• #carfree, c’est fini !
    https://carfree.fr/index.php/2024/08/20/carfree-cest-fini

    L’hébergeur du site Carfree, Gandi, vient de nous informer d’une augmentation de ses tarifs d’hébergement de 500% ! Les raisons évoquées par Gandi portent sur un « contexte économique global haussier et Lire la suite...

    #Alternatives_à_la_voiture #Fin_de_l'automobile #Gestion #Ressources #Vie_sans_voiture #2000 #2024 #actions #Belgique #france #mobilisation #propagande #Québec #Suisse

  • L’#eau, une question politique

    La #gestion_de_l’eau et son partage sont longtemps restés dans le champ des questions techniques. Le changement climatique, les sécheresses répétées ou encore les mobilisations contre les méga-bassines ont fait de l’eau une question politique centrale.

    Lors de la grande sécheresse de 2022, 700 communes ont été privées d’eau pour des durées plus ou moins longues. Cet épisode démarre dans l’un de ces villages, dans le Var, et fait d’abord le constat d’un véritable paradoxe : l’eau est présente partout dans nos vies, indispensable à notre subsistance et elle est l’objet d’une grande ignorance collective. Ainsi l’hydrologue Charlène Descollonges nous apprend : “Moins de 1 % d’#eau_douce disponible sur Terre est accessible aux hommes. Il y a 97,5 % d’eau salée et 2,5 % d’eau douce, et la majeure partie de cette eau douce est emprisonnée dans les glaces ou dans des nappes très profondes, peu accessibles. Donc on partage avec l’ensemble du vivant moins de 1 % d’eau douce.”

    Et savons-nous réellement ce qu’est la #sécheresse ? L’hydrologue Agnès Ducharne explique : “Une sécheresse, ça se définit par rapport à une situation qui revient régulièrement à la moyenne des années, comme une anomalie sèche. Depuis 2017, on est dans une situation où les sécheresses sont plus fréquentes que les alternances auxquelles on avait l’habitude et qui définissaient notre moyenne. Et c’est très probablement la conséquence du réchauffement climatique et du changement climatique qui l’accompagne, qui, du point de vue du cycle de l’eau, a tendance à intensifier les événements extrêmes, aussi bien secs, qu’humides.”

    Avons-nous encore une marge de manœuvre pour l’endiguer ? Connaissons-nous les cycles de l’eau ? Avec des climatologues, hydrologue et spécialistes des politiques de l’eau, nous refaisons le niveau de nos connaissances et dessinons, avec des élus, philosophes et citoyens engagés les pistes d’une réappropriation de l’eau dans nos vies.

    https://www.radiofrance.fr/franceculture/podcasts/lsd-la-serie-documentaire/l-eau-une-question-politique-6084938

    #audio #podcast

  • #Mattermost

    Mattermost est un logiciel et un service de #messagerie_instantanée libre auto-hébergeable. Il est conçu comme un #chat_interne pour les organisations et les entreprises, ainsi qu’un logiciel de #gestion_de_projets, et est présenté comme une alternative à Slack8 et Microsoft Teams.

    https://mattermost.com

    #logiciel #alternative #slack #discord #chat

  • Migranti, nei centri italiani in Albania un rotolo di carta igienica a persona a settimana

    I paradossi del #bando da 34 milioni di euro pubblicato dal Viminale per la gestione delle strutture. Applicata la procedura di estrema urgenza, negoziazione tra tre soli operatori economici, una sola settimana di tempo per la manifestazione d’interesse.

    Un appalto da 34 milioni di euro e un rotolo di carta igienica a settimana per migrante. Basterebbe questo paradosso a bollare come frettoloso e sommario il bando per l’affidamento dei servizi per i centri di accoglienza e trattenimento dei richiedenti asilo che il governo Meloni prevede di aprire in Albania entro il 20 maggio. Una improbabile corsa contro il tempo per un’operazione che ancora manca del requisito di legittimità giuridico fondamentale ma che la premier intende giocarsi in vista della campagna elettorale per le Europee del 9 giugno.

    Misteriose ragioni di estrema urgenza

    E dunque ecco il ricorso a «#ragioni_di_estrema_urgenza» ( che non si sa quali siano visto che gli sbarchi sono nettamente diminuiti) per giustificare la procedura negoziale riservata a tre soli concorrenti che, nel giro di soli sette giorni, dovrà aggiudicare l’affidamento dei servizi di accoglienza e di gestione dei tre centri previsti dove i lavori non sono neanche cominciati: quello nel porto di Shengjin, adibito allo screening sanitario, all’identificazione e alla raccolta delle richieste di asilo, e i due di Gjader, la struttura di accoglienza da 880 posti dove i migranti resteranno (teoricamente) per un mese in attesa di conoscere l’esito della procedura accelerata di frontiera, e il Cpr da 144 posti dove verranno trasferiti quelli destinati al rimpatrio.

    Si risparmia sull’igiene dei migranti

    Il bando è stato pubblicato il 21 marzo, con avviso di manifestazione di interesse che si concluderà nel tempo record di una settimana. Un appalto da 34 milioni di euro a cui si aggiungono i rimborsi ( non quantificabili) di servizi di trasporto, utenze, raccolta dei rifiuti, manutenzione ordinaria e straordinaria, e dell’assistenza sanitaria. Non proprio quattro spiccioli, a fronte dei quali, però, spulciando il bando si trovano vere e proprie “perle”. Sull’igiene personale dei migranti, tanto per cominciare, chi si aggiudicherà l’appalto, potrà risparmiare: un solo rotolo di carta igienica a settimana a testa dove i richiedenti asilo attenderanno ( in detenzione amministrativa) l’esito della richiesta di asilo. Rotoli che, chissà poi perchè, diventeranno sei a settimana per gli sfortunati che, a fronte del diniego, verranno trasferiti nell’ala destinata a Cpr.

    Solo un cambio di abiti a stagione

    Nel kit di primo ingresso nei centri solo un paio di mutande e un paio di calze e, più in generale, un solo cambio di abiti a stagione.E dunque, a differenza dei centri di accoglienza italiani dove i migranti sono liberi e possono procurarsi altri abiti, i richiedenti asilo portati in Albania saranno detenuti e costretti ad indossare sempre gli stessi. Avranno il detersivo per lavarli due volte a settimana, nel frattempo evidentemente staranno in pigiama. Almeno si consoleranno con il cibo che prevede persino la pizza e il dolce due volte a settimana.

    Per raccontare la loro storia alla commissione d’asilo che deciderà il loro destino o per comparire davanti ai giudici di Roma, competenti sui ricorsi, dovranno accontentarsi di un collegamento da remoto, con tutte le limitazioni in tema di diritti che nascono dalle difficoltà di espressione e comprensione.

    Magi: “Un gigantesco spot elettorale”

    «Una bella photo-opportunity elettorale - commenta Riccardo Magi di Più Europa - Giorgia Meloni vuole allestire questi centri in fretta e furia e usarli come un gigantesco spot a pochi giorni dal voto a spese degli italiani».

    https://www.repubblica.it/cronaca/2024/03/23/news/migranti_centri_albania_bando_viminale-422362144

    #Albanie #Italie #asile #migrations #réfugiés #coût #urgence #gestion #appel_d'offre #externalisation

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    ajouté à la métaliste sur l’#accord entre #Italie et #Albanie pour la construction de #centres d’accueil (sic) et identification des migrants/#réfugiés sur le territoire albanais...
    https://seenthis.net/messages/1043873

    • Protocollo Italia-Albania: il Viminale avvia la gara milionaria per la gestione dei centri

      Dal bando pubblicato il 21 marzo dalla prefettura di Roma emergono i primi dettagli dell’accordo contro i migranti: solo per le spese vive e il personale delle strutture, due hotspot e un Centro di permanenza per il rimpatrio, sono assicurati al gestore privato quasi 40 milioni di euro all’anno. I tempi sono strettissimi, le europee incombono

      Il ministero dell’Interno ha pubblicato i bandi di gara per la gestione delle nuove strutture per i migranti in Albania che diventeranno operative, documenti alla mano, entro il 20 maggio 2024. Un primo passo concreto verso la messa in pratica del protocollo annunciato dal Governo Meloni con Tirana lo scorso 6 novembre 2023 -poi ratificato dal Parlamento a fine febbraio 2024- e che prevede di dislocare i naufraghi soccorsi in operazioni di salvataggio in mare sul territorio albanese. Più precisamente in tre strutture con una capienza totale che supera i mille posti disponibili: due hotspot, ovvero i centri di identificazione, che in Italia troviamo nei cosiddetti “punti di crisi”, principali punti di sbarco (Lampedusa, Pozzallo e Taranto tra gli altri), più un Centro di permanenza per il rimpatrio (Cpr) dove trattenere coloro che sono in attesa di essere espulsi nel proprio Paese d’origine. La spesa annuale stimata è pari a quasi 40 milioni di euro, calcolando esclusivamente il costo a persona (pro-capite pro-die), che però esclude diverse spese vive (dal trasporto all’assistenza sanitaria fino alle utenze).

      La gara è stata pubblicata il 21 marzo e individua nella prefettura di Roma la stazione appaltante, la quale ha scelto di attivare una procedura negoziata con cui consulterà un “numero congruo di operatori economici” per aggiudicare i servizi all’ente gestore. Un bando di questo genere può essere giustificato solo in casi di estrema urgenza. E secondo il ministero l’affidamento in oggetto, essendo un presupposto fondamentale per “l’attuazione del Protocollo tra Italia e Albania in conformità ai tempi ed agli adempimenti che risultano necessari per rispettare, alle scadenze previste, gli impegni assunti dal Governo della Repubblica Italiana”, rientra tra quelle procedure basate proprio su “ragioni di estrema urgenza”.

      La prima struttura è sita nella città portuale di Shenjin e sarà a tutti gli effetti un hotspot. “Una struttura dimensionata per l’accoglienza, senza pernottamento, dei migranti condotti in porto e destinati alle procedure di screening sanitario, identificazione e raccolta delle eventuali domande di asilo, all’esito delle quali i migranti saranno trasferiti presso le strutture di Gjader”. Gjader è la seconda località coinvolta dove saranno costruite le altre due strutture: un centro destinato “all’accertamento dei presupposti per il riconoscimento della protezione internazionale” con un’accoglienza massima a regime di 880 migranti, e un altro, sempre nella stessa città albanese che sarà invece un Centro di permanenza per il rimpatrio, che ricalca quelli presenti sul territorio italiano, con una capienza fino a 144 persone. A Gjader saranno disponibili poi 168 posti per alloggi di servizio, di cui 60 riservati al personale dell’ente gestore.

      Come detto, i corrispettivi riconosciuti pro-capite pro-die, secondo la tipologia di centro ed il relativo numero degli ospiti presenti, ammontano “presuntivamente a complessivi 33.950.139 euro annui”. La gara d’appalto ha una durata di due anni, prorogabili fino ad un massimo di altri due. Sono esclusi dai quasi 40 milioni di euro, invece, i costi di trasporto, le utenze idriche, elettriche, del servizio di raccolta rifiuti, la connessione wifi e la manutenzione ordinaria e straordinaria. Così come quelli per la “predisposizione e manutenzione dei presidi antincendio” e quelli “relativi all’assistenza sanitaria”.

      Proprio questo è uno degli aspetti paradossali affrontati dal bando. Per la struttura sita nel porto di Shenjin si prevede “un ambulatorio medico dedicato per assistenza sanitaria, inclusa la stabilizzazione di condizioni cliniche ai fini del trasferimento” con “una sala per visite ambulatoriali, una stanza per osservazioni brevi con tre posti letto e una stanza di isolamento con due posti”.

      Invece nel sito di Gjader verrà di fatto allestito un vero e proprio “mini ospedale”. Vengono previste “tre sale per visite ambulatoriali, due stanze per osservazioni brevi (ognuna dotata di tre posti letto), una medicheria, una sala operatoria e una recovery room, un laboratorio analisi, una stanza per diagnostica per immagini (rx ed ecografia), una per visite psicologiche/psichiatriche all’uopo utilizzabile anche per consulenze in telemedicina e due stanze di isolamento”. Una struttura in cui opererà un elevatissimo numero di personale sanitario. Oltre a medici e infermieri per l’attività standard, viene prevista una équipe operativa 24 ore al giorno formata rispettivamente da: “medico specialista in anestesia-rianimazione, medico specialista in chirurgia generale, medico specialista in ortopedia con competenze chirurgiche, personale medico specialista in psichiatria, un infermiere strumentista, un operatore socio-sanitario (in caso di attivazione della sala operatoria), un tecnico di laboratorio, un tecnico di radiologia, un personale medico specialista in radiologia”.

      L’ente gestore, oltre a fornire kit di primo ingresso, sia igienici sia vestiari e a garantire la fornitura dei pasti e l’informativa legale, dovrà garantire la predisposizione di “appositi locali e strumenti tecnici che assicurino la connessione alla rete e il collegamento audio-visivo nel rispetto della privacy e della libertà di autodeterminazione del beneficiario per l’eventuale audizione da remoto davanti alle Commissioni territoriali, nonché davanti al Tribunale ordinario e ad altri uffici amministrativi”. In altri termini: saranno implementate delle stanze per svolgere le audizioni di chi, una volta richiesto asilo, dovrà affrontare l’iter per vedersi o meno riconosciuto il permesso di soggiorno. Tutto inevitabilmente online. Dovrà esserci anche un locale “al fine di tutelare la riservatezza della persona nei colloqui con il proprio legale” o favorire l’incontro con “eventuali visitatori ammessi”. La prefettura di Roma, dovrà essere messa a conoscenza “di ogni notizia di rilievo inerente la regolare conduzione della convivenza e le condizioni del centro e tenuta di un registro con gli eventuali episodi che hanno causato lesioni a ospiti od operatori”, nonché la consegna della certificazione di idoneità al trattenimento.

      La gara è aperta fino al 28 marzo. La prefettura valuterà le offerte pervenute da imprese o cooperative già attive nel settore con un fatturato complessivo, negli ultimi tre esercizi disponibili, non inferiore a cinque milioni di euro. Non certo piccole realtà dell’accoglienza. L’avvio dell’operatività dei centri è prevista non oltre il 20 maggio 2024. Quindici giorni prima di quella data, il ministero dell’Interno potrà confermare o meno l’effettivo avvio a pieno regime oppure anche con “una ricettività progressiva rispetto a quella massima prevista nelle more del completamento degli eventuali lavori di allestimento”. L’importante è partire: le elezioni europee di inizio giugno incombono.

      https://altreconomia.it/protocollo-italia-albania-il-viminale-avvia-la-gara-milionaria-per-la-g

    • Albania-Italy migrant deal moves ahead as Rome publishes tender for processing centre

      As of 20 May 2024, camps in Albania that will process the asylum applications of individuals rescued by the Italian authorities will be up and running, as a recently published tender document reveals more details about the deal and how the site will function.

