskollegen führten. Detlef Müller, PBefG-Experte der SPD, habe beispielsweise eindeutig erklärt, dass auch er für die kommunal regelbare Vorbestellfrist für Mietwagen sei, er müsse aber Kompromisse mit dem Koalitionspartner Union machen. „Genau das ist das Problem, an dem wir noch arbeiten müssen“, sagte Oppermann und motivierte ebenfalls zum Weiterkämpfen: „Am Ende wird alles gut, und wenn es noch nicht gut ist, dann ist es auch nicht zuende. Dafür werden wir gemeinsam sorgen.“

    #Berlin #Taxi #Politik #Demonstration

  • (@tintin - Urgent. Qui peut enregistrer ce docu et le mettre à dispo ? Il n’est visible que jusqu’à ce soir minuit. Merci !) //edit 26/03 : Merci pour vos retours ! y’a d’autres docus sur France3 qui sont supers//

    Le sous-sol de nos démons
    La France en Vrai - Midi-Pyrénées -
    en streaming - Replay france 3 Midi-Pyrénées | France tv
    https://www.france.tv/france-3/nouvelle-aquitaine/l-heure-d/2289237-la-france-en-vrai.html

    aussi là sans inscription :
    https://www.francetelevisions.fr/le-club/evenements-exclusifs/avant-premiere-le-sous-sol-de-nos-demons-5075

    disponible jusqu’au 26.03.21
    société
    52 min
    2019
    tous publics

    réalisé par Baptiste de Cazenove, Olivier Laban-Mattei
    (non ! Fanny Fontan et écrit avec Feriel Alouti)
    plus que 5h

    A l’hôpital Lapeyronie de Montpellier, tous les jours Magali écoute les récits de pédophiles et pédocriminels, au sein du CRIAVS (Centre de ressources pour les intervenants auprès des auteurs de violences sexuelles). Tous les jours, Mathieu tente de convaincre, en dehors du centre, de l’importance de mettre en place un numéro unique pour pédophiles et éviter les passages à l’acte. Les consultations et les groupes de paroles que Magali anime se trouvent à l’intérieur de l’hôpital. Dans un huis-clos caché aux yeux de tous, des hommes malades et pour la plupart condamnés pour des crimes sexuels, atterrissent ici. Au sous-sol de l’hôpital, au bout de longs couloirs, dans des pièces fermées, parfois obscures, ils ont l’obligation d’être suivis.

    #CRIAVS #pédocriminalité

  • Les « #instant_cities » – Villes réimaginées sans histoire, sans avenir

    Le thème des « instant cities », ces villes bâties du jour au lendemain, revient dans les débats des urbanistes et architectes, inspirés par l’expérience des campements et autres zones à défendre (ZAD). L’anthropologue #Michel_Agier nous entretient du sujet dans un texte publié sur le site AOC : https://aoc.media/opinion/2020/09/28/utopie-dystopie-non-fiction-faire-ville-faire-communaute-3-3

    #Utopie, #dystopie, #non-fiction#Faire_ville, faire communauté

    Le thème des « instant cities », ces villes bâties du jour au lendemain, revient dans les débats des urbanistes et architectes d’aujourd’hui, inspirés par l’expérience des #campements et autres #ZAD. La ville est ré-imaginée sans histoire et sans avenir, comme marquée d’abord par l’#immédiateté, l’#instantanéité et la #précarité. Des réflexions qui rejoignent celles de l’ethnologue qui se demande ce que « faire ville » veut dire, elles permettent de penser la ville en se libérant de la contrainte du réel et du présent, comme le font le plus librement les fictions post-catastrophe.

    Avec la montée des #incertitudes et des formes de vie précaires dans toutes les régions du monde et plus particulièrement dans les contextes migratoires, le thème des instant cities (villes « instantanées », bâties « du jour au lendemain ») revient dans les débats des urbanistes et architectes d’aujourd’hui, et peuvent aider à penser la ville de demain en général. Le thème est ancien, apparu dans les années 1960 et 1970, d’abord avec l’histoire des villes du #far_west américain, nées « en un jour » et très vite grandies et développées comme le racontent les récits de #San_Francisco ou #Denver dans lesquels des migrants arrivaient et traçaient leurs nouvelles vies conquises sur des espaces nus.

    À la même époque, des architectes anglais (Peter Cook et le groupe #Archigram) s’inspiraient des lieux de #rassemblements et de #festivals_précaires comme #Woodstock pour imaginer des villes elles-mêmes mobiles – une utopie de ville faite plutôt d’objets, d’images et de sons transposables que de formes matérielles fixes. Troisième forme desdites instant cities, bien différente en apparence, celle qui est allée des villes de l’instant aux « #villes_fantômes », à l’instar des utopies graphiques des #villes_hors-sol construites en Asie, dans le Golfe persique et au Moyen-Orient principalement, sur le modèle de #Dubaï.

