Discover where ancient rivers flow under Canadian cities | CBC News
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#Journal du #Regard : Mars 2024
▻https://liminaire.fr/journal/article/journal-du-regard-mars-2024
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Chaque mois, un film regroupant l’ensemble des images prises au fil des jours, le mois précédent, et le texte qui s’écrit en creux. « Une sorte de palimpseste, dans lequel doivent transparaître les traces - ténues mais non déchiffrables - de l’écriture “préalable” ». Jorge Luis Borges, Fictions Nous ne faisons qu’apparaître dans un monde soumis comme nous au pouvoir du temps. Dans le silence qui suit la fin du signal de départ. Dans un seul et unique instant. Non pas suites sans principe de (...) #Journal, #Vidéo, #Architecture, #Art, #Écriture, #Voix, #Sons, #Paris, #Mémoire, #Paysage, #Ville, #Journal_du_regard, #Regard, #Dérive, #Paris, #Canal, #Jardin, #Seine (...)
La commemorazione ipocrita di Bologna per la strage di Cutro
I familiari delle vittime e le organizzazioni solidali: «Questa memoria distorta non ci appartiene»
Ieri a Bologna il sindaco, Matteo Lepore, insieme al sindaco di Cutro, Antonio Ceraso, hanno sfilato sulle tombe di 15 delle persone afghane morte nella strage di Cutro che sono state seppellite a Borgo Panigale. Hanno parlato di memoriali, umanità e tante belle cose. Nessun riferimento alle famiglie o ai sopravvissuti che ovviamente non sono stati invitati né contattati. Dimenticati e invisibilizzati, ancora una volta.
Un gesto – come hanno spiegato i familiari delle vittime e diverse organizzazioni solidali in un comunicato 1 – considerato ipocrita, con la presenza di una persona come il sindaco di Cutro che ha insultato la memoria di vittime, sopravvissuti e famiglie incidendo anche nella pietra parole criminalizzanti contro le persone in movimento.
«Non possiamo rimanere indifferenti», hanno scritto spiegando le proprie ragioni:
«Proprio all’indomani delle denunce che familiari e sopravvissuti hanno espresso a Crotone lo scorso febbraio riguardo le omissioni di soccorso e le responsabilità da parte delle autorità competenti, apprendiamo dell’ennesimo oltraggio da parte di alcune istituzioni che indegnamente tentano di appropriarsi dei luoghi di culto dove sono state sepolte le vittime, luoghi in cui le stesse famiglie residenti in Iran, Afganistan o Pakistan non hanno mai potuto recarsi e della cui commemorazione non sono state rese partecipi.
Non dimentichiamo l’ospitalità rivolta al consiglio dei ministri, alle persone di Salvini Piantedosi e il primo ministro Meloni che, a poche ore dal massacro, si recavano negli spazi comunali di Cutro per approvare un decreto nominato con il luogo della strage.
– Non dimentichiamo l’abbandono dei familiari e dei sopravvissuti in quei giorni di disperazione e rabbia, da chi non ha trovato nemmeno un minuto per porgere loro cordoglio e assistenza.
– Non dimentichiamo come la decisione presa dall’alto che quelle bare dovessero essere destinate a Bologna senza il consenso delle famiglie, sia stata scongiurata solo da chi, con i propri corpi, poteva opporsi davanti al Palamilone di Crotone.
– Non dimentichiamo il trattamento disumano riservato ai sopravvissuti collocati nel Cara di Crotone.
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Comunicati stampa e appelli
La commemorazione ipocrita di Bologna per la strage di Cutro
I familiari delle vittime e le organizzazioni solidali: «Questa memoria distorta non ci appartiene»
11 Marzo 2024
Ph: Mem. Med - Memoria Mediterranea
Ieri a Bologna il sindaco, Matteo Lepore, insieme al sindaco di Cutro, Antonio Ceraso, hanno sfilato sulle tombe di 15 delle persone afghane morte nella strage di Cutro che sono state seppellite a Borgo Panigale. Hanno parlato di memoriali, umanità e tante belle cose. Nessun riferimento alle famiglie o ai sopravvissuti che ovviamente non sono stati invitati né contattati. Dimenticati e invisibilizzati, ancora una volta.
Un gesto – come hanno spiegato i familiari delle vittime e diverse organizzazioni solidali in un comunicato 1 – considerato ipocrita, con la presenza di una persona come il sindaco di Cutro che ha insultato la memoria di vittime, sopravvissuti e famiglie incidendo anche nella pietra parole criminalizzanti contro le persone in movimento.
«Non possiamo rimanere indifferenti», hanno scritto spiegando le proprie ragioni:
«Proprio all’indomani delle denunce che familiari e sopravvissuti hanno espresso a Crotone lo scorso febbraio riguardo le omissioni di soccorso e le responsabilità da parte delle autorità competenti, apprendiamo dell’ennesimo oltraggio da parte di alcune istituzioni che indegnamente tentano di appropriarsi dei luoghi di culto dove sono state sepolte le vittime, luoghi in cui le stesse famiglie residenti in Iran, Afganistan o Pakistan non hanno mai potuto recarsi e della cui commemorazione non sono state rese partecipi.
Non dimentichiamo l’ospitalità rivolta al consiglio dei ministri, alle persone di Salvini Piantedosi e il primo ministro Meloni che, a poche ore dal massacro, si recavano negli spazi comunali di Cutro per approvare un decreto nominato con il luogo della strage.
Non dimentichiamo l’abbandono dei familiari e dei sopravvissuti in quei giorni di disperazione e rabbia, da chi non ha trovato nemmeno un minuto per porgere loro cordoglio e assistenza.
Non dimentichiamo come la decisione presa dall’alto che quelle bare dovessero essere destinate a Bologna senza il consenso delle famiglie, sia stata scongiurata solo da chi, con i propri corpi, poteva opporsi davanti al Palamilone di Crotone.
Non dimentichiamo il trattamento disumano riservato ai sopravvissuti collocati nel Cara di Crotone.
Dopo un anno, in cui ricordiamo non solo le oltre 105 persone morte e disperse la notte del 26 Febbraio 2023, ma tutte coloro che ogni giorno scompaiono alle frontiere interne ed esternalizzate o sopravvivono a politiche razziste, siamo testimoni di quanta violenza continui ancora e ininterrottamente ad insinuarsi oltre la morte e nella vita di chi resta, nel dolore d’una ferita che non rimargina.
Crediamo in una Memoria distante da strumentalizzazioni politiche che si è espressa alcune settimane fa nella commemorazione a Crotone, dove abbiamo ascoltato il grido alto e chiaro di famiglie e sopravvissuti contro i reali responsabili di simili crimini.
Una memoria che non coincide con quella del sindaco di Cutro, Antonio Ceraso, che nella sua città ha piantato una stele di marmo incidendo nella pietra una storia distorta, che accusa “scafisti” e “trafficanti di esseri umani” di essere i responsabili del massacro. Una narrazione securitaria aderente a quella dei rappresentanti del Governo, come Matteo Piantedosi, che all’indomani della strage criminalizzava le stesse persone migranti morte in mare, salvo poi depositare un fiore sulla tomba di uno di loro, Alì, il più piccolo tra i deceduti, in un ipocrita gesto autoassolutorio.
«Questa memoria distorta non ci appartiene. Questo atto di offesa al ricordo di chi è morto e di chi ha resistito alla violenza di frontiera ci indigna.»
Lasciate in pace le salme inumate a Borgo Panigale, la loro presenza che finora avete ignorato o insultato, la loro memoria che nulla ha a che vedere con le commemorazioni istituzionali.
Che siano familiari e sopravvissuti a recarsi sui luoghi della sepoltura, come chiedono incessantemente da un anno alla politica nazionale e internazionale!
Saranno loro a custodirne l’ingiustizia e il dolore a monito di quello che è stato fatto.
Saranno loro – gli esclusi dalla narrazione delle istituzioni – a commemorare i morti di un regime di frontiera che, dal Decreto Legge 50/2023, ancora più ferocemente e impunemente, colpisce le persone in movimento.
Accanto a famiglie e sopravvissuti continueremo a sostenere la loro lotta per verità e giustizia, contro la mistificazione che criminalizza l’identità e la storia delle persone, contro la strumentalizzazione di chi esercita con violenza un potere non solo sulla vita ma anche sulla morte e sul lutto».
►https://www.meltingpot.org/2024/03/la-commemorazione-ipocrita-di-bologna-per-la-strage-di-cutro
#commémoration #mémoire #naufrage #mourir_aux_frontières #Cutro #Bologne #morts_aux_frontières #migrations #réfugiés #hypocrisie
Non calpestate questa memoria
Alla luce della commemorazione promossa dal Sindaco di Bologna, Matteo Lepore, prevista domenica 10 marzo 2024 alla presenza del Sindaco di Cutro, Antonio Ceraso, ad un anno dall’arrivo delle 15 salme di persone decedute nella Strage di Steccato di Cutro e inumate nel cimitero di Borgo Panigale, non possiamo restare indifferenti.
Infatti, proprio all’indomani delle denunce che familiari e sopravvissuti hanno espresso a Crotone lo scorso febbraio riguardo le omissioni di soccorso e le responsabilità da parte delle autorità competenti, apprendiamo dell’ennesimo oltraggio da parte di alcune istituzioni che indegnamente tentano di appropriarsi dei luoghi di culto dove sono state sepolte le vittime, luoghi in cui le stesse famiglie residenti in Iran, Afghanistan o Pakistan non hanno mai potuto recarsi e della cui commemorazione non sono state rese partecipi.
- Non dimentichiamo l’ospitalità rivolta alle persone di Salvini, Piantedosi, Meloni che, a poche ore dal massacro, si recavano negli spazi comunali di Cutro per il Consiglio dei Ministri e discutere un Decreto nominato con il luogo della strage di stato
– Non dimentichiamo l’abbandono dei familiari e dei sopravvissuti, in quei giorni di disperazione e rabbia, da chi non ha trovato nemmeno un minuto per porgere loro cordoglio e assistenza
– Non dimentichiamo come la decisione presa dall’alto che quelle bare dovessero essere destinate a Bologna senza il consenso delle famiglie, sia stata scongiurata solo da chi, con i propri corpi, poteva opporsi davanti al Palamilone di Crotone ad un simile oltraggio
- Non dimentichiamo il trattamento disumano riservato ai sopravvissuti collocati nel Cara di Isola Capo Rizzuto (KR)
Dopo un anno, in cui ricordiamo non solo le oltre 105 persone morte e disperse la notte del 26 Febbraio 2023, ma tutte coloro che ogni giorno scompaiono alle frontiere interne ed esternalizzate o sopravvivono a politiche razziste, siamo testimoni di quanta violenza continui ancora e ininterrottamente ad insinuarsi oltre la morte e nella vita di chi resta, nel dolore d’una ferita che non rimargina.