      In November 2023, Albanian Prime Minister Edi Rama and Italian Prime Minister Giorgia Meloni signed a deal that would see migrants rescued in Italian territorial waters or by Italian authorities sent to Albania for their asylum applications to be processed. The deal has divided opinion on both sides of the Adriatic from the outset, but both governments remain adamant about it going ahead.

      The tender notifications, published by the Rome prefect’s department, invite bidders to submit their offers before 28 March with the deadline of 20 May as the start of operations.

      According to the tender details, worth €34 million, the site will consist of three structures able to accommodate a total of around 3000 people.

      One structure will be built at the port of Shengjin, where landing and identification procedures will be carried out.

      The other two sites will be located in Gjader. One will be dedicated to ascertaining the prerequisites for the recognition of international protection, while the other will serve as a repatriation detention centre.

      According to the Italian government, the site will process individuals rescued by the Italian authorities involved in maritime rescue, such as the coast guard, financial police, or navy, and explicitly exclude those rescued by NGOs. It will also not include disabled people, women, children, or other vulnerable individuals.

      The tender states that the facility in Shengjin will have a medical clinic, including a room for outpatient visits, an isolation room, and a three-bed ward. In Gjader, there will be three outpatient rooms, two wards, an operating theatre, a laboratory, an x-ray and ultrasound room, and a space for psychological and psychiatric visits.

      Medical specialists on site will include a doctor specialising in anaesthesia and resuscitation, a doctor specialising in general surgery, a doctor specialising in orthopaedics with surgical skills, medical staff specialising in psychiatry, an instrumental nurse, a social doctor, a health worker, a laboratory technician, a radiology technician, and a health worker specialising in radiology.

      Upon arrival, welcome kits will also be presented to each individual, including an undershirt, T-shirt, pair of pyjamas, three pairs of shorts, and three pairs of socks. They will also be given one roll of toilet paper a week, one toothbrush and 100ml tube of toothpaste per week, and one bottle of shampoo and liquid soap per week.

      The Italian Interior Ministry will conduct spot checks on the site to ensure compliance with the tender.

      During their stay in Albania, estimated at around three months for each person, individuals will not be able to leave the centre, which is to be guarded by Italian and Albanian authorities. If they do, the Albanian police will return them. Once their application has been processed, whatever the outcome, they will be removed from Albania’s territory.

      While on-site, individuals can access legal assistance from representatives of international organisations, including the EU, which aims to provide legal aid to all asylum seekers as required by Italian, Albanian and EU law.

      The agreement caused controversy in Italy and Albania, with the Constitutional Court in Tirana narrowly ruling that it did not violate the laws of the land earlier this year. Meanwhile, despite claims from international law experts that it is not compliant with EU law, European Commissioner for Home Affairs Ylva Johansson said it did not break the law as it is “outside of it”.

      Work has not yet begun at the sites in Shengjin and Gjader, leading to questions about whether they can be operational by spring.

      Shengjin was also home to hundreds of Afghan refugees that Albania took in after the US withdrawal from Afghanistan led to the takeover of the Taliban. While the US promised to take responsibility for them, asking Albania to keep them while it processed their visas, a number still remain with no news or idea if they will ever leave.

      As for the migrant deal, several other EU countries have hinted they may look at similar deals to deal with their immigration issues, a move likely to score votes from the conservative parts of society, ahead of EU elections.

      https://www.euractiv.com/section/politics/news/albania-italy-migrant-deal-moves-ahead-as-rome-publishes-tender-for-proces

    • #Medihospes, #Consorzio_Hera, #Officine_sociali: chi gestirà i centri per migranti in Albania

      La prefettura di Roma ha reso noti i tre partecipanti selezionati tra le trenta proposte pervenute per gestire i due hotspot e il Cpr previsti dall’accordo tra Roma e Tirana. Entro il 20 maggio la gara verrà aggiudicata per un importo che supera i 150 milioni di euro. Ma i lavori di adeguamento alle strutture non sono ancora completati

      Medihospes, Consorzio Hera e Officine sociali. Sono le tre cooperative in corsa per la gestione dei centri italiani in Albania selezionate per le “esperienze contrattuali pregresse afferenti a questi servizi” tra le trenta che hanno manifestato alla prefettura di Roma la propria volontà di partecipare alla gara. Un appalto da oltre 151 milioni di euro (per quattro anni) che verrà aggiudicato, nelle prossime settimane, all’operatore economico che ha presentato l’offerta economicamente più vantaggiosa.

      Alle tre cooperative in corsa una certa “esperienza” non manca. Officine sociali, con sede legale a Siracusa, gestisce attualmente il Centro di permanenza per il rimpatrio (Cpr) di Palazzo San Gervasio a Potenza e l’hotspot di Taranto in Puglia. Attualmente è in gara anche per l’aggiudicazione della gestione del Cpr di Gradisca d’Isonzo, dove sta correndo al fianco di Martinina Srl, finita sotto indagine della Procura di Milano per le condizioni disumane in cui versavano i trattenuti al Cpr di via Corelli di Milano. Il legame tra le due società, come già raccontato su Altreconomia, perdura da tempo: insieme hanno partecipato anche alla gara pubblica per la gestione del Cpr di Torino.


      Consorzio Hera, invece, con sede legale a Castelvetrano, in provincia di Trapani, gestisce attualmente il Cara e il Cpr di Brindisi e quello di Trapani, in cordata con la cooperativa Vivere Con. Inoltre la cooperativa ha “vinto” anche l’hotspot di Pozzallo e Ragusa di cui è l’attuale ente gestore.

      Poi c’è Medihospes, è un colosso da 126 milioni di euro di fatturato nel 2022 che si occupa di assistenza ad anziani, alle persone con disabilità, servizi alberghieri e accoglienza ai migranti. Gestisce attualmente l’ex caserma Cavarzerani di Udine -di cui abbiamo già raccontato in precedenza- ma è attiva in diverse province italiane nell’accoglienza dei richiedenti asilo. Basti pensare che nel 2022 ha incassato, in totale, oltre 34 milioni di euro in tutta Italia per la gestione dei centri.

      Briciole rispetto agli oltre 151 milioni di euro preventivati dalla prefettura di Roma per la “gara” relativa alla gestione delle strutture previste dal protocollo Italia-Albania: un centro nella città portuale albanese Shengjin (hotspot) e due strutture (un altro hotspot e un Cpr) a Gjader (ne abbiamo parlato in questo approfondimento).

      La fornitura di servizi è preventivata con una base d’asta di 130 milioni di euro, con l’aggiunta di quasi sei milioni per il pocket-money e la tessera telefonica. La durata è di 24 mesi, prorogabili per altri 24 a partire dal 20 maggio 2024. Data entro la quale la prefettura di Roma dovrebbe aggiudicare la gara alla cooperativa che avrà presentato l’offerta economicamente più vantaggiosa. Nei nuovi documenti di gara si sottolinea che i lavori di adeguamento delle strutture non sono ancora stati conclusi. Una corsa contro il tempo. Obiettivo: non certo la tutela dei diritti delle persone ma le elezioni europee.

      https://altreconomia.it/medihospes-consorzio-hera-officine-sociali-chi-gestira-i-centri-per-mig
      #externalisation #Italie #accord #Albanie #migrations #réfugiés #coopérative #sous-traitance #Engel #Engel_Italia #business #Shengjin #Gjader

  • Comment l’UE a fermé les yeux sur le refoulement illégal de migrants par la #Bulgarie avant son adhésion à Schengen

    Des documents internes de Frontex révèlent des violations répétées. Malgré des alertes répétées, la Commission européenne salue les « résultats excellents » de la Bulgarie, qui s’apprête à rejoindre l’espace Schengen.

    Au printemps 2022, Ali, un Syrien de 16 ans, entre dans un centre d’accueil à Sofia (Bulgarie) pour demander une protection au titre de l’asile et un regroupement familial avec sa mère et ses cinq autres frères et sœurs, restés en Syrie et au Liban.

    Mais les choses ne se passent pas comme prévu. Au lieu de voir sa demande traitée, il est emmené dans un endroit qui, dit-il, « ressemble à une prison ». Pendant la nuit, comme une cinquantaine d’autres personnes, il est embarqué dans une voiture de la police des frontières et reconduit jusqu’à la frontière turque, à 300 kilomètres de là, sans recevoir la moindre information sur ses droits à l’asile.

    « Ils nous ont fait marcher jusqu’à une #clôture équipée de caméras. Après avoir franchi la clôture, il y avait comme un canal. En même temps, ils frappaient les gens, se remémore le garçon. Ils ont tout pris et m’ont frappé dans le dos, sur la tête. Après cela, ils m’ont jeté dans le canal. » Le groupe est invité à retourner en #Turquie et ne jamais revenir.

    Les refoulements, une « pratique courante »

    Les témoignages de refoulements (ou pushbacks, en anglais) comme celui d’Ali sont généralement réfutés par le gouvernement bulgare. Mais de nombreux abus ont été documentés par l’organe de surveillance des droits humains de Frontex au cours des dix-huit derniers mois, selon une série de documents internes de l’agence européenne de garde-frontières et de garde-côtes consultés par le réseau Balkan Investigative Reporting Network (BIRN) et publiés par Le Monde. Ces documents, obtenus grâce aux lois de transparence européennes, décrivent avec force détails des #brutalités commises par des agents bulgares participant aux opérations de Frontex : coups de bâton, #déshabillage de force, #vols d’effets personnels, #agressions verbales et #blessures graves infligées par des chiens, etc.

    Les documents montrent également que les preuves étayant ces pratiques illégales ont été dissimulées non seulement par les autorités bulgares, mais aussi par les hauts fonctionnaires de Frontex et de la Commission européenne. Dans le même temps, l’exécutif européen saluait les « excellents » progrès réalisés par la Bulgarie en matière de #gestion_des_frontières, facilitant l’adhésion du pays à l’espace Schengen – les contrôles aux frontières aériennes et maritimes seront levés le 31 mars, tandis que les contrôles terrestres restent en place pour l’instant.

    Les organisations non gouvernementales (ONG) de défense des droits humains locales et internationales alertent depuis de nombreuses années sur les refoulements violents en Bulgarie. Selon des données compilées par le Comité Helsinki de Bulgarie, 5 268 refoulements, touchant 87 647 personnes, auraient eu lieu au cours de la seule année 2022.

    Plusieurs experts affirment que la plupart des 325 000 entrées de migrants que le gouvernement bulgare revendique avoir « empêchées » depuis 2022 sont en fait des refoulements illégaux. « Ces personnes ont été interceptées à l’intérieur du pays. Nous ne parlons donc pas d’entrées empêchées, mais de retours », explique Iliyana Savova, directrice du programme pour les réfugiés et les migrants du Comité Helsinki de Bulgarie. « C’est un secret de Polichinelle que les gens sont repoussés. De tels ordres existent », admet, sous le couvert de l’anonymat, un haut fonctionnaire du gouvernement bulgare.

    Les preuves s’accumulent tellement que le Bureau des droits fondamentaux de Frontex (FRO) considère « établi » que les refoulements, « impliquant souvent des niveaux élevés de #violence et d’autres #traitements_inhumains_ou_dégradants », sont « une pratique régulière de la police des frontières bulgare », selon un bilan des « rapports d’incidents graves » couvrant la période 2022-2023 obtenu dans le cadre de cette enquête.

    Un lanceur d’alerte en mission discrète

    Pour l’Union européenne (UE), la situation est d’autant plus problématique que son agence des frontières collabore directement sur le terrain avec les forces de sécurité bulgares. Depuis 2022, dans le cadre de l’opération conjointe #Terra, Frontex a déployé des équipes de #gardes-frontières, des véhicules de patrouille et des #caméras_de_thermovision pour aider les autorités bulgares dans leurs activités de #surveillance aux frontières turque et serbe.

    En août 2022, un #rapport inquiétant atterrit sur le bureau de Jonas Grimheden, le chef du FRO. Il émane d’un agent de Frontex qui a mené une enquête de sa propre initiative lors d’un déploiement de six mois à la frontière avec la Turquie. Il révèle que les agents de Frontex sont tenus intentionnellement à l’écart des zones où les migrants sont généralement appréhendés et repoussés. « Lorsque des situations se produisent, le collègue local reçoit les indications pour déplacer l’équipe Frontex, en évitant certaines zones, note le lanceur d’alerte. Ils ont pour instruction d’empêcher Frontex de voir quoi que ce soit, pour éviter qu’ils rédigent un rapport officiel. »

    Pour l’eurodéputée écologiste Tineke Strik, cheffe de file d’un groupe d’eurodéputés chargé de surveiller Frontex, ces conclusions soulèvent de sérieux doutes quant à la capacité de l’agence à garantir le respect des droits humains dans le cadre de ses activités : « Il est étonnant qu’une agence de l’UE soit toujours incapable de faire respecter le droit européen après tant d’enquêtes institutionnelles, de rapports, de recommandations et d’avertissements. »

    Dans les mois qui suivent le rapport du lanceur d’alerte, Jonas Grimheden fait part de ses préoccupations croissantes concernant la conduite des agents frontaliers bulgares aux échelons supérieurs de Frontex, dont le siège se trouve à Varsovie.

    L’agence s’attache alors à restaurer sa réputation, ternie par la révélation de sa complicité dans les refoulements illégaux de migrants en Grèce. En avril 2022, son directeur, Fabrice Leggeri – qui vient de rallier le Rassemblement national en vue des élections européennes –, a été contraint de démissionner après avoir été reconnu coupable par l’Office européen de lutte antifraude d’avoir dissimulé des refoulements de bateaux de migrants en mer Egée.

    Aija Kalnaja, qui lui a succédé à la direction de Frontex pour un court intérim, semble prendre les avertissements du FRO au sérieux. En février 2023, elle exprime de « vives inquiétudes » dans une lettre adressée à Rositsa Dimitrova, alors cheffe de la direction des frontières bulgare, recommandant aux autorités du pays d’accorder au corps permanent de l’agence l’accès aux « contrôles de première ligne et aux activités de surveillance des frontières ».

    Dans sa réponse, #Rositsa_Dimitrova assure que « le respect des droits fondamentaux des ressortissants de pays tiers est une priorité absolue ». Disposée à organiser des séances d’information et des formations à l’intention de ses gardes-frontières, la responsable bulgare explique que chaque violation présumée des droits est examinée par une commission constituée par ses soins. Insuffisant, pour le FRO, qui préférerait un contrôle rigoureux par un « organisme indépendant opérant en dehors de la structure institutionnelle du ministère de l’intérieur bulgare ». Cinq agents ont été sanctionnés pour avoir violé leur code de conduite éthique au cours des dix premiers mois de 2023, précise aujourd’hui le ministère de l’intérieur bulgare.

