• Crescono le vendite di armi delle prime 100 aziende del mondo. Nonostante la crisi

    Nel 2021 le prime 100 multinazionali del settore -soprattutto statunitensi- hanno registrato un giro di affari pari a 592 miliardi di dollari, più 1,9% rispetto al 2020. L’Italia è tra i Paesi che cresce di più per via del forte incremento dei fatturati di Leonardo. I dati dall’istituto di ricerca indipendente Sipri

    La vendita di armamenti e sistemi d’arma da parte delle prime 100 aziende al mondo ha raggiunto nel 2021 quota 592 miliardi di dollari, in crescita dell’1,9% rispetto all’anno precedente e confermando un trend iniziato nel 2015. L’Italia, per via del boom dei ricavi di Leonardo, è tra le aree che segnano la crescita relativa più forte: più 15%, al primo posto con la Francia. Tutto questo nonostante gli effetti della pandemia da Covid-19 abbiano rallentato le commissioni e messo in crisi i fornitori, rendendo ad esempio i componenti più costosi e difficili da reperire. Lo mostrano i dati diffusi il 5 dicembre 2022 dal Sipri, l’Istituto indipendente di ricerca sulla pace di Stoccolma che si occupa di conflitti, armamenti, controllo delle armi e disarmo.

    “Avremmo potuto aspettarci una crescita ancora maggiore delle vendite di armi nel 2021 senza i persistenti problemi della catena di approvvigionamento -ha spiegato Lucie Béraud-Sudreau, direttrice del Programma di spesa militare e produzione di armi del Sipri-. Sia le grandi aziende produttrici di armi sia quelle più piccole hanno dichiarato che le loro vendite sono state influenzate durante l’anno da questi fattori. Alcuni produttori, come #Airbus e #General_dynamics, hanno anche segnalato carenze di manodopera”. Le catene di approvvigionamento hanno sofferto a causa della loro estensione e complessità: l’italiana Leonardo ha segnalato nei suoi rapporti una rete di fornitori pari a oltre 11mila aziende. A questo scenario si sono aggiunte le conseguenze dell’invasione russa dell’Ucraina che ha portato ulteriori difficoltà anche per l’importanza che riveste Mosca nel commercio di componenti d’arma. “Sebbene i rapporti indichino che le aziende russe stanno aumentando la produzione a causa della guerra, queste hanno avuto difficoltà ad accedere ai semiconduttori. Inoltre hanno subito l’impatto delle sanzioni. Ad esempio #Almaz-Antey (non inclusa nella Top 100 per il 2021 per mancanza di dati, ndr) ha dichiarato di non essere riuscita a ricevere i pagamenti per alcune delle sue forniture di armi”, riportano gli esperti del Sipri.

    Veniamo ora alle 100 multinazionali oggetto dello studio. Gli Stati Uniti sono il Paese più rappresentato: sono 40 le aziende Usa tra le prime 100 e le prime cinque per valore assoluto: #Lockheed_Martin, #Raytheon_technologies, #Boeing, #Northrop_grumman e #General_dynamics. Nonostante abbiano affrontato una diminuzione delle vendite di armamenti, perdendo lo 0,9% rispetto al 2020, le principali aziende statunitensi hanno venduto materiale bellico per un totale di 300 miliardi di dollari, pari al 51% della spesa esaminata. Un calo che ha riguardato quattro dei maggiori cinque produttori con l’esclusione di Raytheon Technologies che ha aumentato le vendite del 9,1%. Una particolarità del “mercato” statunitense riguarda le recenti acquisizioni e fusioni tra i produttori del settore. Una delle operazioni più significative è stata l’acquisto da parte di Peraton di Perspecta, azienda specializzata in informatica governativa, per 7,1 miliardi di dollari. “Probabilmente nei prossimi anni potremo aspettarci un’azione più incisiva da parte del governo statunitense per limitare le fusioni e le acquisizioni nell’industria degli armamenti -ha dichiarato Nan Tian, ricercatore senior del Sipri-. Il dipartimento della Difesa degli Stati Uniti ha infatti espresso la preoccupazione che la riduzione della concorrenza nel settore possa avere effetti a catena sui costi di approvvigionamento e sull’innovazione”. Un timore piuttosto paradossale considerando come funziona il mercato delle armi, con gli Stati a fare da principali committenti.

    Secondo i dati del 2021 sono 27 le aziende in classifica con sede in Europa e le loro vendite complessive hanno registrato un incremento del 4,2%, raggiungendo i 123 miliardi di dollari. Le velocità di crescita cambiano a secondo del settore. “La maggior parte delle aziende europee specializzate nel settore aerospaziale militare ha registrato perdite per il 2021, imputate alle interruzioni della catena di approvvigionamento -ha fatto notare Lorenzo Scarazzato, ricercatore del Programma di spesa militare e produzione di armi del Sipri-. Al contrario i costruttori navali europei sembrano essere stati meno colpiti a e sono stati in grado di aumentare le loro vendite nel 2021″. Tra questi c’è #Fincantieri, che occupa la 46esima posizione e che ha registrato un incremento del 5,9% dei ricavi rispetto all’anno precedente. Crescita che condivide con l’altro gruppo italiano, Leonardo, che ha segnato un aumento fortissimo del 18% e che occupa la 12esima posizione con 13,9 miliardi di dollari di fatturato. Una delle poche aziende del settore aereo che hanno segnato una crescita è la francese Dassault aviation group che ha riportato una crescita del 59% grazie alla commissione di 25 aerei modello “Rafale”.

