• Le barche dei migranti diventano un’orchestra. Alla Scala il primo concerto

    Dal legno delle imbarcazioni arrivate a Lampedusa violini, viole, violoncelli e contrabbassi. Il 12 febbraio suoneranno Bach e Vivaldi a Milano, in uno teatri più prestigiosi del mondo

    E alla fine approdano alla Scala di Milano. Sono violini, viole, violoncelli e contrabbassi costruiti con i legni delle barche dei migranti, arrivate a Lampedusa cariche di vite e di speranze, ma anche di morte e di lamenti. È l’Orchestra del Mare, quella che lunedì 12 febbraio suonerà per la prima volta, e lo farà nel teatro più famoso al mondo, con i suoi strumenti ancora verdi e azzurri e gialli come le assi dei gozzi che erano pochi mesi fa. Legni ben diversi dai pregiati abeti e aceri utilizzati nella liuteria, legni crepati, intrisi di gasolio e di salsedine, eppure casse armoniche in grado di suonare Bach e Vivaldi…

    Così come crepate sono le mani che hanno saputo trasformare le barche in orchestra, mani di uomini detenuti nel penitenziario milanese di Opera – i loro nomi sono Claudio, Nicolae, Andrea, Zurab –, diventati liutai sotto la guida di maestri esperti.

    Non poteva allora che chiamarsi Metamorfosi il progetto che ha dato vita a tutto questo, ideato dalla “Casa dello spirito e delle arti”, la fondazione creata nel 2012 per offrire all’umanità scartata un’opportunità di riscatto attraverso la forza inesauribile della bellezza e i talenti che ciascuno ha, anche in un carcere. «L’idea è nata come nella parabola della moltiplicazione dei pani e dei pesci – sorride Arnoldo Mosca Mondadori, presidente della Fondazione –: nel carcere di Opera da dieci anni funzionava la liuteria, dove il maestro liutaio Enrico Allorto e le persone detenute realizzavano i violini da donare ai ragazzini rom che al Conservatorio di musica non potevano permettersi uno strumento. Ma nel dicembre del 2021 portai nel laboratorio quattro legni delle barche di Lampedusa per fare un presepe e loro invece ne fecero un violino. Rimasi stupefatto, la loro idea si poteva moltiplicare, già mi immaginavo un’intera orchestra, poi – dissi loro – suonerà alla Scala».

    L’unico a credere subito a quella follia è stato Andrea, anni di carcere pesante in Tunisia e poi in Italia, nome d’arte Spaccabarche, perché lui e Claudio smontano i gozzi, Nicolae e Zurab li “rimontano” in violini e violoncelli. «Fu Andrea a darmi l’idea di rivolgermi all’allora ministro dell’Interno Luciana Lamorgese e chiedere che quegli scafi, fino a quel momento sotto sequestro per essere polverizzati e poi bruciati, venissero invece dati a noi e da “rifiuti speciali” diventassero memoria viva – continua Mosca Mondadori –. I Tir ne hanno trasportate in carcere un centinaio, così com’erano…».

    «Con all’interno scarpe, biberon, vestiti, salvagenti, tutine da neonato – racconta Andrea “Spaccabarche” –, allora ti chiedi chi era quella gente, se si sono salvati, da quale disperazione dovevano scappare, e rifletti su te stesso: c’è qualcuno che sta molto peggio di me e questo ti dà quel po’ di umiltà che nella vita non fa mai male, anche perché è quella che ti consente di continuare a imparare, quindi di cambiare».

    Metamorfosi, appunto. «Si tratta soprattutto di legni di conifere, che usiamo per il fasciame degli strumenti», spiega Enrico Allorto, che con Carlo Chiesa è il maestro liutaio, «mentre per lo scheletro utilizziamo un altro legno più duro di cui non conosco il nome. Sono alberi africani oppure, chissà, di importazione, non sappiamo quelle barche da dove arrivassero. Ovviamente non hanno la resa dei veri legni di liuteria, ma cerco i pezzi più adatti: i più leggeri per simulare l’abete rosso e i più pesanti per imitare l’acero di cui è fatto il fondo. È chiaro che sono legni difficili, hanno addosso la vernice delle barche, le crepe, i buchi: mentre costruiamo gli strumenti ripariamo i danni, ma c’è una sofferenza in questi difetti e il fatto che riescano comunque a suonare scuote emotivamente. Da quei violini esce un Sos, “non lasciateci morire”, anche i musicisti suonando si commuovono».

    E a suonarli alla Scala saranno alcuni tra i più grandi al mondo: i violoncellisti Mario Brunello e Giovanni Sollima e il violinista francese Gills Apap “dialogheranno” con i tredici strumentisti dell’Accademia dell’Annunciata diretti da Riccardo Doni, mentre l’installazione scenografica sarà un dono di Mimmo Paladino, artista di fama internazionale. «Il suono di questi strumenti viene da lontano: lontano al di là del Mediterraneo, e lontano nel tempo, forse di secoli», commenta Mario Brunello, solista abituato ad esibirsi con le orchestre più prestigiose con il suo prezioso violoncello “Maggini” dei primi del ‘600. «Quel legno che ha attraversato il mare ora suona il Terzo Concerto Brandeburghese di Bach e L’Inverno di Vivaldi, poi una pagina di virtuosismo violinistico come il celebre Preludio di Kreisler o l’affascinante White Man Sleeps di Kevin Volans, compositore sudafricano. Chiude il programma Violoncellos Vibrez di Giovanni Sollima», violoncellista che nei teatri si esibisce con il suo “Francesco Ruggeri” del XVII secolo ed è il compositore italiano contemporaneo più eseguito nel mondo.

    In ouverture lo scrittore Paolo Rumiz, triestino che ha nel sangue la poetica della frontiera e del viaggio, leggerà “La memoria del legno”, testo crudo e tagliente in cui l’albero racconta in prima persona le sue metamorfosi, dalla crescita in Africa come patriarca venerabile abitato dalle anime dei trapassati, a quando viene abbattuto da una scure senz’anima e attraverso il deserto arriva al mare. Lì trova mani delicate che lo trasformano in barca per pescatori. Dimenticato sulla spiaggia, è poi violentato da mani di trafficanti e in mare aperto ode le voci del suo carico umano. All’approdo finale è marchiato a fuoco come corpo del reato e verrebbe bruciato se altre mani delicate non lo trasformassero invece in violini. «L’ho scritto in metrica rigorosamente dispari, endecasillabi e settenari – spiega Rumiz – perché il ritmo pari è quello usato per far marciare gli eserciti». “Voi non mi riconoscerete – comincia l’albero – perché quando sono arrivato puzzavo di vomito e salsedine, ma ora vi racconto la mia storia…”.