    Une lettre jamais envoyée

    Au début de 2023, le Néerlandais Hans Leijtens est nommé à la tête de Frontex. On peut alors s’attendre à ce que ce nouveau directeur, engagé publiquement en faveur de la « responsabilité, du respect des droits fondamentaux et de la transparence », adopte une position ferme à l’égard des autorités bulgares. « Ce sont des pratiques du passé », déclare-t-il après sa nomination, en référence aux antécédents de Frontex en matière d’aide aux refoulements en Grèce.

    Soucieux de saisir l’occasion, Jonas Grimheden, à la tête du FRO, lui écrit deux jours après sa prise de fonctions, en mars 2023. Le courriel contient un projet de lettre « que vous pouvez envisager d’envoyer, en tout ou en partie », à Rositsa Dimitrova. La lettre rappelle les « allégations persistantes de retours irréguliers (appelés “refoulements”), accompagnées de graves allégations de #mauvais_traitements et d’#usage_excessif_de_la_force par la police nationale des frontières à l’encontre des migrants » et demande des enquêtes indépendantes sur les violations des droits. Ce brouillon de lettre n’a jamais quitté la boîte de réception d’Hans Leijtens.

    Quelques semaines plus tard, en mars 2023, le #FRO envoie un rapport officiel au conseil d’administration de Frontex, évoquant le « risque que l’agence soit indirectement impliquée dans des violations des droits fondamentaux sans avoir la possibilité de recueillir toutes les informations pertinentes et d’empêcher ces violations de se produire ».

    M. Leijtens a-t-il fait part aux autorités bulgares des conclusions du FRO ? Sollicité, le service de presse de Frontex explique que « les discussions directes ont été jugées plus efficaces », sans pouvoir divulguer « les détails spécifiques des discussions ».

    Une contrepartie pour Schengen ?

    Alors que ce bras de fer se joue en coulisses, sur la scène politique, la Bulgarie est érigée en élève modèle pour le programme de contrôle des migrations de la Commission européenne, et récompensée pour le durcissement de ses #contrôles_frontaliers, en contrepartie de l’avancement de sa candidature à l’entrée dans l’espace Schengen.

    En mars 2023, la présidente de la Commission européenne, Ursula von der Leyen, annonce un #projet_pilote visant à « prévenir les arrivées irrégulières » et à « renforcer la gestion des frontières et des migrations », notamment par le biais de « #procédures_d’asile_accélérées » et d’#expulsions_rapides des migrants indésirables. La Commission sélectionne deux pays « volontaires » : la #Roumanie et la Bulgarie.

    Pour mettre en œuvre le projet, la Commission accorde à la Bulgarie 69,5 millions d’euros de #fonds_européens, principalement destinés à la surveillance de sa frontière avec la Turquie. « Toutes les activités menées dans le cadre de ce projet pilote doivent l’être dans le plein respect de la législation de l’UE et des droits fondamentaux, en particulier du principe de non-refoulement », précise d’emblée la Commission.

    Pourtant, à ce moment-là, l’exécutif bruxellois est parfaitement conscient de la situation désastreuse des droits humains sur le terrain. Deux mois avant le lancement du projet, en janvier 2023, deux hauts fonctionnaires de la direction des affaires intérieures (DG Home) ont rencontré à Stockholm la patronne des gardes-frontières bulgares « pour discuter des préoccupations du FRO concernant les allégations de #violations_des_droits_fondamentaux », révèle un compte rendu de la réunion.

    Au fil de l’avancement du projet pilote, les signaux d’alerte se multiplient. En septembre 2023, Jonas Grimheden alerte une nouvelle fois le conseil d’administration de Frontex sur des « allégations répétées de (…) refoulements et d’usage excessif de la force » par les agents bulgares. Si son rapport salue la participation des agents de Frontex aux « activités de patrouille terrestre de première ligne », il rappelle que ces derniers « continuent d’être impliqués dans un nombre limité d’interceptions » de migrants.

    Au cours du projet, deux documents sur les « droits fondamentaux » aux frontières extérieures de la Bulgarie ont circulé au sein de la DG Home. La Commission européenne a refusé de les communiquer au BIRN, arguant que leur divulgation mettrait en péril la « confiance mutuelle » avec le gouvernement bulgare.

    « Les résultats sont excellents »

    La participation de la Bulgarie au projet pilote de la Commission semble avoir joué un rôle crucial pour faire avancer son projet de rejoindre Schengen – un objectif prioritaire depuis plus d’une décennie. Il coïncide en tout cas avec un changement de ton très net du côté de Bruxelles et Varsovie, qui ont dès lors largement balayé les inquiétudes concernant les mauvais traitements infligés à grande échelle aux migrants.

    « Les résultats sont excellents », annonce Ylva Johansson lors d’une conférence de presse en octobre 2023. La commissaire européenne aux affaires intérieures, chargée des migrations, salue les efforts déployés par la Bulgarie pour empêcher les migrants « irréguliers » d’entrer sur le territoire de l’UE, appelant à prendre la « décision absolument nécessaire » d’admettre la Bulgarie dans l’espace Schengen. Cette décision est alors bloquée depuis des mois par les Pays-Bas et l’Autriche, qui exigent des contrôles plus stricts à la frontière terrestre avec la Turquie. Quelques semaines auparavant, Ursula von der Leyen avait salué la Bulgarie, qui « montre la voie à suivre en mettant en avant les meilleures pratiques en matière d’asile et de retour ». « Faisons-les enfin entrer, sans plus attendre », avait réclamé la présidente de la Commission.

    Selon Diana Radoslavova, directrice du Centre pour le soutien juridique, une ONG sise à Sofia, la fermeture effective de la frontière avec la Turquie est indispensable à l’entrée de la Bulgarie dans l’espace Schengen. « [Les autorités] sont prêtes à tout pour respecter cette injonction, y compris au prix de violations extrêmes des droits de l’homme », estime l’avocate. « Tant que la Bulgarie coopère en bonne intelligence avec la protection des frontières et la mise en œuvre du projet pilote, la Commission regarde ailleurs », ajoute l’eurodéputée Tineke Strik.

    Pour défendre la candidature de Sofia à l’espace Schengen, la Commission européenne s’est appuyée sur le rapport d’une mission d’enquête rassemblant les experts de plusieurs agences de l’UE et des Etats membres, dépêchés en novembre 2023 en Bulgarie pour évaluer son état de préparation à l’adhésion. La mission n’aurait trouvé aucune preuve de violation des obligations en matière de droits humains prévues par les règles européennes, y compris en ce qui concerne « le respect du principe de non-refoulement et l’accès à la protection internationale ».

    Ce rapport n’a pas dissipé les inquiétudes de Jonas Grimheden, qui affirme que ses services font encore « régulièrement » part de leurs « préoccupations » au conseil d’administration de Frontex, « auquel participe la Commission européenne ».
    Cette enquête a été produite en collaboration avec le réseau Balkan Investigative Reporting Network (BIRN), qui a reçu un soutien financier de la Fondation Heinrich-Böll. Son contenu relève de la seule responsabilité des auteurs et ne représente pas les points de vue et les opinions de la fondation.

    La réponse de Frontex et de la Commission européenne

    Un porte-parole de Frontex déclare que l’agence prend « très au sérieux » les « préoccupations concernant les refoulements ». « Dans les cas où des violations sont signalées, la question est transmise au directeur exécutif et, si nécessaire, discutée lors des réunions du conseil d’administration avec des représentants des Etats membres. Toutefois, ces discussions ne sont pas publiques, conformément à notre politique de confidentialité visant à garantir un dialogue franc et efficace. »

    Dans une réponse écrite, la Commission européenne rappelle « l’importance de maintenir des éléments de contrôle solides tout en renforçant les actions de suivi et d’enquête ». « Les autorités bulgares, comme celles de tous les Etats membres de l’UE, doivent respecter pleinement les obligations découlant du droit d’asile et du droit international, notamment en garantissant l’accès à la procédure d’asile », explique un porte-parole.

    L’institution précise qu’« il a été convenu de renforcer davantage le mécanisme national indépendant existant pour contrôler le respect des droits fondamentaux », mais qu’« il est de la responsabilité des Etats membres d’enquêter sur toute allégation d’actes répréhensibles ».

    Le Médiateur européen enquête actuellement sur la décision de la Commission de refuser la communication aux journalistes de BIRN de deux documents de la DG Home sur les « droits fondamentaux » aux frontières extérieures de la Bulgarie. Dans l’attente de l’enquête, la Commission a refusé de dire si ces documents avaient été pris en considération lorsqu’elle a émis des évaluations positives du programme pilote et de la conformité de la Bulgarie avec les règles de Schengen.

    https://www.lemonde.fr/les-decodeurs/article/2024/02/26/comment-l-ue-a-ferme-les-yeux-sur-le-refoulement-illegal-de-migrants-par-la-

    #refoulements #push-backs #migrations #réfugiés #frontières #opération_Terra

  • L’UE va octroyer 87 millions d’euros à l’Égypte pour la gestion des migrations en 2024

    En 2024, l’UE fournira 87 millions d’euros ainsi que de nouveaux #équipements à l’Égypte pour un projet de gestion des migrations lancé en 2022, mis en œuvre par l’#Organisation_Internationale_pour_les_Migrations (#OIM) et l’opérateur de #coopération_technique du ministère français de l’Intérieur #Civipol, ont confirmé trois sources proches du dossier à Euractiv.

    L’enveloppe de 87 millions d’euros pourrait passer à 110 millions d’euros après la prochaine réunion du #Conseil_d’association_UE-Egypte le 23 janvier, ont confirmé deux sources à Euractiv.

    La Commission européenne mène également des #négociations parallèles avec Le Caire afin de conditionner un ensemble de financements pour d’autres projets couvrant un large éventail de secteurs, y compris les migrations, aux recommandations du #Fonds_monétaire_international (#FMI) en matière de réforme, a indiqué une source au fait des négociations.

    Les 87 millions d’euros seront consacrés au renforcement de la #capacité_opérationnelle de la #marine égyptienne et des #gardes-frontières pour la #surveillance_des_frontières ainsi que pour les opérations de recherche et de sauvetage en mer.

    Le projet de gestion des migrations UE-Égypte a débuté en 2022 avec un montant initial de 23 millions d’euros, 115 millions d’euros supplémentaires ayant été approuvés pour 2023, a confirmé l’une des trois sources.

    Les #fonds pour 2022 et 2023 ont été utilisés pour la gestion des frontières, la lutte contre la contrebande et la traite des êtres humains, les retours volontaires et les projets de réintégration.

    « Avec ces fonds de l’UE, l’OIM [l’Organisation internationale des migrations] soutient les autorités égyptiennes par le biais d’activités de renforcement des capacités qui promeuvent une #gestion_des_frontières fondée sur les droits humains et le respect du droit et des normes internationales, également en ce qui concerne les opérations de recherche et de sauvetage », a déclaré une source officielle de l’agence des Nations unies à Euractiv.

    L’opérateur français Civipol travaille sur l’appel d’offres, la production et la livraison des nouveaux #bateaux de recherche et de sauvetage pour 2024, a confirmé l’une des trois sources.

    Cependant, selon le rapport sur les migrations 2023 de l’Agence de l’Union européenne pour l’asile (AUEA), il n’y a pratiquement pas eu de départs irréguliers depuis les côtes égyptiennes depuis 2016, la plupart des migrants irréguliers égyptiens vers l’UE étant partis de Libye.

    Dans le même temps, le nombre de citoyens égyptiens demandant des visas dans les États membres de l’UE a considérablement augmenté ces dernières années, selon le rapport de l’AUEA, principalement en raison de la détérioration de la situation intérieure du pays.

    La crise s’aggrave en Égypte

    L’Égypte, partenaire stratégique de l’UE, connaît une crise économique et politique de plus en plus grave. Les 107 millions d’habitants du pays sont confrontés à une instabilité croissante et à l’absence de garanties en matière de droits humains.

    Dans une lettre adressée aux chefs d’État et aux institutions européennes en décembre dernier, l’ONG Human Rights Watch a demandé à l’UE de « veiller à ce que tout recalibrage de son #partenariat avec l’Égypte et de l’aide macrofinancière qui en découle soit l’occasion d’améliorer les droits civils, politiques et économiques du peuple égyptien ».

    « Son impact ne sera durable que s’il est lié à des progrès structurels et à des réformes visant à remédier aux abus et à l’oppression du gouvernement, qui ont étranglé les droits de la population autant que l’économie du pays », a écrit l’ONG.

    La crise des droits humains est indissociable de la crise économique, a expliqué à Euractiv Timothy E. Kaldas, directeur adjoint de l’Institut Tahrir pour les politiques au Moyen-Orient. « Les décisions et les pratiques politiques du régime jouent un rôle central dans l’état de l’économie égyptienne », a-t-il déclaré.

    « Le régime exploite l’État égyptien de manière abusive. Par exemple, il impose des contrats à des entreprises appartenant au régime pour réaliser des projets d’infrastructure extrêmement coûteux et qui ne contribuent pas nécessairement au bien public », a affirmé M. Kaldas, citant la construction de nouvelles villes ou de « nouveaux palais pour le président ».

    Alors que ces projets enrichissent les élites égyptiennes, le peuple est de plus en plus pauvre et, dans certains cas, il se voit contraint de quitter le pays, a expliqué M. Kaldas.

    Avec une inflation des produits alimentaires et des boissons dépassant 70 % en Égypte en 2023, une monnaie en proie à de multiples chocs et effondrements qui réduisent le pouvoir d’achat des Égyptiens et des investisseurs privés qui ne considèrent pas le pays nord-africain comme un bon endroit pour investir, « la situation est très morose », a résumé l’expert.

    En outre, l’indépendance du secteur privé a été pointée du doigt dans un rapport de Human Rights Watch en novembre 2018. Par exemple, les deux hommes d’affaires égyptiens de Juhayna Owners, le plus grand producteur de produits laitiers et de jus de fruits du pays, ont été détenus pendant des mois après avoir refusé de céder leurs parts dans leur entreprise à une société d’État.

    Les évènements récents au poste-frontière de Rafah à Gaza, les frictions en mer Rouge avec les rebelles houthis au Yémen et la guerre dans le pays frontalier du Soudan ont aggravé l’instabilité dans cette république.

    Relations UE-Égypte

    Lors du dernier Conseil d’association UE-Égypte en juin 2022, les deux partenaires ont dressé une liste de priorités pour « promouvoir des intérêts communs et garantir la stabilité à long terme et le développement durable de part et d’autre de la Méditerranée, ainsi que pour renforcer la coopération et à réaliser le potentiel inexploité de cette relation ».

    La liste des priorités concerne un large éventail de secteurs dans lesquels l’UE est disposée à aider l’Égypte.

