• Writing by hand may increase brain connectivity more than typing on a keyboard
    https://www.frontiersin.org/news/2024/01/26/writing-by-hand-increase-brain-connectivity-typing

    In an ever more digital world, pen and paper are increasingly getting replaced with screens and keyboards in classrooms. Now, a new study has investigated neural networks in the brain during hand- and typewriting. The researchers showed that connectivity between different brain regions is more elaborate when letters are formed by hand. This improved brain connectivity, which is crucial to memory building and information encoding, may indicate that writing by hand supports learning.

    #mémoire #écriture #apprentissage

  • https://afriquexxi.info/Statues-coloniales-en-Afrique-Les-empires-contre-attaquent

    Statues coloniales en Afrique. Les empires contre-attaquent

    En dépit des déboulonnages menés lors de la décolonisation dans les années 1960, et des mouvements plus récents tels que « Rhodes Must Fall » en Afrique du Sud, de nombreuses statues coloniales sont encore debout sur le continent. Certaines ont même été (ré)installées dans les années 2000... Explications d’un surprenant revival.

    Sophia Labadi, 13 mars 2024

    En 2020, les déboulonnages de statues coloniales, esclavagistes et racistes qui ont eu lieu dans de nombreux pays après le meurtre de George Floyd, aux États-Unis, ont été largement et publiquement discutés. Ces débats affirmaient que les statues coloniales en Afrique avaient été contestées et déboulonnées depuis de nombreuses années. En réalité, les monuments coloniaux dans l’espace public en Afrique ont des histoires bien plus complexes et souvent méconnues, qui incluent la contestation et le déboulonnage, mais pas uniquement.

    Mon enquête historique, qui couvre les périodes allant des indépendances aux événements les plus récents, met en lumière trois grandes phases : l’ère des indépendances (1950-1980) ; les années 1990 et 2000, marquées par la riposte des empires ; et les contestations renouvelées des statues coloniales à partir des années 2010. Cette approche sur plus de soixante-dix ans permet d’exposer les périodes d’hostilité, d’amnésie, de remémoration et de contestations qui ont jalonné l’histoire de ces monuments. Enrichi par un regard régional, ce travail offre une compréhension affinée des multiples dimensions sociales, culturelles, géopolitiques et économiques liées à ces vestiges coloniaux. Cette plongée dans le passé offre également une perspective éclairante sur les débats actuels entourant les statues coloniales.

    (suite à lire en ligne. Version adaptée et traduite de l’article «Colonial statues in post-colonial Africa», publié par l’ International Journal of Heritage Studies )

    #Afrique #mémoire #histoire #colonialisme

  • La memoria rimossa. « Il Massacro di Addis Abeba »

    Il graphic novel racconta la strage che seguì al fallito attentato al governatore e viceré d’Etiopia #Rodolfo_Graziani, avvenuto ad Addis Abeba il 19 febbraio 1937. La feroce rappresaglia, che costò la vita a migliaia di etiopi, è una prova incontestabile del nostro comportamento coloniale utile a smontare il mito degli “#Italiani_Brava_Gente”.

    Destinato al pubblico più vasto, il lavoro di Giacopetti è pensato come strumento utile ad affrontare la storia coloniale anche nelle scuole, per questo include un agile glossario di termini, locuzioni e acronimi che arricchiscono la lettura.

    https://www.meltingpot.org/2024/03/la-memoria-rimossa-il-massacro-di-addis-abeba

    Pour télécharger la BD :
    https://resistenzeincirenaicacom.files.wordpress.com/2024/02/a5_il_massacro_di_addis_abeba_fumetto_federazione_delle_resistenze.pdf

    #bande_dessinée #BD #livre #massacre #Addis_Abeba #Italie #Italie_coloniale #colonialisme #mémoire #19_février_1937 #Ethiopie #colonialisme #histoire

    –-

    ajouté à la métaliste sur le #colonialisme_italien :
    https://seenthis.net/messages/871953

    • Dans cet article, on apprend qu’elle a été mandatée par le Secrétariat d’État chargé des Anciens Combattants et de la Mémoire pour participer à la dernière journée durant laquelle a eu lieu la cession officielle des archives sur Thiaroye au Sénégal. Elle a donc entendu le président Hollande évoquer au moins soixante-dix morts.

      #historienne_de_prefecture

  • #Journal du #Regard : Février 2024
    https://liminaire.fr/journal/article/journal-du-regard-fevrier-2024

    https://youtu.be/28yB3hwxWpk?si=KfmRvnVBL24O8W9Y

    Chaque mois, un film regroupant l’ensemble des images prises au fil des jours, le mois précédent, et le texte qui s’écrit en creux. « Une sorte de palimpseste, dans lequel doivent transparaître les traces - ténues mais non déchiffrables - de l’écriture “préalable” ». Jorge Luis Borges, Fictions Nous ne faisons qu’apparaître dans un monde soumis comme nous au pouvoir du temps. Dans le silence qui suit la fin du signal de départ. Dans un seul et unique instant. Non pas suites sans principe de (...) #Journal, #Vidéo, #Architecture, #Art, #Écriture, #Voix, #Sons, #Paris, #Mémoire, #Paysage, #Ville, #Journal_du_regard, #Regard, #Dérive, #Paris, #Canal, #Louvre (...)

  • [Les Promesses de l’Aube] Faire mouvement(s) en économie sociale
    https://www.radiopanik.org/emissions/les-promesses-de-l-aube/faire-mouvements-en-economie-sociale

    Ce mercredi matin nous aurons le plaisir de recevoir François Welter (CARHOP) et Pierre Georis (ancien secrétaire général du #moc) pour nous parler l’histoire de l’économie sociale et du mouvement coopératif en Belgique, et en particulier, sa place au sein du #mouvement_ouvrier Chrétien. Il sera également question des convergences entre les différentes formes d’économie sociale et des différents obstacles rencontrés.

    #mémoire #syndicats #carhop #action_sociale #histoire_sociale #économie_soicale #mémoire,syndicats,carhop,moc,mouvement_ouvrier,action_sociale,histoire_sociale,économie_soicale
    https://www.radiopanik.org/media/sounds/les-promesses-de-l-aube/faire-mouvements-en-economie-sociale_17375__1.mp3

  • Rotta balcanica: i sogni spezzati nella Drina
    https://www.balcanicaucaso.org/aree/Bosnia-Erzegovina/Rotta-balcanica-i-sogni-spezzati-nella-Drina-229948

    Nelle acque del fiume Drina, in Bosnia Erzegovina, decine di migranti sono morti nel tentativo di avvicinarsi al sogno di una vita migliore in quell’Europa che li respinge. Volontari del Soccorso alpino di Bijeljina e attivisti sono impegnati nel difficile recupero dei corpi

    • Rotta balcanica : i sogni spezzati nella Drina

      Nelle acque del fiume Drina, in Bosnia Erzegovina, decine di migranti sono morti nel tentativo di avvicinarsi al sogno di una vita migliore in quell’Europa che li respinge. Volontari del Soccorso alpino di Bijeljina e attivisti sono impegnati nel difficile recupero dei corpi.

      “Finora non mi è mai capitato di sognare uno dei corpi ritrovati, non ho mai avuto incubi. Proprio mai. Credo sia una questione di approccio. Soltanto chi non ha la coscienza pulita fa incubi”, afferma Nenad Jovanović, 37 anni, membro della squadra del Soccorso alpino di Bijeljina.

