• Une centaine de passagers bloqués à l’Aibd : Ils refusent de payer les tests Covid à 40.000 CFA
    https://www.seneweb.com/news/Societe/une-centaine-de-passagers-bloques-a-l-ai_n_329625.html

    Encore les tests Covid que rechignent à passer les voyageurs au départ du Sénégal ou à l’arrivée. Selon des informations de Seneweb, une centaine de passagers sont présentement bloqués à l’aéroport international Blaise Diagne de Diass. Ils refusent de se soumettre aux tests Covid-19 d’un coût de 40.000 FCfa le test.En effet, en plus des billets d’avion qui leur ont couté 1500 euros, une famille sénégalaise qui est retournée en Espagne, a vivement dénoncé, hier, dans les colonnes de EnQuête, les tests Covid imposés à l’aéroport Blaise Diagne à tout voyageur qui souhaite quitter le Sénégal. La famille qui a refusé de s’exécuter, a finalement dû payer, au niveau de l’aéroport, 180 euros, à raison de 60 euros (40.000 francs Cfa) par test. « Ce n’est ni plus ni moins une arnaque », s’insurge ladite famille qui affirme n’avoir « jamais reçu les résultats desdits tests. C’est quoi si ce n’est de l’arnaque ? Et cela ne repose sur rien. Ce n’est ni la loi ni le décret », fulmine le père de famille dans les colonnes du quotidien.
    Il faut rappeler que le Sénégal, qui exige des documents pour entrer dans son territoire, exige aussi un test Covid à ceux qui sont sur le départ, alors que les pays d’accueil n’en font pas une exigence. Mor Kane, député de la diaspora y voit une nouvelle forme de corruption sur le dos des voyageurs. « Pour moi, c’est une corruption qui ne dit pas son nom. Le 25 août, des collègues ont quitté le Sénégal pour l’Espagne via la compagnie Iberia. On leur a fait payer 50 euros chacun avant l’embarquement sans aucun reçu », dénonce-t-il.Ce matin encore, la problématique des tests Covid fait encore l’actualité à l’Aibd où la centaine de personnes citées qui a débarqué d’un vol en provenance de l’Italie, maintient le bras de fer d’autant que les tests sont requis à l’entrée comme à la sortie du territoire sénégalais, là où nombre de pays de destination, au départ de Dakar, n’en font aucune exigence. Les émigrés en appellent aux autorités sénégalaises pour l’arrêt de ces tests qui disent-ils, ont fini de les dépouiller sur le plan financier.

    #Covid-19#migrant#migration#senegal#diaspora#test#sante#italie#espagne#aeroport#depistage

  • 20 refugees arrive in Italy with university scholarships

    Twenty refugees from Eritrea, Sudan, South Sudan and the Democratic Republic of Congo arrived in Italy on September 11 thanks to the project University Corridors for Refugees. They will be able to continue their studies at 10 Italian universities through a scholarship.

    Twenty refugees who arrived at Rome’s Fiumicino airport on September 11 will soon be able to continue their studies. They will attend one of 10 Italian universities that have joined the project #University_Corridors_for_Refugees (#UNICORE).
    According to a statement released by the UN refugee agency UNHCR, the students, including a woman, come from Eritrea, Sudan, South Sudan and the Democratic Republic of Congo. They were selected according to their academic accomplishments and motivation by a commission appointed by all the universities participating in the project through a public competition.

    Once they have completed a mandatory quarantine period due to the COVID-19 emergency, the students will start attending courses at the universities of Cagliari, Florence, L’Aquila, Milan (Statale), Padua, Perugia, Pisa, Rome (Luiss), Sassari and Venice (Iuav).

    ’Extraordinary result’, UNHCR

    The project University Corridors for Refugees is promoted with the cooperation of the Italian foreign ministry, the UN Refugee Agency (UNHCR), Italian charity Caritas, the Diaconia Valdese. It was also organized thanks to the support of the University of Bologna (promoter of the first edition in 2019) and a wide network of partners in Ethiopia (Gandhi Charity) and in Italy, which will provide the necessary support to students for the entire duration of the specialization course.

    “We are extremely happy for this extraordinary result,” said Chiara Cardoletti, UNHCR representative for Italy, the Holy See and San Marino.

    “With this initiative Italy proves it is ahead in finding innovative solutions for the protection of refugees.”

    UN goals for the education of refugees

    According to the UNHCR report ’Coming Together for Refugee Education’ published two weeks ago, only 3% of refugees at a global level have access to higher education.

    By 2030, the UN agency has the goal of reaching a 15% enrolment rate in higher education programs for refugees in host countries and third countries also by increasing safe pathways that take into account specific needs and the legitimate aspirations of refugees.

    https://www.infomigrants.net/en/post/27244/20-refugees-arrive-in-italy-with-university-scholarships

    #réfugiés #asile #migrations #université #universités-refuge #villes-refuge #Italie #bourses_d'étude

    –—

    Ajouté à la métaliste des villes-refuge:
    https://seenthis.net/messages/759145

    ping @isskein @karine4

    • Le site web du projet #University_Corridors_for_Refugees (#UNICORE)

      The project University Corridors for Refugees UNICORE 2.0 is promoted by 10 Italian universities with the support of UNHCR, Italian Ministry of Foreign Affairs and International Cooperation, Caritas Italiana, Diaconia Valdese, and other partners. It aims to increase opportunities for refugees currently residing in Ethiopia to continue their higher education in Italy.

      https://universitycorridors.unhcr.it

      https://www.youtube.com/watch?v=lNri937Rn5w&feature=emb_logo

    • Università dell’Aquila: primo corridoio umanitario per studenti rifugiati

      La realizzazione di un “corridoio universitario” per rifugiati quale dimostrazione di sensibilità ed estrema apertura da parte dell’Università dell’Aquila verso studenti meno fortunati e sicuramente più vulnerabili che, diversamente, non avrebbero altre possibilità di realizzare studi universitari.
      Il progetto si è materializzato con l’arrivo all’Aquila, lo scorso martedì 29 settembre, dopo un periodo di quarantena trascorso in strutture protette, del primo studente vincitore del programma “University Corridors for Refugees Unicore 2.0” promosso da dieci atenei italiani con il supporto di Unhcr, Maeci, Caritas italiana, Diaconia valdese e con il contributo di diversi partner locali per L’Aquila quali Adsu, Caritas diocesana, Servizio migrantes della Caritas di Avezzano, Arci, Abruzzo crocevia e Ricostruire insieme.

      In totale sono venti, tra ragazze e ragazzi di diverse nazionalità, titolari di protezione internazionale come rifugiati, coloro che hanno avuto l’opportunità di vincere una borsa di studio, che gli ha permesso di arrivare in Italia in condizioni di sicurezza, con i cosiddetti corridoi universitari, e iscriversi a un corso di Laurea magistrale in una delle università aderenti.

      «Siamo davvero felici di accogliere questo nuovo studente, perseguendo concretamente quegli obiettivi di uguaglianza, pari accesso alle opportunità e di attenzione per la realtà dell’immigrazione che da anni sono al centro delle politiche del nostro ateneo» spiegano i coordinatori del progetto per l’Università dell’Aquila, i docenti Francesca Caroccia e Luigi Gaffuri, referenti del Rettore rispettivamente, per le politiche di uguaglianza e pari opportunità e per la cooperazione internazionale allo sviluppo, evidenziando, inoltre, l’importanza sulle modalità di selezione degli studenti, avvenuti «in base al merito accademico- proseguono i due- e alla motivazione; nel nostro caso, si tratta di un ragazzo che presentava un curriculum davvero degno di nota e che aveva già conseguito una laurea nel suo paese con il massimo dei voti, prima che le vicende politiche stravolgessero la sua esistenza».

      La politica dell’accoglienza è ampiamente attuata dall’Università dell’Aquila, e numerosi sono gli studenti stranieri provenienti da paesi e territori che non garantiscono la tutela dei diritti fondamentali. Integrazione e valorizzazione delle competenze è «divenuta preciso obiettivo programmatico nel 2019, con la sottoscrizione del “Manifesto dell’Università Inclusiva”, una iniziativa promossa dall’Unhcr con cui l’ateneo aquilano, insieme ad altri trentotto atenei italiani, si è impegnato a facilitare l’accesso dei rifugiati al sistema educativo con risorse e competenze adeguate e, si legge in un comunicato stampa, «l’attivazione dei corridoi universitari costituisce dunque la prima linea di attuazione concreta del Manifesto; un risultato straordinario, non scontato anche a causa delle difficoltà dovute all’emergenza da Covid-19 e per la riuscita del quale è stato fondamentale il lavoro di squadra e il coordinamento con i partner e le istituzioni territoriali».

      La prof.ssa Caroccia esprime un particolare ringraziamento al vicesindaco dell’Aquila, Raffaele Daniele, per essersi «impegnato personalmente in alcuni delicati passaggi amministrativi».

      https://www.ilmessaggero.it/abruzzo/universita_aquila_primo_corridoio_umanitario_studenti_rifugiati-5494877

    • La Tavola rotonda di Asai su Università e rifugiati

      Asai – l’Associazione per gli studi africani in Italia – ha organizzato in autunno una serie di tavole rotonde tematiche. Il 2 ottobre si è tenuto l’incontro avente come titolo: Le università italiane e l’accoglienza ai rifugiati: esperienze a confronto.

      Le università italiane si sono aperte ai rifugiati ormai da anni, le esperienze di inclusione e partecipazione si stanno diffondendo sempre più. Sono nati progammi specifici in cui viene garantita la gratuità di accesso agli studi universitari e borse di studio. Ma a fronte di questa situazione generale le domande sono molte e la tavola rotonda organizzata da Asai è stata il luogo (virtuale) in cui proporle a studiosi e ricercatori coinvolti in questi progetti: “esistono mappature di questi programmi e come si può diffonderne la conoscenza? Quali bilanci si possono trarre da queste esperienze? Come possono le associazioni di studiosi d’area e i gruppi di ricerca rafforzarle?”

      Ciò che è emerso è che rimane problematico il riconoscimento dei titoli di studio (anche se non dovrebbe essere obbligatorio per i titolari di asilo politico) ma si prospetta per il futuro l’appoggio di CIMEA e CNVQR – il Coordinamento Nazionale sulla Valutazione delle Qualifiche dei Rifugiati – che dovrebbe risolvere molte situazioni o aiutare a dipanarle.

