• I migranti della #Open_Arms chiedono asilo dalla nave

    L’8 agosto per la prima volta nella storia dei soccorsi in mare, 89 migranti dei 121 soccorsi in due diverse operazioni dalla nave spagnola Open Arms nelle acque internazionali al largo della Libia hanno espresso la volontà di fare richiesta di asilo in Europa, mentre sono ancora a bordo della nave umanitaria. L’organizzazione non governativa spagnola Proactiva Open Arms ha consegnato queste richieste all’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr) e alla Centrale operativa della guardia costiera di Roma, in una mossa senza precedenti che potrebbe portare per vie legali al superamento del divieto di sbarco imposto dalle autorità italiane, dopo la conversione in legge del cosiddetto decreto sicurezza bis, che criminalizza il soccorso in mare e impedisce alle navi umanitarie di ricevere un porto di sbarco.

    I profughi – che provengono da Eritrea, Etiopia, Somalia e Costa d’Avorio – sono bloccati da otto giorni al largo di Lampedusa e non hanno ricevuto l’autorizzazione a sbarcare né in Italia né a Malta, nonostante i numerosi appelli della capomissione Anabel Montes Mier che ha denunciato una situazione critica a bordo. Il 9 agosto sono stati portati rifornimenti e a bordo è salito anche l’attore Richard Gere.
    Nel frattempo la nave norvegese Ocean Viking delle ong Medici senza frontiere e di Sos Méditerranée ha soccorso 85 persone, tra cui quattro bambini, a sessanta miglia dalle coste libiche. “Alcune donne hanno raccontato storie di violenza e di stupri, avevano sul corpo i segni di queste inenarrabili violenze”, ha raccontato Valentina Brinis, responsabile dei progetti di Proactiva Open Arms.

    “A bordo si è creato un clima tale per cui le persone si sono aperte e hanno raccontato le loro storie, ci siamo resi conto così che si trattava di persone che avevano bisogno di protezione in base alle leggi internazionali come la Convenzione di Ginevra del 1951”, continua Brinis. Per questo gli operatori legali e gli avvocati dell’organizzazione hanno raccolto le richieste di asilo da parte dei migranti e le hanno presentate all’Unhcr e all’Mrcc di Roma.

    Per la prima volta su una nave umanitaria i migranti hanno sottoscritto un documento in cui chiedono di poter fare domanda di asilo: questo procedimento apre una serie di questioni di diritto internazionale. “Di solito queste persone erano considerate soltanto naufraghi, invece sono in realtà dei richiedenti asilo. Questo significa che se fossero riportati indietro in Libia si tratterebbe di una violazione del principio di non respingimento sancito dalla Convenzione di Ginevra, ma anche dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo”, afferma l’operatrice, che insieme all’avvocato Arturo Salerni ha presentato le richieste. L’ong sottolinea che la richiesta dovrebbe sollecitare l’assegnazione di un porto sicuro di sbarco per persone che ne hanno diritto e che sono particolarmente vulnerabili.

    Ma il ministero dell’interno italiano ha risposto con una nota dicendo “che la Open Arms è spagnola” e in base alle convenzioni internazionali “è dovere dello stato di bandiera prendersi cura di coloro che si trovano a bordo, dopo essere stati raccolti o trasportati in acque internazionali: gli esperti del ministero dell’Interno stanno valutando la possibilità di richiamare pertanto la Spagna - anche in ambito giurisdizionale - al rispetto degli obblighi internazionali facendosi carico delle 89 persone”.

    L’organizzazione ribadisce di non essere interessata ad arrivare per forza in Italia, ma di voler chiedere con insistenza un porto sicuro di sbarco per i richiedenti asilo a bordo, tra loro 32 minori. “L’organizzazione aveva depositato un ricorso al tribunale di Palermo, competente su questa materia”, spiega l’ong. Anche il garante per i diritti delle persone private della libertà personale Mauro Palma ha sollecitato un intervento delle autorità italiane. Secondo Palma “la situazione in atto può e deve essere vista come ambito di competenza giurisdizionale del nostro paese, nonostante la sua presenza in acque internazionali”, in virtù del divieto d’ingresso nelle acque nazionali notificato dalle autorità italiane il primo agosto, per effetto del decreto sicurezza bis.

