• Une #vidéo qui date de 2013, mais que je vais mettre ici pour archivage.

    #Lampedusa No Finger Print

    A Lampedusa da qualche settimana si sono verificate manifestazioni dei migranti sotto lo slogan «#No_finger_print by force. World help us» ribadendo di non volere lasciare le impronte digitali in modo da poter richiedere lo status di rifugiato in altri paesi. I profughi hanno manifestato per le vie principali dell’isola fino alla cala Guitgia tra i bagnanti , poi ritornati in centro hanno pregato nella piazza di fronte alla chiesa che era chiusa. Alcuni Lampedusani preoccupati per la stagione estiva lamentano inefficienza delle istituzioni nel gestire il fenomeno.

    https://www.youtube.com/watch?v=JFu0h8CYfUM&feature=youtu.be


    #résistance #no_finger_prints #empreintes_digitales #dublin #asile #migrations #réfugiés #eurodac #manifestation

  • #aws #lambda Functions in #java
    https://hackernoon.com/aws-lambda-functions-in-java-24a2e41fa736?source=rss----3a8144eabfe3---4

    Amazon Web ServicesIn the past supporting a web application required purchasing one or more computer systems to act as web servers. Additional hardware might include a load balancer to distribute web application load between the web servers and a database server. These computer systems would need to be housed in an air conditioned facility. An alarm system and other security measures would be needed to provide physical security. Enough Internet bandwidth would need to be purchased to support anticipated peak usage.In addition to the capital costs for computer hardware and facilities, staff would be needed to manage the computer systems.Amazon Web Services (AWS) has dramatically reduced the costs of web applications. There is no upfront cost for computing, internet bandwidth and database (...)

    #aws-lambda-functions #aws-lambda-in-java

  • Liberties | Fermeture “temporaire” du hotspot de Lampedusa suite à l’intervention d’ONG
    https://asile.ch/2018/03/16/liberties-fermeture-temporaire-hotspot-de-lampedusa-suite-a-lintervention-dong

    A la suite de mouvements de protestation au sein du centre d’accueil de Lampedusa, une délégation de trois organisations de droits humains a dénoncé des violations systématiques des droits de l’homme au sein du hotspot. Mardi 13 mars 2018, le ministère de l’Intérieur italien a annoncé la fermeture temporaire du hotspot de Lampedusa pour rénovations. […]

    • In un dossier la vita impossibile nell’hotspot di Lampedusa

      Ai primi di aprile, dopo il salvataggio di quasi 300 persone in mare, 72 tunisini hanno dovuto trascorrere la notte in quello che fino a poco tempo fa era l’hotspot di Lampedusa. Eppure, dell’hospot era stata annunciata da poco la chiusura temporanea - per una “ristrutturazione” con cui il Ministero dell’Interno aveva dovuto rispondere a pesanti denunce. Ora, con testimonianze, interviste e fotografie raccolte durante alcuni sopralluoghi, il dossier presentato a Roma il 10 aprile da Asgi, Cild e Indie Watch dimostra le innumerevoli ragioni di preoccupazione sul trattamento disumano riservato a chi arriva nella struttura di Lampedusa.

      http://openmigration.org/analisi/in-un-dossier-la-vita-impossibile-nellhotspot-di-lampedusa

    • Rapporto: «Scenari di frontiera: il caso Lampedusa. L’approccio hotspot e le sue possibili evoluzioni alla luce del Decreto legge n. 113/2018»

      Trattenimenti informali e limitazione della libertà personale, condizioni materiali problematiche, scarsa informazione su status legale e accesso alla procedura di protezione internazionale, differenziazione arbitraria tra richiedenti asilo e cosiddetti migranti economici, applicazione parziale delle garanzie a tutela dei minori.

      È quanto emerge dal monitoraggio dell’hotspot di Lampedusa realizzato nell’ambito del progetto pilota In Limine, nato nel marzo 2018 da una collaborazione che portiamo avanti con Asgi, Cild e Indiewatch, presentato nel report “Scenari di frontiera: l’approccio hotspot e le sue possibili evoluzioni alla luce del caso Lampedusa”.

      Un quadro che desta ancora più preoccupazione dopo l’approvazione del Decreto 113/2018 cosiddetto “Sicurezza e immigrazione”, che disciplina per legge alcune delle prassi illegittime riscontrate, con il rischio di compromettere, in modo ancor più generalizzato, l’esercizio del diritto di asilo.

      Nel corso del progetto sono state registrate - attraverso circa 60 interviste con i migranti, colloqui con associazioni, organizzazioni internazionali e istituzioni attive sull’isola e attraverso l’osservazione diretta - significative violazioni della normativa vigente.

      Dal rapporto emergono poi violazioni molto rilevanti in tema di limitazione delle libertà personali e risulta che i cittadini stranieri non vengono correttamente informati sulla propria posizione, sul proprio status legale e sulla possibilità di richiedere protezione, diversamente da quanto previsto dalla legge.

      Per quanto riguarda la classificazione dei migranti, il rapporto evidenzia che in molti casi lo status giuridico di richiedente asilo o di persona destinataria di provvedimento di respingimento sembra essere definito, contrariamente a quanto previsto nella normativa italiana e comunitaria, unicamente in ragione del paese di origine.

      Infine, il monitoraggio ha messo in luce come all’interno degli hotspot non verrebbero applicate o verrebbero applicate solo parzialmente le garanzie previste dalla normativa per la tutela dei minori anche per ciò che riguarda, ad esempio, il diritto all’unità familiare e al ricongiungimento, la nomina di un tutore che svolga un ruolo effettivo, il diritto ad essere collocati in una struttura idonea ad accogliere e tutelare i minori.

      In Limine ha messo a punto e utilizzato diversi strumenti per raggiungere obiettivi differenti: contrastare le prassi illegittime e produrre un cambiamento strutturale nell’accesso dei migranti ai diritti in frontiera. Con questo obiettivo sono stati presentati ricorsi, esposti, segnalazioni e si è data diffusione immediata alle informazioni raccolte sulle gravi violazioni rilevate. Inoltre, il progetto ha voluto esercitare una pressione costante sulle autorità attraverso il monitoraggio e la presa in carico dei migranti al fine di vigilare sull’attuazione di prassi corrette e per garantire un intervento immediato ove si fossero rilevate violazioni.

      Tutto questo appare più preoccupante dopo l’approvazione del Decreto Sicurezza (Dl 113/2018), che in sostanza disciplina diverse prassi illegittime osservate a Lampedusa e negli altri hotspot.

      Alcune norme sembrano infatti destinate a ridefinire il funzionamento degli hotspot e tre profili in particolare – trattenimento fino a 30 giorni per la determinazione e verifica dell’identità e della cittadinanza per i richiedenti asilo (a cui si sommano altri 180 giorni in un CPR in caso di mancata identificazione), applicazione accelerata e in frontiera delle procedure di valutazione della domanda di asilo, trattenimento in luoghi cosiddetti impropri dei cittadini stranieri destinatari dei provvedimenti di espulsione – suggeriscono un possibile sviluppo su larga scala della limitazione all’esercizio del diritto di asilo.

      Il recente Decreto dunque, se non sarà oggetto di modifica parlamentare, rende ancora più urgente la necessità che le procedure che si svolgono all’interno degli hotspot siano rese visibili e trasparenti, con l’obiettivo di ridurre abusi e violazioni dei diritti delle persone.

      Per questo, insieme alle altre organizzazioni che insieme a noi hanno dato vita al progetto In Limine, intensificheremo il nostro impegno, aumentando anche il raggio di azione per monitorare gli effetti delle nuove norme.

      https://www.actionaid.it/informati/notizie/decreto-sicurezza-effetti-su-hotspot
      #decreto_salvini

  • Mercredi à #Lausanne, la police a tué Mike du collectif Jean Dutoit

    « Notre ami Mike a été tué cette nuit par la police à Lausanne. La maison est en deuil. Nous avons besoin de soutien » Voilà ce que l’on peut lire sur la page facebook du collectif Jean-Dutoit. Une manifestation spontannée partie de la place de la Riponne a eu lieu jeudi soir.

    P.-S.

    La police tue en Suisse, et souvent.
    24 octobre 2017, #Lamine_Fatty
    6 novembre 2016, #Hervé_Mandundu
    18 avril 2010, #Umüt_Kiran, tué par balle dans une course poursuite
    17 mars 2010, X nigérian tué sur le tarmac de Zurich lors de son renvoi forcé
    11 mars 2010, #Skander_Vogt, asphyxié dans sa cellule de la prison de Bochuz
    Aidez-nous à faire la liste !!!! écrivez-nous à contact@renverse.co

    https://renverse.co/Hier-a-Lausanne-la-police-a-tue-Mike-du-collectif-Jean-Dutoit-1409
    #Suisse #violences_policières #police #décès 

    • Mardi 20 mars 2018 : Rassemblement contre le racisme et les violences policières

      entre 17h15 et 18h 15 à Place de la Palud, Lausanne.

      Une année après la mort d’Hervé Mandundu à Bex et trois mois après celle de Lamine Fatty à Lausanne, un autre homme noir vient de mourir entre les mains de la police. Le jeudi 1er mars Mike Ben Peter, d’origine nigériane, a perdu la vie au CHUV suite à une interpellation des forces de l’ordre. Le communiqué de ces dernières, lacunaire et incohérent, pose de graves questions.
      Mike était père de deux enfants de moins de 10 ans, et ceux qui sont dans la même situation, ou qui simplement ont migré dans la région lausannoise, craignent pour leur vie. Nous demandons que cesse immédiatement cette politique de la terreur, qui sous prétexte de lutter contre le deal de rue compte pour rien la vie d’êtres humains !!

      NOUS EXIGEONS QUE LES VIOLENCES POLICIÈRES CESSENT TOUT DE SUITE !!!
      Le Collectif Jean Dutoit et l’Association Sleep-In avec le soutien de solidaritéS Vaud vous appellent à venir nombreuses et nombreux pour interpeller nos élu-e-s communaux-ales sur le problème des violences policières et sur le racisme dont sont victimes les personnes noires.

      Ce soir-là, le Conseil communal de Lausanne se prononcera sur deux objets liés à ces problèmes :

      ► Un postulat demande la mise sur pieds d’une instance indépendante pour recevoir les plaintes formulées à l’encontre de la police (une instance nécessaire au vu des nombreux obstacles à ce que justice soit faite dans les rangs de la police, et au vu des manœuvres d’intimidation dont les personnes migrantes et/ou noires sont victimes à l’Hôtel de Ville et ailleurs lorsqu’elles veulent porter plainte).

      ► Une interpellation urgente demande que la lumière soit faite sur la mort de Mike Ben Peter, décédé le 28 février à la suite d’une interpellation de police, et afin que la Municipalité réponde de sa politique répressive et des pratiques policières qui ont lieu sous sa responsabilité.

      Venez nombreux-ses pour demander aux autorités de la Ville de prendre des mesures urgentes pour que cessent ces violences et ces abus !!!

      https://www.facebook.com/events/2272100866350161

  • ITALIE ISOLÉE DANS LA TEMPÊTE MIGRATOIRE
    Article de JÉRÔME GAUTHERET

    Sur les 600 000 migrants arrivés en Italie depuis 2014, la plupart ont traversé la #Méditerranée. Des milliers d’autres y ont péri. L’île de #Lampedusa, avant-poste de l’accueil, est débordée par cette crise humanitaire fortement liée au chaos qui règne en #Libye.

    On rejoint le jardin public en poussant les portes d’une grille qui ne ferme plus depuis longtemps. Puis, après une courte promenade au milieu des agaves et des myrtes, on arrive à un étrange réseau de grottes sommairement aménagées à proximité d’un vieux puits. L’endroit est à peine mentionné par les guides de voyage, mais il mérite qu’on s’y arrête : en effet, le vrai cœur de Lampedusa est là, en ces vestiges
    à peine entretenus d’un sanctuaire millénaire, témoignage unique de ce qu’était l’île avant sa colonisation systématique, au début du XIXe siècle.

    LAMPEDUSA, UNE ÎLE AU CENTRE DU MONDE

    Avant de devenir un paradis touristique perdu au milieu de la Méditerranée, à 150 kilomètres des côtes tunisiennes, en même temps que, pour le monde entier, le symbole de l’odyssée des centaines de milliers de migrants qui, chaque année, bravent tous les dangers pour atteindre l’Europe, Lampedusa a été un havre, un lieu de repos pour les marins de toutes origines qui sillonnaient la mer.