    Tutti gli artisti prestano gratuitamente i loro talenti per il progetto Metamorfosi: «L’articolo 27 porta il Vangelo nella Costituzione, dice che la pena deve tendere alla rieducazione del condannato – ricorda Mosca Mondadori – e niente come un lavoro ricostruisce la dignità delle persone». Tra le carceri di Opera a Milano), Secondigliano a Napoli, Monza e Rebibbia a Roma «diamo lavoro a venti persone con contratti a tempo indeterminato. Le persone cambiano per davvero, ne ho viste passare tante e tutte ce l’hanno fatta grazie al lavoro, sia in carcere che dopo: la misericordia supera i tempi della giustizia». Sembrano sogni, ma sono realtà imprenditoriali che richiedono grande concretezza, «i conti a fine anno devono tornare e ogni mese abbiamo stipendi da pagare, ci sostengono Intesa Sanpaolo e Confcommercio insieme a generose Fondazioni (Cariplo, Peppino Vismara, Santo Versace, Alberto e Franca Riva, Comunità di Monza e Brianza): non sono idee astratte, sono persone, e tu le vedi rinascere».

    Ne sa qualcosa Nicolae, il liutaio che “rimonta” le barche in viole e contrabbassi: «In liuteria mi dimentico di essere in carcere e mi sento utile, se sono in grado di costruire, allora non sono così scarso da non poter fare niente, solo che non ho avuto fortuna né ho trovato i riferimenti giusti nella vita. Non cerco giustificazioni per ciò che ho fatto, dico solo che ho capito che il mondo non è soldi e bella vita, ci sono tante cose piccole che possiamo dare l’uno all’altro – dice accarezzando il pezzo colorato del futuro violino che sta lavorando –. Io do il mio contributo qui dentro, in silenzio, ma poi quando qualcuno suonerà questo violino io spero che muoverà qualcosa nel mondo», assicura commosso. «A rovinarci è la sete di potere, invece la terra è di tutti e alla fine di nessuno: siamo solo di passaggio».

    L’Orchestra del Mare non si ferma qui, presto si aggiungeranno un clavicembalo, percussioni, chitarre, il liuto arabo, vari strumenti del mondo mediterraneo, «tutto ciò che si può costruire con le barche», e magari dopo la Scala arriveranno altri grandi teatri. Dal carcere di Secondigliano escono già mandolini e chitarre, la prima è stata suonata da Sting in persona l’aprile scorso nel carcere napoletano. «Il mio tormento d’amore è sempre stato la necessità di comunicare il mistero dell’Eucarestia, cioè la presenza del Crocefisso e Risorto nell’Ostia – riprende Mosca Mondadori – e questi sono strumenti eucaristici, perché hanno dentro la morte ma anche la speranza, e il loro suono arriva a tutti i cuori, anche se non credenti». Arriverà certamente ai 1.850 spettatori che hanno già fatto il “tutto esaurito” per il 12 febbraio e ai detenuti delle quattro carceri, gli unici che potranno vedere lo spettacolo in streaming nei loro auditorium.

    Solo i detenuti liutai saranno alla Scala ad ascoltare i “loro” strumenti, come fossero figli loro, due addirittura saranno in palco reale assieme al sindaco Beppe Sala, al cardinale Josè Tolentino de Mendonça, prefetto del Dicastero vaticano per la Cultura e l’Educazione, alla vicepresidente del Senato Maria Domenica Castellone, al capo del Dap (Dipartimento Amministrazione Penitenziaria) Giovanni Russo, al direttore del carcere di Opera Silvio Di Gregorio, tutti lì alla pari. Il perché lo ha spiegato papa Francesco, per il quale nel 2022 ha suonato il primo violino costruito con le barche, quello del presepe mancato: «Quando entro in carcere mi faccio sempre una domanda: perché loro e non io? Avrei potuto agire peggio di loro», che forse sono stati sfortunati, o deboli, o hanno avuto una famiglia difficile. Aiutare i carcerati, ha ricordato Francesco ai volontari della Casa dello Spirito e delle Arti, «è una delle cose che Gesù dice che ci farà entrare in Cielo, ero carcerato e siete venuti a trovarmi. Ma resta quella domanda: perché loro e non io?».

    È la stessa domanda che vale per chi partì su quelle barche diventate orchestra, fossi nato nella loro guerra, piegato dalla loro miseria, non sarei partito anch’io?, conclude Arnoldo Mosca Mondadori. «Se ci fosse mio figlio su quel gozzo, vorrei che fosse rimpatriato in Libia in un campo di concentramento o pregherei perché venisse accolto con umanità nel Paese in cui è arrivato? Questa è la domanda dirimente che, chiunque noi siamo, dobbiamo onestamente farci. Tutta Metamorfosi si riassume in questo unico interrogativo».

    https://www.avvenire.it/attualita/pagine/se-le-barche-diventano-un-orchestraalla-scala-lo-s
    #mémoire #embarcations #Méditerranée #migrations #réfugiés #naufrages #musique #instruments_de_musique #concert #Lampedusa #Orchestra_del_Mare #bois

    • #Metamorfosi

      Un progetto di progetti per trasformare il dolore in nuova speranza.

      «Metamorfosi» è un progetto della Fondazione Casa dello Spirito e delle Arti in collaborazione con il Dipartimento di Amministrazione Penitenziaria e l’Agenzia delle Accise, Dogane e Monopoli.

      Il progetto è reso possibile grazie a Fondazione Cariplo, Intesa Sanpaolo, Fondazione Peppino Vismara, Fondazione della Comunità di Monza e Brianza Onlus.

      Il progetto “Metamorfosi” è stato insignito della Medaglia del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella in occasione del 79° Festival del Cinema di Venezia durante il quale è stato proiettato il cortometraggio che racconta il progetto.

      Di fronte alla tragedia contemporanea che vede il Mar Mediterraneo come il più grande cimitero d’Europa e di fronte al dramma a cui stiamo assistendo quotidianamente di milioni di persone in fuga dalla guerra, la Fondazione Casa dello Spirito e delle Arti ha voluto pensare a un progetto culturale e di conoscenza a cui ha dato il nome di «Metamorfosi».

