• Sony studio Firesprite has been shedding talent amidst accusations of toxic culture, staff say | Eurogamer.net
    https://www.eurogamer.net/sony-studio-firesprite-has-been-shedding-talent-amidst-accusations-of-tox

    Most concerning are reports from sources that two senior leaders from Sony support studio XDev, brought in to help lead Firesprite, have since been accused of sexual discrimination and ageism. A subsequent internal investigation by Sony is said to have resulted in the claims being dismissed as a “misunderstanding”.

    #jeux_vidéo #jeu_vidéo #firespire #sony #xdev #business #ressources_humaines #emploi #discrimination #licenciements

  • Pourquoi dans les communiqués et les vidéos du #PCF, ils parlent juste de respect des travailleurs, de france désindustrialisée, de faire ensemble...
    Et pas de dictature du prolétariat, de collectivisation.
    Alors oui, ils parlent de force de travail (ouf, sauvé).

    Franchement, si je voulais voter communiste, j’aurais besoin qu’on me rassure sur le programme. Est ce qu’on va inverser la spoliation fissa ?

    Marx-Engels, OK, mais ca reste large comme front politique. Quid des autres classiques ?

    EDIT :
    J’ai compris, les partis français, espagnol et italiens ont supprimé la référence à la #Dictature_du_proletariat respectivement en 1976, 1976 et 1970.

    La réponse des militants :

    On n’abandonne pas un concept comme on abandonne son chien.

    C’est l’ #eurocommunisme.

    #communisme #PCF

  • Les institutions noires aux États-Unis
    https://laviedesidees.fr/Les-institutions-noires-aux-Etats-Unis

    Comment les Afro-Américains ont-ils tenté de renverser les rapports de domination raciaux aux #États-Unis ? En créant à partir de l’après-guerre des institutions culturelles et éducatives spécifiques à leur communauté, toujours utiles aujourd’hui dans la lutte contre les discriminations.

    #Société #discrimination #Entretiens_vidéo #éducation_populaire #CASBS
    https://laviedesidees.fr/IMG/pdf/20240301_maishafr.pdf
    https://laviedesidees.fr/IMG/docx/20240301_maishafr.docx

  • Invisibile
    https://irpimedia.irpi.eu/invisibile

    Questo racconto è liberamente ispirato al lavoro pubblicato da IrpiMedia. Nasce dalla volontà della redazione di prendere parte a #Unite, la campagna a cui hanno aderito scrittrici e giornaliste italiane per denunciare la violenza di genere e nominarla. L’opera è di finzione: i fatti descritti nel racconto non sono realmente avvenuti. «Consapevole della responsabilità morale […] L’articolo Invisibile proviene da IrpiMedia.

    #Diritti #Donne

  • Rotta balcanica: i sogni spezzati nella Drina
    https://www.balcanicaucaso.org/aree/Bosnia-Erzegovina/Rotta-balcanica-i-sogni-spezzati-nella-Drina-229948

    Nelle acque del fiume Drina, in Bosnia Erzegovina, decine di migranti sono morti nel tentativo di avvicinarsi al sogno di una vita migliore in quell’Europa che li respinge. Volontari del Soccorso alpino di Bijeljina e attivisti sono impegnati nel difficile recupero dei corpi

    • Rotta balcanica : i sogni spezzati nella Drina

      Nelle acque del fiume Drina, in Bosnia Erzegovina, decine di migranti sono morti nel tentativo di avvicinarsi al sogno di una vita migliore in quell’Europa che li respinge. Volontari del Soccorso alpino di Bijeljina e attivisti sono impegnati nel difficile recupero dei corpi.

      “Finora non mi è mai capitato di sognare uno dei corpi ritrovati, non ho mai avuto incubi. Proprio mai. Credo sia una questione di approccio. Soltanto chi non ha la coscienza pulita fa incubi”, afferma Nenad Jovanović, 37 anni, membro della squadra del Soccorso alpino di Bijeljina.

      Negli ultimi sei anni, Jovanović ha partecipato alle operazioni di recupero di oltre cinquanta corpi di migranti nell’area che si estende dal villaggio di Branjevo alla foce del fiume Drina [nella Bosnia orientale], tutti di età inferiore ai quarant’anni, annegati nel tentativo di entrare in Bosnia Erzegovina dalla Serbia, per poi proseguire il loro viaggio verso altri paesi europei, in cerca di un posto sicuro per sé e per i propri familiari.

      “Ogni volta che scoppia un nuovo conflitto in Medio Oriente, in Afghanistan, Iraq o altrove, assistiamo ad un aumento degli arrivi di migranti in cerca di salvezza nei paesi dell’Unione europea. Purtroppo, per alcuni di loro la Drina si rivela un ostacolo insormontabile. Il loro è un destino doloroso che può capitare a chiunque”, spiega Nenad Jovanović.

      Durante le operazioni di recupero dei corpi, Jovanović più volte è stato costretto a gettarsi nel fiume in piena, rischiando la propria vita.

      “Recentemente abbiamo recuperato il corpo di un uomo proveniente dall’Afghanistan. Era in acqua da circa un anno. I pescatori che per primi lo avevano notato non erano nemmeno sicuri che si trattasse di un corpo umano. Potete immaginare lo stato in cui si trovava”, afferma Jovanović.

      Un suo collega, Miroslav Vujanović, si sofferma sull’aspetto umano del lavoro del soccorritore. “A prescindere dallo stato di decomposizione, cerchiamo in tutti in modi possibili di recuperare il corpo nelle condizioni in cui lo troviamo. Nulla deve essere perso, nemmeno i vestiti. Perché siamo tutti esseri umani. Nel momento del recupero di un corpo magari non pensi alla sua identità, cerchi di fare il tuo lavoro in modo professionale e basta. Poi però quando torni a casa e vedi tua moglie e i figli, inizi a chiederti chi fosse quell’uomo e se anche lui avesse una famiglia. È del tutto normale riflettere su queste cose. Sono però pensieri intimi, che tendiamo a tenere dentro”.

      I volontari del Soccorso alpino di Bijeljina hanno partecipato anche alle operazioni di ricerca e assistenza alle popolazioni colpite dal terremoto nella regione di Banovina (in Croazia) nel 2020 e alle vittime del terremoto che l’anno scorso ha devastato la Turchia. In tutte queste operazioni sono stati costretti ad utilizzare le attrezzature prese in prestito o noleggiate, perché le autorità locali non rispettano gli accordi di cooperazione stipulati con altri paesi. Del resto, la Bosnia Erzegovina è il paese delle assurdità. Lo confermano anche i nostri interlocutori, aggiungendo che a volte si sentono incompresi anche dai loro familiari.

