• Les nouvelles grenades du maintien de l’ordre - POLITIS
    https://www.politis.fr/articles/2024/02/eclats-et-traumatismes-sonores-les-nouvelles-grenades-du-maintien-de-lordre

    Début novembre, Politis dévoilait en exclusivité le résultat de la dernière commande de grenades de l’État, pour plus de 78 millions d’euros, la plus importante depuis plus de dix ans. En y regardant de plus près, plusieurs de ces grenades de maintien de l’ordre sont encore inconnues.Au milieu de cet achat, on trouve des « grenades à main à effet sonore », le lot n°7. Apparues en 2022, ces armes, classées comme « matériel de guerre », produisent un très fort effet assourdissant. Deux entreprises vont se les partager, et c’est Rivolier qui en remporte la plus grande partie. L’entreprise importe des armes de maintien de l’ordre via sa branche « sécurité-défense ». Mais aucune information n’est disponible sur cette arme.

    • « C’est un modèle de chez Condor », révèle à Politis une source policière. Une information confirmée par des documents techniques que nous avons pu nous procurer auprès de forces de l’ordre. Il s’agit de la #grenade_GL-307. Sous ce nom, on retrouve bien une « grenade à effet sonore ». Sur la fiche technique du fabricant brésilien, le descriptif parle de lui-même. « La grenade à effet sonore GL-307 a été conçue pour produire un effet de souffle bruyant et un aveuglement intense dans les opérations de contrôle des émeutes. » Avec un pictogramme « Ne pas ramasser » inscrit dessus, elle explose au bout de 2,5 secondes.

      Les grenades assourdissantes engendrent « un risque de traumatisme majeur » selon un spécialiste, consulté par Politis. (DR.)

      « À ce niveau, les dommages sur l’audition sont irréversibles »

      Son niveau sonore atteint des records dans l’arsenal français. Avec, jusqu’à 165 décibels à 10 mètres, elle surpasse le modèle actuel qui monte déjà à 160 dB. D’après BruitParif, l’observatoire du bruit en Île-de-France, « le seuil de douleur pour les oreilles est atteint à 120 décibels. À ce niveau, les dommages sur l’audition sont irréversibles. » Selon la documentation de Condor, à une distance de 2 mètres, l’intensité de la grenade de maintien de l’ordre atteint 175 dB.

      À titre de comparaison, même si l’envergure est différente, l’explosion de l’usine chimique d’AZF en septembre 2001 à Toulouse a provoqué un pic sonore inférieur. Estimée à 170 dB, l’explosion a provoqué de graves séquelles auditives pour les victimes (...)

      Avec cet achat de plus de 78 millions d’euros, le gouvernement s’équipe de douze grenades de maintien de l’ordre différentes. Quatre fumigènes, quatre lacrymogènes, trois assourdissantes et une assourdissante et lacrymogène. Plusieurs projettent des fragments pouvant gravement blesser. De quoi faire face à tout type de contestation.

      Maintien de l’ordre : de nouveaux lance-grenades de 40 mm
      https://www.politis.fr/articles/2023/12/maintien-de-lordre-de-nouveaux-lance-grenades-de-40-mm

      Contrairement aux multicoups actuels qui disposent d’un barillet, ce nouveau modèle disposera de deux canons à la place. Depuis plusieurs années, les CRS qui utilisent les lanceurs six coups à barillets se plaignent de dysfonctionnements à répétition tels que l’enrayement régulier de l’arme. Testé depuis plus d’un an, ce nouveau type de lanceurs à double canon était surnommé, à ses débuts, « LGBT » pour « lance-grenades bi-tubes ». D’après l’appel d’offres, il sera accompagné de gilets permettant « d’emporter et d’utiliser rapidement une dotation de 20 grenades complètes ».

      [...]
      Ces dernières années, les commandes de matériel de maintien de l’ordre ont explosé. Depuis l’élection d’Emmanuel Macron en 2017, ce sont environ 380 millions d’euros qui ont été dépensés, en comptant les commandes en cours, comme celle du lance-grenades à double canon. Dans ces achats, on retrouve des armes, mais aussi les blindés de la gendarmerie Centaure, des fourgons aménagés pour le maintien de l’ordre et avec d’autres équipements. En mai 2023, une commande pour des boucliers et casques a également été lancée pour 40 millions d’euros.

      #maintien_de_l’ordre #police #armes_de_la_police #grenades_assourdissantes #lance-grenades

  • Questo fine settimana sulle Alpi la polizia ha ammazzato una persona, ma per la stampa l’unica vittima è un campo da golf.

    De #Lorenzo_D'Agostino

    🧵20 tweet per ristabilire la realtà dei fatti.

    Venerdì scorso sono andato a Claviere, l’ultimo paese italiano della Val di Susa sul confine francese, per partecipare al campeggio itinerante «Passamontagna». Mi avevano invitato a raccontare le mie inchieste sull’antimafia in una serie di dibattiti sulle politiche di frontiera.

    In questi giorni centinaia di persone stanno attraversando il passo di frontiera del Monginevro, spesso di notte per sentieri pericolosi. L’idea del campeggio era attraversare il confine con una grande marcia tutti insieme, in sicurezza, persone migranti e solidali.

    Sabato dopo pranzo, smantellato l’accampamento, ci siamo messi in marcia. Lentamente senza lasciare nessuno indietro. Nel gruppo c’erano persone stremate da un lungo viaggio, donne con bambini piccoli, qualche anziano. L’atmosfera era allegra. Ma appena passata la frontiera...

    ...ci siamo trovati davanti uno schieramento di gendarmi francesi in antisommossa. Occupando le alture, ci hanno bloccati su un viottolo molto scosceso. Un gesto violento, un lancio di gas, avrebbe provocato una caotica e pericolosissima fuga all’indietro del gruppo.

    Io che non ho esperienza di queste cose pensavo che il blocco si potesse forzare: eravamo dieci volte più numerosi. A 1800 metri d’altezza, lontani da ambulanze e ospedali, la gendarmerie era veramente disposta a rischiare decine di feriti, forse ammazzare qualcuno?
    Chi ha a che fare ogni giorno con la polizia francese però non ha avuto dubbi: con tante persone vulnerabili e inesperte nel gruppo, bisognava evitare lo scontro a ogni costo. I gendarmi hanno annunciato l’uso imminente della forza, e il gruppo si è dato lentamente indietro.
    Rientrando al campo base, abbiamo costeggiato un campo da golf. Un enorme spazio privatizzato a cavallo della frontiera, dove i turisti ricchi si muovono liberamente tra Italia e Francia. Il contrasto con il trattamento riservato a migranti e solidali era lacerante.

    Un piccolo gruppo si è staccato dal corteo, ha divelto le recinzioni e ha danneggiato il campo da golf. Non tutti hanno ritenuto opportuna quest’azione, ma la rabbia che esprimeva è la rabbia che sentivamo tutti.

    Rientrati a Claviere, si è ragionato sul da farsi. L’idea di agevolare il passaggio di frontiera delle persone in transito con una grande marcia è stata archiviata: era chiaro che la gendarmerie non avrebbe lasciato passare nessuno, finché durava il Passamontagna.
    I migranti avrebbero passato la frontiera come hanno sempre fatto: di notte, a piccoli gruppi, per i sentieri più impervi, nascondendosi da droni e visori termici della polizia. Il campeggio forniva, almeno, una base sicura dove dormire e a cui tornare in caso di respingimento.
    Quella sera ragionavo con una compagna: se a qualcuno succedesse qualcosa di brutto passando la frontiera, di chi sarebbe la colpa? A mio avviso, certamente della polizia: bloccando la possibilità di un attraversamento in sicurezza, si è assunta ogni eventuale conseguenza.
    Non è una discussione oziosa: l’ordinamento giuridico contempla la figura del «dolo eventuale». In Italia si usa per accusare di omicidio scafisti veri o inventati. Si dà quando chi agisce accetta il rischio che le proprie azioni causino un evento nefasto non direttamente voluto. Cassazione penale, sez. I, sentenza 15/03/2011 n ° 10411: "Il fondamento del dolo indiretto o eventuale va individuato nella rappresentazione e nell’accettazione, da parte dell’agente, della concreta possibilità, intesa in termini di elevata probabilità, di realizzazione dell’evento accessorio allo scopo perseguito in via primaria. Il soggetto pone in essere un’azione accettando il rischio del verificarsi dell’evento, che nella rappresentazione psichica non è direttamente voluto, ma appare probabile. In altri termini, l’agente, pur non avendo avuto di mira quel determinato accadimento,...

    Malgrado la delusione e la rabbia, il sabato sera è trascorso in festa. Stornelli anarchici intorno al fuoco, e un dj-set di musica africana organizzato dalle persone in transito. Io ho dormito in un tendone con una ventina di persone che si preparavano a passare il confine.

    Domenica, smantellato di nuovo il campeggio, ognuno ha preso la sua strada. Alcuni hanno deciso di sfilare in corteo verso la Francia, per creare qualche piccolo, momentaneo disagio alla circolazione su una frontiera che lascia passare i ricchi e ammazza i poveri. Li ho seguiti.
    La reazione della gendarmerie è stata immediata: dalle alture, alla cieca, una fitta pioggia di gas lacrimogeni è stata sparata sul corteo pacifico e disarmato. Io, del tutto impreparato a uno scenario del genere, sono scappato via. Per me il Passamontagna è finito così.
    Lunedì mattina, al passo del Monginevro, un ciclista ha trovato il corpo esanime di un giovane guineano. Sopravvissuto al Sahara, al Mediterraneo, ucciso tra Italia e Francia. Voglio pensare che le sue ultime ore siano state di festa, circondato dai volti amici del Passamontagna.

