• Respingimenti e ostacoli all’asilo. Ritorno sulla frontiera Italia-Svizzera

    Da gennaio ad aprile 2023 a Como-Ponte Chiasso oltre 1.300 persone migranti sono state “riammesse” indietro dalle autorità elvetiche. È il confine terrestre italiano con i dati più alti. Quattro su 10 sono afghani: la protezione è un miraggio

    Ahmed, diciassettenne afghano, è partito da Kabul nell’autunno del 2021 per non finire tra le fila dell’esercito talebano. A un anno e mezzo dalla partenza, dopo aver percorso una delle diramazioni della rotta balcanica, passa per la stazione di Milano, dove non si ferma neanche una notte: la prossima tappa da raggiungere è Zurigo, l’obiettivo ultimo la Germania. Che cosa lo aspetta al confine italo-svizzero? Seppur poco raccontato, secondo i dati del ministero dell’Interno, su questa frontiera nei primi quattro mesi del 2023 sono state registrate 1.341 riammissioni passive, ovvero le pratiche di polizia a danno di persone straniere considerate irregolari che, a un passo dall’arrivo sul territorio elvetico, vengono costrette a ritornare in Italia.

    A far da contraltare all’approccio di frontiera finalizzato al respingimento, una parte della società civile su entrambi i lati del confine testimonia ormai da anni un’accoglienza possibile ma sempre più difficile nei confronti dei transitanti. La collaborazione tra i due Paesi si rifà all’accordo italo-svizzero del 1998 “sulla riammissione delle persone in situazione irregolare”, mai ratificato dal Parlamento italiano. Il 31 maggio scorso quell’impegno bilaterale è stato ribadito nell’incontro tra il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi e la sua omologa svizzera, Elisabeth Baume-Schneider, per contrastare, parole del Viminale, la “criminalità organizzata”, il “terrorismo internazionale” e monitorare i “foreign fighters di rientro dai teatri di guerra”. Il tutto, ha assicurato la consigliera elvetica, garantendo “sempre il rispetto dei diritti umani dei migranti”. Retorica politica che propone un concetto di sicurezza e promette di proteggere tutti, ma poi nella pratica minaccia le stesse persone in cerca di una maggior sicurezza.

    Già nel 2016 l’Associazione per gli studi giuridici sull’Immigrazione (Asgi) aveva evidenziato l’illegittimità delle riammissioni previste dall’accordo bilaterale per diversi motivi: ostacolano la domanda di asilo, implicano controlli sistemici e discriminatori lungo una frontiera Schengen e sono considerabili espulsioni collettive; infine, essendo procedure informali, non permettono di presentare un eventuale ricorso.

    Nonostante le rassicurazioni sul “rispetto dei diritti umani” di Baume-Schneider, le riammissioni, con le annesse criticità sottolineate nel 2016, continuano anche oggi. I dati relativi ai primi mesi dell’anno, comunicati dal Viminale dopo un’istanza di accesso civico di Altreconomia, sono eloquenti. Per quanto riguarda il settore terrestre di Como-Ponte Chiasso, da gennaio ad aprile 2023 sono state registrate 1.341 riammissioni verso l’Italia (numeri alti, basti pensare che per il più conosciuto accordo bilaterale tra Italia e Slovenia erano state 1.240 le persone riammesse nel 2020, anno di picco).

    Quello con la Svizzera si conferma quindi il confine terrestre italiano dove vengono registrate più riammissioni passive (si veda, a questo proposito, l’articolo sui respingimenti ai confini italiani nel numero di febbraio di Altreconomia). Dal gennaio 2022, infatti, in media, 330 persone ogni mese sono costrette dalla polizia svizzera a ritornare sui propri passi. Quattro su dieci sono afghani, proprio come Ahmed. Seguono siriani, turchi, marocchini e poi bengalesi e tunisini.