    Nous sommes aujourd’hui dans une autre mise en œuvre de ce modèle. En 2015, la Cité de l’architecture et du patrimoine montrait l’exposition « Habiter le campement » qui réincarnait très concrètement le concept à travers les rassemblements festivaliers (la « ville » de trois jours du festival #Burning_Man aux États-Unis), mais aussi les campements de #yourtes pour les #travailleurs_migrants, les #campings et #mobile_homes pour touristes et travellers, ou les #camps-villes pour réfugiés. Allant plus loin dans la même démarche, le groupe #Actes_et_Cité publie en 2018 l’ouvrage La ville accueillante où, inspirées de l’expérience du « #camp_humanitaire » de la ville de #Grande-Synthe, différentes solutions d’espaces d’#accueil sont étudiées (quartiers d’accueil, squats, campements aménagés, réseau de maisons de migrants, etc.), leur rapidité de mise en œuvre (quelques semaines) et leur coût réduit étant des critères aussi importants que leur potentiel d’intégration et d’acceptation par la population établie.

    On pourrait encore ajouter, pour compléter ce bref tour d’horizon, le géant suédois du meuble #Ikea qui, après une tentative d’implantation dans le marché des abris pour camps de réfugiés en association avec le HCR dans les années 2010-2015, a lancé en 2019 « #Solarville », un projet de #Smartcity fondé sur l’architecture en bois et l’énergie solaire.

    L’idée de la #table_rase permet de penser la ville en se libérant de la contrainte du réel et du présent, comme le font le plus librement les fictions post-catastrophes.

    Le point commun de toutes ces expériences d’instant cities est leur ambition de réduire, voire de supprimer l’écart entre le #temps et l’#espace. Immédiateté, instantanéité et #précarité de la ville, celle-ci est ré-imaginée sans histoire et sans avenir. Sans empreinte indélébile, la ville se pose sur le sol et ne s’ancre pas, elle est associée à la précarité, voire elle-même déplaçable. Ce seraient des villes de l’instant, des #villes_présentistes en quelque sorte. Dans tous les cas, l’idée de la table rase, image du rêve extrême de l’architecte et de l’urbaniste, permet de penser la ville en se libérant de la contrainte du réel et du présent, comme le font le plus librement les #fictions_post-catastrophes. Dans leur excentricité même, ces images et fictions dessinent un horizon de villes possibles.

    C’est cette ville à venir que j’aimerais contribuer à dessiner, non pas pourtant à partir de la table rase de l’architecte, mais à partir de l’ethnographie d’une part au moins du présent. Un présent peut-être encore marginal et minoritaire, et donc hors des sentiers battus, quelque chose d’expérimental pour reprendre le mot très pragmatique de Richard Sennett, peu visible encore, mais qui a toutes les chances de s’étendre tant il sait répondre à des besoins croissants, dans cet avenir qui nous inquiète.

    C’est dans un « #présent_futuriste » que j’ai trouvé quelques éléments de réponse, un futur déjà là, quelque peu anachronique donc, mais aussi inédit, tout à fait décentré de la ville historique, notamment européenne, à laquelle nous nous référons encore trop souvent pour penser l’universalité des villes. Je me suis familiarisé avec la vie quotidienne des zones de #marges ou frontières, de #borderlands, et avec celles et ceux qui les habitent ou y passent. Rien d’exotique dans cela, rien d’impossible non plus, ce sont des lieux quelconques réinvestis, détournés, occupés pour un temps plus ou moins long, des déplacements et des attachements plus ou moins profonds aux lieux de résidence, de passage ou de refuge, et ce sont des événements – politiques, catastrophiques ou artistiques, prévus ou fortuits – créateurs d’échanges, éphémères ou non, et nous faisant occuper et donner un sens à des lieux parfois inconnus. Ces formes sociales, ces moments partagés, toutes ces situations rendent les espaces fréquentés plus familiers, partagés et communs, même sans en connaître le devenir.

    Loin d’être exceptionnelle, cette expérience de recherche m’a semblé expérimentale et exemplaire d’un certain futur urbain. Cela résonne avec les propos des urbanistes rebelles qui pensent comme #Jane_Jacob ou #Richard_Sennett un urbanisme pratique – ou « pragmatique », dit lui-même Sennett, qui ancre depuis longtemps sa réflexion dans l’#homo_faber, dans le faire de l’humain. Il faut, écrit-il, « placer l’homo faber au centre de la ville ». C’est ce que je ferai ici, en poursuivant cette interrogation sur le faire-ville dans sa double dimension, qui est de faire communauté, créer ou recréer du commun, et de faire la ville, c’est-à-dire l’inventer et la fabriquer.

    Une écologie et une anthropologie urbaines sont tout à inventer pour le monde à venir.

    C’est un présent futuriste fait d’étranges établissements humains : des armatures flexibles, modelables à volonté, des murs transparents, des cubes réversibles ou transposables. Curieusement, ces lieux font d’emblée penser à une ville mais précaire et #démontable, ce sont des #agglomérations_temporaires dont la matière est faite de murs en toile plastifiée, de charpentes en planches, en tubes métalliques ou en branchages, de citernes d’eau en caoutchouc, de canalisations et latrines en prêt-à-monter, prêt-à-défaire, prêt-à-transporter.