      Negli ultimi sei anni, Jovanović ha partecipato alle operazioni di recupero di oltre cinquanta corpi di migranti nell’area che si estende dal villaggio di Branjevo alla foce del fiume Drina [nella Bosnia orientale], tutti di età inferiore ai quarant’anni, annegati nel tentativo di entrare in Bosnia Erzegovina dalla Serbia, per poi proseguire il loro viaggio verso altri paesi europei, in cerca di un posto sicuro per sé e per i propri familiari.

      “Ogni volta che scoppia un nuovo conflitto in Medio Oriente, in Afghanistan, Iraq o altrove, assistiamo ad un aumento degli arrivi di migranti in cerca di salvezza nei paesi dell’Unione europea. Purtroppo, per alcuni di loro la Drina si rivela un ostacolo insormontabile. Il loro è un destino doloroso che può capitare a chiunque”, spiega Nenad Jovanović.

      Durante le operazioni di recupero dei corpi, Jovanović più volte è stato costretto a gettarsi nel fiume in piena, rischiando la propria vita.

      “Recentemente abbiamo recuperato il corpo di un uomo proveniente dall’Afghanistan. Era in acqua da circa un anno. I pescatori che per primi lo avevano notato non erano nemmeno sicuri che si trattasse di un corpo umano. Potete immaginare lo stato in cui si trovava”, afferma Jovanović.

      Un suo collega, Miroslav Vujanović, si sofferma sull’aspetto umano del lavoro del soccorritore. “A prescindere dallo stato di decomposizione, cerchiamo in tutti in modi possibili di recuperare il corpo nelle condizioni in cui lo troviamo. Nulla deve essere perso, nemmeno i vestiti. Perché siamo tutti esseri umani. Nel momento del recupero di un corpo magari non pensi alla sua identità, cerchi di fare il tuo lavoro in modo professionale e basta. Poi però quando torni a casa e vedi tua moglie e i figli, inizi a chiederti chi fosse quell’uomo e se anche lui avesse una famiglia. È del tutto normale riflettere su queste cose. Sono però pensieri intimi, che tendiamo a tenere dentro”.

      I volontari del Soccorso alpino di Bijeljina hanno partecipato anche alle operazioni di ricerca e assistenza alle popolazioni colpite dal terremoto nella regione di Banovina (in Croazia) nel 2020 e alle vittime del terremoto che l’anno scorso ha devastato la Turchia. In tutte queste operazioni sono stati costretti ad utilizzare le attrezzature prese in prestito o noleggiate, perché le autorità locali non rispettano gli accordi di cooperazione stipulati con altri paesi. Del resto, la Bosnia Erzegovina è il paese delle assurdità. Lo confermano anche i nostri interlocutori, aggiungendo che a volte si sentono incompresi anche dai loro familiari.

      “Mia moglie spesso si chiede come io possa fare questo lavoro. Oppure invito ospiti a casa per la celebrazione del santo della famiglia, e proprio quando stiamo per tagliare il pane tradizionale, mi chiama la polizia dicendo di aver trovato un cadavere nella Drina. Quindi, mi scuso con gli ospiti, chiedo loro di rimanere e vado a fare il mio lavoro. Non è un lavoro facile, ma per me la più grande soddisfazione è sapere che quel corpo recuperato sarà sepolto degnamente e che la famiglia della vittima, straziata dalla sofferenza, finalmente troverà pace”, spiega Nenad Jovanović.

      Recentemente, Jovanović, insieme ai suoi colleghi Miroslav Vujanović e Safet Omerbegić, ha partecipato ad una cerimonia di commemorazione in memoria dei migranti scomparsi e morti ai confini d’Europa. In quell’occasione sono state inaugurate le lapidi delle tombe dei sedici migranti sepolti nel nuovo cimitero di Bijeljina, situato nel quartiere di Hase. Trattandosi di corpi non identificati, ciascuna delle lastre in marmo nero reca incise, a caratteri dorati, la sigla N.N e l’anno della morte.

      Nel cimitero è stato piantato anche un filare di alberi in memoria delle vittime e sono state collocate due targhe commemorative con la scritta: “Non dimenticheremo mai voi e i vostri sogni spezzati nella Drina”. L’iniziativa è stata realizzata grazie al sostegno dell’associazione austriaca «SOS Balkanroute» e di Nihad Suljić, attivista di Tuzla, che da anni fornisce assistenza concreta ai rifugiati e partecipa alle procedure di identificazione e sepoltura dei morti.

      “Per noi è un grande onore e privilegio sostenere simili progetti. Si tratta di un’iniziativa pionieristica che può fungere da modello per l’intera regione. Per quanto possa sembrare paradossale, siamo contenti che queste persone, a differenza di tante altre, abbiano almeno una tomba. Abbiamo voluto che le loro tombe fossero dignitose e che non venissero lasciate al degrado, come accaduto recentemente a Zvornik”, sottolinea Petar Rosandić dell’associazione SOS Balkanroute.

      Rosandić spiega che la sistemazione delle tombe dei migranti nei cimiteri di Bijeljina e Zvornik è frutto di un’iniziativa di cooperazione transfrontaliera a cui hanno partecipato anche le comunità religiose di Vienna. Queste comunità, che durante la Seconda guerra mondiale erano impegnate nel salvataggio degli ebrei, oggi partecipano a diversi progetti a sostegno dei migranti lungo le frontiere esterne dell’UE.

      “Sulle lastre c’è scritto che si tratta di persone non identificate, ma noi sappiano che in ogni tomba giace il corpo di un giovane uomo i cui sogni si sono spezzati nella Drina. Ognuno di loro aveva una famiglia, un passato, i propri desideri e le proprie aspirazioni. Il loro unico peccato, secondo gli standard europei, era quello di avere un passaporto sbagliato, quindi sono stati costretti a intraprendere strade pericolose per raggiungere i luoghi dove speravano di trovare serenità e un futuro migliore”, afferma l’attivista Nihad Suljić.

      Suljić poi spiega che nel prossimo periodo i ricercatori e gli attivisti si impegneranno al massimo per instaurare una collaborazione con diverse istituzioni e organizzazioni. L’obiettivo è quello di identificare le persone sepolte in modo da restituire loro un’identità e permettere alle loro famiglie di avviare un processo di lutto.

      “Questi monumenti neri sono le colonne della vergogna dell’Unione europea – commenta Suljić - non è stata la Drina a uccidere queste persone, bensì la politica delle frontiere chiuse. Se avessero avuto un altro modo per raggiungere un posto sicuro dove costruire una vita migliore, sicuramente non sarebbero andati in cerca di pace attraversando mari, fiumi e fili spinati. Le loro tombe testimonieranno per sempre la vergogna e il regime criminale dell’UE”.

      Suljić ha invitato i cittadini dell’UE che hanno partecipato alla cerimonia di commemorazione a Bijeljina a chiamare i governi dei loro paesi ad assumersi la propria responsabilità.

      “Non abbiamo bisogno di donazioni né di corone di fiori. Vi invito però a inviare un messaggio ai vostri governi, a tutti i responsabili dell’attuazione di queste politiche, per spiegare loro le conseguenze delle frontiere chiuse, frontiere che uccidono gli esseri umani, ma anche i valori europei”.