      “Metamorfosi” è innanzitutto un concetto che vuole richiamare l’attenzione verso ogni persona costretta a fuggire dal proprio Paese a causa di guerre, persecuzioni e fame.

      “Metamorfosi” perché la proposta di porre lo sguardo su questi temi avviene attraverso non solo una metafora, ma una vera e propria metamorfosi: quella del legno dei barconi, trasportati dal molo Favarolo di Lampedusa in alcune carceri italiane, che viene trasformato in strumenti musicali e oggetti di testimonianza di carattere sacro.

      «Metamorfosi» affinché le persone e soprattutto i giovani possano conoscere una realtà, quella dei migranti, che viene spesso rimossa, guardata con indifferenza o affrontata e raccontata in modo ideologico.

      “Metamorfosi” perché a trasformare il legno dei barconi provenienti da Lampedusa in oggetti di speranza sono le persone detenute che vengono coinvolte nel progetto.

      Come nasce l’idea

      L’idea del progetto “Metamorfosi” è nata nel dicembre 2021 quando, all’interno del Laboratorio di Liuteria e Falegnameria nella Casa di Reclusione Milano-Opera, progetto istituito dal 2012, la Fondazione ha chiesto al falegname di Lampedusa Francesco Tuccio, di portare dei legni per costruire dei presepi che, nel tempo della pandemia, potessero essere un segnale di speranza per tutti, credenti e non credenti.

      Presepi dunque realizzati, sotto la guida di Francesco Tuccio, dalle persone detenute con il legno di una tragedia contemporanea.

      Nell’ambito di questa iniziativa, con alcuni dei legni è stato costruito un violino, utilizzando una tecnica risalente al 1500, con la quale in Inghilterra venivano costruite le viole da gamba.

      Il violino realizzato produce un suono che ha stupito musicisti e esecutori per la sua limpidezza.

      Il musicista e compositore Nicola Piovani, quando per primo lo ha ascoltato, ha deciso di scrivere una composizione dal titolo “Canto del legno”, che è stata eseguita davanti al Santo Padre dal primo violino dell’Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, Carlo Parazzoli.

      Questo primo violino tratto dal legno dei barconi è stato chiamato “Violino del Mare”.

      La collaborazione con il Ministero dell’Interno e con l’Agenzia delle Accise, Dogane e Monopoli

      Da qui prende spunto la Fondazione Casa dello Spirito e delle Arti per chiedere all’ex Ministro degli Interni Luciana Lamorgese 60 imbarcazioni provenienti dal molo Favarolo di Lampedusa, affinché potessero essere creati, all’interno della Liuteria del carcere di Opera e di altre liuterie presenti in diverse carceri italiane, strumenti musicali: violini, viole e violoncelli per la nascita di una vera e propria “Orchestra del Mare”.

      Le imbarcazioni, grazie alla collaborazione con ADM, sono state trasportate da Lampedusa all’interno del carcere di Opera.

      Il progetto prevede di far suonare questi strumenti musicali ad orchestre italiane e straniere, portando con essi una cultura della conoscenza, dell’accoglienza e dell’integrazione, attraverso la bellezza e le armonie.

      Nello specifico, nel corso del 2022 sono stati costruiti, dalle persone detenute nelle diverse Case di Reclusione, un secondo violino, una viola e un violoncello; nel corso del 2023 saranno costruiti altri 6 violini e nel corso del 2024 saranno costruiti altri 8 strumenti ad arco.

      A coordinare la formazione e il lavoro delle persone detenute sono esperti liutai, come

      il liutaio Enrico Allorto che sta coordinando la Liuteria nel carcere di Opera.

      Strumenti musicali, Croci e Rosari

      Gli strumenti ricavati dai barconi trasportati nel 2022 da Lampedusa nelle diverse carceri, verranno dunque suonati dalle orchestre che aderiranno al progetto e viaggeranno, come segno di testimonianza, in Italia e all’estero. «L’Orchestra del Mare» è perciò un progetto di adesione e prenderà vita nel momento in cui gli strumenti ricavati dai barconi verranno di volta in volta suonati dalle orchestre che aderiranno al progetto. Un viaggio per testimoniare in Italia e all’estero, attraverso l’armonia, il dramma che vivono quotidianamente migliaia di persone migranti in tutto il mondo. Nel triennio 2022- 2024, insieme agli strumenti musicali che comporranno l’"Orchestra del Mare", nei Laboratori di Liuteria e Falegnameria all’interno delle carceri, verranno costruite migliaia di croci da donare alle scuole italiane. Inoltre, con lo stesso legno dei barconi, nel carcere di Monza e in quello di Rebibbia a Roma e con il coinvolgimento della Casa di Accoglienza Profughi Centro Astalli e l’Opera Cardinal Ferrari di Milano che accoglie persone senzatetto, saranno realizzati rosari che verranno donati al Santo Padre.

      La Rete delle Liuterie e Falegnamerie nelle carceri italiane

      Con l’Agenzia delle Accise, Dogane e Monopoli e il Dap, la Fondazione Casa dello Spirito e delle Arti nell’agosto 2022 ha firmato un Protocollo per la creazione di una Rete di Liuterie e Falegnamerie nelle carceri italiane al fine di dare al Paese un forte segnale di testimonianza che ponga al centro la cultura e la dignità della persona.

      Ad oggi, le Case di Reclusione coinvolte sono quelle di: Milano- Opera, Monza, Rebibbia e Secondigliano.

      In ogni laboratorio, attraverso la Cooperativa Casa dello Spirito e delle Arti, sono assunte dalle tre alle cinque persone detenute.

      L’obiettivo comune delle diverse Liuterie e Falegnamerie è, dunque, la creazione di strumenti musicali che andranno a comporre l’”Orchestra del Mare” e di oggetti dal forte significato simbolico e sacro come, appunto, croci e rosari.

      I liutai e i falegnami coinvolti nelle diverse carceri restano in comunicazione tra di loro per coordinare il lavoro delle persone detenute in coerenza con gli obiettivi del comune progetto “Metamorfosi”.

      Il percorso immersivo per gli studenti

      “Metamorfosi” è un progetto anche di conoscenza.