    Les lumières de la ville sont intermittentes et blafardes, fournies par des moteurs électrogènes mis en route à chaque nouvelle arrivée (fruit d’un désordre ou d’une catastrophe), devenue elle-même prévisible tout comme ses conséquences techniques – ruptures dans les flux et les stocks d’énergie, de nourriture ou de services. Les va-et-vient incessants de camions blancs bâchés emmènent des grandes quantités de riz, de boulgour et de personnes déplacées. Parfois, sur quelques terrains vagues, d’autres enfants jouent au football, ou bien des adultes inventent un terrain de cricket.

    À partir de la matière première disponible dans la nature (terre, eau, bois de forêt) ou de la matière résiduelle de produits manufacturés disponible (planches, palettes, bâches plastifiées, toiles de sac, feuilles métalliques d’emballage, plaques de polystyrène), des habitants bricolent et pratiquent une #architecture_adaptative, réactive, avec les moyens du bord, comme ailleurs ou autrefois une architecture des #favelas ou des #bidonvilles. Des maisons en pisé côtoient d’autres constructions en tissus, carton et tôle. Cette matérialité est en constante transformation.

    Malgré la surprise ou la perplexité qu’on peut ressentir à l’énumération de ces étranges logistiques urbaines, ce n’est pas de la fiction. Ce sont mes terrains d’#ethnographie_urbaine. On y verra sans doute une #dystopie, un mélange cacophonique de prêt-à-monter, de #récupérations et de #bricolages, j’y vois juste l’avenir déjà là, au moins sur les bords, dans un monde certes minoritaire (en Europe au moins), frontalier, à la fois mobile et précaire, mais terriblement efficace et qui a toutes les chances de s’étendre. #Ville_en_kit serait le nom de ce modèle qui viendrait après celui de la ville historique et rejoindrait, « par le bas », celui de la ville générique, dont il serait l’envers moins visible.

    Une écologie et une anthropologie urbaines sont tout à inventer pour le monde à venir, nous n’en connaissons encore presque rien si ce n’est qu’elles seront marquées par une culture de l’#urgence, du présent et de l’#incertitude, organisant et meublant des espaces nus ou rasés ou abandonnés, pour des durées inconnues. Ce qui est marquant est la répétition du #vide qui prévaut au premier jour de ces fragiles agglomérations, mais aussi la résurgence rapide de la #vie_sociale, de la #débrouille_technique, d’une #organisation_politique, et de la quête de sens. Cette ville en kit semble plus périssable, mais plus adaptable et « résiliente » aussi que la ville historique, qu’il nous faut donc oublier. Celle-ci était délimitée dans des enceintes visibles, elle était en dur, elle se développait de plus en plus à la verticale, avec ses voies goudronnées vite saturées de véhicules et de bruits. Cette ville historique maintenant implose, pollue et expulse les malchanceux au-delà de ses limites, mais elle continue de fournir le modèle de « la ville » dans le monde. Pourtant, le modèle s’écarte des réalités.

    On peut s’interroger sur le caractère utopique ou dystopique des #imaginaires_urbains qui naissent de l’observation des contextes dits « marginaux » et de leur permanence malgré leurs destructions répétées partout. Faut-il opposer ou rapprocher une occupation de « ZAD », une invasion de bidonvilles et une installation de migrants sans abri devenue « #jungle », selon le pourquoi de leur existence, toujours spécifique, ou selon le comment de leur processus, toujours entre résistance et adaptation, et les possibles qu’ils ont ouverts ? Si ces établissements humains peuvent être considérés, comme je le défends ici, comme les tout premiers gestes d’un processus urbain, du faire-ville dans son universalité, alors il convient de s’interroger sur ce qu’ils ouvrent, les décrire en risquant des scénarios.

    Ce partage d’expériences suppose une prise de conscience de l’égalité théorique de toutes les formes urbaines.

    Comment passe-t-on de cette #marginalité qui fait #désordre à de la ville ? Une pensée concrète, une #architecture_an-esthétique, un #habitat_minimal, évolutif, peuvent rendre #justice à ces situations et leur donner une chance d’inspirer d’autres expériences et d’autres manières de faire ville. Je reprends là en partie quelques-uns des termes de l’architecte grec et français #Georges_Candilis (1913-1995), pour qui l’observation directe, au Pérou, dans la périphérie de Lima, au début des années 70, d’un processus d’installation et construction d’une « #invasión » fut un choc. Dans la nuit, « des milliers de personnes » avaient envahi un terrain vague « pour construire une nouvelle ville », l’alerta son collègue péruvien.

