• Il nuovo volto del #water_grabbing e la complicità della finanza

    Fondi pensione e società di private equity investono sulla produzione di colture di pregio, dai piccoli frutti alle mandorle, che necessitano abbondanti risorse idriche. Il ruolo del fondo emiratino #Adq che ha acquisito l’italiana #Unifrutti.

    Per osservare più da vicino il nuovo volto del water grabbing bisogna andare nella regione di Olmos, nel Nord del Perù, dove il Public sector pension investment board (Psp), uno dei maggiori gestori di fondi pensionistici canadesi (con un asset di circa 152 miliardi di dollari) ha acquistato nel 2022 un’azienda agricola di 500 ettari specializzata nella coltivazione di mirtilli. Un investimento finalizzato a sfruttare il boom della produzione di questi piccoli frutti, passata secondo le stime della Banca Mondiale dalle 30 tonnellate del 2010 alle oltre 180mila del 2020: quantità che hanno fatto del Paese latino-americano il secondo produttore mondiale dopo gli Stati Uniti.

    Nella regione di Olmos l’avvio di questa coltivazione intensiva è stato reso possibile grazie a un progetto idrico, costato al governo di Lima oltre 180 milioni di dollari, per deviare l’acqua dal fiume Huancabamba verso la costa e migliorare la produzione agricola locale. “Ma il progetto non ha ottenuto i risultati annunciati”, denuncia il report “Squeezing communities dry” pubblicato a metà settembre 2023 da Grain, una Ong che lavora per sostenere i piccoli agricoltori nella loro lotta per la difesa dei sistemi alimentari controllati dalle comunità e basati sulla biodiversità. Chi ha realmente beneficiato del progetto, infatti, sono state le grandi realtà agroindustriali. “Quasi tutta l’acqua convogliata dalle Ande va alle aziende di recente costituzione che producono avocado, mirtilli e altre colture che vengono vendute a prezzi elevati all’estero -continua Grain-. Il progetto, finanziato con fondi pubblici, ha avuto pochi benefici per la popolazione ma ha creato una fonte di profitti per le aziende che hanno accesso libero e gratuito all’acqua e i loro investitori”.

    I protagonisti di questa nuova forma di water grabbing sono fondi pensione, società di private equity e altri operatori finanziari che si stanno muovendo in modo sempre più aggressivo per garantirsi le abbondanti risorse idriche necessarie alla produzione di colture di pregio. A differenza del passato, però, non cercano più di acquisire enormi superfici di terre coltivabili.

    “L’accesso all’acqua è sempre stato un fattore cruciale -spiega ad Altreconomia Delvin Kuyek, ricercatore di Grain e autore dello studio-. Ma negli ultimi anni abbiamo osservato un nuovo modello: investimenti in colture come mirtilli, avocado o mandorle che richiedono meno terra rispetto al grano o alla soia, ma quantità molto maggiori di acqua. A guidare l’investimento, in questo caso, è proprio la possibilità di accedere ad abbondanti risorse idriche per mettere sul mercato prodotti che permettano di generare un ritorno economico importante”. Una forma di sfruttamento che Grain paragona all’estrazione di petrolio: si pompa acqua da fiumi o falde fino all’esaurimento, senza preoccuparsi degli impatti sull’ambiente o dei bisogni della popolazione locale. Gli operatori finanziari, infatti, non prevedono di sviluppare attività produttive sul lungo periodo ma puntano a ritorno sui loro investimenti entro 10-15 anni. Un’altra caratteristica di questi accordi, è che tendono a realizzarsi in località in cui l’acqua è già scarsa o in via di esaurimento.

    Negli ultimi anni il fondo pensionistico canadese ha acquistato direttamente o investito in società che gestiscono piantagioni di mandorle in California, di noci in Australia e California. Mentre in Spagna, attraverso la controllata Hortifruit, è diventato uno dei principali produttori di mirtilli nella regione di Huelva (nel Sud-Ovest del Paese) dove si concentra anche la quasi totalità della coltivazione di fragole spagnole, destinata per l’80% all’export.

    In Perù nel 2020 sono stati prodotte 180mila tonnellate di mirtilli. Numeri che fanno del Paese latinoamericano il secondo produttore mondiale dopo gli Stati Uniti. Nel 2010 erano solo 30

    Tutto questo sta avendo effetti devastanti sulle falde che alimentavano le zone umide della vicina riserva di Doñana, ricchissimo di biodiversità e patrimonio Unesco: un riconoscimento oggi messo a rischio proprio dall’eccessivo sfruttamento idrico. Lo studio “Thirty-four years of Landsat monitoring reveal long-term effects of groundwater abstractions on a World heritage site wetland” pubblicato ad aprile 2023 sulla rivista Science of the total environment, evidenzia come tra il 1985 e il 2018 il 59,2% della rete di stagni sia andata perduta a causa delle attività umane. “Il problema è collegato anche alla produzione di frutti rossi che ha iniziato a diffondersi a partire dagli anni Ottanta, grazie alla presenza di condizioni climatiche ottimali e a un suolo sabbioso”, spiega ad Altreconomia Felipe Fuentelsaz del Wwf Spagna. Ma la crescita del comparto ha portato a uno sfruttamento eccessivo delle falde, da cui viene prelevata troppa acqua rispetto al tempo che necessitano per rigenerarsi. L’organizzazione stima che nel corso degli anni siano stati scavati più di mille pozzi illegali: “L’80% dei produttori rispetta le norme per l’utilizzo delle risorse idriche, ma il restante 20%, che equivale a circa duemila ettari di terreno, pompa acqua senza averne diritto”, puntualizza Fuentelsaz.

    Questa nuova forma di water grabbing interessa diversi Paesi: dal Marocco (dove il settore agro-industriale pesa per l’85% sul consumo idrico nazionale) al Messico dove è attiva la società di gestione Renewable resources group. Secondo quanto ricostruito da Grain, nel 2018 ha acquisito centomila ettari di terreni agricoli in Messico, Stati Uniti, Cile e Argentina, nonché diritti idrici privati negli Stati Uniti, in Cile e in Australia, generando rendimenti annuali superiori al 20% per i suoi investitori, che comprendono fondi pensione, di private equity e compagnie di assicurazione.

    Tra le società indicate nel report di Grain figura anche Adq, il fondo sovrano degli Emirati Arabi Uniti, che negli ultimi anni ha effettuato importanti investimenti nel comparto agro-alimentare: attraverso la sua controllata Al Dahra ha acquistato terreni in Egitto, Sudan e Romania. Nel 2020 ha acquisito il 45% di Louis Dreyfus Company, una delle quattro principali aziende che controllano il mercato globale del commercio agricolo. E nel 2022 ha comprato la quota di maggioranza di Unifrutti group, società italiana specializzata nella produzione e nella commercializzazione di frutta fresca con oltre 14mila ettari di terreni tra Cile, Turchia, Filippine, Ecuador, Argentina, Sudafrica e Italia.

    Unifrutti group ha sede fiscale a Cipro, uno dei Paesi dell’Unione europea a fiscalità agevolata che garantiscono vantaggi alle società che vi hanno sede. Ma a sfruttare i benefici sono anche oligarchi russi colpiti dalle sanzioni dopo l’annessione russa della Crimea nel 2014 e inasprite a seguito dell’invasione dell’Ucraina nel febbraio 2022. A rivelarlo l’inchiesta “Cyprus confidential” pubblicata a novembre dal Consorzio internazionale di giornalisti investigativi (Icij)

    “Questi investimenti hanno un doppio obiettivo -spiega ad Altreconomia Christian Henderson, esperto di investimenti agricoli nel Golfo e docente presso l’Università di Leiden nei Paesi Bassi- da un lato, sono orientate a trarre profitto dal commercio internazionale e dalle materie prime. In secondo luogo, si preoccupano di garantire la sicurezza alimentare. Queste due logiche in qualche modo sono intrecciate tra loro, in modo da rendere la sicurezza alimentare redditizia per gli Emirati Arabi Uniti. C’è poi un altro elemento: penso che i Paesi del Golfo siano piuttosto preoccupati dal fatto di essere visti come ‘accaparratori’ di terra. In questo modo, invece, possono affermare di aver effettuato un semplice investimento sul mercato”.

    Fondata dall’imprenditore Guido De Nadai nel 1948 ad Asmara come compagnia di import/export di frutta e verdura, oggi Unifrutti group è una realtà globale “che produce in quattro diversi continenti e distribuisce in oltre 50 Paesi” si legge sul sito. Trecento tipologie di prodotti commercializzati, 14mila ettari di terreni (di proprietà o in gestione) e 12mila dipendenti sono solo alcuni numeri di una realtà che ha ancora la propria sede principale a Montecorsaro, in provincia di Macerata, dove si trova il domicilio fiscale di Unifrutti distribution spa. La società è controllata da Unifrutti international holdings limited, con sede fiscale a Cipro, Paese a fiscalità agevolata. Con l’ingresso di Adq come socio di maggioranza sono cambiati anche i vertici societari: il 13 novembre 2023, ha assunto l’incarico di amministratore delegato del gruppo Mohamed Elsarky che ha alle spalle una carriera ventennale come Ceo per società del calibro di Kellog’s Australia e Nuova Zelanda e Godiva chocolatier e come presidente di United biscuits del gruppo Danone. Mentre Gil Adotevi, chief executive officer per il settore “Food and agriculture” del fondo emiratino Adq, ricopre il ruolo di presidente del consiglio di amministrazione: “Mentre il Gruppo si avvia verso un nuovo entusiasmante capitolo di crescita -ha dichiarato- siamo certi che la guida e la leadership di Mohamed porteranno l’azienda a realizzare i suoi ambiziosi piani”.

    Nel 2021 il gruppo ha commercializzato circa 620mila tonnellate di prodotti (in primo luogo banane, uva, mele, pere, limoni e arance) registrando un fatturato complessivo di 720 milioni di dollari (in crescita del 2% rispetto al 2020) e un margine operativo lordo di 78 milioni. Una performance estremamente positiva che “si è verificata nonostante le numerose sfide che hanno caratterizzato il perimetro operativo del gruppo a partire dalle condizioni climatiche avverse senza precedenti in Cile e in Italia”. Il Paese latino-americano -principale sito produttivo del gruppo, con oltre seimila ettari di terreno dove si producono mele, uva, pere e ciliegie- è stato infatti colpito per il quarto anno di fila da una gravissima siccità che alla fine del 2021 ha visto 19 milioni di persone vivere in aree caratterizzate da “grave scarsità d’acqua”. Come ricorda Grain nel report “Squeezing communities dry” tutte le regioni cilene specializzate nella produzione di frutta “stanno affrontando una crisi idrica aggravata dalla siccità causata dal cambiamento climatico”.

    https://altreconomia.it/il-nuovo-volto-del-water-grabbing-e-la-complicita-della-finanza
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  • EU grants €87m to Egypt for migration management in 2024

    Over 2024, the EU will provide €87 million and new equipment to Egypt for a migration management project started in 2022, implemented by the UN migration agency and the French Interior Ministry operator Civipol, three sources close to the matter confirmed to Euractiv.

    The €87 million may increase up to €110 million after the next EU-Egypt Association Council meeting on 23 January, two sources confirmed to Euractiv.

    The European Commission is also conducting parallel negotiations with Cairo to make a raft of funding for other projects which regards a wide range of sectors, including migration, conditional under the International Monetary Fund requests for reforms, a source close to the negotiations told Euractiv.

    The €87 million will be dedicated to increasing the operation capacity of the Egyptian navy and border guards for border surveillance and search and rescue operations at sea.

    The EU-Egypt migration management project started in 2022 with an initial €23 million, with a further €115 million approved for 2023, one of the three sources confirmed to Euractiv.

    The funds for 2022 and 2023 were used for border management, anti-smuggling and anti-trafficking activities, voluntary returns and reintegration projects.

    “With these EU funds, IOM [the UN’s migration agency, the International Organisation of Migration] is supporting Egyptian authorities through capacity building activities which promote rights-based border management and the respect of international law and standards, also with regard to search and rescue operations,” an official source from IOM told Euractiv. IOM is involved in the training and capacity building of the Egyptian authorities.

    French operator Civipol is working on the tendering, producing and delivering the search new rescue boats for 2024, one of the three sources confirmed to Euractiv.

    However, according to the EU’s asylum agency’s (EUAA) 2023 migration report, there have been almost no irregular departures from the Egyptian coasts since 2016, with most Egyptian irregular migrants to the EU having departed from Libya.

    At the same time, there has been a significant increase in Egyptian citizens applying for visas in EU countries in recent years, the EUAA report said, mainly due to the deteriorating domestic situation in the country.
    Deepening crisis in Egypt

    Egypt, a strategic partner of the EU, is experiencing a deepening economic and political crisis, with the country’s population of 107 million facing increasing instability and a lack of human rights guarantees.

    In a letter to heads of state and EU institutions last December, the NGO Human Rights Watch asked the EU to “ensure that any recalibration of its partnership with Egypt and related macro-financial assistance provide[s] an opportunity to improve the civil, political, and economic rights of the Egyptian people”.

    “Its impact will only be long-lasting if linked to structural progress and reforms to address the government’s abuses and oppression, that have strangled people’s rights as much as the country’s economy,” the NGO wrote.

    The human rights crisis cannot be treated as separate from the economic crisis, Timothy E. Kaldas, deputy director of the Tahrir Institute for Middle East Policy, told Euractiv. “Political decisions and political practices of the regime play a central role in why Egypt’s economy is the way that it is,” he said.

    “The regime, in an exploitative manner, leverages the Egyptian state. For instance, it forces the making of contracts to regime-owned companies to do infrastructure projects that are extremely costly, and not necessarily contributing to the public good,” Kaldas argued, citing the construction of wholly new cities, or “new palaces for the president”.

    While such projects are making the Egyptian elites richer, the Egyptian people are increasingly poor, and in certain cases, forced to leave the country, Kaldas explained.

    With food and beverage inflation exceeding 70% in Egypt in 2023, the currency facing multiple shocks and collapses reducing Egyptians’ purchasing power and private investors not seeing the North African country as a good place to invest, “the situation is very bleak”, the expert said.

    The independence of the private sector was slammed in a report by Human Rights Watch in November 2018. In the case of Juhayna Owners, two Egyptian businessmen were detained for months after refusing to surrender their shares in their company to a state-owned business.

    Recent events at the Rafah crossing in Gaza, frictions in the Red Sea with Houthi rebels in Yemen and war in the border country of Sudan have compounded the instability.
    Past EU-Egypt relations

    During the last EU-Egypt Association Council in June 2022, the two partners outlined a list of partnership priorities “to promote joint interests, to guarantee long-term stability and sustainable development on both sides of the Mediterranean and to reinforce the cooperation and realise the untapped potential of the relationship”.

    The list of priorities regards a wide range of sectors that the EU is willing to help Egypt. Among others, the document which outlines the outcomes of the meeting, highlights the transition to digitalisation, sustainability and green economy, trade and investment, social development and social justice, energy, environment and climate action, the reform of the public sector, security and terrorism, and migration.

    https://www.euractiv.com/section/politics/news/eu-grants-e87m-to-egypt-for-migration-management-in-2024

    #Egypte #asile #migrations #réfugiés #externalisation #EU #aide_financière #Europe #UE #équipement #Civipol #gardes-frontières #surveillance #technologie #complexe_militaro-industriel #réintégration #retours_volontaires #IOM #OIM

    • L’UE offre à l’Egypte une aide économique contre un meilleur contrôle des migrants

      Les représentants de l’Union européenne signeront dimanche au Caire un partenariat avec le gouvernement d’Abdel Fattah Al-Sissi. Il apportera un soutien de plus de 7 milliards d’euros en échange d’une plus grande surveillance des frontières.

      Après la Tunisie, l’Egypte. Trois premiers ministres européens – Giorgia Meloni, la présidente du conseil italien, Alexander De Croo et Kyriakos Mitsotakis, les premiers ministres belge et grec – et Ursula von der Leyen, la présidente de la Commission européenne, sont attendus dimanche 17 mars au Caire. Ils doivent parapher une « #déclaration_commune » avec Abdel Fattah #Al-Sissi, le président égyptien, pour la mise en place d’un #partenariat global avec l’Union européenne (UE). A la clé pour l’Egypte un chèque de 7,4 milliards d’euros, comme l’a révélé le Financial Times le 13 mars.