    Le document qui présente les résultats de la réunion met notamment l’accent sur les transitions numérique et écologique, le commerce et l’investissement, le développement social et la justice sociale, l’énergie, la réforme du secteur public, la sécurité et le terrorisme, ainsi que la migration.

    https://www.euractiv.fr/section/international/news/lue-va-octroyer-87-millions-deuros-a-legypte-pour-la-gestion-des-migrations

    #Egypte #externalisation #asile #migrations #réfugiés #aide_financière #conditionnalité_de_l'aide #UE #EU #Union_européenne

  • Une organisation en #souffrance

    Les Français seraient-ils retors à l’effort, comme le laissent entendre les mesures visant à stigmatiser les chômeurs ? Et si le nombre de #démissions, les chiffres des #accidents et des #arrêts_de_travail étaient plutôt le signe de #conditions_de_travail délétères.

    Jeté dans une #concurrence accrue du fait d’un #management personnalisé, évalué et soumis à la culture froide du chiffre, des baisses budgétaires, le travailleur du XXIe siècle est placé sous une #pression inédite...

    L’étude de 2019 de la Darès (Ministère du Travail) nous apprend que 37% des travailleurs.ses interrogés se disent incapables de poursuivre leur activité jusqu’à la retraite. Que l’on soit hôtesse de caisse (Laurence) ou magistrat (Jean-Pierre), tous témoignent de la dégradation de leurs conditions de travail et de l’impact que ces dégradations peuvent avoir sur notre #santé comme l’explique le psychanalyste Christophe Dejours : “Il n’y a pas de neutralité du travail vis-à-vis de la #santé_mentale. Grâce au travail, votre #identité s’accroît, votre #amour_de_soi s’accroît, votre santé mentale s’accroît, votre #résistance à la maladie s’accroît. C’est extraordinaire la santé par le travail. Mais si on vous empêche de faire du travail de qualité, alors là, la chose risque de très mal tourner.”

    Pourtant, la #quête_de_sens est plus que jamais au cœur des revendications, particulièrement chez les jeunes. Aussi, plutôt que de parler de la semaine de quatre jours ou de développer une sociabilité contrainte au travail, ne serait-il pas temps d’améliorer son #organisation, d’investir dans les métiers du « soin » afin de renforcer le #lien_social ?

    Enfin, la crise environnementale n’est-elle pas l’occasion de réinventer le travail, loin du cycle infernal production/ consommation comme le pense la sociologue Dominique Méda : “Je crois beaucoup à la reconversion écologique. Il faut prendre au sérieux la contrainte écologique comme moyen à la fois de créer des emplois, comme le montrent les études, mais aussi une possibilité de changer radicalement le travail en profondeur.”

    https://www.radiofrance.fr/franceculture/podcasts/lsd-la-serie-documentaire/une-organisation-en-souffrance-5912905

    #travail #audio #sens #reconnaissance #podcast #déshumanisation #grande_distribution #supermarchés #Carrefour #salariat #accidents_du_travail # location-gérance #jours_de_carence #délai_de_carence #financiarisation #traçabilité #performance #néo-taylorisme #taylorisme_numérique #contrôle #don #satisfaction #modernisation #mai_68 #individualisation #personnalisation #narcissisation #collectif #entraide #épanouissement #marges_de_manoeuvre #intensification_du_travail #efficacité #rentabilité #pression #sous-traitance #intensité_du_travail #santé_au_travail #santé #épidémie #anxiété #dépression #santé_publique #absentéisme #dégradation_des_conditions_de_travail #sommeil #identité #amour_de_soi #santé_par_le_travail #tournant_gestionnaire #gouvernance_de_l'entreprise #direction_d'entreprise #direction #règles #lois #gestionnaires #ignorance #objectifs_quantitatifs #objectifs #performance #mesurage #évaluation #traçabilité #quantification #quantitatif #qualitatif #politique_du_chiffre #flux #justice #charge_de_travail

    25’40 : #Jean-Pierre_Bandiera, ancien président du tribunal correctionnel de Nîmes :

    « On finit par oublier ce qu’on a appris à l’école nationale de la magistrature, c’est-à-dire la motivation d’un jugement... On finit par procéder par affirmation, ce qui fait qu’on gagne beaucoup de temps. On a des jugements, dès lors que la culpabilité n’est pas contestée, qui font abstraction de toute une série d’éléments qui sont pourtant importants : s’attarder sur les faits ou les expliquer de façon complète. On se contente d’une qualification développée : Monsieur Dupont est poursuivi pour avoir frauduleusement soustrait 3 véhicules, 4 téléviseurs au préjudice de Madame Durant lors d’un cambriolage » mais on n’est pas du tout en mesure après de préciser que Monsieur Dupont était l’ancien petit ami de Madame Durant ou qu’il ne connaissait absolument pas Madame Durant. Fixer les conditions dans lesquelles ce délit a été commis de manière ensuite à expliquer la personnalisation de la peine qui est quand même la mission essentielle du juge ! Il faut avoir à chaque fois qu’il nous est demandé la possibilité d’adapter au mieux la peine à l’individu. C’est très important. On finit par mettre des tarifs. Quelle horreur pour un juge ! On finit par oublier la quintessence de ce métier qui est de faire la part des choses entre l’accusation, la défense, l’auteur de faits, la victime, et essayer d’adopter une sanction qui soit la plus adaptée possible. C’est la personnalisation de la peine, c’est aussi le devenir de l’auteur de cette infraction de manière à éviter la récidive, prévoir sa resocialisation. Bref, jouer à fond le rôle du juge, ce qui, de plus en plus, est ratatiné à un rôle de distributeur de sanctions qui sont plus ou moins tarifées. Et ça c’est quelque chose qui, à la fin de ma carrière, c’est quelque chose qui me posait de véritables problèmes d’éthique, parce que je ne pensais pas ce rôle du juge comme celui-là. Du coup, la qualité de la justice finit par souffrir, incontestablement. C’est une évolution constante qui est le fruit d’une volonté politique qui, elle aussi, a été constante, de ne pas consacrer à la justice de notre pays les moyens dont elle devait disposer pour pouvoir fonctionner normalement. Et cette évolution n’a jamais jamais, en dépit de tout ce qui a pu être dit ou écrit, n’ai jamais été interrompue. Nous sommes donc aujourd’hui dans une situation de détresse absolue. La France est donc ??? pénultième au niveau européen sur les moyens budgétaires consacrés à sa justice. Le Tribunal de Nîme comporte 13 procureurs, la moyenne européenne nécessiterait qu’ils soient 63, je dis bien 63 pour 13. Il y a 39 juges au Tribunal de Nîmes, pour arriver dans la moyenne européenne il en faudrait 93. Et de mémoire il y a 125 greffiers et il en faudrait 350 je crois pour être dans la moyenne. Il y avait au début de ma carrière à Nîmes 1 juge des Libertés et de la détention, il y en a aujourd’hui 2. On a multiplié les chiffres du JLD par 10. Cela pose un problème moral et un problème éthique. Un problème moral parce qu’on a le sentiment de ne pas satisfaire au rôle qui est le sien. Un problème éthique parce qu’on finit par prendre un certain nombre de recul par rapport aux valeurs que l’on a pourtant porté haut lorsqu’on a débuté cette carrière. De sorte qu’une certaine mélancolie dans un premier temps et au final un certain découragement me guettaient et m’ont parfois atteint ; mes périodes de vacances étant véritablement chaque année un moment où la décompression s’imposait sinon je n’aurais pas pu continuer dans ces conditions-là. Ce sont des heures de travail qui sont très très chargés et qui contribuent aussi à cette fatigue aujourd’hui au travail qui a entraîné aussi beaucoup de burn-out chez quelques collègues et puis même, semble-t-il, certains sont arrivés à des extrémités funestes puisqu’on a eu quelques collègues qui se sont suicidés quasiment sur place, vraisemblablement en grande partie parce que... il y avait probablement des problèmes personnels, mais aussi vraisemblablement des problèmes professionnels. Le sentiment que je vous livre aujourd’hui est un sentiment un peu partagé par la plupart de mes collègues. Après la réaction par rapport à cette situation elle peut être une réaction combative à travers des engagements syndicaux pour essayer de parvenir à faire bouger l’éléphant puisque le mammouth a déjà été utilisé par d’autres. Ces engagements syndicaux peuvent permettre cela. D’autres ont plus ou moins rapidement baissé les bras et se sont satisfaits de cette situation à défaut de pouvoir la modifier. Je ne regrette rien, je suis parti serein avec le sentiment du devoir accompli, même si je constate que en fermant la porte du tribunal derrière moi je laisse une institution judiciaire qui est bien mal en point."

    Min. 33’15, #Christophe_Dejours, psychanaliste :

    « Mais quand il fait cela, qu’il sabote la qualité de son travail, qu’il bâcle son travail de juge, tout cela, c’est un ensemble de trahisons. Premièrement, il trahi des collègues, parce que comme il réussi à faire ce qu’on lui demande en termes de quantité... on sait très bien que le chef va se servir du fait qu’il y en a un qui arrive pour dire aux autres : ’Vous devez faire la même chose. Si vous ne le faites pas, l’évaluation dont vous allez bénéficier sera mauvaise pour vous, et votre carrière... vous voulez la mutation ? Vous ne l’aurez pas !’ Vous trahissez les collègues. Vous trahissez les règles de métier, vous trahissez le justiciable, vous trahissez les avocats, vous leur couper la parole parce que vous n’avez pas le temps : ’Maître, je suis désolé, il faut qu’on avance.’ Vous maltraitez les avocats, ce qui pose des problèmes aujourd’hui assez compliqués entre avocats et magistrats. Les relations se détériorent. Vous maltraitez le justiciable. Si vous allez trop vite... l’application des peines dans les prisons... Quand vous êtes juges des enfants, il faut écouter les enfants, ça prend du temps ! Mais non, ’va vite’. Vous vous rendez compte ? C’est la maltraitance des justiciables sous l’effet d’une justice comme ça. A la fin vous trahissez la justice, et comme vous faites mal votre travail, vous trahissez l’Etat de droit. A force de trahir tous ces gens qui sont... parce que c’est des gens très mobilisés... on ne devient pas magistrat comme ça, il faut passer des concours... c’est le concours le plus difficile des concours de la fonction publique, c’est plus difficile que l’ENA l’Ecole nationale de magistrature... C’est des gens hyper engagés, hyper réglo, qui ont un sens de la justice, et vous leur faites faire quoi ? Le contraire. C’est ça la dégradation de la qualité. Donc ça conduit, à un moment donné, à la trahison de soi. Ça, ça s’appelle la souffrance éthique. C’est-à-dire, elle commence à partir du moment où j’accepte d’apporter mon concours à des actes ou à des pratiques que le sens moral réprouve. Aujourd’hui c’est le cas dans la justice, c’est le cas dans les hôpitaux, c’est le cas dans les universités, c’est le cas dans les centres de recherche. Partout dans le secteur public, où la question éthique est décisive sur la qualité du service public, vous avez des gens qui trahissent tout ça, et qui entrent dans le domaine de la souffrance éthique. Des gens souffrent dans leur travail, sauf que cette souffrance, au lieu d’être transformée en plaisir, elle s’aggrave. Les gens vont de plus en plus mal parce que le travail leur renvoie d’eux-mêmes une image lamentable. Le résultat c’est que cette trahison de soi quelques fois ça se transforme en haine de soi. Et c’est comme ça qu’à un moment donné les gens se suicident. C’est comme ça que vous avez des médecins des hôpitaux, professeurs de médecine de Paris qui sautent par la fenêtre. Il y a eu le procès Mégnien, au mois de juin. Il a sauté du 5ème étage de Georges-Pompidou. Il est mort. Comment on en arrive là ? C’est parce que les gens ont eu la possibilité de réussir un travail, de faire une oeuvre, et tout à coup on leur casse le truc. Et là vous cassez une vie. C’est pour cela que les gens se disent : ’Ce n’est pas possible, c’est tout ce que j’ai mis de moi-même, tous ces gens avec qui j’ai bossé, maintenant il faut que ça soit moi qui donne le noms des gens qu’on va virer. Je ne peux pas faire ça, ce n’est pas possible.’ Vous les obligez à faire l’inverse de ce qu’ils croient juste, de ce qu’ils croient bien. Cette organisation du travail, elle cultive ce qu’il y a de plus mauvais dans l’être humain. »

    #suicide #trahison #souffrance_éthique

    • Quels facteurs influencent la capacité des salariés à faire le même travail #jusqu’à_la_retraite ?

      En France, en 2019, 37 % des salariés ne se sentent pas capables de tenir dans leur travail jusqu’à la retraite. L’exposition à des #risques_professionnels – physiques ou psychosociaux –, tout comme un état de santé altéré, vont de pair avec un sentiment accru d’#insoutenabillité du travail.

      Les métiers les moins qualifiés, au contact du public ou dans le secteur du soin et de l’action sociale, sont considérés par les salariés comme les moins soutenables. Les salariés jugeant leur travail insoutenable ont des carrières plus hachées que les autres et partent à la retraite plus tôt, avec des interruptions, notamment pour des raisons de santé, qui s’amplifient en fin de carrière.

      Une organisation du travail qui favorise l’#autonomie, la participation des salariés et limite l’#intensité_du_travail tend à rendre celui-ci plus soutenable. Les mobilités, notamment vers le statut d’indépendant, sont également des moyens d’échapper à l’insoutenabilité du travail, mais ces trajectoires sont peu fréquentes, surtout aux âges avancés.

      https://dares.travail-emploi.gouv.fr/publication/quels-facteurs-influencent-la-capacite-des-salaries-faire-
      #statistiques #chiffres

  • Il est impossible d’arrêter l’immigration, dit le patron de #Frontex

    Un arrêt complet des flux migratoires vers l’Union européenne (UE) est « impossible », estime le directeur exécutif de l’agence européenne de garde-frontières et de garde-côtes, Frontex, alors que le sujet de l’immigration promet d’être un thème majeur des élections européennes à venir.

    « La migration est un phénomène mondial. Nous devons gérer la migration parce que nous ne pouvons pas faire face à une migration non gérée vers l’Europe », a déclaré Hans Leijtens lors dans un entretien à Reuters dans son bureau de Varsovie.

    « Mais un arrêt complet - pour moi, cela semble très difficile, pour ne pas dire impossible ».

    Le directeur de Frontex doit se rendre jeudi avec la présidente de la Commission européenne, Ursula von der Leyen, et le président du gouvernement espagnol, Pedro Sánchez, en Mauritanie, un pays devenu l’un des principaux points de départ pour les migrants en route vers l’Europe.

    La migration irrégulière vers l’UE en provenance d’Afrique de l’Ouest a plus que décuplé en janvier, selon des données de Frontex consultées par Reuters avant leur publication.

    Han Leijtens a estimé que la gestion ordonnée des frontières extérieures de l’UE est un élément important d’un « portefeuille européen » plus large et a souligné la nécessité de l’aide au développement et d’autres formes de coopération de Bruxelles avec des pays tiers.

    Frontex a enregistré 380.000 franchissements irréguliers des frontières en 2023, le chiffre le plus élevé depuis 2016. Cette tendance haussière va se poursuivre en 2024, estime Hans Leijtens.