    Allo stesso tempo sono partite le veline ai giornali per travisare la realtà. I dibattiti e le conferenze a cui ho partecipato non ci sono stati, assicura la sindaca di Claviere. La grande marcia del sabato, bloccata dalla gendarmerie, mai esistita. L’attacco al campo da golf...

    L’attacco al campo da golf collocato falsamente nella notte tra venerdì e sabato: non più una risposta alla violenza della polizia, ma un atto di vandalismo immotivato. Il lancio di gas della domenica? Inevitabile risposta al lancio di inesistenti «bombe carta» degli anarchici...

    E alla fine l’unica vittima è la turista Raffaella. Che ha sotto il naso un’implacabile strage di stato, ma vede soltanto «una tendopoli abusiva» e 400 scalmanati che «pietre alla mano, in virtù di non so bene quale ideale protestano contro non so quale ingiustizia»

    https://twitter.com/lorenzodago/status/1689600891605716993
    https://threadreaderapp.com/thread/1689600891605716993.html

    #victime #golf #tourisme #passamontagna #manifestation #Hautes-Alpes #Val_de_suse #Italie #frontières #migrations #France #inégalités

    • Sur le campement à travers la frontière « passamontagna » du début août ; un autre mort à la frontière

      La pratique du Passamontagna n’a pas fonctionné. Après des années, plusieurs camps et de nombreuses manifestations qui nous ont amenés à passer la frontière ensemble, sans que personne -le temps d’une journée - ne risque sa vie pour franchir cette ligne imaginaire qu’est la frontière, cette fois-ci, le #passage_collectif a échoué.

      versione italiana in seguito

      english version below

      Samedi 5 août plus de 500 personnes ont quitté le campement installé à Claviere pour rejoindre la prochaine étape, en France. La gendarmerie en tenue anti-émeute, déployée sur tous les chemins, a bloqué notre passage. Des #gaz_lacrymogènes et des #grenades_assourdissantes étaient déjà positionnés en amont du #cortège. Près de trente camions et voitures anti-émeutes du côté français, plus ceux positionnés du côté italien. Il a été décidé de ne pas aller jusqu’à l’affrontement qui aurait été nécessaire pour tenter de passer, afin d’éviter un très probable massacre. La police française a changé ses pratiques au fil des ans, augmentant de temps en temps son niveau de #violence et l’utilisation d’#armes. On s’est pas voulu - dans cette situation - risquer des blessures graves.
      Comme tous les jours, ce week-end a vu passer des centaines de personnes en route pour la France. Le camp a été un bon moment pour partager des réflexions, des discussions, des danses et des bavardages. Bien que le passage collectif ait échoué, les personnes exilées de passage sont néanmoins reparties, comme chaque jour sur cette frontière maudite. Plus de 100 personnes sont arrivées à Briançon dans le week-end.

      Une trentaine de refoulements.

      La rage conséquent au refoulement de masse a provoqué quelques réactions.
      Samedi aprés-midi, un cortège s’est mis en route en direction de la frontière, surprenant certains officiers italiens qui ont dû courir, et bloquant la frontière pendant plus d’une heure.
      Le lendemain, dimanche, un autre cortège s’est formé sur la route de #Claviere à #Montgenèvre, pour tenter d’atteindre la PAF, le quartier général des gardes-frontières. Un important dispositif de gendarmes, avec des camionettes et un canon à eau, a barré la route. Les gardes mobiles ont tiré de nombreux gaz lacrymogènes et quelques grenades assourdissantes et #flashballs. Sur les chemins d’en haut, les gendarmes qui tentaient de se rapprocher ont été tenus à distance pendant un bon moment.
      Pendant plus de deux heures, la frontière est restée fermée. Si personne ne passe, personne ne passe. Les marchandises et les touristes ne passent pas non plus, de sorte que ce point de passage de frontière devient inopérent.

      Si, ces jours-ci, quelqu’un - soit-disant - a "osé" gâcher le #terrain_de_golf en écrivant ou en binant, cela ne nous semble pas être une tragédie, bien au contraire. La privatisation de cette montagne dans l’intérêt de quelques riches et de touristes fortunés conduit également à sa militarisation. Protéger cet imaginaire, le paysage des villages de montagne où l’on peut jouer au golf en toute tranquillité sur le "golf transfrontalier 18 trous" appartenant à #Lavazza et à la commune de Montgenèvre et skier sur les pistes "sans frontières". Ou encore se balader à vélo électrique sur les mêmes sentiers que ceux empruntés par des dizaines d’exilés chaque jour, mais plus souvent la nuit, justement parce qu’ils ne sont pas visibles. Une destination pour touristes fortunés ne peut pas être une zone de transit pour migrants, ça gache trop le décor. Ils construisent également deux "#réservoirs_d’eau", en volant l’eau de l’environnement, pour être sûrs de pouvoir tirer de la neige en hiver sur ces pistes. Privatisation, exploitation et militarisation des montagnes vont de pair.

      Le camp de Passamontagna a également été un moment de rencontre, de discussion et de réflexion sur le monde qui nous entoure et sur les mécanismes d’exploitation et d’exclusion. Des réunions ont été organisées pour parler de l’extractivisme néocolonial qui pousse les gens à migrer, à quitter des territoires massacrés au nom du profit. De l’externalisation des frontières et de la création d’ennemis intérieurs. Des nouveaux mécanismes de répression étatiques et européens à l’égard des exilées et des autres. De luttes contre les CPR/CRA (centres de rétention administrative).
      Parce que dans une société qui nous veut de plus en plus individualistes et séparés, nous devons de plus en plus nous connaître, nous reconnaître, nous confronter, nous unir pour combattre un système de plus en plus totalisant et totalitaire.

      A Briançon, ville de première destination pour tous celleux qui franchissent cette frontière, le centre d’hébergement solidaire Les Terrasse est surchargé. Les arrivées sont trop nombreuses et les places toujours insuffisantes. C’est aussi pour cela qu’un nouveau lieu a été ouvert et rendu public lundi. Une occupation qui se veut aussi un lieu d’accueil et de rencontre pour ceux qui luttent contre cette frontière, chacun à sa manière. Il y a besoin de soutien et de matériel !

      L’adresse est 34A Avenue de la République, hôpital les jeunes pousses SSR, Briançon.

      Un chaleureux merci à toutes les cuisines solidaires qui ont nourris des centaines des personnes pendant ces trois jours et à toutes les personnes qui y ont participé et rendu possible le camp.

      -- -

      Mais le lendemain on a appris une terrible nouvelle. Le lundi 7 aout, un jeune exilé a été retrouvé mort sur la route militaire reliant Montgenèvre à Briançon. Son nom était Moussa. Il était guinéen. Face contre terre, trouvé par un touriste à vélo. On n’en sait toujours pas plus.
      Un autre mort. Une victime de plus de cette frontière qui est de plus en plus marquée par la présence de la police aux frontières (PAF), déployée sur les chemins jour et nuit.
      Le onzième, le douzième, le vingtième, qui sait. Les chiffres ne sont pas clairs car tous les décès ne sont pas rendus publics. Officiellement, dix corps ont été retrouvés depuis 2018.
      Comme pour les autres décès, c’est clair qui sont les responsables. Il ne s’agit pas d’une mort aléatoire. Ce n’est pas de la malchance. Ce n’est pas un touriste qui meurt. C’est un "migrant" de plus, jeté des bus et des trains à la frontière, obligé de marcher la nuit pour échapper aux contrôles, pourchassé par les flics parce qu’il est catégorisé comme migrant et sans papiers, généralement parce que pauvre. Sur ces chemins, la PAF mène une chasse constante et raciste à tous ceux qui ne sont pas blancs et ne ressemblent pas à des touristes prêts à dépenser leur argent sur des terrains de golf ou des pistes de ski transformées en terrain de jeu pour vélos électriques en été.
      Et c’est à vélo, à pied ou en voiture que la PAF rôde sur les pistes à la recherche de ceux qui n’ont pas les bons papiers pour les traverser. Une nouvelle force militaire vient d’arriver à Montgenèvre avec pour objectif de limiter encore plus les entrées indésirables. Il y a des centaines de flics qui protègent cette frontière. Mais le flux de personnes ne s’arrête pas, car aucun filet, mur ou garde ne pourra jamais bloquer complètement le désir de liberté et la recherche d’une vie meilleure.
      Mais la paix est difficile à trouver aujourd’hui.
      Peut-être que si nous avions pu marcher ensemble, cela ne serait pas arrivé. Peut-être que si le Passamontagna avait fonctionné, ce garçon ne serait pas mort.
      Tous les flics présents sur ces chemins samedi et dimanche ont du sang sur les mains. Tout comme le préfet de Gap, qui avait rendu illégales toutes les manifestations et tous les campements pendant le week-end, et qui a donné l’ordre d’entraver le passage de toutes les manières possibles, a du sang sur les mains.