      “Mia moglie spesso si chiede come io possa fare questo lavoro. Oppure invito ospiti a casa per la celebrazione del santo della famiglia, e proprio quando stiamo per tagliare il pane tradizionale, mi chiama la polizia dicendo di aver trovato un cadavere nella Drina. Quindi, mi scuso con gli ospiti, chiedo loro di rimanere e vado a fare il mio lavoro. Non è un lavoro facile, ma per me la più grande soddisfazione è sapere che quel corpo recuperato sarà sepolto degnamente e che la famiglia della vittima, straziata dalla sofferenza, finalmente troverà pace”, spiega Nenad Jovanović.

      Recentemente, Jovanović, insieme ai suoi colleghi Miroslav Vujanović e Safet Omerbegić, ha partecipato ad una cerimonia di commemorazione in memoria dei migranti scomparsi e morti ai confini d’Europa. In quell’occasione sono state inaugurate le lapidi delle tombe dei sedici migranti sepolti nel nuovo cimitero di Bijeljina, situato nel quartiere di Hase. Trattandosi di corpi non identificati, ciascuna delle lastre in marmo nero reca incise, a caratteri dorati, la sigla N.N e l’anno della morte.

      Nel cimitero è stato piantato anche un filare di alberi in memoria delle vittime e sono state collocate due targhe commemorative con la scritta: “Non dimenticheremo mai voi e i vostri sogni spezzati nella Drina”. L’iniziativa è stata realizzata grazie al sostegno dell’associazione austriaca «SOS Balkanroute» e di Nihad Suljić, attivista di Tuzla, che da anni fornisce assistenza concreta ai rifugiati e partecipa alle procedure di identificazione e sepoltura dei morti.

      “Per noi è un grande onore e privilegio sostenere simili progetti. Si tratta di un’iniziativa pionieristica che può fungere da modello per l’intera regione. Per quanto possa sembrare paradossale, siamo contenti che queste persone, a differenza di tante altre, abbiano almeno una tomba. Abbiamo voluto che le loro tombe fossero dignitose e che non venissero lasciate al degrado, come accaduto recentemente a Zvornik”, sottolinea Petar Rosandić dell’associazione SOS Balkanroute.

      Rosandić spiega che la sistemazione delle tombe dei migranti nei cimiteri di Bijeljina e Zvornik è frutto di un’iniziativa di cooperazione transfrontaliera a cui hanno partecipato anche le comunità religiose di Vienna. Queste comunità, che durante la Seconda guerra mondiale erano impegnate nel salvataggio degli ebrei, oggi partecipano a diversi progetti a sostegno dei migranti lungo le frontiere esterne dell’UE.

      “Sulle lastre c’è scritto che si tratta di persone non identificate, ma noi sappiano che in ogni tomba giace il corpo di un giovane uomo i cui sogni si sono spezzati nella Drina. Ognuno di loro aveva una famiglia, un passato, i propri desideri e le proprie aspirazioni. Il loro unico peccato, secondo gli standard europei, era quello di avere un passaporto sbagliato, quindi sono stati costretti a intraprendere strade pericolose per raggiungere i luoghi dove speravano di trovare serenità e un futuro migliore”, afferma l’attivista Nihad Suljić.

      Suljić poi spiega che nel prossimo periodo i ricercatori e gli attivisti si impegneranno al massimo per instaurare una collaborazione con diverse istituzioni e organizzazioni. L’obiettivo è quello di identificare le persone sepolte in modo da restituire loro un’identità e permettere alle loro famiglie di avviare un processo di lutto.

      “Questi monumenti neri sono le colonne della vergogna dell’Unione europea – commenta Suljić - non è stata la Drina a uccidere queste persone, bensì la politica delle frontiere chiuse. Se avessero avuto un altro modo per raggiungere un posto sicuro dove costruire una vita migliore, sicuramente non sarebbero andati in cerca di pace attraversando mari, fiumi e fili spinati. Le loro tombe testimonieranno per sempre la vergogna e il regime criminale dell’UE”.

      Suljić ha invitato i cittadini dell’UE che hanno partecipato alla cerimonia di commemorazione a Bijeljina a chiamare i governi dei loro paesi ad assumersi la propria responsabilità.

      “Non abbiamo bisogno di donazioni né di corone di fiori. Vi invito però a inviare un messaggio ai vostri governi, a tutti i responsabili dell’attuazione di queste politiche, per spiegare loro le conseguenze delle frontiere chiuse, frontiere che uccidono gli esseri umani, ma anche i valori europei”.

      Dalla chiusura del corridoio sicuro lungo la rotta balcanica [nel 2015], nell’area di Bijeljina, Zvornik e Bratunac sono stati ritrovati circa sessanta corpi di migranti annegati nel fiume Drina. Stando ai dati raccolti da un gruppo di attivisti e ricercatori, nel periodo compreso tra gennaio 2014 e dicembre 2023 lungo il tratto della rotta balcanica che include sei paesi (Macedonia del Nord, Kosovo, Serbia, Bosnia Erzegovina, Croazia e Slovenia) hanno perso la vita 346 persone in movimento. Trattandosi di dati reperiti da fonti pubbliche, i ricercatori sottolineano che il numero effettivo di vittime con ogni probabilità è molto più alto. In molti casi, la tragica sorte dei migranti è direttamente legata ai respingimenti effettuati dalle autorità locali e dai membri dell’agenzia Frontex.

      “La morte alle frontiere è ormai parte integrante di un regime di controllo che alcuni autori definiscono un crimine in tempo di pace, una forma di violenza amministrativa e istituzionale finalizzata a mantenere in vita un determinato ordine sociale. Molte persone morte ai confini restano invisibili, come sono invisibili anche le persone scomparse. I decessi e le sparizioni spesso non vengono denunciati, e alcuni corpi non vengono mai ritrovati”, spiega Marijana Hameršak, ricercatrice dell’Istituto di etnologia e studi sul folklore di Zagabria, responsabile di un progetto sui meccanismi di gestione dei flussi migratori alle periferie dell’UE.

      In assenza di un database regionale e di iniziative di cooperazione transfrontaliera, sono i volontari e gli attivisti a portare avanti le azioni di ricerca di persone scomparse e i tentativi di identificazione dei corpi. Al termine della cerimonia di commemorazione, a Bijeljina si è tenuta una conferenza per discutere di questo tema.

      “Molte famiglie non sanno a chi rivolgersi, non hanno mai ricevuto indicazioni chiare. Finora le istituzioni non hanno mai voluto impegnarsi su questo fronte. Spero che a breve ognuno si assuma la propria responsabilità e faccia il proprio lavoro, perché non è normale che noi, attivisti e volontari, portiamo avanti questo processo”, denuncia Nihad Suljić.

