• Divorce : comment la justice transforme les mères en mendiantes, et les pères en bons princes | Chloé Leprince
    https://www.franceculture.fr/societe/divorce-comment-la-justice-transforme-les-meres-en-mendiantes-et-les-p

    Près de 40% des pères séparés se dérobent à la pension alimentaire. En France, ce n’est pas le fisc qui rappelle à leurs devoirs les mauvais payeurs. Mais plutôt la CAF qui verse des allocations aux mères célibataires qui s’appauvrissent massivement avec la séparation. Source : France Culture

    • Selon l’INSEE en 2016, 25% des familles monoparentales n’avaient pas les moyens de s’acheter de vêtements neufs, 21% de recevoir leurs amis ou leur famille, et 18% de faire des cadeaux à leurs proches ou leurs enfants au moins une fois par an. Or neuf familles monoparentales sur dix sont en fait des mères célibataires.

      Un rapport de l’INSEE qu’on peut trouver en ligne confirme que « la perte de niveau de vie directement imputable à la rupture est de l’ordre de 20 % pour les femmes et de 3 % pour les hommes ».

    • La CAF ne verse l’aide financière à la mère que si celle-ci accepte de faire un procès au père pour lui réclamer la pension.
      C’est seulement si le père, à la suite du procès, est déclaré en incapacité de payer que la CAF prend le relais et verse environ 100€/mois.
      Donc, pour décrocher une aide de 100€ par mois, une mère doit passer par un cheminement administratif qui les méprise totalement, elle et son/ses enfant/s. En effet, comment considérer que le versement de 100€ est suffisant pour élever un enfant, même un animal de compagnie coûte plus cher.

      De plus, ça met les femmes qui ont eu le courage de rompre dans une situation impossible. Un couple qui se sépare c’est rarement simple et intelligent, les rapports de force sont exacerbées, les coups bas sont légions, et c’est souvent le moment où surgissent les violences les plus graves.
      La femme est obligée de négocier son départ pour son bien et celui des enfants, et le procès est ressenti comme une agression par le père qui a tout les moyens de chantage pour faire sombrer la mère.
      Par exemple en refusant d’assurer la garde de l’enfant, en ne respectant pas les horaires, en oubliant l’enfant à l’école, en ne lui achetant pas de vêtements, en refusant de le loger dignement, en épuisant l’enfant qui revient chez la mère en hurlant de fatigue. Mais surtout en menant une guerre de dénigrement constant en se plaçant en victime et en se servant de l’enfant comme vecteur de sa haine.
      Quand une femme réussi à calmer ces turbulences parfois très violentes, elle est juste épuisée. Que la CAF lui demande de faire un procès au père pour qu’elle récupère la misère de 100€ c’est lui appuyer sur la tête et lui faire risquer beaucoup plus gros psychologiquement et physiquement.

      Dans l’idéal, on pourrait se dire que faire un procès pour décider qui fait quoi vis à vis de l’enfant et dans quelles conditions pourrait permettre de se reposer sur une décision tierce, soit le juge et la loi.
      Si les deux parents sont assez en intelligence, mieux vaut passer avant par la médiation familiale, qui permet de mettre en place un consensus (ou pas) écrit qui sert de base au juge.

      Si tu veux vérifier …
      http://www.caf.fr/allocataires/droits-et-prestations/s-informer-sur-les-aides/solidarite-et-insertion/l-allocation-de-soutien-familial-asf

      La pension alimentaire fixée par titre exécutoire (jugement, convention de divorce par consentement mutuel déposée devant le notaire, titre exécutoire délivré par la Caf) est de 50 €. L’autre parent la paie intégralement. La Caf vous versera un complément d’Asf d’un montant de 65,64 €, pour vous garantir une pension alimentaire de 115,64 € au total.

      C’est encore pire que ce que je disais, l’aide de la CAF est de 65,64€/mois soit 2€ par jour :/

      #femme #féminicide #guerre_aux_pauvres

  • Corpi e recinti. Estetica ed economia politica del decoro

    Le politiche per il decoro occupano da qualche tempo una posizione di punta nelle strategie per il governo dei comportamenti e delle diseguaglianze sociali. Apparentemente il divieto di stendere il bucato alle finestre o di coricarsi sulle panchine di un parco sembrerebbe rinviare al confine tra le prerogative del giudizio estetico e i problemi di ordine morale, ma osservate più da vicino tutte queste proibizioni si rivelano il prolungamento della guerra ai poveri e delle politiche migratorie con altri mezzi. Quelle che il decoro bandisce sono le impronte urbane della classe e della razza, la memoria vivente di una città sufficientemente porosa da lasciar intravvedere gli aspetti meno neutrali del paesaggio connaturato al potenziamento della rendita e del profitto. Delle pessime ragioni della pubblica decenza, dunque, è possibile tratteggiare un’economia politica che attraverso la formazione ottocentesca dei quartieri operai in Inghilterra, l’urbanistica coloniale di Algeri, gli uffici di collocamento nella Berlino degli anni Trenta, l’Italia delle migrazioni interne, gli Stati Uniti della tolleranza zero e i centri deputati allo smistamento dei migranti non ha mai smesso di assegnare allo spazio il compito di molestare e colpevolizzare le vite degli sconfitti. Ma il senso di queste molestie emerge in tutta evidenza attraverso l’analisi di quanto accade sui boulevard del Secondo Impero, dove all’allontanamento dei soggetti sgraditi dovevano innanzitutto corrispondere la produzione dei bisogni, i desideri e l’esperienza corporea dei soggetti conformi. Le politiche per il decoro, allora, si potrebbero definire forme di «recinzione percettiva», misure di intervento sulla realtà percepita che delle vecchie enclosure trattengono la valenza sia predatoria che disciplinare, alimentando la percezione dell’insicurezza.


    http://www.ombrecorte.it/more.asp?id=607&tipo=novita
    #livre #anti-SDF #decoro (que je ne sais pas bien comment traduire en français: #décence #décorum #bienséance...) #esthétique #villes #urban_matter #anti-pauvres #géographie_urbaine #morale #bancs #guerre_aux_pauvres #corps
    ping @albertocampiphoto @wizo

    • Città indesiderabili come dispositivi che assimilano per esclusione

      La miseria dà spettacolo. Il suo allontanamento, anche coatto, è parte dello spettacolo attorno al quale si riunisce una popolazione alienata, isolata, indebolita, stanca, se non impaurita.
      All’opera è quella che il geografo Neil Smith ha chiamato, negli anni ‘90 del secolo scorso, la città revanscista, ossia una città che richiede e attiva politiche di pulizia spaziale per allontanare le condizioni e le figure sociali del disordine: gli intollerabili, gli inappropriati, emblematicamente rappresentati dalle persone che vivono per strada, senzatetto.

      SIAMO NELL’ORDINE, estetico oltre che sociale e politico, della città punitiva, la quale costruisce recinzioni e, insieme, asseconda il risentimento. Si tratta di una città assoggettante, che esclude, vuole escludere, si impegna a escludere, tutto ciò che non rientra nel canone della conformità, in cui per conformità si devono intendere il consumo e la buona educazione del consumare.
      Un libro da leggere Corpi e recinti. Estetica ed economia politica del decoro, scritto da Pierpaolo Ascari, professore a contratto di estetica all’università di Bologna, e pubblicato da ombre corte (pp.134, euro 13), proprio perché ci fa entrare dentro l’attualità e la storia della costruzione della città armoniosa secondo i codici del buon consumo. È la città priva di fastidi sociali quella in cui ci stiamo costringendo a vivere. È la città del decoro, il cui abitante legittimo è il buon consumatore, che non vuole turbolenze né politiche né estetiche, ma vuole solo spendere in pace.

      LO SPAZIO E I LUOGHI sono pensati e costruiti secondo tali sentimenti e richieste, depoliticizzando la povertà, le disuguaglianze e il conflitto, definiti come elementi indecorosi, antipatici, se non proprio osceni, e nemici della buona convivenza e sicurezza collettiva. E sono costruiti secondo tali sentimenti e richieste in maniera apparentemente non conflittuale, «mimetizzandosi nel buon gusto e nella decenza di tutti». D’altronde, chi può affermare di essere contro il decoro? Si può essere a favore di una città indecorosa? O insicura?

      SIAMO, DUNQUE, immersi nella città del decoro, definito da Ascari come un «dispositivo che assimila per esclusione». Questo tipo di città non è di oggi; ha una lunga storia, le cui tracce si ritrovano già nel governo dei boulevard parigini nell’800, così come nella formazione delle città industriali inglesi e nelle città coloniali. Questa storia arriva fino a oggi, entrando nella cronaca quotidiana e nelle pratiche amministrative delle ordinanze e delibere comunali. È la storia di quella che Ascari definisce città postcoloniale, da comprendere in combinazione con il concetto di città punitiva.

      LA CITTÀ POSTCOLONIALE è caratterizzata dalla «sopravvivenza dei vecchi progetti imperiali nella strutturazione o nella produzione dell’attuale spazio europeo e nordamericano». Tali progetti, nel rapporto di dominazione tra occupanti e occupati, si fondano sulla doppia funzione di raggruppamento e detenzione del campo, secondo la logica costitutiva di ogni colonizzazione, come spiegato dai citati Joël Kotek e Pierre Rigoulot nel libro Il Secolo dei campi. Questo tipo di progetto si estende ai corpi dei colonizzati, i quali, come analizzato da Frantz Fanon, sono in permanente tensione. Nella stessa condizione, di continua attivazione, sono i corpi degli «espellibili» (gli immigrati) e i corpi degli indesiderati e dei membri delle nuove classi pericolose, oggetti privilegiati delle politiche di decoro, come mostrato, ad esempio, dai lavoratori ambulanti stranieri, sempre pronti a difendersi o nascondere la merce, anche quando titolari, come in quasi tutti i casi, di regolari licenze per la vendita.

      CORPI IN TENSIONE e corpi estetizzati sono quelli di chi è bersaglio privilegiato delle politiche di decoro, i quali devono essere ubbidienti anche sul piano estetico. Essi devono rispondere e corrispondere ad un sistema di segni e stili, altrimenti vengono trasformati nell’oggetto della repressione percettiva e, se necessario, della repressione amministrativa e di polizia.
      Questo accade «perché nella città postcoloniale e punitiva del decoro, qualunque interferenza alla chiusura in un sistema di segni, dalla povertà al writing, viene perseguita in quanto crimine di stile», secondo l’interpretazione di Sarah Nuttall e Achille Mbembe, tra i riferimenti di un libro ricco, alimentato dalla lettura e dall’uso critico di strumenti di analisi fondamentali.

      https://ilmanifesto.it/citta-indesiderabili-come-dispositivi-che-assimilano-per-esclusione
      #exclusion

  • Castanerie : néologisme ; utiliser un mensonge par omission ou un arrangement avec la vérité en le faisant passer pour une annonce d’importance et, ce faisant, biaiser pour désamorcer une crise.
    Cela se vérifie encore une fois avec l’annonce du retrait « immédiat » de la #GLIF4, ce dimanche, dans son émission préférée pour ce type de menteries :
    https://www.france.tv/france-3/dimanche-en-politique/1151765-dimanche-en-politique.html
    Sauf que c’est une grenade
    qui n’est plus fabriquée depuis 2014 :

    Elle équipe les forces de l’ordre depuis 2011 et n’est plus produite depuis 2014, elle reste cependant encore utilisée par le gouvernement jusqu’à épuisement des stocks et est remplacée progressivement par la grenade GM2L de Alsetex.
    https://maintiendelordre.fr/grenade-instantanee-gli-f4-sae-810-alsetex

    qui a été officiellement remplacée par la #GL2M après la mutilation de Maxime sur la zad

    Sa remplaçante, la GM2L, déjà en dotation, est par exemple utilisée à Notre-Dame-des-Landes dans les opérations actuelles.
    mai 2018, journal de la gendarmerie nationale : https://lessor.org/a-la-une/la-gli-f4-une-grenade-sur-la-voie-de-garage

    (la ZAD avait d’ailleurs servi de test grandeur nature de pas mal de saloperies : https://desarmons.net/index.php/2019/01/24/sur-les-nouvelles-grenades-lacrymogenes-de-40-mm-cm3-et-mp3 )

    dont les stocks sont réduits à peau de chagrin après plus d’un an de gazage intensif des Gilets Jaunes et autres mouvements sociaux...