      Cet accord survient après l’annonce, au début de mars, d’un #prêt de 8 milliards de dollars (plus de 7,3 milliards d’euros) du #Fonds_monétaire_international à l’Egypte et, surtout, à la mi-février d’un vaste plan d’investissements de 35 milliards de dollars des #Emirats_arabes_unis. A cette aune, l’aide européenne semble plutôt chiche.

      Pour Bruxelles, l’urgence est d’éviter un écroulement de l’économie égyptienne, très dépendante de l’extérieur. Depuis le Covid-19 et la guerre en Ukraine, elle est plongée dans le marasme et les déficits budgétaires s’enchaînent. De surcroît, le pays doit faire face aux conséquences de la guerre à Gaza et, notamment, aux attaques houthistes en mer Rouge, qui ont entraîné une réduction du nombre de cargos dans le canal de Suez et fait chuter les revenus du pays. Enfin, le tourisme, qui avait atteint des records en 2023 avec plus de quinze millions de visiteurs, pourrait pâtir de la guerre aux portes du pays.

      Crainte d’une arrivée massive de Palestiniens

      Dans le détail, la Commission européenne devrait apporter 5 milliards d’euros de soutien budgétaire à l’Egypte, dont 1 milliard déboursé d’ici au mois de juin, selon une procédure d’urgence. Les 4 autres milliards suivront à plus long terme. Le ministre des finances égyptien, Mohamed Maait, a confirmé cette somme, évoquant une aide de « 5 milliards à 6 milliards de dollars » (4,5 milliards à 5,5 milliards d’euros).

      (#paywall)
      https://www.lemonde.fr/international/article/2024/03/16/l-ue-offre-a-l-egypte-une-aide-economique-contre-un-meilleur-controle-des-mi

  • “Così le multinazionali occidentali non pagano le tasse in Mozambico”

    Le grandi società estrattive approfitterebbero dei trattati firmati da Maputo con paradisi fiscali come Mauritius o Emirati Arabi Uniti. Il centro di ricerca indipendente SOMO stima che cinque compagnie -inclusa Eni- eviteranno di pagare imposte per un valore compreso tra 1,4 e due miliardi di dollari. A proposito di “Piano Mattei”

    Per via dei trattati fiscali siglati dal Mozambico con diversi Paesi stranieri diverse multinazionali -tra cui le società fossili TotalEnergies ed Eni- eviteranno di versare circa due miliardi di dollari di tasse al governo di Maputo: una cifra superiore a quanto spende il Paese africano per la sanità in un anno intero. Nello specifico, le due aziende europee “non pagano la loro giusta quota dal momento che fanno transitare i propri investimenti attraverso società di comodo negli Emirati Arabi Uniti”, come denuncia il report “The treaty trap: tax avoidance in Mozambique’s extractive industries” (La trappola del trattato: l’elusione fiscale nell’industria estrattiva in Mozambico) pubblicato il 21 luglio dal Centro di ricerca olandese sulle multinazionali SOMO.

    Il meccanismo che permette alle società di gas e petrolio (ma non solo) di arricchirsi a dismisura era già stato al centro di un dettagliato rapporto “How Mozambique’s tax treaties enable tax avoidance“, pubblicato lo scorso marzo sempre da SOMO e dal Centro mozambicano per la democrazia e lo sviluppo (Cdd) e del quale avevamo già scritto. Il report denuncia come la rete di trattati fiscali siglati dal Mozambico stia privando il Paese di centinaia di milioni di dollari di entrate ogni anno, a causa degli accordi stretti con paradisi fiscali come Mauritius ed Emirati Arabi Uniti. Secondo le stime delle due organizzazioni, solo nel 2021 il Paese africano avrebbe perso circa 390 milioni di dollari in mancato gettito fiscale.

    In questo nuovo rapporto SOMO evidenzia come TotalEnergies ed Eni abbiano approfittato del trattato fiscale siglato dal governo di Maputo con Abu Dhabi, creando società di comodo negli Emirati Arabi Uniti. “Gli investimenti sono sostenuti da prestiti di banche d’investimento pubbliche, agenzie di credito all’esportazione e banche commerciali di tutto il mondo. Se i prestiti per questi megaprogetti non fossero passati attraverso gli Emirati Arabi Uniti, il Mozambico avrebbe potuto applicare una ritenuta fiscale del 20% su quasi tutti i pagamenti degli interessi, per un importo che oscilla tra 1,3 e due miliardi di dollari”, osservano i ricercatori di SOMO.

    Accuse a cui la società italiana guidata da Claudio Descalzi ha risposto dichiarando che “come contribuente, Eni opera nel pieno rispetto del quadro legislativo e fiscale locale e internazionale. I progetti di Eni nei Paesi in cui è presente generano benefici economici e sociali a livello locale in termini di tasse, occupazione, formazione e progetti sociali, formazione e progetti sociali -si legge nella nota pubblicata nel report di SOMO-. Inoltre, le Linee guida fiscali di Eni assicurano una corretta interpretazione della normativa fiscale con il divieto di intraprendere operazioni fiscalmente aggressive. Il Mozambico, a seguito dei progetti a cui Eni partecipa, sta diventando un importante attore globale nel settore del Gas ‘naturale’ liquefatto (Gnl)”.

    I giacimenti di gas interessati dalle operazioni dei due colossi europei si trovano al largo della provincia di Cabo Delgado, nel Nord del Paese: un’area economicamente emarginata e impoverita, dove gli investimenti miliardari per lo sfruttamento dei combustibili fossili non hanno portato alcun beneficio alla popolazione locale, alimentando invece le disuguaglianze. Dopo la scoperta dei primi giacimenti (tra il 2010 e il 2014) migliaia di persone hanno dovuto abbandonare i propri villaggi a causa delle operazioni industriali. La situazione è ulteriormente peggiorata a causa di una violenta insurrezione di matrice jihadista che dal 2017 ha provocato migliaia di morti e costretto milioni di persone alla fuga.

    Ma non ci sono solo le società del settore degli idrocarburi al centro dell’attenzione. SOMO ha infatti analizzato le pratiche fiscali di alcune aziende minerarie come la britannica Gemfields, che estrae rubini nel distretto di Montepuez (sempre nella provincia di Cabo Delgado), e l’irlandese Kenmare Resources, che opera in una miniera di titano a Moma (nel Nord-Est del Paese). Entrambe controllano le loro operazioni in Mozambico dalle Mauritius, approfittando di un trattato fiscale che gli avrebbe permesso di evitare circa 20 milioni di dollari di ritenute sui dividendi tra il 2017 e il 2022.

    Infine c’è la gestione del corridoio logistico di Nacala: una rete ferroviaria lunga 912 chilometri utilizzata per il trasporto di carbone delle miniere nella provincia di Tete (nel Mozambico occidentale) fino al porto di Nacala, affacciato sull’oceano Indiano, sulla costa orientale. L’infrastruttura è controllata al 50% dalla compagnia mineraria brasiliana Vale e dalla società elettrica giapponese Mitsui & Co. SOMO ritiene che le due aziende abbiano evitato di versare nelle casse del governo di Maputo circa 96,9 milioni di dollari tra il 2016 e il 2020: “Ciò è stato possibile reindirizzando i prestiti attraverso società di intermediazione con sede negli Emirati Arabi Uniti per trarre vantaggio dal trattato fiscale tra gli Emirati Arabi Uniti e il Mozambico, che riduce dal 20% a zero l’aliquota applicabile per la ritenuta alla fonte sugli interessi in Mozambico”, si legge nel report.

    Il sottosuolo del Mozambico è ricco di minerali che possono svolgere un ruolo fondamentale nella transizione energetica. E, nel contesto dell’esplosione della domanda globale di queste materie prime, è fondamentale affrontare tempestivamente il tema dell’evasione fiscale -avverte SOMO- per evitare che anche in questo ambito si ripeta quello che è successo con i combustibili fossili. “È indispensabile che il Mozambico abbandoni questi trattati fiscali iniqui, ponendo un freno all’elusione fiscale delle imprese e salvaguardando gli interessi della popolazione -ha spiegato Nelsa Langa, assistente di ricerca presso il Centro mozambicano per la democrazia e lo sviluppo-. Dovrebbe liberarsi da questi trattati fiscali obsoleti, che costano molto al Paese e forniscono pochi benefici”.

    Il ricercatore di SOMO Vincent Kiezebrink aggiunge che “le multinazionali devono smettere di abusare di questi trattati fiscali per evitare di pagare le tasse in uno dei Paesi più vulnerabili del mondo. E i governi dei paradisi fiscali come gli Emirati Arabi Uniti e le Mauritius devono permettere al Mozambico di rinegoziarli”. L’esperienza di Paesi come Senegal, Kenya, Lesotho e Ruanda -che hanno rinegoziato o cancellato con successo gli accordi fiscali con le Mauritius- dimostra che è possibile cambiare questa situazione.

    https://altreconomia.it/cosi-le-multinazionali-occidentali-non-pagano-le-tasse-in-mozambico
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    • Oil and gas multinationals avoid up to $2 billion in taxes in Mozambique

      TotalEnergies and ENI are set to avoid up to $2 billion in withholding taxes in Mozambique – more than the country’s annual healthcare spending – research by SOMO and CDD reveals. The oil and gas giants fail to pay their fair share of taxes in the African country because they rout their investments through letterbox companies in the United Arab Emirates (UAE). Mozambique could prevent these practices by cancelling or renegotiating its outdated tax treaties with tax havens like the UAE and Mauritius. Several other African countries have successfully done so already.

      TotalEnergies (France) and ENI (Italy) lead two megaprojects in Mozambique to exploit gas reserves in the northern province of Cabo Delgado, constituting the biggest investments in Africa to date. Both multinationals established letterbox companies in the UAE to channel their consortium’s multi-billion-dollar investments, taking advantage of the 0 % interest withholding tax rate in its tax treaty with Mozambique. The investments are backed by loans from public investment banks, export credit agencies and commercial banks worldwide. If the loans for these megaprojects had not been routed through the UAE, Mozambique could have charged a 20 per cent withholding tax on nearly all related interest payments, which amounts to $1.3 – $2 billion.
      publication cover - The treaty trap: tax avoidance in Mozambique’s extractive industries
      Publication / July 21, 2023
      The treaty trap: tax avoidance in Mozambique’s extractive industries
      The miners

      The backdrop for these gas projects is Mozambique’s northernmost province of Cabo Delgado, an economically marginalised region where a violent insurgency has wreaked havoc since 2017. The discovery of gas and the resulting increase in inequality in the area has been a key driver behind the conflict.

      Treaty shopping using complex corporate structures
      The use of UAE-based letterbox companies by TotalEnergies and ENI are just two examples of treaty shopping, depriving Mozambique of much-needed tax revenue. SOMO found similar tax avoidance structures by mining companies Vale, Kenmare and Gemfields, which are estimated to have avoided an $117 million in Mozambican taxes between 2017 and 2022. The tax treaties with the UAE and Mauritius are estimated to have cost Mozambique $315 million in 2021 alone, SOMO calculated in a March 2023 report.

      Following these revelations, SOMO delved into the details by studying the tax practices of specific companies in the Mozambican gas and mining sectors. Besides the gas projects, case studies include Gemfields, a UK miner extracting rubies in Montepuez and the Irish mining company Kenmare Resources, which operates the Moma titanium mine. On paper, both companies control their operations in Mozambique from Mauritius, taking advantage of a tax treaty that allowed them to avoid approximately $20 million in dividend withholding taxes between 2017 and 2022. Finally, there is the case of Vale and Mitsui & Co., who avoided approximately $96.9 million in interest withholding taxes associated with their Nacala Logistics Corridor between 2016 and 2020 through a financing structure routed via the UAE.

      Unfair and outdated tax treaties
      It is imperative that Mozambique steps out of these unfair tax treaties, curbing corporate tax avoidance and safeguarding its people’s interests. Nelsa Langa (Research Assistant at CDD): “Mozambique should free itself from these outdated tax treaties, which cost the country dearly while providing little benefit. Senegal, Kenya, Lesotho and Rwanda have all successfully renegotiated or cancelled tax treaties with tax havens Mauritius.”

      Mozambique is rich in natural resources, with vast deposits not only of fossil fuels but also minerals that are of key importance for the energy transition. Amidst the exploding demand for these minerals, it is crucial to address tax avoidance promptly to prevent replication.

      Vincent Kiezebrink (Researcher at SOMO): “Multinational companies need to stop abusing Mozambique’s tax treaties to avoid taxes in one of the world’s most vulnerable countries, and tax haven governments such as the UAE and Mauritius need to allow Mozambique to renegotiate these harmful tax treaties.”

      The Mozambican government has the tools to stop this widespread tax avoidance. By renegotiating or terminating its tax treaties with Mauritius and the UAE, it could limit companies’ opportunities for tax avoidance.

      https://www.somo.nl/oil-and-gas-multinationals-avoid-up-to-2-billion-in-taxes-in-mozambique

  • La grande corsa alla terra di Emirati Arabi Uniti e Arabia Saudita
    https://irpimedia.irpi.eu/grainkeepers-controllo-filiera-alimentare-globale-emirati-arabi-uniti

    Le aziende controllate dai fondi sovrani delle potenze del Golfo stanno acquistando aziende lungo tutta la filiera dell’agroalimentare, anche in Europa. Con la scusa di garantirsi la propria “sicurezza alimentare” Clicca per leggere l’articolo La grande corsa alla terra di Emirati Arabi Uniti e Arabia Saudita pubblicato su IrpiMedia.

  • France opens inquiry into alleged torture by Interpol’s Emirati head

    Ahmed Nasser al-Raisi accused of being responsible for the torture of opposition figure in UAE

    French anti-terror prosecutors have opened a preliminary inquiry into torture and acts of barbarism allegedly committed by Emirati general Ahmed Nasser al-Raisi, according to judicial sources.. Raisi in November became president of Interpol.

    The inquiry follows a legal complaint by an NGO that accused Raisi of being responsible in his role as high-ranking official at the United Arab Emirates interior ministry for the torture of an opposition figure.

    The Gulf Centre for Human Rights (GCHR), which holds Raisi responsible for inhumane treatment of Ahmed Mansoor, an opponent of the Emirati government, lodged its complaint in January with the anti-terror prosecutors unit whose brief includes handling crimes against humanity.

    Human rights groups had already made allegations of tortureagainst Raisi when he ran for president of Interpol, saying they feared the agency would be at risk of exploitation by repressive regimes.

    Raisi was nevertheless voted in as president in November after generous funding from the UAE for the body which is based in Lyon.

    There were also accusations that Abu Dhabi had abused Interpol’s system of so-called “red notices” for wanted suspects to persecute political dissidents.

    The inquiry into Raisi was being handled by the prosecution unit for crimes against humanity, genocide and war crimes, the sources said.

    William Bourdon, a high-profile lawyer acting for the GCHR, said it was “totally incomprehensible” that the prosecutors had not immediately ordered Raisi’s arrest “given that he is in France”.

    The accusations weresufficient to lift Raisi’s diplomatic immunity, which he enjoys thanks to an agreement between the French state and Interpol, Bourdon said.

    GCHR boss Khalid Ibrahim said he had been interviewed by French police on 18 March. “I told them the French prosecutor is very slow in taking actions in relation to … very serious allegations of torture against General Ahmed Naser Al-Raisi.”

    Two previous complaints against Raisi had been rejected on competency grounds by French prosecutors who said they could not prosecute unless the accused resided in France permanently or temporarily.

    But in its latest filing, the NGO was able to show that Raisi was in Lyon in January and again in March, using his activity on Twitter as evidence.

    Raisi was elected after three rounds of voting during which he received 68.9% of votes cast by Interpol member countries.

    His four-year role at Interpol is largely ceremonial, with secretary-general Jürgen Stock handling day-to-day management of the organisation.

    Raisi joined the Emirati police force in 1980 and worked there for some time.

    His candidacy for the Interpol job prompted a series of protests, including from European parliament deputies.

    Several NGOs, including Human Rights Watch, said Raisi was “part of a security apparatus that continues to systematically target peaceful critics”.

    In a previous complaint against Raisi, British man Matthew Hedges said he was detained and tortured between May and November 2018 in the UAE after being arrested on false charges of espionage during a study trip.