      A dare un contributo fondamentale è anche Vidak Simić, patologo ed esperto forense di Bijeljina. Dal 2016 Simić ha eseguito l’autopsia e prelevato un campione di DNA di circa quaranta corpi di migranti, per la maggior parte rinvenuti nel fiume Drina.

      “Questa vicenda mi opprime, non mi sento bene perché non riesco a portare a termine il mio lavoro. Credo profondamente nel giuramento di Ippocrate e lo rispetto. Le leggi e altre norme mi obbligano a conservare i campioni per sei mesi, ho deciso però di conservarli per tutto il tempo necessario, in attesa che il sistema venga cambiato. La mia idea è di raccogliere tutti questi campioni, creare profili genetici individuali, pubblicarli su un sito appositamente creato in modo da aiutare le famiglie – in Afghanistan, Pakistan, Algeria, Marocco e in altri paesi – che cercano i loro cari scomparsi.

      Lo auspicano anche il padre, la madre, la sorella e i fratelli di Aziz Alimi, vent’anni, proveniente dall’Afghanistan, che nel settembre dello scorso anno, nel tentativo di raggiungere la Bosnia Erzegovina dalla Serbia, aveva deciso di attraversare la Drina a nuoto con altri tre ragazzi. Poco dopo la sua scomparsa, nello stesso luogo da dove Aziz per l’ultima volta aveva contattato uno dei suoi fratelli, è stato ritrovato un corpo.

      Dal momento che non è stato possibile identificare il corpo per via del pessimo stato in cui si trovava, i familiari di Aziz, che nel frattempo hanno trovato rifugio in Iran, hanno inviato un campione del suo DNA in Bosnia Erzegovina. Ripongono fiducia nelle istituzioni e nei cittadini bosniaco-erzegovesi per garantire ad Aziz almeno una sepoltura dignitosa.

      Ai presenti alla conferenza di Bijeljina si è rivolta anche la sorella di Aziz, Zahra Alimi, intervenuta con un videomessaggio. “Non abbiamo parenti in Europa che possano aiutarci e davvero non sappiamo cosa fare. Per favore aiutateci, nostro padre è affetto da un tumore e nostra madre ha sofferto molto dopo aver appreso la triste notizia [della scomparsa di Aziz]. Possiamo contare solo su di voi”.

      https://www.balcanicaucaso.org/aree/Bosnia-Erzegovina/Rotta-balcanica-i-sogni-spezzati-nella-Drina-229948
      #route_des_Balkans #Balkans #rivière #Bosnie-Hezégovine #migrations #réfugiés #mourir_aux_frontières #morts_aux_frontières #Bijeljina #Branjevo #Nenad_Jovanović #Nenad_Jovanovic #Serbie #frontières #commémoration #mémoire #cimetière #tombes #SOS_Balkanroute #Nihad_Suljić #Nihad_Suljic #dignité #monument #responsabilité

  • Schwerverletzte nach Clan-Streit in Kreuzberg: Großaufgebot der Berliner Polizei sichert Notaufnahme mit Maschinenpistolen ab
    https://www.tagesspiegel.de/berlin/schwerverletzte-nach-clan-streit-in-kreuzberg-grossaufgebot-der-berline

    25.2.2024 von Pascal Bartosz, Amelie Sittenauer - Im Graefekiez gingen Männer bekannter Großfamilien aufeinander los. Zwei Schwerverletzte kamen ins Urban-Krankenhaus, die Polizei rückte an. Alles begann in Neukölln.

    Im Graefekiez in Berlin-Kreuzberg ist es in der Nacht zu Sonntag zu einer folgenschweren Auseinandersetzung zweier Gruppen aus dem Clanmilieu gekommen. Dies bestätigte ein Polizeisprecher auf Nachfrage. Es gab zwei Schwerverletzte. Zuerst hatte die „B.Z.“ berichtet.

    Ersten Erkenntnissen zufolge fuhr gegen 20.30 Uhr ein Angehöriger einer Familie mit mehreren Insassen durch den Graefekiez und rammte dabei geparkte Autos mit seinem Audi. Eine Gruppe aus zehn bis fünfzehn Männern soll daraufhin auf den Wagen zugestürmt sein und die Fenster eingeschlagen haben.

    Dabei entdeckten die Männer offenbar, dass der Fahrer in der Nacht zuvor schon in einen milieuinternen Streit verwickelt war – nach Tagesspiegel-Informationen hatte es am Samstag um 3 Uhr im Neuköllner Schillerkiez eine blutige Auseinandersetzung gegeben. Nun bekamen, so vorläufige Erkenntnisse, beide Seiten Verstärkung aus ihren Familien.

    Manchmal reicht ein schiefer Blick, damit ganze Horden aufeinander losgehen.

    In dem Streit sollen Messer, vermutlich auch eine Schreckschusswaffe, eingesetzt worden sein. Ein 19-Jähriger erlitt demnach eine Schussverletzung an einem Bein, wie die Polizei mitteilte. Einem 43-jährigen Mann wurden mehrere Stichverletzungen am Rumpf zugefügt. Ein weiterer 19-Jähriger wurde durch Schläge am Kopf verletzt. Letzterer habe sich entgegen dem ärztlichen Rat selbst wieder aus dem Krankenhaus entlassen, die anderen beiden Männer blieben zur stationären Behandlung.

    Angehörige blockierten Notaufnahme des Urban-Krankenhauses

    Angehörige brachten die drei Verletzten in das nahegelegene Urban-Krankenhaus. Die Polizei rückte an, weil viele Angehörige die Notaufnahme blockierten. Das ist nach Auseinandersetzungen zwischen Angehörigen polizeibekannter Großfamilien üblich. In den letzten Jahren kam es in solchen Situationen immer wieder zu Angriffen auf Pflegekräfte, Ärzte und andere Patienten. Die Clans der an diesem Streit beteiligten Männer leben nach Tagesspiegel-Informationen überwiegend in Kreuzberg, Neukölln und Schöneberg.

    Mit Maschinenpistolen sicherten Beamte die Rettungsstelle. Mitarbeiter der Klinik seien nicht zu Schaden gekommen. Sie hätten „sehr besonnen reagiert und die drei Verletzten sehr professionell versorgt“, sagte Kliniksprecher Christoph Lang der Deutschen Presse-Agentur. Ihnen werde jetzt psychologische Betreuung angeboten. „Und es wird in Teambesprechungen auch noch aufgearbeitet.“

    Notfälle mussten fortan in andere Kliniken gefahren werden. Insbesondere im Urban-Krankenhaus geschieht das regelmäßig, zudem in der ebenfalls zum landeseigenen Vivantes-Konzern gehörenden Klinik in Neukölln und am Virchow-Campus der Charité in Wedding.