    C’est moins l’invasion elle-même que la réaction de l’architecte européen qui m’intéresse ici. Longtemps collaborateur de Le Corbusier, Candilis a ensuite passé des années à concevoir, en Europe essentiellement, des très grands ensembles à bas prix, pour « les plus démunis ». Il voit dans le mouvement d’invasion urbaine à Lima un « raz de marée populaire », devant lequel les autorités cèdent et qui va « construire une maison, une ville, sans matériaux ni architectes, avec la seule force du Plus Grand Nombre et le seul espoir de survivre ». Le deuxième jour de l’invasion, sous les yeux de l’architecte devenu simple témoin, les maisons commencent à s’édifier avec des matériaux de récupération, des quartiers se forment et les habitants (« y compris les enfants ») votent pour désigner leurs responsables. « J’assistais émerveillé, écrit Candilis quelques années plus tard, à la naissance d’une véritable “communauté urbaine” », et il évoque, enthousiaste, « l’esprit même de la ville ».

    Je ne pense pas qu’il ait voulu dupliquer en France ce qu’il avait vu à Lima, mais certainement s’inspirer de ses principes. Il exprimait l’intense découverte que cet événement avait représentée pour lui, et surtout le fait que le faire-ville passe par un événement, qui est l’irruption d’un sujet citadin, porteur de l’esprit de la ville et faiseur de communauté urbaine. C’est ce sujet citadin et cette communauté urbaine qui font la ville et qui permettent de penser à nouveaux frais le modèle des instant cities, en le renversant sur lui-même en quelque sorte, contre l’idée qu’il puisse naître hors-sol et qu’il puisse produire des villes fantômes qui attendront leur peuplement.

    Ce partage d’expériences, pour devenir systématique et efficace sans être du mimétisme ni du collage formel, suppose une prise de conscience de l’égalité théorique de toutes les formes urbaines, que j’ai rappelée au tout début de cette réflexion. C’est une démarche qui ne demande ni exotisme ni populisme, mais une attention à ce qu’il y a de plus universel dans le #faire-ville, qui est une énergie de #rassemblement et de #mise_en_commun, dont la disparition, à l’inverse, engendre les étalements diffus et les ghettos qu’on connaît aussi aujourd’hui.

    https://formes.ca/territoire/articles/les-instant-cities-villes-reimaginees-sans-histoire-sans-avenir
    #villes_instantanées #urban_matter #urbanisme #présent #passé #futur

  • Berliner Taxidemo wird von den Medien kaum beachtet
    https://www.taxi-times.com/berliner-taxidemo-wird-von-den-medien-kaum-beachtet

    24. Mai 2017 von Nicola Urban - Rund 350 Taxis, das entspricht 4,3 Prozent aller Berliner Taxis, haben gestern in einem Autokorso in der deutschen Hauptstadt gegen fehlende bzw. zu lasche Kontrollen gegenüber Uber-Fahrern und gegenüber Fahrgastklau am Berliner Flughafen demonstriert.

    Organisator der Demo war Erkan Özmen, Administrator einer Berliner Taxi-Facebook-Gruppe. Die etablierten Berliner Taxiverbände hatten bereits im Vorfeld erklärt, sich an der Demonstration nicht zu beteiligen.

    In Berlin ist der US-Fahrtenvermittler mit seinem Dienst UberX sehr aktiv. Fahrtaufträge werden dabei hauptsächlich an Unternehmen bzw. Fahrer vermittelt, die im Berliner Umland Mietwagenkonzessionen angemeldet haben. Wie aus den Beobachtungen zahlreicher Berliner Taxikollegen hervorgeht, halten sich etliche dieser Fahrer stets im Bereich des Flughafens Tegel auf und warten dort auf neue Aufträge. Sie umgehen damit die Rückkehrpflicht.

    In den Medien fand die Aktion allerdings nahezu keine Beachtung. Einzig der Berliner Rundfunk RBB zeigte in einem 30-Sekunden-Clip Bilder vom Autokorso. Rund 500 Taxifahrer hätten gegen zu lasche Regeln im Taxigewerbe demonstriert, verkündete der Sender. „Sie fordern härtere Strafen für Uber-Taxis und für Taxifahrer aus dem Umland, die entsprechend der Umkehrpflicht eigentlich ohne Fahrgäste zurückfahren müssten.“

    Damit war es dem RBB leider nicht gelungen, die eigentlichen Forderungen der Organisatoren sachlich korrekt auf den Punkt zu bringen. Der Protest richtete sich nicht gegen zu lasche Regeln, sondern gegen Behörden, die aus Sicht vieler Berliner Taxifahrer nichts oder zu wenig unternehmen, um die bestehenden Regeln durchzusetzen. Man fordere auch keine härteren Strafen gegen Uber-Taxis, sondern gegen Mietwagenfahrer, die nach einer Fahrt zum Flughafen eben nicht, wie gesetzlich vorgeschrieben, zu ihrem Betriebssitz (außerhalb Berlins) zurückfahren. Die angesprochene Umkehrpflicht ist also eine Rückkehrpflicht und sie findet sowieso ohne Fahrgast statt.

