• 🛑 Algues vertes : un demi-siècle de déni politique - Basta !

    Cinquante ans après leur apparition, les marées vertes envahissent toujours certaines plages bretonnes. Preuve de l’inefficacité des plans d’action successifs mis en place par les pouvoirs publics.
    En 1971, une « végétation verte abondante, gluante », qui « se décompose rapidement en masse blanchâtre, mousseuse, nauséabonde, transformant la grève de sable fin en un tas de fumier », est détectée sur la plage de Saint-Michel-en-Grève, dans la baie de Lannion. Le conseil municipal alerte la préfecture des Côtes-d’Armor.
    Puis ces marées vertes reviennent chaque été, toujours plus nombreuses sur certaines plages bretonnes, mais les pouvoirs publics restent atones. Au fil des années, la communauté scientifique s’y intéresse timidement, pendant que les habitants et quelques associations commencent à s’inquiéter. Une étude de l’ancêtre de l’Institut français de recherche pour l’exploitation de la mer (Ifremer) tente d’expliquer le rôle des sels nutritifs venant de l’agriculture dans la prolifération de ces algues qui blanchissent et pourrissent sur les plages. Mais il faut attendre la fin des années 1980 pour le premier retentissement d’ampleur. Pierre Philippe, médecin urgentiste à Lannion, s’interroge sur plusieurs cas de décès près des amas d’algues vertes, notamment celui d’un joggeur en 1989. Ouest-France titre alors : « Les algues vertes ont peut-être tué » (...)

    🌍 #Bretagne #écologie #environnement #alguesvertes #pollution

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    ▶️ https://basta.media/algues-vertes-un-demi-siecle-de-deni-politique

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  • Il ministero dell’Interno condannato a risarcire un respinto a catena in Bosnia

    Il Tribunale di Roma ha accertato l’illegittimità delle “riammissioni” al confine orientale, ricostruendo il “nesso causale” tra respingimenti e trattamenti inumani. Il Viminale deve farsi carico del danno inflitto a un cittadino pakistano richiedente asilo. Decisivo il lavoro di rete tra attivisti, Ong e avvocati. Una decisione attualissima

    Il ministero dell’Interno è stato condannato dal Tribunale di Roma a pagare 18.200 euro a titolo di risarcimento nei confronti di A., cittadino originario del Pakistan in fuga dal Paese, per averlo prima fermato a Trieste e poi respinto in Slovenia e a catena verso la Croazia e la Bosnia ed Erzegovina. Nonostante avesse manifestato la volontà di domandare protezione internazionale. Cento euro per ogni giorno trascorso tra la “riammissione” in Slovenia avvenuta a metà ottobre 2020 e il rientro in Italia nell’aprile 2021, come prevede la giurisprudenza comunitaria e nazionale su casi assimilabili.

    La decisione della giudice Damiana Colla del 9 maggio è estremamente rilevante non soltanto perché “accerta e dichiara l’illegittimità” delle riammissioni informali attive da parte italiana ma soprattutto perché inchioda l’”evidente nesso di causalità” tra l’operato della polizia italiana e il “danno subito” da A.. “La lesione del diritto d’asilo e i trattamenti inumani -scrive infatti la giudice- sono stati la diretta conseguenza della riammissione informale del ricorrente in Slovenia da parte delle autorità di frontiera di Trieste”.

    La decisione ottenuta dalle avvocate Caterina Bove e Anna Brambilla dell’Asgi, commenta la stessa Associazione per gli studi giuridici sull’immigrazione, “è stata il frutto di un lavoro di rete che ha visto coinvolti diversi soggetti attivi nel contrasto alle violenze verso le persone in movimento attivi lungo la rotta balcanica, tra i quali la rete RiVolti ai Balcani (in particolare Gianfranco Schiavone e Agostino Zanotti), la giornalista Elisa Oddone, la Ong ‘Lungo la rotta balcanica’, l’associazione Pravni center za varstvo človekovih pravic in okolja – Legal Centre for the Protection of Human Rights and the Environment (Pic, in particolare Ursa Regvar), il progetto Medea dell’Asgi, Ics Ufficio Rifugiati, Linea d’ombra, il Centro per la Pace di Zagabria, Anela Dedic e tutti gli attivisti e attiviste che agiscono per la tutela per i diritti umani in Bosnia ed Erzegovina e lungo le rotte percorse dalla persone in transito”.

    Nuove ombre si allungano su una prassi che i governi europei intendono invece elevare sempre più a norma “guida” della brutale gestione delle frontiere, come dimostra l’accordo al Consiglio europeo Giustizia e Affari interni dello scorso 8 giugno sui regolamenti in tema di gestione dell’asilo e della migrazione e delle procedure.

    Non si tratta di un’ordinanza che guarda a un passato ormai superato o a una pagina triste nel frattempo voltata: se è vero infatti che l’Italia ha condotto i respingimenti verso la Slovenia per tutto il 2020 e li ha sospesi nel 2021, è noto che da fine 2022 il nuovo governo abbia annunciato di volerli riprendere (con “risultati” incerti di cui abbiamo già scritto). Il tutto nonostante il precedente dell’ordinanza cautelare del Tribunale di Roma a firma della giudice Silvia Albano, emessa nel gennaio 2021 a fronte del ricorso promosso sempre dalle avvocate e socie Asgi Caterina Bove e Anna Brambilla (la vicenda è ben raccontata nel film “Trieste è bella di notte” dei registi Andrea Segre, Stefano Collizzolli e Matteo Calore).

    La storia di A. ricostruita nella decisione di Roma è tanto forte quanto emblematica. La sua fuga dal Pakistan inizia nel 2018, quand’è ferito in un attacco del gruppo terroristico Tehrik-i-Taliban Pakistan. Sopravvissuto, e temendo ritorsioni da ambo le parti (estremisti ed esercito cui apparteneva), decide di scappare. Resta per un anno in Turchia e per tre volte prova a entrare in Grecia, nell’Unione europea. Al terzo tentativo riesce, attraversando poi la Macedonia del Nord, la Serbia e arrivando nell’estate 2019 in Bosnia ed Erzegovina.

    Per nove volte è respinto dalle polizie croate e per tre da quelle slovene. Il primo ottobre 2020, a “riammissioni informali attive” ormai a pieno regime da parte italiana, gli riesce il “game” che lo porterà a Trieste nella mattinata del 17 ottobre. Qui però alcuni militari lo fermano quasi subito insieme ad altre quattro persone. Finiscono tutti in una stazione di polizia dove sono visitati e gli vengono fatti firmare fogli non tradotti dal contenuto oscuro. A. riferisce però agli agenti di voler chiedere asilo ma questi lo “affidano” alla polizia slovena. Non ha niente in mano: “informale” vuol dire infatti respinto senza lo straccio di un provvedimento scritto, motivato, impugnabile, cioè senza convalida dell’autorità giudiziaria, senza diritto a un ricorso effettivo. A riprova di quanto sia basso e surreale il dibattito sul garantismo in Italia.

    È così che A., con l’etichetta fasulla di “cittadino extraeuropeo entrato irregolarmente” e non invece di richiedente asilo, si fa una notte in una stazione di polizia slovena e il giorno dopo si vede “consegnato alle autorità croate e da queste respinto in Bosnia con metodi violenti, comprese percosse”, sempre per citare il giudice di Roma.

