• Un long fil [de @Themislv_vls] sur les différentes prises de positions de B. STIEGLER ces dernières années, « puisque certains semblent étonnés du partage de ce tweet antisémite »
    https://threadreaderapp.com/thread/1678894070767206407.html

    (...) dès le 22 octobre 2020, en réponse à l’éditorial de Horton, Emily Mendenhall, à l’origine [du concept de syndémie],

    https://www.thelancet.com/journals/lancet/article/PIIS0140-6736(20)32218-2/fulltext
    🧵explique qu’il est erroné de qualifier le COVID-19 de "syndémie" de façon générale, que le contexte compte et qu’une telle erreur passe complètement à côté de l’intérêt même du concept.
    🧵E. Mendenhall explique ainsi que “la syndémie nous permet de reconnaître comment les facteurs politiques et sociaux favorisent, perpétuent ou aggravent l’émergence et le regroupement des maladies”, citant la Nouvelle Zélande où le leadership politique en réponse à la crise
    🧵a été exemplaire, de telle sorte que le Covid n’y est pas syndémique.
    Le concept n’est donc en aucun cas utilisé pour nier la réalité de la pandémie ni la nécessité d’une prévention.


    cet excellent fil recense les trucages de cette bonimenteuse et bon nombre des membres cultivés des sections d’assaut de l’obscurantisme. n’hésitons pas à le communiquer aux gens de gauche, syndicalistes, révolutionnaires éventuellement intéressés par cette extension de la gauche de droite. ping @rezo

    edit en plus d’inspirer les orientations de LFI, Stiegler siège au comité de surveillance de l’#ARS Aquitaine et est vice-présidente du comité d’#éthique du #CHU de Bordeaux
    .

    #toctoc #pandémie #mensonge #obscurantisme_cultivé #santé_publique #philosophie #Barbara_Stiegler #confusionisme #GBD #protection_ciblée #syndémie (dévoyée) #enfants #minimisers #prévention #Alt_Right #covid_19 #gauche #gauchededroite #antivax #Aude_Lancelin

    • La perspective de B. Stiegler et F. Alla, appliquée au Covid19, combine à la fois une conception particulière de la santé publique et de la prévention, une négligence des droits fondamentaux à la vie et à la santé et une ignorance de l’état des connaissances scientifiques.
      Tout cela participe à l’adoption de positions contraires à l’éthique et à une dérive frôlant l’eugénisme.
      […]
      Enfermée dans un cadre d’analyse bancale rejetant la prévention réduite à un acte médical quand elle relève avant tout de la santé publique, collective, enfermée dans un cadre ouvrant la voie aux idées délétères, contraires à l’éthique, validistes et frôlant l’eugénisme, B. Stiegler continue donc d’ignorer les victimes d’un néolibéralisme qui a porté l’absence de prévention au rang de normes pour la préservation des profits, quoi qu’il en coûte pour la population.
      […]
      On peut sérieusement se demander, et avec inquiétude, pourquoi cette philosophe enfermée dans son récit, étanche à l’éthique et aux faits, tenant un discours si délétère, est encore associée aux luttes de la gauche et aux institutions & autorités sanitaires.

    • tenant un discours si délétère, est encore associée aux luttes de la gauche

      Parce qu’à « gauche » il y a un paquet de gens qui ont les mêmes opinions moisies que cette « philosophe » et qui sont bien contents d’intellectualiser leur connerie en citant Stiegler.

    • Trois ans déjà. L’un des effets politiques parmi les plus décisifs de la pandémie, c’est d’avoir conduit à l’émergence d’une nouvelle gauche de droite. Non gouvernementale cette fois, elle s’est créée « par le bas ». Ce qui la rend autrement dangereuse. Pour ma part, c’est par elle que l’irrespirable domine.
      « Critique » du « système » elle est excrément - le correcteur m’a suggéré un lapsus signifiant, je le garde ! - [extrêmement] composite, elle inclue tout aussi bien politiciens et gauchistes extra-parlementaires, écologistes qu’anarchistes, intellectuels et Gilets jaunes, insiders et outsiders. Terreau d’une fascisation qui n’en porte pas le nom, on la voit et la rencontre partout.
      Headshot. Le taf de snipper réalisé par @Themislv_vls suffira pas. Mais on peut imaginer que d’autres s’en saisiront, pour déciller, pour réouvrir à une position critique, une pensée et des actes qui ne reposeraient pas sur la falsification, la confusion plus ou moins délibérée.

  • Ci risiamo: il ministro Lollobrigida ha detto che non esiste una “razza italiana” ma “un’etnia italiana” da tutelare, soprattutto attraverso le nascite.

    Dopo la “grande sostituzione”, eccoci qui con un’altra teoria di estrema destra – quella del “differenzialismo”.

    l tentativo è chiarissimo: evitare le accuse di razzismo evitando l’impronunciabile “razza” e usando il più neutro “etnia”.

    Lo usa anche la Treccani!

    In realtà, come ha scritto Pierre-André Taguieff in diversi libri, “etnia” è un modo ripulito di dire “razza”.

    Questa innovazione linguistica la si deve ad Alain De Benoist, l’ideologo della “Nouvelle Droite”.

    Invece che fondarsi sull’inservibile razzismo “biologico-scientifico”, De Benoist si è concentrato sulle “differenze etnico-culturali”; da qui la definizione di “differenzialismo”.

    La faccio breve: siccome ogni “etnia” è “culturalmente” diversa, la convivenza è impossibile.

    Per vivere in pace, dunque, è meglio stare separati e non “contaminarsi”.

    È una forma di “razzismo politicamente corretto”, diciamo così, che ricorda sinistramente l’apartheid.

    Il pensiero di De Benoist non è affatto marginale, almeno all’interno di questo governo.

    Matteo Salvini anni fa ci faceva i convegni insieme.

    Ora invece è stato elogiato pubblicamente dal ministro della cultura Sangiuliano, e sarà ospite al Salone del Libro di Torino.

    Lollobrigida dice anche che occuparsi di natalità è un modo di “difendere la cultura italiana” e il “nostro modo di vivere”.

    Tradotto brutalmente: devono esserci più bambini bianchi.

    Altrimenti arrivano quelli «diversi» e si finisce con la “sostituzione etnica”.

    Insomma: dopo tutte le polemiche delle scorse settimane, rieccoci qui.

    Magari anche questa volta si tirerà in ballo “l’ignoranza”, o si accamperanno scuse di vario genere.