    Wie wenig man mit solchen sachlich falschen Darstellungen dem Taxigewerbe nützt, zeigen die vielen Leser-Kommentare, die im Anschluss an diese Meldung im Internet nachzulesen sind. Mehrheitlich zeigen die Leser (und Taxikunden) kein Verständnis für die Demo und die damit verbundenen Verkehrsbehinderungen und Lärmbelästigungen. Stattdessen beschweren sie sich über den schlechten Service vieler Berliner Taxifahrer.

    So schreibt beispielsweise Andreas Reddig: „Zu viele Taxis ist das EINE, das ANDERE ist die Qualität der Taxifahrer. Erst neulich musste ich einem Taxifahrer zeigen, wo er hin muss. Das ist traurig! Hinzu kommt, dass viele Taxifahrer nicht einmal die StVO kennen und fahren wie sie wollen, ohne Blinker, abbiegen in zweiter Spur, Geschwindigkeitsüberschreitung und fahren mit Navigationsgerät. Oh oh, was ist nur aus dem Taxigewerbe geworden. Wird wirklich Zeit, dass da mal was passiert, bevor der schlechte Ruf noch weiter bergab geht!“

    Denver York monierte „Die sollten ihre Preise mal überdenken, wenn es bezahlbar wäre, gäbe es kein Uber! Kuh melken nicht Schlachten liebe Taxifahrer!“ Ma Jo kritisierte: „Oh Gott nicht Die. Gerade die größten Rowdys regen sich auf. Pfui!“ Die Taxifahrer scheinen diese Posts nicht zu entmutigen. „Wir Taxifahrer werden die Demo solange wiederholen und die Stadt lahmlegen bis unsere Forderungen vom Senat erfüllt werden“, konterte der Taxifahrer Sebastian Doerner.

    #Berlin #Taxi #Uber #Demonstration #Rückkehrpflicht #Medien

  • Accompagner la #transformation_numérique et enrichir les modes traditionnels d’enseignement : j’annonce en lien avec le @SGPI_avenir le lancement d’un #appel_à_projets « #Hybridation_des_formations ».

    https://twitter.com/VidalFrederique/status/1268920823718588418

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    Appel à projets sur l’hybridation des formations d’enseignement supérieur

    La #crise_sanitaire actuelle et ses impacts sur la #rentrée_2020 nécessitent de repenser l’intégralité des #modes_d’enseignement pour concourir à la réussite des étudiants, peu habitués à ces modalités de formation, et pour permettre le développement de #nouvelles_compétences_pédagogiques_numériques pour les enseignants.

    L’appel à projets « Hybridation des formations » répondra à deux cas de figure :

    – L’extension du champ d’action et ou le soutien supplémentaire à des projets d’ores et déjà sélectionnés dans le cadre du Programme d’investissements d’avenir en matière d’enseignement supérieur et de recherche (principalement les NCU, IDEFI/IDEFI-N, DUNE ou #Disrupt_Campus) ;
    – La détection puis le soutien à des initiatives qui n’ont pas encore fait l’objet d’une #labellisation #PIA mais qui visent à accompagner la transformation numérique de l’enseignement supérieur en enrichissant les #modes_traditionnels d’enseignement.

    Dans les deux cas, il s’agit d’accompagner les établissements d’enseignement supérieur pour réussir cette rentrée dans les meilleures conditions possibles et de soutenir financièrement le développement de cursus diplômant complet, à partir de #ressources_pédagogiques mutualisées et modulaires qui permettront aux étudiants en formation initiale comme en formation continue de construire leurs parcours de formation.

    Qu’ils s’appuient sur un projet déjà soutenu dans le cadre du PIA ou non, les établissements et leurs #partenaires du secteur de la #EdTech devront faire la démonstration, d’une part, de leur capacité à mettre en œuvre une #transformation_pédagogique et numérique et, d’autre part, de l’#efficacité de leur modèle d’#organisation_pédagogique_hybride. Cette #démonstration se traduira par la création de solutions de #formation_à_distance ou hybrides pour la rentrée 2020-2021 ou en #flux_tendu pendant l’année pour une utilisation en 2020-2021.

    Il s’agira également d’accompagner en priorité la création de modules de formation pour le #premier_cycle post-bac, que celui-ci soit proposé par les universités (licences, licences professionnelles, DUT) ou les écoles (premier cycle préparatoire). Pour ces dernières, seules les préparations à des formations bénéficiant d’une reconnaissance de l’Etat (visa ou grade) seront éligibles au dispositif.