    Marchands phéniciens, arabes ou grecs, chevaliers francs revenant de croisade, pirates barbaresques, pêcheurs en détresse : Lampedusa était leur île. Elle appartenait à tous et à personne. Chacun, du roi de France revenant de Terre sainte au plus humble pêcheur, venait s’abriter ici durant les tempêtes, prier ses dieux et reprendre des forces, en attendant l’accalmie. Aujourd’hui, une chapelle dédiée à
    la Vierge a été aménagée dans la pierre, à deux pas de la grotte, et les habitants viennent, de loin en loin, y déposer quelques fleurs ou prier, dans un calme absolu.

    La " porte de l’Europe ", pour reprendre le nom d’une œuvre d’art installée sur une plage faisant face à l’infini, à la pointe sud de Lampedusa, peut bien être présentée comme une des extrémités de l’Union européenne, un bout du monde exotique. Mais, dès que l’on pose le pied sur l’île, on est assailli par le sentiment inverse : celui d’être au centre d’un espace fluide, au sein duquel les populations ont navigué de rive en rive, depuis toujours. L’impression est encore plus
    saisissante lorsqu’on observe, grossièrement sculptées dans la roche, les traces de ce passé enfoui.

    L’homme qui nous conduit dans ce sanctuaire, un matin d’hiver, s’appelle Pietro Bartolo. Il est né sur l’île en 1956, il en est parti à 13 ans et y est revenu au milieu des années 1980, une fois achevées ses études de médecine. C’est lui qui a fondé, un peu à l’écart du bourg, le petit hôpital qui, aujourd’hui encore, constitue le seul lieu d’assistance, sur terre comme sur mer, à plus de 100 milles nautiques (185 km) à la ronde.

    En tant que directeur de l’#hôpital de Lampedusa, il a accueilli, ces dernières années, des dizaines de milliers de candidats à l’exil sur le quai minuscule qui tient lieu de débarcadère, et les a soignés. Il a aussi eu la terrible responsabilité d’ouvrir, du même geste, des centaines et des centaines de ces grands sacs verts dans lesquels on
    ramène à terre les corps des naufragés. Un film documentaire sorti en 2016, nominé pour l’Oscar, Fuocoammare. Par-delà Lampedusa, dans lequel il jouait son propre rôle, lui a valu une notoriété internationale. A sa manière, lui aussi est devenu un symbole.

    Comme c’est courant ici, l’histoire familiale de Pietro Bartolo est africaine autant qu’italienne. A l’exemple de ces milliers de Siciliens poussés par la misère qui, pendant des décennies, ont pris la mer en sens inverse des migrants d’aujourd’hui pour chercher du travail dans les colonies et protectorats d’Afrique du Nord, la famille de sa mère s’était installée un temps en Tunisie. Cette multitude d’odyssées ordinaires, dont le souvenir est entretenu par les histoires familiales, explique une bonne part des différences de perception du phénomène migratoire entre le nord et le sud de l’Italie.

    LE TEMPS DES " TURCS "

    A la tête de ce qui, à l’origine, n’était guère plus qu’un dispensaire, #Pietro_Bartolo s’est trouvé aux premières loges quand tout a changé. " Ça a commencé dans les années 1990. Les migrants, des jeunes hommes venus d’Afrique du Nord, arrivaient directement sur la plage, par leurs propres moyens, avec des barques ou des canots pneumatiques. Sur l’île, on les appelait “#les_Turcs”, se souvient-il. Les habitants accueillent comme ils peuvent les arrivants, qui gagnent ensuite la Sicile puis, pour l’immense majorité, le continent.

    Le gouvernement, lui, ne considère pas encore le phénomène comme préoccupant. D’autant plus que, depuis le début des années 1990, l’#Italie a la tête ailleurs. L’arrivée dans les Pouilles, au printemps et en été 1991, de plusieurs dizaines de milliers d’Albanais fuyant la ruine de leur pays a provoqué un choc terrible. Le 8 août, le #Vlora, un cargo venu du port albanais de Durres, est entré dans celui de Bari avec à son bord 20 000 migrants, bientôt installés dans l’enceinte du stade de la ville. La désorganisation est totale : le maire multiplie les appels aux dons et à la solidarité, tandis qu’à Rome le gouvernement cherche un moyen de renvoyer chez eux ces arrivants illégaux… Rien ne sera plus jamais comme avant.

    A l’aune de ce bouleversement venu des Balkans, qui force l’Italie, pour la première fois de son histoire, à se poser la question de l’accueil et de l’intégration, les arrivées sporadiques à Lampedusa ne sont pas perçues au départ comme beaucoup plus qu’une anecdote. Selon les souvenirs des habitants, les migrants venaient surtout des côtes tunisiennes, ils étaient jeunes et en relative bonne santé. La plupart du temps, la traversée était assurée par des passeurs, payés une fois le but atteint. Bref, la route de la #Méditerranée_centrale vivait à l’heure d’une migration "artisanale".

    Mais au fil du temps, dans les années 2000, le phénomène change de nature et d’échelle. "Il ne s’agit pas seulement de géopolitique. Il s’est produit un changement anthropologique dans la jeunesse africaine il y a une quinzaine d’années", assure le vice-ministre italien des
    affaires étrangères et de la coopération, Mario Giro, qui, avant d’entrer en politique, a consacré de nombreuses années à des missions en Afrique comme responsable des questions internationales de la Communauté de Sant’Egidio. "Avant, il s’agissait de projets collectifs : une famille se cotisait pour envoyer un de ses fils en Europe, dit-il. Désormais, ce sont des #hommes_seuls qui décident de
    partir, parce qu’ils considèrent que partir est un droit. Dans les villes africaines, la famille a subi les mêmes coups de la modernité que partout dans le monde. Ces jeunes gens se sont habitués à penser seuls, en termes individuels. Dans leur choix, il y a une part de vérité – les blocages politiques – et la perception que l’avenir n’est pas dans leur pays. Alors, ils partent."
    #facteurs_push #push-factors

    Des gouvernements européens essaient de passer des accords avec les Etats africains pour qu’ils arrêtent en Afrique les candidats à l’Europe, ce qui a pour effet de criminaliser l’activité des #passeurs. Des réseaux de plus en plus violents et organisés se mettent en place.

    VIE ET MORT DE MOUAMMAR KADHAFI

    Un acteur central du jeu régional comprend très tôt le parti à tirer de ce phénomène, face auquel les pays européens semblent largement démunis. C’est le chef de l’Etat libyen, Mouammar #Kadhafi, qui cherche depuis le début des années 2000 à retrouver une forme de respectabilité internationale, rompant avec la politique de soutien au terrorisme qui avait été la sienne dans les années 1980 et 1990.
    Grâce aux immenses recettes de la rente pétrolière, dont il dispose dans la plus totale opacité, le Guide libyen multiplie les prises de participation en Italie (Fiat, Finmeccanica) et les investissements immobiliers. Il entre même au capital du club de football le plus prestigieux du pays, la Juventus de Turin. En contrepartie, le groupe énergétique ENI, privatisé à la fin des années 1990 mais dans lequel l’Etat italien garde une participation importante, conserve le statut d’Etat dans l’Etat dont il jouit en Libye depuis la période coloniale (1911-1942).

    Bientôt, la maîtrise des flux migratoires devient un aspect supplémentaire dans la très complexe relation entre la Libye et l’Italie. " De temps en temps, tous les deux ou trois ans, Kadhafi réclamait de l’argent pour la période coloniale. Et quand ça n’allait pas assez bien pour lui, il faisait partir des bateaux pour se rappeler à nous. C’était devenu pour lui un moyen de pression de plus, et ça signifie également qu’en Libye, des réseaux étaient déjà en place", se souvient Mario Giro.
    #chantage

    Entamées à l’époque du deuxième gouvernement Prodi (2006-2008), et émaillées de moments hauts en couleur – comme cette visite privée à Tripoli du ministre des affaires étrangères italien Massimo D’Alema, un week-end de Pâques 2007, au terme de laquelle Kadhafi a affirmé que l’Italie lui avait promis de construire une autoroute traversant le pays d’est en ouest –, les négociations sont poursuivies par le gouvernement de Silvio Berlusconi, revenu aux affaires au printemps 2008. Elles débouchent sur la signature d’un accord, le 30 août de la même année. En échange de 5 milliards d’euros d’investissements sur vingt-cinq ans et d’#excuses_officielles de l’Italie pour la #colonisation, le dirigeant libyen s’engage à cesser ses reproches, mais surtout à empêcher les départs de migrants depuis ses côtes. Plus encore, les migrants secourus dans les eaux internationales seront ramenés en Libye, même contre leur gré et au mépris du droit de la mer.
    #accord_d'amitié

    L’Eglise et plusieurs ONG humanitaires peuvent bien chercher à alerter l’opinion sur les conditions dans lesquelles sont ramenés à terre les candidats à la traversée, ainsi que sur les innombrables violations des droits de l’homme en Libye, elles restent largement inaudibles. Le colonel Kadhafi peut même se permettre de pittoresques provocations, comme ses visites officielles à Rome en 2009 et 2010, où il appelle publiquement à l’islamisation de l’Europe. Le gouvernement Berlusconi, embarrassé, n’a d’autre solution que de regarder ailleurs.

    L’irruption des "#printemps_arabe s", début 2011, va faire voler en éclats ce fragile équilibre. Le soulèvement libyen, en février 2011, un mois après la chute du président tunisien Ben Ali, est accueilli avec sympathie par les chancelleries occidentales. Mais en Italie, on l’observe avec préoccupation. "Bien sûr, l’Etat libyen de Kadhafi n’était pas parfait, concède #Mario_Giro. Mais il y avait un Etat… Dans les premiers mois de 2011 – je travaillais encore pour Sant’Egidio –, alors que la France semblait déjà décidée à intervenir en Libye, le ministre des affaires étrangères du Niger m’a demandé d’organiser une entrevue avec son homologue italien, Frattini. Nous étions trois, dans un bureau du ministère, et il nous a expliqué point par point ce qu’il se passerait en cas de chute de Kadhafi. Le chaos en Méditerranée, les armes dans tout le Sahel… Tout s’est passé exactement comme il l’a dit. Mais personne n’a voulu l’écouter". Il faut dire qu’en ce début d’année 2011, le prestige international de l’Italie est au plus bas. Très affaiblie économiquement et victime du discrédit personnel d’un Silvio Berlusconi empêtré dans les scandales, l’Italie est tout simplement inaudible.

    En mai 2011, les membres du G8, réunis à Deauville, appellent Mouammar Kadhafi à quitter le pouvoir. "Lors de ce sommet, Silvio Berlusconi a plusieurs fois tenté de prendre la défense du Guide libyen, mettant en avant son aide sur le dossier des migrants et le fait qu’il s’était amendé et avait tourné le dos au terrorisme", se souvient un diplomate français, témoin des discussions. "Mais
    personne n’en a tenu compte." Le chef libyen, chassé de Tripoli en août, mourra le 20 octobre, à Syrte. Quatre semaines plus tard, le gouvernement Berlusconi 4 cessait d’exister.

    Sur le moment, entre l’euphorie de la chute de la dictature et le changement d’ère politique en Italie, ces tensions entre puissances semblent négligeables. Il n’en est rien. Au contraire, elles ne cesseront de resurgir dans le débat, nourrissant en Italie un procès durable contre la #France, accusée d’avoir déstabilisé la situation en Méditerranée pour mieux laisser l’Italie en subir, seule, les conséquences.

