• I finanziamenti europei al Marocco per bloccare le persone, a tutti i costi

    In questi anni l’Unione europea ha garantito alle polizie marocchine mezzi, “formazione” e strumenti di identificazione. Forniture milionarie, poco trasparenti, di cui hanno beneficiato quelle stesse guardie di frontiera che il 24 giugno hanno causato la morte di oltre 20 persone. Anche qui Frontex ha un ruolo decisivo

    “Un partner di riferimento per l’Unione europea, un modello che altri potranno seguire per la sua capacità di collaborare con le nostra agenzie”. Così la Commissione europea descriveva nell’ottobre 2021 l’attività delle autorità marocchine nel campo della “gestione” del fenomeno migratorio. Un’immagine che stride con quella dei corpi stesi a terra, immersi in pozze di sangue, di chi la mattina presto del 24 giugno è stato brutalmente respinto mentre tentava di far ingresso nell’enclave spagnola di Melilla. Almeno 23 i morti, molti di più secondo le Ong indipendenti, in prevalenza persone originarie di Sudan e Sud-Sudan, centinaia i feriti e decine gli arresti tra le circa 2mila persone che hanno tentato di scalare la triplice barriera metallica che separa il territorio marocchino dalla città spagnola. Ma la violenza perpetrata ai danni dei rifugiati sia dalle forze di polizia marocchina sia dalla Guardia civile spagnola va contestualizzata in un quadro più ampio. I soldi dell’Ue hanno finanziato quella violenza.

    Del bilancio pluriennale 2014-2020 circa 370 milioni di euro sono stati assegnati al governo di Rabat per la gestione del fenomeno migratorio, di cui 238 derivanti direttamente dal Fondo fiduciario dell’Ue per l’Africa (Eutf): l’80% è stato destinato a programmi di sostegno, supporto e gestione dei confini con solo le “briciole” per la protezione delle persone in transito (circa l’11%) e per l’integrazione socio-economica di chi “sceglie” di restare in Marocco (7,5%). Cifre stanziate con il consueto ritornello della “lotta contro l’immigrazione illegale” che, come su tanti altri confini esterni dell’Ue giustifica il blocco del flusso delle persone in transito e l’impossibilità di vedersi riconosciuto il diritto d’asilo. Una strategia che, nel caso del Marocco, getta le prime basi nel 2001 quando la rotta del Mediterraneo centrale comincia a vedere i primi flussi. L’Italia è precursore con un finanziamento di 10 miliardi di lire, tra 1999 e il 2000, per finanziare secondo quanto ricostruito dal progetto Sciabaca&Oruka di Asgi l’acquisto di mezzi, strumenti ed equipaggiamento che favoriscono le forze di polizia marocchina nell’attività di contrasto all’immigrazione “clandestina”.

    Come ricostruito da Statewatch, gruppo di ricerca indipendente, a livello europeo invece dal 2001 al 2010 vengono stanziati circa 74,6 milioni di euro per sei progetti riguardanti la sicurezza delle frontiere. Tra questi sei progetti almeno due meritano attenzione. Il “Seahorse network” (costo totale di circa 2,5 milioni di euro, con un contributo Ue pari a più di 1,9 milioni) che ha fornito fondi per la creazione di una “rete regionale sicura per lo scambio di informazioni sull’immigrazione irregolare”. Statewatch, grazie ai documenti forniti dalla Direzione generale per la cooperazione e lo sviluppo internazionale della Commissione (Dg Devco) ha ricostruito che la rete ha sede a Gran Canaria ed è collegata a quella della Guardia civil spagnola e l’Agenzia Frontex. E poi un progetto da più di 67 milioni di euro fornito tra il 2007 e il 2010 direttamente al ministero dell’Interno marocchino: non si conoscono i contenuti del progetto, in quanto l’accesso ai documenti è stato negato per “tutela dell’interesse pubblico che è prevalente alla necessità di divulgazione” e soprattutto non esistono documenti di valutazione. “Il fatto che l’Ue non abbia intrapreso una valutazione è sorprendente dati i rigorosi standard di audit e valutazione che dovrebbero essere applicata ai finanziamenti”.

    All’aumento dei flussi corrisponde una crescita dei finanziamenti. Non a caso tra il 2013-2018, sempre da quanto ricostruito da Statewatch, i finanziamenti si sono concentrati sull’integrazione delle persone già presenti sul territorio complice un cambio di rotta delle autorità marocchine che hanno promosso due campagne di regolarizzazione per le persone prive di documenti (nel 2013 e nel 2016) e un tentativo di garantire sostegno a rifugiati e richiedenti asilo. I circa 61,5 milioni di euro stanziati dall’Ue hanno di fatto “compensato il mancato coinvolgimento delle autorità marocchine nella formulazione e nell’attuazione di una vera politica di integrazione”. Ma l’intervento umanitario europeo è solo una breve parentesi. Tra il 2017 e il 2018 gli attraversamenti “irregolari” nel Mediterraneo occidentale aumentano del 40% e le autorità marocchine dichiarano di aver fermato circa 76mila persone. Cifre da prendere con le pinze ma che giustificano, secondo i legislatori europei, la ripresa dei fondi destinati a Rabat. Questo nonostante, a livello assoluto, gli attraversamenti irregolari diminuirono del 25% rispetto al 2017 e raggiunsero il numero più basso dei cinque anni precedenti (150mila in totale). Ma poco conta, come visto anche su altre frontiere, non è una questione di numeri.

    Il 20 agosto 2018 attraverso il “Programma di gestione delle frontiere per la regione del Maghreb (BMP – Maghreb) vengono destinati 30 milioni di euro per “proteggere, monitorare e gestire le frontiere” del Marocco in un più ampio progetto multinazionale, dal budget totale di 55 milioni di euro, in cui figura tra i partner esecutivi anche il ministero dell’Interno italiano per alcune azioni in Tunisia. Si va dal potenziamento delle infrastrutture informatiche per “raccolta, archiviazione e identificazione della biometria digitale” e l’acquisizione di mezzi aerei e navali per il controllo pre-frontaliero. Il 13 dicembre 2018 vengono poi destinati 44 milioni di euro per il progetto “Soutien à la gestion intégrée des frontières et de la migration au Maroc” che mira a “rafforzare le capacità delle istituzioni marocchine a protezione, sorveglianza e controllo delle frontiere”: per un periodo di 36 mesi e gestito dalle autorità spagnole per “migliorare le capacità delle autorità marocchine di intercettare i valichi di frontiera irregolari e svolgere attività di ricerca e soccorso in mare”. A questo si aggiunge un programma per il contrasto al “contrabbando e al traffico di esseri umani” con un finanziamento pari a 70 milioni di euro. Nel dicembre 2019 nonostante gli attraversamenti registrati da Frontex sono la metà rispetto all’anno precedente (appena 23.969), l’Ue finanzia più di 101 milioni di euro nuovamente per “rafforzare le capacità delle istituzioni marocchine, in particolare per il ministero dell’Interno a contrastare il traffico di migranti e la tratta degli esseri umani incluso un sostegno per la gestione delle frontiere del Paese”.

    Nonostante queste ingenti cifre la trasparenza è negata. Per nessuno dei progetti di gestione delle frontiere le istituzioni europee hanno fornito accesso ai documenti tirando in ballo nuovamente la “tutela dell’interesse pubblico in materia di relazioni internazionali”. Nel novembre 2019 i ricercatori di Statewatch commentavano “profeticamente” questo sostegno: “È probabile che le conseguenze di questo approccio siano terribili dato che la cooperazione del Marocco in materia di sicurezza e sorveglianza delle frontiere comporta un costo molto elevato in termini di violazioni dei diritti umani commesse dalle forze di sicurezza marocchine contro migranti, rifugiati e persone richiedenti asilo”.

    Eccoli i frutti della politica di esternalizzazione europea in Marocco. “Video e fotografie mostrano corpi sparsi per terra in pozze di sangue, forze di sicurezza marocchine che prendono a calci e picchiano le persone; la Guardia civil spagnola che lancia gas lacrimogeni contro uomini aggrapparti alle recinzioni” spiega Judith Sunderland, vicedirettrice per l’Europa e l’Asia di Human rights watch che spingono l’Ong a chiedere una ferma condanna da parte dei funzionari di Spagna, Marocco e Unione europea e “garantire indagini efficaci e imparziali per portare giustizia a coloro che hanno perso la vita”. Il numero delle persone morte non è ancora chiaro. Secondo Caminando Fronteras, organizzazione spagnola, sarebbero 37 e decine di feriti. Ma le autorità marocchine stanno già facendo pulizia dei crimini commessi: l’Association Marocaine des Droits Humains (Amdh), che si occupa di tutelare i diritti umani nel Paese, ha pubblicato su Twitter due fotografie di quelle che si stima fossero tra le 16 e le 21 tombe scavate nel cimitero di Sidi Salem, alla periferia di Nador, la città marocchina oltre confine da Melilla. Hrw ne ha potuto confermare la veridicità identificando almeno 10 tombe individuali scavate.

    Di fronte all’orrore e alla tragedia, la strada è già tracciata. Il documento di “messa a terra” delle attività in Marocco previste dal Patto per le migrazioni e l’asilo, presentato nel settembre 2020 di fronte alla Commissione europea, prevede il sostegno finanziario per il periodo 2021-2027 per implementare, nuovamente, il controllo dei confini e soprattutto “sostenere i rimpatri volontari dei cittadini stranieri dal Marocco ai loro Paesi d’origine” oltre che l’efficientamento delle procedure per il rimpatrio dei cittadini marocchini che non hanno titolo per stare sul territorio europeo. Infine nel documento si chiarisce l’importanza del “dialogo strategico” che le autorità marocchine hanno mantenuto con Frontex che apre la possibilità della firma di un accordo operativo con l’Agenzia che sorveglia le frontiere esterne europee. Non cambia la strategia, nonostante tra gennaio e maggio 2022 siano stati appena 3.965 attraversamenti irregolari registrati nel Mediterraneo occidentale. L’invasione non c’è: i morti distesi nelle pozze di sangue a Melilla svelano nuovamente il volto di un’Europa che respinge e delega il lavoro sporco alle polizie di Paesi autocratici.

    https://altreconomia.it/i-finanziamenti-europei-al-marocco-per-bloccare-le-persone-a-tutti-i-co

    #Maroc #asile #migrations #réfugiés #externalisation #frontières #contrôles_frontaliers #complexe_militaro-industriel #Frontex #Fonds_fiduciaire #Italie #Seahorse_network #Seahorse #programme_de_gestion_des_frontières_de_la_région_du_Maghreb #Border_Management_Programme_for_the_Maghreb_region (#BMP-Maghreb) #Tunisie #biométrie #technologie #identification #Soutien_à_la_gestion_intégrée_des_frontières_et_de_la_migration_au_Maroc

  • "Complément d’enquête". Frontières : des milliards, des ratés et des #barbelés

    C’est un chiffre impressionnant : entre 2005 et 2021, le budget de #Frontex, l’Agence européenne de garde-frontières et de garde-côtes, est passé de 6 à 544 millions d’euros. Multiplié par 90 ! Contrôler les frontières extérieures de l’Europe est devenu la grande affaire des membres de l’Union européenne.

    Tout a basculé en 2015 avec la crise syrienne et les millions de migrants qui ont pris la route, notamment vers le Vieux Continent. Depuis, l’Europe a durci sa politique migratoire, et lourdement investi : Frontex va ainsi embaucher 10 000 hommes d’ici cinq ans. Mais l’agence, sanctionnée pour son manque de transparence, est-elle réellement efficace ? Les traversées illégales des frontières de l’UE sont au plus haut depuis six ans.

    Longtemps taboue, la question des murs « anti-migrants » est désormais d’actualité, portée par la Pologne ou la Hongrie. Pour maîtriser l’immigration, l’Europe confie aussi son destin à ses voisins, comme le Maroc ou la Turquie : une arme diplomatique dont ces pays savent user.

    Mais comment mettre sous cloche un continent entier ? Et à quel #prix ? Car clôtures, barbelés et caméras high-tech font des heureux : les #industriels_de_la_défense. Petites start-up ou multinationales veulent toutes leur part du gâteau : l’Europe va dépenser 23 milliards d’euros d’ici à 2027 pour surveiller ses frontières.

    Du Maroc à la Hongrie, en passant par le Luxembourg, « Complément d’enquête » a parcouru des milliers de kilomètres pour vous raconter cette Europe forteresse et ses zones d’ombres.

    https://www.francetvinfo.fr/replay-magazine/france-2/complement-d-enquete/complement-d-enquete-frontieres-des-milliards-des-rates-et-des-barbeles
    #budget #coût #frontières #contrôles_frontaliers #complexe_militaro-industriel #technologie #profit #business #vidéo #enquête #film

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  • Message de #Ylva_Johansson au personnel de #Frontex...

    24.05.2022

    My message to @Frontex staff - here in headquarters in Warsaw and those watching at external borders around the 🇪🇺

    You can be proud of your work.

    Europe needs a strong Frontex.
    I am proud of your dedication.

    https://twitter.com/YlvaJohansson/status/1529120088296652800
    #no_comments #frontières #migrations #réfugiés #fierté #discours

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  • Liberté, émancipation, autonomie. Avoir le courage, prendre le risque d’imaginer, de penser, d’agir… (+ Non à Frontex : les femmes contre la surveillance des frontières européennes)

    Bien qu’il soit un peu long, ne plie pas au code des médias, cet essai n’est pas réservé à des spécialistes. La réflexion critique, la délibération, la prise de distance, l’imagination concernent tout le monde. Avec Frontex, la question politique d’une Europe constituante revient au devant de la scène par la petite porte. Comme les réfugiés, les industries, les déchets, etc., le capitalisme expansionniste trouve ses limites, la guerre n’est plus externalisable. Elle revient en boomerang. Elle est partout. Dans un monde fini, il n’y a plus de dehors. L’expansion et l’externalisation ne sont plus possibles sans graves conséquences : un processus de destruction des humains, de la nature, de la planète est une réalité. La révolution – laquelle, où, quand ? Comment la nommer ? – est à la porte.
    Ce qui est en jeu dans la participation de la Suisse à Frontex et dans les négociations en cours entre la Suisse et l’UE échappe encore à l’imagination, à la conscience politique brouillée par des mensonges. « C’est cher payé, mais Frontex nous protège », dit-on. « Schengen sécurise les affaires », pense-t-on. « Nous agissons pour vous, faites-nous confiance », déclare-t-on.
    Il est possible de rester à la surface des choses, de subir l’utilitarisme brutal et les intérêts à courte vue. Le mensonge, la haine, le pillage, la violence à nos risques et périls. L’écho que rencontre une action de minoritaires courageux suffit à montrer que s’interroger sur Frontex implique, dans la suite de la votation suisse du 15 mai 2022, de reprendre l’initiative sur l’Europe en se gardant de l’utilitarisme du marché, de l’injonction à obéir, de la sûreté guerrière qui remplace la sécurité, la protection, en luttant pour une hospitalité politique constituante pour l’Europe et la planète.

    https://entreleslignesentrelesmots.wordpress.com/2022/05/15/liberte-emancipation-autonomie-et-travail-crit

    #international #suisse #frontex #politique #philosophie

  • RÉFUGIÉS : L’EVROS, UNE ZONE DE NON-DROIT ENTRE LA GRÈCE ET LA TURQUIE

    Courrier des Balkans | De notre correspondante à Athènes | mardi 10 mai 2022

    Dans un rapport publié le 4 mai, trois ONG dénoncent un système deux poids, deux mesures pour les réfugiés en Grèce. Alors que les Ukrainiens sont traités avec humanité, les exilés venant d’autres pays en guerre sont refoulés violemment aux frontières, notamment dans la région de l’Evros. Une nouvelle pratique consiste à abandonner pendant plusieurs jours, sans eau ni nourriture, des groupes d’exilés sur des îlots au milieu du fleuve.

    Propos recueillis par Marina Rafenberg

    Le Courrier des Balkans (CdB) : Dans le rapport publié il y a quelques jours par trois ONG, dont le Conseil grec pour les réfugiés, vous soulignez qu’il y a un système d’asile à deux vitesses aujourd’hui en Grèce. Qu’entendez-vous par là ?

    Alkistis Agrafioti (A.A.) : Il existe actuellement en Grèce, mais aussi en général en Europe, une différence de traitement flagrante entre les demandeurs d’asile ukrainiens et les autres exilés fuyant la guerre et ayant besoin de protection. Alors que les Ukrainiens obtiennent rapidement une protection provisoire, des papiers, un accès gratuit à la santé, à l’éducation, au marché du travail, d’autres demandeurs d’asile sont victimes de refoulements violents aux frontières grecques. Ce que nous disons dans notre rapport, c’est qu’il est essentiel que tous les exilés puissent avoir accès de manière égale à l’asile. Car c’est ce que nous avons appris grâce aux réfugiés ukrainiens : quand il y a une volonté politique, les États peuvent gérer l’accueil des réfugiés de façon humaine.

    CdB : Les pushbacks se sont-ils multipliés aux frontières gréco-turques ces derniers mois ?

    A.A. : Oui, indéniablement, les pratiques de refoulement se multiplient et deviennent de plus en plus violentes. Ces refoulements ne sont pas uniquement contraires au droit international, à la Convention de Genève relative au statut des réfugiés. Ils sont aussi accompagnés d’actes criminels, de vols de biens personnels, de violences, de mise en danger de la vie d’autrui. Certains demandeurs d’asile en sont victimes à plusieurs reprises. Lorsqu’ils arrivent finalement à enregistrer leurs demandes d’asile en Grèce, lors de leurs entretiens avec les services d’asile, ils mentionnent les refoulements et les violences qu’ils ont subies. Des enquêtes devraient être ouvertes pour chacun de ces actes, mais ce n’est pas le cas. Au fil des mois, des nouvelles pratiques cruelles apparaissent. Dernièrement, nous avons appris que les forces de l’ordre grecques abandonnent des groupes d’exilés sur des îlots au milieu du fleuve Evros.

    CdB : Avez-vous pu intervenir en tant qu’ONG dans ces cas-là ?

    A.A. : Ces trois dernières semaines, dans l’Evros, nous avons demandé par cinq fois à la Cour européenne des droits de l’Homme (CEDH) d’intervenir pour fournir une aide humanitaire à des réfugiés syriens, parmi lesquels 44 enfants, bloqués au milieu du fleuve pendant plusieurs jours sans eau ni nourriture ni assistance médicale. Mi-mars, un enfant de 4 ans, Ayman Al-Saleh, est mort noyé alors qu’un groupe d’exilés syriens avaient été arrêtés et emmenés de force par la police grecque sur un îlot. D’après les témoignages des rescapés, l’enfant serait tombé à l’eau alors qu’ils étaient transférés sur la bande de terre entourée d’eau, et la police n’est pas intervenue pour lui porter secours. Une enquête préliminaire a été ouverte par le procureur d’Orestiada pour savoir s’il y a eu homicide involontaire ou non assistance à personne en danger.

    Pour les derniers cas que nous avons observés au mois d’avril, la CEDH, que nous avions saisie, a imposé à l’État grec des mesures provisoires de protection des personnes bloquées, mais les autorités grecques ne sont pas intervenues. Cinq groupes pour lesquels la CEDH a demandé à l’État grec d’intervenir pour secourir les demandeurs d’asile ont pu être secourus, mais deux autres ont été victimes de refoulements violents vers la Turquie.

    “Les personnes venant en aide aux réfugiés sont criminalisées.”

    Depuis le 4 mai, à nouveau, un groupe qui avait déjà été victime de refoulements et qui a été rejoint par 12 autres réfugiés syriens le 5 mai, se trouve sur un îlot. La CEDH a encore émis des mesures intérimaires en demandant à l’État grec de leur venir en aide… Nous suivons l’évolution de cette situation.

    CdB : Est-ce que l’intervention des avocats dans cette zone frontière militarisée est aisée ?

    A.A. : Non, mais partout en Grèce, aujourd’hui, l’activité des ONG, que ce soit pour une aide humanitaire ou aide juridique, est devenue très difficile. Les personnes venant en aide aux réfugiés sont criminalisées et il devient de plus en plus dur de dénoncer les refoulements illégaux et de venir en aide aux exilés victimes de ces actes.

    CdB : Est-ce que vous pensez que la démission du directeur de Frontex, Fabrice Leggeri, accusé notamment d’avoir caché les refoulements des exilés par les garde-côtes grecs, va mettre un terme à ces pratiques ?

    A.A. : Le problème des refoulements n’est pas réglé avec la démission de Fabrice Leggeri, mais c’est une avancée positive. L’Union européenne doit maintenant prendre ses responsabilités par rapport à ces crimes commis aux frontières extérieures de l’Europe et garantir qu’une véritable enquête soit ouverte concernant ces allégations de refoulements perpétrés par les autorités grecques et déterminer quel est le degré de complicité de Frontex dans ces opérations menées en Grèce [1].

    Cet article est publié avec le soutien de la fondation Heinrich Böll Paris.

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    Notes
    [1] NDLR : Il y a quelques semaines, l’Autorité nationale indépendante mise en place par le gouvernement grec a assuré dans un communiqué qu’elle n’avait pas trouvé de preuves de ces refoulements, mais les ONG dénoncent une enquête partiale, qui n’a d’ailleurs pas été publiée.

    #Balkans #Grèce #Turquie #refoulements #pushbacks #frontex #migrations #réfugiés #frontières

    https://www.courrierdesbalkans.fr/Dans-Dans-l-Evros-une-nouvelle-pratique-consiste-a-abandonner-des

  • Décharge budgétaire de #Frontex bloquée : un pas symbolique de plus vers le respect des droits humains

    Ce 4 mai, le #Parlement_européen a voté contre la #décharge_budgétaire (2020) de l’agence Frontex, suivant de ce fait, l’avis adopté par sa #commission_de_contrôle_budgétaire (#CONT) il y a un mois. Cela signifie que le parlement affirme que l’agence Frontex doit réformer de toute urgence et de façon radicale son orientation et son fonctionnement interne.

    En effet, en mars 2022, la #commission_CONT a bloqué la décharge du #budget de Frontex suite « à l’incapacité de l’agence à remplir les conditions prévues dans le précédent rapport de décharge du Parlement, mais aussi aux conclusions de l’#Office_européen_de_la_lutte_anti-fraude (#OLAF) au sujet d’actes de #harcèlement, de #mauvaise_conduite et de #refoulements de migrants impliquant Frontex ». Les députés de la commission CONT ont estimé « que rien n’a été fait concernant les rapports faisant état de transgressions des #droits_fondamentaux en Grèce et que les opérations de renvoi de migrants par la Hongrie ont continué en 2020, malgré un arrêt de la Cour de justice de l’UE les jugeant incompatibles avec le droit européen. »

    Pour rappel, de nombreuses enquêtes et rapports récents émanant de la société civile et d’institutions officielles européennes mettent en cause l’agence pour ses agissements complices en matière de refoulements et de #violences envers des personnes exilées ainsi que pour sa mauvaise gestion interne [pour plus de détails, lire la récente Note politique #28 du CNCD-11.11.11 « Frontex : droits humains en danger » : https://www.cncd.be/Frontex-Droits-humains-en-danger). Ces accusations de connivence voir de complicité de l’agence dans ces violations, ont entrainé, ce 29 avril, la démission de son Directeur, François Leggeri.

    « C’est un nouveau signal encourageant lancé par une haute institution européenne ! » se réjouit le CNCD-11.11.11. Frontex sait dorénavant que ses activités sont sous surveillance vis-à-vis du respect des droits fondamentaux. Elle va devoir se plier aux exigences de #transparence, de mise en #responsabilité et de #contrôle_démocratique pour continuer d’exister.

    Alors que les refoulements sont devenus pratiques courantes pour nombreux Etats européens (Chypre, Malte, Grèce, Lituanie, Pologne, Espagne…), cette décision participe à la lutte contre les violations des droits fondamentaux des personnes migrantes, générées par la politique répressive de l’Union européenne en matière migratoire. A l’heure actuelle, une réorientation du Pacte européen pour la migration et l’asile vers le respect des droits humains, la mobilité et la solidarité est plus que nécessaire [pour plus de détails, lire la récente étude « Migration et asile : analyse du pacte européen »].

    La démission du directeur de l’agence et le vote positif du Parlement européen ce 4 mai doivent donc être l’occasion d’une remise en question plus fondamentale du mandat de l’agence et de la manière dont elle remplit ce dernier. Des réformes structurelles doivent être mises en place au plus vite pour garantir la transparence et le respect des droits humains. La Belgique, qui siège au Conseil d’administration de Frontex, doit utiliser ce levier de manière à obtenir ces réformes.

    https://www.cncd.be/Decharge-budgetaire-de-Frontex

    #migrations #asile #réfugiés #frontières #contrôles_frontaliers

    –—

    Sur la démission de Fabrice Leggeri :
    https://seenthis.net/messages/958737

    Et sur les derniers épisodes autour du budget de Frontex et de son blocage, voir cette métaliste :
    https://seenthis.net/messages/959313

    • EU censures border agency after reports of human rights abuses in Greece

      MEPs refuse to sign off Frontex’s accounts and call for access to inquiry into alleged harassment and misconduct

      The European parliament has refused to sign off the EU border agency’s accounts, saying it had failed to investigate alleged human rights violations of asylum seekers in Greece.

      The vote on the agency, Frontex, came after the resignation last week of its director, Fabrice Leggeri, who left after an investigation by Olaf, the EU’s anti-fraud body.

      The parliament’s decision was based on a report drafted largely before Leggeri resigned, and reflected continuing concern that Frontex was failing to protect asylum seekers’ human rights and uphold EU law.

      MEPs, meeting in Strasbourg, voted to postpone approving the Frontex accounts for 2020, during a session where they approved the budgets of dozens of other EU agencies that spend European taxpayers’ money.

      The Belgian Green MEP Saskia Bricmont, who sits on the European parliament’s civil liberties, justice and home affairs committee, tweeted: “The resignation of [Frontex] director last week does not address structural problems, nor the agency’s contribution to the Fortress Europe policy.”

      Frontex, the European border and coastguard agency, based in Warsaw, received a big increase in funds in response to the migration crisis of 2015-16, when 1.3 million people applied for asylum. Now one of the EU’s best-funded agencies, it had an annual budget of €364m (£307m) in 2020, up 10% on the previous year. There are plans to expand it further, to 10,000 border and coastguards by 2027.

      The delay in approving its accounts has no financial consequences for the agency, but is a form of political censure that empowers MEPs to issue recommendations to its new director. The European parliament delayed approval of Frontex’s accounts in 2021 and rebuked the agency for failing to respond to its previous recommendations.

      In a report giving the reasons for the latest delay, the European parliament’s budgetary control committee referred to problems in two EU member states. In Greece, Frontex “did not evaluate its activities”, despite official reports from national authorities, the Council of Europe and the UN that the agency was operating in areas where “fundamental rights violations” were taking place, it said.

      Frontex was also criticised for not suspending its operations in Hungary, despite a 2020 ruling by the European court of justice that Budapest was failing to implement EU law to protect asylum seekers. After the court judgment, another committee of MEPs called on Frontex to withdraw from Hungary. However, the agency continued working with the Budapest government on a case-by-case basis, including helping to return people denied asylum to their country of origin.

      MEPs also criticised the lopsided gender balance at Frontex, voicing “concern” that three-quarters of senior managers were men. It urged the agency to hold people accountable for 17 cases of harassment, although it did not provide details.

      MEPs also implicitly rebuked EU authorities for not giving them access to the findings of the EU anti-fraud agency, which opened an investigation in 2019 into alleged harassment, misconduct and illegal pushbacks of asylum seekers by Frontex. The Guardian understands that Olaf recommended disciplinary action against Leggeri and two other staff members; Olaf has declined to comment.

      Tomáš Zdechovský, a Czech centre-right MEP responsible for overseeing the Frontex accounts, said it was impossible to approve the accounts without knowing the results of the Olaf investigation. He was “looking forward to a more open dialogue” with the agency after Leggeri’s resignation, he said.

      The resolution criticising Frontex passed with 492 votes, with the centre-right, centre-left, liberals, green and radical left groups agreeing. Opposing the report were 145 MEPs from conservative nationalist parties and the far right.

      https://www.theguardian.com/world/2022/may/04/eu-censures-border-agency-after-reports-of-human-rights-abuses-in-greec

  • Métaliste sur les événements récents (à partir de 2021) autour du #budget (et son #blocage) de #Frontex

    D’autres fils de discussions existent sur seenthis autour de l’explosion du budget de Frontex de ces dernières années, mais ils ne sont pas inclus dans cette métaliste.

    Et sur la démission de Fabrice Leggeri, qui fait suite aux différents audits et accusations :
    https://seenthis.net/messages/958737

    #migrations #asile #réfugiés #frontières #contrôles_frontaliers
    #décharge_budgétaire #commission_de_contrôle_budgétaire (#CONT) #audit #commission_CONT #Office_européen_de_la_lutte_anti-fraude (#OLAF) #droits_fondamentaux #transparence #responsabilité #contrôle_démocratique

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  • At what cost? Funding the EU’s security, defence, and border policies, 2021–2027.
    A guide for civil society on how EU budgets work

    This report reveals that:

    The 2021–27 #Multi-annual_Financial_Framework allocates an unprecedented amount of European public money for security and defence purposes, more than doubling its budget from one spending cycle to the next.

    - The overall amount of money earmarked for security and defence spending is €43.9 billion, an increase of more than 123% when compared to the previous seven-year budgetary cycle, which allocated €19.7 billion for the same purpose.
    - The largest increase from the previous budgetary cycle can be seen in the European Defence Fund, which replaces its precursor programmes (Preparatory Action on Defence Research and European Defence Industrial Development Programme) with a massive funding increase of 1256%, to reach a total of almost €8 billion. This money will, for the first time, be used for the research and development of high-tech military weaponry.
    - The #European_Peace_Facility, which may be understood as replacing the Athena mechanism and African Peace Facility, will increase its budget by 119% to €5.7 billion. This means that 31% of the overall spending will go on military weaponry research and development and an off-budget military initiative with almost no democratic scrutiny, oversight or transparency whatsoever.
    - Other significant budget hikes include the #Internal_Security_Fund, which will increase by 90% to €1.9 billion, the Integrated Border Management Fund – Border and Visa, which will increase by 131% to €6.2 billion and the funds being made available to agencies such as Frontex and Europol, which will increase by 129% to €9.6 billion. The increase of the Asylum and Migration Fund is less notable at 43% but the instrument will still receive a substantial €9.9 billion.
    - The Citizens, Equality, Rights and Values Programme will increase its budget by 124%, to reach €1.4 billion, but this figure should be put in to context – it pales in comparison to the €43.9 billion being invested in militarised security and defence initiatives. Funding for law enforcement, border control, military research and development and operations (€43.9bn) is 31 times higher than funding for rights, values and justice (€1.4bn). Furthermore, the majority of the latter funds will still be awarded to states rather than independent organisations.

    In addition to the aforementioned funds, development aid will be redirected towards border management and will play an increased role in enhancing non-EU states’ ability to control migratory movements. The #European_Development_Fund and #EU_Trust_Fund_for_Africa have both been used to pursue migration policy objectives, and in the 2021–27 period 10% of the new €79 billion #Neighbourhood_Development_and_International_Cooperation_Instrument (#NDICI) ‘should be dedicated particularly to actions supporting management and governance of migration and forced displacement within the objectives of the Instrument’.

    The massive increase in security spending will also strengthen ‘Fortress Europe’ and further the long-standing goal of the EU and its member states to externalise border control to third countries regardless of these policies’ devastating consequences. The objective of containing unwanted people fleeing war and persecution outside Europe’s borders has been strongly prioritised in the 2021–27 security and migration funds:

    – The new home affairs fund seeks to enhance the ability of countries outside the EU to control migration and one of the main objectives of the #AMF is centred on the external dimension of asylum and migration management.
    – One aim of the IBMF is ‘to facilitate legitimate border crossings, to prevent and detect illegal immigration and cross-border crime and to effectively manage migratory flows’, and one of the ways in which this can be done is through ‘the enhancement of inter-agency cooperation’ between member states, Union bodies and third countries.
    – The IBMF will finance the deployment of immigration liaison officers to third countries to gather information and intelligence on migratory movements. Frontex, the EU’s border and coast guard agency, has its own pool of liaison officers who undertake similar work.
    – The consequences of border #externalisation policies are felt in regions as far south as the Sahel or as far east as countries neighbouring Afghanistan, where immigration and asylum authorities have, in effect, become the border guards of the EU, detaining and containing those on the move in search of safety.

    The European Defence Fund and the European Peace Facility mark a new point of departure for the EU in pivoting towards hard power and militarism.

    - The #European_Peace_Facility (#EPF) is an off-budget fund which will circumvent, and may eventually render redundant, EU rules against funding military projects. Under the EPF lethal weapons may be provided to third countries for defence purposes. The financing and provision of weapons to Ukraine is the first such example.
    - The #European_Defence_Fund (#EDF) will, for the first time, provide funding for the research and development of high-tech military equipment, which until now was largely prohibited by the EU.
    - A substantial amount of funding will also bolster the European security industrial complex and serve to subsidise the already highly lucrative homeland security industry. This complex has long promoted a vision of security based on the development and deployment of technical ‘solutions’, many of which are premised on novel and enhanced surveillance techniques.
    – The lion’s share of EU funding for homeland security research has long gone to private companies that are likely to continue being the main beneficiaries of these funds in the 2021–27 period.
    - The European Defence Fund will provide a new source of finance for many of the same corporations that have been significant recipients of security research funding. There is a requirement for the European Commission and other actors to ensure ‘synergies’ between the two programmes, and to exploit dual-use technology that may be of use to both the homeland security and military sectors. In practice, this is likely to mean the further militarisation of the civil sphere and the continuation of the long-standing trend to blur the lines between war, policing and internal security initiatives.
    – The significance of the EPF and EDF for the EU as a political project should not be underestimated. The creation of these funds marks a new point of departure for the EU, which began as a peace project. Under these funds it is actively shifting course and is now pursuing militarised objectives.
    - Determining the priorities of these funds will remain matters of state – apart from a limited role in negotiating legislation, the role of the European Parliament and civil society after laws have been passed is severely restricted, raising serious questions regarding parliamentary and public scrutiny, transparency and oversight.

    The EU’s Border and Coast Guard Agency, Frontex, will be provided with unprecedented funding of €5.6 billion from 2021-2027, a 194% increase compared to the previous budgetary cycle, and a key role in overseeing member states’ use of EU migration funds.

    – While #Frontex received €6 million in 2005, it now receives an average of €800 million a year – a 13,200% increase in budget over less than 20 years.
    - The agency will receive several hundred million euros a year to fulfil its expanded role, and in particular to develop its ‘standing corps’ of 10,000 border guards.
    - The European Commission is obliged to take into account Frontex’s views on national spending using the AMF and IBMF, and the agency is to be consulted on how member states should address recommendations resulting from evaluations on how they manage their borders.
    - Any equipment purchased by national border authorities using the IBMF must meet Frontex’s technical standards, and be made available for use by the agency.
    – Frontex is to play a key role in identifying and evaluating relevant research activities as part of the Civil Security for Society homeland security research programme

    Although the funding is being allocated for activities that carry significant risk, such as research into and development of lethal weapons, intrusive surveillance and policing, or the reinforcement of deadly border control practices, transparency, oversight, and accountability are all sorely lacking:

    - Although the EU’s new security funds will be subject to some measure of democratic scrutiny and oversight, and there will be some transparency regarding the projects and activities funded, this is largely restricted to the provision of information on spending and results, while democratic participation in setting priorities is strictly limited. With regard to the ISF, the European Commission is obliged to compile reports, to which the Parliament can then propose recommendations, which the Commission ‘shall endeavour to take into account’. There is no such requirement however, for the AMF or IBMF.
    – For the most part, it will be state officials in EU member states who determine how these funds are spent, while elected representatives and civil society organisations have only been granted a post-facto oversight role with no capacity to opine or influence spending beforehand.
    – There are a number of loopholes for the home affairs funds that could be used to inhibit transparency and, in turn, accountability. National authorities are obliged to publish information on the AMF, IBMF and ISF, ‘except where Union law or national law excludes such publication for reasons of security, public order, criminal investigations, or protection of personal data’ – in the hands of over-zealous officials, ‘security’ and ‘public order’ could be interpreted very broadly as a means of restricting public access.
    - Transparency has been kept to an absolute minimum with regard to the European Defence Fund and European Peace Facility.
    - The distribution of spending on external migration policies across different funding streams (such as development, migration, and security) means that political responsibility is distributed and diluted, further reducing the Parliament’s capacity to exert democratic scrutiny and oversight.

    What is notable by its absence from the 2021–2027 Multi-annual Financial Framework?

    - There is no funding to undertake search and rescue operations in the Mediterranean, but rather to provide assistance or actively participate in ‘push or pull back’ operations to prevent migrants and asylum seekers from reaching Europe’s shores.
    – There are only limited requirements to consult the EU’s own expert body on fundamental rights, the Fundamental Rights Agency, when drafting and approving spending programmes, while there is no obligation whatsoever to consult the European Institute for Gender Equality or national human rights bodies.
    - These funds attempt to address the consequences, and not root causes, of political and social conflict. For example, with regard to racism and xenophobia towards migrants and refugees, they appear to placate such sentiments rather than to find creative ways to effectively challenge them.

    https://eubudgets.tni.org
    #guide #budget #EU #UE #Union_européenne #défense #frontières #sécurité #coût
    #Asylum_and_Migration_Fund (#AMF) #Integrated_Border_Management_Fund (#IBMF) #Internal_Security_Fund (#ISF) #fonds #migrations #asile #réfugiés #statistiques #chiffres #transparence

    ping @isskein @karine4

  • L’ONG allemande #Sea-Watch porte #plainte contre #Frontex

    L’agence européenne des #frontières de l’Union européenne est à nouveau dans la tourmente. Mi-avril, l’ONG Sea-Watch a porté plainte contre Frontex pour #non_divulgations_d'informations concernant une interception en Méditerranée, le 31 juillet 2021, d’un canot de migrants par les garde-côtes libyens. Le navire humanitaire Sea Watch 3, pourtant à proximité immédiate de l’embarcation en détresse, n’avait pas été informé par Frontex de la présence du canot.

    L’ONG allemande Sea-Watch a porté plainte mi-avril contre l’agence européenne des frontière de l’Union européenne (UE), Frontex, devant le tribunal de l’Union européenne (CGE) à Luxembourg. L’agence de l’UE est poursuivie pour avoir refusé de divulguer des documents détaillant la nature de ses relations qui les lie aux garde-côtes libyens.