Crediamo in una Memoria distante da strumentalizzazioni politiche che si è espressa alcune settimane fa nella commemorazione a Crotone, dove abbiamo ascoltato il grido alto e chiaro di famiglie e sopravvissuti contro i reali responsabili di simili crimini.
Una memoria che non coincide con quella del sindaco di Cutro, Antonio Ceraso, che nella sua città ha piantato una stele di marmo incidendo nella pietra una storia distorta, che accusa “scafisti” e “trafficanti di esseri umani” di essere i responsabili del massacro. Una narrazione securitaria aderente a quella dei rappresentanti del Governo, come Matteo Piantedosi, che all’indomani della strage criminalizzava le stesse persone migranti morte in mare, salvo poi deporre un fiore sulla tomba di uno di loro, Alì, il più piccolo tra i deceduti, in un ipocrita gesto autoassolutorio.
Questa memoria distorta non ci appartiene. Questo atto di offesa al ricordo di chi è morto e di chi ha resistito alla violenza di frontiera ci indigna.
Lasciate in pace le salme inumate a Borgo Panigale, la loro presenza che finora avete ignorato o insultato, la loro memoria che nulla ha a che vedere con le commemorazioni istituzionali.
Che siano familiari e sopravvissuti a recarsi sui luoghi della sepoltura, come chiedono incessantemente da un anno alla politica nazionale e internazionale!
Saranno loro a custodirne l’ingiustizia e il dolore a monito di quello che è stato fatto.
Saranno loro – gli esclusi dalla narrazione delle istituzioni – a commemorare i morti di un regime di frontiera che, dalla Legge 50/2023, ancora più ferocemente e impunemente, colpisce le persone in movimento.
Accanto a famiglie e sopravvissuti continueremo a sostenere la loro lotta per verità e giustizia, contro la mistificazione che criminalizza l’identità e la storia delle persone, contro la strumentalizzazione di chi esercita con violenza un potere non solo sulla vita ma anche sulla morte e sul lutto.
A Borgo Panigale commemorazione delle vittime del naufragio di Cutro
Il Comune di Bologna, in collaborazione con la Comunità Islamica di Bologna, ricorderà le vittime della strage di Cutro, ad un anno dall’arrivo delle prime salme inumate nel cimitero di Borgo Panigale.
La commemorazione si terrà domenica 10 marzo alle ore 15, con partenza dall’ingresso di via Marco Emilio Lepido, 60, con una camminata silenziosa che attraverserà il cimitero di Borgo Panigale fino al campo islamico, dove riposano quattordici vittime della strage.
Al termine del percorso ci saranno gli interventi istituzionali dei Sindaci di Bologna Matteo Lepore e di Cutro Antonio Ceraso.
Il ricordo si concluderà con una funzione religiosa, celebrata dal presidente dell’UCOII, dott. Yassine Lafram, nella sua veste di imam.
« La survie est une question de chance »
L’art de la résistance relate les années de clandestinité de l’auteur pendant la seconde guerre mondiale. Issu d’une famille juive de Dantzig, et étudiant à Paris quand la guerre éclate entre la France et l’Allemagne, Justus Rosenberg nous raconte avec une certaine humilité ces années de destruction généralisée.
Son récit – qui débute par son enfance à Dantzig et se termine à la libération – se lit comme un roman, sans jamais tomber dans des théorisations politiques inutiles. La montée en puissance du nazisme et la terreur qui l’accompagne ont atteint très tôt le jeune Justus Rosenberg. L’entrée en résistance pour lui s’est faite comme une évidence, et on le voit alors sillonner différentes régions de l’hexagone.
sur : Justus Rosenberg : L’art de la résistance.Quatre ans dans la clandestinité en France
▻https://entreleslignesentrelesmots.wordpress.com/2024/03/23/la-survie-est-une-question-de-chance
“Action file” on Tunisia outlines EU’s externalisation plans
An “action file” obtained by Statewatch lays out the objectives and activities of the EU’s cooperation on migration with Tunisia – whose government was heavily criticized by the European Parliament this week for “an authoritarian reversal and an alarming backslide on democracy, human rights and the rule of law.”
Externalisation of migration control
The document (pdf), produced as part of the #Operational_Coordination_Mechanism_for_the_External_Dimension_of_Migration (#MOCADEM) and circulated within the Council in December 2023, summarizes ongoing EU efforts to externalise migration and border control to Tunisia. It covers the main developments since the signature of the EU-Tunisia Memorandum of Understanding of July 2023.
The MoU is cited in the document as a cooperation “framework” whose implementation shall “continue”. Criticism also continues, with the organization Refugees International arguing:
“The short-term securitisation approach to Tunisia advanced by Team Europe is… likely to fail on at least two fronts: both on its own terms by failing to stem irregular migration, and on legal and ethical terms by tying EU support to the inevitability of grave human rights abuses by Tunisian authorities.”
From the document it is clear that the EU has intensified political and technical outreach to Tunisia through high-level visits from both EU and member state representatives and that the Tunisian authorities are involved in different initiatives, including through EU agencies, such as Europol and Frontex. The European Police College (CEPOL), the EU Agency for Asylum (EUAA) and Eurojust are also mentioned as potential actors for cooperation.
The measures listed in the document target all potential migration from Tunisia to the EU. However, distinctions are drawn – including in the language used – between measures addressed to non-Tunisian nationals and measures addressed to Tunisian nationals.
Measures addressed to non-Tunisian nationals
For non-Tunisian nationals, “preventing irregular departures from, as well as irregular arrivals to Tunisia” is the key objective of ongoing cooperation in the areas of border management, anti-smuggling and search and rescue. The EU provides Tunisia different amounts of funding through existing projects.
Border management, including search and rescue
the EU finances the projects Strengthening the Tunisian Coast Guard Training Pillar, run by ICMPD (2023-2026) and the EUTF funded Border Management Programme for the Maghreb region (BMP-Maghreb) (2018-2024). Both projects aim at developing the Tunisian authorities’ border control capacity, for both land and sea borders, thus including search and rescue activities. This is done through the donation of equipment and the training of the Garde National of Tunisia and the Navy.
As for equipment, details about the delivery of boats, engines and spare parts for putting search and rescue vessels to Tunisia are included in the document, including the provision of fuel. A new contract will “build and equip a command-and-control centre for the Tunisian national guard at the border with Libya,” to enhance cross-border cooperation with Libya.
With regard to training, the document mentions a session for two officials in Rome as well as the participation of the Tunisian border control authorities in a Frontex workshop organised in the context of Joint Operation Themis. The MOCADEM reports that Tunisia considers talks on a working arrangement with Frontex “pre-mature.”
Anti-smuggling
The EU pursues the Anti-smuggling Operational Partnership (ASOP) to try to develop the Tunisian police capacity to investigate, prosecute and convict smugglers. Training is also key in this area.
The document mentions a mentorship programme between Tunisia and the EU Member States on migrant smuggling. Cross-border cooperation in investigations is encouraged, also through Europol, information campaigns (in North Africa and along the Central Mediterranean), and regional action. There is an ongoing discussion on a Europol agreement to exchange personal data between Europol and Tunisian authorities.
Return and reintegration of non-Tunisian nationals
the EU finances IOM’s project on Migrant Protection, Return and Reintegration in North Africa, concretely supporting assisted voluntary return from Tunisia to countries of sub-Saharan Africa. The MOCADEM document states that the EU engages “with Tunisian authorities to develop a national mechanism for returns facilitation.”
Direct capacity-building of national authorities to return non-Tunisian nationals to their country of origin is a novelty in the EU migration policies. This is a follow-up of the objective spelled out in the EU-Tunisia MoU of “developing a system for the identification and return of irregular migrants already present in Tunisia”. It is reported that a “new technical assistance programme to further support the return system in Tunisia is under preparation.”
International protection for non-Tunisian nationals
As usual, protection programmes receive much lower funding than other cooperation objectives for the securitisation of migration. In Tunisia, the EU will fund a project run by the UNCHR to enhance reception and access to international protection for asylum seekers and refugees.
Measures addressed to Tunisian nationals
For Tunisian nationals, the EU aims to increase return and readmission of Tunisian nationals deemed to be irregularly staying in the EU to Tunisia, privileging so-called “assisted voluntary return” and reintegration projects for Tunisian nationals over forced returns. At the same time, the EU stresses the importance of increasing opportunities for legal migration through the launch of a “Talent Partnership” and better visa conditions for Tunisian nationals.
Deportations
the EU finances a national reintegration support mechanism called “Tounesna,” as well as the Frontex Joint Reintegration Services, for which Frontex launched a new call for proposals. Key actors in this area are the High Level Network for Return, chaired by the EU Return Coordinator and composed of representatives of all Member States and Frontex.
In October 2023, Tunisia was identified as one of the seven countries targeted for joint deportation actions. The document reports that the negotiations for an EU-Tunisia readmission agreement and visa facilitation agreements, which started in 2016, have been on hold since 2019 and that “Tunisia has shown no interest to date to relaunch the negotiations.”
Legal migration
The EU finances pilot projects under the Mobility Partnership Facility (MPF) and the regional project THAMM (2018-2023), which received extra funding. Again, the launch of an EU-Tunisia Talent Partnership is announced through a Joint Roadmap for a Talent Partnership, which is yet to be finalized.
In the EU-Tunisia MoU, the EU promised to “take appropriate measures to facilitate legal mobility between the two Parties, including facilitating the granting of visas by reducing delays, costs and administrative procedure.” However, in this document there are no prospects for cooperation on visa policy. The document merely contains a reminder that visa policy is conditional on readmission cooperation.
Ongoing cooperation
While the European Parliament this week condemned a decision by the Commission to release €150 million to Tunisia through an urgent written procedure, bypassing the normal-decision making process, with a resolution that said the North African country is undergoing “an authoritarian reversal and an alarming backslide on democracy, human rights and the rule of law.”
The resolution goes on to say that “over the last year, President Kais Saied has had opposition politicians, judges, media workers and civil society activists arbitrarily arrested and detained.”
However, the cooperation being coordinated through MOCADEM remains largely beyond the reach of parliamentary scrutiny. As highlighted by a separate article published today by Statewatch and Migration-Control.info, the parliament’s lawyers agree with MEPs that this needs to change.
