#horgoš

  • Confine Serbia-Ungheria: aumenta la militarizzazione e la violenza della polizia

    Una sparatoria (probabilmente tra “trafficanti”) diviene il pretesto per un’ulteriore stretta repressiva

    La zona di confine tra la Serbia e l’Ungheria è da molti anni un luogo di sosta forzata e di transito delle persone migranti. E’ qui, tra la cittadina ungherese di #Röszke e quella serba di #Horgos, che nell’autunno del 2015 venne costruita da Orban la prima barriera “anti-rifugiati” che divenne in poco tempo uno dei simboli della politica dell’Unione europea, replicata poi in molteplici forme.

    Questo territorio al nord della Serbia rimane oggi uno dei punti più caldi delle rotte balcaniche settentrionali, essendo – al pari del confine tra Bosnia-Erzegovina e Croazia – uno snodo fondamentale per l’accesso all’Europa e quindi per le politiche di controllo e respingimento. Diversi report e costanti attività di monitoraggio hanno descritto nel dettaglio la violenza e la brutalità della polizia nei confronti di persone in movimento sia sul lato serbo che su quello ungherese.

    Nel rapporto trimestrale del 2023 riferito ai mesi di luglio, agosto e settembre 1, la Ong #KlikAktiv di Belgrado ha indicato le tendenze in atto. Il report è frutto di osservazioni durante le visite agli insediamenti informali ai confini esterni dell’UE con la Serbia e della raccolta di testimonianze e foto delle condizioni di vita, e fornisce anche informazioni sul contesto, compreso il quadro giuridico e le scelte politiche relative alla gestione della migrazione. In particolare, l’organizzazione punta l’attenzione sui respingimenti da e verso la Serbia, sulla violenza della polizia serba e sulla morte delle persone lungo il percorso. Una parte è dedicata anche alle sparatorie avvenute in quei mesi nell’area settentrionale del Paese e delle reti di passatori (smugglers) sospettate di esserne all’origine. Sono illustrati anche alcuni dati: la maggior parte delle persone incontrate dall’Ong proveniva da Siria e Afghanistan (94%); il punto di “ingresso” più comune in Serbia è dalla Bulgaria (con il 40% che a settembre è entrato solo attraverso la Macedonia settentrionale), mentre i tragitti più utilizzati per uscire dal Paese sono quelli verso la Bosnia-Erzegovina e l’Ungheria, con quest’ultima che ha anche il primato dei respingimenti. Klikaktiv ha, infine, continuato a rilevare un numero significativo di minori non accompagnati negli insediamenti informali presenti nella zona di confine, perfino ragazzini di età inferiore ai 14 anni provenienti soprattutto dalla Siria.

    Un episodio emblematico è quello raccontato da No Name Kitchen, che opera a Subotica supportando centinaia di persone che vivono fuori dai campi ufficiali negli edifici abbandonati.
    L’Ong tramite la pagina facebook ha denunciato un violento pushback nei confronti di quattro ragazzi marocchini. Racconta di aver incontrato il gruppo fuori dal campo di #Subotica la notte del 25 ottobre, dopo essere stati informati della gravità delle condizioni fisiche di uno dei giovani: «La polizia lo ha colpito molto violentemente causandogli una ferita aperta sulla fronte e una grave commozione cerebrale. Anche gli altri tre amici indossavano bende in testa. M. e i tre amici sono stati arrestati e brutalmente attaccati da tre poliziotti ungheresi, dopo aver attraversato il villaggio serbo di #Martonoš».

    «L’estrema violenza usata in questa repressione ci lascia senza parole – scrivono le attiviste -. Il gruppo ha segnalato di essere stato picchiato in mezzo alla foresta alle 23 da due poliziotti maschi. Usavano soprattutto manganelli per infliggere ferite. Mentre il gruppo stava soffrendo terribilmente, il terzo poliziotto ha iniziato a filmare la scena».

    No Name Kitchen spiega che il ragazzo per la quantità di botte ricevute in testa ha perso conoscenza ed è stato trasportato in un ospedale nella città ungherese di Szeged dove è stato rapidamente curato e rilasciato senza ulteriori visite mediche nonostante i sintomi indichino un potenziale trauma cerebrale. Insieme al gruppo di amici è stato illegalmente rispedito in Serbia senza che nessuno si preoccupasse delle sue condizioni di salute.

    Il pretesto “perfetto”

    E’ in questo contesto, nel quale la mobilità umana viene pesantemente repressa, che un nuovo scontro tra gruppi di migranti, probabilmente smugglers, ha portato alla morte di tre persone e al ferimento di un’altra. Le uniche notizie sono legate ad un comunicato diramato dal ministero dell’interno serbo, dove si legge che la polizia ha poi fatto irruzione in alcuni edifici abbandonati nell’area di Horgos, sequestrando armi e munizioni, trovando inoltre 79 persone di varie nazionalità che sono state trasferite nei campi di ricezione. L’operazione – che ha coinvolto le unità anti-terrorismo, la gendermerie e gli elicotteri della polizia – ha portato all’arresto di quattro cittadini afghani e due turchi sospettati di possesso illegale di armi ed esplosivi.

    La sparatoria e le morti sono diventate così il nuovo pretesto per portare un’ulteriore stretta e militarizzazione nell’intera zona di confine. Il presidente serbo Vucic ha infatti dichiarato che potrebbe far intervenire l’esercito per risolvere la situazione se le forze di polizia non si dimostreranno all’altezza, avvertendo così il suo stesso Ministro degli Interni Gasic: “[…] non è la prima volta che parlo con il Ministro degli Interni. O farete le cose che dovete fare, o direte che non siete in grado di farle. Mettetevi in guardia, farò intervenire l’esercito e faremo piazza pulita, li arresteremo e li metteremo dietro le sbarre”, ha detto intervenendo in televisione. Dopo la sparatoria è stato stipulato un accordo di cooperazione tra lo stesso Gasic e il Ministro degli Interni ungherese Pinter, in un incontro al valico di frontiera di Reska, dove hanno discusso della lotta “all’immigrazione irregolare” e dell’utilizzo di ufficiali ungheresi a supporto dei colleghi serbi. “Per combattere la criminalità organizzata e la migrazione irregolare, è stato proposto di istituire un gruppo di lavoro congiunto tra i membri dei ministeri degli Interni di Serbia e Ungheria”, riporta il comunicato congiunto 2.