    En clair, le préjudice remonte au 30 juillet 2021. Ce jour-là, le navire Sea Watch 3 (de l’ONG allemande éponyme) assiste à l’interception d’un canot en détresse, dans les eaux maltaises, par les garde-côtes libyens. Vingt personnes étaient à bord. Selon les déclarations de l’ONG, aucune autorité maritime n’avait informé Sea-Watch de la présence de ce canot, alors que le navire humanitaire en était le plus proche. L’ONG s’étonne aussi que les autorités maltaises ne soient pas intervenues.

    Juste avant l’intervention des Libyens, un #drone de Frontex survolait la zone. L’agence européenne aurait donc dû, selon le protocole maritime internationale, envoyé un message à tous les navires de la zone pour porter secours à l’embarcation.

    « Le Sea Watch 3 était le navire le plus proche doté d’une capacité de sauvetage mais n’a été informé par aucune autorité. Les autorités maltaises ont refusé de remplir leur devoir de coordonner les efforts de sauvetage et de veiller à ce que les personnes en détresse en mer soient emmenées en lieu sûr », écrit Sea-Watch dans un communiqué.

    L’ONG accuse Frontex d’ignorer délibérément les navires de sauvetage européens pour faire appel de préférence aux garde-côtes libyens.

    « Frontex fonctionne comme un service secret qui dissimule en permanence des informations »

    À la suite de cette interception et du retour des 20 exilés en Libye, Sea-Watch aidée par la plateforme de défense de la liberté d’information FragDenStaat ont demandé des explications à Frontex sur leur déroulé des opérations ce jour-là. En vain. Les avocats des deux plaignants disent pourtant avoir identifié 73 documents liés à ce sauvetage mais Frontex refuse de les rendre publics.

    « Après une demande [de Sea-Watch, ndlr] en vertu du règlement sur la #liberté_d'information concernant les opérations de Frontex le 30 juillet 2021, l’agence des frontières a refusé à plusieurs reprises de divulguer les informations demandées » peut-on encore lire sur le communiqué de l’ONG. « Parmi eux se trouvaient 36 documents sur l’échange de communications entre Frontex et les autorités libyennes, italiennes et maltaises ce seul jour précis. »

    « Frontex fonctionne comme un service secret qui dissimule en permanence des informations », a également écrit l’ONG sur Twitter.

    Ce n’est pas la première fois que Frontex se retrouve dans la tourmente, notamment pour des faits se déroulant en mer Égée. Au mois d’octobre 2021, un cabinet néerlandais d’avocats spécialisés dans la défense des droits de l’Homme a annoncé avoir intenté une action contre l’agence européenne pour le renvoi illégal d’une famille syrienne, demandeuse d’asile, depuis la Grèce vers la Turquie.

    Au mois de mai 2021, deux demandeurs d’asile, un mineur congolais et une Burundaise, ont porté plainte contre l’agence. Après avoir atteint l’île de Lesbos, toux deux affirment avoir été refoulés illégalement vers la Turquie.

    Depuis l’automne dernier, l’agence européenne de garde-frontières et de garde-côtes est également pointée du doigt dans des incidents de refoulements de bateaux de demandeurs d’asile de Grèce vers la Turquie.

    https://www.infomigrants.net/fr/post/40143/long-allemande-seawatch-porte-plainte-contre-frontex

    #sauvetage #migrations #réfugiés

  • Démission de Leggeri à la tête de Frontex

    BREAKING OVERNIGHT: Frontex Director Fabrice Leggeri is quitting, POLITICO hears. The head of the EU border agency has tendered his resignation, several people in the know told us, with further details expected today. Frontex did not respond to a request for comment. Leggeri has led the agency, which has come under scrutiny for its alleged role in so-called pushbacks of migrants, since 2015. The development comes as the EU’s anti-fraud watchdog, #OLAF, is poised to present the full findings of its long-running probe into Frontex.

    https://www.politico.eu/newsletter/brussels-playbook/trouble-at-frontex-ruble-roulette-jeppes-replacement
    #Leggeri #Fabrice_Leggeri #Frontex #démission #frontières #migrations #réfugiés

    • Démission du Directeur de Frontex : une occasion à prendre pour une réorientation radicale

      Suite aux nombreuses enquêtes et rapports émanant de la société civile et d’institutions officielles européennes, tel le tout récent et explosif rapport de l’Office européen de la lutte anti-fraude (OLAF), qui mettent en cause l’agence Frontex pour ses agissements complices en matière de refoulements et de violences en vers des personnes exilées ainsi que pour sa mauvaise gestion interne (pour plus de détails, lire la récente Note politique #28 du CNCD-11.11.11 « Frontex : droits humains en danger »), le directeur de Frontex, s’est vu dans l’obligation de donner sa démission le 28 avril 2022. Cette démission a été acceptée ce 29 avril par le CA de l’agence.


      https://twitter.com/g_christides/status/1519967913066782720

      Ce 4 mai, tirant les leçons de cet épisode, le CNCD-11.11.11 encourage les membres du Parlement européen à refuser à Frontex la décharge de ses comptes pour l’exercice 2020 lors du vote en séance plénière. En effet, bloquer la décharge budgétaire est un bon levier pour exiger la réforme en profondeur de l’orientation et du fonctionnement de Frontex pour plus de transparence, de contrôle démocratique et de responsabilisation en cas de non-respect des droits humains. Les faits ayant amené à la démission du directeur doivent maintenant être analysés posément et des engagements formels pris pour garantir le respect des lois et des traités internationaux. C’est pourquoi il importe de reporter la décharge jusqu’à la démonstration de la mise en œuvre effective de mesures correctrices. Plus globalement, ce vote est l’occasion d’un signal fort pour exiger une réorientation radicale du pacte européen pour l’asile et la migration vers le respect des droits humains, la mobilité et la solidarité (pour plus de détails, lire notre récente étude « Migration et asile : analyse du pacte européen » : https://www.cncd.be/point-sud-22-migration-asile-pacte-europeen).

      https://www.cncd.be/Demission-du-Directeur-de-Frontex

    • Frontex | Faire sauter la tête ne suffira pas

      L’annonce de la démission du directeur de Frontex, Fabrizio Leggeri, vendredi 29 avril, ne représente que la première fissure dans l’édifice opaque qui s’est constitué depuis la création de l’Agence européenne des garde-frontières. Mais suffira-t-elle ? Semaine après semaine, les révélations se succèdent. D’autres membres du Conseil d’administration seraient impliqués dans la falsification de preuves de refoulements illégaux de personnes exilées. Des refoulements qui auraient conduit à la noyade de personnes migrantes, documentée par une équipe de journalistes. [1]

      Il faut rappeler que la Suisse a deux représentant·es au sein de ce conseil d’administration. L’un ou l’autre étaient-ils impliqués dans les faits reprochés à Leggeri ? Qu’en savaient-ils et qu’ont-ils communiqué au Conseil fédéral ? Alors que la Suisse est en pleine campagne de votation sur un arrêté fédéral visant à octroyer davantage de moyens financiers et de personnel à cette agence, les conseillers fédéraux concerné·es Karin Keller-Sutter et Ueli Maurer devraient répondre à cette question avant le jour du scrutin. C’est ce que demande depuis fin mars 2022 une Lettre ouverte publiée par Frontex-leaks.ch et relayée sur le site asile.ch. Une exigence de transparence légitime dans le cadre du débat démocratique.

      Au lieu de cela, c’est une crispation voire une censure que cherchent à imposer les autorités fédérales aux journalistes qui tentent de faire leur travail d’information. La RTS s’en est fait écho le 28 avril [2], évoquant même la possible intervention de Frontex dans cette interférence, alors que Le Temps dénonçait 4 jours plus tôt une censure de la part de l’Administration fédérale des douanes. Son vice-directeur Marco Benz est justement membre du conseil d’administration de Frontex.

      L’information est un outil essentiel de notre démocratie. Ce n’est que grâce au travail acharné de journalistes et d’ONG que les actes de Frontex commencent à voir le jour. L’agence a tenté par tous les moyens -y compris par des poursuites financières- d’empêcher leurs investigations. Celles-ci ont contribué au lancement de certaines enquêtes par des organes européens, notamment celle de l’Organe de lutte antifraude de l’Union européenne, dont le rapport a conduit à la démission de Leggeri. Pas plus tard que le 28 avril, l’enquête conjuguée du Monde, SRF, Republik, en collaboration avec Lighthouse report, a montré combien les refoulements illégaux pratiqués par l’agence sont « normalisés ». La question de savoir si les pushback font partie de l’ADN de Frontex reste entière.

      La justice internationale est également en train d’être activée par des ONG. Une autre façon de demander des comptes sur les pratiques de l’Agence et des États européens à leurs frontières extérieures. La dernière en date a été déposée par Sea-Watch, suite au refoulement d’un bateau vers la Libye, pays où, selon l’ONU, « ils seront placés dans des centres de détention inhumains et seront exposés à la famine, aux abus sexuels et à la torture. » [3]

      Est-ce cela que nous voulons ? Refuser aux personnes fuyant les guerres et la persécution le droit de déposer une demande de protection internationale ? Veut-on tripler les moyens financiers d’une agence qui renvoie vers la mort et la torture plusieurs milliers de personnes, ceci sans demander de comptes ?

      Refuser le 15 mai l’arrêté fédéral proposé par le Conseil fédéral et le Parlement ne met de loin pas en danger notre démocratie. Celle-ci a besoin de contre-pouvoirs forts.

      Un refus ne mettra pas davantage en danger notre participation à Schengen. Cet argument est de la poudre aux yeux. [4] Un rejet permettra de relégiférer, à la lumière des éléments qui se font jour aujourd’hui. D’ajouter des mesures d’accompagnement humanitaires qui avaient initialement été proposées lors des travaux parlementaires, pour assurer la sécurité des personnes qui sont elles-mêmes en danger et doivent être protégées.

      Le 15 mai, nous avons l’occasion de refuser d’adouber des pratiques antidémocratiques et illégales qui foulent au pied les valeurs que l’Europe essaie aujourd’hui de défendre face à la Russie de Poutine. Et de renforcer les voix européennes qui demandent un monitoring véritablement indépendant des pratiques de Frontex.

      https://asile.ch/2022/04/29/frontex-faire-sauter-la-tete-ne-suffira-pas

    • Le patron de Frontex Fabrice Leggeri démissionne sur fond d’accusations

      Le patron de Frontex, le Français Fabrice Leggeri, a présenté jeudi sa démission. Son départ fait suite à une enquête sur sa gestion de l’agence européenne de garde-côtes et de gardes-frontières.

      Directeur exécutif de Frontex depuis 2015, Fabrice Leggeri a été visé par un rapport de l’Office européen de lutte antifraude (Olaf) qui, selon Le Point, lui reproche en substance de « ne pas avoir respecté les procédures, s’être démontré déloyal vis-à-vis de l’Union européenne et un mauvais management personnel ».

      Cette enquête intervient sur fond d’accusations régulières, notamment de la part d’ONG ces dernières années, de pratiques de refoulements illégaux de migrants (dits « pushbacks ») et de complaisance envers les autorités grecques, par exemple, sur des renvois brutaux vers la Turquie.

      Mercredi encore, une enquête publiée par le quotidien Le Monde et Lighthouse Reports a démontré qu’entre mars 2020 et septembre 2021, Frontex a répertorié des renvois illégaux de migrants, parvenus dans les eaux grecques, comme de simples « opérations de prévention au départ, menées dans les eaux turques ».

      Enquête internationale

      En sept ans à la tête de Frontex, qui doit surveiller les frontières extérieures de l’UE, Fabrice Leggeri a accompagné le renforcement de l’agence qui a été considérablement musclée et dont les effectifs doivent atteindre 10’000 garde-côtes et gardes-frontières d’ici 2027 (voir encadré).

      Dans le courrier où il annonce remettre son mandat au comité de gestion de l’agence, Fabrice Leggeri affirme que depuis son élection et sa reconduction en 2019, le mandat de Frontex a été modifié « tacitement mais effectivement », ce qu’a réfuté la Commission européenne.

      La gauche du Parlement européen, en particulier, réclamait la démission de Fabrice Leggeri depuis l’automne 2020, à la suite d’une enquête journalistique internationale qui impliquait Frontex dans plusieurs refoulements en mer Egée.

      https://www.rts.ch/info/monde/13056010-le-patron-de-frontex-fabrice-leggeri-demissionne-sur-fond-daccusations.

    • Commission statement on the resignation of Fabrice Leggeri

      The Commission takes note of the resignation with immediate effect of the Executive Director of the European Border and Coastguard Agency (Frontex), Fabrice Leggeri.

      As the most senior Deputy Executive Director of Frontex, Aija Kalnaja will deputise and assume the lead of the Agency with immediate effect. To ensure full continuity of the agency, the Commission will proceed quickly with recruitment and appointment of a new Executive Director.

      It is a priority for the Commission to have in place a strong, effective, and well-functioning European Border and Coast Guard.

      Frontex fulfils a critically important task to support Member States manage common European Union external borders, and to uphold fundamental rights in doing so. For that purpose, Frontex must be a robust and well-functioning agency. The Commission will continue to fully support Frontex in this mission.

      Over the past year, the Commission has stepped up significantly its support and advice to Frontex to ensure the full implementation of its mandate. To this end, the Commission initiated several extraordinary Management Board meetings dedicated to governance issues and fundamental rights. The Commission is committed to the continuous improvement of the agency.

      https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/en/statement_22_2751

    • Refoulement de migrants aux frontières : Fabrice Leggeri, directeur de Frontex, démissionne

      Les accusations de renvois illégaux de migrants aux frontières de l’Union européenne se succèdent depuis plusieurs années à l’égard de l’agence européenne de gardes-côtes. La teneur d’une enquête de l’Office européen de lutte anti-fraude, pas encore rendue publique, a poussé Fabrice Leggeri, directeur controversé de l’institution, à démissionner.

      Fabrice Leggeri, directeur exécutif de l’agence de gardes-frontières et de gardes-côtes Frontex, a finalement jeté l’éponge. La pression qui s’exerce sur ses épaules n’a cessé de croître à mesure que les allégations de refoulements de demandeurs d’asile, couverts ou effectués par Frontex, se sont multipliées ces dernières années.

      Dernier scandale en date, révélé le 27 avril par Lighthouse Report, Der Spiegel et Le Monde : Frontex aurait volontairement « maquillé » des renvois illégaux de migrants vers la Turquie, à partir de la Grèce, les privant ainsi de leur droit à demander l’asile.

      Les nombreux rapports compilant les violations de droits fondamentaux de migrants aux frontières de l’Europe ont toujours été reçus par le silence ou les dénégations de Fabrice Leggeri, dont les arrières ont été protégés au Conseil d’administration de Frontex, composé de représentants des États membres.

      Les manquements organisationnels de Frontex – l’inefficacité des mécanismes de plaintes, de rapport d’incidents et de contrôle interne des violations des droits fondamentaux – sont pourtant dans le collimateur de nombreuses institutions. La médiatrice européenne et le Parlement ont publié des rapports pointant des #dysfonctionnements_majeurs. Même la Commission européenne s’y est mise. Le 18 décembre 2020, Monique Pariat, directrice générale chargée des migrations et des affaires intérieures pointait, dans une lettre envoyée à Fabrice Leggeri, la manière « trompeuse » dont le directeur de Frontex présentait les faits au Parlement européen.

      L’enquête de l’Olaf et la « gravité des faits »

      C’est surtout l’enquête menée par l’Office européen de lutte anti-fraude (Olaf) qui a fait vaciller Fabrice Leggeri et l’a poussé à la démission.

      Cela fait plus d’un an que l’Olaf scrute les agissements de la direction de Frontex. Deux enquêtes sont menées en parallèle et touchent trois personnalités de haut rang, dont le directeur exécutif. La première enquête, clôturée le 15 février dernier, porte sur les allégations de refoulement aux frontières extérieures de l’Union européenne et de violations des droits fondamentaux, notamment à la frontière gréco-turque.

      Frontex a-t-elle couvert des actions illégales de la part des gardes-côtes grecs ? Dans quelle mesure Frontex est-elle impliquée dans ces refoulements ? Comment l’agence et ses dirigeants ont-ils réagi face aux incidents qui leur étaient rapportés ? La seconde enquête, dont les conclusions sont attendues avant l’été, devrait faire la lumière sur des cas supposés de #harcèlement de travailleurs de l’agence.

      Ces enquêtes sont encore confidentielles. Mais quelques députés de la commission du contrôle budgétaire du Parlement européen ont pu prendre connaissance de leurs grandes lignes, lors d’une audition à huis clos du directeur général de l’Olaf, en mars dernier. Ils ont été convaincus, le 31 mars, « au vu de la gravité des faits », de suspendre la décharge budgétaire de Frontex. « Entre le rapport de l’Olaf et les dernières allégations de refoulement, la position de Fabrice Leggeri devenait intenable. Il était jusqu’à présent protégé par des États membres, dont la France, mais l’image de Frontex devenait trop abîmée », commente Tineke Strik, eurodéputée écologiste néerlandaise membre du groupe de contrôle de Frontex au Parlement européen. Pour la députée, le départ de Fabrice Leggeri est « un premier pas. L’organisation, la structure, la culture de Frontex devront changer ». Dans sa lettre de démission, Fabrice Leggeri, amer, regrettait que le mandat de Frontex ait « silencieusement, mais effectivement changé ».

      https://www.mediapart.fr/journal/international/290422/refoulement-de-migrants-aux-frontieres-fabrice-leggeri-directeur-de-fronte

    • Leggeri est parti, mais c’est Frontex qu’il faut renvoyer !

      Le directeur exécutif de l’Agence européenne de garde-frontières et de garde-côtes vient de démissionner suite à des accusations de refoulements illégaux. Il est temps d’en finir avec l’approche restrictive et militarisée de l’UE envers les migrants.

      Fabrice Leggeri vient de présenter sa démission en tant que directeur exécutif de Frontex, l’agence européenne de garde-frontières et de garde-côtes. Cette démission survient après des mois de révélations successives concernant l’implication de Frontex dans les violations des droits humains, en particulier dans le cadre de ses opérations aux frontières de l’Europe de l’Est et en Grèce. Ayant focalisé mes recherches sur la Méditerranée centrale pendant plus de dix ans, ces révélations ne me surprennent absolument pas. Dans le cadre d’une des enquêtes que j’ai menées au sein du projet Forensic Oceanography (Death by Rescue, 2016), j’ai démontré qu’au cours de l’été 2014 Frontex a mené une véritable campagne pour que l’opération militaire et humanitaire italienne Mare Nostrum soit stoppée. Alors que l’opération déployée en 2013-2014 avait permis de secourir de manière proactive un grand nombre de migrant·e·s fuyant la Libye dans des conditions dramatiques, Frontex l’a accusée de constituer un « appel d’air » menant à plus de traversées.

      Dans le but de dissuader les migrant·e·s de rejoindre le continent européen, l’agence a mis tout en œuvre pour que soit mis fin à l’opération Mare Nostrum et que celle-ci soit remplacée par une opération de Frontex, Triton, bien plus éloignée des côtes libyennes, et dont l’objectif était le contrôle des frontières et non le secours en mer. Ce changement opérationnel a été mis en place malgré l’unanimité des acteurs défendant les droits des migrant·e·s, et même des évaluations internes à Frontex qui prévoyaient que la fin de Mare Nostrum ne mènerait pas à moins de traversées mais à plus de morts en mer.

      C’est bien cette réalité qui s’est tragiquement matérialisée, notamment avec le naufrage du 18 avril 2015, le plus meurtrier de l’histoire récente de la Méditerranée avec plus de 950 morts. A la suite de cette catastrophe, le président de la Commission européenne, Jean-Claude Juncker, a admis que « cela a été une sérieuse erreur que de mettre fin à Mare Nostrum. Cela a coûté des vies » (1). On aurait pu s’attendre à ce qu’à la suite de cette reconnaissance, Frontex soit sanctionnée pour son rôle dans ce changement opérationnel meurtrier. Il n’en a rien été : l’opération de Frontex fut renforcée et son budget augmenté. Et le vide de secours mortel laissé par la fin de Mare Nostrum n’a jamais été comblé.

      Du dédain à l’#impunité

      Tout cela peut sembler lointain. Mais aujourd’hui, des avions et drones de Frontex informent les garde-côtes libyens de la présence de migrant·e·s pour qu’ils et elles soient intercepté·e·s et ramené·e·s en Libye, et ce malgré tout ce que nous savons des conditions inhumaines qui leur sont réservées. Pourtant, cet épisode plus ancien mérite d’être rappelé car il démontre clairement le rôle de Frontex dans la construction des migrant·e·s comme une menace, la mise en place d’opérations de contrôle des frontières toujours plus coûteuses et militarisées, le dédain pour les vies et des droits des migrant·e·s qui anime l’agence, et l’impunité qui a été organisée autour de ses activités. Malgré la pression publique et politique dont Frontex fait aujourd’hui l’objet, cet état de fait n’est pas fondamentalement remis en cause, et le départ de Fabrice Leggeri ne changera pas significativement la donne.

      Mais il y a plus. L’Union européenne applique depuis deux mois une politique d’ouverture sélective face aux migrant·e·s fuyant l’Ukraine. Pour un groupe de personnes (trop) limité, un changement de paradigme a été opéré : celui de permettre la mobilité des personnes en quête de refuge et de reconnaître leurs droits plutôt que de chercher à les bloquer à tout prix. Cette brèche ouverte rend aujourd’hui évident pour le plus grand nombre ce qui l’a été depuis longtemps pour nombre de chercheurs, chercheuses, acteurs et actrices de la société civile : l’approche restrictive et militarisée de l’UE n’est pas une fatalité, une politique plus ouverte et respectueuse des droits est possible, et celle-ci rendrait des acteurs comme Frontex superflus.

      Le 15 mai, les citoyen·ne·s suisses se prononceront concernant le financement de Frontex. Ce référendum donne une opportunité à la population suisse de cesser d’être complice d’une agence dont les activités de plus en plus coûteuses n’ont jamais mis fin à la « menace migratoire » que Frontex a contribué à construire, et qui se soldent par la violation des droits des migrant·e·s et des milliers de morts en toute impunité. Un « non » des Suisse·sse·s au financement de Frontex pourrait avoir une résonance européenne et contribuer non seulement à une remise en cause de l’agence mais à une réorientation fondamentale des politiques migratoires européennes.

      (1) European Commission, « Speech by President Jean-Claude Juncker at the debate in the European Parliament on the conclusions of the Special European Council on 23 April : Tackling the migration crisis », 29 avril 2015, http://europa.eu/rapid/press-release_SPEECH-15-4896_en.htm (dernier accès le 12 April 2016).

      https://www.liberation.fr/idees-et-debats/tribunes/leggeri-est-parti-mais-cest-frontex-quil-faut-renvoyer-20220503_P4AJ6XWWU

    • Frontex’s evolution from the undisputable to the untenable EU border agency

      Fabrice Leggeri, the Executive Director of the European Union border agency “Frontex”, resigned on 29th April 2022 following the release of the initial findings of an anti-fraud investigation. Last February the EU anti-fraud watchdog “OLAF” closed a year-long probe into Leggeri’s management over allegations of harassment, misconduct and migrant pushbacks. The investigation reveals how the agency’s own reporting system is used to cover-up pushbacks in the Aegean and its direct involvement. The resignations came after constant scrutiny by NGOs, journalists and the European Parliament in 2020 and 2021, claiming that the massive expansion of the EU border agency had not been matched by a corresponding increase in transparency and accountability. At the end of 2019, Leggeri, a 51-year-old French official who hails from the Alsace region, declared that his organization would not face the same troubles as the European Asylum Support Office (EASO). In June 2018, EASO’s executive director had resigned after an investigation by the same OLAF over alleged misconduct in procurement procedures, irregularities in management of human resources and possible breaches of data protection. 17 years after its foundation, Frontex faced the same process. How did it come to this?

      Frontex and the accountability problem

      The European Agency for the Management of Operational Cooperation at the External Borders of the Member States of the European Union (from the french Frontières extérieures, Frontex) was established by Council Regulation (EC) 2007/2004 in 2004, expanded with Regulation (EU) No 1168/2011. In September 2016, the founding regulation was amended and expanded by Regulation 2016/1624/EU creating the ‘European Border and Coast Guard Agency’. Less than two years after, the fourth revision of Frontex regulation was launched, and the new Regulation 2019/1896 entered into force on 4 December 2019. The new Frontex mandate stipulated that the number of EU border guards should double from 1,500 to 3,000 following an evaluation in 2024. Together with the forces of the Member States, Frontex is to reach its full strength of 10,000 border guards by 2027 (Bossong 2019). At the same time, Frontex has experienced a particularly significant growth in its budget, which has risen from merely 6.2 million euros (2005) to 395.6 million euros (2020) (Loschi, Slominski 2022).

      The Regulation 2019/1896 and all the narratives that led to its approval granted Frontex the power of resorting to crisis and securitisation narrative to justify the lack of transparency in its work. Since 2015, crises and security rationales have been often exploited by Frontex Executive Director to hamper access to documents, personnel and premises. Often, addressing requests of access by members of the European Parliament during the hearings, Frontex avoided commitments and cooperation, or, if put under pressure, it released documents that were extensively redacted on the ground of exceptions permitted on the basis of public security concerns.

      While according to Regulation 2019/1896 Frontex would be subjected to more oversight and legal obligations to uphold fundamental rights, holding Frontex accountable, in particular on grounds of fundamental rights, is the actual issue at stake. While European Member States can be held accountable before their own national courts and before international courts, in particular the European Court of Human Rights (ECHR), this does not apply with Frontex. As an EU body, neither of these options is viable. It can be brought before the Court of Justice of the European Union (CJEU) to account for the conformity of its conduct with EU law (Fink 2020). The nature of Frontex’s activities, however, poses a particular challenge. The operational support in border management provided by the Agency occurs in the form of “factual” conduct, coordination, and under formal request by Member States, which are the first responsible and does not entail the adoption of legally binding texts. In other terms, legal responsibility is often shared between several member states as well as Frontex, which makes it difficult for individuals to lodge a complaint before a court. Hence, until 2021, cases that have been handled by the Court of Justice of the EU do not deal with Frontex operations but with refusals of access to documents or procurement actions and public services. Academics, in particular legal scholars, as well as members of the European parliament have advocated for the establishment of stronger accountability mechanisms, for example specific mechanism that allows individuals to hold Frontex to account (Fink 2020; Gkliati 2021).

      Frontex: from undisputable to untenable border agency

      Frontex’s expansion of financial and operational resources over the years and especially the increasing operational profile introduced with Regulations 2016/1624 and 2019/1896 set the clock in motion for a long tug of war between Frontex on one side and European parliament, NGOs, and watchdogs on the other side, leading to Leggeri’s resignation. Especially after the 2015 so-called migration crisis, the operational profile of the agency has been under strict scrutiny by humanitarian organizations and in particular from members of the European Parliament’s Committee on Civil Liberties, Justice and Home Affairs (LIBE).

      In 2015, against increasing migrations flows at the EU external borders and the reinstitution of border checks by member states throughout 2015 (Guild et alii), Frontex became the main instrument of the European Commission to avoid the collapse of the entire Schengen acquis. Frontex missions already deployed in Italy and Greece were expanded in both mandates and resources. As a leading agency of hotspots operations established with the European agenda in migration in 2015, Frontex monitored that frontline member states authorities were adequately implementing EURODAC regulation and fingerprinting third-country nationals, to ensure compliance with the Dublin regime and avoid uncontrolled secondary movements (Loschi, Slominski 2022). In this frame, the agency served not only as an operational device but also as the legal instrument through which introducing sensitive reform in national administrative and police procedures at the borders. The EU Commission included the legal definition of hotspots in Frontex Regulation 2016/1624, an act that allowed the European Commission to avoid parliamentary scrutiny on the establishment of hotspot operations. However, this strict cooperation and indirect protection from Commission to the agency had an expiration date.

      Indeed, Leggeri’s resignation comes after a series of important processes toward Frontex accountability. Especially after Regulation 2019/1896, Frontex has been under intense and constant scrutiny. Back in 2016, several human rights groups as well as the internal body of Frontex the Consultative Forum for human rights, flagged the risks and unclear support by Frontex at the Hungarian Serbian border. Hungary passed new border control measures in 2016 which, amongst others, obliged officers to return migrants apprehended within 8 km of the border back to the fence with Serbia. The new restrictive border measures along with Hungarian asylum laws passed on 2015 deterring access to asylum, raised several concerns with regard to the compatibility of Frontex operations with international and European law on fundamental rights. Frontex, despite increasing requests to revise and suspend activities to avoid complicity, decided to continue with operational support. It suspended its activities only in 2021, in the context of strong criticism emerging against the agency. Moreover, the first lawsuit against Frontex brought in 2018 by two activists to the Court of Justice of the EU did not deal with Frontex operations but with refusals of access to documents related to Search and Rescue operations in the Mediterranean, and was not successful (Case T-31/88 Izuzquiza and Semsrott v. Frontex). Frontex indeed claimed that “disclosure of details related to technical equipment deployed in the current and ongoing operations would undermine public security”.

      However, since 2020, a number of investigations and accountability actions had created the background for OLAF probe and Leggeri’s quitting. Here follows a list of most the relevant steps of this process.

      In March 2020, attention has particularly been focused on the modus operandi of the Greek authorities. According to reports related to Greece, pushbacks, sometimes undertaken by unidentified forces wearing uniforms and masks and carrying weapons, have expanded to migrants after arrival on the islands or the mainland. However, direct participation by Frontex in these alleged actions could not be proven. In late 2020, a joint investigation by Bellingcat, Lighthouse Reports, Der Spiegel, ARD and TV Asahi (also known as the Bellingcat report) stated that Frontex planes were near the maritime Greek-Turkish border where alleged pushback operations were ongoing. The reporters claimed to have found evidence that Frontex had knowledge of the pushbacks, did nothing to ensure compliance with legal obligations, and in some cases even cooperated with the authorities carrying out the illegal pushbacks and collective expulsions.

      In December 2020, the watchdog Border Violence Monitoring Network (BVMN) compiled a 1,500-page “black book” documenting hundreds of illegal pushbacks by authorities on Europe’s external borders. The same month, the Court of Justice of the European Union ruled that Hungary’s legislation on the rules and practice in the transit zones situated at the Serbian-Hungarian border was contrary to EU law. And that the procedure for granting international protection in so far as third-country nationals […] were in practice confronted with the virtual impossibility of making their application” (Case C-808/18, Commission v Hungary).

      Against this context, in late 2020 the Parliament’s Committee on Civil Liberties, Justice and Home Affairs (LIBE) decided to investigate the allegations and in January 2021 established the Frontex Scrutiny Working Group (FSWG) to monitor all aspects of the functioning of the agency, including compliance with fundamental rights and accountability towards Parliament. In its first hearing on 4 March, the Working Group questioned Commissioner for Home Affairs Johansson and Leggeri about the implementation of the fundamental rights provisions included in the Regulation 2019/1896 (among which the obligations to appoint fundamental rights monitors); the investigation related to the agency’s activities in the Aegean Sea; the interpretation of applicable rules for the surveillance of the external sea borders and inquired about the political scrutiny role of the European Commission over the agency. According to the Working Group, Commissioner Johansson appeared eager to listen to the scrutiny activity and criticized the ‘reluctance of compliance’ with the fundamental rights mandate from Leggeri. A preliminary report flagged out that five push-back incidents have not been clarified due to unclear data provided by Frontex, and stressed the general unsatisfactory attitude and documents provided by the Agency. On Wednesday 28 April 2021, the European Parliament decided to postpone the discharge to the 2019 budget of Frontex, as long as the OLAF investigation and the parliamentary inquiry were still ongoing.

      Meanwhile, other investigations were pending or concluded. In April 2021, der Spiegel claimed that Frontex was coordinating with the Libyan Coast Guard to engage in illegal pullbacks. Albeit ED Leggeri claimed during EP hearings Frontex does not work with the Libyan Coast Guard and only informs sea rescue control centres about sea rescue cases, a joint investigation by Lighthouse-Report, Der Spiegel, Libération, and ARD claimed the contrary. Drawing on a variety of data, including available sources from flight and vessel trackers, data from international and NGOs, eyewitness accounts and testimonies from survivors, the reporting parties concluded that Frontex plays a crucial role in the interceptions and return of people fleeing Libya by the Libyan coastguard. The report identified a number of cases in which Frontex planes were present in the vicinity, and likely aware, of boats in distress that were later incepted by Libyan patrol boats, despite data showing that commercial or NGO vessels were present in the area.

      Establishment of first accountability procedures against Frontex

      Under an administrative accountability action, in November 2020, the European Ombudsman started an own-initiative inquiry on the functioning of the complaint mechanism, which was released on 15 June 2021 and which recommended the creation of an independent mechanism for handling complaints about Frontex operations, while the system established with Regulation (EU) 2016/1624 is an internal mechanism (European Ombudsman, Case OI/5/2020/MHZ). On 7 June 2021, the European Court of Auditors, released its report on the limited effectiveness of Frontex’s support to external border management.

      The agency reacted by trying to dissimulate cooperation. To address investigations by journalists regarding the alleged involvement of Frontex with pushbacks in the Eastern Mediterranean, in November 2020, Frontex Management Board established a Working Group on Fundamental Rights and Legal Operational Aspects of Operations (WG FRaLO). In its final report of 1 March 2021, the Management Board concluded that out of the 13 incidents put forward by the Bellingcat report, eight cases had not caused a violation of the Frontex Regulation, and five examined incidents were not yet, or could not yet be clarified. At its extraordinary meeting in May 2021, the Management Board concluded that “the strong belief that the presented facts support an allegation of possible violation of fundamental rights or international protection obligations such as the principle of non-refoulement, and that it cannot be excluded that the incident has characteristics of a case of unprocessed return and violation of the principle of non-refoulement”.

      At the level of legal accountability, in May 2021, a relevant change occurred. In the first human rights case against Frontex, two applicants brought an action against the agency to the European Court of Justice (CJEU), on the grounds that the agency had ’failed to act’ in accordance with Article 265 TFEU (Case T-282/21). This represented a legal precedent with relevant implications. The action is supported by three pleas in law. The first is about ‘serious or persisting violations of fundamental rights and international protection obligations in the Aegean Sea Region’, which resulted in a ‘policy of systematic and widespread attack directed against civilian populations seeking asylum in the EU’. The second is about the agency’s failure to fulfil ‘its positive obligations under the Charter of Fundamental Rights’ or take any action to prevent fundamental rights violations in the context of its operation. The third involves the applicants’ claim of having been directly and individually affected by Frontex operations, which resulted in ‘unlawful refoulement, collective expulsion, and prevention of access to asylum’ (EPRS Study 2021). The case is still under evaluation.

      At the level of political accountability, in July 2021, the Frontex Scrutiny Working Group (FSWG) of the European Parliament’s LIBE Committee delivered its final report with recommendations. These were focusing mainly on ED responsibilities; division of responsibilities between the Agency and Member States in relation to fundamental rights; the importance of strengthening internal mechanisms already existing, namely the Fundamental Rights Officer and the Consultative Forum for fundamental rights; the role of the Management board which has been weak supporter of fundamental rights protection in agency’s activities; and finally recommending to the European Commission to engage more proactively to ensure adequate compliance with fundamental rights principles, vis-à-vis the management board, member states, and to apply conditional financial support on bases of humanitarian principles compliance. The report allows for the comprehensive steps for the judicial and non-judicial accountability of the agency and set the framework for the definition of agency’s responsility. This responsibility can be indirect, through assisting Greece or Hungary in the commission of violations, either actively (e.g., technical and financial support) or by omission due to the agency’s positive obligations (e.g., failure to suspend or terminate an operation).

      All these processes, together with the OLAF probe, created the conditions for Fabrice Leggeri’s resignation and the formal and informal condemnation of his management.

      What’s next?
      In a press release on 29th April, Frontex confirmed Leggeri’s departure, adding that since he had already stepped down, it “is not necessary anymore” to launch further disciplinary procedures. Aija Kalnaja, Deputy Executive Director for Standing Corps Management will lead the Agency until the Frontex Management Board appoints the Executive Director ad interim in June 2022. However, the question emerging now is: what happens next? Frontex is still under scrutiny, but the Ukrainian crisis will keep the attention of the European Commission and the Parliament elsewhere than a new legislative initiative to reorganize Frontex profile. At the same time, Leggeri’s resignation comes not only after OLAF probe ended, but also during the French presidency of the European Union (ending on 30th June) and Macron re-election last 22nd April. Beginning of February, Macron, shortly before the Russian invasion of Ukraine and the reformulation of the international political agenda, was advancing the idea of a more operational “Schengen Council” which would evaluate how the border-free area was working but would also take joint decisions and facilitate coordination in times of crisis. One may speculate on the forthcoming political destiny of Leggeri, which could also be considered by the French administration. Leggeri comes from France’s ministry of the interior where he has been heading the division on irregular migration. At the same time, Macron has a history of grandiose statements in denial of reality, from being a supporter of Libyan political reconciliation while violating the UN arms embargo, to peace talks with Putin right before the latter launched the invasion of Ukraine. It would be wise to wait before advancing any speculation. However, French representatives in Brussels do not hide their aspiration for a practical and operational solution to long-standing issues in European Justice and Home Affairs, including the creation of external border buffer zones that should allow for ’third-country nationals processing’ without being paralyzed by NGOs or civil society actors (phone interview with French representative of Justice and Home Affairs, Vienna, March 2019). Leggeri himself declared to Die Welt in 2017 that ’By rescuing migrants off the North African coasts, non-governmental organisations are playing into the hands of human traffickers’.

      The first comprehensive steps for the judicial and non-judicial accountability of the agency have been taken. Frontex cannot ignore new and unprecedented legal, political and administrative accountability procedures now set in motion. The risk for their repeal and weakening may come from new and urgent needs and rationales linked to the war in Ukraine.

      https://securitypraxis.eu/frontex-evolution-from-the-undisputable-to-the-untenable-border-agenc

    • Frontex, la chute d’une « affaire française »

      D’après une note du ministère de l’intérieur, récupérée par « Le Monde » et le média collaboratif « Lighthouse Reports », un rapport accuse le directeur de Frontex, le Français Fabrice Leggeri, d’avoir « fermé les yeux » sur des refoulements illégaux de migrants en mer Egée, de s’être entendu avec les autorités grecques pour fournir une version concordante à la Commission européenne et d’avoir « commis un parjure » devant le Parlement européen.