    Bis in den Sonntagmorgen beobachteten Ermittler des Landeskriminalamtes einzelne Clan-Treffs, um auf etwaige Revierkämpfe unter den Familien schnell reagieren zu können.

    In der Hauptstadt gebe es „eine ganze Reihe an testosterongeladenen Protagonisten“, teilte der Sprecher der Gewerkschaft der Polizei in Berlin, Benjamin Jendro, am Sonntag zu dem Vorfall mit. Diese würden beim Konkurrenzkampf in Bereichen der Organisierten Kriminalität – wie Prostitution, Schutzgelderpressung oder Drogenhandel – auch nicht vor Waffengewalt zurückschrecken. „Manchmal reicht ein schiefer Blick oder eine Bemerkung, damit ganze Horden wie im Urzustand mit Schlägern, Macheten oder Schusswaffen aufeinander losgehen“, sagte Jendro. (mit dpa)

    #Berlin #Neukölln #Schillerkiez #Graefekiez #Kreuzberg #Dieffenbachstraße #Krankenhaus_am_Urban #Kriminalität

  • La biblioteca dei libri che nessuno legge
    https://www.meltingpot.org/2024/02/la-biblioteca-dei-libri-che-nessuno-legge

    Il cuore di Pristina è la grande biblioteca nazionale. La più grande di tutto il #Kosovo. L’edificio realizzato in epoca sovietica dall’architetto croato Andrija Mutnjaković, uno dei massimi esponenti di quello stile chiamato “Brutalismo”, in realtà è molto funzionale allo studio e alla conservazione dei libri. La struttura architettonica richiama alla mente le celle di un alveare, incastonate una sull’altra senza seguire simmetrie. Senza dubbio, è l’edificio più iconico di tutta Pristina, come la torre Eiffel per Parigi o il Tower Bridge per Londra. La biblioteca è, o meglio era, anche il cuore culturale del Kosovo con il suo (...)

    #Reportage_e_inchieste #Diritti_umani #Riccardo_Bottazzo

  • « L’estaca » de Lluis Llach : un classique de la contestation, en Catalogne et ailleurs.
    Quand l’effort collectif vient à bout du pieu pourri de l’Espagne franquiste « Si nous tirons tous, il tombera »

    https://lhistgeobox.blogspot.com/2024/02/lestaca-de-lluis-llach-un-classique-de.html
    "En 1968, Lluis Llach écrit L’estaca, qui s’impose rapidement comme un hymne de combat contre la répression franquiste. Le musicien compose une petite valse lors d’une soirée entre amis qui se mettent à fredonner en chœur « tomba tomba tomba ». Autour de cette répétition saugrenue, l’auteur imagine le dialogue entre le narrateur et Siset, un vieil homme. Le premier demande au second : « Siset, ne vois-tu pas le pieu / auquel nous sommes tous attachés ? / Si nous ne pouvons pas nous en défaire / nous ne pourrons jamais nous libérer... » L’ancien répond (dans ce qui constitue le refrain du morceau) : « Si nous tirons tous, il tombera / Et il ne peut plus tenir très longtemps / Sûr qu’il tombera, tombera, tombera, / Bien vermoulu comme il doit être déjà. » La métaphore est claire. Le pieu représente l’Espagne franquiste, que seule l’union populaire et l’action coordonnée des uns et des autres, pourront faire tomber. "

  • #Profilage_raciste : la #Cour_européenne_des_droits_de_l’homme rend un #arrêt de principe dans l’affaire #Wa_Baile

    C’est un litige stratégique exemplaire : #Mohamed_Wa_Baile a recouru contre le contrôle de police raciste qu’il a subi devant toutes les instances suisses, jusqu’à la Cour européenne des droits de l’homme. Les juges de Strasbourg ont finalement donné raison à M. Wa Baile dans un arrêt de principe rendu aujourd’hui, constatant que la Suisse a enfreint l’interdiction de la #discrimination.


    C’est un incident qui a eu lieu il y a maintenant neuf ans : le 5 février 2015 au matin, Mohamed Wa Baile est le seul à se faire contrôler par deux fonctionnaires de police parmi la foule en gare de Zurich. Les agent·e·x·s ayant reconnu qu’aucune personne Noire n’était recherchée, Wa Baile refuse de décliner son identité. Après avoir trouvé sa carte AVS dans son sac à dos, les fonctionnaires de police le laissent partir.

    Peu de temps après, M. Wa Baile reçoit l’ordre de payer une amende de 100 francs pour #refus_d'obtempérer aux injonctions de la police. Il décide de contester cette décision, ayant déjà subi un grand nombre de contrôles de police dégradants en public en raison de la couleur de sa peau. A travers cette procédure judiciaire, il souhaite attirer l’attention sur la problématique du profilage raciste, qui touche de nombreuses personnes en Suisse.

    Soutenu par l’« #Alliance_contre_le_profilage_raciste » qui prend forme autour de son cas, Mohamed Wa Baile porte plainte et lance une procédure civile devant les tribunaux suisses. Le Tribunal fédéral n’ayant constaté aucune violation de l’interdiction de la discrimination dans cette affaire, M. Wa Baile dépose alors une requête devant la Cour européenne des droits de l’homme (CrEDH).

    En 2022, la CrEDH a reconnu l’importance du ce cas en le désignant comme une « affaire à impact ». Dans son arrêt rendu aujourd’hui, la Cour a constaté à l’unanimité trois violations de la Convention européenne des droits de l’homme (CEDH). Elle estime que la Suisse a violé à deux reprises l’interdiction de la discrimination, garantie par l’article 14 CEDH combiné avec l’article 8 (droit au respect de la vie privée) : d’une part, compte tenu des circonstances concrètes du contrôle d’identité, elle constate une discrimination de M. Wa Baile sur la base de sa couleur de peau ; d’autre part, elle conclut que les tribunaux suisses n’ont pas examiné de manière effective si des motifs discriminatoires avaient joué un rôle dans le contrôle subi par le requérant. Les juges de Strasbourg estiment également que la Suisse a violé l’article 13 CEDH (droit à un recours effectif), dans la mesure où M. Wa Baile n’a pas bénéficié d’un recours effectif devant les juridictions internes.