    Je ne sais même pas si certains les utilisaient encore.
    Du moment que l’on nous laisse les GMD et CM6, le retrait de la GLI-F4 ne me fait ni chaud ni froid.
    Mais c’est un avis très personnel 😉
    Uniform 17👮 : https://twitter.com/17Uniform/status/1221402966319673344

    et dont la remplaçante et tout aussi, si ce n’est plus, dangereuse

    Contrairement à la GLI-F4, la GM2L ne contient pas de TNT mais des éléments pyrotechniques sans effet de souffle surement 48 g d’Hexocire, un mélange de cire et d’héxogène (un explosif plus puissant que la TNT).
    https://maintiendelordre.fr/grenade-lacrymogene-gm2l-sae-820

    Beaucoup tombent dans le panneau de l’annonce, et même si le #fact_checking autonome a fort heureusement progressé (c’est surement la meilleure nouvelle de 2019) cette annonce convaincra uniquement celleux à qui elle est adressée : les personnes susceptibles de voter pour LREM mais qui doutaient un peu quand même à force d’infos sanguinolentes...
    Mettons en perspective 3 faits récents pour mieux voir ce qu’il y a à gazer sous les fumées lacrymos :
    1/ des candidats #LREM qui n’osent pas s’afficher car ils se font chahuter : carte des LREM sans étiquette https://www.google.com/maps/d/viewer?mid=1jZx-vCMTIvDgvBSV_vwMtYdyUw9ee1xh&ll=46.962141096506784%2C2.43753 (à relativiser un peu mais pas tant que ça : https://www.liberation.fr/checknews/2020/01/25/cette-carte-participative-des-candidats-lrem-sans-etiquette-est-elle-fiab )
    2/ la modification de la visualisation des résultats des #Municipales2020 : carte des municipales 2020 : un changement de regle qui risque de modifier la geographie electorale
    /.../ le ministère de l’Intérieur en charge de l’organisation des élections et scrutins en France fait le choix de ne plus prendre en compte la couleur politique des candidats dans les villes de moins de 9 000 habitants (1000 habitants auparavant). /.../ : http://www.chroniques-cartographiques.fr/2020/01/carte-des-municipales-2020-un-changement-de-regle-qui-ris
    (voir aussi la discussion avec @odilon ici https://seenthis.net/messages/821675 )
    3/ panique d’un certain « gratin » sur les conséquences d’une débacle : Macron sommé de réagir sur une note très embarrassante du ministère de la Justice : https://www.huffingtonpost.fr/entry/macron-somme-de-reagir-sur-une-note-tres-embarrassante-pour-le-minist

    J’avais prévu un dimanche de calme et de recueillement... Pas merci Castaner. Cet énième mensonge me touche de trop près pour que je me taise mais... j’espère vraiment qu’on va tou-te-s s’engouffrer dans la pseudo brèche de désescalade dans les #Violences_policières pour te faire tomber de ton estrade.

    Bref, rien de nouveau dans la dégueulasserie politicarde du pouvoir

    #armes #armes_non-létales #armement #maintien_de_l'ordre #guerre_aux_pauvres #enfarinage #infox_ministérielle #Castaner_le_menteur

  • Métropole de Lille : près de 3000 sans-abris recensés, dont 680 enfants Quentin Vasseur - 24 Décembre 2019 - France 3

    Invisibles ou presque, les personnes sans-abri sont pourtant nombreuses dans la métropole lilloise. Dans un rapport paru fin novembre https://www.adu-lille-metropole.org/wp-content/uploads/2019/11/SansAbrisme_web.pdf , la MEL fait le triste compte du nombre de personnes vivant à la rue, en campement ou en squat : celui-ci s’établirait à 2830 personnes, parmi lesquelles 686 enfants, et même 51 enfants en bas âge.

    Ce calcul s’établit sur la base des 2281 personnes déjà recensées par le SI-SIAO, la base de données des services intégrés d’accueil et d’orientation. À ce chiffre doivent s’ajouter « d’autres personnes connues des associations et ne figurant pas dans le SI-SIAO », parmi lesquelles une quarantaine de ménages non-connus des maraudes, un peu plus de 80 jeunes migrants, et 430 personnes de culture roms présentes en campement ou en squat.
     

    Parmi les 686 enfants dénombrés dans ce compte, on en trouve de tous les âges :
    • 51 enfants âgés de moins d’un an
    • 200 enfants âgés d’un à quatre ans
    • 195 enfants âgés de cinq à neuf ans
    • 151 enfants âgés de 10 à 14 ans
    • 89 mineurs âgés de 15 à 17

    L’étude de la MEL révèle également une disparité dans les situations familiales : 62% des sans-abris sont des hommes isolées, 13% des femmes seules et 19% des familles.
    . . . . . . . .
    La suite : https://france3-regions.francetvinfo.fr/hauts-de-france/nord-0/lille-metropole/infographies-metropole-lille-pres-3000-abris-recenses-d

    #invisibles #SDF #enfants #Lille #France #ps #roms #sans-abri #pauvreté #sans-abris #hébergement #guerre_aux_pauvres #Invisibles

  • « L’#architecture_du_mépris a des effets sur nous tous »
    https://usbeketrica.com/article/l-architecture-du-mepris-a-des-effets-sur-nous-tous

    Souvent, on analyse la ville en des termes macroscopiques : les inégalités économiques, la répartition par CSP, ou encore l’injustice spatiale et juridique. Cela donne un type de vision qui n’est pas inexact, mais on passe à côté d’un mode d’action négatif des villes. Ces dernières sont obsédées par leur image, qui est leur outil de valorisation le plus important. Aussi, puisqu’elles ne peuvent ouvertement ségréger, elles signifient spatialement le mépris par une architecture excluante. Cela peut passer par du mobilier urbain, type banc à SDF, soit par de larges projets privatisés comme EuropaCity (dont l’abandon a été acté en novembre dernier par le gouvernement, ndlr) ou le réaménagement de la Gare du Nord, où on signifie aux individus que ce qui nous intéresse chez eux, c’est leur part de consommateur. Dès lors qu’ils ne peuvent l’être car ils sont insolvables, ils comprennent de facto qu’ils ne sont pas les bienvenus.

    #mobilier_urbain #infrastructures_urbaines #dfs #espace_public #aménagement_urbain #guerre_aux_pauvres #urban_matter

  • C’est comment qu’on survit ?
    https://emmaclit.com/2019/11/29/2020

    Ces dernières semaines j’ai travaillé sur une réforme dont les médias ont peu parlé, mais qui va impacter massivement les futurs chômeurs et chômeuses. Cette BD a été construite avec l’aide d’un conseiller de Pôle Emploi et est libre de droits pour toute utilisation militante. Source : Emma

  • via Terres Communes

    ‼️ 😡😡 Sus aux précaires, aux roms, aux gens du voyage, aux immigrés, aux zadistes, aux plus pauvres, aux personnes ayant choisi ou non d’habiter dans des habitats légers hors PLU, c’est en somme ce que l’assemblée nationale a votée le Jeudi 21 Novembre 2019 via l’article 14 dans le cadre de la Loi Engagement et Proximité !

    https://www.lemonde.fr/politique/article/2019/11/22/loi-engagement-et-proximite-les-maires-pourront-mettre-des-amendes-pour-cons

    200 euros par jour d’amende jusqu’à 25 000 euros possible au total pour les personnes occupant des logements non inscrits dans les schémas d’urbanisme, c’est à dire que lorsque le décret d’application sortira, les personnes habitant dans des caravanes, yourtes, cabanes, camions et bus aménagés, tentes, etc... pourront être soumis à des amendes exorbitantes et impossibles à payer par simple décision du Maire qui acquiert ainsi un pouvoir de police et de justice à la fois !

    Quasiment aucune mobilisation à ce jour en France contre cet article de loi (excepté à Paris via l’appel de plusieurs associations le jour du vote de la loi), tandis que les médias ne l’ont quasiment pas relayé.
    Lors de la loi LOPPSI 2 qui prévoyait l’expulsion des habitats légers, une forte mobilisation nationale avait permis l’annulation de l’article de loi visant les habitats légers.
    Il est peut-être temps de s’y mettre à nouveau ?... 🤔

    Le gouvernement précarise à tout va et montre également sa volonté de supprimer toute possibilité de vivre de manière alternative !

    A partir du 5 Décembre, ce n’est pas seulement contre la réforme des retraites que nous nous battrons, c’est également contre le rouleau compresseur de lois liberticides, répressives, discriminantes, anti-pauvres, anti-écologiques, etc... que nous devons nous soulever !

    Et nous espérons également que comme pour la LOPPSI2, les associations HALEM et DAL appelleront à des occupations de centre-ville pour stopper cette marche en avant vers la mise au pas de toute la société et la précarisation des déjà précarisés ! ✊

    Il est temps d’en finir avec cet imaginaire du petit colibri qui peut changer le monde de manière individuelle ou en communautés retranchées « hors du système », cette loi et tant d’autres nous montrent que même si créer des alternatives est nécessaire, la lutte collective contre ce système mortifère est vitale pour préserver notre avenir commun !
    Nous n’en sommes plus à simplement nous battre pour un autre futur désirable, nous en sommes à nous battre tout simplement pour notre liberté et notre survie !

  • Le masculin l’emporte

    Les étudiants infirmiers, particulièrement touchés par la précarité

    Leurs origines sociales, leurs cadences de travail et le statut particulier de leur formation les exposent à des situations difficiles.

    Une odeur de transpiration et de pizza inonde le bureau des étudiants de l’Institut de formation en soins infirmiers (IFSI) Henri-Mondor, à Créteil (Val-de-Marne). Maxime, 18 ans, est avachi sur un canapé au cuir abîmé. « Beaucoup de jeunes veulent être infirmiers parce qu’ils pensent que c’est comme dans Grey’s Anatomy [série télévisée américaine] », ironise-t-il devant les sourires approbateurs de ses copains.
    ....
    Une étude du ministère de la santé indique que les étudiants infirmiers – ils sont 90 000 en France, dont 80 % de filles – sont en moyenne issus de catégories socioprofessionnelles plus modestes que l’ensemble des étudiants.

    Je découvre que 80% des étudiants infirmiers sont en fait des mineurs.
    Je découvre aussi Maxime, le fils spirituel de Finkielkraut, qui ironise sur les « infirmiers qui pensent que c’est comme dans Grey’s anatomy » [avec 80% de mineurs ca peu se comprendre !] et reçoit les sourire approbateurs des gros couillons de la rubrique étudiants du journal e-monde.fr

    #filles #invisibilisation #femmes #guerre_aux_pauvres #guerre_aux_femmes #mépris

  • Un an après, le mouvement compte ses blessures

    Par Chloé Pilorget-Rezzouk pour Libération
    https://www.liberation.fr/france/2019/11/14/un-an-apres-le-mouvement-compte-ses-blessures_1763478

    Un an après la première journée de mobilisation nationale des gilets jaunes, le 17 novembre 2018, cette contestation sociale née sur les ronds-points de France se prépare à un 53e acte. Une longévité inédite, même si les rangs de chasubles fluorescentes se sont peu à peu dégarnis. Surtout, le mouvement restera particulièrement marqué par les très nombreuses blessures souvent provoquées, pour les plus graves, par les armes du maintien de l’ordre comme les lanceurs de balle de défense (LBD), les grenades de désencerclement ou les grenades explosives GLI-F4. Ainsi, 2 448 personnes ont été blessées parmi les manifestants et des passants, 1 797 du côté des forces de l’ordre, selon le dernier décompte du ministère de l’Intérieur, arrêté à la mi-mai. « Des crânes fracassés, des yeux éclatés, des artères coupées, des visages lacérés, des rates explosées… Ce sont des blessures qu’on ne voit que lors de graves accidents de voiture ou lorsque des gens se défenestrent », rappelle à Libération le neurochirurgien Laurent Thines. « Extrêmement choqué en tant que médecin », ce professeur à l’hôpital de Besançon (Doubs) avait lancé en janvier une pétition - qui a recueilli plus de 177 000 signatures- dans laquelle il réclamait un moratoire sur les armes dites « intermédiaires », et dénonçait leur dangerosité.

