• il dit lui même « synthèse » et « truc que je ne connais pas », et il le prouve, par exemple en laissant entendre que le sionisme est un mouvement fondamentaliste religieux, alors que c’était en bonne partie un mouvement de juifs sécularisés et laïcs, qui a émergé non seulement en raison des persécutions en Europe mais danse le cadre du développement des nationalismes européens du XIXeme, repris ensuite encore ailleurs et par d’autres.
      idem, si on n’évoque pas la spécificité de l’antisémitisme (il n’y qu’aux juifs que sont attribué des pouvoirs occultes, ce qui permet le « socialisme des imbéciles » et le complotisme antisémite) ou celles du racisme anti-arabe (à la fois « judéo- chrétien », depuis les monothéisme antérieurs à l’islam, et colonial, effectivement). si on veut faire des machins à l’oral plutôt que de tabler sur la lecture d’ouvrages approfondis et contradictoires, ça me semble plus intéressant de livrer des témoignages, des récits, ou des confrontations entre énonciateurs qui travaillent pour de bon sur ces questions que de prétendre tout embrasser sous l’angle d’une grille de lecture préétablie (décoloniale or whatever).

    • oui, @rastapopoulos, il tâche d’être précautionneux sur l’antisémitisme et il dit vrai dans le passage que tu cites (guerre de religion). mais il loupe ce point historiquement décisif de la (re)confessionalisation progressive des deux mouvements nationalistes, sioniste et palestinien. des deux cotés, la religion n’était en rien essentiele, bien que de part et d’autre cela ai aussi joué initialement un rôle, minoritaire (cf. l’histoire du sionisme et celle de l’OLP). voilà qui est altéré par ce qu’il dit du sionisme originel (où il se plante), dont les coordonnées se définissaient dans un espace résolument mécréant, dans un rapport conflictuel avec le Bund, avec le socialisme révolutionnaire européen.
      pour ce que je comprends d’Israël, on peut dire grossièrement que le religieux se divise en deux, un fondamentalisme messianique et guerrier qui caractérise nombre de colons (dans l’acception israélienne du terme) et l’État israélien, et de l’autre une religiosité qui refuse la sécularisation dans l’État guerrier (exemptions du service militaire pour des orthodoxes d’une part, qui fait scandale, dissidence pacifiste au nom de la Thora d’autre part).

      j’avais vu ce bobino avant qu’il soit cité par Mona et repris par toi et ne l’avait pas aimé. la vulgarisation historique est un exercice à haut risque (simplifications impossibles, déperditions, erreurs), le gars d’Histoires crépues en est d’ailleurs conscient.
      un récit au présent qui sait tirer des fils historiques et politiques nécessaires à ce qu’il énonce (comme l’a si bien réussi Mona avec son dernier papier) ne se donne pas pour objectif une synthèse historique. celle-ci émerge par surcroit depuis le présent (une critique, une représentation du présent).

      edit @sandburg, les persécutions des juifs et l’éclosion des nationalismes en Europe sont déterminantes dans cette « histoire du XXeme ». le sionisme nait, lui aussi, au XIXeme...

      #histoire #politique #présent

    • Ça m’intéresse beaucoup  : mon oncle y avait participé et il a refusé d’en parler. Et ça avait clairement participé à faire de lui un invalide au décès prématuré.

      Plus tard, pendant que je bossais sur mon mémoire sur l’antisémitisme, je tombe sur le pote d’un pote qui est malgache et qui me dit que la France est un État génocidaire qui se cache, mais que je devrais trouver des trucs au centre d’études juives où je bossais… et effectivement, il y avait des trucs…

    • Stanze – di Gianluca e Massimiliano De Serio – Videoinstallazione – Italia 2010

      Il diritto d’asilo calpestato, poesia civile sulle tracce delle “catene poetiche” della tradizione orale somala. E i muri, e le vicende, dell’ex caserma La Marmora di via Asti, a Torino, autentica «centrifuga» simbolica della storia d’Italia.

      «Quanto è sconnessa la terra sotto i miei piedi,/ quanto è vasta la sabbia,/ andavo avanti sballottato e dappertutto le dune si moltiplicavano».

      «Mi hanno preso le impronte, non sono più come i miei coetanei./ Mi hanno reso povero in tutto, sono senza prospettiva di vita qui in via Asti./ Chi ci ha respinto ci ha fatto restare sul marciapiede in mezzo a una strada, ci ha relegato a dormire lungo i muri./ Ci obbligano a tornare indietro,/ non possono capire che il trattato di Dublino è il colonialismo: a chi possiamo denunciarlo?».

      In Stanze si respira la vertigine deserto, si intuisce la fatica del viaggio. Si ascolta una madre che teme per il figlio emigrato. Si sente sotto i piedi la lastra nera del mare. Si impara che cosa sia il bisogno di fuggire da una terra invivibile, ma anche la disillusione per essere finiti in un Paese diverso da come lo si sognava. Si diventa testimoni della miseria e dell’indifferenza vissuti in Italia. E si è inchiodati alla denuncia: «Gli italiani non hanno mantenuto la promessa fatta», quella di un’accoglienza che dia un minimo di sostanza al diritto d’asilo concesso sulla carta.

      Nato come videoinstallazione, Stanze è stato girato con un gruppo di giovani rifugiati somali che sono stati “ospiti” degli spogli locali dell’ex caserma La Marmora di via Asti, a Torino. Le riprese, senza luce artificiale, si sono svolte in un’unica giornata ma la preparazione è durata mesi, in collaborazione con la mediatrice culturale e scrittrice Suad Omar. In questo «film di parola e non di azione» (è la definizione dei fratelli De Serio) gli attori, a turno, narrano le loro storie per circa un’ora, fermi davanti alla camera da presa, in versi somali con sottotitoli in italiano.

      La forma recupera e riattualizza il genere della “catena poetica” (una serie di liriche collegate fra loro, strumento di dibattito pubblico e politico nella tradizione orale della Somalia). Mentre, nei contenuti, la cronaca e la testimonianza si fanno poesia civile, con un’asprezza senza tempo che ricorda a tratti i salmi più scabri e le denunce più dure dei profeti dell’Antico Testamento.

      Una parte dei testi proposti dal gruppo di giovani rifugiati non si limitano alla situazione del diritto d’asilo ma “interpretano” anche la storia dell’ex caserma La Marmora, decifrando in quelle mura «una vera e propria centrifuga della storia italiana», come ricorda l’associazione di “mutuo soccorso cinematografico” Il Piccolo Cinema di Torino: «Fondata durante il primo periodo coloniale italiano nel corno d’Africa, la caserma è poi diventata sede, durante il fascismo, della Guardia nazionale repubblicana e vi si sono consumate torture e fucilazioni dei partigiani prigionieri». Da qui la ripresa in Stanze (stanze come strofe poetiche, stanze di mattoni) di alcuni stralci degli atti del processo che, nel 1946, vide alla sbarra alcuni fascisti che “lavorarono” in via Asti. Ancora Il Piccolo Cinema: «Nel film gli ex abitanti della caserma, attraverso un percorso di sdoppiamento storico ed esistenziale, si fanno carico della nostra stessa storia e delle sue mancanze».

      Prodotto per la prima edizione del “Premio Italia Arte Contemporanea” del Maxxi di Roma, Stanze ha ottenuto la menzione speciale della giuria «per l’uso innovativo del linguaggio filmico nel rappresentare la condizione umana di sofferenza e di oppressione che attraversa la nostra storia».