    Alla fine della catena lo attende la Bosnia ed Erzegovina. Nel caso di A. è l’insediamento informale di Vedro Polje, poco distante da Bihać, nel Nord-Ovest del Paese. Per via delle “degradanti condizioni di vita al campo”, come si legge nell’ordinanza che ha condannato il Viminale, A. decide di riprovarci. Lì non può rimanere. Ce la fa, di nuovo, perché “frontiere chiuse” è uno slogan vuoto, e ad aprile del 2021 torna nell’Italia che lo aveva illegalmente respinto. Tre mesi prima, come detto, la giudice Albano del Tribunale di Roma aveva già sanzionato il ministero dell’Interno per le stesse riammissioni (caso specifico diverso, naturalmente). A., memore del precedente respingimento, abbandona in fretta Trieste e raggiunge Brescia. Il 10 maggio fa quella domanda d’asilo che gli era stata negata dalla polizia italiana qualche mese prima e a tre giorni da Natale si vede riconoscere lo status di rifugiato. Ma non gli suona come un lieto fine quanto lo sprone a chieder giustizia per quel respingimento illegale subìto.

    Il 31 dicembre 2021 fa perciò ricorso. Il ministero dell’Interno si costituisce in giudizio il 27 settembre 2022 sostenendo che no, non si sarebbe trattato di un’espulsione collettiva vietata dal diritto internazionale ed europeo, che l’intera procedura si sarebbe svolta nel rispetto dei diritti umani fondamentali delle persone coinvolte, che la pratica sarebbe stata pienamente legittima e che il danno subito dal ricorrente (cioè A.) non sarebbe stato dimostrato.

    Il Tribunale di Roma dà però torto a Roma e ragione ad A. e alle avvocate Bove e Brambilla, facendo così squagliare la tesi difensiva del Viminale come il sole fa con la neve. “Il trattamento che il ricorrente ha descritto di aver subito da parte delle autorità di frontiera italiane al momento del suo primo ingresso a Trieste […] è stato pienamente provato in giudizio”, scrive la giudice Colla. Dalla manifestazione della volontà di chiedere protezione alla presa in consegna da parte delle autorità slovene. È documentata anche la catena: la detenzione in Slovenia al Centro per stranieri di Veliki Otok, nella Postumia (Carniola interna), e la successiva riammissione in Croazia. Fino alla Bosnia. Nessun alibi quindi per il Viminale, che della mancata prova dell’arrivo in Italia dei respinti ne ha fatto fino a oggi un leitmotiv. Questa volta non gli è riuscito nascondere la mano.

    Nella “jungle” di Vedro Polje, dove si trova a inizio 2021, A. ha per fortuna incontrato la giornalista Elisa Oddone e l’operatore sociale Diego Saccora dell’associazione “Lungo la rotta balcanica” (e tra le anime della rete RiVolti ai Balcani). Oddone, che stava curando un reportage per Al Jazeera ed NPR, raccoglie la testimonianza di A. e fa da primo contatto-ponte con le avvocate Bove e Brambilla. Anche Saccora confermerà in Tribunale più incontri con A.. A Vedro Polje infatti l’operatore sociale e ricercatore sul campo portava assistenza e beni di prima necessità. Non solo: lo accompagna di persona presso uno studio notarile di Bihać “per conferire mandato agli attuali difensori al fine di esperire ricorso avverso la riammissione in Slovenia”. A dimostrazione che il supporto incisivo alle persone in transito calpestate dai governi europei alle frontiere può assumere le forme più svariate, e che l’aiuto più distante dalla solidarietà istituzionalizzata può passare persino dalla ceralacca di un notaio. Quante pagine gravi e paradossali faranno scrivere ancora le politiche europee?

    Oddone e Saccora raccontano per filo e per segno al giudice le condizioni proibitive in cui si trovava all’epoca A. insieme ad altri. Riparati nei boschi, con la temperatura fino a venti gradi sotto zero di un inverno bosniaco, senz’acqua, senza accoglienza per via della chiusura dei due campi locali più grandi, praticamente senza cibo, stretti tra “ronde” di cittadini locali ostili e “possibili furti da parte di altri gruppi di richiedenti asilo, alla ricerca di quanto necessario alla sopravvivenza”.

    Secondo il Tribunale di Roma la riammissione “informale” di A. da parte dell’Italia avrebbe “contraddetto” le “norme di rango primario, costituzionale e sovranazionale, le quali, evidentemente, non possono essere derogate da un accordo bilaterale intergovernativo (del 1996, ndr) non ratificato con legge”.

    “La Direttiva 2008/115/CE non legittima affatto, anzi contrasta con la descritta pratica di riammissione informale posta in essere dal governo italiano -chiarisce la giudice Colla-. Infatti, sebbene tale direttiva (al suo art. 6, par. 3) consenta agli Stati membri di riammettere nello Stato confinante di provenienza senza una specifica decisione di rimpatrio, qualora sussistano accordi bilaterali tra gli Stati interessati già vigenti alla data di entrata in vigore della direttiva stessa (essendo tali accordi invece non più consentiti nella vigenza della stessa), tuttavia, nell’esecuzione dell’accordo, lo Stato italiano è comunque vincolato dalla normativa interna anche costituzionale (art 13 Cost.), nonché dal diritto sovranazionale, alla stregua del quale lo Stato ha il dovere di accertare la situazione concreta nella quale la persona riammessa verrà a trovarsi, con particolare riferimento all’eventualità di una violazione dei suoi diritti fondamentali (che si prospettava nel caso di specie secondo le informazioni largamente disponibili). Soprattutto poi, la riammissione informale non può mai essere applicata nei confronti di una persona che manifesti l’intenzione di chiedere asilo, come nella specie accaduto”.

    Oltre al regolamento 604/2013 (Dublino III), l’Italia, nella foga di respingere, avrebbe persino violato lo stesso accordo bilaterale con la Slovenia. L’articolo due prevede infatti che ciascuna parte, su richiesta dell’altra, “si impegna a riammettere sul proprio territorio il cittadino di uno Stato terzo che non soddisfa le condizioni di ingresso o di soggiorno nel territorio dello Stato richiedente, non potendosi evidentemente considerare in tale situazione chi abbia espresso la volontà di chiedere protezione”. Proprio come A..

    A titolo di aggravante per le autorità italiane, segnala poi il Tribunale elencando corposa bibliografia, c’è anche il fatto che queste erano “perfettamente” a conoscenza -“o almeno trovandosi nella condizione di avere perfetta conoscenza”- “delle violazioni cui i respinti sarebbero stati esposti in Slovenia”, così come in Croazia, per non parlare delle condizioni orribili in Bosnia ed Erzegovina, denunciate anche dalla commissaria per i diritti umani del Consiglio d’Europa Dunja Mijatović.