    #gilets_jaunes #mutilations #repression #guerre_sociale #guerre_aux_pauvres

  • Et maintenant, le gouvernement s’attaque aux compensations du travail de nuit
    https://www.marianne.net/societe/et-maintenant-le-gouvernement-s-attaque-aux-compensations-du-travail-de-nu

    La ministre du Travail, Muriel Pénicaud, planche sur le report à minuit le début du travail de nuit dans les commerces alimentaires. Les syndicats dénoncent un « cadeau » aux grandes enseignes.

    #travail #guerre_aux_pauvres

  • Vers une modification de la prime d’activité ? - Capital.fr
    https://www.capital.fr/economie-politique/vers-une-modification-de-la-prime-dactivite-1354775

    Ce dispositif, élargi à 700.000 nouveaux bénéficiaires en raison du mouvement des Gilets jaunes, a coûté 800 millions d’euros de plus que prévu à l’Etat en 2019.

    Et si l’Etat décidait de modifier la prime d’activité ? C’est en tout cas ce que souhaite Stella Dupont, députée LREM, dans un rapport publié mercredi, rapporte Les Echos. Elle pointe notamment du doigt l’enrichissement relatif des bénéficiaires de ce dispositif, qui a concerné 4,1 millions de foyers en 2019, soit 700.000 de plus que l’année précédente en raison d’un élargissement décidé après le mouvement des Gilets jaunes.

    Parmi ces foyers, 30% touchent moins de 1.000 euros par mois, contre 41% l’année passée. « Cette évolution peut faire l’objet d’une attention particulière, dès lors que la prime d’activité est désormais davantage tournée vers les personnes percevant un revenu légèrement supérieur au SMIC, que les personnes vivant sous le seuil de pauvreté », note Stella Dupont. Elle propose ainsi « d’ajuster le revenu de solidarité active ou la prime d’activité dès 2020, dans le cadre de la préparation de la mise en place du revenu universel d’activité ».

    Une consultation citoyenne a été lancée début octobre concernant la possible création d’un revenu universel d’activité (RUA). Le principe ? Verser une allocation unique en agglomérant un certain nombre d’aides sociales qui sont, pour l’instant, versées séparément. Stella Dupont suggère ici de permettre aux ménages modestes de bénéficier d’un lissage de leurs aides, sans donner plus de détails à ce sujet. Reste à voir ce que l’exécutif décidera, alors que la prime d’activité lui a coûté 9,6 milliards d’euros en 2019, soit 800 millions de plus que ce qui était prévu.

    Le détail est là
    https://www.lesechos.fr/economie-france/social/la-prime-dactivite-coutera-800-millions-deuros-de-plus-que-prevu-cette-anne
    mais je n’y ait pas accès, si quelqu’un.e...

    Et voilà, avec la contre réforme du chômage, celle annoncée du revenu universel d’activité, la baisse des APL, la #prime_d'activité, qui est depuis sa création le pivot de la gestion du salaire/revenu des précaires, risque elle aussi d’être restructurée à loisirs.

    #précaires #chômeurs_en_activité_à_temps_réduit

    • Il me semble que c’est tout à fait l’inverse : faire que le plus grand nombre soit précisément prisonnier de la « société de travail » (copyright Jospin, 1998).

      Cette réforme éventuelle de la prime d’activité se ferait dans et contre le principe même de la prime d’activité, d’autant plus élevée que l’on gagne davantage de salaire (mais pas trop, sinon on en a pas). On la touche pas si on est pas assez méritant (ce qu’atteste un salaire ou un chiffre d’affaires faible). L’argument de l’ex-socialiste Dupont c’est que la modification de la prime d’activité concédée suite à une mobilisation #Gilets_Jaunes (dont un des énoncés majeur était « on n’arrive pas à vivre de notre travail », laissant pour l’essentiel de côté le #RSA et le chômage, pourtant constitutifs de ces situations...) coûte certes non seulement trop cher mais qu’elle est également inéquitable au regard de ceux qui en touchent moins ou pas du tout, ce qui est le cas par construction, dès l’origine.

      #société_de_travail

  • Pigistes : l’enfer qui vient - Paresseux Scribouillard - Medium
    https://medium.com/@ParesseuxScribouillard/pigistes-lenfer-qui-vient-7a85c94768f6


    Illustration de Mediapart, tous droits réservés.

    Grâce à l’article de Médiapart sur l’assurance chômage (disponible en accès libre via ce lien ), on sait désormais à quelle sauce les précaires de tous poils seront mangés.

    Grâce à de nouveaux calculs visant à réduire drastiquement les indemnités des 2,6 millions de personnes qui les touchent, nombre de précaires qui touchaient des indemnités leur permettant de juste survivre vont se retrouver avec des allocations sévèrement réduites ou nulles.

    Et à la lecture de cet article, la première chose qui vient à l’esprit c’est la guerre contre les plus pauvres que cette nouvelle réforme représente. Contre les femmes notamment, comme l’illustre bien le cas de Sarah décrit dans l’article :
    “ Le cas de Sarah, que nous avons retenu, illustre bien le problème. Si elle a travaillé un mois sur deux pendant deux ans (pour 1 425 euros mensuels), puis retrouvé un petit boulot à mi-temps (rémunéré 730 euros) pendant qu’elle touche l’allocation chômage, elle aurait aujourd’hui pu cumuler son nouveau salaire, et une allocation de Pôle emploi ramenée à 385 euros par mois. Avec la réforme, ce sera fini, car son nouveau salaire brut dépassera tout juste le plafond de 75 % du SJR, à partir duquel toute indemnisation supérieure est interdite

    • C’est aussi une guerre contre les précaires “créatifs”, qu’ils soient journalistes pigistes, photographes, graphistes ou illustrateurs.
      En effet, avec ces nouvelles règles, publier la moindre pige alors que l’on est au chômage entrainera la perte des droits d’allocation que l’on peut avoir. Or on le sait, nombre de médias fonctionnent uniquement grâce aux pigistes auxquels ils font appel.

  • Ce que le gouvernement fait aux chômeurs
    par Dan Israel pour Mediapart

    https://www.mediapart.fr/journal/economie/281019/ce-que-le-gouvernement-fait-aux-chomeurs

    Aujourd’hui, pour susciter le débat, il faut expliquer concrètement, simulations à l’appui, ce que l’exécutif va faire vivre aux demandeurs d’emploi, et souvent aux plus fragiles d’entre eux.

    Des allocations mensuelles en baisse, divisées par plus de trois dans les pires des cas ; des centaines d’euros versés en moins sans beaucoup d’explications ; des modifications techniques entraînant des conséquences parfois désastreuses, et incohérentes avec le discours gouvernemental valorisant le travail et la reprise d’un emploi à tout prix… Voilà les conséquences attendues d’une réforme largement inspirée par les idées avancées dans une note de 2015 des économistes Corinne Prost et Pierre Cahuc. Ce dernier est très proche de Marc Ferracci, conseiller spécial de la ministre du travail Muriel Pénicaud, et par ailleurs témoin de mariage d’Emmanuel Macron.

    #chomage #casse_sociale #c'est_qui_les_casseurs

  • Guerre aux pauvres - Le Monolecte
    https://blog.monolecte.fr/2019/10/23/guerre-aux-pauvres

    D’aucuns prétendent que Macron et son administration n’aiment pas les pauvres.
    C’est totalement faux !
    J’en tiens pour preuve la constance avec laquelle l’équipe gouvernementale n’a eu de cesse d’en créer toujours plus, n’épargnant aucun effort pour agrandir au pas de charge le bataillon de surnuméraires sommés de passer d’une vie modeste à un mode « survie précaire perpétuelle » et sans espoir d’amélioration aucune.

    #guerre_aux_pauvres #RSA #chômage #pauvreté #exclusion

    • Dans l’article, je reparle des départements qui inventent des revenus fictifs aux allocataires du #RSA, qui les forcent à les déclarer à la #CAF pour pouvoir les éjecter illégalement du dispositif, donc, les mettre à la rue. → https://seenthis.net/messages/806190

      Je m’interroge à présent sur les #sanctions financières que l’on inflige aux gens au RSA avec tant de légèreté, alors que tout le monde sait que ça ne suffit pas pour survivre et que le moindre incident est une catastrophe.
      Sanctionner un RSAste, c’est lui créer immédiatement une dette locative et/ou énergétique, c’est l’enfoncer irrémédiablement.
      Grosso-modo, ça revient à le mettre à la rue… où l’espérance de vie est de 48 ans.

      Autrement dit, une sanction financière contre une personne au RSA est assimilable à la peine de mort.

      Peut-on encore parler de sanction proportionnée ?

  • #Consultation citoyenne Revenu universel d’activité (RUA)
    https://www.consultation-rua.gouv.fr


    #insincérité #guerre_aux_pauvres

    « Notre système de solidarité fait la fierté de la France. Chacune, chacun nous y sommes profondément attachés.

    Mais, au fil du temps, il est devenu tellement complexe qu’il ne permet plus de lutter efficacement contre la #pauvreté. Il est devenu illisible, il décourage trop de nos concitoyens à avoir recours aux aides sociales. Enfin, il ne permet pas un retour rapide et durable vers l’emploi.

    Voici pourquoi le président de la République a annoncé le 13 septembre 2018 la création d’un Revenu universel d’activité.

    Avec cette consultation citoyenne, vous avez la parole : à vous de voter, de débattre et de vous exprimer pour que nous construisions ensemble ce futur Revenu universel d’activité. »

    Agnès Buzyn, ministre des Solidarités et de la Santé

  • Le Syndicat des immenses | I.M.M.E.N.S.E.S : Individus dans une Merde Materielle Enorme mais Non Sans ExigenceS

    http://syndicatdesimmenses.be


    Dans le cadre des "24h du droit a un toit" lancé les 10-11 mai 2019 par le mouvement DROIT À UN TOIT (https://droitauntoit-rechtopeendak.brussels) pour une fin du sans-abrisme à Bruxelles, le "Syndicat des immenses" a été officiellement lancé. "Immense" est l’acronyme de "Individu dans une Merde Matérielle Enorme mais Non Sans Exigences" (http://syndicatdesimmenses.be). Contact : syndicatdesimmenses@gmail.com.
    Merci à Karine pour la vidéo.

    https://www.youtube.com/watch?v=fSMn_jhU0dY

    Exemples :
    Une petite centaine d’immenses poussent quotidiennement la porte de cette association. En devenant immense, du jour au lendemain, j’ai perdu beaucoup d’amis. S’il n’y a pas assez de sandwiches, priorité aux immenses ! OK, je suis immense, mais de là à me manquer de respect ! Comment faire entendre la voix des immenses ? Si l’activité n’intéresse plus aucun immense, on y met fin. Votre public est constitué exclusivement d’immenses ? On compte quelques immenses parmi nos bénévoles. Les immenses seraient plus forts s’ils se regroupaient. Les immenses sont de plus en plus visibles dans la ville. Encore une immense qui a retrouvé un logement ! La seule différence entre vous et nous, les immenses, c’est qu’on est dans une sacrée merde matérielle ! Le Syndicat des immenses a été officiellement lancé le 10 mai 2019 en face du Parlement européen, square Léopold, à la faveur des « 24 heures du droit à un toit »organisé par le mouvement bruxellois DROIT ÀUN TOIT (www.droitauntoit-rechtopeendak.brussels).