      Chaque policier est une frontière. Le bras armé d’un Etat qui continue à diviser, sélectionner et tuer au gré de ses intérêts politiques et économiques.
      Que les responsables paient cher, ici, à Montgenèvre, à Briançon, partout en France.

      Un pensée vient obscurcir notre esprit. Nous avons du mal à perdre de vue que le corps a été retrouvé sur la route militaire, qui peut être empruntée à pied mais aussi avec une voiture 4x4, que les gardes utilisent pour effectuer leurs patrouilles. Il est difficile de mourir par accident sur cette route, d’autant plus en été.
      Trop de personnes sont déjà mortes à la frontière, en fuyant la police. Rappelons Blessing Matthew, une jeune Nigériane de 20 ans, morte en 2018 dans la Durance en tentant d’échapper aux gendarmes qui la poursuivaient. Ou encore Fahtallah, retrouvé mort dans le barrage près de Modane, où il s’était aventuré après avoir été refoulé. Ou Aullar, 14 ans, mort écrasé par le train qu’il n’avait pu prendre à Salbertrand, en direction de la frontière. Ou encore tous ceux qui sont morts de froid ou sont tombés après avoir été refoulés à la frontière et s’être aventurés sur les sentiers les plus élevés.
      La militarisation de ces montagnes tue.

      La PAF, les gendarmes, l’Etat français, l’Europe. Ici les responsables de cette mort.

      La frontière est partout, dans chaque frontière à l’intérieur et à l’extérieur de l’Europe, là où elle est peut-être la plus reconnaissable, mais elle est aussi dans chaque rue, place ou gare où la police contrôle les papiers, elle est dans les centres de rétention administrative (CRA), elle est dans chaque bureau Frontex disséminé en Europe, elle est dans chaque usine d’armement ou dispositif de surveillance qui est produit en Europe et remis à la police des frontières.
      D’où une invitation à agir chacun à sa manière, chacun à sa place, contre les frontières.

      CONTRE TOUTES LES FRONTIÈRES, LES ÉTATS QUI LES CRÉENT ET LES UNIFORMES QUI LES PROTÈGENT.
      Quelques participants au camping Passamontagna
      Considerazioni sul campeggio passamontagna 2023. Un altro morto di frontiera.

      La pratica del Passamontagna non ha funzionato. Dopo anni, vari campeggi e numerose manifestazioni che ci hanno portato ad attraversare il confine assieme, senza che nessunx - per un giorno - rischiasse la vita per superare questa linea immaginaria chiamata frontiera, questa volta il passaggio collettivo é fallito.

      Sabato più di 500 persone sono partite dall’accampamento allestito a Claviere per arrivare alla prossima tappa, in Francia. I gendarmi in antisommossa, schierata su tutti i sentieri, hanno bloccato il passaggio. Lacrimogeni e bombe stordenti alla mano, posizionati già a monte rispetto al corteo. Quasi una trentina tra camionette e macchine sul lato francese, più quelle posizionate sul lato italiano. E’ stato scelto di non arrivare allo scontro che sarebbe stato necessario per tentare di passare, per evitare un probabile massacro. La polizia francese ha cambiato pratica in questi anni, aumentando di volta in volta il suo livello di violenza e uso delle armi. Non si è voluto - in quella situazione - rischiare feriti gravi.

      Come ogni giorno, anche in questo week end erano centinaia le persone di passaggio dirette in Francia. Il campeggio é stato un bel momento per condividere riflessioni, discussioni, balli e racconti. Nonostante il passaggio collettivo sia fallito, le persone di passaggio si sono comunque messe in cammino successivamente, come avviene ogni giorno su questa maledetta frontiera. Più di 100 persone sono arrivate a Briaçon nel weekend. Una trentina i push-back.

      La rabbia conseguente al respingimento di massa ha provocato alcune reazioni. Sabato pomeriggio un piccolo corteo é partito in direzione della strada sul confine, cogliendo di sorpresa qualche agente che si é ritrovato a dover correre, e bloccando la frontiera per più di un’ora.
      Domenica un altro corteo é stato fatto sulla strada che da Claviere porta a Monginevro, nel tentativo di arrivare alla caserma della PAF, la sede delle guardie che proteggono il confine. Un dispositivo importante di gendarmi, con camionette e un idrante sbarravano la strada. Le guardie hanno sparato lacrimogeni e qualche bomba stordente e priettili di gomma. Sui sentieri sopra la strada sono stati tenuti a distanza i gendarmi che cercavano di avvicinarsi.
      Per più di due ore la frontiera é rimasta chiusa.
      Se non passano tutti, non passa nessuno. Nemmeno le merci e i turisti, per cui questa frontiera di solito non esiste.

      Se in queste giornate qulcunx - dicono - ha "osato" rovinare i campi da golf con qualche scritta o zappata, non ci sembra una tragedia. La privatizzazione di questa montagna per gli interessi di pochi ricchi e dei turisti benestanti é anche ciò che porta alla sua militarizzazione. È anche per proteggere quest’immaginario, lo scenario dei paesini di montagna dove giocare a golf in tranquillità sulle "18 buche transfontaliere" di proprietà Lavazza e del Comune di Monginevro e sciare sulle piste "senza confine”, che vengono militarizzati i sentieri di queste montagne. Una meta per il turismo ricco non può essere zona di passaggio per migranti. A Monginevro stanno anche costruendo due "bacini idrici", che sottrarranno acqua all’ambiente circostante, per assicurare di avere neve artificiale nei caldi inverni a venire.
      Privatizzazione, sfruttamento e militarizzazione della montagna sono parte dello stesso meccanismo.

      Il campeggio Passamontagna è stato anche un momento di incontro, discussione, ragionamento sul mondo che ci circonda e sui dispositivi di sfuttamento ed esclusione. Ci sono stati incontri dedicati all’estrattivismo neocoloniale che spinge le persone a migrare, ad andarsene da territori massacrati in nome del profitto. Si è discusso di esternalizzazione delle frontiere e della creazione dei nemici interni. Di scafismo e DIA . Dei nuovi meccanismi legilsativi di guerra verso i/le migranti e solidali. Di lotte ai CPR/CRA.
      In una società che ci vuole sempre più individualisti e separati, dobbiamo incontrarci, conoscerci, riconoscerci, confrontarci e unirci per lottare un sistema sempre più totalitario.

      A Briançon, prima città di arrivo per tuttx coloro che attraversano questo confine, il rifugio solidale Les Terrasse é sovraccarico. Troppe le persone che arrivano, e i posti sono insufficienti. Anche per questo un nuovo spazio é stato aperto e reso pubblico lunedì 7 agosto. Un’occupazione che vuole essere anche un luogo di ospitalità e di incontro per chi questa frontiera la combatte, ognuno a suo modo. C’é bisogno di sostegno e materiali !
      L’indirizzo é 34A Avenue de la République, hopital les jeunes pousses SSR, Briançon.

      Un ringraziamento enorme và a tutte le cucine solidali che hanno nutrito centinaia di persone in questi tre giorni e tutte le persone che hanno partecipato e reso possibile il campeggio.

      -- -

      Ma nei giorni successivi viene data una notizia terribile. Lunedì 7 agosto, un giovane "migrante" é stato trovato morto sulla strada militare che da Monginevro arriva a Birançon. Faccia a terra, ritrovato da un turista in bicicletta. Il suo nome era Moussa. Arrivava dalla Guinea.
      Per il momento non si sà molto di più.
      Un’altra morte. Un’altra vittima di questo confine che prende le sembianze dalla polizia di frontiera (PAF) schierata sui sentieri giorno e notte.
      La undicesima, dodicesima, ventesima, chissà. I numeri non sono chiari perché non tutte le morti vengono rese pubbliche. Ufficialmente, dal 2018 ad oggi, son stati ritrovati dieci cadaveri. E non é una morte casuale. Non é la sfortuna.
      A morire è l’ennesimo "migrante", buttato giù dai bus e treni in frontiera, obbligato a camminare di notte per fuggire in controlli, inseguito dalle guardie per il suo essere senza documenti, tendenzialmente perché povero. Come per le altre morti, i responsabili sono chiari. Su questi sentieri la PAF effettua una caccia costante, razzista, verso chi non é bianco e non sembra un turista pronto a spendere i suoi soldi sui campi da golf o sulle piste da sci che diventano parco giochi per bici elettriche d’estate.
      Ed é in bicicletta, a piedi, su quad o in macchina che si apposta la PAF sui sentieri alla ricerca di chi non ha il buon pezzo di carta per attraversarli. Dotata di droni, sensori e visori notturni, una nuova forza militare é arrivata recentemente a Monginevro con lo scopo di limitare ancora di più gli ingressi indesiderati. Centinaia di guardie proteggono questo confine. Ma il flusso di persone non si ferma, perché nessuna rete, muro o guardia riuscirà mai a bloccare il desiderio di libertà e la ricerca di una vita migliore.
      Ma é difficile oggi trovare pace.
      Forse, se il Passamontagna avesse funzionato, quel ragazzo non sarebbe morto.
      Ogni sbirro presente su quei sentieri sabato e domenica ha le mani sporche di sangue. Così come ha le mani sporche di sangue il Prefetto di Gap, che ha reso illegale ogni manifestazione e campeggio nel week end, e che ha dato ordine di impedire con ogni mezzo necessario il passaggio.
      Ogni sbirro é una frontiera. Braccio armato di uno stato che divide, seleziona e uccide a seconda dei propri interessi politici ed economici.
      Che la paghino cara i responsabili, qui, a Monginevro, a Briançon, ovunque.