    Il mercato asiatico, infine, comprende 21 aziende tra le prime cento e ha raggiunto i 136 miliardi di dollari nel corso del 2021 con una crescita del 5,8% rispetto all’anno precedente. La tendenza è stata guidata dai produttori cinesi che da soli contano per 109 miliardi di dollari e hanno aumentato le loro vendite del 6,3%. “A partire dalla metà dello scorso decennio si è verificata un’ondata di consolidamento nell’industria degli armamenti cinese -ha sottolineato Xiao Liang, anch’egli ricercatore del Programma del Sipri-. Nel 2021 la #CSSC cinese è diventata il più grande costruttore di navi militari al mondo, con vendite per 11,1 miliardi di dollari, dopo una fusione tra due società già esistenti”.

    https://altreconomia.it/crescono-le-vendite-di-armi-delle-prime-100-aziende-del-mondo-nonostant
    #armes #armement #commerce_d'armes #statistiques #chiffres #monde #multinationales #business #vente_d'armes

  • Se questa è l’Europa. Una cortina di ferro per i migranti

    La Polonia costruirà da dicembre una barriera per fermare il flusso di profughi spinti verso il confine dal governo della Bielorussia. Negli ultimi 50 anni costruiti 65 muri di confine

    Non sarà facile, quando toccherà agli storici, spiegare che l’epoca dei muri non è più solo quella del Vallo di Adriano o il tempo del cinese Qin Shi Huang, l’imperatore padre della Grande Muraglia. Epoche in cui le fortificazioni servivano a proteggersi dalle incursioni armate. Non nel 2021, quando miliardi di euro vengono investiti per respingere nient’altro che persone disarmate.

    Il 60% delle nuove barriere è stato voluto per ostacolare le migrazioni forzate. Negli ultimi 50 anni (1968-2018) sono stati costruiti oltre 65 muri di confine. L’Europa (26%) è seconda solo all’Asia (56%). A oltre trent’anni dalla caduta del muro di Berlino, il 60% della popolazione mondiale (circa 4,7 miliardi di persone) vive in Paesi che hanno costruito un qualche argine contro i flussi di persone.

    Il centro studi ’Transnational Institute’ ha calcolato che solo dal 1990 al 2019 i Paesi Ue dell’area Schengen si sono dotati di oltre mille chilometri di recinzioni. E presto saranno più del doppio. La spesa totale ha sfiorato il miliardo di euro. A cui andranno aggiunti gli stanziamenti per i 508 chilometri di frontiera che la Lituania ha deciso di puntellare con pali d’acciaio e filo spinato. Come la Polonia, del resto, che con i lituani condivide l’affaccio sulla Bielorussia. Ieri la conferma: da dicembre il governo polacco costruirà una nuova barriera al confine. «È sconcertante quanto avviene in più luoghi ai confini dell’Unione. È sorprendente – ha detto ieri il presidente Sergio Mattarella – il divario tra i grandi principi proclamati e il non tener conto della fame e del freddo cui sono esposti esseri umani ai confini dell’Unione» .

    Per venirne a capo bisogna seguire i soldi. Tanti soldi. Si scopre così che il filo spinato e le armi per ricacciare indietro i poveri sono prima di tutto un colossale giro d’affari. A poco servono le inchieste amministrative e quelle penali sulle operazioni condotte da agenzie come Frontex, nata per supportare la sorveglianza dei confini esterni e finita accusata di malversazioni e di aver cooperato nelle operazioni più cruente nei Balcani, nel Canale di Sicilia e nell’Egeo. Entro il 2027 si passerà dagli attuali 1.500 a 10mila effettivi, di cui 7 mila distaccati dalle forze dell’ordine nazionali, e avrà nel bilancio un budget superiore alla maggior parte delle agenzie dell’Unione Europea: circa 5,6 miliardi di euro fino al 2027.

    Direttamente o attraverso consociate, beneficiano dei cospicui investimenti europei le più importanti aziende del comparto difesa: tra cui #Airbus, #Thales, #Leonardo, #Lockheed_Martin, #General_Dynamics, #Northrop_Grumman, #L3_Technologies, #Elbit, #Indra, #Dat-Con, #Csra, #Leidos e #Raytheon. Tra i principali beneficiari degli appalti per i muri le grandi firme dell’industria bellica. C’è #European_Security_Fencing, produttore spagnolo di filo spinato, utilizzato nelle recinzioni al confine con Spagna/Marocco, Ungheria/Serbia, Bulgaria/Turchia, Auanche stria/Slovenia, Regno Unito/ Francia. Poi la società slovena “#Dat-Con” incaricata di costruire barriere in Croazia, a Cipro, in Macedonia, Moldavia, Slovenia e Ucraina.

    E ancora il costruttore navale olandese #Damen, le cui navi sono state utilizzate in operazioni di frontiera da Albania, Belgio, Bulgaria, Portogallo, Paesi Bassi, Romania, Svezia e Regno Unito, oltre che Libia, Marocco, Tunisia e Turchia. I francesi siedono al tavolo dei grandi appalti con “#Sopra_Steria”, il principale contraente per lo sviluppo e la manutenzione del Sistema d’informazione visti ( #Vis), il Sistema d’informazione Schengen (#Sis_II) e Dattiloscopia europea (#Eurodac). Poi di nuovo una compagnia spagnola, la #Gmv incaricata di implementare #Eurosur, il sistema europeo di sorveglianza delle frontiere esterne.