    Avantages :
    • Fin de l’hypocrite euphémisme qui ne trompe personne (« usagers », « bénéficiaires », « gens », « public » voire « clients ») : on spécifie le problème matériel de la personne.
    • Fin de la stigmatisation(« SDF », « sans-abri », « sans-papiers », « précaires »...) : on ne réduit pas les personnes à leur problème matériel, et, partant, on a moins la détestable tentation de les mettre toutes dans le même sac.
    • Fin de la pirouette faussement non-négative (« habitants de la rue ») : qui veut d’un trottoir en guise de salon ?
    • Le nom immense est clairement positif, valorisant, enviable.Une proposition du Syndicat des immenses − #Bruxelles, 31mars 2019

    Fondé en mars 2019 dans la foulée de la première Assemblée ouverte du mouvement Droit à un toit / Recht op een dak https://droitauntoit-rechtopeendak.brussels , le Syndicat des immenses (SDI) s’est d’abord appelé « Les précaires en colère », mais précaire, comme SDF, sans-abri ou sans-papiers, est stigmatisant. A surgi alors l’appellation immense , acronyme de Individu dans une Merde Matérielle Énorme mais Non Sans Exigences. Le SDI est un groupe de pression et d’action, non un groupe de parole. Il porte des revendications http://syndicatdesimmenses.be/wp-content/uploads/2019/09/Revendications-SDI.pdf , défend les droits des immenses et intervient chaque mois dans l’espace public. Il a un logo, une bannière, un site http://syndicatdesimmenses.be , un compte bancaire, un groupe Facebook https://www.facebook.com/login/?next=https%3A%2F%2Fwww.facebook.com%2Fgroups%2Fsyndicatdesimmenses.be%2F , une adresse mail, des cartes de membre, des cartes de visite, et bientôt des statuts.

    Le 20 mars 2020 aura lieu la première « Université d’été des immenses ».

    #pauvreté #SDF #inégalités #femmes #hommes #enfants #précarité #chômage #logement #pauvres #logement #sans-abri #pauvreté 
    #sans-abris #hébergement #guerre_aux_pauvres #espace_public #stigmatisation #sans-papiers #précaires

  • Réforme de l’assurance-chômage : plus de 40 % des demandeurs d’emploi touchés, Bertrand Bissuel
    https://www.lemonde.fr/politique/article/2019/09/19/reforme-de-l-assurance-chomage-plus-de-40-des-demandeurs-d-emploi-touches_60

    Les nouvelles règles, qui vont s’appliquer par étapes à partir du 1er novembre, vont avoir plusieurs conséquences : réduction de la durée d’indemnisation, baisse du montant des #allocations, impossibilité d’entrer dans le régime…

    La réforme de l’#assurance-chômage va avoir une incidence négative sur un peu plus de 40 % des demandeurs d’emploi bénéficiant de ce régime. C’est ce qui ressort d’un « document de travail », que Le Monde s’est procuré et qui a été réalisé par l’Unédic, l’association paritaire chargée de piloter le dispositif. Le document en question est proche de la version définitive, qui sera présentée aux partenaires sociaux, mardi 24 septembre. Il confirme les craintes exprimées par les centrales syndicales lorsque l’exécutif avait dévoilé ses arbitrages, le 18 juin : les organisations de salariés avaient alors dénoncé un projet susceptible de porter gravement atteinte aux ressources des #chômeurs.

    Les principaux changements, introduits par décret, tournent autour de trois axes. D’abord, les conditions d’accès ont été durcies : les personnes devront avoir travaillé pendant six mois sur vingt-quatre (au lieu de quatre sur vingt-huit) pour pouvoir prétendre à une prestation, et les droits à l’assurance-chômage ne pourront être rechargés qu’à partir d’un nombre d’heures six fois plus élevé qu’avant.

    Ensuite, ceux qui percevaient de hautes rémunérations lorsqu’ils étaient en activité verront leur allocation baisser à partir du septième mois.

    Enfin, la formule de calcul pour déterminer les montants versés a été modifiée. L’entrée en application de ces nouvelles règles a été étalée dans le temps (novembre 2019 pour les deux premières, avril 2020 pour la troisième).

    Critères d’éligibilité plus stricts

    Entre début avril 2020 et fin mars 2021, l’instauration de critères d’#éligibilité plus stricts frappera 32 % des personnes qui auraient ouvert un droit si les textes étaient restés inchangés (soit environ 832 000). Pour elles, plusieurs cas de figures peuvent se présenter : soit elles n’ouvrent aucun droit avant au moins 2021, soit elles les ouvrent mais « plus tard » qu’en vertu des anciennes normes, soit « une partie de leur affiliation ne sera pas prise en compte du fait de la réduction de la période de référence » (de vingt-huit à vingt-quatre mois), ce qui ampute la durée de leurs droits.

    Les publics concernés « sont plus jeunes que la moyenne des allocataires » : ils « ont des droits plus courts avec des salaires de référence plus faibles », rapporte l’étude. En 2020, cette mesure engendrerait une économie de 900 millions d’euros (et de 1 milliard, l’année d’après).

    S’agissant de la nouvelle formule fixant le niveau de la prestation, elle est susceptible d’avoir des conséquences pour 37 % des nouveaux #entrants dans le régime « lors de la première année ». Soit un peu plus de 850 000 personnes (une partie d’entre elles étant également frappées par le durcissement des règles d’accès au régime). Toutes verront leur allocation mensuelle diminuer, la première année dans des proportions oscillant entre 25 % et 50 %, voire un peu plus, pour environ 500 000 individus.

    Des « gagnants » sur la durée

    Cependant, d’autres y gagneront « en termes d’allocations perçues sur la durée » car ils seront « indemnisés suffisamment longtemps » (au-delà d’un an) et percevront « au total un montant d’allocations supérieur ». Pour l’Unédic, la baisse des dépenses permise par cette innovation se situe à environ 250 millions d’euros en 2020 et 1,1 milliard en 2021.

    Enfin, la #dégressivité des allocations pour les salariés les mieux payés (à partir de 3 500 euros nets par mois, environ) va « monte (r) en charge progressivement ». A partir de la fin 2020, « de 1 000 à 2 000 nouveaux allocataires » seront touchés. En régime de croisière, c’est-à-dire à partir de 2026, environ 70 000 personnes recevront, au moins un jour et sur une année, « une allocation journalière affectée » par cette mesure. Elle engendrera 20 millions d’euros d’économies en 2020, 140 millions en 2021 et 350 millions en 2026, selon l’Unédic.
    Au total, les économies induites par la réforme atteindraient un peu plus de 3,4 milliards d’euros pour la période 2020-2021. Un montant qui est très proche de celui escompté par l’exécutif : celui-ci tablait, en effet, sur 3,7 milliards, de novembre 2019 à fin 2021 (300 millions devant être réaffectés à Pôle emploi, ce qui donne au total 3,4 milliards).

    #précarisation #droits_rechargeables (fin des) #salaire_journalier_de_référence #SJR (fin du)

    • Rassure toi @monolecte ! comme tu sais, pas mal de monde avec conjoint dont les revenus entrent en ligne de compte ne seront pas éligibles au #RSA.

      En revanche cela va aggraver encore l’impact de la #non_indemnisation sur le droit à pension de #retraite. L’absence d’indemnité chômage touche actuellement plus de la moitié des chômeurs. Et toute durée de RSA vaut 0 trimestre. Un aspect que ni les syndicats, ni « la gauche » (qui avait lancé en 1988 un RMI fonctionnant sur le même schéma). J’ai encore vu une campagne « contre la réforme » des retraites qui ne cite pas d’autre cas que le CDI continu et à temps plein, comme si nous n’avions pas déjà 45 ans de précarisation de l’emploi (discontinu, à temps partiel, ou pire, pas emploi, tel les stages, ou l’auto entrepreneuriat) derrière nous.

    • RÉFORME DE L’ASSURANCE-CHÔMAGE
      En finir avec les chômeurs ?
      http://cqfd-journal.org/En-finir-avec-les-chomeurs

      Puisqu’on a tout essayé contre le chômage comme l’avouait benoîtement Mitterrand en 1993, il ne reste plus aux gouvernements de tous bords qu’une option : faire baisser la statistique, notamment en contraignant les récalcitrants à prendre des boulots de merde. Et mieux encore, passer sa réforme pendant la saison estivale ! Bienvenue dans un nouveau monde irrigué d’esprit disruptif… et de vieilles magouilles politicardes.

    • Réforme de l’Unédic : les syndicats sur le pied de guerre
      La refonte de l’assurance-chômage, qui durcit les règles d’indemnisation, entre en vigueur à partir du 1er novembre.
      Bertrand Bissuel
      https://www.lemonde.fr/politique/article/2019/09/25/reforme-de-l-unedic-les-syndicats-sur-le-pied-de-guerre_6012963_823448.html

      L’assurance-chômage va se désendetter dans des proportions quasi inégalées depuis sa création au début de la Ve République. C’est l’un des enseignements des « perspectives financières » présentées, mardi 24 septembre, par l’Unédic, l’association paritaire qui pilote le régime. L’amélioration des comptes résulte, en grande partie, de la réforme du dispositif annoncée, à la mi-juin, par l’exécutif : elle va avoir pour effet de comprimer les dépenses liées à l’indemnisation des demandeurs d’emploi. Les syndicats s’en inquiètent, à cause des répercussions préjudiciables pour le niveau de vie des allocataires, et entendent continuer le combat contre les transformations à venir.

      Le « revenu de remplacement » octroyé aux chômeurs est désormais encadré par deux décrets, publiés fin juillet au Journal officiel. Applicables en plusieurs étapes à partir du 1er novembre, ils durcissent les conditions d’affiliation à l’assurance-chômage : les personnes devront avoir travaillé pendant six mois sur vingt-quatre (au lieu de quatre sur vingt-huit) pour pouvoir réclamer une prestation, et les droits à l’assurance-chômage ne seront rechargés qu’à partir d’un nombre d’heures six fois plus élevé qu’auparavant. En outre, ceux qui percevaient des rémunérations élevées (plus de 4 500 euros brut mensuel) verront leur allocation diminuer à partir du septième mois. Enfin, les modalités de calcul du revenu de remplacement, fondées sur le « salaire journalier de référence », seront profondément modifiées.

      5,95 milliards d’euros d’économies

      Le panachage de ces mesures va avoir des incidences spectaculaires, comme l’avait montré un « document de travail » de l’Unédic révélé par Le Monde il y a quelques jours. Les « perspectives financières » dévoilées mardi reprennent les chiffres mentionnés dans le document en question et en divulguent d’autres. Ainsi, la mise en place de critères d’éligibilité plus stricts affectera, d’avril 2020 à mars 2021, 32 % des individus « qui auraient ouvert un droit » si la réglementation n’avait pas évolué. Ce qui représente un effectif de près de 850 000 personnes : soit elles n’entreront pas dans le régime durant la première année, soit elles y accéderont plus
      tard, soit elles cesseront d’en bénéficier plus tôt.

      La nouvelle formule du salaire journalier de référence, elle aussi, a des conséquences impressionnantes. Quelque 850 000 personnes seront touchées, le montant mensuel de leur indemnisation reculant en moyenne de 22 % pour passer de 905 euros à 708 euros. Certains d’entre eux encaisseront des baisses encore plus massives : jusqu’à – 50 % pour 190 000 demandeurs d’emplois. L’impact sera très fort en particulier pour ceux qui alternent petits boulots et périodes d’inactivité.

      Précision importante : une partie des publics concernés par cette mesure pâtiront également du resserrement des conditions d’affiliation. La double peine, autrement dit. Quant à la dégressivité de la prestation pour les salariés bien payés, sa montée en charge sera « assez lente » : 1 000 à 2 000 personnes à partir de la fin 2020, puis environ 70 000 en vitesse de croisière.

      Mises bout à bout, toutes ces dispositions vont engendrer, entre novembre 2019 et la fin 2022, des économies de près de 5,95 milliards d’euros (plus des neuf dixièmes étant imputables aux nouveaux critères d’éligibilité et au changement de salaire journalier de référence. De leur côté, les entreprises seront mises à contribution, à travers trois prélèvements qui devraient rapporter 870 millions. Le décalage entre la potion administrée aux allocataires et l’effort imposé aux patrons scandalise les syndicats : cela revient « à faire peser les restrictions budgétaires sur les plus précaires », aux yeux de la CGT. Le rétablissement des comptes de l’Unédic s’effectue « sur le dos des chômeurs », dénonce Marylise Léon, la numéro deux de la CFDT. La réforme du gouvernement prévoit certes de nouveaux droits à indemnisation pour les démissionnaires et les indépendants (entraînant un surcroît de dépense de 1,32 milliard d’euros, de 2019 à 2022), mais pour les confédérations de salariés, la balance penche incontestablement en défaveur des individus privés de travail.