    Entrare nel merito di ciascun episodio è impossibile, ma si può ipotizzare che in molti casi la riammissione abbia ostacolato l’accesso alla domanda di protezione internazionale per persone provenienti da zone di conflitto. Ciò che permette un così alto numero di riammissioni è l’esteso sistema di controllo elvetico. “Il Ticino ha il più alto numero di poliziotti pro-capite di tutta la Svizzera”, spiega Donato Di Blasi di Casa Astra, centro di prima accoglienza per persone in emergenza abitativa nella Svizzera italiana. Nel territorio, infatti, si conta un agente ogni 305 abitanti, a fronte della media nazionale di uno ogni 466 secondo i dati della Radiotelevisione svizzera. “I pattugliamenti della polizia svizzera si estendono sui treni fino a Lugano, a 30 chilometri dalla stazione di confine di Ponte Chiasso”, continua Di Blasi.

    Spesso i controlli avverrebbero sistematicamente nei confronti di persone con caratteristiche somatiche apparentemente non di origine europea, in violazione delle normative che vietano la profilazione etnica (racial profiling). Un ragazzo egiziano di 16 anni che vive attualmente a Como racconta: “Una volta rientrando da Milano mi sono addormentato sul treno, superando per sbaglio la fermata di Como. Alla stazione di Chiasso mi hanno svegliato i poliziotti, mi hanno perquisito fino a lasciarmi in mutande, poi mi hanno riportato in Italia. Ero l’unico sul treno a cui è successo così”. Il monitoraggio frontaliero delle forze dell’ordine si inoltra anche nelle zone di transito percorribili in auto o a piedi. Per sorvegliare al meglio queste aree, l’ufficio federale dell’armamento (Armasuisse) aveva annunciato già nel 2015 l’acquisto di sei droni di fabbricazione israeliana che entreranno a pieno regime entro la fine del 2024.

    Nonostante la fitta rete di controlli e i numeri delle riammissioni, le realtà comasche che supportano le persone transitanti concordano nel dire che la situazione per le strade di Como non è minimamente paragonabile a quella dell’estate del 2016, quando fino a 500 persone dormivano nei pressi della stazione di San Giovanni in attesa di superare il confine. “Sono sporadici i casi di persone riammesse dalla Svizzera presenti sulle strade di Como”, racconta Anna Merlo di Porta Aperta, sportello di Caritas per i senza dimora. “Dato l’alto numero delle riammissioni, ci chiediamo: dove vanno le persone una volta riportate in Italia?”, si domanda don Giusto Della Valle, parroco di Rebbio, realtà solidale con le persone transitanti e attualmente luogo di accoglienza per decine di minori stranieri non accompagnati in attesa di una sistemazione definitiva. L’impressione è che chi viene riammesso non si fermi in città, provando a continuare il viaggio in altre zone di frontiera, vicine e lontane.

    Ahmed ha avuto fortuna, è riuscito a superare l’ennesimo confine, ma questo non significa la fine degli ostacoli. Infatti, dalle informazioni raccolte, è frequente che le persone transitanti, intercettate dalle forze dell’ordine sul territorio svizzero, dopo aver provato a fare domanda di asilo vengano riportate in Italia alla centrale di polizia di Ponte Chiasso. “Per essere certi che la domanda di asilo venga presa in carico e le persone non vengano respinte, l’unico modo è accompagnarle fisicamente alla questura di Chiasso per contestare un’eventuale riammissione; lo abbiamo fatto più volte in passato -spiega Gabriela Giuria Tasville di Azione posti liberi, fondazione che segue dal punto di vista legale i richiedenti asilo in Ticino-. A peggiorare il quadro, inoltre, è impossibile, per le persone in transito, soggiornare anche temporaneamente in Svizzera, perché dal 2008 è entrata in vigore una legge federale che vieta qualsiasi forma di accoglienza e penalizza chiunque aiuti le persone transitanti in situazione di irregolarità”. Questa legge infatti punisce “con una pena detentiva sino a un anno o con una pena pecuniaria chiunque […] facilita o aiuta a preparare l’entrata, la partenza o il soggiorno illegali di uno straniero” (articolo 116, 1.a). Le autorità, da una parte, non permettono alle persone transitanti di regolarizzare la loro posizione sul territorio e quindi di accedere alle strutture di accoglienza; dall’altra, puniscono chiunque aiuti il soggiorno di una persona che è in una situazione di irregolarità a causa del mancato accesso alla procedura di asilo.