    « Je ne pense pas qu’il y aura une nouvelle tendance sur une baisse des chiffres », a-t-il déclaré, s’attendant à ce que davantage de personnes originaires d’Afrique subsaharienne tentent de se rendre en Europe.

    Les personnes fuyant les guerres ont droit à l’asile dans l’UE, qui a accueilli des millions d’Ukrainiens depuis l’invasion russe de l’Ukraine en 2022.

    Toutefois, les Africains sont principalement considérés comme des travailleurs migrants, et l’UE veut garder un contrôle strict sur ces arrivées.

    Selon Hans Leijtens, l’augmentation du nombre de retours effectifs de demandeurs d’asile déboutés est essentielle pour rétablir la confiance des Européens.

    « Une opération de retour crédible est très importante pour montrer aux habitants de l’Europe, mais aussi aux migrants, que si vous n’avez pas besoin de notre protection, vous serez renvoyés », a-t-il dit.

    https://www.challenges.fr/top-news/il-est-impossible-d-arreter-l-immigration-dit-le-patron-de-frontex_882843

    #asile #migrations #réfugiés #contrôles_frontaliers #frontières #gestion #Hans_Leijtens #gestion_ordonnée #aide_au_développement #développement #expulsions #renvois #machine_à_expulser

    via @karine4

  • ’Entre-soi’, ’omerta’, ’défaillances systémiques’... Le rapport de la #commission_d'enquête étrille le fonctionnement du monde sportif | LCP - Assemblée nationale
    https://www.lcp.fr/actualites/entre-soi-omerta-defaillances-systemiques-le-rapport-de-la-commission-d-enquete-

    Dans ce document de plus de 260 pages, que LCP a pu consulter avant sa présentation en conférence de presse mardi à l’Assemblée nationale, la rapporteure Sabrina Sebaihi (Ecologiste) dresse un portrait accablant de l’univers du #sport_français, pointant l’"omerta" et l’opacité qui y ont régné, et y règnent parfois encore, aussi bien concernant les affaires ayant trait aux #violences_sexuelles et psychologiques, aux phénomènes discriminatoires, ou encore à la #gestion_financière parfois hasardeuse des fédérations. Elle confirme d’ailleurs avoir fait face à des « difficultés » pour obtenir des documents auprès de certaines instances, un phénomène « symptomatique », selon elle, du « défaut de #culture_démocratique » qui gangrène les instances sportives.

    De même, la rapporteure déplore les nombreux « mensonges, inexactitudes, approximations, expressions de déni et de désinvolture » auxquels les députés ont été confrontés au cours de leurs auditions. Résultat, pas moins de 7 signalements à la justice pour de possibles parjures ont été effectués à la suite des quelque 92 auditions menées.

    #discriminations

    Le rapport parlementaire : https://www.assemblee-nationale.fr/dyn/16/rapports/cefedespo/l16b2012-ti_rapport-enquete.pdf

  • Panorama des #mesures régissant l’entrée et le séjour des étrangers en #France (1972-2023)

    A l’heure de l’adoption de la révoltante « #loi_Darmanin », le #collectif_Ruptures publie une #recension de toutes les #lois régissant l’entrée et le séjour des étrangers en France. Loi après loi, #décret après décret, dispositif après #dispositif, année après année, ce panorama de la « #gestion_des_flux_migratoires » sur la période 1972-2023 vient compléter la brochure Lois répressives et autres bagatelles (France, 1974-2022) que nous avons édité au printemps.

    Ce tome 2 de Bagatelles est intégralement téléchargeable ici, et son introduction est lisible ci-dessous :
    https://collectifruptures.files.wordpress.com/2024/01/brochure_bagatelles2.pdf?force_download=true

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    Introduction

    Le 27 décembre 2023, Didier Leschi, directeur général de l’Office français de l’immigration et de l’intégration (OFII) s’exprime dans Le monde sur la dernière loi votée huit jours plus tôt.
    Selon lui, « les mesures adoptées en France demeurent plus ouvertes que dans les principaux pays de l’Union européenne », et « la prise en charge de la santé des sans-papiers bien meilleure comparée à l’Allemagne, l’Autriche, la Suède, le Danemark, aux Pays-Bas ou à l’Espagne ».
    On veut bien le croire. Et le remercier de nous confirmer que la montée de la gestion comptable de l’humain et de son traitement comme un simple rouage qu’on peut utiliser ou jeter selon les besoins économiques n’est pas propre à la France. En effet tous les pays cités par le directeur de l’OFII sont gérés depuis des décennies par de « bons pères de familles », tout à fait démocratiques, libéraux et propres sur eux. Remercions donc Didier Leschi pour cet éclaircissement.
    Mais pour mieux comprendre quelles sont ces « mesures », nous proposons ici de prendre un peu de recul historique, à l’échelle des cinquante dernières années.

    C’est pourquoi cette brochure recense l’ensemble des lois migratoires régissant l’entrée et le séjour des étrangers en France mises en place de 1972 à 2023.
    Elle constitue le deuxième volet d’un travail destiné à comprendre la montée d’une société de #surveillance_généralisée, mais sans les oripeaux du #fascisme historique, de façon libérale-autoritaire (1). La première partie, publiée en mai 2023, était consacrée aux lois, #arrêtés et décrets régissants la créations de fichiers informatiques et le travail de la police. Une troisième partie suivra, qui sera une recension de l’inflation technologique qui s’articule avec l’inflation juridique.
    Si le sort des Français et des étrangers est intimement lié, ils subissent un traitement différencié de la part de l’Etat. Nous avons décidé de consacrer une partie spécifique au traitement des étrangers en France pour une raison très pragmatique : la quantité très importante de lois visant spécifiquement l’entrée et le séjour des étrangers en France (d’où l’épaisseur de cette brochure : 128 pages !).

    Pourquoi avons-nous mené un tel travail ? Rappelez-vous l’été 2021 et la mise en place du pass sanitaire. Cette mesure, qui a motivé la création de notre collectif, nous est apparue comme la « goutte de trop ». Il nous a alors paru logique de nous livrer au travail de recension de toutes les gouttes précédentes, afin d’offrir un panorama de l’évolution de la législation et de mettre en perspective historique les mesures sanitaires de 2020-2021. En effet, toute personne qui s’intéresse à la surveillance, au contrôle, à la répression et la limitation de circulation des individus ne peut que constater qu’il est difficile – quasi-impossible – de suivre l’inflation de l’arsenal juridique qui régit les pratiques policières, les fichiers de collecte de données et les lois sur le séjour des étrangers. Dans nos sociétés prétendues « libérales » et « démocratiques », en matière de restriction de libertés et de répression, une loi s’empile sur la précédente, ce qui est annoncé comme un « simple projet » devient souvent rapidement une proposition de loi, puis une réalité juridique… et en route pour la suivante ! Cette brochure se veut donc une mise en perspective historique pour mieux comprendre les lois du présent.
    Précisons que nous ne proposons pas ici d’analyse, ou très peu, mais une simple #chronologie qui permet à chacun et chacune d’avoir accès à ces informations dispersées (2).

    Ruptures
    décembre 2023

    (1) Lire Grégoire Chamayou, La société ingouvernable, La fabrique, 2018.
    (2) Nos analyses sont quant à elles développées dans le journal La nouvelle vague, que nous publions régulièrement depuis décembre 2021. Voir en particulier « Réflexions sur l’autoritarisme et l’extrême-droite » (dans La nouvelle vague n°4).

    https://collectifruptures.wordpress.com/2024/01/01/loi-darmanin-et-avant
    #histoire #lois #dispositions #migrations #asile #réfugiés #séjour #frontières #ressources_pédagogiques #répression #liste

    via @karine4

  • En tant que chef de #projet #informatique, chaque journée débute comme un nouveau module à intégrer dans l’ensemble complexe de la #gestion de projet. Les #réunions s’entremêlent avec les échéances, et les flux de #emails incessants font écho aux lignes de #nocode qui attendent d’être écrites. C’est dans ce tourbillon que la tasse de #café devient un #compagnon ou un #camarade souvent incontournable. ☕
    https://michelcampillo.com/blog/6498.html

  • Au niveau européen, un pacte migratoire « dangereux » et « déconnecté de la réalité »

    Sara Prestianni, du réseau EuroMed Droits, et Tania Racho, chercheuse spécialiste du droit européen et de l’asile, alertent, dans un entretien à deux voix, sur les #risques de l’accord trouvé au niveau européen et qui sera voté au printemps prochain.

    Après trois années de discussions, un accord a été trouvé par les États membres sur le #pacte_européen_sur_la_migration_et_l’asile la semaine dernière. En France, cet événement n’a trouvé que peu d’écho, émoussé par la loi immigration votée au même moment et dont les effets sur les étrangers pourraient être dramatiques.

    Pourtant, le pacte migratoire européen comporte lui aussi son lot de mesures dangereuses pour les migrant·es, entre renforcement des contrôles aux frontières, tri express des demandeurs d’asile, expulsions facilitées des « indésirables » et sous-traitance de la gestion des frontières à des pays tiers. Sara Prestianni, responsable du plaidoyer au sein du réseau EuroMed Droits, estime que des violations de #droits_humains seront inévitables et invite à la création de voies légales qui permettraient de protéger les demandeurs d’asile.

    La chercheuse Tania Racho, spécialiste du droit européen et de l’asile et membre du réseau Désinfox-Migrations, répond qu’à aucun moment les institutions européennes « ne prennent en compte les personnes exilées », préférant répondre à des « objectifs de gestion des migrations ». Dans un entretien croisé, elles alertent sur les risques d’une approche purement « sécuritaire », qui renforcera la vulnérabilité des concernés et les mettra « à l’écart ».

    Mediapart : Le pacte migratoire avait été annoncé par la Commission européenne en septembre 2020. Il aura fait l’objet de longues tergiversations et de blocages. Était-ce si difficile de se mettre d’accord à 27 ?

    Tania Racho : Dans l’état d’esprit de l’Union européenne (UE), il fallait impérativement démontrer qu’il y a une gestion des migrations aux #frontières_extérieures pour rassurer les États membres. Mais il a été difficile d’aboutir à un accord. Au départ, il y avait des mesures pour des voies sécurisées d’accès à l’Union avec plus de titres économiques : ils ont disparu au bénéfice d’une crispation autour des personnes en situation irrégulière.

    Sara Prestianni : La complexité pour aboutir à un accord n’est pas due à la réalité des migrations mais à l’#instrumentalisation du dossier par beaucoup d’États. On l’a bien vu durant ces trois années de négociations autour du pacte : bien que les chiffres ne le justifiaient pas, le sujet a été fortement instrumentalisé. Le résultat, qui à nos yeux est très négatif, est le reflet de ces stratégies : cette réforme ne donne pas de réponse au phénomène en soi, mais répond aux luttes intestines des différents États.

    La répartition des demandeurs d’asile sur le sol européen a beaucoup clivé lors des débats. Pourquoi ?

    Sara Prestianni : D’abord, parce qu’il y a la fameuse réforme du #règlement_Dublin [qui impose aux exilés de demander l’asile dans le pays par lequel ils sont entrés dans l’UE - ndlr]. Ursula von der Leyen [présidente de la Commission – ndlr] avait promis de « #dépasser_Dublin ». Il est aujourd’hui renforcé. Ensuite, il y a la question de la #solidarité. La #redistribution va finalement se faire à la carte, alors que le Parlement avait tenté de revenir là-dessus. On laisse le choix du paiement, du support des murs et des barbelés aux frontières internes, et du financement de la dimension externe. On est bien loin du concept même de solidarité.

    Tania Racho : L’idée de Dublin est à mettre à la poubelle. Pour les Ukrainiens, ce règlement n’a pas été appliqué et la répartition s’est faite naturellement. La logique de Dublin, c’est qu’une personne qui trouve refuge dans un État membre ne peut pas circuler dans l’UE (sans autorisation en tout cas). Et si elle n’obtient pas l’asile, elle n’est pas censée pouvoir le demander ailleurs. Mais dans les faits, quelqu’un qui voit sa demande d’asile rejetée dans un pays peut déposer une demande en France, et même obtenir une protection, parce que les considérations ne sont pas les mêmes selon les pays. On s’interroge donc sur l’utilité de faire subir des transferts, d’enfermer les gens et de les priver de leurs droits, de faire peser le coût de ces transferts sur les États… Financièrement, ce n’est pas intéressant pour les États, et ça n’a pas de sens pour les demandeurs d’asile.

    D’ailleurs, faut-il les répartir ou leur laisser le libre #choix dans leur installation ?

    Tania Racho : Cela n’a jamais été évoqué sous cet angle. Cela a du sens de pouvoir les laisser choisir, parce que quand il y a un pays de destination, des attaches, une communauté, l’#intégration se fait mieux. Du point de vue des États, c’est avant tout une question d’#efficacité. Mais là encore on ne la voit pas. La Cour européenne des droits de l’homme a constaté, de manière régulière, que l’Italie ou la Grèce étaient des États défaillants concernant les demandeurs d’asile, et c’est vers ces pays qu’on persiste à vouloir renvoyer les personnes dublinées.

    Sara Prestianni : Le règlement de Dublin ne fonctionne pas, il est très coûteux et produit une #errance continue. On a à nouveau un #échec total sur ce sujet, puisqu’on reproduit Dublin avec la responsabilité des pays de première entrée, qui dans certaines situations va se prolonger à vingt mois. Même les #liens_familiaux (un frère, une sœur), qui devaient permettre d’échapper à ce règlement, sont finalement tombés dans les négociations.

    En quoi consiste le pacte pour lequel un accord a été trouvé la semaine dernière ?

    Sara Prestianni : Il comporte plusieurs documents législatifs, c’est donc une #réforme importante. On peut évoquer l’approche renforcée des #hotspots aux #frontières, qui a pourtant déjà démontré toutes ses limites, l’#enfermement à ciel ouvert, l’ouverture de #centres_de_détention, la #procédure_d’asile_accélérée, le concept de #pays-tiers_sûr que nous rejetons (la Tunisie étant l’exemple cruel des conséquences que cela peut avoir), la solidarité à la carte ou encore la directive sur l’« instrumentalisation » des migrants et le concept de #force_majeure en cas d’« #arrivées_massives », qui permet de déroger au respect des droits. L’ensemble de cette logique, qui vise à l’utilisation massive de la #détention, à l’#expulsion et au #tri des êtres humains, va engendrer des violations de droits, l’#exclusion et la #mise_à_l’écart des personnes.

    Tania Racho : On met en place des #centres_de_tri des gens aux frontières. C’est d’une #violence sans nom, et cette violence est passée sous silence. La justification du tri se fait par ailleurs sur la nationalité, en fonction du taux de protection moyen de l’UE, ce qui est absurde car le taux moyen de protection varie d’un pays à l’autre sur ce critère. Cela porte aussi une idée fausse selon laquelle seule la nationalité prévaudrait pour obtenir l’asile, alors qu’il y a un paquet de motifs, comme l’orientation sexuelle, le mariage forcé ou les mutilations génitales féminines. Difficile de livrer son récit sur de tels aspects après un parcours migratoire long de plusieurs mois dans le cadre d’une #procédure_accélérée.