    “L’interdizione all’ingresso costituisce esercizio della sovranità e implica che ai migranti soccorsi e a bordo della nave debbano essere riconosciuti tutti i diritti e le garanzie (divieto di non respingimento, diritti dei minori stranieri non accompagnati, diritto di protezione internazionale) che spettano alle persone nei confronti delle quali l’Italia esercita la propria giurisdizione”, ha scritto Palma in una nota.

    A partire da queste premesse il garante ha denunciato “il duplice rischio di violazione del principio di non respingimento e del divieto di espulsioni collettive” da parte dell’Italia. E inoltre ha sottolineato che il divieto di ingresso può essere visto “come azione di respingimento collettivo delle persone soccorse, se esercitato senza un preventivo esame delle condizioni individuali delle stesse”.


    https://www.internazionale.it/bloc-notes/annalisa-camilli/2019/08/09/open-arms-richiedenti-asilo
    #sauvetage #ONG #Méditerranée #asile #migrations #réfugiés #droit_d'asile #demande_d'asile #UNHCR #HCR #alternative (à la fermeture des ports) #alternatives #voies_légales

    Je vais commencer, avec cet article, une nouvelle liste autour de la question des sauvetages en Méditerranée. La métaliste ici :
    https://seenthis.net/messages/706177#message767790

  • Esclave en #Tunisie : le calvaire d’une migrante ivoirienne séquestrée par une riche famille de #Tunis (1/4)

    Depuis l’été 2018, de plus en plus d’embarcations partent de Tunisie pour traverser la mer #Méditerranée. En face, l’Union européenne grince des dents. Pourtant, Tunis ne réagit pas, ou si peu. Déjà confronté à une crise économique et sociale majeure, le pays n’a pas - encore - fait de la #crise_migratoire une priorité. La Tunisie n’a toujours pas mis en place une politique nationale d’asile et il n’existe presqu’aucune structure d’aide pour les migrants. InfoMigrants s’est rendu sur place pour enquêter et a rencontré Jeanne-d’Arc, une migrante ivoirienne, séquestrée et réduite en #esclavage pendant plusieurs mois par une famille tunisienne aisée. Elle se dit aujourd’hui abandonnée à son sort.

    Son visage exprime une détermination sans faille, la voix est claire, forte. « Non, je ne veux pas témoigner de manière anonyme, filmez-moi, montrez-moi. Je veux parler à visage découvert. Pour dénoncer, il ne faut pas se cacher ». Jeanne-d’Arc, est dotée d’un courage rare. Cette Ivoirienne, à la tête d’un salon de coiffure afro à Tunis, #sans_papiers, refuse l’anonymat tout autant que le mutisme. « Il faut que je raconte ce que j’ai subi il y quelques années pour éviter à d’autres filles de se faire piéger ».

    C’était il y a 5 ans, en décembre 2013, et les souvenirs sont toujours aussi douloureux. Pendant 5 mois, Jeanne-d’Arc a été l’#esclave_domestique d’une famille aisée de Tunis. « L’histoire est si banale…, commence-t-elle. Vous avez un #trafiquant qui promet à votre famille de vous faire passer en Europe et puis qui trahit sa promesse et vous vend à quelqu’un d’autre », résume-t-elle, assise sur le canapé de son salon dont les néons éclairent la pièce d’une lumière blafarde. « Quand nous sommes arrivées à Tunis, j’ai vite compris que quelque chose ne tournait pas rond, il y avait plusieurs jeunes filles comme nous, on nous a emmenées dans un appartement puis réparties dans des familles... Je n’ai rien pu faire. Une fois que vous êtes sortie de votre pays, c’est déjà trop tard, vous avez été vendue ».

    #Passeport_confisqué

    Comme de nombreuses autres Ivoiriennes, Jeanne-d’Arc a été victime de réseaux criminels « bien rôdés » dont l’intention est d’attirer des migrantes d’#Afrique_subsaharienne pour ensuite les « louer » à de riches familles tunisiennes. Pendant 5 mois, Jeanne-d’Arc ne dormira « que quand sa patronne s’endormira », elle nettoiera chaque jour ou presque « les 6 chambres, 4 salons et deux cuisines » du triplex de ses « patrons » qui vivent dans une banlieue chic de la capitale, la « #cité_el_Ghazala ». « La patronne m’a confisqué mon passeport. Évidemment je n’étais pas payée. Jamais. On me donnait l’autorisation de sortir de temps en temps, je pouvais dormir aussi, j’avais plus de chance que certaines. »

    Jeanne d’Arc a raconté son histoire au Forum tunisien des droits économiques et sociaux (FTDES), une association qui vient en aide, entre autres, aux migrants. L’association tente depuis longtemps d’alerter les autorités sur ces réseaux - ivoiriens notamment - de #traite_d’êtres_humains. Des mafias également bien connues de l’organisation internationale des migrations (#OIM). « Comme beaucoup de pays dans le monde, la Tunisie n’est pas épargnée par ce phénomène [de traite] dont les causes sont multiples et profondes », a écrit l’OIM dans un de ces communiqués. Depuis 2012, l’OIM Tunisie a détecté 440 victimes de traite, 86 % viennent de #Côte_d'Ivoire.