      Prévenir les réactions d’incompréhension

      « Sous les effets conjugués de la conjoncture économique » et des nouvelles normes introduites par l’exécutif, le régime, qui affichait un déficit de 3,4 milliards d’euros en 2017, retournerait à l’équilibre « au second semestre 2020, soit quelques mois plus tôt qu’en l’absence de réforme », selon l’Unédic. Mais l’impact des deux décrets pris en juillet se voit surtout dans l’évolution du solde financier du régime : + 5,25 milliards d’euros en 2022, soit un excédent supérieur de deux milliards à ce qui était prévu initialement. La dette de l’assurance-chômage pourrait être ramenée à 29,4 milliards d’euros dans trois ans après avoir culminé à 37,6 milliards en 2020.

      Ce redressement va se traduire par un sévère tour de vis pour de nombreuses personnes couvertes par le dispositif. Il y a un « risque d’aller au-devant de [faits] qu’on ne maîtrisera pas, socialement », a déclaré, mardi, lors d’une conférence de presse, Patricia Ferrand, la présidente (CFDT) de l’Unédic. Celle-ci a précisé que Pôle emploi va écrire à deux millions d’inscrits dans ses fichiers pour leur expliquer que le rechargement des droits va évoluer. Une démarche qui vise à faire de la pédagogie et à prévenir les réactions d’incompréhension.

      Les syndicats, eux, ne désarment pas. « La bagarre se jouera avec l’opinion publique, confie Mme Léon. On a besoin de transparence et de débats. » La centrale cédétiste a l’intention d’interpeller les députés, tout en recueillant la parole de demandeurs d’emploi, à travers une plate-forme numérique, qui sera installée avec le concours de l’association Solidarités nouvelles face au chômage. Pour leur part, la CFE-CGC, la CGT et FO vont attaquer devant le Conseil d’Etat des dispositions des décrets parus en juillet.

      #nouveaux_nouveaux_pauvres #guerre_aux_pauvres

  • Une histoire « dyschronique » des révoltes et de leurs répressions de Richelieu à nos jours par Frédéric Rambeau, docteur en philosophie, et maître de conférences à l’université Paris-8 Vincennes/Saint-Denis.

    Gilets Jaunes et Nus Pieds - Frédéric Rambeau
    https://lundi.am/Gilets-Jaunes-et-Nus-Pieds

    La succession des Actes des Gilets Jaunes, à Paris et dans les grandes villes, a replacé sur le devant de la scène la répression des classes populaires. L’histoire des organes de la répression est indispensable pour comprendre la criminalisation des mouvements sociaux. Mais les événements de la répression sont souvent mieux connus que les soulèvements eux-mêmes, leurs formes de subjectivation, d’action, de regroupement, de militance. De même, les expressions de la communauté rurale, des pensées et comportements des paysans sont le plus souvent laissés à la marge de l’histoire écrite. Dans l’occupation des ronds-points, dans l’auto-organisation des assemblées, des formes de socialité, de solidarité et de communauté se sont tissées non pas seulement dans les grandes villes mais sur tout le territoire, notamment dans ses zones rurales ou périphériques. L’excentricité de l’occupation des ronds-points, de l’organisation des blocages et des points de barrage, par rapport aux lieux de grèves syndicales et politiques habituels, s’inscrit certes dans l’élargissement continu de la production par la circulation (des marchandises, de l’argent, de l’information : logistique, finance, numérique et mass-médias). Mais aussi dans les transformations qu’ont subi les territoires en France durant les trois dernières décennies : la « rurbanisation » prédominante de l’espace extérieur aux métropoles. C’est ce qui a donné au surgissement du mouvement des GJ l’aspect d’une nouvelle « fronde » populaire. Dans un système redistributif où la moitié de la population ne paie pas d’impôt sur le revenu, l’augmentation des taxes est la manière la plus directe de faire payer les pauvres. Exactement comme sous l’Ancien régime.

    Étonnante superposition qui fait apparaître au XXIe siècle un mouvement social assez puissant pour persévérer malgré sa répression brutale, tout en étant proche des séditions populaires qu’a connu la France durant ce long cycle de soulèvements paysans et plébéiens au XVIe et XVIIe siècles. La riposte des GJ ressemble au réveil de cette tradition enfouie, vaincue par la répression militaire et judiciaire de la monarchie et le plus souvent laissée dans l’ombre, au sein même du marxisme, de la centralité prolétarienne. Leurs ambivalences, entre insurrection et conservation, résistance et réaction caractérisent des rébellions exposées à un changement de régime d’historicité. Leur refus d’une direction incarnée et d’une organisation disciplinée repose le problème du nouage entre répression et subjectivation, dont dépend la capacité d’un soulèvement populaire à s’inventer lui-même, dans l’antagonisme et l’adversité

    #guerre_aux_pauvres #guerres_sociales

  • Chômage : la réforme est aussi dure qu’annoncée, voire plus
    https://www.mediapart.fr/journal/economie/290719/chomage-la-reforme-est-aussi-dure-qu-annoncee-voire-plus

    Durcissement des conditions d’accès et des règles de calcul, « bonus-malus » peu ambitieux pour limiter les contrats courts : les nouvelles règles de l’assurance-chômage, publiées au "Journal officiel", sont conformes à ce qui avait été annoncé. Mais le décret recèle aussi deux surprises, peu réjouissantes pour les chômeurs.

    #SOCIAL #réforme,_social,_chômage,_assurance-chômage,_UNEDIC,_demandeurs_d’emploi,_Pôle_Emploi,_gouvernement,_formation_professionnelle,_A_la_Une

    • Chômage : la réforme est aussi dure qu’annoncée, voire plus
      29 JUILLET 2019 PAR DAN ISRAEL

      Durcissement des conditions d’accès et des règles de calcul, « bonus-malus » peu ambitieux pour limiter les contrats courts : les nouvelles règles de l’assurance-chômage, publiées au Journal officiel, sont conformes à ce qui avait été annoncé. Mais le décret recèle aussi deux surprises, peu réjouissantes pour les chômeurs.

      Cette fois, la réforme est bien lancée. Dimanche 28 juillet, le décret réformant les règles d’accès à l’assurance-chômage a été publié au Journal officiel. En six articles et 190 pages d’annexe, le texte décrit dans tous ses détails la vaste réforme, dont la majeure partie entrera en vigueur le 1er novembre.

      Comme nous l’avions indiqué lors de leurs présentations par le gouvernement le 18 juin, les nouvelles règles vont imposer presque tous les efforts aux chômeurs les plus fragiles, qui devront supporter la quasi-intégralité des 3,4 milliards d’euros d’économies imposées par le gouvernement.

      Dans une première approximation, l’Unédic, qui gère le budget de l’assurance-chômage, a estimé que la réforme impactera négativement 1,2 million de personnes, soit presque la moitié des 2,6 millions qui touchent chaque mois une somme de Pôle emploi (1 010 euros en moyenne). Le ministère du travail conteste ce chiffrage, estimant que les comportements des salariés et des employeurs vont évoluer sous l’effet de la réforme. L’exécutif estime que 700 000 personnes seront concernées.

      L’Unédic anticipe trois effets à la réforme, qui pourront d’ailleurs toucher plusieurs fois les mêmes personnes : « moins de demandeurs d’emploi ouvriront un droit » ; « pour certains allocataires la durée du droit sera plus courte » ; « l’allocation journalière sera plus faible pour les personnes ayant travaillé de manière discontinue ».

      Le gouvernement avait par ailleurs omis de présenter deux mesures contenues dans le décret. Avec la première, ce sont les chômeurs eux-mêmes qui financeront, au moins en partie, « l’accompagnement renforcé » vanté par le gouvernement en direction des demandeurs d’emploi. Avec la seconde, l’exécutif affirme encore plus sa reprise en main du système, et le déclin de la notion de paritarisme, qui voulait que depuis sa création en 1946, le régime soit géré conjointement par les représentants des salariés et du patronat.

      Les partenaires sociaux ont pu prendre connaissance du texte en projet le 10 juillet, et ont donné leur avis, purement consultatif, à son propos le 16 juillet. Sans surprise, tous les syndicats s’y sont opposés, tout comme le patronat, qui rejette le « bonus-malus » qui visera certaines entreprises ayant trop fréquemment recours aux contrats courts.

      « Ce décret confirme toutes nos craintes », a indiqué la CGT. « Le décret contient des mesures réductrices de droit, en particulier, pour les demandeurs d’emploi les plus précaires », a confirmé FO, dénonçant des « mesures particulièrement injustes ». La CFDT n’est pas en reste, jugeant que ce sont les « fondamentaux » même du régime qui sont ébranlés, et critiquant « une réforme purement budgétaire qui va faire beaucoup d’économies et sans doute beaucoup plus qu’annoncées, tellement les règles sont dures ».

      Au passage, les syndicats contredisent le gouvernement, qui explique que les économies demandées aux demandeurs d’emploi sont pensées pour assurer la survie globale du régime. Le 19 juin sur BFMTV, la ministre du travail Muriel Pénicaud assurait que « si on ne fait pas d’économies, dans dix ans on n’aura plus de quoi indemniser les chômeurs ». Mais le 12 juillet, l’Unédic a livré ses projections financières, et indiqué que si les règles n’avaient pas été touchées, le régime de l’assurance-chômage serait revenu à l’équilibre fin 2020, pour un excédent de 1,2 milliard en 2021 et de 3,3 milliards en 2022.

      Conditions d’entrée et règles de calcul durcies

      La CFDT, elle, insiste sur la présentation erronée de la principale mesure contenue dans la réforme, le durcissement des conditions d’entrée dans le régime : pour être indemnisé par Pôle emploi, il faudra dès le 1er novembre avoir travaillé l’équivalent de 6 mois durant les 24 mois précédents, alors qu’aujourd’hui, seuls 4 mois travaillés sur 28 (et sur 36 mois pour les plus de 53 ans) sont nécessaires.

      Ce changement profond, qui devrait toucher environ 500 000 personnes, permettra d’économiser 80 % des 3,4 milliards d’euros d’économies programmées d’ici à la fin 2021. Il a été justifié par le gouvernement par le fait que lorsque la période de référence de 4 mois a été instituée, en 2008, il s’agissait de répondre à la crise économique brutale qui déferlait sur le monde, à la suite de la crise américaine des subprimes.

      En revenant à une période de 6 mois, il s’agirait simplement, assure le ministère du travail, de revenir à ce qui prévalait avant 2008, la crise économique étant passée. Or, la CFDT, qui préside l’Unédic, rappelle que le passage de 6 à 4 mois n’était lié à aucune crise, dont les conséquences ont plutôt commencé à se faire sentir en France en 2009. Il s’agissait surtout de toucher plus de jeunes, qui accumulent des périodes courtes de travail. Ce qui est toujours le cas aujourd’hui.

      Ce durcissement des conditions d’accès au chômage vaudra aussi pour tous ceux qui alternent emploi et périodes d’inactivité : depuis 2014, il est prévu que si un demandeur d’emploi retravaille, il allonge la période pendant laquelle il peut toucher de l’argent de Pôle emploi. Un mécanisme qui peut durer indéfiniment, pour peu qu’il travaille au moins 150 heures, c’est-à-dire environ un mois. À partir du 1er novembre, ce seuil sera multiplié par six : il faudra aussi avoir travaillé six mois pour pouvoir prolonger son indemnisation.

      Outre ce réel durcissement, un bouleversement va toucher, à compter du 1er avril, le calcul de l’indemnité qui sera versée aux chômeurs. Au lieu d’être calculées à partir des jours travaillés seulement (comme elles le sont depuis exactement 40 ans), les indemnités le seront à partir du revenu moyen des mois où un salarié a travaillé. Y compris s’il n’a rien gagné pendant plusieurs semaines de ce mois.