▻https://www.statewatch.org/news/2024/march/action-file-on-tunisia-outlines-eu-s-externalisation-plans
#Tunisie #externalisation #migrations #réfugiés #financement #Kais_Saied #accord #frontières #EU #UE #Union_européenne #contrôles_frontaliers
–—
ajouté à la métaliste sur le #Memorandum_of_Understanding (#MoU) avec la #Tunisie :
►https://seenthis.net/messages/1020591
Writing by hand may increase brain connectivity more than typing on a keyboard
▻https://www.frontiersin.org/news/2024/01/26/writing-by-hand-increase-brain-connectivity-typing
In an ever more digital world, pen and paper are increasingly getting replaced with screens and keyboards in classrooms. Now, a new study has investigated neural networks in the brain during hand- and typewriting. The researchers showed that connectivity between different brain regions is more elaborate when letters are formed by hand. This improved brain connectivity, which is crucial to memory building and information encoding, may indicate that writing by hand supports learning.
▻https://afriquexxi.info/Statues-coloniales-en-Afrique-Les-empires-contre-attaquent
Statues coloniales en Afrique. Les empires contre-attaquent
En dépit des déboulonnages menés lors de la décolonisation dans les années 1960, et des mouvements plus récents tels que « Rhodes Must Fall » en Afrique du Sud, de nombreuses statues coloniales sont encore debout sur le continent. Certaines ont même été (ré)installées dans les années 2000... Explications d’un surprenant revival.
Sophia Labadi, 13 mars 2024
En 2020, les déboulonnages de statues coloniales, esclavagistes et racistes qui ont eu lieu dans de nombreux pays après le meurtre de George Floyd, aux États-Unis, ont été largement et publiquement discutés. Ces débats affirmaient que les statues coloniales en Afrique avaient été contestées et déboulonnées depuis de nombreuses années. En réalité, les monuments coloniaux dans l’espace public en Afrique ont des histoires bien plus complexes et souvent méconnues, qui incluent la contestation et le déboulonnage, mais pas uniquement.
Mon enquête historique, qui couvre les périodes allant des indépendances aux événements les plus récents, met en lumière trois grandes phases : l’ère des indépendances (1950-1980) ; les années 1990 et 2000, marquées par la riposte des empires ; et les contestations renouvelées des statues coloniales à partir des années 2010. Cette approche sur plus de soixante-dix ans permet d’exposer les périodes d’hostilité, d’amnésie, de remémoration et de contestations qui ont jalonné l’histoire de ces monuments. Enrichi par un regard régional, ce travail offre une compréhension affinée des multiples dimensions sociales, culturelles, géopolitiques et économiques liées à ces vestiges coloniaux. Cette plongée dans le passé offre également une perspective éclairante sur les débats actuels entourant les statues coloniales.
(suite à lire en ligne. Version adaptée et traduite de l’article «Colonial statues in post-colonial Africa», publié par l’ International Journal of Heritage Studies )
European Commission accused of ‘bankrolling dictators’ by MEPs after Tunisia deal
Members of justice committee say €150m in EU funding went straight to country’s president, Kais Saied
The European Commission has been accused of “bankrolling dictators” by senior MEPs who have claimed that the €150m it gave to Tunisia last year in a migration and development deal has ended up directly in the president’s hands.
A group of MEPs on the human rights, justice and foreign affairs committees at the European parliament launched a scathing attack on the executive in Brussels, expressing anxiety over reports that the commission’s president, Ursula von der Leyen, was about to seal a similar deal with Egypt.
The Greek migration minister, Dimitris Kairidis, confirmed late on Wednesday that a joint declaration between the EU and Egypt had been agreed and would be formally unveiled when von der Leyen and the leaders of Greece, Italy and Belgium visit Cairo on Sunday.
The agreement sees Egypt receiving an aid package of €7.4bn (£6.3bn) “mostly in loans” in return for the country “committing to work harder on migration”, he told the Guardian, adding: “I have said, time and again to my colleagues, that we need to support Egypt which has been so helpful in managing migration and so important for the stability of North Africa and the wider Middle East.”
Kairidis, who held talks with the Egyptian ambassador to Greece on Wednesday, confirmed there had been no boats leaving directly from Egypt, even if arrivals on southern Greek islands of migrants travelling through Libya had soared this year. “Egypt is not only hosting 9 million refugees, it has been very effective in controlling illegal migration,” he said.
The MEPs have accused the commission of refusing to answer questions on the deal with Tunisia and worry that it is looking at a series of “ad hoc” deals with other African countries without regard to democracy and rule of law in those countries.
“It seems that we are bankrolling dictators across the region. And that is not the Europe that we want to see. That is not the place which the EU should be holding in the world,” said the French MEP Mounir Satouri, a member of the parliamentary foreign affairs committee.
At a press conference in Strasbourg, he claimed the money – pledged to Tunisia last year as part of a wider pact aimed at curbing a surge in migration to Italy and people-smuggling – had been diverted, saying that the €150m was supposed to have been invested directly in an EU-agreed project but instead had been “transferred to the president directly”.
Fellow MEPs said there had been an “authoritarian shift” in Tunisia under its president, Kais Saied, but the commissioners had gone ahead with the deal anyway.
A spokesperson for the EU commission said MEPs were entitled to express their views but that it was better to build partnerships to improve democracy and human rights than to “break off relations” and see the situation deteriorate.
“What I can say is that we are absolutely convinced of the necessity to work with countries in our neighbourhood, taking into account the realities on the ground,” the spokesperson said. “We know the criticism related to human rights in those countries, and it is obvious that this is an issue and that these are issues that we take up with those countries.”
The spokesperson added there were “specific mechanisms in place to discuss human rights with the countries in the region, including Egypt”.
The Danish MEP Karen Melchior, coordinator of the justice committee, said parliamentarians’ concerns about the Tunisia deal were “being continually ignored” and that commissioners refused to answer their questions or take their concerns seriously.
“How can we continue to have a memorandum of understanding, how can we give budget support without conditionality to Tunisia, when things are going from bad to worse?” she said.
“To sign an agreement with President Saied, who is continuing to suppress opposition and democracy in Tunisia – this is not the way the EU should be acting. This is not the way that Team Europe should be doing our foreign policy.”
The chair of the human rights committee, Udo Bullman, attacked what he said was a “hush-hush” deal that had been rushed through.
“The commission has to explain why there was so much urgency in the agreement of last summer – why it, hush-hush, very quickly before Christmas, [said] it was of the ‘highest urgency’ and just gave the money … without any critical debate,” he said, adding this was a question for the EU’s commissioner for neighbourhood and enlargement, Olivér Várhelyi, and for von der Leyen.
Michael Gahler, the German CDU MEP who was blocked from visiting Tunisia by the local authorities last year, said the Tunisian people should not be abandoned in the face of “Saied’s autocratic rule” and economic decline.
“That requires us to make sure that European taxpayers’ money truly benefits the Tunisian people and the civil society … and why it has to be clear that European funding to Tunisia needs to be adequately conditioned to that end,” he said.
The concerns are being voiced this week as the EU parliament’s five-year mandate draws to a close before elections in June, with MEPs keen to lay down red lines for any future deals the executive in Brussels intends to do.
Sara Prestianni, the advocacy director for the NGO EuroMed Rights, said she was concerned the EU was about to make a similar “strategic and political” mistake with Cairo, pledging vast sums of money without setting conditions involving enough financial oversight or guarantees on human rights. “It would be an error, particularly if it [the Tunisia deal] is replicated with Egypt,” she said.
Satouri, who is also the parliament’s special rapporteur for Egypt, said: “We need to ensure democratic procedures are followed before money is disbursed. These are not the private fund of Commissioner Várhelyi. These are European funds.”
▻https://www.theguardian.com/world/2024/mar/13/european-commission-accused-of-bankrolling-dictators-by-meps-after-tuni
#Tunisie #externalisation #migrations #réfugiés #financement #Kais_Saied #accord
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ajouté à la métaliste sur le #Memorandum_of_Understanding (#MoU) avec la #Tunisie :
►https://seenthis.net/messages/1020591
La memoria rimossa. « Il Massacro di Addis Abeba »
Il graphic novel racconta la strage che seguì al fallito attentato al governatore e viceré d’Etiopia #Rodolfo_Graziani, avvenuto ad Addis Abeba il 19 febbraio 1937. La feroce rappresaglia, che costò la vita a migliaia di etiopi, è una prova incontestabile del nostro comportamento coloniale utile a smontare il mito degli “#Italiani_Brava_Gente”.
Destinato al pubblico più vasto, il lavoro di Giacopetti è pensato come strumento utile ad affrontare la storia coloniale anche nelle scuole, per questo include un agile glossario di termini, locuzioni e acronimi che arricchiscono la lettura.
►https://www.meltingpot.org/2024/03/la-memoria-rimossa-il-massacro-di-addis-abeba
Pour télécharger la BD :
▻https://resistenzeincirenaicacom.files.wordpress.com/2024/02/a5_il_massacro_di_addis_abeba_fumetto_federazione_delle_resistenze.pdf
#bande_dessinée #BD #livre #massacre #Addis_Abeba #Italie #Italie_coloniale #colonialisme #mémoire #19_février_1937 #Ethiopie #colonialisme #histoire
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ajouté à la métaliste sur le #colonialisme_italien :
►https://seenthis.net/messages/871953
La #responsabilité des historiens et le #massacre de #Thiaroye
#Julie_d'Andurain vient de publier un ouvrage « Les #troupes_coloniales Une histoire politique et militaire » aux éditions Passé Composé dans lequel elle aborde le massacre de Thiaroye mais rejette des années de recherche pour réitérer le #récit_officiel pourtant connu comme étant mensonger.
▻https://blogs.mediapart.fr/armelle-mabon/blog/040324/la-responsabilite-des-historiens-et-le-massacre-de-thiaroye
Le #livre dont il est question :
#Thiaroye_44 #Thiaroye #WWII #post-colonialisme #colonialisme #mémoire #tirailleurs_sénégalais #massacre #seconde_guerre_mondiale #deuxième_guerre_mondiale #graffitis #histoire #France #historicisation #histoire_de_France #mensonge #massacre_de_Thiaroye
Dans cet article, on apprend qu’elle a été mandatée par le Secrétariat d’État chargé des Anciens Combattants et de la Mémoire pour participer à la dernière journée durant laquelle a eu lieu la cession officielle des archives sur Thiaroye au Sénégal. Elle a donc entendu le président Hollande évoquer au moins soixante-dix morts.