    A maggior ragione dopo le tredici pagine dell’ordinanza del Tribunale di Roma nessuno potrà dire “non sapevo”. Nel buio spicca il “lavoro di rete per contrastare le violazioni”, come lo chiamano le avvocate Bove e Brambilla. “La decisione è un importante risultato non solo perché ribadisce l’illegittimità della condotta posta in essere dalle autorità italiane -concludono- ma perché valorizza, anche attraverso l’assunzione della testimonianza diretta di Saccora e Oddone, l’impegno di tante persone che si impegnano a denunciare e contrastare le violazioni dei diritti delle persone in transito”.

    https://altreconomia.it/il-ministero-dellinterno-condannato-a-risarcire-un-respinto-a-catena-in

    #justice #Italie #frontière_sud-alpine #Slovénie #frontières #migrations #asile #réfugiés #condamnation #refoulements #refoulements_en_chaîne #push-backs #tribunal #réadmissions #Trieste #réadmissions_informelles_actives #Bihać #Bihac #Vedro_Polje #Veliki_Otok #Croatie #Bosnie #Bosnie-Herzégovine #forêt #hostile_environment #environnement_hostile #accord_bilatéral

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    ajouté à la #Métaliste sur les #refoulements_en_chaîne sur la #route_des_Balkans:
    https://seenthis.net/messages/1009117

  • #Environnement : Le risque inattendu que les #panneaux_solaires peuvent créer - BBC News Afrique
    https://www.bbc.com/afrique/monde-65930288

    L’année dernière, des chercheurs de l’Université de Leicester ont annoncé qu’ils avaient découvert comment extraire l’argent des unités photovoltaïques à l’aide d’une forme de solution saline.
    Mais jusqu’à présent, ROSI est la seule entreprise de son secteur à avoir porté son opération à un niveau industriel.

    De plus, la technologie est coûteuse. En Europe, les importateurs ou les producteurs de panneaux solaires sont responsables de leur élimination lorsqu’ils deviennent inutilisables. Et beaucoup préfèrent broyer ou déchiqueter les déchets, ce qui est beaucoup moins coûteux.

    Defrenne reconnaît que le recyclage intensif des panneaux solaires n’en est qu’à ses débuts. Soren et ses partenaires ont recyclé un peu moins de 4 000 tonnes de panneaux solaires français l’année dernière.

    Mais il est possible de faire beaucoup plus. Il en a fait sa mission.

    « Le poids de tous les nouveaux panneaux solaires vendus l’année dernière en France était de 232 000 tonnes, donc lorsqu’ils seront usés dans 20 ans, c’est la quantité qu’il me faudra collecter chaque année. »

    À ce moment-là, mon objectif personnel est de faire en sorte que la France soit à la pointe de la technologie dans le monde".

  • 🔴 ON NE DISSOUT TOUJOURS PAS UN SOULÈVEMENT - Quand Macron vole au secours de l’agro-chimie et du béton !

    Communiqué du 15 juin, en réaction à l’annonce d’une dissolution des Soulèvements de la Terre par le gouvernement en Conseil des ministres le 21 juin.
    Le 28 mars, pour faire diversion de la répression sanglante des manifestant-es de Sainte-Soline, Gérald Darmanin annonçait devant l’Assemblée Nationale la procédure de dissolution des Soulèvements de la Terre. Initialement prévue pour la mi-avril, la première tentative de dissolution s’est heurté à un soutien massif. Il s’est incarné entre autres par une tribune « Nous sommes les Soulèvements de la Terre » dans laquelle plus de 100 000 personnes ont revendiqué leur adhésion au mouvement, ainsi que de nombreuses organisations nationales syndicales ou environnementales, de collectifs et de fermes, de personnalités scientifiques, politiques ou intellectuelles. 
    Ce soutien a également pris la forme d’une grande soirée à Paris, d’une tribune internationale, de rassemblements durant lesquels on a vu partout fleurir le logo des Soulèvements de la Terre. Mais la réponse la plus conséquente à cette menace fut sans doute la création de 170 comités locaux partout en France. Bref la menace de dissolution n’a fait que renforcer et massifier notre mouvement (...)

    #LesSoulèvementsdelaTerre #écologie #environnement #anticapitalisme
    #capitalisme #répression

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    ▶️ https://lessoulevementsdelaterre.org/blog/on-ne-dissout-pas-un-soulevement-communique-du-15-juin

  • 🛑 ☠️ ☢️ Appel de scientifiques contre un nouveau programme nucléaire...

    Le 11 Février 1975 dans les colonnes du Monde, 400 scientifiques invitaient la population française à refuser l’installation des centrales nucléaires « tant qu’elle n’aura pas une claire conscience des risques et des conséquences ». Rappelant le caractère potentiellement effroyable d’un accident nucléaire, ils constataient que « le problème des déchets est traité avec légèreté », et que : « systématiquement, on minimise les risques, on cache les conséquences possibles, on rassure ».

    La pertinence de cet appel, qui pourrait être repris quasiment mot pour mot aujourd’hui, a été largement confirmée dans les dernières décennies (...)

    🛑 ☠️ ☢️ 🌍 #écologie #environnement #nucléaire #danger... #antinucléaire !

    🏴 ★ #Anticapitalisme #antiproductivisme #décroissance #anarchisme

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    ▶️ https://www.sortirdunucleaire.org/Appel-de-scientifiques-contre-un-nouveau-programme-nucleaire

  • 🛑 ☢ 🌍 France : EPR Flamanville : Pas encore en service, déjà polluant...

    Plus de 250 kilos de liquides de refroidissement se sont « échappés » du système produisant de l’eau froide pour l’EPR de Flamanville (Normandie). Pas encore en service, mais déjà fourni en combustible nucléaire, le réacteur a, comme tous ses congénères, besoin de refroidissement. Ce froid est produit à l’aide de liquides réfrigérants qui se transforment en gaz lorsqu’ils sont à une pression atmosphérique normale. Étant donnée la composition chimique de ces liquides, ces rejets gazeux engendrés par les fuites ont un fort pouvoir de réchauffement global, bien plus puissant que le CO2 (...)

    🛑 ☢ ☠️ 🌍 #EPR #Flamanville #danger #écologie #pollution #environnement #nucléaire #antinucléaire

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  • L’Oise contaminée par les dangereux polluants éternels

    […] #Générations_futures, l’ONG de défense de l’environnement, revient à la charge concernant les perfluorés (#PFAS), substances chimiques omniprésentes, nocives pour la santé et persistantes dans l’#environnement, encore mal connues et peu surveillées en France. Mises au point dans les années 40 pour leur résistance à l’eau et la chaleur, elles ont colonisé les objets du quotidien et s’accumulent dans l’eau, l’air, les sols ou les organismes humains qui y sont exposés. Générations futures a lancé l’alerte lundi après une nouvelle étude réalisée par ses soins sur la situation de l’#Oise, dans le département du même nom, où sont notamment installés des sites industriels.

    Les résultats semblent inquiétants : de nombreux PFAS y ont été détectés en quantité très importante. Au niveau d’un point de rejets industriels dans la rivière, « on monte à 4 200 nanogrammes par litre, avec 11 PFAS différents, c’est très important », affirme François Veillerette, directeur et porte-parole de Générations futures.