      On passe donc d’un calcul sur une base journalière à une base mensuelle : si un salarié n’a travaillé qu’une semaine sur trois pendant 18 mois, il a droit aujourd’hui à une indemnité pendant six mois, calculée à partir de son salaire quotidien (72 % en moyenne, 79 % pour un Smic). À partir d’avril, il touchera une indemnisation pendant 18 mois, mais à un niveau bien plus faible : au minimum, 65 % du salaire net mensuel moyen touché pendant 24 mois, qui englobe les périodes travaillées, mais aussi celles où il n’aura touché aucun salaire.

      Les promesses de campagne sont tenues, mais restent peu ambitieuses

      Les 70 000 à 80 000 chômeurs qui perçoivent les plus grosses allocations vont également voir le montant de leur allocation baisser drastiquement au bout de six mois, à compter du mois de mai prochain. Tous ceux qui percevaient une rémunération de plus de 4 500 euros brut (3 645 net) par mois lorsqu’ils étaient en poste – ils faisaient partie des 10 % des salariés les mieux payés – verront leur indemnisation réduite de 30 % au bout du septième mois. La mesure ne s’appliquera pas aux plus de 57 ans, qui ont énormément de mal à retrouver un travail.

      Sous les apparences du bon sens, voire d’une certaine justice sociale, la proposition est contestée par tous les syndicats, de la CGT à la CFE-CGC, le syndicat des cadres. Aucune étude économique au monde n’a conclu à l’efficacité de la dégressivité des allocations. Elle a déjà existé en France, entre 1992 et 1996, et une étude de l’Insee en 2001 a conclu que sa mise en place avait « ralenti le retour à l’emploi ». Un récent travail de l’OFCE a de même rappelé, fin 2017, que cette mesure était tout sauf efficace.

      Les observateurs les plus pessimistes craignent aussi qu’en touchant d’abord aux droits des plus riches, le gouvernement ne cherche surtout à installer l’idée qu’il est possible de diminuer les allocations chômage, quelle que soit la population visée, et ne cherche à étendre la mesure dans un deuxième temps.

      Enfin, la promesse de campagne du candidat Macron sera bien respectée : l’indemnisation chômage sera ouverte aux démissionnaires ayant travaillé dans la même entreprise au cours des cinq dernières années. Elle sera conditionnée à un projet de reconversion professionnelle ou de formation solide, évalué par « la commission paritaire interprofessionnelle » (qui succède aux Fongecif) de la région du salarié.

      Les indépendants bénéficieront, eux, d’une allocation forfaitaire (800 euros par mois pendant six mois) en cas de liquidation judiciaire. L’activité professionnelle devra avoir généré un revenu minimum de 10 000 euros par an sur les deux dernières années avant la liquidation. Dans ces conditions, une allocation sera versée pendant six mois, mais dont le montant n’est pas encore clairement précisé. Les deux dispositifs ne devraient pas bénéficier à plus de 60 000 personnes en tout.

      Enfin, malgré l’hostilité affichée du patronat, un système de « bonus-malus » est bien créé, concernant la cotisation d’assurance-chômage payée par les entreprises dans sept secteurs grands consommateurs de contrats courts et d’intérim (hébergement restauration, agroalimentaire, transports…).

      Mais deux secteurs ayant massivement recours aux contrats courts y échapperont : le bâtiment et le médico-social. Les petites entreprises de moins de douze salariés ne seront pas visées et le montant de la modulation maximale sera faible : les employeurs dont les effectifs tournent beaucoup verront leurs cotisations sociales alourdies de 0,95 % au maximum. Et ceux dont la main-d’œuvre est la plus stable auront droit à un bonus pouvant aller jusqu’à 1,05 %. Et surtout, alors que le ministère du travail avait annoncé que les « bonus-malus » entreraient « en application au 1er janvier 2020 », la mesure ne sera en fait effective qu’un an plus tard, à partir du 1er janvier 2021.

      L’État reprend encore un peu plus la main sur l’assurance-chômage

      Le décret contient aussi son lot de surprises, désagréables pour les syndicats. D’abord, le financement de Pôle emploi par l’Unédic va augmenter en proportion : pour 2019, l’Unédic doit consacrer 10 % de ses ressources pour financer le service public de l’emploi, mais à partir de l’an prochain, ce sera 11 %, a décidé le gouvernement. Une hausse de 370 millions d’euros, « au titre du renforcement de l’accompagnement » des personnes privées d’activité.

      Le gouvernement a en effet annoncé l’embauche de 1 000 CDD de trois ans pour mieux accompagner les chômeurs. Le budget total de Pôle emploi dépasse 5 milliards d’euros, et l’Unédic y contribuera donc pour presque 3,9 milliards. Le reste est assuré par l’État lui-même.

      Or, le budget de l’Unédic est uniquement abondé par prélèvements sur les salaires : cotisations patronales et cotisations salariales transformées depuis octobre dernier en CSG. Autrement dit, cette nouvelle mesure revient à faire payer par les chômeurs eux-mêmes leur accompagnement renforcé, et détourne une partie des sommes mises en commun pour assurer le versement des allocations chômage.

      Une telle évolution n’était pas anticipée par les partenaires sociaux, qui espéraient plutôt réussir à imposer à l’État une meilleure répartition du financement de Pôle emploi entre Unédic et pouvoirs publics. Mais la « convention tripartite » entre Pôle emploi, l’Unédic et l’État, qui devait régler ce point, était en attente de signature depuis décembre 2018. Le gouvernement a finalement décidé de s’affranchir de toute discussion, et a imposé unilatéralement sa solution.

      Dernière illustration de la plus forte emprise de l’État sur le régime d’assurance-chômage : désormais, la revalorisation des allocations sera décidée chaque année par arrêté ministériel, et non par décision commune des syndicats et du patronat, réunis dans le conseil d’administration de l’Unédic.

      Le changement est majeur, mais n’est rien d’autre que la conséquence logique des dispositions contenues dans la loi sur l’emploi et la formation votée en août 2018. Depuis octobre dernier, le financement de l’assurance-chômage a changé de nature, comme Mediapart l’a déjà détaillé : les salariés ne se voient plus prélever aucune cotisation chômage sur leur salaire. Ces cotisations alimentaient jusqu’ici les caisses de l’Unédic. Désormais, ce sont tous les Français qui contribueront à financer les allocations chômage, via un relèvement de la CSG, un impôt directement versé à l’État, qui pourra ensuite en disposer à sa guise.

      C’est la fin de ce que l’on nomme le modèle assurantiel : chaque salarié versait une partie de son salaire pour s’assurer contre la perte de son emploi, et les indemnités chômage versées dépendaient de la durée d’emploi et de la rémunération précédente. Désormais, c’est l’État qui décide quelle part de son budget doit être affectée au financement du système de chômage. Sans aucune garantie qu’à terme, le montant des allocations chômage ne baisse pas drastiquement, comme l’exécutif vient de s’en ménager ouvertement la possibilité.

      #Décret n° 2019-797 du 26 juillet 2019 relatif au régime d’assurance chômage https://www.legifrance.gouv.fr/eli/decret/2019/7/26/MTRD1919111D/jo/texte

      #assurance_chômage #chômeuses #chômeurs #chômeurs_en_activité_à_temps_réduit #pôle_emploi #dette (fabrication et usage politique de la) #allocation #précarité #précarisation #politique_d'austérité #guerre_au_prolétariat #guerre_aux_pauvres #anti_social_à_sang_froid

    • J’ai vu dans mon centre « pole emploi » où j’aime encore pointer comment le nouveau conseiller suit les nouvelles directives à la lettre.

      Comme il dit « je n’ai aucun pb à vous radier » et « ce n’est pas par vengeance ».

      En l’écoutant j’étais partagé entre rire de son attitude dictatoriale presque caricaturale vis-à-vis de ces chômeurs en fin de droit que je représentais ou être pris d’un grand malaise. Je me demandais pourquoi autant d’autoritarisme ("il me faut chaque mois la preuve que vous cherchez un emploi en amenant la liste des 10 entreprises, chiffres minimal, auxquelles vous avez envoyé lettre de motivation et cv" m’a-t-il dit sentencieux) alors que je ne touche aucune indemnité depuis mon inscription.

      Je me demande où est la sortie ? comment survivre dans ce monde ?

    • j’étais partagé entre rire de son attitude dictatoriale presque caricaturale vis-à-vis de ces chômeurs en fin de droit que je représentais ou être pris d’un grand malaise

      je ne touche aucune indemnité

      L’anecdote qui fait mouche.

    • « Tableau de bord numérique » des chômeurs : l’expérimentation se profile pour novembre
      À bord ou à raison
      https://www.nextinpact.com/news/108098-tableau-bord-numerique-chomeurs-lexperimentation-se-profile-pour-

      Initialement prévue pour juin dernier, l’expérimentation d’un « tableau de bord numérique », dans lequel les chômeurs devront consigner leurs actes de recherche d’emploi, se profile désormais pour novembre. Les pouvoirs publics se refusent encore à préciser le dispositif qui s’annonce.

      En application de la loi dite « Avenir professionnel » de septembre 2018, les chômeurs de certaines régions devraient d’ores et déjà founir à Pôle emploi, au moment de leur actualisation, différents renseignements sur « l’état d’avancement de leur recherche d’emploi ».

      Officiellement, l’objectif de cette expérimentation est d’améliorer « le suivi et l’accompagnement » des demandeurs d’emploi, histoire parfois de remotiver certaines personnes. Durant les débats parlementaires, l’opposition avait toutefois dénoncé le caractère stigmatisant de ce dispositif, perçu comme un moyen supplémentaire d’accroître le contrôle sur les demandeurs d’emploi.

      Visiblement conscient de la sensibilité du dossier, la majorité avait confié au gouvernement le soin de définir les modalités de mise en œuvre de cette expérimentation, ultérieurement, par décret.

      #paywall... #emploi #recherche_d'emploi #contrôle

    • Si même la CFDT s’en offusque, c’est vous dire si ça craint !

      Il a été justifié par le gouvernement par le fait que lorsque la période de référence de 4 mois a été instituée, en 2008, il s’agissait de répondre à la crise économique brutale qui déferlait sur le monde, à la suite de la crise américaine des subprimes.

      La crise ! Quelle crise ??

      En revenant à une période de 6 mois, il s’agirait simplement, assure le ministère du travail, de revenir à ce qui prévalait avant 2008, la crise économique étant passée . Or, la CFDT, qui préside l’Unédic, rappelle que le passage de 6 à 4 mois n’était lié à aucune crise, dont les conséquences ont plutôt commencé à se faire sentir en France en 2009. Il s’agissait surtout de toucher plus de jeunes, qui accumulent des périodes courtes de travail. Ce qui est toujours le cas aujourd’hui.

      vivement la prochaine crise qu’on soit tous.te.s au chômage !
      #monde_de_merde

  • François de Rugy victime de la vengeance du Mollah Homard Jacques-Marie Bourget - 11 Juillet 2019 - Le Grand Soir
    https://www.legrandsoir.info/francois-de-rugy-victime-de-la-vengeance-du-mollah-homard.html

    Les commentateurs de l’actualité politique, tout si indépendants, n’ont pas compris que François de Rugy était une victime du djihad. Etonnant ! Non !

    Il est surprenant que nos analystes politiques, eux qui font l’honneur de la presse comme le « Cellofrais » plaqué sur la barquette de saucisses de Toulouse, n’aient pas correctement expliqué les désarrois de l’élève Rugy. Alors que l’exemplaire ministre de l’écologie -c’est-à-dire un traitre par Nature- est simplement victime de l’islamisme, le terrible mal qui court. Victime d’un djihad lancé par Plenel et son « Médiapart ». On oublie trop qu’Edwy, qui voulait naguère « construire une maison commune » avec Tariq Ramadan, est un supporteur des Frères Musulmans. Lui-même étant, à sa façon, une sorte de Mollah Omar version piéton, il était logique qu’il volât au secours de ses amis crustacés, victimes de la marmite de Lassay.