      Il percorso proposto alle scuole e alle Università si svolgerà, a partire dal 2023, nella Casa di Reclusione Milano-Opera, dove tre barconi sono stati posti all’interno del carcere formando quella che è stata chiamata la «Piazza del Silenzio». All’interno di questa piazza situata al centro del Carcere, i giovani potranno partecipare ad una visita guidata, con la testimonianza di persone migranti che hanno vissuto personalmente il viaggio sui barconi.
      Questa esperienza potrà essere replicata, a partire dal 2024, anche nelle altre quattro carceri in collaborazione con le scuole e le Università locali.

      I momenti del percorso

      Ciascuna uscita didattico - formativa è suddivisa in diversi momenti.

      Il primo momento è nella “Piazza del Silenzio”: un narratore introdurrà il tema partendo dall’immigrazione del passato, in particolare dal racconto dell’emigrazione italiana e di come la storia si ripeta con i suoi pregiudizi e i suoi luoghi comuni.

      Dopo questo momento introduttivo, è prevista la testimonianza diretta di una persona migrante.
      I ragazzi sono invitati poi a meditare, ognuno in silenzio su un testo diverso, sulle testimonianze scritte da persone migranti tratte dal libro “Bibbia e Corano a Lampedusa” (La Scuola editore).

      I musicisti della Piccola Orchestra dei Popoli (progetto della Fondazione Casa dello Spirito e delle Arti) accompagnano questo momento suonando gli strumenti realizzati nel Laboratorio, primo tra i quali il “Violino del Mare”.

      Nella seconda parte del percorso, i ragazzi vengono accompagnati nella Liuteria dove possono conoscere le persone detenute mentre lavorano nella costruzione degli strumenti musicali.

      Un ultimo momento del percorso è di carattere teorico e accademico sui temi cardine del progetto a cura del RiRes - Unità di ricerca sulla Resilienza del Dipartimento di psicologia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano.

      Ai ragazzi infine, è richiesto di restituire le loro emozioni, impressioni e riflessioni attraverso uno scritto personale.

      La Fondazione Casa dello Spirito e delle Arti curerà una pubblicazione che racconterà l’esperienza, i pensieri e le emozioni degli studenti in collaborazione con l’Associazione Francesco Realmonte e il RiRes.

      Protocollo d’intesa tra la Fondazione Casa dello Spirito e delle Arti e il Museo del Violino di Cremona

      È stato condiviso tra la Fondazione Casa dello Spirito e delle Arti e il Museo del Violino di Cremona, un protocollo di intesa nel quale uno dei violini prodotti nel carcere di Opera, è entrato nella collezione permanente del Museo del Violino e viene utilizzato presso l’Auditorium del Museo, soprattutto per momenti di natura didattica rivolti alle scuole. In queste occasioni, non solo “il Violino del Mare” viene suonato ma viene anche raccontata la sua storia attraverso il racconto delle guide e le immagini che ne testimoniano la storia.

      https://casaspiritoarti.it/it/progetti/metamorfosi

      #douleur #espoir

  • Decoding #Balkandac : Navigating the EU’s Biometric Blueprint

    This report, authored by the Border Violence Monitoring Network with support from Privacy International, investigates the development of interoperable biometric databases, akin to Eurodac, in the Western Balkans, referred to as the “Balkandac” system. It highlights a lack of transparency in current regional data-sharing systems and underscores the significant role of EU institutions in their creation.

    The report employs a comprehensive methodology, combining grassroots observations, open-source research, and Freedom of Information Requests (FOI) submissions to address human rights violations.

    This report aims to contextualise recent developments towards the digitalisation of biometric data collection in the Western Balkans into wider shifts in migration policy and data-sharing frameworks at the EU level. In order to achieve this, the report first unpacks the key regulations envisioned under the EU’s New Pact on Migration and Asylum and how these are envisioned to operate within EU Member States. Collectively, they establish a system whereby people on the move are prevented from entering the territory of Member States, subjected to expedited procedures, and returned directly to “safe third countries”. This manifests as a legalisation of the pushback process; individual claims will undergo insufficient scrutiny within compressed timeframes and procedural rights, such as access to free legal aid and the suspensive effect of appeals against inadmissabiliy decisions, are not yet guaranteed at the time of writing. These legal shifts unequivocally obstruct access to the right to asylum within the new regulatory framework.

    A key ongoing development in this line is the development of biometric data collection systems that are modelled off the EURODAC system, allowing for seamless interoperability in the future. Funding from the EU’s Instruments for Pre-Accession Assistance and bilateral agreements with Member States have supported these data systems in the Western Balkans, mirroring Eurodac. Critiques arise from increased interoperability of EU databases, which blur immigration and criminal law purposes, lack anti-discrimination safeguards, and bypass key data protection principles.

    The core issue lies in the balance between personal data protection and fundamental rights, contrasted with the use of biometric systems for mass surveillance and data analysis. The report emphasizes the merging of migration and security discourses, underscoring the potential for unjust criminalisation of migrants, making it harder for them to seek asylum and international protection.

    https://borderviolence.eu/reports/balkandac
    #biométrie #Balkans #rapport #Border_Violence_Monitoring_Network (#BVMN) #interopérabilité #données #base_de_données #Balkans_occidentaux #données_biométriques #pacte_européen_sur_la_migration_et_l’asile #migrations #asile #réfugiés #frontières #pays-tiers_sûrs #accès_à_l'asile #eurodac #Instruments_for_Pre-Accession_Assistance #droits_fondamentaux

  • La virologie est un sport de combat

    Je suis #Bruno_Canard, directeur de recherche CNRS à l’université d’Aix-Marseille. Mon équipe travaille sur les #virus_à_ARN (#acide_ribonucléique), dont font partie les #coronavirus.

    Mme la Ministre de l’enseignement supérieur, de la recherche et de l’innovation m’ayant cité, et mentionné mes travaux dans son intervention sur les Matins de France Culture le 22 juin 2020 (https://www.franceculture.fr/emissions/les-matins/les-matins-de-france-culture-emission-du-lundi-22-juin-2020

    ), il m’a semblé important de préciser les #conditions_de_travail de mon équipe de #recherche sur le #SARS-CoV-2 et sa projection dans la future #Loi_de_Programmation_de_la_Recherche (dite #LPPR), qui est en cours d’examen à l’Assemblée Nationale.
    Cela permet d’illustrer, à partir d’un cas concret, et peut-être de faire comprendre au grand public le #sous-financement récurrent de la #recherche_publique en #France en général dans les 20 dernières années ; la #précarité grandissante des #personnels de ces laboratoires ; le #sous-équipement dramatique en grands #instruments_scientifiques essentiels aux développements de thérapies antivirales ; le faible niveau des #salaires des chercheur·ses, très éloignés de ceux des haut·es fonctionnaires ; et finalement, le peu de #considération dont ils font l’objet par les femmes et les hommes politiques français. Elles et ils prétendent parler au nom de la #science, souvent confondue avec la #technologie, mais sans écouter les scientifiques.