    Mansoor, meanwhile, has been detained since 2017 in a four-square-metre (43-square-foot) cell “without a mattress or protection against the cold” and “without access to a doctor, hygiene, water and sanitary facilities”, while serving a 10-year sentence for allegedly threatening state security, according to his lawyers.

    The UAE’s foreign ministry rejected the complaints over Mansoor’s detention conditions as “without foundation”.

    The UAE donated $54m to Interpol in 2017 – almost equivalent to the required contributions of all the organisation’s 195 member countries, which amounted to $68m in 2020.

    https://www.theguardian.com/world/2022/mar/24/france-opens-inquiry-into-alleged-torture-by-interpols-emirati-head?CMP

    #EAU #Emirats_Arabes_Unis #Ahmed_Nasser_al-raisi #torture #justice #Interpol

    voir aussi :
    Un général accusé d’avoir couvert des actes de torture brigue la présidence d’Interpol
    https://seenthis.net/messages/885897

  • Les méthodes douteuses des firmes de renseignement privées israéliennes exposées
    https://fr.timesofisrael.com/les-methodes-douteuses-des-firmes-de-renseignement-privees-israeli

    Selon un reportage, une agence de renseignements aurait usurpé l’identité de journalistes, soulevant des questions sur la régulation et les limites de l’industrie

    Un reportage a accusé, la semaine dernière, une firme israélienne des renseignements d’avoir usurpé l’identité de journalistes pour obtenir de manière illicite des informations d’opposants à un membre de la famille royale émiratie – mettant en lumière ces entreprises israéliennes de cyber-renseignements qui acceptent de travailler pour des régimes totalitaires.

    Une enquête du Times of Israël a révélé que le propriétaire de la firme en question, Bluehawk CI, a été traduit devant la justice au sein de l’État juif, dans le passé, et notamment pour fraude. Le ministère de la Défense a choisi de ne pas répondre à une requête de commentaire du Times of Israël concernant la raison pour laquelle il n’avait pas été amené à réguler les activités menées par la firme à l’étranger.

    Selon un reportage paru le 6 avril sur le site du Daily Beast , des individus qui avaient prétendu, début 2020, être journaliste pour Fox News et reporter pour le journal italien La Stampa avaient approché deux hommes qui s’opposaient aux autorités de Ras Al Khaimah, l’un des sept émirats constituant les Émirats arabes unis (EAU). Selon le Daily Beast , les deux individus qui avaient usurpé l’identité des deux journalistes avaient tenté d’extraire des informations aux deux hommes concernant leurs conflits judiciaires respectifs avec l’émirat.

    L’article publié sur le site souligne comment Israël, ces dernières années, a fait naître une industrie de firmes d’espionnage privées qui, de toute évidence, ne sont pas régulées – avec certains officiers militaires israéliens qui offrent au secteur privé les compétences qu’ils ont acquises dans les unités de renseignement secrètes, vendant souvent leur savoir-faire à des personnalités douteuses ou à des régimes autoritaires.

    Le Daily Beast aurait réussi à établir l’identité de la firme privée de renseignement en contactant Facebook, qui a révélé que les comptes utilisés par les deux journalistes présumés étaient associés à Bluehawk CI.

    Bluehawk CI s’est refusé, de son côté, à tout commentaire.

    Un porte-parole du ministère de la Défense a noté que Bluehawk CI n’apparaissait pas sur sa liste de vendeurs approuvés, mais il n’a pas répondu à une question de suivi sur le rôle présumé du ministère en termes de régulation initiale des initiatives de l’entreprise.

    Selon la loi sur le contrôle des exportations, tout exportateur d’équipements de défense ou de savoir-faire particulier, dans le secteur, doit d’abord s’inscrire et recevoir une autorisation de la part de l’Agence de contrôle des exportations de la Défense au sein de l’État juif.

    Bluehawk CI est l’une des firmes de renseignement privées les moins connues dans le pays. Fondée en juin 2018, elle offre des solutions dans les domaines de la cybertechnologie et des renseignements, notamment dans la « gestion du génie social et de la campagne de relations publiques » et dans les « enquêtes de renseignement complexes », selon son site internet.

    La compagnie a été fondée par Guy Klisman, ancien major au sein de Tsahal – elle lui appartient encore aujourd’hui. Klisman est aussi directeur académique de l’Institut d’innovation Pafos à Chypre, un institut d’études en cybersécurité fondé par Uriel Reichman, professeur de droit à la tête de l’Institut interdisciplinaire de Herzliya. La compagnie de Klisman, Bluehawk CI, est l’un des sponsors de l’équipe de basket du Hapoel Tel Aviv.

    Des documents judiciaires révèlent qu’avant de fonder l’entreprise, Klisman a été mis en examen à deux reprises par les procureurs israéliens – une fois pour contrefaçon et une autre pour répondre de multiples débits non-autorisés réalisés sur la carte de crédit de l’une de ses connaissances. Il a plaidé coupable dans le premier dossier. La mise en examen a finalement été annulée dans le second.

    https://www.youtube.com/watch?v=XifQHRaSWdQ&feature=emb_imp_woyt

    Selon le Daily Beast , au mois de février 2020, une personne prétendant s’appeler « Samantha », journaliste de Fox News, a contacté un homme nommé Oussama El Omari par courriel. El Omari est l’ancien directeur-général de l’Autorité chargée de la zone de libre-échange de Ras Al Khaimah. Il a été condamné par contumace aux Émirats arabes unis pour « détournement de fonds et abus de pouvoir » suite à une bataille de succession à Ras Al Khaimah. El Omari, pour sa part, a dénoncé des inculpations purement politiques.

    « Samantha » aurait tenté d’obtenir des informations sur ses affaires judiciaires l’opposant à Ras Al Khaimah. Contacté par le Daily Beast , Facebook aurait déclaré à ce dernier que le compte de « Samantha » était lié à Bluehawk CI.

    Selon le site d’information, un autre utilisateur de Facebook prétendant être un journaliste pour La Stampa , un journal italien, a contacté Khater Massaad, autre adversaire du régime actuel de Ras Al Khaimah. Massaad était à la tête du fonds souverain de Ras Al Khaimah, RAKIA, jusqu’en 2021. Il a été condamné par une cour émiratie en 2015 pour détournement de fonds au sein de RAKIA, des accusations qui, selon Massaad, étaient tronquées et politiquement motivées.

    Le faux journaliste, que Facebook a lié à Bluehawk CI, a de la même façon tenté d’extraire des informations sur sa relation avec les gouvernants de Ras Al Khaimah, a fait savoir le Daily Beast .

    « Coût de la vie élevé »
    La normalisation récente des liens entre Israël et les Émirats arabes unis a été une aubaine pour les entreprises de renseignement et de cybersécurité, avec des entreprises comme NSO Group, spécialisée dans le hacking téléphonique, Synaptech Capital, spécialisée dans le capital-risque, et Cellebrite, qui ont toutes conclu des accords lucratifs dans ces émirats du désert.

    La cybersécurité est l’un des premiers secteurs technologiques en Israël en terme d’investissements récoltés, selon l’Autorité de l’innovation israélienne.

    Pour Bluehawk CI, travailler aux EAU a pu être une source de liquidités désespérément nécessaire.

    En 2015, avant de fonder Blackhawk CI, Klisman et son épouse – ils ont depuis divorcé – ont déclaré leur faillite devant les tribunaux israéliens. Le couple était endetté à hauteur de centaines de milliers de shekels, dettes qu’ils avaient attribuées au « coût de la vie élevé » au sein de l’État juif.

    Israël est l’un des pays les plus chers au monde. Tel Aviv a récemment intégré la cinquième place des villes les plus chères sur le globe.

    En 2016, les procureurs israéliens ont mis en examen Klisman pour avoir contrefait des documents judiciaires et des assignations de huissiers de justice pour tenter d’empêcher l’armée israélienne de saisir son salaire pour payer des créditeurs. Un juge l’a reconnu coupable, mais il n’a pas été officiellement condamné et a dû effectuer 250 heures de service communautaire. Klisman s’est retiré de Tsahal à la fin de l’année 2017 et a fondé son entreprise six mois plus tard.

    Au mois de janvier 2018, Klisman a été accusé par la police des fraudes d’avoir utilisé la carte de crédit d’une femme rencontrée via un groupe WhatsApp consacré au tennis pour procéder à des achats non-autorisés à hauteur de 1 577 shekels. Une année plus tard, le gouvernement a retiré cette mise en examen.

    Klisman n’a pas donné suite à une requête de commentaire de la part du Times of Israël .

    Tandis que la personnalité qui a eu recours aux services de Bluehawk reste indéterminée, Radha Stirling, directeur-général de Detained à Dubaï – une entreprise qui représente des clients dans des conflits juridiques avec les gouvernements aux EAU – a la certitude qu’il s’agit bien du gouvernement de Ras Al Khaimah.

    « C’est monstrueux », a déclaré Stirling dans un communiqué de presse.

    « En confiant par contrat une mission d’espionnage à une firme privée, le gouvernement de Ras Al Khaimah tente d’échapper à la responsabilité de devoir rendre des comptes pour espionner des ressortissants étrangers en-dehors de sa juridiction – mais c’est bien là une violation majeure. Les EAU et Israël doivent assumer leurs responsabilités », a-t-il ajouté.

    Où placer la ligne rouge de l’éthique ?
    Selon un rapport émis par la cyberadministration israélienne, fin 2018, Israël comptait 421 cyber-entreprises actives dont 7 % – soit une trentaine – sont spécialisées dans le « cyber-renseignement ».

    Elad Ratson, ex-diplomate israélien, qui est aussi le fondateur et le directeur-général de Vayehee, une compagnie qui utilise les technologies pour contrer les Fake-news , la désinformation venant de l’étranger ou ce qu’il qualifie « d’armes en ligne d’obstruction massive », a déclaré au Times of Israël qu’il pensait que ce nombre était supérieur, selon ses propres estimations.


    Elad Ratson. (Autorisation)

    La plus grande partie des firmes de cyber-renseignements israéliennes sont spécialisées dans l’OSINT, ou « renseignements open-source », a-t-il noté. « C’est un secteur d’expertise des services israéliens de renseignement. Il y a une forte quantité de données, en ligne, qui sont ouvertement disponibles et les services israéliens de renseignement sont connus pour leur usage efficace de l’apprentissage automatique et de l’intelligence artificielle et pour extraire des informations de qualité de cet océan de données. »

    La majorité des firmes israéliennes de renseignement se concentrent sur l’OSINT (Renseignement d’Origine Source Ouverte) passif, poursuit-il, en collectant des données qui sont largement disponibles.

    D’autres s’engagent toutefois également dans ce qu’il appelle « l’ingénierie de perception » ou la manipulation du point de vue d’une cible par le biais de méthodes appelées « duperie en ligne ». De telles firmes, affirme-t-il, peuvent souvent avoir mauvaise réputation en résultat de leurs activités. L’une des plus célèbres est Black Cube.

    Toutefois, Ratson estime que de nombreuses entreprises de cyber-renseignement se fixent des lignes rouges en termes d’éthique et qu’elles ne les franchissent pas.

    « Contrairement aux autres ministères en Israël, celui de la Défense a un bureau de régulation des exportations qui est fort. Les cyber-entreprises israéliennes font attention à ne pas travailler avec le ‘mauvais’ type de client et à ne pas se mettre, pour cela, dans une situation délicate vis-à-vis du ministère de la Défense », commente-t-il.

    Toutefois, la « tentation est élevée », ajoute Ratson. « Parfois, quand il y a beaucoup d’argent sur la table, certaines entreprises ont pu tenter de fermer un peu les yeux sur l’éthique. Et c’est là qu’on a pu voir apparaître, dans les médias, une couverture internationale négative concernant des firmes de cyber-renseignement israéliennes. »

    #Émirats_arabes_unis #EAU #israel #Tel_Aviv #espionnage #espionnage_privé #Bluehawk_CI #renseignement #cybertechnologie #cybersécurité #cyber-renseignement #Tsahal #fonds souverain #RAKIA #NSO_Group #hacking #Synaptech_Capital #Cellebrite #Detained #cyberadministration #cyber-entreprises actives #cyber-renseignement #Vayehee #Fake-news #cyber-renseignements #OSINT renseignements_open-source #IA #intelligence_artificielle #ingénierie_de_perception #duperie_en_ligne #Black_Cube #journalistes

  • #Iran
    Le retour de l’Iran fait saliver les multinationales et donne des ailes à Rohani
    http://geopolis.francetvinfo.fr/le-retour-de-l-iran-fait-saliver-les-multinationales-et-donne-

    Les Iraniens dans l’incertitude du lendemain, par Camelia Entekhabifard (Le Monde diplomatique, septembre 2015)
    https://www.monde-diplomatique.fr/2015/09/ENTEKHABIFARD/53682

    Washington débordé par l’affrontement entre Riyad et Téhéran, par Akram Belkaïd (Le Monde diplomatique, mai 2015)
    https://www.monde-diplomatique.fr/2015/05/BELKAID/52945

    Un accord qui ouvre le champ des possibles en Iran, par Shervin Ahmadi (Le Monde diplomatique, mai 2015)
    http://www.monde-diplomatique.fr/2015/05/AHMADI/52947

    En Iran, une suite d’ingérences extérieures (Le Monde diplomatique, mars 2015)
    http://www.monde-diplomatique.fr/2015/03/A/52711

    Le temps de la haine entre les Etats-Unis et l’Iran est-il révolu ?, par Trita Parsi (Le Monde diplomatique, mars 2015)
    http://www.monde-diplomatique.fr/2015/03/PARSI/52708

    Espoirs et simulacres du changement en Iran, par Shervin Ahmadi & Philippe Descamps (Le Monde diplomatique, mai 2016)
    http://www.monde-diplomatique.fr/2016/05/AHMADI/55443

    #Iran_insitutions
    Les structures du régime iranien, par Olivier Pironet (Le Monde diplomatique, juin 2007)
    https://www.monde-diplomatique.fr/mav/93/PIRONET/15174
    Guide de la Révolution (Iran) — Wikipédia
    https://fr.wikipedia.org/wiki/Guide_de_la_R%C3%A9volution_(Iran)
    L’Iran, pays grippé, par Florence Beaugé (Le Monde diplomatique, février 2016)
    https://www.monde-diplomatique.fr/2016/02/BEAUGE/54700

    Une mollahrchie constitutionnelle, par Philippe Descamps & Cécile Marin (Le Monde diplomatique, mai 2016)
    http://www.monde-diplomatique.fr/cartes/mollahrchie

    #Relations_Internationales_histoire #Histoire_Relations_Internationales
    http://zinc.mondediplo.net/messages/19002

    L’Iran et la Turquie condamnés à s’entendre, par Thierry Kellner & Mohammed Reza Djalili (Le Monde diplomatique, janvier 2017)
    http://www.monde-diplomatique.fr/2017/01/KELLNER/56975
    http://www.monde-diplomatique.fr/2017/01/A/56974

    « Contrairement à bon nombre de leurs voisins au Proche-Orient, ces deux États non arabes sont de construction ancienne. Issus de deux grands Empires, le safavide et l’ottoman »

    #Irak. Les Kurdes coupent une route stratégique pour l’Etat islamique | Courrier international
    http://www.courrierinternational.com/article/irak-les-kurdes-coupent-une-route-strategique-pour-letat-isla

    En Irak, la tranchée de la discorde entre Kurdes et Turkmènes | Courrier international
    http://www.courrierinternational.com/depeche/en-irak-la-tranchee-de-la-discorde-entre-kurdes-et-turkmenes.