    Ma la realtà è che si tratta di precise scelte lessicali – e dunque politiche.

    https://twitter.com/captblicero/status/1656718304273104910

    #race #racisme #ethnie #terminologie #mots #vocabulaire #Lollobrigida #Italie #grand_remplacement #ethnie_italienne #différentialisme #Alain_De_Benoist #Nouvelle_Droite #extrême_droite #ethno-différentialisme #Francesco_Lollobrigida

    • Lollobrigida, l’etnia italiana e la leggenda della nazione omogenea

      Ci risiamo con una pezza che è peggiore del buco. Agli #Stati_generali_della_natalità (già il titolo meriterebbe un trattato filologico) l’irrefrenabile Lollobrigida, dopo avere detto, bontà sua, che è evidente che non esiste una razza italiana, ha dovuto colmare questa insopportabile lacuna, affermando che: “Esiste però una cultura, una etnia italiana che in questo convegno immagino si tenda a tutelare”. Esisterà dunque anche un’etnia francese (lo dica a bretoni e corsi), una spagnola (lo spieghi a baschi e catalani), una belga (l’importante che lo sappiano fiamminghi e valloni) o una inglese (basta non dirlo a scozzesi, gallesi e irlandesi). Ma forse no, lo stabordante ministro dell’Agricoltura sostiene il principio della purezza indicato peraltro nel punto 5 del Manifesto della razza: “È una leggenda l’apporto di masse ingenti di uomini in tempi storici”.

      La cultura italiana sarebbe dunque completamente autoctona. In un libretto scritto nel ventennio dal fondatore del Museo di Storia Naturale di Torino, c’era un capitolo (credo fosse d’obbligo) sull’elogio della razza italiana, che si era conservata pura “nonostante qualche invasione”. Quasi commovente quel “qualche”, i nostri libri di storia sono pressoché un elenco di invasioni, ma forse, proprio per questo la cultura italiana ha toccato punte di eccellenza (non adesso) come nel Rinascimento. Proprio grazie alla sintesi di culture diverse, che si sono fuse in una proposta originale fondata sull’incontro con la diversità.

      Siamo tutti d’accordo che il pensiero occidentale deve molto (non tutto, ma molto) a quello dell’antica Grecia, ma nelle sue Lezioni sulla filosofia della storia, Hegel sostiene, giustamente, che “gli inizi della cultura greca coincisero con l’arrivo degli stranieri”. Il tratto costitutivo per la nascita della cultura greca è quindi l’arrivo degli stranieri, di cui i greci avrebbero mantenuto “memoria grata” nella propria mitologia: Prometeo, per esempio, viene dal Caucaso, e lo stesso popolo greco si sarebbe sviluppato a partire da una “#colluvies” , termine che originariamente significava fango, immondizia, accozzaglia, scompiglio, caos.

      Gli Stati si differenzierebbero da quelle che chiamiamo “tribù” o etnia, perché contengono diversità, non omogeneità. Per quanto riguarda l’etnia, vale una celebre affermazione dell’antropologo britannico Siegfried Nadel: “L’etnia è un’unità sociale i cui membri affermano di formare un’unità sociale”. I Greci, peraltro, non associavano il concetto di #ethnos a un territorio, si poteva infatti essere greco anche in terre lontane, come volle esserlo Alessandro. L’etnicità di un popolo sta nel progetto.

      La storia viene spesso manipolata dalle élite, e l’identità evocata da chi sta al potere si fonda spesso sulla storia, o meglio su una storia, quella storia. Perché, come affermava Ernest Renan, per costruire una nazione ci vuole una forte dose di memoria, ma anche un altrettanto forte dose di oblio: “L’oblio, e dirò persino l’errore storico costituiscono un fattore essenziale nella creazione di una nazione (…) Ora l’essenza di una nazione sta nel fatto che tutti i suoi individui condividano un patrimonio comune, ma anche nel fatto che tutti abbiano dimenticato molte altre cose. Nessun cittadino francese sa se è Burgundo, Alano, Visigoto; ogni cittadino francese deve aver dimenticato la notte di San Bartolomeo, i massacri del XIII secolo nel Sud”.

      Dobbiamo fingere di ricordare ciò che ci unisce e dimenticare quanto invece, del nostro passato, ci divide. Oppure accettare, come sostengono Julian S. Huxley e Alfred C. Haddon che: “Una nazione è una società unita da un errore comune riguardo alle proprie origini e da una comune avversione nei confronti dei vicini”.

      https://www.ilfattoquotidiano.it/2023/05/12/lollobrigida-letnia-italiana-e-la-leggenda-della-nazione-omogenea/7158926

      #nation #homogénéité #diversité #culture #culture_italienne #ethnicité #identité

  • Kumpania, Lise Foisneau – Vivre et résister en pays gadjo – Éditions Wildproject
    https://wildproject.org/livres/kumpania

    Les Roms de Provence sont un collectif fugitif. Circulant en France depuis 1870, ils ne sont pas libres de choisir les lieux où ils vivent. En les classant comme « gens du voyage », l’administration les oblige à habiter sur des « aires d’accueil » souvent situées aux abords de zones industrielles polluées. Malgré leur assignation à ces espaces contrôlés, à chaque halte, les Roms font naître un monde politique singulier, celui de la kumpania.

    À travers une ethnographie en caravane sur les routes de France, l’anthropologue Lise Foisneau décrit au plus près la vie de ces compagnies. Elle raconte leur attachement aux lieux, les traumas invisibles de la guerre, la transmission de la mémoire, le règlement des conflits, l’attention aux enfants, la chine, les séparations et les retrouvailles. Mais aussi la traque policière et administrative, l’ouverture des « places », et la quête d’endroits où s’arrêter.

    En dépit des persécutions du 20e siècle et de la privatisation croissante de l’espace public, les Roms de Provence ne cessent depuis 150 ans de reconfigurer leurs mondes. Kumpania en décrit la chair et la vivacité.