    La sélection de ces projets se fera à travers un dialogue pour valider et accompagner la démarche des porteurs de projet et de leurs partenaires publics ou privés (EdTech) : les établissements devront rédiger une note synthétique de 10 pages faisant état de leur capacité à respecter le cahier des charges de l’appel à projets et précisant si les projets reposent ou non sur un objet d’#excellence déjà sélectionné. Le comité de sélection animera ce dialogue afin d’affiner les besoins des établissements, de vérifier leur capacité à enrichir les #ressources_pédagogiques déjà disponibles et à rendre les dispositifs les plus efficients possibles.

    https://anr.fr/fr/investissements-davenir/appels-a-projets-en-cours/appel-a-projets-sur-lhybridation-des-formations-denseignement-superieur

    #France #Vidal #Frédérique_Vidal #ESR #enseignement_supérieur #université #stratégie_du_choc #le_monde_d'après #distanciel #présentiel #enseignement_à_distance #ANR #pédagogie

    Quand on sait que dans mon université, à Grenoble, qui est une fac très bien dotée par rapport à d’autres, où il manque du papier toilettes et l’eau courante, on n’a pas d’argent pour remplacer les vidéoprojecteurs qui ne marchent plus............

    • ENTRETIEN. « Des #innovations_pédagogiques ont été mises en place durant le confinement »

      Frédérique Vidal, la ministre de l’Enseignement supérieur, de la Recherche et de l’Innovation, entame aujourd’hui une visite de deux jours en Bretagne. L’occasion de parler avec les acteurs de terrain des perspectives ouvertes par la crise sanitaire du Covid-19.

      Madame la ministre, vous êtes pour deux jours en Bretagne. Quel est le but de cette visite qui intervient dans le contexte de la crise sanitaire ?

      La Bretagne est la deuxième étape d’un tour de France pour voir comment l’enseignement supérieur, la recherche et l’innovation peuvent participer à la relance et à la redynamisation des territoires. Il s’agit de réfléchir à la meilleure manière de travailler ensemble, État et collectivités, pour mettre la production et la diffusion de connaissances, le transfert technologique, au service de cette relance (1).

      La crise sanitaire a bouleversé les manières d’enseigner. Vous demandez aux universités de réfléchir au maintien des cours à distance. Pourquoi ?

      En réalité, il y avait déjà eu des réflexions sur cette question de l’enseignement à distance et des financements alloués, notamment dans les universités en Bretagne. Tout s’est évidemment accéléré durant le confinement. Les établissements doivent maintenant se servir de toutes les innovations pédagogiques mises en place pendant cette période compliquée. L’objectif de ma visite est de faire le recueil des besoins nécessaires de manière à ce qu’on puisse accompagner les établissements qui voudront s’engager dans cette révolution pédagogique. Il ne s’agit pas seulement d’utiliser le numérique pour enseigner, mais de penser autrement la pédagogie d’un cours et d’utiliser le numérique au service de cette pédagogie réinventée.

      Le développement de l’enseignement à distance ne risque-t-il pas d’accentuer une forme de fracture numérique chez les étudiants ?

      Les établissements ont extrêmement bien réagi durant cette crise. Ils ont identifié les étudiants qui avaient des difficultés pour avoir une continuité pédagogique, que ce soit par défaut d’équipement, ordinateur ou tablette, ou par défaut de connexion. J’ai souhaité que les choses se passent au plus près. Les établissements et les Crous ont disposé de financements qui ont permis d’acheter des ordinateurs, de les prêter aux étudiants, d’acheter des clés 4G, d’étendre des forfaits Internet ou de téléphonie. Évidemment, si les établissements passent en mode hybride, à la fois en présentiel et en enseignement à distance, une des priorités absolues sera que l’ensemble des étudiants soient correctement équipés pour pouvoir bénéficier de ces nouvelles pédagogies.

      Quel bilan tirez-vous des examens à distance ? Que pensez-vous des applications de télésurveillance pour lutter contre la fraude ?

      Comme en temps normal, les établissements ont choisi leur mode d’évaluation. Ils ont soit imaginé des devoirs maison, soit fait travailler les étudiants en mode projet, soit, pour certains d’entre eux, choisi de faire passer des examens télésurveillés. Dans tous les cas, cela se fait dans le respect du RGPD et de la préservation des données personnelles et individuelles (2). Si les établissements étaient incapables de respecter le RGPD, alors, évidemment, ils n’ont pas mis en œuvre ces examens télésurveillés. La seule règle, c’est qu’il fallait impérativement qu’une évaluation ait lieu pour garantir la qualité des diplômes délivrés cette année.

      À la rentrée, les cours en amphi devront respecter les règles de distanciation. N’est-ce pas un peu mission impossible ?

      On a commencé à travailler avec les conférences d’établissements pour regarder ce qui leur paraissait raisonnable. Il y a de multiples solutions : extension des plages horaires, rotations des étudiants entre du présentiel et du distanciel, pédagogie inversée, où les cours sont mis à disposition des étudiants en amont. Ensuite, on les prend en petits groupes en présentiel et on travaille les points du cours qu’ils ont moins bien compris. Il faut partager les expériences. Lorsqu’elles ont du sens au plan pédagogique, on les applique à plus grande échelle.