      Alcune scene e una presentazione del video da parte di Gianluca e Massimiliano De Serio sono presenti su You Tube: https://www.youtube.com/watch?v=GvWW0Ui7Nr0

      Il sito Internet dei fratelli De Serio è: www.gmdeserio.com
      https://viedifuga.org/stanze

    • Intervista a Gianluca e Massimiliano De Serio - Quella stanza fuori dall’Africa

      Quella stanza fuori dall’Africa Teresa Macri ROMA Incontro con i gemelli De Serio, menzione speciale della giuria per il Premio Italia Arte Contemporanea al Maxxi. «Abbiamo girato un film-catena poetica che recupera la tradizione orale somala, prima dell’avvento della scrittura. Nel nostro caso, la narrazione orchestrata dalla poetessa Suad Omar è declinata da alcuni rifugiati politici che interpretano le loro storie di esiliati» Gianluca e Massimiliano De Serio con il mediometraggio Stanze, si sono aggiudicati una menzione speciale da parte della giuria e una passione smodata da parte del pubblico. Sarebbe stato un esemplare epilogo se, nel catastrofico crinale italiano come quello che stiamo attraversando, la giuria avesse inviato un chiaro segno politico puntando sul loro film che riesce a coagulare paradigma storico, displacement, soggettività e funzione del linguaggio poetico attraverso i racconti di alcuni politici somali in Italia. Comunque sia i fratelli De Serio (Torino, 1978) sono stati appena premiati alla 28ma edizione di Torino Film Festival con il documentario Bakroman sui ragazzi di strada del Burkina Faso. Fin dal 1999, i gemelli indagano senza tregua e senza alcun rigurgito ideologico sui temi dell’identità culturale, «negoziata», fluida e in divenire nell’epoca tardo-capitalista, sui conflitti tra urbanità e minoranze etniche che stanno ridefinendo le nostre società occidentali. La loro è una ricerca «etica», indirizzata sullo scontro degli spazi sociali e sul disagio dell’estetica, nei confronti della politica. Una ricerca in con-trotendenza con l’immaginario simulacra-le così ripercorso dalla loro stessa I-Generation. Ragione dei numerosissimi riconoscimenti internazionali ricevuti finora: Nastro d’Argento per il miglior cortometraggio (2004), il festival di Edimburgo (2006), Oberhausen (2006), Stoccarda (2005), Vendó me (2005 e 2006) e, come miglior film italiano, per tre anni consecutivi al Tff. L’asserzione dell’artista Francis Alys «a volte fare qualcosa dl poetico può diventare politico e a volte fare qualcosa dl politico può diventare poetico» sembra descrivere li vostro film. Come è nata e si è sviluppata l’idea dl «Stanze»? Poesia e politica non sono per forza estranee. Al contrario. Cosl come l’estetica può veicolare un contenuto etico, il rapporto fra le due sfere deve essere il più coerente possibile. In particolare, Stanze è un lavoro che si sviluppa in entrambe le direzioni. E un film/catena poetica che recupera la tradizione orale somala prima dell’avvento della scrittura. La poesia era lo strumento di discussione etica e politica della società somala, con essa si creavano catene poetiche attraverso le quali si dibatteva: venivano apprese a memoria dalla società e servivano per un dibattito pubblico, sublimato dalla bellezza e dal rigore della metrica. Nel nostro caso, le poesie, create sotto la maestria della poetessa Suad Omar, sono declinate da un gruppo di rifugiati politici che interpretano le loro storie di esiliati e si fanno carico della nostra storia e delle nostre mancanze.
      «Stanze» è centrato sulle forme di potere autoritarie: dal colonialismo italiano In Africa al fascismo del ventennio fino all’attuale stato dl diritto discrezionale... Il film è un lento scivolare dalla diaspora dei somali all’inadeguatezza del nostro paese nell’accoglierli secondo le regole internazionali. Progressivamente, i rifugiati arrivano ad interpretare stralci del processo, del 1946 nella caserma di via Asti di Torino, in cui vennero condannate alcune guardie nazionali repubblicane fasciste, colpevoli di sevizie, di torture e uccisioni di numerosi partigiani (tutti amnistiati, creando in questo modo un vuoto storico e giudiziario). I somali, figli indiretti della nostra storia e delle colpe coloniali e fasciste e oggi rifiutati dalla nostra società, prendono la voce dei testimoni del processo, attuando una sorta di sdoppiamento storico ed esistenziale che incolpa prima di tutto l’Italia e ne riempie il vuoto morale e politico. I luoghi di ogni «stanza poetica» sono alcune sale della tremenda caserma di via Asti, che paradossalmente è stata un provvisorio posto di accoglienza di centinaia di rifugiati politici somali nel 2009, alcuni dei quali protagonisti del film. Lo sradicamento del soggetto post-coloMale è al centro delle vostre analisi sia In «Zakarla» che in «Stanze». In ciò conta molto l’humus torinese dove vivete? Torino è una città che ha visto nascere i movimenti di potere, ma anche di protesta e di avanguardia in Italia. E un luogo di spe:
      * rimentazione sociale dove si cerca di supplire alle mancanze del govemo in materia di rifugiati politici. Molte delle nostre storie nascono e si creano nel nostro quartiere o nella nostra città. Qui ha sede il Centro Studi Africani, dove ha avuto inizio la ricerca per realizzare Stanze. Il presidente, ora purtroppo scomparso, era Mohamed Aden Sheickh, ex ministro somalo che è stato sei anni in cella di isolamento sotto la dittatura di Siad Barre ed è a lui e ai rifugiati politici che dedichiamo il lavoro. Grazie a lui abbiamo incontrato Abdullahi, Suad Omar e tutti i rifugiati politici protagonisti. La necessità dl ritornare su accadimenti passati della storia Italiana (come II film dl Martone "Nol credevamo») è un meccanismo dl presa di coscienza del presente attraverso una di logica della memoria? Il nostro è un tentativo di creare una nuova immagine del presente, fuori da ogni formato e da ogni cliché, capace di farsi carica di significato e di aprirsi a riflessioni future e a ri-letture del passato, sotto una nuova estetica e rinnovati punti di vista. Stanze, per esempio, parte dalle storie della diaspora presente, dalle torture in Libia e dai respingimenti, dai non diritti dei rifugiati, che si perpetuano tutti i giorni tra Africa e Italia, fin dentro il nostro stesso paese. Questa diaspora ha radici profonde e interpella la nostra storia più nera, sconosciuta o opportunisticamente dimenticata, quella del colonialismo, degli eccidi in Somalia da parte degli italiani, delle colpe dei fascisti, mai pagate fino in fondo come ci insegna via Asti. C’è nella vostra ricerca una attenzione alla struttura metrica che stabilisce anche Il ritmo del film. II riferimento è alla catena poetica dl Stanze», alla rima del rappers in «Shade ? Da anni onnai lavoriamo sul tentativo, di volta di volta diverso, di creare una «nuova oralità». La trilogia dedicata a Shade era un lungo flusso di coscienza in freestyle, che abbandonava le classiche regole del genere per farsi nuova parola e immagine, icona, memoria di se stessa. In Stanze abbiamo spazializzato il suono, lo abbiamo reso scultura, capace di riflettersi su un’immagine aderente al concetto di catena poetica e in grado di farsi bella, perfetta, ipnotica, sia nella metrica e nel suono, ma anche nei colori e nelle luci. Solo così crediamo si possa restituire la dignità e il coraggio di mettersi in gioco dei nostri protagonisti: ognuno con i suoi strumenti, in un dialogo continuo che si fa scambio, dialettica, alleanza.
      PREMIO ITALIA ARTE Rossella Biscotti presenta il suo «Processo» dopo il 7 aprile L’artista Rossella Biscotti è la vincitrice della prima edizione del Premio Italia Arte Contemporanea, curato da Bartolomeo Pietromarchi e organizzato dal Mani per sostenere e promuovere l’arte italiana rigosamente under 40. «II Processo», realizzato dalla Biscotti (Molfetta, 1978, ma vive in Olanda) consta in una installazione molto formale di architetture residuali in cemento armato ispirate alla conversione logistica subita dalla razionalista palestra della scherma realizzata da Luigi Moretti al Foro Italico in aula bunker durante i processi politici degli anni di piombo, tra cui quelli legati al caso Moro. Parallelamente e più pregnantemente un audio, disseminato nel museo, invia le registrazioni del famoso processo .7 Aprile». A colpire la giuria è stata «l’intensità del lavoro e il forte legame che l’artista ha saputo costruire fra l’architettura del museo e quella dell’opera». L’installazione sarà acquisita dal Marci e verrà pubblicata una monografia dell’artista. Tre gli altri finalisti in lizza: Rosa Barba (Agrigento, 1972) con il suo museo nascosto» nei depositi; Piero Golia (Napoli 1974) che cerca di confondere lo spettatore spostando continuamente il punto di vista, e i gemelli De Serio, menzione speciale per il loro mediometraggio «Stanze».

      https://archive.ph/Ob2nj#selection-68.0-68.2

    • Italy’s De Serio Brothers on CineMart-Selected Colonial-Era Drama ‘Prince Aden’ (EXCLUSIVE)

      Gianluca and Massimiliano De Serio, the Italian directing duo best known internationally for their Locarno premiere “Seven Acts of Mercy,” are developing a colonial-era drama that they’re presenting during the Rotterdam Film Festival’s CineMart co-production market.