    Pour lutter contre ce fléau, la Tunisie a adopté en août 2016 une #loi relative à la prévention et à la lutte contre la traite des personnes - loi qui poursuit et condamne les auteurs de trafics humains (#servitude_domestique, #exploitation_sexuelle…). Ce cadre juridique devrait en théorie permettre aujourd’hui de protéger les victimes – qui osent parler - comme Jeanne-d’Arc. Et pourtant, « l’État ne fait rien », assure-t-elle. « L’OIM non plus… Une loi, c’est une chose, la réalité, c’est autre chose ».

    L’enfer des « #pénalités » imposées aux migrants sans-papiers en Tunisie

    Car Jeanne-d’Arc a essayé de s’en sortir après sa « libération », un jour de janvier 2014, quand sa patronne lui a rendu son passeport et lui a ordonné de partir sur le champ, elle a cru son calvaire terminé. Elle a cru que l’État tunisien allait la protéger.

    « C’est tout le contraire... À peine libérée, un ami m’a parlé de l’existence de ’pénalités’ financières en Tunisie… Il m’a dit que j’allais certainement devoir payer une amende. Je ne connaissais pas ce système. Je ne pensais pas être concernée. J’étais prise au #piège, j’ai été anéantie ».

    La demande d’asile de Jeanne-d’Arc a été rejetée en 2015. Crédit : InfoMigrants

    En Tunisie, selon la loi en vigueur, les étrangers en #situation_irrégulière doivent s’acquitter de « pénalités de dépassement de séjour », sorte de sanctions financières contre les sans papiers. Plus un migrant reste en Tunisie, plus les pénalités s’accumulent. Depuis 2017, cette amende est plafonnée à 1 040 dinars tunisiens (environ 320 euros) par an, précise le FTDES. « C’est une triple peine, en plus d’être en situation irrégulière et victime de la traite, une migrante doit payer une taxe », résume Valentin Bonnefoy, coordinateur du département « Initiative pour une justice migratoire » au FTDES.

    Malgré l’enfer qu’elle vient de vivre, Jeanne d’Arc est confrontée à une nouvelle épreuve. « Mon ami m’a dit : ‘Tu pourras vivre ici, mais tu ne pourras pas partir’... » En effet, les « fraudeurs » ne sont pas autorisés à quitter le sol tunisien sans s’être acquitté de leur dette. « Si j’essaie de sortir du pays, on me réclamera l’argent des pénalités que j’ai commencé à accumuler quand j’étais esclave !… Et ça fait 5 ans que je suis en Tunisie, maintenant, le calcul est vite fait, je n’ai pas assez d’argent. Je suis #bloquée ».

    Asile rejeté

    Ces frais effraient les étrangers de manière générale – qui craignent une accumulation rapide de pénalités hebdomadaires ou mensuelles. « Même les étudiants étrangers qui viennent se scolariser en Tunisie ont peur. Ceux qui veulent rester plus longtemps après leurs études, demander une carte de séjour, doivent parfois payer ces pénalités en attendant une régularisation. C’est environ 20 dinars [6 euros] par semaine, pour des gens sans beaucoup de ressources, c’est compliqué », ajoute Valentin Bonnefoy de FTDES.