    Parmi les PFAS recherchés dans la rivière picarde, une molécule, portant le nom de code 6:2 FTS, a été mise au jour à des concentrations importantes. Même si elle ne fait pas l’objet d’une surveillance obligatoire, elle est soupçonnée de pouvoir causer des dommages au foie et aux reins, selon l’ONG. A la lumière de ces analyses, l’association a décidé de porter le combat sur le terrain judiciaire. Des plaintes contre X vont être déposées dans l’Oise mais aussi dans deux autres départements où des zones sont contaminées par les PFAS ou soupçonnées de l’être : à Paimbœuf (Loire-Atlantique), un récent rapport officiel a montré une pollution ; et à Tavaux (Jura), lieu d’implantation d’un des cinq producteurs français de PFAS. […]

    (Libération)

    #pollution

  • Atlas des Pesticides | Heinrich Böll Stiftung | Bureau Paris - France
    https://fr.boell.org/fr/atlas-des-pesticides

    Cet Atlas est le fruit d’une coopération entre la Fondation Heinrich Böll, Friends of the Earth Europe, BUND et le Pesticide Action Network Europe, et sa version française, enrichie de plusieurs chapitres, est publiée par le bureau de Paris de la Fondation Heinrich Böll et La Fabrique Écologique. Pourquoi utilisons-nous tant de pesticides et depuis quand ? Quels sont les impacts sur la santé et sont-ils différenciés selon le genre, quels impacts sur la biodiversité et notamment sur les insectes ? Qui détient les clés du marché mondial ? Que fait l’Europe, et que fait la France pour réduire leur utilisation de pesticides ? Quelles sont les alternatives aux pesticides qui existent et qui se développent dans le monde et à travers les territoires, en France hexagonale et dans les Outre-mer, (...)

    #santé #environnement

  • 🛑 Pesticides : un « Atlas » mondial expose le désastre...

    Un Atlas mondial, publié le 16 mai, livre une série de données sur ces produits toxiques. Les femmes sont des victimes insoupçonnées de l’utilisation des pesticides dans le monde.

    Ils sont partout et invisibles. Dans l’eau, l’air et les sols. Les effets néfastes des pesticides sur le vivant et notre santé sont connus, mais l’Atlas des pesticides sorti mardi 16 mai en France arrive pourtant à nous surprendre. Publié par la Fondation allemande Heinrich Böll et La Fabrique écologique, en collaboration avec le collectif d’ONG écologistes Nourrir et l’association Générations futures, il rassemble en textes et graphiques une série de données sur les pesticides au niveau mondial. Il s’appuie pour cela sur de nombreuses études scientifiques (...)

    🛑 ☠️ ☠️ #écologie #agriculture #agricultureintensive #productivisme #capitalisme #pesticides #Danger #santé #planète #biodiversité #environnement #produitschimiques...

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    ▶️ https://reporterre.net/Pesticides-un-Atlas-mondial-expose-le-desastre

  • 🛑 PORTRAIT. Paul François, cet agriculteur dont la vie a été empoisonnée par Monsanto

    Agriculteur céréalier à Bernac (Charente), Paul François a fait condamner le géant de la pharmaceutique et de l’agrochimie Bayer, ex-Monsanto, pour son intoxication à l’herbicide Lasso survenue en 2004. Malade, il subit toujours les séquelles de l’intoxication près de vingt ans après. Le 30 janvier 2023, il a été agressé à son domicile. On souhaite le faire taire. Mais le « David charentais » veut continuer son combat contre les dérives des Goliath de l’agro-industrie (...)

    🛑 ☠️ ☠️ #écologie #agriculture #agricultureintensive #capitalisme #productivisme #pesticides #Danger #santé #planète #biodiversité #environnement #produitschimiques...

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    ▶️ https://www.ouest-france.fr/economie/agriculture/portrait-paul-francois-cet-agriculteur-dont-la-vie-a-ete-empoisonnee-pa
    https://media.ouest-france.fr/v1/pictures/MjAyMzA1MTk0ZWY1ODVmOWU4M2M4NzNhYzg0ZTE4OTM2MDI4OWY?width=1260&he

  • ★ LES CONSÉQUENCES D’UN CERTAIN PROGRÈS - Socialisme libertaire

    Le changement climatique est un produit du système techno-scientifique-industriel : deux siècles de développement technologique et de « progrès » ont été suffisants pour nous conduire à l’abîme et à la dévastation sociale et environnementale à laquelle nous sommes confrontés. La désertification de la planète, la modification climatique, l’extermination de milliers d’espèces animales et végétales, l’exposition continue à faibles doses mais mortelles aux produits chimiques auxquels nous sommes soumis, la contamination et l’anéantissement à terme des rivières, des mers, des forêts et de l’air etc… sont les conséquences du développement technologique et du « progrès ». 

    Le système technologique industriel a besoin de sources d’énergie pour pouvoir continuer à fonctionner, afin de continuer à maintenir la production industrielle et le mouvement continu des marchandises. La logique techno-industrielle a besoin de la production continue d’énergie avec un seul but : continuer à produire des milliers de produits inutiles qui nous rendent dépendants de leur monde artificiel et commercialiser tous les aspects de nos vies (relations, alimentation, santé…) Sans la production d’énergie industrielle, le système s’arrête. Il en a besoin. Le monde tourne autour de lui : guerres, dévastation environnementale, économie… Cette production d’énergie industrielle avec le monde qui en a besoin (une société « totalitaire » avec des relations sociales médiatisées par la technologie, gérée par la caste techno- scientifique), est responsable du changement climatique. Pour produire de l’énergie, la dévastation de la nature est nécessaire, avec toutes les implications que cela implique, un monde autoritaire est nécessaire où d’autres prendront des décisions pour nous. Un monde qui nécessite une croissance infinie sur une planète qui est réellement finie est nécessaire (...)

    🌍 🏴 ★ #Planète #Anticapitalisme #antiproductivisme #écologie #environnement #climat #dérèglementclimatique #décroissance #anarchisme

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    ▶️ https://www.socialisme-libertaire.fr/2020/03/les-consequences-d-un-certain-progres.html

  • Plus de 71 millions de déplacés internes dans le monde en 2022
    https://www.lemonde.fr/international/article/2023/05/11/plus-de-71-millions-de-deplaces-internes-dans-le-monde-en-2022_6172903_3210.

    Plus de 71 millions de déplacés internes dans le monde en 2022
    Le nombre de nouveaux déplacés a, lui, bondi à presque 61 millions de personnes, certaines étant obligées de fuir à plusieurs reprises. C’est 60 % de plus qu’en 2021.
    Le Monde avec AFP
    Publié aujourd’hui à 09h02
    En 2022, 71,1 millions de personnes ont été enregistrées comme déplacées internes, un bond de 20 % par rapport à l’année précédente provoqué par les exodes massifs à la suite de l’invasion de l’Ukraine par la Russie mais aussi des inondations catastrophiques au Pakistan, selon un rapport conjoint de l’Internal Displacement Monitoring Centre (IDMC) et du Norwegian Refugee Council (NRC). Le nombre de nouveaux déplacés a, lui, bondi à presque 61 millions de personnes, certaines étant obligées de fuir à plusieurs reprises. C’est 60 % de plus qu’en 2021.
    Ce nombre est « extrêmement élevé », a déclaré à l’Agence France-Presse (AFP) la directrice de l’IDMC, Alexandra Bilak. (...) Au-delà des 17 millions de déplacements à l’intérieur de l’Ukraine, huit millions de personnes ont été chassées de chez elles par les inondations monstres au Pakistan. Et l’Afrique subsaharienne a enregistré environ 16,5 millions de déplacements internes, dont plus de la moitié en raison de conflits, en particulier en République démocratique du Congo et en Ethiopie.
    Même si des personnes sont forcées de fuir partout dans le monde, près des trois quarts des déplacés internes vivent dans seulement dix pays : la Syrie, l’Afghanistan, la République démocratique du Congo, l’Ukraine, la Colombie, l’Ethiopie, le Yémen, le Nigeria, la Somalie et le Soudan (par ordre décroissant du nombre de déplacés internes). Beaucoup de ces déplacés sont victimes de conflits qui durent depuis des années, mais les catastrophes naturelles sont responsables de la plupart des nouveaux déplacements internes. Elles ont forcé 32,6 millions de personnes à fuir en 2022. C’est 40 % de plus que l’année précédente.
    Pour le secrétaire général du NRC, Jan Egeland, cet empilement de crises forment une « tempête parfaite ». « Les conflits et les catastrophes se sont combinés l’année dernière pour aggraver les vulnérabilités et les inégalités préexistantes, provoquant des déplacements à une échelle jamais vue auparavant », a-t-il déclaré dans un communiqué.