    Chère Mme la Ministre, chère Frédérique, je me permets de vous appeler par votre prénom en souvenir des cafés et bavardages créatifs que nous avons partagés lorsque, en 1992, j’étais fraîchement recruté comme chercheur au #CNRS à Nice dans le laboratoire dirigé par Patrick Gaudray, et vous, doctorante dans le laboratoire de François Cuzin à l’Université de Nice. C’était une époque formidable, j’y ai fait mes plus belles ascensions dans ces extraordinaires Alpes-Maritimes, pendant que la France commençait sa dégringolade dans le classement scientifique, dans une remarquable trajectoire parallèle au nombre de postes statutaires de chercheur·ses et de manière plus générale, à la performance de la recherche française.

    Nous nous retrouvons donc environ 25 ans plus tard.

    Chère Frédérique, vous êtes désormais Ministre de l’enseignement supérieur, de la recherche et de l’innovation, et soutenez que cette loi permettra un réarmement de la #recherche_française inégalé depuis 1945. Je suis un chercheur « de base » et je me suis exprimé à titre personnel, comme la majorité de mes collègues, pour formuler mes craintes d’un #budget concentré sur des projets à court terme, synthétisées dans la tribune « La science ne marche pas dans l’urgence » (https://universiteouverte.org/2020/03/04/coronavirus-la-science-ne-marche-pas-dans-lurgence/;%20Le%20Monde,%2029%20f%C3%A9vrier%202020;%20https:/lejournal.cnrs.fr/articles/la-science-fondamentale-est-notre-meilleure-assurance-contre-les-). Dans un entretien à France Culture en juillet (https://www.franceculture.fr/emissions/les-matins/les-matins-de-france-culture-emission-du-lundi-22-juin-2020

    ), vous avez déclaré à mon sujet : « Mr Canard a obtenu plusieurs financements sur projets… Je connais par cœur les financements qu’a eu ce laboratoire ».

    Justifier les « plusieurs financements sur projets » pour mon laboratoire sous-doté

    Je m’étais étonné de recevoir en juin la demande urgente de la part mon employeur (le CNRS), de fournir le montant de tous les contrats dont mon équipe a bénéficié, de l’#Agence_National_de_Recherche (#ANR) en particulier. Malheureusement, force a été de constater que le ministère et ses contrats ANR n’y a pas occupé une place proéminente. Encore moins sur les coronavirus (2 projets ANR coordonnés en 18 ans), sur lesquels aucun soutien financier spécifique n’a été accordé depuis plusieurs années, sauf en 2019 par la #Fondation_de_la_Recherche_Médicale, dont la vision scientifique tient heureusement peu cas des modes. Nous nous échinions, en effet depuis 2003, mes collègues d’équipe et moi, à étudier la réplication des coronavirus et comment ces derniers mutent, ce qui est d’une importance capitale pour la conception de #vaccins ou de #médicaments. Tous les dossiers de projet ANR inlassablement déposés depuis 2015 ont été jugés indignes d’être financés et/ou inintéressants. Cinq fois, pour être précis. Dans la dernière édition (dépôt du projet en octobre 2019 – réponse pas encore arrivée à ce jour, 19 septembre 2020), j’ai failli renoncer à apporter encore des résultats expérimentaux préliminaires, pour ne pas les divulguer gratuitement à mes concurrent·es : l’évaluation des projets ANR se faisant par des expert·es internationaux forcément pris parmi les spécialistes qui connaissent le sujet, donc presque tout le temps, des concurrent·es… J’ai fourni le même dossier, mais amputé de la recherche sur le virus #Ebola. Oui, Ebola produit actuellement une épidémie en République Démocratique du Congo, mais la loi mort-kilomètre nous dit que le sujet est défavorable pour éveiller un quelconque intérêt en ce moment. La recherche sur Ebola n’intéresse que quand le virus sonne à notre porte, comme en 2014.

    Le SARS-CoV-2 aura donc eu un effet magique : ma recherche inintéressante sur la #variabilité_génétique de ce virus a subitement reçu, en juin 2020, les commentaires les plus positifs, dithyrambiques, qu’il m’a été possible de recevoir en 30 ans de carrière1. Ni mon projet ni ma recherche n’ont pourtant changé : seule leur perception a changé dans le contexte COVID19, renforçant cette constatation que j’ai maintes fois faite : la science ne marche pas dans l’#urgence 2 et la virologie, ce n’est pas que les coronavirus.

    Pour les « plusieurs financements sur projets », vous voulez donc probablement parler des deux projets européens dont mon équipe a récemment bénéficié. La France étant une grosse contributrice financière à l’espace européen de la recherche, il me semblait donc presque « patriotique », en quelque sorte, de me lancer corps-et-âme dans la lutte anti-COVID19 en rapatriant des fonds européens pour pouvoir employer des personnes motivées, et continuer à décrypter comment ces fichues bestioles virales arrivent à se reproduire au prix d’un tel bazar dans une cellule, un organisme, une société. Le premier projet européen appelé #SCORE, a été écrit en 10 jours (et nuits) en février 2020 grâce au réseau de collaborateur·trices corona-virologistes que la disette financière des années précédentes n’a pas réussi à effilocher. L’autre appelé #IMI-CARE a été écrit immédiatement après en mars 2020, en 3 semaines au lieu des plutôt 6 mois habituels, avec un consortium international de 36 laboratoires, dont 12 industriels majeurs. Peut-être auriez-vous préféré que je m’abstienne dans cette quête inlassable de financements ? Impossible, car c’est la condition sine qua non pour pouvoir avancer dans nos recherches, répondre à l’urgence de la situation et recruter immédiatement quelques personnes en CDD.