      Inoltre risulta chiaro che gli studenti rifugiati necessitano di un sostegno nel percorso universitario, perché si trovano di fronte a nuove sfide: come “il doversi abituare ad un sistema universitario e di formazione ben diverso rispetto a quello conosciuto [oppure] la necessità di colmare lacune specifiche, di tipo linguistico o legate a determinate materie e discipline; [o ancora] la necessità di riprendere l’abitudine a studio sistematico, dopo periodi di interruzione e frammentazione dei percorsi biografici, familiari etc e in una persistente situazione, in molti casi, di precarietà”.

      Gli obiettivi primari, sentiti come urgenti dai relatori, sono stati quello di costruire inclusività all’interno dell’università, “con forme di interazione con docenti e studenti e l’individuazione di figure di riferimento responsabili per specifici aspetti del percorso” e quello di produrre una rete sociale di supporto attorno ai percorsi di studio al fine di generare un senso di serenità e tranquillità negli studenti rifugiati.

      Per chi volesse approfondire Asai pubblicherà nel suo sito (sezione tavoli di coordinamento) verbale sintetico e registrazione dell’evento del 9 ottobre 2020:
      https://www.asaiafrica.org/tavoli-tematici-di-coordinamento

      https://viedifuga.org/la-tavola-rotonda-di-asai-su-universita-e-rifugiati

  • "Si un migrant est dans la région de Vintimille, c’est qu’il veut partir"

    À la frontière italo-française, des dizaines de migrants venus de tous horizons sont refoulés chaque jour après avoir tenté de passer en France. Solution de repli pour les refoulés fatigués de ce jeu du chat et de la souris, la ville de Vintimille, située à 10 kilomètres, est devenue ces derniers mois un territoire sans pitié pour les migrants.

    « Comme un ballon de foot »

    Visage masqué et pieds nus, Mohamed Ahmed a les yeux tournés vers la mer. Depuis le muret en pierres sur lequel il est assis à l’ombre des pins, il a une vue imprenable, splendide. La Méditerranée scintillante. La côte vallonnée - italienne d’abord, puis française un peu plus loin. Et la ville de Menton, facilement reconnaissable de l’autre côté de la baie, première cité de l’Hexagone en venant de cette partie de l’Italie. Mais le jeune homme ne semble pas apprécier ce paysage digne d’une carte postale. Il le regarde sans le voir. Bien que proche, Menton, et donc la France, lui est inaccessible.

    Inaccessible car Mohamed Ahmed est un migrant, soudanais, âgé de 25 ans, originaire du Darfour. Il a passé une partie de la nuit à marcher, dans l’espoir de traverser illégalement la frontière. L’autre partie, il l’a passée dans un préfabriqué exigu et sans toit appartenant à la PAF (police aux frontières) de Menton. Le matin venu, il a été remis sur la route avec pour ordre de retourner en Italie à pieds. L’Italie ne veut pourtant pas plus que la France de Mohamed Ahmed. « Je me sens comme un ballon de football sur un terrain entre deux équipes. L’une c’est l’Italie, l’autre c’est la France », dit-il.

    Face aux « difficultés migratoires », les deux pays semblent pourtant faire front commun. Fin juillet, Rome et Paris ont même annoncé la création prochaine d’une brigade conjointe à leur frontière pour lutter contre les filières de passeurs. De quoi compliquer davantage les passages. « Si les gens sont ici, c’est qu’ils veulent partir, ils sont déterminés. La police ne fait que les ralentir et les pousse à prendre plus de risques », regrette Maurizio Marmo, responsable de l’ONG Caritas Vintimille qui vient en aide aux migrants dans cette région italienne. En moyenne, il faut cinq essais à une personne avant de parvenir à passer en France. Mohamed Ahmed est dans la moyenne haute : c’est sa septième tentative en cinq jours. Il y en aura d’autres.

    Depuis la fin du confinement, et la reprise des voyages de migrants qui s’en est suivie, des dizaines de personnes essaient chaque jour de franchir cette frontière dans la région de Vintimille. Les moyens sont divers pour ceux qui ne sont pas conduits dans des véhicules de passeurs : à pieds, il y a le long de la mer - chemin qui n’a ’’quasiment aucune chance’’ étant donné la surveillance policière, glisse le membre d’une association -, les voies de chemins de fer ou, plus risqué, la montagne via un sentier surnommé sans équivoque ’’le passage de la mort’’. Il y a également les trains et les risques d’électrocutions pour ceux qui s’aventurent dessus.

    Chaque jour, aussi, des dizaines de personnes sont interpellées par la police française et sont refoulées. Des « #push-backs » souvent considérés comme illégaux car menés au mépris de l’asile demandé par les intéressés. La PAF de #Menton est d’ailleurs bien connue pour son fonctionnement opaque. Déjà visée par une enquête sur de possibles infractions, cette police avait refusé, en octobre 2019, à une députée le droit de visiter les lieux où sont retenus les migrants.

    Ce jeudi, ils sont une cinquantaine, comme Mohamed Ahmed, à avoir été renvoyés par la police dès le matin, selon un registre tenu par les associations. Un chiffre constant.

    L’apprentissage de la #méfiance

    Sur le bord de la route qui ramène à Vintimille, ville de repli et de transit pour les migrants, des associations ont installé un poste de ravitaillement pour accueillir les refoulés sur le retour. Au frais sous les arbres, du pain, des biscuits, des fruits et des réchauds pour faire du café les attendent. Une infirmière italienne est aussi là pour examiner les éventuelles blessures. Exténués et en sueur après une longue montée, ceux qui arrivent devant cette tablée affichent de larges sourires, agréablement surpris de voir qu’ici, pour une fois, des gens les attendent pour les aider. ’’C’est gratuit, c’est gratuit’’, rassure l’un des participants, les enjoignant à se servir.

    Au soulagement qu’apporte ce réconfort cède toutefois rapidement l’inquiétude. Car beaucoup de ceux présents - pour la plupart très jeunes - semblent dans un état de confusion totale. Faut-il prendre le bus pour se reposer à Vintimille ou retenter sa chance tout de suite ? Quel chemin emprunter ? Est-ce vrai que des militaires se cachent dans les buissons sur le sentier ’’de la mort’’ pour attraper les migrants qui y marchent la nuit ? « Est-ce que je dois dire que je veux demander l’asile en France quand un policier m’interpelle ? Tu peux m’écrire sur un bout de papier comment on dit ça en français ? » Les questions et les regards perdus se bousculent. Le silence tombe aussi soudainement, parfois. Au jeu du chat et de la souris qui se déroule à cette frontière, les grands perdants sont ceux qui ne maîtrisent pas les règles.

    Au point de ravitaillement les migrants peuvent acheter des tickets de bus pour aller Vintimille Crdit InfoMigrants

    « On m’a volé mon sac à dos dans la PAF », lance Nabil Maouche, Algérien de 27 ans, l’air hagard. À l’intérieur se trouvait tout ce qu’il possédait : ses vêtements, 50 euros et, surtout, son téléphone et son chargeur. « Je ne peux plus appeler ma famille », lance le jeune homme qui a embarqué début août depuis les côtes africaines à bord d’un petit bateau de fortune ayant, assure-t-il, réussi à atteindre la Sardaigne. Selon Chiara, membre de l’association italienne Projetto 20k, les pertes d’objets personnels sont monnaie courante durant les nuits au poste : « Les affaires des migrants sont gardées dans un vestiaire dans la PAF, c’est une pièce dans laquelle il y a beaucoup de passage… »

    Binu Lama, Tibétaine de 22 ans, montre pour sa part des documents dont elle peine à comprendre la signification. Un « refus d’entrée » de la police française et un procès verbal des forces de l’ordre italiennes, qui lui ont été délivrés coup sur coup. Elle ne parle ni français, ni italien, ne sait pas ce qu’elle doit en faire. Mais elle jure que, si près du but, cette paperasse ne l’empêchera pas de retenter sa chance dans quelques heures seulement. Accompagnée de son mari et d’un groupe d’amis, elle veut « trouver du travail et envoyer de l’argent à [sa] famille » depuis la France, où elle croit savoir qu’elle pourra obtenir l’asile plus facilement qu’en Italie. « Je ne suis pas découragée et je n’ai pas peur. Je suis habituée maintenant à traverser les frontières », lance celle qui a déjà marché à travers la Turquie, la Grèce, l’Albanie, le Monténégro, la Bosnie, la Croatie et la Slovénie.

    Phénomène vieux de plusieurs années, ces tentatives de passages dans la région de Vintimille ont ceci de nouveau qu’elles rassemblent désormais des personnes aux profils et aux origines plus variés qu’avant. Des Tibétains, par exemple, Jacopo Colomba, représentant de l’ONG We World, n’en avait pas vus dans le coin depuis deux ans. Il y a par ailleurs davantage de migrants désillusionnés par l’Italie « qui veulent tenter leur chance ailleurs », affirme Maurizio Marmo, de Caritas Vintimille. Ils s’ajoutent aux primo-arrivants dans le pays, largement majoritaires parmi ceux qui tentent le passage. Venus de la route des Balkans ou de l’île de Lampedusa dans le but de rejoindre la France ou d’autres pays du nord de l’Europe, ils sont nombreux à expliquer leur désir de quitter la péninsule par le fait qu’ils ne parlent pas italien, qu’ils ne connaissent personne dans ce pays ou, tout simplement, par l’ordre qu’ils ont reçu d’en partir.

    Ce dernier cas de figure est celui de Mohamed Ahmed et de ses deux compagnons de voyage, eux aussi originaires du Darfour. L’un d’eux tchipe lorsqu’on lui demande son prénom, en signe de refus. Il ne le donnera pas. Il tchipe de plus belle, en guise de désapprobation, lorsque son ami accepte, lui, de donner le sien. Le parcours migratoire de ce trentenaire l’a rendu méfiant, sur la défensive. Il ne sait plus qui croire ni à quel sein se vouer. Comme beaucoup de migrants, il a appris la méfiance envers les autorités, envers les journalistes, la méfiance des uns envers les autres.

    Et pour cause : cet homme sans nom est allé de mauvaises surprises en désillusions. Comme Mohamed Ahmed, il a fui le Soudan en guerre pour aller travailler en Libye, pays qu’il croyait prospère alors qu’il est en proie au chaos et à la loi du plus fort depuis 2011. Il y restera bloqué deux ans. À leur arrivée à Lampedusa au terme d’une traversée en bateau, les comparses soudanais sont placés en quarantaine pour détecter d’éventuels cas de coronavirus. Cette période censée durer 14 jours sera renouvelée et doublée, sans qu’on leur fournisse la moindre explication. À leur sortie, les autorités italiennes leur ont donné sept jours pour quitter le territoire.