    Comment peut-on opérer un #tri_aux_frontières tout en garantissant le respect des droits des personnes, du droit international et de la Convention de Genève relative aux réfugiés ?

    Tania Racho : Aucune idée. La Commission européenne parle d’arrivées mixtes et veut pouvoir distinguer réfugiés et migrants économiques. Les premiers pourraient être accueillis dignement, les seconds devraient être expulsés. Le rush dans le traitement des demandes n’aidera pas à clarifier la situation des personnes.

    Sara Prestianni : Ils veulent accélérer les procédures, quitte à les appliquer en détention, avec l’argument de dire « Plus jamais Moria » [un camp de migrants en Grèce incendié – ndlr]. Mais, ce qui est reproduit ici, c’est du pur Moria. En septembre, quand Lampedusa a connu 12 000 arrivées en quelques jours, ce pacte a été vendu comme la solution. Or tel qu’il est proposé aujourd’hui, il ne présente aucune garantie quant au respect du droit européen et de la Convention de Genève.

    Quels sont les dangers de l’#externalisation, qui consiste à sous-traiter la gestion des frontières ?

    Sara Prestianni : Alors que se négociait le pacte, on a observé une accélération des accords signés avec la #Tunisie, l’#Égypte ou le #Maroc. Il y a donc un lien très fort avec l’externalisation, même si le concept n’apparaît pas toujours dans le pacte. Là où il est très présent, c’est dans la notion de pays tiers sûr, qui facilite l’expulsion vers des pays où les migrants pourraient avoir des liens.

    On a tout de même l’impression que ceux qui ont façonné ce pacte ne sont pas très proches du terrain. Prenons l’exemple des Ivoiriens qui, à la suite des discours de haine en Tunisie, ont fui pour l’Europe. Les États membres seront en mesure de les y renvoyer car ils auront a priori un lien avec ce pays, alors même qu’ils risquent d’y subir des violences. L’Italie négocie avec l’#Albanie, le Royaume-Uni tente coûte que coûte de maintenir son accord avec le #Rwanda… Le risque, c’est que l’externalisation soit un jour intégrée à la procédure l’asile.

    Tania Racho : J’ai appris récemment que le pacte avait été rédigé par des communicants, pas par des juristes. Cela explique combien il est déconnecté de la réalité. Sur l’externalisation, le #non-refoulement est prévu par le traité sur le fonctionnement de l’UE, noir sur blanc. La Commission peut poursuivre l’Italie, qui refoule des personnes en mer ou signe ce type d’accord, mais elle ne le fait pas.

    Quel a été le rôle de l’Italie dans les discussions ?

    Sara Prestianni : L’Italie a joué un rôle central, menaçant de faire blocage pour l’accord, et en faisant passer d’autres dossiers importants à ses yeux. Cette question permet de souligner combien le pacte n’est pas une solution aux enjeux migratoires, mais le fruit d’un #rapport_de_force entre les États membres. L’#Italie a su instrumentaliser le pacte, en faisant du #chantage.

    Le pacte n’est pas dans son intérêt, ni dans celui des pays de premier accueil, qui vont devoir multiplier les enfermements et continuer à composer avec le règlement Dublin. Mais d’une certaine manière, elle l’a accepté avec la condition que la Commission et le Conseil la suivent, ou en tout cas gardent le silence, sur l’accord formulé avec la Tunisie, et plus récemment avec l’Albanie, alors même que ce dernier viole le droit européen.

    Tania Racho : Tout cela va aussi avoir un #coût – les centres de tri, leur construction, leur fonctionnement –, y compris pour l’Italie. Il y a dans ce pays une forme de #double_discours, où on veut d’un côté dérouter des bateaux avec une centaine de personnes à bord, et de l’autre délivrer près de 450 000 visas pour des travailleurs d’ici à 2025. Il y a une forme illogique à mettre autant d’énergie et d’argent à combattre autant les migrations irrégulières tout en distribuant des visas parce qu’il y a besoin de #travailleurs_étrangers.

    Le texte avait été présenté, au départ, comme une réponse à la « crise migratoire » de 2015 et devait permettre aux États membres d’être prêts en cas de situation similaire à l’avenir. Pensez-vous qu’il tient cet objectif ?

    Tania Racho : Pas du tout. Et puisqu’on parle des Syriens, rappelons que le nombre de personnes accueillies est ridicule (un million depuis 2011 à l’échelle de l’UE), surtout lorsqu’on le compare aux Ukrainiens (10 millions accueillis à ce jour). Il est assez étonnant que la comparaison ne soit pas audible pour certains. Le pacte ne résoudra rien, si ce n’est dans le narratif de la Commission européenne, qui pense pouvoir faire face à des arrivées mixtes.

    On a les bons et mauvais exilés, on ne prend pas du tout en compte les personnes exilées, on s’arrête à des objectifs de #gestion alors que d’autres solutions existent, comme la délivrance de #visas_humanitaires. Elles sont totalement ignorées. On s’enfonce dans des situations dramatiques qui ne feront qu’augmenter le tarif des passeurs et le nombre de morts en mer.

    Sara Prestianni : Si une telle situation se présente de nouveau, le règlement « crise » sera appliqué et permettra aux États membres de tout passer en procédure accélérée. On sera donc dans un cas de figure bien pire, car les entraves à l’accès aux droits seront institutionnalisées. C’est en cela que le pacte est dangereux. Il légitime toute une série de violations, déjà commises par la Grèce ou l’Italie, et normalise des pratiques illégales. Il occulte les mesures harmonisées d’asile, d’accueil et d’intégration. Et au lieu de pousser les États à négocier avec les pays de la rive sud, non pas pour renvoyer des migrants ou financer des barbelés mais pour ouvrir des voies légales et sûres, il mise sur une logique sécuritaire et excluante.

    Cela résonne fortement avec la loi immigration votée en France, supposée concilier « #humanité » et « #fermeté » (le pacte européen, lui, prétend concilier « #responsabilité » et « #solidarité »), et qui mise finalement tout sur le répressif. Un accord a été trouvé sur les deux textes au même moment, peut-on lier les deux ?

    Tania Racho : Dans les deux cas, la seule satisfaction a été d’avoir un accord, dans la précipitation et dans une forme assez particulière, entre la commission mixte paritaire en France et le trilogue au niveau européen. Ce qui est intéressant, c’est que l’adoption du pacte va probablement nécessiter des adaptations françaises. On peut lier les deux sur le fond : l’idée est de devoir gérer les personnes, dans le cas français avec un accent particulier sur la #criminalisation_des_étrangers, qu’on retrouve aussi dans le pacte, où de nombreux outils visent à lutter contre le terrorisme et l’immigration irrégulière. Il y a donc une même direction, une même teinte criminalisant la migration et allant dans le sens d’une fermeture.

    Sara Prestianni : Les États membres ont présenté l’adoption du pacte comme une grande victoire, alors que dans le détail ce n’est pas tout à fait évident. Paradoxalement, il y a eu une forme d’unanimité pour dire que c’était la solution. La loi immigration en France a créé plus de clivages au sein de la classe politique. Le pacte pas tellement, parce qu’après tant d’années à la recherche d’un accord sur le sujet, le simple fait d’avoir trouvé un deal a été perçu comme une victoire, y compris par des groupes plus progressistes. Mais plus de cinquante ONG, toutes présentes sur le terrain depuis des années, sont unanimes pour en dénoncer le fond.

    Le vote du pacte aura lieu au printemps 2024, dans le contexte des élections européennes. Risque-t-il de déteindre sur les débats sur l’immigration ?

    Tania Racho : Il y aura sans doute des débats sur les migrations durant les élections. Tout risque d’être mélangé, entre la loi immigration en France, le pacte européen, et le fait de dire qu’il faut débattre des migrations parce que c’est un sujet important. En réalité, on n’en débat jamais correctement. Et à chaque élection européenne, on voit que le fonctionnement de l’UE n’est pas compris.

    Sara Prestianni : Le pacte sera voté avant les élections, mais il ne sera pas un sujet du débat. Il y aura en revanche une instrumentalisation des migrations et de l’asile, comme un outil de #propagande, loin de la réalité du terrain. Notre bataille, au sein de la société civile, est de continuer notre travail de veille et de dénoncer les violations des #droits_fondamentaux que cette réforme, comme d’autres par le passé, va engendrer.

    https://www.mediapart.fr/journal/international/281223/au-niveau-europeen-un-pacte-migratoire-dangereux-et-deconnecte-de-la-reali
    #pacte #Europe #pacte_migratoire #asile #migrations #réfugiés

  • Les #outils de #gestion de #projet #opensource offrent plusieurs avantages, notamment la #flexibilité, l’#adaptabilité et la #transparence. Je sais de quoi je parle car j’utilise actuellement #ProjeQtOr chez mon #employeur pour gérer mes projets. Quelques bonnes raisons d’utiliser ces outils : la possibilité de #personnaliser et de modifier le #code #source pour répondre à des besoins spécifiques, ce qui les rend plus flexibles que les #solutions #propriétaire.
    https://michelcampillo.com/blog/3176.html

  • Beyond borders, beyond boundaries. A Critical Analysis of EU Financial Support for Border Control in Tunisia and Libya

    In recent years, the European Union (EU) and its Member States have intensified their effort to prevent migrants and asylum seekers from reaching their borders. One strategy to reach this goal consists of funding programs for third countries’ coast guards and border police, as currently happens in Libya and Tunisia.

    These programs - funded by the #EUTF_for_Africa and the #NDICI-Global_Europe - allocate funding to train and equip authorities, including the delivery and maintenance of assets. NGOs, activists, and International Organizations have amassed substantial evidence implicating Libyan and Tunisian authorities in severe human rights violations.

    The Greens/EFA in the European Parliament commissioned a study carried out by Profundo, ARCI, EuroMed Rights and Action Aid, on how EU funding is linked to human rights violations in neighbouring countries, such as Tunisia and Libya.

    The study answers the following questions:

    - What is the state of EU funding for programs aimed at enhancing border control capacities in Libya and Tunisia?
    - What is the human rights impact of these initiatives?
    - What is the framework for human rights compliance?
    - How do the NDICI-Global Europe decision-making processes work?

    The report highlights that the shortcomings in human rights compliance within border control programs, coupled with the lack of proper transparency clearly contradicts EU and international law. Moreover, this results in the insufficient consideration of the risk of human rights violations when allocating funding for both ongoing and new programs.

    This is particularly concerning in the cases of Tunisia and Libya, where this report collects evidence that the ongoing strategies, regardless of achieving or not the questionable goals of reducing migration flows, have a very severe human rights impact on migrants, asylum seekers and refugees.

    Pour télécharger l’étude:
    https://www.greens-efa.eu/fr/article/study/beyond-borders-beyond-boundaries

    https://www.greens-efa.eu/fr/article/study/beyond-borders-beyond-boundaries

    #Libye #externalisation #asile #migrations #réfugiés #Tunisie #aide_financières #contrôles_frontaliers #frontières #rapport #trust_fund #profundo #Neighbourhood_Development_and_International_Cooperation_Instrument #droits_humains #gestion_des_frontières #EU #UE #Union_européenne #fonds_fiduciaire #IVCDCI #IVCDCI-EM #gardes-côtes #gardes-côtes_libyens #gardes-côtes_tunisiens #EUTFA #coût #violence #crimes_contre_l'humanité #impunité #Méditerranée #mer_Méditerranée #naufrages

  • Fewer boat crossings, visit to Frontex : EU and Tunisia implement migration pact

    Despite an alleged repayment of funds for migration defence, Tunisia is cooperating with the EU. Fewer refugees are also arriving across the Mediterranean – a decrease by a factor of seven.

    In June, the EU Commission signed an agreement on joint migration control with Tunisia. According to the agreement, the government in Tunis will receive €105 million to monitor its borders and “combat people smuggling”. Another €150 million should flow from the Neighbourhood, Development and International Cooperation Instrument (NDICI) in the coming years for the purposes of border management and countering the “smuggling” of migrants.

    Tunisia received a first transfer under the agreement of €67 million in September. The money was to finance a coast guard vessel, spare parts and marine fuel for other vessels as well as vehicles for the Tunisian coast guard and navy, and training to operate the equipment. Around €25 million of this tranche was earmarked for “voluntary return” programmes, which are implemented by the United Nations Refugee Agency and the International Organisation for Migration.

    However, a few weeks after the transfer from Brussels, the government in Tunis allegedly repaid almost the entire sum. Tunisia “does not accept anything resembling favours or alms”, President Kais Saied is quoted as saying. Earlier, the government had also cancelled a working visit by the Commission to implement the agreement.

    Successes at the working level

    Despite the supposed U-turn, cooperation on migration prevention between the EU and Tunisia has got off the ground and is even showing initial successes at the working level. Under the agreement, the EU has supplied spare parts for the Tunisian coast guard, for example, which will keep “six ships operational”. This is what Commission President Ursula von der Leyen wrote last week to MEPs who had asked about the implementation of the deal. Another six coast guard vessels are to be repaired by the end of the year.

    In an undated letter to the EU member states, von der Leyen specifies the equipment aid. According to the letter, IT equipment for operations rooms, mobile radar systems and thermal imaging cameras, navigation radars and sonars have been given to Tunisia so far. An “additional capacity building” is to take place within the framework of existing “border management programmes” implemented by Italy and the Netherlands, among others. One of these is the EU4BorderSecurity programme, which among other things provides skills in sea rescue and has been extended for Tunisia until April 2025.

    The Tunisian Garde Nationale Maritime, which is part of the Ministry of the Interior, and the Maritime Rescue Coordination Centre benefit from these measures. This MRCC has already received an EU-funded vessel tracking system and is to be connected to the “Seahorse Mediterranean” network. Through this, the EU states exchange information about incidents off their coasts. This year Tunisia has also sent members of its coast guards to Italy as liaison officers – apparently a first step towards the EU’s goal of “linking” MRCC’s in Libya and Tunisia with their “counterparts” in Italy and Malta.

    Departures from Tunisia decrease by a factor of seven

    Since the signing of the migration agreement, the departures of boats with refugees from Tunisia have decreased by a factor of 7, according to information from Migazin in October. The reason for this is probably the increased frequency of patrols by the Tunisian coast guard. In August, 1,351 people were reportedly apprehended at sea. More and more often, the boats are also destroyed after being intercepted by Tunisian officials. The prices that refugees have to pay to smugglers are presumably also responsible for fewer crossings; these are said to have risen significantly in Tunisia.

    State repression, especially in the port city of Sfax, has also contributed to the decline in numbers, where the authorities have expelled thousands of people from sub-Saharan countries from the centre and driven them by bus to the Libyan and Algerian borders. There, officials force them to cross the border. These measures have also led to more refugees in Tunisia seeking EU-funded IOM programmes for “voluntary return” to their countries of origin.