    S’appuyer sur des contractuel·les pour assurer la survie de notre laboratoire

    Je me suis posé la question lorsque j’ai embauché Camille, Adrien, et Pierre : trois jeunes diplômés d’un Master en quête de leur première expérience professionnelle, qui n’ont pas hésité en plein confinement à s’entasser dans une voiture depuis Toulouse pour venir s’installer à Marseille, avec comme horizon un #CDD de 15 mois, un statut inexistant et une paie royale de 1600 euros mensuels. Je ne pense pas qu’elle et ils espèrent quoi que ce soit de la LPPR, qui ne propose aucune amélioration pour les contractuel·les de la recherche. On leur a trouvé un appartement, sinon, iels seraient encore peut être à la rue : avec un CDD, il n’est pas facile de convaincre un·e bailleur·se.

    Je me suis également posé la question quand il a fallu que j’embauche un #lab_manager (en CDD, évidemment) pour que Véronique, Barbara et Cécilia, trois ingénieures de recherche totalement saturées de travail dans l’équipe #COVIDemment désorganisée, soient déchargées des corvées administratives routinières qui les empêchent de faire leur métier, c’est-à-dire de la recherche. La fonction principale de ce lab manager ? Nous aider à gérer les stupides « #feuilles_de_temps-projet » qui compartimentent notre cerveau pour les bureaucrates européens. Car dans un projet européen, le CNRS « loue » contre facture le temps de cerveau disponible de ses chercheur·ses (9h-18h, nous ne réfléchissons que les jours ouvrables) et il nous faut donc déclarer, heure par heure, comment nous nous occupons.

    Je me suis encore posé la question quand les équipes de notre laboratoire, entité conjointe entre le CNRS et l’Université Aix Marseille, ont dû mutualiser leurs ressources pour pouvoir embaucher un autre CDD, technicien·ne qui prépare les réactifs dont nous avons besoin, lance la vaisselle et les autoclaves, et tout cela pour environ 1200 nets par mois. C’est un poste nécessaire au laboratoire, mais que nous devons auto-financer, malgré les 26 % du montant de nos contrats qui partent en frais de gestion et provision pour la maintenance des appareillages du laboratoire.

    Je me suis posé ces questions car ces efforts financiers et ces CDD étaient, il n’y a pas si longtemps, assurés par un soutien de base au laboratoire de la part de nos deux tutelles, le CNRS et l’#université. Et surtout par des postes statutaires, essentiels pour la survie de nos laboratoires, qui ne sont mentionnés dans aucun article de la LPPR et dont le nombre s’est effondré depuis 2008. Vous dites donc sur France Culture que mon « laboratoire (est) financé tous les ans de manière récurrente ». Quel humour par omission ! Vous savez très bien que le #financement_récurrent ne permet pas de financer nos programmes de recherche. Dans tous les laboratoires de sciences expérimentales, les chercheur·ses ponctionnent elleux-mêmes leur projet d’une contribution « volontaire » qu’iels mutualisent pour assurer les carences des employeur·ses publics. Chez nous, on fait la plonge du labo à tour de rôle pour laver nos éprouvettes, et le soutien récurrent constitue moins de 5% du budget de fonctionnement : pas assez pour acheter suffisamment de mouchoirs pour pleurer.

    Votre petite phrase prononcée sur le ton « je dis ça, je dis rien » n’avait donc certainement aucunement l’intention de décrédibiliser votre administré que je suis. La grande majorité de la communauté scientifique vous a exprimé depuis des mois ses craintes envers la LPPR : entre autres, le ras-le-bol des titulaires d’être transformé·es en bureaucrates expert·es dans la gestion du personnel précaire, et la crainte des contractuel·les de le rester « à vie », ou après avoir fait leurs preuves pendant des années d’être considéré·es comme dignes d’être titularisé·es (pour les « professeur·es junior »). Pour mémoire, les quelques 200 premièr·es signataires de la pétition (qui a fait pschitt) de soutien à la LPPR, sont à la retraite et ont bénéficié de ce statut de fonctionnaire pendant toute leur carrière. Il est vrai que la connivence augmentée que vous préconisez dans la LPPR avec le secteur privé n’a pas besoin de s’encombrer de chercheur·ses indépendant·es et libres de penser. Ainsi, il n’y aura plus de scandale type Mediator, SDHI, glyphosate, perturbateurs endocriniens, … puisque personne ne mord la main qui nourrit.

    Espérer arriver au niveau de 2ème division en biologie structurale

    Pourtant, cette « abondance » que la LPPR nous promet pourrait trouver une meilleure destination. Je me suis alors rappelé le plan « #France_Cryo-EM », un #Equipex (Equipement d’excellence), qui nécessite 36 millions d’euros pour pouvoir observer le SARS-CoV-2 et ses protéines avec des #cryo-microscopes_électroniques (#Cryo-EM) à haute résolution et concevoir intelligemment les vaccins et #traitements requis. Créé officiellement en 2016, il reste pourtant aux biologistes structuraux Français 16 millions d’euros à trouver pour pouvoir pour amener la France au niveau de 2ème division en #biologie_structurale 3. Ayant déploré l’absence de ce grand équipement, vous m’avez proposé de venir collecter des données sur le microscope de Nice, je ne reviendrai pas sur cette confusion microscopique. Au 23 juillet 2020, des laboratoires Chinois et Allemands ont publié dans les journaux internationaux les plus réputés, Nature, Science, Cell, pas moins de 9 structures de l’ARN polymerase de ce virus, en utilisant une information clé de nos travaux réalisés en 2014. En l’absence de Cryo-EM haute résolution, nous avons regardé passer les balles au-dessus de nos têtes… Ironie du sort et humiliation supplémentaire, ces #revues_scientifiques m’ont souvent sollicité pour évaluer ces publications que j’aurais dû faire. A titre de comparaison, l’Allemagne, notre voisin européen que l’on peut considérer être en première division, avait 25 Cryo-EM en 2018.

    Ces 16 millions manquants pour que les chercheur·ses puissent exercer leur métier dans des conditions décentes sont à mettre en perspective avec le milliard d’euros accordé en moins d’un an au groupe français #Sanofi sur un pari vaccinal, certes en majorité via leurs ami·es du #BARDA américain, qui seront les premièr·es servi·es. Enfin, qui devraient : ce sont les mêmes qui ont donné 43 millions à Sanofi en août 2016 pour un vaccin contre le virus #Zika, mais tous deux ont jeté l’éponge en septembre 2017. Cela ressemble beaucoup à 2003 et l’émergence du SARS pour laquelle Sanofi a été copieusement financée pour un vaccin, lui aussi abandonné.