#HeuresIndues : 2ème partie du de mars à juin 2023
Chacun son tour, saisir quelques scènes de notre quotidien. Une minute chacun environ, tous les mois. (...) #Journal, #Vidéo, #Famille, #Art, #Écriture, #Voix, #Sons, #Paris, #Mémoire, #Paysage, #Ville, #Athènes, #Regard, #Dérive, #Voyage, #Quotidien (...)
#Journal du #Regard : Février 2024
▻https://liminaire.fr/journal/article/journal-du-regard-fevrier-2024
▻https://youtu.be/28yB3hwxWpk?si=KfmRvnVBL24O8W9Y
Chaque mois, un film regroupant l’ensemble des images prises au fil des jours, le mois précédent, et le texte qui s’écrit en creux. « Une sorte de palimpseste, dans lequel doivent transparaître les traces - ténues mais non déchiffrables - de l’écriture “préalable” ». Jorge Luis Borges, Fictions Nous ne faisons qu’apparaître dans un monde soumis comme nous au pouvoir du temps. Dans le silence qui suit la fin du signal de départ. Dans un seul et unique instant. Non pas suites sans principe de (...) #Journal, #Vidéo, #Architecture, #Art, #Écriture, #Voix, #Sons, #Paris, #Mémoire, #Paysage, #Ville, #Journal_du_regard, #Regard, #Dérive, #Paris, #Canal, #Louvre (...)
#street_dance 21 Avril 1898
Library of Congress
▻https://www.youtube.com/watch?v=DzqG6sXkcb0
[Les Promesses de l’Aube] Faire mouvement(s) en économie sociale
▻https://www.radiopanik.org/emissions/les-promesses-de-l-aube/faire-mouvements-en-economie-sociale
Ce mercredi matin nous aurons le plaisir de recevoir François Welter (CARHOP) et Pierre Georis (ancien secrétaire général du #moc) pour nous parler l’histoire de l’économie sociale et du mouvement coopératif en Belgique, et en particulier, sa place au sein du #mouvement_ouvrier Chrétien. Il sera également question des convergences entre les différentes formes d’économie sociale et des différents obstacles rencontrés.
#mémoire #syndicats #carhop #action_sociale #histoire_sociale #économie_soicale #mémoire,syndicats,carhop,moc,mouvement_ouvrier,action_sociale,histoire_sociale,économie_soicale
▻https://www.radiopanik.org/media/sounds/les-promesses-de-l-aube/faire-mouvements-en-economie-sociale_17375__1.mp3
Rotta balcanica: i sogni spezzati nella Drina
►https://www.balcanicaucaso.org/aree/Bosnia-Erzegovina/Rotta-balcanica-i-sogni-spezzati-nella-Drina-229948
Nelle acque del fiume Drina, in Bosnia Erzegovina, decine di migranti sono morti nel tentativo di avvicinarsi al sogno di una vita migliore in quell’Europa che li respinge. Volontari del Soccorso alpino di Bijeljina e attivisti sono impegnati nel difficile recupero dei corpi
Rotta balcanica : i sogni spezzati nella Drina
Nelle acque del fiume Drina, in Bosnia Erzegovina, decine di migranti sono morti nel tentativo di avvicinarsi al sogno di una vita migliore in quell’Europa che li respinge. Volontari del Soccorso alpino di Bijeljina e attivisti sono impegnati nel difficile recupero dei corpi.
“Finora non mi è mai capitato di sognare uno dei corpi ritrovati, non ho mai avuto incubi. Proprio mai. Credo sia una questione di approccio. Soltanto chi non ha la coscienza pulita fa incubi”, afferma Nenad Jovanović, 37 anni, membro della squadra del Soccorso alpino di Bijeljina.
Negli ultimi sei anni, Jovanović ha partecipato alle operazioni di recupero di oltre cinquanta corpi di migranti nell’area che si estende dal villaggio di Branjevo alla foce del fiume Drina [nella Bosnia orientale], tutti di età inferiore ai quarant’anni, annegati nel tentativo di entrare in Bosnia Erzegovina dalla Serbia, per poi proseguire il loro viaggio verso altri paesi europei, in cerca di un posto sicuro per sé e per i propri familiari.
“Ogni volta che scoppia un nuovo conflitto in Medio Oriente, in Afghanistan, Iraq o altrove, assistiamo ad un aumento degli arrivi di migranti in cerca di salvezza nei paesi dell’Unione europea. Purtroppo, per alcuni di loro la Drina si rivela un ostacolo insormontabile. Il loro è un destino doloroso che può capitare a chiunque”, spiega Nenad Jovanović.
Durante le operazioni di recupero dei corpi, Jovanović più volte è stato costretto a gettarsi nel fiume in piena, rischiando la propria vita.
“Recentemente abbiamo recuperato il corpo di un uomo proveniente dall’Afghanistan. Era in acqua da circa un anno. I pescatori che per primi lo avevano notato non erano nemmeno sicuri che si trattasse di un corpo umano. Potete immaginare lo stato in cui si trovava”, afferma Jovanović.
Un suo collega, Miroslav Vujanović, si sofferma sull’aspetto umano del lavoro del soccorritore. “A prescindere dallo stato di decomposizione, cerchiamo in tutti in modi possibili di recuperare il corpo nelle condizioni in cui lo troviamo. Nulla deve essere perso, nemmeno i vestiti. Perché siamo tutti esseri umani. Nel momento del recupero di un corpo magari non pensi alla sua identità, cerchi di fare il tuo lavoro in modo professionale e basta. Poi però quando torni a casa e vedi tua moglie e i figli, inizi a chiederti chi fosse quell’uomo e se anche lui avesse una famiglia. È del tutto normale riflettere su queste cose. Sono però pensieri intimi, che tendiamo a tenere dentro”.
I volontari del Soccorso alpino di Bijeljina hanno partecipato anche alle operazioni di ricerca e assistenza alle popolazioni colpite dal terremoto nella regione di Banovina (in Croazia) nel 2020 e alle vittime del terremoto che l’anno scorso ha devastato la Turchia. In tutte queste operazioni sono stati costretti ad utilizzare le attrezzature prese in prestito o noleggiate, perché le autorità locali non rispettano gli accordi di cooperazione stipulati con altri paesi. Del resto, la Bosnia Erzegovina è il paese delle assurdità. Lo confermano anche i nostri interlocutori, aggiungendo che a volte si sentono incompresi anche dai loro familiari.
“Mia moglie spesso si chiede come io possa fare questo lavoro. Oppure invito ospiti a casa per la celebrazione del santo della famiglia, e proprio quando stiamo per tagliare il pane tradizionale, mi chiama la polizia dicendo di aver trovato un cadavere nella Drina. Quindi, mi scuso con gli ospiti, chiedo loro di rimanere e vado a fare il mio lavoro. Non è un lavoro facile, ma per me la più grande soddisfazione è sapere che quel corpo recuperato sarà sepolto degnamente e che la famiglia della vittima, straziata dalla sofferenza, finalmente troverà pace”, spiega Nenad Jovanović.
Recentemente, Jovanović, insieme ai suoi colleghi Miroslav Vujanović e Safet Omerbegić, ha partecipato ad una cerimonia di commemorazione in memoria dei migranti scomparsi e morti ai confini d’Europa. In quell’occasione sono state inaugurate le lapidi delle tombe dei sedici migranti sepolti nel nuovo cimitero di Bijeljina, situato nel quartiere di Hase. Trattandosi di corpi non identificati, ciascuna delle lastre in marmo nero reca incise, a caratteri dorati, la sigla N.N e l’anno della morte.
Nel cimitero è stato piantato anche un filare di alberi in memoria delle vittime e sono state collocate due targhe commemorative con la scritta: “Non dimenticheremo mai voi e i vostri sogni spezzati nella Drina”. L’iniziativa è stata realizzata grazie al sostegno dell’associazione austriaca «SOS Balkanroute» e di Nihad Suljić, attivista di Tuzla, che da anni fornisce assistenza concreta ai rifugiati e partecipa alle procedure di identificazione e sepoltura dei morti.
“Per noi è un grande onore e privilegio sostenere simili progetti. Si tratta di un’iniziativa pionieristica che può fungere da modello per l’intera regione. Per quanto possa sembrare paradossale, siamo contenti che queste persone, a differenza di tante altre, abbiano almeno una tomba. Abbiamo voluto che le loro tombe fossero dignitose e che non venissero lasciate al degrado, come accaduto recentemente a Zvornik”, sottolinea Petar Rosandić dell’associazione SOS Balkanroute.
Rosandić spiega che la sistemazione delle tombe dei migranti nei cimiteri di Bijeljina e Zvornik è frutto di un’iniziativa di cooperazione transfrontaliera a cui hanno partecipato anche le comunità religiose di Vienna. Queste comunità, che durante la Seconda guerra mondiale erano impegnate nel salvataggio degli ebrei, oggi partecipano a diversi progetti a sostegno dei migranti lungo le frontiere esterne dell’UE.
“Sulle lastre c’è scritto che si tratta di persone non identificate, ma noi sappiano che in ogni tomba giace il corpo di un giovane uomo i cui sogni si sono spezzati nella Drina. Ognuno di loro aveva una famiglia, un passato, i propri desideri e le proprie aspirazioni. Il loro unico peccato, secondo gli standard europei, era quello di avere un passaporto sbagliato, quindi sono stati costretti a intraprendere strade pericolose per raggiungere i luoghi dove speravano di trovare serenità e un futuro migliore”, afferma l’attivista Nihad Suljić.
Suljić poi spiega che nel prossimo periodo i ricercatori e gli attivisti si impegneranno al massimo per instaurare una collaborazione con diverse istituzioni e organizzazioni. L’obiettivo è quello di identificare le persone sepolte in modo da restituire loro un’identità e permettere alle loro famiglie di avviare un processo di lutto.
“Questi monumenti neri sono le colonne della vergogna dell’Unione europea – commenta Suljić - non è stata la Drina a uccidere queste persone, bensì la politica delle frontiere chiuse. Se avessero avuto un altro modo per raggiungere un posto sicuro dove costruire una vita migliore, sicuramente non sarebbero andati in cerca di pace attraversando mari, fiumi e fili spinati. Le loro tombe testimonieranno per sempre la vergogna e il regime criminale dell’UE”.
Suljić ha invitato i cittadini dell’UE che hanno partecipato alla cerimonia di commemorazione a Bijeljina a chiamare i governi dei loro paesi ad assumersi la propria responsabilità.