      Dans les couloirs du Parlement européen, à Strasbourg, Fabrice Leggeri est venu prendre un café, mercredi 4 mai. Certains croient savoir qu’il se trouvait dans la région pour des raisons personnelles, lui qui est natif de Mulhouse (Haut-Rhin). Celui qui a dirigé l’Agence européenne de garde-frontières et de garde-côtes, Frontex, jusqu’au 29 avril aurait saisi l’occasion pour échanger avec des eurodéputés, notamment les anciens ministres de Nicolas Sarkozy, Nadine Morano et Brice Hortefeux (Les Républicains), mais aussi le porte-parole de Reconquête ! et transfuge du Rassemblement national (RN), Nicolas Bay. Des figures parmi celles qui l’ont publiquement soutenu depuis qu’il a été poussé à la démission, après sept ans à la tête de la plus riche agence européenne.

      « Il a un raisonnement assez solide même s’il n’est pas très satisfait d’être contraint à la démission », rapporte #Brice_Hortefeux. « Je l’ai croisé rapidement dans les couloirs », témoigne, à son tour, #Nicolas_Bay, qui se dit convaincu que M. Leggeri est « l’objet d’une cabale très politique ». Le patron de Frontex est « persécuté », avait aussi twitté, le 29 avril, l’eurodéputé et président par intérim du RN, #Jordan_Bardella. « Cette crise doit être l’occasion de lever certaines ambiguïtés sur le rôle de Frontex, ajoute M. Hortefeux. Est-ce que son rôle est de protéger les frontières ou ceux qui veulent venir ? »

      Tous reprennent à leur compte la défense de M. Leggeri, détaillée dans un courrier adressé à ses équipes, le 29 avril : « Au cours des deux dernières années, discrètement mais efficacement, une narration a pris le dessus [selon laquelle] Frontex devrait être transformée en une sorte d’organisme de défense des droits fondamentaux contrôlant ce que les Etats membres font à leurs frontières extérieures (…). Ma vision est et a toujours été que Frontex est, au travers de son corps opérationnel de gardes-frontières, une agence qui soutient les Etats membres. (…) Cette vision n’est plus soutenue au niveau politique. C’est pourquoi j’ai pris hier la décision de démissionner. »

      Un récit qui heurte certains observateurs. « M. Leggeri présente les choses comme une espèce de lutte philosophique sur le rôle de l’agence et on peut difficilement l’entendre », estime une source gouvernementale française. « A Frontex, on ne peut choisir entre les droits fondamentaux et la protection des frontières », affirme, de son côté, Anna Garphult, représentante suédoise au conseil d’administration de l’agence.

      « Manque de loyauté »

      Cela fait déjà de nombreux mois que des enquêtes journalistiques ou des ONG, et même la gauche parlementaire européenne, accusent le patron de Frontex de fermer les yeux sur des refoulements illégaux de migrants aux frontières de l’Union européenne (UE), voire d’en être complice. Pas de quoi entamer jusque-là le soutien de Paris, qui estimait qu’« il n’y avait pas de responsabilité avérée de l’agence ».

      La bascule aurait eu lieu à l’issue d’une enquête de l’Office européen de lutte antifraude (OLAF), lancée en novembre 2020. Pendant plus d’un an, ses agents ont entendu près d’une vingtaine de personnes, perquisitionné les bureaux de Fabrice Leggeri et de son directeur de cabinet, le 7 décembre 2020, saisi des téléphones et des ordinateurs… Un premier rapport est clôturé le 15 février 2022. Communiqué aussitôt au conseil d’administration de Frontex et à la Commission européenne, il « porte sur la façon dont la direction exécutive a géré [en mer Egée, à la frontière gréco-turque] les “pushbacks” [les refoulements illégaux de migrants], indique la source gouvernementale française. Il évoque notamment le manque de loyauté et de transparence vis-à-vis de la Commission et du Parlement, un style de management opaque et le manquement à certaines procédures de signalement sur les droits fondamentaux ».

      « Fabrice Leggeri a voulu de façon notable concentrer entre ses mains le pouvoir de décision », selon Gil Arias-Fernandez, directeur adjoint de Frontex

      Le 28 février, lors d’une présentation orale de l’enquête devant des parlementaires européens, le patron de l’OLAF, le Finlandais Ville Itälä prévient : « Nous avons beaucoup de preuves. » « Il était évident pour tout le monde que Fabrice Leggeri ne pouvait pas rester », avance un ancien membre du conseil d’administration. La France estime qu’« il n’y a plus de confiance ». La Commission européenne adopte la même ligne.

      Une note du ministère de l’intérieur français, datée du 29 avril, que Le Monde et ses partenaires – le média à but non lucratif Lighthouse Reports et l’hebdomadaire allemand Der Spiegel – ont pu consulter, rapporte que l’OLAF reproche au directeur « d’avoir fermé les yeux sur des “pushbacks” commis par les gardes-frontières grecs en 2019 sur les îles de Samos et Lesbos » et de « s’être accordé avec les autorités grecques, dont le représentant au conseil d’administration de l’agence, pour rendre les mêmes conclusions sur les demandes d’explication de la Commission européenne ». M. Leggeri aurait même « commis un parjure lors de son audition devant le Parlement européen en niant les accusations de manière formelle ». Interrogé à ce sujet, ce dernier n’a pas répondu à nos questions.

      Deux autres volets d’investigation sont toujours ouverts, indiquent des sources concordantes au sein du conseil d’administration de l’agence et au ministère de l’intérieur français. L’une porterait sur des faits de harcèlement moral visant la direction de Frontex et le cabinet du directeur exécutif, l’autre sur des irrégularités financières.

      « Il ne rendait de compte à personne »

      Malgré cela, M. Leggeri aurait « tout fait pour éviter la démission », rapporte la source gouvernementale française. Le 28 avril, au cours d’une audition organisée par le conseil d’administration de l’agence, une heure durant, il tente de défendre son bilan face aux représentants des Etats membres, mais sa stratégie n’opère pas. Il se résout à présenter sa démission dans la foulée, afin d’éviter l’ouverture d’une procédure disciplinaire à son encontre. Son directeur de cabinet, Thibauld de la Haye Jousselin, l’a précédé dans cette démarche dès le 22 avril.

      C’est ainsi que s’achèvent sept années pendant lesquelles Frontex a été considérée aux yeux de beaucoup comme une « affaire française ». En obtenant la nomination de M. Leggeri à la tête de l’institution, dont le siège se situe à Varsovie, fin 2014, la France décroche un poste stratégique au sein des institutions européennes à un moment où son influence décroît. Polyglotte, normalien, énarque, rattaché au ministère de l’intérieur tout en étant passé par celui de la défense, puis détaché à la Commission européenne, M. Leggeri « remplissait toutes les cases » : « C’est un type brillant », estime un haut fonctionnaire à l’époque en poste au cabinet de Manuel Valls, alors ministre de l’intérieur.

      M. Leggeri arrive à Frontex avec un mandat : renforcer les pouvoirs de l’agence. « Face à la crise des réfugiés, il y avait une pression politique élevée, de la Commission, du Conseil et du Parlement, pour donner à l’agence beaucoup d’argent et de moyens humains », se souvient l’Espagnol Gil Arias-Fernandez, directeur adjoint de Frontex entre 2014 et 2015.

      Le budget explose, 10 000 gardes-frontières doivent être recrutés. Frontex est sommée de se transformer en machine à protéger les frontières extérieures de l’UE. Nombreux sont ceux qui estiment que la montée en puissance a été trop rapide. Même la Cour des comptes européenne s’étonne, dans un rapport de juin 2021, que le budget soit planifié à 900 millions d’euros par an « sans même chercher à déterminer les besoins de Frontex » et « sans aucune évaluation de son impact sur les Etats membres ».

      « En externe, [M. Leggeri] pouvait donner l’impression que Frontex était une agence indépendante de la Commission. Il ne rendait compte à personne, négociait en bilatéral avec les Etats membres », dit un haut fonctionnaire français qui a beaucoup œuvré au sein des institutions européennes.

      Voix dissonantes ignorées

      « Il a voulu de façon notable concentrer entre ses mains le pouvoir de décision, ajoute Gil Arias-Fernandez. Par exemple, les compétences qui m’avaient été déléguées par son prédécesseur, comme l’évaluation des directeurs, m’ont été retirées. » Il s’appuie sur une équipe restreinte, composée en grande partie de francophones, dont son directeur de cabinet Thibauld de la Haye Jousselin. Ce dernier est membre de la préfectorale, passé notamment par le cabinet de Brice Hortefeux, place Beauvau, et officier de réserve. « Il est travailleur, organisé et il a le sens de l’autorité, ajoute l’ancien ministre sarkozyste. Il est clair que ce n’est pas un écolo-libertaire ».

      En 2019, malgré des réticences au sein de la Commission, le mandat de M. Leggeri est renouvelé. Les voix dissonantes auraient été ignorées. Inmaculada Arnaez Fernandez, la responsable des droits fondamentaux de l’époque, censée contrôler l’action de l’agence et son respect des traités, en fait l’amère expérience. Gil Arias-Fernandez se souvient de la « marginalisation » de cette avocate espagnole, arrivée en 2012. « Dès le début, Fabrice Leggeri n’a pas considéré ses tâches comme importantes, dit-il. Nombre de ses rapports sur des violations potentielles des droits fondamentaux n’ont pas été pris en compte. »

      En 2019, à la suite d’un congé maladie de Mme Arnaez, le directeur annonce l’ouverture de son poste et tente de la remplacer, en vain. La même année, le recrutement de quarante observateurs des droits de l’homme prend du retard, au point que, fin 2021, il n’a toujours pas été finalisé.

      M. Leggeri quitte l’agence dans une crise profonde, politique mais aussi opérationnelle. C’est la Lettone Aija Kalnaja, directrice adjointe avec le plus d’ancienneté, qui a été nommée à la tête de l’agence jusqu’au conseil d’administration des 7 et 8 juin, à Paris. Affable, pratiquant un anglais parfait, cette ancienne fonctionnaire de police présente un profil idoine. « [Sa] désignation n’est pas forcément très réjouissante », estime pourtant une note diplomatique française du jour de son arrivée.

      Le document épingle notamment sa gestion d’une « situation dramatique » dans laquelle des dizaines d’agents de Frontex déployés aux frontières se trouvent actuellement. Certains ont dû avancer plusieurs milliers d’euros pour leurs frais de déplacement et d’hébergement. Sur ce dossier, Mme Kalnaja « n’a pris aucune décision forte », poursuit la note. A Varsovie, le temps des tempêtes n’est pas encore passé. Mercredi 4 mai, le Parlement européen a décidé de suspendre le vote du budget de l’agence, « jusqu’à la publication complète du rapport d’enquête de l’OLAF ».

      https://www.lemonde.fr/international/article/2022/05/06/frontex-la-chute-d-une-affaire-francaise_6125052_3210.html

    • Il ne suffit pas de changer le Directeur, c’est Frontex qu’il faut supprimer !

      L’UE et ses Etats membres doivent sanctionner les pratiques illégales de Frontex et mettre fin à l’#impunité !

      Le 29 avril 2022, Le Directeur exécutif de l’agence de garde-côtes et garde-frontières européens Frontex, Fabrice Leggeri (en poste depuis 2015) a remis sa démission.

      Depuis octobre 2020 [1], Frontex fait face à de nombreuses accusations de complaisance ou de complicité dans des opérations de refoulements en mer Egée et en Europe de l’Est, mais aussi de graves #dysfonctionnements et de #mauvaise_gouvernance. Au point que de nombreuses enquêtes ont été menées par les institutions européennes (Parlement européen, médiatrice européenne, Cour des comptes de l’UE, Office européen anti-fraude OLAF), et que la décharge budgétaire de Frontex pour l’année 2020 a été bloquée par le Parlement européen, le 4 mai 2022, signe évident de défiance [2] . Les conclusions du rapport de l’OLAF [3], et les dernières révélations de refoulements maquillés en « préventions au départ » en mer Egée dans les rapports de Frontex [4], ont sans doute accéléré la chute de son Directeur, qui paraissait jusqu’ici intouchable.

      Mais Leggeri n’a pas été licencié, il a démissionné. Non pas car il assume sa responsabilité dans les violations avérées des droits commises ou couvertes par Frontex aux frontières [5], mais car le rôle de l’agence prend selon lui une orientation qu’il désapprouve. Son mandat et la vision politique des institutions auraient ainsi « silencieusement mais effectivement été modifiés » durant les deux dernières années, et il existerait selon lui une contradiction manifeste entre le mandat de contrôle et de protection des frontières européennes qui lui a été confié en 2015, et le respect des droits des personnes tentant d’atteindre ces frontières, les deux n’étant pas compatibles. Il démissionne donc car « il ne peut rester pour mettre en œuvre ce qui n’est pas le mandat de l’Agence » [6]. Dans son communiqué du 29 avril, le Conseil d’administration de Frontex a, lui, balayé tout dilemme en affirmant au contraire « qu’un contrôle efficace des frontières et la protection des droits fondamentaux sont pleinement compatibles » … Ce que la société civile réfute, documents à l’appui, depuis plus de dix ans [7].

      Et de fait, Leggeri évincé, rien ne change. Ni l’incompatibilité effective du mandat et des activités de Frontex avec le respect des droits fondamentaux, ni l’impunité structurelle dont elle jouit. Car il ne s’agit pas de la responsabilité d’un (seul) homme, mais bien de celle d’un système à l’échelle européenne qui a permis depuis des décennies la multiplication en toute impunité des violations des droits des personnes exilées aux frontières maritimes et terrestres de l’Europe.

      Car le mandat de Frontex et ses activités, tout comme la politique sécuritaire et mortifère de lutte contre l’immigration de l’Union, demeurent. Frontex continuera de « sécuriser » les frontières européennes, avec violence et au mépris des droits et de la vie des personnes [8], en procédant à des vols collectifs d’expulsion [9], en entravant le droit d’asile, en prévenant les pseudo garde-côtes libyens (qu’elle forme par ailleurs) de venir intercepter les bateaux d’exilé.e.s avant qu’ils ne franchissement les eaux territoriales européennes [10], et continuera d’ériger les personnes désireuses de rejoindre le territoire européens en « menaces » dont il faudrait se protéger. En somme, Frontex continuera d’entraver les mobilités - en violation du droit international [11] -, et à contraindre les personnes à emprunter des voies de passages risquées et mortelles, car tel est bien son mandat, et ce quel que soit le nom de son Directeur.

      Et tandis que la société civile n’a eu de cesse depuis une décennie de documenter et dénoncer ces dérives, Frontex n’a jamais été sanctionnée pour ses agissements attentatoires aux droits. En 2014, Migreurop évoquait déjà des refoulements entre la Grèce et la Turquie, dans le cadre de l’opération Poséidon de Frontex, ayant été rapportés à la chargée des droits fondamentaux de l’agence, sans qu’il n’y soit donné suite [12]. En décembre 2020, son Directeur avait déjà admis devant le Parlement européen que l’agence procédait à des « opérations de prévention au départ », assimilables à des refoulements [13]. Malgré cela, aucune décision officielle n’a jamais été prise pour faire cesser les opérations de l’agence dans cette zone, aucun de ses agents n’a été mis en cause, et il n’a pas été mis un terme aux responsabilités de son Directeur, qui n’a jamais été sanctionné, et qui est démissionnaire.

      Lorsque les accusations ne peuvent plus être dissimulées et que les pratiques illégales de l’agence Frontex ne peuvent plus être ignorées ni remises en cause, l’unique conséquence semblerait donc être la démission (et non le licenciement) d’un Directeur, qui ne fera par ailleurs l’objet d’aucune sanction disciplinaire ou judiciaire. Face à l’accumulation de preuves, lorsque les institutions de contrôle démocratique ne peuvent plus se taire, elles ne sont donc capables que de produire des changements cosmétiques.

      Frontex s’est vue renforcée à chaque révision de mandat (2011, 2016, 2019) malgré les « rapports d’incidents » internes, les rapports d’ONG et les enquêtes médiatiques, et est de plus en plus rétive à rendre des comptes, tant aux institutions qu’aux citoyen.ne.s [14]. Quel que soit son Directeur, l’agence a, en de trop nombreuses occasions, prouvé qu’elle pouvait en toute impunité s’affranchir du droit européen pour satisfaire une politique sécuritaire de lutte contre l’immigration, qui a démontré ne pouvoir être respectueuse des droits.

      En acceptant le départ volontaire de Leggeri, les institutions européennes lui font indirectement porter la responsabilité des dérives de l’agence, une façon également de faire silence sur celles-ci et de ne pas remettre en cause les fondements mêmes de Frontex, tout en prétendant reprendre les choses en main et « assainir » une entité « abîmée ». Mais les bases sur lesquelles s’appuie Frontex n’ont pas changé d’un iota, et Frontex est irrécupérable.

      Remplacer le Directeur ne modifiera pas le mandat ni les activités de Frontex. Il ne s’agit plus désormais d’apporter des changements cosmétiques, mais de supprimer enfin l’agence Frontex pour faire cesser les violations des droits aux frontières, perpétrées impunément au nom de leur protection.

      https://migreurop.org/article3102.html

    • Inside the Final Days of the Frontex Chief

      Radical views, internal resistance, merciless investigators: Why Frontex chief Fabrice Leggeri had to go – and what his resignation means for the future of the EU border agency.

      In the end, once it was all over, it looked as though Fabrice Leggeri wanted to sneak out through the back door. Close advisers urged the Frontex chief to address his staff one last time after his resignation. “You were these people’s boss for many years. They’ve earned the right to know what is going on,” his advisers argued. But Leggeri refused to budge. It was a sad thing to watch, says one of those who had worked with Leggeri for many years.

      On Friday afternoon, at 3:22 p.m., once everybody had learned of his resignation, Leggeri did ultimately send a farewell message to his staff. In the email, the outgoing Frontex chief thanked the employees for their efforts – and fired a last parting shot at his critics. Frontex, Leggeri wrote, has been accused of either being involved in pushbacks or of having covered them up. He, too, was personally targeted by such accusations, he wrote, claiming that such allegations were unjust. There is still, he claimed, no proof. “I could rebuke all of them,” he wrote. Just that, in the end, nobody believed him any longer.

      Fabrice Leggeri was the head of Frontex for seven years. During his tenure, he was able to transform a meaningless EU authority into one of the bloc’s largest agencies, with an annual budget of 750 million euros. Leggeri created a cabinet suited to his tastes, concentrating almost all the power in his own hands. In the end, he ran the agency like a monarch – until he was pushed off the throne.

      Leggeri’s resignation was not widely expected. Even many Frontex staff members didn’t think they would be getting a new boss any time soon. To be sure, he was faced with an entire catalogue of accusations: DER SPIEGEL, Lighthouse Reports and several other media outlets had clearly demonstrated
      over the past 18 months that Frontex was involved in legal violations committed by Greece. Frontex units would intercept rickety refugee vessels on the Aegean and turn the asylum-seekers over to the Greek coast guard, which would then abandon the men, women and children at sea – frequently on life rafts with no motor.

      Human rights activists call such operations “pushbacks,” and they are not legal under European law. According to its own codex, Frontex should have been doing all it could to stop such pushbacks. But instead, the agency helped out: It was involved in illegal pushbacks affecting hundreds of asylum-seekers.

      Leggeri, though, has consistently rejected all such accusations. And for quite some time, it looked as though EU member states were wiling to simply accept the situation, as though the assistance Frontex provided to the pushbacks was actually in their interest. There were demands that he resign, but they mostly came from left-wing and center-left European parliamentarians – and not from EU heads of state and government, who control Frontex via the Management Board.

      What, then, led to Leggeri’s resignation? What happened behind closed doors in those decisive moments? And what does it mean for the future of the border protection agency?

      A team of reporters from DER SPIEGEL, Lighthouse Reports and the French daily Le Monde spoke with more than a dozen Frontex employees and European officials for this article. Some of them worked closely with Leggeri, while others were responsible for oversight of his agency. Leggeri himself declined to be interviewed.

      Taken together, the comments from confidants and employees produce the image of a man whose views grew increasingly radical as time passed, and whose shortcomings ultimately became so conspicuous that EU member states no longer had much of an option other than pushing him out of office. Fabrice Leggeri didn’t lose his job because of pushbacks as such, but more because he had become a PR problem for the EU.
      The Oracle of Delphi

      When seeking to understand Leggeri’s downfall, Delphi is a good place to start. On a warm day in April, Leggeri found himself in a stuffy conference center in the small Greek town, which takes its name from the Oracle of Delphi, who once predicted the future for petitioners. “Know thyself” was thought to have been inscribed at the entrance to the temple.

      The trip to Delphi was to become one of Leggeri’s final official journeys. Next to him on the stage of the Delphi Economic Forum was Greek Minister of Migration Notis Mitarachi. A noted hardliner, nobody defends the Greek approach to cross-Aegean migration as passionately as he does. Indeed, between the lines, it frequently sounds as though he finds pushbacks to be not such a bad idea.

      Leggeri gets along well with Mitarachi, and recently even received a medal from the Greek minister for his service on the EU external border. For Frontex, Greece is more important than any other European country. One of the most important migration routes to Europe leads from Turkey to the Greek islands across the Aegean Sea, and nowhere does Frontex have as many agents stationed. Leggeri dreamed of an even larger agency, and without a significant presence in Greece, such a vision would have been impossible.

      On stage in Delphi, Leggeri said that he was proud that Frontex under his leadership had always stood at Greece’s side. Not everybody can be allowed in, he said, that’s just a fact. Rather astounding sentences coming from somebody accused of covering up for Greek legal violations.

      A close parsing of Leggeri’s comments in Delphi reveals the broader motifs with which he would seek to defend himself from his critics a short time later. Frontex, he said, is a law enforcement authority and not an immigration agency, not showing much empathy for the women and children that had been abandoned at sea in the Aegean. He wrote something similar in his email to Frontex staff following his resignation. Frontex, Leggeri contended, is to be transformed into a sort of fundamental rights body, with a narrative to that effect spreading “discretely, but efficiently.” Such sentiments make it sound as though Leggeri believes in some kind of large-scale conspiracy. Even in Delphi, many listeners found themselves wondering how long Leggeri would be able to last with his impertinent bluster.

      Leggeri didn’t always sound so extreme. When he took over the position of Frontex director in 2015, he was considered to be an able technocrat. The Frenchman’s fluent command of German and excellent English were the qualities that initially stuck out for many. He was reputed to be consistently meticulously prepared for his meetings.

      In 2016, shortly after the apex of the refugee crisis, Leggeri emphasized in an interview with the influential German weekly Die Zeit that Europe had the obligation to provide protection to asylum-seekers. “We don’t reject anybody and we aren’t allowed to do so,” he said.

      Since then, the use of force on the EU’s external borders has escalated. Some EU member states, with Greece leading the way, are now in favor of turning pushbacks into standard practice. Leggeri put himself at the front of that movement, becoming a mouthpiece of the most radical camp within the EU in the process – and assumed that the other member states would tolerate it.

      Leggeri’s transformation didn’t go unnoticed within Frontex. One staff member who worked with him for several years says that his boss became more and more uncompromising over time. He increasingly adopted a black-and-white view of the world with no gray areas apparent, the staff member says, adding that Leggeri completely lost any kind of balance. At some point, says an additional staff member, Leggeri would only speak to members of his innermost circle.

      Towards the end of his tenure, there was a significant amount of grumbling at Frontex. Support for Leggeri within the agency began eroding while leaks to the outside world increased. Staffers at the Frontex Situation Center, who saw on their computer screens what was going on in the Aegean every day, grew defiant. In at least one case in which a Frontex aircraft recorded video of a pushback from above, a staff member explicitly wrote of a suspected human rights violation. Leggeri, though, ignored it.
      Leggeri’s Final Battle

      When EU anti-corruption officials get involved, the situation for those concerned tends to grow serious. Investigators from the European Anti-Fraud Office, known as OLAF for short, operate independently and are charged with uncovering rules violations committed by EU officials. Very little about their investigations tends to make it into the press.

      On Dec. 7, 2020, a few weeks after DER SPIEGEL published the initial revelations, investigators searched Leggeri’s office in Warsaw along with that of his then chief-of-staff, Thibauld de la Haye Jousselin. The investigators apparently also confiscated their mobile phones. In early March 2022, they presented a more than 200-page investigative report, which still hasn’t been made available to the public.

      Essentially, the report works through what DER SPIEGEL and its media partners have already reported: Leggeri covered up the Greek pushbacks and thus violated the regulations of his own agency. He then lied to the European Parliament when confronted with specific questions. Furthermore, according to a summary of the OLAF report compiled by French officials, which DER SPIEGEL has acquired, he coordinated with the Greek government before responding to growing questions.

      The investigators documented each lapse. And they recommended that disciplinary measures be taken against Leggeri and two additional senior Frontex leaders. The report essentially forced the overseers of Frontex to take a stand. And with that, Leggeri was never able to shake the detailed accusations documented in the OLAF report.

      The Management Board of Frontex is primarily made up of representatives from Schengen member states. Border protection agents and senior officials from European interior ministries supervise the Frontex chief. Their meetings take place behind closed doors and leaks are rare. Even the brief meeting summaries are classified.

      On the morning of April 28, members came together virtually for the decisive meeting. The German Management Board chair Alexander Fritsch led the proceedings. Leggeri joined from France – together with his lawyer.

      It immediately became apparent that Leggeri had no intention of giving up. The Frontex chief had had two months to prepare his defense, and according to sources who took part in the meeting, he repeated what he had said in Delphi and what he would later write in his final email to staff: namely that he sees Frontex as a law enforcement agency and not as a pro-migration NGO. It’s not his fault, he says, that the agency’s mandate had been changed.

      Later in the meeting, the Management Board considered the situation without Leggeri’s participation. And it quickly became clear that there was a majority against the Frontex chief, with many apparently concerned that Leggeri could pull the agency into the abyss along with him. “Because of the OLAF report, we wanted to do something,” says one meeting participant. Now that EU investigators had also leveled accusations against Leggeri, says the participant, the situation had simply become untenable.

      Leggeri had long since lost the trust of European Commissioner for Home Affairs Ylva Johannson. Now, Leggeri’s supporters also realized that he had to go. Even the French government, shortly after the re-election of President Emmanuel Macron, distanced itself from the Frontex chief. The Greek representative on the Board was one of the few who continued to support Leggeri.

      That same evening, Leggeri gave in. He contacted Alexander Fritsch, the German chairman of the Management Board, and announced he was stepping down. The next day, a broad majority of the board voted to accept Leggeri’s resignation. The board decided not to implement disciplinary measures as OLAF had recommended, but only because Leggeri was no longer a Frontex employee. It is ultimately a compromise that allowed Leggeri to save face, but nothing more.

      In a press released, the Management Board made clear that border control and the protection of human rights are not mutually exclusive. The press release also clarified that the agency’s mandate, which Leggeri had claimed was being changed “discretely and efficiently,” is clearly described in Frontex documents. The statement essentially amounted to a final slap in the face for Leggeri, and the beginning of the effort to limit the amount of damage to the agency’s reputation.
      A New Beginning?

      The woman who is now to take over from Leggeri is named Aija Kalnaja. The Management Board installed the Latvian as interim chief on the day of Leggeri’s resignation. A career police officer, she had been deputy executive director of Frontex. In her very first email to agency staff, Kalnaja distanced herself from Leggeri. The rights of asylum-seekers, she wrote, must be protected, and Frontex must set an example.

      It is going to be a long road to becoming an exemplary EU agency. Leggeri left behind a fair amount of chaos, and Kalnaja, as deputy director, wasn’t entirely uninvolved. Currently, for example, Frontex officials must pay for their lodgings at the EU’s external border out of their own pockets because the agency isn’t able to arrange official trips. Frontex cancelled its contract with a travel agency because costs were skyrocketing, and a replacement hasn’t yet been found.

      Many in the agency believe that Kalnaja would like to remain in the top spot. In contrast to Leggeri, she is thought to have good relations with the European Commission. The final decision on her status will be made in early June, which is when the Management Board will gather to elect a new director.

      The German government is now stressing that Leggeri’s departure presents an opportunity for a new beginning. That, though, wouldn’t just require a new Frontex chief, but also a policy shift in the EU member states that Leggeri spent so long protecting. A first test is on the horizon: The Frontex Fundamental Rights Officer could soon recommend that the agency withdraw from the Aegean. And then, nobody could hide behind Fabrice Leggeri any longer.

      https://www.spiegel.de/international/europe/fabrice-leggeri-s-resignation-the-final-days-of-the-frontex-chief-a-a238224a

  • Refoulements en mer Egée : les recensements erronés ou mensongers de #Frontex
    https://www.lemonde.fr/international/article/2022/04/27/refoulements-en-mer-egee-les-recensements-errones-ou-mensongers-de-frontex_6

    …l’agence européenne de gardes-frontières Frontex a enregistré dans sa base de données plusieurs dizaines de refoulements illégaux comme de simples opérations de « prévention au départ » depuis la Turquie, entre mars 2020 et septembre 2021.

    C’est ce qui ressort d’un fichier interne à Frontex que Le Monde et ses partenaires se sont procurés par le biais d’une demande d’accès public à un document administratif. Toutes les opérations de l’agence sont répertoriées dans cette base de données, baptisée « JORA » (Joint Operations Reporting Application). Y sont consignées aussi bien les interceptions de migrants que les saisies de marchandises de contrebande et les interpellations de passeurs. Des informations détaillées (comprenant l’heure et la date des faits, le nombre de personnes concernées et, parfois, un résumé) fournies à l’agence par les Etats membres.

    […]

    En croisant les données de JORA avec des rapports d’associations ou encore des comptes rendus des gardes-côtes turcs, il apparaît que, dans 22 cas au moins, qui représentent 957 migrants, ceux-ci ont été retrouvés dérivant en mer dans des canots de survie gonflables, sans moteur. D’après des photos que Le Monde et ses partenaires ont pu authentifier, ces canots, de couleur orange, correspondraient à des modèles achetés par le ministère de la marine grec, via un financement de la Commission européenne. Ce qui tendrait à prouver que les migrants ont accédé aux eaux grecques avant d’être refoulés illégalement.

    En outre, à plusieurs reprises, l’enquête a établi que les #migrants avaient atteint les côtes grecques avant d’être retrouvés par les gardes-côtes turcs, dérivant en mer. Ils auraient de cette manière été empêchés de demander l’asile en Grèce, une pratique contraire au #droit_international.

    #crimes

    • Inside Frontex: Die geheime Datenbank der EU – und was sie damit vertuscht

      Die Grenzbehörde der EU war in illegale Pushbacks von Hunderten, wahrscheinlich sogar Tausenden Flüchtlingen in der Ägäis involviert. Die illegalen Praktiken klassifizierte sie regelmässig falsch und verhinderte so ihre Aufklärung.

      Sie hatten es geschafft. In den frühen Morgenstunden des 28. Mai 2021 landete eine Gruppe von Männern, Frauen und Kindern an einem Strand nördlich des Dorfs Panagiouda auf der griechischen Insel Lesbos. Um 3 Uhr in der Nacht waren sie an der türkischen Küste in ein Gummiboot gestiegen, um die Überfahrt nach Europa zu wagen.

      Ganz vorne im hoffnungslos überfüllten Boot hatte Aziz Berati Platz genommen, ein 44-jähriger Mann aus Afghanistan, der mit seiner Frau und seinen Kindern im Alter von 6 und 8 Jahren nach Europa fliehen wollte. Seine Familie hatte es schon ein paar Mal versucht, aber sie war immer gescheitert. An diesem Morgen Ende Mai jedoch war die Familie ihrem Ziel, Asyl in Europa zu beantragen, so nah wie noch nie.

      Die Sonne stand noch nicht am Himmel, als die Flüchtenden griechischen Boden betraten. Sofort teilte sich die Gruppe auf und floh in ein Wäldchen, das rund 200 Meter vom Strand entfernt war. Eigentlich hätten die Flüchtenden das Recht gehabt, in Griechenland um Asyl zu ersuchen. Aber sie fürchteten, die griechische Polizei könnte sie aufgreifen und in die Türkei zurückschaffen.

      Sie sollten recht behalten.

      Einem kleineren Teil der Gruppe gelang die Flucht bis in ein Asylcamp. Aber 32 Personen wurden von uniformierten Männern entdeckt, festgenommen, in Kleinbusse gesteckt und an einen anderen Strand gefahren.

      Aziz Berati vermutet, die Männer seien bereits über ihre Ankunft im Bild gewesen, so schnell waren sie aufgetaucht. Sie trugen dunkle Uniformen ohne Abzeichen, waren maskiert und mit Pistolen bewaffnet, sagt Berati. Sie hätten ihnen alle Habseligkeiten abgenommen: Taschen, Pässe, selbst die Spielsachen der Kinder. Später, als sie auf ein Schiff der griechischen Küstenwache gebracht worden waren, wurden sie noch einmal durchsucht. Dort wurde ihnen auch das Geld abgenommen, das sie versteckt hatten.

      «Wir hatten Angst», sagt Berati heute. «Die Kinder weinten. Aber die Männer sagten uns, wir dürften nicht reden.»

      Wer ein Handy versteckt hielt oder in unerlaubter Weise den Kopf hob, steckte Schläge von den maskierten Männern ein. Ein Mann, der es wagte, mit seiner Frau zu sprechen, schickte der Republik ein Bild seines zerschundenen Beins: Eine blutige Fleischwunde zeugt davon, wie schwer er verprügelt wurde. Einige Smartphones entdeckten die maskierten Männer nicht. Die Fotos schickten die Flüchtenden der NGO Aegean Boat Report, die Menschenrechts­verstösse in der Ägäis sammelt. Sie belegen die mutmasslich schweren Menschenrechts­verletzungen dieses Tages.

      Aziz Berati erzählt, die vermummten Männer hätten ihnen vorgegaukelt, sie würden sie wegen der Covid-Pandemie zuerst in ein Isolations­camp bringen. «Sie sagten, wenn die Isolation zu Ende ist, würden sie uns in ein Flüchtlings­camp schicken.»

      Auf die Frage, ob er ihnen geglaubt habe, lächelt Berati schwach: «Nein.»
      Nur eine «Verhinderung der Ausreise»?

      Der Fall der 32 Migrantinnen, die Lesbos erreichten, aber trotzdem in die Türkei zurückgeschafft wurden, ist ein klarer Fall eines illegalen Pushbacks.

      Auch die europäische Grenzagentur Frontex hatte vom Vorfall Kenntnis und speicherte ihn in ihrer internen Datenbank namens Jora, was für «Joint Operations Reporting Application» steht. In der geheimen Datenbank werden alle Zwischenfälle an den EU-Aussengrenzen minutiös festgehalten. Den Fall vom 28. Mai 2021 legte Frontex allerdings nicht als Pushback ab, sondern unter dem irreführenden und verharmlosenden Begriff prevention of departure – «Verhinderung der Ausreise».

      Der Pushback vom 28. Mai 2021 ist nur ein Beispiel von vielen, welche die Republik in einer gemeinsamen Recherche mit «Lighthouse Reports», der «Rundschau» von SRF, dem «Spiegel» und «Le Monde» aufgedeckt und verifiziert hat.

      Erstmals haben die Medienpartner dabei die interne Frontex-Datenbank Jora auswerten können – und sie mit Datenbanken der türkischen Küstenwache sowie solchen von NGOs abgeglichen. Zudem analysierten sie geleakte Frontex-Dokumente, befragten Überlebende und sprachen vertraulich mit Quellen bei Frontex und Küstenwachen.

      Die Recherche zeigt: Frontex war in illegale Pushbacks von mindestens 957 Menschen beteiligt, die zwischen März 2020 und September 2021 in Europa Schutz suchten. Überwachungs­flugzeuge und Schiffe von Frontex entdeckten die Flüchtenden in Schlauchbooten und informierten die griechische Küstenwache, welche sie auf aufblasbare Rettungs­flosse ohne Motor setzte und auf offenem Meer in türkischen Gewässern zurückliess – eine Praxis, die selbst in einem Frontex-internen Untersuchungs­bericht kritisiert wurde.

      Als Pushbacks gelten staatliche Massnahmen, bei denen Schutzsuchende zurückgedrängt werden, ohne dass ihnen das Recht auf ein Asylverfahren gewährt wird. Pushbacks verstossen etwa gegen das Verbot von Kollektiv­ausweisungen, das in der Europäischen Menschenrechts­konvention festgeschrieben ist; und sie können auch das Non-Refoulement-Prinzip berühren, wonach niemand in ein Land geschickt werden darf, wo ihm ein ernsthaftes Risiko unmenschlicher Behandlung droht.

      In mindestens zwei Fällen waren die Asylsuchenden, darunter Frauen und Kinder, bereits auf einer griechischen Insel gelandet und wurden danach verbotenerweise in türkischen Gewässern ausgesetzt.

      Selbst diese eindeutig rechtswidrigen Fälle sind in der Frontex-Datenbank unter dem Titel «Verhinderung der Ausreise» abgelegt. Zwei Quellen bei Frontex bestätigen, dass illegale Pushbacks in der Ägäis in der Datenbank Jora regelmässig als «Verhinderung der Ausreise» eingetragen wurden.

      Frontex selbst hat stets bestritten, an den illegalen Pushbacks beteiligt zu sein. Die Grenzagentur sagt auf Anfrage: «Frontex gewährleistet und fördert die Achtung der Grundrechte bei all seinen Grenzschutz­aktivitäten. Die Grundrechte stehen im Mittelpunkt aller Aktivitäten der Agentur.» (Die komplette Stellungnahme finden Sie am Ende des Beitrags.)

      Die griechische Küstenwache hält fest, dass die Kategorie «Verhinderung der Ausreise» gewählt werde, wenn die türkische Küstenwache sich um «Zwischen­fälle in ihrer Jurisdiktion kümmere». Das beinhalte auch Fälle, bei denen Flüchtlings­boote von sich aus in türkische Gewässer zurückkehrten, um den Griechen auszuweichen. Sie verweigert die Beantwortung von Fragen, die unter anderem auf türkischen Belegen basieren, da die türkischen Behörden systematisch versuchten, «die immense humanitäre Arbeit der griechischen Küstenwache zu beschädigen». Bezüglich des Pushbacks vom 28. Mai 2021 halten die griechischen Behörden fest, dass die beschriebenen Vorkommnisse nie stattgefunden hätten. (Die komplette Stellungnahme finden Sie am Ende des Beitrags.)