      Dalla chiusura del corridoio sicuro lungo la rotta balcanica [nel 2015], nell’area di Bijeljina, Zvornik e Bratunac sono stati ritrovati circa sessanta corpi di migranti annegati nel fiume Drina. Stando ai dati raccolti da un gruppo di attivisti e ricercatori, nel periodo compreso tra gennaio 2014 e dicembre 2023 lungo il tratto della rotta balcanica che include sei paesi (Macedonia del Nord, Kosovo, Serbia, Bosnia Erzegovina, Croazia e Slovenia) hanno perso la vita 346 persone in movimento. Trattandosi di dati reperiti da fonti pubbliche, i ricercatori sottolineano che il numero effettivo di vittime con ogni probabilità è molto più alto. In molti casi, la tragica sorte dei migranti è direttamente legata ai respingimenti effettuati dalle autorità locali e dai membri dell’agenzia Frontex.

      “La morte alle frontiere è ormai parte integrante di un regime di controllo che alcuni autori definiscono un crimine in tempo di pace, una forma di violenza amministrativa e istituzionale finalizzata a mantenere in vita un determinato ordine sociale. Molte persone morte ai confini restano invisibili, come sono invisibili anche le persone scomparse. I decessi e le sparizioni spesso non vengono denunciati, e alcuni corpi non vengono mai ritrovati”, spiega Marijana Hameršak, ricercatrice dell’Istituto di etnologia e studi sul folklore di Zagabria, responsabile di un progetto sui meccanismi di gestione dei flussi migratori alle periferie dell’UE.

      In assenza di un database regionale e di iniziative di cooperazione transfrontaliera, sono i volontari e gli attivisti a portare avanti le azioni di ricerca di persone scomparse e i tentativi di identificazione dei corpi. Al termine della cerimonia di commemorazione, a Bijeljina si è tenuta una conferenza per discutere di questo tema.

      “Molte famiglie non sanno a chi rivolgersi, non hanno mai ricevuto indicazioni chiare. Finora le istituzioni non hanno mai voluto impegnarsi su questo fronte. Spero che a breve ognuno si assuma la propria responsabilità e faccia il proprio lavoro, perché non è normale che noi, attivisti e volontari, portiamo avanti questo processo”, denuncia Nihad Suljić.

      A dare un contributo fondamentale è anche Vidak Simić, patologo ed esperto forense di Bijeljina. Dal 2016 Simić ha eseguito l’autopsia e prelevato un campione di DNA di circa quaranta corpi di migranti, per la maggior parte rinvenuti nel fiume Drina.

      “Questa vicenda mi opprime, non mi sento bene perché non riesco a portare a termine il mio lavoro. Credo profondamente nel giuramento di Ippocrate e lo rispetto. Le leggi e altre norme mi obbligano a conservare i campioni per sei mesi, ho deciso però di conservarli per tutto il tempo necessario, in attesa che il sistema venga cambiato. La mia idea è di raccogliere tutti questi campioni, creare profili genetici individuali, pubblicarli su un sito appositamente creato in modo da aiutare le famiglie – in Afghanistan, Pakistan, Algeria, Marocco e in altri paesi – che cercano i loro cari scomparsi.

      Lo auspicano anche il padre, la madre, la sorella e i fratelli di Aziz Alimi, vent’anni, proveniente dall’Afghanistan, che nel settembre dello scorso anno, nel tentativo di raggiungere la Bosnia Erzegovina dalla Serbia, aveva deciso di attraversare la Drina a nuoto con altri tre ragazzi. Poco dopo la sua scomparsa, nello stesso luogo da dove Aziz per l’ultima volta aveva contattato uno dei suoi fratelli, è stato ritrovato un corpo.

      Dal momento che non è stato possibile identificare il corpo per via del pessimo stato in cui si trovava, i familiari di Aziz, che nel frattempo hanno trovato rifugio in Iran, hanno inviato un campione del suo DNA in Bosnia Erzegovina. Ripongono fiducia nelle istituzioni e nei cittadini bosniaco-erzegovesi per garantire ad Aziz almeno una sepoltura dignitosa.

      Ai presenti alla conferenza di Bijeljina si è rivolta anche la sorella di Aziz, Zahra Alimi, intervenuta con un videomessaggio. “Non abbiamo parenti in Europa che possano aiutarci e davvero non sappiamo cosa fare. Per favore aiutateci, nostro padre è affetto da un tumore e nostra madre ha sofferto molto dopo aver appreso la triste notizia [della scomparsa di Aziz]. Possiamo contare solo su di voi”.

      https://www.balcanicaucaso.org/aree/Bosnia-Erzegovina/Rotta-balcanica-i-sogni-spezzati-nella-Drina-229948
      #route_des_Balkans #Balkans #rivière #Bosnie-Hezégovine #migrations #réfugiés #mourir_aux_frontières #morts_aux_frontières #Bijeljina #Branjevo #Nenad_Jovanović #Nenad_Jovanovic #Serbie #frontières #commémoration #mémoire #cimetière #tombes #SOS_Balkanroute #Nihad_Suljić #Nihad_Suljic #dignité #monument #responsabilité

  • « #Bye_Bye_Tibériade » : #Lina_Soualem convoquée #Au_Poste

    https://www.auposte.fr/bye-bye-tiberiade-lina-soualem-convoquee-au-poste

    #dav_duf #palestine #cinéma

    Brel avait un mot. Aller voir. Il faut aller voir. Cette maxime, Hiam Abbass aurait pu la faire sienne. Il y a 30 ans, l’immense actrice a quitté son village #palestinien pour l’Europe, et son cinéma, puis les Etats-Unis, et leur folie. Avec sa fille Lina Soualem, #réalisatrice (son « #Leur_Algérie », il y a trois ans, fut un bijou d’humanité et de drôlerie), #Hiam_Abbass retourne sur les traces des lieux disparus et des #mémoires dispersées de quatre #générations de femmes #palestiniennes.

  • #Lina_Soualem et #Hiam_Abbass : « Faire exister l’humanité du peuple palestinien »

    Après Leur Algérie, explorant la branche familiale paternelle, la réalisatrice Lina Soualem poursuit l’introspection du double exil qu’elle porte : l’Algérie mais aussi la Palestine. Bye bye Tibériade, son second documentaire, sort en salles mercredi 21 février. Bouleversant de tristesse mais aussi de joie, il raconte comment la lignée de femmes de sa famille maternelle, dont sa mère l’actrice Hiam Abbass, a été percutée par les violences de l’histoire.

    À travers elles, c’est l’histoire du peuple palestinien qui se déploie sur plusieurs décennies, un peuple qui subit une injustice historique et qui est revenu au cœur de l’actualité de la plus sanglante des manières. La sortie de Bye Bye Tibériade survient en pleine guerre à Gaza, où Israël mène, depuis le 7 octobre 2023 et les massacres du Hamas qui ont fait 1 160 morts, une riposte militaire. Celle-ci a tué plus de 29 000 personnes, dont 70 % sont des femmes et des enfants, dans l’enclave palestinienne.