    #Roms #anthropologie #ethnologie #Lise_Foisneau #livre

  • Plongée ethnographique dans un club de #boxe d’un #ghetto de #Chicago
    https://metropolitiques.eu/Plongee-ethnographique-dans-un-club-de-boxe-d-un-ghetto-de-Chicago.h

    Jeune sociologue, Loïc Wacquant a enquêté dans un club de boxe du ghetto de Chicago à la fin des années 1980. Il montrait que les boxeurs se protègent de la rue et de ses dangers en exposant leurs corps aux coups. Son dernier livre nous plonge dans les archives et les photos de cette enquête qui a fait date. Cet ouvrage sur la boxe est particulièrement original, puisqu’il comprend de nombreuses photos du temps où son auteur, alors étudiant en sociologie à l’Université de Chicago, explorait le ghetto #Commentaires

    / boxe, #sport, masculinité, ghetto, #États-Unis, Chicago, #ethnographie, #photographie

    #masculinité
    https://metropolitiques.eu/IMG/pdf/met-marliere.pdf

  • Faire ou laisser mourir
    https://laviedesidees.fr/Faire-ou-laisser-mourir

    La distinction entre faire mourir et laisser mourir est au cœur en #éthique médicale. Elle pousse à s’interroger sur ce qui est acceptable par les soignants, et plus généralement de ce que nous attendons de la #médecine. Médecin de soins palliatifs depuis plus de 20 ans, enseignant chercheur à l’Espace éthique Île-de-France, Vianney Mourman est chef du service de médecine de la douleur et de médecine palliative des hôpitaux Lariboisière, Saint-Louis et Robert Debré. Souvent sollicité pour débattre avec (...) #Entretiens

    / Société, médecine, éthique, #euthanasie, #Entretiens_écrits

    #Société
    https://laviedesidees.fr/IMG/docx/202304_ethiquemedic.docx
    https://laviedesidees.fr/IMG/pdf/20230404_ethiquemedic.pdf
    https://laviedesidees.fr/IMG/docx/20230404_ethiquemedic.docx

  • Faire ou laisser mourir
    https://laviedesidees.fr/Faire-ou-laisser-mourir.html

    La distinction entre faire mourir et laisser mourir est au cœur en #éthique médicale. Elle pousse à s’interroger sur ce qui est acceptable par les soignants, et plus généralement de ce que nous attendons de la #médecine. Médecin de soins palliatifs depuis plus de 20 ans, enseignant chercheur à l’Espace éthique Île-de-France, Vianney Mourman est chef du service de médecine de la douleur et de médecine palliative des hôpitaux Lariboisière, Saint-Louis et Robert Debré. Souvent sollicité pour débattre avec (...) #Entretiens

    / Société, médecine, éthique, #euthanasie, #Entretiens_écrits

    #Société
    https://laviedesidees.fr/IMG/docx/202304_ethiquemedic.docx
    https://laviedesidees.fr/IMG/pdf/20230404_ethiquemedic.pdf
    https://laviedesidees.fr/IMG/docx/20230404_ethiquemedic.docx

  • Immoral Code film - Stop Killer Robots
    https://www.stopkillerrobots.org/take-action/immoral-code

    Immoral Code est un documentaire qui s’interroge sur l’impact des robots tueurs dans nos sociétés. Dans un monde où des décisions reposant sur l’intelligence artificielle sont progressivement introduites dans tous les secteurs de la société (soins de santé, #justice pénale, économie, etc.), il importe de questionner cet enjeu. Qu’il s’agisse de préjugés préprogrammés, de protection des données ou de problèmes de confidentialité, ces algorithmes présentent de réelles limites, surtout lorsqu’ils sont appliqués à des systèmes d’armes.

    -- Permalien

    #éthique #robotisation

  • Les assassins végans
    https://taz.de/Bundeswehroffiziere-ueber-Verpflegung/!5920029

    Hitler était végétarien, soit, mais nous pouvons faire mieux. L’Allemagne se dote alors de commandeurs d’assassins végans.

    Ce n’est étonnant qu’au premier regard car la raison d’être des armées teutones n’a jamais été d’abattres les pauvres animaux et plantes. Bien au contraire, depuis Hermann le Chérusque nous éliminenons (avec l’avènement du véganisme le terme "tuer’"est réservé pour les actes d’agression létale contre les plantes) avec grâce les ennemis humains. Notre Frédéric II de Prusse, dit le Grand et ami temporaire de Voltaire fit le choix d’être enterré à côté de ses chiens plutôt qu’avec une épouse ou un ami humain.

    Nous sommes les amis des fleurs et de la nature que nous protégeons avec nos boucliers. Enfin la guerre moderne nous a libéré du fardeau du sacrifice des pauvres chevaux. Nous n’exposons à l’artillerie ennemie plus que les véhicules motorisés et leurs équipages. Nos guerres modernes ne sont plus les boucheries animalières d’avant et leurs victimes civils sont élevés au rang de dommages collatéraux. Il est établi que nous nous battons du côté du progrès.

    Dans l’interview du journal à peine belliciste TAZ deux compères végans expliquent leurs choix étique avec toute la sincérité d’assassins de bonne fois. Qu’ils soient loués ! Ils donnent raison à notre devise éternelle.

    Am deutschen Wesen mag die Welt genesen.

    Bundeswehroffiziere über Verpflegung : „Es gibt kein veganes Menü“

    22.3.2023 von Friederike Gräff - Die vegan lebenden Bundeswehroffiziere Martin A. und Patrick A. fordern vegane Verpflegung für die Truppe. Doch die Bundeswehr ist zögerlich.
    Zwei Männer in Militäruniform

    Fordern bessere vegane Verpflegung in der Truppe: die Bundeswehroffiziere Martin A. und Patrick A Foto: Privat

    taz: Martin A., Patrick A., Veganismus ist nicht das Erste, was man mit der Truppe verbinden würde. Tut man ihr da unrecht?

    Martin A.: Das Thema ist in der Bundeswehr noch nicht weit verbreitet. Doch auch vegetarische Ernährung war vor Jahrzehnten ein Fremdwort für die Truppe und für uns ist die Weiterentwicklung des vegetarischen Gedankens der nächste logische Schritt.

    Empfinden Sie sich als Avantgarde oder als Exoten innerhalb der Bundeswehr?

    Patrick A.: Weder noch. Ich empfinde eine gewisse Verantwortung, anzusprechen, wenn Sachverhalte überarbeitungswürdig sind. Das sind die Regelungen zur Truppenverpflegung.

    Martin A.: Wir sind beide nicht als Veganer in die Streitkräfte eingetreten, sondern haben eine persönliche Entwicklung durchlaufen, die wir auch in unserer Gesellschaft seit einiger Zeit verstärkt erkennen.

    Wie ist die Reaktion der Bundeswehr?

    Patrick A.: Die Bundeswehr begründet zunächst, wie Truppenverpflegung aussehen soll: bedarfsgerecht, vollwertig, ernährungsphysiologisch ausgewogen und an den Erkenntnissen der Ernährungswissenschaft orientiert. Die Bundeswehr ist der Meinung, dass vegane Ernährung diesen Vorgaben nicht entspricht.

    Inwiefern nicht?