    « À Vintimille, il n’y a plus d’endroit pour les choses intimes »

    Une fois refoulés par les autorités françaises, les migrants n’ont guère d’autres choix que d’aller à Vintimille, cité balnéaire de 24 000 habitants, loin d’être accueillante mais qui a l’avantage de se trouver à seulement 10 kilomètres de la frontière. Dans les rues de la ville, ils sont désoeuvrés. Chaque nuit, les associations dénombrent entre 100 et 200 migrants qui dorment où ils peuvent, gare, plages, arrière des buissons, sans tente. « Regardez comment c’est ici », lance, écœuré, un jeune Tchadien, arrivé depuis seulement trois jours, en pointant le bitume jonché de déchets. « Moi je dors plus bas, près de la rivière. » Il n’est pas le seul : les berges de la rivière Roya, recouvertes de végétation, sont habitées par de nombreux sangliers imposants et peu farouches.

    Le nombre de migrants à la rue à Vintimille représente une situation inhabituelle ces dernières années. Elle résulte, en grande partie, de la fermeture fin juillet d’un camp humanitaire situé en périphérie de la ville et géré par la Croix-Rouge italienne. Cette fermeture décrétée par la préfecture d’Imperia a été un coup dur pour les migrants qui pouvaient, depuis 2016, y faire étape. Les différents bâtiments de ce camp de transit pouvaient accueillir quelque 300 personnes - mais en avait accueillis jusqu’à 750 au plus fort de la crise migratoire. Des sanitaires, des lits, un accès aux soins ainsi qu’à une aide juridique pour ceux qui souhaitaient déposer une demande d’asile en Italie : autant de services qui font désormais partie du passé.

    « On ne comprend pas », lâche simplement Maurizio Marmo. « Depuis deux ans, les choses s’étaient calmées dans la ville. Il n’y avait pas de polémique, pas de controverse. Personne ne réclamait la fermeture de ce camp. Maintenant, voilà le résultat. Tout le monde est perdant, la ville comme les migrants. »

    Alors, qu’est-ce qui explique cette fermeture ? La préfecture est restée silencieuse à nos questions. Selon des associations, les autorités en auraient eu assez du cadre juridique bancal sur lequel avait été ouvert ce camp, unique en son genre dans le nord de l’Italie. D’autres avancent que la tenue prochaine d’élections régionales, fin septembre, aurait motivé cette décision dans l’espoir de glaner les votes de l’électorat anti-migrants. Difficile à savoir. Début septembre, plus d’un mois après sa fermeture, les préfabriqués du « campo » n’étaient en tout cas toujours pas démantelés, permettant à certains de parier sur une réouverture future.

    Toujours est-il qu’en attendant, la vie des migrants s’organise désormais à l’intérieur même de la ville, autour de la Via Tenda. Sur un parking, entre le cimetière et une voie rapide, l’association Kesha Niya distribue de la nourriture et de l’eau les soirs. Les matins, des collations sont servies dans les locaux de Caritas Vintimille, à proximité. Entre les deux, plus grand chose.

    « Les mineurs et les familles n’ont aucun accueil, s’offusque Maurizio Marmo. Les mineurs restent dehors. » En solution d’urgence, l’église San Nicola a récemment accepté, sous l’impulsion de Caritas, d’ouvrir ses portes aux familles le temps de quelques nuits seulement.

    Mais les portes, en général, se ferment davantage qu’elles ne s’ouvrent. « Avant, on louait un local là, près de la rivière, dit Chiara de Projetto 20k. Les migrants pouvaient s’y reposer en sécurité, charger leur téléphone, passer du temps tranquilles pour les choses intimes… Ça marchait bien. Mais le propriétaire a voulu mettre fin à cette location en janvier 2019. Maintenant le lieu est fermé et il n’y a plus d’endroit sécurisé à Vintimille pour ce genre de choses. »

    Même des services aussi essentiels que les douches ne sont plus accessibles aux migrants dans la ville. Les salles de bains de l’association Caritas, seules options, sont fermées pendant la belle saison. « Les douches sont très compliquées à gérer, justifie Maurizio Marmo, alors, l’été, ils vont dans la mer. »

    Abdelkhair a choisi la rivière. Accroupi sous un pont, penché en avant, il lave un t-shirt dans le faible débit de la Roya, asséchée en cette fin d’été. Il en profite pour se mouiller le visage. Originaires du Bangladesh, lui et ses compagnons ne peuvent pas s’attarder ici. « C’est le coin des Somaliens », prévient un autre migrant, qui s’est levé à la hâte du matelas encrassé sur lequel il était allongé à la vue d’un visiteur. Des murmures et des frémissements nous font comprendre que d’autres hommes se cachent tout autour, dans les interstices du pont, d’où dépasse un pan de couette, et dans les buissons. Les sangliers, eux, gambadent en plein jour non loin de là.

    À la recherche des femmes

    Les passeurs, aussi, agissent à découvert dans Vintimille. Dans le centre-ville, il n’est pas rare que des groupes d’hommes, connus pour être là pour du business, rodent autour de la gare. « Quand on les voit se diriger vers les quais, c’est qu’ils ont été prévenus qu’un train arrivait », indique un membre d’une association qui préfère garder l’anonymat.

    Mohamed Sheraz, rencontré en dehors de la ville, est si à l’aise qu’il donne son nom. Âgé de 25 ans, ce réfugié pakistanais en France dit venir en Italie pour « aider ses frères » en parallèle de son travail dans le secteur du bâtiment. En l’occurrence, il « aide » cinq hommes, quatre Pakistanais et un Afghan, moyennant 150 euros par tête. La nuit dernière, les migrants n’en ont pas eu pour leur argent, ce fut un échec.

    Mais d’autres trafics, plus secrets, inquiètent davantage les associations. Parmi les migrants livrés à eux-mêmes, les femmes, particulièrement vulnérables, sont l’objet de plusieurs attentions. « Dans les deux derniers mois, on a pu entrer - brièvement - en contact avec trois femmes, dit Jacopo Colomba, de l’ONG We World. Elles semblaient être contraintes par quelque chose et cherchaient une manière de s’échapper mais des hommes ont interrompu notre conversation. Nous ne les avons pas revues. »

    Grâce à des maraudes hebdomadaires, Jacopo Colomba, qui a rejoint le projet « Hope this helps » financé par le département et la région Ligurie pour documenter ces trafics, estime qu’environ 50 femmes transitent tous les mois par Vintimille. Avant de disparaître, sitôt les pieds posés dans la ville.

    « C’est une dynamique facile à observer, détaille Jacopo Colomba. Des femmes, généralement ivoiriennes [la mafia nigériane, très active il y a quelques années dans la ville, a elle vu son activité baisser, NDLR] arrivent par train de Milan ou de Gêne et sont tout de suite accueillies par une personne de leur nationalité. Elles sont menées près du fleuve. D’autres personnes les attendent et un échange de papiers a lieu. Puis, elles sont conduites dans des maisons, nous ne savons pas où exactement. » L’humanitaire, qui précise avoir prévenu la police mais ne pas savoir si « le mot a circulé », assure que ces femmes sont par la suite intégrées à des réseaux de prostitution en France et notamment à Marseille.

    « Les femmes ne sont pas inexistantes à Vintimille mais elles sont invisibles », affirme pour sa part Adèle, membre de l’association Kesha Niya, durant une distribution de nourriture à laquelle participent uniquement des hommes. « C’est dur de savoir comment elles vont et où elles sont. »

    Auparavant le camp de la Croix-Rouge hébergeait plusieurs d’entre elles. En cela non plus, sa fermeture n’a pas été bénéfique.

    Loin des trafics et des luttes de pouvoir, il reste un lieu à Vintimille où le business est un vilain mot. Le café Hobbit, tenu par la charismatique Delia, engrange même si peu de recettes que le commerce peine à ne pas mettre la clé sous la porte. Car Delia sert boissons et focaccias gratuites aux personnes dans le besoin depuis plusieurs années. Cet élan de générosité, inspiré par l’afflux de migrants dans la ville, a fait fuir les locaux. Eux ne mettent plus les pieds dans « le café des migrants ». « Mon commerce est un désastre », dit Delia, sans songer une seconde à changer de stratégie. Pour la gérante, les passeurs, les migrants laissés à l’abandon, la frontière italo-française et ses contrôles incessants, tout cela s’inscrit dans une même logique, qu’elle refuse de suivre. « Tout dans ce monde est affaire d’argent et de profit. La seule chose qui ne rapporte rien, c’est sauver les êtres humains. »

    https://www.infomigrants.net/fr/webdoc/209/si-un-migrant-est-dans-la-region-de-vintimille-c-est-qu-il-veut-partir

    #asile #migrations #réfugiés #frontière_sud-alpine #Italie #frontières #France #Vintimille #refoulement #refoulements #push-back #café_Hobbit #femmes #SDF #sans-abri #camp_humanitaire #Croix-Rouge #fermeture #Delia

  • Migrants à la frontière italienne : « On ralentit le voyage, mais on ne l’empêche certainement pas »

    Depuis le déconfinement, les passages vers la France reprennent. Tous les jours, la police refoule des dizaines de migrants en Italie.

    Le « manège » a très vite repris. Passé la période de confinement, les gens se sont remis en mouvement. A la frontière franco-italienne, les personnes migrantes ont de nouveau entrepris de passer en France, par le train, en voiture ou en camion, essayant de tromper une surveillance policière rodée au « manège », donc. C’est, avec ironie, le terme que choisit un militant associatif pour désigner les va-et-vient qu’il observe ce mardi 7 juillet devant le poste de la police aux frontières (PAF) de #Menton (#Alpes-Maritimes). Il participe à une mission d’observation menée par plusieurs associations (Amnesty International, la Cimade, Médecins du monde, Médecins sans frontières et le Secours catholique) pour documenter les pratiques des autorités. Chaque jour, des migrants interpellés à leur arrivée en France sont conduits à la PAF puis refoulés quelques mètres plus loin, en Italie. Jusqu’à ce qu’ils retentent leur chance.