    Prima di oggi le imprese hanno beneficiato del budget di 1,7 miliardi di euro del Fondo per le frontiere esterne della Commissione europea (2007-2013) e del Fondo per la sicurezza interna – frontiere (2014-2020) di 2,76 miliardi di euro. Per il nuovo bilancio Ue (20212027), la Commissione europea ha stanziato 8,02 miliardi di euro al Fondo per la gestione integrata delle frontiere; 11,27 miliardi di euro a Frontex (di cui 2,2 miliardi di euro saranno utilizzati per acquisire e gestire mezzi aerei, marittimi e terrestri) e almeno 1,9 miliardi di euro di spesa totale (20002027) per le sue banche dati di identità e Eurosur (il sistema europeo di sorveglianza delle frontiere).

    Commentando le ultime notizie dalla frontiera orientale, il presidente della commissione Cei per i migranti, il vescovo Giancarlo Perego, ha usato parole che ben riassumono la deriva del continente dei muri: «Una sconfitta dell’umanesimo su cui si fonda l’Europa, una sconfitta della democrazia. L’Europa dei muri è un’Europa che dimostra di cedere alla paura, un’Europa in difesa da un mondo che cammina». Oppure, per dirla con Papa Francesco, le moderne muraglie sono «una cosa insensata, che separa e contrappone i popoli».

    https://www.avvenire.it/attualita/pagine/una-cortina-di-ferro-per-i-migranti

    #murs #barrières_frontalières #migrations #asile #réfugiés #frontières #complexe_militaro-industriel #business

  • #Biden and the Border Security-Industrial Complex

    Successive administrations have poured money into the business of militarizing immigration control—and lobbyists have returned the favors. Will this president stop the juggernaut?

    There are many ways I wish I’d spent my last days of freedom before the coronavirus’s inexorable and deadly advance through the US began last year, but attending the 2020 Border Security Expo was not one of them. On March 9, 2020, President Trump told us the flu was more deadly than coronavirus and that nothing would be shut down. “Think about that!” he tweeted. On March 13, he declared the pandemic a national emergency. In the days between, I flew to San Antonio, Texas, to attend the Expo in an attempt to better understand the border security industry and its links to government. I soon found myself squeezing through dozens of suited men with buzz cuts clapping each other on the back and scarfing bagels at the catering table, with scant mention of the coming catastrophe.

    Instead, the focus was on how best to spend the ever-increasing budgets of the Customs and Border Protection agency (CBP) and Immigration and Customs Enforcement (ICE), which had discretionary spending allocations that totaled $27 billion. Together, that was up 20 percent on the previous year’s budgets; and for decades now, under Democrats and Republicans alike, the border security industry has generally received more and more money each year. For the first time in years, the agencies’ latest combined budget records a modest reduction, of $1.5 billion (though the expenditure on ICE continues to grow unchecked).

    President Biden is working to undo some of the most violent anti-immigrant policies of his predecessor, including lifting the travel ban on thirteen nations, almost all in the Middle East or Africa, and working to end the Migrant Protection Protocols, which forced some 25,000 asylum seekers to stay in Mexico as they awaited their day in court. He has also created a task force to reunite families separated at the US–Mexico border and has already sent a comprehensive immigration reform bill to lawmakers. And he has halted construction of Donald Trump’s notorious border wall.

    Does this all signify that he is ready to consider taming the vast militarized machine that is the border security industry? Or will he, like Democratic presidents before him, quietly continue to expand it?

    (#paywall)

    https://www.nybooks.com/daily/2021/03/02/biden-and-the-border-security-industrial-complex

    #USA #complexe_militaro-industriel #Etats-Unis #migrations #frontières #contrôles_frontaliers #business #réfugiés #migrations #militarisation_des_frontières #Joe_Biden #Customs_and_Border_Protection_agency (#CBP) #Immigration_and_Customs_Enforcement (#ICE)

    • Biden’s Border. The industry, the Democrats and the 2020 elections

      This briefing profiles the leading US border security contractors, their related financial campaign contributions during the 2020 elections, and how they have shaped a bipartisan approach in favor of border militarization for more than three decades. It suggests that a real change in border and immigration policies will require the Democrats to break with the industry that helps finance them.

      Key findings:

      – Early into his presidency, Joe Biden has already indicated through 10 executive orders that he wants to end the brutality associated with Trump’s border and immigration policies. However undoing all the harmful dimensions of the US border regime will require substantial structural change and an end to the close ties between the Democrats and the border industry.

      - The border security and immigration detention industry has boomed in the last decades thanks to constant increases in government spending by both parties—Democrats and Republicans. Between 2008 and 2020, CBP and ICE issued 105,997 contracts worth $55.1 billion to private corporations.The industry is now deeply embedded in US government bodies and decision-making, with close financial ties to strategic politicians.

      – 13 companies play a pivotal role in the US border industry: #CoreCivic, #Deloitte, #Elbit_Systems, #GEO_Group, #General_Atomics, #General_Dynamics, #G4S, #IBM, #Leidos, #Lockheed_Martin, #L3Harris, #Northrop_Grumman, and #Palantir. Some of the firms also provide other services and products to the US government, but border and detention contracts have been a consistently growing part of all of their portfolios.