      Medienberichte erhöhten den Druck auf den Frontex-Chef

      Die Zahl der illegalen Pushbacks in der Ägäis hatte im Frühling 2020 markant zugenommen. Das war kein Zufall: Nachdem der syrische Diktator Bashar al-Assad mithilfe Russlands die Angriffe in der Region um Idlib verstärkt hatte, waren in den ersten Monaten des Jahres Zehntausende, wenn nicht Hunderttausende in die Türkei geflüchtet. Doch der türkische Staatschef Recep Erdoğan sagte am 29. Februar 2020: «Es ist nicht unsere Aufgabe, uns um so viele Flüchtlinge zu kümmern.» Er kündigte das vier Jahre vorher abgeschlossene Migrations­abkommen mit der EU auf und öffnete die Grenzen zu Europa.

      Auch aus diesem Grund machten sich im Frühling 2020 immer mehr Menschen über die Ägäis nach Griechenland auf – und wurden immer wieder mit illegalen Pushbacks zurück in die Türkei getrieben.

      Allerdings nahmen gleichzeitig kritische Recherchen und Berichte über Pushbacks und andere Menschenrechts­verletzungen in der Ägäis zu. Vor allem eine Recherche, welche die Investigativ­plattform «Bellingcat» im Oktober 2020 mit «Lighthouse Reports» veröffentlichte, sollte Frontex noch länger beschäftigen.

      Auch wegen der zahlreichen Medienberichte wuchs der Druck auf Frontex und auf Fabrice Leggeri. Der 54-jährige Franzose ist seit 2015 Direktor und der starke Mann der EU-Grenzbehörde.

      Es war der 10. November 2020, als Leggeri sich, seinen Ruf und sein Amt wegen der Pushback-Vorwürfe vor dem höchsten Frontex-Gremium, dem Verwaltungsrat, verteidigen musste. Seither ist die Kritik an ihm nur noch grösser geworden.

      An der Videokonferenz an jenem Tag nahmen rund dreissig Frontex-Verwaltungsräte, ein halbes Dutzend EU-Beamtinnen sowie Leggeri selbst teil. Auch eine Schweizer Vertretung war an der ausserordentlichen Sitzung anwesend, so wie bei allen Sitzungen des Verwaltungsrats. Zum Meeting gedrängt hatte die Kommission der Europäischen Union, die sich nicht nur um den Ruf ihrer Grenzbehörde sorgte, sondern auch – oder vor allem – um den eigenen.

      Es bestehe ein «hohes Reputationsrisiko», sagte eine EU-Beamtin gemäss dem geheimen Protokoll der Konferenz. Dieses und die Protokolle zahlreicher weiterer Verwaltungsrats­sitzungen von Frontex liegen der Republik vor.

      Leggeri stellte an der Konferenz drei Dinge klar:

      Erstens: Frontex habe die sechs Pushbacks, über die «Bellingcat» berichtet hatte, abgeklärt.

      Zweitens: Der Bericht enthalte kaum Fakten. Namentlich zum genauen zeitlichen Ablauf der Vorfälle gebe es keine Angaben.

      Drittens: Es lasse sich nicht folgern, dass Frontex von den Pushbacks gewusst habe – und dass die Behörde in diese verwickelt gewesen sei.

      Das alles geht aus einer Präsentation hervor, die Frontex für die Verwaltungsrats­sitzung vom 10. November 2020 erstellt hatte, sowie aus dem Protokoll dazu. Darin steht geschrieben: «Der Exekutiv­direktor von Frontex bekräftigte, dass es zum gegenwärtigen Zeitpunkt keine Hinweise auf eine direkte oder indirekte Beteiligung der Frontex-Mitarbeiter oder des von den Mitgliedstaaten entsandten Personals an Pushback-Aktivitäten gibt.»

      Leggeris damalige Aussagen wirken heute wie ein Hohn. Oder wie eine Lüge. Denn zumindest in zwei Fällen, über die «Bellingcat» berichtet hat, bestätigen jetzt die Einträge in der Datenbank Jora, dass Frontex – entgegen Leggeris Äusserungen – in die Pushbacks involviert war.

      Leggeri schilderte an diesem Tag seinen Verwaltungsräten auch, wie es im März 2020 zu den Spannungen zwischen der EU und der Türkei kam, wie diese die Menschen plötzlich nicht mehr daran hinderte, nach Europa überzusetzen, und wie sich so «in zwei bis drei Tagen fast 100’000 Personen der EU-Grenze genähert» hätten.

      Dieses Muster kennt man von ihm:

      Leggeri verweist auf eine drohende Massenflucht nach Europa.

      Leggeri bestreitet, dass es Pushbacks gibt. Oder, wenn dem alle Fakten entgegenstehen, dass Frontex in Pushbacks verwickelt ist.

      Leggeri geht Hinweisen auf Pushbacks kaum nach. Ja, noch mehr: Er lässt zu, dass seine Behörde Pushbacks vertuscht.

      Mit anderen Worten: Alles deutet darauf hin, dass dem starken Mann von Frontex die Wahrung der Grundrechte nicht wichtig ist. Oder jedenfalls weniger wichtig als die Sicherung der europäischen Aussengrenze und die Abschottung Europas.

      Was das Vertuschen der Pushbacks in den Jahren 2020 und 2021 begünstigte, war das Meldesystem von Frontex, das mittlerweile angepasst worden sein soll. Damals funktionierte es wie folgt:

      Ein griechischer Beamter erfasste jeden Vorfall an der Grenze zur Türkei in der Frontex-Datenbank Jora. Dort trug er die Eckdaten des Falls ein und ordnete ihn einer der rund dreissig Kategorien zu – etwa der Kategorie «Illegaler Grenzübertritt», «Menschenhandel», «Warenschmuggel», «Asylantrag» oder eben «Verhinderung der Ausreise». Anschliessend prüften zwei weitere griechische Beamte sowie eine Frontex-Mitarbeiterin den Eintrag und segneten ihn ab. Zuletzt landete der Eintrag in der Frontex-Zentrale in Warschau, wo die Jora-Einträge vor allem für statistische Zwecke genutzt werden, etwa für sogenannte Risiko­analysen.

      Nur: Eine Kategorie «Grundrechts­verletzung» oder «Pushback» gab es in der Datenbank nicht. Auch aus diesem Grund klassifizierten die Beamten von Griechenland und der EU die Pushbacks in der Ägäis kurzerhand als «Verhinderung der Ausreise».

      Das führte selbst innerhalb von Frontex zu Kritik. So sagte die interimistische Grundrechts­beauftragte an der Verwaltungsrats­sitzung vom 10. November 2020, sie erachte die Klassifizierung von Pushbacks als «Verhinderung der Ausreise» als «fragwürdig». In einem anderen internen Frontex-Dokument spricht sie davon, dass sie mit dem Begriff «nicht einverstanden» sei, und stellte die Kategorie in einem Fall infrage.

      Auch eine Frontex-interne Untersuchungs­gruppe hatte Kenntnis von der fragwürdigen Praxis. In ihrem Bericht vom 1. März 2021 zu mutmasslichen Pushbacks bezeichnete sie diese Klassifizierung in zwei Fällen, in denen sich die Geflüchteten bereits in griechischen Gewässern befanden, als «widersprüchlich».

      Europäische Grenzbeamte, welche die griechischen Kollegen im Rahmen der Frontex-Operation Poseidon unterstützten, hatten eine andere Möglichkeit, mutmassliche Menschenrechts­verletzungen an Frontex zu melden: als sogenannte serious incidents – «schwerwiegende Vorfälle».

      Dabei gab es vier Unterkategorien. Eine davon: «Mögliche Verletzung von Grundrechten und von internationalen Schutz­verpflichtungen». Diese Fälle sollten in der Regel bei der Menschenrechts­beauftragten von Frontex landen, was allerdings nicht in jedem Fall geschieht.

      Tatsächlich machten europäische Grenzwächter denn auch sehr selten von dieser Möglichkeit Gebrauch. So landeten für das ganze Jahr 2020 lediglich zehn schwerwiegende Zwischenfälle auf dem Tisch der Frontex-Grundrechts­beauftragten; wie viele davon Menschenrechts­verletzungen betrafen, wies Frontex öffentlich nicht aus. In einem internen Dokument der Grundrechts­beauftragten heisst es, acht Fälle hätten Grundrechts­verletzungen betroffen. Das Dokument liegt der Republik vor.

      Mehr noch: Im Dezember 2020 leitete das Europäische Amt für Betrugs­bekämpfung (Olaf) eine Untersuchung gegen Frontex ein. Dabei geht es um Betrugsvorwürfe gegen drei Frontex-Kaderleute, im Zentrum steht der Direktor Fabrice Leggeri. In der Zwischenzeit ist diese abgeschlossen und der Bericht fertig. Aber er bleibt bis auf weiteres unter Verschluss.

      Die niederländische EU-Parlamentarierin Tineke Strik, die über die Untersuchungs­ergebnisse informiert worden ist, sagt: «Olaf fand mehrere Fälle, bei denen serious incident reports über mutmassliche Pushbacks nicht an den Grundrechts­beauftragten von Frontex weitergeleitet worden waren.»

      Spätestens an dieser Stelle ist ein kurzer Exkurs ins Grund-, Asyl- und EU-Recht nötig. Die europäische Grenzbehörde Frontex verteidigte ihr Vorgehen nämlich immer wieder mit dem Verweis auf die EU-Verordnung 656/2014. Deren Artikel 6 sei rechtliche Grundlage dafür, dass Griechenland Boote mit Asylsuchenden in die Türkei zurückdrängen dürfe.

      Allerdings stehen dieser Verordnung zahlreiche andere Rechtsnormen entgegen. Die wichtigste: die Allgemeine Erklärung der Menschenrechte, welche die Uno 1948 verabschiedet hat. In deren Artikel 14 heisst es: «Jeder hat das Recht, in anderen Ländern vor Verfolgung Asyl zu suchen und zu geniessen.»

      Rechtswissenschaftlerinnen aus dem In- und Ausland erklären, dass eine Bestimmung des Völkerrechts selbstredend wichtiger sei als eine aus einer EU-Verordnung. Frontex selbst weist hingegen auf ein noch ungeklärtes Verhältnis zweier unterschiedlicher Rechtsnormen hin, gewissermassen ein juristisches Schlupfloch, womit Pushbacks nicht in jedem Fall illegal seien.

      Die Juristin Nula Frei ist Expertin für Migrations- und Europarecht an der Universität Fribourg. Sie sagt: «Sobald eine Person irgendwie zu erkennen gibt, dass sie Schutz braucht, muss man ihr die Möglichkeit geben, in ein Asylverfahren hineinzukommen.»

      Würden die Migrantinnen aus Griechenland in die Türkei zurückgedrängt und auf Rettungsinseln ausgesetzt, sei das nicht nur ein Pushback, «es ist auch noch ein Aussetzen in einer Notlage, was völkerrechtlich höchst problematisch ist».
      Neun Frontex-Sitzungen, eine Schweizer Äusserung

      Am 2. März 2022 warben Bundesrat Ueli Maurer und Bundesrätin Karin Keller-Sutter an einer Medienkonferenz in Bern für Frontex. Die Grenzbehörde der EU soll in den nächsten fünf Jahren von rund 1500 auf rund 10’000 Beamte ausgebaut werden; dafür braucht es eine deutliche Erhöhung des Budgets auf mehr als fünf Milliarden Franken.

      Weil die Schweiz Schengen- und damit auch Frontex-Mitglied ist, soll sie 61 Millionen Franken an diesen Ausbau zahlen. Das Parlament hatte den Beitrag im letzten Oktober bewilligt. Weil ein Komitee aber das Referendum ergriff, kommt die Vorlage am 15. Mai zur Abstimmung.

      Wer Ueli Maurer am 2. März reden hörte, staunte nicht schlecht. In der Vergangenheit hatte sich der SVP-Bundesrat kaum je für Grund- und Menschenrechte eingesetzt. Dieses Mal schon. Zu den Pushbacks von Frontex sagte er: «Es gibt da nichts zu beschönigen. Es gab hier Verstösse, die wir nicht akzeptieren wollen und nicht akzeptieren können.»

      Genau aus diesem Grund aber müsse die Schweiz, so Maurers überraschendes Argument, bei Frontex mitmachen und sich am Ausbau beteiligen: «Wir versuchen hier alles, um die Qualität zu stärken. Die Frage des Referendums ist vielleicht einfach die: Schauen wir weg, Augen zu, Ohren zu und Mund zu (…), oder greifen wir dort mit ein und setzen uns dort für Verbesserungen ein, wo das notwendig ist? Ich glaube, die Rolle der Schweiz ist es, für diese Verbesserungen zu sorgen.»

      Noch deutlicher wurde am 2. März Marco Benz, der Grenzbeamte des Bundes, der die Schweiz im Verwaltungsrat von Frontex vertritt. «Im Management-Board», sagte er, «werden diese Themen wie insbesondere die Einhaltung des Grundrechts­schutzes permanent thematisiert.» Dort habe die Schweiz die Möglichkeit, ihre Anliegen einzubringen. «Und das ist ein zentrales Anliegen der Schweiz, dass ebendieser Grundrechts­schutz eingehalten wird.»

      Überdies betonte Benz, dass eine Vertreterin der Schweiz Mitglied der Frontex-Arbeitsgruppe war, die verschiedene Pushback-Fälle aufarbeitete.

      Was Benz nicht sagte: Die Arbeitsgruppe kam nur wegen der Pushback-Vorwürfe der Medien zustande. Und sie hatte bloss einen sehr beschränkten Auftrag. Ziel der Untersuchungs­gruppe war es laut internen Sitzungs­protokollen, Klarheit über die Vorfälle zu schaffen. Dagegen war eine «Interpretation, ob das richtig oder falsch war», ausdrücklich unerwünscht, wie es im Mandat der Untersuchungs­gruppe heisst.

      Entsprechend fiel das Ergebnis aus: 8 von 13 Vorfällen wurden bereits in einem vorläufigen Bericht ausgesondert. Bei 6 davon begründete die Untersuchungs­gruppe den Ausschluss damit, dass sich die Vorfälle in türkischen Küstengewässern abgespielt hätten und damit nicht als potenzielle Grundrechts­verletzung infrage kämen.

      Eine zumindest streitbare Behauptung, da man davon ausgehen kann, dass die Flüchtenden, die häufig in überfüllten und seeuntauglichen Booten über die Ägäis fuhren, in Europa Asyl beantragen wollten, aber in vielen Fällen vor Grenzübertritt von Frontex entdeckt und von der griechischen Küstenwache daran gehindert wurden.

      Dass die griechische Küstenwache dabei auch zu fragwürdigen Methoden greift, zeigt ein Zwischenfall, der sich am 27. Juli 2020 ereignete.

      An diesem Tag entdeckte ein dänischer Helikopter, der im Rahmen der Joint Operation Poseidon die Ägäis überwachte, in den frühen Morgenstunden ein Gummiboot, das sich in griechischen Gewässern südlich der Insel Chios befand. Die griechische Küstenwache übernahm den Fall, nahm die Migrantinnen auf dem Boot aber nicht an Bord, sondern drängte sie ab und verständigte die türkischen Kollegen, die sie zurück in die Türkei brachten.

      Die Griechen sollen daraufhin die Dänen aufgefordert haben, ihren Bericht so zu ändern, dass sie das Flüchtlings­boot nicht in griechischen, sondern in türkischen Gewässern entdeckt hätten, womit – zumindest in den Augen von Frontex und der griechischen Küstenwache – kein Pushback vorläge.

      Die Dänen aber weigerten sich und reichten einen serious incident report ein mit Verdacht auf eine mutmassliche Grundrechts­verletzung.

      Die Griechen stritten das ab (die Flüchtenden hätten von sich aus den Kurs in Richtung Türkei geändert) und verteidigten sich damit, es habe ein Missverständnis in der Kommunikation vorgelegen.

      Auch diesen Fall legte Frontex in der internen Datenbank Jora als «Verhinderung der Ausreise» ab.

      Und obwohl die griechische Küstenwache ihren Fallbeschrieb in der internen Datenbank Mitte Februar aufgrund des serious incident report anpasste und präzisierte, kam die Frontex-interne Untersuchungs­gruppe, der auch die Schweizer Vertreterin angehörte, zum Schluss: Man habe den Fall nicht ausreichend klären können.
      Grossflächig geschwärzte Dokumente

      Auch im Frontex-Verwaltungsrat hielt sich das Engagement der Schweiz für die Wahrung der Menschen­rechte in engen Grenzen. Im Jahr 2020, als es in der Ägäis zu zahlreichen Pushbacks kam, tagte das Management-Board neun Mal. Die Schweizer Vertretung äusserte sich aber lediglich vereinzelt zu Grundrechtsfragen.

      Einmal geschah das an der Sitzung vom 10. November 2020. Im Protokoll dazu heisst es: «Die Schweiz sagte, dass alle Anschuldigungen in den Medien sehr ernst genommen werden sollten (…). Sie vertrat die Auffassung, dass der weitere Umgang mit diesen Vorwürfen eine klare Strategie erfordert, da sonst das Image der Agentur leiden könnte.» Es ging um Grundrechte – aber vor allem um den Ruf von Frontex.

      Das Bundesamt für Zoll und Grenzsicherheit (BAZG) sagt auf Anfrage, diese Darstellung sei «grundlegend falsch». Auf Nachfrage präzisiert die Bundesbehörde, sie habe sich zu späteren Zeitpunkten im Jahr 2021 und auch im laufenden Jahr «wiederholt zum Thema Grundrechte geäussert», sich direkt an Frontex-Direktor Leggeri gewandt und «schriftliche Eingaben» gemacht. Die Interventionen seien jedoch «vertraulich und können nicht herausgegeben werden». «Schliesslich geben wir zu bedenken, dass sich Grundrechts­politik nicht anhand von Sitzungsberichten qualifizieren lässt.»

      Was die Recherche der Republik und ihrer Partnermedien zeigt: Bei Frontex und deren Mitgliedstaaten blieb vieles lang im Dunkeln.

      Dieser Eindruck wurde durch die Schweizer Behörden zumindest nicht entkräftet. Die Republik hatte das BAZG schon vor mehreren Monaten um Einsicht in Dokumente gebeten, welche die Rolle der Schweiz in der EU-Grenzbehörde beleuchten. Dazu stellte die Republik ein umfassendes Gesuch im Rahmen des Öffentlichkeits­gesetzes und forderte Einblick in Einsatzpläne, Korrespondenzen, Aktennotizen, Einsatz­berichte, Arbeits­verträge, Unterlagen zum Schweizer Engagement in Sachen Menschenrechte.

      Vordergründig gab sich die Behörde auskunftsbereit und lud mehrmals zu Treffen, um das Gesuch einzugrenzen, zu präzisieren und letztlich einfacher bewältigbar zu machen. Tatsächlich aber rückte es bis jetzt nur einzelne und zudem grossflächig geschwärzte Dokumente heraus.

      Die Schweizer Rolle in Frontex – sie bleibt in einer Blackbox.
      Noch einmal zurück zum 28. Mai 2021

      Am 28. Mai 2021, kurz nach 13 Uhr, erblickte Aziz Berati ein Schiff der türkischen Küstenwache. Es war kurz zuvor darüber verständigt worden, dass ein Rettungs­floss im Meer treibe. Auf einem Bild, das die türkische Küstenwache später veröffentlichte, ist Berati auf dem Rettungsfloss zu sehen, gemeinsam mit einem seiner Kinder. Eine Person hielt die Hand in die Höhe: Hilfe!

      Kurz darauf machten drei Männer der türkischen Küstenwache das Floss an ihrem Schiff fest. Sie trugen schwarze Schutzanzüge, Handschuhe und blaue Mützen. Dann holten sie einen kleinen Jungen vom Boot. Er war vielleicht drei Jahre alt.

      Es folgten weitere Kinder, Frauen, Männer: 32 Personen insgesamt, die frühmorgens von der Türkei nach Lesbos aufgebrochen und es geschafft hatten.

      Trotzdem verwehrte man ihnen das Recht auf ein Asylverfahren in Europa. Stattdessen wurden sie festgenommen, unter Vorspiegelung falscher Tatsachen weggebracht und schliesslich auf offenem Meer ausgesetzt.

      Die türkische Küstenwache meldete den Fall als Pushback. So wie sie es fast jeden Tag tut.

      Frontex hingegen deklarierte den Fall als «Verhinderung der Ausreise». So wie sie es sehr häufig tut.

      Ein Offizier der griechischen Küstenwache sagt dazu: «Warum nennen sie es nicht einfach Pushbacks und bringen es hinter sich?»

      Aziz Berati lebt heute mit seiner Familie in der Türkei. Bisher hat er die Flucht nicht wieder gewagt. Noch nicht.

      Wenn er an den 28. Mai 2021 denkt, wird er wütend und traurig. Man habe ihn, seine Familie und seine Begleiterinnen unmenschlich behandelt – «bloss weil wir illegal über die Grenze gehen wollten».

      «Es ist kein Verbrechen, Schutz zu suchen», sagt Berati. «Sie hätten sich wenigstens anständig verhalten können, uns mit ein wenig Menschlichkeit begegnen.»

      Beratis Kinder weinten, als die griechischen Küstenwächter die Migrantinnen aufforderten, über eine grosse Leiter auf ein Rettungsfloss zu steigen. Sie hatten Angst. Ein Mann wollte sich weigern, da stiessen ihn die Küstenwächter, sagt Berati. Er wäre beinahe ins Wasser gefallen.

      Dann trieben die Menschen rund zwei Stunden auf offenem Meer – ohne Sonnenschutz, ohne Gepäck, ohne Motor.

      https://www.republik.ch/2022/04/27/inside-frontex-die-geheime-datenbank-der-eu

      #push-backs #refoulements #asile #migrations #réfugiés #Frontex #Egée #mer_Egée #Grèce #prévention_au_départ #statistiques #Joint_Operations_Reporting_Application #JORA #base_de_données #opération_Poseidon #mensonge

  • La « forteresse européenne » au pilori

    La Suisse entend renforcer sa participation au contrôle des #frontières_extérieures de l’Europe. Mais l’augmentation des capacités de l’agence de protection des frontières Frontex fait débat. Le 15 mai, le peuple se prononcera dans les urnes. Un non pourrait irriter encore davantage Bruxelles.


    « Pour moi, Frontex est avant tout synonyme de violence », avoue Malek Ossi. Ce Syrien de 28 ans a gagné la Suisse via la Turquie il y a six ans et fait partie de l’organisation « Migrant Solidarity Network », qui a lancé le référendum contre l’augmentation de la #contribution de la Suisse à l’agence européenne de gardes-frontières et de gardes-côtes Frontex. Malek Ossi a raconté au magazine en ligne « Republik » l’odyssée qui l’a mené en Suisse par la « route des Balkans ». « Je sais ce que cela signifie d’avoir derrière soi l’armée turque, et devant la police grecque. » Avec des dizaines d’autres réfugiés, il s’est caché dans la forêt pendant une semaine avant d’oser franchir le fleuve frontalier Evros, alors gardé par les autorités grecques et des agents de Frontex. Tandis que Malek Ossi a finalement réussi à gagner l’Europe, beaucoup d’autres échouent dans leur tentative d’atteindre les frontières extérieures de l’UE. Les récits de migrants refoulés par les polices des frontières sont innombrables. Certains cas attestent que les gardes-côtes grecs, en mer Égée, ont repoussé des canots pneumatiques remplis de réfugiés dans les eaux turques.

    Ces refoulements sont contraires à la Convention européenne des droits de l’homme et à la Convention relative au statut des réfugiés de Genève, d’après lesquelles les réfugiés doivent pouvoir déposer une demande d’asile et ont droit à une procédure fondée sur le droit. En d’autres termes, les demandeurs d’asile doivent au minimum être entendus. Des organisations de défense du droit d’asile et des droits humains reprochent à Frontex de tolérer des pushback illégaux perpétrés par les forces de police nationales, voire d’y être mêlée. Une commission d’enquête du Parlement européen a ainsi demandé davantage de surveillance et de transparence.

    Une obligation pour tous les États de Schengen

    Le rôle de Frontex aux frontières de l’Europe a fait parler de lui l’automne dernier au Parlement fédéral. En tant que membre de l’espace Schengen, la Suisse contribue depuis 2011 à l’agence européenne de protection des frontières, et doit par conséquent cofinancer l’augmentation de son budget. Frontex prévoit de mettre sur pied une réserve de 10 000 agents d’ici 2027. Jusqu’ici, la Suisse a versé près de 14 millions de francs par année. Ce montant doit passer à 61 millions de francs par année d’ici 2027. Le PS et les Verts s’y sont opposés, arguant que Frontex entend constituer une véritable « armée » aux frontières pour isoler la « forteresse européenne ». La majorité du Conseil national et du Conseil des États s’est toutefois avérée favorable à un engagement plus fort de la Suisse, avançant que notre pays profite, après tout, de la protection des frontières de l’espace Schengen.

    Oui, les noyades en Méditerranée sont une « honte pour l’Europe », a déclaré le conseiller national vert’libéral Beat Flach. Tout en soulignant que ce n’est pas la faute de Frontex, mais que l’agence est, au contraire, « un moyen d’éviter cela à l’avenir ». Le conseiller fédéral Ueli Maurer a fait remarquer que la Suisse pourra mieux exiger le respect des droits fondamentaux si « elle fait front avec les autres ». Son parti anti-européen, l’UDC, est toutefois divisé sur la question. Les uns saluent le renforcement du contrôle des frontières de Schengen contre la « migration économique », tandis que les autres préféreraient investir ces millions supplémentaires dans la protection des frontières suisses.
    Contre la « militarisation des frontières »

    Le peuple devra trancher, car une alliance d’environ 30 organi­sations a lancé un référendum. Les activistes de « Migrant Solidarity Network » s’opposent fondamentalement au régime de protection frontalier de l’UE, à leurs yeux « symbole de militarisation des frontières ». Amnesty International n’est pas de leur côté. L’organisation de défense des droits humains plaide plutôt pour la consolidation des forces qui, au sein de l’UE, veulent obliger Frontex à « faire de la protection des migrants la priorité au lieu de faire peser une menace supplémentaire sur eux ». Dans les faits, ce sont surtout les pays d’Europe de l’Est qui opèrent des pushback à leurs frontières.

    « Soit on fait partie de Schengen, soit on n’en fait pas partie, avec toutes les conséquences que cela implique. »

    Fabio Wasserfallen

    Politologue à l’université de Berne

    Le 15 mai, le peuple suisse ne votera pas sur le principe de la participation de la Suisse à la protection des frontières européennes. Néanmoins, le référendum pourrait avoir un impact sur la participation de la Suisse à l’espace Schengen, relève Fabio Wasserfallen, politologue à l’université de Berne. « Soit on fait partie de Schengen, soit on n’en fait pas partie, avec toutes les conséquences que cela implique. » Si, d’après lui, la Suisse ne doit pas s’attendre à une exclusion immédiate en cas de non du peuple, « elle serait cependant invitée à proposer rapidement une solution ». Bruxelles pourrait s’irriter du fait que la Suisse ne soit plus vue comme une « partenaire fiable », explique Fabio Wasserfallen. Les relations déjà tendues entre les deux parties pourraient ainsi devenir encore plus compliquées.

    https://www.swisscommunity.org/fr/nouvelles-et-medias/revue-suisse/article/la-forteresse-europeenne-au-pilori

    #référendum #Suisse #frontex #votations #migrations #asile #frontières #réfugiés

    • Le site web des référendaires :

      No Frontex

      La violence, la misère et la mort sont devenues quotidiennes aux frontières extérieures de l’Europe. Les personnes réfugiées et migrantes sont privées de leurs droits, battues et expulsées. En tant que garde-frontière et garde-côte européen, Frontex a sa part de responsabilité. Frontex manque de transparence. Frontex détourne le regard. Frontex participe à des violations des droits humains. Pourtant, Frontex est largement déployée à travers l’Europe.

      Le 15 mai, un vote populaire décidera si la Suisse doit participer à cette extension de Frontex. Nous disons OUI à la liberté de mouvement pour tou·te·s et NON à Frontex.

      https://frontex-referendum.ch/fr

    • Interviews: Transnational action in support of upcoming referendum on Switzerland’s funding for Frontex

      To find out more about the Abolish Frontex! network and the upcoming Swiss referendum on whether the country should increase its financial contributions to the EU border agency, we spoke to Luisa Izuzquiza of Frag den Staat and Abolish Frontex! and to Lorenz Nagel, a member of Watch the Med/AlarmPhone and the Migrant Solidarity Network that proposed and campaigned for the Swiss referendum.

      Across the weekend of 22-24 April, three days of action organised by the Abolish Frontex! network in support a no vote in the Swiss referendum on Frontex funding, to be held on 15 May 2022, led to initiatives in Belgium, Germany, Italy, the Netherlands and Switzerland itself. These actions included workshops, demonstrations and actions to raise awareness about systemic problems connected to the border regime, migration management and the militarisation of borders.

      Luisa’s and Lorenz’s answers represent their personal views and not those of the organisations with which they are involved.

      We started by asking about themselves and their activity in this context.

      Luisa: “I would define myself as a freedom of information activist and I have been working on freedom of information since 2014, with a special focus on Frontex and borders since 2016. With my then partner in activism and now my actual colleague Arne Semsrott, we started working on Frontex because for a transparency activist I think it’s a very clear target and it’s quite easy to see that they need some work, specifically to make their actions more transparent – on the one hand because Frontex clearly has quite an obstructive approach to transparency and they have a heavily embedded culture of secrecy within the agency, and at the same time they are a huge agency in terms of size, power and budget that is quite reluctant to accountability so I think the freedom of information activism and Frontex-oriented work was quite a natural match to make, so we do research around Frontex, we do campaigning and we do litigation.”

      Lorenz: “On the one hand, I am active in the transnational network Watch the Med/AlarmPhone that has a lot to do with the things that are ongoing, on the fortification of Europe and the militarisation of the border regime and within that, also Frontex, and on the other hand I am also doing research on the topic of externalisation and the militarisation of the border regime as well, so I have these two roles.”

      We then asked Luisa to tell us about the transnational Abolish Frontex! campaign and how it is structured, and Lorenz about the initiation of, and signature collection for, the Swiss referendum, as well as whether any political parties supported it.

      Luisa: “The AF! campaign was born a bit less than a year ago, in June 2021. It is a decentralised campaign that is organised in an autonomous way with different national chapters that come together to debate strategy and to coordinate around the demands that the campaign is based on. To date, it includes over 100 organisations from all around Europe and beyond Europe as well, because one of the aims was always to involve groups that are active in the periphery of Europe and also beyond Europe, because of course this topic affects everyone.

      “Where is it more active? It’s interesting, because that has shifted quite a lot since the launch of the campaign, and as the campaign was growing. For instance, at the very beginning we had a very strong German focus and a very strong German chapter, because there were already quite a lot of groups, NGOs and activist movements already organised in Germany, and there was a good awareness of Frontex and its role, so it was a very natural thing to organise, and as time has gone on we have also seen a large chapter grow, for example, in Italy, which is growing and is very active. It’s interesting to see how certain focuses become activated and then suddenly grow very quickly, and how the interest is the same in countries where Frontex operates in a very obvious way and also in countries which technically do not have any interaction with Frontex but, of course, it is in their interest as well. … In the Netherlands, we have groups that have been organising for instance around the anti-arms trade movement so, yes, it’s another area in which it is very active.”

      Lorenz: “When it comes to the Swiss referendum, it is important to know about the Swiss context, that there is a semi-direct democratic system that allows to propose referendums on the decisions that are taken within the parliament. This was also the beginning, there was a parliamentary decision to go with the Frontex increase, to take over this new reform that was decided upon in 2019 and, unsurprisingly, I would say, none of the big parties, also on the left, did propose the referendum themselves.

      “This then brought different correctors and groups from non-parliamentary networks that are involved in one way or another in migration struggles, to think of whether this could be an option. After some initial discussions, on the initiative of the Migrant Solidarity Network, which is a small, self-organised network of activists, we decided to propose the referendum, also as a protest note in direction of the parliamentary actors who, once again, remained inactive. I think this is interesting in a historical perspective, because since Switzerland joined the Schengen area in 2009, there have been several reforms and several increased rounds that led to this explosion of today’s agency, as we know it, and it was always more or less agreed upon in Switzerland without great parliamentary resistance.

      “This has a lot to do, obviously, with questions around Schengen and the guillotine clause that is assigned to it [a reference to the referendum held in 2020 on whether or not to end Swiss participation in free movement within the Schengen area], but this criticism has explicitly existed in non-parliamentary circles for many years towards the political parties. This was in September, when we decided to take this step. We were a rather small group of people from mainly self-organised organisations and then, step by step, this No Frontex community or committee (however we want to call it) started to grow, and first it was the young parties of the left-wing parliamentary actors (the young socialists and greens) who joined, and later the so-called mother parties, so the Social Democrats and the Green party officially supported the referendum…

      “This does not necessarily mean supporting it with the same goals as the initiators. I think there are a lot of differences, but yes, they supported it. I think in the end it is important to say, when it comes to this No Frontex committee, that from the very beginning until now, is that it stayed a very small core group of people that are (most or almost all) from self-organised networks and migrant communities. I think this also speaks about, when we speak about the role of the bigger parties, even though they do have a lot of resources and possibilities, they stayed quite distant, on the one hand obviously because of their different views on the topic, but also because it is not on their main agenda, the topic of Frontex and the militarisation of the border regime, again, because it is very much linked to the question of Schengen membership.

      “The experience of signature collection was interesting for many of us. It was quite difficult when it started, also because it started during the time of corona when physical interactions in the public space were somehow limited anyways, and the daily circle of movement of individuals was much smaller than under normal circumstances, but step by step we tried to mobilise through local committees, asking them to call for orange waves or for orange weekends because we chose this orange campaign colour, and this started somehow to become a thing… so, more and more people started to go out in the streets to collect signatures and I think what we realised then, is that we had to start from the very beginning.

      “We decided in the very beginning that one of our main goals was to intervene with progressive or radical perspectives into the public debate, so that we don’t only want to call for a stop to the expenses, but also we wanted to call in favour of freedom of movement for all. So this was our slogan from the start... NO to Frontex, yes to freedom of movement for all, and to put forward this perspective. We were quite far away from bringing this perspective easily to the broader public, because for many people who we talked to in the streets, we had to first explain what Frontex is and why it potentially is a problem. This was on the one hand very interesting, and obviously also very needed, because if we imagine the size of this agency and the consequences of the policy it stands for, then I think that to push for public knowledge is really right at the beginning of pushing for broader resistance.”

      Next, we asked about the Abolish Frontex! days of action in support of the referendum, and about whether the important informative and awareness-raising work by the Swiss campaign means that even if the referendum doesn’t succeed, the exercise would have been worthwhile.

      Luisa: “These days of action were conceived and planned in support of the Swiss referendum which will take place on 15 May, mainly because, I think, the whole network is very excited and just in awe of how far the campaign for no Frontex in Switzerland has come. It’s an incredible step and a very important one, so the network wanted to organise just to support this initiative and to help make it visible, and hopefully to inspire other actions similar to the Swiss one in other countries, which if it happens (as you said) in the Dutch case, that would be amazing. So, that was the focal point and the way in which the actions are themed is around national contributions to Frontex, and how European countries are involved in what Frontex is, what it does and how they actually make it possible. I think that a lot of times, when we speak of Frontex, we think of this abstract force that we really don’t know how it works, who decides, who makes it, and of course it is member states, it’s our own governments which are actually supporting Frontex, taking decisions within Frontex and so on. So the main thread of these action days will be national contributions. We have focused a lot on the contributions in terms of equipment and officers and how these are in fact the actual backbone of Frontex operations without which Frontex operations could not, to date, function.

      “I think this is something that is not very well known to most people, that it’s countries ‘donating’ equipment and officers to Frontex. We want to highlight this, we want to bring it to the public’s attention and we want to show dissent and call for an end to these contributions. There will be actions in the next three days in different countries, in Germany, Belgium, the Netherlands, Italy, and the actions vary depending on the national context. So, in some countries you will have a workshop, just to learn what Frontex is, how it works and what member states’ involvement is. In other countries it will be a demonstration, so it really depends on what the need in each country is, which I think is a reason why it’s great to have different national chapters. In terms of scale and impact, I think that working on a topic on which there is very little public awareness, the main thing we would like to achieve is to inform people about how these contributions work and try to mobilise citizens to ask their government to stop these contributions, because they are contributions to violence, essentially, and hopefully that is a good result that we can achieve.”

      Lorenz: “That still is a big goal and maybe also a big outcome of the efforts of the last couple of months. On the one hand, we forced parliamentary actors to position themselves, and also forced them into a very uncomfortable decision. We came from a situation where it had become normal to just accept this big explosion, this increase of the mandate and everything. It also came after a lot of years of normalisation of border violence, which, especially in Switzerland, is broadly accepted, or maybe not accepted but ignored by the Swiss public, because it is so easy to hide behind the geographical location of Switzerland, saying, “yes ok, but we are not at the external borders”, while it is clear that Switzerland is a strong driving force for many causes of migration, on the one hand, and also a very stable supporter of the policy of deterrence, ever since.

      “In that way, I think we also forced a broader public to at least get in touch with the topic. If they like it or not, whatever their position is, that definitely was interesting. But I think all of us, sometimes, are also a bit sceptical and ask ourselves, ‘should we have done more?’, ‘could we have done more?’, ‘how could we have intervened better?’

      In the end it was a mix of what is possible, so we tried to push migrant voices, we tried to break a bit with the narrative that only non-migrant communities talk on the matter, and this on the one hand happened very much, but on the other hand there would have been a lot of space for improvement, and the other big thing was to reach a broader public, which I think we did, because all the main newspapers had to write about it and they had to take into account our demands which means the claim of freedom of movement for all, even though it was obviously not specified what would potentially be meant by it… I think many debates that did happen did really nourish a hopefully sustainable mobilisation and it was clearly (and still is) very positive from my point of view, for example, that a church alliance against Frontex has been built, and I think this is remarkable and good to see, and it reaches a circle [that] from our positions and with the language that we usually use, and the actions we usually pursue, it reaches a circle that we do not really address.”

      We asked if this focus on budgets and resources can inform a debate about what individual states can do to rein in Frontex, about the aim to “abolish” Frontex and plans to enhance its human rights compliance, and about whether managing to collect enough signatures to force a referendum was a surprise, and whether it is likely to win.