    Le autorità hanno inoltre comunicato a tutte le organizzazioni umanitarie che sono attive nei campi profughi dislocati nella zona che temporaneamente non potranno lavorare al loro interno. Alcuni testimoni affermano che i successivi controlli di polizia hanno portato a fermi e diversi episodi di violenza.

    https://www.youtube.com/watch?v=l43XWHlj8uw&embeds_referring_euri=https%3A%2F%2Fwww.meltingpot.org%

    «Negli ultimi mesi le operazioni poliziesche sono diventate dei veri e propri “rastrellamenti” nelle strade, nelle stazioni e nei negozi della regione di Subotica e Sombor.»

    Gli ultimi aggiornamenti di No Name Kitchen sono del 2 novembre, quando le attiviste hanno visitato il campo ufficiale a Subotica e lo hanno trovato completamente vuoto. Il campo solitamente ospita più di 300 persone tra uomini, donne, ragazzi e famiglie, e la polizia l’ha sgomberato il 31 ottobre deportando con la forza le persone. «Ci è stato detto che durante lo sgombero ci sono stati pestaggi e violenza. Non sappiamo dove siano state portate queste persone, ma sembra che la chiusura di tutti i campi serbi faccia parte dell’ultima azione promossa dallo Stato per reprimere l’immigrazione irregolare al confine tra Serbia e Ungheria».

    «Recentemente – osserva l’organizzazione – è stato pubblicato un video che mostra le forze militari e di polizia che rastrellano ostelli e insediamenti informali alla ricerca di bande di smuggler e persone migranti. La clip di 7 minuti è accompagnata da musica che ricorda un videogioco di guerra. Le forze militari armate con il volto coperto vengono filmate mentre arrestano e sfrattano le persone dagli edifici».

    La caccia ai migranti è diventata la norma, di fatto impedendo la circolazione delle persone migranti anche all’interno del territorio serbo, attraverso una politica di deportazioni dal nord al sud, verso i campi al confine con la Macedonia e il Kosovo, rallentando il viaggio delle persone e alimentando così il circuito economico connesso al movimento dei migranti, che coinvolge – tra gli altri – gli apparati dello stato stessi e i network di smuggling. Dall’altra parte, le guerre intestine tra le organizzazioni di smuggling forniscono il pretesto perfetto per la repressione governativa, che però si abbatte in modo generalizzato sulle persone migranti senza scalfire le organizzazioni criminali che si propone di colpire. Dopo diverse inchieste giornalistiche firmate da Balkan Insight negli ultimi mesi, la credibilità delle autorità serbe è a pezzi agli occhi dell’opinione pubblica, perché è stata dimostrata più volte la complicità tra gli apparati di polizia e le bande di smuggler, svelando un sistema dove economicamente tutti ci guadagnano, sulla pelle delle persone migranti 3.

    https://www.meltingpot.org/2023/11/confine-serbia-ungheria-aumenta-la-militarizzazione-e-la-violenza-della-
    #Serbie #Hongrie #militarisation_des_frontières #frontières #migrations #asile #réfugiés #Balkans #route_des_Balkans #violence

    • The Third Quarterly Report in 2023

      The report covers trends observed in the field during our team’s visits to the informal settlements at the EU’s external borders with Serbia during July, August and September 2023, including testimonies and quotes of refugees, as well as the photos of the living conditions. The report also provides information on the context, including important legal framework and political trends regarding migration management in the country. We particularly shed light on push backs to and from Serbia, violence by the Serbian police and deaths of refugees on the route. We also wrote about recent shootings in the northern area of the country and smuggling networks suspected to be behind them.

      Some of the key trends identified in the reporting period were:

      - Majority of all Klikaktiv’s beneficiaries were from: Syria and Afghanistan (94% combined). Most common entry point: Bulgaria (with 40% who entered through North Macedonia in September) Most common attempted exit points: to Hungary and to Bosnia and Herzegovina.

      – Push backs from the EU Member States have continued in the reporting period - majority of which happened from Hungary to Serbia. Push backs by the Serbian police were reported by people on the move on the border with Bulgaria in joint operation with Austrian police, and on the border with North Macedonia together with German police.

      - Klikaktiv continued to note a significant number of unaccompanied boys in informal settlements in the border area, particularly those younger than 14 years old, mostly from Syria.

      - Although in smaller numbers compared to refugees from Syria and Afghanistan, we continued to meet Turkish citizens who came to Serbia legally and tried to continue to the EU irregularly.

      These trends are further elaborated on in the report, as well as other information and cases from the field.

      You can download the full report here: https://drive.google.com/file/d/1nQiQvm4atW8ltpjTFTTBGeMseJvzsEO_/view

      https://klikaktiv.org
      #rapport #push-backs #refoulements

  • #Serbie : à #Subotica, le juteux #business des #refoulements de réfugiés et des #passeurs

    Des milliers de personnes survivent dans la #forêt ou des #squats autour de Subotica, dans le nord de la #Serbie. Une sanglante rixe a opposé des réseaux de passeurs le 2 juillet. La cause ? Les violents refoulements depuis la Hongrie voisine alimentent le business et les trafics.

    Amer Afridi, originaire du Pakistan, est actuellement hébergé au Centre d’accueil de Subotica, dans le nord de la Serbie. Il y a trois ans, il a quitté ses parents pour tenter sa chance en Autriche. Il essaie tous les jours de traverser la frontière hongroise, mais sans avoir recours à un passeur. « Je leur ai déjà donné trop d’argent, 7000 euros pour venir jusqu’ici », raconte le jeune homme.