    Bagdad, dix ans après : échec d’une guerre pour le pétrole, par Jean-Pierre Séréni (Le Monde diplomatique, mars 2013)
    http://www.monde-diplomatique.fr/2013/03/SERENI/48845

    -"Longtemps, les responsables américains l’ont affirmé : l’invasion de l’Irak n’était pas destinée à s’emparer du pétrole. Pourtant, des documents récemment déclassifiés racontent une autre histoire." ;
    –"La rédaction de deux textes fondamentaux, la nouvelle Constitution et la loi pétrolière, va leur donner l’occasion inespérée de bouleverser les règles du jeu. La survie d’un Etat centralisé est a priori condamnée : Washington n’en veut pas, au nom de la lutte contre le totalitarisme et des crimes perpétrés contre les Kurdes au temps de Hussein. Le nouveau régime, fédéral ou même confédéral, sera donc décentralisé au point d’en être déstructuré. Il suffit de rassembler deux tiers des voix dans l’une des trois provinces du pays pour exercer un droit de veto sur les décisions du gouvernement central." ;
    –" sans la guerre, les compagnies auraient-elles eu le loisir de mettre les Irakiens en concurrence entre eux ? Quoi qu’il en soit, on est loin des objectifs que s’étaient fixés les Etats-Unis. Dans le domaine pétrolier aussi, la guerre fut pour eux un énorme échec."

    Et le Dossier : bilan d’une intervention occidentale
    Dix ans après, que devient l’Irak ?, par Peter Harling (Le Monde diplomatique, mars 2013)
    http://www.monde-diplomatique.fr/2013/03/HARLING/48806

    #Irak #Orient #Etats_Unis #Relations_internationales_Orient_Irak #Relations_internationales_Orient_Etats_Unis

    Irak, colosse à la tête d’argile, par Peter Harling (Le Monde diplomatique, août 2016)
    http://www.monde-diplomatique.fr/2016/08/HARLING/56113

    –Le pétrole, carburant de l’économie de guerre de Daech
    http://www.latribune.fr/economie/international/le-petrole-carburant-de-l-economie-de-guerre-de-daech-513972.html

    -"La vente, y compris à ses ennemis, lui rapporterait 1,5 million de dollars par jour."

    –" La production totale de Daech s’établit entre 34.000 et 40.000 barils par jour de brut. Il est commercialisé entre 20 dollars et 45 dollars (le prix international varie autour de 50 dollars actuellement).

    – La vente rapporte en moyenne 1,5 million de dollars par jour à l’Etat islamique."

    – « Daech peut compter sur un large marché local, non seulement sur son territoire mais également dans d’autres zones tenues par des forces qui le combattent, comme le nord de la Syrie. En effet, il est le seul fournisseur de pétrole pour produire de l’électricité pour les hôpitaux, le commerce, les machines outils, ou alimenter les transports. »

    –Peut-on asphyxier financièrement Daech ? Par Fabien Piliu
    http://www.latribune.fr/economie/france/peut-on-asphyxier-financierement-daech-523358.html

    -"Lui couper les vivres est une tâche délicate, encore plus délicate que dans le domaine militaire où la coordination entre les pays de la coalition est déjà complexe. Lors du G20, Vladimir Poutine a mis les pieds dans le plat en expliquant que plusieurs pays de l’organisation permettaient à Daech de se financer en fermant les yeux sur les trafics en cours.

    Dans son viseur, à mots couverts ? La Turquie, qui organise le G20, et à qui les membres de la coalition anti-Daech reproche la porosité de ses frontières. Avant le président russe, Michel Sapin, le ministre des Finances avait déclaré lundi que la France voulait « des décisions concrètes en matière de lutte contre le financement du terrorisme »."

    #Syrie : la coalition menée par les Etats-Unis détruit 116 camions-citernes de l’EI | Connaissance des Énergies, AFP, paru le 16 nov. 2015
    http://www.connaissancedesenergies.org/afp/syrie-la-coalition-menee-par-les-etats-unis-detruit-116-cam
    #OEI #Daesh

    Qui sont les rebelles syriens ?, par Bachir El-Khoury (Le Monde diplomatique, décembre 2016)
    http://www.monde-diplomatique.fr/2016/12/EL_KHOURY/56922

    Retrait américain de Syrie : Paris et Londres inquiets, Moscou jubile | Courrier international
    https://www.courrierinternational.com/depeche/trump-se-desengage-du-moyen-orient-poutine-se-rejouit.afp.com

    Syrie. La France accepte d’écarter les Kurdes des pourparlers | L’Humanité. Par PIERRE BARBANCEY
    http://www.humanite.fr/la-france-accepte-decarter-les-kurdes-des-pourparlers-597333

    « Soutenue par l’#Arabie_saoudite, le #Qatar, la #Turquie et la #France, une frange de l’opposition, dans laquelle on trouve beaucoup d’islamistes, menace de ne pas se rendre à Genève si les Kurdes, dont la branche armée est à l’origine des défaites de Daech en Syrie, est présent. »

    #Syrie #Kurdistan #Kurdes #Relations_Internationales

    Syrie : tractations internationales à Vienne sur fond d’attentats à Paris | Courrier international
    http://www.courrierinternational.com/depeche/syrie-tractations-internationales-vienne-sur-fond-dattentats-

    –Al Nosra, l’étrange allié de la diplomatie française, par Jacques Marie Bourget - Mondafrique
    http://www.mondafrique.com/al-nusra-letrange-allie-de-la-diplomatie-francaise

    –Funeste rivalité entre Al-Qaida et Daech, par Julien Théron (Le Monde diplomatique, février 2015)
    http://www.monde-diplomatique.fr/2015/02/THERON/52632

    "La guerre en Syrie va bouleverser la donne. Vivement contesté, le président syrien Bachar Al-Assad libère des centaines d’islamistes radicaux au printemps 2011. Beaucoup d’entre eux rejoignent les rangs djihadistes (3). L’EII n’en attendait pas tant. Se crée alors le Front Al-Nosra, littéralement « front de la victoire », sa branche syrienne adoubée par Al-Qaida, confortant ainsi la propagande de M. Al-Assad, qui dénonce la révolution en la présentant comme l’œuvre du réseau djihadiste.

    M. Al-Baghdadi annonce en 2013 la fusion, sous son autorité, de l’EII et du Front Al-Nosra. Mais ce dernier, soutenu par Al-Qaida, refuse et provoque la rupture. L’EII se cherche, devient Etat islamique en Irak et en Syrie, puis simplement Organisation de l’Etat islamique (OEI)."

    –En #Syrie, vingt chefs rebelles victimes d’assassinats ciblés en un mois - L’Orient-Le Jour
    http://www.lorientlejour.com/article/963495/en-syrie-vingt-chefs-rebelles-victimes-dassassinats-cibles-en-un-mois

    –Quitte ou double de la Russie à Alep, par Jacques Lévesque (Le Monde diplomatique, novembre 2016)
    http://www.monde-diplomatique.fr/2016/11/LEVESQUE/56792
    Casse-tête américain à Mossoul, par Akram Belkaïd (Le Monde diplomatique, novembre 2016)
    http://www.monde-diplomatique.fr/2016/11/BELKAID/56793

    Pourquoi le régime syrien a survécu. par Adrien Cluzet 
    https://www.monde-diplomatique.fr/2021/07/CLUZET/63296

    –- #Turquie
    Le dessous des cartes - LA POLITIQUE ÉTRANGÈRE TURQUE DANS L’IMPASSE | ARTE
    http://ddc.arte.tv/nos-cartes/la-politique-etrangere-turque-dans-l-impasse

    Le dessous des cartes - ISTANBUL : CARREFOURS MULTIPLES (1/2) | ARTE
    http://ddc.arte.tv/nos-cartes/istanbul-carrefours-multiples-1-2
    http://ddc.arte.tv/uploads/program/carte_teaser/medium/a6d30410fc087c64ee0ee20b4477b4872f330566.jpg

    Le dessous des cartes - ISTANBUL SELON ERDOGAN (2/2) | ARTE
    http://ddc.arte.tv/nos-cartes/istanbul-selon-erdogan-2-2 #Documentaires

    –L’#Arabie-saoudite forme une "coalition islamique antiterroriste"
    http://www.latribune.fr/economie/international/l-arabie-saoudite-forme-une-coalition-islamique-antiterroriste-536191.html

    « L’Arabie saoudite, qui dirige une coalition arabe contre les rebelles chiites au Yémen, fait également partie de la coalition internationale qui, sous la conduite des Etats-Unis, combat le groupe jihadiste Etat islamique (EI) qui sévit en Syrie et en Irak. »

    Détruire Daech n’est pas l’objectif de la coalition formée par l’Arabie saoudite, par Mathieu Boch | ARTE Info
    http://info.arte.tv/fr/detruire-daech-nest-pas-lobjectif-de-la-coalition-formee-par-larabie-saoud

    Périls saoudiens, par Ibrahim Warde (Le Monde diplomatique, décembre 2015)
    http://www.monde-diplomatique.fr/2015/12/WARDE/54375

    L’Arabie saoudite annonce un déficit record en 2015 de 98 milliards de dollars — RT en français Avec AFP
    https://francais.rt.com/economie/12855-arabie-saoudite-budget-deficit?hash=76b00a3b-1b69-4e4d-a983-54753

    « Le pays a l’intention de diminuer les subventions sur l’eau, l’électricité et les carburants en raison de l’effondrement des prix du pétrole. Dans ce budget, une enveloppe de 51,9 milliards d’euros est réservé aux dépenses militaires et de sécurité soit 25,4% du budget du royaume pour 2016. »

    Arabie Saoudite. La chute du pétrole contraint Riyad à faire des économies | Courrier international
    http://www.courrierinternational.com/article/arabie-saoudite-la-chute-du-petrole-contraint-riyad-faire-des

    Arabie Saoudite. Rien ne va plus au royaume des Al-Saoud | Courrier international
    http://www.courrierinternational.com/article/arabie-saoudite-rien-ne-va-plus-au-royaume-des-al-saoud

    "Pour Brian Whitaker, l’aspect autocratique du régime constitue un problème fondamental. Nul besoin d’en référer à quiconque pour prendre une décision, et il peut arriver au roi Salmane de faire des choix inconsidérés, “ce qui risque d’avoir de lourdes conséquences pour l’avenir du pays”.

    Et de souligner que, pour les Saoudiens, dépenser sans compter est devenu la solution à tous les problèmes. “En 2011, inquiets des soulèvements populaires en Tunisie, en Egypte et en Libye, ils ont distribué 133 milliards de dollars [en embauches dans les forces de l’ordre, augmentations de salaires et construction de logements] pour étouffer l’opposition.” Idem en janvier, quand le nouveau roi a distribué deux mois de salaire aux fonctionnaires pour accompagner son arrivée sur le trône. 

    “Même si les Saoudiens ont les poches encore bien remplies, cela ne pourra pas durer éternellement. En plus, cela leur a désappris à explorer d’autres solutions."

    Yémen. Les Saoudiens paient le prix de leur politique antirévolutionnaire | Courrier international
    http://www.courrierinternational.com/article/yemen-les-saoudiens-paient-le-prix-de-leur-politique-antirevo

    En Arabie saoudite, des exécutions de masse qui aggravent les tensions confessionnelles. Par OLIVIER DA LAGE
    http://orientxxi.info/magazine/en-arabie-saoudite-des-executions-de-masse-qui-aggravent-les-tensions,11

    -"Dimanche 3 janvier à midi, la France n’a toujours pas réagi à l’exécution de l’opposant chiite saoudien Nimr Baqer Al-Nimr, alors que l’Union européenne et les États-Unis ont chacun exprimé leur inquiétude. L’ambassade saoudienne à Téhéran a été prise d’assaut et la tension avec Riyad est au plus fort. Ces assassinats vont encore aggraver les tensions dans la région et aviver encore plus les tensions confessionnelles entre sunnites et chiites, de la Syrie au Yémen en passant par l’Irak et le Liban." ;
    _"Il est vrai cependant que la détermination saoudienne à combattre les djihadistes semble connaître un regain de vigueur. Cela est davantage dû au fait que ces derniers, qu’il s’agisse d’Al-Qaida dans la péninsule Arabique (AQPA) ou de l’OEI, ont ouvertement déclaré la guerre à la famille Saoud, ce qui ne lui laisse guère d’autre choix que de riposter. C’est ainsi qu’il faut comprendre, le 14 décembre 2015, l’annonce précipitée de la formation d’une « coalition antiterroriste  » de 34 pays, parmi lesquels ne figurent ni l’Iran, ni l’Irak auxquels l’invitation n’a pas été adressée. Trois des pays cités par l’Arabie (le Pakistan, le Liban et la Malaisie ont d’ailleurs purement et simplement nié avoir été informés de leur appartenance à cette coalition dont la configuration et le mode de fonctionnement apparaissent particulièrement peu clairs5. De manière significative, les pays occidentaux, États-Unis en tête, qui faisaient depuis plusieurs mois pression pour que l’Arabie intensifie sa lutte contre les djihadistes de l’OEI, se sont montrés particulièrement discrets après la révélation par Riyad de la formation de cette coalition. D’autant qu’au Yémen, dans leur offensive contre les rebelles houthistes, les Saoudiens ferment les yeux, voire encouragent AQPA à étendre ses activités, les deux parties étant liées par une hostilité commune aux chiites.

    Tout comme la guerre menée par l’Arabie au Yémen depuis le mois de mars 2015 qui a déjà causé près de 6 000 morts, les exécutions du 2 janvier paraissent obéir davantage à une logique punitive qu’à un projet politique mûrement réfléchi. Les autorités de Riyad veulent affirmer leur détermination face à l’Iran, se poser en leader du monde sunnite, s’émanciper de la tutelle stratégique américaine." ;
    –"a lutte contre les djihadistes, en revanche, est l’apanage du prince héritier Mohammed Ben Nayef, qui a mené le combat de façon déterminée contre l’insurrection islamiste du début des années 2000, au point d’échapper de justesse à la mort en 2009 lors d’un attentat-suicide d’un militant d’Al-Qaida qui avait réussi à l’approcher, et d’être, pour cela, très estimé par l’administration américaine." ;
    –"Austérité et crise sociale, pauvreté, enlisement au Yémen, aliénation de la minorité chiite... : les perspectives pour l’Arabie saoudite en ce début d’année sont bien sombres. Et la politique menée par les dirigeants de Riyad pour répondre à ces défis donne le sentiment de relever de la fuite en avant bien davantage que d’une stratégie mûrement réfléchie."

    La grande peur de l’Arabie saoudite, par Alain Gresh (Le Monde diplomatique, mai 2014)
    https://www.monde-diplomatique.fr/2014/05/GRESH/50384

    Washington débordé par l’affrontement entre Riyad et Téhéran, par Akram Belkaïd (Le Monde diplomatique, mai 2015)
    https://www.monde-diplomatique.fr/2015/05/BELKAID/52945

    Petits arrangements avec le wahhabisme, par Nabil Mouline (Le Monde diplomatique, janvier 2018)
    https://www.monde-diplomatique.fr/2018/01/MOULINE/58270

    Proche-Orient : pétrole et religion n’expliquent pas tout, par Cécile Marin (Le Monde diplomatique, mai 2015)
    https://www.monde-diplomatique.fr/cartes/proche-orient-divers-et-militaire


    http://zinc.mondediplo.net/messages/14753
    #OPEP
    #Arabie_saoudite
    #Relations_internationales_Orient_Arabie_Saoudite #Energies #Iran #Relations_internationales_Orient_Iran

    Profil bas pour le #Qatar, par Alain Gresh (Le Monde diplomatique, juin 2016)
    https://www.monde-diplomatique.fr/mav/147/GRESH/55678

    Histoires d’Info. Le Qatar et l’Arabie saoudite : l’Iran comme pierre de discorde
    http://www.francetvinfo.fr/replay-radio/histoires-d-info/histoires-d-info-le-qatar-et-l-arabie-saoudite-l-iran-comme-pierre-de-d

    « Cette alliance prend la forme du Conseil de coopération du Golfe, lancé officiellement en 1981 et composé de six pays : Oman, Koweit, Bahrein, Emirats arabes unis, Qatar et Arabie saoudite. »

    #Relations_internationales_Orient_Qatar

    Drôle de guerre dans le Golfe, par Fatiha Dazi-Héni (Le Monde diplomatique, juillet 2017)
    https://www.monde-diplomatique.fr/2017/07/DAZI_HENI/57677

    Au Proche-Orient, la stratégie saoudienne dans l’impasse, par Gilbert Achcar (Le Monde diplomatique, mars 2018)
    https://www.monde-diplomatique.fr/2018/03/ACHCAR/58462
    #Energies et #Relations_Internationales

    #Yémen, silence on tue ! par HELEN LACKNER
    http://orientxxi.info/magazine/yemen,1120
    #Relations_internationales_Orient_Yémen

    Au Yémen, une année de guerre pour rien, par Laurent Bonnefoy (Le Monde diplomatique, mars 2016)
    https://www.monde-diplomatique.fr/2016/03/BONNEFOY/54923

    Ambitions émiraties dans le golfe d’Aden
    À Socotra, la paix s’est envolée
    https://www.monde-diplomatique.fr/2021/09/MULLER/63485

    Une monarchie de plomb règne sur #Bahreïn. par Marc Pellas
    https://www.monde-diplomatique.fr/2021/11/PELLAS/63988 #Royaume-Uni

    #EAU #Emirats_arabes_unis
    Les Émirats arabes unis, de « la côte des pirates » à la planète Mars, Antoine AJOURY , le 02 décembre 2021
    https://www.lorientlejour.com/article/1283414/les-emirats-arabes-unis-de-la-cote-des-pirates-a-la-planete-mars.html

    #Turquie
    L’emballement guerrier du président turc, par Akram Belkaïd (Le Monde diplomatique, septembre 2015)
    http://www.monde-diplomatique.fr/2015/09/BELKAID/53683

    Turquie : 102 morts en cinq jours dans une opération anti-PKK | Courrier international
    http://www.courrierinternational.com/depeche/turquie-102-militants-kurdes-tues-dans-une-operation-anti-pkk
    #Turquie #Orient

    Les conversations téléphoniques entre Daech et la police turque
    http://www.europe1.fr/international/quand-daech-et-la-police-turque-se-telephonent-2676376 #OEI #Daesh

    #Turquie : les journalistes de Cumhuriyet Can Dündar et Erdem Gül condamnés à cinq ans de prison
    http://www.lemonde.fr/europe/article/2016/05/06/coups-de-feu-devant-le-palais-de-justice-d-istanbul-le-journaliste-can-dunda
    #Turquie_Droits_humains #Droits_humains_journalisme

    -"Les deux hommes risquaient la prison à vie pour avoir divulgué dans leurs articles un trafic d’armes organisé par les services secrets turcs (MIT) à destination de la rébellion en Syrie." ;
    –"Le président Recep Tayyip Erdogan et le MIT se sont constitués parties civiles, leurs avocats insistaient pour que la charge de « terrorisme » figure au dossier. Mais le procureur ne les a pas suivis, refusant également la charge d’espionnage. Vendredi, le tribunal délibérait de « la révélation de secrets d’Etat », la dernière charge retenue contre les deux journalistes."