    Lundi, 38 personnes ont ainsi été renvoyées en Italie, et 45 le lendemain. Djilani (le prénom a été modifié) a été interpellé vers 17 heures lundi à la gare de Tende. Ce Tunisien a passé la nuit dans les locaux préfabriqués attenants à la PAF de Menton. Pourtant, jure-t-il à sa sortie, il ne souhaitait pas se rendre en France. « J’avais pris un train depuis Turin pour rendre visite à un cousin à Vintimille », dit-il. Se jouant des frontières, la voie ferrée serpente jusqu’à la côte méditerranéenne en traversant un bout de territoire français. Djilani a eu beau montrer son billet de train Turin-Vintimille aux policiers qui l’ont contrôlé, il a dû descendre à quai et s’est vu notifier un refus d’entrée sur le territoire. « Je travaille dans l’agriculture en Calabre depuis un an et demi et j’ai déposé une demande de régularisation le 2 juillet », proteste-t-il, documents à l’appui.


    https://www.lemonde.fr/societe/article/2020/07/08/migrants-a-la-frontiere-italienne-on-ralentit-le-voyage-mais-on-ne-l-empeche

    #asile #migrations #réfugiés #frontière_sud-alpine #Italie #frontières #France #Vintimille

    #paywall

  • #Briançon : « L’expulsion de Refuges solidaires est une vraie catastrophe pour le territoire et une erreur politique »

    Le nouveau maire a décidé de mettre l’association d’aide aux migrants à la porte de ses locaux. Dans la ville, la mobilisation citoyenne s’organise

    #Arnaud_Murgia, élu maire de Briançon en juin, avait promis de « redresser » sa ville. Il vient, au-delà même de ce qu’il affichait dans son programme, de s’attaquer brutalement aux structures associatives clefs du mouvement citoyen d’accueil des migrants qui transitent en nombre par la vallée haut-alpine depuis quatre ans, après avoir traversé la montagne à pied depuis l’Italie voisine.

    A 35 ans, Arnaud Murgia, ex-président départemental des Républicains et toujours conseiller départemental, a également pris la tête de la communauté de communes du Briançonnais (CCB) cet été. C’est en tant que président de la CCB qu’il a décidé de mettre l’association Refuges solidaires à la porte des locaux dont elle disposait par convention depuis sa création en juillet 2017. Par un courrier daté du 26 août, il a annoncé à Refuges solidaires qu’il ne renouvellerait pas la convention, arrivée à son terme. Et « mis en demeure » l’association de « libérer » le bâtiment situé près de la gare de Briançon pour « graves négligences dans la gestion des locaux et de leurs occupants ». Ultimatum au 28 octobre. Il a renouvelé sa mise en demeure par un courrier le 11 septembre, ajoutant à ses griefs l’alerte Covid pesant sur le refuge, qui l’oblige à ne plus accueillir de nouveaux migrants jusqu’au 19 septembre en vertu d’un arrêté préfectoral.
    « Autoritarisme mêlé d’idées xénophobes »

    Un peu abasourdis, les responsables de Refuges solidaires n’avaient pas révélé l’information, dans l’attente d’une rencontre avec le maire qui leur aurait peut être permis une négociation. Peine perdue : Arnaud Murgia les a enfin reçus lundi, pour la première fois depuis son élection, mais il n’a fait que réitérer son ultimatum. Refuges solidaires s’est donc résolu à monter publiquement au créneau. « M. Murgia a dégainé sans discuter, avec une méconnaissance totale de ce que nous faisons, gronde Philippe Wyon, l’un des administrateurs. Cette fin de non-recevoir est un refus de prise en compte de l’accueil humanitaire des exilés, autant que de la paix sociale que nous apportons aux Briançonnais. C’est irresponsable ! » La coordinatrice du refuge, Pauline Rey, s’insurge : « Il vient casser une dynamique qui a parfaitement marché depuis trois ans : nous avons accueilli, nourri, soigné, réconforté près de 11 000 personnes. Il est illusoire d’imaginer que sans nous, le flux d’exilés va se tarir ! D’autant qu’il est reparti à la hausse, avec 350 personnes sur le seul mois d’août, avec de plus en plus de familles, notamment iraniennes et afghanes, avec des bébés parfois… Cet hiver, où iront-ils ? »

    Il faut avoir vu les bénévoles, au cœur des nuits d’hiver, prendre en charge avec une énergie et une efficacité admirables les naufragés de la montagne épuisés, frigorifiés, gelés parfois, pour comprendre ce qu’elle redoute. Les migrants, après avoir emprunté de sentiers d’altitude pour échapper à la police, arrivent à grand-peine à Briançon ou sont redescendus parfois par les maraudeurs montagnards ou ceux de Médecins du monde qui les secourent après leur passage de la frontière. L’association Tous migrants, qui soutient ces maraudeurs, est elle aussi dans le collimateur d’Arnaud Murgia : il lui a sèchement signifié qu’il récupérerait les deux préfabriqués où elle entrepose le matériel de secours en montagne le 30 décembre, là encore sans la moindre discussion. L’un des porte-parole de Tous migrants, Michel Rousseau, fustige « une forme d’autoritarisme mêlée d’idées xénophobes : le maire désigne les exilés comme des indésirables et associe nos associations au désordre. Ses décisions vont en réalité semer la zizanie, puisque nous évitons aux exilés d’utiliser des moyens problématiques pour s’abriter et se nourrir. Ce mouvement a permis aux Briançonnais de donner le meilleur d’eux-mêmes. C’est une expérience très riche pour le territoire, nous n’avons pas l’intention que cela s’arrête ».

    La conseillère municipale d’opposition Aurélie Poyau (liste citoyenne, d’union de la gauche et écologistes), adjointe au maire sortant, l’assure : « Il va y avoir une mobilisation citoyenne, j’en suis persuadée. J’ose aussi espérer que des élus communautaires demanderont des discussions entre collectivités, associations, ONG et Etat pour que des décisions éclairées soient prises, afin de pérenniser l’accueil digne de ces personnes de passage chez nous. Depuis la création du refuge, il n’y a pas eu le moindre problème entre elles et la population. L’expulsion de Refuges solidaires est une vraie catastrophe pour le territoire et une erreur politique. »
    « Peine profonde »

    Ce mardi, au refuge, en application de l’arrêté préfectoral pris après la découverte de trois cas positif au Covid, Hamed, migrant algérien, se réveille après sa troisième nuit passée dans un duvet, sur des palettes de bois devant le bâtiment et confie : « Il faut essayer de ne pas fermer ce lieu, c’est très important, on a de bons repas, on reprend de l’énergie. C’est rare, ce genre d’endroit. » Y., jeune Iranien, est lui bien plus frais : arrivé la veille après vingt heures de marche dans la montagne, il a passé la nuit chez un couple de sexagénaires de Briançon qui ont répondu à l’appel d’urgence de Refuges solidaires. Il montre fièrement la photo rayonnante prise avec eux au petit-déjeuner. Nathalie, bénévole fidèle du refuge, soupire : « J’ai une peine profonde, je ne comprends pas la décision du maire, ni un tel manque d’humanité. Nous faisons le maximum sur le sanitaire, en collaboration avec l’hôpital, avec MDM, il n’y a jamais eu de problème ici. Hier, j’ai dû refuser l’entrée à onze jeunes, dont un blessé. Même si une partie a trouvé refuge chez des habitants solidaires, cela m’a été très douloureux. »

    Arnaud Murgia nous a pour sa part annoncé ce mardi soir qu’il ne souhaitait pas « s’exprimer publiquement, en accord avec les associations, pour ne pas créer de polémiques qui pénaliseraient une issue amiable »… Issue dont il n’a pourtant pas esquissé le moindre contour la veille face aux solidaires.

    https://www.liberation.fr/france/2020/09/16/briancon-l-expulsion-de-refuges-solidaires-est-une-vraie-catastrophe-pour

    #refuge_solidaire #expulsion #asile #migrations #réfugiés #solidarité #Hautes-Alpes #frontière_sud-alpine #criminalisation_de_la_solidarité #Refuges_solidaires #mise_en_demeure #Murgia

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    • A Briançon, le nouveau maire LR veut fermer le refuge solidaire des migrants

      Depuis trois ans, ce lieu emblématique accueille de façon inconditionnelle et temporaire les personnes exilées franchissant la frontière franco-italienne par la montagne. Mais l’élection d’un nouveau maire Les Républicains, Arnaud Murgia, risque de tout changer.

      Briançon (Hautes-Alpes).– La nouvelle est tombée lundi, tel un coup de massue, après un rendez-vous très attendu avec la nouvelle municipalité. « Le maire nous a confirmé que nous allions devoir fermer, sans nous proposer aucune alternative », soupire Philippe, l’un des référents du refuge solidaire de Briançon. En 2017, l’association Refuges solidaires avait récupéré un ancien bâtiment inoccupé pour en faire un lieu unique à Briançon, tout près du col de Montgenèvre et de la gare, qui permet d’offrir une pause précieuse aux exilés dans leur parcours migratoire.

      Fin août, l’équipe du refuge découvrait avec effarement, dans un courrier signé de la main du président de la communauté de communes du Briançonnais, qui n’est autre qu’Arnaud Murgia, également maire de Briançon (Les Républicains), que la convention leur mettant les lieux à disposition ne serait pas renouvelée.

      Philippe avait pourtant pris les devants en juillet en adressant un courrier à Arnaud Murgia, en vue d’une rencontre et d’une éventuelle visite du refuge. « La seule réponse que nous avons eue a été ce courrier recommandé mettant fin à la convention », déplore-t-il, plein de lassitude.

      Contacté, le maire n’a pas souhaité s’exprimer mais évoque une question de sécurité dans son courrier, la jauge de 15 personnes accueillies n’étant pas respectée. « Il est en discussion avec les associations concernées afin de gérer au mieux cet épineux problème, et cela dans le plus grand respect des personnes en situation difficile », a indiqué son cabinet.

      Interrogée sur l’accueil d’urgence des exilés à l’avenir, la préfecture des Hautes-Alpes préfère ne pas « commenter la décision d’une collectivité portant sur l’affectation d’un bâtiment dont elle a la gestion ». « Dans les Hautes-Alpes comme pour tout point d’entrée sur le territoire national, les services de l’État et les forces de sécurité intérieure s’assurent que toute personne souhaitant entrer en France bénéficie du droit de séjourner sur notre territoire. »

      Sur le parking de la MJC de Briançon, mercredi dernier, Pauline se disait déjà inquiète. « Sur le plan humain, il ne peut pas laisser les gens à la rue comme ça, lâche-t-elle, en référence au maire. Il a une responsabilité ! » Cette ancienne bénévole de l’association, désormais salariée, se souvient des prémices du refuge.