    #Covid-19#migration#migrant#deplaceinterne#DMC#NRC#conflit#crise#environnement

  • 🛑 Victoire ! Après 6 années de procédure, EDF est enfin condamnée !

    Ce 3 mai 2023, à l’issue d’une longue bataille judiciaire, la cour d’appel d’Orléans a enfin reconnu EDF coupable d’une série d’irrégularités et de manquements à la sécurité constatés à la centrale de Belleville-sur-Loire. Nos associations Réseau "Sortir du nucléaire" et Sortir du nucléaire Berry-Giennois-Puisaye se félicitent de la condamnation d’EDF pour cette affaire qui remonte à 2017.
    Des équipements importants pour la sûreté dans un état alarmant Le 13 septembre 2017, l’Autorité de sûreté nucléaire (ASN) plaçait la centrale nucléaire de Belleville sous surveillance renforcée après une inspection menée en avril 2017.
    De nombreux équipements importants pour la sûreté ont été découverts dans un état de délabrement avancé. Leur usure était aggravée par un manque évident d’entretien et des réparations de l’ordre du rafistolage. De plus, cette inspection a fait apparaître des problèmes organisationnels, un manque dans la rigueur et la traçabilité des opérations de maintenance et, trop souvent, une sous-estimation de la gravité des dysfonctionnements [1] .
    La situation n’était par ailleurs pas nouvelle : en 2015, le Réseau “Sortir du nucléaire“ avait déjà porté plainte pour une trentaine d’infractions à la réglementation environnementale et nucléaire à la centrale de Belleville [2].
    La culpabilité d’EDF reconnue en justice malgré de nombreuses entraves C’est sur la base du rapport établi par l’ASN en 2017 que le Réseau “Sortir du nucléaire“ et l’association locale SDN Berry-Giennois-Puisaye ont adressé une plainte au Procureur de Bourges le 20 octobre 2017.

    🛑 ☠️ ☢️ 🌍 #écologie #environnement #contamination #pollution #radioactivité #nucléaire #danger... #antinucléaire ! #EDF

    🏴 ★ #Anticapitalisme #antiproductivisme #décroissance #anarchisme

    ⏩ Lire l’article complet…

    ▶️ https://www.sortirdunucleaire.org/Victoire-Apres-6-annees-de-procedure-EDF-est

  • Au #Guatemala, le pétrolier franco-britannique Perenco fait sa loi
    https://reporterre.net/Au-Guatemala-le-petrolier-Perenco-fait-sa-loi

    Le projet de loi propose aussi de permettre une suspension des paiements à l’État et une « reconnaissance de dette d’une échéance pouvant aller jusqu’à vingt-quatre mois ». Il prévoit aussi que la loi s’applique à tout contrat en vigueur lors de son entrée en application. « Cela entre en conflit avec le principe de non-rétroactivité et de sécurité juridique de la Constitution et de la loi de l’Organisme judiciaire », dit à Reporterre Ligia Hernández Gómez, députée du parti écolo Semilla. En outre, ce texte « permet une prorogation des contrats sans processus d’appel d’offres, contrairement à ce que prévoit la loi sur les #hydrocarbures ».

    Le parcours même du projet de loi a été inhabituellement court : présenté le 19 janvier 2022 en séance plénière, voté en première et deuxième lectures les 6 et 7 décembre, il sera soumis à une dernière lecture avant le terme de la législature, les élections ayant lieu le 25 juin 2023. Alors que #Perenco exploite le pétrole dans une zone protégée et que tout contrat d’exploitation exige la validation par le ministère de l’#Environnement et une étude d’impact environnemental, ce n’est pas la commission de l’environnement du Congrès qui a examiné le texte mais celle des finances publiques. Il est vrai que la première est dominée par des partis d’opposition... et la seconde par une majorité d’alliés du gouvernement. « La commission a donné un avis favorable en un temps record sans véritable étude », précise Mme Gómez.

    #extractivisme

  • Collision entre un cargo et une éolienne en mer du Nord

    Un accident s’est produit en mer du Nord entre le cargo Petra L, sous pavillon d’Antigua-et-Barbuda, et une éolienne du parc Gode wind 1 en mer du Nord allemande. L’événement a été découvert lorsque le navire s’est présenté à l’entrée du port d’Emden, en Allemagne.

    Le cargo « Petra L » est arrivé au port d’Emden avec un trou de 15 m² dans sa coque. (Photo : Wasserschutzpolizei)

    Photp => https://lemarin.ouest-france.fr/sites/default/files/styles/full/public/2023/04/27/credit_wasserschutzpolizei.jpg

    Source : https://lemarin.ouest-france.fr/secteurs-activites/energies-marines/collision-entre-un-cargo-et-une-eolienne-en-mer-du-nord-47214

    #énergie #éoliennes #électricité #éoliennes_industrielles #énergie_éolienne #éolien #écologie #environnement #éolienne #énergie_renouvelable #climat #critique_techno #pollution #mer_du_nord

  • Du plastique jusqu’à la moelle

    Ou Notre mode de vie nous empoisonne, par Mark O’Connell
    https://www.nytimes.com/2023/04/20/opinion/microplastics-health-environment.html?searchResultPosition=1

    Il y a du #plastique dans notre corps, dans nos poumons, dans nos intestins et dans le sang qui nous irrigue. Nous ne pouvons pas le voir, ni le sentir, mais il est là. Il est présent dans l’eau que nous buvons et dans la nourriture que nous mangeons, et même dans l’air que nous respirons. Nous ne savons pas encore ce qu’il nous fait, car nous n’avons pris conscience de sa présence que très récemment ; mais depuis que nous en avons pris connaissance, il est devenu une source d’anxiété culturelle profonde et multiforme.

    Peut-être que ce n’est rien, peut-être que c’est bien. Peut-être que cet amalgame de fragments - morceaux de bouteilles d’eau, de pneus, d’emballages en #polystyrène, #microbilles de produits cosmétiques - nous traverse et ne nous cause aucun dommage particulier. Mais même si c’était vrai, il resterait l’impact psychologique de savoir qu’il y a du plastique dans notre chair. Cette connaissance est vaguement apocalyptique ; elle ressemble à une vengeance divine, sournoise et poétiquement appropriée. Peut-être que c’est notre destin depuis le début, de parvenir à une communion finale avec nos propres déchets.