      “Prince Aden” begins in 1935, when a 16-year-old Somali boy passes the test to become a dubat, a soldier in the Italian army that has invaded Ethiopia on the orders of Mussolini. Aden Sicré is sent to the frontlines, but after being injured on his first day of service he’s forced to return home – where he is unexpectedly hailed as a war hero by the Fascist regime.

      Five years later, Aden is recruited to take part in a recreation of the daily life of an African village at the newly built Mostra d’Oltremare exhibition center in Naples. But when Italy enters the Second World War, the “human zoo” suddenly closes, stranding Aden and the other African inhabitants for three years as Allied bombs destroy the city around them.

      Inspired by the book “Partigiani d’Oltremare,” by the Italian historian Matteo Petracci, the film follows the unexpected turns in the years after, as Aden and other African fighters play a pivotal role in the partisan struggle against fascism in Europe, and the would-be shepherd is hailed as the film’s titular prince.

      “Prince Aden” sheds light on an “unknown story” that helped shape the course of Italy in the 20th century, according to Gianluca. Yet it’s a story that’s become increasingly relevant against the backdrop of modern-day Europe.

      “We found that this story is not so far from those of thousands of young people who leave their homeland and come to Italy and Europe to find a new life today,” he said. “There is a kind of mirror” with current events.

      Massimiliano said that “this story is a contemporary story, not only a story of our recent past,” which reflects how events between the colonial era and the present day are connected.

      “We need to talk about not only our origin [as colonizers and fascists], but also we need to talk about the importance of Africa to our story, and also the importance of the Italian story to the African one,” he added. “The film will not only be a film about colonialism, because everything starts from there, but also about post-colonialism.”

      The De Serio Bros. addressed similar topics in their 2010 film installation “Stanze” (Rooms) (pictured), which looked at issues of colonialism, post-colonialism and their consequences on the condition of migrants today.

      Central to “Prince Aden” will be an interrogation of the ways in which the Fascist regime exploited the image of its young African hero for its own purposes. The brothers will also examine the role played by the Mostra d’Oltremare, as well as the Italian film industry, in promoting the propaganda of the Fascist government, raising questions of how history is staged and narratives framed.

      It’s a timely subject in an era when previously marginalized voices across the world are struggling to reclaim their own stories. Massimiliano noted how an increasing number of young Italian writers, artists and musicians with African roots have in recent years begun to produce art that echoes their own experiences as second- and third-generation Italians.

      However, he said, “there is not a real debate in Italy’s culture about our colonialism and the ashes of this colonialism after the ‘60s” similar to how the Black Lives Movement has cast fresh light on race history in the U.S.

      That lack of accountability or reflection extends to cinema, which “didn’t really face up to colonialism” after the fall of the fascist regime, Massimiliano said. That, in turn, has had a profound effect on Italian culture today.

      “Cinema works with images. It gives visibility to something, and it hides something else,” said Gianluca. “For us, cinema is a responsibility…. It’s a choice. It’s close to the work of archaeologists: going under the surface and looking for pieces of our identity that are hidden not only in the past, also in the present.”

      The De Serio Brothers’ debut feature, “Seven Acts of Mercy,” made a splash on the festival circuit after premiering in competition in Locarno in 2011. The brothers later premiered in the Venice Film Festival in 2016 with the documentary “River Memories,” about one of the largest shanty towns in Europe. Two years ago, they bowed “The Stonebreaker,” starring “Gomorrah’s” Salvatore Esposito, in the festival’s Venice Days strand.

      “Prince Aden” is produced by Alessandro Borrelli for La Sarraz Pictures. As the filmmakers search for potential co-producing partners during CineMart, Massimiliano stressed that their film is inherently a “European project” that is “important for Europe.”

      “We are the doors of Europe in the Mediterranean today,” he said, “and I think that this project could be a way for Europe to understand better the European roots that are not only the European, Christian roots, but also the roots of our tragic and somehow also beautiful links [and] violent links with Africa. The film will be violent and tender at the same time.”

      https://variety.com/2022/film/global/rotterdam-cinemart-de-serio-brothers-prince-aden-1235167410

    • La macabra storia dell’ex Caserma La Marmora di Torino

      Ormai in disuso, la vecchia Caserma La Marmora dal ’43 al ’45 fu luogo di detenzione e di tortura, dove persero la vita molti italiani.

      Al giorno d’oggi, al civico numero 22 di via Asti a a Torino si trova l’ex #Caserma_Dogali, ora Caserma La Marmora.

      La struttura militare fu il centro di terribili atti di tortura e fucilazione durante il Secondo conflitto mondiale.

      Alle origini, la caserma di via Asti divenne la sede di un Reggimento di fanteria.

      Costruita dal 1887 al 1888, il progetto della struttura fu opera del capitano del Genio, #Giuseppe_Bottero.

      Inizialmente, all’inaugurazione si scelse il nome di caserma “Dogali” di Torino (solo in futuro poi prenderà il nome “La Marmora”).

      Questa denominazione in particolare, richiama l’infausta battaglia di Dogali, la quale ebbe luogo in corrispondenza della costruzione dell’edificio.

      Al tempo, il corpo si spedizione italiano era impegnato nel Corno d’Africa, in Eritrea, per portare avanti le pretese coloniali del governo #Depretis.

      Risaputa è la sconfitta dell’esercito italiano, che proprio durante la battaglia di Dogali del 26 gennaio del 1887 venne piegato da un’impensabile esercito etiope.

      La disfatta coprì di vergogna l’Italia agli occhi delle potenze mondiali.

      In seguito, il ministro Depretis diede le dimissioni a distanza di poche settimane.

      Indubbiamente, il catastrofico evento generò clamore in tutta la penisola.

      Nel capoluogo piemontese si prese la decisione di intitolare una via con il nome del tenente colonnello Tommaso De Cristoforis, casalese di origini che perse la vita durante la campagna africana.

      Mentre, invece la nuova caserma prese il nome dell’infima battaglia.

      Come primo impiego militare, si ospitarono al suo interno due reggimenti di fanteria.

      Mentre dal luglio del 1912, fu sede del comando del Battaglione Aviatori della neo-aeronautica militare italiana.

      Nel 1920, su richiesta dell’Alto Comando militare, la caserma ospitò un reggimento di Bersaglieri, il IV.

      Mentre l’anno successivo cambiò nome, diventando Caserma “La Marmora”, in onore di #Alfonso_La_Marmora, generale e politico de Regno di Sardegna, ideatore dell’unità dei bersaglieri.

      Purtroppo, nel 1943 la Caserma La Marmora divenne il centro di terribili avvenimenti.

      Dopo l’armistizio dell’ 8 settembre 1943, i partigiani, grazie all’appoggio degli alleati, misero a ferro e fuoco il Piemonte.

      Così si decise di riconvertire la caserma come quartier generale dell’#Ufficio_Politico_Investigativo (l’#Upi).

      Sotto la gestione della #Guarda_Nazionale della neo-nata #Repubblica_Sociale.

      Il nuovo incarico era quello di reprimere ed eventualmente annichilire ogni forma di lotta clandestina partigiana, con ogni maniera necessaria.

      Nelle camere della caserma, sotto il comando del colonnello #Giovanni_Cabras e del maggiore #Gastone_Serloreti, si rinchiudevano e si interrogavano i partigiani catturati.

      Gli interrogatori venivano portati avanti attraverso spietate torture psicologiche e fisiche.

      Che si concludevano con la fucilazione o con la deportazione in Germania dei ribelli, in accordo con i nazisti.

      Tra la notte del 27 e del 28 gennaio però, un’incursione partigiana, comandata da #Livio_Scaglione, riuscì ad occupare la caserma e liberare i prigionieri.

      Con la fine della guerra, l’ex struttura militare cadde inevitabilmente nella desuetudine, che continua fino ai giorni nostri.

      Tuttavia nel 1962, in ricordo degli eroi che persero la vita, venne posta una lapide nella caserma, esattamente nel luogo in cui avvennero le esecuzioni.

      https://mole24.it/2021/05/05/la-macabra-storia-dellex-caserma-la-marmora-di-torino
      #partisans

  • #israel : La police filmée en train de placer une arme dans la voiture d’un Bédouin Stuart Winer
    NDR : Bédouin, donc un Palestinien
    https://fr.timesofisrael.com/la-police-filmee-en-train-de-placer-une-arme-dans-la-voiture-dun-b

    Les images de la caméra corporelle semblent montrer les officiers discuter de l’arme dans la boîte à gants avant qu’ils ne la trouvent réellement ; une plainte a été déposée.