    Ces 16 millions manquants sont également à mettre en perspective avec le #Crédit_Impôt_Recherche 5, passé de 2,5 milliards en 2008 à 6 milliards aujourd’hui. Avantage fiscal généreux destiné à renforcer l’attractivité de Sanofi, pour prendre un exemple concernant directement la COVID19… Ou bien est-ce plutôt pour éviter que ce groupe continue à réduire ses activités de #R&D en France ? Cette générosité est si bien remerciée qu’elle s’est immédiatement traduite, pour l’instant, par 4 milliards à reverser aux actionnaires en 2020, et par le licenciement de 1 700 personnes dans le monde, dont 1 000 en France. En tant que chercheur rompu à la complexité des demandes de financement ANR, j’ai regardé avec émotion et envie le mini-dossier à rapporter dans le formulaire Cerfa 2069-A-SD pour que cette entreprise s’exonère de 130 millions d’euros annuels…

    Arrêter la sensation de chute libre pour la recherche publique française

    Dans Le Monde du 24 juillet, je lis entre les lignes une synthèse indirecte de cette sensation de chute libre : la France est passée en 20 ans de la 5e à la 8e place des contributeurs aux #publications_scientifiques, ce qui est à mettre en relation avec un financement insuffisant de la recherche équivalent à 2,2 % du PIB (0,8 % recherche publique, 1,4 % privée). Vous visez à porter l’effort de recherche de la nation à 3% du PIB (1% public, 2% privé) d’ici 2030. Je constate que l’effort de financement de la #recherche_privée est donc plus du double de celui de la recherche publique. Il me semble hasardeux de compter sur la recherche privée pour rattraper l’écart de publications, ou bien peut-être faudra-t-il que l’utilisation de l’argent public investi dans cette dernière subisse des évaluations aussi invasives, constantes et publiquement disponibles que celle que nous subissons dans les laboratoires académiques ?

    Finalement, chère Frédérique, depuis une dizaine d’année, trois présidents de la république Nicolas Sarkozy, François Hollande, et Emmanuel Macron n’ont-ils pas eu raison de prendre les chercheur·ses et les universitaires pour des imbéciles ? Pourquoi en serait-il autrement ? Cela fait plusieurs décennies qu’elles et ils sont les seuls haut·es fonctionnaires de catégorie A+ à qui on demande de trouver les moyens financiers de faire leur travail et les derniers en termes de niveau de #rémunération, gagnant en moyenne 3200 euros nets par mois – pour celles et ceux qui ont la « chance » d’être titulaires.

    Je note d’ailleurs que l’oreille d’Angela Merkel, titulaire d’un doctorat en chimie, semble plus réceptive au financement de la science en Allemagne, pays où la crise due au coronavirus semble avoir été mieux gérée que chez nous. Est-ce aussi à mettre en rapport avec la constatation que, par exemple, la ville d’Heidelberg à elle seule a autant de Cryo-EM que la France entière ?

    Peut-être, alors, après avoir travaillé comme des forcené·es pendant cette période difficile avec mes collègues fonctionnaires Etienne, François, Karine, Jean-Claude Nadia, et tou·tes les précaires dont je vous épargnerai la liste7, nous devrions, en prélevant encore sur nos contrats, constituer une cagnotte supplémentaire. Car la LPPR ne prévoit pas grand-chose dans ses premières années tandis qu’elle nous promet « l’abondance » au nom de vos successeur·ses. Mais surtout, nous pourrions ainsi soulager votre budget ministériel, économiser 16 millions d’euros et pouvoir trouver cette goutte d’eau microscopique qui nous permettrait, outre de ne pas se sentir humilié·es face à une concurrence internationale féroce, de travailler à rattraper le temps perdu.

    J’espère avoir correctement éclairé votre petite phrase, dans le respect de votre fonction ministérielle, respect qui finira bien un jour par être réciproque, et que in fine, mes « plusieurs financements sur projets » que vous « connaissez par cœur » continueront à soutenir nos efforts intenses contre le SARS-CoV-2 et le COVID19.

    Références et notes

    1J’ai établi un résumé de ces demandes, à la demande de l’ANR, du CNRS, et de plusieurs journalistes. Pour la dernière demande (la même faite depuis 2016), devenue subitement intéressante après le déclenchement de la pandémie COVID19, voici la première phrase de l’avis général de chacun des trois évaluateurs internationaux :Reviewer n°1 : « The project is a must fund project. The highly multi-disciplinary research project very nicely combines cutting edge techniques ». Reviewer n°2 : « This is an excellent proposal that is recommended to be considered for funding with highest priority ». Reviewer n°3 : « This is a very interesting research proposal. The project is highly relevant for two reasons. First the obvious pandemic outbreak and second the role of epi-transcriptomics and RNA biology in health and disease. »

    2Le Monde, 29 février 2020

    3La France dispose de 3 Cryo-Electro-Microscopes à haute résolution (type Titan Krios) nécessaires pour les études sur les virus et les conceptions de vaccins et médicaments. L’Angleterre et l’Allemagne (que l’on peut considérer être en première division, j’en passe au sujet de la Chine ou des USA) en avaient 22 et 25, en 2018, respectivement. Le plan « France Cryo-EM EquipeX » prévoit d’en acquérir 3 de plus, mais beaucoup de régions (Paris-Sud, Paris-Centre, Lyon, Marseille, Toulouse, Bordeaux, Rennes, Montpellier ont dû abandonner tout projet de ce type de microscope pour se rabattre sur des microscopes moins puissants, et mutualisés pour que l’ensemble des chercheur·ses d’une régions puisse travailler.

    4L’ARN polymérase, moteur de la réplication du SARS-CoV-2, devient active lorsque qu’elle est associée à deux autres protéines virales, ce qui ouvre la voie à son étude structurale et fonctionnelle. Subissi L, et al. Proc Natl Acad Sci U S A. 2014 Sep 16 ;111(37):E3900-9.

    5Cette mesure fiscale (art. L244 Quater B du CGI) permet de financer des activités de Recherche et Développement (R&D), sous forme de remboursement ou de réduction d’impôt sur les sociétés. Malgré la possibilité évidente d’évasion fiscale, elle n’a jamais été évaluée de manière transparente.