    Patrick A.: Die Bundeswehr orientiert sich eng an den Empfehlungen der Deutschen Gesellschaft für Ernährung. Diese weist zwar auf kritische Nährstoffe hin, macht jedoch auch deutlich, dass eine gut geplante vegane Ernährung bedarfsdeckend und gesundheitsförderlich sein kann. Zudem ergäben sich Chancen, die Klimabilanz der Bundeswehr zu verbessern und als zeitgemäßer Arbeitgeber wahrgenommen zu werden.
    Martin A. und Patrick A.

    Oberstleutnant Martin A. und Korvettenkapitän Patrick A. sind Offiziere der Bundeswehr. Während Martin A. (36) aus dem Bereich Operative Kommunikation kommt und in seiner letzten Verwendung Kompaniechef war, fuhr Patrick A. (35) bisher unter anderem als Wachoffizier und Verantwortlicher für den Gefechtsdienst auf Marineschiffen zur See. Beide leben aus ethischen Gründen vegan und teilen hier ausschließlich ihre persönlichen Einblicke und Einschätzungen.

    Die Bundeswehr lehnt nicht den Mehraufwand ab, sondern argumentiert mit dem Nährstoffbedarf der Soldat:innen?

    Patrick A.: Sie geht von einem Mangel kritischer Nährstoffe aus und davon, dass vegane Ernährung qualifiziert begleitet werden müsste. Das könne nicht geleistet werden.

    Welches Angebot gibt es derzeit für Ve­ga­ne­r:in­nen in der Kantine oder bei einem Manöver?

    Patrick A.: Es gibt kein reguläres veganes Angebot. Das Essen ist mischköstlich, stets mit einer vegetarischen Variante. Wir plädieren für eine ernstzunehmende vegane Alternative. Wobei es bei der bedarfsdeckenden veganen Verpflegung eine große Rolle spielt, dass industriell verarbeitete Lebensmittel gemieden und möglichst vollwertige pflanzliche Kost zum Einsatz kommt. Wenn das in der Bundeswehr fest auf dem Verpflegungsplan stehen soll, müssten diese Komponenten zu einem Menü arrangiert und durch die Truppenküchen ausgegeben werden.

    Das passiert nicht?

    Patrick A.: Einen veganen Menüvorschlag schließt die aktuelle Vorschriftenlage kategorisch aus. Dabei entspräche ein solches Angebot einfach der gesellschaftlichen Realität. Einen Hinweis liefern da flexitarische Ernährungsgewohnheiten. Ich sehe viele fleischessende Kameradinnen und Kameraden das vegetarische Angebot bestellen. Wenn das Angebot da ist, wird es genutzt. Bei veganer Kost wird das ähnlich sein.

    Warum sind Sie Veganer geworden?

    Martin A.: Ich habe mich schon vor Jahren mit tierrechtlichen Aspekten befasst. Wenn man mit offenen Augen durch die Welt geht, kommt man um schockierende Bilder aus der Tierhaltungsindustrie, die auch im Rahmen des rechtlich Zulässigen entstehen, kaum herum. Irgendwann war mir das Verdrängen schlicht nicht mehr möglich.

    Patrick A.: Das kann ich unterstreichen, gerade die Bilder von häufig geradezu missbräuchlichen Methoden in der Haltung sogenannter Nutztiere müssen einen zum Umdenken bringen.

    Martin A., Sie sind wegen Ihrer Forderung nach veganer Verpflegung sogar vor Gericht gegangen. Mit Erfolg?

    Martin A.: In dem Verfahren ging es um Verpflegungspauschalen. Ich habe gegen Abrechnungen geklagt, die mir unterstellten, am Verpflegungssystem der Bundeswehr teilnehmen zu können – was mir praktisch jedoch nicht möglich war. Das Gericht hat den Kern meines Anliegens mit einer sehr ausführlichen Urteilsbegründung gestützt. Mir ging es hier vorrangig darum, zu verdeutlichen, dass die vegane Lebensweise grundrechtlichen Schutz genießt.

    Was stand in der Begründung?

    Martin A.: Das Gericht war überzeugt, dass meine ethisch begründete Entscheidung vegan zu leben in den Schutzbereich der Gewissens- und Weltanschauungsfreiheit fällt. Gleichzeitig hat es festgestellt, dass mir eine Teilnahme am derzeitigen Verpflegungsangebot der Bundeswehr nicht möglich ist.

    In der Praxis hat das Gerichtsurteil aber nichts verändert.

    Martin A.: Auf den ersten Blick nicht. Aus dem Urteil leitet sich kein unmittelbarer Anspruch auf vegane Verpflegung ab. Doch das gerichtlich umfassend mitgetragene Argument, dass der Veganismus eine verfassungsrechtlich schützenswerte Lebensweise ist, kann nun anderen vegan lebenden Soldatinnen und Soldaten helfen.

    Gibt es denn Schritte der Bundeswehr auf Sie zu?

    Martin A.: Wir erkennen durchaus etwas Aufmerksamkeit für das Thema. Vergleichsweise prominent erwähnt der jüngste Bericht der Wehrbeauftragten nun das zweite Jahr in Folge die Anliegen von Veganerinnen und Veganern in der Bundeswehr.

    Aber in der Kantine sehen Sie davon noch nichts.

    Martin A.: Konkrete Vorhaben sind uns nicht bekannt, nein. Allerdings ist uns auch bewusst, dass eine Organisation mit den Personalzahlen und den logistischen Anforderungen, wie sie die Bundeswehr hat, nicht von heute auf morgen Entscheidungen solcher Tragweite treffen wird.

    Wie wollen Sie die Bundeswehr überzeugen?

    Martin A.: Eines der größten Hindernisse scheint die Position der Deutschen Gesellschaft für Ernährung darzustellen. Im internationalen Vergleich ist die DGE noch relativ vorsichtig, sich für eine gänzlich vegane Verpflegung auszusprechen. Jedoch nicht, weil es nicht möglich wäre, sondern weil sie der Bevölkerung mehrheitlich eher nicht zutraut, sich umfassend genug mit der eigenen Ernährung auseinanderzusetzen.

    Ist damit überhaupt Bewegung in der Sache denkbar?

    Martin A.: Die Frage ist doch, sind die Streitkräfte gut beraten, die unumgänglich zunehmende Zahl an Veganerinnen und Veganern in der Bundeswehr zu ignorieren, während die DGE zwar Sorge äußert, aber dennoch bestätigt, dass eine gut geplante pflanzliche Ernährung bedarfsdeckend und gesundheitlich vorteilhaft sein kann? Wir können uns diesem Wandel noch lange entgegenstemmen. Doch verzichten wir damit auf die bereits genannten Chancen.

    Wie glauben Sie, verändern Sie als Veganer den Blick auf die Bundeswehr?