    « Cet arrêt constitue une étape importante dans la lutte contre le profilage raciste (délit de faciès) et le racisme institutionnel » déclare l’Alliance contre le profilage raciste dans son communiqué de presse. Cette décision phare a des répercussions sur la politique, le système judiciaire et la police en Suisse et dans tous les Etats ayant ratifié la Convention européenne des droits de l’homme. La Cour met la Suisse dans l’obligation de prendre des mesures efficaces et globales pour empêcher que les contrôles de police racistes se reproduisent à l’avenir.

    humanrights.ch accompagne ce litige stratégique depuis son lancement, l’ayant notamment documenté dans cet article : https://www.humanrights.ch/fr/litiges-strategiques/cas-traites/delit-facies

    https://www.humanrights.ch/fr/nouvelles/profilage-raciste-cour-europeenne-droits-homme-arret-principe-affaire-wa
    #CEDH #justice #racisme #police #contrôles_policiers #Suisse #profilage_racial #couleur_de_peau

  • #Ikea, le seigneur des forêts - Regarder le #documentaire complet | #ARTE
    https://www.arte.tv/fr/videos/112297-000-A/ikea-le-seigneur-des-forets
    #disclose

    Derrière son image familiale et écolo, le #géant_du_meuble #suédois, plus gros consommateur de bois au monde, révèle des pratiques bien peu scrupuleuses. Une investigation édifiante sur cette firme à l’appétit démesuré.

    C’est une des #enseignes préférées des consommateurs, qui équipe depuis des générations cuisines, salons et chambres d’enfants du monde entier. Depuis sa création en 1943 par le visionnaire mais controversé Ingvar #Kamprad, et au fil des innovations – #meubles en #kit, vente par correspondance, magasins en self-service… –, la petite entreprise a connu une croissance fulgurante, et a accompagné l’entrée de la Suède dans l’ère de la consommation de masse. Aujourd’hui, ce fleuron commercial, qui participe pleinement au rayonnement du pays à l’international, est devenu un mastodonte en expansion continue. Les chiffres donnent le tournis : 422 magasins dans cinquante pays ; près d’un milliard de clients ; 2 000 nouveaux articles au catalogue par an… et un exemplaire de son produit phare, la bibliothèque Billy, vendu toutes les cinq secondes. Mais le modèle Ikea a un coût. Pour poursuivre son développement exponentiel et vendre toujours plus de meubles à bas prix, le géant suédois dévore chaque année 20 millions de mètres cubes de bois, soit 1 % des réserves mondiales de ce matériau… Et si la firme vante un approvisionnement responsable et une gestion durable des forêts, la réalité derrière le discours se révèle autrement plus trouble.
     
    #Greenwashing
    Pendant plus d’un an, les journalistes d’investigation Xavier Deleu (Épidémies, l’empreinte de l’homme) et Marianne Kerfriden ont remonté la chaîne de production d’Ikea aux quatre coins du globe. Des dernières forêts boréales suédoises aux plantations brésiliennes en passant par la campagne néo-zélandaise et les grands espaces de Pologne ou de Roumanie, le documentaire dévoile les liens entre la multinationale de l’ameublement et l’exploitation intensive et incontrôlée du bois. Il révèle comment la marque au logo jaune et bleu, souvent via des fournisseurs ou sous-traitants peu scrupuleux, contribue à la destruction de la biodiversité à travers la planète et alimente le trafic de bois. Comme en Roumanie, où Ikea possède 50 000 hectares de forêts, et où des activistes se mobilisent au péril de leur vie contre une mafia du bois endémique. Derrière la réussite de l’une des firmes les plus populaires au monde, cette enquête inédite éclaire l’incroyable expansion d’un prédateur discret devenu un champion du greenwashing.

    #FSC #certification #labels

  • Causes de la dérobade de l’Algérie à la CIJ avec l’Afrique du Sud.
    http://www.argotheme.com/organecyberpresse/spip.php?article4580

    L’Afrique du Sud a défié les États-Unis ou les nombreux Occidentaux, en portant la question palestinienne devant la Cour internationale de Justice « CIJ ». Principalement parce que c’est un pays crédible et démocratique. Incontestablement, il est en conformité à son histoire et ses moult avancées dont les brillantes universités et sa médecine avancée, sans tenir compte de ses luttes humaines auxquelles est menée une loyauté. #nationale,_fait_politique,_une_et_première_page,_médias,_actualité,_pays,_france,_afrique,_maghreb

    / Maghreb, Algérie, Tunisie, Maroc, Libye, Africa, population, société , #diplomatie,_sécurité,_commerce,_économie_mondiale, Afrique, Monde Arabe, islam, Maghreb, Proche-Orient,, #Journalisme,_presse,_médias, fait divers, société, fléau, délinquance, religion , Terrorisme , islamisme , (...)

    #Maghreb,Algérie,_Tunisie,_Maroc,_Libye,_Africa,_population,_société #Afrique,Monde_Arabe,_islam,_Maghreb,_Proche-Orient, #fait_divers,_société,_fléau,_délinquance,_religion #Terrorisme_,islamisme,Al-Qaeda,politique, #Palestine #Netanyahou,_Israël #_journaliste,_poète,_livre,_écrits #Israël,_Proche-Orient,_droits_de_l’homme,_ONU

  • « Baku connection » : la France, un punching-ball de choix pour l’Azerbaïdjan
    https://www.france24.com/fr/europe/20240220-baku-connection-la-france-un-punching-ball-de-choix-pour-l-azerba

    "Baku connection" : la France, un punching-ball de choix pour l’Azerbaïdjan

    Quel est le point commun entre l’absence d’observateurs français lors de la présidentielle en Azerbaïdjan du 7 février, un groupe dénonçant le “colonialisme français”, et une campagne en ligne ciblant les JO de 2024 ? Ce sont trois facettes de la nouvelle stratégie offensive adoptée par la diplomatie azerbaïdjanaise à l’égard de la France. Un virage sur lequel France 24 a enquêté en collaboration avec Eloïse Layan du consortium Forbidden Stories dans le cadre du projet “Baku Connection”.

    #Azerbaïdjan #Ilham_Aliev #diplomatie_du_caviar

  • La resistenza del Sulcis contro la colonizzazione verde
    https://irpimedia.irpi.eu/senzasegnale-sardegna-sulcis-energie-rinnovabili

    Nuovi investimenti infrastrutturali e un mercato fuori controllo hanno portato il sud ovest della #Sardegna al centro del mercato speculativo per le rinnovabili, ma la popolazione si oppone L’articolo La resistenza del Sulcis contro la colonizzazione verde proviene da IrpiMedia.

    #Ambiente #Diritti #Lavoro #Agricoltura #Energia #Spesa_pubblica
    https://irpimedia.irpi.eu/wp-content/uploads/2024/02/senzasegnale-sulcis-panorama-2.mp4


    https://irpimedia.irpi.eu/wp-content/uploads/2024/02/senzasegnale-sulcis-panorama-1-1.mp4

  • Guerre Israël-Hamas : Des exécutions et des viols de femmes palestiniennes ont eu lieu à Gaza, estiment des experts La Libre - Belga

    Des experts indépendants liés aux Nations unies sont profondément préoccupés par des “allégations crédibles” d’exécutions et de viols de filles et de femmes par les forces israéliennes dans la bande de Gaza et en Cisjordanie. C’est ce qu’a annoncé lundi un groupe d’experts du Conseil des droits de l’homme des Nations unies.