    En explorant les douleurs de la mémoire familiale et collective à travers le prisme des femmes, Lina Soualem questionne aussi admirablement l’universel qui nous percute et nous rassemble : l’amour, l’exil, la famille, la terre, les racines.

    https://www.youtube.com/watch?v=9vsnwCDc1Ww

    #film #Palestine #cinéma #documentaire #film_documentaire #dépossession #héroïsme #arrachement #exil #identité #droit_à_la_complexité #culture #nakba #intimité #négation #histoire_familiale #parcours_de_vie #silence #art #récits_de_vie #mémoire_collective #peur_de_la_perte #maison #douleurs_du_passé #transmission #force_féminine #vie #humour #liberté #rupture #exil_forcé #patriarcat #poésie

    • À propos de la panthéonisation de Missak Manouchian et de sa compagne Mélinée
      https://lahorde.info/A-propos-de-la-pantheonisation-de-Missak-Manouchian-et-de-sa-compagne-Meli

      Au-delà de la polémique sur la présence indécente de Marine Le Pen à la cérémonie d’hommage à Missak et Mélinée Manouchian à l’occasion du transfert de leurs dépouilles au Panthéon, il faudrait aussi s’interroger sur le sens de cette récupération politicienne du combat antifasciste, alors même qu’une loi vient d’être votée qui aurait à coup sûr expulser les membres des FTP-MOI. C’est dans ce sens que l’association Les Ami.e.s de Maurice Rajsfus a publié un communiqué intitulé « Les fossoyeurs de la mémoire » que nous reproduisons ici.

      https://www.mauricerajsfus.org/2024/02/20/communique-de-presse-paris-19-fevrier-2024

      Pour quelles raisons faudrait-il se féliciter de la panthéonisation de l’immigré #Missak_Manouchian et de sa compagne Mélinée ? En quoi le fait de descendre, 80 ans jour pour jour après son assassinat par les nazis, dans la crypte sombre et sans âme du Panthéon pour y rejoindre nombre de « grands hommes »,infréquentables de leur vivant, représenterait un intérêt quelconque ?
      Les idéaux d’émancipation de Missak Manouchian et de tous les membres de son groupe n’ont rien à voir avec les pompes de l’Empire et de la République. Ils lui sont même radicalement opposés.
      Pourchassés et traqués par la police de Vichy et l’armée allemande, dans le Paris de l’occupation, ils faisaient partie des rares survivants à résister les armes à la main, contre le fascisme, après une répression inimaginable, durant le terrible hiver 1943. Avant-guerre, ils avaient déjà été pourchassés comme immigrés clandestins par la police de la Troisième République.
      Ensevelir Manouchian et Mélinée dans la crypte du Panthéon, c’est un incroyable contresens et une double trahison.
      Parce que ce cirque mémoriel voulu par Emmanuel Macron alimente avant toute chose des fantasmes cocardiers et une récupération de type chauvine à laquelle les intéressé.es ne sont pas en mesure de s’opposer.
      Parce que cette cérémonie médiatique de récupération est organisée par ceux-là mêmes qui empilent, depuis des années, les lois les plus liberticides et les lois racistes à l’encontre des migrants, dont la plus récente, votée avec les voix de l’extrême droite en décembre 2023, fait droit à la « préférence nationale ».
      La volonté de remise en cause du droit du sol sur l’île de Mayotte, dans l’archipel des Comores, de l’initiative même de ce gouvernement, qui court après les fondamentaux du R-Haine, nous prépare l’arrivée des fascistes au pouvoir. Cette politique délétère et funeste est aux antipodes des combats internationalistes et antifascistes de Missak Manouchian et de ses camarades de combat.

      #mémoire

  • #CommemorAction 2024 : on n’oublie pas, on ne pardonne pas !

    Le #6_février, c’était la journée mondiale de lutte contre le régime de mort aux frontières et pour exiger la vérité, la justice et la réparation pour les victimes de la migration et leurs familles. Pour la troisième année consécutive, #Douarnenez a répondu à l’appel qui été suivi par 55 villes (dont sept en #Bretagne) de 17 pays d’Afrique, d’Asie et d’Europe.

    https://blogs.mediapart.fr/938539/blog/130224/commemoraction-2024-noublie-pas-ne-pardonne-pas
    #commémor'action #commémoration #mourir_aux_frontières #morts_aux_frontières #migrations #réfugiés #mémoire #oubli #pardon #6_février_2024 #France #portfolio #photographies

    • « Parce que Oublier c’est Tuer une Deuxième Fois »

      « Parce qu’on ne veut pas s’habituer »

      « Parce qu’on savait »

    • Badinter, un type qui sait se faire sa publicité.

      En 1966, il avait épousé en secondes noces Élisabeth Bleustein-Blanchet, fille de Marcel Bleustein-Blanchet, fondateur de Publicis.
      Des euros par centaines de millions.

      S’il n’avait pas supprimé la peine de mort, un ou une autre s’en serait chargé.

    • Rappelons que c’est François Mittérrand qui voulait l’abolition de la peine de mort.

      Homme politique Badinter, garde des Sceaux, président du Conseil constitutionnel, sénateur, passa son existence à défendre les intérêts de la grande bourgeoisie à laquelle il appartenait.
      Se plaçant systématiquement du côté de sa classe, il s’opposera toujours aux mesures sociales et politiques venues de la gauche.
      Dès 1981 il s’opposa en Conseil des ministres aux nationalisations pourtant prévues par le programme du nouveau président. Puis fut le comptable scrupuleux de l’indemnisation des actionnaires des sociétés concernées.

      On ajoutera sans allonger la liste son aveu d’avoir fait du Conseil constitutionnel, un bouclier contre l’expression souveraine du parlement. Sans oublier son aversion pour les couches populaires dont témoignèrent ses prises de position au moment de la crise des #gilets_jaunes.

  • Briançon : un cairn en #hommage aux migrants décédés érigé au petit matin

    Ce mardi 6 février, au petit matin, un collectif de « solidaires des personnes exilées » a érigé un cairn en hommage “aux morts aux frontières”, à proximité de la porte du pont d’Asfeld, dans la vieille ville de Briançon.

    Il est un peu plus de 7 heures, ce mardi 6 février à Briançon, et le soleil n’a pas encore percé depuis l’Italie, à quelques dizaines de kilomètres. Sur la petite butte, juste après avoir passé la porte de la cité Vauban en direction du pont d’Asfeld, un petit groupe s’affaire à la frontale et à la truelle : un collectif de « solidaires des personnes exilées » érige un cairn.

    (#paywall)

    https://www.ledauphine.com/societe/2024/02/06/briancon-un-cairn-en-hommage-aux-migrants-decedes-erige-au-petit-matin
    #mémoire #commémoration #Briançon #migrations #réfugiés #6_février #commémor'action #commémoraction #Hautes-Alepes #France #cairn #monument #mémoriel #morts_aux_frontières #mourir_aux_frontières #frontières #frontière_sud-alpine #mémorial #6_février_2024

  • Ensuite, plats de viande légers : poulet croustillant et frites, fines escalopes de porc panées et pommes persillées, les musiciens chantent, tout le monde les accompagne, et on se reverra, on se reverra, bientôt, très bientôt, dans un autre pays… Du veau aux champignons frais, de la crème aigre et des boulettes de semoule, arrêtez, s’exclame quelqu’un, on ne va pas réussir à atteindre l’église, et il va falloir décommander le mariage ! Ce qui n’empêche pas que soit encore servi du fasírt, parce que tante Manci a un art irrésistible d’accommoder la viande hachée – et nous mangeons déjà tant au déjeuner que Nomi jure qu’elle ne pourra plus rien avaler de la journée, attends donc, répond Mamika en riant, la fête commence à peine !
    #nourriture #souvenir #Voïvodine #mémoire #mariage #culture

    Pigeon vole, p. 27

  • Commémoraction des victimes des politiques migratoires aux frontières Paris, 6 février 2024

    Dans le cadre de la Journée mondiale de lutte contre le régime de mort aux frontières et pour exiger la vérité, la justice et la réparation pour les victimes des politiques migratoires, retrouvons-nous à la #CommemorAction.
    📅 le 6 février 2024
    📍 place Edmont Michelet à #Paris

    https://piaille.fr/@LDH_Fr/111878731145971123

    #commémoration #commémor'action #2024 #mémoire #mourir_aux_frontières #morts_aux_frontières #migrations #frontières #réfugiés #6_février #6_février_2024

  • Commémor’Action le 6 février #2024 - Dixième anniversaire

    Journée mondiale de lutte contre le régime de mort aux frontières et pour exiger la vérité, la justice et la réparation pour les victimes de la migration et leurs familles

    Leur vie, notre lumière. Leur destin, notre colère. Ouvrez les frontières !