    Au cours des sept dernières années, le trafic de migrants dans le nord de la Serbie, autour de Subotica, est devenu un commerce très lucratif. Par rapport aux années précédentes, quand ce trafic était surtout assuré par des acteurs locaux, des passeurs-migrants qui connaissent bien les conditions en Serbie comme en Hongrie y participent de manière active depuis 2019. D’après les militants de l’accueil, cette évolution serait la conséquence des fréquents refoulements violents de migrants au-delà des frontières extérieures de l’UE. Le prix pour ceux qui fuient la guerre et la pauvreté, et pour qui atteindre la « porte de l’Europe » est souvent le seul moyen de survivre, varie de 7000 à 10 000 euros.

    Escroqueries massives
    Dès leur arrivée à Subotica, réfugiés et migrants demandent souvent l’aide de chauffeurs de taxi locaux pour se rendre au centre d’accueil, à Horgoš ou bien dans les forêts où opèrent également les passeurs. Selon un chauffeur de taxi de Subotica qui souhaite garder l’anonymat mais dont l’identité est connue de Radio Slobodna Evropa (RSE), les migrants demandent le plus souvent à se rendre à Horgoš, dans les forêts de Makova Sedmica et Kelebija.

    « Avec mes collègues de l’association, nous mettons le taximètre, comme pour n’importe quel client, mais nous sommes parmi les rares à Subotica à le faire. Avant, certains facturaient le double ou le triple du montant du taximètre pour de se faire un peu plus de sous illicitement. Personnellement, je suis désolé pour ces gens qui sont obligés d’accepter ces prix », confie-t-il. « Avant, c’était massif, ils escroquaient les gens, et en plus avec l’aide de la police... Ils les emmenaient à l’ancienne gare de Palić et leur disaient que c’était la frontière. Ces malheureux étaient obligés de rebrousser chemin, sans savoir où ils étaient. » Il ne sait pas si cette pratique se poursuit encore aujourd’hui.

    Ce chauffeur de taxi ajoute que ses clients sont le plus souvent originaires du Pakistan, d’Afghanistan, d’Inde, du Maroc, de Tunisie, d’Algérie, de Turquie, et qu’il y a désormais nettement moins de Syriens. À son avis, les migrants dans la forêt de Makova Sedmica n’ont causé de problèmes à personne et la sanglante fusillade qui a éclaté le 2 juillet était un règlement de comptes entre des groupes de passeurs. « Ils vont à pied au marché, ils se déplacent dans la forêt et, autant que je sache, ils n’ont jamais agressé personne. Ces migrants ordinaires, ce sont des gens tout à fait honnêtes qui vous regardent comme un sauveur qui pourrait les emmener vers un lieu et c’est tout. »

    Le 2 juillet, un affrontement armé entre deux groupes rivaux de migrants a fait six blessés et un mort. Le jour même, la télévision publique RTS affirme qu’il serait probablement dû à un différend sur le trafic. Le lendemain, la police annonçait avoir arrêté un ressortissant afghan, identifié comme A.N., né en 1996, qu’elle soupçonne du meurtre. Le communiqué de la police n’a pas fourni de détails sur les raisons qui ont conduit à l’incident. Pour sa part, le Centre de protection et d’aide aux demandeurs d’asile (CZA) a expliqué que, selon les informations obtenues auprès des réfugiés, des passeurs originaires du Pakistan et d’Afghanistan y auraient pris part.

    « La contrebande et la traite des êtres humains sont toujours plus que présentes à nos frontières avec l’UE. Cela est dû aux barrières, aux refoulements, à la violence et aux vaines tentatives d’arrêter les migrations intercontinentales vers la zone UE par le recours à la violence à la frontière avec la Serbie », a tweeté le directeur du CZA, Radoš Đurović.

    Le site d’investigation BIRN avait affirmé en juin que certains groupes impliqués dans le trafic d’êtres humains avaient des contacts au sein de la police serbe, qu’ils utilisent pour établir leur domination sur le marché criminel. L’incident de Subotica a provoqué de vives réactions tant des autorités que de l’opposition, qui s’opposent sur le sujet de la sécurité dans la ville. Des organisations d’extrême-droite ont également réagi, notamment la Narodna Patrola (Patrouille populaire) qui a partagé sur sa chaîne Telegram le 11 juillet des images d’une marche de protestation, aux côtés d’un groupe de citoyens.

    « Les refoulements sont à l’origine de tout »
    Pour Radoš Đurović, la principale cause des problèmes actuels sont les refoulements, que personne ne signale. Pour lui, cela profite aux passeurs et renforce les structures criminelles. « C’est un affrontement entre criminels, et les victimes sont les réfugiés et les migrants qui veulent poursuivre la route mais n’ont nulle part où aller. Tout cela se répercute ensuite sur la scène politique locale », estime-t-il. « La solution passe par une implication plus active des institutions pour loger ces personnes et combattre la criminalité et la contrebande. Il faut donc une police plus active pour les protéger, mais avant tout pour résoudre le problème des refoulements. Il n’est plus possible que ce sujet soit systématiquement passé sous silence lors des rencontres inter-étatiques. »

    D’après lui, des centaines de personnes sont chaque jour refoulées en Serbie, où elles se retrouvent directement confrontées aux passeurs, qui leur proposent du logement ou du transport. Quant à la présence de « patrouilles populaires » à Subotica, Radoš Đurović rappelle que ce n’est pas à elles d’assurer l’ordre public, qui est la compétence exclusive du ministère de l’Intérieur.

    https://www.courrierdesbalkans.fr/Serbie-a-Subotica-le-juteux-business-des-refoulements-de-refugies

    #migrations #asile #réfugiés #frontières #push-backs #taxi #chauffeurs_de_taxi #escroquerie #Horgoš # Horgos #Makova_Sedmica #Kelebija #milices

  • ‘They can see us in the dark’: migrants grapple with hi-tech fortress EU

    A powerful battery of drones, thermal cameras and heartbeat detectors are being deployed to exclude asylum seekers

    Khaled has been playing “the game” for a year now. A former law student, he left Afghanistan in 2018, driven by precarious economic circumstances and fear for his security, as the Taliban were increasingly targeting Kabul.