      Un pensiero ci offusca la mente. Ci rimane difficile non pensare al fatto che il corpo é stato trovato sulla strada militare, percorribile a piedi e anche con una macchina 4x4, che infatti usano le guardie per effettuare i loro pattugliamenti. Difficile morire per caso su quella strada.
      Già troppi i morti in frontiera, in fuga dalla polizia. Ricordiamo Blessing Matthew, giovane ventenne nigeriana morta nel 2018 nel fiume Durance mentre cercava di scappare dai gendarmi che la inseguivano. O Fahtallah, trovato morto nella diga vicino a Modane, dove si era avventurato dopo essere stato respinto. O il 14enne Aullar, morto stritolato dal treno che non poteva prendere a Salbertrand, diretto al confine. O tutti gli altri morti di freddo o caduti dopo esere stati respinti alla frontiera ed essersi inespicati sui sentieri più alti.
      La militarizzazione di quste montagne uccide.
      La PAF, i gendarmi, lo stato francese, l’europa. Qui i responsabili di questa morte.

      La frontiera è ovunque, in ogni confine interno ed esterno all’europa, dove forse è più riconoscibile, ma è anche in ogni strada, piazza o stazione dove la polizia controlla i documenti, è nei centri di detenzione per il rimpatrio, è in ogni ufficio di Frontex sparso sul territorio europeo, è in ogni fabbrica di armi o di dispositivi di sorveglianza che prodotti in europa vengono regalati alle polizie di confine.
      Da qua un invito, di agire ognunx a suo modo, ognunx nel proprio luogo, contro le frontiere.

      CONTRO OGNI FRONTIERA, GLI STATI CHE LE CREANO, E LE DIVISE CHE LE PROTEGGONO
      Alcunx partecipanti al campeggio Passamontagna
      Considerations on the camping against the borders passamontagna. Another border death.

      The Passamontagna’s practice did not work. After years, various camps and numerous demonstrations that led us to cross the border together, without anyone - for one day - risking their life to cross this imaginary line called border, this time the collective crossing failed.

      On Saturday 5th, in fact, more than 500 people left the campsite set up in Claviere to reach the next stop, in France. The gendarmerie in riot gear, deployed on all the paths, blocked our passage. Tear gas and stun grenades were already positioned upstream from the procession. Almost thirty trucks and riot cars on the French side, plus those positioned on the Italian side. It was decided not to go to the clash that would have been necessary to try to pass, to avoid a very likely massacre. The French police have changed their practice over the years, increasing their level of violence and use of weapons from time to time. We did not want - in that situation - to risk serious injuries.
      Like every day, this weekend there were hundreds of people passing through on their way to France. The camp was a good time to share reflections, discussions, dancing and chatting. The people passing through nevertheless left, as happens every day on this cursed border. More than 100 people arrived in Briançon this weekend. Around thirty push-backs.

      The anger at not being able to cross the border to continue camping in France provoked some reactions.
      On the same day, Saturday, a march started in the direction of the road, catching some Italian officers by surprise as they had to run, and blocking the border for more than an hour.
      The next day, Sunday, another march took place on the road from Claviere to Montgenèvre, in an attempt to reach the PAF, the headquarters of the guards protecting the border. An important device of gendarmes, with small trucks and a water cannon barred the road. The guards fired many tear gas and some stun grenades and flashballs. On the paths above, the guards that tried to get closer went keeped far.
      For more than two hours the border remained closed. If no one passes, no one passes. Neither do goods or tourists, so in practice this border does not exist.
      If these days someone - they say - has ’dared’ to spoil the golf course with some writing or hoeing, it does not seem like a tragedy, quite the contrary. The privatisation of this mountain for the interests of the rich few and wealthy tourists is what also leads to its militarisation. To protect this inmaginary, the scenery of the mountain villages where one can play golf in peace on the ’18-hole cross-border golf course’ owned by Lavazza and the Montgenèvre municipality and ski on the ’borderless’ slopes. Or whizzing on electric bicycles on the same trails travelled by dozens of migrants every day but more often at night, precisely because they cannot be seen. A destination for wealthy tourists cannot be a transit area for migrants. They are also building two ’water reservoirs’, stealing water from the surrounding environment, to make sure they can shoot snow in winter on these trails. Privatisation, exploitation and militarisation of the mountains go together.

      The Passamontagna camp was also a time for meeting, discussion, and reasoning about the world around us and the devices of exploitation and exclusion. There were meetings that spoke of neo-colonial extractivism that pushes people to migrate, forced to leave territories massacred in the name of money. Of externalisation of borders and the creation of internal enemies. Of scafism and DIA (anti-mafia investigative directorate). Of new state and European repression mechanisms towards migrants and others. Of confrontation in the CPR/CRA struggles.
      Because in a society that wants us to be increasingly individualistic and separate, we must increasingly know each other, recognise each other, confront each other, unite to fight an increasingly totalising and totalitarian system.

      In Briançon, town of initial destination for all those who cross this border, the solidarity shelter Les Terrasse is overloaded. Too many people arrive, and places are always running out. This is also why a new place was opened and made public on Monday. An occupation that also wants to be a place of hospitality and a meeting place for those who fight this border, each in their own way. Support and materials are needed !
      The address is 34A Avenue de la République, hopital les jeunes pousses SSR, Briançon.

      A huge thank you goes to all the solidarity kitchens that fed hundreds of people over these three days and all the people who participated and made the camp possible.

      -- -

      But we learn a terrible news in the next days. Monday 7 agust, a young migrant was found dead on the military road from Montgenèvre to Briançon. Face down on the ground, found by a tourist on a bicycle. We still don’t know anything more.
      Another death. Another victim of this border that takes the shape of the border police (PAF) deployed on the paths day and night.
      The 11th, 12th, 20th, who knows. The numbers are unclear because not all deaths are made public. Officially, ten bodies have been found since 2018.
      As with the other deaths, it’s clear who is responsible. It is not a random death. It is not bad luck. It is not a tourist who dies. It is yet another "migrant", thrown off buses and trains at the border, forced to walk at night to escape through controls, chased by guards for being a migrant and undocumented, tending to be poor. On these paths the PAF carries out a constant, racist hunt towards anyone who is not white and does not look like a tourist ready to spend his money on golf courses or ski slopes turned into playground for electric bikes in summer.
      And it is by bicycle, on foot or by car that the PAF lurks on the trails looking for those who do not have the good papers to cross them. A new military force has recently arrived in Montgenèvre with the aim of limiting unwanted entry even further. Hundreds guards protect this border. But the flow of people does not stop, because no net, wall or guard will ever be able to completely block the desire for freedom and the search for a better life.
      But peace is difficult to find today.
      Perhaps if we had been able to walk together this would not have happened. Perhaps if the Passamontagna had worked that boy would not have died.
      Every cop on those paths on Saturday and Sunday has blood on his hands.
      So too has blood on his hands the Prefect of Gap, who made all demonstrations and camping illegal over the weekend, and who gave orders to prevent the passage in every way.
      Every cop is a border. The armed arm of a state that continues to divide, select and kill according to its political and economic interests.
      Let those responsible pay dearly, here, at Montgenèvre, at Briançon, everywhere in France.

      Another thought clouds our minds. We find it hard not to think about the fact that the body was found on the military road, which can be travelled on foot and also with a 4x4 car, which the guards use to carry out their patrols. It is difficult to die by accident on that road.
      Already too many have died on the border running the police. Recall Blessing Matthew, a young 20-year-old Nigerian woman who died in 2018 in the Durance River while trying to escape from the gendarmes who were chasing her. Or Fahtallah, found dead in the dam near Modane, where he had ventured after being turned back. Or 14-year-old Aullar, who died crushed by the train he could not catch in Salbertrand, bound for the border. Or all the others who froze to death or fell after being turned back at the border and venturing onto the highest paths.

      Militarisation kills on these montains.
      The PAF, the gendarmes, the French state, Europe. Here the responsible for this death.

      The border is everywhere, in every border inside and outside Europe, where perhaps it is most recognisable, but it is also in every street, square or station where the police check documents, it is in the detention centres for repatriation, it is in every Frontex office scattered across Europe, it is in every arms factory or surveillance device that is produced in Europe and given to the border police.
      Hence an invitation, to act each in his own way, each in his own place, against borders.

      AGAINST ALL BORDERS, THE STATES THAT CREATE THEM AND THE UNIFORMS THAT PROTECT THEM
      Some participants of the Passamontagna camp

      https://valleesenlutte.org/spip.php?article606

  • Migrations : #affrontements à Lesbos et Chios entre policiers et habitants

    Des affrontements ont eu lieu mardi entre des centaines d’habitants de Lesbos et de Chios et des #forces_anti-émeutes, qui ont fait usage de #gaz_lacrymogènes sur fond de controverse autour de nouveaux #camps_fermés pour les migrants sur ces îles de la mer Egée.