    Le 6 février 2014, plus de 200 personnes, parties des côtes marocaines, ont tenté d’accéder à la nage à la plage du Tarajal, dans l’enclave espagnole de Ceuta. Pour les empêcher d’arriver en « terre espagnole », la Guardia civil a utilisé du matériel anti-émeute et aussi les militaires marocains présents n’ont porté secours aux personnes qui se noyaient devant eux. Quinze corps ont été retrouvés côté espagnol, des dizaines d’autres ont disparu, les survivants ont été refoulés, certains ont péri côté marocain.

    Dix ans ont passé depuis le massacre de Tarajal.

    Dix ans pendant lesquels le nombre de morts et de disparus n’a cessé d’augmenter, en Méditerranée et sur la route des Canaries, au sein des frontières internes de l’UE, dans la Manche, aux frontières orientales, le long de la route des Balkans, ou encore dans le désert du Sahara et le long de toute autre trajectoire de mobilité. Le régime de frontière a montré encore en 2023 son visage cynique de manière totalement décomplexé, lors du naufrage de Cutro, quand la nuit du 25 février 94 personnes sont décédées et au moins 11 autres ont disparu à quelques mètres des cotes italiennes, sous les regards immobiles de Frontex et des autorités italiennes, encore le 14 juin quand plus de 600 personnes ont disparu à jamais au large de Pylos, en Grèce et tout comme le 23 avril 2022, quand un bateau avec 90 personnes à son bord a coulé au large des côtes libanaises.

    Dix ans pendant lesquels les associations, les familles, et tous celles et ceux qui luttent pour le droit à la mobilité pour toutes et tous n’ont cessé de réclamer vérité et justice pour ces victimes, de surligner les responsabilités directes et indirectes du régime des frontières, de travailler pour prouver ces responsabilités et pour soutenir les familles et les proches dans les douloureux parcours de recherche des disparus et d’identification des victimes.

    À l’occasion du dixième anniversaire du massacre de Tarajal, nous réitérons ici l’appel lancé l’année dernière, avec l’espoir que toujours plus d’organisations, d’associations, de familles, d’activistes s’associent à ce processus de Commémor’Actions décentralisées, réalisées chaque année le 6 février, pour que cette mobilisation transnationale prenne de plus d’ampleur, soit de plus en plus visible dans l’espace public, et arrive à fédérer de plus en plus de personnes.

    Nous demandons à toutes les organisations sociales et politiques, laïques et religieuses, aux groupes et collectifs des familles des victimes de la migration, aux citoyens et citoyennes de tous les pays du monde d’organiser des actions de protestation et de sensibilisation à cette situation le 6 février 2024.

    Nous vous invitons à utiliser le logo ci-dessus, ainsi que vos propres logos, comme élément pour souligner le lien entre toutes les différentes initiatives. Tous les évènements qui auront lieu peuvent être publiés sur le groupe (https://www.facebook.com/groups/330380128977418) et sur la page Facebook « Commemor-Action » (https://www.facebook.com/people/Commemor-Action/100076223537693).

    Migrer pour vivre, pas pour mourir !
    Ce sont des personnes, pas des chiffres !
    Liberté de circulation pour tous et toutes !

    En savoir plus :

    - événements et rassemblements qui ont lieu le 6 février (https://missingattheborders.org/en/index.php?p=news/2023/commemorazione-eventi)

    https://www.gisti.org/spip.php?article7173

    #commémoration #mourir_aux_frontières #morts_aux_frontières #commémoraction #migrations #frontières #réfugiés #mémoire #6_février

  • Le barche dei migranti diventano un’orchestra. Alla Scala il primo concerto

    Dal legno delle imbarcazioni arrivate a Lampedusa violini, viole, violoncelli e contrabbassi. Il 12 febbraio suoneranno Bach e Vivaldi a Milano, in uno teatri più prestigiosi del mondo

    E alla fine approdano alla Scala di Milano. Sono violini, viole, violoncelli e contrabbassi costruiti con i legni delle barche dei migranti, arrivate a Lampedusa cariche di vite e di speranze, ma anche di morte e di lamenti. È l’Orchestra del Mare, quella che lunedì 12 febbraio suonerà per la prima volta, e lo farà nel teatro più famoso al mondo, con i suoi strumenti ancora verdi e azzurri e gialli come le assi dei gozzi che erano pochi mesi fa. Legni ben diversi dai pregiati abeti e aceri utilizzati nella liuteria, legni crepati, intrisi di gasolio e di salsedine, eppure casse armoniche in grado di suonare Bach e Vivaldi…

    Così come crepate sono le mani che hanno saputo trasformare le barche in orchestra, mani di uomini detenuti nel penitenziario milanese di Opera – i loro nomi sono Claudio, Nicolae, Andrea, Zurab –, diventati liutai sotto la guida di maestri esperti.

    Non poteva allora che chiamarsi Metamorfosi il progetto che ha dato vita a tutto questo, ideato dalla “Casa dello spirito e delle arti”, la fondazione creata nel 2012 per offrire all’umanità scartata un’opportunità di riscatto attraverso la forza inesauribile della bellezza e i talenti che ciascuno ha, anche in un carcere. «L’idea è nata come nella parabola della moltiplicazione dei pani e dei pesci – sorride Arnoldo Mosca Mondadori, presidente della Fondazione –: nel carcere di Opera da dieci anni funzionava la liuteria, dove il maestro liutaio Enrico Allorto e le persone detenute realizzavano i violini da donare ai ragazzini rom che al Conservatorio di musica non potevano permettersi uno strumento. Ma nel dicembre del 2021 portai nel laboratorio quattro legni delle barche di Lampedusa per fare un presepe e loro invece ne fecero un violino. Rimasi stupefatto, la loro idea si poteva moltiplicare, già mi immaginavo un’intera orchestra, poi – dissi loro – suonerà alla Scala».

    L’unico a credere subito a quella follia è stato Andrea, anni di carcere pesante in Tunisia e poi in Italia, nome d’arte Spaccabarche, perché lui e Claudio smontano i gozzi, Nicolae e Zurab li “rimontano” in violini e violoncelli. «Fu Andrea a darmi l’idea di rivolgermi all’allora ministro dell’Interno Luciana Lamorgese e chiedere che quegli scafi, fino a quel momento sotto sequestro per essere polverizzati e poi bruciati, venissero invece dati a noi e da “rifiuti speciali” diventassero memoria viva – continua Mosca Mondadori –. I Tir ne hanno trasportate in carcere un centinaio, così com’erano…».