      Luisa: “I like this particular topic just because it is so tangible. A lot of times when we talk of accountability and what can we do with Frontex and what type of disciplinary action can exist and so on… it’s all framed in a way that is so vague and seems very “meta”, whereas this is just so tangible, you can put a number to the amount of resources you are giving every year and you can put a moment in time when these negotiations happen and you can just withdraw these resources and the impact is immediate, you’re just not giving them the equipment they need to conduct human rights violations, to enforce violence... even if you see it just as a slap on the wrist,… with the budget, it comes from the EU institutions so it’s hard; but this is just straightforward, and I think it’s good to highlight a straightforward solution because sometimes everything around Frontex is purposely portrayed as very complex and unattainable when it’s not really that way.”

      “In the moment when we started building this campaign, Frontex was often in the news for wrongdoing and of course when you have these instances of violence being exposed there is always the question of ‘what can we do about it’, and the usual dichotomy between reform and abolition appears, so our reading of the situation was that reform doesn’t really make sense because it assumes from the point of departure that the original idea of Frontex was a good one and it was a virtuous idea, and then it somehow got corrupted and went wrong and now we are paying the consequences. If we just fix this, then we can go back to this virtuous idea of a border police force that does no wrong.

      “For us, actually, what we see from Frontex every time there is what we call a ‘scandal’, is actually Frontex working precisely in the way that it is built and intended to work and you cannot really dissociate a border police force and the idea of violence, because they are inevitably linked. So, this is why we framed the campaign around abolition, understanding it as a systemic issue, but also because abolition is not just about dismantling the things that we don’t want to exist because they cause harm and endanger lives, but also about the building of alternatives and thinking, if we didn’t have this thing that we think is dangerous for society, then what could we build instead and what would it take and how can these resources be divested and invested into something that creates safety for all? Frontex is just working in the way that it is meant to work. I don’t believe in a border police force that does not cause any violence, it’s quite simply impossible, and you can have more explicit or less explicit violence, but it’s violence nonetheless.

      “So, this idea of Frontex just conducting internal investigations and hiring fundamental rights officers and so on, these are essentially patches which, even if you did want to consider reform, I think they are completely insufficient, just because you are giving the police force the power to police itself and, in democratic terms, even if you believe in reform as a way forward, it’s incredibly dangerous. As a transparency activist I see this very often because, for example, Frontex decides whether to release information about their own human rights violations and, of course, the outcome is that they refuse access to over 80% of the questions that they get and this is what happens when you give the perpetrator the power to evaluate and discipline itself. This is not how it’s meant to work. I think that it’s creating a dangerous system that just creates grounds for abuse in the future and we will see each other having these conversations again in a matter of five years when the mechanisms have failed and they have endangered the life of many, many more people.”

      Lorenz: “To be honest, before Christmas we were probably not sure if we would come through, I mean we had 100 days to collect 50,000 signatures, during corona, with a small group and without enthusiastic support from the bigger players, let’s say. It was a tough one, and then I think that over Christmas something changed, maybe also because of the alarming messages that we sent out. They caused something, and there was a change and it started to be really moving, and active, and one could also feel it and then, all of a sudden, these letters started coming in, and then, finally, I mean it was really on point, it was really close, we realised it would pass in the last two days, but on the last day we were still sorting out letters and it was needed that we did that. This was already a very big success, and it pushed the debate and now, in the time afterwards, I think we had the opportunity to, on our side, deepen our arguments and bring them to a wider public debate. From that point of view, it was a very positive surprise that it came through.

      “When it comes to the outcome, I think it would be nothing other than a wonder, considering that we are already talking about holy things, if we would succeed. But I think we knew this from the beginning, that it would be very hard. Also, in the last few weeks the discussion, quite naturally, did not really focus on Frontex but on other issues of migration around the Russian war in Ukraine, so we know that this will be a very tough road to go down and that most likely, maybe not most likely, but the chances are high that it will not get through.

      “This, however, should not be our primary orientation, because in the end it is the orientation of the parliamentary actors and voters and I think what we wanted to do was to embed a topic into its broader field, to bring into the debate the daily resistance that is happening against the migration regime, to shed light on the situation at the EU external borders, to also strengthen anti-racist networks and to create new alliances and to build at least a knowledge ground to create new alliances, and I think that already by doing 50 events, having events in bigger towns but also in smaller villages, and doing collective action days, I think this already activated a lot of people, so I think this is good, also to show that we do intervene in the public debate and that we use these instruments that there are in the ways that we think are useful, and to show the ones in power that we will try different means to go after them in order to counteract this current migration regime.”

      The following questions raised the issue that the initial Frontex Regulation, approved in 2004, was already problematic from a human rights perspective, and how the Ukraine conflict represents both a problem and an opportunity, because the European response revealed that previous narratives were laden with lies regarding the risks posed by refugees.

      Luisa: “I think it’s the problem of just creating conditions that are liable to be abused and then giving these conditions to a law enforcement actor, it’s quite obviously a recipe for disaster and it seems we haven’t learned anything from the past years. Now, we are having these conversations about Frontex accountability and what went wrong in terms of how do we find ourselves seeing all these pushback allegations and no one knew anything and nobody did anything, when Frontex theoretically already has mechanisms in place to deal with this sort of situations, and yet none of them actively prevented violence like this. Of course, when you build the control mechanisms within the actor that is supposed to be controlled, then it’s over. Self-control is not a thing that you want to put your bet on, especially when working on such a sensitive issue like the lives of people already in a vulnerable situation. But there is just no learning from this, and we see the same cycles of policy just being repeated, but then you also see the level of danger escalating and it’s just a very dangerous recipe.”

      Lorenz: “Yes. We wrote a text on our blog about it [the welcome given to Ukranian refugees] on our webpage and one of our spokespersons, Malik, who is also part of AlarmPhone and originally comes from Syria, who crossed into Europe in 2015 with the March of Hope. He, I think, formulated it in a very smart and very sensitive way where he said that yes, of course, it hurts, these double standards hurt because they are nothing but racist… and when a minister in Switzerland says that they treat Ukrainians with another security standard because they still need to uphold security standards for people from Syria and Afghanistan due to terrorist threats, then it’s obviously something that makes you think of everybody who had to endure the journey and the violence linked to it some years ago, and at the same time he said, but, what this crisis shows, is that the border regime is only based on political decisions, nothing of the arguments that have been given to us in the last years are true, not that there is not enough money, not that it is needed because we cannot handle an influx of people, all of that are just lies and we now have the possibility to demand the solidarity that the people from Ukraine rightfully receive for everybody.

      “This, from my point of view, has to be the position. Then, I think, regarding Frontex, that you can start playing around with their role, saying ‘ok, you [will] have in 2027 10,000 border guards and €1.2 billion as a budget, with this invested in a humanitarian sense, a lot could be done, you could not talk of any kind of problems anymore.’ As the Defund Frontex campaign showed, you could finance a whole fleet in the Mediterranean with that money, or with a third of that money. So, I think it’s important from which direction you look at this. I found that what he [Malik] says was quite interesting because he did not lose himself in an argument of frustration, but he tried to turn it around and say, it’s time to demand what we demand ever since.”

      We then turned to the systemic problem of Frontex’s analytical and advisory roles, and about whether the campaign for a Swiss referendum can be considered a success, regardless of its outcome, due to the way it has shed light on the problematic structural aspects of Frontex.

      Luisa: “I think there is one specific area of concern for me regarding Frontex’s analytical capabilities and how this is instrumentalised, because of the way in which Frontex is constructed. I find this interesting because it works so efficiently for them. You have in one actor a triple role that is just cyclical: so, you have an actor that has an analysis that we don’t really know exactly how this happens, so we don’t really understand what are their sources and how they do these metrics, what sort of factors they take into account, but anyways they have an analysis of the situation at the European borders and a diagnosis. So this is one of the roles. They have another role, which is that they are also in charge of prescribing their solution, which, of course, because they are who they are, is always going to be ‘we need more border control’. We have seen this prescribed solution being exactly the same at very different moments in time at the EU level, we see this way before 2015, we see this in 2016 in the middle of what was labelled as the refugee crisis, we see this also at a moment when arrivals were dropping drastically and we see it again now as well, at a moment when we have a war at our borders and great numbers of arrivals because of this dramatic situation.

      “So it’s always the same recipe, whatever the analysis is, but this is their role as well. And then of course they have another third role, which is, at the end of the day, as the recipients of the benefits that the solutions that are proposing will carry, which means, of course, that if you need more border control, then you need a stronger Frontex. Hence, after all of these regulatory changes for greater powers, greater budget, this is how you basically have an agency that was born with a €5m budget and a tiny staff, and in a matter of a decade it’s skyrocketing its budget, its power, its staff, the ability to get its own equipment, it’s building its own autonomy and it is just this vicious circle where you have the analytical, the prescription and the beneficiary working all the time in such a non-contested way, because you see the media reproducing their analysis, you see policymakers reproducing the solutions that they are prescribing and everyone cheers. Frontex is just working for its own self-benefit, building itself up, and that, to me, is of great concern, because even if you think of it in democratic terms, we would never have this at any other point in what you would call theoretical policymaking, this is not independent analysis, this is not an independent prescription of solutions, and it is a big conflict of interests that has the effects we are seeing now.

      “This, to me, is a great source of concern and I think it is something that we need to have a big chat about, because it is not only about what Frontex actually does on the ground, which is very visible and very tangible because it’s so raw, like pushbacks or someone dying in a case of non-assistance at sea, for example. But it’s actually more about how Frontex builds itself up, and the more it does so, the more difficult it will then become to hold it to account.”

      Lorenz: “From my point of view, [the campaign for a referendum can] definitely [be considered a success]. I’m an overly positive person so I think there may be other people within the committee who have different opinions. It’s also a fact that it cost a lot of resources especially if you are a small group, and it also demands a lot of discussions when a committee is so newly put together. I think when looking back or when looking at the moment, at this stage where we are now until mid-May, there will be 40+ events, there will be bus tours into small cities and into market places, there will be big events in the city and there will be a huge appearance on the 1st of May. So I do think that there were many connections points, for example, with the climate movement that took a very strong position against Frontex and also to link the militarisation of the border regime on the one hand to the causes of migration, but also to the destruction of nature due to the militarisation of the physical border regime, and also feminist positions on the patriarchal logic of militarisation, so I think this has all had very good and needed effects, that from my point of view are very valuable.

      “So, yes, of course, I think that regardless of the result there are positive outcomes, not least because it also, again, shows the very blind spots of this seemingly inclusive democracy where still one third of all people are excluded from it due to a racist migration and asylum system. So, I think the ones who are affected, they are on the one hand excluded from the right to vote but also they are often also excluded from the debate, because who is debating in public, especially in the places with a lot of reach? It will not be the people affected by the migration regime. So, I think that there were and are discussions going on that are needed and I think that the referendum is a very good instrument to use from time to time – not always and not too much – to intervene or to make a stand.”

      Finally, we enquired about the supposed neutrality of Frontex as a potential problem, and about how the Frontex referendum fits within the wider mobilisation across Europe.

      Luisa: “You also see this dynamic play into many other aspects of what Frontex does, for example in the research and innovation part of it, they have acquired the capability of advising where European research funds need to be invested. That is extremely interesting but it’s also very dangerous because, once again, they have a self-serving interest in what needs to be investigated and they will not advise the European Commission to invest in technologies to prevent the loss of life at sea or they will not encourage for example the European Commission to invest in studies around better visa granting systems and how we can make that more efficient to create safe routes for arrival. They will ask the European Commission to invest in facial recognition technology that they can then purchase and use for greater surveillance. So, it’s the fact that we have independent advice from someone that is everything but independent and extremely self-serving, which is very concerning, for sure.”

      Lorenz: “I think there are links at many levels. I think, for us, from the beginning, it was very important to embed the referendum within a broader network of resistance against the border regime. This, on the one hand, obviously means the self-organised daily resistance by people on the move against border regimes, the ones who do protests or ignore the border regime by continuing to cross. It is also meant as a sign [of solidarity] towards people on the move. This is also something that Malik said, when he was in 2015 on the road and they knew that there is a strong resistance movement within the cities, this gave them strength and motivation. This, for sure, is one side of it.

      “Then, of course, it [the referendum campaign] also stands in solidarity with all the work on the topic that has been done before. The demands are very much inspired from international networks like Watch the Med/AlarmPhone and others. Also, the knowledge that we use that we were able to build up on was very strongly also linked to networks like Abolish Frontex! and I think also many people involved are linked in one way or another to either local self-organised groups or networks that organise against the migration system or the camp systems, or are part of transnational networks or structures that to try to organise against the deterrence regime.

      “So, for sure this is very interconnected and for us it was very important to do that and not to behave as if we had produced this from scratch but that we obviously build upon very diverse and developing networks and practices of resistance that exist along all migration routes, I think, and this we tried to include somehow in the communication, obviously, and this was also a challenge because of course on the one hand we need to address the Swiss public with this fact, as you said, that millions per year are spent for this brutal and deadly regime for an army in its war against migration and on the other hand we also wanted to bring the realities on the external borders to the Swiss public, so it was always an act of balance on what to focus and which arguments to follow up on. I think this is how in the end we came to where we now are.”

      A last question for Lorenz was how the referendum can contribute to attempts to oppose problematic practices by member states, such as pushbacks and violence, often supported by the Commission and Frontex.

      Lorenz: “I find it difficult to say. What I hope, what we do is to make visible who is responsible for this. This is still one of the main goals, I think that one of the strengths of Frontex is that it seems a faraway agency that is hardly graspable and that it also has by its monitoring and reporting mechanism system a corrector. It was built not to be controlled, which makes it very easy to organise around Frontex this kind of horrible regime, while everybody, maybe, in a personal exchange would say ‘yes, this is a horrible regime, but we don’t have anything to do with it’.

      “So what we wanted to do (and still want to do) is to make this connection clear, and to make it very clear that there is this a responsibility in society, in parliamentary politics and obviously also in the private sector in all of that, and so, to bring this responsibility to where it belongs, and to confront people with that and to maybe make people feel uncomfortable, because in that way maybe they start to realise that they put this system in practice, which is completely inhuman and based on a systematisation of violence.

      “I think it is like many other strategies to counteract the migration regime, I think this is an additional one, and one that we could use to put effective pressure on the ones in power and to put them in a position where they have to talk in public about what is happening, and I think this is something that is not necessarily comfortable and that we definitely should use if we can.

      “Within that, media also have to report about it to a certain degree, which also means that at least some of them start to dig deeper, which also brings out the needed points and also the direct involvement, for example, that Switzerland can have. At the moment still there is a loud demand out there that Switzerland needs to make public the roles of their representatives on the executive board had on the matter that was examined by the OLAF anti-corruption agency, and obviously they do not do that, so you can also point to the channel of problems that you have with the security and surveillance institutions of the state that are highly intransparent even though they are involved in the most fundamental areas of human rights. So also at that level of demands it is an important and excellent opportunity.”

      https://www.statewatch.org/news/2022/april/interviews-transnational-action-in-support-of-upcoming-referendum-on-swi

    • #Référendum sur Frontex : la perspective des droits humains

      Le 15 mai, les citoyen·ne·s suisses voteront sur la reprise du règlement de l’UE sur le corps européen de garde-frontières et de garde-côtes. Le nouveau règlement de l’UE a été approuvé par le Parlement à travers un arrêté fédéral et vise au développement et à l’extension de l’agence européenne de surveillance des frontières Frontex. Par cette adoption, la Suisse augmenterait fortement ses contributions financières et en personnel à l’agence européenne de surveillance des frontières.

      Frontex fait l’objet de vives critiques depuis des années, car l’agence a participé à plusieurs reprises à des refoulements illégaux et à des violations des droits humains, notamment par des autorités nationales de protection des frontières. Un référendum a donc été lancé contre le projet de loi reprenant le nouveau règlement de l’UE par le comité « No Frontex Referendum », sur l’initiative de l’organisation Migrant Solidarity Network.
      De quoi s’agit-il ?

      Le règlement de l’UE 2019/1896 relatif au corps européen de garde-frontières et de garde-côtes remplace les règlements de l’UE 1052/2013 et 2016/1624, et renforce du même coup Frontex en tant qu’autorité européenne de surveillance des frontières. Le Parlement européen et le Conseil de l’Union européenne expliquent que ces efforts sont motivés par les lacunes existantes dans le contrôle des frontières extérieures de l’espace Schengen. Selon eux, le cadre de l’Union dans les domaines du contrôle aux frontières extérieures, du retour, de la lutte contre la criminalité transfrontalière et de l’asile doit encore être amélioré.

      La réforme de Frontex comprend l’attribution d’un mandat plus important, la constitution d’une réserve permanente de 10 000 spécialistes d’ici 2027, l’engagement de 40 conseiller·ière·s en matière de droits fondamentaux pour soutenir l’office des droits fondamentaux, l’acquisition de navires, d’aéronefs et de véhicules ainsi que la promotion du système européen de surveillance des frontières EUROSUR, qui doit surveiller et empêcher la migration irrégulière à l’aide de moyens techniques.

      La réforme de l’agence européenne de surveillance des frontières entraîne une augmentation du budget et donc proportionnellement de la contribution de la Suisse, ce qu’elle fournit depuis 2011 à Frontex sur les plans financier et en personnel. En reprenant le nouveau règlement de l’UE, les 6 postes à plein temps actuellement mis à contribution par la Suisse augmenteraient progressivement pendant 5 ans pour atteindre un maximum de 40 postes à plein temps. La contribution financière passerait de 24 millions de francs en 2021 à un montant estimé à 61 millions de francs en 2027.
      Des violations des droits humains par Frontex

      L’agence européenne pour la gestion des frontières Frontex est impliquée depuis de nombreuses années dans des violations des droits humains aux frontières extérieures de l’UE. Ainsi, Amnesty International a documenté que Frontex collabore avec les garde-côtes libyen·ne·s, ce qui permet d’intercepter les personnes qui fuient en Méditerranée et de les ramener sous la contrainte dans des centres de détention libyens. De plus, l’agence européenne aide les autorités croates à la frontière extérieure de l’UE à repérer les personnes qui tentent de franchir la frontière de manière irrégulière. Des investigations ont également révélé que Frontex participe à des refoulements (« push-backs ») illégaux en Grèce. Selon l’Organisation suisse d’aide aux réfugiés, ces pratiques entrent « en contradiction flagrante avec le droit européen et les obligations de droit international public ». Selon le principe de non-refoulement du droit international public, les personnes ne peuvent pas être expulsées si elles risquent d’être soumises à la torture ou à des traitements inhumains ou toute autre forme de violation sévère des droits humains.

      Afin de déterminer si elles ont besoin d’une protection, les personnes concernées doivent avoir accès à une procédure d’asile équitable et conforme à l’État de droit. Or, c’est précisément ce « droit de chercher asile et de bénéficier de l’asile en d’autres pays pour échapper à la persécution », ancré dans la Déclaration universelle des droits de l’homme (art. 14, par. 1 DUDH) qui est refusé à de nombreuses personnes par l’approche privilégiée par Frontex, à savoir repousser les personnes hors des frontières extérieures de l’UE. Selon la Commissaire aux droits de l’homme du Conseil de l’Europe, il est urgent de mettre un terme aux refoulements aux frontières de l’Europe. Dans une recommandation, elle appelle les gouvernements à augmenter la transparence et la responsabilité, notamment en renforçant les mécanismes qui permettent d’exercer un contrôle indépendant des opérations de surveillance des frontières, et enjoint les parlementaires à se mobiliser pour empêcher l’adoption de propositions législatives qui autoriseraient les refoulements ainsi que pour abolir toutes les dispositions en ce sens qui seraient déjà en vigueur

      L’efficacité du « système de responsabilité », censé tenir compte du bilan préoccupant de Frontex en matière de droits humains, doit également être remise en question. Depuis 2011, Frontex a mis en place un système de signalement, des observateur·trice·s pour les retours forcés, des responsables des droits fondamentaux, un forum de consultation, un mécanisme de plaintes individuelles (en 2016) et un·e observateur·trice des droits fondamentaux (en 2019). Ces mécanismes ne sont en réalité que de la poudre aux yeux : en 2020, lorsque des député·e·s européen·ne·s se sont inquiété·e·s des tirs et des décès, la présidente de la Commission européenne, Ursula von der Leyen, a indiqué qu’aucun incident grave n’avait été signalé, acceptant les justifications des autorités grecques. L’absence d’infractions signalées a également été utilisée par le directeur de Frontex, Fabrice Leggeri, pour justifier le rejet des recommandations du Commissariat aux droits fondamentaux et des gouvernements nationaux pour nier leurs pratiques illégales.

      Enfin, Frontex n’intervient pas seulement aux frontières extérieures de l’UE, mais est également responsable de la planification et de l’exécution des renvois dans l’ensemble de l’espace Schengen. De nombreux rapports témoignent de la violence et des violations des droits humains dont a fait preuve l’agence lors de ces renvois. Frontex exerce en outre une pression sur les pays non-membres de l’UE pour qu’ils réadmettent les réfugié·e·s expulsé·e·s. Au total, Frontex travaille avec plus de 20 pays en dehors de l’UE et poursuit l’externalisation de la gestion des réfugiées et de l’immigration de l’UE.
      Des garanties insuffisantes dans le projet de loi

      La Suisse a une part de responsabilité dans le droit européen en matière de migration et d’asile et dans le respect des droits humains en Europe, et doit ainsi revoir sa participation automatique à Frontex. Avec le projet de loi soumis au vote le 15 mai 2022, les moyens investis par la Suisse dans l’agence sont disproportionnés par rapport aux ressources mises à disposition pour les mécanismes de protection. C’est précisément pour cette raison que le projet de loi Frontex devrait être accompagné de mesures compensatoires lors de la procédure parlementaire. La Commission de la politique de sécurité du Conseil des États a reconnu en mai 2021 que la reprise des développements de Frontex nécessitait d’importantes mesures compensatoires « dans l’esprit de la tradition humanitaire de la Suisse », et a donc demandé une extension du contigent de réinstallation, afin de permettre à davantage de personnes fuyant des régions en crise de venir demander l’asile en Suisse. Cette demande avait déjà été formulée par l’Organisation suisse d’aide aux réfugiés lors de la procédure de consultation. La commission a également proposé de renforcer les voies de recours des requérant·e·s d’asile par le biais d’un mécanisme de traitement des plaintes et la possibilité de recourir à un conseil juridique. Les Chambres fédérales ayant rejeté ces mesures, la loi soumise au vote ne prévoit aucune mesure compensatoire humanitaire importante. Si le référendum est accepté et le projet de loi rejeté, ce dernier pourrait être à nouveau débattu au Parlement ; en ce sens, le référendum offre à la Suisse une chance de trouver des compensations humanitaires à la politique migratoire européenne menaçant les droits humains.

      Les appels pour réformer Frontex ne viennent pas seulement de Suisse. Pour dénoncer ces pratiques contraires aux droits humains, le Parlement européen a demandé le gel d’environ 12% du budget de l’agence de surveillance des frontières en octobre 2021. Fin mars 2022, la commission du contrôle budgétaire de l’UE a décidé de prolonger cette décision, Frontex ne remplissant toujours pas les conditions pour une décharge du budget. Ses membres se sont appuyé·e·s sur les constatations de l’Office européen de lutte antifraude (OLAF), qui a fait état de harcèlement, de refoulements illégaux et d’autres mauvaises conduites de Frontex. La commission de l’UE demande que les violations de l’État de droit par Frontex soient traitées immédiatement. Un rejet par le peuple suisse du projet en discussion pourrait renforcer ces voix au Parlement européen et ainsi mettre la pression sur l’UE, les États Schengen et sur l’agence Frontex elle-même pour enfin engager les réformes nécessaires et mettre fin aux violations des droits humains commises dans le cadre de cette politique sécuritaire.
      Quels sont les risques ?

      Si elle n’adopte pas le règlement de l’UE sur le corps européen de garde-frontières et de garde-côtes, la Suisse pourrait être exclue des accords d’association à Schengen et Dublin. Ceci est possible sur le plan contractuel, car l’accord d’association à Schengen (AAS) oblige en principe la Suisse à reprendre les développements de l’acquis de Schengen, et donc également du règlement UE 2019/1896, dans un délai de deux ans. Si la Suisse ne reprend pas l’acte ou ne le fait pas dans le délai prévu, l’accord cesse automatiquement d’être applicable après six mois (art. 7, al. 4, let. a et c, AAS). Un comité mixte, composé de représentant·e·s du gouvernement suisse, du Conseil de l’Union européenne et de la Commission européenne, dispose alors de 90 jours pour trouver une solution commune. S’il n’y parvient pas ou ne respecte pas le délai prévu, l’accord Schengen devient automatiquement caduc après trois mois (art. 7, al. 4, AAS). En raison de la petite « clause guillotine », l’accord d’association à Dublin serait alors également dissous, selon Sarah Progin-Theuerkauf, professeure de droit européen et de droit des migrations à l’Université de Fribourg.

      Rainer J. Schweizer, professeur de droit public, de droit européen et de droit international public à l’Université de Saint-Gall, rappelle quant à lui que la Suisse a repris depuis 2008 environ 370 actes juridiques de l’UE dans le cadre de Schengen et de Dublin, et que l’interdépendance de nombreuses institutions telles que la police, la justice, les autorités douanières et fiscales ne permet pas d’exclure automatiquement la Suisse des accords d’association à Schengen et Dublin par la « clause guillotine ». Un accord global de sortie sur le modèle de l’accord de sortie du Brexit serait en effet nécessaire ; aussi, c’est le moment de discuter des améliorations possibles dans le cadre de l’engagement de la Suisse auprès de Frontex.

      Une certaine marge de manœuvre existe en pratique : jusqu’à présent, l’UE a toujours attendu la votation lorsque des référendums ont été lancés contre les développements de Schengen, notamment lors de la transposition de la directive européenne sur les armes dans la législation suisse sur les armes ou encore de l’introduction des passeports biométriques. Comme la mise en œuvre de ces évolutions législatives était jusqu’à présent toujours prévisible, l’UE a renoncé à des sanctions. Le délai de deux ans est déjà dépassé dans le cadre du développement actuel de l’acquis de Schengen, comme il a été notifié à la Suisse le 15 novembre 2019, ce qui signifie que le délai de reprise a déjà expiré le 15 novembre 2021. En cas d’acceptation du référendum, il est donc tout à fait possible que l’UE accorde à la Suisse un certain laps de temps pour adapter le projet de loi et mettre en œuvre le règlement européen sur Frontex avec un peu de retard. Le 15 mai 2022, le peuple suisse se prononcera en effet sur la mise en œuvre nationale du règlement de l’UE, et non sur l’accord de Schengen ou l’accord d’association à Dublin en soi. Il faut toutefois que la Suisse communique rapidement la suite de la procédure à l’UE.
      Le point de vue des droits humains

      Alors que les contrôles aux frontières ont été abolis entre les États membres de l’UE, Dublin et de l’espace Schengen et que la libre circulation des personnes prévaut, l’immigration en provenance de l’extérieur de ces frontières est abordée comme un problème de sécurité et exclusivement sous l’aspect de la migration et de l’immigration illégales. Cette politique de repli sécuritaire, incarnée et déployée par Frontex, se fait au détriment des droits humains et favorise les discours racistes. Aussi, la Suisse ne doit pas soutenir ou même encourager ce système sans se poser de questions.

      Un retrait de la Suisse des accords d’association à Schengen/Dublin peut être considéré comme contre-productif dans la mesure où elle perdrait également son influence sur la politique européenne des réfugié·e·s et sur l’orientation de Frontex. Il ne faut toutefois pas oublier qu’elle participe elle-même à la politique d’asile critiquable de l’Europe sur la base de l’accord d’association à Dublin. La Suisse expulse régulièrement des personnes vers des États où elles risquent de subir de graves atteintes à leurs droits humains sur la base du règlement Dublin III notamment, et a déjà été critiquée à plusieurs reprises par les organes de traités de l’ONU.

      Si le référendum est accepté, la Suisse pourrait déclencher un débat sur la scène internationale et introduire des demandes plus exigeantes vis à vis de Frontex. L’agence européenne de surveillance des frontières doit à la fois assurer une plus grande sécurité pour les personnes en quête de protection, se positionner clairement contre les refoulements illégaux et mettre en place un système de responsabilité permettant de surveiller et de signaler les violations des droits fondamentaux et en garantissant l’indépendance et l’effectivité du mécanisme de plaintes individuelles.

      Compte tenu des violations des droits humains aux frontières extérieures de l’UE dont Frontex assume une part de responsabilité et vu l’insécurité alarmante planant sur les personnes en quête de protection, la reprise du nouveau règlement de l’UE sans mesure de compensation humanitaires au niveau national est inacceptable du point de vue des droits humains. Le « pays des droits humains » qu’est la Suisse a le devoir de contrebalancer la politique migratoire européenne restrictive en augmentant notamment le contingent de réinstallation, en facilitant le regroupement familial, en réintroduisant l’asile dans les ambassades ou en accueillant davantage de personnes en fuite ; accepter le référendum, et ainsi refuser le projet de loi actuel, représente une occasion pour amorcer ce changement.

      https://www.humanrights.ch/fr/qui-sommes-nous/prises-de-position/referendum-frontex-prise-position

    • #Frontex : #mensonge politique, effet boomerang, révolution

      Voir plus loin. Voilà ce que propose #Marie-Claire_Caloz-Tschopp dans un essai qu’elle met à disposition sur son site desexil.com (https://desexil.com/frontex) et qui propose de relire des philosophes politiques pour penser l’après votation sur la loi Frontex. « L’écho que rencontre une action de minoritaires courageux suffit à montrer que s’interroger sur Frontex implique, dans la suite de la votation suisse du 15 mai 2022, de reprendre l’initiative sur l’Europe en luttant pour une #hospitalité_politique constituante pour l’Europe et la planète. » Elle souligne au passage combien le système de #démocratie_semi-directe est mal connu des populations européennes. La « mise en garde » de la commissaire européenne aux affaires intérieures Ylva Johansson interviewée le 7 mai dans les journaux de Tamedia sur la votation faussement présentée comme un « pour ou contre Schengen » vient une fois de plus le confirmer (voir notre vrai/faux : https://asile.ch/2022/05/03/no-frontex-7-arguments-phares-decryptes)

      https://asile.ch/2022/05/09/desexil-frontex-mensonge-politique-effet-boomerang-revolution

      #votation #Suisse #démocratie_directe

    • Oui à une Europe des droits humains

      Un front composé de dix organisations de défense des droits humains et des migrant·es, d’une trentaine de parlementaires fédéraux et cantonaux, de personnalités du monde académique et de professionnel·les et militant·es du domaine de la migration appelle à refuser l’augmentation du financement de Frontex.

      Frontex est l’agence de garde-frontières et de garde-côtes de l’Union européenne. Elle a été fondée en 2005. Depuis lors, son budget a augmenté de 7000 %, passant de 6 millions à 11 milliards d’euros pour la période 2021-2027. Le 15 mai prochain, la population suisse doit décider s’il est nécessaire d’augmenter le financement suisse à Frontex de quelque 24 à 61 millions de francs.

      Le Conseil fédéral, les milieux économiques et une partie de la presse à grand tirage tentent d’accréditer la thèse selon laquelle la Suisse serait exclue de l’accord d’association à l’espace Schengen en cas de non le 15 mai prochain. Or, loin d’entraîner une telle conséquence, un rejet permettrait simplement au Parlement suisse de reprendre la main sur ce dossier afin de proposer une loi plus respectueuse des droits humains. En effet, la Suisse peut tout à fait assortir la participation suisse à cette agence de conditions. Et ce d’autant plus que les revendications des référendaires sont largement partagées par les parlementaires européens, tous bords confondus. Par ailleurs, aucun gouvernant européen ne menace aujourd’hui la Suisse de telles conséquences parce que l’Union européenne n’a pas intérêt à voir la Suisse, au cœur du continent, sortir de Schengen qui est, rappelons-le, un outil de coopération sécuritaire réciproque.

      Non, la question que posent les référendaires est très simple. Il s’agit de décider si l’agence Frontex, telle qu’elle fonctionne encore aujourd’hui, est compatible avec notre obligation d’offrir une politique d’asile digne et humaine aux personnes fuyant la persécution.

      La réponse, pour nous, est clairement non. Au lieu de protéger les demandeurs d’asile à leur arrivée et de les aiguiller dans les filières prévues à cet effet, Frontex participe directement ou indirectement à des renvois illégaux et à des atteintes aux droits humains en contradiction avec nos valeurs humanistes et le droit international.

      La violation par cette agence des droits fondamentaux des migrants en Grèce a été par exemple largement dénoncée par les ONG. Il en va de même des opérations de renvoi de migrants par la Hongrie, en dépit d’un arrêt de la Cour de justice de l’Union européenne qui les juge incompatibles avec le droit européen. Beaucoup d’opérations connues sous le nom de « prévention au départ » sont en fait des refoulements illégaux vers des pays comme la Libye accusés de traite, tortures et emprisonnements arbitraires.

      Les témoignages et rapports faisant état de pratiques totalement inadaptées, de violences ainsi que de traitements illégaux et dégradants infligés aux migrants, se multiplient.

      L’Office européen de lutte antifraude a mis en évidence des actes de harcèlement, de mauvaise conduite ainsi que la lenteur de recrutement des officiers de protection pourtant tellement indispensables. Le parlement européen, comme les référendaires en Suisse, est très préoccupé par cette situation. C’est pourquoi, il pris la décision de geler 12% du budget de l’institution.

      La situation est tellement chaotique au sein de cette agence que le directeur exécutif de l’agence, Fabrice Leggeri, a fini par donner sa démission, au grand soulagement des responsables européens. Car outre les pratiques illégales, le fonctionnement de cette agence ne répond plus depuis longtemps aux règles minimales de bonne gouvernance.

      Voter NON à l’augmentation de la participation suisse à Frontex ce n’est pas s’exclure de l’Union européenne mais au contraire participer activement au débat européen sur la façon dont nous entendons accompagner les flux migratoires.

      Nous estimons que le droit pour une personne persécutée de déposer une demande d’asile dans nos pays doit être pleinement garanti. Construire une forteresse autour de l’Europe sans assurer de filière officielle de dépôt de demande d’asile, par exemple au travers notre réseau d’ambassades, n’est pas acceptable et met en péril nos valeurs ainsi que le droit international.

      La mission prioritaire de Frontex est de protéger les frontières du continent contre le trafic et le crime, y compris en col blanc. Sa mission ne doit pas être de bloquer l’arrivée de demandeurs d’asile en mettant la vie de personnes cherchant refuge en danger.

      Nous demandons que Frontex se conforme, dans son fonctionnement, au principe selon lequel tout individu cherchant protection puisse soumettre une demande d’asile sur notre sol.

      Il en va de nos valeurs en tant que démocraties, respectueuses des droits fondamentaux et de l’Etat de droit. Il en va aussi de notre cohérence face au droit international qui doit être défendu autant en Ukraine qu’en Suisse.

      Votons massivement non à l’augmentation du financement de Frontex !