“Non abbiamo bisogno di donazioni né di corone di fiori. Vi invito però a inviare un messaggio ai vostri governi, a tutti i responsabili dell’attuazione di queste politiche, per spiegare loro le conseguenze delle frontiere chiuse, frontiere che uccidono gli esseri umani, ma anche i valori europei”.
Dalla chiusura del corridoio sicuro lungo la rotta balcanica [nel 2015], nell’area di Bijeljina, Zvornik e Bratunac sono stati ritrovati circa sessanta corpi di migranti annegati nel fiume Drina. Stando ai dati raccolti da un gruppo di attivisti e ricercatori, nel periodo compreso tra gennaio 2014 e dicembre 2023 lungo il tratto della rotta balcanica che include sei paesi (Macedonia del Nord, Kosovo, Serbia, Bosnia Erzegovina, Croazia e Slovenia) hanno perso la vita 346 persone in movimento. Trattandosi di dati reperiti da fonti pubbliche, i ricercatori sottolineano che il numero effettivo di vittime con ogni probabilità è molto più alto. In molti casi, la tragica sorte dei migranti è direttamente legata ai respingimenti effettuati dalle autorità locali e dai membri dell’agenzia Frontex.
“La morte alle frontiere è ormai parte integrante di un regime di controllo che alcuni autori definiscono un crimine in tempo di pace, una forma di violenza amministrativa e istituzionale finalizzata a mantenere in vita un determinato ordine sociale. Molte persone morte ai confini restano invisibili, come sono invisibili anche le persone scomparse. I decessi e le sparizioni spesso non vengono denunciati, e alcuni corpi non vengono mai ritrovati”, spiega Marijana Hameršak, ricercatrice dell’Istituto di etnologia e studi sul folklore di Zagabria, responsabile di un progetto sui meccanismi di gestione dei flussi migratori alle periferie dell’UE.
In assenza di un database regionale e di iniziative di cooperazione transfrontaliera, sono i volontari e gli attivisti a portare avanti le azioni di ricerca di persone scomparse e i tentativi di identificazione dei corpi. Al termine della cerimonia di commemorazione, a Bijeljina si è tenuta una conferenza per discutere di questo tema.
“Molte famiglie non sanno a chi rivolgersi, non hanno mai ricevuto indicazioni chiare. Finora le istituzioni non hanno mai voluto impegnarsi su questo fronte. Spero che a breve ognuno si assuma la propria responsabilità e faccia il proprio lavoro, perché non è normale che noi, attivisti e volontari, portiamo avanti questo processo”, denuncia Nihad Suljić.
A dare un contributo fondamentale è anche Vidak Simić, patologo ed esperto forense di Bijeljina. Dal 2016 Simić ha eseguito l’autopsia e prelevato un campione di DNA di circa quaranta corpi di migranti, per la maggior parte rinvenuti nel fiume Drina.
“Questa vicenda mi opprime, non mi sento bene perché non riesco a portare a termine il mio lavoro. Credo profondamente nel giuramento di Ippocrate e lo rispetto. Le leggi e altre norme mi obbligano a conservare i campioni per sei mesi, ho deciso però di conservarli per tutto il tempo necessario, in attesa che il sistema venga cambiato. La mia idea è di raccogliere tutti questi campioni, creare profili genetici individuali, pubblicarli su un sito appositamente creato in modo da aiutare le famiglie – in Afghanistan, Pakistan, Algeria, Marocco e in altri paesi – che cercano i loro cari scomparsi.
Lo auspicano anche il padre, la madre, la sorella e i fratelli di Aziz Alimi, vent’anni, proveniente dall’Afghanistan, che nel settembre dello scorso anno, nel tentativo di raggiungere la Bosnia Erzegovina dalla Serbia, aveva deciso di attraversare la Drina a nuoto con altri tre ragazzi. Poco dopo la sua scomparsa, nello stesso luogo da dove Aziz per l’ultima volta aveva contattato uno dei suoi fratelli, è stato ritrovato un corpo.
Dal momento che non è stato possibile identificare il corpo per via del pessimo stato in cui si trovava, i familiari di Aziz, che nel frattempo hanno trovato rifugio in Iran, hanno inviato un campione del suo DNA in Bosnia Erzegovina. Ripongono fiducia nelle istituzioni e nei cittadini bosniaco-erzegovesi per garantire ad Aziz almeno una sepoltura dignitosa.
Ai presenti alla conferenza di Bijeljina si è rivolta anche la sorella di Aziz, Zahra Alimi, intervenuta con un videomessaggio. “Non abbiamo parenti in Europa che possano aiutarci e davvero non sappiamo cosa fare. Per favore aiutateci, nostro padre è affetto da un tumore e nostra madre ha sofferto molto dopo aver appreso la triste notizia [della scomparsa di Aziz]. Possiamo contare solo su di voi”.
►https://www.balcanicaucaso.org/aree/Bosnia-Erzegovina/Rotta-balcanica-i-sogni-spezzati-nella-Drina-229948
#route_des_Balkans #Balkans #rivière #Bosnie-Hezégovine #migrations #réfugiés #mourir_aux_frontières #morts_aux_frontières #Bijeljina #Branjevo #Nenad_Jovanović #Nenad_Jovanovic #Serbie #frontières #commémoration #mémoire #cimetière #tombes #SOS_Balkanroute #Nihad_Suljić #Nihad_Suljic #dignité #monument #responsabilité
Traduction de cet article :
Modra rijeka migrantske smrti
Samo Nenad Jovanović iz Gorske službe spasavanja Bijeljina u šest godina sudjelovao je u izvlačenju više od 50 tijela migranata iz Drine. Nijedan nije bio stariji od 40 godina, a svi su se utopili u pokušaju prelaska rijeke. Na groblju ih pokapaju kao NN lica
▻https://www.portalnovosti.com/modra-rijeka-migrantske-smrti
« #Bye_Bye_Tibériade » : #Lina_Soualem convoquée #Au_Poste
▻https://www.auposte.fr/bye-bye-tiberiade-lina-soualem-convoquee-au-poste
Brel avait un mot. Aller voir. Il faut aller voir. Cette maxime, Hiam Abbass aurait pu la faire sienne. Il y a 30 ans, l’immense actrice a quitté son village #palestinien pour l’Europe, et son cinéma, puis les Etats-Unis, et leur folie. Avec sa fille Lina Soualem, #réalisatrice (son « #Leur_Algérie », il y a trois ans, fut un bijou d’humanité et de drôlerie), #Hiam_Abbass retourne sur les traces des lieux disparus et des #mémoires dispersées de quatre #générations de femmes #palestiniennes.
#Lina_Soualem et : « Faire exister l’humanité du peuple palestinien »
Après Leur Algérie, explorant la branche familiale paternelle, la réalisatrice Lina Soualem poursuit l’introspection du double exil qu’elle porte : l’Algérie mais aussi la Palestine. Bye bye Tibériade, son second documentaire, sort en salles mercredi 21 février. Bouleversant de tristesse mais aussi de joie, il raconte comment la lignée de femmes de sa famille maternelle, dont sa mère l’actrice Hiam Abbass, a été percutée par les violences de l’histoire.
À travers elles, c’est l’histoire du peuple palestinien qui se déploie sur plusieurs décennies, un peuple qui subit une injustice historique et qui est revenu au cœur de l’actualité de la plus sanglante des manières. La sortie de Bye Bye Tibériade survient en pleine guerre à Gaza, où Israël mène, depuis le 7 octobre 2023 et les massacres du Hamas qui ont fait 1 160 morts, une riposte militaire. Celle-ci a tué plus de 29 000 personnes, dont 70 % sont des femmes et des enfants, dans l’enclave palestinienne.
En explorant les douleurs de la mémoire familiale et collective à travers le prisme des femmes, Lina Soualem questionne aussi admirablement l’universel qui nous percute et nous rassemble : l’amour, l’exil, la famille, la terre, les racines.
▻https://www.youtube.com/watch?v=9vsnwCDc1Ww
#film #Palestine #cinéma #documentaire #film_documentaire #dépossession #héroïsme #arrachement #exil #identité #droit_à_la_complexité #culture #nakba #intimité #négation #histoire_familiale #parcours_de_vie #silence #art #récits_de_vie #mémoire_collective #peur_de_la_perte #maison #douleurs_du_passé #transmission #force_féminine #vie #humour #liberté #rupture #exil_forcé #patriarcat #poésie
Il y a trente ans, Hiam a quitté le village palestinien de #Deir_Hanna, en #Galilée, où elle a grandit avec son arrière grand-mère Um Ali, sa mère Neemat, son père Said, ses sept sœurs et ses deux frères, pour poursuivre son rêve de devenir actrice, en France. Caméra en main, sa fille Lina interroge l’exil choisi de sa mère et la façon dont les #femmes de la famille, qu’elle a laissées derrière elle, ont pu influencer son imaginaire et ses choix audacieux. Lina explore le parcours de sa mère Hiam, partant de ce qu’elle est aujourd’hui - une actrice de renommée internationale - pour remonter à la source de la transmission.
Véritable tissage d’images tournées aujourd’hui, d’archives familiales, historiques et d’extraits de fictions, le film devient l’exploration de la transmission de mémoire, de lieux, de savoir-faire, de féminité, de résistance, dans la vie de #femmes_palestiniennes pour qui la dépossession est la norme et la résilience une musique quotidienne.
Il #Massacro_di_Addis_Abeba
▻https://resistenzeincirenaica.com/2024/02/23/il-massacro-di-addis-abeba
Ai Quaderni di Cirene si affianca ora un #Graphic_Novel, Il Massacro di Addis Abeba. La #Memoria_Rimossa, il #fumetto in Creative Commons di #Emanuele_GIacopetti gratuitamente scaricabile qui sotto. Nella cornice del ciclo di incontri ed eventi che si protrarrà fino al 21 maggio, data del Massacro di Debra Libanos, promossi in tutta Italia... Continua a leggere
#Colonialismi #La_Federazione #19_febbraio #Colonialismo_italiano #Federazione_delle_Resistenze #Fumetto_gratuito #Yekati_12
Manouchian, loi immigration, RN... Emmanuel Macron face à l’Humanité
▻https://www.humanite.fr/politique/cnr-resistance/manouchian-loi-immigration-rn-emmanuel-macron-face-a-lhumanite
Du temps de Manouchian, la France contrôlait ses frontières.
Toujours classieux.
Classieux, voire même profondément « crassieux » ...