      - These top border contractors through individual donations and their #Political_Action_Committees (PACs) gave more than $40 million during the 2020 electoral cycle to the two parties ($40,333,427). Democrats overall received more contributions from the big border contractors than the Republicans (55 percent versus 45 percent). This is a swing back to the Democrats, as over the last 10 years contributions from 11 of the 13 companies have favored Republicans. It suggests an intention by the border industry to hedge their political bets and ensure that border security policies are not rolled back to the detriment of future profits.

      – The 13 border security companies’ executives and top employees contributed three times more to Joe Biden ($5,364,994) than to Donald Trump ($1,730,435).

      - A few border security companies show preferences towards one political party. Detention-related companies, in particular CoreCivic, G4S and GEO Group, strongly favor Republicans along with military contractors Elbit Systems and General Atomics, while auditing and IT companies Deloitte, IBM and Palantir overwhelmingly favor the Democrats.

      – The 13 companies have contributed $10 million ($9,674,911) in the 2020 electoral cycle to members of strategic legislative committees that design and fund border security policies: the House and Senate Appropriations Committees and the House Homeland Security Committee. The biggest contributors are Deloitte, General Dynamics, L3Harris, Leidos, Lockheed Martin and Northrop Grumman, and nearly all donate substantially to both parties, with a preference for Republican candidates. Democrat Senator Jack Reed ($426,413), Republican Congresswoman Kay Granger ($442,406) and Republican Senator Richard Shelby ($430,150) all received more than $400,000 in 2020.

      – Biden is opposed to the wall-building of Trump, but has along with many Democrats voiced public support for a more hidden ‘virtual wall’ and ‘smart borders’, deploying surveillance technologies that will be both more lucrative for the industry and more hidden in terms of the abuses they perpetrate.

      - Department of Homeland Security Secretary, Alejandro Mayorkas developed and implemented DACA under Obama’s administration, but also as a lawyer with the firm WilmerHale between 2018 and 2020 earned $3.3 million representing companies including border contractors Northrop Grumman and Leidos.

      - Over the last 40 years, Biden has a mixed voting record on border policy, showing some support for immigrant rights on several occasions but also approving legislation (the 1996 Illegal Immigration and Immigration Reform Act) that enabled the mass deportations under Obama, and the 2006 Secure Fence Act, which extended the wall long before Trump’s election.

      – The Democrat Party as a whole also has a mixed record. Under President Bill Clinton, the Democrats approved the 1994 Prevention through Deterrence national border strategy and implemented the 1996 Illegal Immigration Reform and Immigration Responsibility Act that dramatically increased the pace of border militarization as well as deportations. Later Obama became the first president to deport nearly 3 million people during his eight-year term.

      – Nearly 8,000 bodies have been recovered in the U.S.–Mexico borderlands between 1998 and 2019 as a result of policies by both parties. The organization No More Deaths has estimated that three to ten times as many people may have died or disappeared since today’s border-enforcement strategy was implemented. The border industrial complex’s profits are based on border and immmigration policies that have deadly consequences.

      https://www.tni.org/en/bidensborder

      #rapport #TNI #murs #barrières_frontalières #démocrates #républicains #industrie_frontalière #smart_borders #murs_virtuels #technologie #morts #décès #mortalité

  • 6 out of 10 people worldwide live in a country that has built border walls

    Days after the drawn-out U.S. elections, a new report reveals that the wall sold by Trump as a supposed achievement of his administration is just one of more than 63 new border walls built along borders or in occupied territories worldwide.

    Today, 31 years after the fall of the Berlin Wall, we find ourselves in a world with more walls than ever. 4.679 billion people in the world (60.98%) live in a country that has built one of these walls on its borders, concludes the report “Walled world: towards Global Apartheid” co published by the Centre Delàs d’Estudis per la Pau, Transnational Institute, Stop Wapenhandel and Stop the Wal Campaign.

    Beyond the surge in physical walls, many more countries have militarized their frontiers through the deployment of troops, ships, aircraft, drones, and digital surveillance, patrolling land, sea and air. If we counted these ‘walls’, they would number hundreds. As a result, it is now more dangerous and deadly than ever to cross borders for people fleeing poverty and violence.

    In addition, the research highlights that, as in the United States, immigration and terrorism are the main reasons given by states for the construction of walls, both justifications together represent 50%, half of the world’s walls.

    Israel tops the list of countries that have built the most walls, with a total of 6. It is followed by Morocco, Iran and India with 3 walls each. Countries with 2 border walls are South Africa, Saudi Arabia, United Arab Emirates, Jordan, Turkey, Turkmenistan, Kazakhstan, Hungary and Lithuania.

    “The global trend in border management policies is to build a world in which segregation and inequality are reinforced. In this walled world, commerce and capital are not restricted, yet it increasingly excludes people based on their class and origin”, states Ainhoa ​​Ruiz Benedicto, co-author of the report and researcher at the Centre Delàs d’Estudis per la Pau.

    The report focuses on a few specific walls in different regions, highlighting the following:

    Four of the five countries bordering Syria have built walls: Israel, Turkey, Jordan and Iraq.
    India has built 6,540 km of barriers against its neighboring countries, covering 43% of its borders.
    Morocco built an occupation wall with Western Sahara considered “the greatest functional military barrier in the world”, 2,720 km long.