      Signataires :

      Frontex Referendum, Solinetz, Droitsfondamentaux.ch, Forum civique, Emmanuel Deonna (Député, GE, PS), Nicolas Walder (Conseiller national, GE,Verts), Christian Dandrès (Conseiller national, Genève, PS), Gabriel Barta (Membre de la Commission Migration et Genève internationale, Ge, PS), Tobia Schnebli (Président du Parti du travail, Genève), Kaya Pawlowska (Chargée de projet, PS Suisse), Jean Ziegler (ancien conseiller national, Genève), Samson Yemane (Conseiller communal, Lausanne, PS), Philippe Borgeaud (Professeur honoraire, Université de Genève), Florio Togni (Président, Stop Exclusion, GE), Carol Scheller (Membre du Comité unitaire No Frontex, GE), Maryelle Budry (Conseillère municipale, Ensemble à Gauche, GE), Alexis Patino, (Groupe Migration UNIA Genève), Aude Martenot (Députée, GE, Ensemble à Gauche,), Pierre Eckert (Député, GE, Les Verts), Marie-Claire Calloz-Tschopp (Collège internationale de Philosophie, Genève, desexil.com), Droit de Rester Neuchâtel, Ada Marra, (Conseillère nationale, VD, PS), Stéfanie Prezioso, (Conseillère nationale, GE, Ensemble à Gauche), Ilias Panchard (Conseiller communal, Lausanne, Les Verts), Graziella de Coulon (Collectif Droit de Rester, Lausanne), Yan Giroud (Co-président de la section vaudoise de la Ligue suisse des droits de l’homme), Cathy Day (Présidente de la section genevoise de la Ligue suisse des droits de l’homme), Marc Morel (Membre du comité, Ligue suisse des droits de l’homme), Delphine Klopfenstein-Broggini (Conseillère nationale, GE, Les Verts), José Lilo (Auteur, acteur & metteur en scène), Brigitte Berthouzoz (Membre du comité, Ligue suisse des droits de l’homme, Genève), Thomas Bruchez (Vice-président de la Jeunesse socialiste suisse), Marianne Ebel (Présidente, Marche mondiale des femmes, Suisse), Mireille Senn (militante syndicale et des droits humains), Alexandre Winter (Pasteur de l’église protestante de Genève), Jérôme Richer (auteur et metteur en scène), Ricardo Espinosa (Directeur IAHRA, Genève), Anna Gabriel Sabate (Secrétaire régionale UNIA Genève), Helena Verissimo de Freitas (Secrétaire régionale adjointe UNIA Genève), Sophie Guignard (Secrétaire générale de Solidarités sans frontières), Nicolas Morel (militant PS, Lausanne), Sophie Malka (Comité de Vivre Ensemble), Apyio Amolo Brandle (Conseillère communale, Schlieren, PS), Giada de Coulon, (Comptoir des médias, Vivre Ensemble), Carine Carvalho Arruda (Députée au Grand Conseil vaudois), Raphaël Mahaim (Conseiller national, Vaud, Les Vert·e·s), Carlo Sommaruga (Conseiller aux Etats (GE, PS), Lisa Mazzone (Conseillère aux Etats, GE, Les Verts), Isabelle Paquier-Eichenberger, (Conseillère nationale, GE, Les Vert·e·s), Sibel Arslan (Conseillère nationale, Bâle, les Vert.e.s), Marionna Schlatter (Conseillère nationale, ZH, Les Verts), Denis de la Reussille (Conseiller national, NE, Parti ouvrier Populaire/Parti du Travail), Laurence Fehlmann Rielle (Conseillère nationale, GE, PS), Jean-Charles Rielle (Député au Grand Conseil, GE, PS), Samuel Bendahan (Conseiller national, VD, PS), Sophie Michaud Gigon (Conseillère nationale, VD, PS), Valerie Piller-Carrard (Conseillère nationale, Fribourg, PS), Baptiste Hurni (Conseiller national, NE, Les Verts), Christophe Clivaz (Conseiller national, VS, Les Verts), Samira Marti (Conseillère nationale, Bâle, SP), Katharina Prelicz-Huber (Conseillère nationale, ZH, Les Verts), Kurt Egger (Conseiller national, Turgovie, Les Verts), Florence Brenzikoger, (Conseillère nationale, Bâle, Les Verts), Michael Töngi, (Conseiller national, LU, Les Verts,), Katharina Prelicz-Huber (Conseillère nationale, ZH, Les Verts), Les Verte.s Section Jura, Christian Huber (Président des Verts de la ville et de la région de Saint-Gall), Nina Vladović, (Président de la Commission de la Migration Syndicat SSP), Brigitte Crottaz (Conseillère nationale, VD, PS), Balthasar Glaettli (Conseiller national, ZH, Les Verts), Élisabeth Baume-Schneider, (Conseillère aux Etats (PS, Jura), Felix Wettstein (Conseiller national, Soleure, Les Verts), Pierre-Alain Fridez (Conseiller national, Jura, PS), Charles Heller (Chercheur à l’Institut des hautes études internationales et du développement, Genève), Danièle Warynski (Maître d’Enseignement, Haute école de travail social, Genève), Jeunesse socialiste genevoise, Solikarte Kollektiv, Rachel Klein, Ronja Jansen (Présidente, Jeunesse socialiste suisse), Jean-Marie Mellana (Comité PS Ville de Genève), Wahba Ghaly (Conseiller municipal, PS, Vernier), Oriana Bruecker (Conseillère municipale, PS, GE), Diego Cabeza (Président du SIT), Davide de Filippo (co-secrétaire général du SIT et président de la CGAS), Jean-Luc Ferrière (co-secrétaire général du SIT), Umberto Bandiera (syndicaliste SIT et responsable de la commission de solidarité internationale de la CGAS).

      https://lecourrier.ch/2022/05/09/oui-a-une-europe-des-droits-humains/?msclkid=b51beebfd06d11eca1e2d8ca091db432

    • No Frontex | Droits fondamentaux : le Conseil fédéral devra rendre des comptes

      En faisant croire à la population que la votation portait sur une acceptation ou un refus de l’Europe de Schengen, le Conseil fédéral a réussi à faire peur à une majorité de la population, y compris parmi des personnes soucieuses du respect des droits fondamentaux et qui n’ont glissé qu’un « oui » « de raison » dans l’urne. Mais le débat sur Frontex n’est pas clos, estime le comité référendaire genevois No Frontex [1]. Le Conseil fédéral a pris un engagement dans cette campagne en affirmant que le « Oui » permettra d’améliorer « de l’intérieur » le respect des droits fondamentaux. Ce faisant, il reconnait la co-responsabilité de la Suisse dans les pratiques de Frontex : la mort de plusieurs dizaines de milliers d’hommes, de femmes et d’enfants aux frontières extérieures de l’Europe, les refoulements illégaux de personnes à protéger, l’absence de contrôle véritablement indépendant du respect des droits humains et l’opacité de la plus grosse agence de l’Union européenne. Les autorités fédérales devront désormais rendre des comptes. L’attention ne faiblira pas.

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      Frontex et violations des droits fondamentaux : le Conseil fédéral devra rendre des comptes

      Comité référendaire genevois NO FRONTEX

      Communiqué de presse – 15.05.2022

      Le comité référendaire genevois No Frontex a pris note avec déception du résultat du vote d’aujourd’hui. Mais il n’est pas surpris. En faisant croire à la population que la votation portait sur une acceptation ou un refus de l’Europe de Schengen, le Conseil fédéral a réussi à faire peur à une majorité de nos concitoyennes et concitoyens, y compris chez des personnes soucieuses du respect des droits fondamentaux et qui n’ont glissé qu’un « oui » dit « pragmatique » ou « de raison » dans l’urne. Mais le débat n’est pas clos.

      Le Conseil fédéral a pris un engagement dans cette campagne en affirmant que le « Oui » permettra d’améliorer « de l’intérieur » le respect des droits fondamentaux par l’agence européenne du corps des garde-côtes et garde-frontières. Ce faisant, il reconnait la coresponsabilité de la Suisse dans les pratiques de Frontex : la mort de plusieurs dizaines de milliers d’hommes, de femmes et d’enfants aux frontières extérieures de l’Europe, les refoulements illégaux de personnes à protéger, l’absence de contrôle véritablement indépendant du respect des droits humains et l’opacité de la plus grosse agence de l’Union européenne ont été mis en lumière.

      Tel est le mérite de la campagne référendaire lancée par un petit collectif de personnes migrantes autour et de citoyen·nes solidaires et engagé·es : avoir fait des agissements de Frontex un débat de politique suisse. Les actes commis aux frontières extérieures de Europe le sont aussi au nom de la Suisse et les autorités fédérales devront désormais rendre des comptes. L’attention ne faiblira pas. L’opposition démocratique non plus.

      Frontex, complice de violences et de morts en mer et sur terre

      Les révélations de ces dernières semaines ont souligné ce que l’on sait depuis longtemps : Frontex ne sauve pas, mais est complice de la violence aux frontières extérieures de l’Europe. Frontex ne dispose pas de navires de sauvetage en mer en Méditerranée, mais observe depuis les airs comment les gens se noient. Dans d’autres cas, les bateaux qui coulent sont signalés aux soi-disant garde-côtes libyens, qui ramènent de force les personnes en fuite en Libye. La structure Frontex ne renforce pas les droits humains, mais considère les personnes migrantes comme un danger et mène une guerre violente à leur encontre. Différentes recherches dans les médias prouvent que Frontex est impliquée dans des pushbacks et les dissimule sciemment. Les plaintes juridiques contre Frontex se multiplient, le Parlement européen a voté contre la décharge du budget de Frontex. Le 29 avril, le chef de Frontex, Fabrice Leggeri, a démissionné.

      Les partisan.es de Frontex continuent de prétendre que l’agence peut être améliorée. C’est faux : les violations systématiques des droits de l’homme continueront en raison de sa mission de fermeture des frontières européennes.

      Cloisonner les frontières c’est renforcer les réseaux criminels et faire le jeu d’Etats autoritaires

      Or, la migration est un fait, pas une menace. Les gens continueront à quitter leurs pays et à chercher refuge et sécurité en Europe. En cloisonnant les frontières, en érigeant des murs, les autorités européennes – et la Suisse, membre de Frontex depuis 2011 – font le jeu d’États autoritaires, renforcent les réseaux criminels de passeurs, alimentent l’industrie de l’armement. Au lieu de protéger des hommes, femmes et enfants, elles les rendent plus vulnérables. Combien de femmes et d’hommes ont été abusé·es sexuellement voire victimes de traite d’êtres humains durant leur parcours de par l’absence de voie légale sûre d’accès à une protection internationale ?

      Cette politique sape les valeurs de démocratie et de respect des droits humains que revendiquent l’Europe et la Suisse. Au lieu de dépenser des millions à faire la guerre aux personnes en exil, l’Europe ferait mieux d’investir dans le sauvetage et une politique d’accueil digne.

      Le référendum No Frontex : indispensable pour dénoncer les violences

      Le comité genevois du référendum contre Frontex tient ici à saluer les activistes et les organisations de base qui se sont formés autour du Migrant Solidarity Network. Ceux-ci ont lancé seuls le référendum et l’ont porté jusqu’au bout. Beaucoup des militant·es concerné·es n’ont mêmes pas le droit de vote. Ils et elles ont montré qu’ils et elles ont leur place dans ce pays et que leur voix doit être écoutée.

      Le comité genevois regrette aussi le refus des grandes organisations nationales telles que l’Organisation suisse d’aide aux réfugiés et Amnesty suisse de soutenir le référendum. En laissant la liberté de vote, ils ont légitimé les voix des partisan.nes du oui. Alors qu’un non le 15 mai aurait permis de reprendre les débats au Parlement suisse et de renforcer les voix progressistes européennes qui se battent à Bruxelles contre la politique actuelle de fermeture des frontières.

      Le comité genevois, composé de tous les partis de gauche, des syndicats, de la plupart des organisations de défense des droits des personnes migrantes, est fier d’avoir pu soutenir et participer à cette campagne, qui ne s’arrêtera pas le 15 mai !

      https://asile.ch/2022/05/15/84483

    • D’autant plus maintenant : Un double NON le 15 mai, pour tous ceux qui peuvent voter et ceux qui devraient pouvoir voter

      Il est enfin parti. La démission du directeur exécutif de l’agence européenne de surveillance des frontières Frontex, Fabrice Leggeri, était attendue depuis longtemps et constitue pourtant une surprise. Car depuis l’annonce des premières accusations contre l’agence à l’automne 2020, Leggeri était collé à son poste, ne montrait aucune conscience du problème ni de l’injustice et pouvait apparemment compter sur le fait que ni les Etats membres de l’UE ni la Commission européenne n’avaient intérêt à affaiblir l’agence en faisant tomber son directeur exécutif. Car l’agence se trouve actuellement dans une phase décisive de sa transformation en la première unité de police européenne en uniforme.

      Cette rupture significative dans le projet européen est également l’objet du référendum suisse sur Frontex le 15 mai 2022. Ce n’est qu’en apparence qu’il s’agit d’augmenter la contribution suisse à l’agence à 61 millions de francs. La véritable question est de savoir si une agence qui échappe déjà à tout contrôle démocratique et qui agit en toute impunité aux frontières de l’Europe doit encore recevoir des compétences et du personnel supplémentaires. La démission de Leggeri a encore renforcé ce point.

      Mais la Commission européenne tente aujourd’hui de présenter la démission du directeur exécutif comme un coup de pouce libérateur et affirme que la responsabilité des multiples scandales est à rechercher uniquement dans la personne du directeur exécutif. C’est bien sûr tout aussi faux que la menace d’une exclusion de Schengen si la Suisse votait contre l’extension des compétences et du budget de l’agence. Mais cela souligne la pression intense avec lequel la Commission veut faire avancer le développement massif de l’agence et empêcher tout débat. C’est aussi pour cette raison qu’elle a constamment soutenu Leggeri au cours des 18 derniers mois, lorsque les médias ont multiplié les révélations d’investigation sur l’agence.

      Mais fin avril 2022, la pression est devenue trop forte. Le conseil d’administration, c’est-à-dire l’organe chargé de superviser et de contrôler l’agence, qui a seul le pouvoir de révoquer le directeur exécutif et au sein duquel les États participants et la Commission sont représentés, disposait depuis des semaines d’un rapport de plus de 200 pages de l’OLAF, l’autorité européenne de lutte contre la corruption. Ce rapport n’a pas été rendu public jusqu’à présent, mais il a été dit à plusieurs reprises qu’il prouvait les manquements de plusieurs personnes à la tête de Frontex. Le rapport s’est surtout penché sur la question de savoir si Frontex était impliquée dans les pushbacks - c’est-à-dire les refoulements illégaux et souvent violents de personnes en quête de protection aux frontières de l’Europe - ou du moins si elle était au courant de cette pratique des unités nationales de protection des frontières, mais qu’elle dissimulait ces connaissances et tolérait et soutenait ainsi implicitement la violence. En outre, le rapport semble également porter sur des accusations de comportement incorrect et de harcèlement au sein de l’agence. D’après ce que l’on sait jusqu’à présent, Leggeri, mais aussi son chef de bureau Thibault de La Haye Jousselin, auraient adopté un style de direction très autoritaire, qui visait à centraliser encore plus le pouvoir et les compétences autour du directeur exécutif et qui laissait peu de place à la contradiction ou à la discussion. La question de savoir si des fonds ont été utilisés de manière abusive est également en suspens. En bref, les reproches donnent l’image d’une agence incontrôlable, qui s’est rendue autonome et qui ne se sent pas non plus liée par le droit européen.

      Combattu dès le début

      Les mouvements européens de lutte contre le racisme et de solidarité avec les migrants, les ONG ainsi que la recherche critique ont regardé Frontex avec méfiance depuis sa création en 2004. En effet, il y a près de vingt ans déjà, il s’est avéré que l’européanisation de la politique migratoire et frontalière par le traité d’Amsterdam (1997), et en particulier la création de l’agence Frontex, a marqué le début d’une évolution problématique pour plusieurs raisons. D’une part, l’agence mettait en réseau des acteurs issus des milieux policiers, militaires et des services de renseignement et, d’autre part, elle les mettait en relation avec des entreprises d’armement qui découvraient le domaine d’activité du contrôle européanisé et technicisé des frontières, qui s’était développé dans les années 2000. Dans le même temps, l’agence est devenue un acteur de plus en plus puissant du contrôle des migrations, mais elle a dépolitisé cette question profondément politique en arguant qu’elle ne s’adressait qu’aux techniques de gestion européenne des frontières. Enfin, l’Agence est également devenue un organe exécutif européen qui n’est encadré ni par les pouvoirs législatif et judiciaire, ni par un régime de contrôle propre. Dès le départ, l’agence a donc constitué un exemple pertinent du déficit démocratique souvent constaté dans l’Union européenne, sous la forme d’un exécutif qui s’autonomise.

      Dès le début, il a toutefois été difficile de relier cette critique assez abstraite à la pratique de l’agence. En effet, par construction, l’Agence restait plutôt en retrait. Le travail quotidien de contrôle et de surveillance des frontières continuait d’être effectué par les institutions de protection des frontières des États membres. Et les opérations supplémentaires de l’Agence à différents endroits aux frontières de l’Europe ont été coordonnées et financées par l’Agence, mais elles ont à nouveau été menées par les États membres.

      Mais le fait d’agir en arrière-plan ne signifie en aucun cas que l’Agence n’a pas exercé d’influence. Le lancement d’Eurosur - le système européen de surveillance des frontières - en 2013 est le résultat d’une étude de faisabilité de l’Agence sur la mise en réseau de différentes technologies de surveillance des frontières, comme les drones ou les satellites. L’influence de l’Agence a été encore plus grave en 2014, lorsque l’Italie a dû mettre fin à l’opération militaro-humanitaire Mare Nostrum en Méditerranée centrale sous la pression de l’Union européenne. L’objectif officiel de l’opération était de mettre fin à la mort des migrants en Méditerranée, ce qui a été temporairement réalisé. Mais au bout d’un an, Mare Nostrum a pris fin et a été remplacée par l’opération Triton de Frontex, qui a de nouveau donné la priorité à la protection des frontières extérieures de l’UE par rapport à la protection des vies humaines. Le nombre de morts en Méditerranée a aussitôt augmenté.

      Frontex, vainqueur de la crise

      De manière surprenante, l’agence a toutefois été absente pendant des mois durant l’été de la migration 2015. Début 2015, Leggeri avait pourtant averti que des centaines de milliers de migrants attendaient en Libye de pouvoir entreprendre la traversée vers l’Italie. Il a ainsi prouvé d’une part que les capacités de prévision de la soi-disant analyse des risques, tant vantées par l’agence, étaient dans le meilleur des cas douteuses, et d’autre part que sa déclaration devait être considérée comme une tentative ciblée d’influence politique et déloyale. Mais par la suite, on n’a plus beaucoup entendu parler de l’agence, ce qui, rétrospectivement, apparaît certainement comme un coup de chance. Un scénario dans lequel l’agence aurait tenté d’empêcher les mouvements migratoires par tous les moyens à sa disposition n’aurait pu conduire qu’à la misère, à la violence et à la mort.

      Pourtant, Frontex a été le principal bénéficiaire de ces mois mouvementés. En décembre 2015, la Commission européenne a proposé une extension massive des compétences de l’agence. Au lieu de sa fonction de coordination, elle devrait désormais diriger la nouvelle construction d’un corps de garde-frontières et de garde-côtes européens et a reçu pour cela son nouveau nom d’Agence européenne de garde-frontières et de garde-côtes. Le nouveau règlement codifiait en outre la manière dont la gestion des frontières (en anglais : border management) devait être effectuée dans l’Union européenne et attribuait à l’Agence les premières fonctions de surveillance. Un deuxième élargissement des compétences, encore plus large, a eu lieu en 2019. Le nouveau règlement n’a pas seulement fusionné Frontex avec Eurosur, dotant ainsi l’agence d’un système technique complet de surveillance des frontières. L’agence a surtout reçu les compétences et le budget nécessaires pour constituer une réserve permanente de 10.000 gardes-frontières européens d’ici 2027.

      On ne soulignera jamais assez l’importance de ce nouveau règlement pour l’intégration européenne. En effet, pour la première fois de son histoire, l’Union européenne se dote d’un organe d’exécution en uniforme, qui devra intervenir quotidiennement aux frontières de l’Europe. L’introduction de ces insignes de l’État, qui font habituellement l’objet de discussions minutieuses au sein du projet européen, s’est pourtant faite sans grand débat, sur la base d’un article plutôt vague du traité de Lisbonne, qui reconnaît à l’UE la compétence de prendre des mesures pour une gestion commune des frontières. On peut douter qu’il s’agisse là d’une autorisation de passer sous silence d’importantes questions constitutionnelles telles que la légitimité démocratique et une séparation des pouvoirs efficace.

      Nouvelles méthodes

      Mais même au-delà de ces grandes questions constitutionnelles, une alliance d’activistes, de chercheurs critiques et de journalistes avait commencé bien avant à documenter le fait que le système européen de contrôle des frontières conduisait à la violence et à la mort.

      En 2008 déjà, une première manifestation a eu lieu devant le siège de l’agence à Varsovie[1] , tandis que le Noborder Camp 2009 sur l’île grecque de Lesbos a provoqué les garde-côtes grecs à faire une démonstration en plein jour dans le port de Mytilène sur la manière dont ils procèdent lors des pushbacks.[2] La protestation et la critique de la politique migratoire européenne, que ce soit à l’intérieur ou à l’extérieur des frontières de l’Europe, ont de plus en plus englobé la critique de Frontex et ont ainsi permis à l’agence de se faire connaître d’un plus large public. Les médias s’intéressent de plus en plus à cette institution inhabituelle de l’Union européenne.

      Les travaux de Forensic Architecture/Forensic Oceanography ont représenté une percée importante, car ils ont pu retracer minutieusement dans certains cas, comme en 2012 dans le cas du Left-To-Die Boot, comment certaines actions et omissions dans le système multi-acteurs du régime frontalier européen ont produit une catastrophe à l’issue fatale.[3] Mais ce travail a surtout permis de plausibiliser la nouvelle possibilité d’exposer la violence de la frontière européenne à la lumière d’un public critique.

      Depuis 2014, le réseau Alarmphone[4] a documenté des cas de refoulement de personnes en quête de protection, d’abord en Méditerranée centrale, puis dans la mer Égée. Le Border Violence Monitoring Network[5] a documenté à son tour des indications et des témoignages de pushbacks violents aux frontières terrestres, par exemple à la frontière terrestre gréco-turque ou aux frontières entre la Croatie et la Bosnie-Herzégovine. Ce travail de documentation systématique a créé des bases de données alternatives sur les événements aux frontières de l’Europe, qui ont permis de nouvelles approches de recherche.

      Les activités de liberté de l’information de Luisa Izuzquiza et Arne Semsrott (Semsrott et Izuzquiza 2018) se sont avérées être une innovation méthodologique similaire. Ceux-ci avaient commencé à demander de plus en plus de documents à l’agence, en se basant sur la législation européenne sur la liberté d’information. Ainsi, des archives de documents internes à l’Agence ont lentement vu le jour, mais surtout, la connaissance de ces nouvelles méthodes et possibilités s’est répandue.

      De nouveaux résultats issus de la recherche sont venus s’y ajouter. En 2018, la juriste Melanie Fink a pu démontrer que même un contrôle juridique externe des actions de l’agence par des tribunaux nationaux ou européens était de facto impossible (Fink 2018). Toujours en 2018, ma collègue Lena Karamanidou et moi-même avons pu démontrer que la nouvelle agence élargie n’était pas soumise à des obligations de responsabilité et de transparence importantes. Les mécanismes internes de l’agence, censés garantir le respect des droits fondamentaux dans les opérations de l’agence ou permettre un contrôle a posteriori, se sont révélés essentiellement inefficaces et sans conséquence (Karamanidou et Kasparek 2020). Dans mon ethnographie de l’agence, j’ai en outre pu montrer que cette construction d’une agence européenne renvoyait à un art de gouverner européen technocratique, poursuivi de manière ciblée par la Commission depuis les années 2000 (Kasparek 2021).

      Ainsi, à partir de 2017, les indices selon lesquels Frontex favorisait ou soutenait des pratiques nationales de gestion des frontières contraires au droit international des réfugiés, à la Charte européenne des droits fondamentaux et au droit européen se sont multipliés. Il était également clair qu’il existait des obstacles juridiques et administratifs importants pour demander des comptes à l’agence.

      Scandales

      La démission de Leggeri a prouvé que les critiques adressées à l’agence après l’été de la migration étaient justifiées. L’extension massive des compétences et du budget de l’agence en l’absence de contrôle et de surveillance a accéléré une évolution dans laquelle l’agence et en particulier son directeur exécutif semblaient avoir le sentiment d’être intouchables et que la fin - c’est-à-dire l’arrêt de l’immigration vers l’Europe - justifiait tous les moyens - en particulier des pushbacks violents. Cela s’est également manifesté par le fait que l’agence a apparemment commencé à agir en dehors du droit et de la loi dans d’autres activités.

      La création d’un environnement de travail toxique au sein de l’agence, comme décrit ci-dessus, semble être le moindre des reproches. Leggeri a aussi délibérément empêché le recrutement de 40 observateurs des droits fondamentaux, comme l’exigeait le règlement de 2019. Il s’est montré si insolent que même la Commission a perdu patience avec lui, ce qui a donné lieu à un échange de lettres qui vaut le détour.[6] On a également l’impression que la direction de l’Agence a délibérément évincé la responsable du service des droits fondamentaux de l’Agence. Celle-ci avait exigé à plusieurs reprises le retrait de Frontex des opérations au cours desquelles des violations des droits fondamentaux avaient été manifestement commises. Mais Leggeri n’a pas voulu accéder à ces demandes. La directrice a alors été refroidie selon toute apparence, son poste est effectivement resté vacant pendant de nombreux mois et n’a été pourvu qu’à l’automne 2020 par un proche du directeur exécutif.

      Le processus de création de la réserve permanente de l’Agence, c’est-à-dire des 10.000 gardes-frontières jusqu’en 2027, a également été mis à mal de manière fabuleuse.[7] Les candidats ont d’abord été informés qu’ils seraient recrutés, mais le lendemain, ils ont reçu une réponse négative par e-mail. Une fois arrivés à Varsovie, ils ont été parqués dans une caserne de la police des frontières polonaise et oubliés. Et comme on a omis de mettre en place un concept d’hygiène, le coronavirus s’est propagé parmi les nouvelles recrues. L’agence n’a pas non plus mis en place de règles permettant aux membres de la réserve de posséder, de porter et de transporter des armes à feu en transit. De plus, l’agence aurait dépensé des millions pour un logiciel dysfonctionnel sans jamais se retourner contre les fabricants.

      En automne 2020, les premiers rapports des médias,[8] , ont abordé ces événements,[9] mais surtout la question de l’implication de l’agence dans les pushbacks. Il n’est pas clair si ce sont ces rapports qui ont attiré l’attention de l’OLAF, l’autorité anti-corruption. En tout cas, début décembre 2020, l’OLAF a perquisitionné les bureaux de Leggeri et de son chef de bureau, a saisi de nombreux documents, a mis les locaux sous scellés et a interrogé des collaborateurs de l’agence. C’est ainsi qu’a commencé l’enquête de l’OLAF, qui a abouti au rapport de plus de 200 pages qui a finalement entraîné la démission de Leggeri.

      Le chemin a toutefois été long pour y parvenir. Le conseil d’administration de l’agence a rapidement lancé une enquête interne sur les allégations, mais n’a pu ni confirmer ni infirmer certaines d’entre elles. Il semble que l’agence n’ait pas fourni tous les documents nécessaires à son propre conseil d’administration. L’enquête menée par le Frontex Scrutiny Working Group au sein de la commission LIBE du Parlement européen a également abouti à un résultat ambivalent, à savoir que l’implication directe de l’agence dans les pushbacks n’a pas pu être confirmée, mais que l’agence était définitivement au courant des pushbacks et ne faisait rien pour les éviter. En outre, la Médiatrice européenne a mené plusieurs enquêtes.

      Leggeri a affirmé pendant tout ce temps que les accusations étaient injustifiées et a prétendu avec audace qu’il n’y avait pas du tout de pushbacks en mer Egée par exemple. Et ce, alors que même le HCR estime qu’il y a plusieurs centaines de cas par an.[10] Leggeri a refusé toute tentative de clarification et n’a fait des concessions que lorsqu’il ne pouvait plus faire autrement. En avril 2022, l’OLAF a finalement terminé le rapport en question et l’a remis au conseil d’administration de l’agence. Il y est resté plusieurs semaines, jusqu’à ce que d’autres rapports des médias[11] puissent montrer, grâce à une combinaison intelligente de demandes de liberté d’information sur une base de données interne de l’agence et de documentations activistes, que Frontex ne se contente pas de tolérer et d’accepter tacitement les pushbacks en mer Égée, mais qu’elle efface aussi systématiquement ces connaissances de ses propres bases de données. À ce stade, la pression était définitivement trop forte. Le conseil d’administration, qui s’est réuni quelques jours après ces révélations importantes, a décidé d’ouvrir une procédure disciplinaire contre Leggeri. Ce dernier a anticipé cette décision en démissionnant.

      Le droit européen s’applique-t-il aux frontières de l’Europe ?

      A l’occasion de sa démission, Leggeri s’est adressé une dernière fois à ses collaborateurs. Dans une lettre, il se plaint qu’au cours des deux dernières années, un nouveau récit sur l’agence a été établi. Il maintient que le mandat du règlement de 2019 l’a chargé de créer le premier service en uniforme de l’UE afin d’aider les États membres à gérer les frontières. Mais le nouveau récit est que Frontex doit être transformé en une sorte d’agence des droits fondamentaux ("that Frontex’s core mandate should be transformed in practice into a sort of Fundamental Rights Body"), qui doit observer ce que font les États membres à la frontière extérieure de l’UE. Mais cela n’est pas compatible avec lui, raison pour laquelle il a été contraint de démissionner.

      C’est au plus tard ce mépris affiché pour la validité des droits fondamentaux dans l’Union européenne qui a rendu Leggeri inacceptable en tant que directeur exécutif d’une agence européenne. Car il n’est évidemment pas acceptable que le directeur d’une agence européenne considère les droits fondamentaux comme une imposition et refuse de les défendre. Mais sur le fond, Leggeri renvoie effectivement à une tension qui a caractérisé dès le début le régime européen des migrations et des frontières. Avec la création d’une politique frontalière européenne commune et d’une frontière européanisée par les accords de Schengen et surtout par le traité d’Amsterdam (1997), l’UE avait également tenté de se détacher d’un modèle de violence nationale et souveraine à la frontière. La professionnalisation de la gestion des frontières, notamment par le biais de Frontex, l’introduction de méthodes d’analyse des risques prétendument basées sur la connaissance, la codification de la frontière par le Code frontières Schengen, mais surtout la promesse d’une frontière hautement technologique qui serait déjà effective bien au-delà de la ligne frontalière proprement dite grâce à des bases de données en réseau et des technologies de surveillance, constituaient l’offre européenne aux États membres.

      L’été de la migration 2015 a toutefois révélé l’insuffisance d’une telle approche européanisée. Plusieurs États membres, comme la Grèce, la Hongrie et la Pologne, sont revenus à l’ancien mode de gestion souveraine des frontières nationales. Cela impliquait également l’idée que l’État était le seul à pouvoir décider de l’accès au territoire national et à l’imposer par la force si nécessaire. Le lent échec de l’accord UE-Turquie, qui avait mis fin en 2016 à l’été de la migration, la migration de fuite forcée à la frontière entre la Biélorussie et la Pologne, la lente augmentation des franchissements non autorisés de la frontière dans les Balkans ont donc conduit ces dernières années à une normalisation et une systématisation insidieuses de cette violence sous la forme des pushbacks.

      Mais ce qui est fatal actuellement, c’est que ces anciennes rationalités se sont combinées avec les nouvelles technologies de surveillance pour former une machine de pushbacks systématiques et quotidiens. La coopération de l’agence Frontex, dirigée par le directeur exécutif Leggeri, avec les institutions nationales de protection des frontières illustre précisément ce lien. Souvent, Frontex ne fournit que les informations sur les embarcations ou les groupes de personnes en mouvement que l’agence obtient grâce à ses capacités de surveillance. L’agence laisse ensuite le travail sale et illégal des pushbacks aux institutions des États membres, comme les garde-côtes grecs ou même des unités aussi douteuses que les soi-disant garde-côtes libyens, une milice de la guerre civile libyenne qui s’est reconvertie dans le contrôle de l’immigration suite à une incitation financière de l’UE. Et comme nous l’avons montré dans un autre article, le retour aux anciennes conceptions de ce qui constitue une protection efficace des frontières peut également être observé dans le processus d’élaboration du règlement de 2019 (Kasparek et Karamanidou 2022).

      Est-ce vraiment trop demander que d’exiger d’une agence européenne d’application de la loi qu’elle soit tenue de faire respecter le droit européen en vigueur aux frontières de l’Europe ? Ce n’est qu’une question rhétorique en apparence, car c’est précisément l’exigence banale à laquelle Leggeri ne voulait plus répondre. Les pushbacks, l’internement disproportionné de personnes en quête de protection, la violence à l’encontre des réfugiés ne sont pas autorisés par le droit européen et sont même souvent passibles de poursuites pénales. L’agence est consciente de ces violations quotidiennes du droit européen, mais elle soutient et couvre les auteurs dans un prétendu geste de solidarité européenne.

      Cela signifie toutefois que la crise de l’État de droit dans l’UE a une troisième scène : les frontières de l’Europe. En effet, ni Frontex ni la Commission, qui auraient pu depuis longtemps exiger le respect du droit européen par le biais de procédures d’infraction, ne semblent se sentir compétentes pour défendre l’État de droit européen également aux frontières de l’Europe. Cette constellation pose déjà un problème du point de vue de la démocratie libérale.

      Defund Frontex

      Dans mon livre "Europa als Grenze. Eine Ethnographie der Grenzschutz-Agentur Frontex" (Kasparek 2021), je retrace également la longue ligne de co-développement entre le projet européen et la frontière européenne. Selon moi, la misère fondamentale de la politique migratoire européenne réside dans le fait que l’UE a décidé, il y a environ deux décennies, de concevoir la politique migratoire en premier lieu par le biais de la technologie de la frontière et donc de l’externaliser. Or, la politique migratoire est toujours une politique sociale et aurait dû être négociée en fonction de l’avenir des sociétés européennes. Au lieu de cela, on a créé une agence prétendument apolitique et axée sur la technique, qui s’est entre-temps autonomisée et représente un danger non seulement pour l’État de droit en Europe, mais aussi pour le caractère démocratique du projet européen.

      Une réforme fondamentale de l’Agence est donc indispensable. Le cœur de la réforme doit être un retrait de compétences et de budget, par exemple pour enfin créer et financer un mécanisme civil européen de sauvetage en mer. De même, la tâche du premier accueil et de l’enregistrement des personnes en quête de protection aux frontières de l’Europe ne doit pas être confiée à des gardes-frontières. En outre, l’agence doit être contrainte de rendre public son modèle interne de production de connaissances, appelé analyse des risques, et de le faire vérifier de manière indépendante. Car, comme j’ai pu le montrer, son modèle est imprégné de présupposés anti-migrants. Mais le point le plus important de la réforme doit effectivement être que l’agence doit se soumettre aux droits fondamentaux et aux lois en vigueur dans l’UE et les faire respecter de manière proactive aux frontières de l’Europe. Ainsi, la violence aux frontières de l’Europe, la guerre non déclarée contre les personnes en quête de protection, pourrait enfin prendre fin et l’imbrication européenne fatale entre politique migratoire et frontière pourrait être supprimée.

      La démission de Leggeri n’est certainement pas de nature à résoudre ces problèmes structurels de la politique européenne des frontières et de l’immigration, ni même du projet européen dans son ensemble. Un débat fondamental sur la manière dont l’Europe veut se positionner par rapport au reste du monde est désormais nécessaire. Mais un tel débat ne viendra pas tout seul, il est déjà clair que la Commission, par exemple, est très prompte à faire porter toute la responsabilité à la seule personne de Leggeri, étouffant ainsi dans l’œuf les débats structurels sur l’avenir des frontières européennes. Mais si vous pensez qu’un tel débat est nécessaire (et que vous avez la nationalité suisse), vous devriez voter NON le 15 mai.[12]

      Littérature

      Fink, Melanie. 2018. Frontex and Human Rights : Responsibility in ’Multi-Actor Situations’ Under the ECHR and EU Public Liability Law. First Edition. Oxford Studies in European Law. Oxford & New York : Oxford University Press.

      Karamanidou, Lena, et Bernd Kasparek. 2020. „Fundamental Rights, Accountability and Transparency in European Governance of Migration : The Case of the European Border and Coast Guard Agency FRONTEX“. RESPOND Working Paper 2020/59. RESPOND Working Papers - Global Migration : Consequences and Responses.

      Kasparek, Bernd. 2021. Europa als Grenze. Eine Ethnographie der Grenzschutz-Agentur Frontex. Kultur und soziale Praxis. Bielefeld : transcript Verlag.

      Kasparek, Bernd, et Lena Karamanidou. 2022. „What is in a name ? Die europäische Grenzschutzagentur Frontex nach dem Sommer der Migration“. Dans Von Moria bis Hanau - Brutalisierung und Widerstand, par Valeria Hänsel, Karl Heyer, Matthias Schmidt-Sembdner, et Nina Violetta Schwarz. Grenzregime 4. Berlin Hamburg : Assoziation A.

      Semsrott, Arne, et Luisa Izuzquiza. Letter. 2018. „Recommendations for Greater Transparency of Frontex Activities“, 26. November 2018.

      https://transversal.at/blog/d-autant-plus-maintenant-un-double-non-le-15-mai

  • EU anti-fraud watchdog has completed Frontex probe

    The EU’s anti-fraud office Olaf has finalised its year-long investigation into Europe’s border and coast guard force, Frontex.

    The probe was launched in January 2021 after investigators raided the offices of Frontex’s executive director #Fabrice_Leggeri and his chief of staff, #Thibauld_de_La_Haye_Jousselin.

    The investigation, or investigations, that then ensued could lead to sanctions for officials at the Warsaw-based agency, but details so far are scant, and Olaf has not described the grounds on which it undertook the probe.

    On Monday (21 February) Olaf offered only a brief confirmation that it had “closed an investigation concerning Frontex on 15 February 2022.”

    But previous press reports by EUobserver (https://euobserver.com/migration/150574) and Politico Europe (https://www.politico.eu/article/frontex-growing-pains-europe-migration-border-coast-guards-hiring-chaos) have suggested the probe could be linked to human resource problems with recruitment and staff travel woes, as well as internal office harassment - not just the illegal #pushbacks of migrants and asylum seekers.

    The Olaf investigation is expected to be discussed by the Frontex #management board later this week.

    That board is composed of national police and interior ministry officials, plus two representatives from the European Commission, and is tasked “to exercise oversight over the agency,” according to the EU regulation underpinning Frontex.

    The board also is expected to determine the severity of #sanctions, if any, and that determination could come around the beginning of March.

    Olaf’s director general Ville Itala is expected, on 28 February, to brief European Parliament lawmakers who are members of a budget oversight committee — but those talks will not be public.

    The budget for Frontex last year was €543m, making it the EU’s best funded agency.

    The European Parliament had decided to reduce the size of the agency’s 2022 budget by roughly €90m as a result of concerns, including the agency’s failure to hire fundamental rights monitors to hold border guards accountable for possible violations of the rights of asylum seekers.

    But just over a year later, it had missed that target, and others, triggering an internal spat between the agency and EU commissioner for home affairs, Ylva Johansson.

    The parliament also took issue with the agency’s slow response in setting up a system to make it easier for border guards to report possible wrongdoing, including violations of the rights of asylum-seekers along the EU’s external border.

    Separately, Frontex has come in for criticism from the European Court of Auditors, the EU’s official spending watchdog, which took issue with Frontex accounting standards.

    The auditors found, among other things, that the agency’s operational reporting lacks information on actual costs and performance. Frontex was “its own worst enemy,” the auditors said (https://euobserver.com/migration/152070).

    The European Ombudsman, an EU administrative watchdog, also has faulted Frontex for lack of transparency and for failing to set up an adequate system allowing asylum seekers to issue complaints about their treatment.

    https://euobserver.com/migration/154402

    #Olaf #fraude #anti-fraude #Frontex #frontières #migrations #réfugiés #enquête #refoulements #conditions_de_travail #droits_humains #transparence

    ping @isskein @karine4

  • Status agreement with Senegal : #Frontex might operate in Africa for the first time

    The border agency in Warsaw could deploy drones, vessels and personnel. It would be the first mission in a country that does not directly border the EU. Mauretania might be next.

    As a „priority third state“ in West Africa, Senegal has long been a partner for migration-related security cooperation with the EU. The government in Dakar is one of the addressees of the „#North_Africa_Operational_Partnership“; it also receives technical equipment and advice for border police upgrading from EU development aid funds. Now Brussels is pushing for a Frontex mission in Senegal. To this end, Commission President Ursula von der Leyen travelled personally to the capital Dakar last week. She was accompanied by the Commissioner for Home Affairs, Ylva Johansson, who said that a contract with Senegal might be finalised until summer. For the matter, Johansson met with Senegal’s armed-forces minister and foreign minister.

    For operations outside the EU, Frontex needs a so-called status agreement with the country concerned. It regulates, for example, the use of coercive police measures, the deployment of weapons or immunity from criminal and civil prosecution. The Commission will be entrusted with the negotiations for such an agreement with Senegal after the Council has given the mandate. The basis would be a „model status agreement“ drafted by the Commission on the basis of Frontex missions in the Western Balkans. Frontex launched its first mission in a third country in 2019 in Albania, followed by Montenegro in 2020 and Serbia in 2021.