    «Con all’interno scarpe, biberon, vestiti, salvagenti, tutine da neonato – racconta Andrea “Spaccabarche” –, allora ti chiedi chi era quella gente, se si sono salvati, da quale disperazione dovevano scappare, e rifletti su te stesso: c’è qualcuno che sta molto peggio di me e questo ti dà quel po’ di umiltà che nella vita non fa mai male, anche perché è quella che ti consente di continuare a imparare, quindi di cambiare».

    Metamorfosi, appunto. «Si tratta soprattutto di legni di conifere, che usiamo per il fasciame degli strumenti», spiega Enrico Allorto, che con Carlo Chiesa è il maestro liutaio, «mentre per lo scheletro utilizziamo un altro legno più duro di cui non conosco il nome. Sono alberi africani oppure, chissà, di importazione, non sappiamo quelle barche da dove arrivassero. Ovviamente non hanno la resa dei veri legni di liuteria, ma cerco i pezzi più adatti: i più leggeri per simulare l’abete rosso e i più pesanti per imitare l’acero di cui è fatto il fondo. È chiaro che sono legni difficili, hanno addosso la vernice delle barche, le crepe, i buchi: mentre costruiamo gli strumenti ripariamo i danni, ma c’è una sofferenza in questi difetti e il fatto che riescano comunque a suonare scuote emotivamente. Da quei violini esce un Sos, “non lasciateci morire”, anche i musicisti suonando si commuovono».

    E a suonarli alla Scala saranno alcuni tra i più grandi al mondo: i violoncellisti Mario Brunello e Giovanni Sollima e il violinista francese Gills Apap “dialogheranno” con i tredici strumentisti dell’Accademia dell’Annunciata diretti da Riccardo Doni, mentre l’installazione scenografica sarà un dono di Mimmo Paladino, artista di fama internazionale. «Il suono di questi strumenti viene da lontano: lontano al di là del Mediterraneo, e lontano nel tempo, forse di secoli», commenta Mario Brunello, solista abituato ad esibirsi con le orchestre più prestigiose con il suo prezioso violoncello “Maggini” dei primi del ‘600. «Quel legno che ha attraversato il mare ora suona il Terzo Concerto Brandeburghese di Bach e L’Inverno di Vivaldi, poi una pagina di virtuosismo violinistico come il celebre Preludio di Kreisler o l’affascinante White Man Sleeps di Kevin Volans, compositore sudafricano. Chiude il programma Violoncellos Vibrez di Giovanni Sollima», violoncellista che nei teatri si esibisce con il suo “Francesco Ruggeri” del XVII secolo ed è il compositore italiano contemporaneo più eseguito nel mondo.

    In ouverture lo scrittore Paolo Rumiz, triestino che ha nel sangue la poetica della frontiera e del viaggio, leggerà “La memoria del legno”, testo crudo e tagliente in cui l’albero racconta in prima persona le sue metamorfosi, dalla crescita in Africa come patriarca venerabile abitato dalle anime dei trapassati, a quando viene abbattuto da una scure senz’anima e attraverso il deserto arriva al mare. Lì trova mani delicate che lo trasformano in barca per pescatori. Dimenticato sulla spiaggia, è poi violentato da mani di trafficanti e in mare aperto ode le voci del suo carico umano. All’approdo finale è marchiato a fuoco come corpo del reato e verrebbe bruciato se altre mani delicate non lo trasformassero invece in violini. «L’ho scritto in metrica rigorosamente dispari, endecasillabi e settenari – spiega Rumiz – perché il ritmo pari è quello usato per far marciare gli eserciti». “Voi non mi riconoscerete – comincia l’albero – perché quando sono arrivato puzzavo di vomito e salsedine, ma ora vi racconto la mia storia…”.

    Tutti gli artisti prestano gratuitamente i loro talenti per il progetto Metamorfosi: «L’articolo 27 porta il Vangelo nella Costituzione, dice che la pena deve tendere alla rieducazione del condannato – ricorda Mosca Mondadori – e niente come un lavoro ricostruisce la dignità delle persone». Tra le carceri di Opera a Milano), Secondigliano a Napoli, Monza e Rebibbia a Roma «diamo lavoro a venti persone con contratti a tempo indeterminato. Le persone cambiano per davvero, ne ho viste passare tante e tutte ce l’hanno fatta grazie al lavoro, sia in carcere che dopo: la misericordia supera i tempi della giustizia». Sembrano sogni, ma sono realtà imprenditoriali che richiedono grande concretezza, «i conti a fine anno devono tornare e ogni mese abbiamo stipendi da pagare, ci sostengono Intesa Sanpaolo e Confcommercio insieme a generose Fondazioni (Cariplo, Peppino Vismara, Santo Versace, Alberto e Franca Riva, Comunità di Monza e Brianza): non sono idee astratte, sono persone, e tu le vedi rinascere».

    Ne sa qualcosa Nicolae, il liutaio che “rimonta” le barche in viole e contrabbassi: «In liuteria mi dimentico di essere in carcere e mi sento utile, se sono in grado di costruire, allora non sono così scarso da non poter fare niente, solo che non ho avuto fortuna né ho trovato i riferimenti giusti nella vita. Non cerco giustificazioni per ciò che ho fatto, dico solo che ho capito che il mondo non è soldi e bella vita, ci sono tante cose piccole che possiamo dare l’uno all’altro – dice accarezzando il pezzo colorato del futuro violino che sta lavorando –. Io do il mio contributo qui dentro, in silenzio, ma poi quando qualcuno suonerà questo violino io spero che muoverà qualcosa nel mondo», assicura commosso. «A rovinarci è la sete di potere, invece la terra è di tutti e alla fine di nessuno: siamo solo di passaggio».

    L’Orchestra del Mare non si ferma qui, presto si aggiungeranno un clavicembalo, percussioni, chitarre, il liuto arabo, vari strumenti del mondo mediterraneo, «tutto ciò che si può costruire con le barche», e magari dopo la Scala arriveranno altri grandi teatri. Dal carcere di Secondigliano escono già mandolini e chitarre, la prima è stata suonata da Sting in persona l’aprile scorso nel carcere napoletano. «Il mio tormento d’amore è sempre stato la necessità di comunicare il mistero dell’Eucarestia, cioè la presenza del Crocefisso e Risorto nell’Ostia – riprende Mosca Mondadori – e questi sono strumenti eucaristici, perché hanno dentro la morte ma anche la speranza, e il loro suono arriva a tutti i cuori, anche se non credenti». Arriverà certamente ai 1.850 spettatori che hanno già fatto il “tutto esaurito” per il 12 febbraio e ai detenuti delle quattro carceri, gli unici che potranno vedere lo spettacolo in streaming nei loro auditorium.