    Patrick A.: Ich denke, die Bundeswehr ist heute diverser als viele Außenstehende es glauben mögen. Wir sind Menschen mit unterschiedlichen Religionen, Interessen, Neigungen und eben Ernährungsgewohnheiten.

    Wenn Sie sagen, die Bundeswehr ist diverser, als man es von außen annimmt, ist sie auch linker?

    Patrick A.: Die vegane Ernährung ist ein buchstäblich junges Thema, nachweislich insbesondere bei den 14- bis 29-Jährigen. Und all jenen würde ich pauschal keine politische Orientierung unterstellen. Der Veganismus ist im Mainstream angekommen.

    Martin A.: Wenn wir für junge Menschen, die wir dringend brauchen, auch künftig eine Option darstellen wollen, müssen wir uns einer Vielzahl an Themen stellen – dazu zählt zeitgemäße Verpflegung. Ich sehe auch keinen Widerspruch zwischen Militärdienst und Veganismus. Ich verstehe meinen Dienst im Kern als das Eintreten für Schutzlose, wenn nötig mit zwingender Gewalt. Die Entscheidung für eine möglichst tierleidfreie Lebensweise führt in meinem Fall, auch ganz ohne politische Verortung, zu einer noch deutlicheren Übereinstimmung meiner persönlichen und dienstlichen Wertvorstellungen.

    https://de.m.wikipedia.org/wiki/Am_deutschen_Wesen_mag_die_Welt_genesen

    https://fr.m.wikipedia.org/wiki/Emanuel_Geibel

    #militaire #alimentation #éthique #véganisme #wtf

  • #EmmaGoldman #éthique #anarchisme #émancipation...

    ★ L’ÉTHIQUE ANARCHISTE D’EMMA GOLDMAN - Socialisme libertaire

    ★ Collectif Emma Goldman : nous publions cet article éclairant,
    dont la lecture conserve sa pertinence aujourd’hui.
    Le texte est extrait d’une biographie dans l’ouvrage « Emma Goldman, une éthique de l’émancipation ». 

    « Emma Goldman a été victime, tout particulièrement dans le monde francophone, d’une étrange amnésie qui a fait que le mouvement anarchiste, pourtant si enclin à célébrer son histoire et ses héros, semble parfois aisément oublier qu’il a aussi compté de nombreuses héroïnes », a écrit Normand Baillargeon. Née en Lituanie et morte à Toronto en 1940, Goldman fut à la fois libertaire et communiste, féministe et nietzschéenne. Expulsée des États-Unis d’Amérique, elle trouva refuge, aux côtés de son compagnon Alexandre Berkman, dans la nouvelle Russie soviétique. Son enthousiasme à l’idée de prendre part au processus révolutionnaire porté par Lénine et ses camarades fut de courte durée. Elle tenta en vain d’empêcher le massacre des marins de Kronstadt et, de retour en Europe, publia, en 1923, ses impressions et son analyse de la situation. Sitôt qualifiée de « renégate », elle n’en démordit pas : l’émancipation est avant tout affaire d’éthique (...)

    ▶️ Lire le texte complet…

    ▶️ https://www.socialisme-libertaire.fr/2021/10/l-ethique-anarchiste-d-emma-goldman.html

  • Le manque de main d’œuvre rend gentil : Ces dirigeants qui se mobilisent contre la précarité
    https://www.lefigaro.fr/societes/ces-dirigeants-qui-se-mobilisent-contre-la-precarite-20230312

    « Pour résoudre le problème, tout le monde se tournait vers le gouvernement. Nous estimions, tous deux, que les entreprises pouvaient apporter leur contribution, en matière d’emploi des jeunes et de lutte contre la précarité », raconte Thomas Buberl. Lui et Emmanuel Faber ont alors entrepris de convaincre une dizaine de grands groupes à agir : le Collectif d’entreprises pour une économie plus inclusive était né.
    À la mi-décembre 2018, ils avaient déjà entraîné leurs homologues d’Accor, BNP Paribas, Carrefour, Korian, Schneider Electric, Sodexo et Veolia. Depuis, ce petit groupe informel est devenu un réseau doté d’une gouvernance, avec deux présidents, Thomas Buberl et Sophie Boissard, directrice…

    https://www.collectif-economie-plus-inclusive.fr

    #éthique_washing

    • Citation rectificative :

      Alors que la crise menace nos profits, nous restons plus que jamais mobilisés autour des trois priorités de 2018.

      Nous sommes convaincus que l’enjeu majeur pour nos actionnaires comme pour le pouvoir du capital sur la société reste celui des travailleurs disponibles, alors que les marchés de l’exploitation sont soumis à des bouleversements inédits depuis la crise sanitaire.

      Il nous faut amplifier l’effort en direction des jeunes exploités non diplômés, au plus près des bassins de pauvres (industriels ou pas).

      Il nous faut aussi relever le défi de l’exploitation des vieux, et plus largement contribuer à l’émergence d’un système favorisant leur résistance jusqu’à leur extinction naturelle.

      C’est pourquoi nous voulons aujourd’hui aller plus loin en matière de d’adaptation qualifiante de notre personnel, en nous fixant, d’ici 2025, un objectif global en ce qui concerne la malléabilité des exploités, sans distinction d’âge ou de statut.

      Ces trois dernières années ont permis de construire les fondations d’un collectif engagé, innovant, au service d’une reproduction du capital plus inclusive.

      Nous sommes convaincus que notre démarche est plus que jamais adaptée et payante, et va ravir le monde des employeurs.

  • Heineken en Éthiopie. Les vies sacrifiées des paysans expropriés
    Afrique XXI > Olivier van Beemen > 27 février 2023
    https://afriquexxi.info/Heineken-en-Ethiopie-Les-vies-sacrifiees-des-paysans-expropries

    Enquête · Il y a dix ans, un faubourg de la capitale éthiopienne a été rasé pour faire place à une nouvelle brasserie de la firme néerlandaise Heineken. Un accaparement de terres qui n’a profité à personne dans le pays. Cinq agriculteurs qui ont tout perdu racontent leur calvaire. (...)

  • Françafrique : Macron ne fait même plus semblant | Mediapart
    https://www.mediapart.fr/journal/international/080223/francafrique-macron-ne-fait-meme-plus-semblant

    Par Justine Brabant. Le président clame à qui veut l’entendre qu’il est en train d’écrire une nouvelle page des relations entre la France et le continent africain. Il aura pourtant rencontré, en l’espace d’un mois, trois des dirigeants incarnant le mieux le vieux monde rance de la Françafrique et un chef de gouvernement accusé de crimes contre l’humanité.