    France/Monde | Coup d’État : l’armée prend le pouvoir, le sort d’Erdogan incertain
    http://www.ledauphine.com/france-monde/2016/07/15/turquie-deploiement-de-troupes-a-istanbul

    Turc, j’ai cru que j’allais me réveiller dans un pays en ruine. Ce qui m’attend est pire - le Plus
    http://leplus.nouvelobs.com/contribution/1539958-turc-j-ai-cru-que-j-allais-me-reveiller-dans-un-pays-en-ru

    La Turquie ordonne la fermeture de 45 journaux, 16 chaînes de TV, 23 stations de radio, 3 agences de presse
    http://tempsreel.nouvelobs.com/en-direct/a-chaud/25910-turquie-turquie-ordonne-fermeture-journaux-chaines.html

    La sale guerre du président Erdoğan, par Laura-Maï Gaveriaux (Le Monde diplomatique, juillet 2016)
    http://www.monde-diplomatique.fr/2016/07/GAVERIAUX/55960

    "Rien ne permet d’étayer ces allégations. En revanche, de nombreux observateurs et diplomates ont critiqué la facilité avec laquelle les candidats au djihad, tout comme les camions chargés de pétrole de contrebande, pouvaient franchir la frontière avec la Syrie."

    "Selon les informations recueillies sur place auprès de journalistes locaux et d’élus HDP, il est aussi très probable que le Jitem, le service de renseignement et d’antiterrorisme de la gendarmerie, ait refait son apparition, alors qu’on le pensait dissous. Ce groupe clandestin, organisé en cellules composées de gendarmes, de militaires et de membres du groupe ultranationaliste des Loups gris"

    " « Je ne sais pas si la France a fait une révolution du peuple ou une révolution bourgeoise. Mais nous, au Kurdistan, nous avons compris qu’il fallait réformer la révolution ! La démocratie kurde est féministe, écologiste, basée sur l’autonomie locale. C’est pour cela qu’ils traînent les cadavres suppliciés de nos femmes dans les rues, qu’ils détruisent notre environnement et arrêtent nos maires. »"

    Trente ans de conflit au #Kurdistan (Le Monde diplomatique, juillet 2016)
    http://www.monde-diplomatique.fr/2016/07/A/55974
    #Relations_Internatinales_Histoire #Kurdes

    Le président Erdoğan signe la fin du « modèle turc », par Jean Marcou (Le Monde diplomatique, avril 2017)
    https://www.monde-diplomatique.fr/2017/04/MARCOU/57386
    Géopolitique schématique de la Turquie, par Cécile Marin (Le Monde diplomatique, avril 2017)
    https://www.monde-diplomatique.fr/cartes/geopo-turquie

    #Israël
    L’inéluctable déclin du sionisme de gauche, par Thomas Vescovi
    https://www.monde-diplomatique.fr/2021/05/VESCOVI/63055

    Naftali Bennett, le triomphe du nationalisme mystique juif
    https://orientxxi.info/magazine/naftali-bennett-le-triomphe-du-nationalisme-mystique-juif,4828

    Déconstruction d’une histoire mythique
    Comment fut inventé le peuple juif
    https://www.monde-diplomatique.fr/2008/08/SAND/16205

    De Theodor Herzl à la naissance d’Israël
    https://www.monde-diplomatique.fr/mav/98/LAURENS/18052

    La dualité du projet sioniste
    https://www.monde-diplomatique.fr/mav/157/ACHCAR/58306

    2021Adieu Bibi ?
    http://www.regards.fr/monde/article/adieu-bibi

    #Palestine
    Guerres sans fin contre les Palestinien
    par Alain Gresh
    https://www.monde-diplomatique.fr/2021/06/GRESH/63207

    Israël-Palestine : escalade d’indigence au 20h de France 2 (Partie 1)
    par Arnaud Galliere, Pauline Perrenot, jeudi 29 juillet 2021
    https://www.acrimed.org/Israel-Palestine-escalade-d-indigence-au-20h-de

    –Dossier
    Vers la fin des guerres sans fin ?
    https://www.monde-diplomatique.fr/2021/09/A/63497
    #Afghanistan

    • Journée de deuil national au Liban après les attentats - Capital.fr
      http://www.capital.fr/a-la-une/actualites/journee-de-deuil-national-au-liban-apres-les-attentats-1085247

      En rompant un contrat financier, l’Arabie pourrait déstabiliser le Liban
      http://geopolis.francetvinfo.fr/en-rompant-un-contrat-financier-l-arabie-pourrait-destabiliser

      Au #Liban, un futur président sous contrôle, par Akram Belkaïd (Le Monde diplomatique, avril 2016)
      https://www.monde-diplomatique.fr/2016/04/BELKAID/55193
      Le Hezbollah maître du jeu libanais, par Marie Kostrz (Le Monde diplomatique, avril 2016)
      https://www.monde-diplomatique.fr/2016/04/KOSTRZ/55214

      Un habitant sur deux est un réfugié : le Liban lance un SOS au monde !
      http://geopolis.francetvinfo.fr/un-habitant-sur-deux-est-un-refugie-le-liban-lance-un-sos-au-m

      "Sur le plan politique et économique, le Liban est déstabilisé par le conflit syrien. En février 2016, l’Arabie saoudite a décidé de fermer ses vannes pour procéder à « une évaluation de ses relations avec le Liban ». En cause : « la mainmise du Hezbollah sur l’Etat en dépit de la volonté de Ryad de venir en aide aux Libanais, sans distinction ». Cela s’est traduit par l’assèchement de son aide de trois milliards à l’armée libanaise mais aussi par l’interruption de crédits pour les programmes sociaux."

      Coup de tonnerre politique dans le ciel libanais
      http://orientxxi.info/magazine/coup-de-tonnerre-politique-dans-le-ciel-libanais,2103

      Une institution à l’origine d’une catastrophe financière
      Tempête sur la Banque du Liban
      par Angélique Mounier-Kuhn 
      https://www.monde-diplomatique.fr/2021/08/MOUNIER_KUHN/63396

    • Bon, en attendant l’injonction à "l’union nationale" aux côtés de racistes, de démagos sauce racisme belliciste, et autres saboteurs des principes démocratiques élémentaires et des droits "fondamentaux"  :

      –5 chiffres qui pourraient changer votre perception du terrorisme | 3millions7 ("élèves (...) du Centre de Formation des Journalistes")
      http://3millions7.cfjlab.fr/2015/05/14/5-chiffres-terrorisme

      Mué, mais quelle est la définition d’une "attaque", et d’une "attaque faisant un blessé" ?

      -"Le graphique ci-dessous comptabilise les actes terroristes en Europe de l’Ouest entre 2000 et 2013. Un acte de terrorisme est défini comme une attaque commise pour diffuser un message à visée politique, économique, religieuse ou sociale, faisant au moins un mort ou un blessé." ;
      –"Les internautes protestaient contre l’emploi du terme “fou” pour qualifier l’auteur de la tuerie, alors que le mot “terroriste” aurait été immédiatement utilisé, selon eux, si l’homme avait été musulman." ;
      –"Si le terrorisme islamique reste très marginal en Europe par rapport aux autres formes de terrorisme, il est en revanche le plus meurtrier." ;
      –"À l’échelle du monde, peut-on dire que le terrorisme tue plus de musulmans que de chrétiens, de juifs et d’athées ? C’est ce que prétend un rapport de 2011 du Centre national du contreterrorisme (NCTC) des États-Unis. Les chiffres qui y sont présentés sont éloquents : entre 82 et 97 % des victimes du terrorisme (tous types confondus) entre 2005 et 2010 à travers le monde étaient musulmanes." ;
      –"D’après des chiffres de la Global Terrorism Database, entre 2000 et 2013, plus de 60 % des attentats terroristes ont eu lieu dans des pays où la population est en majorité musulmane." ;
      –"D’après un décompte de la BBC sur la même base de données entre 2004 et 2013, sept pays figurent parmi les 10 plus touchés par le terrorisme international, au premier rang desquels l’Irak, l’Afghanistan et le Pakistan, qui concentrent à eux trois les 2 / 3 des morts du terrorisme dans le monde." ;

      –L’Occident n’est pas au cœur du terrorisme islamiste | Slate.fr, Par Moisés Naím
      Editorialiste
      http://www.slate.fr/story/103617/fiez-pas-aux-apparences-du-terrorisme

      –Et l’origine des terroristes commettant le plus d’attaques dans le monde est... | Atlantico.fr, par Arnaud Blin
      http://www.atlantico.fr/decryptage/et-origine-terroristes-commettant-plus-attaques-dans-mondeest-alain-blin-1
      http://www.atlantico.fr/sites/atlantico.fr/files/styles/une/public/images/2014/09/rtr3wkoj.jpg

      -"Selon les statistiques d’Europol, sur les 5 dernières années 2 % des attaques terroristes en Europe ont été perpétrées pour des "raisons religieuses". La majorité de ces actes sont le fait de groupes séparatistes." ;
      –"il faut regarder les choses à plus long terme et de manière plus globale que l’instantané fourni par les données d’Europol. Surtout, il faut garder en tête que le terrorisme se définit par son caractère psycologico-émotionel et que la perception des faits et leur impact est beaucoup plus important que les données brutes. Et même si une majorité des attentats est motivée par des considérations séparatistes et que, en conséquence, la plupart des auteurs de ces actes ne sont pas des combattants islamistes, cela ne change pas grand-chose à la donne. Ce qu’il faut voir, c’est qu’une bombinette sur un bungalow en Corse ne va pas avoir la même charge émotionnelle que la tuerie de Charlie Hebdo. En matière de terrorisme, tout est dans le caractère de l’attentat et les séparatistes corses, par exemple, sont tout à fait conscients qu’un attentat trop violent nuirait à leurs intérêts et serait contre productif. Au contraire, dans la mesure où les militants islamistes cherchent à briser une société entière, leurs attentats vont avoir un caractère intolérable. Contrairement à ce qu’on pense souvent, les terroristes ne cherchent pas nécessairement à commettre l’acte le plus violent ou le plus atroce mais celui susceptible de provoquer une réaction en rapport avec leurs objectifs" ;
      –"Il faut tout d’abord s’entendre sur ce qui constitue un attentat terroriste. Est-ce que, par exemple, les actes de terreurs commis par des groupes maffieux tombent dans cette catégorie ? La réponse à cette question, et d’autres semblables, donnera des résultats très différents." ;
      –"Historiquement, ce qu’on voit, c’est que les motivations changent avec la période : au tournant du 20e siècle, ce sont les anarchistes qui dominent, durant l’entre deux-guerres, ce sont les groupuscules d’extrême droite téléguidés par des gouvernements, puis, après la guerre, les groupes indépendantistes, suivis dans les années 60-70 par les groupuscules d’extrême- gauche et puis par les islamistes radicaux à partir des années 1980." ;
      –"L’autre raison pour laquelle les autres attentats sont moins visibles, c’est la peur qu’ont les autres groupes désormais d’être assimilés aux islamistes." ;
      –"Récemment, en Occident tout au moins, le nombre de victimes a été relativement limité mais n’oublions pas les milliers de victimes irakiennes, syriennes ou nigérianes, sans parler des 3000 morts de New York et Washington. N’oublions pas non plus que les Tigres Tamouls au Sri Lanka ou les FARC en Colombie ont provoqué dans un passé récent la mort de milliers de personnes. ;
      –"Il n’y a pas vraiment de consensus au niveau de la définition puisqu’avec une définition large, on pourrait taxer certains Etats comme les Etats-Unis de mener des campagnes de terreur à l’extérieur. Israël, notamment, est jugé par certains comme un « Etat terroriste », notion inacceptable pour une partie de la communauté internationale.
      Par ailleurs, un certain nombre de dirigeants politiques furent à un moment de leurs vies engagés dans des activités incluant la pratique du terrorisme. C’est la vieille histoire de savoir si on a affaire à un combattant de la liberté ou à un terroriste. Donc, est-ce qu’on juge l’acte ou les motivations derrière cet acte et ses conséquences ? Est-ce qu’on juge l’acte par le caractère de ses victimes (civiles ou militaires) ?"

      –7 clés pour comprendre le terrorisme en France depuis 40 ans - Le Temps
      http://www.letemps.ch/monde/2015/01/09/7-cles-comprendre-terrorisme-france-40-ans

      -"Ces informations sont issues de la base de données de la Global Terrorism Database de l’Université du Maryland. Si cette base mondiale fait référence, elle est aussi critiquée principalement en raison de son changement de méthodologie en 2011. Avec pour conséquence l’impression - faussée d’après les auteurs -, d’une explosion des chiffres du terrorisme ces trois dernières années, notamment des attentats suicides. Le débat est important : ces chiffres, souvent repris dans les médias, ont été utilisés par les gouvernements américains successifs pour justifier leur politique antiterroriste. Dans le cas des données que nous utilisons, la question ne se pose pas."

      –Paris deux fois inscrite sur la longue liste des attentats terroristes perpétrés en 2015
      http://www.latribune.fr/economie/international/paris-deux-fois-inscrite-sur-la-longue-liste-des-attentats-terroristes-per

      –TERRORISME ET ISLAM : QUE DISENT LES CHIFFRES ? - Rédigé par Avner Bar-Hen
      http://images.math.cnrs.fr/Terrorisme-et-Islam-que-disent-les.html

      -"Le dictionnaire Larousse définit (ici) le terrorisme comme un ensemble d’actes de violence (attentats, prises d’otages, etc.) commis par une organisation pour créer un climat d’insécurité, pour exercer un chantage sur un gouvernement, pour satisfaire une haine à l’égard d’une communauté, d’un pays, d’un système. Notons cependant qu’il existe plus de cent définitions du mot terrorisme (ici)." ;
      –"Europol note que les extrémistes de droite peuvent présenter des comportements violents et intimidants, mais ne sont en général pas qualifiés de terroristes (à l’exception, en 2013, d’une série de quatre attaques au Royaume-Uni réalisée par un même individu)." ;
      –"Les médias sociaux sont soupçonnés, selon Europol, d’avoir contribué à l’accélération des (auto) radicalisations parmi les ressortissants de l’UE." ;
      –"Le but de ce billet n’est pas de minimiser la vraie menace du terrorisme, et encore moins relativiser ou minimiser le choc des derniers attentats. Cependant, il faut se méfier de la peur irrationnelle du terrorisme et encore plus de l’utilisation de ces peurs pour justifier des restrictions de liberté."