    In addition to physical walls, the militarization of border areas continues to increase, in which walls are just one means of stopping people crossing territories.. The report highlights two cases:

    Mexico has notably militarized its border with Guatemala with equipment and financing through the US funded Frontera Sur program.
    Australia has turned the sea into a barrier with the deployment of its armed forces and the Maritime Border Command of the Australian Border Force, in addition to an offshore detention system that violates human rights.

    The business of building walls

    Finally, the report analyzes the industry that profits from this surge in wall-building and the criminalization of people fleeing poverty and violence. The report concludes that the border security industry is diverse, as shown by the number of companies involved in the construction of Israel’s walls, with more than 30 companies from the military, security, technology and construction sectors.

    “Many walls and fences are built by local construction companies or by state entities, such as the military. However, the walls are invariably accompanied by a range of technological systems, such as monitoring, detection and identification equipment, vehicles, aircraft and arms, which military and security firms provide”, explains Mark Akkerman, co-author of the report and researcher at Stop Wapenhandel. Companies such as Airbus, Thales, Leonardo, Lockheed Martin, General Dynamics, Northrop Grumman and L3 Technologies are the main beneficiaries of border contracts - in particular providing the technology that accompanies the walls in both the US and in EU member states. In the specific cases studied in the report, companies such as Elbit, Indra, Dat-Con, CSRA, Leidos and Raytheon also stand out as key contractors.

    “Three decades after the fall of the Berlin Wall, it is extremely sad that the wall has become the symbol of our time. Not only is it a betrayal of people’s hopes in 1989, but it also locks us into a fortress with no way out in which we lose our very humanity. All the research tells us that we can expect more migration in the coming decades. Therefore, it is of profound importance to seek other dignified and humane ways to respond to the needs of people who are forced to flee their homes for reasons of poverty, violence and climate change”, warns Nick Buxton, co-editor of the report and researcher at TNI.

    https://www.tni.org/en/article/6-out-of-10-people-worldwide-live-in-a-country-that-has-built-border-walls

    #murs #barrières_frontalières #cartographie #visualisation #frontières #business #complexe_militaro-industriel #migrations #asile #réfugiés #Airbus #Thales #Leonardo #Lockheed_Martin #General_Dynamics #Northrop_Grumman #L3_Technologies #Elbit #Indra #Dat-Con #CSRA #Leidos #Raytheon #chiffres #statistiques #militarisation_des_frontières #contrôles_frontaliers #terrorisme #anti-terrorisme #Israël #Maroc #Inde #Iran #ségrégation #monde_ségrégué #monde_muré #technologie

    #rapport #TNI

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  • Naomi Klein : « Le cabinet de copains de Trump a peut-être l’air très fort, mais ces gens ont peur » Solidaire - Naomi Klein - 15 Février 2017

    L’activiste canadienne Naomi Klein voit dans le nouveau gouvernement des États-Unis un coup d’État très clair des grandes entreprises. Dans un article qu’elle a écrit pour The Nation et que nous publions ci-dessous traduit en français, elle explique comment ce coup d’État a été inspiré par la peur. En effet, dans le monde entier, l’influence des mouvements sociaux qui menacent les intérêts de l’establishment ne cessent de croître. Klein estime donc que ces mouvements ont désormais une tâche difficile mais nécessaire. Et que « nous pouvons toujours les vaincre ».

    Zoomons sur Washington et observons ce qui s’y passe. Les gens qui possèdent déjà une part absolument obscène de la richesse de notre planète, et dont la fortune ne cesse d’augmenter d’année en année – les derniers chiffres montrent que huit hommes possèdent autant que la moitié de l’humanité –, sont bien déterminés à s’emparer d’encore davantage. Les personnalités-clés qui composent le cabinet de Donald sont non seulement des ultra-riches, mais ces individus ont amassé leur argent en nuisant aux personnes les plus vulnérables de notre planète, et à la planète elle-même. Cela fait apparemment partie du profil requis pour le job.

    Les gens qui possèdent déjà une part absolument obscène de la richesse de notre planète sont bien déterminés à s’emparer d’encore davantage.
    Il y a le banquier des produits pourris, Steve Mnuchin, le choix de Trump pour occuper les fonctions de ministre van Finances. Sa « machine à expulsions », illégale, a mis des dizaines de milliers de gens à la porte de leur logement.

    Passons des hypothèques à la malbouffe, c’est-à-dire à Andrew Puzder, que Trump a nommé ministre de l’Emploi. En tant que CEO de son empire du fast-food, cela ne lui suffisait pas de payer ses travailleurs d’un salaire scandaleux tout à fait insuffisant pour vivre, mais son entreprise a également été condamnée pour vol dans divers procès : des travailleurs n’étaient pas payés pour leur tâche et pour leurs heures supplémentaires.

    Après la malbouffe, la fausse science. Pour diriger les Affaires étrangères, Trump a désigné Rex Tillerson. En tant que cadre de direction puis CEO d’Exxon Mobil, Tillerson a financé des recherches prétendument scientifiques et en amplifié la diffusion, tout en exerçant en coulisses un lobbying intense contre les actions internationales totalement pertinentes en faveur du climat. Ces manœuvres ont fortement contribué au fait que le monde a perdu des décennies pour sortir des combustibles fossiles et ont grandement accéléré la crise climatique. En conséquence, d’innombrables personnes perdent déjà actuellement leur habitation à cause de tempêtes et de la montée du niveau des océans, meurent à cause de sécheresses et de canicules et, au bout du compte, des millions de gens verront leur pays être submergé par les eaux. Comme toujours, les gens qui sont frappés en premier lieu et le plus fortement sont les plus pauvres, et essentiellement des non-Blancs.