    Le mot que nous utilisons, lorsque nous parlons de cette présence troublante en nous, est « microplastiques ». Il s’agit d’une vaste catégorie qui englobe tout morceau de plastique d’une longueur inférieure à cinq millimètres, soit environ un cinquième de pouce. Une grande partie de ces matières, aussi minuscules soient-elles, sont facilement visibles à l’œil nu. Vous l’avez peut-être vu dans les photographies utilisées pour illustrer les articles sur le sujet : une multitude de minuscules éclats multicolores sur le bout d’un doigt, ou un petit tas lugubre sur une cuillère à café. Mais il y a aussi, et c’est encore plus inquiétant, ce que l’on ne voit pas : ce que l’on appelle les #nano-plastiques, qui ne représentent qu’une infime fraction de la taille des microplastiques. Ils sont capables de traverser les membranes entre les cellules et on a observé qu’ils s’accumulaient dans le cerveau des poissons.

    On sait depuis un certain temps qu’ils sont nocifs pour les poissons. Dans une étude publiée en 2018, il a été démontré que les poissons exposés aux microplastiques avaient des niveaux de croissance et de reproduction plus faibles ; leur progéniture, même lorsqu’ils n’étaient pas eux-mêmes exposés, a été observée comme ayant également moins de petits, ce qui suggère que la contamination perdure à travers les générations. En 2020, une autre étude, menée à l’université James Cook en Australie, a démontré que les microplastiques modifiaient le comportement des poissons, des niveaux d’exposition plus élevés ayant pour conséquence que les poissons prennent plus de risques et, par conséquent, meurent plus jeunes.

    Le mois dernier, le Journal of Hazardous Materials a publié une étude examinant les effets de la consommation de plastique sur les oiseaux de mer. Les chercheurs ont mis en évidence une nouvelle maladie fibrotique induite par le plastique, la #plasticose. Ils ont constaté que les cicatrices du tractus intestinal causées par l’ingestion de plastique rendaient les oiseaux plus vulnérables aux infections et aux parasites ; elles nuisaient également à leur capacité de digérer les aliments et d’absorber certaines vitamines.

    Ce n’est évidemment pas le bien-être des poissons ou des oiseaux de mer qui rend ces informations les plus inquiétantes. Si nous - j’entends par là la civilisation humaine - nous préoccupions des poissons et des oiseaux de mer, nous ne déverserions pas chaque année quelque 11 millions de tonnes de plastique dans les océans. Ce qui est vraiment inquiétant, c’est la perspective que des processus similaires puissent être à l’œuvre dans notre propre corps, que les microplastiques puissent raccourcir notre vie et nous rendre plus stupides et moins fertiles par la même occasion. Comme l’indiquent les auteurs du rapport sur la plasticose, leurs recherches « soulèvent des inquiétudes pour d’autres espèces touchées par l’ingestion de plastique » - une catégorie qui inclut largement notre propre espèce.

    En effet, tout comme les poissons doivent nager dans le blizzard de déchets que nous avons créé dans les mers, nous ne pouvons pas non plus éviter le plastique. L’un des éléments les plus troublants de la situation des microplastiques - nous ne pouvons pas vraiment parler de « crise » à ce stade, car nous ne savons pas à quel point elle peut être grave - est son caractère étrangement démocratique. Contrairement, par exemple, aux effets du changement climatique, qui que vous soyez et où que vous viviez, vous êtes exposé. Vous pourriez vivre dans un complexe sécurisé dans les endroits les plus reculés, à l’abri des incendies de forêt et de la montée du niveau de la mer, vous seriez exposé aux microplastiques lors d’une averse. Les scientifiques ont trouvé des microplastiques près du sommet de l’Everest et dans la fosse des Mariannes, à 36 000 pieds sous la surface du Pacifique.

    Dans ce contexte, la plupart des changements que nous apportons pour tenter de nous protéger de l’ingestion de microplastiques semblent essentiellement d’ordre cosmétique. Vous pouvez, par exemple, cesser de donner à votre enfant de l’eau dans un gobelet en plastique, et vous aurez peut-être l’impression de faire quelque chose pour réduire son niveau d’exposition, mais seulement jusqu’à ce que vous commenciez à penser à tous les tuyaux en #PVC par lesquels l’eau a dû passer pour arriver jusqu’à lui en premier lieu.

    Dans une étude réalisée l’année dernière, des chercheurs italiens ont analysé le lait maternel de 34 nouvelles mères en bonne santé et ont constaté la présence de microplastiques dans 75 % des échantillons. Une ironie particulièrement cruelle, compte tenu de l’association du lait maternel à la pureté et au naturel, et de l’anxiété des nouveaux parents à l’égard des microplastiques. Cette recherche fait suite à la révélation, en 2020, de la présence de microplastiques dans le placenta humain. Il semble que ce soit devenu une sorte de définition : Être humain, c’est contenir du plastique.

    Considérer cette réalité, c’est entrevoir une vérité plus large : notre civilisation, notre mode de vie, nous empoisonnent. Une étrange logique psychique est à l’œuvre ici ; en remplissant les océans des détritus plastiques de nos achats, en nous débarrassant négligemment des preuves de nos inépuisables désirs de consommation, nous nous sommes engagés dans une sorte de processus de répression. Et, comme l’a souligné Freud, les éléments de l’expérience que nous refoulons - souvenirs, impressions, fantasmes - restent « pratiquement immortels ; après des décennies, ils se comportent comme s’ils venaient de se produire ». Ce matériel psychique, « inaltérable par le temps », était destiné à revenir et à empoisonner nos vies.

    N’est-ce pas ce qui se passe avec les microplastiques ? L’intérêt du plastique, après tout, est qu’il est virtuellement immortel. Dès son apparition dans les produits de consommation de masse, entre la Première et la Seconde Guerre mondiale, son succès en tant que matériau a toujours été indissociable de la facilité avec laquelle il peut être créé et de son extrême durabilité. C’est précisément ce qu’il y a de plus utile qui en fait un problème. Et nous continuons à en fabriquer, année après année, décennie après décennie. Considérez ce fait : de tout le plastique créé depuis le début de la production de masse, plus de la moitié a été produite depuis l’an 2000. Nous pouvons le jeter, nous pouvons nous tromper en pensant que nous le « recyclons », mais il ne s’absentera pas de lui-même. Il réapparaîtra dans les aliments que nous mangeons et dans l’eau que nous buvons. Il hantera le lait que les nourrissons tètent au sein de leur mère. Comme un souvenir refoulé, il demeure, inaltérable par le temps.

    Dans les années 1950, alors que le plastique produit en masse commençait à définir la culture matérielle en Occident, le philosophe français Roland Barthes voyait dans l’avènement de cette matière « magique » un changement dans notre relation à la nature. "La hiérarchie des substances, écrit-il, est abolie : une seule les remplace toutes : le monde entier peut être plastifié, et même la vie puisque, nous dit-on, on commence à fabriquer des aortes en plastique.