    Questa legge, ormai arrivata al suo quindicesimo anno d’età, ha fatto sì che realtà come Casa Astra, che già nel 2004 accoglieva sans papier provenienti dall’Ecuador, non possano più supportare persone in situazione di emergenza abitativa senza documenti. Ancora più eclatante è il caso del centro sociale autogestito il Molino a Lugano, unica realtà che fino al 2021 accoglieva apertamente le persone transitanti. Nel maggio di due anni fa è stato raso al suolo su provvedimento della polizia cantonale. Al contrario della solida collaborazione tra le autorità di frontiera dei due Paesi, costruire e mantenere una rete solidale a livello locale e transfrontaliero di supporto alle persone in transito, in questo contesto, sembra quasi impossibile.

    https://altreconomia.it/respingimenti-e-ostacoli-allasilo-ritorno-sulla-frontiera-italia-svizze

    #Italie #Suisse #frontières #push-backs #refoulements #asile #migrations #réfugiés #frontière_sud-alpine #réadmissions #réadmissions_passives #foreign_fighters #terrorisme #statistiques #chiffres #2023 #2022 #profilage_racial #drones #criminalisation_de_la_solidarité

  • #Schengen: ok Pe a controlli sistematici a frontiere esterne. Modifica regolamento per lottare contro #foreign_fighters

    STRASBURGO - Il Parlamento Ue ha modificato oggi il Codice frontiere Schengen con l’obiettivo di migliorare la lotta al fenomeno dei foreign fighter. L’emendamento, approvato con 469 sì, 120 no e 42 astensioni, prevede che gli Stati membri controllino in modo sistematico tutte le persone che attraversano le frontiere esterne dell’Ue, tramite la consultazione di banche dati, come quelle sui documenti smarriti e rubati, il Sistema di informazione Schengen (#SIS) e le altre banche dati europee. I controlli saranno obbligatori a tutte le frontiere esterne dell’Ue, aeree, marittime e terrestri, sia in entrata che in uscita. Se tali controlli sistematici dovessero rallentare in maniera eccessiva il traffico frontaliero via terra o via mare, gli Stati membri potranno decidere di effettuare solo controlli «mirati». Tali controlli «mirati» potranno essere utilizzati negli scali aerei per un periodo transitorio di sei mesi, ampliabile a 18 in casi eccezionali, quali la mancanza di strutture adatte ai controlli sistematici. La modifica, già concordato col Consiglio lo scorso 5 dicembre, entrerà in vigore venti giorni dopo la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della Ue. Danimarca, Irlanda e Regno Unito hanno scelto di essere esclusi dalla nuove regole.

    http://www.ansa.it/europa/notizie/rubriche/altrenews/2017/02/16/schengen-ok-pe-a-controlli-sistematici-a-frontiere-esterne_08c39a96-c7b0-4076-9
    #contrôles_frontaliers #contrôles_systématiques #frontières #UE #EU #Règlement_Schengen #terrorisme #surveillance #base_de_données #données

    • New anti-terrorism powers passed by European Parliament

      The European Parliament voted on Thursday 15 February to approve the controversial new Directive on combating terrorism, as well as amendments to the Schengen Borders Code that will mean all EU citizens now have to be checked against the Schengen Information System, Interpol’s Lost and Stolen Travel Documents database, and “other relevant databases” whenever they enter or exit the Schengen area.

      http://www.statewatch.org/news/2017/feb/eu-ep-terror-powers.htm

  • Il guerriero buono

    Ci sono i mercenari che affiorano, e nemmeno sempre, solo se muoiono. Poi ci sono quelli che vanno a combattere con i “cattivi”, dei quali si viene a sapere soltanto se e quando vengono catturati. #Karim_Franceschi è invece il primo e unico italiano che si è arruolato tra coloro che, almeno per ora, sono giudicati “buoni” in Occidente, cioè i curdi che hanno bloccato le milizie dell’Isis a Kobane.