    CHAOS EN MÉDITERRANÉE

    Car dans le même temps, les "printemps arabes" provoquent un bouleversement de la situation en Méditerranée. Une fois de plus, c’est à Lampedusa que les premiers signes de la tempête apparaissent. Sur cette île minuscule, en hiver, on compte à peine 5 000 habitants d’ordinaire. Là, ce sont plus de 7 000 personnes venues de #Tunisie qui y débarquent en quelques jours, entre février et mars 2011. La population les accueille avec les moyens du bord, dans des conditions très précaires. Des "permis temporaires de séjours" de trois mois
    sont délivrés aux arrivants par les autorités italiennes. Ainsi, les candidats à l’exil pourront-ils circuler aisément dans tout l’espace Schengen. Plus de 60 000 migrants débarqueront en 2011 ; la grande majorité d’entre eux ne resteront pas en Italie.
    #migrants_tunisiens

    Passé les mois de désorganisation ayant suivi la chute du président tunisien #Ben_Ali, Rome et Tunis concluent en 2012 un #accord_de_réadmission, formalisant le retour au pays des migrants d’origine tunisienne expulsés d’Italie. Assez vite, se met en place une coopération qui, de l’avis de nos interlocuteurs dans les deux pays, fonctionne plutôt harmonieusement.

    En revanche, en Libye, du fait de la déliquescence du pouvoir central, Rome n’a pas d’interlocuteur. Dans un pays livré aux milices et à l’anarchie, des réseaux de trafiquants d’êtres humains s’organisent à ciel ouvert. Jusqu’à la catastrophe, qui se produit dans la nuit du 2 au #3_octobre_2013. "J’ai été réveillé à 6 heures du matin par un appel des autorités maritimes, se souvient Enrico Letta, alors chef du gouvernement italien. En quelques minutes, nous avons compris que le #naufrage qui venait d’avoir lieu près de Lampedusa était une tragédie sans précédent – le bilan sera de 366 morts. Il fallait trouver des cercueils, s’occuper des orphelins… J’ai dû presque forcer le président de la Commission européenne - José Manuel Barroso - à m’accompagner sur l’île. Quelques jours plus tard, il y a eu un autre naufrage, tout aussi meurtrier, au large de Malte. Alors que nous demandions l’aide de l’Europe, j’ai vite compris que nous n’aurions rien. Donc, nous avons décidé de nous en occuper nous-mêmes. L’émotion était si forte que l’opinion nous a suivis."

    En une dizaine de jours, l’opération "#Mare_Nostrum" est mise sur pied. Concrètement, il s’agit d’une opération navale, à la fois militaire et humanitaire, visant à lutter contre les réseaux de passeurs, tout en évitant la survenue de nouveaux drames. Ses effets sont immédiats : en moins d’un an, plus de 100 000 migrants sont secourus et le nombre de morts diminue spectaculairement. Pourtant, le gouvernement Renzi, qui succède à Letta un an plus tard, décide d’y mettre un terme, à l’automne 2014. "Ça ne coûtait pas très cher, environ 8 millions d’euros par mois, et nous avons sauvé des centaines de vie avec ce dispositif, tout en arrêtant de nombreux trafiquants, avance Enrico Letta pour défendre son initiative. Mais très vite, Mare Nostrum a été accusée de provoquer un #appel_d'air… "

    De fait, en quelques mois, le nombre de départs des côtes africaines a explosé. Surtout, une évolution capitale se produit : peu à peu, les passeurs changent de stratégie. Pour ne pas voir leurs bateaux saisis, plutôt que de chercher à gagner un port italien, ils se contentent, une fois arrivés à proximité des eaux italiennes, de débarquer les migrants à bord de petites embarcations, les laissant ensuite dériver
    jusqu’à l’arrivée des secours. La marine italienne, trouvant les migrants en situation de détresse, n’a alors d’autre choix que d’appliquer les règles immuables du #droit_de_la_mer et de les conduire en lieu sûr.

    La suppression de Mare Nostrum par le gouvernement Renzi vise à sortir de cet engrenage. En novembre 2014, est annoncée l’entrée en vigueur de l’opération "#Triton", coordonnée par l’agence européenne #Frontex. Un dispositif de moindre envergure, financé par l’Union européenne, et dans lequel la dimension humanitaire passe au second plan. Las, le nombre de départs des côtes libyennes ne diminue pas. Au contraire, en 2015, plus de 150’000 personnes sont secourues en mer. En 2016, elles seront 181’000. Et pour suppléer à la fin de Mare Nostrum, de nouveaux acteurs apparaissent en 2015 au large des côtes libyennes : des navires affrétés par des #ONG humanitaires, aussitôt
    accusés, eux aussi, de former par leur présence une sorte d’appel d’air facilitant le travail des trafiquants d’êtres humains.

    L’ITALIE PRISE AU PIÈGE

    Pour Rome, les chiffres des secours en mer sont bien sûr préoccupants. Mais ils ne disent pas tout du problème. L’essentiel est ailleurs : depuis la fin de 2013, les pays limitrophes de l’Italie (#France et #Autriche) ont rétabli les contrôles à leurs frontières. Là où, jusqu’alors, l’écrasante majorité des migrants empruntant la route de la Méditerranée centrale ne faisaient que traverser le pays en direction du nord de l’Europe, ils se trouvent désormais bloqués sur le sol italien, provoquant en quelques années l’engorgement de toutes les structures d’accueil. Et les appels répétés à la solidarité européenne se heurtent à l’indifférence des partenaires de l’Italie, qui eux-mêmes doivent composer avec leurs opinions publiques, devenues très hostiles aux migrants.
    #frontière_sud-alpine

    Considéré jusque-là comme un impératif moral par une large part de la population, l’accueil des demandeurs d’asile est l’objet de critiques croissantes. En 2015, en marge du scandale "#Mafia_capitale ", qui secoue l’administration de la commune de Rome, l’Italie découvre que plusieurs coopératives chargées de nourrir et d’héberger les migrants se sont indûment enrichies. S’installe dans les esprits une l’idée dévastatrice : l’#accueil des réfugiés est un "#business " juteux plus qu’une œuvre humanitaire.
    #mafia

    Deux ans plus tard, une série de procédures à l’initiative de magistrats de Sicile en vient à semer le doute sur les activités des ONG opérant en Méditerranée. Le premier à lancer ces accusations est le procureur de Catane, Carmelo #Zuccaro, qui dénonce en avril 2017 – tout en admettant qu’il n’a "pas les preuves" de ce qu’il avance – les ONG de collusion avec les trafiquants. Après trois mois de rumeurs et de fuites organisées dans la presse, début août 2017, le navire de l’ONG allemande #Jugend_Rettet, #Iuventa, est placé sous séquestre, tandis qu’il a été enjoint aux diverses organisations de signer un "code de bonne conduite", sous le patronage du ministre de l’intérieur, Marco #Minniti, visant à encadrer leurs activités en mer. La plupart des ONG, dont Médecins sans frontières, quitteront la zone à l’été 2017.
    #code_de_conduite

    Tandis que le monde entier a les yeux tournés vers la Méditerranée, c’est en réalité en Libye que se produit, mi-juillet, une rupture majeure. En quelques jours, les départs connaissent une chute spectaculaire. Moins de 4000 personnes sont secourues en mer en août, contre 21’000 un an plus tôt, à la même période. La cause de ce coup d’arrêt ? Le soutien et l’équipement, par Rome, des unités libyennes
    de #gardes-côtes, qui traquent les migrants jusque dans les eaux internationales, au mépris du droit de la mer, pour les reconduire dans des camps de détention libyens. Le gouvernement italien conclut une série d’accords très controversés avec différents acteurs locaux en
    Libye.
    #accord #gardes-côtes_libyens
    v. aussi : http://seen.li/cvmy

    Interrogé sur les zones d’ombre entourant ces négociations, et les témoignages venus de Libye même affirmant que l’Italie a traité avec les trafiquants, Marco Minniti nie la moindre entente directe avec les réseaux criminels, tout en mettant en avant l’intérêt supérieur du pays, qui n’arrivait plus, selon lui, à faire face seul aux arrivées. "A un moment, confiait-il fin août 2017 à des journalistes italiens, j’ai eu peur pour la santé de notre démocratie."

    De fait, l’accueil de 600’000 migrants depuis 2014 et l’attitude des partenaires européens de l’Italie, qui ont poussé à l’ouverture de "#hotspots" (centres d’enregistrement des migrants) en Sicile et dans le sud de la Péninsule, sans tenir leurs engagements en matière de #relocalisation (à peine 30 000 réfugiés arrivés en Italie et en Grèce concernés à l’automne 2017, contre un objectif initial de 160’000), a nourri le rejet de la majorité de centre-gauche au pouvoir. Il a alimenté le discours xénophobe de la Ligue du Nord de Matteo Salvini et la montée des eurosceptiques du Mouvement 5 étoiles. A quelques jours des élections du 4 mars, celui-ci est au plus haut dans les sondages.

    Depuis l’été, les départs des côtes africaines se poursuivent
    sporadiquement, au gré de la complexe situation régnant sur les côtes libyennes. Resteque des centaines de milliers de candidats à l’exil – ils seraient de 300’000 à 700’000, selon les sources – sont actuellement bloqués en Libye dans des conditions humanitaires effroyables. Pour le juriste sicilien Fulvio Vassallo, infatigable défenseur des demandeurs d’asile, cette politique est vouée à l’échec, car il ne s’agit pas d’une crise migratoire, mais d’un mouvement de fond. "Pour l’heure, l’Europe affronte le problème avec
    la seule perspective de fermer les frontières, explique-t-il. Et ça, l’histoire des vingt dernières années nous démontre que c’est sans espoir. Ça n’a pas d’autre effet que d’augmenter le nombre de morts en mer."

    Depuis 2014, selon les chiffres du Haut-Commissariat des Nations unies pour les réfugiés, 13’500 personnes au moins ont trouvé la mort en mer, sur la route de la Méditerranée centrale. Sans compter la multitude de ceux, avalés par les eaux, dont on n’a jamais retrouvé la trace.


    http://www.lemonde.fr/international/article/2018/02/23/l-italie-seule-dans-la-tempete-migratoire_5261553_3210.html

    Un nouveau mot pour la collection de @sinehebdo sur les mots de la migration : #Les_Turcs

    A la tête de ce qui, à l’origine, n’était guère plus qu’un dispensaire, Pietro Bartolo s’est trouvé aux premières loges quand tout a changé. " Ça a commencé dans les années 1990. Les migrants, des jeunes hommes venus d’Afrique du Nord, arrivaient directement sur la plage, par leurs propres moyens, avec des barques ou des canots pneumatiques. Sur l’île, on les appelait “#les_Turcs”, se souvient-il. Les habitants accueillent comme ils peuvent les arrivants, qui gagnent ensuite la Sicile puis, pour l’immense majorité, le continent.

    #histoire

    #abandon de l’Italie :

    Jusqu’à la catastrophe, qui se produit dans la nuit du 2 au #3_octobre_2013. « J’ai été réveillé à 6 heures du matin par un appel des autorités maritimes, se souvient Enrico Letta, alors chef du gouvernement italien. En quelques minutes, nous avons compris que le #naufrage qui venait d’avoir lieu près de Lampedusa était une tragédie sans précédent – le bilan sera de 366 morts. Il fallait trouver des cercueils, s’occuper des orphelins… J’ai dû presque forcer le président de la Commission européenne - José Manuel Barroso - à m’accompagner sur l’île. Quelques jours plus tard, il y a eu un autre naufrage, tout aussi meurtrier, au large de Malte. Alors que nous demandions l’aide de l’Europe, j’ai vite compris que nous n’aurions rien. Donc, nous avons décidé de nous en occuper nous-mêmes. L’émotion était si forte que l’opinion nous a suivis. »

    #asile #migrations #réfugiés #mourir_en_mer #frontières

    • C’est une manière de classer les étrangers en mouvement ou en attente de statut par le pays d’accueil.
      Migrants pour étrangers en mouvement. Immigrés pour étrangers sur le territoire national quelque soit leur statut.
      Demandeur d’Asile pour ceux qui font une demande de protection.
      Réfugiés pour ceux qui ont obtenu cette protection.
      Sans papiers pour ceux qui n’ont pas encore obtenu un statut qu’ils aient fait la demande ou non. Le terme administratif en France est ESI, étranger en situation irrégulière.
      Exilés pour ceux qui ont quitté leur pays d’une manière volontaire ou involontaire avec ce qui implique de difficultés et de sentiment d’éloignement de son pays.

    • Solidarietà Ue: gli altri paesi ci hanno lasciati da soli?