      –Attentats de Paris, l’onde de choc (Le Monde diplomatique, février 2015)
      http://www.monde-diplomatique.fr/2015/02/A/52669

      –Après les tueries à Paris Le Monde diplomatique, 15 janvier 2015 (TERRORISME ET ANTITERRORISME, GÉOPOLITIQUE, FONDAMENTALISMES, ANTISÉMITISME, ISLAMOPHOBIE, RACISME, QUARTIERS POPULAIRES, LAÏCITÉ, MÉDIAS, IDÉES)
      http://www.monde-diplomatique.fr/dossier/tueriesparis

      –Dossier, Etats fantômes au Proche-Orient (Le Monde diplomatique, juillet 2014)
      http://www.monde-diplomatique.fr/2014/07/A/50611

      –Pétrole et Moyen-Orient : le dessous des cartes … Par Benjamin Louvet.
      http://leseconoclastes.fr/2016/01/petrole-moyen-orient-le-dessous-des-cartes-a-travers-le-prisme-petro

      –Dossier, Attentats de Paris : dans l’engrenage de la terreur (Le Monde diplomatique, décembre 2015)
      http://www.monde-diplomatique.fr/2015/12/A/54361

      –Au Proche-Orient, cinq conflits entremêlés , par Pierre Conesa (Le Monde diplomatique, décembre 2015)
      http://www.monde-diplomatique.fr/2015/12/CONESA/54363

      –Genèse du djihadisme, par Nabil Mouline (Le Monde diplomatique, décembre 2015)
      http://www.monde-diplomatique.fr/2015/12/MOULINE/54356

      –Cartes et chiffres sur le terrorisme et les attentats terroristes dans le monde. Graphiques et cartes sur le terrorisme et les attentats
      http://www.thucydide.com/realisations/comprendre/terrorisme/terrorisme-cartes.htm

      –Carte interactive. Quels sont les pays les plus touchés par le terrorisme ? | Courrier international
      http://www.courrierinternational.com/grand-format/carte-interactive-quels-sont-les-pays-les-plus-touches-par-le

      -"la Global Terrorism Database de l’Université du Maryland, est, comme n’importe base de donnée, régulièrement contestée. L’une des questions qu’elle pose concerne la définition même de terrorisme. Concept idéologique et sujet à controverse, cette dernière diffère d’un Etat à un autre et fait l’objet de nombreux débats". ;
      –"“l’usage illégal de la force et de la violence par un acteur non-étatique afin d’atteindre une cible politique, économique, religieuse ou sociale en recourant à la peur, la coercition ou l’intimidation”"

      –DAECH - NAISSANCE D’UN ÉTAT TERRORISTE, Arte
      http://www.arte.tv/guide/fr/056621-000/daech-naissance-d-un-etat-terroriste

      –De Jésus à Mahomet, par Akram Belkaïd (Le Monde diplomatique, décembre 2015)
      http://www.monde-diplomatique.fr/2015/12/BELKAID/54382

      –Les mondes de l’islam 2/10 : sunnites, chiites, etc., par Camille Renard France Culture
      http://www.franceculture.fr/2015-12-16-les-mondes-de-l-islam-210-sunnites-chiites-etc

      –Qu’est-ce qui oppose les sunnites et les chiites ? Par Louis Imbert
      http://www.lemonde.fr/proche-orient/article/2016/01/08/qu-est-ce-qui-oppose-les-sunnites-et-les-chiites_4844042_3218.html

      -"Les religieux chiites sont structurés en une véritable hiérarchie cléricale, à la différence des oulémas (théologiens) sunnites." ;
      –"Les divisions entre sunnites et chiites fluctuent à travers l’Histoire, selon les luttes politiques. Au XVIe siècle, la dynastie safavide, qui impose le chiisme en Iran, combat ainsi la Turquie ottomane, sunnite, même si la religion n’explique qu’en partie leur différend.
      A l’époque moderne, en 1979, la révolution islamique iranienne polarise le Moyen-Orient. La volonté iranienne d’exporter sa révolution et sa politique de soutien à des groupes armés chiites, en premier lieu le Hezbollah, au Liban, mais aussi au Koweït, cristallisent les rivalités avec les pays arabes sunnites de la région, qui soutiennent Saddam Hussein dans sa guerre contre l’Iran (1980-1988). Au même moment l’Arabie saoudite, où le wahhabisme, un courant du sunnisme ultrarigoriste et antichiite, est religion d’Etat, soutient le djihad antisoviétique en Afghanistan. Al-Qaida s’y forgera.
      En 2003, l’invasion américaine de l’Irak déclenche une guerre civile entre chiites et sunnites irakiens. La branche irakienne d’Al-Qaida y développe un djihad spécifiquement antichiite, et forme, avec le renfort d’anciens cadres du régime de Saddam Hussein, la matrice de l’actuelle organisation Etat islamique (EI). Celle-ci profite aujourd’hui du ressentiment des populations sunnites d’Irak contre le gouvernement dominé par les partis chiites, et sous influence iranienne. L’EI a par ailleurs mené des attentats terroristes contre des communautés chiites loin de ses lignes de front d’Irak et de Syrie, jusqu’en Arabie saoudite, au Koweït, au Yémen et au Liban.
      En 2011, dans la foulée des « printemps arabes », la Syrie bascule dans la guerre civile. La répression du régime, tenu par la minorité alaouite (une branche du chiisme) à laquelle appartient la famille Assad, a favorisé la montée en puissance d’un extrémisme sunnite, communauté dont est issue la quasi-totalité de la rébellion anti-Assad. Par la suite, le régime a libéré des prisonniers djihadistes sunnites, dont certains ont rejoint l’EI, le Front Al-Nosra (la branche syrienne d’Al-Qaida) et des groupes radicaux, afin de diviser et discréditer l’opposition comme la rébellion." ;
      –"Le conflit syrien est devenu un terrain d’affrontement, par alliés interposés, entre l’Iran, dont les forces et les milices chiites internationales (Liban, Irak, Afghanistan) combattent aux côtés des troupes régulières et de la Russie, et les puissances sunnites que sont l’Arabie saoudite, la Turquie et les monarchies du Golfe, qui appuient des groupes rebelles.
      Arrivé au pouvoir en janvier 2015 en Arabie saoudite, le roi Salmane a adopté une stratégie agressive pour contrer l’influence iranienne au Moyen-Orient. Ce raidissement s’est matérialisé par l’entrée en guerre de l’Arabie saoudite au Yémen, en mars 2015. Le royaume saoudien, qui a formé une coalition de neuf pays arabes sunnites, cherchait à empêcher la rébellion des houthistes, de confession zaïdite (une branche du chiisme), alliés à l’Iran, de s’emparer de son voisin du Sud."

      Vu que l’OEI a acquis des caractéristiques d’un état, ne devient-elle pas plus simple à atteindre qu’une constellation de terroristes anonymes et éparpillés ? Par exemple en s’attaquant à la manne pétrolière, à son économie, ou en menant des opérations de déstabilisation (?) pour lui faire perdre le contrôle sur la population ?
      #OEI #Terrorisme #Daesh #Relations_Internationales #Orient #Proche-Orient #Religions #Islam #Documentaires #Pétrole

      Attentats à Paris : Marc Trevidic dit ses 4 vérités - YouTube
      https://www.youtube.com/watch?v=Oz0WKTmmTxs&sns=

      Dans un message en français, "Anonymous" promet de lancer "l’opération la plus importante jamais réalisée" contre Daech
      http://tempsreel.nouvelobs.com/en-direct/a-chaud/12237-attaquesparis-daech-message-francais-anonymous-promet.htm

      Anonymous France n’est pas l’auteur de la vidéo postée dans de nombreux médias
      http://www.latribune.fr/technos-medias/internet/anonymous-france-n-est-pas-l-auteur-de-la-video-postee-dans-de-nombreux-me

      La terreur et la contre-terreur sur le web | ARTE Info
      http://info.arte.tv/fr/la-terreur-et-la-contre-terreur-sur-le-web

      Dérangé par l’indifférence quand la même chose se produit dans ce qu’on nommait avant le tiers-monde, ou encore quand un anonyme périt des conséquences de "plans d’ajustement structurel" au nom d’impératifs comptables(sans être donneur de leçon ou prendre une posture de jugement).

      Paris-Beyrouth : la compassion à géométrie variable - Rue89 - L’Obs
      http://rue89.nouvelobs.com/2015/11/15/paris-beyrouth-pourquoi-cette-compassion-a-geometrie-variable-26210

      -"La légitime compassion des Occidentaux pour « leurs » victimes du terrorisme ne devrait pas faire oublier les autres victimes du terrorisme ailleurs, ni l’introspection sur leur propre comportement, en particulier dans les pays arabo-musulmans eux-mêmes.

      Ce message de compassion et de solidarité est non seulement « normal », humain pourrait-on dire ; il est aussi le seul moyen de déconstruire le discours des extrémistes qui dénoncent nos hypocrisies pour mieux couvrir leurs propres crimes."

      Vu du Pakistan. L’Europe et les Etats-Unis responsables des attaques de Paris ? | Courrier international
      http://www.courrierinternational.com/revue-de-presse/vu-du-pakistan-leurope-et-les-etats-unis-responsables-des-att

      -"Au Pakistan, les attaques terroristes de Paris réveillent le douloureux souvenir de l’attentat perpétré en décembre 2014 par les talibans contre une école militaire de Peshawar, qui avait causé la mort de 132 enfants. Dans son éditorial du dimanche 15 novembre, le site Dawn relève “d’étranges similitudes” entre deux événements qui portent la marque d’une “vérité simple” : les militants de l’islam radical “voient des ennemis partout – musulmans, chrétiens, hindous, non-croyants” et l’Etat islamique tue “sans discernement”, comme le faisait Al-Qaïda." ;
      –"Selon le Daily Times, l’émergence de l’Etat islamique “est la conséquence directe des politiques désastreuses menées par les Etats-Unis et leurs alliés en Irak et en Syrie”. En créant “un vide” institutionnel dans ces deux pays, puis en s’en retirant, les Occidentaux ont “ouvert un espace” aux partisans du “califat”.

      “Oui, nos coeurs battent pour Paris, mais nous ne pouvons pas oublier que l’Europe a regardé en silence l’Etat islamique ravager la Syrie et l’Irak avant d’intervenir”, estime de son côté le quotidien The News, "

      Après les séquences "émotion" d’I-Télé et BFM ( le 10/12/15) :
      Paris, Madonna, Kano : photos et victimes inégales, par Daniel Schneidermann - Rue89 - L’Obs
      http://rue89.nouvelobs.com/2015/12/10/paris-madonna-kano-photos-victimes-inegales-262422

      "Madonna n’ira sans doute pas « où la terreur n’a pas de nom ». Où la terreur n’a pas de nom, c’est à Kano, au nord du Nigeria, où l’excellent blog « Making of » de l’AFP (à qui il faudrait attribuer collectivement tous les prix de journalisme) nous emmène. Ce pays où un attentat suicide succède à l’autre, sans hommages internationaux, sans discours commémoratifs des dirigeants, sans plus même de réactions de la population qui, raconte le correspondant de l’agence Aminu Abubakar, aussitôt après une explosion, attend la suivante."



      Eeeuh, article à prendre avec des pincettes ??!
      L’Etat islamique, cancer du capitalisme moderne | Middle East Eye, par Nafeez Ahmed
      http://www.middleeasteye.net/node/39507

      -la plus grosse évidence que personne ne veut voir concerne les infrastructures matérielles. Tout le monde peut nourrir des pensées mauvaises, horribles ou dégoûtantes. Mais elles restent de simples fantasmes à moins que l’on ne trouve un moyen de les manifester concrètement dans le monde qui nous entoure." ;
      –"Le professeur Bernard Haykel, de l’université de Princeton, s’est exprimé à ce sujet : « Je vois l’Etat islamique comme un symptôme d’un ensemble structurel de problèmes beaucoup plus profonds dans le monde arabe sunnite... [C’est] lié à la politique. A l’éducation et notamment au manque d’éducation. A l’autoritarisme. A l’intervention étrangère. Au fléau du pétrole... Je pense que même si l’Etat islamique venait à disparaître, les causes sous-jacentes qui sont à l’origine de l’Etat islamique ne disparaîtraient pas. Et ces causes devraient être abordées par des politiques, des réformes et des changements menés sur plusieurs décennies non seulement par l’Occident, mais aussi par les sociétés arabes. »

      Pourtant, comme nous l’avons vu avec le Printemps arabe, ces problèmes structurels ont été exacerbés par une véritable tempête de crises politiques, économiques, énergétiques et environnementales interdépendantes, toutes couvées par l’aggravation de la crise du capitalisme mondial.

      Dans une région en proie à des sécheresses prolongées, à une défaillance de l’agriculture, à une chute des revenus pétroliers due au pic pétrolier local, à la corruption et à une mauvaise gestion économique aggravées par l’austérité néolibérale, et ainsi de suite, les Etats locaux ont commencé à s’effondrer. De l’Irak à la Syrie, de l’Egypte au Yémen, c’est cette même interconnexion entre des crises climatiques, énergétiques et économiques qui défait les gouvernements en place." ;

      –"C’est pourquoi le recours à une littéralité poussée à l’extrême et à une décontextualisation complète est une caractéristique si commune aux enseignements islamistes extrémistes : en effet, pour un individu crédule ayant une faible connaissance de l’érudition islamique, à première vue tout cela semble vrai sur le plan littéral.

      Basées sur des décennies d’interprétation erronée et sélective des textes islamiques par les idéologues militants, les sources sont soigneusement extraites et triées sur le volet pour justifier le programme politique du mouvement : un règne tyrannique, des massacres massifs et arbitraires, l’assujettissement et l’asservissement des femmes, et ainsi de suite ; des éléments qui deviennent tous partie intégrante de la survie et de l’expansion de l’« Etat »" ;

      –"En fin de compte, l’Etat islamique est un cancer du capitalisme industriel moderne en plein effondrement, un sous-produit fatal de notre dépendance inébranlable à l’or noir, un symptôme parasitaire de l’escalade des crises de civilisation qui secouent à la fois le monde musulman et le monde occidental. Tant que l’on ne s’attaque pas aux racines de ces crises, l’Etat islamique et ses semblables ne sont pas prêts de disparaître."

      –-Vu de Russie. François Hollande directement visé ? | Courrier international
      http://www.courrierinternational.com/article/vu-de-russie-francois-hollande-directement-vise
      Vu d’Espagne. La France, cible “logique” des djihadistes | Courrier international
      http://www.courrierinternational.com/article/vu-despagne-la-france-cible-logique-des-djihadistes
      Ces (nombreux) pays que l’existence de Daech arrange bien - L’Obs
      http://tempsreel.nouvelobs.com/attentats-terroristes-a-paris/20151119.OBS9827/ces-nombreux-pays-que-l-existence-de-daech-arrange-bien.html

      Terrorisme : et si on cherchait les causes du côté du changement climatique ?
      http://www.reporterre.net/Terrorisme-et-si-on-cherchait-les-causes-du-cote-du-changement-climatiqu

      -"La question est aussi difficile en raison de son aspect transversal : « Il y a un cloisonnement entre les scientifiques d’un côté, qui se sont un peu perdus dans les détails visant à prouver l’existence du réchauffement climatique – ce qui est désormais une évidence – et les chercheurs en sciences sociales, habituellement réticents à spéculer, et donc mal à l’aise avec la problématique du climat. De la même manière que la guerre ne doit pas être laissée aux seuls généraux, le changement climatique est trop important pour être abandonnée aux climatologues », analyse Charles B. Strozier." ;

      –"aborder la politique de défense selon les risques que fait courir le réchauffement climatique. Une vision préventive inspirée du concept de « Green defense ».
      La nécessité s’est fait jour aux yeux de la sénatrice EELV lorsqu’elle a travaillé sur la piraterie somalienne : « On y répondait par une approche extrêmement sécuritaire, en augmentant le nombre de bateaux par exemple. Mais on ne solutionnera pas le problème si l’on ne comprend pas que 95% des pirates sont d’anciens pêcheurs paupérisés par la raréfaction des ressources halieutiques. Et ça, c’est la crise écologique, que ce soit par le biais de l’acidification des océans engendré par le réchauffement climatique, par le problème de la surpêche ou bien par encore la pollution des eaux… »" ;

      –" si le problème du climat a bel et bien pénétré les consciences du XXIe siècle, on ne peut pas en dire autant de ses répercussions. « Faire du recyclage, c’est bien, mais il faut que chacun pense à l’image d’ensemble. Echouer à réduire les émissions de gaz à effet de serre, c’est involontairement permettre à Daesh, Al-Quaida, Boko Haram, les Shebab ou à d’autres groupes extrêmistes de grandir. Lorsque nous réfléchissons au réchauffement climatique, il faut en comprendre tous les enjeux de notre monde interconnecté » écrivait ainsi Charles B. Strozier dans une tribune du Huffington Post."