    Ces experts, dont la rapporteuse spéciale de l’ONU sur la violence à l’égard des femmes, Reem Alsalem, ont dit avoir reçu des informations sur des exécutions “ciblées” de femmes palestiniennes dans la bande de Gaza, souvent en compagnie de membres de leur famille et d’enfants.

    Depuis l’attaque du Hamas le 7 octobre, des centaines d’autres Palestiniennes, dont des défenseures des droits de l’homme, des journalistes et des travailleuses humanitaires, auraient également été détenues arbitrairement à Gaza et en Cisjordanie.

    ”De nombreuses femmes auraient été soumises à des traitements inhumains et dégradants, privées de serviettes hygiéniques, de nourriture et de médicaments, et gravement maltraitées. Lors d’un incident au moins, des femmes palestiniennes de Gaza auraient été détenues dans une cage sous la pluie et dans le froid, sans nourriture”, dénoncent ces experts dans un communiqué de presse.

    Un nombre inconnu de femmes seraient par ailleurs portées disparues après avoir été en contact avec l’armée israélienne.

    Les experts, qui travaillent bénévolement pour les Nations unies, se disent particulièrement préoccupés par les “multiples formes d’agression sexuelle” dont sont victimes les prisonnières palestiniennes de la part des forces israéliennes. Elles seraient notamment fouillées nues.

    Selon les informations disponibles, au moins deux prisonnières palestiniennes auraient été violées et d’autres menacées de viol et de violence sexuelle.

    On ignore d’où proviennent les informations relayées par ce groupe d’experts et s’il les a vérifiées de manière indépendante.

    Ces experts du Conseil des droits de l’homme des Nations unies appellent en tous les cas à une enquête indépendante sur ces allégations et demandent à Israël d’y coopérer.

    #Femmes en #cage et leur #Filles #Palestiniennes #génocide #violence #viols #exécutions #agressions #disparitions #ONU #Gaza #israel

    Source : https://www.lalibre.be/international/moyen-orient/2024/02/20/guerre-israel-hamas-des-executions-et-des-viols-de-femmes-palestiniennes-ont

  • « Quelle mauvaise foi ! »... la ministre Dominique Faure répond aux critiques après des propos maladroits sur les malades du cancer
    https://www.ladepeche.fr/2024/02/18/quelle-mauvaise-foi-dominique-faure-repond-aux-critiques-apres-des-propos-

    Interrogée par France Culture sur la manière dont elle a vécu le récent remaniement, la ministre a dressé un « parallèle » entre cette période de flottement et l’attente vécue par les personnes « à qui on a diagnostiqué un cancer ».

    « J’ai fait ce parallèle avec des gens à qui on a diagnostiqué un cancer et qui attendent pendant quatre semaines, cinq semaines parfois, les résultats des analyses pour savoir quelle forme de cancer, comment ils vont être soignés, quels risques ils ont. Et donc la vie, elle apprend la patience », a-t-elle expliqué au micro de nos confrères.

    • Depuis 2017, c’est toujours la même question, la même sidération : mais comment c’est possible d’être aussi cons ? Comment c’est possible que tous ces macronistes soient aussi abrutis ?

    • Ben là, ce n’est pas qu’une citation, on a le déroulé complet, oui, c’est sidérant de bêtise crasse, totalement hors-sol, mais dans quel plastique sont-iels fondu·es ?

    • #disruption

      disruption \dis.ʁyp.sjɔ̃\ féminin

      (Didactique) Rupture, fracture.
      II paroît qu’à l’époque de la disruption des roches calcaires contre les roches schisteuses. — (Jean Louis Giraud Soulavie, Histoire naturelle de la France méridionale, 1781)
      (Fusion nucléaire) (Physique nucléaire, magnétohydrodynamique, physique des plasmas) Interruption brutale du courant généré par le plasma thermonucléaire d’un tokamak.
      Étude d’une méthode d’amortissement des disruptions d’un plasma de tokamak. — (Cédric Reux, Étude d’une méthode d’amortissement des disruptions d’un plasma de tokamak, 2010, thèse de doctorat.)
      (Marketing) (Anglicisme) Stratégie d’innovation par la remise en question des formes généralement pratiquées sur un marché, pour accoucher d’une « vision », créatrice de produits ou de services radicalement innovants.
      L’humanité vit désormais au rythme de la disruption. La disruption, c’est une innovation qui place son inventeur dans une situation de monopole quasi absolu du marché qu’il vient de créer - ce qui lui permet de rafler la mise, sans crainte de concurrent. — (Pascal Chabot, interview dans Télérama n° 3558, 21 mars 2018, page 6.)
      La disruption est une rupture, une innovation radicale qui rebat totalement les cartes d’un marché établi. Sa recette commence à être connue : un astucieux mélange d’esprit entrepreneurial et de nouvelles technologies « de rupture ». — (Irénée Régnauld, « La démocratie à l’épreuve de la "disruption" », Socialter, numéro 29, juin-juillet 2018, page 68.)
      (Psychologie) Accélération de la société qui génère une perte de repères chez l’individu

      https://fr.wiktionary.org/wiki/disruption

  • Chasse aux #arrêts_de_travail : des médecins dénoncent « une campagne d’#intimidation générale »

    L’#Assurance_maladie contrôle des centaines de #médecins_généralistes qui prescriraient, selon elle, trop d’arrêts de travail, et leur impose des #quotas au mépris de la situation des patients. Des médecins, « écœurés », contestent la démarche.

    « Ça m’a fait perdre confiance en ma pratique. Je me suis dit : où est le problème, qu’est-ce que je ne fais pas bien ? » Comme d’autres confrères et consœurs, Valérie* [1] fait partie des 1000 médecins généralistes ciblés par l’Assurance maladie, parmi 6000 préalablement identifiés. En cause : leur trop grande prescription d’arrêts de travail. En juin 2023, le ministre de l’Économie, #Bruno_Le_Maire, dénonçait l’« explosion » des arrêts de travail et disait vouloir lutter contre les « #dérives » et « #abus ».

    Selon le gouvernement, les arrêts maladie auraient augmenté de 7,9 % en un an, et de 30 % entre 2012 et 2022, passant de 6,4 millions arrêts prescrits en 2012 à 8,8 millions désormais. Les #indemnités_journalières, versées par l’Assurance maladie pour compenser le salaire lors d’un arrête maladie, coûteraient 16 milliards d’euros par an.