      Tra settembre 2015 e aprile 2018 in Italia sono sbarcate quasi 350.000 persone. A fronte di ciò, i piani di ricollocamento d’emergenza avviati dall’Unione europea prevedevano di ricollocare circa 35.000 richiedenti asilo dall’Italia verso altri paesi Ue: già così si sarebbe dunque trattato solo del 10% del totale degli arrivi. Inoltre i governi europei avevano imposto condizioni stringenti per i ricollocamenti: si sarebbero potuti ricollocare solo i migranti appartenenti a nazionalità con un tasso di riconoscimento di protezione internazionale superiore al 75%, il che per l’Italia equivale soltanto a eritrei, somali e siriani. Tra settembre 2015 e settembre 2017 hanno fatto richiesta d’asilo in Italia meno di 21.000 persone provenienti da questi paesi, restringendo ulteriormente il numero di persone ricollocabili. Oltre a queste limitazioni, gli altri paesi europei hanno accettato il ricollocamento di meno di 13.000 richiedenti asilo. La solidarietà europea sul fronte dei ricollocamenti “vale” oggi dunque solo il 4% degli sforzi italiani e, anche se si fossero mantenute le promesse, più di 9 migranti sbarcati su 10 sarebbero rimasti responsabilità dell’Italia.

      Oltre al fallimento dei ricollocamenti, neppure le risorse finanziarie destinate dall’Europa all’Italia per far fronte all’emergenza hanno raggiunto un livello significativo. Al contrario, gli aiuti europei coprono solo una minima parte delle spese italiane: nel 2017, per esempio, gli aiuti Ue ammontavano a meno del 2% dei costi incorsi dallo Stato italiano per gestire il fenomeno migratorio.

      https://www.ispionline.it/it/pubblicazione/fact-checking-migrazioni-2018-20415
      #aide_financière

  • #Lactalis : #Auchan et #Carrefour ont remis en rayon des produits rapportés par des clients
    https://www.francebleu.fr/infos/sante-sciences/lactalis-auchan-et-carrefour-ont-remis-en-rayon-des-produits-rapportes-pa

    Nouvelles révélations dans la gestion de la crise Lactalis ce mercredi, concernant cette fois la grande distribution. Non seulement des produits Lactalis concernés par la procédure de rappel sont restés en rayon, mais en plus, des produits rapportés par des clients ont parfois été remis en vente.

    #lamentable #France

  • Police municipale dans les #écoles à Nice : « Une expérimentation qui commencerait prochainement », annonce #Jean-Michel_Blanquer
    https://www.francetvinfo.fr/faits-divers/police/police-municipale-dans-les-ecoles-a-nice-une-experimentation-qui-commen

    Jean-Michel Blanquer indique par ailleurs que l’un des critères qu’il a jugé intéressant "est la #relation entre la #police et les #enfants, car le policier non armé à l’intérieur de l’école est quelqu’un qui va vivre au quotidien avec les enfants et va en fait s’intégrer dans leur vie".

    #charabia #France #lamentable

  • #Villes-refuge, villes rebelles et néo-municipalisme

    En septembre 2015, les maires de #Barcelone, #Paris, #Lesbos et #Lampedusa lançaient un appel pour la constitution d’un réseau de villes-refuge garantissant au niveau local ou municipal des conditions d’accueil décentes pour les exilés, migrants et demandeurs d’asile cherchant refuge en Europe. Dans un contexte de durcissement progressif du contrôle des frontières européennes et des conditions d’accès à la protection internationale dans les États membres, cet appel faisait écho au réseau de villes-refuge créé en 1995 à l’initiative du Parlement international des écrivains, dans des conditions politiques et historiques néanmoins différentes et avec une finalité distincte [1].

    La notion de ville-refuge refait surface au moment où celles de solidarité et d’hospitalité sont remises en question. Elle permet de débattre, d’une part, de la nécessité de repenser au niveau local les pratiques d’accueil des exilés et leur accès au territoire indépendamment des injonctions gestionnaires et sécuritaires ; d’autre part, de la reconfiguration des tendances néo-municipalistes en Europe, revendiquant davantage d’autonomie pour les municipalités, sur des questions sociales, mais aussi environnementales, économiques et politiques.

    Le 18 octobre 2016, à la suite de l’initiative d’Ada Colau, maire de Barcelone, le groupe de la Gauche unitaire européenne/Gauche verte nordique (GUE/NGL) organise au Parlement européen une journée consacrée aux villes solidaires, les Solidacities, Les représentants de nombreuses villes européennes y confrontent leurs idées et pratiques sur le thème de l’accueil des exilés. Des métropoles aux petits villages, de multiples déclinaisons de la notion de ville-refuge sont alors énoncées. Il ne s’agit pas de dresser ici une typologie des villes-refuge, mais plutôt, considérant la diversité de leurs formes comme une condition essentielle à leur prolifération et à leur adaptation aux conditions historiques, géographiques et politiques du territoire, de chercher, à partir de quelques exemples contemporains, à saisir des constantes, des ressemblances et des différences, notamment en ce qui concerne le positionnement des villes, des populations et des autorités municipales.

    http://www.gisti.org/spip.php?article5816
    #ville-refuge #réseau #asile #migrations #réfugiés #refuge #accueil

  • Memorializing mass deaths at the border: two cases from Canberra (Australia) and Lampedusa (Italy)

    In this paper, we compare two seemingly very similar instances in which individuals and organizations within the borders of the global North have memorialized the deaths of irregular migrants at sea: the #SIEV_X_memorial in Australia’s national capital Canberra, and the #Giardino_della_memoria (Garden of Remembrance) on the Italian island of Lampedusa. Unlike ephemeral manifestations of grief, potentially these memorials have effects that reach well beyond their creation. We relate the differences between the memorials to the contexts within which they were created: an immediate local response involving people directly affected by the disaster’s aftermath, on the one hand, and a delayed nation-wide response involving people removed from the deaths at sea, on the other. We also discuss the difference between a memorial that names and thereby individualizes victims, and one that does not, and between one that celebrates an alternative, hospitable society, and one that does not.

    http://www.tandfonline.com/doi/full/10.1080/01419870.2017.1394477
    #mémoire #Italie #migrations #Australie #réfugiés #asile #mémoriels #monuments #Canberra #Lampedusa #morts #décès #mourir_aux_frontières #victimes

  • Jon Hendricks, poète vocaliste du jazz, est mort
    http://www.lemonde.fr/disparitions/article/2017/11/24/jon-hendricks-poete-vocaliste-du-jazz-est-mort_5219587_3382.html

    Dans le génial Underground, de Monk, il enregistre In Walked Bud. Ils viennent de tout écrire en sept minutes, sans rien trahir, avec des mots plausibles, justes, amoureux, pour Bud Powell. Toutes les avant-gardes poético–rythmiques du siècle eussent dû s’incliner et s’inspirer. Raté. Elles ignorent son nom.

    Avec son art des mots, du sens et du non–sense que saura si bien reprendre Mimi Perrin (Les Double Six), Jon Hendricks signe en style d’apothéose, la fin du scat (la langue des musiciens) si facile, aujourd’hui où tout le monde s’y essaie, à mimer mal. Génie sans précédent de la virtuosité verbale et vocale, Jon ne manque pas de successeurs. Toujours disponible, il invite à ses côtés Al Jarreau, Bobby McFerrin, Kurt Elling ou Mark Murphy, le Manhattan Transfer comme André Minvielle.

    Très belle vidéo, avec un art du scat à trois... tiens, Le Monde, c’est bizarre, on n’arrivera jamais à savoir qui est la femme qui chante avec Dédé Minvielle et Jon Hendricks... et pourtant, elle chante sacrément bien. Ah oui, j’oubliais, c’est simplement unE musicienNE... mais gaffe Le Monde, bientôt les métiers vont aussi se féminiser, en tout cas l’Académie y travaille. Bref, ça m’énerve...

    #Jon_Hendricks #Médias #Vidéo_legende_sexiste

  • #Guerre_aux_pauvres sur Arte à 20h30
    Hier, 09/11/2017, à une heure de grande écoute, 28 minutes consacre une émission entière pour traiter les pauvres d’assistés et plaindre les riches qui sont mal aimés. Une des protagonistes jamais interrompue, affirme même que les pauvres sous conditions de ressources coutent 97 milliards d’aide social.

    (voir à 34mn)

    Luchini (FL)
    – Pas un média, pas un plateau télé ou on ne vend pas le pauvre comme un éblouissement … à part TF1 …
    – Est-ce qu’il faudrait encore plus payé pour que les gens ne soient plus pauvres ?
    Agnès Verdier-Molinié (AVM)
    – Mais c’est ça le sujet ! ce qui n’est pas dit c’est que la France est dans les pays les plus géééénéreux au moooonde
    – FL : Et ça c’est vrai ?
    – mais les plus généreuuux au mooonde.
    – FL : Et c’est vrai ou pas ?
    – AVM : Mais oui, on a ,on a (là Luchini ouvre la bouche estomaqué) plus de 97 milliards de dépenses de protection sociale, d’aide sociale, qui sont versés sur critères de reeessources.
    Elisabeth Quin, présentatrice qui intervient à peine
    – Et pourtant 9 millions de français sont sous le seuil de pauvreté
    – Arrêtons de culpabiliser les français, ça coute très cher cette protection sociale

    #pauvrophobie qu’explique Nadia sous le regard goguenard des invités qui est la seule à être outrée et se moquer du terme cancer de l’assistanat qui semble commun à ce « débat ».
    Luchini (invité spécial) est quant à lui absolument infect, mais tout à fait dans la peau de ses #acteurs_français qui squattent l’espace cinématographique/politique (maintenant que les deux ne valent plus rien) de leur morbidité et en font renoncer plus d’un·e à aller au cinéma.

    Fabrice Luchini est rejoint pour ce débat par Agnès Verdier-Molinié, économiste et directrice du think tank libéral iFRAP, Éric Heyer, économiste à l’OFCE, et l’essayiste Pascal Bruckner.

    https://www.arte.tv/fr/videos/075223-054-A/28-minutes

    #consternation #arte #lamentable #goebels #mais_pourquoi_je_tombe_que_sur_des_merdes #nombril_des_riches #morale_de_droite

    • https://data.oecd.org/fr/socialexp/depenses-sociales.htm

      Les dépenses sociales couvrent les prestations en espèces, les biens et services fournis directement et les allègements fiscaux à visées sociales. Les prestations peuvent être ciblées sur les ménages à #faibles_revenu, les #personnes_âgées, les #handicapés, les personnes #malades, les #chômeurs ou les #jeunes. Un programme social se caractérise par une redistribution des ressources entre les ménages ou une participation obligatoire. Les #prestations_sociales sont qualifiées de publiques lorsque les administrations publiques (administrations centrale et locales, administrations d’États fédérés et de sécurité sociale) contrôlent les flux financiers correspondants. Toutes les prestations sociales non fournies par les administrations publiques sont considérées comme privées. Les transferts privés entre ménages ne sont pas considérés comme sociaux et ne sont pas inclus ici. Les dépenses sociales nettes totales englobent les dépenses publiques et privées, et prennent en compte les effets de la fiscalité directe et indirecte et des allègements fiscaux à visées sociales. Cet indicateur est mesuré en pourcentage du PIB ou en Dollars US par habitant.

      2017 Dépenses sociales de la France : 11,5 milliards d’euros

    • @touti , tu leur en fait de la publicité !
      J’ai regardé une partie du machin, c’est vrai, ils sont dans la fosse, au plus bas, sans@touti , tu leur en fait de la publicité !
      J’au regardé une partie du machin, c’est vrai, ils sont dans la fosse, au plus bas, sans scepticisme.

      Des parisiens #hors_sol , qui ne peuvent faire que semblant d’être avec les moyens fournis par l’argent public, ici arte, la chaine germano francophone.

      Fabrice Luchini rappelle la collaboration d’alain finkielkraut (l’éructeur) à ce qu’il qualifie de spectacle.
      Des répugnants en marche vers l’insignifiance.

      Pour rappel, finkielkrau bave le Samedi matin sur rance culture avec l’argent des contribuables, on n’est pas obligé d’écouter non plus.