À propos de la panthéonisation de Missak Manouchian et de sa compagne Mélinée
▻https://lahorde.info/A-propos-de-la-pantheonisation-de-Missak-Manouchian-et-de-sa-compagne-Meli
Au-delà de la polémique sur la présence indécente de Marine Le Pen à la cérémonie d’hommage à Missak et Mélinée Manouchian à l’occasion du transfert de leurs dépouilles au Panthéon, il faudrait aussi s’interroger sur le sens de cette récupération politicienne du combat antifasciste, alors même qu’une loi vient d’être votée qui aurait à coup sûr expulser les membres des FTP-MOI. C’est dans ce sens que l’association Les Ami.e.s de Maurice Rajsfus a publié un communiqué intitulé « Les fossoyeurs de la mémoire » que nous reproduisons ici.
▻https://www.mauricerajsfus.org/2024/02/20/communique-de-presse-paris-19-fevrier-2024
Pour quelles raisons faudrait-il se féliciter de la panthéonisation de l’immigré #Missak_Manouchian et de sa compagne Mélinée ? En quoi le fait de descendre, 80 ans jour pour jour après son assassinat par les nazis, dans la crypte sombre et sans âme du Panthéon pour y rejoindre nombre de « grands hommes »,infréquentables de leur vivant, représenterait un intérêt quelconque ?
Les idéaux d’émancipation de Missak Manouchian et de tous les membres de son groupe n’ont rien à voir avec les pompes de l’Empire et de la République. Ils lui sont même radicalement opposés.
Pourchassés et traqués par la police de Vichy et l’armée allemande, dans le Paris de l’occupation, ils faisaient partie des rares survivants à résister les armes à la main, contre le fascisme, après une répression inimaginable, durant le terrible hiver 1943. Avant-guerre, ils avaient déjà été pourchassés comme immigrés clandestins par la police de la Troisième République.
Ensevelir Manouchian et Mélinée dans la crypte du Panthéon, c’est un incroyable contresens et une double trahison.
Parce que ce cirque mémoriel voulu par Emmanuel Macron alimente avant toute chose des fantasmes cocardiers et une récupération de type chauvine à laquelle les intéressé.es ne sont pas en mesure de s’opposer.
Parce que cette cérémonie médiatique de récupération est organisée par ceux-là mêmes qui empilent, depuis des années, les lois les plus liberticides et les lois racistes à l’encontre des migrants, dont la plus récente, votée avec les voix de l’extrême droite en décembre 2023, fait droit à la « préférence nationale ».
La volonté de remise en cause du droit du sol sur l’île de Mayotte, dans l’archipel des Comores, de l’initiative même de ce gouvernement, qui court après les fondamentaux du R-Haine, nous prépare l’arrivée des fascistes au pouvoir. Cette politique délétère et funeste est aux antipodes des combats internationalistes et antifascistes de Missak Manouchian et de ses camarades de combat.
#CommemorAction 2024 : on n’oublie pas, on ne pardonne pas !
Le #6_février, c’était la journée mondiale de lutte contre le régime de mort aux frontières et pour exiger la vérité, la justice et la réparation pour les victimes de la migration et leurs familles. Pour la troisième année consécutive, #Douarnenez a répondu à l’appel qui été suivi par 55 villes (dont sept en #Bretagne) de 17 pays d’Afrique, d’Asie et d’Europe.
▻https://blogs.mediapart.fr/938539/blog/130224/commemoraction-2024-noublie-pas-ne-pardonne-pas
#commémor'action #commémoration #mourir_aux_frontières #morts_aux_frontières #migrations #réfugiés #mémoire #oubli #pardon #6_février_2024 #France #portfolio #photographies
Anniversario strage di #Cutro
Capel-Le-Ferne
▻https://www.antiwarsongs.org/canzone.php?id=67693&lang=it
"At the beginning of July 2010 I visited the Battle Of Britain memorial site, on the cliffs, at Capel-le-Ferne,...
Capel-Le-Ferne
#Capel-Le-Ferne #guerre #seconde_guerre_mondiale #chanson #musique #musique_et_politique #WWII #Greg_Harper
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I remember that summer, a long time ago
The waiting and the weather, wondering if they’d show
Flying high over white cliffs, over fields and sand
Looking down and protecting this green pleasant land
Now they ask, ’was it exciting, well you must’ve been so proud
A swooping and a soaring way up in the clouds
Mister how many did you get, how many did you kill?’
But me I think of lost friends, I’m thinking of them still
But if you ask me I’ll tell you
It felt just like dancing
Dancing on air
A dance for survival
A dance of despair
Life on the edge
Living life to the full
For death or glory
Oh glory, so cruel
So I stand on the white cliffs, at Capel-le-Ferne
There’s a band and a fly past, how the years have flown
As I stand in the crowd there, I feel so alone
Well the Few they get fewer, and soon we’ll be gone
But if you ask me I’ll tell you
It felt just like dancing
Dancing on air
A dance for survival
A dance of despair
Life on the edge
Living life to the full
For death or glory
Oh glory, so cruel
Oh glory, so cruel
–—
Capel-le-Ferne
Capel-le-Ferne est un village situé près de Folkestone, dans le Kent. Il a une population d’environ 2 400 habitants. Perché au sommet des Falaises blanches de Douvres, son attraction la plus importante est le Mémorial de la bataille d’Angleterre, érigé à l’initiative de Geoffrey Page, un pilote honoré de la RAF, qui est ouvert le 9 juillet 19931. Le mémorial est construit sur une partie d’une ancienne batterie côtière de la Seconde Guerre mondiale2.
#mémoire #mémoriel #UK #Angleterre
C’EST SUR, LA #PEINE_DE_MORT DE LA #GUERRE, C’EST PABO
C’EST SUR, LA #PRISON_A_VIE, C’EST HUMAIN
#guignol #hypocrite #société #mémoire #France #justice #gag #gaga #humour #vente_d_armes #marchands_de_canons #tartufferie #seenthis #vangauguin
Badinter, un type qui sait se faire sa publicité.
En 1966, il avait épousé en secondes noces Élisabeth Bleustein-Blanchet, fille de Marcel Bleustein-Blanchet, fondateur de Publicis.
Des euros par centaines de millions.
S’il n’avait pas supprimé la peine de mort, un ou une autre s’en serait chargé.
Qui plus est, le mari de la milliardaire était membre du #PS.
Normal.
On ne peut que saluer ce courageux dirigeant de la justice française et propriétaire d’un cabinet d’avocat.
Sa disparition fera l’objet d’un un hommage national à la #corruption, au #trafic_d’influence . . . . . .
Rappelons que c’est François Mittérrand qui voulait l’abolition de la peine de mort.
Homme politique Badinter, garde des Sceaux, président du Conseil constitutionnel, sénateur, passa son existence à défendre les intérêts de la grande bourgeoisie à laquelle il appartenait.
Se plaçant systématiquement du côté de sa classe, il s’opposera toujours aux mesures sociales et politiques venues de la gauche.
Dès 1981 il s’opposa en Conseil des ministres aux nationalisations pourtant prévues par le programme du nouveau président. Puis fut le comptable scrupuleux de l’indemnisation des actionnaires des sociétés concernées.
On ajoutera sans allonger la liste son aveu d’avoir fait du Conseil constitutionnel, un bouclier contre l’expression souveraine du parlement. Sans oublier son aversion pour les couches populaires dont témoignèrent ses prises de position au moment de la crise des #gilets_jaunes.
Une projection de « La Zone d’intérêt » présentée par un collectif de militants juifs antisionistes suscite la controverse
▻https://www.lemonde.fr/societe/article/2024/02/05/une-projection-de-la-zone-d-interet-presentee-par-un-collectif-de-militants-
Johann Chapoutot, spécialiste du #nazisme, a annulé sa participation à une soirée prévue mardi 6 février autour de la #projection de La Zone d’intérêt, le film de #Jonathan_Glazer sur la vie quotidienne de Rudolf Höss, le commandant d’#Auschwitz. Organisée au Grand Action, dans le 5e arrondissement de Paris, une rencontre entre l’historien et la chercheuse en langues, littératures et cultures arabes et #hébraïques Sadia Agsous-Bienstein devait être animée par le #collectif_juif_antisioniste Tsedek !.
« Je ne peux pas, en conscience, participer à vos activités », a écrit, le 1er février, Johann Chapoutot à Samuel Leter, membre de Tsedek ! chargé de ce ciné-club. En cause : le communiqué du collectif publié le 7 octobre 2023. Dans ce message, toujours en ligne sur Instagram, le groupe écrit : « Il ne nous appartient pas de juger de la stratégie de la résistance palestinienne. Mais il est de notre responsabilité de rappeler sa légitimité fondamentale. »
M. Chapoutot n’en avait pas connaissance avant la parution, le 1er février, d’un article de Télérama consacré à une première annulation de cet événement, lequel aurait dû se tenir le 30 janvier au Majestic Bastille, à Paris, avec Sadia Agsous-Bienstein (#Johann_Chapoutot ayant eu une contrainte d’agenda). « Ce n’était pas possible pour moi, explique le chercheur. Je suis spécialiste du nazisme et de la Shoah, le #Hamas est un mouvement #négationniste. Tuer des enfants et violer des femmes ne sont pas des actes de #résistance. Il s’agit d’un massacre de nature #terroriste, dont la dimension #antisémite ne peut pas être contestée. »
Simon Assoun, un des porte-parole de Tsedek !, dénonce « une lecture malhonnête de ce communiqué », citant également celui que le collectif a publié le 12 octobre : « L’ampleur et la brutalité des massacres commis (…) doivent être dénoncées pour ce qu’ils sont : des crimes de guerre. Les centaines de vies israéliennes et palestiniennes arrachées nous meurtrissent. »
« La Shoah fait partie de notre histoire »
Samuel Leter affirme ne pas comprendre la réaction tardive de l’historien : « Dans le mail où il a accepté de participer à la rencontre, il dit qu’il admire notre courage ! » Dans ce message du 10 janvier 2024, Johann Chapoutot fait notamment référence à l’avocat Arié Alimi : « Je connais bien votre collectif, dont j’admire le courage, tout comme celui d’Arié, qui est, je crois, des vôtres. »
En réalité, l’historien a cru dialoguer avec #Golem, le mouvement cofondé par Arié Alimi dans la foulée de la marche contre l’antisémitisme du 12 octobre. « J’ai fait l’erreur de répondre spontanément, sans vérifier, afin d’aider ce qui me semblait devoir l’être : un collectif de juifs de gauche qui s’était opposé à la participation du RN [Rassemblement national] à la manifestation contre l’antisémitisme, le RN-FN [Front national] ayant été fondé, rappelons-le, par des vétérans de la Waffen-SS et de la Milice », explique-t-il.