    D’où la #chasse_aux_arrêts_de_travail, initiée par le gouvernement, qui se poursuit avec le projet de loi de financement de la #Sécurité_sociale pour 2024, adopté le 4 décembre dernier. Parmi les mesures que la #loi prévoit : la limitation à trois jours des arrêts de travail prescrits lors d’une téléconsultation, sauf prescription par le médecin traitant ou incapacité de se rendre chez le médecin. « Il y a véritablement eu un changement de politique en 2023 », constate Théo Combes, vice-président du syndicat des médecins généralistes MG France. L’homme voit dans cette offensive « une campagne d’intimidation générale contre la profession ».

    La particularité des patients oubliée

    « Qu’on discute de nos pratiques oui, mais on est dans le #soin, pas dans l’abus », réagit Valérie. Installée en Vendée, elle a eu la surprise de recevoir en juin dernier un courrier recommandé de l’Assurance maladie l’informant de sa trop grande prescription d’indemnités journalières. « En six ans, il y a une personne de 36 ans qui m’a demandé de lui faire un arrêt pour un rhume, que j’ai refusé. Là je suis d’accord qu’il ne faut pas abuser, mais ça m’est arrivé une fois ! » met-elle en avant. Surtout, les critères de contrôles ne tiennent selon elle pas du tout compte des particularités des patientèles.

    Partagée entre son cabinet en libéral et l’hôpital, Valérie est spécialisée en addictologie. « Pour les patients avec des problématiques d’addiction, on sait que les arrêts de travail, pour virus ou autre, sont source de rechute. Donc après, la pente est plus longue à remonter, et les arrêts aussi par conséquent. Pareil pour des patients qui ont des troubles psychiatriques, pour qui c’est vraiment source de décompensation », explique-t-elle. La professionnelle de santé a en effet constaté que ses prescriptions d’indemnités journalières ne font qu’augmenter : « Mais parce que ma patientèle ciblée augmente », précise-t-elle.

    Médecin depuis 30 ans dans le troisième arrondissement de Lyon et membre du Syndicat des médecins libéraux (SML), Laurent Negrello fait le même constat : « Je suis dans un quartier un peu défavorisé, avec 50 % de logements sociaux et plus de difficultés, ce qui impacte probablement mes quotas d’arrêts de travail », appuie-t-il. Contrôlé pour la deuxième fois en cinq ans, il insiste aussi sur le contexte sanitaire global, qu’il a vu nettement évoluer ces dernières années. « L’inflation des arrêts est à mon avis aussi due à des #conditions_de_travail qui sont devenues très difficiles. Les gens sont en #burn-out, ont des #accidents, une pression de rentabilité… ». Les conditions de travail (contraintes posturales, exposition à des produits toxiques, risque d’accidents, etc.) ne se sont globalement pas améliorées depuis 30 ans selon le ministère du Travail.

    Crainte de dépasser le quota

    Et il devient de plus en plus compliqué d’obtenir un rendez-vous chez un spécialiste. « À Lyon, il faut trois mois pour voir un orthopédiste ou un rhumatologue, et je ne parle même pas des psys, avec qui c’est impossible… », explique le généraliste. Plus les délais de prise en charge s’allongent, plus l’état d’un patient peut se dégrader et nécessiter un arrêt de travail. La #Caisse_nationale_d’Assurance_maladie (#Cnam) assure de son côté à Basta ! que ses données sont « standardisées » : « On essaie d’avoir des patientèles comparables. » La limite d’arrêts à ne pas dépasser, c’est plus de deux fois la moyenne du département. « Une approche purement statistique », déplore Théo Combes de MG France, qui pointe une « méthodologie contestable à plusieurs niveaux ».

    Alors que Michel Chevalier, médecin depuis 36 ans à Ousse, près de Pau, se remémore d’anciens contrôles par « entretiens confraternels », il déplore aujourd’hui « une absence de dialogue ». Après la réception d’un courrier recommandé en juin, il a été convoqué avec deux jeunes consœurs : « L’une exerce dans un quartier très pauvre de Pau et une autre dans un désert médical. Elle a 34 ans et n’en dort plus depuis le mois de juin », rapporte ce membre du Syndicat de la médecine générale (SMG). Valérie confie elle aussi s’être sentie « stressée d’être pointée du doigt » à la réception de ce courrier : « Je trouve la procédure violente en elle-même. Sachant qu’on a des délégués médicaux qui viennent régulièrement nous voir, avec qui ça se passe très bien. Je pense que ça aurait pu être fait autrement », met-elle en avant.

    À la réception du courrier, chaque médecin dispose d’un mois pour répondre et faire ses observations à l’Assurance maladie, qui décidera si les éléments apportés sont « suffisamment probants », nous détaille le service communication de la Cnam. Si ce n’est pas le cas, la procédure prévoit qu’il soit proposé au médecin ciblé une #mise_sous_objectif (#MSO) : pendant six mois, ce dernier doit réduire ses prescriptions d’arrêts de travail de 15 à 20 %. Ce que Valérie a refusé, comme de nombreux autres : « Heureusement, car au sein du cabinet médical où j’exerce, plus personne ne prend de nouveaux patients sauf moi quand ça touche des problématiques d’addiction. »

    Déjà contrôlé il y a cinq alors, Laurent Negrello avait alors accepté « la mise sous objectif » : « Pendant six mois, j’ai réduit mon temps de travail, donc les patients allaient voir ailleurs et j’ai atteint mes objectifs », relate-t-il avec ironie. Cette année, il a refusé ce procédé qu’il juge « très pesant et stressant » : « On travaille toujours dans la #crainte de dépasser le quota qui nous est imparti. Mais on est un peu dans le #flou parce qu’on ne sait pas vraiment quels sont les quotas exacts. On nous dit qu’il faut baisser de 20 %, mais c’est une zone grise, on ne sait pas comment baisser nos arrêts. Quels sont les critères ? On a face à nous des situations concrètes, donc baisser de 20 % c’est absurde », critique-t-il.

    En cas de refus de mise sous objectif, les médecins peuvent être « mis sous accord préalable », procédure pendant laquelle un médecin conseil de l’Assurance maladie doit valider tous les arrêts de travail prescrits par le médecin sous 48 heures. Valérie raconte avoir été convoquée à une commission ayant pour but de statuer sur sa soumission à ce dispositif en novembre.

    Convoqués à des « #commissions_des_pénalités »

    « Ça m’a occasionné beaucoup de stress et pris beaucoup de temps. J’ai préparé un argumentaire, fait des recherches. Sans compter les deux heures de route pour 30 minutes d’entretien prises sur ma journée de repos », relate-t-elle. La commission a voté à l’unanimité le refus de sa « #mise_sous_accord_préalable ». Mais la professionnelle de santé a dû attendre la réception d’un courrier de la CPAM, mi-décembre, pour avoir la confirmation de « l’abandon de la procédure ».