    But when he reached Europe, he realised the chances at winning the game were stacked against him. Getting to Europe’s borders was easy compared with actually crossing into the EU, he says, and there were more than physical obstacles preventing him from getting to Germany, where his uncle and girlfriend live.

    On a cold December evening in the Serbian village of Horgoš, near the Hungarian border, where he had spent a month squatting in an abandoned farm building, he and six other Afghan asylum seekers were having dinner together – a raw onion and a loaf of bread they passed around – their faces lit up by the glow of a fire.

    The previous night, they had all had another go at “the game” – the name migrants give to crossing attempts. But almost immediately the Hungarian border police stopped them and pushed them back into Serbia. They believe the speed of the response can be explained by the use of thermal cameras and surveillance drones, which they had seen during previous attempts to cross.

    “They can see us in the dark – you just walk, and they find you,” said Khaled, adding that drones had been seen flying over their squat. “Sometimes they send them in this area to watch who is here.”

    Drones, thermal-vision cameras and devices that can detect a heartbeat are among the new technological tools being increasingly used by European police to stop migrants from crossing borders, or to push them back when they do.

    The often violent removal of migrants without giving them the opportunity to apply for asylum is illegal under EU law, which obliges authorities to process asylum requests whether or not migrants possess identification documents or entered the country legally.

    “Routes are getting harder and harder to navigate. Corridors [in the Balkans are] really intensively surveyed by these technologies,” says Simon Campbell, field coordinator for the Border Violence Monitoring Network (BVMN), a migrant rights group in the region.

    The militarisation of Europe’s borders has been increasing steadily since 2015, when the influx of migrants reached its peak. A populist turn in politics and fear whipped up around the issue have fuelled the use of new technologies. The EU has invested in fortifying borders, earmarking €34.9bn (£30bn) in funding for border and migration management for the 2021-27 budget, while sidelining the creation of safe passages and fair asylum processes.

    Osman, a Syrian refugee now living in Serbia, crossed several borders in the southern Balkans in 2014. “At the time, I didn’t see any type of technology,” he says, “but now there’s drones, thermal cameras and all sorts of other stuff.”

    When the Hungarian police caught him trying to cross the Serbian border before the pandemic hit last year, they boasted about the equipment they used – including what Osman recalls as “a huge drone with a big camera”. He says they told him: “We are watching you everywhere.”

    Upgrading of surveillance technology, as witnessed by Khaled and Osman, has coincided with increased funding for Frontex – the EU’s Border and Coast Guard Agency. Between 2005 and 2016, Frontex’s budget grew from €6.3m to €238.7m, and it now stands at €420.6m. Technology at the EU’s Balkan borders have been largely funded with EU money, with Frontex providing operational support.

    Between 2014 and 2017, with EU funding, Croatia bought 13 thermal-imaging devices for €117,338 that can detect people more than a mile away and vehicles from two miles away.

    In 2019, the Croatian interior ministry acquired four eRIS-III long-range drones for €2.3m. They identify people up to six miles away in daylight and just under two miles in darkness, they fly at 80mph and climb to an altitude of 3,500 metres (11,400ft), while transmitting real-time data. Croatia has infrared cameras that can detect people at up to six miles away and equipment that picks upheartbeats.

    Romania now has heartbeat detection devices, alongside 117 thermo-vision cameras. Last spring, it added 24 vehicles with thermo-vision capabilities to its border security force at a cost of more than €13m.

    Hungary’s investment in migration-management technology is shielded from public scrutiny by a 2017 legal amendment but its lack of transparency and practice of pushing migrants back have been criticised by other EU nations and the European court of justice, leading to Frontex suspending operations in Hungary in January.

    It means migrants can no longer use the cover of darkness for their crossing attempts. Around the fire in Horgoš, Khaled and his fellow asylum-seekers decide to try crossing instead in the early morning, when they believe thermal cameras are less effective.

    A 2021 report by BVMN claims that enhanced border control technologies have led to increased violence as police in the Balkans weaponise new equipment against people on the move. Technology used in pushing back migrants has “contributed to the ease with which racist and repressive procedures are carried out”, the report says.

    BVMN highlighted the 2019 case of an 18-year-old Algerian who reported being beaten and strangled with his own shirt by police while attempting a night crossing from Bosnia to Croatia. “You cannot cross the border during the night because when the police catch you in the night, they beat you a lot. They break you,” says the teenager, who reported seeing surveillance drones.

    Ali, 19, an Iranian asylum-seeker who lives in a migrant camp in Belgrade, says that the Croatian and Romanian police have been violent and ignored his appeals for asylum during his crossing attempts. “When they catch us, they don’t respect us, they insult us, they beat us,” says Ali. “We said ‘we want asylum’, but they weren’t listening.”

    BVMN’s website archives hundreds of reports of violence. In February last year, eight Romanian border officers beat two Iraqi families with batons, administering electric shocks to two men, one of whom was holding his 11-month-old child. They stole their money and destroyed their phones, before taking them back to Serbia, blasting ice-cold air in the police van until they reached their destination.

    “There’s been some very, very severe beatings lately,” says Campbell. “Since the spring of 2018, there has been excessive use of firearms, beatings with batons, Tasers and knives.”

    Responding to questions via email, Frontex denies any link between its increased funding of new technologies and the violent pushbacks in the Balkans. It attributes the rise in reports to other factors, such as increased illegal migration and the proliferation of mobile phones making it easier to record incidents.

    Petra Molnar, associate director of Refugee Law Lab, believes the over-emphasis on technologies can alienate and dehumanise migrants.

    “There’s this alluring solution to really complex problems,” she says. “It’s a lot easier to sell a bunch of drones or a lot of automated technology, instead of dealing with the drivers that force people to migrate … or making the process more humane.”