    6La demande de CIR se fait par le formulaire cerfa 2069-A-SD disponible ici On notera : 1) la simplicité de la description demandée du programme de R&D, à comparer avec l’extrême détail qui est demandé aux chercheur·ses pour leur demande de projet ANR ; 2) l’absence du descriptif du processus de revue ou d’évaluation de ces demandes. Je me porte candidat avec enthousiasme pour évaluer ces dossiers de demande CIR dans le domaine des virus émergents ; 3) l’absence de données publiques sur le taux de réussite de ces demandes.

    7L’ensemble de l’équipe et de ses membres est consultable là.

    Remerciements : Je remercie Thomas Boulin, Samuel Hayat et Sophie Pochic pour la relecture critique et les suggestions.

    https://universiteouverte.org/2020/09/19/la-virologie-est-un-sport-de-combat

    #Frédérique_Vidal #MESRI

  • La démocratie à l’épreuve des migrations

    Alors qu’on soulignait la Journée internationale des migrants le 18 décembre dernier et dans un contexte où la signature du Pacte mondial des migrations crée bien des remous, il convient de rappeler qu’à cette même date, en 1990, l’Assemblée générale de l’ONU adoptait la #Convention_internationale_de_protection_des_droits_des_travailleurs_migrants et des membres de leur famille. Bien qu’aucun des États riches de destination des personnes migrantes ne l’ait encore signée ou ratifiée, cette convention énonce des #principes essentiels auxquels on pourrait référer pour l’élaboration d’#instruments_juridiques à l’échelle internationale.

    https://www.pressegauche.org/La-democratie-a-l-epreuve-des-migrations
    #travailleurs_migrants #droits #convention #convention_internationale #migrants_travailleurs #travailleurs_étrangers

  • #PARAGUAY : L’#ORCHESTRE DES #INSTRUMENTS_RECYCLÉS

    https://info.arte.tv/fr/paraguay-lorchestre-des-instruments-recycles
    publié le 27/06/2015 à 18h30
    consulté le 07/06/2018

    « Le monde nous envoie ses #déchets, nous lui renvoyons de la #musique » : telle est la devise de l’#orchestre_de_Cateura, un quartier pauvre d’Asunción. Vingt-cinq mille personnes vivent à quelques mètres de la plus grande #décharge de la capitale paraguayenne. Misère, chômage, délinquance, difficile pour les enfants de Cateura d’imaginer un avenir différent.
    Et si le changement venait de la musique ? C’est l’idée originale qu’a eu #Favio_Chavez en #2006. Mais acheter des instruments neufs était inenvisageable, il les a donc fait fabriquer à partir de déchets récupérés sur les monticules d’ordures. Un saxophone avec un bout de gouttière et des pièces de monnaie. Un violon avec un pot de peinture, une fourchette et un bout de palette. Une contrebasse avec un bidon d’huile. Une guitare avec des boîtes de conserve. Des instruments qui permettent de tout jouer, de Mozart à Metallica, en passant par Astor Piazzolla.

    Composé de quarante musiciens, cet orchestre, invité à se produire dans de nombreux pays, sillonne le monde avec ses instruments recyclés afin de financer ses projets sociaux : cent cinquante enfants du quartier ont, grâce à eux, accès à des cours à l’école et certains d’entre-eux peuvent également entamer des études supérieures. Les bénéfices de l’orchestre ont également permis à plusieurs familles d’être relogées.

    Mon commentaire sur cet article :
    Cet article est la preuve de la capacité de l’art à changer le monde. Dans un quartier pourtant pauvre, situé à quelques mètres d’une décharge, l’art a été le moyen le plus efficace pour améliorer la condition des habitants. D’autant plus, l’orchestre a été créé à partir de la misère des habitants, à savoir « grâce » aux déchets (ou malgré eux).
    Difficile d’en dire plus sur cet article tant l’exemple de cet orchestre se suffit à lui-même : l’art est ici un, sinon le facteur direct de l’amélioration des conditions de vie des habitants.

  • Landfillharmonica - the recycled orchestra

    Chávez got to know these kids and their families over 5 years ago while working on a waste recycling project at the landfill of Cateura. In this area more than 40% of children don’t finish school because their parents need them to work. Being an environmental engineer but with a musical background, one day he decided to help the children by teaching them music lessons. The idea was simply to keep the kids from playing in the landfill.

    “At first it was very difficult because we had no place to rehearse and we had to teach in the same place where the parents were working in the trash,” said Chávez. “The children knew nothing about music and it was very difficult to contact parents because many of them do not live with their children.”

    Eventually, parents began to see that playing music was keeping their kids out of trouble, some even reclaiming children they had previously abandoned.
    Soon there were more children wanting lessons than there were instruments, so Chávez and Nicolas “Cola” one of the garbage pickers experimented with making some out of recycled materials from the landfill. String and wind instruments are made with oil tin cans, forks, bottle caps, and whatever is around. “Eventually the recycled instruments were improved, and in many cases, they now sound better than the wooden Made In China instruments the more able children play on.”

    The recycled instruments serve another, more practical purpose: The kids can safely carry them. “For many children, it was impossible to give them a violin to take home because they had nowhere to keep it and their parents were afraid they would be robbed or the instrument would be sold to buy drugs.”

    The Orchestra had remained unheard of for many years. The launching of the Landfill harmonic short teaser on the Internet triggered a social media events that changed this. “More things have happened in the last 7 months, than in the last 7 years on our lives”. Since then, the Orchestra has traveled to many places and soon, as we are getting close to finishing our movie, the plans are to align the release, festival and premieres of the film with a tour of the Orchestra in the U.S., Europe and other countries as well.

    The Orchestra has grown from just a few musicians to over 35. Their recent fame have peak the interest of the families and children of the community in such way, that many children are now enrolling for music classes. The music school of Cateura, does not have their own building yet, but teaches music and how to build recycled instruments to more than 200 kids of the landfill.

    http://www.landfillharmonicmovie.com/wp-content/uploads/2013/08/THE-ORCHESTRA-MAIN-PIC-SMALL.jpg

    http://www.upworthy.com/watch-the-first-54-seconds-that-s-all-i-ask-you-ll-be-hooked-after-that-i-

    http://www.landfillharmonicmovie.com

    #musique #recyclage #Venezuela #orchestre #enfants #landfill #instruments_de_musique_recyclés #slums #bidonville