      Ce ne sont pas les seuls, je cite :
      Les capitales sont bien en rupture avec le reste de leur territoire national. Un article de Juin 2016
      « Indépendance » de Paris et Londres : réponse d’un géographe à Sadiq Khan et Anne Hidalgo
      http://www.lefigaro.fr/vox/monde/2016/06/29/31002-20160629ARTFIG00322-independance-de-paris-et-londres-reponse-d-un-geo

      Anne Hidalgo, directrice du Travail et de primes de conseillère de cabinet. 116 000 euros pour un soit disant travail à a Mairie.
      http://www.lefigaro.fr/politique/le-scan/2017/11/08/25001-20171108ARTFIG00117-selon-le-canard-hidalgo-a-beneficie-d-une-double-

      Attention, la #morale_de_droite c’est pour ceux qui n’ont pas de rolex.

    • @bce_106_6 tu m’accuses de leur faire de la pub alors que je dénonce ces pourritures ?
      en ce moment je lis le petit pamphlet génial de @aude_v #egologie je me moque aussi de ces ’militants’ qui ne veulent parler que des trucs cools qui ne perturbent pas le monde …
      Il faut faire honte à ces « répugnants en marche vers l’insignifiance » ! et je le fais pour les jeunes qui étaient avec moi hier et qui ne décryptaient pas de suite l’aspect dégueulasse du discours.
      Et je ne fais pas de confusion à la tous pourris, je montre clairement ceux qui profitent de leur position de dominants pour la renforcer. Ces sortes d’émission sont clairement là pour justifier la guerre sociale menée contre les pauvres, ce n’est pas un jeu, les conséquences de ces campagnes de propagande sont gravissimes.

    • Bonsoir @Touti !
      Du calme, du calme, je suis entièrement d’accord avec toi sur leur suffisance astronomique.

      Ton billet m’a fait prendre comprendre que Fabrice Lucchini était bon pour la poubelle, il est vrai que je ne suivais pas trop ce qu’il faisait.
      Il radotent comme d’habitude sur les Privilèges des prolos, afin de cacher les leurs.
      De moins en moins de gens y croient, la propagande, ça a des limites.
      En faisant mes courses, j’entends des propos dignes d’anarchistes entre clients ou caissières, dans les beaux quartiers des hauts de france.

      Ces « répugnants en marche vers l’insignifiance » , ne veulent qu’une seule chose, qu’on leur fasse de la réclame, c’est leur gagne pain à ces #baltringues.

      Une seule chose les terrifie , qu’on les montre dans leur réalité (L’inspirateur de Lucchini, chroniqueur sur rance Culture).
      https://www.youtube.com/watch?v=4lydlc16K0o

      Leur classe sociale semble avoir gagné, mais leur société est en train de s’effondrer, ça les rend obscènes, haineux, ils sont sans limites.

      Je suis souvent étonné de la violence des réactions sur seenthis, entre membres qui partagent 99 % de leurs idées.

    • Oui @touti, c’est à vomir.
      Ce petit entre soi, ultra libéral, décomplexé, la présentatrice (Elisabeth Quin) toujours aussi servile.
      Luchini pitoyable, caricature de lui même, beaucoup d’effet mais pas d’intelligence.
      Et l’autre propagandiste, Verdier Molinié, abonnée aux plateaux télé et à Radio Courtoisie, qui vient répandre son venin libéral.

      Il n’y a que Nadia Daam dans cette émission qui a tous les jours du recul et une vraie liberté de ton.

      Et encore, ça c’est sur Arte.
      Sur les autres chaines, y compris du service public, c’est pire (je pense aux émissions de Ruquier par exemple).

      #société_du_spectacle #guignols

  • Lausanne Ils interpellent le mauvais requérant gambien. Ce dernier meurt en cellule

    Les gardes-frontière ont confondu Lamine F. avec un autre requérant portant le même nom et signalé à Lucerne. L’homme décédé souffrait d’épilepsie.

    https://mobile2.lematin.ch/articles/59f4881dab5c3726a9000001
    #mourir_dans_la_forteresse_europe #asile #migrations #réfugiés #Dublin #erreur (fatale) #renvoi_dublin #détention_administrative #décès #Suisse #Lausanne #détention_administrative #rétention #mourir_en_détention_administrative #Lamine_F #Lamin_F

    • La mort du requérant gambien en prison met en lumière les failles de la procédure

      Dans un communiqué paru samedi dernier, la police cantonale vaudoise annonçait qu’un ressortissant gambien de 23 ans, Lamin F., avait trouvé la mort mardi dernier dans une cellule du centre de police de la Blécherette, à Lausanne. Après vérification, il s’est avéré qu’une erreur avait été faite sur la personne et que l’individu décédé était un requérant pris en charge par le canton de Vaud et hébergé au centre d’asile d’Ecublens. La personne interpellée par des gardes-frontières en gare de Lausanne était également gambienne, avait le même prénom et était née le même jour que son homonyme, qui devait être renvoyé sous peu en Italie.
      Interpellé par les gardes-frontière d’après un signalement des autorités lucernoises à la recherche de ce dernier, Lamin F. a d’abord été hospitalisé au CHUV en raison d’un malaise : le jeune homme souffrait d’épilepsie. Il a ensuite été transféré en cellule. Le lendemain, les gardes ont découvert son corps sans vie. Le Ministère public et la justice militaire mènent l’enquête pour déterminer les causes de son décès. La situation soulève par ailleurs une autre question cruciale : comment expliquer la confusion des autorités ?
      Identification peu fiable

      Le Point d’eau, centre pour démunis qui accueille également beaucoup de migrants en situation précaire, avance une hypothèse : « Tout d’abord, il y a énormément d’homonymes originaires d’Afrique subsaharienne. Ensuite, pour ce qui concerne la date de naissance, ces données leur sont attribuées », explique François Chéraz, directeur. Il poursuit : « Les mères gambiennes n’accouchent pas toujours à l’hôpital. Elles s’y rendent fréquemment a posteriori, où leur nouveau-né est enregistré au premier jour du mois. Si un individu ne dispose d’aucune information sur sa naissance ou ne désire pas en fournir à son arrivée en Europe, une date aléatoire lui est attribuée par les autorités du pays par lequel il est arrivé sur le continent - dans ce cas, l’Italie. Il s’agit souvent d’une date de début d’année, comme le 1er janvier », explique le Lausannois.
      La fondation ajoute de son côté des informations supplémentaires, comme des numéros de téléphone, pour différencier les homonymes nés le même jour dans ses dossiers. En Suisse, le Secrétariat d’Etat aux migrations affirme quant à lui ne pas utiliser cette pratique aléatoire, dont la mauvaise interprétation aura été fatale à Lamin F.
      Politisation du drame

      Député au Grand Conseil vaudois pour Ensemble à gauche, Jean-Michel Dolivo a déposé une intervention sur la mort du jeune Gambien lors de la séance hebdomadaire de ce mardi. Joint par téléphone, il demande des explications : « Même si une erreur d’interpellation a été commise, ce monsieur a vraisemblablement dû indiquer qu’il était pris en charge par l’Etablissement vaudois d’accueil des migrants », déclare-t-il. Et d’ajouter : « Il n’avait commis aucun délit et n’était pas en situation irrégulière, pourquoi ne pas éclaircir la situation avant de le mettre en prison ? » L’avocat vaudois s’insurge également contre le « flagrant délit de faciès » des gardes-frontière, qui ont manifestement arrêté Lamin F. « parce qu’il était Noir ».

      Une manifestation aura lieu ce mercredi à l’initiative du Collectif R, qui accueille à Lausanne des requérants déboutés. Le groupe, qui déclare « ne pas être surpris par ce drame », affirme être constamment témoin d’abus, de maltraitance et d’incompétence. Il dénonce le « manque de considération de la part de toutes les entités dans cette affaire ». Contacté, le Département vaudois des institutions et de la sécurité s’est refusé à tout commentaire tant que la procédure est en cours.

      https://www.letemps.ch/suisse/2017/10/31/mort-requerant-gambien-prison-met-lumiere-failles-procedure

    • Trop de questions, pas assez de réponses

      Plus d’une semaine après la mort de Lamin, dans une cellule de la Blécherette, de trop nombreuses zones d’ombre persistent.

      Le décès du requérant d’asile gambien de 23 ans est d’autant plus dramatique qu’il n’aurait jamais dû se trouver en prison. Mais dans sa chambre. Où il avait, à coup sûr et à portée de main, ses médicaments contre la grave épilepsie dont il souffrait.

      Interpellé par les gardes-frontière, dimanche 22 octobre à la gare de Lausanne, il est alors confondu avec un homonyme. Après un malaise, il passe une nuit aux urgences du Chuv, ce même hôpital où il avait subi une opération au cerveau fin septembre. Le lendemain, il est transféré dans la zone carcérale de la Blécherette. Mardi matin, il est retrouvé sans vie dans sa cellule. Et c’est seulement vendredi que les autorités réalisent que Lamin n’est pas celui que les gardes-frontière pensaient avoir interpellé.

      Sa mort semble ainsi être la conséquence de failles en cascade. C’est ce qu’ont dénoncé des centaines de manifestants mercredi à Lausanne.

      Comment expliquer qu’un jeune homme n’ayant commis aucun délit et n’étant pas en situation irrégulière meure en prison ? Il a été confondu avec un de ses compatriotes – portant les même prénom, nom et date de naissance – réclamé par Lucerne pour être expulsé, paraît-il. Il avait pourtant des papiers sur lui qui prouvaient qu’il était pris en charge par le canton de Vaud, assurent des défenseurs des migrants. Comment n’a-t-il pas été cru ? Les agents ont-ils appliqué la présomption de culpabilité envers ce jeune Africain demandeur d’asile ?

      Comment ses empreintes digitales, prises par les gardes-frontière – s’ils ont bien suivi la procédure –, ne les ont-elles pas ensuite alertés de leur erreur ? Le système a-t-il bogué ? Ou l’alarme a-t-elle fonctionné mais les agents ont insisté dans la présomption de mensonge ?

      Comment l’hôpital a-t-il, de son côté, laissé les forces de sécurité emmener un jeune épileptique, opéré un mois plus tôt dans cette même institution, et tout juste victime d’un malaise ?

      Comment expliquer, enfin, que l’identification de Lamin n’a été effectuée que deux jours après l’autopsie ?

      Trop de questions restent ouvertes dans ce drame. Et trop d’erreurs semblent avoir été commises.

      Face à une procureure peu entreprenante et une enquête qui paraît jusqu’ici bien légère, le Conseil d’Etat serait inspiré de mettre la pression sur la justice en réclamant une enquête administrative, comme ça a été le cas pour l’affaire Skander Vogt. Une procédure qui avait alors levé le voile sur de vastes dysfonctionnements au sein des institutions pénitentiaires vaudoises.

      https://www.lecourrier.ch/153953/trop_de_questions_pas_assez_de_reponses

  • The Angry Arab News Service/وكالة أنباء العربي الغاضب: Long time Saudi regime propagandist gets an offer to write regularly for the Washington Post
    http://angryarab.blogspot.com/2017/10/long-time-saudi-regime-propagandist.html

    Jamal Khashoggi announced that he received an offer to write regularly for the Washington Post. He spent a career working as a propagandist for various Saudi princes. Do you think that a man who devoted a career for serving the propaganda of Bashshar Al-Asad or Iranian regime or Putin would get an offer writing regularly for a US newspaper?

    The Angry Arab News Service/وكالة أنباء العربي الغاضب: The lousy journalism of Ben Hubbard: he defames Syrian football players: would he say that about Saudi football players?
    http://angryarab.blogspot.com/2017/10/the-lousy-journalism-of-ben-hubbard-he.html

    This is the trend in US journalism: you can get away saying the most absurd and ridiculous thing about a country if the regime of that country is not an ally of the US.

    The Angry Arab News Service/وكالة أنباء العربي الغاضب: The case of Syrian opposition director who said he survived an assassination attempt in Istanbul: new developments
    http://angryarab.blogspot.com/2017/10/the-case-of-syrian-opposition-director.html

    you really can’t believe Western media on Syria because they are Pavlovian in regurgitating whatever is posted by Syrian rebels on their social media accounts—fabrications and lies and all.

