Commentaire de Paolo Groppo par rapport à cette approche (extrait d’un long message qu’il m’a envoyé par email) :
Comunque, dopo parecchio tempo riuscimmo a far passare il principio del “territorio” della comunità e non più delle terre in produzione. A quel punto si arrivava alla domanda chiave: come identificare i limiti di un territorio comunitario. La risposta nostra è stata di fare una delimitazione partecipativa (►http://www.fao.org/3/a-ak546e.pdf) che, a differenza di quello che facevano tante ONG (ed anche questa fondazione) prevedeva la partecipazione nella fase finale, cioè quando si identificano e geolocalizzano i punti del confine, dei vicini, siano essi comunità, piccoli agricoltori o altri privati. In questo modo il “limes” viene controfirmato da tutti, lire comunitari ma anche i vicini, il tutto in presenza di tecnici dell’amministrazione fondiaria, così che il lavoro di accatastamento risulti più veloce e sicuro.
Un’attenzione particolare è stata portata anche a differenziare i gruppi maschili e femminili perché la conoscenza territoriale non è sempre la stessa e siccome le donne parlano poco in presenza degli uomini, facendo un lavoro di gruppo separato, si arrivava a una prima sketch map fatta sulla base delle loro conoscenze. Lo stesso era fatto con i maschi e poi si mettevano assieme i due gruppi per discutere e mettersi d’accordo su una unica sketch map, che sarebbe servita di base per il lavoro di terreno finale. Lavoro paziente, che richiedeva tempo ma che permetteva di far conoscere anche alle comunità vicine come farlo e, soprattutto, che quel “confine” non era una esclusione, ma che semplicemente se qualcuno avesse voluto venire a prendersi le loro terre, adesso esisteva un pezzo di carta che diceva chiaramente che su quel territorio c’erano dei diritti. Il lavoro terminava quando veniva emesso un certificato (diritto di uso di durata perpetua) che, con una cerimonia pubblica, veniva dato ai lire comunitari.