    Sebbene quelli come lui siano definiti “#foreign_fighters”, Karim preferisce chiamarsi “#partisan_fighter”, anche in ricordo del padre che combattè da partigiano i tedeschi sulle montagne toscane 70 anni fa e che, già anziano, sposò la madre marocchina. All’inizio di quest’anno, Karim decise di mettere a rischio la sua vita, arruolandosi nelle milizie curde del #Ypg, dopo avere portato a #Kobane, con una comitiva umanitaria, viveri e medicinali e capito che occorresse fare di più.

    A Laser il venticinquenne anconitano racconta la sua avventura di tre mesi col kalashnikov in mano pronto a sparare ogni giorno contro un nemico, talvolta lontano pochi metri. Karim parla di coraggio e di paura, descrivendo assalti e imboscate, le armi di ogni tipo, i martiri e i prigionieri, evitando di rispondere soltanto alla domanda su quanti nemici del Califfato abbia dovuto ammazzare, per sopravvivere oltre che per liberare Kobane: la guerra comunque rimane la più dolorosa attività umana.

    http://www.rsi.ch/rete-due/programmi/cultura/laser/Il-guerriero-buono-5350189.html
    #Kurdistan #combattant #témoignage

  • Explained: Where do foreign fighters in Iraq and Syria come from? - ABC News (Australian Broadcasting Corporation)

    http://www.abc.net.au/news/2015-02-06/map-foreign-fighters-iraq-syria/6052544

    Where do foreign fighters come from?

    More than 20,000 foreign fighters have travelled from around the world to fight in Iraq and Syria - more than joined the fight in Afghanistan in the 1980s, according to the International Centre for the Study of Radicalisation and Political Violence (ICSR).

    The figure of 20,000 represents the total number of fighters over the course of the conflict, not the number currently engaged in the fight.
    Middle East and north Africa

    The largest number of fighters were from the Middle East and north Africa - more than 11,000.

    That included up to an estimated 3,000 from Tunisia and 2,500 from Saudi Arabia.
    Western Europe

    However, nearly a fifth of the fighters - a total of 4,000 - were residents or nationals of Western European countries.

    France, the United Kingdom and Germany had the highest numbers joining the fight.
    Western Europe - per capita

    Belgium, Denmark and Sweden were larger sources of foreign fighters relative to their smaller population sizes.
    Australia and Asia

    Between 100 and 250 fighters had departed Australia for Iraq and Syria, the ICSR estimated.

    It said South-East Asia was “a blind spot” in its research, with few reliable estimates available.
    How many have returned?

    Of the more than 20,000 foreign fighters who have joined the battle, ICSR director Peter R Neumann estimated:

    5 per cent to 10 per cent had died, and
    10 per cent to 30 per cent had left the conflict zone, some returning home.

    Neumann stressed that counting foreign fighters was “no exact science”.
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    The number of foreigners who have travelled to Iraq and Syria to fight has topped 20,000, surpassing the number attracted to Afghanistan in the 1980s, according to the International Centre for the Study of Radicalisation (ICSR).

    Centre director Peter Neumann, who has advised the United Nations Security Council on the foreign fighters issue, said the conflict had become a “truly international” fight.

    Counting the number of Western fighters was “no exact science”, Professor Neumann said, but his estimates were based on more than 1,500 sources, including media reports, government estimates, social media profiles, statements from jihadist groups, direct interviews and fieldwork.

    The 20,000 figure is an estimate of the total number of foreigners who have joined the fight over the course of the conflict, rather than the number currently engaged in Iraq and Syria.

    The centre’s research suggested up to one-third of foreign fighters, or nearly 7,000, had already returned to their home countries and between 5 per cent and 10 per cent had been killed.

    “There has been actually only one mobilisation of foreign fighters that has been similar, and that is of course the Afghanistan conflict in the 1980s, which has also produced up to 20,000 fighters - albeit over an entire decade, whereas in the case of Syria and Iraq we’re now talking about the same number in just three or four years,” Professor Neumann said in a speech at the London School of Economics.

    As with Afghanistan, the current mobilisation would have “long-lasting consequences”, he added.

    #is #isis #irak #cartographie #visualisation #syrie