    #msm #lamentable

  • #Agrigento, cento clandestini sbarcano in spiaggia e scappano (video)

    Adesso migranti sbarcano direttamente in spiaggia, per sfuggire ai controlli e rendendosi a tutti gli effetti clandestini. Accade a Torre Salsa, ad Agrigento. La mattina del 17 agosto circa un centinaio di migranti sono arrivati sulla spiaggia a bordo di un’imbarcazione in legno. Lo sbarco è stato ripreso dal mare dall’associazione ambientalista Mare Amico. Nel video, pubblicato anche su Youtube, si vedono i migranti scendere dalla barca e sparpagliarsi lungo il litorale. Sulla spiaggia rimangono abbandonate scarpe, vestiti, zaini e bottiglie d’acqua.

    http://www.secoloditalia.it/2017/08/agrigento-cento-clandestini-sbarcano-in-spiaggia-e-scappano-video

    Lien vers la vidéo sur YouTube :
    https://www.youtube.com/watch?v=kzeCUTY_N9Y

    avec ce commentaire sur twitter de @MSF_sea :

    Smugglers are adapting to developments in the #Med with boats reportedly arriving from #Libya on Italian shores:

    #Italie #Méditerranée #nouvelles_stratégies #asile #migrations #réfugiés #plages #plage #vidéo #stratégie #Sicile

  • Wafaa, chef à domicile & traiteur de cuisine syrienne à Lille, Roubaix, Tourcoing et alentour en Hauts de France.

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  • #Lampedusa porta del non arrivo

    Una sorta di spettacolo allestito su questo piccolo palcoscenico, dove i barconi abbandonati fanno da quinta all’inviato di turno, che trasmette la cronaca dell’ennesima tragedia della migrazione. Numeri, definizioni snocciolati più o meno a caso, enfatizzati in positivo o in negativo a seconda del target. Lampedusa, la porta dell’invasione, questa è l’immagine che emerge. Poi, se si vanno a vedere le cifre, quelle vere, si scopre che solo una minoranza arriva in Italia dal Mediterraneo.

    Paolo Cutitta, autore del bel libro Lo spettacolo della frontiera: «Il fatto è che il mare è molto più visibile, è più difficile da attraversare, fa più morti. Sapere che il triplo di persone arriva via terra, regolarmente e magari con un passaporto, lascia indifferenti». Così l’isola diventa confine, limite ultimo di un’Europa che neppure sapeva di arrivare così a sud.

    http://www.nigrizia.it/notizia/lampedusa-porta-del-non-arrivo

    #frontières #migrations #asile #réfugiés #Italie #Méditerranée #spectacle

    Grazie ai media Lampedusa è diventata l’isola degli “sbarchi” e già il termine induce una certa ansia. Sbarco evoca subito Normandia, Anzio, i Mille di Garibaldi. A “sbarcare” sono solitamente gli eserciti. Peraltro da alcuni anni la maggior parte delle imbarcazioni vengono intercettate dalla Guardia costiera e portate direttamente in Sicilia, ma ormai Lampedusa è sinonimo di sbarco.

    #mots #vocabulaire #débarquement #sbarco #terminologie
    cc @sinehebdo

    Sulla punta di Cavallo Bianco nel 2008 è stata realizzata la #Porta_d’Europa: un’opera che si affaccia a sud, con segni che evocano le tragedie del mare. Mi richiama la #Porta_del_non_ritorno eretta a #Ouidah (Benin) sull’Oceano Atlantico, a ricordare i milioni di schiavi deportati dall’Africa.

    A viaggiare, però, sono sempre schiavi. Schiavi di dittature, di governi infami, di guerre e di povertà, che tentano di fuggire dal loro presente in cerca di qualche futuro.

    L’#arco_di_Ouidah indicava un non ritorno, quello di Lampedusa, a volte, un non arrivo.


    #mémoire #monument #porte_du_non_retour #Bénin

  • Je découvre aujourd’hui ce site, qui fait le point sur la tragédie du #3_octobre_2013, quand quelque 360 personnes sont décédées en #Méditerranée, à #Lampedusa, à moins d’un km de l’#isola_dei_conigli.
    C’est la tragédie à partir de laquelle l’opération #Mare_Nostrum a été mise en place par l’#Italie :
    https://askavusa.wordpress.com/03102013-il-naufragio-della-verita

    Je mets ici pour archivage...

    Il y a d’ailleurs aussi le lien vers un #film #documentaire "#I_giorni_della_tragedia :
    https://www.youtube.com/watch?v=0HjMRcMlG9E&feature=youtu.be


    #vidéo

    #mourir_en_mer #décès #naufrage

    • Naufragio Lampedusa, chiuse le indagini, l’accusa è omissione di soccorso

      Quattro anni dopo il naufragio del 3 ottobre 2013 di fronte Lampedusa si chiudono le indagini. Sei gli indagati. L’accusa ipotizzata dalla procura di Agrigento è di omissione di soccorso. Indagati i sei uomini che componevano l’equipaggio del peschereccio Aristeus di Mazara dl Vallo. La sola barca che secondo le rilevazioni del sistema satellitare di controllo del mare, era in quelle acque nell’ora del naufragio.

      #condamnation #Aristeus

      https://www.articolo21.org/2017/09/naufragio-lampedusa-chiuse-le-indagini-laccusa-e-omissione-di-soccorso
      #non-assistance_à_personne_en_danger #omissione_di_soccorso

    • La prima versione di questo documento è stata pubblicata nel 2015. Oggi pubblichiamo una versione rivista e corretta alla luce degli sviluppi legati alla strage del 3 ottobre del 2013.
      A 5 anni dall’accaduto pensiamo sia giusto mantenere viva l’attenzione su alcuni punti quali il mancato soccorso e gli interessi economico-politici che stanno alla base di questo e di altri naufragi.
      Riteniamo che il problema delle migrazioni contemporanee nell’area del Mediterraneo si debba far derivare dalle leggi che l’UE ha imposto agli stati membri per aderire al Mercato Interno Europeo e a Schengen.
      Si possono pagare fino a dieci mila euro e impiegare anche molti anni prima di arrivare in Europa. Spesso si scappa da una guerra, altre volte dallo sfruttamento del proprio territorio, altre volte si è semplicemente alla ricerca di un lavoro.
      Se i soldi spesi nella militarizzazione delle frontiere (Sicurezza) e nei centri di detenzione per migranti (Accoglienza) fossero stati impiegati nella regolarizzazione dei viaggi e nelle politiche sul lavoro, sicuramente non avremmo visto morire migliaia di persone con queste modalità.
      Dal nostro punto di vista il problema rimane il sistema economico attuale che ha fatto del profitto il fine ultimo di ogni azione. Il capitalismo neoliberista, di cui l’UE è una delle espressioni politiche, fa ogni giorno migliaia di vittime che non hanno spazio nei TG e nelle rappresentazioni di Stato, non servendo a giustificare alcun tipo di politica: ne sono semplicemente le vittime. Nessuno parlerà di loro, nessuno nominerà i loro nomi.
      Una delle cose più aberranti della strage del 3 ottobre è proprio questa: le vittime vengono continuamente evocate divenendo uno strumento per giustificare le politiche di quei soggetti responsabili delle loro morti.
      Alle vittime dell’imperialismo capitalistico.

      Deuxième version ici :
      https://www.youtube.com/watch?v=0HjMRcMlG9E

    • Nomi per tutte le vittime in mare (#Dagmawi_Yimer)

      In un attimo, in un solo giorno, il 3 ottobre 2013, tanti giovani che si chiamavano Selam “pace”, oppure Tesfaye “ speranza mia”, ci hanno lasciato.

      Diamo i nomi ai nostri figli perché vogliamo fare conoscere al mondo i nostri desideri, sogni, fedi, il rispetto che portiamo a qualcuno o a qualcosa. Gli diamo nomi carichi di significati, così come hanno fatto i nostri genitori con noi.

      Per anni questi nomi, con il loro carico di carne e ossa, sono andati lontano dal luogo della loro nascita, via dalla loro casa, componendo un testo scritto, un testo arrivato fino ai confini dell’Occidente. Sono nomi che hanno sfidato frontiere e leggi umane, nomi che disturbano, che interrogano i governanti africani ed europei.

      Se sapremo capire perché e quando questi nomi sono caduti lontano dal loro significato, forse sapremo far arrivare ai nostri figli un testo infinito, che arrivi ai loro figli, nipoti e bisnipoti.

      Malgrado i corpi che li contenevano siano scomparsi, quei nomi rimangono nell’aria perché sono stati pronunciati, e continuano a vivere anche lontano dal proprio confine umano. Noi non li sentiamo perché viviamo sommersi nel caos di milioni di parole avvelenate. Ma quelle sillabe vivono perché sono registrate nel cosmo.

      Le immagini del film danno spazio a questi nomi senza corpi. Nomi carichi di significato, anche se il loro senso è difficile da cogliere per intero.

      Siamo costretti a contarli tutti, a nominarli uno per uno, affinché ci si renda conto di quanti nomi sono stati separati dal corpo, in un solo giorno, nel Mediterraneo.

      https://vimeo.com/114849871


      #noms

    • Tribune du 4 octobre 2013 :
      Lampedusa : l’Europe assassine

      Le drame de Lampedusa n’est pas une fatalité. L’Union européenne doit sortir de sa logique sécuritaire et renouer avec les valeurs qu’elle prétend défendre.

      Le nouveau naufrage dans lequel ont péri ou disparu, tout près de l’île de Lampedusa, au moins 300 personnes parmi les 500 passagers d’un bateau en provenance de Libye, n’est pas dû à la fatalité. En 2010, au même endroit, deux naufrages simultanés avaient provoqué près de 400 victimes. En 2009, 200 personnes se sont noyées au large de la Sicile. Pour les seuls six premiers mois de l’année 2011, le HCR estimait à 1 500 le nombre de boat people ayant trouvé la mort en tentant d’atteindre les rives de l’île de Malte ou de l’Italie. Depuis le milieu des années 90, la guerre menée par l’Europe contre les migrants a tué au moins 20 000 personnes en Méditerranée.

      La guerre ? Comment nommer autrement la mise en place délibérée de dispositifs de contrôles frontaliers destinés, au nom de la lutte contre l’immigration irrégulière, à repousser celles et ceux que chassent de chez eux la misère et les persécutions ? Ces dispositifs ont pour nom Frontex, l’agence européenne des frontières, qui déploie depuis 2005 ses navires, ses hélicoptères, ses avions, ses radars, ses caméras thermiques et bientôt ses drones depuis le détroit de Gibraltar jusqu’aux îles grecques pour protéger l’Europe des « indésirables ». Ou encore Eurosur, un système coordonné de surveillance qui, depuis 2011, fait appel aux technologies de pointe pour militariser les frontières extérieures de l’Union européenne afin de limiter le nombre d’immigrants irréguliers qui y pénètrent. Comment nommer autrement la collaboration imposée par l’Europe aux pays de transit des migrants – Libye, Algérie, Tunisie, Maroc – afin qu’ils jouent le rôle de gardes-chiourmes et les dissuadent de prendre la route du nord, au prix de rafles, arrestations, mauvais traitements, séquestrations ?

      Plus spectaculaire que d’habitude par son ampleur, le nouveau naufrage de Lampedusa n’a pas manqué de susciter les larmes de crocodile rituellement versées par ceux-là même qui en sont responsables. A la journée de deuil national décrétée par l’Italie – pays dont les gouvernants, de droite comme de gauche, n’ont jamais renoncé à passer des accords migratoires avec leurs voisins proches, y compris lorsqu’il s’agissait des dictatures de Kadhafi et de Ben Ali, pour pouvoir y renvoyer les exilés - font écho les déclarations de la commissaire européenne aux affaires intérieures, qui appelle à accélérer la mise en place d’Eurosur, destiné selon elle à mieux surveiller en mer les bateaux de réfugiés. Où s’arrêtera l’hypocrisie ? Peu d’espaces maritimes sont, autant que la Méditerranée, dotés d’un maillage d’observation et de surveillance aussi étroit. Si le sauvetage était une priorité – comme le droit de la mer l’exige – déplorerait-on autant de naufrages entre la Libye et Lampedusa ?

      Déjà sont désignés comme principaux responsables les passeurs, mafias et trafiquants d’êtres humains, comme si le sinistre négoce de ceux qui tirent profit du besoin impérieux qu’ont certains migrants de franchir à tout prix les frontières n’était pas rendu possible et encouragé par les politiques qui organisent leur verrouillage. Faut-il rappeler que si des Syriens en fuite tentent, au risque de leur vie, la traversée de la Méditerranée, c’est parce que les pays membres de l’UE refusent de leur délivrer les visas qui leur permettraient de venir légalement demander asile en Europe ?