      Aux origines climatiques des conflits, par Agnès Sinaï (Le Monde diplomatique, août 2015)
      http://www.monde-diplomatique.fr/2015/08/SINAI/53507

      –Tout comprendre sur l’Etat islamique en quatre questions, par YANN MENS | AlterEco+ Alterecoplus
      http://www.alterecoplus.fr/international/tout-comprendre-sur-letat-islamique-en-quatre-questions-201511181540-00

      –Le difficile combat contre l’argent de Daech, par CHRISTIAN CHAVAGNEUX | AlterEco+ Alterecoplus
      http://www.alterecoplus.fr/international/le-difficile-combat-contre-largent-de-daech-201511181120-00002528.html

      "si l’on en croît les études du Gafi et du Congrès américain, ses dirigeants semblent avoir recours essentiellement à un financement local difficilement contrôlable." ;
      –"Le raffinage s’effectue par des installations mobiles que les bombardements alliés tentent régulièrement de détruire. Il faut alors une dizaine de jours et dépenser 230 000 dollars pour chaque reconstruction d’usine. Le brut est vendu en partie au régime syrien ou bien est amené par des intermédiaires sur le marché international via la Turquie." ;
      –" empêcher que l’argent du terrorisme puisse circuler internationalement. L’EI a mis la main sur une centaine de filiales de banques en Irak, la prise de Mossoul rapportant 500 millions de dollars en cash, et sur une vingtaine en Syrie." ;
      –"Tout ceci est surveillé mais n’empêche pas l’argent du terrorisme de circuler. Selon le Gafi, les banques contrôlées en Syrie arriveraient à organiser des mouvements internationaux de capitaux par l’intermédiaire de leur maison mère à Damas et « il y a des juridictions avec lesquelles les banques opérant sur les territoires occupés par l’EI arrivent à maintenir des liens » mais l’institution ne précise pas lesquelles. De par leur offre d’opacité, il serait étonnant que les paradis fiscaux ne participent pas à ces réseaux. Mais plusieurs spécialistes du sujet consultés n’ont pas trouvé d’informations probantes pour l’instant" ;
      –"les autorités britanniques avouent que la City « est un exportateur net de finance terroriste », les djihadistes arrivant à utiliser le premier centre financier mondial pour obtenir de l’argent plus que pour le placer." ;
      –"La deuxième piste d’action repose sur une action internationale coordonnée sous l’égide d’un groupe de travail international mené par les Etats-Unis, l’Arabie Saoudite et l’Italie regroupant 25 autres pays dont la France." ;
      –"Après les attentats du 13 novembre, les Américains ont bombardé pour la première fois les files de camions citernes transportant le pétrole. Une action plus ferme de la Turquie, par laquelle passe cette contrebande, est réclamée par les alliés. Un travail de renseignement est nécessaire localement pour cartographier les routes de circulation de tous les produits sortants de la région afin de leur barrer la route."

      Face à l’Etat islamique, quels alliés pour la France ? par YANN MENS | AlterEco+ Alterecoplus
      http://www.alterecoplus.fr/international/face-a-letat-islamique-quels-allies-pour-la-france-201511171300-0000252

      -"Une intervention d’armées de pays de la région cette fois semble également difficile. Bien plus obsédée par l’Iran que par l’EI, l’Arabie Saoudite, puissance militaire modeste, est déjà empêtrée dans la guerre du Yémen contre un allié de Téhéran, le mouvement houthiste. Faute de troupes terrestres compétentes, elle s’y appuie sur celles des Emirats Arabes Unies" ;
      –"Quant à la Turquie, plus puissante militairement, elle a, jusqu’ici en tout cas, consacré l’essentiel de ses forces à son ennemi prioritaire, le PKK" ;
      –"les armées conventionnelles sont mal préparées à affronter les techniques de guérilla que pratiquent des groupes comme l’EI, d’autant que celui-ci les combine avec le terrorisme, en lançant par exemple des vagues d’attentats-suicide en ouverture de ses offensives." ;
      –"Le mouvement jihadiste contrôle une vaste région à l’est de la Syrie mais elle est relativement peu peuplée. La Syrie prioritaire pour le régime de Bachar al-Assad, c’est la moitié occidentale du pays. C’est là que se trouvent les grandes villes (Damas, Homs, Hama, Alep…) et le pays alaouite, une branche du chiisme qui représente environ 10% de la population syrienne et dont Assad lui-même ainsi qu’une proportion importante des dignitaires du régime sont issus." ;
      –"Ironie : les groupes appuyés par Washington font partie de ceux que la Russie a récemment bombardés" ;

      –"dans cette moitié orientale, le régime affronte deux types de forces principalement. La première est constituée de groupes très épars de rebelles dits modérés plus ou moins affiliés à l’Armée Syrienne Libre" ;
      –"La deuxième force, plus puissante, est une alliance formée de mouvements salafistes (sunnites fondamentalistes) syriens et de la branche syrienne d’Al-Qaida. " ;
      –"La catégorisation modérés/salafistes n’est ni absolument tranchée, ni parfaitement étanche, car en fonction des intérêts militaires du moment des groupes des deux tendances peuvent s’allier, des factions entières ou des combattants passer de l’une à l’autre, etc…

      En revanche, les deux tendances ont en commun de combattre à la fois le régime de Bachar al-Assad et l’Etat islamique." ;

      –"Jabhat al-Nusra, fidèle à la vision du monde d’Oussama Ben Laden" ;
      –"Autre force présente en Syrie et opposée à l’Etat Islamique, mais de manière circonscrite : le parti kurde PYG (Parti de l’union démocratique), branche syrienne du PKK" ;

      –"En Irak (...). L’effort militaire est en large partie le fait de milices financées, armées et encadrées directement par l’Iran. Des milices dont le contrôle réel, du coup, échappe largement au gouvernement et qui se livrent volontiers à des exactions contre la population civile sunnite quand elles reprennent des localités qui étaient sous le contrôle de l’EI." ;

      –" l’EI. Un mouvement dont la capitale se trouve certes en Syrie, mais dont la direction centrale est surtout formée d’Irakiens, et notamment d’anciens membres des services de sécurité de Saddam Hussein, lui-même sunnite, qui veulent de nouveau voir leur pays gouverné par des membres de cette communauté. Comme en Syrie, les partis kurdes d’Irak, qui contrôlent la région autonome du nord-est du pays, combattent résolument l’EI" ;

      –"Peut-on alors espérer qu’un soulèvement contre l’EI vienne de l’intérieur même des zones qu’il contrôle ? (...) les alternatives qui se présentent à celles-ci ne sont pas toujours plus enthousiasmantes : le chaos en Syrie, les exactions de milices encadrées par l’Iran en Irak. "

      –Daech expliqué en sept minutes - En bref - Le monde bouge - Télérama.fr #Vidéos :
      http://www.telerama.fr/monde/video-daech-explique-en-sept-minutes,128757.php
      http://images.telerama.fr/medias/2015/06/media_128757/etat,M235196.jpg
      #OEI #Relations_internationales #Terrorisme #Daesh #Orient

    • http://zinc.mondediplo.net/messages/9429
      http://zinc.mondediplo.net/messages/10325
      Mobilisation à l’ONU pour couper les vivres à l’Etat islamique
      http://www.latribune.fr/economie/mobilisation-a-l-onu-pour-couper-les-vivres-a-l-etat-islamique-533462.html
      L’Onu adopte à l’unanimité une résolution sur un plan de paix en Syrie - Libération
      http://www.liberation.fr/planete/2015/12/19/l-onu-adopte-a-l-unanimite-une-resolution-sur-un-plan-de-paix-en-syrie_14
      En Syrie, une issue politique bien incertaine, par Akram Belkaïd (Le Monde diplomatique, décembre 2015)
      http://www.monde-diplomatique.fr/2015/12/BELKAID/54365
      « Printemps arabe », autant en emporte le vent ?, par Hicham Alaoui (Le Monde diplomatique, décembre 2015)
      http://www.monde-diplomatique.fr/2015/12/ALAOUI/54368
      Le Conseil de sécurité des Nations unies entérine l’accord sur un gouvernement d’union en Libye
      http://www.lemonde.fr/afrique/article/2015/12/24/le-conseil-de-securite-des-nations-unies-enterine-l-accord-sur-un-gouverneme
      Printemps arabes : en cinq ans, quels changements ? | 28 minutes
      http://www.arte.tv/magazine/28minutes/fr/printemps-arabes-en-cinq-ans-quels-changements-28minutes
      #Libye #Syrie #Printemps_arabe #ONU #Orient #Proche-Orient

      Syrie. Retrait russe : le triple coup de Poutine | Courrier international
      http://www.courrierinternational.com/article/syrie-retrait-russe-le-triple-coup-de-poutine

      Comprendre la situation en Syrie en 6 minutes
      http://www.lemonde.fr/proche-orient/video/2015/10/27/comprendre-la-situation-en-syrie-en-5-minutes_4798012_3218.html

      Après l’accord #UE-#Turquie : les réfugiés de plus en plus en danger | Amnesty International France
      http://www.amnesty.fr/Nos-campagnes/Refugies-et-migrants/Actualites/Apres-accord-UE-Turquie-les-refugies-de-plus-en-plus-en-danger-18042

      « Loin de faire pression sur la Turquie pour qu’elle améliore la protection qu’elle offre aux réfugiés syriens, l’UE l’incite en fait à faire le contraire.

      La Turquie annonce maintenant fièrement la création d’une zone sûre irréalisable à l’intérieur de la Syrie. 

      La suite des événements ne fait aucun doute :Nous avons été témoins de la création de la Forteresse Europe, nous assistons désormais à la construction de la Forteresse Turquie. »

      Entre l’Allemagne et la #Turquie, l’enjeu des réfugiés, par Hans Kundnani & Astrid Ziebarth (Le Monde diplomatique, janvier 2017)
      http://www.monde-diplomatique.fr/2017/01/KUNDNANI/56972
      #Relations_internationales_Histoire #Histoire_Relations_internationales_

      "La longue histoire des relations germano-turques remonte à la fin du XIXe siècle, à l’époque de l’Empire allemand et de l’Empire ottoman, qui vivent alors en symbiose du fait de leur complémentarité stratégique et de leurs trajectoires presque opposées. L’Allemagne, puissance montante au centre de l’Europe, que l’anthropologue Helmuth Plessner qualifiait de « nation retardataire » (verspätete Nation) du fait de sa naissance tardive, en 1871, tente de rivaliser avec le Royaume-Uni et la France. L’Empire ottoman, surnommé « l’homme malade de l’Europe », occupe, malgré son déclin, une position stratégique au Proche-Orient, notamment en contrôlant le canal de Suez, inauguré en 1869"

      "Guillaume II lui demande par exemple une concession pour construire une voie de chemin de fer reliant Berlin à Constantinople, le premier tronçon de la future ligne Berlin-Bagdad. Ce nouvel itinéraire permet de réduire le temps de transport des matières premières nécessaires à l’industrie florissante du pays"

  • Un général accusé d’avoir couvert des actes de torture brigue la présidence d’Interpol | Mediacités

    Inspecteur général de la police des #ÉmiratsArabesUnis, #AhmedNasserAl-Raisi est, pour le moment, le seul candidat connu à la tête de l’agence mondiale basée à #Lyon. Deux britanniques, dont l’un a accepté de témoigner pour #Mediacités, l’accusent d’avoir fermé les yeux sur des actes de torture dont ils disent avoir été victimes.

    https://www.mediacites.fr/enquete/lyon/2020/11/10/un-general-accuse-davoir-couvert-des-actes-de-torture-brigue-la-presidenc

    #interpol #police

  • BBC Two - Newsnight, Uighurs in Exile : Arrested and deported back to China
    https://www.bbc.co.uk/programmes/p08t0pfp

    Newsnight reveals Uighurs in the Middle East have been targeted by nations including Saudi Arabia, in apparent cooperation with China’s notorious crackdown on the ethnic minority.

    Hassina Mechaï sur Twitter :

    « (L’#Arabie_saoudite, les #Émirats_arabes_unis et l’Égypte ont arrêté des musulmans #ouïghours exilés et les ont expulsés vers la #Chine en collaboration avec Pékin). » / Twitter
    https://twitter.com/HassinaMechai/status/1312634710766608385

  • Un argumentaire pointu contre la normalisation
    BDS MALAYSIA, New Straits Times le 6 septembre 2020
    https://www.bdsfrance.org/un-argumentaire-pointu-contre-la-normalisation

    la meilleure façon d’aider le peuple palestinien est de s’abstenir de normaliser les relations avec Israël et de continuer à boycotter et à imposer des sanctions contre l’État d’apartheid qui a ignoré d’innombrables lois, conventions et résolutions internationales lui demandant de respecter les droits humains des Palestiniens.

    #Palestine #Emirats_arabes_unis #Malaisie #BDS #Boycott #normalisation

    • Et si les Palestiniens, abandonnés par leurs alliés naturels, les pays arabes et musulmans, depuis longtemps, sans aucune ambiguïté, à commencer par la Jordanie, où ils sont en majorité, un comble ; pensaient à entrer dans la danse de la paix pour s’y faire valoir autre chose que le titre de groupuscule-s terroriste-s et lanceurs de roquettes ?
      Et s’ils ne le faisaient pas, ce serait parce que toute leur stratégie est celle du blocage, et jamais de la négociation, ce qui leur permet de se faire plaindre, en permanence, pour qu’on ne pose pas sur la table les cartes des abus et crimes des « deux côtés » ?
      Et s’ils comprenaient, eux aussi, qu’on ne fait la paix qu’avec des ennemis, au lieu de refuser d’être partie prenante de ce processus inédit ?

  • Netanyahou a approuvé en privé le plan étasunien de vente d’armes aux EAU, disent de hauts responsables
    Mark Mazzetti, Edward Wong et Michael LaForgia, The New-York Times, le 3 septembre 2020
    https://agencemediapalestine.fr/blog/2020/09/09/netanyahou-a-approuve-en-prive-le-plan-etasunien-de-vente-darme

    #israel #USA #Émirats_arabes_unis #armes #F35

    Un article qui n’est pas tendre avec les administrations israéliennes, américaines et émiraties, et qui émane encore une fois du New-York Times dont la ligne pro-israélienne ne cesse de connaître des accrocs...

    A rajouter à ma recension sur l’évolution du #New-York_Times vis à vis de la Palestine :
    https://seenthis.net/messages/793061

  • Accord avec Israël : des artistes arabes boycottent les Émirats
    https://www.lecourrierdelatlas.com/accord-avec-israel-des-artistes-arabes-boycottent-les-emirats

    (...) « Considérant que si l’art n’est pas étroitement lié à des questions humanitaires et de justice, il n’a pas de valeur, j’annule ma participation à votre exposition », a écrit Mohamed Badarne à la fondation d’art de Charjah, l’un des sept émirats de la Fédération. Basé à Berlin, le photographe palestinien a rapidement pris sa décision. En tant que « peuple sous occupation, nous devons prendre position contre tout ce qui a trait à la réconciliation avec l’occupant » israélien, a-t-il ajouté à l’AFP.