    Des affrontements ont eu lieu mardi entre des centaines d’habitants de Lesbos et de Chios et des forces anti-émeutes, qui ont fait usage de gaz lacrymogènes sur fond de controverse autour de nouveaux camps fermés pour les migrants sur ces îles de la mer Egée.

    Habitants et autorités locales se sont rassemblés sur les ports de ces îles et dans des villages situés à proximité des terrains désignés pour la construction de nouveaux camps pour protester contre l’arrivée d’environ un millier de policiers des forces anti-émeutes en provenance de Grèce continentale pour renforcer la #sécurité sur ces îles, selon une source policière.

    Des gaz lacrymogènes et des #grenades_assourdissantes ont été lancés par les forces de d’ordre contre des groupes de personnes qui leur jetaient divers objets, selon un photographe de l’AFP.

    Deux femmes ont été hospitalisées pour des problèmes respiratoires après ces incidents, selon la même source.

    Le gouvernement a de nouveau réitéré mardi sa détermination à construire ces nouveaux camps fermés pour remplacer les camps insalubres et surpeuplés sur les îles.

    « Les nouveaux camps seront construits, les vieux camps débordés (de demandeurs d’asile) vont fermer », a affirmé Stelios Petsas, lors de son point presse hebdomadaire.

    Le gouvernement avait tenté à plusieurs reprises de convaincre les autorités locales de la nécessité de ces nouveaux camps mais ces dernières y sont opposées.

    « Le dialogue avec les autorités locales ne peut pas servir d’alibi pour ne pas continuer les travaux (...) nous demandons aux habitants de nous faire confiance », a souligné Stelios Pepas.

    – « Pas de retour en arrière » -

    Le Premier ministre grec Kyriakos Mitsotakis avait récemement indiqué que le projet de construction des nouveaux camps serait mis en oeuvre malgré l’opposition qu’il suscite dans la population des îles.

    « Les travaux vont commencer immédiatement et seront menés à bien. Il n’y aura pas de retour en arrière », avait-il déclaré.

    Plus de 38.000 migrants sont actuellement entassés dans des camps installés sur les îles de Lesbos, Samos, Chios, Leros et Kos en mer Egée dont la capacité totale officielle est de 6.200.

    Les travaux de construction de nouveaux camps sur Lesbos et Chios, avec une capacité officielle de 7.000 personnes chacun, doivent débuter cette semaine.

    Autorités locales et habitants ont fait savoir qu’après cinq ans en première ligne de la crise migratoire qui affecte l’Europe, ils ne sont plus disposés à accepter sur leurs îles des milliers de demandeurs d’asile.

    Des habitants ont menacé de bloquer l’accès des sites des futurs camps pour entraver leur construction.

    Le gouvernement conservateur arrivé au pouvoir en juillet 2019 a annoncé que les camps existant à #Lesbos, #Samos et #Chios seraient fermés dans le courant de 2020 et remplacés par de nouvelles installations.

    L’objectif est de diminuer la #surpopulation sur les îles en transférant des milliers de migrants vers d’autres parties de la Grèce, mais actuellement le gouvernement est dans l’impasse car sur le continent les communautés locales s’opposent aussi à cette mesure.

    Le Haut commissaire de l’ONU pour les réfugiés Filippo Grandi a appelé vendredi à des actions urgentes pour remédier à la situation « choquante et honteuse » dans laquelle les migrants doivent vivre dans les centres d’accueil actuels sur les îles.

    Le HCR a également appelé le gouvernement à transférer les demandeurs d’asile, qui ont droit, en Grèce continentale.

    https://www.mediapart.fr/journal/fil-dactualites/250220/migrations-affrontements-lesbos-et-chios-entre-policiers-et-habitants

    #résistance #hotspot #Grèce #île #Lesbos #asile #migrations #réfugiés #Chios

    –-> Commentaire reçu via la mailing-list Migreurop :

    Des véritables scènes de #guérilla ont lieu sur les îles et plus particulièrement à Lesbos et Chios où la population locale s’affronte aux #CRS envoyés sur place pour dégager les routes des #barricades et permettre ainsi que la construction des centres fermés pour les nouveaux arrivants – des #CRA qui ont été présentés par le gouvernement Mitsotakis tantôt comme des centres de #détention complétèrent fermés, tantôt comme des centres partiellement fermés avec autorisation de sortie possible dans la journée. La #violence des affrontements et la détermination de la population de mettre en échec le plan gouvernemental est telle que le président de la commune de #Karava – où le centre fermé de Lesbos devrait être construit- a parlé d’une véritable #guerre.

    –-----

    voir aussi les affrontements d’une semaine auparavant (début février 2020) :
    https://seenthis.net/messages/823843

    • Riot police clash with locals over migration centers on the islands (videos)

      Extensive clashes erupted overnight on islands of Lesvos and Chios and continue on Tuesday, with local authorities and residents trying to prevent the arrival of riot police, water canons and excavating machines to be used to build new closed migration centers.

      The forces arrived by ferries chartered by the government.
      https://www.keeptalkinggreece.com/2020/02/25/greece-islands-lesvos-chios-police-migration-centers

    • Μάχες στην Καράβα

      Στην Καράβα, στην είσοδο του δρόμου που οδηγεί στην επιταγμένη έκταση στου Καβακλή γίνονται από τις 6,30 το πρωί πραγματικές οδομαχίες. Εκατοντάδες Αστυνομικοί επιτέθηκαν ρίχνοντας μεγάλες ποσότητες χημικών στους συγκεντρωμένους πολίτες.

      Στον κεντρικό δρόμο έχουν στηθεί οδοφράγματα με αυτοκίνητα του Δήμου δυτικής Λέσβου.


      https://www.stonisi.gr/post/7140/maxes-sthn-karava-pics-video

    • Greek authorities scramble to calm tensions over migrant detention camp

      Violent scenes underscore resistance to construction of camps on Lesbos and other Aegean islands.
      https://i.guim.co.uk/img/media/0a3a32e2d7ffa272c231fa2a1d7693d1aa205945/0_192_5760_3456/master/5760.jpg?width=620&quality=85&auto=format&fit=max&s=156e24b0d279963a566c9f

      Greek authorities are desperately trying to contain mounting tensions over government plans to construct migrant detention camps on the north Aegean islands after a night of clashes between residents and riot police on Lesbos and Chios.

      Security forces used teargas and stun grenades to disperse crowds gathered at sites designated for the controversial facilities. In Chios, a local mayor and a priest were rushed to hospital after collapsing as a result of the toxic fumes.

      With islanders voicing dismay at the scale of the violence, local unions hit back with debilitating protest strikes on Tuesday. “Nobody should go to work, nobody should go to school, no shop should open,” Lesbos’s central labour force announced.
      ’I get a lot of love’: how hope survives in the hell of Moria
      Read more

      “We call on all workers, the people of Lesbos, bodies and associations to stand against government plans to turn our island, and other Aegean islands, into a vast prison of human souls.”

      At least two people were taken to hospital later on Tuesday after more violence erupted at roadblocks set up to prevent bulldozers and other machinery reaching plots expropriated by the government for the facilities.

      Caught up in the clashes, Yiannis Bournous, an MP with the opposition Syriza party on Lesbos, deplored what he described as “an unprovoked and violent attack of riot police against protesting citizens”, likening the confrontation to an assault on democracy.

      Demonstrations are planned for later in the day. Leftwing, pro-immigrant supporters also declared they would rally in solidarity in Athens.

      Local authorities said they would step up opposition with a general strike Wednesday. “Not even the junta did such things,” said Konstantinos Moutzouris, governor of the north Aegean region, referring to the military dictatorship in power in Athens between 1967-74. It was appalling, he said, that riot police should use such force against people who were at the coal face of the refugee crisis.

      The tumult underscored the resistance the centre-right administration now faces in its quest to construct “closed” facilities to accommodate the ever-growing numbers crossing over from Turkey in a bid to enter Europe via Greece’s outlying isles.

      More than 43,000 people are currently stranded on Lesbos, Samos, Chios, Leros and Kos, the main gateways to the country. Over 20,000 are on Lesbos, the island long on the frontline of the influx, with most forced to endure the unsanitary and vastly overcrowded conditions of the infamous open-air camp of Moria, a short drive from Mytilene, its capital.

      The vast majority of those entering the EU from the war-torn Middle East, Asia and Africa came via the islands last year with an overwhelming 99% applying for asylum, according to Greek immigration authorities.

      Hamstrung by a containment policy determined by Brussels, they are forced to remain on the islands until asylum requests are processed by a system already buckling under the pressure. Holding facilities on the outposts were originally designed to host no more than 5,400 people.

      Government officials, clearly shamed by international criticism of the camps, say the new detention centres will finally put an end to the woeful images that have emerged from Greece. Constructed to host around 5,000 people each, expectant asylum-seekers will share the installations with those scheduled for deportation.

      By fast-tracking the asylum process, the administration argues the detention centres will help accelerate what is needed most: decongestion of the isles. Locals, who have already borne the brunt of migratory flows, fear the facilities will ultimately become permanent.

      On Tuesday the administration of the prime minister, Kyriakos Mitsotakis, vowed to forge ahead with the scheme despite the protests and mounting expressions of consternation from the opposition.

      Describing the current camps as “public health bombs”, the government spokesman insisted the new installations would ultimately be in the interest of the islands. As he spoke defence department bulldozers driven by soldiers could be seen clearing some of the land.