      L’Université Loire-Bretagne n’a pas marché, le projet d’Université unique de Rennes patine. Quelle est aujourd’hui la stratégie du ministère pour les universités bretonnes ? Quelle est leur vocation et doivent-elles se regrouper ?

      C’est un sujet qui est au cœur de mon déplacement en Bretagne. Ce que je demande aux établissements, en réalité, ce n’est pas de se regrouper de manière artificielle. C’est de porter un projet de signature de leur territoire. Pour qu’une université rayonne à l’international, il faut qu’elle ait une signature, il faut qu’elle soit connue pour quelque chose qui est exceptionnel. Cette signature, elle se fait, bien sûr, par la qualité de la recherche et de la formation et par l’attractivité auprès des étudiants. Elle se fait aussi par la capacité à travailler avec son territoire. En Bretagne, il y a par exemple de la recherche et de la formation de pointe autour de la mer et des océans, mais également autour du numérique, de la cybersécurité et de la chimie.

      (1) Lors de sa visite en Bretagne, Frédérique Vidal devrait annoncer, conjointement avec le Secrétariat général pour l’investissement, un plan gouvernemental de 550 millions d’euros, dont 450 millions dans les instituts de recherche technologique (IRT) et les instituts pour la transition énergétique (ITE) , pour soutenir la transformation de l’appareil productif et développer de nouvelles solutions pour l’industrie et la transition énergétique.

      (2) RGPD : Règlement général sur la protection des données, adopté par l’Union européenne en 2018.

      https://www.ouest-france.fr/bretagne/enseignement-superieur-des-innovations-pedagogiques-mises-en-place-dura
      #innovation_pédagogique

  • Laurent Lafforgue - « De l’utilité des mathématiques pour comprendre la dynamique des épidémies »
    https://www.nouvelobs.com/coronavirus-de-wuhan/20200525.OBS29292/tribune-de-l-utilite-des-mathematiques-pour-comprendre-la-dynamique-des-e

    professeur à l’Institut des hautes études scientifiques, médaille Fields de mathématiques

    On constate que le temps de multiplication par 10, propre à l’épidémie de Covid avant que ne soient prises des mesures de lutte contre la contagion, est d’à peine 10 jours. Ce fait apparaissait déjà dans les statistiques publiques chinoises de la fin janvier : 25 morts au 23 janvier et 259 morts au 31 janvier, soit une multiplication par 10 en 8 jours.

    Il faut maintenant rappeler les nombres de morts du Covid comptabilisés dans les différents pays aux dates de début des confinements pour mieux comprendre dans quelle mesure chaque pays a été plus ou moins rapide à réagir

    (...) si l’Italie, l’Espagne, la France, le Royaume-Uni ou l’Etat de New York avaient pris 10 jours plus tard les mesures qu’ils ont prises pour casser la progression exponentielle de l’épidémie, ils auraient déjà chacun plusieurs centaines de milliers de morts.

    Pour la même raison, si le confinement avait été décidé 10 jours plus tôt, c’est-à-dire en France le 6 mars, nous aurions aujourd’hui seulement quelques milliers de morts au lieu de dizaines de milliers.

    Quant au niveau restant de contamination, il serait au moins dix fois inférieur et bien moins d’efforts seraient encore requis pour éradiquer le Covid.

    Malheureusement, le Covid est toujours présent et nous devons tous continuer à faire barrage à sa circulation. Il suffirait que les contacts rapprochés dans la population retrouvent un niveau élevé pendant quelques semaines pour que, un mois ou deux plus tard, nos pays se retrouvent avec des centaines de milliers de morts.

    #in_retrospect #démonstration_implacable

    (texte complet trouvé sur https://justpaste.it/4yshz )

  • #Homothérapies, #conversion_forcée

    Électrochocs, lobotomies frontales, « thérapies » hormonales… : dans les années 1970, aux États-Unis, la #dépsychiatrisation de l’homosexualité met progressivement fin à ces pratiques médicales inhumaines, tout en donnant naissance à des mouvements religieux qui prétendent « guérir » ce qu’elles considèrent comme un péché, une déviance inacceptable. Depuis, les plus actives de ces associations – les évangéliques d’Exodus ou les catholiques de Courage – ont essaimé sur tous les continents, à travers une logique de franchises. Bénéficiant d’une confortable notoriété aux États-Unis ou dans l’ultracatholique Pologne, ces réseaux œuvrent en toute discrétion en France et en Allemagne. Mais si les méthodes diffèrent, l’objectif reste identique : convertir les personnes homosexuelles à l’hétérosexualité ou, à défaut, les pousser à la continence. Comme Deb, fille d’évangélistes de l’Arkansas ouvertement homophobes, Jean-Michel Dunand, aujourd’hui animateur d’une communauté œcuménique homosensible et transgenre, a subi de traumatisantes séances d’exorcisme. De son côté, la Polonaise Ewa a été ballottée de messes de guérison en consultations chez un sexologue adepte des décharges électriques. Rongés par la honte et la culpabilité, tous ont souffert de séquelles psychiques graves : haine de soi, alcoolisme, dépression, tentation du suicide…