    Des logements volés. Des salaires volés. Des cultures et des pays volés. Tout cela est immoral. Et tout cela rapporte énormément d’argent.

    Sous le feu
    Mais un contre-courant populaire s’est développé. Et c’est précisément la raison pour laquelle ce gang de CEO – et les secteurs dont ils sont issus – se sont inquiétés à juste titre de voir leur fête approcher de la fin. Ils ont pris peur. Les banquiers comme Mnuchin se rappellent l’écroulement financier de 2008, lors duquel on a ouvertement parlé de nationalisation des banques. Ils ont assisté à la montée du mouvement Occupy et vu la résonance qu’a eue le message anti-banques de Bernie Sanders durant sa campagne.

    Des patrons du secteur des services comme Andrew Puzder ont une peur bleue de la force croissante de Fight for $15 (le mouvement qui lutte pour le salaire horaire minimum de 15 dollars, NdlR), qui a engrangé des victoires dans des villes et des États de tout le pays. Et, si Bernie avait gagné cette primaire qui fut étonnamment serrée, le mouvement aurait bien pu avoir un champion à la Maison blanche. On peut imaginer l’effroi que cela représente pour un secteur qui repose fondamentalement sur l’exploitation du travail afin de maintenir les prix très bas et les profits très hauts.

    Il ne faut pas se leurrer : le mouvement pour le climat constitue pour Exxon Mobil une menace existentielle.
    Et personne n’a plus de raisons de craindre la montée des mouvements sociaux que Tillerson. Suite à l’essor mondial du mouvement pour le climat, Exxon Mobil est sous le feu sur tous les fronts. Des oléoducs transportant son pétrole sont bloqués non seulement aux Etats-Unis mais aussi ailleurs dans le monde. Les campagnes pour le désinvestissement s’étendent comme des feux de forêt et entraînent l’incertitude pour les marchés. Et, au cours de l’année dernière, diverses tromperies effectuées par Exxon ont fait l’objet d’enquêtes judiciaires. Il ne faut pas se leurrer : le mouvement pour le climat constitue pour Exxon Mobil une menace existentielle. Les objectifs concernant le réchauffement de la Terre figurant dans les accords climatiques de Paris sont totalement incompatibles avec la consommation de tous les combustibles fossiles que des entreprises comme Exxon ont dans leurs réserves, ce qui constitue la source de leur valeur sur le marché. C’est pourquoi les propres actionnaires d’Exxon ont posé de plus en plus de questions embêtantes pour savoir s’ils étaient sur le point de se retrouver avec des paquets d’actions n’ayant plus aucune valeur.

    Le monde de l’entreprise prend le contrôle du gouvernement
    Telle est la toile de fond de la victoire de Trump. Nos mouvements ont commencé à gagner. Je ne dis pas qu’ils étaient assez forts. Ils ne l’étaient pas. Je ne dis pas que nous étions suffisamment unis. Nous ne l’étions pas. Mais quelque chose était bel et bien en train de basculer. Et, plutôt que de courir le risque que les mouvements continuent à progresser, ce gang de porte-parole de l’industrie des combustibles fossiles, de colporteurs de malbouffe et de prêteurs prédateurs se sont alliés pour prendre le contrôle du gouvernement et protéger leurs richesses mal acquises.

    Trump et ses lieutenants rigolent bien des faibles protestations quant aux conflits d’intérêts – toute l’affaire n’est qu’un seul très grand conflit d’intérêts.
    Que ce soit clair : ceci n’est pas un changement pacifique du pouvoir. C’est une prise de contrôle des commandes par le monde de l’entreprise. Ceux qui achetaient les deux plus grands partis pour défendre leurs intérêts ont décidé qu’ils en avaient marre de jouer le jeu. Apparemment, tous ces dîners fins avec les politiciens, toutes ces cajoleries et pots-de-vin légalisés insultaient leur sentiment de pouvoir de droit divin.

    Désormais, ils suppriment l’intermédiaire et font ce que tout grand chef fait quand il veut que quelque chose soit fait comme il l’entend : ils le font eux-mêmes. C’est Exxon qui est ministre des Affaires étrangères. C’est Hardee qui est ministre de l’Emploi. C’est General Dynamics qui est ministre de la Défense. Et, pour tout le reste, ce sont les types de Goldman Sachs. Après avoir privatisé l’État par petits morceaux pendant des décennies, ils ont décidé de s’emparer du gouvernement lui-même. La dernière frontière du néolibéralisme. C’est pourquoi Trump et tous ses lieutenants qu’il a nommés rigolent bien des faibles protestations quant aux conflits d’intérêts – toute l’affaire n’est qu’un seul très grand conflit d’intérêts.

    Surfer sur la peur de Trump
    Bon, alors, que faisons-nous ? En premier lieu, nous devons toujours nous rappeler leurs faiblesses, même s’ils exercent le pouvoir de manière brute. La raison pour laquelle le masque est tombé et que nous voyons maintenant sans fard la manière dont les grandes entreprises dirigent les choses, ce n’est pas parce que ces grandes entreprises se sentaient toutes-puissantes, c’est parce qu’elles étaient en panique.