    Now the EU wants to put pressure on Tunisia to introduce visa requirements for individual West African states. This is to affect, among others, Côte d’Ivoire, where most of the people arriving in the EU via Tunisia come from and almost all of whom arrive in Italy. Guinea and Tunisia come second and third among these nationalities.

    Reception from the Frontex Director

    In September, three months after the signing of the migration agreement, a delegation from Tunisia visited Frontex headquarters in Warsaw, with the participation of the Ministries of Interior, Foreign Affairs and Defence. The visit from Tunis was personally received by Frontex Director Hans Leijtens. EU officials then gave presentations on the capabilities and capacities of the border agency, including the training department or the deportation centre set up in 2021, which relies on good cooperation with destination states of deportation flights.

    Briefings were also held on the cross-border surveillance system EUROSUR and the “Situation Centre”, where all threads from surveillance with ships, aircraft, drones and satellites come together. The armed “permanent reserve” that Frontex has been building up since 2021 was also presented to the Tunisian ministries. These will also be deployed in third countries, but so far only in Europe in the Western Balkans.

    However, Tunisia still does not want to negotiate such a deployment of Frontex personnel to its territory, so a status agreement necessary for this is a long way off. The government in Tunis is also not currently seeking a working agreement to facilitate the exchange of information with Frontex. Finally, the Tunisian coast guard also turned down an offer to participate in an exercise of European coast guards in Greece.

    Model for migration defence with Egypt

    Aiding and abetting “smuggling” is an offence that the police are responsible for prosecuting in EU states. If these offences affect two or more EU states, Europol can coordinate the investigations. This, too, is now to get underway with Tunisia: In April, EU Commissioner Ylva Johansson had already visited Tunis and agreed on an “operational partnership to combat people smuggling” (ASOP), for which additional funds will be made available. Italy, Spain and Austria are responsible for implementing this police cooperation.

    Finally, Tunisia is also one of the countries being discussed in Brussels in the “Mechanism of Operational Coordination for the External Dimension of Migration” (MOCADEM). This working group was newly created by the EU states last year and serves to politically bundle measures towards third countries of particular interest. In one of the most recent meetings, the migration agreement was also a topic. Following Tunisia’s example, the EU could also conclude such a deal with Egypt. The EU heads of government are now to take a decision on this.

    https://digit.site36.net/2023/11/01/fewer-boat-crossings-visit-to-frontex-eu-and-tunisia-implement-migrati

    #Europe #Union_européenne #EU #externalisation #asile #migrations #réfugiés #accord #gestion_des_frontières #aide_financière #protocole_d'accord #politique_migratoire #externalisation #Memorandum_of_Understanding (#MoU) #Tunisie #coopération #Frontex #aide_financière #Neighbourhood_Development_and_International_Cooperation_Instrument (#NDICI) #gardes-côtes_tunisiens #militarisation_des_frontières #retours_volontaires #IOM #OIM #UNHCR #EU4BorderSecurity_programme #Seahorse_Mediterranean #officiers_de_liaison #arrivées #départs #chiffres #statistiques #prix #Frontex #operational_partnership_to_combat_people_smuggling (#ASOP) #Mechanism_of_Operational_Coordination_for_the_External_Dimension_of_Migration (#MOCADEM)

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    ajouté à la métaliste sur le Mémorandum of Understanding entre l’UE et la Tunisie :
    https://seenthis.net/messages/1020591

  • La #gestion à l’affaire est une composante du quotidien de nombreuses #entreprises, en particulier celles qui opèrent dans des secteurs où les #projets s’étalent sur des périodes longues. Dans cette approche, la création d’échéanciers spécifiques liés à chaque #affaire revêt une importance capitale pour gérer le déclenchement de #facturation.
    https://michelcampillo.com/blog/3589.html

  • Le secteur des #services est fortement influencé par les disparités entre la #production et la #facturation. Comparé à l’ #industrie où l’on observe une relation plus directe et immédiate entre les deux, le contrôle de #gestion dans le domaine des services s’avère nettement plus complexe. Le défi essentiel réside dans le choix de la méthode de reconnaissance du chiffre d’affaires.
    https://michelcampillo.com/blog/6284.html

  • The EU-Tunisia Memorandum of Understanding : A Blueprint for Cooperation on Migration ?

    On July 16, 2023, a memorandum of understanding, known as the “migrant deal”, was signed between the EU and Tunisia, at a time when the EU is trying to find ways to limit the arrival of irregular migrants into its territory. The memorandum, however, raises some concerns regarding its content, form, and human rights implications.

    This past year, Tunisia became the primary country of departure for migrants attempting to reach the European Union via Italy through the Central Mediterranean route. With a sharp increase of arrivals in the first few months of 2023, which further accelerated during the summer, cooperation with Tunisia has turned into a key priority in the EU’s efforts to limit migration inflows.

    On July 16, 2023, after complicated negotiations, Olivér Várhelyi, the EU Commissioner for Neighborhood and Enlargement, and Mounir Ben Rjiba, Secretary of State to the Minister of Foreign Affairs, Migration and Tunisians Abroad, signed a memorandum of understanding (MoU) on “a strategic and global partnership between the European Union and Tunisia,” published in the form of a press release on the European Commission’s website. President Ursula von der Leyen labeled the deal as a “blueprint” for future arrangements, reiterating the commission’s intention to work on similar agreements with other countries. The MoU, however, in terms of its content, form, and the human rights concerns it raises, falls squarely within current trends characterizing EU cooperation on migration with third countries.
    The content of the agreement

    Known as the “migrant deal,” the MoU covers five areas of cooperation: macro-economic stability, economy and trade, green energy transition, people-to-people contacts, and migration and mobility. The EU agreed to provide €105 million to enhance Tunisia’s border control capabilities while facilitating entry to highly-skilled Tunisians, and €150 million in direct budgetary support to reduce the country’s soaring inflation. It further foresees an extra €900 million in macro-economic support conditioned on Tunisia agreeing to sign an International Monetary Fund bailout. In exchange, Tunisia committed to cooperate on the fight against the smuggling and trafficking of migrants, to carry out search and rescue operations within its maritime borders, and to readmit its own nationals irregularly present in the EU—an obligation already existent under customary international law. Much to Italy’s disappointment, and unlike what happened in the case of Turkey in 2016, Tunisia refused to accept the return of non-Tunisian migrants who transited through the country to reach the EU, in line with the position it has occupied since the onset of the negotiations.

    What was agreed on seems to be all but new, seemingly reiterating past commitments

    Overall, what was agreed on seems to be all but new, seemingly reiterating past commitments. As for funding, the EU had been providing support to Tunisia to strengthen its border management capabilities since 2015. More broadly, and despite its flaws, the MoU embeds the current carrot-and-stick approach to EU cooperation with third countries, systematically using other external policies of interest to these nations, such as development assistance, trade and investments, and energy—coupled with promises of (limited) opportunities for legal mobility—to induce third countries to cooperate on containing migration flows.
    The legal nature of the agreement

    The MoU embeds the broader trend of de-constitutionalization and informalization of EU cooperation with third countries, which first appeared in the 2005 “Global Approach to Migration” and the 2011 “Global Approach to Migration and Mobility”, and substantially grew in the aftermath of the 2015 refugee crisis, with the EU-Turkey Statement and the “Joint Way Forward on migration with Afghanistan” being the most prominent examples, in addition to several Mobility Partnerships. The common denominator among these informal arrangements consisted of the use of instruments outside the constitutional framework established for concluding international agreements, notably Article 218 on the Treaty of the Functioning of the European Union (TFEU), to agree on bilateral commitments that usually consist in the mobilization of different EU policy areas to deliver on migration containment goals.

    Recourse to informal arrangements can have its advantages, as they are capable of adapting quickly to new realities and allow for immediate implementation without requiring parliamentary ratification or authorization procedures, as highlighted by the EU Court of Auditors. However, they might fall short of constitutional guarantees, as they do not follow standard EU treaty-making rules. EU treaties are silent as to how non-binding agreements should be negotiated and concluded, and thus often lack democratic oversight, transparency, and legal certainty. They might also pose issues in terms of judicial review by the Court of Justice of the EU (CJEU), in accordance with Article 263 of the TFEU.

    In the much-debated judgment “NF”, the General Court—the jurisdiction of first instance of the CJEU—refused to assess the legality of the 2016 EU-Turkey Statement, which was published as a press release on the website of the European Council. Indeed, the Court concluded at the time that the deal was one of member states acting in their capacity as heads of state and government, and not as part of the European Council as an EU institution, rendering the deal unattributable to the EU. The Court did not specifically refer to the legal nature of the agreement, despite all EU institutions stressing that the document was “not intended to produce legally binding effects nor constitute an agreement or a treaty” (para. 27), it being “merely ‘a political arrangement’” (para. 29).

    Overall, it is apparent that the lack of clarity regarding the procedure to be followed and the actors to be involved when it comes to the conclusion of non-binding agreements by the EU is problematic from a rule of law perspective

    The EU-Tunisia MoU, on the other hand, was signed by the European Commission alone, making it fully attributable to the EU. This means that it could be potentially challenged before the CJEU, if there is reason to believe that the content of the agreement renders it a legally-binding one, infringing on the procedure foreseen by the EU treaties, or if the competencies of the Council and the Parliament, the two other EU institutions usually involved in the conclusion of international agreements, were otherwise breached. In another case, the CJEU indeed found that, while the treaties do not regulate the matter and thus Article 218 on the TFEU does not apply, the Commission should nonetheless seek prior approval of the Council before signing an MoU in the exercise of its competencies, pursuant to Article 17 (1) of the Treaty on the European Union (TEU), due to the Council’s “policy-making” powers provided by Article 16 of the TEU. The Court, however, did not clarify whether the Commission should have likewise involved the European Parliament in light of its power to exercise “political control,” provided by Article 14 TEU. With regard to the MoU with Tunisia, however, neither of the two institutions seemed to have been involved. Overall, it is apparent that the lack of clarity regarding the procedure to be followed and the actors to be involved when it comes to the conclusion of non-binding agreements by the EU is problematic from a rule of law perspective.
    Concerns over protection of fundamental rights

    The EU-Tunisia MoU has been harshly criticized by both civil society organizations and different members of the European Parliament (MEPs) in light of the Tunisian authorities’ documented abuses and hostilities against migrants, amidst a political climate of broader democratic crisis. While vaguely referring to “respect for human rights,” the MoU does not specify how the Commission intends to ensure compliance with fundamental rights. Concerns over the agreement led the European Ombudsman—a body of the EU that investigates instances of maladministration by EU institutions—to ask the EU’s executive arm whether it had conducted a human rights impact assessment before its conclusion, as well as if it intended to monitor its implementation, and if it envisaged the suspension of funding if human rights were not respected. This adds to the growing discontent over the EU’s prioritization of securing its borders over ensuring the protection of fundamental rights of migrants, through the externalization of border controls to third countries with poor human rights records and authoritarian governments, such as Libya, Turkey, Morocco, Egypt, and Sudan, among others.

    These episodes exemplify the paradox of externalization, with the EU trying to shield itself from the risk of instrumentalization of migration by third countries on one hand, and making itself dependent upon these actors’ willingness to contain migratory flows, and thus vulnerable to forms of repercussion and bad faith tactics, on the other

    In an unprecedented move, Tunisia denied entry to a group of MEPs who were due to visit the country on official duty on September 14. While no official explanation was given, the move was seen as a reaction for speaking out against the agreement. Despite this, and the fact that there is still a lack of clarity as to how compliance with fundamental rights will be guaranteed, the Commission announced that the first tranche of EU funding would be released by the end of September. However, Tunisia declared to have rejected the money precisely over the EU’s excessive focus on migration containment, although Várhelyi stated that the refusal related to budget support is unrelated to the MoU. These episodes exemplify the paradox of externalization, with the EU trying to shield itself from the risk of instrumentalization of migration by third countries on one hand, and making itself dependent upon these actors’ willingness to contain migratory flows, and thus vulnerable to forms of repercussion and bad faith tactics, on the other. Similar deals, posing similar risks, are currently envisaged with Egypt and Morocco. Moving forward, the EU should instead make efforts to create partnerships with third countries based on genuine mutually-shared interests, restoring credibility in its international relations which should be based on support for its founding values: democracy, human rights, and the rule of law.

    https://timep.org/2023/10/19/the-eu-tunisia-memorandum-of-understanding-a-blueprint-for-cooperation-on-mig
    #Tunisie #EU #Europe #Union_européenne #EU #externalisation #asile #migrations #réfugiés #accord #gestion_des_frontières #aide_financière #protocole_d'accord #politique_migratoire #externalisation #memorandum_of_understanding #MoU

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    ajouté à la métaliste sur le Mémorandum of Understanding entre l’UE et la Tunisie :
    https://seenthis.net/messages/1020591

  • Matthieu Amiech, Lettre ouverte aux organisatrices du rassemblement estival Les Résistantes, 2023 – Et vous n’avez encore rien vu…
    https://sniadecki.wordpress.com/2023/10/16/amiech-les-resistantes

    Suivi de deux textes sur l’autonomie des luttes, notamment alimentaire.

    L’organisation de ce rassemblement visait précisément à faire se rencontrer des gens qui n’en sont pas tous au même point, dont les objectifs ne concordent pas tout à fait et doivent être mis en discussion : à faire avancer un mouvement en construction. Mais ici, il ne s’agit pas de cela. Imaginons que, peu après l’atelier « Discussion et retours sur nos expériences d’autodéfense féministe », ou avant la table ronde « Reprendre les terres dans une perspective féministe », il y ait eu une formation « Être féministe et sexy, pour réussir », ou « Faire avancer l’émancipation des femmes par la filière nucléaire (ou l’armée) » : on peut penser qu’il y aurait eu à juste titre un malaise, voire un scandale. Sur la question du numérique, par contre, la contradiction ne pose pas de problème. On a beau savoir que ces technologies sont au cœur des phénomènes de surveillance, de précarisation du travail, d’isolement social, d’aggravation des problèmes écologiques, elles restent « un outil incontournable pour nos luttes » – qui visent pourtant plus de liberté et d’égalité, moins de violence et de destructions.

    […]

    De façon générale, il est temps pour cette écologie terrestre, pour l’ensemble des luttes contre les petits et grands projets qui pillent les ressources et dévastent les territoires, de faire un choix. Ou bien nous luttons avec les outils numériques, dans un souci de soi-disant efficacité et au nom de l’urgence absolue-permanente ; ou bien nous luttons, de plus en plus, sans eux, pour trouver une nouvelle consistance humaine, pour tisser quelque chose de réellement hétérogène au développement (économique), à la transition (énergétique), à la vie administrée et artificialisée. Ou bien on continue de laisser au second plan de la conscience collective – derrière les écrans – l’impact effrayant de la numérisation sur les milieux naturels, la consommation d’énergie et d’électricité qui explose, la course aux métaux et l’ouverture de mines partout dans le monde ; ou bien on met cette question au premier plan : on insiste sur le rôle essentiel des ordinateurs et d’Internet dans l’accélération des prédations, de la bétonisation des sols, de la confiscation des terres et de la pollution des eaux (ou vice versa).