    Pour affirmer mon propos je vais me référer au maître en la matière : Alexandre Vialatte, l’écrivain qui, sans l’avoir autorisé, a accouché de Desproges. Vialatte a publié un formidable « Eloge du homard et autres insectes utiles ». Traducteur de Kafka et journaliste à « La Montagne », le quotidien de Clermont-Ferrand, Alexandre le magnifique a parlé du homard avec des mots qu’aucune langouste n’aurait su trouver :

    « Le homard est un animal paisible qui devient d’un beau rouge à la cuisson. Il demande à être plongé vivant dans l’eau bouillante. Il l’exige même, d’après les livres de cuisine. La vérité est plus nuancée... le homard n’aspire à la cuisson que comme le chrétien au ciel, mais le plus tard possible. Précisons de plus que le homard n’aboie pas et qu’il a l’expérience des abîmes de la mer, ce qui le rend très supérieur au chien et décidait Nerval à la promener en laisse dans les jardins du Palais Royal ». Vous voyez que nous sommes dans la plus haute éthologie, art à ne pas confondre avec l’éthylisme. Même si son avantage est de faire voir double.

    Trop jeune, et visiblement peu instruit de « l’Affaire Greenpeace », François de Rugy ignore qu’outre sa Carte de Presse, Plenel est le seul journaliste français à posséder un « Permis de chasser le ministre ». Si un titulaire de maroquin déplait, surtout les siens, Plenel reçoit en Colissimo la bouteille de poison. Cette fois de homard. Y’a plus qu’à verser.

    Ne croyez pas que j’ai la plus petite pitié pour Rugy, guignol devenu fils de Caligula mais, en tant qu’ancien grand reporter au « Chasseur Français », permettez-moi de démonter le dernier coup de fusil d’Edwy. Il a commencé avais-je écrit, avec le scandale du Rainbow Warrior. Pendant des jours, au moment du scandale en juillet et août 1985, le Tintin du Monde n’a écrit que des sottises, dans mensonges pour épargner l’Elysée. Puis soudain, on lui a soufflé un scénario, la révélation d’une « Troisième équipe », des barbouzes présents à Auckland dans le port où a coulé le bateau écolo (Déjà des écolos !). Ce vrai faux secret était le moyen de flinguer Charles Hernu, ministre des Armées. Et le frère barbu de Villeurbanne a démissionné. La mort politique de Jérôme Cahuzac, qui ne me fait pas chagrin, c’est aussi Edwy et le trophée du menteur « les yeux dans les yeux » figure maintenant au-dessus de cosy corner du patron de Médiapart.

    Décryptons donc comme le fait si bien Jean-Michel Apathie, l’un des invités de François de Rugy. Car le scoop de « Médiapart » entend nous convaincre d’une information incroyable : l’indépendant -et pas paysan- Jean-Mimi se serait laissé aller à partager la soupe d’un politique ! Etonnant ! Non ? Je tombe de l’échelle de Richter. Que va-t-il nous rester pour dire le vrai si Apathie participe aux festins des maîtres ? Je suis très déçu. Question ? Qui veut aujourd’hui la peau de celui qui a autorisé la chasse à la glue et autres barbaries ? Sûrement un ami, un collègue de gouvernement ? Un néo-Benalla agissant sur ordre du Palais ? Découvrir que, même chez les Z’en Marche il existe des fourbes, c’est triste même pour moi l’avant dernier de cordée (en alpinisme le « dernier de cordée » étant le numéro deux de l’équipée). Le bonheur de notre monde a bien des accros, et des acros au maintien des privilèges monarchiques. C’est vrai qu’il ne l’a pas fait exprès mais Robespierre, en mettant la bourgeoisie au pouvoir, devait s’attendre à une revanche de François Goullet de Rugy. Pour les « nobles », le retour des privilèges passait par la casserole du homard.

    Moi-même piqué par le pléonasme à la mode, celui du « journalisme d’investigation », je suis en mesure de vous révéler que Vialatte, post tombe, savait tout des intentions de Plenel, ne terminait-il pas ses « Chroniques du Homard » pas un définitif « Et c’est ainsi qu’#Allah est grand » ?
    Jacques-Marie BOURGET

    #humour #mollahs #mollah #Homard #festin #privilèges #cuisine #guerre_aux_pauvres #presse #journalistes #médias #écologie #islamisme #Edwy_Plenel #Tintin #Médiapart #Rugy #investigation #gastronomie

  • La réforme de l’assurance-chômage pourrait avoir un impact plus massif qu’annoncé
    https://www.lemonde.fr/politique/article/2019/07/04/la-reforme-de-l-assurance-chomage-pourrait-avoir-un-impact-plus-massif-qu-an

    Une note de l’Unédic indique que plus d’un million de demandeurs d’emploi pourraient voir leurs droits à indemnisation réduits, soit un effectif plus important que celui évoqué par le gouvernement.

    Même si son incidence reste difficile à apprécier à ce stade, la réforme de l’assurance-chômage risque fort de pénaliser un plus grand nombre de demandeurs d’emplois que ce qui avait été évoqué au départ par l’exécutif. C’est l’un des enseignements d’un « document de travail » de l’Unédic dont un extrait a été révélé par Les Echos et que Le Monde s’est procuré dans son intégralité.

    D’après cette note d’une vingtaine de pages, plus d’un million de personnes pourraient être touchées, alors que le ministère du travail avait évoqué un ordre de grandeur de 600 000 à 700 000. La plus grande prudence s’impose au sujet de ces données. Comme le mentionne l’Unédic, il ne s’agit pas « d’une analyse complète ni d’un chiffrage consolidé des impacts », car beaucoup d’incertitudes règnent encore sur la portée exacte des mesures. Celles-ci doivent faire l’objet d’un décret en Conseil d’Etat dont le contenu n’est pas encore connu.
    L’étude en question se propose de livrer de « premiers repères » sur la réforme, en se fondant sur le dossier de presse communiqué aux journalistes, le 18 juin, lorsque le chef du gouvernement, Edouard Philippe, et la ministre du travail, Muriel Pénicaud, ont présenté, à grands traits, une série de dispositions pour transformer le système d’indemnisation des demandeurs d’emploi. Celles-ci modifient le calcul de la somme octroyée aux personnes et durcissent les conditions d’entrée dans le dispositif.

    Deux raisons, au moins, sont invoquées : comme le chômage tend à reculer, le régime peut se montrer moins généreux. Le but est également de corriger des règles qui, aux yeux du pouvoir en place, ont pour effet de dissuader des dizaines de milliers d’individus de refuser une activité stable – contribuant, ainsi, à les enfermer dans la précarité. Une situation qui, au passage, coûte cher à l’assurance-chômage car celle-ci leur verse un « revenu de remplacement ». La réforme vise d’ailleurs à réaliser des économies de l’ordre de 3,4 milliards d’euros, entre novembre 2019 et fin 2021.`

    Refonte des droits rechargeables

    Parmi les mesures dévoilées le 18 juin, celle susceptible de toucher le plus grand nombre a trait aux modalités de calcul de la prestation (désormais basées sur un salaire mensuel moyen). Elle aura comme conséquence d’amoindrir « l’allocation journalière » pour celles et ceux qui auront « travaillé de manière discontinue ».

    Pour l’heure, « il est délicat (…) d’estimer la population concernée », souligne l’Unédic, mais environ « 1,2 million de personnes seraient affectées, à des niveaux variables » (de quelques euros par mois à nettement plus). Leurs ressources étant amputées, elles pourraient être éligibles à « d’autres prestations sociales » (prime d’activité, RSA, aides au logement). Autre effet indirect : « La baisse du montant de l’allocation entraînera une diminution du financement des points de retraite complémentaire », est-il indiqué dans la note.

    L’Unédic passe également au crible les critères, beaucoup plus stricts à l’avenir, pour être couvert par le régime. Il faudra en effet avoir travaillé six mois (et non plus quatre) sur deux ans (contre vingt-huit mois) pour bénéficier d’une indemnisation. S’y ajoutera la refonte des droits rechargeables, qui permettent à un allocataire de reconstituer ses droits chaque fois qu’il retrouve un emploi : le seuil pour bénéficier de ce mécanisme sera six fois plus haut (soit au bout de six mois d’activité, contre un aujourd’hui). Résultat : de 500 000 à 550 000 personnes « seraient donc impactées [chaque année] par une ouverture de droit retardée ou annulée », écrit l’Unédic.

    Public affecté difficile à objectiver

    Précision importante : les effectifs concernés (1,2 million d’un côté, 500 000 à 550 000 de l’autre) ne peuvent pas être additionnés « car une partie des allocataires seraient [touchés] par les deux effets ».
    Enfin, le document de travail examine la dégressivité des prestations accordées aux salariés bien payés : ceux qui percevaient une rémunération de plus de 4 500 euros brut par mois (soit environ 3 500 nets) lorsqu’ils travaillaient verront leur indemnisation coupée de 30 % à l’issue du septième mois.

    Sur l’incidence de cette mesure, l’Unédic se montre tout aussi prudente, en rapportant que fin 2017, environ 65 000 personnes étaient prises en charge par le régime après avoir perçu au moins 4 000 euros nets par mois de leur employeur. Autrement dit, la logique voudrait que la dégressivité s’applique à un effectif un peu supérieur (puisqu’il faudrait y ajouter ceux qui ont gagné entre 3 500 et 4 000 euros nets par mois quand ils étaient en poste). Mais les plus de 57 ans ne seront pas concernés tout comme ceux que l’assurance-chômage a aidés pendant moins de six mois. Le public affecté au final par cette disposition reste donc difficile à objectiver, peut-être aux environs de 50 000, glisse une source proche du dossier.

    #chômeurs #allocations #chômeurs_en_activité_à_temps_réduit

    • La réforme de l’assurance-chômage pénalisera un chômeur indemnisé sur deux, MATHILDE GOANEC ET DAN ISRAEL
      https://www.mediapart.fr/journal/economie/040719/la-reforme-de-l-assurance-chomage-penalisera-un-chomeur-indemnise-sur-deux

      Selon un document de travail de l’Unédic, l’organisme qui gère l’argent de l’assurance-chômage, l’ensemble des mesures impactera négativement au moins 1,2 million de personnes… sur les 2,6 millions qui touchent chaque mois une somme de Pôle emploi. Mediapart publie le document intégral et en décrypte les principaux points.

      La réforme des conditions d’accès à l’assurance-chômage, annoncée le 18 juin par le gouvernement, aura des conséquences néfastes pour près de la moitié des demandeurs d’emploi indemnisés par Pôle emploi. Selon un document de travail de l’Unédic, l’organisme qui gère l’argent de l’assurance-chômage, l’ensemble des mesures impactera négativement au moins 1,2 million de personnes… sur les 2,6 millions qui touchent chaque mois une somme de Pôle emploi (1 010 euros en moyenne).

      Mediapart dévoile ce document, également publié en partie par RTL et évoqué par Les Échos (qui indiquent faussement que seules 500 000 personnes seront affectées). La note, préparée en vue d’une « réunion des conseillers techniques » de l’Unédic qui a eu lieu le 2 juillet, fait le tour, à un « premier niveau d’approximation », des mesures telles que détaillées dans le dossier de presse. Elle bat en brèche l’estimation du gouvernement, qui avait comptabilisé 600 000 à 700 000 personnes impactées par au moins l’une des mesures présentées. Ce sont en fait deux fois plus de chômeurs, en grande partie les plus précaires, qui seront touchés, en partie dès le mois de novembre, puis à plein en avril prochain.

      Le ministère du travail précise systématiquement que l’on ne peut pas parler de « perdants », puisque cela serait supposer que « les personnes et les entreprises ne modifieront pas leurs pratiques, ce qui reviendrait à dire que la réforme n’aura aucun impact ». Peut-être. Il est néanmoins incontestable que la réforme réduira les droits des chômeurs, avec un net durcissement des conditions d’accès à l’assurance-chômage et de renouvellement des droits, ainsi qu’une nouvelle façon de calculer les indemnités versées, qui pénaliseront les demandeurs d’emploi ayant occupé des emplois peu stables.

      L’Unédic anticipe trois effets à la réforme, qui pourront d’ailleurs toucher plusieurs fois les mêmes personnes : « moins de demandeurs d’emploi ouvriront un droit » ; « pour certains allocataires la durée du droit sera plus courte » ; « l’allocation journalière sera plus faible pour les personnes ayant travaillé de manière discontinue ».