    Solo i detenuti liutai saranno alla Scala ad ascoltare i “loro” strumenti, come fossero figli loro, due addirittura saranno in palco reale assieme al sindaco Beppe Sala, al cardinale Josè Tolentino de Mendonça, prefetto del Dicastero vaticano per la Cultura e l’Educazione, alla vicepresidente del Senato Maria Domenica Castellone, al capo del Dap (Dipartimento Amministrazione Penitenziaria) Giovanni Russo, al direttore del carcere di Opera Silvio Di Gregorio, tutti lì alla pari. Il perché lo ha spiegato papa Francesco, per il quale nel 2022 ha suonato il primo violino costruito con le barche, quello del presepe mancato: «Quando entro in carcere mi faccio sempre una domanda: perché loro e non io? Avrei potuto agire peggio di loro», che forse sono stati sfortunati, o deboli, o hanno avuto una famiglia difficile. Aiutare i carcerati, ha ricordato Francesco ai volontari della Casa dello Spirito e delle Arti, «è una delle cose che Gesù dice che ci farà entrare in Cielo, ero carcerato e siete venuti a trovarmi. Ma resta quella domanda: perché loro e non io?».

    È la stessa domanda che vale per chi partì su quelle barche diventate orchestra, fossi nato nella loro guerra, piegato dalla loro miseria, non sarei partito anch’io?, conclude Arnoldo Mosca Mondadori. «Se ci fosse mio figlio su quel gozzo, vorrei che fosse rimpatriato in Libia in un campo di concentramento o pregherei perché venisse accolto con umanità nel Paese in cui è arrivato? Questa è la domanda dirimente che, chiunque noi siamo, dobbiamo onestamente farci. Tutta Metamorfosi si riassume in questo unico interrogativo».

    https://www.avvenire.it/attualita/pagine/se-le-barche-diventano-un-orchestraalla-scala-lo-s
    #mémoire #embarcations #Méditerranée #migrations #réfugiés #naufrages #musique #instruments_de_musique #concert #Lampedusa #Orchestra_del_Mare #bois

    • #Metamorfosi

      Un progetto di progetti per trasformare il dolore in nuova speranza.

      «Metamorfosi» è un progetto della Fondazione Casa dello Spirito e delle Arti in collaborazione con il Dipartimento di Amministrazione Penitenziaria e l’Agenzia delle Accise, Dogane e Monopoli.

      Il progetto è reso possibile grazie a Fondazione Cariplo, Intesa Sanpaolo, Fondazione Peppino Vismara, Fondazione della Comunità di Monza e Brianza Onlus.

      Il progetto “Metamorfosi” è stato insignito della Medaglia del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella in occasione del 79° Festival del Cinema di Venezia durante il quale è stato proiettato il cortometraggio che racconta il progetto.

      Di fronte alla tragedia contemporanea che vede il Mar Mediterraneo come il più grande cimitero d’Europa e di fronte al dramma a cui stiamo assistendo quotidianamente di milioni di persone in fuga dalla guerra, la Fondazione Casa dello Spirito e delle Arti ha voluto pensare a un progetto culturale e di conoscenza a cui ha dato il nome di «Metamorfosi».

      “Metamorfosi” è innanzitutto un concetto che vuole richiamare l’attenzione verso ogni persona costretta a fuggire dal proprio Paese a causa di guerre, persecuzioni e fame.

      “Metamorfosi” perché la proposta di porre lo sguardo su questi temi avviene attraverso non solo una metafora, ma una vera e propria metamorfosi: quella del legno dei barconi, trasportati dal molo Favarolo di Lampedusa in alcune carceri italiane, che viene trasformato in strumenti musicali e oggetti di testimonianza di carattere sacro.

      «Metamorfosi» affinché le persone e soprattutto i giovani possano conoscere una realtà, quella dei migranti, che viene spesso rimossa, guardata con indifferenza o affrontata e raccontata in modo ideologico.

      “Metamorfosi” perché a trasformare il legno dei barconi provenienti da Lampedusa in oggetti di speranza sono le persone detenute che vengono coinvolte nel progetto.

      Come nasce l’idea

      L’idea del progetto “Metamorfosi” è nata nel dicembre 2021 quando, all’interno del Laboratorio di Liuteria e Falegnameria nella Casa di Reclusione Milano-Opera, progetto istituito dal 2012, la Fondazione ha chiesto al falegname di Lampedusa Francesco Tuccio, di portare dei legni per costruire dei presepi che, nel tempo della pandemia, potessero essere un segnale di speranza per tutti, credenti e non credenti.

      Presepi dunque realizzati, sotto la guida di Francesco Tuccio, dalle persone detenute con il legno di una tragedia contemporanea.

      Nell’ambito di questa iniziativa, con alcuni dei legni è stato costruito un violino, utilizzando una tecnica risalente al 1500, con la quale in Inghilterra venivano costruite le viole da gamba.

      Il violino realizzato produce un suono che ha stupito musicisti e esecutori per la sua limpidezza.

      Il musicista e compositore Nicola Piovani, quando per primo lo ha ascoltato, ha deciso di scrivere una composizione dal titolo “Canto del legno”, che è stata eseguita davanti al Santo Padre dal primo violino dell’Orchestra dell’Accademia Nazionale di Santa Cecilia, Carlo Parazzoli.

      Questo primo violino tratto dal legno dei barconi è stato chiamato “Violino del Mare”.

      La collaborazione con il Ministero dell’Interno e con l’Agenzia delle Accise, Dogane e Monopoli

      Da qui prende spunto la Fondazione Casa dello Spirito e delle Arti per chiedere all’ex Ministro degli Interni Luciana Lamorgese 60 imbarcazioni provenienti dal molo Favarolo di Lampedusa, affinché potessero essere creati, all’interno della Liuteria del carcere di Opera e di altre liuterie presenti in diverse carceri italiane, strumenti musicali: violini, viole e violoncelli per la nascita di una vera e propria “Orchestra del Mare”.

      Le imbarcazioni, grazie alla collaborazione con ADM, sono state trasportate da Lampedusa all’interno del carcere di Opera.

      Il progetto prevede di far suonare questi strumenti musicali ad orchestre italiane e straniere, portando con essi una cultura della conoscenza, dell’accoglienza e dell’integrazione, attraverso la bellezza e le armonie.

      Nello specifico, nel corso del 2022 sono stati costruiti, dalle persone detenute nelle diverse Case di Reclusione, un secondo violino, una viola e un violoncello; nel corso del 2023 saranno costruiti altri 6 violini e nel corso del 2024 saranno costruiti altri 8 strumenti ad arco.

      A coordinare la formazione e il lavoro delle persone detenute sono esperti liutai, come

      il liutaio Enrico Allorto che sta coordinando la Liuteria nel carcere di Opera.

      Strumenti musicali, Croci e Rosari

      Gli strumenti ricavati dai barconi trasportati nel 2022 da Lampedusa nelle diverse carceri, verranno dunque suonati dalle orchestre che aderiranno al progetto e viaggeranno, come segno di testimonianza, in Italia e all’estero. «L’Orchestra del Mare» è perciò un progetto di adesione e prenderà vita nel momento in cui gli strumenti ricavati dai barconi verranno di volta in volta suonati dalle orchestre che aderiranno al progetto. Un viaggio per testimoniare in Italia e all’estero, attraverso l’armonia, il dramma che vivono quotidianamente migliaia di persone migranti in tutto il mondo. Nel triennio 2022- 2024, insieme agli strumenti musicali che comporranno l’"Orchestra del Mare", nei Laboratori di Liuteria e Falegnameria all’interno delle carceri, verranno costruite migliaia di croci da donare alle scuole italiane. Inoltre, con lo stesso legno dei barconi, nel carcere di Monza e in quello di Rebibbia a Roma e con il coinvolgimento della Casa di Accoglienza Profughi Centro Astalli e l’Opera Cardinal Ferrari di Milano che accoglie persone senzatetto, saranno realizzati rosari che verranno donati al Santo Padre.