#Tsedek ! comme Golem sont marqués à gauche. Tsedek !, #décolonial, affirme « lutter contre le racisme d’Etat en France et pour la fin de l’apartheid et l’occupation en Israël-Palestine ». Golem milite contre tous les racismes et dénonce l’instrumentalisation de la lutte contre l’#antisémitisme. « Tsedek ! est une organisation qui ne dénonce pas l’antisémitisme de la gauche ou de la #France_insoumise, décrypte l’historien #Tal_Bruttmann, proche de Golem. Ils servent de paravent à des gens qui sont ouvertement antisémites et ils dénoncent l’instrumentalisation de la #Shoah dans une seule direction. »
La rencontre du 6 février animée par Tsedek ! au Grand Action est annulée. Le #cinéma explique que « des pressions extérieures ont conduit à l’annulation de la participation des intervenant.e.s prévue.e.s ». Samuel Leter juge que ces annulations équivalent à de la censure : « Nous sommes #juifs, la Shoah fait partie de notre histoire. Il ne peut y avoir de #monopole_de_la_mémoire de la Shoah. »
La pertinence d’un échange avec une spécialiste des littératures #palestinienne et #israélienne au sujet d’un film sur la Shoah a été débattue avant la première annulation du ciné-club, ce que déplore Sadia Agsous-Bienstein : « Tsedek !, que je connais, m’invite à parler d’un film sur la Shoah, un film sur la banalité de la vie d’une famille allemande à côté d’un #camp d’extermination. J’ai travaillé sur la Shoah et c’est un film sur la Shoah. En quoi ne suis-je pas #légitime sur la question ? Parce que je suis #algérienne ? » L’une de ses recherches, « La Shoah dans le #contexte_culturel #arabe », a été cofinancée par le #Mémorial de la Shoah.
Ce n’est pas la première fois qu’un événement animé par Tsedek ! suscite la #controverse. En décembre, une conférence coorganisée par le collectif a été annulée par la #Mairie_de_Paris. Raison invoquée : la présence parmi les organisateurs de l’#association #Paroles_d’honneur, dont est membre la #militante_décoloniale #Houria_Bouteldja.
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Briançon : un cairn en #hommage aux migrants décédés érigé au petit matin
Ce mardi 6 février, au petit matin, un collectif de « solidaires des personnes exilées » a érigé un cairn en hommage “aux morts aux frontières”, à proximité de la porte du pont d’Asfeld, dans la vieille ville de Briançon.
Il est un peu plus de 7 heures, ce mardi 6 février à Briançon, et le soleil n’a pas encore percé depuis l’Italie, à quelques dizaines de kilomètres. Sur la petite butte, juste après avoir passé la porte de la cité Vauban en direction du pont d’Asfeld, un petit groupe s’affaire à la frontale et à la truelle : un collectif de « solidaires des personnes exilées » érige un cairn.
(#paywall)
▻https://www.ledauphine.com/societe/2024/02/06/briancon-un-cairn-en-hommage-aux-migrants-decedes-erige-au-petit-matin
#mémoire #commémoration #Briançon #migrations #réfugiés #6_février #commémor'action #commémoraction #Hautes-Alepes #France #cairn #monument #mémoriel #morts_aux_frontières #mourir_aux_frontières #frontières #frontière_sud-alpine #mémorial #6_février_2024
À Briançon, un monument en hommage aux mort·es des frontières 🏔
Ce jour du 6 février, journée transnationale d’hommage des mort·es des frontières, des solidaires de Briançon ont érigé un monument en hommage aux personnes décédées, blessées ou traumatisées aux frontières.
https://pixelfed.zoo-logique.org/storage/m/_v2/578583396227231930/7c649620b-69b6c5/4hMqKMIPEsrg/inNEDJTkZ6eSoPNAOXwVTrvVzQa6eDk4CINT5K3s.jpg https://pixelfed.zoo-logique.org/storage/m/_v2/578583396227231930/7c649620b-69b6c5/piXU91sYPco0/KqYEFnuKpek5CguqXD9BX5IiidYBFH4F8Zcx3BYT.jpg https://pixelfed.zoo-logique.org/storage/m/_v2/578583396227231930/7c649620b-69b6c5/9MRbBKlB5Hrz/VVV1AmYm7Ihl0nVu4lDS6cCzr8o2jPwZfJ8GVEnx.jpg Alors que 12 personnes en situation d’exil ont perdu la vie entre Oulx, Briançon et Modane, autant de personnes victimes des politiques de non accueil et du régime des frontières, ce monument est là pour que la société n’oublient pas leur nom.
Sous forme de cairn, monticule communément dédié à guider les personnes en montagne, ce monument est aussi dédié aux familles des victimes.
📍Proche du pont d’Asfeld en venant de la vieille ville de Briançon (05). N’hésitez pas à venir poser des fleurs ou rajouter une pierre.
▻https://twitter.com/BrianconExil/status/1754795986327634091
Photos de Morgane Dujmovic, 06.02.2024 :
Briançon : un monument en hommage aux mort·es des frontières érigé par des solidaires
Ce mardi 6 février, nous venons d’être informés que quelques heures avant le rassemblement en hommage aux personnes décédées à la frontière dans le cadre de l’appel transnational de la commémoration, à Briançon, à quelques kilomètres de la frontière franco-italienne, des solidaires ont érigé un monument mémorial.
Un mémorial pour ne pas oublier. Pour ne pas oublier que chaque année des milliers de personnes perdent la vie aux frontières partout dans le monde, aux frontières de l’Europe, aux frontières de la France, et ici même à Briançon. Pour ne pas oublier non plus le nom de celles et ceux victimes de décisions politiques faisant de la France et de l’Europe des forteresses meurtrières et excluantes. Ce mémorial est pour les victimes et leurs familles.
Prenant la forme d’un cairn, objet communément érigé pour guider les personnes en montagne, et surplombé de plaques avec le nom des personnes décédées, ce monument est dédié aux victimes, à leur familles, mais aussi à toutes les autres, blessées ou traumatisées par leur parcours d’exil.
Près du pont d’Asfeld à Briançon, dans ce lieu hautement symbolique proche duquel une personne exilée, Mahadi, a perdu la vie le 29 octobre dernier, tous les briançonnais et briançonnaises sont appelé·es aujourd’hui et dans les prochains jours à venir déposer des fleurs pour en faire un lieu de vie, de mémoire et de lien entre les vivants et celles et ceux qui nous ont quittés.
Un rassemblement hommage se tiendra également à 17h30, place Gallice Bey à Briançon.
▻https://briancon-solidaire.org/2024/02/06/briancon-un-monument-en-hommage-aux-morts-des-frontieres-eriges-
Hommage à celles et ceux qui ont eu le courage de fuir : ne laissons pas notre idéal européen mourir aux frontières
Mardi 6 février à Briançon est érigé un monument aux morts des frontières. Un cairn gravé des noms des personnes exilées mortes ou disparues entre Oulx, Briançon et Modane depuis 2018. Nous publions l’appel lancé par de nombreuses personnalités à cette occasion.
Un monument pour ne pas oublier qu’à la frontière avec l’Italie dans les montagnes, à Calais, à Vintimille, en Méditerranée, tout au long des parcours de celles et ceux qui prennent la route de l’exil, meurent chaque année des milliers d’hommes, de femmes et d’enfants. Ils et elles ont un nom et une histoire trop souvent effacés, perdus, gommés par des statistiques déshumanisantes [et des regards froids].
Ne pas oublier. Oui, ce monument aux mort·es des frontières leur est dédié. Pour toujours se rappeler que lorsque nos égoïsmes nationaux nous font ériger des murs, notre humanité se perd et des vies en sortent brisées. C’est un lieu pour les victimes et leurs familles, c’est à elles d’en donner le sens. Ce mémorial est aussi dédié aux personnes blessées, traumatisées par leur parcours d’exil. Nous ne laisserons pas notre société les oublier. Ce cairn (objet communément érigé pour guider les personnes en montagne) est une lanterne pour que la France retrouve le chemin de la fraternité.
Ce qui se joue dans le Briançonnais, c’est aussi l’avenir de l’idéal européen. Nous ne pouvons pas accepter que les frontières des pays de l’Union s’enfoncent dans la militarisation et la surveillance. Face à la surenchère sécuritaire, la solidarité s’est organisée depuis des années. Nous apportons notre plein soutien aux associations, aux montagnard·es ainsi qu’aux bénévoles venu·es de toute la France pour porter assistance aux exilé·es qui tentent, malgré tout, de traverser les Alpes au péril de leurs existences dans un geste désespéré de survie.
Non, les mort·es aux frontières ne sont pas victimes d’accident, de mauvaises conditions météorologiques, de prises de risques inconsidérées : ils et elles sont victimes de nos politiques de construction de barrières toujours plus hautes. Les frontières ne sont pas géographiques mais sociales, culturelles et administratives. La frontière franco-italienne a déjà fait des dizaines de victimes. Nous n’oublions pas non plus les lois d’exclusion telles que la loi asile et immigration et ce marchandage indigne autour de la santé des personnes étrangères protégées, pour l’instant, par l’aide médicale d’État.
Aujourd’hui, l’ensemble du parcours d’une personne étrangère en France est indigne de notre République. Du passage de la frontière avec la négation d’un certain nombre de droits (documentée par de nombreux·euses observateur·trices), aux solutions d’hébergement précaires en passant par la stigmatisation permanente et par le travail sans droit qui engendrent exploitation et marginalisation : l’absence d’une politique d’intégration digne est un facteur de risque sur la santé des personnes, de précarisation et de désordre dans nos sociétés.
Pour que nous arrêtions de compter les mort·es des frontières, il est temps de ne plus céder aux sirènes populistes et réactionnaires dans notre approche des migrations. Regarder la réalité migratoire en face passe par la construction d’une réelle politique d’accueil, d’intégration et de droits pour celles et ceux qui rejoignent notre continent. Un accueil qui permette aux personnes de guérir de leurs blessures et de retrouver du pouvoir d’agir. L’avenir de notre fraternité, le destin de notre idéal européen se joueront aussi dans notre capacité à faire tomber certaines frontières pour ériger des ponts et bâtir un parcours digne.