    Capture d’écran de la vidéo montrant des officiers de la police israélienne fouillant la voiture d’un chauffeur bédouin qui, selon eux, avait un pistolet dans le véhicule. (Crédit : Treizième chaîne)
    Selon une vidéo diffusée dimanche par la télévision israélienne, la police aurait placé un pistolet dans le véhicule d’un automobiliste bédouin qui avait été arrêté après avoir parlé sur son téléphone portable au volant d’une voiture sans permis, ce qui a conduit à l’inculpation de l’homme pour une infraction bien plus grave liée aux armes à feu.

    Le conducteur, âgé de 19 ans et originaire du sud du pays, a été détenu pendant un mois en prison avant d’être finalement libéré samedi, après que son avocat a remarqué le tour de passe-passe suspect en visionnant les images de l’arrestation filmées par la caméra de la police, selon la Treizième chaîne.

    Une plainte a été déposée auprès du Département des enquêtes internes de la police (PIID), un organe du ministère de la Justice chargé d’enquêter sur les allégations d’abus commis par la police.

    La police a arrêté l’homme, qui n’a pas de casier judiciaire, après l’avoir vu utiliser son téléphone au volant. Un contrôle a révélé que la voiture n’était pas immatriculée. Les agents ont informé le conducteur qu’il serait arrêté et que la voiture serait confisquée, mais qu’ils en fouilleraient également le contenu.

    Dans une vidéo de la rencontre, on peut entendre un officier dire « où est le pistolet ? » et un autre policier, de l’autre côté de la voiture, répondre « dans la boîte à gants ».

    Quelques instants plus tard, un agent qui parlait directement au conducteur commence à l’interroger sur la boîte à gants encore fermée et sur ce qui pourrait s’y trouver. Le conducteur ne semble pas répondre à ces questions. Un autre agent, après avoir ouvert la boîte, montre alors à ses collègues le pistolet emballé dans un sac en plastique noir.

    « Ce n’est pas à moi », proteste alors le conducteur.

    Le conducteur a été arrêté et accusé de possession d’une arme à feu létale, l’acte d’accusation identifiant le pistolet comme étant de fabrication belge.

    Lorsque l’avocat du conducteur a demandé s’il pouvait écouter les enregistrements de la transmission radio de la rencontre, on lui a dit qu’ils avaient tous été supprimés, a rapporté la Treizième chaîne. Cependant, il a pu revoir les images de la caméra corporelle et a fini par donner l’alerte sur ce qu’il avait trouvé.

    Après un mois derrière les barreaux, le suspect a été libéré lorsque le procureur du district sud et le juge du tribunal de district de Beer Sheva, Naser Abu Taha, ont reçu les preuves vidéo samedi.

    Le ministère public a déclaré dans un communiqué que les détails de l’affaire avaient été transmis à la PIID.

    « Lorsque les résultats de l’enquête seront reçus, une décision sera prise quant à la suite à donner à l’affaire », a-t-il ajouté.

    Bien que l’affaire contre le suspect soit toujours ouverte, une source du bureau du procureur a déclaré à la Treizième chaîne que « de toute évidence, il y a un problème avec les enregistrements ; ils parlent d’eux-mêmes et l’affaire doit être classée. »

    La police israélienne a déclaré dans un communiqué que « pour ce qui est des revendications, elles doivent être examinées par les autorités compétentes ».

    L’incident est survenu alors que les autorités sont de plus en plus préoccupées par ce que les résidents locaux décrivent comme une anarchie dans le sud du pays et un manque d’application de la loi dans les communautés bédouines.


    Une vue des maisons de Sawaneen, un village bédouin non-reconnu dans le sud du désert du Negev en Israël, le 8 juin 2021. (Crédit : HAZEM BADER / AFP)
    En 2019 https://fr.timesofisrael.com/la-police-accusee-davoir-place-une-arme-chez-un-arabe-pour-un-tour , un homme de Jérusalem-Est a poursuivi la police pour avoir planté un fusil chez lui, qu’elle a ensuite « trouvé » dans le cadre d’un documentaire diffusé sur la chaîne publique israélienne.

    La police israélienne a présenté ses excuses à Samer Sleiman après qu’il est apparu que lors de l’incident de novembre 2018 – diffusé dans le cadre d’une série https://fr.timesofisrael.com/kan-retire-tous-les-episodes-de-son-docuserie-apres-lincident-de-l télévisée sur les forces de l’ordre dans la capitale – des agents avaient placé une arme à son domicile.

    Samer Sleiman a également affirmé plus tard avoir reçu un appel menaçant d’un homme s’identifiant comme un officier de police, l’avertissant de ne pas parler de l’incident aux médias.

    #palestine #israël #gaza #bds #palestine_assassinée #guerre #guerre_coloniale #occupation #colonisation #racisme #cisjordanie #apartheid #police #caméra #surveillance

     

  • L’exposition « Refuser la guerre coloniale, une histoire portugaise »

    A la maison du Portugal de la Cité universitaire internationale de Paris a lieu une exposition sur l’engagement des années 1960 et 1970 contre les guerres coloniales menées par le Portugal en #Guinée-Bissau, #Angola et #Mozambique. Elle traite de l’exil parisien des 200’000 Portugais #déserteurs et insoumis à cette guerre.

    https://histoirecoloniale.net/L-exposition-Refuser-la-guerre-coloniale-une-histoire-portugaise-

    #résistance #désobéissance_civile #colonisation #guerre_coloniale #histoire #Portugal #exposition #France #exil

    ping @isskein

  • L’impensé colonial de la #politique_migratoire italienne

    Les sorties du Mouvement Cinq Étoiles, au pouvoir en Italie, contre le #franc_CFA, ont tendu les relations entre Paris et Rome en début d’année. Mais cette polémique, en partie fondée, illustre aussi l’impensé colonial présent dans la politique italienne aujourd’hui – en particulier lors des débats sur l’accueil des migrants.

    Au moment de déchirer un billet de 10 000 francs CFA en direct sur un plateau télé, en janvier dernier (vidéo ci-dessous, à partir de 19 min 16 s), #Alessandro_Di_Battista savait sans doute que son geste franchirait les frontières de l’Italie. Revenu d’un long périple en Amérique latine, ce député, figure du Mouvement Cinq Étoiles (M5S), mettait en scène son retour dans l’arène politique, sur le plateau de l’émission « Quel temps fait-il ? ». Di Battista venait, avec ce geste, de lancer la campagne des européennes de mai.
    https://www.youtube.com/watch?v=X14lSpRSMMM&feature=emb_logo


    « La France, qui imprime, près de Lyon, cette monnaie encore utilisée dans 14 pays africains, […] malmène la souveraineté de ces pays et empêche leur légitime indépendance », lance-t-il. Di Battista cherchait à disputer l’espace politique occupé par Matteo Salvini, chef de la Ligue, en matière de fermeté migratoire : « Tant qu’on n’aura pas déchiré ce billet, qui est une menotte pour les peuples africains, on aura beau parler de ports ouverts ou fermés, les gens continueront à fuir et à mourir en mer. »

    Ce discours n’était pas totalement neuf au sein du M5S. Luigi Di Maio, alors ministre du travail, aujourd’hui ministre des affaires étrangères, avait développé à peu près le même argumentaire sur l’immigration, lors d’un meeting dans les Abruzzes, à l’est de Rome : « Il faut parler des causes. Si des gens partent de l’Afrique aujourd’hui, c’est parce que certains pays européens, la #France en tête, n’ont jamais cessé de coloniser l’Afrique. L’UE devrait sanctionner ces pays, comme la France, qui appauvrissent les États africains et poussent les populations au départ. La place des Africains est en Afrique, pas au fond de la Méditerranée. »

    À l’époque, cette rhétorique permettait au M5S de creuser sa différence avec la Ligue sur le dossier, alors que Matteo Salvini fermait les ports italiens aux bateaux de migrants. Mais cette stratégie a fait long feu, pour des raisons diplomatiques. Celle qui était alors ministre des affaires européennes à Paris, Nathalie Loiseau, a convoqué l’ambassadrice italienne en France pour dénoncer des « déclarations inacceptables et inutiles ». L’ambassadeur français à Rome a quant à lui été rappelé à Paris, une semaine plus tard – en réaction à une rencontre de dirigeants du M5S avec des « gilets jaunes » français.