    Une partie de la base de Trump regrette déjà son vote, et cette partie ne fera qu’augmenter.
    En outre, une majorité d’Américains n’a pas voté pour Trump. 40 % sont restés chez eux et parmi ceux qui sont allés voter, une nette majorité a voté pour Clinton. Trump a gagné grâce à un système truqué. Et même dans ce système, il n’a pas gagné. Ce sont Clinton et l’establishment du Parti démocrate qui ont perdu. Trump n’a pas gagné avec un enthousiasme débordant et un haut pourcentage de voix. L’establishment du Parti démocrate n’a pas jugé important de mener campagne autour d’améliorations concrètes de la vie des gens. Ils n’avaient pour ainsi dire rien à offrir aux gens dont la vie a été ruinée par les attaques néolibérales. Ils ont pensé qu’ils pouvaient surfer sur la peur de Trump, et cela n’a pas marché.

    La bonne nouvelle, c’est : tout ceci rend Donald Trump incroyablement vulnérable. C’est le type qui est arrivé au pouvoir en racontant les plus gros et les plus éhontés de mensonges, en se vendant comme le champion des travailleurs qui s’opposerait enfin au pouvoir des grandes entreprises et à leur influence à Washington. Une partie de sa base regrette déjà son vote, et cette partie ne fera qu’augmenter.

    L’heure est à l’optimisme
    Qu’est-ce qui nous attend d’autre ? Ce gouvernement va très vite tomber sur le dos de tout le monde. On parle d’un budget du « choc et de l’effroi », (« shock and awe » est un terme militaire qui désigne l’écrasement de l’adversaire et l’anéantissement de sa volonté de combattre par l’emploi d’une très grande puissance de feu et des démonstration de force spectaculaires, NdlR) : en dix ans, 10 trillions ( c’est-à-dire 10 milliards de milliards) de dollars seront supprimés. La tronçonneuse sévira sur tout, des programmes contre la violence envers les femmes aux arts, du soutien aux énergies renouvelables aux polices de proximité. Ils pensent clairement que cette stratégie de Blitzkrieg va nous renverser. Mais ils pourraient être surpris – cela pourrait bien tous nous unir pour une cause commune. Si l’ampleur de la Marche des femmes en est un signe, nous sommes alors bien partis.

    Ce gouvernement va très vite tomber sur le dos de tout le monde.
    Construire des coalitions solides en des temps de politique de bunker est un dur travail. Il faut affronter des questions difficiles avant que le progrès soit possible. Et le financement de fondations et la culture de la célébrité parmi les activistes peuvent monter les gens et les mouvements les uns contre les autres au lieu d’encourager la collaboration. Mais les difficultés ne peuvent pas mener au désespoir. Pour reprendre une phrase populaire de la gauche en France, « l’heure est à l’optimisme, laissons le pessimisme pour des temps meilleurs ».

    Personnellement, je ne peux pas vraiment mobiliser de l’optimisme. Mais, en ce moment où tout est menacé, nous pouvons et nous devons faire appel à notre détermination la plus inébranlable.

    Naomi Klein

    #Naomi_Klein #Etats_Unis #Trump #Peur #mouvements_sociaux #establishment #Steve_Mnuchin #malbouffe #Andrew_Puzder #fausse_science #Rex_Tillerson #Exxon_Mobil #Climat #vol #CEO #Mnuchin #Andrew_Puzder #prêteurs_prédateurs #General_Dynamics #Goldman_Sachs #Hardee #shock_and_awe #Blitzkrieg

  • Davos, cannabis, cocaïne, armée Suisse, armée danoise, coup de feu - La Tribune de Genéve du 22 Janvier 2016

    Parmi les 4500 militaires chargés d’assurer la sécurité au forum économique mondial (WEF) de Davos (GR), certains semblent assumer leur tâche à la légère. La police militaire a surpris douze soldats alors qu’ils consommaient cannabis et cocaïne.

    Stefan Hofer, porte-parole de l’état-major de l’armée, a confirmé vendredi l’information publiée par le Corriere del Ticino . Sur les douze soldats interpellés, tous l’ont été pour consommation de cannabis et parmi eux, cinq ont aussi pris de la cocaïne.
    Les contrôles ont été effectués mardi dans le bataillon d’infanterie de montagne 30. Celui-ci est composé essentiellement de soldats et de gradés en provenance du Tessin et du sud des Grisons. L’alerte a été donnée par des membres de la troupe concernée.

    La police militaire est tout de suite intervenue et a demandé aux soldats concernés de s’expliquer. Quelques-uns ont immédiatement avoué. La police militaire a aussi recouru aux chiens pour rechercher la drogue. Sur un soldat, plus de trois grammes de cocaïne ont été découverts.

    Cet homme a été immédiatement renvoyé à la maison et devra répondre devant les tribunaux civils, a expliqué le porte-parole. Les autres soldats, qui ont consommé de la cocaïne, ont aussi été renvoyés chez eux. Ils seront punis disciplinairement après le WEF.
    . . . . . .
    La justice militaire a également confirmé qu’un coup de feu involontaire est parti dans le cadre de l’engagement de l’armée au WEF. « Le coup est parti au moment du retrait des cartouches de l’arme », a dit Tobias Kühne à l’ats. Personne n’a vraiment été mis en danger. Le porte-parole n’a pas été en mesure d’en dire davantage. Une enquête devra éclaircir les circonstances exactes de l’incident. (ats/nxp)

    http://www.tdg.ch/suisse/police-surprend-douze-soldats-drogues/story/24030450
    + Quelque 200 personnes qui répondaient à un appel à manifester de l’Alliance anti-WEF ont été encerclées par la police samedi après-midi à Zoug. Le rassemblement n’avait pas été autorisé.