    New EU Steering Group on migration issues

    The deployment to Senegal would be the first time the Border Agency would be stationed outside Europe with operational competences. Johansson also offered „#surveillance equipment such as #drones and vessels“. This would take the already established cooperation to a new level.

    Frontex is already active in the country, but without uniformed and armed police personnel. Of the only four liaison officers Frontex has seconded to third countries, one is based at the premises of the EU delegation in #Dakar. His tasks include communicating with the authorities responsible for border management and assisting with deportations from EU member states. Since 2019, Senegal has been a member of Frontex’s so-called AFIC network. In this „Risk Analysis Cell“, the agency joins forces with African police forces and secret services for exchanges on imminent migration movements. For this purpose, Frontex has negotiated a working agreement with the Senegalese police and the Ministry of Foreign Affairs.

    The new talks with Senegal are coordinated in the recently created „Operational Coordination Mechanism for the External Dimension of Migration“ (MOCADEM). It is an initiative of EU member states to better manage their politics in countries of particular interest. These include Niger or Iraq, whose government recently organised return flights for its own nationals from Minsk after Belarus‘ „instrumentalisation of refugees“ at the EU’s insistence. If the countries continue to help with EU migration control, they will receive concessions for visa issuance or for labour migration.

    Senegal also demands something in return for allowing a Frontex mission. The government wants financial support for the weakened economy after the COVID pandemic. Possibilities for legal migration to the EU were also on the agenda at the meetings with the Commission. Negotiations are also likely to take place on a deportation agreement; the Senegalese authorities are to „take back“ not only their own nationals but also those of other countries if they can prove that they have travelled through the country to the EU and have received an exit order there.

    Deployment in territorial waters

    Senegal is surrounded by more than 2,600 kilometres of external border; like the neighbouring countries of Mali, Gambia, Guinea and Guinea-Bissau, the government has joined the Economic Community of West African States (ECOWAS). Similar to the Schengen area, the agreement also regulates the free movement of people and goods in a total of 15 countries. Only at the border with Mauritania, which left ECOWAS in 2001, are border security measures being stepped up.

    It is therefore possible that a Frontex operation in Senegal will not focus on securing the land borders as in the Western Balkans, but on monitoring the maritime border. After the „Canary Islands crisis“ in 2006 with an increase in the number of refugee crossings, Frontex coordinated the Joint Operation „Hera“ off the islands in the Atlantic; it was the first border surveillance mission after Frontex was founded. Departures towards the Canary Islands are mostly from the coast north of Senegal’s capital Dakar, and many of the people in the boats come from neighbouring countries.

    The host country of „Hera“ has always been Spain, which itself has bilateral migration control agreements with Senegal. Authorities there participate in the communication network „Seahorse Atlantic“, with which the Spanish gendarmerie wants to improve surveillance in the Atlantic. Within the framework of „Seahorse“, the Guardia Civil is also allowed to conduct joint patrols in the territorial waters of Senegal, Mauritania and Cape Verde. The units in „Hera“ were also the only Frontex mission allowed to navigate the countries‘ twelve-mile zone with their vessels. Within the framework of „Hera“, however, it was not possible for Frontex ships to dock on the coasts of Senegal or to disembark intercepted refugees there.

    Spain wants to lead Frontex mission

    Two years ago, the government in Madrid terminated the joint maritime mission in the Atlantic. According to the daily newspaper „El Pais“, relations between Spain and Frontex were at a low point after the border agency demanded more control over the resources deployed in „Hera“. Spain was also said to be unhappy with Frontex’s role in the Canary Islands. The agency had seconded two dozen officers to the Canary Islands to fingerprint and check identity documents after a sharp increase in crossings from Senegal and Mauritania in 2020. According to the International Organization for Migration, at least 1,200 people died or went missing when the crossing in 2021. The news agency AFP quotes the Spanish NGO Caminando Fronteras which puts this number at over 4,400 people. Also the Commissioner Johansson said that 1,200 were likely underestimated.

    The new situation on the Canary Islands is said to have prompted Frontex and the government in Madrid to advocate the envisaged launch of the joint operation in Senegal. With a status agreement, Frontex would be able to hand over refugees taken on board to Senegalese authorities or bring them back to the country itself by ship. The Guardia Civil wants to take over the leadership of such an operation, writes El Pais with reference to Spanish government circles. The government in Dakar is also said to have already informed the EU of its readiness for such an effort.

    The idea for an operational Frontex deployment in Senegal is at least three years old. Every year, Frontex Director Fabrice Leggeri assesses in a report on the implementation of the EU’s External Maritime Borders Regulation whether refugees rescued in its missions could disembark in the respective eligible third countries. In the annual report for 2018, Leggeri attested to the government in Senegal’s compliance with basic fundamental and human rights. While Frontex did not even consider disembarking refugees in Libya, Tunisia or Morocco, the director believes this would be possible with Senegal – as well as Turkey.

    Currently, the EU and its agencies have no concrete plans to conclude status agreements with other African countries, but Mauritania is also under discussion. Frontex is furthermore planning working (not status) arrangements with other governments in North and East Africa. Libya is of particular interest; after such a contract, Frontex could also complete Libya’s long-planned connection to the surveillance network EUROSUR. With a working agreement, the border agency would be able to regularly pass on information from its aerial reconnaissance in the Mediterranean to the Libyan coast guard, even outside of measures to counter distress situations at sea.

    https://digit.site36.net/2022/02/11/status-agreement-with-senegal-frontex-wants-to-operate-in-africa-for-t

    #Sénégal #asile #migrations #réfugiés #externalisation #frontières #contrôles_frontaliers #Afrique #Mauritanie #Afrique_de_l'Ouest #renvois #expulsions #AFIC #Risk_Analysis_Cell #services_secrets #police #coopération #accord #MOCADEM #Operational_Coordination_Mechanism_for_the_External_Dimension_of_Migration #accords_de_réadmission #accord_de_réadmission #frontières_maritimes #Atlantique #Seahorse_Atlantic #Hera

    –-
    ajouté à la métaliste sur l’externalisation des contrôles frontaliers :
    https://seenthis.net/messages/731749
    et plus précisément ici :
    https://seenthis.net/messages/731749#message765327

    ping @isskein @reka @karine4

    • L’Union européenne veut déployer Frontex au large des côtes sénégalaises

      À l’occasion de la visite au Sénégal de cinq commissaires européennes, l’UE propose au gouvernement le déploiement de Frontex, l’agence européenne de garde-côtes et de gardes-frontières. La Commission européenne envisagerait un déploiement d’ici à l’été en cas d’accord avec les autorités sénégalaises.

      C’est pour l’instant une proposition faite par Ylva Johansson. La commissaire chargée des Affaires intérieures a évoqué la question avec les ministres des Affaires étrangères, des forces armées et de l’Intérieur ce vendredi à Dakar.

      Pour l’Union européenne, l’intérêt immédiat est de contrôler le trafic d’êtres humains avec les embarcations qui partent des côtes sénégalaises vers l’archipel espagnol des Canaries. Mais le principe serait aussi de surveiller les mouvements migratoires vers l’Europe via la Mauritanie ou bien la route plus longue via l’Algérie et la Libye.

      L’idée est une collaboration opérationnelle des garde-côtes et gardes-frontières de l’agence Frontex avec la gendarmerie nationale sénégalaise et sous sa direction. L’UE envisage le déploiement de navires, de personnel et de matériel. La commissaire européenne aux Affaires intérieures a évoqué par exemple des drones.

      L’agence Frontex de surveillance des frontières extérieures de l’Union est en train de monter en puissance : son effectif devrait s’élever à 10 000 gardes-côtes et gardes-frontières dans quatre ans, soit dix fois plus qu’en 2018. Elle n’a jamais été déployée hors d’Europe et cette proposition faite au Sénégal illustre à l’avance la priorité que va mettre l’Europe sur les questions migratoires lors du sommet avec l’Union africaine dans une semaine.

      https://www.rfi.fr/fr/afrique/20220211-l-union-europ%C3%A9enne-veut-d%C3%A9ployer-frontex-au-large-des-c%C3%B4

    • EU seeks to deploy border agency to Senegal

      European Commissioner Ylva Johansson on Friday offered to deploy the EU’s border agency to Senegal to help combat migrant smuggling, following a surge in perilous crossings to Spain’s Canary Islands.

      At a news conference in the Senegalese capital Dakar, Johansson said the arrangement would mark the first time that the EU border agency Frontex would operate outside Europe.

      Should the Senegalese government agree, the commissioner added, the EU could send surveillance equipment such as drones and vessels, as well as Frontex personnel.

      Deployed alongside local forces, the agents would “work together to fight the smugglers,” she said.

      “This is my offer and I hope that Senegal’s government is interested in this unique opportunity,” said Johansson, the EU’s home affairs commissioner.

      The announcement comes amid a sharp jump in attempts to reach the Canary Islands — a gateway to the EU — as authorities have clamped down on crossings to Europe from Libya.

      The Spanish archipelago lies just over 100 kilometres (60 miles) from the coast of Africa at its closest point.

      But the conditions in the open Atlantic are often dangerous, and would-be migrants often brave the trip in rickety wooden canoes known as pirogues.

      About 1,200 people died or went missing attempting the crossing in 2021, according to the UN’s International Organization for Migration (IOM).

      Spanish NGO Caminando Fronteras last month put the figure at over 4,400 people.

      Johansson also said on Friday that the 1,200-person figure was likely an underestimate.

      She added that she had discussed her Frontex proposal with Senegal’s armed-forces minister and foreign minister, and was due to continue talks with the interior minister on Friday.

      An agreement that would see Frontex agents deployed in Senegal could be finalised by the summer, she said.

      EU Competition Commissioner Margrethe Vestager, who was also at the news conference, said a Frontex mission in Senegal could also help tackle illegal fishing.

      Several top European Commission officials, including President Ursula von der Leyen, arrived in Senegal this week to prepare for a summit between the EU and the African Union on February 17-18.

      https://www.france24.com/en/live-news/20220211-eu-seeks-to-deploy-border-agency-to-senegal

    • EU: Tracking the Pact: Plan for Frontex to deploy “vessels, surveillance equipment, and carry out operational tasks” in Senegal and Mauritania

      The EU’s border agency is also due to open a “risk analysis cell” in Nouakchott, Mauritania, in autumn this year, according to documents obtained by Statewatch and published here. The two “action files” put heavy emphasis on the “prevention of irregular departures” towards the Canary Islands and increased cooperation on border management and anti-smuggling activities. Earlier this month, the Council authorised the opening of negotiations on status agreements that would allow Frontex to operate in both countries.

      Senegal: Fiche Action - Sénégal - Renforcement de la coopération avec l’agence Frontex (WK 7990/2022 INIT, LIMITE, 7 June 2022, pdf)

      Action 1: Jointly pursue contacts with the Senegalese authorities - and in particular the Ministry of the Interior, as well as other relevant authorities - at political and diplomatic level to achieve progress on the commitments made during the visit of President von der Leyen and Commissioners on 9-11 February 2022, in particular with regard to the fight against irregular immigration, and Frontex cooperation, as part of a comprehensive EU-Senegal partnership on migration and mobility. Take stock of Senegal’s political context (i.a. Casamance) and suggestions in order to agree on next steps and a calendar.

      Action 2: Taking up the elements of the previous negotiations with the relevant Senegalese authorities, and in the framework of the new working arrangement model, propose a working arrangement with Frontex in the short term, depending on the will and the interest of the Senegalese authorities to conclude such an arrangement.

      Action 3: Depending on the response from the Senegalese authorities, initiate steps towards the negotiation and, in the medium term, the conclusion of a status agreement allowing direct operational support from Frontex to Senegal, particularly in terms of prevention of crime and irregular migration, including in the fight against migrant smuggling and trafficking in human beings.

      Action 4 Give substance to the messages expressed by the Senegalese authorities in the framework of policy exchanges and work on joint programming (Joint Strategy Paper - JSP). Identify support and cooperation measures of major interest to the Senegalese authorities (e.g. explore with Senegal the interest in concluding a Talent Partnership with voluntary Member States, if progress is made in other aspects of migration cooperation; propose an anti-smuggling operational partnership and explore possibilities to strengthen cooperation and exchange of information with Europol). Make use of the Team Europe Initiative (TEI) on the Western Mediterranean and Atlantic route to frame cooperation projects on migration issues. Promote cooperation with Frontex on border management also in the broader framework of cooperation and exchanges with the Senegalese authorities.

      –-

      Mauretania: Fiche Action - Mauritanie - Renforcement de la coopération avec l’agence Frontex (WK 7989/2022 INIT, LIMITE, 7 June 2022, pdf):

      Action 1: On the basis of the exchanges initiated and the cooperation undertaken with the Mauritanian authorities, identify the main priorities of the migration relationship. Determine the support and cooperation measures of major interest (e.g. support for the implementation of the National Migration Management Strategy, continuation of maritime strategy actions, protection of refugees and asylum seekers, support for reintegration, fight against smuggling networks, deployment of an additional surveillance and intervention unit of the “GAR-SI” type, creation of jobs for young people, involvement of the diaspora in the development of the country, etc.). Use the Team Europe Initiative (TEI) on the Western Mediterranean and Atlantic route to coordinate cooperation projects on migration issues, including on root causes.

      Action 2: Propose to the Mauritanian authorities the holding of an informal migration dialogue between the EU and Mauritania, focusing notably on the fight against migrant smuggling and border management, in order to best determine their needs in this area and identify the possibilities for Frontex support.

      Action 3: On the basis of the exchanges that took place between Frontex and the Mauritanian authorities in the first semester of 2022, finalise the exchanges on a working arrangement with Frontex, depending on their interest to conclude it.

      Action 4: Depending on the interest shown by the Mauritanian authorities, initiate diplomatic steps to propose the negotiation and conclusion of a status agreement allowing direct operational support from Frontex at Mauritania’s borders, in particular in the area of prevention of irregular departures, but also in the fight against migrant smuggling and other areas of interest to Mauritania, in the framework of the Frontex mandate.

      https://www.statewatch.org/news/2022/july/eu-tracking-the-pact-plan-for-frontex-to-deploy-vessels-surveillance-equ
      #Mauritanie #surveillance

  • FRONTEX executive director Leggeri awarded by Greek Migration Minister

    According to the migration ministry, the Executive Director of the European Border and Coast Guard Organisation (FRONTEX), Fabrice Leggeri, was awarded by Migration and Asylum Minister #Notis_Mitarachi “for the important contribution of the organization in dealing with the migration crisis, as well as its effects on local communities”, ANA reports.

    Mitarachi referred to the effectiveness of FRONTEX “under the leadership of Leggeri, as the operational activities and the overall support of the organization in Greece, have allowed Greece to maintain the lowest level of migration flows of the last decade.”

    On his part, Leggeri thanked the Greek minister for this gesture, “which is a recognition of the work done by FRONTEX and opens new opportunities for further cooperation to protect the EU’s external borders.”

    https://www.tornosnews.gr/en/greek-news/society/46269-frontex-executive-director-leggeri-awarded-by-greek-migration-minis

    #Grèce #prix #Fabrice_Leggeri #Frontex #migrations #asile #réfugiés #frontières #contribution #coopération #crise_migratoire #soutien #frontières_extérieures

    ping @karine4 @isskein @reka

  • Die #Anstalt vom 1. Februar 2022
    –->45min cabaret about Frontex

    Beim „Schnuppertag Grenzmanagement“ in der Frontex-Zentrale lernt das Anstaltsensemble, wie man zweifelhafte Machenschaften ins rechte Licht rückt.

    Including 40 pages PDF with reference for every statement:
    „Der Faktencheck zur Sendung vom 1. Februar 2022“

    https://www.zdf.de/comedy/die-anstalt/die-anstalt-vom-1-februar-2022-100.html

    Quote [gendered]:
    „Wie macht mensch denn eine Sache die erfolgreich ist effektiver indem mensch sie reduziert?“
    [...]
    Ich weiß was Sie jetzt sagen wollen: jaja die EU fährt mit ihren Schiffen an der Seenotrettung vorbei und Frontex fliegt mit seinen Flugezeugen oben drüber"
    „Und liege ich damit daneben?“
    [...]
    „Hören Sie, ich glaube Sie haben immer noch eine veraltete Vorstellung davon das Seenotrettung Menschen aus Seenot rettet“
    "Ja gut, aber ich bin ja auch kein Profi"
    „Vermehrte Seenotrettung führt dazu das sich Menschen vermehrt in Seenot begeben. Wissenschaftlich nennt mensch das den Pull-Faktor“
    "Aber das die Wissenschaftler*innen für diese These noch gar keinen Beleg haben, das stört sie nicht oder wie?"
    „Nein, wieso?“
    [...]
    „Um die Zahl der Ertrinkenden zu reduzieren muss Mensch also die*den Badermeister*in abschaffen?“

    #Frontex #cabaret #video #EU #border #migration

    ping @cdb_77

  • Stronger Borders Trump Human Rights At Vilnius Migration Conference

    The head of Europe’s border agency Frontex has called on the European Union to clarify the rules on managing its external border. At a meeting of EU minsters to address an emergent ‘crisis’ of irregular migration, Fabrice Leggeri, executive director of Frontex, emphasised balancing respect for human rights with the need to manage migration across Europe’s borders. Leggeri’s statements are however directly at odds with Frontex’s own practices, EU policy concerns and the tone of the meeting.

    Leggeri made his comments as EU interior ministers met in Lithuania to discuss ways to better prevent irregular migrants from crossing into EU territory and clear up the rules on when they can be deported back to their home territories.

    “We are trained to comply with fundamental rights,” said Leggeri to reporters outside the meeting. “We are aware that there is a right to have international protection. But on the other hand, there are also illegal behaviours and illegal crossings that are not in line with EU regulation.”

    Frontex, and Leggeri specifically, have been repeatedly accused of disregarding the human rights of irregular migrants trying to make it to Europe. Multiple investigations by NGOs and news outlets attest to Frontex collaborating with EU member states to force would-be migrants back to sea, an illegal procedure which is highly dangerous.

    Such ‘pushback’ practices, which have been linked to the deaths of thousands of people at sea, have led to calls for Leggeri to step down and Frontex’s powers to be curtailed. Leggeri also faced calls to resign over his failure to recruit ‘fundamental rights officers’ into Frontex, whose job would be to safeguard the human rights of migrants.

    At the meeting in Vilnius, however, Leggeri seemed to suggest a lack of clarity in EU policy was the real issue: “The legal clarification is needed everywhere in the EU, to know what is possible and what is not.”

    Some EU policy in recent years has indeed led to the abrogation of migrants’ right to protections. The decision to withdraw search-and-rescue operations in the Mediterranean, ostensibly as a way to increase deterrence factors (the logic being that if migrants think they will be rescued they would be more likely to embark on a perilous crossing), have been credibly linked to rising death tolls in and around Europe’s waters.

    While many EU member states and individual MEPs have expressed concern over the EU neglecting the human rights of migrants, the dominant focus overall remains on reducing irregular migration. Irregular (commonly called ‘illegal’) crossings proved remarkably resilient during the pandemic in comparison to other migration flows. Frontex reported that in 2021 the number of irregular crossings was the highest since 2017. Amid this increase, and the perennial concern over a new ‘migrant crisis,’ the meeting of EU interior ministers in Lithuania emphasised stronger borders above other concerns.

    “This conference needs to send the message that Europe’s hard land and sea borders are ready to protect them,” said Greek migration minister Notis Mitarachi outside the meeting. “Migration should take place through legal means, not through illegal entries and through smuggling networks.”

    The loudest calls for action at the meeting, from interior ministers of member states such as Italy, Poland, and Greece, were to increase EU border enforcement and crack down on smugglers’ networks. European Home Affairs Commissioner Ylva Johansson appears receptive to those calls., Though Johansson deplored the alleged pushbacks, she herself affirmed the need to prevent migrants from reaching Europe. In particular, she emphasised policy to prevent people from embarking on perilous journeys to begin with: “We can’t wait until we have desperate migrants at our borders. We need to act sooner."

    Such an aim would presumably be pursued through enhanced border externalisation programmes in partnership with sending countries, a tool the EU is well experienced with. Though Commissioner Johansson reiterated the “long-standing” position of the EU Commission, that funds should not be used to build more walls and fences on EU borders, this does not necessarily preclude funds being used to limit the mobility of people in other regions.

    Johansson also emphasised the need for the EU to increase its capability to send rejected asylum seekers back where they came from. Migrant returns have indeed stalled during the pandemic, but in keeping with the Vilnius meetings’ emphasis on strong borders over human rights, the calls to send more people back comes at the expense of serious concerns about migrants’ rights, as EU deportations often subject people to mortal danger and destitution when they are returned.

    https://www.forbes.com/sites/freylindsay/2022/01/22/stronger-borders-trump-human-rights-at-vilnius-migration-conference

    #Frontex #frontières #asile #migrations #réfugiés #Europe #droits_fondamentaux #hypocrisie #Leggeri #Fabrice_Leggeri

  • Migrants : enquête sur le rôle de l’Europe dans le piège libyen

    Des données de vol obtenues par « Le Monde » révèlent comment l’agence européenne #Frontex encourage les #rapatriements de migrants vers la Libye, malgré les exactions qui y sont régulièrement dénoncées par l’ONU.

    300 kilomètres séparent la Libye de l’île de Lampedusa et de l’Europe. Une traversée de la #Méditerranée périlleuse, que des dizaines de milliers de migrants tentent chaque année. Depuis 2017, lorsqu’ils sont repérés en mer, une partie d’entre eux est rapatriée en Libye, où ils peuvent subir #tortures, #viols et #détentions_illégales. Des #exactions régulièrement dénoncées par les Nations unies.

    L’Union européenne a délégué à la Libye la responsabilité des #sauvetages_en_mer dans une large zone en Méditerranée, et apporte à Tripoli un #soutien_financier et opérationnel. Selon les images et documents collectés par Le Monde, cela n’empêche pas les garde-côtes libyens d’enfreindre régulièrement des règles élémentaires du #droit_international, voire de se rendre coupables de #violences graves.

    Surtout, l’enquête #vidéo du Monde révèle que, malgré son discours officiel, l’agence européenne de gardes-frontières Frontex semble encourager les #rapatriements de migrants en Libye, plutôt que sur les côtes européennes. Les données de vol du drone de Frontex montrent comment l’activité de l’agence européenne se concentre sur la zone où les migrants, une fois détectés, sont rapatriés en Libye. Entre le 1er juin et le 31 juillet 2021, le drone de Frontex a passé 86 % de son temps de vol opérationnel dans cette zone. Sur la même période, à peine plus de la moitié des situations de détresse localisées par l’ONG Alarm Phone y étaient enregistrées.

    https://www.lemonde.fr/international/video/2021/10/31/migrants-enquete-sur-le-role-de-l-europe-dans-le-piege-libyen_6100475_3210.h
    #responsabilité #Europe #UE #EU #Union_européenne #Libye #migrations #asile #réfugiés #pull-backs #pullbacks #push-backs #refoulements #frontières #gardes-côtes_libyens

    déjà signalé sur seenthis par @colporteur
    https://seenthis.net/messages/934958

  • #Frontex, une agence européenne hors de contrôle

    Alors que pendant des années les critiques des ONG ont été ignorées, Frontex est aujourd’hui sur la sellette. Depuis son entrée en fonction en 2005, l’agence de garde-frontières et de garde-côtes européens a joué un rôle grandissant dans la mise en œuvre de la politique migratoire sécuritaire de l’Union européenne (UE). Longtemps adoubée par les institutions européennes qui n’ont cessé depuis 15 ans de renforcer ses compétences en matière de contrôle et d’expulsions, et son budget (passé de 5 à 543 millions €), elle est à partir de 2020 pour la première fois publiquement questionnée sur ses activités et sa gouvernance (Commission et Parlement européens, Médiatrice de l’UE, OLAF), et en partie lâchée par ses soutiens.

    L’agence est en effet accusée de violations répétées des droits, et notamment de #refoulements aux frontières européennes (ONG et médias internationaux), de manquements à ses obligations réglementaires, de dysfonctionnements internes, voire d’inefficacité (Cour des comptes).

    Si les médias se sont fait le relais des défenseur·euse·s des droits, qui dénoncent depuis plus de dix ans le mandat de Frontex attentatoire aux droits fondamentaux des exilé·e·s, son #opacité, son #autonomie sans contrôle, et son #impunité structurelle, son évolution délétère est pointée du doigt jusque dans ses propres rangs, l’ancien directeur adjoint de l’agence ayant déclaré « être profondément préoccupé par l’atteinte à la réputation de l’agence, sa décision d’armer des agents et son incapacité à empêcher l’extrême droite d’infiltrer ses rangs, dans un contexte de mouvements anti-migrants à travers l’Europe ».

    Les années écoulées ont largement démontré la dangerosité d’une agence hors de contrôle et hors-la-loi, emblème de la politique européenne d’ultra-sécurisation des frontières et de la guerre aux migrant·e·s.

    Frontex n’est pas réformable, seule sa suppression pourrait inaugurer une nouvelle ère dans laquelle l’attachement aux #droits_fondamentaux ne serait pas un simple artifice rhétorique.

    https://migreurop.org/article3075.html

    #Migreurop
    #asile #migrations #réfugiés #frontières #contrôles_frontaliers #droits_humains

  • Réveiller une Suisse en sommeil et Une police politique ? (plus texte et pétition/referendum)

    En lien avec le référendum en cours contre Frontex, la philosophe Marie-Claire Caloz-Tschopp relie la question de l’implication de la Suisse dans l’agence européenne des gardes-frontières aux politiques migratoires et du droit d’asile. Panorama en deux volets.

    https://entreleslignesentrelesmots.blog/2021/12/27/reveiller-une-suisse-en-sommeil-et-une-police-politique

    #suisse #migration #frontex

  • Schengen : de nouvelles règles pour rendre l’espace sans contrôles aux #frontières_intérieures plus résilient

    La Commission propose aujourd’hui des règles actualisées pour renforcer la gouvernance de l’espace Schengen. Les modifications ciblées renforceront la coordination au niveau de l’UE et offriront aux États membres des outils améliorés pour faire face aux difficultés qui surviennent dans la gestion tant des frontières extérieures communes de l’UE que des frontières intérieures au sein de l’espace Schengen. L’actualisation des règles vise à faire en sorte que la réintroduction des #contrôles_aux_frontières_intérieures demeure une mesure de dernier recours. Les nouvelles règles créent également des outils communs pour gérer plus efficacement les frontières extérieures en cas de crise de santé publique, grâce aux enseignements tirés de la pandémie de COVID-19. L’#instrumentalisation des migrants est également prise en compte dans cette mise à jour des règles de Schengen, ainsi que dans une proposition parallèle portant sur les mesures que les États membres pourront prendre dans les domaines de l’asile et du retour dans une telle situation.

    Margaritis Schinas, vice-président chargé de la promotion de notre mode de vie européen, s’est exprimé en ces termes : « La crise des réfugiés de 2015, la vague d’attentats terroristes sur le sol européen et la pandémie de COVID-19 ont mis l’espace Schengen à rude épreuve. Il est de notre responsabilité de renforcer la gouvernance de Schengen et de faire en sorte que les États membres soient équipés pour offrir une réaction rapide, coordonnée et européenne en cas de crise, y compris lorsque des migrants sont instrumentalisés. Grâce aux propositions présentées aujourd’hui, nous fortifierons ce “joyau” si emblématique de notre mode de vie européen. »

    Ylva Johansson, commissaire aux affaires intérieures, a quant à elle déclaré : « La pandémie a montré très clairement que l’espace Schengen est essentiel pour nos économies et nos sociétés. Grâce aux propositions présentées aujourd’hui, nous ferons en sorte que les contrôles aux frontières ne soient rétablis qu’en dernier recours, sur la base d’une évaluation commune et uniquement pour la durée nécessaire. Nous dotons les États membres des outils leur permettant de relever les défis auxquels ils sont confrontés. Et nous veillons également à gérer ensemble les frontières extérieures de l’UE, y compris dans les situations où les migrants sont instrumentalisés à des fins politiques. »

    Réaction coordonnée aux menaces communes

    La proposition de modification du code frontières Schengen vise à tirer les leçons de la pandémie de COVID-19 et à garantir la mise en place de mécanismes de coordination solides pour faire face aux menaces sanitaires. Les règles actualisées permettront au Conseil d’adopter rapidement des règles contraignantes fixant des restrictions temporaires des déplacements aux frontières extérieures en cas de menace pour la santé publique. Des dérogations seront prévues, y compris pour les voyageurs essentiels ainsi que pour les citoyens et résidents de l’Union. L’application uniforme des restrictions en matière de déplacements sera ainsi garantie, en s’appuyant sur l’expérience acquise ces dernières années.

    Les règles comprennent également un nouveau mécanisme de sauvegarde de Schengen destiné à générer une réaction commune aux frontières intérieures en cas de menaces touchant la majorité des États membres, par exemple des menaces sanitaires ou d’autres menaces pour la sécurité intérieure et l’ordre public. Grâce à ce mécanisme, qui complète le mécanisme applicable en cas de manquements aux frontières extérieures, les vérifications aux frontières intérieures dans la majorité des États membres pourraient être autorisées par une décision du Conseil en cas de menace commune. Une telle décision devrait également définir des mesures atténuant les effets négatifs des contrôles.

    De nouvelles règles visant à promouvoir des alternatives effectives aux vérifications aux frontières intérieures

    La proposition vise à promouvoir le recours à d’autres mesures que les contrôles aux frontières intérieures et à faire en sorte que, lorsqu’ils sont nécessaires, les contrôles aux frontières intérieures restent une mesure de dernier recours. Ces mesures sont les suivantes :

    - Une procédure plus structurée pour toute réintroduction des contrôles aux frontières intérieures, comportant davantage de garanties : Actuellement, tout État membre qui décide de réintroduire des contrôles doit évaluer le caractère adéquat de cette réintroduction et son incidence probable sur la libre circulation des personnes. En application des nouvelles règles, il devra en outre évaluer l’impact sur les régions frontalières. Par ailleurs, tout État membre envisageant de prolonger les contrôles en réaction à des menaces prévisibles devrait d’abord évaluer si d’autres mesures, telles que des contrôles de police ciblés et une coopération policière renforcée, pourraient être plus adéquates. Une évaluation des risques devrait être fournie pour ce qui concerne les prolongations de plus de 6 mois. Lorsque des contrôles intérieurs auront été rétablis depuis 18 mois, la Commission devra émettre un avis sur leur caractère proportionné et sur leur nécessité. Dans tous les cas, les contrôles temporaires aux frontières ne devraient pas excéder une durée totale de 2 ans, sauf dans des circonstances très particulières. Il sera ainsi fait en sorte que les contrôles aux frontières intérieures restent une mesure de dernier recours et ne durent que le temps strictement nécessaire.
    – Promouvoir le recours à d’autres mesures : Conformément au nouveau code de coopération policière de l’UE, proposé par la Commission le 8 décembre 2021, les nouvelles règles de Schengen encouragent le recours à des alternatives effectives aux contrôles aux frontières intérieures, sous la forme de contrôles de police renforcés et plus opérationnels dans les régions frontalières, en précisant qu’elles ne sont pas équivalentes aux contrôles aux frontières.
    - Limiter les répercussions des contrôles aux frontières intérieures sur les régions frontalières : Eu égard aux enseignements tirés de la pandémie, qui a grippé les chaînes d’approvisionnement, les États membres rétablissant des contrôles devraient prendre des mesures pour limiter les répercussions négatives sur les régions frontalières et le marché intérieur. Il pourra s’agir notamment de faciliter le franchissement d’une frontière pour les travailleurs frontaliers et d’établir des voies réservées pour garantir un transit fluide des marchandises essentielles.
    - Lutter contre les déplacements non autorisés au sein de l’espace Schengen : Afin de lutter contre le phénomène de faible ampleur mais constant des déplacements non autorisés, les nouvelles règles créeront une nouvelle procédure pour contrer ce phénomène au moyen d’opérations de police conjointes et permettre aux États membres de réviser ou de conclure de nouveaux accords bilatéraux de réadmission entre eux. Ces mesures complètent celles proposées dans le cadre du nouveau pacte sur la migration et l’asile, en particulier le cadre de solidarité contraignant, et doivent être envisagées en liaison avec elles.

    Aider les États membres à gérer les situations d’instrumentalisation des flux migratoires

    Les règles de Schengen révisées reconnaissent l’importance du rôle que jouent les États membres aux frontières extérieures pour le compte de tous les États membres et de l’Union dans son ensemble. Elles prévoient de nouvelles mesures que les États membres pourront prendre pour gérer efficacement les frontières extérieures de l’UE en cas d’instrumentalisation de migrants à des fins politiques. Ces mesures consistent notamment à limiter le nombre de points de passage frontaliers et à intensifier la surveillance des frontières.

    La Commission propose en outre des mesures supplémentaires dans le cadre des règles de l’UE en matière d’asile et de retour afin de préciser les modalités de réaction des États membres en pareilles situations, dans le strict respect des droits fondamentaux. Ces mesures comprennent notamment la possibilité de prolonger le délai d’enregistrement des demandes d’asile jusqu’à 4 semaines et d’examiner toutes les demandes d’asile à la frontière, sauf en ce qui concerne les cas médicaux. Il convient de continuer à garantir un accès effectif à la procédure d’asile, et les États membres devraient permettre l’accès des organisations humanitaires qui fournissent une aide. Les États membres auront également la possibilité de mettre en place une procédure d’urgence pour la gestion des retours. Enfin, sur demande, les agences de l’UE (Agence de l’UE pour l’asile, Frontex, Europol) devraient apporter en priorité un soutien opérationnel à l’État membre concerné.

    Prochaines étapes

    Il appartient à présent au Parlement européen et au Conseil d’examiner et d’adopter les deux propositions.

    Contexte

    L’espace Schengen compte plus de 420 millions de personnes dans 26 pays. La suppression des contrôles aux frontières intérieures entre les États Schengen fait partie intégrante du mode de vie européen : près de 1,7 million de personnes résident dans un État Schengen et travaillent dans un autre. Les personnes ont bâti leur vie autour des libertés offertes par l’espace Schengen, et 3,5 millions d’entre elles se déplacent chaque jour entre des États Schengen.

    Afin de renforcer la résilience de l’espace Schengen face aux menaces graves et d’adapter les règles de Schengen aux défis en constante évolution, la Commission a annoncé, dans son nouveau pacte sur la migration et l’asile présenté en septembre 2020, ainsi que dans la stratégie de juin 2021 pour un espace Schengen pleinement opérationnel et résilient, qu’elle proposerait une révision du code frontières Schengen. Dans son discours sur l’état de l’Union de 2021, la présidente von der Leyen a également annoncé de nouvelles mesures pour contrer l’instrumentalisation des migrants à des fins politiques et pour assurer l’unité dans la gestion des frontières extérieures de l’UE.

    Les propositions présentées ce jour viennent s’ajouter aux travaux en cours visant à améliorer le fonctionnement global et la gouvernance de Schengen dans le cadre de la stratégie pour un espace Schengen plus fort et plus résilient. Afin de favoriser le dialogue politique visant à relever les défis communs, la Commission organise régulièrement des forums Schengen réunissant des membres du Parlement européen et les ministres de l’intérieur. À l’appui de ces discussions, la Commission présentera chaque année un rapport sur l’état de Schengen résumant la situation en ce qui concerne l’absence de contrôles aux frontières intérieures, les résultats des évaluations de Schengen et l’état d’avancement de la mise en œuvre des recommandations. Cela contribuera également à aider les États membres à relever tous les défis auxquels ils pourraient être confrontés. La proposition de révision du mécanisme d’évaluation et de contrôle de Schengen, actuellement en cours d’examen au Parlement européen et au Conseil, contribuera à renforcer la confiance commune dans la mise en œuvre des règles de Schengen. Le 8 décembre, la Commission a également proposé un code de coopération policière de l’UE destiné à renforcer la coopération des services répressifs entre les États membres, qui constitue un moyen efficace de faire face aux menaces pesant sur la sécurité dans l’espace Schengen et contribuera à la préservation d’un espace sans contrôles aux frontières intérieures.

    La proposition de révision du code frontières Schengen qui est présentée ce jour fait suite à des consultations étroites auprès des membres du Parlement européen et des ministres de l’intérieur réunis au sein du forum Schengen.

    Pour en savoir plus

    Documents législatifs :

    – Proposition de règlement modifiant le régime de franchissement des frontières par les personnes : https://ec.europa.eu/home-affairs/proposal-regulation-rules-governing-movement-persons-across-borders-com-20

    – Proposition de règlement visant à faire face aux situations d’instrumentalisation dans le domaine de la migration et de l’asile : https://ec.europa.eu/home-affairs/proposal-regulation-situations-instrumentalisation-field-migration-and-asy

    – Questions-réponses : https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/en/qanda_21_6822

    – Fiche d’information : https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/en/fs_21_6838

    https://ec.europa.eu/commission/presscorner/detail/fr/ip_21_6821

    #Schengen #Espace_Schengen #frontières #frontières_internes #résilience #contrôles_frontaliers #migrations #réfugiés #asile #crise #pandémie #covid-19 #coronavirus #crise_sanitaire #code_Schengen #code_frontières_Schengen #menace_sanitaire #frontières_extérieures #mobilité #restrictions #déplacements #ordre_public #sécurité #sécurité_intérieure #menace_commune #vérifications #coopération_policière #contrôles_temporaires #temporaire #dernier_recours #régions_frontalières #marchandises #voies_réservées #déplacements_non_autorisés #opérations_de_police_conjointes #pacte #surveillance #surveillance_frontalière #points_de_passage #Frontex #Europol #soutien_opérationnel

    –—

    Ajouté dans la métaliste sur les #patrouilles_mixtes ce paragraphe :

    « Lutter contre les déplacements non autorisés au sein de l’espace Schengen : Afin de lutter contre le phénomène de faible ampleur mais constant des déplacements non autorisés, les nouvelles règles créeront une nouvelle procédure pour contrer ce phénomène au moyen d’opérations de police conjointes et permettre aux États membres de réviser ou de conclure de nouveaux accords bilatéraux de réadmission entre eux. Ces mesures complètent celles proposées dans le cadre du nouveau pacte sur la migration et l’asile, en particulier le cadre de solidarité contraignant, et doivent être envisagées en liaison avec elles. »

    https://seenthis.net/messages/910352

    • La Commission européenne propose de réformer les règles de Schengen pour préserver la #libre_circulation

      Elle veut favoriser la coordination entre États membres et adapter le code Schengen aux nouveaux défis que sont les crise sanitaires et l’instrumentalisation de la migration par des pays tiers.