    En Italie, cet épisode a laissé des traces, à l’instar d’un post publié sur Facebook, le 5 juillet dernier, par le sous-secrétaire aux affaires étrangères M5S Manlio Di Stefano. À l’issue d’une rencontre entre Giuseppe Conte, premier ministre italien, et Vladimir Poutine, il écrit : « L’Italie est capable et doit être le protagoniste d’une nouvelle ère de #multilatéralisme, sincère et concret. Nous le pouvons, car nous n’avons pas de #squelettes_dans_le_placard. Nous n’avons pas de #tradition_coloniale. Nous n’avons largué de bombes sur personne. Nous n’avons mis la corde au cou d’aucune économie. »

    Ces affirmations sont fausses. Non seulement l’Italie a mené plusieurs #guerres_coloniales, jusqu’à employer des #armes_chimiques – en #Éthiopie de 1935 à 1936, dans des circonstances longtemps restées secrètes –, mais elle a aussi été l’un des premiers pays à recourir aux bombardements, dans une guerre coloniale – la guerre italo-turque de 1911, menée en Libye. Dans la première moitié du XXe siècle, l’Italie fut à la tête d’un empire colonial qui englobait des territoires comme la Somalie, la Libye, certaines portions du Kenya ou encore l’Éthiopie.

    Cette sortie erronée du sous-secrétaire d’État italien a au moins un mérite : elle illustre à merveille l’impensé colonial présent dans la politique italienne contemporaine. C’est notamment ce qu’affirment plusieurs intellectuels engagés, à l’instar de l’écrivaine et universitaire romaine de 45 ans #Igiaba_Scego. Issue d’une famille somalienne, elle a placé la #question_coloniale au cœur de son activité littéraire (et notamment de son roman Adua). Dans une tribune publiée par Le Monde le 3 février, elle critique sans ménagement l’#hypocrisie de ceux qui parlent du « #colonialisme_des_autres ».

    À ses yeux, la polémique sur le franc CFA a soulevé la question de l’effacement de l’histoire coloniale en cours en Italie : « Au début, j’étais frappée par le fait de voir que personne n’avait la #mémoire du colonialisme. À l’#école, on n’en parlait pas. C’est ma génération tout entière, et pas seulement les Afro-descendants, qui a commencé à poser des questions », avance-t-elle à Mediapart.

    Elle explique ce phénomène par la manière dont s’est opéré le retour à la démocratie, après la Seconde Guerre mondiale : #fascisme et entreprise coloniale ont été associés, pour mieux être passés sous #silence par la suite. Sauf que tout refoulé finit par remonter à la surface, en particulier quand l’actualité le rappelle : « Aujourd’hui, le corps du migrant a remplacé le corps du sujet colonial dans les #imaginaires. » « Les migrations contemporaines rappellent l’urgence de connaître la période coloniale », estime Scego.

    Alors que le monde politique traditionnel italien évite ce sujet délicat, la question est sur la table depuis une dizaine d’années, du côté de la gauche radicale. Le mérite revient surtout à un groupe d’écrivains qui s’est formé au début des années 2000 sous le nom collectif de Wu Ming (qui signifie tout à la fois « cinq noms » et « sans nom » en mandarin).

    Sous un autre nom, emprunté à un footballeur anglais des années 1980, Luther Blissett, ils avaient déjà publié collectivement un texte, L’Œil de Carafa (Seuil, 2001). Ils animent aujourd’hui le blog d’actualité politico-culturelle Giap. « On parle tous les jours des migrants africains sans que personne se souvienne du rapport historique de l’Italie à des pays comme l’Érythrée, la Somalie, l’Éthiopie ou la Libye », avance Giovanni Cattabriga, 45 ans, alias Wu Ming 2, qui est notamment le co-auteur en 2013 de Timira, roman métisse, une tentative de « créoliser la résistance italienne » à Mussolini.

    Dans le sillage des travaux du grand historien critique du colonialisme italien Angelo Del Boca, les Wu Ming ont ouvert un chantier de contre-narration historique qui cible le racisme inhérent à la culture italienne (dont certains textes sont traduits en français aux éditions Métailié). Leur angle d’attaque : le mythe d’une Italie au visage bienveillant, avec une histoire coloniale qui ne serait que marginale. Tout au contraire, rappelle Cattabriga, « les fondements du colonialisme italien ont été posés très rapidement après l’unification du pays, en 1869, soit huit ans à peine après la création du premier royaume d’Italie, et avant l’annexion de Rome en 1870 ».

    La construction nationale et l’entreprise coloniale se sont développées en parallèle. « Une partie de l’identité italienne s’est définie à travers l’entreprise coloniale, dans le miroir de la propagande et du racisme que celle-ci véhiculait », insiste Cattabriga. Bref, si l’on se souvient de la formule du patriote Massimo D’Azeglio, ancien premier ministre du royaume de Sardaigne et acteur majeur de l’unification italienne qui avait déclaré en 1861 que « l’Italie est faite, il faut faire les Italiens », on pourrait ajouter que les Italiens ont aussi été « faits » grâce au colonialisme, malgré les non-dits de l’histoire officielle.
    « La gauche nous a abandonnés »

    Au terme de refoulé, Cattabriga préfère celui d’oubli : « D’un point de vue psychanalytique, le refoulé se base sur une honte, un sentiment de culpabilité non résolu. Il n’y a aucune trace de ce sentiment dans l’histoire politique italienne. » À en croire cet historien, l’oubli colonial italien deviendrait la pièce fondamentale d’une architecture victimaire qui sert à justifier une politique de clôture face aux étrangers.

    « Jouer les victimes, cela fait partie de la construction nationale. Notre hymne dit : “Noi fummo da sempre calpesti e derisi, perché siam divisi” [“Nous avons toujours été piétinés et bafoués, puisque nous sommes divisés” – ndlr]. Aujourd’hui, le discours dominant présente les Italiens comme des victimes des migrations pour lesquelles ils n’ont aucune responsabilité. Cette victimisation ne pourrait fonctionner si les souvenirs de la violence du colonialisme restaient vifs. »

    Un mécanisme identique serait à l’œuvre dans la polémique sur le franc CFA : « On stigmatise la politique néocoloniale française en soulignant son caractère militaire, à quoi on oppose un prétendu “style italien” basé sur la coopération et l’aide à l’Afrique. Mais on se garde bien de dire que l’Italie détient des intérêts néocoloniaux concurrents de ceux des Français », insiste Cattabriga.

    L’historien Michele Colucci, auteur d’une récente Histoire de l’immigration étrangère en Italie, est sur la même ligne. Pour lui, « l’idée selon laquelle l’Italie serait un pays d’immigration récente est pratique, parce qu’elle évite de reconnaître la réalité des migrations, un phénomène de longue date en Italie ». Prenons le cas des Érythréens qui fuient aujourd’hui un régime autoritaire. Selon les chiffres des Nations unies et du ministère italien de l’intérieur, ils représentaient environ 14 % des 23 000 débarqués en Italie en 2018, soit 3 300 personnes. Ils ne formaient l’année précédente que 6 % des 119 000 arrivés. De 2015 à 2016, ils constituaient la deuxième nationalité, derrière le Nigeria, où l’ENI, le géant italien du gaz et du pétrole, opère depuis 1962.

    « Les migrations de Somalie, d’Éthiopie et d’Érythrée vers l’Italie ont commencé pendant la Seconde Guerre mondiale. Elles se sont intensifiées au moment de la décolonisation des années 1950 [la Somalie est placée sous tutelle italienne par l’ONU de 1950 à 1960, après la fin de l’occupation britannique – ndlr]. Cela suffit à faire de l’Italie une nation postcoloniale. » Même si elle refuse de le reconnaître.