    Pour trouver une issue à son impasse administrative et financière, Jeanne-d’Arc a donc déposé en 2015 un dossier de demande d’asile auprès du Haut-commissariat à l’ONU – l’instance chargée d’encadrer les procédures d’asile en Tunisie. Elle pensait que son statut de victime jouerait en sa faveur. « Mais ma demande a été rejetée.La Côte d’Ivoire n’est pas un pays en guerre m’a-t-on expliqué. Pourtant, je ne peux pas y retourner, j’ai des problèmes à cause de mes origines ethniques », dit-elle sans entrer dans les détails. Jeanne d’arc a aujourd’hui épuisé ses recours. « J’ai aussi pensé à dénoncer la famille qui m’a exploitée à la justice, mais à quoi bon... Je suis fatiguée… »

    « J’ai le seul salon afro du quartier »

    Après une longue période d’abattement et de petits boulots, Jeanne-d’Arc a récemment repris du poil de la bête. « Je me suis dit : ‘Ce que tu veux faire en Europe, pourquoi ne pas le faire ici ?’ ». Avec l’aide et le soutien financier d’un ami camerounais, la trentenaire sans papiers a donc ouvert un salon de coiffure afro, dans un quartier populaire de Tunis. « Je paye un loyer, le bailleur se fiche de ma situation administrative, du moment que je lui donne son argent ».

    Les revenus sont modestes mais Jeanne d’Arc défend sa petite entreprise. « Je me suis installée ici, dans un quartier sans migrants, parce que je ne voulais pas de concurrence. Je suis le seul salon afro du secteur, et plus de 90 % de ma clientèle est tunisienne », dit-elle fièrement, en finissant de tresser les nattes rouges et noires d’une jeune fille. Mais les marchandises manquent et ses étals sont ostensiblement vides. « J’ai besoin de produits, de mèches, d’extensions… Mais pour m’approvisionner, il faudrait que je sorte de Tunisie... Je ne sais pas comment je vais faire ».

    Pour les migrants comme Jeanne-d’Arc acculés par les pénalités, la seule solution est souvent la fuite par la mer. « Payer un #passeur pour traverser la Méditerranée peut s’avérer moins cher que de payer cette amende », résume Valentin Bonnefoy de FTDES. Une ironie que souligne Jeanne d’Arc en souriant. « En fait, ce gouvernement nous pousse à frauder, à prendre des dangers… Mais moi, que vais-je faire ? », conclut-elle. « Je ne veux pas aller en #Europe, et je ne peux pas retourner vivre en Côte d’Ivoire. Je suis définitivement prisonnière en Tunisie ».

    http://www.infomigrants.net/fr/post/12875/esclave-en-tunisie-le-calvaire-d-une-migrante-ivoirienne-sequestree-pa

    #UNHCR #demande_d'asile

  • La demande d’asile d’Edward Snowden s’invite à l’Assemblée - Page 1 | Mediapart
    http://www.mediapart.fr/journal/international/090714/la-demande-dasile-dedward-snowden-sinvite-lassemblee

    Dans une tribune publiée le 3 juin dernier dans Le Monde, Patrick Weil a cependant souligné l’existence d’une solution juridique : l’asile dit « constitutionnel ». Prévue par l’article L 711-1 du code de l’entrée et du séjour des étrangers et du droit d’asile, cette disposition permet d’accorder l’asile politique « à toute personne persécutée en raison de son action en faveur de la liberté » sans avoir besoin de pénétrer sur le sol français.

    « Le droit d’asile constitutionnel défendu par Patrick Weil ne permettrait pas l’extradition d’Edward Snowden », estime le député PS Christian Paul, autre co-organisateur de la réunion. « C’est une question d’ordre juridique : Peut-il demander l’asile depuis l’étranger ? Oui, s’il peut avoir le statut de combattant de la liberté. Après, s’il en fait la demande, il faudra que ça lui soit accordé. Mais la question qui se profile derrière est celle de l’asile constitutionnel. Comment la France accueille-t-elle les combattants de la liberté ? »

    Concernant les éventuelles représailles américaines à un asile accordé à Edward Snowden, Christian Paul estime que « de l’eau a coulé sous les ponts. Le temps a fait son œuvre et aujourd’hui plusieurs responsables américains, comme Hillary Clinton ou Al Gore, se sont exprimés pour reconnaître que ses révélations n’avaient pas eu que des effets négatifs. Je ne pense pas qu’une telle décision de la France aurait pour conséquence de vitrifier les relations franco-américaines ».\

  • Sans doigt ni droit | Pierre Alonso
    http://owni.fr/2011/11/23/asile-ofpra-ministere-interieur

    Une note interne de l’Office des #réfugiés politiques montrent un nouveau durcissement, visant les demandeurs dont les empreintes digitales sont « altérées ». L’initiative va diminuer la portée de récentes décisions de justice qui renforçaient les droits des demandeurs d’asile.

    #Enquête #Politique #Pouvoirs #demande_d'asile #immigration #Immigrés #ministère_de_l'intérieur #Ofpra