    Despite the increasingly sophisticated technologies that have been preventing them from crossing Europe’s borders, Khaled and his friends from the squat managed to cross into Hungary in late December. He is living in a camp in Germany and has begun the process of applying for asylum.

    https://www.theguardian.com/global-development/2021/mar/26/eu-borders-migrants-hitech-surveillance-asylum-seekers

    #Balkans #complexe_militaro-industriel #route_des_Balkans #technologie #asile #migrations #frontières #contrôles_frontaliers #caméras_thermiques #militarisation_des_frontières #drones #détecteurs_de_battements_de_coeur #Horgos #Horgoš #Serbie #the_game #game #surveillance_frontalière #Hongrie #Frontex #Croatie #Roumanie #nuit #violence #refoulements #push-backs #déshumanisation

    ping @isskein @karine4

  • Hongrie : des #tirs de sommation pour dissuader des dizaines de migrants à la frontière avec la #Serbie

    Plusieurs dizaines de migrants ont tenté, mardi, de forcer la frontière grillagée serbo-hongroise afin de gagner l’Europe de l’Ouest. La police hongroise a répondu par des tirs de sommation pour les dissuader. Fait “rarissime” qui traduit un nouvel afflux sur la route migratoire des Balkans qui n’était quasi plus empruntée depuis 2015, explique un spécialiste.

    “De jeunes hommes organisés et agressifs”. C’est ainsi que les autorités hongroises ont décrit le groupe de 60 à 70 migrants qui a tenté de franchir la frontière entre la Serbie et la Hongrie, au petit matin du mardi 28 janvier. “C’est la première fois qu’un groupe de cette envergure est interpellé après avoir découpé les grillages” de cette frontière, indique Peter Van der Auweraert, le représentant de l’Organisation internationale pour les migrations (OIM), contacté par InfoMigrants. L’incident s’est produit précisément au niveau du poste-frontière d’#Horgos 2 près de la ville hongroise de #Röszke.

    Les forces de l’ordre sur place ont procédé à des #tirs_de_sommation afin de dissuader les migrants d’entrer en Hongrie. “C’est aussi une première à notre connaissance”, souligne l’OIM. Joint également par InfoMigrants, Philippe Bertinchamps, rédacteur en chef adjoint du Courrier des Balkans et spécialiste de la zone, confirme la rareté du geste. “Je ne suis toutefois pas surpris”, nuance-t-il. “La #police hongroise s’est déjà fait connaître par le passé pour des faits de violences envers les migrants, il y a des témoignages de personnes battues ou des téléphones volontairement cassés, par exemple.”

    D’après l’OIM, une quarantaine de migrants a été immédiatement renvoyée de l’autre côté de la frontière, en Serbie. Quatre hommes ont également été interpellés sur le territoire hongrois et placés en garde à vue. D"autres" sont parvenus à entrer en Hongrie, a indiqué à l’AFP un porte parole de la police locale, sans donner de précision sur le chiffre. Côté serbe, la police frontalière a intercepté “37 migrants qui tentaient de franchir illégalement la frontière pour pénétrer en Hongrie aux alentours de 5h du matin”, a sobrement déclaré le ministère de l’Intérieur.

    Explosion du nombre de tentatives de passages à la frontière serbo-hongroise

    Située sur la route migratoire dite des Balkans ainsi que sur l’une des frontières extérieures de l’espace Schengen, la Hongrie a érigé dès 2015 des clôtures partiellement électrifiées rendant le franchissement de ses frontières beaucoup plus périlleux pour les migrants espérant rejoindre l’Europe de l’Ouest. “Cette route s’était nettement tarie, mais de plus en plus de migrants actuellement bloqués en Bosnie sont brutalement refoulés par la police croate. Les conditions de vie étant infernales en Bosnie et le passage impossible vers la Croatie, les migrants se mettent naturellement à retenter l’ancienne route des Balkans via la Hongrie”, analyse Philippe Bertinchamps.

    Les chiffres parlent d’eux mêmes : quelque 3 400 tentatives de passages clandestins ont eu lieu depuis le début de l’année, a affirmé lors d’une conférence de presse mardi, Gyorgy Bakondi, le conseiller du Premier ministre souverainiste Viktor Orban. Il s’agit d’une très forte hausse comparativement à 2019 dont la moyenne mensuelle des tentatives de passages était d’environ un millier.

    Dirigé par une majorité politique hostile à l’accueil de réfugiés, le gouvernement hongrois n’a eu de cesse de marteler ces dernières années que les candidats à l’exil se devaient de déposer leur demande d’asile dans le premier pays européen par lequel ils sont passés, en vertu du Règlement Dublin qu’une partie des pays membres de l’Union européenne veut réformer pour plus plus d’équité. Mais la Hongrie s’y oppose fermement et refoule systématiquement vers la Serbie les candidats arrivant par voie terrestre. Elle refuse également d’accueillir sur son sol les rescapés de la Méditerranée qui font désormais l’objet d’un mécanisme de répartition européen entre certains des États membres.

    https://www.infomigrants.net/fr/post/22420/hongrie-des-tirs-de-sommation-pour-dissuader-des-dizaines-de-migrants-
    #Hongrie #frontières #migrations #asile #réfugiés #Route_des_Balkans #dissuasion #push-backs #push-back #refoulement
    #armes #armes_à_feu #arme_à_feu

  • Report: Western Balkans route not closed, just diverted via Bulgaria

    A report by a German think tank reveals the deficiencies of the deal with Turkey to stem the flow of refugees to Europe. Migration is on the menu of the two-day summit starting today (22 June).

    https://www.euractiv.com/section/justice-home-affairs/news/report-western-balkans-route-not-closed-just-diverted-via-bulgaria
    #route_des_balkans #asile #migrations #réfugiés #routes_migratoires #Bulgarie #rapport #refoulements #push-back #statistiques #chiffres

    Lien vers le rapport:
    The EU-Turkey Refugee Deal and the Not Quite Closed Balkan Route


    http://library.fes.de/pdf-files/bueros/sarajevo/13436.pdf
    #accord_UE-Turquie #Turquie #Grèce #nouvelle_route_des_balkans
    cc @i_s_

    • Bloqués en Serbie : les réfugiés perdus de la « route des Balkans »

      Malgré sa fermeture officielle, il y a bientôt deux ans, la « route des Balkans » est toujours active. Environ 5 000 réfugiés sont bloqués en Serbie qui, de pays de transit, s’est brutalement transformée en cul-de-sac. D’autres exilés continuent d’arriver, via la Turquie, la Grèce, puis la Macédoine ou la Bulgarie.