►https://www.humanite.fr/en-debat/briancon/hommage-a-celles-et-ceux-qui-ont-eu-le-courage-de-fuir-ne-laissons-pas-notr
Photos de Baptiste Soubra:
N’oublions pas les victimes des frontières, non à la destruction du mémorial de Briançon
Le 7 mars dernier, le maire de Briançon a fait savoir à l’association Tous Migrants qu’il souhaitait faire retirer le mémorial aux mort·es des frontières érigé près du lieu où la dernière victime est morte noyée après être tombée d’une falaise le 29 octobre dernier. Pour ne pas oublier les victimes de la militarisation des frontières, soutenons ce mémorial.
Blessing, Mamadi, Mohamed, Douala, Tamimou, Mohamed, Mohammed, Fahallah, Ullah, Moussa, Mohamed, Mahadi. Ce sont les prénoms des 12 personnes mortes ou disparues en tentant de rejoindre la France depuis Oulx en Italie entre mai 2018 et octobre 2023. 12 prénoms que nous ne voulons pas oublier. 12 prénoms gravés sur le mémorial que le maire de Briançon souhaite faire retirer des remparts de la vieille ville de Briançon.
Ce mémorial a été érigé le 6 février 2024, à l’occasion de la 10e journée mondiale de commémor’action des mort·es des frontières, par des habitant·es du Briançonnais et des bénévoles solidaires grâce aux contributions de l’artiste embrunaise Alexis Zibolt et de l’association Tous Migrants. Une œuvre collective reprenant le symbole du cairn, amas de pierres qui guide les randonneur·euses et montagnard·es du monde entier. Partout en montagne, nous honorons la mémoire de nos proches et des alpinistes décédé·es en tentant d’atteindre des sommets. Comment ne pas honorer celle de personnes qui ont perdu la vie dans ces mêmes montagnes en tentant de rejoindre des conditions de vie dignes ?
L’installation de ce mémorial a reçu un soutien national dans une tribune signée par des chercheur·ses de renommée mondiale, des parlementaires, des représentant·es d’ONG et des figures publiques reconnues et respectées. Briançonnaises et Briançonnais lui ont aussi apporté leur soutien en le fleurissant et en s’y recueillant. Depuis qu’il a été érigé, il intéresse quotidiennement les personnes passant à proximité. En plus d’avoir été érigé sans aucune dégradation, il s’inscrit aisément dans le paysage du patrimoine exceptionnel que représentent le fort Vauban et le pont d’Asfeld en cultivant son aspect mémoriel. Les décès des personnes exilées à Briançon font aussi partie de l’Histoire.
Dès la mise en place du mémorial, l’association Tous Migrants a établi un dialogue avec le cabinet du Maire de Briançon. Après avoir expressément invité l’association à formuler une demande d’autorisation, le maire de Briançon a subitement refusé la demande, sans même permettre qu’elle puisse être présentée aux services municipaux compétents.
Quel·le montagnard·e ne respecterait pas la mémoire de personnes décédées en montagne ? Quel·le élu·e de la République Française oserait profaner un monument aux mort·es ?
Monsieur le maire de Briançon, au nom du respect de la mémoire des personnes décédées sur les chemins de l’exil sur notre territoire, au nom de la fraternité, au nom des valeurs des Escartons chères à notre territoire, nous vous demandons d’autoriser le maintien du mémorial à son emplacement Porte de Durance. Les forteresses briançonnaises ne doivent pas faire rempart à notre humanité.
Mouvement citoyen Tous Migrants
Collectif Solidaires de Briançon
▻https://www.change.org/p/n-oublions-pas-les-victimes-des-fronti%C3%A8res-non-%C3%A0-la-destruction-du
#pétition
Une pétition pour éviter la démolition du cairn en hommage aux migrants décédés
Dans un communiqué de presse, ce jeudi 14 mars, Tous migrants annonce avoir lancé une pétition pour empêcher la démolition du “mémorial” érigé le 6 février dernier au-dessus du pont d’Asfeld.
Celui-ci comporte 12 plaques comme autant de personnes migrantes décédées ou portées disparues dans le Briançonnais lors de leur tentative de passage de la frontière entre l’Italie et la France.
Changement d’avis de la mairie selon Tous migrants
Si, dans un premier temps, la mairie n’a pas souhaité démolir le cairn, la donne a changé. “Le 7 mars dernier, le maire de Briançon [Arnaud Murgia, NDLR] a fait savoir à l’association tous migrants qu’il souhaitait faire retirer le mémorial”, indique l’association. Celle-ci assure avoir “dès [sa] mise en place”, “établi un dialogue avec le cabinet du maire”.
Et Tous migrants d’ajouter : “Après avoir expressément invité l’association à formuler une demande d’autorisation [pour le cairn, NDLR], le maire de Briançon a subitement refusé la demande, sans même permettre qu’elle puisse être présentée aux services municipaux compétents.” La pétition compte , ce vendredi 15 mars près de 1 350 signatures.
▻https://www.ledauphine.com/politique/2024/03/15/une-petition-pour-eviter-la-demolition-du-cairn-en-hommage-aux-migrants-
26.03.2024
Ce matin, à l’abri des regards, le maire de Briançon a détruit le monument aux morts dédié aux personnes exilées décédées dans la montagne. Même mortes, un élu “républicain” leur interdit d’exister.
▻https://twitter.com/Utopia_56/status/1772643162223255884
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Dans le Flash info de Tous Migrants (26.03.2024) :
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Commentaire de Myriam Houssay-Holzschuch sur l’oiseau bleu :
Je m’intéresse de plus en plus à la production de l’amnésie neo/post-)coloniale (et le travail sans fin pour la contrer, de reparler de Fanon, de reparler de la torture en Algérie, de rappeler l’histoire) et il faut avouer qu’on a là un cas exemplaire.
A Briançon il sindaco fa abbattere il cippo in ricordo dei caduti alle frontiere
Un piccolo memoriale ricordava le persone migranti morte sulle Alpi. Una nuova installazione è già stata collocata
La cattiveria e la grettezza stanno nelle piccole meschinità. Nella storia abbiamo esempi infiniti in tal senso.
Martedì 26 marzo 2024, il sindaco di Briançon Arnaud Murgia ha chiamato i servizi tecnici della cittadina francese, appena al di là del confine con il Piemonte, sulle Alpi. Scortati dalla Polizia per distruggere il monumento ai caduti alla frontiera, eretto alla Porte de Durance, una delle entrate alla splendida città vecchia, la Citè Vauban, dal nome dell’ingegnere del Re Sole che ideò questo imponente complesso di fortificazioni, dal 2008 patrimonio Unesco.
Appaiono non sorpresi i gruppi formali e informali che nell’intera provincia denunciano l’inumanità delle politiche di gestione del fenomeno migratorio e si dicono determinati a difendere la memoria di coloro che su questi sentieri hanno perso la vita, l’ultimo il 29 ottobre scorso.
Secondo i testimoni, intorno alle 7 del mattino, sotto la neve, il monumento, un piccolo cippo sul modello degli omini in pietra, tipiche costruzioni informali che siamo soliti vedere sulle vette dei monti, è stato distrutto con un escavatore dagli agenti del servizio tecnico della cittadina, meta sciistica.
Il giorno seguente una delegazione di cittadini solidali e rappresentanti di associazioni, fra le quali la protestante “Cimade” e “Tous Migrants” (che in queste terre sta compiendo un incredibile lavoro di accoglienza, sostituendosi di fatto alla latitanza completa delle politiche di accoglienza francesi), ha tentato invano di avere un incontro con Murgia.
Appena due giorni prima ero stato sul luogo e ho incontrato donne e uomini, giovani e pensionati, che dandosi il cambio mantenevano un presidio fisso per informare i passanti sul significato di quel mucchietto di pietre, di quei fiori, di quelle scarpe abbandonate e diventate parte del memoriale.
Un mucchietto di pietre che non ostacolano alcun passaggio, non rappresentano alcun pericolo, ma vogliono ricordare che anche qui, fra le piste da sci e le cabinovie di nuova generazione, muoiono persone in cammino, in cerca di un futuro.
Il monumento era stato eretto il 6 febbraio, a dieci anni da quel 6 febbraio 2014 quando più di 200 persone, partendo dalle coste marocchine, tentarono di raggiungere a nuoto la spiaggia di Tarajal, nell’enclave spagnola di Ceuta. Per evitare che arrivassero in “terra spagnola”, la Guardia Civil utilizzò attrezzature antisommossa e anche i soldati marocchini presenti non soccorsero le persone che stavano annegando davanti a loro. Quindici corpi vennero ritrovati sul versante spagnolo, decine di altri scomparvero, i sopravvissuti vennero respinti, alcuni per morire sul versante marocchino.
Dieci anni durante i quali il numero dei morti e dei dispersi ha continuato ad aumentare, nel Mediterraneo e sulla rotta delle Canarie, all’interno delle frontiere interne dell’UE, nella Manica, alle frontiere orientali, lungo la rotta dei Balcani, o nel deserto del Sahara e lungo qualsiasi altra traiettoria di mobilità.
Dieci anni durante i quali le associazioni, le famiglie e tutti coloro che si battono per il diritto alla mobilità per tutte e tutti hanno continuato a chiedere verità e giustizia per queste vittime, a evidenziare le responsabilità dirette e indirette del regime delle frontiere, a lavorare per dimostrare queste responsabilità e sostenere le famiglie e i propri cari nel doloroso viaggio di ricerca dei dispersi e di identificazione delle vittime.
Blessing, Mamadi, Mohamed, Douala, Tamimou, Mohamed, Mohammed, Fahallah, Ullah, Moussa, Mohamed, Mahadi. Questi i nomi delle 12 persone morte o scomparse mentre cercavano di raggiungere la Francia dall’ Italia tra maggio 2018 e ottobre 2023. «12 nomi che non vogliamo dimenticare. 12 nomi incisi sul monumento» mi raccontano.
«Dopo questo nuovo tentativo fallito di scambio, non possiamo che ripeterlo e rammaricarcene: il sindaco di Briançon si chiude nel rifiuto del dialogo. Di fronte a questo attacco al dovere di ricordare, rimaniamo determinati a difendere la memoria delle persone che sono morte sulla via dell’esilio.
«Cosa impedisce al sindaco di consentire il mantenimento di questo memoriale? Perché non ha mai avuto una parola, un omaggio per gli esuli che morirono alle porte della sua città? ».
Un nuovo tumulo di tributo è già stato eretto spontaneamente.
▻https://riforma.it/2024/03/28/a-briancon-il-sindaco-fa-abbattere-il-cippo-in-ricordo-dei-caduti-alle-front