      On parle de pêcheurs qui, ayant vu le navire en perdition, auraient continué leur route sans porter secours à ses passagers, et des voix s’élèvent pour exiger qu’ils soient poursuivis et punis pour non-assistance à personne en danger. A-t-on oublié qu’en 2007, sept pêcheurs tunisiens accusés d’avoir « favorisé l’entrée irrégulière d’étrangers sur le sol italien » ont été poursuivis par la justice italienne, mis en prison et ont vu leur bateau placé sous séquestre parce qu’ils avaient porté secours à des migrants dont l’embarcation était en train de sombrer, les avaient pris à leur bord et convoyés jusqu’à Lampedusa ?

      Non, le drame de Lampedusa n’est pas le fruit de la fatalité. Il n’est dû ni aux passeurs voraces, ni aux pêcheurs indifférents. Les morts de Lampedusa, comme ceux d’hier et de demain, sont les victimes d’une Europe enfermée jusqu’à l’aveuglement dans une logique sécuritaire, qui a renoncé aux valeurs qu’elle prétend défendre. Une Europe assassine.

      https://www.liberation.fr/planete/2013/10/04/lampedusa-l-europe-assassine_937029

    • Lampedusa, 5 anni dopo

      Il quinto anniversario di questa tragedia arriva proprio all’indomani del nulla osta del Consiglio dei Ministri a un decreto che erige l’ennesima barriera di morte in faccia a migliaia di altri rifugiati e migranti come i ragazzi spazzati via in quell’alba grigia del 3 ottobre 2013. Non sappiamo se esponenti di questo governo e questa maggioranza o, più in generale, se altri protagonisti della politica degli ultimi anni, intendano promuovere o anche solo partecipare a cerimonie ed eventi in memoria di quanto è accaduto. Ma se è vero, come è vero, che il modo migliore di onorare i morti è salvare i vivi e rispettarne la libertà e la dignità, allora non avrà senso condividere i momenti di raccoglimento e di riflessione, che la data del 3 ottobre richiama, con chi da anni costruisce muri e distrugge i ponti, ignorando il grido d’aiuto che sale da tutto il Sud del mondo. Se anche loro voglio “ricordare Lampedusa”, che lo facciano da soli. Che restino soli. Perché in questi cinque anni hanno rovesciato, distrutto o snaturato quel grande afflato di solidarietà e umana pietà suscitato dalla strage nelle coscienze di milioni di persone in tutto il mondo

      Che cosa resta, infatti, dello “spirito” e degli impegni di allora? Nulla. Si è regrediti a un cinismo e a una indifferenza anche peggiori del clima antecedente quel terribile 3 ottobre. E, addirittura, nonostante le indagini in corso da parte della magistratura, non si è ancora riusciti a capire come sia stato possibile che 366 persone abbiano trovato la morte ad appena 800 metri da Lampedusa e a meno di due chilometri da un porto zeppo di unità militari veloci e attrezzate, in grado di arrivare sul posto in pochi minuti.

      La vastità della tragedia ha richiamato l’attenzione, con la forza enorme di 366 vite perdute, su due punti in particolare: la catastrofe umanitaria di milioni di rifugiati in cerca di salvezza attraverso il Mediterraneo; il dramma dell’Eritrea, schiavizzata dalla dittatura di Isaias Afewerki, perché tutti quei morti erano eritrei.

      Al primo “punto” si rispose con Mare Nostrum, il mandato alla Marina italiana di pattugliare il Mediterraneo sino ai margini delle acque territoriali libiche, per prestare aiuto alle barche di migranti in difficoltà e prevenire, evitare altre stragi come quella di Lampedusa. Quell’operazione è stata un vanto per la nostra Marina, con migliaia di vite salvate. A cinque anni di distanza non solo non ne resta nulla, ma sembra quasi che buona parte della politica la consideri uno spreco o addirittura un aiuto dato ai trafficanti.

      Sta di fatto che esattamente dopo dodici mesi, nel novembre 2014, Mare Nostrum è stato “cancellato”, moltiplicando – proprio come aveva previsto la Marina – i naufragi e le vittime, inclusa l’immane tragedia del 15 aprile 2015, con circa 800 vittime, il più alto bilancio di morte mai registrato nel Mediterraneo in un naufragio. E, al posto di quella operazione salvezza, sono state introdotte via via norme e restrizioni che neanche l’escalation delle vittime è valsa ad arrestare, fino ad arrivare ad esternalizzare sempre più a sud, in Africa e nel Medio Oriente, le frontiere della Fortezza Europa, attraverso tutta una serie di trattati internazionali, per bloccare i rifugiati in pieno Sahara, “lontano dai riflettori”, prima ancora che possano arrivare ad imbarcarsi sulla sponda sud del Mediterraneo. Questo hanno fatto e stanno facendo trattati come il Processo di Khartoum (fotocopia del precedente Processo di Rabat), gli accordi di Malta, il trattato con la Turchia, il patto di respingimento con il Sudan, il ricatto all’Afghanistan (costretto a “riprendersi” 80 mila profughi), il memorandum firmato con la Libia nel febbraio 2017 e gli ultimi provvedimenti di questo Governo. Per non dire della criminalizzazione delle Ong, alle quali si deve circa il 40 per cento delle migliaia di vite salvate, ma che sono state costrette a sospendere la loro attività, giungendo persino a fare pressione su Panama perché revocasse la bandiera di navigazione alla Aquarius, l’ultima nave umanitaria rimasta in tutto il Mediterraneo.

      Con i rifugiati eritrei, il secondo “punto”, si è passati dalla solidarietà alla derisione o addirittura al disprezzo, tanto da definirli – nelle parole di autorevoli esponenti dell’attuale maggioranza di governo – “profughi vacanzieri” o “migranti per fare la bella vita”, pur di negare la realtà della dittatura di Asmara. E’ un processo iniziato subito, già all’indomani della tragedia, quando alla cerimonia funebre per le vittime, ad Agrigento, il Governo ha invitato l’ambasciatore eritreo a Roma, l’uomo che in Italia rappresenta ed è la voce proprio di quel regime che ha costretto quei 366 giovani a scappare dal paese. Sarebbe potuta sembrare una “gaffe”. Invece si è rivelata l’inizio di un percorso di progressivo riavvicinamento e rivalutazione di Isaias Afewerki, il dittatore che ha schiavizzato il suo popolo, facendolo uscire dall’isolamento internazionale, associandolo al Processo di Khartoum e ad altri accordi, inviandogli centinaia di milioni di euro di finanziamenti, eleggendolo, di fatto, gendarme anti immigrazione per conto dell’Italia e dell’Europa.

      Sia per quanto riguarda i migranti in generale che per l’Eritrea, allora, a cinque anni di distanza dalla tragedia di quel 3 ottobre 2013, resta l’amaro sapore di un tradimento.
      – Traditi la memoria e il rispetto per le 366 giovani vittime e tutti i loro familiari e amici.
      – Traditi le migliaia di giovani che con la loro stessa fuga denunciano la feroce, terribile realtà del regime di Asmara, che resta una dittatura anche dopo la recente firma della pace con l’Etiopia per la lunghissima guerra di confine iniziata nel 1998.
      – Tradito il grido di dolore che sale dall’Africa e dal Medio Oriente verso l’Italia e l’Europa da parte di un intero popolo di migranti costretti ad abbandonare la propria terra: una fuga per la vita che nasce spesso da situazioni create dalla politica e dagli interessi economici e geostrategici proprio di quegli Stati del Nord del mondo che ora alzano barriere. Tradito, questo grido di dolore, nel momento stesso in cui si finge di non vedere una realtà evidente: che cioè

      “…lasci la casa solo / quando la casa non ti lascia più stare / Nessuno lascia la casa a meno che la casa non ti cacci / fuoco sotto i piedi / sangue caldo in pancia / qualcosa che non avresti mai pensato di fare / finché la falce non ti ha segnato il collo di minacce…” (da Home, monologo di Giuseppe Cederna.)

      Ecco: ovunque si voglia ricordare in questi giorni la tragedia di Lampedusa, sull’isola stessa o da qualsiasi altra parte, non avrà alcun senso farlo se non si vorrà trasformare questa triste ricorrenza in un punto di partenza per cambiare radicalmente la politica condotta in questi cinque anni nei confronti di migranti e rifugiati. Gli “ultimi della terra”.

      https://www.meltingpot.org/Lampedusa-5-anni-dopo.html

    • Che cosa è un naufragio, cosa è la speranza

      Che cosa è un naufragio ce lo racconta, nel libro La frontiera, #Alessandro_Leogrande, giornalista, scrittore, intellettuale scomparso un anno fa. Una perdita enorme per il nostro paese.

      Alessandro traccia, in questo libro-ricerca, grazie alle testimonianze dei sopravvissuti, il viaggio intrapreso da alcuni migranti che poi culminerà nel terribile naufragio del 3 ottobre 2013. Dopo un lungo peregrinare iniziato nel Corno d’Africa, i futuri naufraghi sono lasciati in pieno deserto da un gruppo di sudanesi. Qui poi sono arrivati i libici. Man mano che si avanza si ingrossa il numero dei disperati, donne, uomini, bambini che arriveranno a un’ora da Tripoli in 500. Per un mese vengono rinchiusi in una specie di villa senza poter mai uscire, sotto il controllo di uomini armati. La maggior parte di loro arriva dall’Eritrea occidentale.

      All’improvviso una sera vengono portati sulla spiaggia dove aspettano l’arrivo della nave che li trasporterà a Lampedusa. Iniziano a trasportali con i gommoni una ventina alla volta sulla nave madre. «Ammassati nella stiva, sul ponte, in ogni minimo pertugio rimasto libero... Per tutto il tempo del viaggio viene ribadito di fare attenzione al balance, al bilanciamento dei pesi. Chi sta a poppa non deve andare a prua, e chi sta a prua non deve andare a poppa, sennò la barca affonda».

      Partono alle 11.30 di sera, alle 4 del mattino sono al largo di Lampedusa. Quando sono a circa 800 metri dalla piccola isola dei Conigli si cambiano gli abiti: indossano i vestiti migliori per lo sbarco.

      Due grosse navi gli passano accanto, poi si allontano. A questo punto sul piccolo peschereccio che ha imbarcato i 500 iniziano ad agitarsi. Nella stiva si accorgono che stanno imbarcando acqua. Le urla salgono al cielo. Per calmarli il capitano dà fuoco a una coperta e la agita in aria. Si scatena la tragedia. Le persone si muovo e rompono l’equilibrio dei pesi fra prua e poppa. Il peschereccio si capovolge immediatamente. «Tutto avviene con grande rapidità, non hanno il tempo di accorgersi di quello che sta accadendo: in mezzo minuto tantissime persone sono in acqua e altrettante stanno morendo nella stiva».

      A bordo ci sono diversi quintali di gasolio, che si rovesciano in mare. «Crea un lago d’olio, mescolandosi all’acqua. Impregna ogni cosa, stordisce chi annaspa con il suo odore acre. Scoppia il finimondo».

      Molte persone muoiono perché non sanno nuotare, altre perché troppo deboli per resistere, da giorni vanno avanti a tozzi di pane e acqua. I più forti provano a raggiungere la spiaggia a nuoto. «Le donne e i bambini che riempiono la stiva muoiono per primi. Li ritroveranno abbracciati, con le mani delle donne messe a coppa sulla bocca dei bambini per cercare di farli respirare qualche secondo in più, per impedire all’acqua di entrare nei polmoni».

      Un anno dopo la strage, Alessandro va a Lampedusa per seguire le commemorazioni ed è lì che incontra alcuni sopravvissuti: ora vivono in Norvegia o in Svezia, hanno poco più di venti anni.