    Faire attention à ce qui nous entoure, c’est prendre conscience de la justesse de Barthes. Au moment où je tape ces mots, mes doigts appuient sur les touches en plastique de mon ordinateur portable ; le siège sur lequel je suis assis est rembourré avec une sorte de polymère à effet similicuir ; même la douce musique d’ambiance que j’écoute pendant que j’écris est envoyée directement à mes cochlées au moyen d’écouteurs Bluetooth en plastique. Ces objets ne constituent peut-être pas une source immédiate particulièrement grave de microplastiques. Mais quelque temps après qu’ils aient atteint la fin de leur vie utile, vous et moi risquons de les consommer sous forme de minuscules fragments dans l’eau. Dans l’océan, les polymères contenus dans la peinture sont la principale source de ces particules, tandis que sur terre, la poussière des pneus et les minuscules fibres de plastique provenant de tapis et de vêtements sont parmi les principaux contributeurs.

    En 2019, une étude commandée par le Fonds mondial pour la nature a révélé qu’une personne moyenne pourrait consommer jusqu’à cinq grammes de plastique par semaine, soit l’équivalent d’une carte de crédit entière, selon les termes des auteurs du rapport. La formulation était quelque peu vague ; si nous consommons l’équivalent d’une carte de crédit, nous pouvons supposer que nous en consommons également beaucoup moins. Mais le rapport a été largement diffusé dans les médias et ses affirmations surprenantes ont capté l’imagination d’un public inquiet. Le choix de l’image de la carte de crédit n’y est pas étranger : l’idée que nous mangeons notre propre pouvoir d’achat, que nous nous empoisonnons peut-être avec notre consumérisme insistant, s’enfonce dans l’inconscient comme une idée surréaliste. Lorsque j’y pense, je ne peux m’empêcher de m’imaginer en train de passer ma carte Visa au mixeur et de l’ajouter à un smoothie.

    Le récent film de #David_Cronenberg, « Crimes of the Future », s’ouvre sur une scène saisissante montrant un petit garçon accroupi dans une salle de bains et mangeant une corbeille à papier en plastique comme un œuf de Pâques. Le film part du principe que certains êtres humains ont acquis la capacité de manger et de se nourrir de plastique et d’autres substances toxiques. « Il est temps que l’évolution humaine se synchronise avec la technologie humaine », déclare l’un de ces personnages. "Nous devons commencer à nous nourrir de nos propres déchets industriels ; c’est notre destin.

    Aussi grotesque que soit l’intrigue, elle est aussi perversement optimiste : Notre meilleur espoir pourrait être un saut évolutif qui nous permettrait de vivre dans le désordre que nous avons créé. (Même si l’on peut dire que ce n’est optimiste que dans la mesure où la « Modeste proposition » de Jonathan Swift l’est). Lors d’interviews réalisées à l’époque de la sortie du film, M. Cronenberg a révélé qu’il était préoccupé par les récentes informations concernant la présence de microplastiques dans le sang humain : « Peut-être que 80 % de la population humaine a des microplastiques dans sa chair », a-t-il déclaré lors d’une interview. "Nos corps sont donc différents de ce qu’ils ont été dans l’histoire. Ce phénomène n’est pas près de disparaître.

    En tant que parent, je suis partagé entre le désir de protéger mes enfants des microplastiques - ainsi que de toutes les autres choses dont je veux les protéger - et le soupçon que cet effort pourrait être largement futile. Une rapide recherche sur Google a révélé que ces inquiétudes sont de plus en plus répandues chez les parents et font l’objet d’une abondance croissante de contenus en ligne. Dans un article sur la protection des enfants contre les microplastiques, je lis qu’il faut éviter de blottir les peluches dans le lit et que ces bêtes menaçantes inattendues, plutôt que de les laisser traîner dans la chambre ou dans le lit de l’enfant, devraient être conservées en toute sécurité dans un coffre à jouets (plus loin dans le même article, le scientifique de l’#environnement qui fait cette recommandation déconseille également d’inculquer la peur à nos enfants). Même si j’aimerais minimiser les menaces ambiantes pour la santé de mes enfants, je ne veux pas non plus être le genre de parent qui insiste pour que ses peluches soient rangées en toute sécurité dans un coffre lorsqu’elles ne sont pas utilisées - car de toutes les menaces ambiantes qui pèsent sur mes enfants, celle que je tiens le plus à compenser est ma propre névrose.

    Et bien que les préoccupations concernant les microplastiques soient évidemment compatibles avec les discours plus larges de l’environnementalisme et de l’anti-consumérisme, elles n’intéressent pas exclusivement les gauchistes et les libéraux comme moi. Joe Rogan, qui est peut-être le plus grand vecteur de masculinité de notre culture, parle de ce sujet depuis plusieurs années. Dans un épisode de son podcast l’année dernière, M. Rogan s’est inquiété des effets alarmants des phtalates, un produit chimique utilisé pour accroître la durabilité des plastiques, dans le sang humain : Selon lui, les bébés naissaient avec des « taches » plus petites. (La tare, a-t-il précisé, est la distance entre le pénis et l’anus).

    Non seulement les taches des enfants diminuent à une vitesse alarmante, mais les pénis et les testicules eux-mêmes diminuent également. « C’est un phénomène sauvage, car il modifie littéralement le profil hormonal et le système reproductif des êtres humains, ce qui nous affaiblit et nous rend moins masculins », a-t-il déclaré. Un invité a fait remarquer qu’il y avait une sorte de compromis en jeu, car si vivre dans le monde moderne signifiait une exposition sans précédent à ces produits chimiques, cela signifiait aussi vivre beaucoup plus longtemps. « En quelque sorte », a répondu M. Rogan, « mais vous vivez comme une chienne ». Tout comme le changement climatique et la pollution sont les préoccupations traditionnelles de la gauche, les effets démographiques de la baisse de la natalité sont une source d’anxiété pour les conservateurs. En d’autres termes, quel que soit le scénario apocalyptique que vous préférez, les microplastiques ont tout prévu.

    Les microplastiques se sont installés dans le système sanguin culturel, et leur prévalence dans l’air du temps s’explique en partie par notre incertitude quant à la signification, du point de vue de la pathologie, du fait que nous sommes de plus en plus remplis de plastique. Cette ambiguïté nous permet d’attribuer toutes sortes de malaises, tant culturels que personnels, à cette nouvelle information sur nous-mêmes. Le tout a une résonance étrangement allégorique. Nous nous sentons psychiquement défigurés, corrompus dans nos âmes, par un régime régulier de déchets figuratifs du techno-capitalisme - par le défilement abyssal de TikToks ineptes et de prises sans cervelle, par les influenceurs d’Instagram pointant des boîtes de texte tout en faisant de petites danses, par la prolifération sans fin de contenu de pacotille généré par l’I.A.. Nous sentons notre foi dans le concept même de l’avenir se liquéfier à peu près au même rythme que les calottes glaciaires. L’idée que des déchets microscopiques traversent la barrière hémato-encéphalique semble être une entrée pertinente et opportune dans les annales de l’imaginaire apocalyptique.