      « Je revois les exilés dormir à même le sol devant la MJC. On a investi ces locaux inoccupés parce qu’il y avait un réel besoin d’accueil d’urgence sur la ville. » Trois ans plus tard et avec un total de 10 000 personnes accueillies, le besoin n’a jamais été aussi fort. L’équipe évoque même une « courbe exponentielle » depuis le mois de juin, graphique à l’appui. 106 personnes en juin, 216 en juillet, 355 en août.

      Une quarantaine de personnes est hébergée au refuge ce jour-là, pour une durée moyenne de deux à trois jours. La façade des locaux laisse apparaître le graffiti d’un poing levé en l’air qui arrache des fils barbelés. Pauline s’engouffre dans les locaux et passe par la salle commune, dont les murs sont décorés de dessins, drapeaux et mots de remerciement.

      De grands thermos trônent sur une table près du cabinet médical (tenu en partenariat avec Médecins du monde) et les exilés vont et viennent pour se servir un thé chaud. À droite, un bureau sert à Céline, la deuxième salariée chargée de l’accueil des migrants à leur arrivée.

      Prénom, nationalité, date d’arrivée, problèmes médicaux… « Nous avons des fiches confidentielles, que nous détruisons au bout d’un moment et qui nous servent à faire des statistiques anonymes que nous rendons publiques », précise Céline, tout en demandant à deux exilés de patienter dans un anglais courant. Durant leur séjour, la jeune femme leur vient en aide pour trouver les billets de train les moins chers ou pour leur procurer des recharges téléphoniques.

      « Depuis plusieurs mois, le profil des exilés a beaucoup changé, note Philippe. On a 90 % d’Afghans et d’Iraniens, alors que notre public était auparavant composé de jeunes hommes originaires d’Afrique de l’Ouest. » Désormais, ce sont aussi des familles, avec des enfants en bas âge, qui viennent chercher refuge en France en passant par la dangereuse route des Balkans.

      Dehors, dans la cour, deux petites filles jouent à se courir après, riant aux éclats. Selon Céline, l’aînée n’avait que huit mois quand ses parents sont partis. La deuxième est née sur la route.

      « Récemment, je suis tombée sur une famille afghane avec un garçon âgé de trois ans lors d’une maraude au col de Montgenèvre. Quand j’ai félicité l’enfant parce qu’il marchait vite, presque aussi vite que moi, il m’a répondu : “Ben oui, sinon la police va nous arrêter” », raconte Stéphanie Besson, coprésidente de l’association Tous migrants, qui vient de fêter ses cinq ans.

      L’auteure de Trouver refuge : histoires vécues par-delà les frontières n’a retrouvé le sourire que lorsqu’elle l’a aperçu, dans la cour devant le refuge, en train de s’amuser sur un mini-tracteur. « Il a retrouvé toute son innocence l’espace d’un instant. C’est pour ça que ce lieu est essentiel : la population qui passe par la montagne aujourd’hui est bien plus vulnérable. »

      Vers 16 heures, Pauline s’enfonce dans les couloirs en direction du réfectoire, où des biologistes vêtus d’une blouse blanche, dont le visage est encombré d’une charlotte et d’un masque, testent les résidents à tour de rôle. Un migrant a été positif au Covid-19 quelques jours plus tôt et la préfecture, dans un arrêté, a exigé la fermeture du refuge pour la journée du 10 septembre.

      Deux longues rangées de tables occupent la pièce, avec, d’un côté, un espace cuisine aménagé, de l’autre, une porte de secours donnant sur l’école Oronce fine. Là aussi, les murs ont servi de cimaises à de nombreux exilés souhaitant laisser une trace de leur passage au refuge. Dans un coin de la salle, des dizaines de matelas forment une pile et prennent la place des tables et des chaises, le soir venu, lorsque l’affluence est trop importante.

      « On a dû aménager deux dortoirs en plus de ceux du premier étage pour répondre aux besoins actuels », souligne Pauline, qui préfère ne laisser entrer personne d’autre que les exilés dans les chambres pour respecter leur intimité. Vers 17 heures, Samia se lève de sa chaise et commence à couper des concombres qu’elle laisse tomber dans un grand saladier.

      Cela fait trois ans que cette trentenaire a pris la route avec sa sœur depuis l’Afghanistan. « Au départ, on était avec notre frère, mais il a été arrêté en Turquie et renvoyé chez nous. On a décidé de poursuivre notre chemin malgré tout », chuchote-t-elle, ajoutant que c’est particulièrement dur et dangereux pour les femmes seules. Son regard semble triste et contraste avec son sourire.

      Évoquant des problèmes personnels mais aussi la présence des talibans, les sœurs expliquent avoir dû quitter leur pays dans l’espoir d’une vie meilleure en Europe. « Le refuge est une vraie chance pour nous. On a pu se reposer, dormir en toute sécurité et manger à notre faim. Chaque jour, je remercie les personnes qui s’en occupent », confie-t-elle en dari, l’un des dialectes afghans.

      Samia ne peut s’empêcher de comparer avec la Croatie, où de nombreux exilés décrivent les violences subies de la part de la police. « Ils ont frappé une des femmes qui était avec nous, ont cassé nos téléphones et ont brûlé une partie de nos affaires », raconte-t-elle.

      Ici, depuis des années, la police n’approche pas du refuge ni même de la gare, respectant dans une sorte d’accord informel la tranquillité des lieux et des exilés. « Je n’avais encore jamais vu de policiers aux alentours mais, récemment, deux agents de la PAF [police aux frontières] ont raccompagné une petite fille qui s’était perdue et ont filmé l’intérieur du refuge avec leur smartphone », assure Céline.

      À 18 heures, le repas est servi. Les parents convoquent les enfants, qui rappliquent en courant et s’installent sur une chaise. La fumée de la bolognaise s’échappe des assiettes, tandis qu’un joli brouhaha s’empare de la pièce. « Le dîner est servi tôt car on tient compte des exilés qui prennent le train du soir pour Paris, à 20 heures », explique Pauline.

      Paul*, 25 ans, en fait partie. C’est la deuxième fois qu’il vient au refuge, mais il a fait trois fois le tour de la ville de nuit pour pouvoir le retrouver. « J’avais une photo de la façade mais impossible de me rappeler l’emplacement », sourit-il. L’Ivoirien aspire à « une vie tranquille » qui lui permettrait de réaliser tous « les projets qu’il a en tête ».

      Le lendemain, une affiche collée à la porte d’entrée du refuge indique qu’un arrêté préfectoral impose la fermeture des lieux pour la journée. Aucun nouvel arrivant ne peut entrer.

      Pour Stéphanie Besson, la fermeture définitive du refuge aurait de lourdes conséquences sur les migrants et l’image de la ville. « Briançon est un exemple de fraternité. La responsabilité de ceux qui mettront fin à ce jeu de la fraternité avec des mesures politiques sera immense. »

      Parmi les bénévoles de Tous migrants, des professeurs, des agriculteurs, des banquiers et des retraités … « On a des soutiens partout, en France comme à l’étranger. Mais il ne faut pas croire qu’on tire une satisfaction de nos actions. Faire des maraudes une routine me brise, c’est une honte pour la France », poursuit cette accompagnatrice en montagne.

      Si elle se dit inquiète pour les cinq années à venir, c’est surtout pour l’énergie que les acteurs du tissu associatif vont devoir dépenser pour continuer à défendre les droits des exilés. L’association vient d’apprendre que le local qui sert à entreposer le matériel des maraudeurs, mis à disposition par la ville, va leur être retiré pour permettre l’extension de la cour de l’école Oronce fine.

      Contactée, l’inspectrice de l’Éducation nationale n’a pas confirmé ce projet d’agrandissement de l’établissement. « On a aussi une crainte pour la “maisonnette”, qui appartient à la ville, et qui loge les demandeurs d’asile sans hébergement », souffle Stéphanie.

      « Tout s’enchaîne, ça n’arrête pas depuis un mois », lâche Agnès Antoine, bénévole à Tous migrants. Cela fait plusieurs années que la militante accueille des exilés chez elle, souvent après leur passage au refuge solidaire, en plus de ses trois grands enfants.

      Depuis trois ans, Agnès héberge un adolescent guinéen inscrit au lycée, en passe d’obtenir son titre de séjour. « Il a 18 ans aujourd’hui et a obtenu les félicitations au dernier trimestre », lance-t-elle fièrement, ajoutant que c’est aussi cela qui l’encourage à poursuivre son engagement.

      Pour elle, Arnaud Murgia est dans un positionnement politique clair : « le rejet des exilés » et « la fermeture des frontières » pour empêcher tout passage par le col de Montgenèvre. « C’est illusoire ! Les migrants sont et seront toujours là, ils emprunteront des parcours plus dangereux pour y arriver et se retrouveront à la rue sans le refuge, qui remplit un rôle social indéniable. »

      Dans la vallée de Serre Chevalier, à l’abri des regards, un projet de tourisme solidaire est porté par le collectif d’architectes Quatorze. Il faut longer la rivière Guisane, au milieu des chalets touristiques de cette station et des montagnes, pour apercevoir la maison Bessoulie, au village du Bez. À l’intérieur, Laure et David s’activent pour tenir les délais, entre démolition, récup’ et réaménagement des lieux.

      « L’idée est de créer un refuge pour de l’accueil à moyen et long terme, où des exilés pourraient se former tout en côtoyant des touristes », développe Laure. Au rez-de-chaussée de cette ancienne auberge de jeunesse, une cuisine et une grande salle commune sont rénovées. Ici, divers ateliers (cuisine du monde, low tech, découverte des routes de l’exil) seront proposés.

      À l’étage, un autre espace commun est aménagé. « Il y a aussi la salle de bains et le futur studio du volontaire en service civique. » Un premier dortoir pour deux prend forme, près des chambres réservées aux saisonniers. « On va repeindre le lambris et mettre du parquet flottant », indique la jeune architecte.