    Sur les réseaux sociaux, des personnalités du monde culturel de plusieurs pays arabes comme l’Algérie, l’Irak, Oman, la Tunisie, mais aussi les Émirats, ont dénoncé la position d’Abou Dhabi. Un « jour triste et catastrophique », a estimé sur Facebook Dhabiya Khamis. L’écrivaine émiratie a ajouté « Non à la normalisation entre Israël et les Emirats, et les pays du Golfe arabe ! Israël est l’ennemi de la nation arabe tout entière », lorsque l’accord a été annoncé.
    (...)
    La romancière marocaine Zohra Ramij, qui y est en lice avec son roman « La salle d’attente », a annoncé son retrait « en solidarité avec le peuple palestinien ». Le poète marocain Mohammed Bennis s’est lui retiré du comité d’organisation du prix.

    « Ce serait pécher que d’obtenir un prix » émirati, considère l’auteur palestinien Ahmed Abou Salim. Il s’est de son côté retiré de la compétition pour le Prix international de la fiction arabe (IPAF). Soutenu par la fondation du Booker Prize à Londres, ce prix est financé par les autorités d’Abou Dhabi. Dans une lettre, d’anciens lauréats et membres du jury ont demandé aux responsables de l’IPAF de ne plus accepter les financements émiratis.
    (...)
    Le poète palestinien Ali Mawassi souligne que même quand les États décident de normaliser leurs relations, les populations ne se sentent pas forcément tenues d’en faire de même. La plupart des artistes égyptiens et jordaniens « refusent toujours de s’associer avec quoi que ce soit de lié à Israël ». Mais selon le poète, « il y a de nombreux artistes qui resteront silencieux (…) pour profiter de l’argent émirati ».

    #BDS

  • « Accord d’Abraham » : les Émirats arabes unis ciblés par une campagne de boycott
    Par MEE - Published date : Mardi 1 septembre 2020 | Middle East Eye édition française
    https://www.middleeasteye.net/fr/actu-et-enquetes/accord-abraham-emirats-arabes-unis-campagne-boycott

    Une vingtaine d’anciens lauréats, présélectionnés, membres du jury et ex-membres du conseil d’administration du Prix international de la fiction arabe (IPAF, appelé communément « Arabic Booker Prize ») ont appelé l’administration de ce prix, l’un des plus prestigieux du monde arabe, à refuser tout financement des Émirats arabes unis (EAU) après la conclusion de l’« accord d’Abraham » entre les EAU et Israël.

    L’appel a été lancé par le romancier palestinien Ibrahim Nasrallah, lauréat du Prix de la fiction arabe 2018 pour son livre The Second War of the Dog.

    L’IPAF est financé par le département du Tourisme et de la Culture d’Abou Dabi, depuis sa création en 2007, et est soutenu par la Booker Prize Foundation de Londres.

    Dans son texte publié sur Facebook et signé par les ex-lauréats et ex-jury de ce prix, Ibrahim Nasrallah considère « qu’à la lumière de la normalisation officielle des Émirats arabes unis avec l’entité colonialiste israélienne qui représente la pire des occupations à travers le monde […] nous appelons les secrétaires généraux du prix à assumer leur responsabilité culturelle historique pour protéger ce prix en cessant tout financement émirati ».
    Les EAU abrogent le boycott d’Israël

    Pour l’écrivain palestinien et ses cosignataires, dont l’écrivian libanais Elias Khoury, le romancier marocain Bensalem Himmich, le critique libanais Pierre Abi Saab ou l’universitaire palestinien Khaled Hroub, ancien membre du conseil d’administration du prix, l’objectif est de libérer le prix des financements étatiques afin de préserver son indépendance. (...)

    #BDS

  • Jordan releases cartoonist held over UAE drawing
    August 30, 2020 at 2:43 pm – Middle East Monitor
    https://www.middleeastmonitor.com/20200830-jordan-releases-cartoonist-held-over-uae-drawing

    Jordan on Sunday decided to release a cartoonist held for drawing a cartoon mocking a recent deal to normalize relations between the United Arab Emirates (UAE) and Israel, Anadolu reports.

    Emad Hajjaj was arrested by Jordanian police on charges of insulting an Arab country after he drew a caricature that mocks UAE Crown Prince Mohammed bin Zayed Al Nahyan, as Israel refused to allow the UAE to buy F-35 warplanes from the US despite Abu Dhabi’s normalization deal with Tel Aviv.
    #Jordanie #IsraelEAU
    “The Judiciary has ordered Hajjaj’s release,” his lawyer Marwan Salem told Anadolu Agency.

    The lawyer, however, did not give any further details, and there was no comment from Jordanian authorities on the report.

    On Friday, Human Rights Watch (HRW) called on the Jordanian authorities to immediately release Hajjaj and to drop the charges against him.

    On Aug. 13, the UAE and Israel announced a US-brokered agreement to normalize their relations, including opening embassies in each other’s territory.

    Palestinian groups, including the Palestinian Authority, have denounced the UAE-Israel deal, saying it does not serve the Palestinian cause and ignores the rights of Palestinians.

  • With Israel’s encouragement, NSO sold spyware to UAE and other Gulf states
    https://www.haaretz.com/middle-east-news/.premium-with-israel-s-encouragement-nso-sold-spyware-to-uae-and-other-gulf

    The Israeli spyware firm has signed contracts with Bahrain, Oman and Saudi Arabia. Despite its claims, NSO exercises little control over use of its software, which dictatorships can use to monitor dissidents The Israeli firm NSO Group Technologies, whose software is used to hack into cellphones, has in the past few years sold its Pegasus spyware for hundreds of millions of dollars to the United Arab Emirates and other Persian Gulf States, where it has been used to monitor anti-regime (...)

    #NSO #Pegasus #spyware #smartphone #activisme #journalisme #surveillance #écoutes

  • موجة « تمرد » ثقافية في المغرب احتجاجا على التطبيع بين الامارات واسرائيل.. شخصيات مغربية رائدة في الثقافة والادب تعلن مقاطعتها « جائزة الشيخ زايد للكتاب » وانسحابات من هيئات ثقافية اماراتية - رأي اليوم
    https://www.raialyoum.com/index.php/1251296

    En réponse à un signalement précédent : « Vague culturelle de rébellion au Maroc en protestation contre la normalisation entre les Emirats et Israël. Des personnalités de la culture et des lettres annoncent qu’elles boycottent le prix cheikh Zayed du livre ; retraits d’organismes culturels émiriens ».

    موجة “تمرد” ثقافية في المغرب احتجاجا على التطبيع بين الامارات واسرائيل.. شخصيات مغربية رائدة في الثقافة والادب تعلن مقاطعتها “جائزة الشيخ زايد للكتاب” وانسحابات من هيئات ثقافية اماراتية

    #Emirats #maroc #boycott

  • Israël et les Emirats arabes unis annoncent une normalisation de leurs relations diplomatiques
    https://www.lemonde.fr/international/article/2020/08/13/israel-et-les-emirats-arabes-unis-annoncent-une-normalisation-de-leurs-relat

    Que vont faire les très nombreux artistes et intellos arabes qui bénéficiaient des aides généreuses de leurs très nombreuses institutions culturelles maintenant que les Emirats arabes unis ont « normalisé » leurs relations avec Israël ? Je crains que le #boycott fasse long feu...

    #émirats #normalisation

  • Une entreprise émiratie conclut un marché avec les géants israéliens de l’armement
    Tamara Nassar, Electronic Intifada, le 22 juillet 2020
    https://agencemediapalestine.fr/blog/2020/07/24/une-entreprise-emiratie-conclut-un-marche-avec-les-geants-israe

    L’enquête de Marczak a découvert que Group 42 était impliqué dans la création de l’appli de messagerie ToTok.

    Google et Apple ont retiré ToTok de leurs réserves en décembre dernier craignant entre autres que les utilisateurs de l’appli soient susceptibles de voir leurs messages et leurs conversations contrôlés par le gouvernement des EAU.

    ToTok était très populaire dans les Emirats parce qu’il servait d’alternative gratuite aux applis de messagerie mondiales, FaceTime, WhatsApp et Skype, parce qu’elles sont restreintes par le gouvernement et ne permettent pas les appels.

    #israel #Emirats_Arabes_Unis #Group_42 #DarkMatter_Group #Unit_8200 #Pegasus_LLC #PAX_AI #NSO #ToTok #Israel_Aerospace_Industries #Rafael_Advanced_Defense_Systems #complicité #boycott #BDS

  • « Cela fait deux mois que notre employeur ne nous paye pas » : dans le Golfe, le cauchemar des ouvriers d’Altrad
    https://www.lemonde.fr/economie/article/2020/06/05/dans-le-golfe-le-cauchemar-des-ouvriers-d-altrad_6041858_3234.html

    L’employeur de ces ouvriers en colère est l’entreprise AMB-Hertel, une filiale émiratie de la multinationale française Altrad, champion de l’échafaudage, sis à Montpellier. Le groupe, qui compte 15 000 employés dans le Golfe, est dirigé par son fondateur, Mohed Altrad, 31e fortune française, candidat à la mairie de Montpellier, qui vient d’obtenir, pour le second tour (le 28 juin), le soutien d’écologistes et de militants de gauche locaux.

    Un grand bravo donc aux deux candidates soutenues par les Insoumis de Montpellier, qui viennent de s’allier avec le « champion de l’échafaudage ».

  • #Minorités / #Majorités

    Des #villes coupées, couturées, rafistolées, des vies assignées, mais aussi émancipées : de l’analyse des #politiques_ségrégationnistes aux réflexions sur le caractère inclusif des #espaces_publics en passant par la #négociation des expériences minoritaires individuelles et collectives, les villes constituent des lieux privilégiés de l’analyse des relations entre #groupes_minoritaires et #groupes_majoritaires. La vive actualité scientifique sur le sujet en France comme ailleurs en témoigne. On peut notamment penser au colloque Question raciale / questions urbaines (https://www.pacte-grenoble.fr/actualites/question-raciale-questions-urbaines-frontieres-territoriales-et-racia) : frontières territoriales et #racialisation organisé en février 2019 à Grenoble, au dernier numéro de l’Information géographique (2019) consacré aux géographies de la #différence en ville, ou encore aux nombreuses sessions de la conférence annuelle de l’American Association of Geographers 2020 (https://aag.secure-abstracts.com/AAG%20Annual%20Meeting%202020/sessions-gallery) abordant des questions urbaines sous l’angle des #rapports_sociaux (perspectives féministes, marxistes, empruntant à la Critical Race Theory ou aux approches du Settler Colonialism). C’est dans la continuité de cette actualité que s’inscrit le #13 de la revue Urbanités. En refusant de donner a priori la primauté thématique d’un rapport social sur un autre tout en mettant l’accent sur les mécanismes de production du minoritaire et du majoritaire, ce numéro propose une pluralité de lectures des manières dont les contextes urbains participent à la (re)production des positionnements sociaux, et par conséquent, à la redéfinition du rapport entre minorités et majorités en ville.

    http://www.revue-urbanites.fr/13-edito

    Sommaire :

    Edito

    #Minorités_sexuelles en #exil : l’expérience minoritaire en ville à l’aune de #marginalisations multiples

    Les riverains contre le nourrissage des #pigeons à #Paris

    Construire sa place en #montagne quand on vient des #quartiers_populaires : un enjeu pour l’#éducation_populaire

    Mouvements de #résistance autochtones et #street-art décolonial aux #États-Unis. De la réserve de #Standing_Rock aux murs d’#Indian_Alley

    Hiérarchie sociale et politique pour la visibilité sur le territoire dans un espace ségrégé. Le cas des républicains nord-irlandais

    « L’infusion » d’approches genrées dans l’urbanisme parisien : métaphore d’une propagation aux échelles organisationnelles et individuelles

    Point(s) de rencontres dans les villes émiriennes : le partage d’espaces publics où les minorités sont majoritaires

    #revue #urban_matter #géographie_urbaine #ségrégation #genre #peuples_autochtones #Irlande_du_Nord #Emirats_Arabes_unis #USA

    –---

    Avec cette note :

    La revue Urbanités a la joie de vous annoncer la parution en ligne de son treizième numéro thématique, consacré à la question des rapports entre minorités et majorités en ville. Nous tenons également à souligner que ce numéro ne pourrait pas exister sans les apports précieux de chercheur·e·s aux statuts largement précaires. Sans elleux, ce numéro ne compterait qu’un article et sa direction serait amputée. Ces contributeur·trice·s essentiel·le·s au fonctionnement des revues méritent une plus grande visibilité et une plus grande stabilité professionnelle, garantes d’une recherche de qualité.

  • #Avis sur la légalité internationale des transferts d’armes vers l’#Arabie_saoudite, les #Émirats_arabes_unis et les membres de la coalition militairement impliqués au #Yémen

    Le présent avis traite de la #légalité, au regard du #droit_international, des transferts d’armes vers l’Arabie saoudite, les Émirats arabes unis et les membres de la Coalition militairement impliqués au Yémen. L’avis n’évalue pas la légalité de tels transferts à la lumière du droit interne de chaque État fournisseur, pas plus qu’il n’examine en détail les obligations des groupes armés non étatiques ou des entreprises dans leurs rôles de fournisseurs et d’utilisateurs d’armes.

    L’accent est mis ici sur les #obligations_juridiques_internationales des parties au #conflit au Yémen et des États tiers qui leur fournissent leurs armes. Seront examinées ci-après les principales #normes_internationales applicables aux décisions de #transfert_d’armes qui visent à assurer la #protection_de_la_population_civile au Yémen et de l’#infrastructure_civile indispensable à sa survie.

    Les États qui transfèrent des armes à d’autres pays sont soumis aux normes du droit de la responsabilité internationale de l’État. Ils ont l’obligation de retenir ces transferts d’armes lorsqu’il est raisonnablement prévisible que les destinataires les utiliseront pour commettre des violations graves du droit international ou de les détourneront vers d’autres utilisateurs. Tel qu’expliqué ci-après, les États qui fournissent des armes aux parties au conflit au Yémen portent une énorme #responsabilité en regard du grand nombre de personnes civiles qui ont subi de graves blessures et des pertes, y compris à leur domicile, entraînant des déplacements internes et externes massifs de population. Les infrastructures civiles essentielles à la survie de la population ont été détruites ou gravement endommagées lors d’attaques armées, et l’accès à l’aide humanitaire reste entravé par les forces armées et les milices. Selon les Nations Unies, des millions de personnes souffrent de ce qui a été qualifié de la “pire crise humanitaire du monde”.


    https://ipisresearch.be/publication/avis-sur-la-legalite-internationale-des-transferts-darmes-vers-larabie-
    #armes #armement #commerce_d'armes #Emirats_arabes_unis #protection_civile #guerre

    ping @reka

  • Alexandra Allio De Corato sur Twitter :
    "Le Chargé d’Affaires des Émirats Arabes Unis à #Damas « Nous espérons que la sécurité prévaudra dans toute la République arabe syrienne sous la direction avisée du Dr Bashar Al-Assad » #SYRIE" / Twitter
    https://twitter.com/Allio_De_Corato/status/1201800489010126849

    https://video.twimg.com/ext_tw_video/1201627758100656128/pu/vid/480x270/XtdW2wO7KiZM1fqW.mp4?tag=10

    #emirats_arabes_unis #e.a.u

  • UAE Issues Stamp Depicting Jerusalem as Palestinian Capital
    November 20, 2019 7:35 PM – IMEMC News
    https://imemc.org/article/uae-issues-stamp-depicting-jerusalem-as-capital-of-palestine

    Emirates Post issued a commemorative stamp in support of Palestine featuring the Dome of the Rock, and stresses that Jerusalem al-Quds is the capital of Palestine.

    The stamp features the Dome of the Rock, located at Al-Aqsa Mosque compound, the third holiest site in Islam, along with the flag of Palestine. A white dove symbolizing peace also appears.

    According to Emirates Post, the “Al Quds – capital of Palestine” stamp aims to uphold the cultural importance the city holds in the eyes of Arabs.

    “Such initiatives are proof that all Arab countries continue to stand by Palestine and support Al Quds’ cause, as well as a confirmation of the existing national ties and the special status Al Quds holds as an Arabic city and an important religious landmark,” said Obaid al-Qatami, acting chief commercial officer of Emirates Post Group.

    #Jerusalem #AlQods