Andrea Di Michele. Il segno coloniale
Dopo decenni di rimozione collettiva, l’epoca delle colonie italiana viene oggi riletta in chiave critica. Di Michele, professore di Storia contemporanea a Bolzano, delinea le fasi di un passato ancora presente nelle piazze e nelle vie.
Monumenti, mausolei, bassorilievi, intitolazioni di vie: le tracce del colonialismo italiano sono presenti ancora oggi in molte città. Negli ultimi anni il dibattito culturale e politico si è interrogato su come intervenire su queste opere. Lo storico Andrea Di Michele vede nelle iniziative di ricontestualizzazione la possibilità di leggere criticamente l’epoca coloniale italiana e di fornire alla cittadinanza gli strumenti per conoscere e approfondire questo periodo che costituisce una delle pagine più buie della storia del nostro Paese.
Professor Di Michele, in quale cornice temporale si ascrive l’epoca coloniale italiana?
ADM Si tende erroneamente a fare coincidere il colonialismo italiano con il fascismo, mentre il suo inizio si colloca immediatamente dopo l’unificazione del Paese e più precisamente nel 1869 con l’acquisto della baia di Assab, in Eritrea, da parte di una compagnia di navigazione privata. Nei primi anni Ottanta dell’Ottocento questo avamposto venne poi acquistato dallo Stato italiano e nel 1885 l’occupazione di Massaua segnò l’inizio dell’esperienza coloniale statale italiana.
Come si sviluppò questo primo periodo coloniale?
ADM In questa fase l’Italia fece i conti con i suoi limiti, subendo molte sconfitte. Nel 1887, a Dogali, cercò di espandere senza successo la propria posizione, arrivando a contare cinquecento morti tra le proprie fila. Ancora più pesante fu la sconfitta di Adua, in Etiopia, nel 1896: i morti italiani furono migliaia, il Governo Crispi cadde e la politica coloniale si arrestò temporaneamente per riprendere nel 1911 con la guerra di Libia.
L’avvento del fascisco cambiò le cose?
ADM Benito Mussolini ampliò le conquiste dell’Italia liberale e lo fece con una violenza inaudita nei confronti della popolazione civile. Ad esempio per invadere definitivamente la Cirenaica, all’inizio degli anni Trenta, più di un terzo della popolazione di questo territorio -circa 100mila persone- venne deportata e rinchiusa in veri e propri campi di concentramento con una tasso di mortalità spaventosa. Nel 1937, il fallito attentato a Rodolfo Graziani, a quel tempo viceré di Etiopia, scatenò una vera e propria caccia all’uomo che provocò migliaia di morti. Non va poi dimenticata la legislazione che portò alla “zonizzazione”, ovvero a un sistema di apartheid con aree separate per bianchi e neri.
Il 1869 è stato l’anno in cui gli storici collocano l’inizio del colo-nialismo italiano che coincide con l’acquisto della baia di Assab, in Eritrea, da parte di una compagnia di navigazione privata
La caduta del fascismo sancì una rottura con l’epoca coloniale?
ADM No. Dopo il 1945 l’Italia cercò di mantenere il controllo dei territori che deteneva prima del fascismo. Vi fu anche una netta continuità nell’amministrazione pubblica: fino al 1953 ha operato il ministero dell’Africa italiana, in cui lavorava chi aveva le “competenze” giuste, ovvero chi aveva lavorato nel Paese fino a poco prima.
Quando si è iniziato a guardare al passato coloniale italiano con uno sguardo critico?
ADM L’immagine di un colonialismo italiano sostanzialmente un po’ “all’acqua di rose” ha resistito a lungo. Solo a partire dagli anni Ottanta una nuova generazione di studiosi si è interrogata sul ruolo dei fenomeni profondamente razzisti che avevano caratterizzato la storia d’Italia. Si sono ricostruite quindi le gravi responsabilità italiane nelle colonie, ad esempio per quanto riguarda l’uso dei gas, per molti anni negato. Poi dagli archivi militari sono emersi i documenti ufficiali, in molti casi tenuti prima volutamente nascosti, e con loro la verità storica.
Secondo lei perché questo processo è stato così lento e osteggiato?
ADM La politica della memoria è un tema molto caldo che rimanda spesso a dinamiche a livello nazionale e locale. Va inoltre sottolineato il ruolo giocato dalla presenza di forze politiche che non hanno mai rinnegato il passato fascista e coloniale. In questo senso è interessante monitorare cosa avviene nelle singole Regioni e nei Comuni, dove ancora oggi una determinata maggioranza politica e un certo clima consentono di intitolare monumenti e vie a personaggi che ebbero un ruolo drammatico in quel periodo storico.