      Deux autres dortoirs, l’un pour trois, l’autre pour quatre, sont prévus au deuxième étage, pour une capacité d’accueil de neuf personnes exilées. À chaque fois, un espace de travail est prévu pour elles. « Elles seront accompagnées par un gestionnaire présent à l’année, chargé de les suivre dans leur formation et leur insertion. »

      « C’est un projet qui donne du sens à notre travail », poursuit David en passant une main dans sa longue barbe. Peu sensible aux questions migratoires au départ, il découvre ces problématiques sur le tas. « On a une conscience architecturale et on compte tout faire pour offrir les meilleures conditions d’accueil aux exilés qui viendront. » Reste à déterminer les critères de sélection pour le public qui sera accueilli à la maison Bessoulie à compter de janvier 2021.

      Pour l’heure, le maire de la commune, comme le voisinage, ignore la finalité du projet. « Il est ami avec Arnaud Murgia, alors ça nous inquiète. Comme il y a une station là-bas, il pourrait être tenté de “protéger” le tourisme classique », confie Philippe, du refuge solidaire. Mais le bâtiment appartient à la Fédération unie des auberges de jeunesse (Fuaj) et non à la ville, ce qui est déjà une petite victoire pour les acteurs locaux. « Le moyen et long terme est un échelon manquant sur le territoire, on encourage donc tous cette démarche », relève Stéphanie Besson.

      Aurélie Poyau, élue de l’opposition, veut croire que le maire de Briançon saura prendre la meilleure décision pour ne pas entacher l’image de la ville. « En trois ans, il n’y a jamais eu aucun problème lié à la présence des migrants. Arnaud Murgia n’a pas la connaissance de cet accueil propre à la solidarité montagnarde, de son histoire. Il doit s’intéresser à cet élan », note-t-elle.

      Son optimisme reste relatif. Deux jours plus tôt, l’élue a pris connaissance d’un courrier adressé par la ville aux commerçants du marché de Briançon leur rappelant que la mendicité était interdite. « Personne ne mendie. On sait que ça vise les bénévoles des associations d’aide aux migrants, qui récupèrent des invendus en fin de marché. Mais c’est du don, et voilà comment on joue sur les peurs avec le poids des mots ! »

      Vendredi, avant la réunion avec le maire, un arrêté préfectoral est déjà venu prolonger la fermeture du refuge jusqu’au 19 septembre, après que deux nouvelles personnes ont été testées positives au Covid-19. Une décision que respecte Philippe, même s’il ne lâchera rien par la suite, au risque d’aller jusqu’à l’expulsion. Est-elle évitable ?

      « Évidemment, les cas Covid sont un argument de plus pour le maire, qui mélange tout. Mais nous lui avons signifié que nous n’arrêterons pas d’accueillir les personnes exilées de passage dans le Briançonnais, même après le délai de deux mois qu’il nous a imposé pour quitter les lieux », prévient Philippe. « On va organiser une riposte juridique et faire pression sur l’État pour qu’il prenne ses responsabilités », conclut Agnès.

      https://www.mediapart.fr/journal/france/160920/briancon-le-nouveau-maire-lr-veut-fermer-le-refuge-solidaire-des-migrants?

      @sinehebdo : c’est l’article que tu as signalé, mais avec tout le texte, j’efface donc ton signalement pour ne pas avoir de doublons

    • Lettre d’information Tous Migrants. Septembre 2020

      Edito :

      Aylan. Moria. Qu’avons-nous fait en cinq ans ?

      Un petit garçon en exil, échoué mort sur une plage de la rive nord de la Méditerranée. Le plus grand camp de migrants en Europe ravagé par les flammes, laissant 12.000 personnes vulnérables sans abri.

      Cinq ans presque jour pour jour sont passés entre ces deux « occasions », terribles, données à nos dirigeants, et à nous, citoyens européens, de réveiller l’Europe endormie et indigne de ses principes fondateurs. De mettre partout en acte la fraternité et la solidarité, en mer, en montagne, aux frontières, dans nos territoires. Et pourtant, si l’on en juge par la situation dans le Briançonnais, la fraternité et la solidarité ne semblent jamais avoir été aussi menacées qu’à présent...

      Dénoncer, informer, alerter, protéger. Il y a cinq ans, le 5 septembre 2015, se mettait en route le mouvement Tous Migrants. C’était une première manifestation place de l’Europe à Briançon, sous la bannière Pas en notre nom. Il n’y avait pas encore d’exilés dans nos montagnes (10.000 depuis sont passés par nos chemins), mais des morts par centaines en Méditerranée... Que de chemin parcouru depuis 2015, des dizaines d’initiatives par an ont été menées par des centaines de bénévoles, des relais médiatiques dans le monde entier, que de rencontres riches avec les exilés, les solidaires, les journalistes, les autres associations...

      Mais hormis quelques avancées juridiques fortes de symboles - tels la consécration du principe de fraternité par le Conseil Constitutionnel, ou l’innocentement de Pierre, maraudeur solidaire -, force est de constater que la situation des droits fondamentaux des exilés n’a guère progressé. L’actualité internationale, nationale et locale nous en livre chaque jour la preuve glaçante, de Lesbos à Malte, de Calais à Gap et Briançon. Triste ironie du sort, cinq ans après la naissance de Tous Migrants, presque jour pour jour, le nouveau maire à peine élu à Briançon s’est mis en tête de faire fermer le lieu d’accueil d’urgence et d’entraver les maraudes... Quelles drôles d’idées. Comme des relents d’Histoire.

      Comment, dès lors, ne pas se sentir des Sisyphe*, consumés de l’intérieur par un sentiment tout à la fois d’injustice, d’impuissance, voire d’absurdité ? En se rappelant simplement qu’en cinq ans, la mobilisation citoyenne n’a pas faibli. Que Tous Migrants a reçu l’année dernière la mention spéciale du Prix des Droits de l’Homme. Que nous sommes nombreux à rester indignés.

      Alors, tant qu’il y aura des hommes et des femmes qui passeront la frontière franco-italienne, au péril de leur vie à cause de lois illégitimes, nous poursuivrons le combat. Pour eux, pour leurs enfants... pour les nôtres.

      Marie Dorléans, cofondatrice de Tous Migrants

      Reçue via mail, le 16.09.2020

    • Briançon bientôt comme #Vintimille ?

      Le nombre de migrants à la rue à Vintimille représente une situation inhabituelle ces dernières années. Elle résulte, en grande partie, de la fermeture fin juillet d’un camp humanitaire situé en périphérie de la ville et géré par la Croix-Rouge italienne. Cette fermeture décrétée par la préfecture d’Imperia a été un coup dur pour les migrants qui pouvaient, depuis 2016, y faire étape. Les différents bâtiments de ce camp de transit pouvaient accueillir quelque 300 personnes - mais en avait accueillis jusqu’à 750 au plus fort de la crise migratoire. Des sanitaires, des lits, un accès aux soins ainsi qu’à une aide juridique pour ceux qui souhaitaient déposer une demande d’asile en Italie : autant de services qui font désormais partie du passé.

      « On ne comprend pas », lâche simplement Maurizio Marmo. « Depuis deux ans, les choses s’étaient calmées dans la ville. Il n’y avait pas de polémique, pas de controverse. Personne ne réclamait la fermeture de ce camp. Maintenant, voilà le résultat. Tout le monde est perdant, la ville comme les migrants. »

      https://seenthis.net/messages/876523

    • Aide aux migrants : les bénévoles de Briançon inquiets pour leurs locaux

      C’est un non-renouvellement de convention qui inquiète les bénévoles venant en aide aux migrants dans le Briançonnais. Celui de l’occupation de deux préfabriqués, situés derrière le Refuge solidaire, par l’association Tous migrants. Ceux-ci servent à entreposer du matériel pour les maraudeurs – des personnes qui apportent leur aide aux réfugiés passant la frontière italo-française à pied dans les montagnes – et à préparer leurs missions.

      La Ville de Briançon, propriétaire des locaux, n’a pas souhaité renouveler cette convention, provoquant l’ire de certains maraudeurs.


      https://twitter.com/nos_pas/status/1298504847273197569

      Le maire de Briançon Arnaud Murgia se défend, lui, de vouloir engager des travaux d’agrandissement de la cour de l’école Oronce-Fine. “La Ville de Briançon a acquis le terrain attenant à la caserne de CRS voilà déjà plusieurs années afin de réaliser l’agrandissement et la remise à neuf de la cour de l’école municipale d’Oronce-Fine”, fait-il savoir par son cabinet.

      Une inquiétude qui peut s’ajouter à celle des bénévoles du Refuge solidaire. Car la convention liant l’association gérant le lieu d’hébergement temporaire de la rue Pasteur, signée avec la communauté de communes du Briançonnais (présidée par Arnaud Murgia), est caduque depuis le mois de juin dernier.

      https://www.ledauphine.com/politique/2020/08/28/hautes-alpes-briancon-aide-aux-migrants-les-benevoles-inquiets-pour-leur

      #solidarité_montagnarde

    • Refuge solidaire : lettre ouverte d’un citoyen au maire de Briançon

      « Pensez-vous que les soldats africains avaient le droit de mourir pour sauver nos ascendants et que les jeunes migrants africains, descendants des premiers, auraient le devoir de mourir parce que la gratitude n’est pas un bien d’héritage ? »
      C’est l’une des questions que pose au maire de Briançon un citoyen ayant séjourné à Briançon cet été. Une lettre pétrie d’esprit et d’humanité à lire ICI (https://tousmigrants.weebly.com/uploads/7/3/4/6/73468541/lettre_ouverte_au_maire_de_briancon.pdf) :

      Qui est l’auteur ?

      Habitant de Leyr, petit village de Meurthe-et-Moselle, Léon a hébergé avec sa compagne un jeune migrant venu du Mali. On le voit en photo sur la lettre, devant la tombe d’un soldat originaire de sa région et qui porte son nom. Avec ce jeune exilé, un collectif de citoyens a installé dans le village une stèle à la mémoire des soldats africains morts pour la France mais aussi une deuxième plaque à la mémoire des jeunes migrants disparus en mer en tentant de rejoindre notre pays.

      https://tousmigrants.weebly.com/sinformer/refuge-solidaire-lettre-ouverte-dun-citoyen-au-maire-de-brianco

    • Nouvelles...

      Depuis une semaine maintenant, nous avons pu ouvrir une ligne de communication avec la Communauté de Communes du Briançonnais via la création d’une commission composée d’élus et de représentants du Refuge.

      Suite à cette négociation, nous avons obtenus un engagement écrit du Président de la Communauté de Communes sur le fait qu’il n’y aura pas d’expulsion avant six mois.
      Ainsi, nous allons pouvoir rester dans les locaux tout l’hiver.