    #France #Afrique #Françafrique #Gabon #Congo #Éthiopie #Tchad

  • Fine Dining and the Ethics of Noma’s Meticulously Crafted Fruit Beetle - The New York Times
    https://www.nytimes.com/2023/01/24/dining/noma-fruit-beetle-fine-dining.html?te=1&nl=from-the-times&emc=edit_ufn_2023

    By Tejal Rao

    Jan. 24, 2023

    Since I read this month that Noma would pivot from a full-time restaurant to a kind of food laboratory and pop-up, I’ve been thinking less about the chef René Redzepi and more about Namrata Hegde, an unpaid intern who worked in his Copenhagen kitchen for three months, making fruit beetles.

    Every day, as she told The Times, she spread the jam out, let it set and carved it into various shapes using stencils. She assembled those shapes to form a trompe l’oeil beetle: a glossy, three-dimensional creature made out of fruit leather. Most days, before dinner service, she assembled 120 perfect specimens and pinned each one in a glass box, ready to serve to diners. All the while, she said, she was “forbidden to laugh.”

    In the past, Ms. Hegde’s labor might have been obscured or even dismissed, but in the middle of what felt like a shifting sentiment against the cult of fine dining, it became a crucial detail. It illustrated the unglamorous drudgery of high-end restaurant kitchens, and sounded more like another tedious day at the factory, another lonely shift on the assembly line.

    Maybe it’s not what most people imagined when they thought of this supposedly glamorous world. But at the most extreme and competitive end of fine dining — let’s say, 100 or so restaurants around the world — there’s a fruit beetle on every menu. Not an actual fruit beetle but a number of mind-boggling, technique-driven, labor-intensive dishes. Trophy dishes.

    How do they do it?

    There’s no way around it. This kind of endless grind requires an immense amount of labor. The more workers in the back, willing to do the grunt work necessary, the more elaborate that vision of fine dining can be, like a large-scale art studio.

    Many fine-dining restaurants rely on free labor to compete at this level — and have faced criticism for it. Reporting last June in The Financial Times detailed the immense power that Copenhagen restaurants hold over an unpaid, international work force, drawn to the city’s constellation of star restaurants and vulnerable to dangerous working conditions and bullying.

    It seemed impossible — if one of the best restaurants in the world couldn’t make their business work, then what restaurant could? Over a decade later, after spending the maximum years possible at the top of the list and earning three Michelin stars, Mr. Redzepi called the old fine-dining model “unsustainable” and left many wondering the same thing about his restaurant. Does its pivot mean the end of fine dining? Probably not, no.

    We’ve been here before. What feels different this time is the seismic cultural shift in our tolerance for the idea of auteur-chefs who make cooks suffer for their art. In The Atlantic, the chef Rob Anderson wrote that “the kind of high-end dining Noma exemplifies is abusive, disingenuous, and unethical.” And in a story for Bon Appétit magazine, Genevieve Yam wrote that it was a good thing if the Nomas of the world were closing because “if restaurants can’t figure out a business model where they pay and treat their staff fairly, they simply shouldn’t exist.”

    #Ethique #Restauration #Travail #Sur-exploitation #1% #Marché_de_riches

  • Enjeux climatiques : la recherche ne peut plus produire de la connaissance à tout prix
    https://www.lemonde.fr/sciences/article/2023/01/27/enjeux-climatiques-la-recherche-ne-peut-plus-produire-de-la-connaissance-a-t

    Pour le physicien Pablo Jensen, la crise écologique force les sciences à s’interroger sur le type de savoir qu’elles créent et à s’ouvrir aux recherches menées en dehors des universités.

    Le 14 novembre 2022, le CNRS a publié son bilan carbone : un chercheur émet, en moyenne, 14 tonnes de CO2 par an. Comparer ce chiffre aux 2 tonnes permises par les accords de Paris, activités personnelles comprises, donne le vertige. Car il est difficile d’imaginer comment on pourrait réduire de plus de 80 % les émissions sans repenser profondément les activités de recherche.
    Lire aussi : Article réservé à nos abonnés Devant l’urgence climatique, de plus en plus de scientifiques tentés par la radicalité : « La désobéissance civile est un acte désespéré, pour alerter sur la situation dramatique dans laquelle on est »

    Puis, le 12 décembre, le comité d’éthique du même organisme, le Comets, abandonnait ce qui a été, depuis le début des sciences modernes, la position standard de la plupart des chercheurs : faire avancer la connaissance, c’est forcément bon, à la société de décider ensuite des bonnes ou mauvaises « applications ». Position paresseuse, voire hypocrite, car elle conduit à revendiquer les bonnes applications (médicaments…), en rejetant sur la société les mauvaises (pollutions, bombes…). Le Comets affirme, au contraire, que, face à la gravité de la situation environnementale, la recherche doit tenter d’évaluer ses impacts au préalable, en se demandant si « utiliser ou développer tel grand équipement (accélérateur de particules, grand calculateur) ou travailler sur telle thématique (biologie synthétique, génomique) est susceptible d’engendrer des impacts néfastes pour la biosphère ».

    Je vois là deux signes d’un grand basculement en train de redéfinir les savoirs et leur place dans la société. Pour mieux en saisir l’ampleur, peignons à grands traits les étapes passées. Jusqu’au XVIIe siècle, on vivait dans un monde dominé par le biologique, au niveau de l’économie (agriculture, construction en bois…) ou de la pensée (Aristote). Les sciences modernes ont émergé à la suite d’une double révolution, technique et politique : le déferlement des machines et l’émergence d’individus libres.

    Les nouvelles technologies (imprimerie, navigation, télescope…) ont élargi la connaissance du monde et bousculé les certitudes anciennes. Une nouvelle science « machinique », intimement associée aux réseaux technologiques, a permis une rétroaction positive inédite entre connaissance théorique et croissance industrielle, à l’exemple de la génétique moderne, née dans les laboratoires du brasseur Carlsberg, qui cherchait à stabiliser des levures pour produire de la bière en masse.

    Côté politique, l’urbanisation contribua à l’émergence d’individus confiants en leur capacité à comprendre et à maîtriser le monde. Ces deux révolutions partageaient des valeurs, comme le souci du débat critique, mais ont toujours été en tension, car les sciences prétendent disposer d’un savoir supérieur à l’« opinion » des non-experts, et engendrent des technologies qui bouleversent les sociétés par les marchés, sans débat démocratique.
    S’adapter à un monde devenu fini

    La grande accélération qui s’est ensuivie ébranle désormais la planète entière et impose de recréer des savoirs adaptés à un monde devenu fini. Des savoirs moins dépendants de technologies sophistiquées, et mieux insérés dans nos espaces délibératifs. Il ne s’agit nullement d’un retour romantique à des savoirs prémodernes, mais, au contraire, de l’approfondissement de la révolution démocratique, pour la création de savoirs « terrestres ».