    Les stéréotypes coloniaux ont la peau dure. Selon Giovanni Cattabriga, alias Wu Ming 2, « [ses collègues et lui ont] contribué à sensibiliser une partie de la gauche antiraciste, mais [il n’a] pas l’impression que, globalement, [ils soient] parvenus à freiner les manifestations de racisme » : « Je dirais tout au plus que nous avons donné aux antiracistes un outil d’analyse. »

    Igiaba Scego identifie un obstacle plus profond. « Le problème, affirme-t-elle, est qu’en Italie, les Afro-descendants ne font pas partie du milieu intellectuel. Nous sommes toujours considérés un phénomène bizarre : l’école, l’université, les rédactions des journaux sont des lieux totalement “blancs”. Sans parler de la classe politique, avec ses visages si pâles qu’ils semblent peints. »

    Ce constat sur la « blanchitude » des lieux de pouvoir italiens est une rengaine dans les milieux militants et antiracistes. L’activiste Filippo Miraglia, trait d’union entre les mondes politique et associatif, en est convaincu : « Malgré les plus de cinq millions de résidents étrangers présents depuis désormais 30 ans, nous souffrons de l’absence d’un rôle de premier plan de personnes d’origine étrangère dans la politique italienne, dans la revendication de droits. À mon avis, c’est l’une des raisons des défaites des vingt dernières années. »

    Miraglia, qui fut président du réseau ARCI (l’association de promotion sociale de la gauche antifasciste fondée en 1957, une des plus influentes dans les pays) entre 2014 et 2017 (il en est actuellement le chef du département immigration) et s’était présenté aux législatives de 2018 sur les listes de Libres et égaux (à gauche du Parti démocrate), accepte une part d’autocritique : « Dans les années 1990, les syndicats et les associations ont misé sur des cadres d’origine étrangère. Mais ce n’était que de la cooptation de personnes, sans véritable ancrage sur le terrain. Ces gens sont vite tombés dans l’oubli. Certains d’entre eux ont même connu le chômage, renforçant la frustration des communautés d’origine. »

    L’impasse des organisations antiracistes n’est pas sans rapport avec la crise plus globale des gauches dans le pays. C’est pourquoi, face à cette réalité, les solutions les plus intéressantes s’inventent sans doute en dehors des organisations traditionnelles. C’est le cas du mouvement des Italiens de deuxième génération, ou « G2 », qui réunit les enfants d’immigrés, la plupart nés en Italie, mais pour qui l’accès à la citoyenneté italienne reste compliqué.

    De 2005 à 2017, ces jeunes ont porté un mouvement social. Celui-ci exigeait une réforme de la loi sur la nationalité italienne qui aurait permis d’accorder ce statut à environ 800 000 enfants dans le pays. La loi visait à introduire un droit du sol, sous certaines conditions (entre autres, la présence d’un des parents sur le territoire depuis cinq ans ou encore l’obligation d’avoir accompli un cycle scolaire complet en Italie).

    Ce mouvement était parvenu à imposer le débat à la Chambre basse en 2017, sous le gouvernement de Matteo Renzi, mais il perdit le soutien du même Parti démocrate au Sénat. « La gauche a commis une grave erreur en rejetant cette loi, estime Igiaba Scego, qui s’était investie dans la campagne. Cette réforme était encore insuffisante, mais on se disait que c’était mieux que rien. La gauche nous a abandonnés, y compris celle qui n’est pas représentée au Parlement. Nous étions seuls à manifester : des immigrés et des enfants d’immigrés. Il y avait de rares associations, quelques intellectuels et un grand vide politique. À mon avis, c’est là que l’essor de Matteo Salvini [le chef de la Ligue, extrême droite – ndlr] a commencé. »

    Certains, tout de même, veulent rester optimistes, à l’instar de l’historien Michele Colucci qui signale dans son ouvrage le rôle croissant joué par les étrangers dans les luttes du travail, notamment dans les secteurs de l’agriculture : « Si la réforme de la nationalité a fait l’objet de discussions au sein du Parlement italien, c’est uniquement grâce à l’organisation d’un groupe de personnes de deuxième génération d’immigrés. Ce mouvement a évolué de manière indépendante des partis politiques et a fait émerger un nouvel agenda. C’est une leçon importante à retenir. »

    https://www.mediapart.fr/journal/international/241219/l-impense-colonial-de-la-politique-migratoire-italienne?onglet=full
    #colonialisme #Italie #impensé_colonial #colonisation #histoire #migrations #causes_profondes #push-factors #facteurs_push #Ethiopie #bombardements #guerre_coloniale #Libye #histoire #histoire_coloniale #empire_colonial #Somalie #Kenya #Wu_Ming #Luther_Blissett #littérature #Luther_Blissett #contre-récit #contre-narration #nationalisme #construction_nationale #identité #identité_italienne #racisme #oubli #refoulement #propagande #culpabilité #honte #oubli_colonial #victimes #victimisation #violence #néocolonialisme #stéréotypes_coloniaux #blanchitude #invisibilisation #G2 #naturalisation #nationalité #droit_du_sol #gauche #loi_sur_la_nationalité #livre

    –—
    Mouvement #seconde_generazioni (G2) :

    La Rete G2 - Seconde Generazioni nasce nel 2005. E’ un’organizzazione nazionale apartitica fondata da figli di immigrati e rifugiati nati e/o cresciuti in Italia. Chi fa parte della Rete G2 si autodefinisce come “figlio di immigrato” e non come “immigrato”: i nati in Italia non hanno compiuto alcuna migrazione; chi è nato all’estero, ma cresciuto in Italia, non è emigrato volontariamente, ma è stato portato qui da genitori o altri parenti. Oggi Rete G2 è un network di “cittadini del mondo”, originari di Asia, Africa, Europa e America Latina, che lavorano insieme su due punti fondamentali: i diritti negati alle seconde generazioni senza cittadinanza italiana e l’identità come incontro di più culture.

    https://www.secondegenerazioni.it

    ping @wizo @albertocampiphoto @karine4 @cede

  • « La doctrine de la contre-insurrection permanente présuppose le refus de reconnaître l’absence ou la perte de la légitimité du gouvernement »

    Eqbal Ahmed, Guerre révolutionnaire et contre-insurrection, 1970.

    Un seul héros
    le peuple
    بطل وحيد : الشعب
    La contre-insurrection mise en échec par
    le peuple algérien en décembre 1960
    http://unseulheroslepeuple.org
    https://www.youtube.com/watch?v=L7gnx-Vi0G4

    Un site, un film, un livre

  • #Portugal. “#Cartas_da_Guerra”, la #guerre coloniale revisitée au #cinéma

    C’est l’événement de la rentrée au Portugal. Inspiré de la correspondance de guerre de l’écrivain #António_Lobo_Antunes, Cartas da Guerra revient sur un sujet tabou : la #guerre_coloniale portugaise. Porté par une éblouissante photographie en noir et blanc, le film d’Ivo Ferreira séduit public et critique.


    http://www.courrierinternational.com/revue-de-presse/portugal-cartas-da-guerra-la-guerre-coloniale-revisitee-au-ci
    #film #colonialisme
    cc @albertocampiphoto

  • Des « dérapages » et de la #guerre_coloniale, le cas du #Soudan_Français 1878-1894

    L’étude des pratiques de guerre fait partie de ces interrogations dont la légitimité s’est peu à peu imposée au point qu’elle participe aujourd’hui de vives controverses. L’historiographie de la Grande Guerre, marquée par de nombreuses passes d’armes entre tenants et détracteurs de l’Historial de Péronne, en témoigne. Il ne s’agit pas ici d’entrer dans la polémique mais de constater combien celle-ci semble symptomatique des difficultés que rencontrent les disciples de Clio lorsqu’ils tentent d’appréhender la violence de guerre.

    https://lsg.hypotheses.org/267

    #histoire #colonialisme #Soudan #France #guerre
    via @ville_en

  • Le charme discret de la propagande internationale de la #Guerre
    http://www.larevuedesressources.org/le-charme-discret-de-la-propagande-internationale-de-la-guerre

    Après les assemblées dans le cadre des 70 ans des Nations Unies, la chose syrienne n’a plus de rapport à l’histoire de la guerre de #Syrie mais située sans ambages comme un casus belli international. Avant même l’événement à New York les mouvements militaires russes sur une base de Lattaquié avaient déjà convoqué une agitation dans la Presse et les réseaux sociaux. Tomber alors sur ce lien parmi ceux proposés sur les pages d’accueil de ses meilleurs amis dans le réseau culturel et artistique de facebook : « (...)

    #Interventions

    / #Guerre_civile, #Israël, #colonialisme, #Louise_Desrenards, Syrie, Guerre, #Nationalisme, #Géopolitique, #Guerre_coloniale, #Histoire_contemporaine, #2015, #Guerre_de_Syrie, #Analyse_documentaire, #Ressources_naturelles, #Audrey_Quinn, #Jackie_Roche, Résistance (...)