    Étayée par le travail de deux jeunes journalistes, dont l’un s’est infiltré dans des mouvements français – des rencontres façon Alcooliques anonymes de Courage aux séminaires estivaux de Torrents de vie, avec transes collectives au menu –, cette enquête sur les « thérapies de conversion » donne la parole à des victimes de cinq pays. Leurs témoignages, à la fois rares et bouleversants, mettent en lumière les conséquences dévastatrices de pratiques qui s’apparentent à des dérives sectaires. « Nous avons affaire à une espèce de psychothérapie sauvage qui peut amener à la destruction de la personnalité », affirme ainsi Serge Blisko, ancien président de la #Miviludes (Mission interministérielle de vigilance et de lutte contre les dérives sectaires). En mars 2018, le Parlement européen a voté une résolution appelant les États membres à interdire ces prétendues thérapies. Jusqu’à maintenant, seul Malte a légiféré sur le sujet.


    https://boutique.arte.tv/detail/homotherapies_conversion_forcee
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  • « Ce qui est inédit, c’est que la plupart des gouvernements ont choisi d’arrêter l’économie pour sauver des vies » - Basta !
    https://www.bastamag.net/mondialisation-covid19-effondrement-virus-collapse-transition-relocalisati


    #fressoz #historien_des_sciences
    #covid19

    « Je ne crois pas une seconde à l’idée que « plus rien ne sera pareil après » ! Évidemment que le commerce international subit un coup d’arrêt, mais c’est temporaire. Je regardais les chiffres du commerce international après la Première Guerre mondiale : dès 1923, on retrouve le volume de 1913, après une guerre mondiale et une épidémie de grippe ayant fait 50 millions de morts. Donc oui, je me méfie de l’idée d’une « #démondialisation » inéluctable.

    Vous avez plusieurs fois marqué votre désaccord avec les théories dites de la #collapsologie : on est donc encore loin de l’#effondrement, à vous entendre…

    Si l’on veut croire à un grand basculement, cela dépend d’abord de la prise en charge politique qui sera faite de la catastrophe dans les deux ou trois années qui viennent. Or c’est justement ce que je reproche aux théories des collapsologues : de faire l’économie du politique. Penser le virus comme le symbole d’un « effondrement », c’est rater les enjeux concrets de gestion de l’#épidémie, le niveau d’#impréparation de la France et de l’Europe, le rôle de l’État-providence, etc. Au fond, les collapsologues ont un discours d’essence religieuse, comme si l’effondrement allait surgir de lui-même, faire table rase et laisser le terrain libre aux écolos. D’une certaine manière, l’effondrement s’est substitué à la #Révolution. »

  • Taxi-Demo in Berlin: friedlich und ohne viel Chaos
    https://www.taxi-times.com/taxi-demo-in-berlin-friedlich-und-mit-wenig-chaos

    War nett und die Zahlen der Taxi Times sind optimistischer Natur: Der Olympische Platz bietet im Zentrum Raum für etwa 600 Fahrzeuge, dazu kamen drei weitere Reihen à 45 Taxis auf den Fahrbahnen am Rand des Platzes. Der Korso startete also mit etwa 800 Fahrzeugen.

    Bemerkenswert ist der Stellenwert, welche sie inoffizielle Taxi Gruppe Berlin hat, denn sie kann inzwischen besser mobilisieren als die offziellen Verbände.

    3. März 2020 von Axel Rühle - Bei leichtem Nieselregen versammelten sich heute Vormittag geschätzt 1.500 Taxis vor dem Olympiastadion in Berlin-Westend zu einer Demo, um mit einem Taxi-Korso durch die westliche Innenstadt zum Flughafen Tegel zu fahren. Aufgerufen hatten dazu nicht die Verbände, sondern Mitglieder der „Facebook“-Gruppe „Taxi-Gruppe Berlin“.
    ...
    Zeitgleich und mit der gleichen Maßnahme protestierten Taxikollegen im benachbarten Schönefeld, wo der zweite Hauptstadtflughafen südlich der Stadtgrenze liegt, dessen Gelände direkt an den künftigen (zu kleinen) Großflughafen BER grenzt. Auch hier wurde kurzzeitig die Zufahrt blockiert. In der westlichen Berliner Innenstadt kam es erwartungsgemäß zu langen Staus, die sich gegen 15 Uhr aufzulösen begannen.


    Carsten Reichert (links) aus dem Vorstand der Berliner Taxi-„Innung“ (hier mit seinem Kollegen Mariusz Kramer).


    Heso Welat im Gespräch mit Hermann Waldner, Vizepräsident des Bundesverbandes Taxi und Mietwagen e. V.


    Auch fehlende Online-Wegstreckenzähler für Mietwagen und die abgeschaffte Ortskundeprüfung für deren Fahrer sind Sargnägel des Taxigewerbes.

    #Berlin #Taxi #Demonstration #Facebook