    Concrètement, il s’agira d’abord de mieux financer des savoirs jugés essentiels pour apprendre à vivre dans ce monde fini : mieux comprendre les enchevêtrements entre tous les vivants, l’impact des inégalités, les alternatives low-tech, etc. Plus profondément, il faudra redéfinir ce que sont les savoirs et leur articulation avec les activités sociales. De nombreuses pistes concrètes ont été présentées aux Journées d’été des savoirs engagés et reliés (Jeser), tenues à Lyon, fin août, et organisées par un collectif de onze associations (Mouvement-ser.or).

    Ainsi, la Commission de recherche et d’information indépendantes sur la radioactivité (Criirad) et les observatoires écocitoyens ouvrent à la société civile un savoir expert (mesure de la radioactivité, toxicologie…) pour contrer un monopole privé ou étatique potentiellement opaque. Les Jeser ont aussi donné la parole à des recherches menées en dehors des universités. Ainsi, ATD Quart Monde croise les savoirs des personnes qui connaissent la pauvreté et les savoirs académiques pour créer des connaissances engagées, car l’association veut que « ça change ». Les paysans-boulangers ont, eux, créé une filière entière, allant des semences aux consommateurs, grâce à des savoirs spécifiques sur les variétés de blés paysans, et des outils low tech partagés garantissant leur souveraineté technologique. Tout en dialoguant avec la recherche académique, comme ils l’expliquent dans leur superbe livre Notre pain est politique (La Dernière Lettre, 2019).

    On pourrait imaginer une société parsemée de chercheurs, alternant des périodes d’engagement sur le terrain et d’autres plus en retrait, pour affiner les outils conceptuels de leurs communautés disciplinaires. Comme le proposait Bruno Latour dans son dernier discours à Sciences Po : dans la « nouvelle université des sciences terrestres », les sciences fondamentales auront pour tâche, non d’être une avant-garde trouvant les solutions, mais un « back-office » contribuant à « redéfinir ce que pourrait être le problème », et aidant les professionnels grâce aux « outils les plus avancés ». De quoi redonner aux sciences l’élan qui animait le philosophe John Dewey, pour qui « le futur de la démocratie [était] lié à l’extension de l’attitude scientifique ».

    Pablo Jensen(directeur de recherche CNRS, Laboratoire de physique, chargé de mission Transition écologique à l’ENS Lyon)

    Pablo Jensen est également l’auteur de Deep Earnings chez C&F éditions

    #Pablo_Jensen #Sciences_participatives #Recherche #Ethique #Soutenabilité

  • Éthique du #care ou pacte de solidarité ?
    https://laviedesidees.fr/Ethique-du-care-ou-pacte-de-solidarite.html

    À propos de : Marie Gaille, En soutien à la vie. Éthique du care et #médecine, Vrin. Depuis les années 1980, l’accompagnement des patients est considéré comme une forme de soin à part entière. Cette « éthique du care », devenue une notion-clé en philosophie, est pourtant incluse dans le pacte de solidarité qui régit l’État-providence français.

    #Société #solidarité #éthique

  • Les moyens de la vie bonne
    https://laviedesidees.fr/Peter-Geach-Les-vertus.html

    À propos de : Peter Geach, Les vertus, Vrin. Philosophe, logicien et catholique, Peter Geach reprend la question des dispositions nécessaires pour tenter de mener une vie bonne. Entre ironie et argumentation, son traité des vertus propose un discours à la fois philosophique et religieux.

    #Philosophie #éthique #christianisme #vertu
    https://laviedesidees.fr/IMG/docx/20221228_geach.docx
    https://laviedesidees.fr/IMG/pdf/20221228_geach.pdf

  • Filmer la ville et ses acteurs ordinaires
    Rouba Kaedbey
    http://journals.openedition.org/echogeo/23977

    Cet article interroge l’usage d’une approche audiovisuelle dans le cadre d’une thèse en géographie et aménagement. En s’appuyant sur son expérience de réalisation, l’auteure défend l’idée selon laquelle le film serait un outil parfaitement approprié pour mettre en évidence des problématiques de la géographie sociale. Il rend visible et audible des aspects occultés de l’espace social, participant ainsi à la production de la connaissance. Sur le plan méthodologique, l’article met en évidence la façon dont les différentes phases de la réalisation du film, - du tournage jusqu’à la diffusion – servent à alimenter la thèse. Au-delà de ses atouts théoriques et méthodologiques, un film-recherche exige une démarche engagée dont l’auteure tente de montrer les différentes facettes.

    Réflexion très intéressante sur l’usage, les difficultés mais aussi les apports inattendus du film dans une enquête de sciences sociales
    #Beyrouth #hezbollah #racisme #éthique #migrations

  • Ex-Googler Timnit Gebru Starts Her Own AI Research Center | WIRED
    https://www.wired.com/story/ex-googler-timnit-gebru-starts-ai-research-center/?bxid=5cec29ba24c17c4c6465ed0b&bxid=5cec29ba24c17c4c6465ed0b&cndid=57360427&c

    One year ago Google artificial intelligence researcher Timnit Gebru tweeted, “I was fired” and ignited a controversy over the freedom of employees to question the impact of their company’s technology. Thursday, she launched a new research institute to ask questions about responsible use of artificial intelligence that Gebru says Google and other tech companies won’t.

    “Instead of fighting from the inside, I want to show a model for an independent institution with a different set of incentive structures,” says Gebru, who is founder and executive director of Distributed Artificial Intelligence Research (DAIR). The first part of the name is a reference to her aim to be more inclusive than most AI labs—which skew white, Western, and male—and to recruit people from parts of the world rarely represented in the tech industry.

    Gebru was ejected from Google after clashing with bosses over a research paper urging caution with new text-processing technology enthusiastically adopted by Google and other tech companies. Google has said she resigned and was not fired, but acknowledged that it later fired Margaret Mitchell, another researcher who with Gebru co-led a team researching ethical AI. The company placed new checks on the topics its researchers can explore. Google spokesperson Jason Freidenfelds declined to comment but directed WIRED to a recent report on the company’s work on AI governance, which said Google has published more than 500 papers on “responsible innovation” since 2018.

    The fallout at Google highlighted the inherent conflicts in tech companies sponsoring or employing researchers to study the implications of technology they seek to profit from. Earlier this year, organizers of a leading conference on technology and society canceled Google’s sponsorship of the event. Gebru says DAIR will be freer to question the potential downsides of AI and will be unencumbered by the academic politics and pressure to publish that she says can complicate university research.