    #Matthieu_Amiech #critique_techno #numérique #informatisation #qrcode #gestion #autonomie #luttes_sociales #organisation

  • « Les #gestionnaires_d'actifs ont pris possession d’#infrastructures fondamentales de notre vie quotidienne » | Alternatives Economiques
    https://www.alternatives-economiques.fr/gestionnaires-dactifs-ont-pris-possession-dinfrastructures-fondament/00108262

    Géographe à l’université Uppsala en Suède, Brett Christophers a étudié ces poids lourds de la #finance dans son dernier livre Our Lives in Their Portfolios. Why Asset Managers Own the World (Verso, 2023, non traduit). Il a constaté notamment leur intérêt croissant pour l’acquisition de logements, de routes, d’antennes-relais, de parcs éoliens ou de réseaux d’eau, en somme pour toutes ces infrastructures dont dépendent les populations, au point que nous vivons, selon le chercheur, dans « une #société de gestionnaires d’actifs ».

    […]

    Cette société, est-elle une utopie ou une #dystopie ?

    B. C :
    En effet, on peut se demander : qu’est-ce que ça peut faire que les propriétaires de ces #infrastructures soient des #gestionnaires_d’actifs ? Ces dernières affirment que c’est mieux pour tout le monde quand les infrastructures sont entre leurs mains plutôt qu’entre celles d’autres propriétaires, notamment les #pouvoirs_publics : les usagers bénéficieraient de meilleurs services, les clients de meilleurs rendements et l’#Etat pourrait se focaliser sur ses missions. En réalité, aucun de ces arguments ne tient. Le livre consiste justement à les déconstruire.

    Concernant les usagers, des reportages ont documenté les dérives des gestionnaires d’actifs. Mais on pourrait se dire que ces histoires sont anecdotiques ou qu’ils ne font pas pire que les autres. Après tout, ce n’est pas parce que ces #infrastructures sont publiques qu’elles sont forcément bien gérées. Je viens du #Royaume-Uni et on ne peut pas dire que quand le gouvernement détient ces infrastructures ce soit un modèle à suivre…

    Mais, en réalité, plusieurs études ont montré que ce n’est pas anecdotique. Par exemple, les taux d’expulsion sont plus élevés pour les logements possédés par des gestionnaires d’actifs que pour ceux appartenant à d’autres propriétaires. De même, les maisons de retraite sont plus chères, alors que le nombre d’heures par patient des infirmières y est plus bas, ce qui explique probablement pourquoi la mortalité y est plus élevée.

    #rentabilité #profits

  • #Propriété_collective des #terres : « Des espaces de résistance face à l’agriculture industrielle et capitaliste »

    basta ! : Dans le secteur agricole, on compte seulement une installation pour deux à trois cessations d’activité, alors qu’un agriculteur sur quatre doit partir à la retraite d’ici 2030. L’accès à la terre est-il le frein principal à l’activité agricole en France ?

    Tanguy Martin : L’accès à la terre est clairement un frein, économique d’abord. La terre, selon les régions, peut coûter assez cher. S’y ajoutent les coûts des bâtiments, du cheptel, des machines, dans un contexte où les fermes n’ont cessé de grandir en taille depuis la fin de la Seconde Guerre mondiale.

    Il y a aussi un principe de défiance : c’est plus facile de vendre ses terres, ou de les louer à son voisin qu’on connaît depuis très longtemps, qu’à quelqu’un qu’on ne connaît pas, qui peut vouloir faire différemment, non issu du territoire... Or, 60 % des gens qui veulent s’installer aujourd’hui ne sont pas issus du milieu agricole. Les freins administratifs se combinent à ce parcours du combattant.

    Aujourd’hui l’accès à la terre se fait par le marché : les terres sont allouées aux gens capables de rentabiliser une ressource, et pas forcément aux gens capables de nourrir un territoire ou de préserver un environnement.

    À partir de quel moment la terre agricole est-elle devenue une marchandise ?

    Jusqu’à la fin de la Seconde Guerre mondiale, la terre est restée un bien de prestige et de pouvoir à travers lequel on maîtrise la subsistance de la population. Mais après 1945, l’agriculture est entrée dans le capitalisme : on commence à faire plus de profit avec la terre et la production de nourriture, voire à spéculer sur le prix de la terre.

    La terre est même depuis devenue un actif financier. Aujourd’hui, les sociétés dites à capitaux ouverts (financiarisées), dont le contrôle peut être pris par des non-agriculteurs, ont fait main basse sur 14 % de la surface agricole utile française. C’est plus d’une ferme sur dix en France [1]. Le phénomène a doublé en 20 ans !

    Peut-on vraiment parler de spéculation sur les terres en France alors même que le prix stagne en moyenne à 6000 euros par hectare depuis plusieurs années ? Il est quand même de 90 000 euros par hectare aux Pays-Bas !

    Depuis quelques années, le prix de la terre stagne et on pourrait en conclure qu’il n’y a pas de spéculation. En réalité, le prix de la terre a globalement augmenté en France sur les 20 dernières années.

    Actuellement, ce prix augmente dans certaines régions et baisse dans d’autres. Les endroits où l’on peut spéculer sur la terre sont globalement ceux où l’agriculture s’est industrialisée : les zones céréalières dans le centre de la France, de betteraves en Picardie, de maïs dans le Sud-Ouest... Là, le prix de la terre continue à augmenter.

    En revanche, il y a des endroits en déprise, notamment les zones d’élevage comme le Limousin, où le prix de la terre peut baisser. Les prix augmentent aussi à proximité des villes et des zones touristiques, où la terre risque de devenir constructible.

    En France, ce sont les Sociétés d’aménagement foncier et d’établissement rural (Safer) qui sont en charge de réguler le marché des ventes des terres agricoles. Elles sont très critiquées. Que faut-il faire de ces organisations ?

    Les Safer ont participé à limiter les inégalités d’accès à la terre et un prix de la terre relativement bas en France. C’est vrai, même s’il y a d’autres explications aussi, comme la plus faible valeur ajoutée produite par hectare en France.

    Pour autant, les Safer doivent encore évoluer pour pouvoir répondre aux enjeux alimentaires et agricoles du 21e siècle, il faut arriver à démocratiser leur gouvernance. Celles-ci restent aujourd’hui très liées aux décisions du syndicalisme majoritaire (de la FNSEA, ndlr). Les Safer doivent aussi devenir plus transparentes. Actuellement, les réunions de décision se tiennent à huis clos : c’est censé protéger les gens qui prennent les décisions pour qu’ils soient éloignés de certaines pressions, mais cela crée une opacité très délétère pour l’institution.

    Un autre élément à revoir, c’est la façon dont on fixe les objectifs politiques des Safer. Ces dernières, quand elles achètent une terre, doivent la revendre à la personne qui répond aux objectifs politiques qui sont notamment fixés dans des documents nommés « schémas directeurs régionaux des exploitations agricoles ».

    Ces documents, écrits par l’État et validés par arrêté préfectoral, décrivent quel type d’agriculture vont viser les Safer et d’autres instances de régulation foncière. Or, ces documents, du fait que le syndicat majoritaire est largement consulté, défendent plutôt la prolongation de l’agriculture vers son industrialisation. Il y a donc un enjeu à ce que ces documents soient écrits pour défendre une agriculture du 21e siècle qui défend l’agroécologie, et des paysannes et paysans nombreux sur les territoires. À ces conditions-là, il n’y a pas de raison de vouloir se passer des Safer.

    Le fait que nous ayons un système qui alloue la terre, non pas en fonction de l’offre et de la demande, mais en vertu d’un projet politique censé répondre à l’intérêt général, est un trésor inestimable en France qu’il faut absolument garder.

    En creux de votre ouvrage se pose la question du rapport à la propriété. Est-il possible de dépasser le modèle du paysan propriétaire ?

    Sur le principe, rien ne justifie le fait qu’à un moment, une personne ait pu dire « cette terre m’appartient ». La terre étant à la fois un lieu d’accueil du vivant et le lieu où l’on produit la nourriture, on peut estimer que la propriété de la terre doit être abolie. Sauf que, dans une société très attachée à la propriété privée, cela paraît utopique.

    Prenons donc le problème d’une autre façon, et voyons ce qu’on peut déjà faire à court terme. Il faut avoir en tête que les agriculteurs ne sont pas majoritairement propriétaires des terres qu’ils travaillent : 60 % de cette surface est louée dans le cadre du fermage. Il y a même des paysan·nes qui décident parfois de ne pas acheter la terre et préfèrent la louer pour éviter de s’endetter.

    D’autre part, on dispose d’une régulation foncière selon laquelle la terre n’est pas une marchandise comme les autres et ne doit pas être uniquement dirigée par le marché. Ces mécanismes juridiques permettent à l’État, aux collectivités locales et aux syndicats agricoles, de définir ensemble qui va accéder à la terre indépendamment du fait que ces personnes soient riches ou pas.

    On a là un embryon qui pourrait faire imaginer un droit de l’accès à la terre en France institué en commun. Il faut renforcer et orienter ces mécanismes – qui ont plein d’écueils ! – vers des enjeux d’alimentation, d’emploi, d’environnement... Chercher à démocratiser la question de l’accès à la terre et « le gouvernement des terres », c’est à la fois une capacité à se prémunir des effets mortifères du capitalisme, et cela permet de penser comment on pourrait gérer les terres autrement.

    Le capitalisme n’est pas une fatalité : il y a d’autres manières d’être au monde, de produire de l’alimentation, de vivre, de sortir d’un monde où le but n’est que la recherche du profit. C’est comme quand on milite pour la sécurité sociale de l’alimentation : la Sécurité sociale en 1946 n’a pas renversé le capitalisme, mais elle a créé des espaces de répits face au capitalisme, extrêmement importants pour que les gens vivent bien et envisagent de transformer la société.

    Le livre dresse un panorama des organisations qui travaillent au rachat des terres pour les mettre à disposition de paysan·nes répondant à des critères socio-environnementaux, avec des règles transparentes d’attribution de l’accès au foncier. Les surfaces acquises restent toutefois modestes. Peut-on uniquement compter sur ce type d’initiatives ?

    Les gens qui s’intéressent à la terre aujourd’hui ont bien compris qu’on n’allait pas abolir la propriété privée demain. Ils ont aussi compris que s’ils voulaient expérimenter d’autres manières de faire de l’agriculture et de l’alimentation, il fallait accéder à la propriété des terres.

    L’idée de la propriété collective, ce n’est pas l’abolition de la propriété privée, mais que des gens se mettent ensemble pour acheter de la terre. C’est ce que fait Terre de Liens en louant ensuite la terre à des paysan·nes qui mettent en œuvre des projets répondant aux enjeux de société, d’emploi, d’environnement, d’entretien du territoire... Mais c’est aussi ce que font d’autres structures de propriété foncière – la Société civile des terres du Larzac, la Terre en commun sur la Zad de Notre-Dame des Landes, Lurzaindia dans le Pays basque, la foncière Antidote, et bien d’autres.

    Tout un tas de gens essaient d’acheter des terres pour en faire des espaces de résistance face à l’agriculture industrielle et capitaliste. Cela permet d’imaginer d’autres rapports à la propriété. Ce sont des lieux d’expérimentation très importants pour susciter de nouveaux imaginaires, apprendre à faire autrement, créer de nouvelles manières d’être au monde.

    Le problème de ces lieux-là, c’est qu’ils ne peuvent pas permettre un changement d’échelle. Cela ne peut pas être la solution de sortie des terres du capitalisme. Comme elles n’abolissent pas la propriété, s’il fallait racheter toutes les terres, cela coûterait des centaines de milliards d’euros.

    Par ailleurs, ces terres ne sont pas à vendre à court terme – une terre se vend en moyenne tous les 75 ans. D’où la nécessité de faire à la fois des expérimentations de propriété collective, tout en ravivant la question de la régulation foncière pour sortir l’agriculture du capitalisme.

    En quoi la lutte de Notre-Dame des Landes, victorieuse en 2018, a reconfiguré les luttes, notamment anticapitalistes, autour des terres ?

    La question agricole et foncière, en France et même en Europe, était très peu investie par les milieux anticapitalistes. L’activisme des gens qui vont s’installer dans la Zad, les coopérations menées avec des syndicats agricoles comme la Confédération paysanne, ont – non sans débats houleux et conflits internes – mené à une lutte assez exemplaire sur un territoire.

    La répression peut être énorme, mais la capacité de résistance aussi. Cette lutte a produit des façons de faire sur le territoire – en termes d’habitat, d’agriculture collective, de vivre ensemble – inspirantes pour toute une génération militant contre le néolibéralisme et le capitalisme. Beaucoup de milieux politiques aujourd’hui parlent de subsistance, d’alimentation, de terres.

    Notre-Dame des Landes marque aussi le fait qu’avec de moins en moins d’agriculteurs dans la société (2,5 % des gens sont des travailleurs de la terre dont 1,9 % sont des agriculteurs au sens légal), les enjeux agricoles ne peuvent être uniquement du ressort des luttes paysannes. La centralité de ces luttes doit être partagée avec d’autres types d’acteurs politiques, notamment des gens qui habitent le territoire sans être forcément paysans.

    La dynamique des Soulèvements de la Terre est-elle un prolongement de Notre-Dame des Landes ?

    En effet, il me semble que Notre-Dame-des-Landes est une inspiration forte de la pensée qui s’agrège autour des Soulèvements, mouvement riche de sa pluralité. Les Soulèvements montrent que les espoirs nés de l’expérimentation à Notre-Dame-des-Landes sont possibles partout et qu’il va falloir faire différemment dans tous les territoires – chaque endroit ayant ses spécificités.

    Les questions de rapport à la terre ont aussi émergé dans l’espace politique des années 1990, avec les luttes au Chiapas, au Mexique, qui continuent d’inspirer les milieux politiques en Europe et en France. Cette circulation des imaginaires de luttes permet de penser des mondes différemment. Les Soulèvements arrivent à fédérer de manière assez importante et repolitisent très clairement ces questions de la terre. Ils portent ces questions sur tous les territoires qui ont envie de s’en emparer en disant : « C’est possible aussi chez vous ».

    Peut-on sortir l’agriculture du capitalisme ? Pour Tanguy Martin, auteur de Cultiver les communs, il faut combiner les expérimentations de propriété collective tout en s’attachant à la régulation foncière.

    https://basta.media/Propriete-collective-des-terres-des-espaces-de-resistance-face-a-l-agricult
    #agriculture #résistance #capitalisme #accès_à_la_terre #terre #financiarisation #spéculation #Sociétés_d’aménagement_foncier_et-d’établissement_rural (#Safer)