      La Rete delle Liuterie e Falegnamerie nelle carceri italiane

      Con l’Agenzia delle Accise, Dogane e Monopoli e il Dap, la Fondazione Casa dello Spirito e delle Arti nell’agosto 2022 ha firmato un Protocollo per la creazione di una Rete di Liuterie e Falegnamerie nelle carceri italiane al fine di dare al Paese un forte segnale di testimonianza che ponga al centro la cultura e la dignità della persona.

      Ad oggi, le Case di Reclusione coinvolte sono quelle di: Milano- Opera, Monza, Rebibbia e Secondigliano.

      In ogni laboratorio, attraverso la Cooperativa Casa dello Spirito e delle Arti, sono assunte dalle tre alle cinque persone detenute.

      L’obiettivo comune delle diverse Liuterie e Falegnamerie è, dunque, la creazione di strumenti musicali che andranno a comporre l’”Orchestra del Mare” e di oggetti dal forte significato simbolico e sacro come, appunto, croci e rosari.

      I liutai e i falegnami coinvolti nelle diverse carceri restano in comunicazione tra di loro per coordinare il lavoro delle persone detenute in coerenza con gli obiettivi del comune progetto “Metamorfosi”.

      Il percorso immersivo per gli studenti

      “Metamorfosi” è un progetto anche di conoscenza.

      Il percorso proposto alle scuole e alle Università si svolgerà, a partire dal 2023, nella Casa di Reclusione Milano-Opera, dove tre barconi sono stati posti all’interno del carcere formando quella che è stata chiamata la «Piazza del Silenzio». All’interno di questa piazza situata al centro del Carcere, i giovani potranno partecipare ad una visita guidata, con la testimonianza di persone migranti che hanno vissuto personalmente il viaggio sui barconi.
      Questa esperienza potrà essere replicata, a partire dal 2024, anche nelle altre quattro carceri in collaborazione con le scuole e le Università locali.

      I momenti del percorso

      Ciascuna uscita didattico - formativa è suddivisa in diversi momenti.

      Il primo momento è nella “Piazza del Silenzio”: un narratore introdurrà il tema partendo dall’immigrazione del passato, in particolare dal racconto dell’emigrazione italiana e di come la storia si ripeta con i suoi pregiudizi e i suoi luoghi comuni.

      Dopo questo momento introduttivo, è prevista la testimonianza diretta di una persona migrante.
      I ragazzi sono invitati poi a meditare, ognuno in silenzio su un testo diverso, sulle testimonianze scritte da persone migranti tratte dal libro “Bibbia e Corano a Lampedusa” (La Scuola editore).

      I musicisti della Piccola Orchestra dei Popoli (progetto della Fondazione Casa dello Spirito e delle Arti) accompagnano questo momento suonando gli strumenti realizzati nel Laboratorio, primo tra i quali il “Violino del Mare”.

      Nella seconda parte del percorso, i ragazzi vengono accompagnati nella Liuteria dove possono conoscere le persone detenute mentre lavorano nella costruzione degli strumenti musicali.

      Un ultimo momento del percorso è di carattere teorico e accademico sui temi cardine del progetto a cura del RiRes - Unità di ricerca sulla Resilienza del Dipartimento di psicologia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano.

      Ai ragazzi infine, è richiesto di restituire le loro emozioni, impressioni e riflessioni attraverso uno scritto personale.

      La Fondazione Casa dello Spirito e delle Arti curerà una pubblicazione che racconterà l’esperienza, i pensieri e le emozioni degli studenti in collaborazione con l’Associazione Francesco Realmonte e il RiRes.

      Protocollo d’intesa tra la Fondazione Casa dello Spirito e delle Arti e il Museo del Violino di Cremona

      È stato condiviso tra la Fondazione Casa dello Spirito e delle Arti e il Museo del Violino di Cremona, un protocollo di intesa nel quale uno dei violini prodotti nel carcere di Opera, è entrato nella collezione permanente del Museo del Violino e viene utilizzato presso l’Auditorium del Museo, soprattutto per momenti di natura didattica rivolti alle scuole. In queste occasioni, non solo “il Violino del Mare” viene suonato ma viene anche raccontata la sua storia attraverso il racconto delle guide e le immagini che ne testimoniano la storia.

      https://casaspiritoarti.it/it/progetti/metamorfosi

      #douleur #espoir

  • « Et dans pas bien longtemps des têtes de cochon comme le type de Csilla vont dégager, tout le monde dit que la guerre approche, ils seront les premiers à être rappelés sous les drapeaux dans l’armée populaire yougoslave, un homme comme ça, à moitié bohémien, il y sera bienvenu, qu’il se batte donc et qu’il crève pour les Serbes ! (…) tante Icu, qui se signe, le suit du regard, et toi, dit-elle, toi aussi tu devais tout autant servir de chair à canon pendant la dernière guerre, toi, un Hongrois parmi les Partisans, toi à qui on n’avait mêm pas donné une arme dans ton régiment de Pétöfi, mais toi et ton épaule, vous l’avez oublié depuis belle lurette, toi, mon Piri, mais moi pas. »
    #guerre #hongrois #minorité #yougoslavie #mémoire #secondeguerremondiale #rrom #racisme #communisme

    Pigeon vole p. 99-100

  • "Papa qui passe vraiment à l’acte, qui lève son verre à la santé des jeunes mariés, Nándor et Valéria !, en l’honneur du 4 août 1980, et en l’honneur du moment Tito [sic] a passé l’arme à gauche, il y a trois mois jour pour jour ! Et je lui souhaite, et vous aussi, je l’espère, de rôtir dans un purgatoire puissance cent ! […]
    Tu veux tous nous envoyer dans la tombe, dit l’oncle Móric, qui est venu se camper à côté de papa dès que les musiciens se sont mis à jouer, il est si près qu’il le toucherait presque de son nez couperosé, tu veux nous envoyer la guerre, siffle l’oncle Móric, hein, réponds, ou bien est-ce que ça t’est seulement sorti de la bouche, comme ça ? Maman, toujours belle dans sa robe vert pré, semble désemparée, et personne ne l’écoute quand elle dit vous ne pourriez pas remettre cette discussion à un autre jour ? Papa et oncle Móric se crachent les mots à la figure, tu veux nous envoyer la guerre, n’arrête pas de répéter l’oncle Móric, papa crie arrête donc, voyons, arrête enfin, il souffle des volutes de fumée moqueuses vers le haut de la tente, t’as perdu ton humour, il s’est caché au fond de ton caleçon des dimanches ? Les guirlandes sont devenues des petites bouées colorées qui se balancent sur une mer de fumées et de jurons. Tito ne te plaisait pas, mais je m’en fiche complètement, hurle oncle Móric, et c’est la première fois que nous l’entendons dire des gros mots, je ne suis pas le seul à dire que maintenant le pays a perdu son gouvernail, et sa main tendue à l’air d’un être vivant. Qu’as-tu fait de ton sens du réel, demande papa qui doit s’y prendre à plusieurs fois pour l’expression “sens du réel”, tu ne crois tout de même pas sérieusement qu’un Tito mort peut déclencher une guerre ?"

    #Tito #répression #communisme #Yougoslavie #politique #mémoire #guerre #enfance

    Pigeon vole p. 33-34