    Bonus : Grosse commande de l’armée danoise

    Mowag a décroché une belle commande des forces armées danoises. Le fabricant thurgovien de véhicules militaires, filiale du géant américain General Dynamics, leur livrera pas moins de 309 blindés à roues du type Piranha 5, pour 600 millions de francs.

    L’armée danoise entend utiliser ces véhicules de combat essentiellement dans le cadre de missions de maintien de la paix. La commande permet d’assurer du travail sur le site de Kreuzlingen jusqu’en 2023, a précisé vendredi Oliver Dürr, le patron de Mowag, confirmant une information du journal St-Galler Tagblatt.


    Il s’agit d’une des plus importantes commandes de matériel militaire en Europe à l’heure actuelle. A titre de comparaison, les exportations helvétiques en la matière se sont chiffrées en 2014 à 563,5 millions de francs.
    http://www.tdg.ch/economie/grosse-commande-armee-danoise-mowag/story/15566330

    #Davos #armée_Suisse #cannabis #cocaïne #WEF #Mowag #Suisse #véhicules_militaires #General_Dynamics #maintien_de_la_paix

  • COP21 bien comprise : Suisse : Le DURO, DUrable et RObuste n’a pas de prix

    Tout le monde a croisé au moins une fois sur sa route un exemplaire de ces camions militaires, les fameux Duro transportant les troupes.

    Dans les années 1990, l’armée suisse en avait acheté environ 2000 auprès de l’entreprise Mowag pour une facture de quelque 230 millions de francs. Duro est une contraction de « DUrable et RObuste ».

    Pour durer, il faut cependant de l’entretien et des adaptations. Certes, mais cela n’a apparemment pas de prix pour l’#armée_suisse.

    Lors de la session d’hiver des Chambres fédérales, le Conseil national a accepté un crédit de 558 millions de francs destinés à mettre à jour la flotte des Duro, notamment leur tableau de bord. Ce qui représente une dépense de 250 000 francs par camion, soit deux fois le prix qu’ils avaient coûté à l’époque.

    Généralement les #dépenses_militaires sont soutenues sans trop de discussion par les partis bourgeois au Parlement. Mais là, la pilule n’a pas passé et le bloc #UDC lui-même s’est divisé en plénum sur la question.


    La fronde a été menée par le conseiller national argovien #Ulrich_Giezendanner (UDC/AG), patron d’une société de transports. Malgré ses arguments sur l’incroyable cherté de l’opération, le crédit, soutenu par le chef de l’armée, Ueli Maurer, a passé de justesse par 98 voix à 90. Mais hier, dans Blick, le transporteur argovien est revenu à l’attaque en disant que cette histoire « pue à plein nez ».

    Il entend intervenir auprès de la Chambre des cantons qui doit statuer à son tour sur cette dépense. En toile de fond, certains soupçonnent que ce crédit vise surtout à subvenir aux besoins de l’entreprise Mowag, située à Kreuzlingen (TG), à qui va revenir le mandat pour bichonner les Duro. Mowag appartient par ailleurs à la société américaine #General_Dynamics.

    Au nom du groupe socialiste, le conseiller national Pierre-Alain Fridez (PS/JU) était intervenu pour dénoncer « la modernisation luxueuse, c’est un euphémisme, de ces camions ». Il relève aujourd’hui que « dans cette histoire, il n’y a pas eu semble-t-il un réel appel d’offres. Pour cette raison on arrive à un prix très élevé et à cette polémique. »

    Il ajoute aussi que « ces dépenses de l’armée sont illogiques. Il n’y a pas que les camions, on capitalise aussi pour 100 millions de munitions. Pendant ce temps la Confédération doit économiser sur la formation, le personnel ou sur l’aide au développement. »

    La « patate chaude » du Duro est dorénavant dans le camp des sénateurs pour la session du mois de mars.
    (Le Matin) 29.12.2015 Source : http://www.lematin.ch/suisse/duro-sent-combine/story/21281710

  • Who’s Paying the Pro-War Pundits ?
    Lee Fang on September 12, 2014 - 3:40PM ET
    http://m.thenation.com/article/181601-whos-paying-pro-war-pundits

    Rappel toujours nécessaire devant la masse monumentale uniforme d’"#analyses" d’"#experts"

    ... what you won’t learn from media (...) is that many of these former Pentagon officials have skin in the game as paid directors and advisers to some of the largest military contractors in the world. Ramping up America’s military presence in Iraq and directly entering the war in Syria, along with greater military spending more broadly, is a debatable solution to a complex political and sectarian conflict. But those goals do unquestionably benefit one player in this saga: America’s defense industry.

    [Retired General Jack] Keane is a great example of this phenomenon. His #think_tank, the Institute for the Study of War (ISW), which he oversees along with neoconservative partisans Liz Cheney and William Kristol, has provided the data on ISIS used for multiple stories by The #New_York_Times, the #BBC and other leading outlets.

    (...)

    To portray Keane as simply a think tank leader and a former military official, as the media have done, obscures a fairly lucrative career in the contracting world. For the #General_Dynamics role alone, Keane has been paid a six-figure salary in cash and #stock_options since he joined the firm in 2004; last year, General Dynamics paid him $258,006.

    #MSM #complexe_militaro_industriel #manipulations #Etats-Unis