Ci può fare un esempio?
ADM A Filettino, in provincia di Roma, nel 2012 è stato dedicato un mausoleo a Rodolfo Graziani. L’amministrazione comunale di destra si è giustificata dicendo di voler ricordare il proprio concittadino che fece “anche cose buone”.
Che cosa fare con l’eredità architettonica e odonomastica del colonialismo?
ADM Credo che la strada da percorrere non sia l’eliminazione di queste opere, ma la loro ricontestualizzazione. Ci sono, ad esempio, diversi progetti di mappatura dell’odonomastica, che coniugano ricerca e attivismo. Penso al caso di Bologna, dove “Resistenze in Cirenaica” (resistenzeincirenaica.com) ha operato una ridenominazione -non ufficiale ma parallela- delle vie, intitolandole a partigiani e ad altri personaggi politici e non della città. Un esempio forse unico è poi quello di Bolzano, con la risignificazione del Monumento alla Vittoria e del bassorilievo con il duce a cavallo.
Di che cosa si tratta?
ADM Il primo è un monumentale complesso marmoreo costruito tra il 1926 e il 1928, che celebrava la vittoria italiana sull’Austria-Ungheria nella Prima guerra mondiale. La seconda opera andò a decorare la “Casa Littoria”, sede del Partito nazionale fascista ed è costituita da 57 pannelli di larghezza variabile, alti 2,75 metri, posti su due file sovrapposte, per uno sviluppo lineare di 36 metri e una superficie di 198 metri quadrati.
Quale intervento è stato fatto su queste due opere?
ADM Nel 2011, un accordo tra Stato, Provincia e Comune di Bolzano ha previsto di accompagnare il restauro del Monumento con un intervento di contestualizzazione storica. Si è deciso di aprire al suo interno uno spazio museale su Bolzano, l’Alto Adige e i totalitarismi che ne hanno segnato la storia e di apporre all’esterno un segno visibile, che si è tradotto in un anello a led con un testo luminoso rotante recante la scritta “Un Monumento, una città, due dittature. Un percorso espositivo” intorno a una delle colonne dei fasci littori. Opposto è stato invece quanto fatto sul bassorilievo.
“La strada da percorrere non è l’eliminazione delle opere, ma la loro ricontestualizzazione. Ci sono diversi progetti di mappatura dell’odonomastica, che coniugano ricerca e attivism0″
Ovvero?
ADM In questo caso l’equilibrio tra opera visiva e approfondimento storico è stato ribaltato. Si è scelto di privilegiare il linguaggio visivo ed emozionale, apponendo davanti al bassorilievo una frase di Hannah Arendt in tre lingue, italiano, tedesco e ladino: “Nessuno ha il diritto di obbedire”. Contestualmente nella piazza di fronte all’opera è stato realizzato un intervento di approfondimento storico con dei pannelli esplicativi.
Che cosa ha reso possibile questo tipo di operazione a Bolzano?
ADM La ricontestualizzazione di queste opere è avvenuta perché erano monumenti che continuavano a rappresentare un elemento di divisione e tensione tra i gruppi di lingua italiana e tedesca. Quello che per decenni ha rappresentato un problema quindi si è trasformato in una possibilità di apprendimento e approfondimento e, al contempo, il tema del monumentalismo fascista ha perso la sua carica divisoria.
Questo intervento locale ha sortito qualche effetto a livello nazionale?
ADM La stampa ha acceso i riflettori sul “caso-Bolzano” che però a oggi resta un esempio unico. Forse non è nemmeno necessario fare un lavoro del genere dappertutto, ma almeno nei luoghi dove un monumento ha un impatto a causa delle sue dimensioni sì. Penso all’Obelisco di Mussolini a Roma, dove un intervento sarebbe auspicabile. Se ne potrebbero immaginare differenti da quelli di Bolzano, magari legati a installazioni artistiche o utilizzando le nuove tecnologie.
A quali progetti sta lavorando attualmente?
ADM Da qualche settimana ho iniziato “Curating fascism”, un progetto in collaborazione con la facoltà di Design. Ho scritto un testo immaginando una passeggiata sulle tracce del colonialismo a Bolzano a partire dal retro del Monumento alla Vittoria, quindi la Colonna romana, le iscrizioni dei palazzi di Piazza Vittoria, le vie intitolate a personaggi e luoghi di quell’epoca come Reginaldo Giuliani e la battaglia dell’Amba Alagi. L’idea è di realizzare una pubblicazione in cui testo e immagini si combinino così da offrire alla cittadinanza e a chi visita la città una guida per conoscere i suoi monumenti, la loro storia e il loro significato.
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