      Tra di loro c’è Adhanom, nella strage ha perso il fratello e lo zio e racconta del suo viaggio per lasciare l’Italia e arrivare in Svezia. Riesce a non farsi prendere le impronte digitali a Roma e così una volta giunto in Svezia può chiedere asilo lì (il Regolamento di Dublino obbliga i rifugiati a chiedere asilo politico nel primo paese in cui sono sbarcati). Da Lampedusa viene trasferito a Roma con gli altri sopravvissuti, da qui fa perdere le sue tracce. In treno raggiunge Francoforte, Amburgo, Flensburg e poi la Danimarca e infine la Svezia. Viaggia di notte per evitare controlli. In Svezia riceve un assegno mensile e frequenta un corso di due anni per imparare la lingua. Dopo un anno fa il viaggio al contrario per raggiungere Lampedusa e pregare insieme agli altri sopravvissuti i morti della strage del 3 ottobre. «È troppo duro ricordare. È troppo duro pensare a quei giorni, al fratello morto accanto a lui, alle urla avvertite nell’acqua, alla sensazione di vuoto sotto i piedi». Adhanom e gli altri sopravvissuti tornano sull’Isola dei Conigli, una delle spiagge più belle del mondo. «Un paradiso davanti al quale almeno 366 persone sono morte affogate».

      Nella piccola chiesa dell’isola si tiene un momento di preghiera. Nello spiazzo davanti alla parrocchia, racconta Leogrande, una lunga fila di cartelli bianchi ricorda i naufraghi degli ultimi mesi... «Quelli minori, quelli dimenticati, quelli mai narrati». Dall’inizio del 2014 a ottobre sono già morti 2.500 migranti. «Morire di speranza» si legge sulla copertina del breviario distribuito per l’occasione. Davanti all’altare le foto degli scomparsi del 3 ottobre 2013. I canti degli eritrei si susseguono per tutta la celebrazione e accompagnano la lettura del lunghissimo elenco delle vittime del 3 ottobre. Un elenco che sembra non avere fine: è qui che Alessandro capisce che i morti non sono 366, ma 368. 360 eritrei e 8 etiopi.

      A rendere onore alle vittime ci sono i familiari, associazioni di volontariato e molti abitanti dell’isola. Così Alessandro incontra Costantino.

      Costantino non è un pescatore di professione, ma quella mattina del 3 ottobre decise di uscire a pescare col suo amico Onder. «Siamo arrivati sul luogo del naufragio intorno alle 7 e 10 e abbiamo raccolto i superstiti del mare fino alle 8. Ne abbiamo presi 11. A galla non c’erano molti morti, in parte li avevano già recuperati, in parte erano rimasti intrappolati nella stiva». Ma in quel momento loro non sapevano della tragedia che si era consumata. Costantino li tira su con un braccio solo. E questa facilità di presa resterà impressa nella mente dei salvati oltre che nei racconti dei bar dell’isola. «Li tiravo su come sacchi di patate, prendendoli dai pantaloni, dalla cintola». Stavano andando via quando all’improvviso avvertono un lamento, nonostante il motore acceso Costantino ed Onder sentono una voce debolissima chiedere aiuto. Salvano anche lei, Luam, una ragazzina di 16 anni.

      Verso mezzogiorno Costantino chiama la moglie. "Guarda - gli dice la moglie - che si sono 150 morti e c’è lo scafo sotto che ne contiene almeno altri 250. «Che stai dicendo? - grida Costantino - che stai dicendo?» E così sono rientrati di corsa. Il giorno dopo incontra le persone che ha salvato, lui e la moglie si segneranno su un quaderno i loro nomi, per non dimenticarli.
      Tra di loro c’è Robert, per mesi prigioniero dei miliziani libici, nella tragedia ha perso un’amica che gli chiedeva aiuto. «Ma non ha potuto fare niente - racconta Costantino - Se aiutava lei, morivano tutti e due. È dura da sopportare una cosa del genere, penso. Ora vedo che sta meglio, ha la ragazza. Sorride ogni tanto».

      Le persone che Costantino quel giorno ha salvato sono tutte andate via dall’Italia. Vivono in Germania, Norvegia, Svezia.

      Intanto il corteo prosegue fino al monumento Porta d’Europa. Il canto degli eritrei continua e si fa sempre più forte. «Un lungo canto funebre che a tratti risulta addirittura gioioso». Tutti indossano una maglietta nera con la scritta bianca: «Proteggere le persone, non i confini». «Non ho mai partecipato a niente di così intensamente religioso in tutta la mia vita. Non ho mai percepito, come in questo momento per certi versi assurdo, una tale tensione verso se stessi e gli altri, un tale stringersi intorno a un testo cantato e a delle persone che non ci sono più».
      Che cos’è la speranza

      Che cos’è la speranza ce lo racconta il giornalista e scrittore Agus Morales in Non siamo rifugiati, un libro immenso lungo le orme degli esiliati della terra: Siria, Afghanistan, Pakistan, Repubblica Centroafricana, Sudan del Sud, Morales cammina con i centroamericani che attraversano il Messico, con i congolesi che fuggono dai gruppi armati. Segue i salvataggi nel Mediterraneo, le sofferenze e le umiliazioni dei rifugiati in Europa. Morales ci racconta la crisi non dell’Europa, ma del mondo. Un mondo di esodi, in un momento storico che vede il maggior numero di persone sradicate dal proprio paese.

      Il libro si apre con la storia di Ulet. Un somalo di 15 anni, ridotto in schiavitù in Libia. Viaggiava solo, senza amici, senza famiglia. Quando il gommone su cui si era imbarcato è stato salvato, lui è stato immediatamente ricoverato sulla nave di soccorso. «Era incredibile che, in quelle condizioni, fosse arrivato fin qui, in questo punto di incontro tra l’Europa e l’Africa, fino alle coordinate in cui ogni vita inizia a valere – solo un po’ – ... La soglia simbolica tra il Nord e il Sud: una linea capricciosa, in mezzo al mare, che segna la differenza tra l’esistere e il non esistere...»

      «Quando Ulet arrivò alla nave riusciva solo a balbettare, delirava, mormorava desideri. Con la violenza marchiata sulla schiena e una maschera d’ossigeno, lottava per sopravvivere, si aggrappava alla vita. Non c’era nessun volto noto a sostenerlo. Dopo il salvataggio la nave si diresse verso l’Italia... Ulet si sentì meglio e chiese all’infermiera di poter uscire in coperta». Stava guardando il mar Mediterraneo, lontano ormai dalla Libia, lontano dall’inferno che fino a quel momento era stata la sua vita. In quel momento Ulet perde conoscenza e muore. «Se fosse morto in Libia, non se ne sarebbe accorto nessuno».

      https://www.valigiablu.it/lampedusa-naufragio-3-ottobre
      #espoir

  • Migranti, istituiti sei nuovi hotspot: due verranno aperti in Sicilia, tre in Calabria e uno a Cagliari

    Il ministro Minniti comunicherà oggi la decisione al Parlamento. I sei e vanno aggiungersi a quelli di Lampedusa, Pozzallo, Trapani e Taranto

    Sei i nuovi #hotspot che andranno ad aggiungersi ai quattro gia’ in funzione a #Lampedusa, #Pozzallo, #Trapani e #Taranto. Due in Sicilia, a Palermo e Siracusa, uno a #Cagliari e altri tre in Calabria, a Reggio, #Crotone e #Corigliano_Calabro, piu’ un Cie da 100 posti in ogni regione.

    http://palermo.repubblica.it/cronaca/2017/07/05/news/migranti_due_nuovi_hotspot_in_sicilia_verranno_aperti_a_palermo_e
    #Palerme #Siracusa #hotspots #Palermo #Reggio_calabria #CIE #détention_administrative #rétention #Italie #asile #migrations #réfugiés

  • Profughi egiziani a rischio rimpatrio

    Venti profughi egiziani arrivati all’hotspot di #Lampedusa rischiano di essere rimpatriati presto verso il loro paese. E questo nonostante «abbiano manifestato la loro volontà di presentare domanda di protezione internazionale». Ad aver impedito ai migranti di formalizzare subito la richiesta, come accade normalmente a chi sbarca nell’isola siciliana, sarebbe stata «l’assenza di modelli C-3 all’interno dell’Hot Spot di Lampedusa». In altre parole, non ci sarebbero stati i moduli per poter chiedere l’asilo.

    https://www.osservatoriodiritti.it/2017/06/01/profughi-egitto-a-rischio-rimpatrio
    #asile #migrations #réfugiés #push-back #refoulement #expulsion #renvoi #hotspots #Egypte #réfugiés_égyptiens

  • Come in carcere, ma senza i diritti dei detenuti

    Il Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale ha presentato - poco dopo la pubblicazione del rapporto sul primo anno di attività - un nuovo rapporto tutto dedicato alla questione dei trattenimenti dei migranti. Dopo dieci mesi di monitoraggio, quattro Cie/Cpr e quattro hotspot, vediamo quali sono le conclusioni a cui è giunto questo nuovo organismo di tutela.


    http://openmigration.org/analisi/come-in-carcere-ma-senza-i-diritti-dei-detenuti
    #hotspots #asile #migrations #réfugiés #CIE #détention_administrative #rapport #droits #Brindisi #Caltanissetta #Turin #Rome #Italie #statistiques #chiffres #Taranto #Lampedusa #Trapani #Pozzallo

    Lien vers le #rapport:
    http://www.garantenazionaleprivatiliberta.it/gnpl/resources/cms/documents/6f1e672a7da965c06482090d4dca4f9c.pdf
    –-> et le commentaire de Open Migration
    Migrazione e libertà, il punto del Garante nazionale


    http://openmigration.org/analisi/migrazione-e-liberta-il-punto-di-un-anno-di-monitoraggio-da-parte-del

    cc @stesummi

  • Chiedevano l’asilo: riportati in Egitto

    Alla fine i venti profughi egiziani arrivati all’hotspot di Lampedusa sono stati riportati in Egitto ieri, 31 maggio, con un volo charter partito dall’aeroporto Punta Raisi di Palermo. Il gruppo di migranti sarebbe stato trasferito direttamente allo scalo aeroportuale, senza passare per la questura del capoluogo siciliano, come invece era sembrato in un primo momento. La conferma è arrivata poco fa a Osservatorio Diritti da una fonte molto vicina al dossier che ha chiesto l’anonimato. Dal ministero dell’Interno, invece, non è ancora arrivata alcuna conferma ufficiale, nonostante la richiesta di informazioni sia stata fatta questa mattina alle 11, circa quattro ore fa.

    https://www.osservatoriodiritti.it/2017/06/01/profughi-chiedevano-asilo-rimpatrio-egitto

    #hotspots #Lampedusa #renvois #expulsions #asile #réfugiés #réfugiés_égyptiens #Italie

  • Ubérisation du squat : « Ils entrent chez nous n’importe quand » - L’Obs
    http://tempsreel.nouvelobs.com/rue89/rue89-nos-vies-connectees/20170530.OBS0068/uberisation-du-squat-ils-entrent-chez-nous-n-importe-quand.html

    Contrôle, surveillance, interdictions, soucis d’entretien, contrats de « résidence temporaire »... Bienvenue dans le monde des agences anti-squat.

    C’est une idée absolument capitaliste qui consiste à mettre des gens dans des lieux inoccupés pour protéger ces mêmes lieux des squatteurs.

    Un type d’hébergement court terme qui ne garantit ni les droits de locataires, ni les droits du code du travail tels que la sécurité ; et qui est fourni par des sociétés qui prennent de l’argent du côté des propriétaires et des résidents. Un double jackpot.

    La Ville de Paris applique elle aussi ce genre de méthode en concédant à des assos, des artistes des « espaces intercalaires », c’est-à-dire provisoirement non rentabilisés, de manière à disposer d’occupants qui font fonction de vigiles gratuits contre d’éventuelles occupations.
    Vigiles ? on dira que je force le trait. Pourtant, il n’est pas rare que la VP octroie une convention d’occupation de locaux à la condition (vérifiée par des contrôles réguliers) que seule une faible partie du bâti soit utilisée, quitte à blinder les accès aux parties d’immeuble qui doivent rester vides...

    #lameilleuredespolicesneportepasluniforme #logement #squat #gardiennage #patrimoine_intercalaire

    • Il y a des affrontements très violents quand des groupes tentent de prendre le squatt à ceux qui le tiennent. (je ne sais pas quel était le contrat) Du coup il faut veiller la nuit derrière la porte, faire des tours de ronde, fermer à clef et demander à chaque personne ce qu’elle vient faire là, en plus des chiens dressés à l’attaque dans la cour, histoire de montrer qu’on sait se défendre. C’est assez terrifiant, et tu penses bien que malgré les bonnes intentions vis à vis des femmes, l’ambiance de guerre se fait entre « hommes ».