      Certains ont déjà essayé dix fois, quinze fois, de passer en #Hongrie, la porte d’entrée de l’espace Schengen. « La nuit, nous jetons des tissus sur les barrières de barbelés », poursuit Rauf. Ces tentatives répétées, les migrants ont fini par leur donner un nom : « #le_jeu ». Celui du chat et de la souris avec les forces de police qui patrouillent nuit et jour de l’autre côté de l’immense mur qui ceinture la frontière. La plupart se font vite rattraper. Au programme : prise d’identité et renvoi en Serbie, non sans un tabassage quasi systématique.
      #murs #barrières_frontalières #frontières

      C’est une ferme abandonnée, cachée derrière un bois touffu, au milieu de la plaine de Voïvodine, tout au nord de la Serbie, à quelques centaines de mètres de la frontière hongroise. Une cinquantaine de jeunes hommes vivent ici, s’entassant dans des pièces aux fenêtres depuis longtemps disparues. L’hiver, les températures descendent la nuit sous les – 10 °C.
      Pour se réchauffer, les migrants font brûler du bois et de vieux plastiques et entassent autant de couvertures qu’ils le peuvent. Rauf, originaire du Pendjab, n’a que 15 ans, mais cela fait plus d’un an qu’il est sur la route. « J’ai traversé le Pakistan, l’Iran, la Turquie, la Grèce, la Macédoine, la Serbie », explique-t-il. Son objectif ? Rejoindre Paris, où son père est installé.

      « Depuis plus d’un an, nos médecins et nos infirmières entendent les mêmes histoires décrivant des hommes battus et humiliés », détaille Stéphane Moissaing, le directeur de la mission de Médecins sans frontières (MSF) en Serbie. « La Hongrie, la Croatie, mais aussi la Bulgarie utilisent intentionnellement la #violence pour dissuader les migrants de demander l’asile dans l’Union européenne. Cela ne les décourage pas, mais cela leur cause de sérieux dégâts physiques, les rendant plus vulnérables encore », s’indigne-t-il.
      #vulnérabilité

      Une équipe mobile de MSF passe une fois par semaine dans les bois proches de la frontière. « Nous soignons des grippes, des infections respiratoires et intestinales, des maladies de peau dues aux mauvaises conditions d’hygiène, mais aussi les blessures provoquées par les coups et les morsures des chiens et des policiers », explique Iva, la doctoresse serbe de l’équipe. Autour de #Subotica, entre #Horgoš et #Bački_Vinogradi, ils sont plusieurs centaines à survivre dans les carcasses d’anciennes fermes, se regroupant par nationalités.
      Ce matin ensoleillé de janvier, l’ambiance est pourtant détendue. L’ONG allemande Rigardu a installé un camion-douche et un « salon de beauté », permettant aux migrants de se raser ou de se couper les cheveux. Au sol, des téléphones sont en train de se recharger, branchés sur le groupe électrogène apporté par les volontaires. Pour franchir la frontière, il est essentiel de compter sur les #passeurs : deux sont présents, négociant sans se cacher leurs services avec ceux qui ont un peu d’argent. Ils demandent 300 à 400 euros par personne, largement redistribués en pourboire à des policiers hongrois de connivence. En revanche, la police serbe est invisible et tolère le campement de migrants, à l’écart des villes.
      #violences_policières

      Selon Stéphane Moissaing, 1 000 à 1 500 migrants pénétreraient chaque mois en Serbie, majoritairement depuis la Macédoine et la Bulgarie, et autant en sortiraient. Depuis la fermeture officielle de la « route des Balkans », en mars 2016, les voies de passage demeurent globalement les mêmes, malgré le renforcement des moyens des polices locales et de ceux de #Frontex. En 2015 et 2017, le budget de l’agence européenne a été multiplié par deux, passant de 143 à plus de 280 millions d’euros.
      Pour déjouer ces mesures de sécurité, certains migrants tentent alors d’ouvrir de nouvelles routes. En 2017, 735 personnes en situation irrégulière ont été interpellées en #Bosnie-Herzégovine, huit fois plus que l’année précédente, dont la moitié à proximité de la frontière avec la Serbie. Et la tendance semble s’accélérer : plus du quart de ces arrestations ont eu lieu en décembre. « Ce sont les plus pauvres, ceux qui n’ont plus les moyens de se payer des passeurs, qui essaient de contourner l’obstacle hongrois par le sud, continue Stéphane Moissaing. Le phénomène reste pour l’instant marginal, mais l’on ne sait pas ce qu’il adviendra au printemps, quand les flux repartiront à la hausse. »
      Selon les données du Haut-Commissariat aux réfugiés, 4000 autres personnes sont hébergées dans des camps gérés par le gouvernement serbe, un chiffre stable depuis des mois. Celui d’#Obrenovac, dans la grande banlieue de Belgrade, n’accueille que des hommes seuls, dont 17 mineurs. Au dernier comptage, ils étaient 737, dont 235 Afghans et 395 Pakistanais, suivis par un impressionnant patchwork de nationalités : Algériens, Marocains, Népalais, Indiens, Somaliens, etc.
      À Obrenovac, les responsables du centre font visiter la salle de sport, le foyer, la petite école, qui offre des cours d’anglais, de serbe et de mathématiques aux mineurs. Les résidents peuvent circuler librement, se rendre en ville en déclarant leur sortie. Les conditions sont correctes, mais la promiscuité qui se prolonge finit par exaspérer. En novembre dernier, le camp a été le théâtre d’une bataille rangée impliquant plusieurs centaines de personnes, principalement des Afghans et des Pakistanais. Une autre bagarre a éclaté le 23 janvier. Miloš, un employé du Commissariat serbe aux réfugiés, résume le problème à une histoire « d’excès d’hormones entre jeunes adultes ». La très grande majorité de ces hommes ont entre 20 et 30 ans.
      Certains sont bloqués depuis plus de deux ans.
      #attente