    Et l’aura d’indétermination scientifique qui entoure le sujet - peut-être que ce truc cause des dommages inimaginables à nos corps et à nos esprits, mais peut-être aussi que tout va bien - lui confère un caractère légèrement hystérique. Nous ne savons pas ce que ces plastiques nous font, et il n’y a donc pas de limite aux maladies que nous pourrions leur attribuer de manière plausible. Peut-être que ce sont les microplastiques qui vous rendent dépressif. C’est peut-être à cause des microplastiques que vous avez constamment un rhume de cerveau depuis Noël. Peut-être que ce sont les microplastiques qui vous empêchent, vous et votre partenaire, de concevoir un enfant, ou qui vous rendent paresseux et léthargique, ou oublieux au-delà de vos années. Ce sont peut-être les microplastiques qui ont provoqué le cancer de votre estomac ou de votre cerveau.

    Je suis moi-même sujette à cette tendance. Il y a quelques années, on m’a diagnostiqué une #maladie_auto-immune chronique. Comme c’est généralement le cas pour ce type d’affection, elle est apparue sans cause connue. Elle ne met pas la vie en danger, mais il y a eu des périodes où elle m’a rendu malade au point de m’empêcher de travailler pendant une semaine ou deux d’affilée, et où j’étais si fatigué que j’avais du mal à me lever du canapé pour aller me coucher le soir. Toutes les huit semaines, je me présente dans un service de perfusion d’un hôpital, où l’on me branche à une poche contenant une solution liquide d’un anticorps monoclonal. (Ces poches sont, bien sûr, fabriquées à partir d’une sorte de #polyéthylène, un fait que vous devez m’imaginer raconter avec un haussement d’épaules élaboré, indiquant de grandes réserves d’ironie stoïque).

    En 2021, une étude publiée dans la revue #Environmental_Science_and_Technology a trouvé des niveaux significativement plus élevés de microplastiques dans les échantillons de selles de personnes ayant reçu un diagnostic de DIB, mais qui étaient par ailleurs en bonne santé, par rapport à celles qui n’avaient pas de DIB.

    Plus je passais de temps à faire des recherches pour cet essai, plus je me demandais si les microplastiques n’étaient pas à l’origine de mon état. Mon propos ici n’est pas d’affirmer quoi que ce soit, car je n’en sais pas assez pour le faire. Mon propos, en fait, est précisément que le fait de ne pas savoir génère sa propre énergie. Je pense qu’il est au moins plausible que ma maladie soit causée par les microplastiques, mais il est tout aussi plausible qu’elle ne le soit pas. Et je suis conscient que cette ambiguïté est elle-même étrangement séduisante, que c’est sur un tel terrain vague épistémologique que s’élèvent les grands édifices branlants de la conspiration et de la conjecture.

    Jusqu’à ce que nous en sachions beaucoup plus qu’aujourd’hui, en tout cas, parler des microplastiques peut ressembler étrangement à parler des effets nocifs des radiations des téléphones portables. (Le temps viendra, tôt ou tard, où nous saurons ce que les microplastiques nous font, mais d’ici là, le sujet reste ambigu et donc très suggestif.

    Mais n’y a-t-il pas quelque chose de manifestement absurde dans l’affirmation selon laquelle nous ne savons pas si le plastique que nous avons dans le sang nous fait du tort ? De quels critères de nocivité s’agit-il pour que nous devions attendre les résultats des tests avant de décider dans quelle mesure nous devons nous préoccuper des milliers de petits fragments de déchets qui circulent dans nos veines ? Il est certain que le fait de leur présence est déjà alarmant en soi, et que cette présence, en tout état de cause, se manifeste au moins aussi fortement sur le plan psychique que sur le plan physiologique.

    Une série de photographies de l’artiste Chris Jordan, intitulée « Midway. Message from the Gyre », compte parmi les images les plus indélébiles et les plus bouleversantes des dommages causés à la nature par notre consommation insouciante et incessante de plastique : Message from the Gyre". Chacune de ces photographies représente le corps d’un albatros dans un état plus ou moins avancé de décomposition. Au centre de chaque carcasse évasée et desséchée se trouve un amas d’objets en plastique que l’oiseau a consommés avant de mourir. L’horreur de ces images réside dans la juxtaposition surréaliste d’éléments organiques et inorganiques et dans le volume ahurissant de plastique contenu dans leur tube digestif. Les corps de ces créatures autrefois magnifiques retournent lentement à la terre, mais les déchets humains qui les ont rendues malades restent inviolables, inaltérables par le temps : couvercles de dentifrice, bouchons de bouteilles, briquets entiers qui semblent encore fonctionner parfaitement, minuscules poupées d’enfants et mille autres traces non identifiables de notre productivité déréglée et de notre faim insouciante.

    Le sujet des microplastiques est doté d’une lucidité cauchemardesque, car nous comprenons qu’il s’agit d’un symptôme d’une maladie plus profonde. Le mal impensable que nous avons fait à la planète - qui est fait à la planète en notre nom, en tant que consommateurs - est visité, de cette manière surréaliste et obscure, sur nos propres corps. Lorsque nous regardons les corps en décomposition de ces oiseaux remplis d’ordures, nous savons que nous ne regardons pas seulement ce que nous faisons au monde, mais aussi ce que notre monde endommagé nous fait.

    #microplastique

  • Protéger la biodiversité face aux projets d’aménagement : la « raison impérative d’intérêt public majeur »
    https://metropolitiques.eu/Proteger-la-biodiversite-face-aux-projets-d-amenagement-la-raison-im

    Le statut d’espèce protégée entraîne en France une protection forte mais non absolue. Des dérogations peuvent être délivrées pour mener certains projets d’aménagement au nom de la « raison impérative d’intérêt public majeur », mais s’exposent alors aux recours des associations et au contrôle du juge administratif. La rose de France, le crapaud calamite, le crapaud commun, la grenouille agile et la rainette méridionale ont porté un coup d’arrêt définitif au projet de construction du centre commercial Val #Débats

    / biodiversité, #aménagement, #droit, #environnement

    #biodiversité
    https://metropolitiques.eu/IMG/pdf/met_audrain-demey.pdf

  • 🛑 Climat : l’ONU alerte sur une fonte record des glaciers en 2022...

    "Le rapport annuel de l’Organisation météorologique mondiale (OMM) sur l’état du climat confirme que ces étendues de glace disparaissent à une vitesse spectaculaire et que les indicateurs météo ont atteint des niveaux inégalés l’an dernier.
    Ces huit dernières années ont été les plus chaudes jamais enregistrées sur Terre. Et ce n’est que l’une des conséquences inouïes, parmi tant d’autres, de la « progression continue du changement climatique », prévient, ce vendredi 21 avril, l’Organisation météorologique mondiale (OMM), institution spécialisée des Nations unies, dans son rapport 2022 sur l’état du climat. Celui-ci confirme les données alarmantes du Groupe d’experts intergouvernemental sur l’évolution du climat (Giec) ou celles du service européen sur le changement climatique Copernicus : les émissions de gaz à effet de serre (GES) « continuent de croître » et des « populations du monde entier » subissent désormais des « phénomènes météorologiques et climatiques extrêmes », insiste Petteri Taalas, le secrétaire général de l’OMM (...)
    "

    🛑 🌍 #écologie #environnement #climat #glacier #dérèglementclimatique
    > #anticapitalisme #décroissance

    ⏩ Lire l’article complet…

    ▶️ https://www.liberation.fr/environnement/climat/climat-lonu-alerte-sur-une-fonte-record-des-glaciers-en-2022-20230421_4HZ
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