      Nous préparons déjà le printemps en étudiant plusieurs solutions de replis pérennes grâce à l’aide d’ONG et de partenaires.

      Email du Conseil d’aministration du Refuge solidaire, 20.10.2020

    • REFUGE SOLIDAIRE DE BRIANCON - Une mobilisation fructueuse

      Vous avez été près de 40 000 à signer la pétition « Pour que le Briançonnais reste un territoire solidaire avec les exilés » et nous vous en remercions vivement.

      Grâce à chacune de vos voix, devant cette mobilisation massive, le maire de Briançon et président de la communauté de communes du Briançonnais est revenu sur sa décision de faire évacuer le Refuge Solidaire au 28 octobre 2020.
      Suite à la création d’une commission composée d’élus et de représentants du Refuge, il s’est engagé par écrit à renoncer à toute expulsion avant six mois et a fait remplir la cuve à fioul de la chaudière. Les locaux continueront donc d’accueillir des exilés tout l’hiver.
      C’est une première victoire de la mobilisation !
      En vue du printemps, des solutions de repli pérennes, avec l’aide d’ONG et de partenaires, sont à l’étude.

      Le local maraudes - où est entreposé le matériel de secours en montagne aux exilés franchissant la frontière - reste quant à lui toujours menacé de fermeture en décembre 2020. Tous Migrants et Médecins du Monde viennent d’adresser au maire de Briançon un courrier commun demandant le maintien de ce lieu.

      Nous ne manquerons pas de vous tenir informés des futures avancées et des actions à venir sur le thème « Briançon Ville Refuge », avec en projet une grande fête de l’hospitalité.

      Merci encore pour votre précieux soutien.

      Solidairement,

      L’équipe Tous Migrants

      Reçu via la mailing-list Tous Migrants, le 23.10.2020

    • Comme nous vous l’indiquions dans notre dernière lettre du 23 octobre 2020 (https://mailchi.mp/2503c7e27ddc/22cytn8udh-3869114), la mobilisation pour la défense du Refuge Solidaire de Briançon a porté ses fruits. Vous avez été près de 40 000 à signer la pétition « Pour que le Briançonnais reste un territoire solidaire avec les exilés » (https://www.change.org/p/pour-que-le-brian%C3%A7onnais-reste-un-territoire-solidaire-avec-les-exil%C3. Devant cette mobilisation massive, le maire de Briançon et président de la communauté de communes du Briançonnais est revenu sur sa décision de faire évacuer le Refuge Solidaire au 28 octobre 2020. Il s’est engagé par écrit à renoncer à toute expulsion avant six mois et a fait remplir la cuve à fioul de la chaudière. Les locaux continueront donc d’accueillir des exilés tout l’hiver.
      C’est une première victoire de la mobilisation !
      En vue du printemps, des solutions de repli pérennes, avec l’aide d’ONG et de partenaires, sont à l’étude.

      Reçu via la mailing-list Migreurop, le 30.11.2020

  • Un nuage de moustiques tueurs balaie le sud des États-Unis | Slate.fr
    http://www.slate.fr/story/194996/un-nuage-de-moustiques-tueurs-balaie-le-sud-des-etats-unis


    2020  : cuvée exceptionnelle  !

    Pour venir à bout d’un cheval ou d’un cerf, les moustiques rassemblés en essaims piquent sans relâche la bête jusqu’à ce qu’elle se vide de son sang. Épuisé à force de bouger constamment pour chasser les milliers d’insectes, l’animal finit par abandonner et, allongé sur le sol, il se laisse dévorer par les moustiques jusqu’à son dernier souffle.

    Les bêtes qui survivent doivent également faire face à de nombreuses séquelles. Plusieurs vaches en gestation ont par exemple perdu leurs veaux à cause du stress provoqué par ces attaques.

  • ’45

    Un altro inverno, e gli Alleati ancora non sono arrivati. Sui monti del nord dell’Italia le bande partigiane si vanno ingrossando dei giovani che rifiutano di arruolarsi nelle fila della #Repubblica_di_Salò e fuggono dalle deportazioni in Germania. Le azioni partigiane si fanno sempre più audaci, contro i repubblichini, contro i tedeschi. Più numerosi anche i rastrellamenti, più feroci le rappresaglie. Poi, finalmente, l’ordine dell’insurrezione. Tutti a valle, per unirsi ai nuclei cittadini, agli operai in rivolta. Per riscattarsi dal fascismo, per liberarsi dai tedeschi prim’ancora dell’arrivo degli Alleati. E intrecciata alla grande storia, quella minuta di Maria. Delle sue apprensioni per il marito partigiano e per il figlio alpino in Russia; della sua paura per i soldati della Wehrmacht che le piombano in casa; della sua gioia per la Liberazione e per il ritorno del figlio; della pietà per quel soldato tedesco ora vinto e prigioniero.

    https://www.orecchioacerbo.com/editore/index.php?option=com_oa&vista=catalogo&id=509

    #BD #bande_dessinée #WWII #partisans #deuxième_guerre_mondiale #libération #livre #seconde_guerre_mondiale #Italie #insurrection #fascisme #Maurizio_Quarello

    le bô cadeau de @_kg_ #merci

  • A Lampedusa, des centaines de demandeurs d’asile transférés sur un ferry - InfoMigrants
    https://www.infomigrants.net/fr/post/27090/a-lampedusa-des-centaines-de-demandeurs-d-asile-transferes-sur-un-ferr

    Plus de 750 demandeurs d’asile ont été transférés, dimanche, de l’unique centre de réception de l’île italienne de Lampedusa vers un ferry afin de désaturer les lieux qui accueillent actuellement 10 fois plus de personnes que leur capacité totale. Aucun exilé concerné par le transfert n’a été testé positif au coronavirus.Les conditions de vie étaient devenues intenables : des centaines de migrants accueillis dans l’unique centre de réception de la petite île italienne de Lampedusa ont dû être transférés, dimanche 6 septembre, à bord d’un ferry afin de libérer de la place. Qu’ils aient été secourus en mer ou qu’ils soient arrivés par eux-mêmes sur l’île à bord d’embarcations de fortune, les migrants ont afflué tout l’été à Lampedusa où ils étaient plus de 2 000 pour une capacité d’hébergement de moins de 200 places. Le maire de l’île, Salvatore Martello, a indiqué que 752 demandeurs d’asile avaient été déplacés au total. Ils devront passer 14 jours en quarantaine sur le ferry, crise du Covid-19 oblige, avant d’être installés en Sicile ou ailleurs dans la péninsule pendant que leur demande d’asile est examinée. La Croix-Rouge a précisé qu’aucun des migrants transférés dimanche n’était positif au coronavirus. Un nouveau test sera pratiqué dès qu’ils seront installés convenablement à bord du ferry ainsi qu’un troisième avant leur départ dans deux semaines.

    #Covid-19#migrant#migration#italie#sicile#lampedusa#hotspot#centrereception#sante#test#demandeurdasile

  • En Italie, les 350 migrants du Sea Watch 4 ont été transférés sur un navire-quarantaine - InfoMigrants
    https://www.infomigrants.net/fr/post/27016/en-italie-les-350-migrants-du-sea-watch-4-ont-ete-transferes-sur-un-na

    Les 350 migrants qui se trouvaient sur le navire Sea Watch 4 ont été transférés sur un navire-quarantaine, a indiqué mercredi 2 septembre l’ONG humanitaire Sea-Watch qui affrète le bateau. Parmi ces rescapés se trouvent ceux secourus ces derniers jours par le Louise Michel, le navire affrété par l’artiste de rue britannique Banksy."Près de deux semaines sont passées depuis notre première opération de secours et les personnes à bord, dont des femmes et des enfants, sont désormais épuisées", avait écrit l’ONG allemande sur son compte Twitter, plus tôt dans la journée.

    #Covid-19#migrant#migration#sante#humanitaire#navirequarantaine#italie

  • Pour des forêts plus résilientes
    Jean-François Ducharme, Actualités UQAM, le 1er septembre 2020
    https://www.actualites.uqam.ca/2020/gestion-forestiere-mal-adaptee-changements-climatiques

    La baisse de diversité est aussi associée à une perte de connectivité fonctionnelle – le degré de connexion entre les arbres sur le plan de leurs composantes, de leur répartition spatiale et de leurs fonctions écologiques. La connectivité assure le fonctionnement et la stabilité des écosystèmes en permettant, par exemple, le déplacement des animaux ou le déroulement d’un processus écologique.

    Article original :

    Network analysis can guide resilience‐based management in forest landscapes under global change
    Marco Mina, Christian Messier, Matthew Duveneck, Marie‐Josée Fortin, Núria Aquilué, Ecological Applications, 2020
    https://esajournals.onlinelibrary.wiley.com/doi/abs/10.1002/eap.2221

    #Forêt #Arbres #biodiversité #Québec, mais aussi à rajouter à la quatrième compilation :
    https://seenthis.net/messages/818991

    #effondrement #collapsologie #catastrophe #fin_du_monde #it_has_begun #anthropocène #capitalocène

  • A Lampedusa, les migrants face au coronavirus
    https://www.lemonde.fr/international/article/2020/08/29/a-lampedusa-les-migrants-face-au-coronavirus_6050269_3210.html