      “We are asking local residents to understand that these closed facilities will benefit the country and their communities,” the government spokesman Stelios Petsas told Open TV. “We will build these closed centres but also close the existing open ones. That is the government’s promise.”

      International aid groups also expressed alarm over the rising tensions following Monday night’s clashes.

      “It has reached an explosive point for both locals who have shown remarkable solidarity towards refugees and asylum seekers living in the conditions that they live,” said Nikolas Panagiotopoulos area manager of the International Rescue Committee.

      “There is an urgent need for de-escalation. We firmly believe that more dialogue is needed between local government and central government for a sustainable solution,” he told the Guardian. “It is clear the north-east Aegean islands cannot shoulder this responsibility. The EU needs to step up in solidarity because Greece cannot cope on its own.”

      https://www.theguardian.com/world/2020/feb/25/clashes-over-greeces-migrant-detention-camp-plans-continue

    • Police and protesters clash on Greek islands over new migrant camps

      Teargas used against demonstrators on Lesbos and Chios who want migrants moved to the mainland.

      https://i.guim.co.uk/img/media/a0d7a1510621342ba7d8b8b47f9274696a4cf9a4/0_188_4928_2955/master/4928.jpg?width=620&quality=85&auto=format&fit=max&s=af3450ab469077828676ff

      Clashes have broken out on the Greek islands of Lesbos and Chios, where residents tried to prevent the arrival of riot police and excavating machines to be used to build new migrant detention camps.

      Police fired teargas to disperse the crowds that gathered early on Tuesday to try to prevent officers from disembarking from government-chartered ferries.

      On Lesbos, protesters set fire to bins and used municipal rubbish trucks to try to block the port area.

      Police on Chios also used teargas and flash grenades. At least three people were treated in hospital for breathing difficulties caused by the extensive use of teargas, local officials said.

      https://i.guim.co.uk/img/media/afb80ca0f792e510c7c41eced0c9bf1b45625093/0_186_5568_3341/master/5568.jpg?width=620&quality=85&auto=format&fit=max&s=5b59bf2d879c7ecb6496c3

      The government says it will press ahead with plans to build the new facilities and has promised to replace existing camps where severe overcrowding has worsened in recent months.

      Many island residents as well as local authorities argue the migrants and asylum seekers should be moved to the Greek mainland.

      The standoff between police and protesters continued later on Tuesday near the areas where the new camps will be built, as police cordoned off areas around roadblocks set up over the past few days by demonstrators on the two islands.

      “We understand that there is a problem of trust that was created over the previous years,” the government’s spokesman, Stelios Petsas, told state-run TV. “But the closed facilities will be built and we are calling on the public to support this.”

      Petsas said the government also had to act due to heightened concerns over the coronavirus outbreak, arguing that proper health checks could not be carried out at existing overcrowded camps.

      Greece is the busiest entry point for illegal migration in the European Union, with most arrivals occurring on eastern Greek islands from the nearby Turkish coast. Under a 2016 agreement, backed and funded by the EU, the movement of migrants is restricted to those islands until their asylum claims are processed.

      Nearly 60,000 migrants and refugees arrived on Greek islands last year, almost double the number recorded in 2018, according to the United Nations’ refugee agency.

      https://www.theguardian.com/world/2020/feb/25/police-and-protesters-clash-on-greek-islands-over-new-migrant-camps

    • Riot police withdraws from Lesvos & Chios after raging against locals and cars (videos)

      Eight riot police squads departed from the island of Lesvos on Thursday morning after an unprecedented use of violence against people and …parked cars.

      The squads embarked ferry “Nisos Rodos” at 9 o’ clock in the morning. Loaded were also police buses, machinery and equipment that was transferred to the islands last Monday night in order to facilitate operations in Kavakli-Karava where the new closed migration center is to be constructed.

      The ferry on an extraordinary schedule is to transfer to Athens also riot police forces from the island of Chios at 12 o’ clock noon.

      Locals see in the withdrawal a “huge defeat for the government,” however, they are still in rage about the extensive use of violence committed by the riot police during the two days they stayed on the islands.

      The violence was not only against protesting locals but against vehicles as well.

      Several videos uploaded on social media, show fully equipped riot police to shoot at parked vehicles, smash windshields and destroy car mirrors.

      Citing locals, state broadcaster ERT TV reported that riot police have destroyed more than 100 vehicles on the island of Lesvos.

      At the same time, they set six forest fires by launching flash grenades in the area of the site.

      They have apparently also used teargas expired 40 years ago!

      Despite the withdrawal of the “official troublemakers,” the atmosphere is still tense on Lesvos and Chios, where authorities and trade unions of public and private sector have declared a 24-hour strike for the second consecutive day.

      The Prime Minister has summoned the mayors of the islands to Athens today to discuss ways out of the crisis. However, he excluded the Regional Governor of the Aegean Region, Kostas Moutzouris, who used vulgar expressions against him during a live interview with a TV channel on Wednesday night.

      PS We always thought that “troublemakers” were the anarchists in Exarchia. Apparently, every riot cop has the right to damage private property in the name of “institutionalized violence.”

      https://www.keeptalkinggreece.com/2020/02/27/riot-police-lesvos-chios-violence-cars

    • #Grève générale dans les îles grecques contre de nouveaux camps de migrants

      Le gouvernement veut remplacer les camps actuels, surpeuplés, par des installations plus petites. Les élus et la population locale s’opposent vigoureusement à cette décision.

      Les îles grecques de Lesbos, Chios et Samos, proches de la côte turque, menaient mercredi 26 février, une grève générale pour protester contre la construction de nouveaux camps pour les migrants. Pour le deuxième jour de suite à Lesbos, les manifestants ont fait face à la police antiémeute près de la ville de Mantamados, proche du site prévu pour la construction d’un camp de 7 000 personnes.

      De petits groupes ont jeté des pierres vers la police, qui a répondu avec du gaz lacrymogène et des grenades aveuglantes. « Nous sommes en temps de guerre. [La police] a les armes, nous avons nos cœurs et nos âmes », a déclaré le père Stratis, un prêtre local.

      Le gouvernorat local a appelé à une grève de vingt-quatre heures, rejetant les projets du gouvernement de construire de nouveaux camps pour remplacer les installations actuelles surpeuplées, dans lesquelles les demandeurs d’asile vivent dans des conditions épouvantables. Plus de 38 000 migrants s’entassent dans les camps des îles de Lesbos, Samos, Chios, Leros et Cos, officiellement prévus pour 6 200 personnes.

      « Les criminels devraient partir »

      Les habitants des îles se plaignent depuis longtemps des problèmes d’insécurité et de santé publique que causent, selon eux, les migrants et s’opposent aux projets de construction de nouveaux camps du gouvernement. La père Staris fait valoir :

      « Nous nous battons également pour ceux qui veulent partir pour un endroit meilleur. Nous voulons qu’ils partent. Nous accepterons les réfugiés de guerre, mais les criminels devraient partir. »

      Au niveau national, le gouvernement conservateur, arrivé au pouvoir en juillet, a annoncé que les camps de Lesbos, Samos et Chios seraient fermés cette année pour être remplacés par de nouvelles installations, plus petites, qui devraient être opérationnelles à la mi-2020. Après des semaines de pourparlers infructueux avec les autorités locales, le gouvernement a envoyé lundi par bateau des engins de chantier et la police antiémeute, provoquant l’indignation.

      Les partis d’opposition ont dénoncé une décision antidémocratique, et les responsables locaux une tentative « barbare » de « transformer de force Lesbos et Chios en prisons ». L’Etat avait déjà mis en colère les insulaires dans le courant de février en annonçant que des terres pourraient être réquisitionnées pour une période de trois ans pour construire les nouveaux camps.

      https://www.lemonde.fr/international/article/2020/02/26/greve-generale-dans-les-iles-greques-contre-de-nouveaux-camps-de-migrants_60

    • Des habitants de l’île grecque de Lesbos incendient un centre d’accueil pour migrants inoccupé

      Des habitants de l’île grecque de Lesbos ont mis le feu dimanche soir à un centre d’accueil inoccupé de migrants près de la plage de #Skala_Sykamineas après l’avoir bloqué, a constaté un photographe de l’AFP. Ce centre, autrefois géré par le Haut commissariat aux réfugiés de l’ONU, avait été fermé fin janvier. Il accueillait auparavant les migrants avant qu’ils soient conduits vers un centre d’hébergement sur l’île.

      http://www.rfi.fr/fr/ticker/habitants-l-%C3%AEle-grecque-lesbos-incendient-centre-d-accueil-migrants-inoccup

    • Επεισόδια στη Μόρια

      Συγκρούσεις ανάμεσα σε 500 αιτούντες άσυλο που θέλουν να πορευτούν στη Μυτιλήνη και διμοιρίες των ΜΑΤ.