      « Ces mesures vont contribuer efficacement à lutter contre le chômage de masse », avait assuré Édouard Philippe le 18 juin. Le premier ministre table sur une baisse « de 150 000 à 250 000 » demandeurs d’emploi, rien que par les mesures dévoilées. Au vu de leur sévérité, on peut en effet penser qu’elles pousseront certains chômeurs à reprendre à tout prix un emploi, même sous-qualifié, privant par là-même de postes d’autres demandeurs d’emploi moins diplômés. D’autres chômeurs seront tout simplement éjectés du régime d’indemnisation, sans garantie de retrouver réellement un emploi.

      L’Unédic souligne d’ailleurs que les « éjectés » du régime vont peser sur les minimas sociaux, eux aussi sous la menace d’une réforme qui pourrait contribuer à leur amoindrissement (lire ici notre papier sur le RUA) : « Des effets de transferts sont à attendre vers d’autres prestations sociales, notamment la prime d’activité, le RSA et les aides au logement. En particulier, sous conditions de ressources du foyer, 1 euro d’allocation d’aide au retour à l’emploi (ARE) se substitue à 1 euro de prime d’activité. »
      Dans le détail, la mesure qui permettra à l’État d’économiser le plus d’argent (80 % des 3,4 milliards d’euros d’économies programmées d’ici à la fin 2021) concernera environ 500 000 personnes, selon l’Unédic. Il s’agit du durcissement des conditions d’entrée dans le régime de l’assurance-chômage : pour être indemnisé par Pôle emploi, il faudra avoir travaillé l’équivalent de 6 mois durant les 24 mois précédents, alors qu’aujourd’hui, seuls 4 mois travaillés sur 28 (et sur 36 mois pour les plus de 53 ans) sont nécessaires. Tous les allocataires ayant une affiliation inférieure à 6 mois, y compris ceux qui rechargent leur droit, seront donc concernés.

      Par ailleurs, l’organisme de gestion de l’assurance-chômage estime que le passage de la période de référence de 28 à 24 mois pour les moins de 53 ans devrait raccourcir la durée de droit « d’un peu moins de 250 000 allocataires ».

      La note rappelle aussi cette évidence : c’est la fin des « droits rechargeables », qui furent pourtant considérés comme une avancée notable, notamment aux yeux de la CFDT. Aujourd’hui, un mois travaillé suffit à rouvrir des droits au chômage. À partir du 1er novembre, il faudra avoir travaillé six mois. « La notion de rechargement ne présente plus aucune spécificité au regard d’une ouverture de droits, dans la mesure où la condition d’affiliation minimale est identique à une admission », rappelle l’Unédic. À compter du 1er avril, les règles de calcul de l’indemnisation seront aussi revues.

      Au lieu d’être calculées à partir des jours travaillés seulement (comme elles le sont depuis exactement 40 ans), les indemnités le seront à partir du revenu moyen des mois où un salarié a travaillé. Y compris s’il n’a rien gagné pendant plusieurs semaines de ce mois.

      Pour l’Unédic, « il est délicat à ce stade d’estimer la population concernée ». Mais en se basant sur diverses analyses élaborées depuis trois ans, elle évalue à environ 1,2 million de personnes touchées par ce nouveau mode de calcul, qui pourra aboutir à des baisses importantes d’indemnisation, soit « environ la moitié des entrants » à Pôle emploi ! Économies attendues : 690 millions d’ici à 2021.

      Ces mesures très dures contre les chômeurs sont à mettre en balance avec la mesure employée par le gouvernement pour mettre en place le « bonus-malus » sur les cotisations sociales payées par les entreprises utilisant trop d’emplois courts. Déjà évoquée par le candidat Macron pendant la campagne présidentielle, la mesure est citée comme primordiale au ministère du travail depuis le lancement des premières pistes sur la réforme, en octobre 2017.

      Pourtant, seuls sept secteurs professionnels sur 38 seront finalement concernés, et deux mastodontes ayant massivement recours aux contrats courts y échapperont : le bâtiment et le médico-social. Les petites entreprises de moins de douze salariés ne seront pas visées et le montant de la modulation maximale sera faible : les employeurs dont les effectifs tournent beaucoup verront leurs cotisations sociales alourdies de 0,95 % au maximum. Et ceux dont la main-d’œuvre est la plus stable auront droit à un bonus pouvant aller jusqu’à 1,05 %. Et surtout, alors que le ministère du travail avait annoncé que les « bonus-malus » entreraient « en application au 1er janvier 2020 », la mesure ne sera en fait effective qu’un an plus tard, à partir du 1er janvier 2021.

      À plusieurs reprises, l’Unédic pose la question du coût et du financement des dispositifs d’accompagnement. La réforme propose ainsi trois nouveautés, un « pack démarrage » pour les chômeurs qui s’inscrivent à Pôle emploi, un « pack de remobilisation » pour les inscrits qui cumulent emploi et chômage, et un renforcement de l’accompagnement à la formation.

      « Le recours à des opérateurs privés se fait-il à moyens constants ? », interrogent benoîtement les rédacteurs de la note. « Les recrutements supplémentaires à Pôle emploi correspondent-ils à des postes pérennes ? », puisque pour le moment le renfort se limite selon le gouvernement à 1 000 CDD de longue durée. Et surtout : « Comment le budget de Pôle emploi est-il abondé pour financer ces postes ? ». Des sujets plus épineux qui devraient être tranchés dans le cadre de la « convention tripartite » entre Pôle emploi, l’Unédic et l’État, qui devrait être signée en septembre, avec 9 mois de retard sur les délais prévus.

      D’autres interrogations, multiples, parsèment la note concernant les conséquences concrètes de la réforme annoncée, et son articulation avec les mesures déjà existantes. Elles montrent le flou dans lequel évoluent les acteurs institutionnels du dossier, et il n’est pas certain que les décrets détaillant les mesures annoncées, attendus dans les semaines à venir, apportent toutes les réponses. Un seul exemple des effets de bords non mentionnés par le gouvernement : « La baisse du montant de l’allocation entraînera une diminution du financement des points de retraite complémentaire » des demandeurs d’emploi indemnisés.

      Le 18 juin, dans un gigantesque lapsus, Muriel Pénicaud avait vanté « une réforme résolument tournée vers le travail, vers l’emploi, contre le chômage et pour la précarité » (à 40’30” de cette vidéo https://twitter.com/gouvernementFR/status/1140923209300054016 qui commence par un 1er ministre déclarant " cette ambition c’est d’arriver au plein emploi, pas en une fois, pas en un jour...") . Elle n’avait pas menti.

      #chômeurs #travailleurs_précaires #allocations #droits_rechargeables #prime_d'activité

    • Vers une baisse des allocations pour 1,2 million de chômeurs : la ministre du Travail conteste ces chiffres
      https://www.bfmtv.com/economie/vers-une-baisse-des-allocations-pour-12-million-de-chomeurs-la-ministre-du-tr

      La réforme doit « permettre à 150.000 à 250.000 personnes de retrouver un travail » qui soit « stable, durable, pas un job kleenex », a affirmé la ministre du Travail.

      L’Unédic a estimé que la réforme pourrait entraîner une baisse des allocations pour 1,2 million de personnes. Pour la ministre du Travail, « Avec les comportements induits, on pense qu’au maximum il y aura 600.000 à 700.000 personnes concernées ».

  • Le virage thatchérien d’Emmanuel Macron | Alternatives Economiques
    https://www.alternatives-economiques.fr/virage-thatcherien-demmanuel-macron/00089886

    La réforme de l’assurance chômage, entièrement à la main de l’exécutif, durcit considérablement les conditions d’indemnisation des demandeurs d’emploi, sans pour autant favoriser le retour à l’emploi. Les chômeurs vont surtout devoir assumer le remboursement de la dette de 37 milliards d’euros de l’assurance chômage. L’addition, qui vise à faire économiser 3,4 milliards d’euros en trois ans au régime, est particulièrement salée pour les plus précaires et les cadres, et elle épargne les entreprises. Quant au futur revenu universel d’activité (RUA) qui doit regrouper plusieurs aides sociales et qui est censé, lui aussi, assurer une bouée de secours aux plus précaires, il sera assorti de contreparties.

    Règles durcies pour les chômeurs

    La porte d’entrée pour toucher une allocation chômage va donc devenir plus étroite. Un allocataire devra avoir travaillé six mois au lieu de quatre aujourd’hui, et sur une période de référence qui ne sera plus de vingt-huit mois, mais de vingt-quatre. Mais c’est surtout le changement des règles de calcul du salaire de référence qui est potentiellement la plus grosse source d’économies pour l’assurance chômage. Technique, la mesure défavorisera les allocataires qui cumulent les contrats courts. Car le calcul actuel leur permet de toucher dans certains cas une allocation deux fois plus élevée mais sur une période deux fois plus courte.

    Des centaines de milliers d’allocataires qui n’ont pas d’autre choix que d’accepter les 40 millions de contrats courts signés tous les ans, perdront des droits Twitter
    Le gouvernement tente ainsi de résoudre les problèmes de cumul emploi-chômage, qu’il juge désincitatif et injuste. La campagne du ministère du Travail sur ces 20 % de chômeurs qui gagneraient plus au chômage qu’en travaillant – des chiffres contestés – a préparé le terrain. Résultat, des centaines de milliers d’allocataires qui n’ont pas d’autre choix que d’accepter les 40 millions de contrats courts signés tous les ans perdront des droits, mais près de 700 000 euros devraient être économisés, selon le chiffrage du ministère du Travail

    PRESTATIONS RSA et prime d’activité dans le viseur du gouvernement

    Autre mesure punitive pour ces demandeurs d’emploi, à moins d’avoir travaillé six mois pendant la période d’indemnisation au lieu de… 150 heures aujourd’hui, soit un mois, ils ne pourront plus recharger leurs droits. Jusqu’à présent, ce système permettait à un chômeur indemnisé qui retrouve un emploi de reporter ses droits au chômage dans le temps, et de ne pas faire recalculer ses droits quand arrive la fin de son indemnisation.

    #chômeurs #chômeurs_en_activité_réduite #austérité #guerre_aux_pauvres

  • Nantes : Petit récit instructif d’un contrôle de la CAF - Non Fides - Base de données anarchistes
    http://www.non-fides.fr/?Nantes-Petit-recit-instructif-d-un-controle-de-la-CAF

    Le contrôle a continué. Elle m’a demandé ce que j’avais fait les dernières années comme démarche de réinsertion. Je n’ai pas répondu et elle a insisté pour avoir une réponse. Puis, elle m’a dit qu’elle avait obtenu auprès de ma banque tous mes relevés de compte sur une période de trois ans. Elle m’a fait des remarques sur mes habitudes de vie, sur le fait que je retirais systématiquement mon RSA d’un seul coup au début de chaque mois. Je ne lui ai pas dit que c’était pour me protéger des huissiers. Puis, elle a commencé a énumérer toutes les rentrés d’argent sur mon compte en me demandant a chaque fois de les justifier. Genre, « le 3 septembre 2017, vous avez encaissé un chèque de 60 euros, a quoi correspond cette somme ? ». A chaque fois je lui répond « je ne sais pas, je ne m’en souviens plus ». Elle continue a énumérer les sommes et les dates, elle a trouvé 10 entrées suspects. Elle regarde aussi les dépenses, même s’il n’y en a pas beaucoup, vu que je retire la plupart de mon argent en liquide. Elle a remarqué un paiement au consulat d’Algérie, elle me demande si je suis parti en Algérie. Le paiement était bien pour un visa, mais pas pour moi, pour une copine. Je le lui dis. Plus tôt, elle avait examiné chaque page de mon passeport pour voir s’il y avait des tampons de voyage.

    #répression #caf #guerre_aux_pauvres

    • Iels sont relous non-fides à ne pas mettre leurs sources. J’ai donc retrouvé l’original, que j’avais vu passer dans mon flux rss sans avoir eut le temps de le lire, alors que le sujet le parle très très fort, ayant moi même subit un contrôle à domicile.
      Donc la source non modifiée est là : https://nantes.indymedia.org/articles/45908 : quand une personne choisi de ne pas mettre de majuscules, c’est politique et ça se respecte ! En plus y’a des commentaires chouettes. J’y ai rajouté une lecture que j’avais faite sur le sujet et des ressources...