      Beaucoup de migrants refusent de loger dans le centre, par peur d’être identifiés et de devoir donner leurs empreintes digitales. « Ceux-là, s’ils veulent bénéficier des services du centre, il faut qu’ils s’enregistrent », poursuit le jeune homme, qui a déjà travaillé dans d’autres camps, « plus calmes, où il y a des familles ». C’est aux abords du centre que les passeurs concluent leurs affaires, et la police s’accommode des allers-retours fréquents avec les squats permettant le passage clandestin de la frontière.
      Milica, également employée par le Commissariat serbe, s’occupe surtout des mineurs. « Certains restent prostrés. Ils ont tous essayé de franchir la frontière de nombreuses fois, ils ont été battus, refoulés. Beaucoup ont été renvoyés de Hongrie ou de Croatie. Ils ont perdu tout #espoir, et la perspective d’un retour au pays serait la fin de leur rêve, la reconnaissance de leur échec. » Pour les volontaires des ONG, le principal problème reste le désœuvrement. « Ils reçoivent trois repas par jour et prennent des douches chaudes, mais ne font rien de leur journée. Comment vivre comme cela durant des mois ? », s’interroge l’un d’eux.
      Idriss, 23 ans, étudiait le droit à Alger. Il a décidé de prendre la route voilà 18 mois à cause de « problèmes » qu’il ne préfère pas détailler. Il a d’abord gagné la Turquie, où il a brièvement travaillé, avant de s’engager sur la route des Balkans. Le jeune homme passe l’hiver à Obrenovac pour reprendre des forces. La poursuite du voyage dépendra de sa capacité de rassembler assez d’argent pour traiter avec les passeurs.
      À la frontière avec la Croatie, près de #Šid, environ 150 personnes vivent dans les bois qui jouxtent le Centre d’accueil, certaines depuis plus d’un an. Ils sont algériens pour la plupart, mais il y a aussi des Afghans et des Marocains. Ces jeunes hommes préfèrent rester dans la « #jungle », considérant que faute d’être syriens ou irakiens, ils n’ont aucune chance d’obtenir l’asile en Serbie et qu’un séjour dans un camp officiel ne ferait que retarder leur objectif : rejoindre un pays riche de l’Union européenne.
      #campement

      Sava, un autre employé du Commissariat, lui-même réfugié serbe chassé de la Krajina croate en 1995, lance : « Nous, les Serbes, savons ce qu’être réfugié veut dire. Nous considérons les migrants comme des êtres humains, ils sont bien mieux traités chez nous que chez vous, à Calais. » Sa supérieure surenchérit : « Tous les problèmes viennent des camps sauvages que dressent des anarchistes payés par l’Union européenne… Ils manipulent les migrants, alors que leur seul but est de récupérer des subventions ! » Les 25 et 26 décembre dernier, plusieurs dizaines de migrants ont entrepris un sit-in dans les champs qui séparent Serbie et Croatie, aux abords de la localité de #Tovarnik, avant d’être évacués par la police serbe, qui les a conduits vers des camps, comme celui d’Obrenovac.

      En 2018, la Serbie devrait toucher 16 millions d’euros de l’Union européenne pour financer les centres d’accueil. En ajoutant les moyens mis à disposition par les ONG, cela représente un budget annuel de près de 4 000 euros par réfugié, plus élevé que les revenus de nombreux Serbes. « La route des Balkans fonctionne toujours », explique Stéphane Moissaing. « L’UE s’accommode de ces flux, pourvu qu’ils restent discrets. » Les chiffres restent en effet bien éloignés de ceux de 2015. « Pour sa part, ajoute l’humanitaire, Belgrade essaie de concentrer les gens dans les #camps, alors que certaines familles sont bloquées dans le pays depuis deux ans. »

      En ce moment, MSF tente de mettre sur pied un programme de relogement dans des appartements vides, mais les autorités serbes ne cachent pas leurs réticences. L’inscription de quelques enfants de réfugiés dans des écoles de la banlieue de Belgrade à l’automne dernier relevait avant tout d’une bonne opération de communication. Et deux demandes d’asile seulement ont été acceptées par les autorités serbes en 2017. Même les migrants employés par les ONG présentes en Serbie ne parviennent pas à l’obtenir.
      Pour les autorités serbes, le calcul est gagnant de tout point de vue. Belgrade démontre son empressement à jouer le rôle de gardien des frontières européennes. Cela sert de monnaie d’échange au président Aleksandar Vučić, tout en lui assurant un joli pactole. Quant au flux minime de ceux que les passeurs parviennent à faire pénétrer en Hongrie ou en Croatie, il ne sert qu’à faire tenir l’ensemble du système.

      https://www.mediapart.fr/journal/international/260218/bloques-en-serbie-les-refugies-perdus-de-la-route-des-balkans

      Je copie-colle ici un passage de l’article, qui met en avant le #business de l’#accueil des réfugiés :

      En 2018, la Serbie devrait toucher 16 millions d’euros de l’Union européenne pour financer les centres d’accueil. En ajoutant les moyens mis à disposition par les ONG, cela représente un budget annuel de près de 4 000 euros par réfugié, plus élevé que les revenus de nombreux Serbes.