      Εξέγερση αυτή τη στιγμή στον καταυλισμό του Κέντρου υποδοχής και Ταυτοποίησης της Μόριας. Περίπου 500 αιτούντες άσυλο για άγνωστους λόγους ξεκίνησαν από τον καταυλισμό με σκοπό να κατεβούν στην πόλη της Μυτιλήνης. Περίπου 200 μέτρα μετά την είσοδο του ΚΥΤ δυο διμοιρίες ΜΑΤ τους σταμάτησαν ενώ δέχθηκαν επίθεση με πέτρες. Οι αστυνομικές δυνάμεις απάντησαν κάνοντας χρήση χημικών και χειροβομβίδων κρότου λάμψης. Οι συγκεντρωμένοι αρνούνται να επιστρέψουν στον καταυλισμό.

      https://www.youtube.com/watch?v=GqcyTiyrZjA&feature=emb_logo


      https://www.stonisi.gr/post/7330/epeisodia-sth-moria-realtime-video

      –-> Des incidents ont lieu en ce moment au centre d’accueil et d’identification de #Moria. Environ 500 demandeurs d’asile sont partis du campement en se dirigeant vers la vile de Mytilène. A 200m de la sortie du camp, deux escadrons de CRS les ont arrêtés tandis qu’ils recevaient de jets de pierre. Les forces de l’ordre ont répondu par des gaz chimiques et de grenades assourdissantes. Les manifestants refusent de rentrer au camp.

    • Fire wrecks Greek refugee camp after unrest over woman’s death

      Iraqi woman, 47, dies after going to hospital with fever but testing negative for Covid-19

      A fire ripped through one of Greece’s largest migrant camps, leaving widespread damage and many people homeless after the death of an Iraqi woman sparked unrest.

      The blaze late on Saturday at the Vial refugee camp on #Chios island destroyed the facilities of the European asylum service, a canteen, warehouse tents and many housing containers, Greek migration ministry secretary Manos Logothetis said.

      “A large part of the camp’s administrative services was destroyed,” said Logothetis, adding that no injuries were reported.
      Patel refuses to take children from Greek camps threatened by Covid-19
      Read more

      The UN refugee agency’s spokesperson in Athens Boris Cheshirkov said the damage was still being evaluated but that many camp residents were likely to have been left homeless.

      “Authorities are still assessing the damages but a few hundred people are likely affected because their shelters have burned down. We have donated tents to the authorities which can quickly be put into use and we will assist in replacing the warehouse tents,” he said.

      At least three vehicles outside the camp were also gutted.

      A police source in Athens said two Afghans and an Iraqi had been arrested in relation to the unrest, which erupted after a 47-year-old asylum seeker from Iraq died in the camp on Saturday.

      “We managed to restore order at around 1am ... There were many people who took part in the incidents,” another police source on Chios said.

      The Iraqi woman had been taken with a fever to a hospital earlier this week. At the time, a test for coronavirus had returned negative, state news agency ANA reported.

      Migrant camps in Greece have been under quarantine in recent weeks, with authorities trying to keep their residents away from locals.

      The virus has so far killed 110 people in Greece with 67 more in intensive care.

      According to official figures there have been coronavirus cases in two camps on the mainland but no cases have been reported in island camps so far.

      Like all Greece’s island camps, Vial is overcrowded with more than 5,000 people living in a space intended for around 1,000.

      Around 100,000 asylum seekers are stranded in Greece after other European states closed their borders in 2016.

      There are more than 36,000 people in camps on islands close to Turkey that were originally built for just 6,100.

      The migration ministry has said it will begin moving hundreds of elderly and ailing asylum seekers out of the island camps to protect them from coronavirus.

      A scheme to gradually relocate 1,600 unaccompanied minors from war-torn countries to other European nations also began this week.

      https://www.theguardian.com/world/2020/apr/19/fire-wrecks-greek-migrant-camp-after-iraqi-death-sparks-unrest
      #Vial #hotspots #hotspot

    • ΒΙΑΛ : Τρεις συλλήψεις - Άγνωστα τα αίτια θανάτου της 47χρονης

      Στην Αστυνομική Διεύθυνση Χίου κρατούνται τρία άτομα που συνελήφθησαν κατά τη διάρκεια των χθεσινών επεισοδίων. Άγνωστο παραμένει ακόμα αν θα υπάρξει επίσημο πόρισμα για την αιτία θανάτου από την ιατροδικαστική υπηρεσία του Νοσοκομείου Χίου.

      Φωτιές, πετροπόλεμος, τραυματισμοί και συλλήψεις, σημειώθηκαν χτες το βράδυ και μέχρι τις πρώτες πρωινές ώρες στη ΒΙΑΛ, σε επεισόδια μεταξύ προσφύγων που διαμένουν στο ΚΥΤ και αστυνομικών δυνάμεων.

      Το καζάνι στη ΒΙΑΛ που έβραζε μέρες τώρα, έσκασε και η έκρηξη άφησε πίσω του οικογένειες που πλέον δεν έχουν « πού την κεφαλήν κλίναι » να τριγυρνούν ξυπόλητες στα χωράφια γύρω από το ΚΥΤ χωρίς ούτε μια αλλαξιά ρούχα ή έστω μια κουβέρτα, την Υπηρεσία Ασύλου κατεστραμμένη από τη φωτιά , δύο καμένα αυτοκίνητα εκ των οποίων το ένα ήταν περιπολικό, σκηνές και αυτοσχέδιες κατασκευές με όλα τα υπάρχοντα των ενοίκων τους να έχουν γίνει στάχτη, μία καντίνα ολοσχερώς κατεστραμμένη και εκατοντάδες ανθρώπους σε απόγνωση.

      Τα επεισόδια ξεκίνησαν γύρω στις εννιά το βράδυ όταν οι πρώτες φλόγες τύλιξαν την Υπηρεσία Ασύλου. Η Πυροσβεστική ώστόσο ήταν αδύνατο να επέμβει αφού ταυτόχρονα ομάδες προσφύγων επιδόθηκαν σε πόλεμο με τις αστυνομικές δυνάμεις που απάντησαν με δακρυγόνα, μετατρέποντας την περιοχή σε κόλαση.
      Σε λίγη ώρα όλη η περιοχή είχε μετατραπεί σε πεδίο μάχης , αφού οι συγκρούσεις μεταξύ αστυνομικών και αιτούντων άσυλο είχαν εξαπλωθεί περιμετρικά του ΚΥΤ , μέσα στα χωράφια όπου έχουν κατασκηνώσει περίπου 4.500 άνθρωποι.

      Η ένταση είχε ξεκινήσει νωρίς το μεσημέρι όταν σε κοντέινερ που έχει στήσει εκεί η Περιφέρεια Βορείου Αιγαιου για ιατρικούς σκοπούς, βρέθηκε νεκρή μια 47χρονη γυναίκα από το Ιράκ.

      Η γυναίκα είχε παραμείνει εκεί επί τριήμερο περισσότερο για προληπτικούς λόγους, αφού μόλις τη Πέμπτη είχε επισκεφθεί το Νοσοκομείο με συμπτώματα που θεωρήθηκαν ύποπτα για κορονοϊό. Το δείγμα ωστόσο που ελήφθη και εξετάστηκε στο Ινστιτούτο Παστέρ, κατέληξε αρνητικό και έτσι η γυναίκα επέστρεψε στη ΒΙΑΛ, έχοντας λάβει οδηγίες για φαρμακευτική αγωγή μιας και όπως έγινε γνωστό έπασχε από διαβήτη αλλά και από καρδιακές αρρυθμίες.

      « Η ίδια τις τελευταίες ημέρες ήταν πολύ νευτρική και αναστατωμένη. Παραπονιόταν ότι δεν αισθάνεται καλά και δεν έτρωγε το φαγητό της. Ωστόσο ακολουθούσε πιστά την φαρμακευτική αγωγή, αφού κοντά της ήταν ο σύζυγος ενώ είχε και τη βοήθεια μελών μιας ΜΚΟ με ιατρική ειδίκευση » δήλωσαν στην ΕΦ.ΣΥΝ. άνθρωποι που είναι σε θέση να γνωρίζουν.

      Αυτό όμως δεν στάθηκε αρκετό και έτσι το μεσημέρι του Σαββάτου, η γυναίκα μεταφέρθηκε νεκρή στο Νοσοκομείο Χίου, με το θάνατο της να γίνεται αφορμή για όλα τα παραπάνω.

      Σύμφωνα με πληροφορίες, η γυναίκα βρέθηκε νεκρή έχοντας τροφή στο στόμα της, γεγονός που οδήγησε αρχικά στην υπόθεση ότι ο θάνατος της ήταν αποτέλεσμα πνιγμού ωστόσο εξίσου πιθανά θεωρούνται και τα σενάρια είτε της καρδιακής ανακοπής, είτε κάποιας πνευμονικής εμβολής.

      Δυστυχώς όμως άγνωστο παραμένει ακόμα, αν θα υπάρξει επίσημο πόρισμα για την αιτία θανάτου από την ιατροδικαστική υπηρεσία του Νοσοκομείου Χίου, αφού η διοίκηση δεν έχει απαντήσει ακόμα σε σχετικό ερώτημα της ΕΦΣΥΝ.

      Το βέβαιο είναι ότι αν η γυναίκα είχε παραμείνει νοσηλευόμενη στο Νοσοκομείο, σίγουρα οι πιθανότητες να ζούσε ακόμη θα ήταν περισσότερες.