    #Résistance_palestinienne #Résistance_nationale #Eau

    • Suite à l’évocation du désastre pas seulement #climatique d’une sécheresse irréversible entre 2006 et 2011, si on lit bien la bande dessinée Syria’s climate conflict qui nous dit tout sur la guerre de Syrie, mais on ajoute — puisqu’un grand ouvrage d’irrigation des terres sinistrées ne pût être entrepris, faute de réserve d’eau accessible, — il est justement étrange que la grande absente de cette bande dessinée soit l’eau du Golan. Le Golan est pourtant considéré comme le réservoir d’eau du Proche Orient au carrefour de quatre pays, la Jordanie, la Syrie, Israël, le Liban

  • « En direct de Gaza » suivi de « #Une_espérance_dans_la_souffrance »
    http://www.larevuedesressources.org/en-direct-de-gaza-suivi-de-une-esperance-dans-la-souffrance,28

    La mairie de Paris contre sa propre majorité a prévu l’organisation d’une journée invitée, dédiée à « l’ambiance festive de Tel-Aviv », le 13 août #2015, dans le cadre de Paris-Plage. Inutile de revenir en détail sur l’horreur qui l’an passé frappa les habitants et toute l’infrastructure de la Bande de Gaza, tout le monde s’en souvient encore. On peut toutefois rappeler que la suite de l’offensive « Bordure protectrice » restée inachevée, dû à la réaction internationale qui força au cessez-le-feu, s’acheva (...)

    #Poésie

    / #Littérature, Poésie, #Terrorisme, #Bande_de_Gaza,_Gaza_ville, #Guerre_coloniale, #Occupation_coloniale, #Résistance, Ziad Medoukh, #Neo-Fascisme, 2015, #Francophone, #Cisjordanie, #Association_des_rencontres_européennes-europoésie, Une espérance dans la souffrance, #Ali_Dawabcheh, (...)

    #Poésie_ #_Ziad_Medoukh #Saad_Dawabcheh

  • La guerre côté balcon _4. Une drôle de victoire
    http://www.larevuedesressources.org/la-guerre-cote-balcon-_4-une-drole-de-victoire,2847.html

    LA GUERRE CÔTÉ BALCON IV — Une drôle de victoire Sans m’en rendre compte, je me suis habituée à la guerre. Elle est devenue mon quotidien. Je me suis habituée à me réveiller au bruit des canons au lieu des oiseaux. Je me suis habituée à faire le ménage, le linge et la vaisselle, en écoutant les voix des drones et des F16. Je me suis habituée à être interrompue par une bombe ou les sirènes des ambulances quand je discute avec ma famille. Je me suis habituée à m’endormir bercée par la ritournelle des (...)

    #Récits

    / #France, #Palestine, #Récit, #Israël, #Bande_de_Gaza,_Gaza_ville, #Guerre_coloniale, Huda Abdelrahman al-Sadi, #La_guerre_côté_balcon,_un_récit_de_Huda_Abdelrahman_al-Sadi, #Littérature_francophone, #Université_al-Aqsa, #Consulat_général_de_France_à_Jérusalem, Soumia (...)

    #_Huda_Abdelrahman_al-Sadi #Soumia_Aqraa

  • La guerre côté balcon _3. Sous les bombes
    http://www.larevuedesressources.org/la-guerre-cote-balcon-_3-sous-les-bombes,2846.html

    LA GUERRE CÔTÉ BALCON III — Sous les bombes Entre dix neuf heures et minuit le rythme des bombes est irrégulier, arbitraire et imprévisible, chaque demi heure ou toutes les deux heures. A partir de minuit, toutes les frappes sont millimétrées, chronométrées, et les tapis de bombes décrivent un cercle qui se rapproche de plus en plus du cœur de la ville jusqu’à nous donner l’impression, à la fin, d’exploser dans nos têtes. A minuit, nous descendons en catastrophe tous au rez-de-chaussée. Nous nous (...)

    #Récits

    / #Famille, #Palestine, #Récit, #Israël, #Bande_de_Gaza,_Gaza_ville, #Guerre_coloniale, #2014, Bordure Protectrice (guerre de Gaza 2014), #Sionisme, Huda Abdelrahman al-Sadi, #2015, #Vie_quotidienne, #Francophone, #Ramadan, #Bombardement, Littérature (...)

    #Bordure_Protectrice_guerre_de_Gaza_2014_ #_Huda_Abdelrahman_al-Sadi #Littérature_francophone

  • #La_guerre_côté_balcon _2. Désordre à la maison
    http://www.larevuedesressources.org/la-guerre-cote-balcon-_2-desordre-a-la-maison,2845.html

    LA GUERRE CÔTÉ BALCON II — Désordre à la maison Maman, ma sœur mariée et notre belle sœur s’occupent de la cuisine et du ménage chaque jour. Moi, je passe le plus clair de mon temps au balcon qui est ma fenêtre sur le monde. Nous disposons de l’électricité seulement pendant une heure ou deux par jour, les batteries des portables et des ordinateurs sont à plat, la télé est éteinte, alors je préfère regarder ce qui se passe dehors. C’est ma télévision. Ma mère a beau crier : « Mais que fais-tu là ? ! J’ai (...)

    #Récits

    / #Famille, #Palestine, #Récit, #Israël, #Autofiction, #Documentaire-Fiction, #Bande_de_Gaza,_Gaza_ville, #Guerre_coloniale, Bordure Protectrice (guerre de Gaza 2014), #Sionisme, Huda Abdelrahman al-Sadi, #Vie_quotidienne, #Francophone, #Ramadan, #Fête_de_l'Aïd, #Bombardement, #Hamdi_Attia, (...)

    #Bordure_Protectrice_guerre_de_Gaza_2014_ #_Huda_Abdelrahman_al-Sadi #L'Archipel #Info-Palestine.eu #Littérature_francophone

  • La guerre côté balcon _1. Le #Voyage différé
    http://www.larevuedesressources.org/la-guerre-cote-balcon-_1-le-voyage-differe,2843.html

    LA GUERRE CÔTÉ BALCON I — Le voyage différé [[Note de La RdR : Comment faire cesser la persécution permanente de la population palestinienne martyrisée ? Sinistres ritournelles... En 2014 à Gaza, dans le cadre de l’assaut Bordure protectrice, 108 enfants en âge préscolaire et 10 bébés furent assassinés parmi les autres enfants et les adultes des 2.016 Gazaouis tués, (541 étaient des enfants et 250 des femmes) — selon les chiffres de L’Humanité du 18 Août, 2014. Il convient pour mémoire d’ajouter tous (...)

    #Récits

    / #Littérature_française, Voyage, #France, #Israël, #Guerre_coloniale, Bordure Protectrice (guerre de Gaza 2014), #Gaza_ville, #Apartheid, #Sionisme, Huda Abdelrahman al-Sadi, Plomb durçi (guerre de Gaza 2009), Pilier de défense (guerre de Gaza 2012), (...)

    #Bordure_Protectrice_guerre_de_Gaza_2014_ #_Huda_Abdelrahman_al-Sadi #Plomb_durçi_guerre_de_Gaza_2009_ #Pilier_de_défense_guerre_de_Gaza_2012_ #Francophonie

  • Palestine #2014 / #Discours de Nurit Peled au #Parlement_européen le 11-09-2014
    http://www.larevuedesressources.org/palestine-2014-discours-de-nurit-peled-au-parlement-europeen-l

    [ À l’école de Gaza (août-septembre 2014) éditorial et sommaire des articles liés ⇐ ] Parlement Européen. 11 septembre 2014 Sous-commission des Droits de l’Homme #Session_spéciale_sur_les_enfants_de_Gaza. Nurit Peled-Elhanan, Prix Sakharov 2001 Merci madame la présidente et les membres du comité des droits humains de m’avoir invitée à cette session extraordinaire sur Gaza aujourd’hui. Je suis très triste de ne pas voir ici quelqu’un de la bande de Gaza qui pourrait témoigner au sujet des pogroms qu’ils (...)

    #Interventions

    / #Droits_de_l'homme_de_la_femme_et_de_l'enfant, #Linguistique, #Israël, #Activisme, #Mouvement_pour_la_paix, #Bande_de_Gaza,_Gaza_ville, #Guerre_coloniale, #Génocide, 2014, #Bordure_Protectrice, Nurit Peled-Elhanan, Discours, Parlement européen, Session spéciale sur les (...)

    #_Nurit_Peled-Elhanan #Holocauste #Les_enfants #Ethnocide

  • #Palestine #2014 / Lettre des vétérans et réservistes de l’Unité 8200 à Netanyahu et aux dirigeants militaires et du renseignement
    http://www.larevuedesressources.org/palestine-2014-lettre-des-veterans-et-reservistes-de-l-unite-8

    « Quarante-trois vétérans de l’une des unités de renseignement militaires les plus secrets d’Israël — beaucoup d’entre eux étant des réservistes toujours en activité — ont signé une lettre publique où ils refusent de servir dans les opérations portant sur les territoires palestiniens occupés, en raison de la surveillance généralisée des résidents innocents. Parmi les signataires figurent des officiers, anciens instructeurs et sous-officiers supérieurs de l’équivalent israélien du NSA américain ou de la GCHQ (...)