      Ces dernières années, les attaques terroristes, les mouvements migratoires et la pandémie de Covid-19 ont ébranlé le principe de libre circulation en vigueur au sein de l’espace Schengen. Pour faire face à ces événements et phénomènes, les pays Schengen (vingt-deux pays de l’Union européenne et la Suisse, le Liechtenstein, la Norvège et l’Islande) ont réintroduit plus souvent qu’à leur tour des contrôles aux frontières internes de la zone, en ordre dispersé, souvent, et, dans le cas de l’Allemagne, de l’Autriche, de la France, du Danemark, de la Norvège et de la Suède, de manière « provisoirement permanente ».
      Consciente des risques qui pèsent sur le principe de libre circulation, grâce à laquelle 3,5 millions de personnes passent quotidiennement d’un État membre à l’autre, sans contrôle, la Commission européenne a proposé mardi de revoir les règles du Code Schengen pour les adapter aux nouveaux défis. « Nous devons faire en sorte que la fermeture des frontières intérieures soit un ultime recours », a déclaré le vice-président de la Commission en charge de la Promotion du mode de vie européen, Margaritis Schinas.
      Plus de coordination entre États membres

      Pour éviter le chaos connu au début de la pandémie, la Commission propose de revoir la procédure en vertu de laquelle un État membre peut réintroduire des contrôles aux frontières internes de Schengen. Pour les événements « imprévisibles », les contrôles aux frontières pourraient être instaurés pour une période de trente jours, extensibles jusqu’à trois mois (contre dix jours et deux mois actuellement) ; pour les événements prévisibles, elle propose des périodes renouvelables de six mois jusqu’à un maximum de deux ans… ou plus si les circonstances l’exigent. Les États membres devraient évaluer l’impact de ces mesures sur les régions frontalières et tenter de le minimiser - pour les travailleurs frontaliers, au nombre de 1,7 million dans l’Union, et le transit de marchandises essentielle, par exemple - et et envisager des mesures alternatives, comme des contrôles de police ciblés ou une coopération policière transfrontalières.
      Au bout de dix-huit mois, la Commission émettrait un avis sur la nécessité et la proportionnalité de ces mesures.
      De nouvelles règles pour empêcher les migrations secondaires

      L’exécutif européen propose aussi d’établir un cadre légal, actuellement inexistant, pour lutter contre les « migrations secondaires ». L’objectif est de faire en sorte qu’une personne en situation irrégulière dans l’UE qui traverse une frontière interne puisse être renvoyée dans l’État d’où elle vient. Une mesure de nature à satisfaire les pays du Nord, dont la Belgique, qui se plaignent de voir arriver ou transiter sur leur territoire des migrants n’ayant pas déposé de demandes d’asile dans leur pays de « première entrée », souvent situé au sud de l’Europe. La procédure réclame des opérations de police conjointes et des accords de réadmission entre États membres. « Notre réponse la plus systémique serait un accord sur le paquet migratoire », proposé par la Commission en septembre 2020, a cependant insisté le vice-président Schengen. Mais les États membres ne sont pas en mesure de trouver de compromis, en raison de positions trop divergentes.
      L’Europe doit se préparer à de nouvelles instrumentalisations de la migration

      La Commission veut aussi apporter une réponse à l’instrumentalisation de la migration telle que celle pratiquée par la Biélorussie, qui a fait venir des migrants sur son sol pour les envoyer vers la Pologne et les États baltes afin de faire pression sur les Vingt-sept. La Commission veut définir la façon dont les États membres peuvent renforcer la surveillance de leur frontière, limiter les points d’accès à leur territoire, faire appel à la solidarité européenne, tout en respectant les droits fondamentaux des migrants.
      Actuellement, « la Commission peut seulement faire des recommandations qui, si elles sont adoptées par le Conseil, ne sont pas toujours suivies d’effet », constate la commissaire aux Affaires intérieures Ylva Johansson.
      Pour faire face à l’afflux migratoire venu de Biélorussie, la Pologne avait notamment pratiqué le refoulement, contraire aux règles européennes en matière d’asile, sans que l’on donne l’impression de s’en émouvoir à Bruxelles et dans les autres capitales de l’Union. Pour éviter que cela se reproduise, la Commission propose des mesures garantissant la possibilité de demander l’asile, notamment en étendant à quatre semaines la période pour qu’une demande soit enregistrée et traitée. Les demandes pourront être examinée à la frontière, ce qui implique que l’État membre concerné devrait donner l’accès aux zones frontalières aux organisations humanitaires.

      La présidence française du Conseil, qui a fait de la réforme de Schengen une de ses priorités, va essayer de faire progresser le paquet législatif dans les six mois qui viennent. « Ces mesures constituent une ensemble nécessaire et robuste, qui devrait permettre de préserver Schengen intact », a assuré le vice-président Schinas. Non sans souligner que la solution systémique et permanente pour assurer un traitement harmonisé de l’asile et de la migration réside dans le pacte migratoire déposé en 2020 par la Commission et sur lequel les États membres sont actuellement incapables de trouver un compromis, en raison de leurs profondes divergences sur ces questions.

      https://www.lalibre.be/international/europe/2021/12/14/face-aux-risques-qui-pesent-sur-la-libre-circulation-la-commission-europeenn
      #réforme

  • L’#Europe, derrière murs et #barbelés

    A l’été 2021, la crise afghane a ravivé les divisions européennes. Entre devoir d’accueil et approche sécuritaire, l’UE n’arrive toujours pas à parler d’une même voix face aux demandeurs d’asile. Le déséquilibre est fort entre les pays d’arrivée, comme la Grèce ou l’Italie, aux centres d’accueil débordés, les pays de transit à l’Est, rétifs à l’idée même d’immigration, et les pays d’accueil au Nord et à l’Ouest de l’Europe, soucieux de ne pas froisser un électorat de plus en plus sensible sur ces questions. Résultat : plus de 30 ans après la chute du mur de Berlin et la fin du Rideau de fer, l’Europe n’a jamais érigé autant de murs à ses frontières.

    https://www.arte.tv/fr/videos/100627-116-A/europe-la-tentation-des-murs

    #murs #barrières_frontalières #asile #migrations #réfugiés #film #vidéo #reportage #histoire #chronologie #financement #financements #frontières_extérieures #refoulements #push-backs #Frontex #technologie #complexe_militaro-industriel

    On dit dans le reportage qu’il y aurait « plus de 1000 km d’infrastructure destinée à barrer la route aux migrants »

    La rhétorique de l’#afflux et de l’#invasion est insupportable dans cette vidéo.

  • Un interprète qui travaille pour #Frontex affirme qu’en septembre, des gardes-frontières grecs l’ont pris pour un demandeur d’asile, l’ont agressé et l’ont ensuite forcé à traverser la frontière vers la Turquie avec des dizaines de migrants. Selon les fonctionnaires européens chargés de son dossier, il a fourni à l’agence des preuves à l’appui de ses allégations. Il a déposé plainte contre Frontex. Ylva Johansson, commissaire européenne chargée des migrations, a déclaré qu’après une conversation avec lui, elle avait été « extrêmement préoccupée par son récit »

    E.U. Interpreter Says Greece Expelled Him to Turkey in Migrant Roundup

    The man’s story echoes complaints from human-rights groups that Greek authorities often expel asylum seekers indiscriminately and violently.

    For years, Greek officials have denied complaints from human rights groups that the country’s border agents have brutalized migrants and forcibly pushed them back into Turkey. They have dismissed the allegations as fake news or Turkish propaganda.

    Now a single case may force a reckoning.

    A European Union interpreter says that in September, Greek border guards mistook him for an asylum seeker, assaulted him and then forced him across the border into Turkey alongside dozens of migrants.

    His allegation is particularly problematic for Greek officials because he is a legal European Union resident employed by the E.U. border agency, Frontex. And he has turned over evidence to the agency to support his claims of abuse, according to European officials dealing with his case.

    The European Union, which has mostly looked the other way on abuses of migrants, is now being forced to confront the problem.

    Surfacing in the wake of an acute border crisis with Belarus over migrants, the case has commanded the attention of senior European leaders for weeks. Ylva Johansson, the European commissioner for migration, said she called the interpreter on Friday to discuss his accusations.

    “After direct, in-depth discussion with the person on Nov. 25, I was extremely concerned by his account,” Ms. Johansson said. “In addition to his personal story, his assertion that this was not an isolated case is a serious issue,” she added, saying he told her he had witnessed at least 100 migrants who were pushed over the border and sometimes roughed up

    However, a Greek government ministry statement cast doubt on his account, saying initial inquiries suggested “the facts are not as presented.”

    The interpreter told The New York Times that he had filed a complaint with Frontex, and European officials confirmed this. They said the complaint was being treated as credible because of the man’s position and the documentation he provided, including audio and video recordings.

    The man asked not to be identified out of concern for his safety and his livelihood. Two European officials, speaking on condition of anonymity because they were not authorized to discuss the case with reporters, confirmed his identity.

    He said that he and many of the migrants he was detained with were beaten and stripped, and that the police seized their phones, money and documents. His attempts to tell the police who he was were met with laughter and beatings, he said. He said he was taken to a remote warehouse where he was kept with at least 100 others, including women and children. They were then put on dinghies and pushed across the Evros River into Turkish territory.

    His accusations were similar to those from human-rights groups, along with mounting evidence gathered by migrants and reporters, all claiming that Greek authorities routinely round up and expel migrants without permitting them to complete asylum requests — often in an indiscriminate and violent way. Greek authorities have also been accused of pushing back migrants in flimsy dinghies in the Aegean Sea, sometimes disabling the engines and leaving the migrants to drift back into Turkish waters. Greece has denied the accusations.

    The man’s story came to light at a critical moment in Europe’s reckoning with its practices in dealing with migrants, which have drawn renewed scrutiny after a standoff at the Belarus-Poland border that left 12 migrants dead. In a bid to put pressure on the European Union over a geopolitical standoff, Belarus lured migrants into its territory, left them in a frigid forest and encouraged them to cross into E.U. countries, including Poland. Polish authorities repelled them, sometimes violently.

    That crisis, together with a similar standoff between Greece and Turkey last year with asylum seekers caught in the middle, has laid bare a growing gulf between European laws and norms in treating asylum seekers, and the reality on the ground.

    Public opinion toward immigration soured after the Syrian war brought more than one million refugees to Europe in 2015-16. Still, in much of the European Union, politicians and citizens oppose inhumane and illegal practices such as rounding up migrants and expelling them without due process.

    But governments at Europe’s frontiers, such as Greece, view migration laws and procedures as out of date and out of step with the current climate, contending that they were designed before the mass population displacements seen in recent years.

    Prime Minister Kyriakos Mitsotakis of Greece, in remarks this month, rejected accusations of abuses against migrants by the Greek authorities. He called his migration policy “tough, but fair.”

    Ms. Johansson said she had spoken on Monday with the Greek minister for citizen protection, Takis Theodorikakos, and he promised to investigate the interpreter’s claims.

    “The independent National Transparency Authority will conduct an investigation and will be open about its findings as always, but preliminary inquiries in this case appear to suggest the facts are not as presented,” the ministry’s media office said in a statement.

    Sophie in ‘t Veld, a Dutch member of the European Parliament, said the interpreter’s allegations were part of a pattern of growing E.U. brutality toward migrants and asylum seekers.

    “With tens of thousands of victims who drowned in the Mediterranean, thousands languishing in what has been described as concentration camps in Libya, the misery in the camps on the Greek islands for so many years, people drowning in the Channel or freezing to death on the border between Belarus and the E.U., the European Commission cannot claim anymore that these are incidents, accidents, exceptions,” she said.

    “It is not a policy failure,” she added. “It is policy.”

    Greece, one of the main gateways into the European Union for migrants, has long maintained that it is being asked to rescue, process and host too many people arriving from Turkey, a hostile neighbor that often encourages asylum seekers to go to Greece to provoke the government there and to press its demands with the European Union.

    Under Greek and E.U. laws, the Greek authorities are required to assess asylum requests for all who seek protection, to house asylum seekers in humane conditions and, if they are rejected, to repatriate them safely.

    Efforts to more fairly distribute asylum seekers across the European Union have stalled, as many member countries prefer to send funding to Greece and other frontier nations to host asylum seekers, and keep them away from their territories.

    Frontex and the European Asylum Support Office pay and deploy hundreds of employees to ensure that the bloc’s external borders are guarded while human rights laws are upheld.

    The interpreter, who is originally from Afghanistan, has lived for years as a legal resident in Italy. He was employed by Frontex as a member of an E.U.-funded team of experts deployed to help the border guards communicate with asylum seekers.

    He had been working in the border region of Evros alongside Greek and E.U. guards, and was on his way to Thessaloniki, Greece’s second-largest city, for a break when the police pulled him and a number of migrants off a bus, he said.

    After they were beaten, detained and forced into Turkey, the interpreter said, he managed to reach Istanbul, where he received consular assistance from the Italian authorities, and was eventually repatriated to Italy on Sept. 18.

    The Italian foreign ministry did not immediately respond to requests for comment.

    A Frontex spokesman said the agency was investigating the report and could not comment further as long as the investigation continues.

    https://www.nytimes.com/2021/12/01/world/europe/greece-migrants-interpreter-expelled.html

    #plainte #témoignage #asile #migrations #réfugiés #Grèce #frontières #refoulement #push-back #interprète #Evros #Turquie

    ping @isskein @karine4

    • Frontière de l’Evros : roué de coups et déshabillé de force, un interprète afghan de Frontex accuse les garde-frontières grecs

      Un interprète afghan de l’agence européenne de surveillance des frontières, Frontex, a été agressé par les autorités grecques, qui l’avaient pris pour un migrant. Après son arrestation, il a été contraint de monter dans un canot sur la rivière Evros, direction la Turquie.

      C’est un incident qui pourrait changer la donne. Un interprète afghan travaillant pour l’agence européenne de surveillance des frontières Frontex a déclaré avoir été agressé par des garde-frontières grecs, qui l’avaient pris pour un demandeur d’asile, rapporte le New York Times.

      Le 3 septembre dernier, alors qu’il se rendait en bus dans la ville grecque de Thessalonique, la police l’a forcé à descendre, avec un certain nombre de migrants. Roué de coups, déshabillé de force, l’interprète a ensuite été emmené dans un entrepôt isolé où étaient détenues « au moins 100 autres personnes, dont des femmes et des enfants ». Tous ont été forcés à monter dans des canots et poussés à traverser la rivière Evros, pour rejoindre la Turquie.

      Membre d’une équipe d’experts déployée pour aider les garde-frontières à communiquer avec les demandeurs d’asile, il s’est retrouvé dans le pays sans téléphone, sans argent et sans papiers, que les policiers grecs lui avaient volés. L’homme a fini par atteindre Istanbul, où il a reçu une assistance consulaire des autorités italiennes.

      Plusieurs fois durant son arrestation, il a essayé de dire aux policiers grecs qu’il travaillait pour l’Union européenne (UE). Mais « ses tentatives […] se sont soldées par des rires et des coups ».

      Pour le journal américain, ses dires « sont particulièrement problématiques pour les fonctionnaires grecs, car [la victime] est un résident légal de l’UE [il vit en Italie], et employé par une de ses agences ». D’autant plus qu’il dispose de preuves tangibles, sous la forme d’enregistrements audio et vidéo, qui étayent les abus qu’il a subis.

      L’affaire a d’ailleurs fait réagir jusqu’aux hautes sphères de l’institution. La commissaire européenne chargée des migrations, Ylva Johansson, a déclaré avoir appelé l’interprète vendredi dernier et s’est dit « extrêmement préoccupée » par son récit. « Son affirmation selon laquelle il ne s’agissait pas d’un cas isolé est un problème grave », a-t-elle ajouté.

      Après cette discussion, Ylva Johansson s’est entretenue lundi avec Takis Theodorikakos. Le ministre grec de la Protection des citoyens lui a promis d’enquêter sur les allégations de l’interprète. Mais son cabinet a dans le même temps indiqué dans un communiqué que, d’après les premières enquêtes effectuées, « les faits ne sont pas tels qu’ils sont présentés ».

      « Déshabillages de masse »

      Des accusations telles que celle-ci sont régulièrement rapportées par les migrants aux ONG et à la presse. En octobre, un ex-policier grec confirmait même à InfoMigrants avoir pratiqué des « pushbacks » illégaux, et renvoyé lui-même 2 000 personnes vers la Turquie. « Régulièrement, mes collègues m’appelaient pour me prévenir qu’ils allaient venir avec des migrants. Ils étaient généralement rassemblés par groupe de 10 environ. Mon rôle était simple : je les faisais monter sur mon bateau, souvent à la tombée de la nuit et je les ramenais vers les côtes turques », avait-il raconté.

      Des #agressions_physiques et des #humiliations sont aussi très régulières. En juin, les autorités turques avaient partagé une photo d’un petit groupe de migrants totalement nus. D’après eux, ils avaient été arrêtés en Grèce, battus, déshabillés, privés d’eau et de nourriture, et renvoyés de force de l’autre côté de la frontière. Le procédé est également documenté dans un rapport du Border Violence Monitoring Network. Selon le réseau d’organisations, en 2020, 44% des témoignages enregistrés décrivent des cas de déshabillage forcé. Des « déshabillages de masse, avec jusqu’à 120 personnes enfermées dans le même espace de détention » sont monnaie courante.

      Ces pratiques, pourtant connues depuis de nombreuses années, ont toujours été réfutées par le gouvernement grec. Ce mois-ci, le Premier ministre Kyriakos Mitsotakis a une nouvelle fois rejeté les accusations d’abus contre les migrants par les autorités du pays. Il a qualifié sa politique migratoire de « dure, mais juste ».

      Cette même politique - couplée à une forte militarisation de la frontière - occasionne, aussi, des morts. À Alexandropoulis, près de la frontière turque, un médecin-légiste se charge de leur redonner une identité. Entre janvier et octobre, il a autopsié 38 corps. Chaque semaine, le médecin reçoit des mails de familles désespérées, et prend le temps de répondre à chacun d’eux. Les corps non-identifiés et non réclamés sont envoyés dans un cimetière de migrants anonymes. Perdu dans les collines, il compte environ 200 tombes.

      https://www.infomigrants.net/fr/post/36995/frontiere-de-levros--roue-de-coups-et-deshabille-de-force-un-interpret

      #déshabillage

  • Migration de transit : #Belgique et #France appellent #Frontex à l’aide

    L’agence aux frontières extérieures pourrait fournir une surveillance aérienne pour identifier les embarcations tentant de traverser la #Manche depuis les côtes françaises.

    Et pourquoi ne pas aider le nord ? Dans le cadre des « #consultations_de_Val_Duchesse » – rencontre entre gouvernements français et belge sur les thématiques sécuritaires –, Sammy Mahdi, le secrétaire d’Etat à l’Asile et la Migration, a appuyé la #demande française d’un #renfort de l’agence des frontières extérieures, Frontex, pour surveiller la #côte_d’Opale. En cause : le nombre grandissant de traversées de migrants tentant de rejoindre l’Angleterre par la mer. En à peine deux jours, ce week-end, près de 250 personnes ont ainsi été secourues par les autorités alors qu’elles étaient en difficulté en mer. « Depuis le Brexit, la lutte contre la transmigration n’est pas devenue plus facile », a souligné le secrétaire d’Etat dans un communiqué. « Frontex apporte son aide dans le sud et l’est de l’Europe, mais devrait également le faire dans le nord. »

    Phénomène longtemps marginal, les traversées irrégulières de la Manche par bateau ont commencé à augmenter à partir de fin 2019 et n’ont pas cessé depuis. Un transfert s’expliquant probablement par la sévérité des contrôles des camions, par l’imminence du Brexit – dont le bruit courait qu’il aurait un impact sur la possibilité de franchir la frontière avec des contrôles douaniers systématiques – et peut-être par l’effet dissuasif du drame de l’Essex, lorsque 39 personnes avaient été retrouvées mortes dans un camion frigorifique. Mais aussi… par son taux de réussite. Depuis le début de l’année, la préfecture maritime Manche-mer du Nord a enregistré 1.231 tentatives de traversées impliquant plus de 31.500 personnes (certaines personnes ayant pu être impliquées dans plusieurs traversées). Seules un quart ont été interceptées et ramenées vers les côtes françaises. Et comme le Royaume-Uni a refusé de négocier un volet « réadmission » dans le cadre de l’accord du Brexit (pour remplacer le règlement Dublin), il doit gérer les personnes migrantes une fois débarquées.

    Pour les autorités belges, mais surtout françaises, le défi tient à l’immensité de la zone à surveiller. Alors que les départs avaient jusqu’à récemment lieu depuis les alentours de Calais, le point le plus proche de l’Angleterre, ils se sont dispersés vers le sud à mesure de la hausse des contrôles, allant jusqu’au Touquet, à 70 km de là. Ils sont en revanche toujours rarissimes côté belge. Les petites embarcations restent la norme – Decathlon a annoncé il y a quelques jours suspendre la vente de ses kayaks dans les magasins de Calais et Grande-Synthe, constatant un « détournement de leur usage sportif » –, signe de traversées autonomes. « Mais depuis 2019, avec la montée en puissance de réseaux criminels, voire mafieux, nous voyons des embarcations de plus en plus grandes et de plus en plus chargées, engendrant un effet de saturation ponctuelle. Les embarcations plus robustes, type voiliers ou chalutiers, restent plus anecdotiques », indique la préfecture maritime. Comprendre : les moyens de traversée les plus sûrs sont les plus rares. Or, la Manche est réputée être une autoroute de cargos, très dangereuse pour de petites embarcations la traversant.

    La France a déjà considérablement renforcé les moyens de surveillance et le travail de coordination pour mieux contrôler la côte, soutenue par une enveloppe de 62 millions d’euros promise par le Royaume-Uni. Un cadre opérationnel doit encore être déterminé pour définir l’intervention de Frontex : combien de temps, quels moyens humains, matériels… L’agence indique que la demande concerne du « soutien de surveillance aérienne ».

    « Ce serait la première fois que Frontex s’emploie à stopper les flux sortants au lieu de protéger les frontières extérieures contre les menaces extérieures », souligne le cabinet du secrétaire d’Etat Sammy Mahdi. « Mais si vous regardez les chiffres des départs en 2021, c’est une façon valable de penser. Si ce modèle continue à porter ses fruits avec les arrivées au Royaume-Uni, la transmigration sera difficile à arrêter. »

    https://www.lesoir.be/407906/article/2021-11-22/migration-de-transit-belgique-et-france-appellent-frontex-laide
    #asile #migrations #réfugiés #frontières #aide

    • Frontex deploys Danish surveillance aircraft over northern France

      Frontex has deployed a plane to support French and Belgian authorities trying to spot illegal boat crossing activity, a week after 27 migrants drowned when their dinghy deflated in the Channel, the European Union’s joint frontier force said.

      In a statement, Frontex said the plane, provided by Denmark had landed in Lille, northern France, adding the aircraft was equipped with modern sensors and radar to support land and sea border control.

      The deployment was decided during a meeting on Sunday in Calais between French Interior Minister Gerald Darmanin and some of his European counterparts, an event to which British Interior Minister Priti Patel had been disinvited following a letter from British Prime Minister Boris Johnson letter that angered Paris. (https://www.reuters.com/world/europe/france-says-it-will-not-be-held-hostage-by-british-politics-migration-2021-)

      France and Britain are at loggerheads over post-Brexit trading rules and fishing rights and last week relations soured further after 27 people died trying to cross the Channel.

      “The evolution of the situation in the Channel is a matter of concern. Upon the request from member States, Frontex deployed a plane in France to support them with aerial surveillance in just three days,” Frontex Director Fabrice Leggeri said.

      “We are starting with one plane, but we stand ready to reinforce our support if needed.”

      The aim of the operation on the coastline is to prevent the rising number of sea crossings.

      https://www.reuters.com/world/europe/frontex-deploys-danish-surveillance-aircraft-over-northern-france-2021-12-0

      #Danemark #militarisation_des_frontières

    • Le ministre de l’Intérieur @GDarmanin a annoncé la semaine dernière la mise en service d’un avion de l’agence #Frontex pour surveiller les traversées de migrants dans la Manche.

      Repéré par notre collègue @MickaelGoavec, l’appareil a commencé à survoler la zone aujourd’hui.

      Comment s’y prendre pour pister l’appareil ?
      La photo ci-dessus ne montre pas l’immatriculation.

      En cherchant sur Twitter on tombe sur un autre tweet du ministère @Interieur_Gouv et on devine les chiffres «  ??-080 ».

      En passant cette image dans Bing et en zoomant sur l’avion, on tombe sur plusieurs photos d’un appareil ressemblant fortement à celui évoqué par @GDarmanin.

      On peut alors récolter « l’empreinte » de l’avion :

      Immat. : C-080 de la Royal Danish Air Force
      Code ICAO/HEX : 45F422

      En poursuivant les recherches, on tombe sur cette note diffusée par le ministère des Affaires étrangères danois.

      Elle indique que l’avion a été envoyé par le #Danemark pour contribuer à l’opération Triton de lutte contre l’immigration illégale en Méditerranée en 2017.

      Comme beaucoup d’avions militaires et gouvernementaux, le parcours de vol est masqué sur la plupart des sites comme @flightradar24
      ou @flightaware
      .

      Le site @RadarBox24 montre un parcours partiel mais précise bien que les informations sont « bloquées ».

      Mais certains internautes l’ont déjà repéré avant qu’il n’atterrisse à Lille.

      Et d’autres sites, notamment @ADSBexchange, n’acceptent généralement pas les demandes des particuliers ou des organisations souhaitant masquer leurs avions des sites de tracking.

      On peut donc suivre le parcours de l’appareil de surveillance en direct sur ce site :
      https://globe.adsbexchange.com/?icao=45f422

      On remarque un « motif » de surveillance et une altitude basse, un peu moins de 400m.

      Il semble aussi s’attarder sur les dunes qui entourent les villes de #Dunkerque et #GrandeSynthe, où les migrants ont installé des campements.

      https://twitter.com/RevelateursFTV/status/1466745416045764614

    • Migrants dans la Manche : Frontex a la « possibilité de déployer des personnels au sol »

      Fabrice Leggeri, directeur exécutif de Frontex, a été auditionné ce mercredi 8 décembre devant la commission des affaires étrangères du Sénat. Il est revenu sur la « nouvelle opération » de #surveillance_aérienne dans la Manche, qui a commencé début décembre, ainsi que sur les différentes crises auxquelles fait face l’agence européenne. « On va vivre pour longtemps avec une pression migratoire forte », prévient-il.

      Entre la France et le Royaume-Uni, la tension reste forte sur la question de l’immigration depuis le naufrage, au large de Calais, d’une embarcation causant la mort de 27 personnes, le 24 novembre dernier. Hier, lors de son audition à la commission des Lois de l’Assemblée nationale, le ministre de l’Intérieur Gérald Darmanin a demandé, une fois de plus, au Royaume-Uni « d’ouvrir une voie légale d’immigration » pour réduire le nombre de traversées illégales entre les deux pays. Ce mercredi, Fabrice Leggeri, le directeur exécutif de Frontex, a détaillé devant les membres de la commission des affaires étrangères du Sénat la « #nouvelle_opération » de surveillance de l’agence européenne de #garde-côtes et #gardes-frontières dans la Manche. « L’#avion de Frontex est arrivé à Lille le 1er décembre et a commencé ses patrouilles [..]. Nous fournissons depuis quelques semaines des #images_satellitaires à la France - la Belgique est intéressée, les Pays Bas aussi - pour détecter quelques jours à l’avance des #préparatifs_de_départs, des activités de #passeurs ou de #trafiquants près de la #côte », indique-t-il.

      « Nous pouvons faire davantage » si des États le souhaitent

      Pour assurer la #surveillance des dizaines de kilomètres de côtes, en France, en Belgique ou même aux Pays-Bas, Fabrice Leggeri garantit que « nous pouvons faire davantage s’il y a un souhait [des pays] d’aller plus loin ». Outre « le #rapatriement et l’#éloignement des #étrangers_en_situation_irrégulière, nous avons la possibilité de déployer des personnels de gardes-frontières au #sol qui pourraient avoir des missions de surveillance en complément et sous la direction des autorités nationales ». Sans oublier le devoir d’information de l’agence si elle observe « des situations de détresse en mer ».

      Interrogé sur la tenue de discussions avec le Royaume-Uni pour pouvoir intervenir sur leur territoire, le directeur de Frontex pointe « un paradoxe. Nous sommes présents physiquement en Albanie, en Serbie, parce qu’il y a un accord entre l’Union Européenne et ces pays-là, mais il n’y en a pas le Royaume-Uni. Pas d’accord post-Brexit pour coopérer avec eux dans la Manche ». Et Fabrice Leggeri d’insister sur sa volonté de travailler « dans un cadre juridique. On ne peut pas faire du bricolage à la carte ».

      « Avoir un cadre juridique clair »

      Sur d’autres frontières, en Biélorussie, Pologne et Lituanie, le patron de Frontex – qui parle de « #menace_hybride, d’une instrumentalisation des migrants comme moyen de pression politique ou géopolitique - rapporte aussi « une incertitude juridique qui me préoccupe au moins autant que la force physique ». Il donne l’exemple d’une loi lituanienne, adoptée à l’été 2021 en réponse à l’afflux de migrants à sa frontière : « Certains disent que cette loi n’est pas conforme à l’ordre juridique de l’Union européenne. […] Il est important pour l’agence d’avoir un cadre juridique clair. Ce n’est pas le cas actuellement ».

      Au total, entre 2 000 et 2 200 personnels de Frontex sont déployés dans l’Union Européenne. Les plus grosses opérations ont, pour le moment, lieu en Grèce (400 personnels), Italie (200), Espagne (200) et en Lituanie (une centaine). L’objectif est d’atteindre les 10 000 agents en 2027. Qui seront les bienvenus, selon Fabrice Leggeri. Car en plus de la lutte contre la criminalité et la prévention des menaces terroristes, « on va vivre pour longtemps avec une #pression_migratoire forte. La démographie l’explique, les déséquilibres économiques aussi, accentués avec la #crise_sanitaire ».

      https://www.publicsenat.fr/article/parlementaire/migrants-dans-la-manche-frontex-a-la-possibilite-de-deployer-des-personn

    • Frontex en action dans la Manche : la Grande-Bretagne, une force d’attraction pour les réfugiés

      Le pilote danois #Michael_Munkner est de retour à la base après cinq heures et demie de vol au-dessus de la Manche.

      Il est commandant de l’avion « #Côte_d'Opale » dans le cadre de l’opération européenne Frontex. Depuis le naufrage d’un radeau qui a tué 27 demandeurs d’asile le mois dernier, il surveille la zone :

      « Je ne peux pas entrer dans le détail de ce que nous avons vu exactement, mais nous avons pris quelques photos que nous pouvons vous montrer des différents camps que nous surveillons en particulier à Calais et Dunkerque. Nous surveillons les camps pour voir, ce qu’ils font, s’ils se préparent à partir, et aussi bien sûr les plages pour voir s’il y a des départs. »

      L’agence Frontex a organisé des vols au-dessus de la zone à la demande de la France. La mission est censée durer jusqu’à la fin de l’année.

      Si les agents ont admis que des discussions sur le renouvellement de leur mandat étaient en cours, certains doutent de l’efficacité des mesures prises pour dissuader les personnes désespérées d’effectuer la traversée de la Manche.

      « Je pense que les gens tenteront la traversée. S’ils sont suffisamment désespérés, ils iront, quoi qu’il arrive. J’espère simplement que nous pourrons être là pour aider à éviter les pertes de vies humaines » explique Michael Munkner, le commandant du détachement Frontex pour la Manche.

      Elyaas Ehsas est un réfugié afghan. Il est d’accord pour dire que les exilés continueront de chercher à traverser par tous les moyens pour se rendre au Royaume-Uni, malgré les obstacles.

      « S’ils avaient une chance de rester dans leur pays d’origine, ils resteraient. Imaginez comme ça... quelqu’un dans votre pays vous prend tout, que feriez-vous ? »

      Elyaas a quitté l’Afghanistan il y a 6 ans. Après avoir vu sa demande d’asile rejetée par la Suède, il avait aussi pensé à faire la traversée de la Manche :

      « Une des raisons pour lesquelles les gens traversent et prennent beaucoup de risques, c’est à cause de l’accord de Dublin, ils se disent si je vais au Royaume-Uni, il n’y a pas de règlement de Dublin au Royaume-Uni à cause du Brexit. Le Royaume-Uni a quitté l’Union européenne, et donc il n’y a pas d’empreintes digitales. Au moins, ils peuvent rester là-bas pendant un certain temps et se reconstruire une nouvelle vie. »

      Le règlement de Dublin part du principe que les réfugiés bénéficient du même niveau de protection dans tous les États membres de l’UE, et qu’ils doivent demander l’asile dans le pays d’arrivée.

      Les 27 ont reconnu les limites du dispositif et promis de créer un nouveau système de gouvernance migratoire.

      Le mois dernier, Elyaas a pu faire une nouvelle demande d’asile, cette fois-ci en France. Mais son histoire n’est pas encore terminée. Il dit que si les autorités françaises rejettent sa demande, il poursuivra son voyage quelles qu’en soient les conséquences.

      https://fr.euronews.com/2021/12/17/frontex-en-action-dans-la-manche-la-grande-bretagne-une-force-d-attract

  • Syrian family sue EU border agency over removal from Greece

    Family who were sent to Turkey despite lodging asylum claims take case to European court

    Five years to the day after a family of Syrian refugees were bundled on to a plane and deported to Turkey despite having lodged asylum claims in Greece, they are taking their case to the European court of justice.

    In an unprecedented step, a Dutch firm of human rights lawyers announced on Wednesday that it had filed a lawsuit against Frontex, the EU border agency that operated the flight, and was seeking damages on behalf of the family.

    “Frontex has acknowledged there were human rights violations,” said Lisa-Marie Komp, one of the lawyers at the Prakken d’Oliveira practice representing the family. “It has accepted that the refugees never got the chance to have their asylum request processed.”

    She said it was crucial that the EU-funded agency was held accountable. “If it is to be given such a far-reaching mandate, then there should be effective possibilities to hold it to account. And if that is not possible, what it will amount to is the undermining of the basic principle of rule of law.”

    The action – the first of its kind to be brought before the Luxembourg tribunal – highlights the illegal practice of pushbacks at the EU’s external borders, according to campaigners who have stepped up calls for an end to the alleged abuses.

    Frontex has faced accusations of “actively destroying” the fundamental principles on which the EU was built by participating in the pushbacks.

    The body, which has 660 officers working alongside Greek counterparts at Greece’s sea, land and air borders, has admitted that the Syrian couple and their four children were among 18 passengers onboard the flight from Kos to the southern Turkish city of Adana on 20 October 2016.

    The family, whose members have not been named in the legal action for security reasons, say they were tricked by EU and Greek officials into believing they would be flown to Athens after initiating asylum requests in Greece.

    The refugees were transported to Kos after submitting their claims on the Greek island of Leros, among the five frontline Aegean outposts that were then receiving large numbers of Syrians fleeing civil war in rickety boats from the Turkish coast.

    “I never knew I was [going to be] deported to Turkey,” the then 33-year-old father told reporters after being placed in the Düziçi detention camp in the south of the country. “The policemen said ‘leave your dinner, get your stuff, we will take you to a police station for the night and [then] tomorrow morning to Athens.’”

    Once on the flight the family, including four children aged one to seven, were forced to sit apart next to escort guards, who were subsequently identified by the insignia on their uniforms. It was only when the youngest child began to cry uncontrollably that he was allowed to sit on his mother’s lap.

    “They were in a very vulnerable position,” said Komp. “The treatment of the children on the flight was itself in contravention of the rights of the child enshrined in article 24 of the charter of fundamental rights of the EU.”

    It took three years and eight months before Frontex responded to requests from the Dutch legal team and drafted a report about the internal complaint. “The bottom line is they didn’t take any measures to check whether it was legal to take this family out of Greece,” Komp said.

    The Syrians, from the Kurdish town of Kobani, have since settled in northern Iraq for fear of being returned to their war-torn homeland.

    An estimated 1 million Syrians arrived in Greece en route to other parts of Europe at the height of an influx that began in 2015. Although the Greek asylum service was overwhelmed, the leftwing Syriza party then in power in Athens said Syrian refugees would be given priority on islands that soon became synonymous with squalid and vastly overcrowded camps.

    The incident was the first recorded expulsion of asylum seekers after the EU reached a landmark deal with Turkey in March 2016 in which it was explicitly stated that people arriving in Greece would have access to a fair asylum procedure.

    Yiannis Mouzalas, who was the minister in charge of Greek migration policy at the time, told the Guardian he ordered an inquiry into the case after it became clear that “violations” had occurred.

    “An asylum request was lodged and it was evident the process had been violated and something illegal had happened,” said Mouzalas, conceding he had no idea of the inquiry’s findings because he stepped down before it was wrapped up. “But I do know it was the responsibility of the competent Greek authorities [to remove them], not Frontex which transported them.”

    Frontex has blamed the decision to return the family on “national authorities”, saying its role was to provide “means of transport, trained escorts, translators and medical personnel.”

    An 18-page report released 19 months later, which was subsequently published in the leftwing daily Syntakton, concluded that while the asylum claim had been registered 11 days earlier, it was only logged on the electronic police platform a day after the Syrians was deported.

    Although the right to asylum is enshrined in EU law, there have been mounting reports of dangerous pushbacks. Greece, Croatia and Romania were recently singled out for censure after an eight-month investigation led by the news organisation Lighthouse Reports found they had conducted a “violent campaign” to stop asylum seekers crossing their borders.

    The European Council on Refugees and Exiles, an alliance of 103 NGOs across 39 countries on the continent, has attributed “emerging evidence” of hundreds of illegal pushback operations to security forces in member states, often acting with the tacit support of Brussels.

    https://www.theguardian.com/world/2021/oct/20/syrian-family-sue-eu-border-agency-over-removal-from-greece
    #asile #migrations #réfugiés #justice #Frontex #frontières #poursuite #Cour_de_Justice_européenne #CJUE #Grèce #renvois #expulsions #réfugiés_syriens

    ping @isskein