      Τέλος, να σημειωθεί ότι στην Αστυνομική Διεύθυνση Χίου κρατούνται τρία άτομα που συνελήφθησαν χτες κατά τη διάρκεια των επεισοδίων.

      https://www.efsyn.gr/ellada/koinonia/239861_bial-treis-syllipseis-agnosta-ta-aitia-thanatoy-tis-47hronis

  • Maintien de l’ordre et violences policières : ce que l’histoire nous apprend
    http://theconversation.com/maintien-de-lordre-et-violences-policieres-ce-que-lhistoire-nous-ap

    Les manifestations des gilets jaunes de ces dernières semaines ont soulevé à nouveau la question des violences policières et d’un usage accru de la violence par les forces de l’ordre, une question déjà posée en 2016 à l’occasion du mouvement contre la « loi travail ». On voudrait apporter un éclairage historique sur ce phénomène supposé de « retour » de la violence. Il ne s’agit pas de relativiser les agissements policiers, mais d’inscrire les événements dans l’évolution du maintien de l’ordre en France.
    Calmer le « citoyen momentanément en colère »

    Le maintien de l’ordre repose en France depuis longtemps sur des unités spécialisées : les gendarmes mobiles, apparus en 1921, complétés par les CRS, à partir de 1944, avec le recours à certaines périodes à des unités non permanentes comme les compagnies d’intervention de la Préfecture de Police à Paris dans les années 1950-1960.

    A l’origine de ces forces se trouve la préoccupation de ne plus recourir à l’armée, de ne plus traiter le manifestant comme un « ennemi » mais un « citoyen momentanément en colère ».

    La montée de ces forces est aussi liée au développement de la manifestation canonique dans les formes légitimes d’expression politique depuis la fin du XIXème siècle. Les moyens mortels (armes à feu) sont évacués, remplacés après-guerre par des instruments en principe non létaux dont la matraque est l’emblème, puis les gaz à partir de 1947 et enfin les grenades assourdissantes.
    Les grévistes forcent le barrage de police le 20 mars 1906. Wikimedia
    Un matériel plus sophistiqué

    Depuis Mai 68 (qui avait pris la police au dépourvu), la sophistication du matériel s’est accentuée avec le développement des protections individuelles et des véhicules, le perfectionnement de l’armement. Le maintien de l’ordre s’est aussi technicisé, puisqu’après de longues décennies d’apprentissage « sur le tas » au sein des unités, il fait l’objet d’un enseignement spécifique, comme au centre de Saint-Astier, créé par la gendarmerie au lendemain de Mai 68 puis devenu permanent, où les unités s’entraînent régulièrement dans le décor d’une ville fictive. Les agents s’aguerrissent aux manoeuvres et aussi à la maîtrise de soi nécessaire au métier. Un répertoire s’est alors fixé, fondé sur son caractère défensif, la planification, le contrôle à distance des manifestants, le retardement de l’usage de la force, et le dialogue, voire la cogestion avec les organisateurs des manifestations pour faciliter leur encadrement policier. Depuis quarante ans, les effectifs de ces forces sont restés stables, autour de 30 000 hommes (17 000 gendarmes mobiles, 13 000 CRS). Elles peuvent recevoir le renfort d’autres forces de police, dont le maintien de l’ordre n’est cependant pas le « métier ». Ces interventions ont été à l’origine de violences policières (comme la mort de Malik Oussekine à Paris le 6 décembre 1986).
    CRS et manifestants pendant la lutte contre l’extension du camp militaire, Larzac, France, années 1970. Community of the Ark of Lanza del Vasto/Wikimedia, CC BY-ND
    Quel critère pour définir la violence policière ?

    La question du niveau de violence policière et de son évolution est éminemment complexe. Quel critère retenir en effet ?

    Le seul nombre de morts, souvent retenu, montrerait cependant que le maintien de l’ordre devient plus meurtrier en France à partir de 1879, en particulier pendant la période de l’après-guerre, marquée par la guerre froide et la guerre d’Algérie.

    En témoignent les épisodes sanglants du 17 octobre 1961 et du 8 février 1962, qui ont fait respectivement au moins cent morts et 8 morts à Paris.

    Cette seule courbe contredit l’existence d’un processus séculaire graduel de « réduction de la violence » et de pacification du maintien de l’ordre. En dehors de rares grands événements très meurtriers, il est difficile pour certains spécialistes de juger du niveau de violence policière le critère du nombre de morts dissimule d’autres formes de violence (charges, interpellations et intensité de la répression) et le « niveau de violence » renverrait avant tout aux perceptions de la manifestation.

    Si on s’en tient à ce seul critère mesurable, depuis un siècle, des phases d’apaisement relatif alternent avec des cycles de violence : celui qui oppose les organisations communistes à la police et culmine avec les manifestations contre le général Ridgway en mai 1952, puis la police aux Algériens en 1960-1962. Ces épisodes montrent que la violence policière fait toujours partie du répertoire d’action de l’État et a pu être un recours dans certaines circonstances.
    Contact plus fréquent

    La question du « retour » des violences policières doit être lue à la lumière des transformations du maintien de l’ordre depuis les années 2000. Celui-ci a été modifié par la lutte contre les « violences urbaines », autrement dit les émeutes des quartiers populaires (2005 et 2007). Les unités sont devenues plus mobiles et plus offensives, tant grâce à un armement plus agressif qu’en projetant des forces destinées à interpeller les émeutiers en vue d’une répression judiciaire.

    Il s’ensuit une transformation notable des formes de maintien de l’ordre, où le contact est plus fréquent, avec toutes les occasions de violence que peuvent provoquer de telles situations. Aux dispositifs adoptés lors des manifestations parisiennes des gilets jaunes, on peut appliquer des constats dressés à l’occasion du mouvement contre la loi travail en 2016 .
    Manif du 11 novembre 2018 contre l’invitation de Donald Trump pour les commémorations du 11 novembre 1918 par M. Macron. Jeanne Menjoulet/Flickr, CC BY-SA

    On note ainsi une dimension offensive marquée, avec des tirs de lanceur de balle de défense (LBD) (communément appelé Flashball), le déploiement massif d’unités dédiées à l’interpellation de manifestants par un pouvoir politique désireux d’afficher le soir même « la restauration de l’ordre », en utilisant des agents venus des BAC et de la BRI, et non des professionnels du maintien de l’ordre.

    Tout cela tend à brouiller les frontières entre encadrement des manifestations et police des « violences urbaines ». De telles interventions, perçues comme un usage indiscriminé de la force, ne manquent pas de générer des phénomènes de solidarisation des manifestants et de nouvelles violences.
    Des pratiques françaises pointées du doigt

    A cet égard, les spécialistes pointent des pratiques françaises à rebours des stratégies de « désescalade » menées dans d’autres pays européens, qui passent par le dialogue continu avec les organisateurs et les manifestants : depuis la présence d’officiers de liaison médiateurs, comme les Peace Units aux Pays-Bas, les « officiers de dialogue » en Suède, jusqu’à des panneaux lumineux donnant les instructions de la police à ceux qui défilent.
    Intervention de ‘Peace Units’ néerlandais lors d’une manifestation sportive.

    La sophistication de l’arsenal n’est pas non plus synonyme de pacification : le LBD et les grenades de désencerclement sont des armes susceptibles d’entraîner de graves blessures. Les forces de l’ordre conservent aussi des instruments archaïques, comme les grenades offensives (responsables de la mort de Rémi Fraisse à Sivens en 2014).

    Si l’on peut évoquer un apaisement tendanciel ou relatif de la violence du maintien de l’ordre depuis 1968, la situation reste ouverte : l’usage de la violence dépend in fine du degré de légitimité des protestataires aux yeux de l’autorité politique et des forces de l’ordre.

    #maintien_de_l'ordre

  • Une action en Sarthe devant l’usine de bombes lacrymo
    https://www.ouest-france.fr/societe/gilets-jaunes/gilets-jaunes-une-action-en-sarthe-devant-l-usine-de-bombes-lacrymo-611
    https://media.ouest-france.fr/v1/pictures/5e0e366f4d123990ee1849d4f62adf30-gilets-jaunes-une-action-en-sart

    C’était hier

    Une cinquantaine de #Gilets_jaunes s’est postée devant l’usine Alsetex, à Précigné (Sarthe), ce vendredi 7 décembre. Aucun bloquage, mais une présence pour dénoncer les violences et soutenir les personnes blessées lors les manifestations.

    « C’est un site très sécurisé, sensible, on connaît son importance et on sait ce qu’ils font », assène Patrick. Comme une cinquantaine d’autres Gilets jaunes, il a mené une action éclair, ce vendredi 7 décembre, dans l’après-midi, devant #Alsetex, près de #Sablé-sur-Sarthe.

    L’entreprise, classée Seveso (site industriel présentant des risques d’accident majeur), fabrique notamment des #grenades_assourdissantes et #lacrymogènes pour les forces de l’ordre.

  • #NDDL : communiqué de l’équipe médic 24 novembre 2012
    http://zad.nadir.org/spip.php?article681

    Depuis des semaines d’occupation et de harcèlement policier et militaire, alors que nous continuons à défendre la zone du bétonnage programmé, nous avons atteint aujourd’hui, samedi 24 novembre, un pic de violence avec une centaine de blessé.e.s, dont une trentaine graves pris en charge à l’infirmerie de l’équipe medic établie à la Vache rit, l’une des nombreuses équipes de soins sur la zone.