    DAIR is currently a project of nonprofit Code for Science and Society but will later incorporate as a nonprofit in its own right, Gebru says. Her project has received grants totaling more than $3 million from the Ford, MacArthur, Rockefeller, and Open Society foundations, as well as the Kapor Center. Over time, she hopes to diversify DAIR’s financial support by taking on consulting work related to its research.
    DAIR joins a recent flourishing of work and organizations taking a broader and critical view of AI technology. New nonprofits and university centers have sprung up to study and critique AI’s effects in and on the world, such as NYU’s AI Now Institute, the Algorithmic Justice League, and Data for Black Lives. Some researchers in AI labs also study the impacts and proper use of algorithms, and scholars from other fields such as law and sociology have turned their own critical eyes on AI.

    #Intelligence_artificielle #Timnit_Gebru #Ethique

  • Avant le FGI - France du 5 novembre prochain à Paris, le Forum sur la Gouvernance de l’Internet 2022 démarre aujourd’hui à Addis Abeba en Éthiopie.

    ⏩ Découvrez les points saillants de la semaine à venir par Lucien Castex https://www.afnic.fr/observatoire-ressources/papier-expert/forum-sur-la-gouvernance-de-linternet-ethiopie-2022-vers-plus-de-resilience-en

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    Before the France chapter on December 5th in Paris, IGF-Ethiopia 2022 starts today in Addis Abeba, Ethiopia.

    ⏩ Discover the key points of the week to come with Lucien Castex https://www.afnic.fr/en/observatory-and-resources/expert-papers/internet-governance-forum-ethiopia-2022-towards-greater-resilience-in-times-of

    #Afnic #Internet #Governance #Ethiopia #Resilience #IGF2022

  • La liberté, par-delà la métaphysique
    https://laviedesidees.fr/La-liberte-par-dela-la-metaphysique.html

    À propos de : Olivier Boulnois, Généalogie de la liberté, Seuil. Sommes-nous libres ou nos actions ont-elles des causes naturelles ? Le problème ainsi posé est une construction métaphysique : le sens authentique de la liberté comme principe d’action a été recouvert, à partir de l’Antiquité tardive, par l’invention du libre arbitre et le poids excessif donné à l’idée de volonté.

    #Philosophie #responsabilité #liberté #causalité

    • La théorie aristotélicienne n’a pas besoin d’une instance centrale d’arbitrage (la volonté), ni de résoudre le problème de son inscription dans le déterminisme physique. La liberté pour Aristote, pensée sur le modèle de l’homme libre dans la Cité, n’est pas un attribut métaphysique, mais s’inscrit dans un horizon éthique et consiste dans la capacité de bien agir.

      L’invention du libre arbitre

      Dès lors, pourquoi et comment les concepts de volonté et de libre arbitre apparaissent-ils ? C’est le résultat d’un processus en trois étapes : l’invention chez les stoïciens de la volonté comme instance de décision (to eph’ hemin), mais dans un cadre déterministe ; l’invention du libre arbitre chez Alexandre d’Aphrodise au IIe siècle de notre ère ; l’attribution du libre arbitre à la volonté chez Augustin au Ve siècle

      #éthique
      .

  • L’État paternaliste
    https://laviedesidees.fr/Chevallier-Perona-Homo-sapiens-dans-la-cite.html

    À propos de : Coralie Chevallier et Mathieu Perona, Homo sapiens dans la cité. Comment adapter l’action publique à la psychologie humaine, Odile Jacob. Les sciences comportementales ont révolutionné notre compréhension des choix et des actions des individus. Ces approches ouvrent de nouvelles politiques publiques – ce qui soulève d’importantes questions éthiques et politiques.

    #Politique #Économie #État #politique_publique #éthique
    https://laviedesidees.fr/IMG/docx/20221128_perona.docx
    https://laviedesidees.fr/IMG/pdf/20221128_perona.pdf

  • Se brancher à l’eau autrement
    https://metropolitiques.eu/Se-brancher-a-l-eau-autrement.html

    Face à un réseau conventionnel défaillant, les habitants des villes éthiopiennes ont recours à des systèmes alternatifs pour se procurer de l’eau potable. Cet article met en lumière la multiplicité des stratégies déployées, individuelles ou collectives suivant les contextes urbains. Un accès inéquitable au réseau conventionnel L’Éthiopie est l’un des pays au monde avec le plus grand nombre d’habitants n’ayant pas accès à l’eau potable (UN-Habitat 2017). L’accès aux #services_urbains de base y est encore #Terrains

    / #Éthiopie, accessibilité, #eau, #infrastructure, services urbains, #alternatives, #urbanisation, pays du (...)

    #accessibilité #pays_du_Sud
    https://metropolitiques.eu/IMG/pdf/met_pinet_et-al.pdf

  • #Taïwan, #Ouïghours : les dérives nationalistes de la #Chine de #Xi_Jinping

    Xi Jinping se prépare à un troisième mandat de cinq ans et à une démonstration de force au cours du 20e #congrès_du_Parti_communiste_chinois. Alors que son nationalisme exacerbé se traduit à la fois à l’intérieur des frontières, avec la répression des Ouïghours, et dans son environnement proche, en #Mer_de_Chine_du_sud, avec une pression accrue sur Taïwan, nous analysons les enjeux de ce congrès avec nos invité·es, Laurence Defranoux, journaliste et autrice des Ouïghours, histoire d’un peuple sacrifié, Noé Hirsch, spécialiste de la Chine, Maya Kandel, historienne spécialiste des États-Unis, et Inès Cavalli, chercheuse en études chinoises.

    https://www.youtube.com/watch?v=U4wiIwCaSY8


    #nationalisme #constitution #révision_constitutionnelle #pensée_Xi_Jinping #paternalisme #colonialisme #Xinjiang #colonialisme_Han #déplacements_de_population #exploitation_économique #limitation_des_libertés #enfermement #rééducation_politique #emprisonnement #répression #Nouvelles_Routes_de_la_soie #ressources #ressources_naturelles #Tibet #surveillance #surveillance_de_masse #terreur #camps_de_rééducation #folklore #assimilation #folklorisation #ethnonationalisme #supériorité_de_la_race #Han #culture #camps_de_concentration #réforme_par_le_travail #réforme_par_la_culture #travail_forcé #peuples_autochtones #usines #industrie #industrie_textile #programmes_de_lutte_contre_la_pauvreté #exploitation #paramilitaires #endoctrinement #économie #économie_chinoise #crimes_contre_l'humanité #torture