    Un homme est particulièrement occupé depuis le début de l’été, Toto Martello, le maire de l’île. « Ce qui me fait peur, c’est qu’il n’y a aucune conscience de la situation ici, ni de la part du gouvernement ni de l’Europe, se lamente-t-il en tirant sur son cigare. Tout repose sur les épaules de Lampedusa. La situation s’est aggravée avec l’épidémie, aux problèmes du passé se sont ajoutés ceux liés à la crise sanitaire. » A ce sentiment d’abandon s’est greffé le nouveau coronavirus et la peur de la contagion a servi de puissant moteur politique pour les formations politiques antimigrants, la Ligue de Matteo Salvini en tête. Lundi 24 août, lors d’un meeting à Crotone, en Calabre, l’ancien ministre de l’intérieur a juré que certains migrants atteints du Covid-19 « se promenaient parmi les touristes de Lampedusa, qui rapportaient ensuite avec eux le virus en Calabre, à Milan ou à Rome ». A l’approche des élections régionales italiennes des 20 et 21 septembre, cette instrumentalisation de la question migratoire est un refrain revenu à la mode. « Une campagne indigne contre Lampedusa pour faire s’effondrer l’économie de l’île », dénonce Toto Martello. Jusqu’ici, hormis les migrants placés en quarantaine, aucun touriste venu sur l’île n’a été contrôlé positif. (...)
    Les pêcheurs, qui ont fait la fierté de l’endroit, sont de moins en moins nombreux. Dans les années 1960, ils allaient encore jeter leurs filets jusqu’en Tunisie, sur les côtes les plus proches. Aujourd’hui, le mouvement est inverse, ce sont les Tunisiens qui viennent en Italie. « A Sfax, Sousse ou Monastir, des familles sont originaires de Lampedusa, on devrait se souvenir de cette histoire pour éprouver un peu de culpabilité », sourit amèrement Nino Taranto, qui a créé une petite association culturelle permettant de scolariser des migrants, aujourd’hui installés dans d’autres régions italiennes. Cette culpabilité pourrait se résumer dans le « hot spot » (centre d’accueil) de l’île qui s’est trouvé submergé ces dernières semaines. La crise sanitaire semble avoir paralysé les autorités politiques et les migrants se sont progressivement entassés. Avec jusqu’à 1 400 personnes enfermées dans un espace conçu pour 192 personnes, la situation est devenue intenable. Trente-huit cas de Covid-19 y ont été recensés la semaine passée, une bombe à retardement. L’armée a dû être envoyée en renfort pour éviter tout débordement. Face à la situation critique sur place, 850 migrants ont pu être évacués vers la Sicile, le 27 août, mais aucune solution à long terme n’a pour l’heure été proposée

    #Covid-19#migrant#migration#italie#tunisie#lampedusa#UE#hotpsot#sante#economie#politiquemigratoire#crisesanitaire

  • Après la chute
    Julie Bernier, Les Glorieuses, le 14 août 2019
    https://lesglorieuses.fr/juliebernier/?v=11aedd0e4327

    Aujourd’hui nous sommes le 29 décembre 2070, et je te souhaite un joyeux anniversaire. J’ai, enfin tu as, enfin nous avons 75 ans ! Je sais que t’es très étonnée de recevoir cette lettre parce que – bah déjà je t’écris du futur et c’est pas chose courante – mais aussi parce que tu ne pensais pas vivre si longtemps. Eh bien félicitations, tu l’as fait !

    #féminisme #utopie #écologie

    A rajouter à la quatrième compilation :
    https://seenthis.net/messages/818991

    #effondrement #collapsologie #catastrophe #fin_du_monde #it_has_begun #anthropocène #capitalocène

  • L’USI au cours de l’après-Guerre 1949-1970
    https://www.partage-noir.fr/l-usi-au-cours-de-l-apres-guerre-1949-1970

    Les antifascistes en exil et surtout ceux qui sont contraints à la relégation s’accordent déjà en 1943 pour reconstruire à la chute du fascisme un seul syndicat unitaire ; un tel accord est pris entre les représentants des partis, des mouvements antifascistes et en conséquence aussi par les anarchistes, les­quels renoncent à la reconstruction de l’USI qui organisait avant le fascisme un demi-million de travailleurs. En fait, l’USI — dans un ingénieux hommage à l’unité syndicale, unité tacti­que des (...) #Histoire_de_l'anarcho-syndicalisme_italien

    / #USI, #Italie

  • « Cette traversée ne peut rapporter que la mort » : en Tunisie, les familles pleurent leurs « harraga »
    https://www.lemonde.fr/afrique/article/2020/08/26/cette-traversee-ne-peut-rapporter-que-la-mort-en-tunisie-les-familles-pleure

    Dans ce coin de Tunisie, les candidats à l’exil connaissent la réponse à cette maudite question. « C’est le dégoûtage », disent-ils pour exprimer leur ras-le-bol. « Dégoûtage » de voir, impuissants, leur pays sombrer sans leur offrir aucun avenir. Depuis la révolution de 2011, qui a mis un terme à la dictature de Ben Ali, l’économie de la Tunisie s’est dégradée. En neuf ans, le salaire minimum n’a guère augmenté (400 dinars, soit environ 120 euros). Et ce printemps, la pandémie de Covid-19 a porté l’estocade. Le tourisme est en berne (des recettes divisées par deux en juillet, selon la Banque centrale), l’économie en chute libre, le PIB a lourdement diminué de 21,6 % au deuxième semestre, selon l’Institut national de la statistique. Et le taux de chômage atteint désormais les 18 %…Alors pour cette jeunesse, diplômée ou non, l’exode vers l’Italie reste l’unique solution, au point qu’au cours des douze derniers mois, les Tunisiens représentent près de la moitié des migrants arrivés illégalement dans le pays. Cet exil clandestin a d’ailleurs poussé Rome à hausser le ton et à dépêcher ses ministres des affaires étrangères et de l’intérieur à Tunis le 17 août. Mais les explications socio-économiques ne convainquent pas le père de Helmi. Son fils était « heureux » en Tunisie, « il ne manquait de rien », assure-t-il. « Moi j’ai un garage et un petit commerce. » Helmi, lui, avait travaillé à Tunis sur un chantier de construction. Pieux, souriant, s’occupant comme un second papa de son frère et de sa sœur, le jeune homme n’avait « jamais contrarié » ses parents. Il venait même de décrocher un contrat de travail en Italie et préparait son visa. « Je pensais que mon fils allait partir de façon légale et j’en étais fier. Mais des gens, des trafiquants, des assassins, lui ont fait croire qu’il était plus rapide et moins cher de brûler, raconte Ahmed Ghédir en serrant les dents. Un visa, c’est long, alors que la traversée coûte 5 500 dinars [1 685 euros] et se fait en quelques heures. » Pour ce « voyage », Helmi a puisé dans ses économies et vendu sa voiture, une Peugeot Partner. Le 25 juillet au soir, Ahmed Ghédir ne savait pas que son fils allait prendre le large tout près de la ville côtière de Mahdia... C’est sur le chemin que Helmi l’a appelé pour lui annoncer qu’il était en route pour l’Italie et lui demander « pardon ». 2 jours plus tard, son corps était retrouvé sur la plage de la Louza, entre Sfax et Mahdia. « J’ai un message pour les autres jeunes : ne brûlez pas, ne brûlez pas ! », lance sa mère en larmes.

    #Covid-19#migrant#migration#tunisie#italie#sante#mortalite#harraga#economie

  • Considérations sur l’expérience de l’USI
    https://www.partage-noir.fr/considerations-sur-l-experience-de-l-usi

    Les imposantes luttes agraires de 1906 à 1908 représentent le mouvement qui détermine le passage du syndicalisme révolutionnaire interne à l’organisation de la CGL comme minorité révolutionnaire (comprenant des syndicalistes et des militants politiquement insérés dans un mouvement qui va de la gauche du Parti Socialiste jusqu’aux Anarchistes) à l’organisation alternative (d’abord Comité d’Action Directe puis #USI). Après la rupture et le départ des syndicalistes du PSI, les noyaux révolutionnaires basent (...) #Histoire_de_l'anarcho-syndicalisme_italien

    / USI, #Italie

  • Naissance de l’ #USI : 1912-1922 - Partage Noir
    https://www.partage-noir.fr/naissance-de-l-usi-1912-1922

    Lorsque Ugo Fedeli avait tracé la Brève Histoire de l’ #Union #Syndicale #Italienne il l’avait fait en partant de quelques considérations et de données de fait présentes au sein du mouvement syndical de l’après-guerre qui avaient quelques rapports fondamentaux (et dans une certaine mesure l’histoire se répétait avec les mêmes problèmes à résoudre) avec la réalité qui avait d’abord déterminé la naissance de la CGL (1906), puis de l’USI (1912). Dépasser les conditions qui étaient et ont été créées dans le monde ouvrier en en rediscutant les formulations, les méthodes, les orientations avancées à l’intérieur des syndicats qui ont mené au désastre (Ugo Fedeli, Brève Histoire de l’USI ; hier comme aujourd’hui le problème de l’unité syndicale était à l’ordre du jour.

  • #Paris-Milan : Carla extradée, une première lettre
    https://fr.squat.net/2020/08/26/paris-milan-carla-extradee-une-premiere-lettre

    Mardi 25 août 2020, Carla, arrêtée le 26 juillet dernier, a finalement été extradée en #Italie. Elle est désormais incarcérée à la #prison de Vigevano, près de #Milan, en module AS3 (alta sicurezza 3). Cette section d’isolement haute sécurité est initialement réservée aux détenu-es qui sont accusé-es d’appartenir à la mafia. Depuis la fermeture de […]

    #anti-terrorisme #Coronavirus #Opération_Étincelle

  • Naissance de l’USI : 1912-1922
    https://www.partage-noir.fr/naissance-de-l-usi-1912-1922

    Lorsque #Ugo_Fedeli_avait tracé la Brève Histoire de l’Union Syndicale Italienne il l’avait fait en partant de quelques considérations et de données de fait présentes au sein du mouvement syndical de l’après-guerre qui avaient quelques rapports fondamentaux (et dans une certaine mesure l’histoire se répétait avec les mêmes problèmes à résoudre) avec la réalité qui avait d’abord déterminé la naissance de la CGL (1906), puis de l’USI (1912). Dépasser les conditions qui étaient et ont été créées dans le monde (...) #Histoire_de_l'anarcho-syndicalisme_italien

    / #USI, #Italie, Ugo Fedeli , #Armando_Borghi

  • #Etats-Unis : un seul événement à l’origine de l’épidémie de #Covid-19 à travers le pays ? - L’Express
    https://www.lexpress.fr/actualite/monde/amerique-nord/etats-unis-un-seul-evenement-a-l-origine-de-l-epidemie-de-covid-19-a-traver

    Une réunion annuelle des dirigeants de la société pharmaceutique Biogen serait le point de départ de la diffusion du coronavirus aux Etats-Unis.

    [...] Cette réunion annuelle des dirigeants de la société pharmaceutique Biogen, où des individus du monde entier se sont retrouvés, semble être l’évènement responsable de la diffusion de la Covid-19 aux Etats-Unis.

    Si une seule personne pourrait en être à l’origine, comme l’explique le Washington Post, à la fin de la réunion, le 27 février, l’infection en avait contaminé bien d’autres : un directeur de recherche, un photographe, le directeur général de la division Est de l’entreprise. Et toutes ces personnes contaminées ont ramené le virus chez elles, dans la banlieue de Boston, dans l’Indiana, en Caroline du Nord, ou encore en Slovaquie, en Australie et à Singapour.