    #Interventions

    / Palestine, #Démocratie, #Israël, #Guerre_coloniale, 2014, #Bordure_Protectrice, #Refuznicks, #Neo-Fascisme, Unité 8200 (renseignement militaire (...)

    #Unité_8200_renseignement_militaire_israélien_

  • Lettre des vétérans et réservistes de l’Unité 8200 à Netanyahu et aux dirigeants militaires et du renseignement
    http://www.larevuedesressources.org/lettre-des-veterans-et-reservistes-de-l-unite-8200-a-netanyahu

    « Quarante-trois vétérans de l’une des unités de renseignement militaires les plus secrets d’Israël — beaucoup d’entre eux étant des réservistes toujours en activité — ont signé une lettre publique où ils refusent de servir dans les opérations portant sur les territoires palestiniens occupés, en raison de la surveillance généralisée des résidents innocents. Parmi les signataires figurent des officiers, anciens instructeurs et sous-officiers supérieurs de l’équivalent israélien du NSA américain ou de la GCHQ (...)

    #Interventions

    / #Palestine, #Démocratie, #Israël, #Guerre_coloniale, #2014, #Bordure_Protectrice, #Refuznicks, #Neo-Fascisme, Unité 8200 (renseignement militaire (...)

    #Unité_8200_renseignement_militaire_israélien_

  • #Palestine #2014 / Un lendemain de liberté
    http://www.larevuedesressources.org/palestine-2014-un-lendemain-de-liberte,2751.html

    « Au plus profond de mon cœur, Moi, le palestinien enfermé Je forme des vœux légitimes et humains Exprimés par ma plume, Avec mes mots fougueux Écrits sur une page ensanglée que la nuit enveloppe, Moi qui pourfends l’occupant de ma #Poésie_pacifiste Produite en pleine guerre de ma prison à ciel ouvert ! » À l’école de Gaza (août-septembre 2014) éditorial et sommaire des articles liés ⇐ UN LENDEMAIN DE LIBERTÉ Une guerre atroce se répète sur notre terre ! Un génocide sous plusieurs noms, Des (...)

    Poésie

    / Palestine, #Libertés_et_droits_fondamentaux, #Guerre_coloniale, 2014, #Bordure_Protectrice, #Bande_de_Gaza, Ziad (...)

    #_Ziad_Medoukh

  • #Palestine #2014 / En direct de Gaza — Dernière #Chronique de la guerre (26 août)
    http://www.larevuedesressources.org/palestine-2014-en-direct-de-gaza-derniere-chronique-de-la-guer

    Ziad Medoukh est un palestinien professeur de français professionnellement et socialement engagé dans la francophonie internationale et locale. Écrivain et poète, Docteur ès sciences du langage de l’université de Paris VIII, il y a enseigné puis à l’université Al-Aqsa, à Gaza, où il est actuellement directeur du département de français et réside, au centre de Gaza city. Pendant l’opération israélienne #Bordure_protectrice entre les 8 juillet et 26 août 2014, bombardements depuis le ciel, la mer, la terre, (...)

    #Récits

    / #Poésie, Chronique, Palestine, #Guerre_coloniale, 2014, Bordure protectrice, #Bande_de_Gaza, #Apartheid, Ziad (...)

    #_Ziad_Medoukh

  • #Palestine 2014 / Sept heures du matin
    http://www.larevuedesressources.org/palestine-2014-sept-heures-du-matin,2746.html

    Pour répondre à quelque critique que d’aucun aurait pu faire (moi peut-être ?) elle a écrit en statut de son Facebook, le 20 août : « Celui qui condamne la résistance pour avoir lancé des missiles ressemble à celui qui condamne une femme violée pour avoir giflé son violeur. Les deux cherchent à récupérer leurs droits », et celle ou celui qui put l’entendre se le prit pour dit. Un jour avant : « Et la guerre reprend son cours et je ne sais plus quand, où et comment je meurs » (pas de point après je meurs, (...)

    #Récits

    / #Journalisme, Palestine, #Récit, #Guerre_coloniale, #Bordure_protectrice, #Bande_de_Gaza, Huda Abdelrahman, (...)

    #_Huda_Abdelrahman #Civils

  • En direct de Gaza — Dernière chronique de la guerre (26 août)
    http://www.larevuedesressources.org/en-direct-de-gaza-derniere-chronique-de-la-guerre-26-aout,2745

    Ziad Medoukh est professeur de français. Après avoir obtenu son doctorat en sciences du langage en France, il a enseigné à l’université de Paris VIII, puis à l’université Al-Aqsa, à Gaza, où il est Directeur du département de français. Pendant l’opération israélienne #Bordure_protectrice consistant en bombardements par le ciel, la mer, et la terre, et en invasion terrestre, pour la troisième fois en moins de dix ans contre la #Bande_de_Gaza, battant les plus sombres records d’assassinats et de bombardements (...)

    #Récits

    / #Palestine, #Guerre_coloniale, #2014, Bordure protectrice, Bande de Gaza, #Apartheid, Ziad (...)

    #_Ziad_Medoukh

  • #Palestine #2014 / La Trêve
    http://www.larevuedesressources.org/palestine-2014-la-treve,2743.html

    Voici la lettre multi-adressée le 22 août par #Salma_Ahmed_Elamassie, sous la forme d’un document attaché Word dans un message personnel via son compte Facebook, depuis Gaza où elle habite. C’était au moment précis où chacun s’inquiétait de ne plus voir la trace de son passage sur le mur de sa page d’accueil. Il y avait eu la reprise des bombardements, la mort de trois leaders des brigades Al-Qassam, et des exécutions. Salma Ahmed Elamassie et moi nous sommes rencontrées à travers les partages sur (...)

    #Champ_critique

    / #Littérature, #Correspondance, Palestine, #Gaza_Strip,_Gaza_City, #Guerre_coloniale, 2014, #Bordure_protectrice, #Haneen_Elamassie, Salma Ahmed Elamassie, (...)

    #Caricature

  • #Palestine #2014 / La Trêve
    http://www.larevuedesressources.org/tous-ces-milliers-de-drones-dont-le-bruit-nous-transperce-le-c

    Voici la lettre multi-adressée le 22 août par #Salma_Ahmed_Elamassie, sous la forme d’un document attaché Word dans un message personnel via son compte Facebook, depuis Gaza où elle habite. C’était au moment précis où chacun s’inquiétait de ne plus voir la trace de son passage sur le mur de sa page d’accueil. Il y avait eu la reprise des bombardements, la mort de trois leaders des brigades Al-Qassam, et des exécutions. Salma Ahmed Elamassie et moi nous sommes rencontrées à travers les partages sur (...)

    #Champ_critique

    / #Littérature, #Correspondance, Palestine, #Gaza_Strip,_Gaza_City, #Guerre_coloniale, 2014, #Bordure_protectrice, #Haneen_Elamassie, Salma Ahmed Elamassie, (...)

    #Caricature

  • #Palestine 2014 / Le Jour de Colère de Gaza
    http://www.larevuedesressources.org/palestine-2014-le-jour-de-colere-de-gaza,2742.html

    Ce texte d’Haidar Eid revient sur l’appel pour une marche internationale le 9 août 2014, à l’initiative du Comité national palestinien du BDS — dont l’auteur est responsable — et de la Société civile palestinienne de la #Bande_de_Gaza, contre la #Guerre_coloniale et l’apartheid en Palestine. Le Jour de colère de Gaza les manifestants dans les rues ont crié dans toutes les langues « Résistance » contre la guerre ethnocide et « Boycott Désinvestissement Sanction » pour la libération du peuple palestinien. En (...)

    #Interventions

    / #Essai, #Activisme, #Journalisme, Palestine, #Israël, Guerre coloniale, #Haidar_Eid, #Bordure_protectrice, Bande de Gaza, #Apartheid, Boycott, Désinvestissement, Sanctions (BDS), Gaza Day of Rage / Jour de Colère de Gaza, The world / Le monde, Palestinian civil society in (...)

    #Boycott,Désinvestissement,_Sanctions_BDS #Gaza_Day_of_Rage_/_Jour_de_Colère_de_Gaza #The_world_/_Le_monde #Palestinian_civil_society_in_the_occupied_and_besieged_Gaza_Strip
    http://www.larevuedesressources.org/IMG/pdf/One_on_One.pdf