    • ON THE BALKAN ROUTE : PERNICIOUS EFFECTS OF E.U. ANTI-MIGRATION POLICIES

      The “Balkan route” refers to a migration route that links Turkey to Western Europe. In 2015, Hungary, Macedonia and Croatia unilaterally closed their borders, while in 2016 the EU signed an agreement with Turkey aimed at putting an end to migrant crossings of the Aegean Sea. These uncoordinated migration and containment policies led to an encampment situation in Greece and Serbia.


      http://www.noria-research.com/balkan-route-pernicious-effects-e-u-anti-migration-policies
      #encampement

      Et le reportage photo :


      http://www.noria-research.com/on-the-balkan-route
      #photographie

    • Réfugiés : la Bulgarie veut fermer les frontières des Balkans

      Le projet a été révélé mardi par Reuters. En pleine préparation du sommet européen des 28-29 juin, l’UE envisagerait la création de « hotspots » installés dans les pays à ses frontières. Les Balkans, qui font face à une forte hausse des arrivées, sont en première ligne, et le Premier ministre bulgare, Boïko Borissov, réclame la fermeture des frontières.

      Une semaine après la polémique de l’Aquarius, voilà qui risque de susciter de vifs débats, d’autant que le nombre de passes irréguliers est en forte hausse depuis le printemps. Cette information qui a fuité vient en tout cas confirmer les propos tenus un peu plus tôt par le Premier ministre bulgare, dont le pays tient la présidence tournante de l’UE jusqu’au 30 juin. Boïko Borissov a appelé les États membres à « fermer [leurs] frontières » à tous ceux qui ne passent pas par les postes de contrôle autorisés.

      « La Bulgarie a traversé (la crise des réfugiés, NDLR) ; sans trop parler, sans trop se plaindre. Nous avons sécurisé notre frontière avec la Turquie en posant (dès la fin 2013, NDLR) des grillages (https://www.courrierdesbalkans.fr/bulgarie-des-grillages-et-des-barbeles-pour-arreter-les-migrants), en déployant des forces de police supplémentaires et des gardes-côtes. Je vais donc recommander un compromis au Conseil européen : de la prévention, incluant la fermeture de toutes les frontières de l’UE », a-t-il déclaré. « Pourquoi l’Europe doit-elle être un terrain sans clôture ? », a-t-il ajouté, prenant les États-Unis comme exemple.

      Si Boïko Borissov vante sa politique vis-à-vis des migrants, Amnesty International rappelle dans son dernier rapport de février 2018 qu’elle a été mise en œuvre au prix de « nombreux recours excessifs à la force et de vols par la police aux frontières ».

      La déclaration du Premier ministre bulgare s’inscrit dans la lignée de la position du Chancelier autrichien Sebastian Kurz, dont le pays va reprendre la présidence tournante de l’UE après la Bulgarie le 1er juillet prochain. Il a fait du « combat contre l’immigration illégale » sa priorité.

      Elle s’inscrit également dans le contexte où la route des migrants jusqu’à l’UE passe de plus en plus par les Balkans, via l’Albanie, la Bosnie et le Monténégro, qui s’apprête à demander un « accord de statut » auprès de l’Agence européenne de garde-frontières et de garde-côtes (Frontex) pour bénéficier de son aide dans la gestion de ses frontières.

      Mais c’est en Bosnie-Herzégovine que la situation est particulièrement tendue. Lundi après-midi, plus de 200 migrants qui étaient basés à Velika Kladuša ont tenté collectivement de franchir la frontière croate. Ils ont été bloqués par la police au poste de Maljevac. Cet épisode fait suite à l’agression au couteau qui a provoqué la mort d’un ressortissant marocain vendredi 15 juin à Velika Kladuša. Les migrants s’estiment en danger et demandent à pouvoir passer en Croatie.

      Depuis janvier 2018, plus de 6000 personnes ont traversé la Bosnie-Herzégovine. La semaine dernière, le directeur du Service des étrangers de Bosnie, Slobodan Ujić, a mis en garde que si l’Autriche et la Slovénie fermaient leurs frontières aux migrants, la Bosnie-Herzégovine serait forcée de fermer ses propres frontières avec la Serbie et le Monténégro.

      https://www.courrierdesbalkans.fr/Migrants-Pourquoi-l-Europe-doit-elle-etre-un-terrain-sans-cloture

  • Contre les migrants, la #Hongrie matraque à plein
    https://www.mediapart.fr/journal/international/020916/contre-les-migrants-la-hongrie-matraque-plein

    Affiches, spots publicitaires à la radio et à la télévision… Tandis que la campagne référendaire bat son plein, pour ou contre la « relocalisation » des migrants en vertu de l’accord européen, des centaines de #réfugiés espèrent un jour pouvoir passer les murs de barbelés érigés par Budapest à la frontière entre la #Serbie et la Hongrie. À leurs risques et périls.

    #International #asile #Horgos #Orban

  • Réfugiés en #Serbie : « À #Belgrade, on manque de tout »

    Malgré la fermeture officielle de la route des Balkans en mars, des centaines de réfugiés et migrants transitent encore par la Serbie. À Belgrade, les associations d’aide sont débordées. Alors que la Hongrie a récemment durci sa législation, 300 hommes ont entamé vendredi une #grève_de_la_faim et se sont mis en route vers la frontière nord.


    http://www.courrierdesbalkans.fr/le-fil-de-l-info/refugies-en-serbie-a-belgrade-on-manque-de-tout.html
    #asile #migrations #réfugiés

  • Rotta balcanica : il muro di Orban

    Il muro ungherese, al confine con la Serbia, cala un primo sipario sulla rotta dei Balcani, costringendo i rifugiati a dirottare sulla Croazia rendendogli ancora più difficile il viaggio. Settima e ultima puntata del diario del nostro inviato

    http://www.balcanicaucaso.org/aree/Serbia/Rotta-balcanica-il-muro-di-Orban-164267
    #Balkans #asile #migrations #réfugiés #Serbie #Hongrie #mur #barrière_frontalière #Horgoš #Subotica #fermeture_des_frontières