    Le 7 novembre dernier, Théo Combes a participé à l’une de ces « commissions des pénalités », notamment composées de représentants syndicaux et médecins d’un côté, et de représentants des employeurs et salariés de l’autre. « Des médecins sont venus s’expliquer. Ils étaient proches de la rupture d’un point de vue moral et psychologique, avec des risques suicidaires qui transparaissaient. J’aurais pensé que leurs récits auraient ému un mort, même si c’est peut-être un peu fort. Mais après quatre heures d’audition on s’est dit que c’était vraiment une #mascarade. C’est un système pour broyer les gens, les humilier », décrit le vice-président de MG France, écœuré.

    À l’issue des contrôles, des #pénalités_financières de plusieurs milliers d’euros peuvent s’appliquer s’il n’y a pas d’évolution du nombre de prescriptions d’arrêts de travail. « C’est très, très infantilisant. On a l’impression d’être dans la #punition plutôt que dans le dialogue, et de faire ça intelligemment », déplore Valérie, qui craint pour ses patients tout autant que pour sa profession. « On peut très bien imaginer maintenant que les médecins vont sélectionner les patients et ne plus s’occuper de ceux qui leur font faire trop d’arrêts », ajoute Michel Chevalier.

    L’Assurance maladie espère de son côté avoir un bilan chiffré de ces mesures « autour du deuxième trimestre 2024 ». Michel Chevalier, lui, ne sera plus là : « Le côté dramatique, c’est que j’ai décidé de prendre ma retraite à la suite de ces contrôles, ça a été la goutte d’eau. » Comme il n’a pas trouvé de successeur, ses patients n’ont plus de médecin depuis le 1er janvier.

    https://basta.media/chasse-aux-arrets-de-travail-medecins-denoncent-campagne-intimidation

    voir aussi :
    https://seenthis.net/messages/1041346
    #santé #France #humiliation #infantilisation #macronisme

    • Pourquoi ce médecin prescrit trois fois plus d’arrêts de travail que la moyenne à #Dieppe

      Le docteur Tribillac exerce au #Val-Druel, à Dieppe. Sanctionné pour avoir délivré trop d’arrêts de travail, il tente en vain d’expliquer la situation à l’Assurance maladie.

      « Je suis un lanceur d’alerte ! », commence #Dominique_Tribillac. Depuis 35 ans, ce médecin de famille exerce dans le quartier du Val-Druel, à Dieppe (Seine-Maritime). Âgé de 70 ans, il est ce que l’on appelle « un retraité actif ».

      Il devrait prendre bientôt sa retraite, avant l’été, mais un problème administratif l’occupe fortement depuis plusieurs mois : l’Assurance maladie l’a sanctionné car il donne trop d’arrêts de travail.

      La Sécurité sociale a fait les calculs, entre le 1er septembre 2022 et le 28 février 2023 : 4 911 journées indemnisées ont été prescrites.
      Trois fois plus d’arrêts de travail

      « Le nombre d’indemnités journalières versées, rapporté au nombre de patients a été de 16,7 », indique l’Assurance maladie. « En Normandie et au sein du groupe de communes semblables au sens de l’indice de défavorisation de l’Insee, l’institut national de la statistique et des études économiques, pour les praticiens exerçant une activité comparable, le nombre d’indemnités journalières versées par nombre de patients est de 5,90. »

      Le médecin du Val-Druel prescrit donc trois fois plus d’arrêts de travail.

      Une lettre aux médecins de France

      Mais le docteur Tribillac ne se laisse pas faire. Il conteste notamment l’indice de défavorisation mis en place par la Sécurité sociale. Selon lui, il ne reflète pas la réalité. « Il est très mal conçu, souligne-t-il. Il fait le contraire de ce qu’il est censé faire ». C’est-à-dire protéger et prendre en compte les populations les plus fragiles.

      « J’ai débusqué une véritable saloperie, ajoute Dominique Tribillac qui a le sentiment qu’on l’empêche d’aller au bout de sa démarche : « L’Assurance maladie essaie d’étouffer l’affaire. »

      Il va même envoyer une lettre ouverte à tous les médecins de France pour raconter son histoire et sa trouvaille concernant le référentiel sécu.
      Une population défavorisée

      Ce docteur, très apprécié de ses patients, ne cesse d’invoquer l’usure de ces derniers, dans un quartier prioritaire de la cité dieppoise. « Un quartier fermé avec une patientèle qui ne bouge pas, précise le professionnel. En tant que médecin de famille, j’ai vu les grands-parents, les parents, les enfants… Les gens qui vivent là y restent. »

      Au Val-Druel, « plus de la moitié de la population vit sous le seuil de pauvreté, indique-t-il. Les #polypathologies sont donc plus fréquentes, en moyenne deux fois plus élevées ». Le secteur dans lequel le médecin évolue est principalement touché par des problématiques psychologiques, de l’obésité, de chômage, de tabac, de cancers…

      Manque de spécialistes

      Selon lui, la moitié des habitants de ce quartier populaire arrive à la retraite invalide. « Ce sont des travailleurs qui ont des conditions de travail difficiles, explique Dominique Tribillac. Jusqu’à 45 ans, ils n’ont pas d’arrêt, et après ça commence.

      L’usure se déclare à cause de mouvements répétitifs qui sollicitent les mêmes membres ou muscles. « On arrive donc à une situation bancale en fin de carrière. Le patient peut-il encore travailler ou non, faire le même job… »

      Le médecin pointe aussi le manque de spécialistes dont les délais d’attente pour un rendez-vous sont de plus en plus élevés : « Les gens ne peuvent donc pas reprendre leur travail sans les avoir vus. »

      Un médecin dans l’#illégalité

      Mais tous ces arguments n’ont pas convaincu l’Assurance maladie. Ainsi, le docteur Tribillac a été sanctionné malgré un avis favorable d’une commission consultative pour le laisser exercer sereinement. C’était sans compter sur la direction de la CPAM de Seine-Maritime qui en a décidé autrement. Cette dernière n’a d’ailleurs pas souhaité répondre à nos questions au sujet du médecin du Val-Druel.

      Il exerce donc sa fonction dans l’illégalité depuis le 1er février 2024, refusant de remplir des papiers supplémentaires permettant à un médecin-conseil de vérifier les prescriptions d’arrêts maladie du docteur Tribillac. On appelle cette procédure une MSAP, une mise sur accord préalable.

      « Pas coupable »

      « Je ne suis pas coupable ! », argue-t-il. « Je ne remplirai pas ces dossiers. Ce médecin-conseil devrait plutôt voir ou appeler lui-même mes patients. »

      Conséquence pour ces derniers : ils ne peuvent plus toucher leurs indemnités journalières versées par la Sécu.

      https://actu.fr/normandie/dieppe_76217/pourquoi-ce-medecin-prescrit-trois-fois-plus-darrets-de-travail-que-la-moyenne-